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Lingue romanze, quali sistemi linguistici regionali distinti dal latino e tra di loro,
esistono perlomeno dall'inizio del secolo IX, ossia dall'età carolingia.
Le letterature romanze, come sistemi organizzati di tradizioni linguistico-letterarie
impiantate in forma strutturata e continuativa nelle varie regioni della Romania,
esistono dall'inizio del secolo XII per l'area gallo romanza e dall'inizio del XIII per
l'area iberica e per quella italiana.
Per tutte le età medievale la circolazione di testi avviene secondo modalità diverse
da quelle attuali, definite da fattori quali:
Lo sviluppo delle lingue e quello delle letterature sono tra loro differenti →
l’affermazione delle parlate romanze, avvertita a livello di conoscenza linguistica e
confermata nei primi documenti scritti, precede di molto l'apparizione dei primi
testi letterari romanzi.
L’esistenza della lingua precede nel tempo la maturazione delle condizioni
favorevoli all'accettazione e alla valorizzazione di forme testuali organizzate,
composte nei nuovi idiomi volgari.
Inoltre c'è da sottolineare la produzione di uno iato sensibile tra l'epoca
presumibile dei fenomeni e l'epoca della loro documentazione, determinato in
estensione e caratteristiche da fattori storico culturali di vario ordine.
Per le lingue, una prima spiegazione fa riferimento al carattere comunque
secondario della scrittura rispetto all’oralità.
Per quanto riguarda la letteratura, la presenza egemonica del latino nel livello
culturale ed espressivo più alto interviene a contrastare e ritardare quella che
possiamo definire con la ‘emersione delle lingue e letterature romanze’, ossia
l'apparizione di forme testuali neolatine.
Il latino opera contro l'apparizione nello scritto dei volgari in qualità di argine o
filtro.
Il risultato è che le espressioni volgari sono trattenute a lungo aldilà della
scrittura o quantomeno viene ostacolata una loro stabile presenza nello scritto in
funzione di una conservazione nel tempo. Di fatto, una piena affermazione del
volgare nelle tradizioni scritte, si verifica solo nel basso medioevo, per imporsi in
maniera più netta dall'età della stampa e dell’umanesimo.
Da questo punto di vista, il sistema latino letterario appare contraddittorio nei
confronti dei volgari → esso funge da ostacolo e però anche da modello.
Questo stato di cose produce una soluzione di continuità nella documentazione,
che comporta una condizione di incompletezza nei modi e nei gradi della nostra
conoscenza → si deve presumere sia esistita una fase di gestazione delle lingue e
delle letterature romanze, ma per questa fase non disponiamo che di dati scarsi.
La conseguenza ha portato all'individuazione di un problema storiografico di
definizione globale delle ‘origini romanze’.
Un aspetto delle origini romanze di particolare rilievo, è quello del momento di
‘passaggio allo scritto’, ossia di conquista, da parte di volgari e di ciò che si scrive
in volgare, di una propria dimensione autonoma e specifica.
Almeno per l'alto medioevo, è preferibile non introdurre distinzioni rigide tra livelli
e sistemi di cultura contrapposti, bensì pensare in termini di cultura corrente,
definita come tratto unificante della società → accanto alla cultura destinata ad
una registrazione scritta (elitaria perché tecnica), ne abbiamo un'altra, non
destinata alla scrittura, che si distingue dalla prima nella funzione, nel complesso
dei suoi riferimenti e nella sua forma espressiva.
Gli aspetti innovativi sul piano della realtà storica complessiva sono percepibili in
maniera evidente già nei più antichi testi volgari conservati, ma si affacciano in
maniera significativa anche in quelli latini.
L'apparizione dei testi letterari romanzi si accompagna all’affermazione di una
nuova retorica, di nuove forme, di nuove modalità compositive → queste forme
volgari fanno qualche presa sulla produzione latina. Al contempo, topoi, assetti
stilistici e forme di tradizione latina sono innegabilmente presenti anche nella
produzione volgare.
In sintesi → una tradizione testuale latina e una volgare coesistono e si
influenzano: una è soprattutto scritta, l'altra soprattutto orale. La difficoltà
spesso insuperabile è costituita dal fatto che conosciamo solo testi scritti. Della
letteratura volgare conosciamo soltanto ciò che è stato conservato in forma scritta
ad opera di professionisti della scrittura latina.
Marc Bloch → storico, rileva che il latino esprime con fatica nello scritto concetti e
nozioni che richiedono invece il volgare.
Il latino esprime, per lungo tempo da solo, ciò che il volgare non è ancora
autorizzato ad esprimere o non è ancora in grado di esprimere ad un determinato
livello; e, soprattutto, è la messa in forma latina che permette la conservazione
del testo risultante.
Si produce dunque una mediazione → alcuni testi latini testimoniano attraverso
alcuni loro caratteri, l’emerge al loro fianco, di tematiche e forme nuove. È difatti
evidente che la cultura latina mostra di subire una pressione crescente da parte
della cultura volgare in corso di apparizione.
Vi è dunque quello che si potrebbe definire come un ‘fondo romanzo’, per la sua
natura legata più immediatamente alla dimensione dell’oralità.
Questa componente romanza si manifesta per spezzoni e tracce prima della sua
transizione allo scritto → essa va postulata come un dato di partenza
indispensabile e ineludibile.
Anche una volta conquistato uno spazio nella dimensione dello scritto, resta per
lunghissimo tempo complessivamente subalterna → la componente volgare però
dalla sua l’enorme potenziale conferito dall'espressione naturale contrapposta alla
lingua nella peculiare condizione in cui si trova il latino medievale (non lingua
morta ma neppure viva se non in una dimensione meramente intellettuale o
formale).
La situazione evolve in epoca basso medievale → è questa età fra XIII e XIV secolo
quella in cui il distacco fra i due tipi di pubblico assume definitivamente una
qualificazione sociale: non più clerici e illetterati separati da un abisso tecnico,
ma alfabetizzatati e non alfabetizzati. I primi nella stretta necessità di dominare
un complesso di pratiche economiche e giuridiche profondamente legate alla
scrittura, i secondi depositari di una cultura tradizionale, con meccanismi di
sviluppo estremamente lenti, pure se destinata a commescersi con echi e stimoli
provenienti dalla letteratura scritta per creare nuovi modelli di gusto e nuove
pratiche compositive dotate di specifica originalità.
- La presenza del latino come elemento unificante a livello sia culturale sia anche
linguistico su scala che possiamo definire come europea. La pratica di
comunicazione scritta e orale in latino è diffusa e radicata in tutti i paesi della
cristianità occidentale. Il latino, trasmesso inizialmente dalle istituzioni
religiose come lingua del cristianesimo romano, si mantenne come lingua di
cultura anche oltre la frattura segnata dalla riforma nel XVI secolo, che porta
con sé i volgari nazionali come le lingue delle pratiche di culto.
- La presenza di modalità di scrittura in quello che chiamiamo ‘alfabeto latino’ e
nelle scritture che lo mettono in pratica, le quali continuano anche oggi.
In epoca tardo antica si registra una crisi evidente del latino come modello
linguistico unificante della società. Non vi è più una modalità stilisticamente e
grammaticalmente definita a cui sia attribuita una posizione di dominio, si
affermano invece tendenze localistiche (a seguito dell’indebolimento del centro).
Gli ultimi due punti sono evidenti nell’età carolingia, il primo è invece oggetto di
discussione.
La rinascita carolingia è uno dei momenti decisivi della storia della cultura
occidentale, epoca di ricoperta e copiatura di classici e di rinnovato impulso
creativo. La riforma carolingia del latino, e con essa la rifondazione classicista
della cultura letteraria e delle sue espressioni, partecipa al grande progetto di
edificazione di un’Europa cristiana, fondata su fattori comuni.
Tutti i più importanti testi letterari romanzi dei secoli X-XI mostrano di essere
stati elaborati in ambienti permeati da letteratura latina (esempio → il testo
romanzo dei Giuramenti di Strasburgo compare in un’opera cronistica, la
Cantilena di Sant’Eulalia segue da un modello metrico musicale ideato in ambito
latino).
Dal punto di vista linguistico, la riforma carolina cerca di restaurare la norma
linguistica antica → è a partire da questo momento che comincia ad apparire
evidente la distinzione tra latino riformato e latino parlato.
Il primo documento nel quale appare ormai assodata questa differenza tra latino
normativo e latino parlato è una deliberazione del Concilio di Tours dell’813.
Nella diciassettesima deliberazione, si scorge la presa di coscienza dell’esistenza,
accanto al latino, di una vera a propria lingua parlata dal volgo, una lingua
‘romanza’.
Nella diciassettesima deliberazione si raccomanda ai vescovi di tenere omelie
tradotte nella lingua parlata dai ‘rustici’ oppure in tedesco, affinché esse siano
comprese da tutti. Il verbo ‘transferre’, ‘tradurre’ implica il riconoscimento della
diversità delle lingue.
L’indicazione cronologica del Concilio di Tours è valido per la Gallia, nelle altre
regioni della Romània, la presa di coscienza di un’opposizione linguistica si ha
più tardi → in Italia avviene dopo circa un secolo,
In primo luogo, troviamo testi di leggi che spesso adottano termini correnti → le
innovazioni sono singoli elementi lessicali che però documentano una realtà
linguistica e storica che sta cambiando.
Si tratta di un fenomeno di acquisizione di neologismi.
Abbiamo poi glosse e glossari → esplicazioni di termini o espressioni non
immediatamente comprensibili.
Accanto a questi testi che non presentano riassetti significativi del sistema
grammaticale o che accolgono innovazioni isolate, ne incontriamo altri nei quali le
modificazioni morfo-sintattiche e stilistiche acquistano peso e finiscono con
l’incidere profondamente sulla fisionomia linguistica degli scritti → ciò accade nei
testi giuridici e in quelli agiografici.
Per la lingua di questi testi è utilizzato il termine ‘latino circa romanzo’.
In molti testi scritti tra VI e VIII-IX secolo è individuabile la presenza di una realtà
linguistica classificabile come ‘latino della parola’ → casi nei quali la lingua
parlata filtra senza però irrompere nella lingua scritta. Ci sono due gruppi di
testi: quelli con carattere didattico-prescrittivi (si riflette un uso ordinario) e quelli
a carattere testimoniale (trasposizione nello scritto di momenti speciali di
comunicazione).
ANTICHI TESTI ROMANZI → il più antico testo volgare conservato di una certa
estensione sono i GIURAMENTI DI STRASBURGO (842), il più antico testo
letterario è invece la SEQUENZA DI SANT’EULALIA (880-890).
Rispetto agli altri testi, i giuramenti sono contraddistinti da un sicuro carattere
monumentario che li distanzia dalla condizione incerta dei graffiti e iscrizioni
romane, e dalla pura dimensione documentaria.
Rispetto ai Placiti Campani, i giuramenti si distaccano per la maggiore
complessità del dettato e si pongono come antefatto diretto della sequenza.
Rispetto ad essa, i giuramenti fungono da introduzione espositiva e da termine di
confronto ravvicinato.
Nella sequenza, la lingua francese viene utilizzata per la prima volta con una
funzione espressiva guidata da una chiara intenzionalità letteraria.
- POSTILLA AMIATINA → 1087, due righe che un notaio aggiunge alla fine di un
atto per una valutazione come formula di scongiuro.
- ISCRIZIONE DI SAN CLEMENTE → didascalie che illustrano una scena di
martirio del santo.
- TESTIMONIANZE DI TRAVALE → frasi in volgare inserite in atti e relative a
duna controversia circa la proprietà di alcuni casolari.
Un percorso lungo separa queste prima prove dalle vere e proprie letterature
romanze del Medioevo.
- la prima, fino all’anno 1000, fatta ancora di apparizioni isolate, fase di genesi
remota.
- La seconda, XI secolo per l’area gallo-romanzo e XI-XII secolo per quella iberica
e italiana. Durante questa fase nell’area gallo-romanza le documentazioni di
carattere letterario si infittiscono, arrivando alla produzione di testi letterari di
primo livello. In Iberia e in Italia si cominciano a delineare le condizioni per lo
sviluppo di una produzione letteraria autonoma.
TESTI MEDIO-LATINI → alcuni testi latini dei secoli X-XI, nella Romània,
sembrano mostrare temi e forme specifiche della letteratura romanza.
CANTILENA DEL FARAONE → l’estensore della cantilena rende in buon latino un
componimento metrico sicuramente volgare, riguardante guerre tra Franchi e
Sassoni.
NOTA EMILIANENSIS → breve testo latino nel quale viene riportato in latino lo
schema narrativo di un racconto epico relativo ad una spedizione di Spagna di
Carlo Magno. La trama corrisponde all’assetto generale della Chanson de Roland.
Nell’opera compaiono anche personaggi che poi faranno parte della Chanson.
FRAMMENTO DELL’AIA → incompleto dell’inizio, trasmesso da un manoscritto
francese. È un esercizio scolastico circa la prosificazione di un poema epico latino
sconosciuto che descrive l’assalto ad una città fortificata. L’azione sis viluppa
secondo meccanismi simili a quelli dell’epica francese.
LINGUA D’OÏL
LINGUA D’OC
FRANCOPROVENZALE
MOZARABO
Si vanno nel tempo definendo degli assetti testuali più stabili e complessi
attraverso i quali si inizia a delineare la supremazie del volgare rispetto al latino.
Dei tipi di versi che ricorrono nelle antiche agiografie, il decasillabo è quello
dominante nelle canzoni di gesta, l’ottosillabo quello della poesia didattica e
narrativa.
Entrambi questi metri provengono dalla poesia mediolatina.
Per quanto riguarda l’organizzazione metrica, tutti i testi sono riunite in strofe o
lasse. Secondo l’opinione corrente, la lassa è un derivato della strofa, già attestata
in ambito mediolatino, e che in particolare, le strofe utilizzate nella Chanson de
Roland derivino da quelle del Saint Alexis.
Le due opere sono legate da un rapporto stretto → oltre alla tesina di costruzione
del decasillabo, è simile anche l’articolazione metrico-narrativa in gruppi si strofe
di impostazione simmetrica. Vi è un’affinità formale stringente che implica
un’affinità di ambienti e pubblico.
Alexis e Roland sono due realizzazioni riconducibili a diversi indirizzi di una
medesima arte compositiva e radicate nella medesima cultura letteraria, benché
diverse nell’ispirazione e nel sistema di valori portanti.