Premessa:
Che cosa significa biblioteca? Nel mondo antico e medievale la parola biblioteca tocca un vastità di
significati a seconda dei differenti modelli.
4.La biblioteca al crocevia tra uso pubblico e privato (Le biblioteche a Roma):
Le conquiste di Roma e la progressiva decadenza delle grandi istituzioni culturali ellenistiche facevano, man
mano tramontare il tipo di biblioteca a circuito chiuso. A Roma l’età imperiale metteva in evidenza nuove
esigenze grazie a tutta una serie di fattori quali, una crescita di scuole di grammatica e retorica, un
numeroso pubblico di individui colti e alfabetizzati. Venne cosi a crearsi una larga fondazione di
biblioteche pubbliche, atte a soddisfare le accresciute esigenze di cultura. La biblioteca stessa viene
di regola a dividersi in due aule,l’una riservata ai libri latini, l’altra ai libri greci i quali si devono tenere
comunque separati; questa distinzione non può che risalire alla classe intellettuale cui si deve la prima
concezione di una biblioteca pubblica a Roma. La sala delle biblioteche ellenistiche che era riservata alla
riunioni di dotti e conviviali non ha ragione più di esistere e pertanto si trasforma nel 1depositum librorum.
La biblioteca Ulpia, fondata nel maestoso complesso Traiano, è l’espressione
più alta del modello di biblioteca romana di età imperiale. Qualsiasi fosse l’importanza o la
consistenza libraria, è questo il modello di biblioteca pubblica romana destinata alla fruizione tanto
da avere addirittura esposto l’orario di apertura e una formula di giuramento contro i furti.
Sulla biblioteca di Celso ad Efesova richiamata una particolare attenzione, visto che lo stato di
conservazione dei testi ci consentono di avere un po’ di materiale a disposizione; all’interno di un
complesso monumentale i libri erano disposti in un’aula rettangolare custoditi in armadi disposti su
3 piani. Qui lo spazio bibliotecario risulta unico non diviso in due aule ma comunque reso
funzionale da un’immediata disponibilità dei libri. Nulla si sa invece sulla qualità testuale dei libri
presenti in questi luoghi oramai a tutti gli effetti pubblici.
Non è da credere che si trattasse di vere e proprie biblioteche dove andare e leggere qualcosa. Esse
erano piuttosto luoghi di conservazione dei libri antichi o rari, ma sempre a disposizione di un
pubblico di letterati e forse anche di estrazione diversa, soprattutto burocratica. Non ci sono tuttavia
testimonianze che documentino una lettura individuale all’interno della biblioteca: la pratica diffusa
nell’antichità, era la lettura ad alta voce e collettiva, la quale si faceva altrove, nei porticati spesso
legate alle aule.
La biblioteca privata romana imita quella pubblica: nella tarda età repubblicana, essa riprende il
modello ellenistico del magazzino o magazzino-laboratorio costituita da blocchi di libri frutto
magari di bottini di guerra.(biblioteche di Attico a Roma, quella di Menandro a Pompei o Villa dei
papiri ad Ercolano). In età augustea le norme architettoniche dettate da Vitruvio prevedono una
biblioteca esposta ala luce del sole per evitare che i libri venissero intaccati dall’umidità e dalle
tignole. Sarà questo il modello di biblioteca privata che resterà invariato per tutta l’età imperiale. Il
risvolto negativo fu la creazione di biblioteche puramente di apparato o di scena =“books for
looks”.
2. L'attività di Panfilo:
Alla fine del III sec giunse a Cesarea Panfilo, anch'esso formatosi al Didaskaleion di Alessandria. Riavviò la
scuola rimasta ferma dopo la morte di Origene e rimpinguò la biblioteca aggiungendo nuovi libri a quelli
rimasti rinnovando lo scriptorium.
Quello di Cesarea doveva essere un “centro di documentazione origeniana” in cui un testo era considerato
corretto solo se fosse stato trascritto e ricontrollato dalla biblioteca di Origene. Panfilo aveva invece
allargato questa biblioteca aggiungendo sicuramente autori ecclesiastici e probabilmente anche testi
pagani dai toni moraleggianti (es. Moralia di Plutarco). Di questa nuova biblioteca Eusebio redasse i pinakes
che, inseriti nella Vita di Panfilo di Eusebio, sono andati perduti.
4. Le ultime vicende:
Intorno all'800, Timoteo I, patriarca della chiesa nestoriana, faceva trascrivere tre copie degli Hexaplà. Non
si trattava della trascrizione diretta del testo di Origene, ma della trascrizione del testo siro-palestinese dei
Settanta. Timoteo dice che, alla fine di ciascun libro dell'esemplare modello si poteva leggere una
sottoscrizione che rimandava ll'attività di Origene, Panfilo ed Eusebio.
Quando datare la fine della scuola? Probabilmente al momento della conquista araba (638) era già
scomparsa da tempo. Un'altra notizia è che verso la fine del IV sec. Il vescovo Euzoio avesse curato il
passaggio da rotoli a codici dei testi contenuti nella biblioteca.
Tramite le sottoscrizioni è documentato l'utilizzo di edizioni di Cesarea come fonti per la collazione,
la correzione ed il commento, sia per l'Antico che per il Nuovo Testamento.