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LUCIO BENEDETTI

APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS


ROMANI DI JAN GRUTER POSTILLATE DA GAETANO MARINI
(CODICE VAT. LAT. 9146)*

Dell’intensa attività epigrafica di Gaetano Marini (1742-1815)1, sistematore del-


la Galleria Lapidaria Vaticana sotto i papati di Pio VI e Pio VII2, oltre che autore di
opere monumentali e originali quali Gli atti e monumenti de’ fratelli Arvali (1795)
o le Iscrizioni antiche doliarie — pubblicate postume nel 1884 a cura di Giovan-
ni Battista de Rossi3 — è testimone, forse meglio di qualunque altro documento

* Sono grato a Marco Buonocore per avermi coinvolto nell'impresa e per avermi seguito
nel corso della elaborazione del presente contributo, rendendo ai miei occhi di facile lettura
la complessa grafia di Gaetano Marini.
1 Nonostante la fama e l’importanza dello studioso per gli studi epigrafici, le notizie sulla

vita e l’opera di Gaetano Marini sono esigue e spesso di difficile reperimento. Per un inqua-
dramento generale del personaggio si veda comunque A. COPPI, Notizie sulla vita e sulle opere
di monsignore Gaetano Marini primo custode della Biblioteca Vaticana e prefetto degli Archivi
segreti della S. Sede raccolte dall’abate A. Coppi dell’Acc. Tiberina de’ 17 dic. 1815, Roma s.d. [ma
1816]; M. MARINI, Degli aneddoti di Gaetano Marini. Commentario di suo nipote, Roma 1822;
R. MECENATE, Osservazioni sugli aneddoti di monsignor Gaetano Marini. Pubblicati nel com-
mentario da suo nipote monsignor Marino Marini, in Giornale arcadico di scienze, lettere, ed arti
19, 3 (1823), pp. 355-364; E. DE TIPALDO, Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed
arti del sec. XVIII e de’ contemporanei, IV, Venezia 1837, pp. 123-126; G. B. DE ROSSI, Prefazione
a Gaetano Marini, Iscrizioni antiche doliari, Roma 1884; H. LECLERQ, Marini (Gaetano), in Dic-
tionnaire d’Archéologie chrétienne et de Liturgie, X, Paris 1952, coll. 2145-2163; G. GASPERONI,
Nella Roma del Settecento: Gaetano Marini filologo ed archeologo, in Accademie e Biblioteche
d’Italia 16 (1942), pp. 329-336; J. BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV a Pie
XI: recherches sur l’histoire des collections de manuscrits, Città del Vaticano 1973 (Studi e
testi, 272), pp. 200-201; C. CARLETTI, Marini, Gaetano, in Enciclopedia cattolica, VIII, Città del
Vaticano 1952, p. 158; D. ROCCIOLO, Marini, Gaetano, in DBI, 70, Roma 2008, pp. 451-454.
2 Cfr. codice Vat. lat. 9129; I. DI STEFANO MANZELLA, Index Inscriptionum Musei Vaticani.

1. Ambulacrum Iulianum sive “Galleria Lapidaria”, Città del Vaticano 1995, p. 10; M. BUONO-
CORE, Tra i codici epigrafici della Biblioteca Apostolica Vaticana, Faenza 2004 (Epigrafia e
Antichità, 22), pp. 259-274. S. HEID, Gaetano Luigi Marini, in Personenlexikon zur Christlichen
Archäologie. Forscher und Persönlichkeitenvom 16. bis 21. Jahrhundert, a cura di S. HEID – M.
DENNERT, II, Regensburg 2012, pp. 868-870.
3 Altra grande e importante opera di Marini sono le Inscriptiones Christianae Latinae et

Grecae aevi milliari in 4 volumi, rimaste purtroppo manoscritte e contenute nei codici Vat. lat.
9071-9074; cfr. M. BUONOCORE, Miscellanea epigraphica e codicibus Bibliothecae Vaticanae.
XIV, in Epigraphica 62 (2000), pp. 219-220; ID., Per un’edizione dei codici Vaticani Latini 9071-
9074 di Gaetano Marini: l’epigrafia Cristiana dalle origini fino all’anno mille, in Miscellanea
Bibliothecae Apostolicae Vaticanae 8 (2001) (Studi e testi, 402), pp. 45-73; ID., Gaetano Marini
e la genesi del primo corpus delle iscrizioni cristiane latine e greche, in XII Congressus Interna-

Gaetano Marini (1742-1815),


Città del Vaticano 2015 (ST 492-493), pp. 949-976.
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riferibile all’abate-bibliotecario, la copia delle Inscriptiones antiquae totius orbis


Romani di Jan Gruter posseduta dallo stesso Marini, che ora costituisce il codice
Vat. lat. 91464.
L’opera, nella terza edizione del 16035, rappresenta infatti, per le numerosis-
sime annotazioni autografe di Marini ivi conservate, uno strumento insostituibile
per conoscere a fondo il lavoro e la personalità di questo straordinario studioso,
ma si rivela anche una miniera di informazioni estremamente preziose per la sto-
ria degli illustri proprietari che si alternarono nel suo possesso, alcuni dei quali
contribuirono anche ad aumentare il corpus con numerose aggiunte e osservazioni
alle iscrizioni già presenti.
Non è la sede per dar conto di tutti questi interventi al testo, e quindi per ri-
costruire puntualmente la serie delle diverse stratificazioni che hanno finito per
accrescere — e di molto — il valore stesso di questa copia del thesaurus gruteriano,
ma ci sia concessa almeno una divagazione iniziale su questo aspetto della storia
del libro prima di passare a esaminare più specificamente gli interventi mariniani
al testo, anche perché ci sembra doveroso portare all’attenzione alcuni passaggi di
mano poco noti e che meritano invece di essere valorizzati.
Come apprendiamo da una dichiarazione di proprietà di pugno di Gerhard
Johann Voss (1577-1649)6 incollata sul foglio di guardia, prima di appartenere al
grande filologo tedesco, il Gruter vaticano fu di Giuseppe Giusto Scaligero (1540-
1609), vale a dire di colui che fu il principale ispiratore del grande thesaurus gru-
teriano7. Com’è noto, infatti, l’idea e l’esigenza di stampare in un corpus organico
tutte le iscrizioni latine e greche del mondo romano fino ad allora conosciute erano
state più volte espresse da Scaligero8, anche se tentativi di realizzare raccolte siste-
matiche erano già stati fatti, come dimostrano l’opera di Peter Bienewitz (Apianus)

tionalis Epigraphiae Graecae et Latinae. Provinciae imperii Inscriptionibus descriptae (Barcelo-


na, 3-8 Septembris 2002), a cura di M. MAYER I OLIVÉ – G. BARATTA – A. GUZMÁN ALMAGRO,
Barcelona 2007, pp. 203-209. Vd. in questa Miscellanea i contributi di Danilo Mazzoleni,
Karen Ilardi, Eleonora Maiani, Alessandra Negroni, Matteo Poddi (pp. 1211-1378).
4 Una descrizione preliminare del codice è contenuta in BUONOCORE, Tra i codici epigrafici

cit., pp. 146-149. Altre notizie relative al volume sono in CIL VI, p. LXV e in G. B. DE ROSSI,
Inscriptiones Christianae Urbis Romae septimo saeculo antiquores, II, Romae 1886, p. 5.
5 Sulla genesi del thesaurus di Gruter e le varie edizioni che ha avuto si veda soprattutto

I. CALABI LIMENTANI, Note su classificazione epigrafica ed indici epigrafici dallo Smezio al Mor-
celli: antichità, retorica, critica, in Epigraphica 49 (1987), pp. 188-196 = I. CALABI LIMENTANI,
Scienza epigrafica. Contributi alla storia degli studi di epigrafia latina, Faenza 2010 (Epigrafia
e Antichità, 28), pp. 54-61; A. GRAFTON, Joseph Scaliger: A Study in the History of Classical
Scholarship, II, Oxford 1983-1993, pp. 503-506; G. VAGENHEIM, L’épigraphie: un aspect mé-
connu de l’histoire de la philologie classique au XVIIe siècle, in Cahiers de l’humanisme 1 (2000),
pp. 89-91; W. STENHOUSE, Reading Inscriptions and Writing Ancient History: Historical Scholar-
ship in the Late Renaissance, London 2005 (Bulletin of the Institute of Classical Studies Sup-
plement, 86), pp. 149-156.
6 Questo il testo della dichiarazione di possesso «Gerardus Vossius sibi me emit in auc-

tione Bibliothecae Ill.is Vi Josephi Scaligeri cuius et manu pauca in indice adscripta, et in
extimo libro inscriptiones plusculae adiectae».
7 CALABI LIMENTANI, Scienza epigrafica cit., p. 54.
8 Ibid.
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e Bartholomäeus Pelten (Amantius) Inscriptiones sacrosanctae vetustatis, non illae


quidem romanae, sed totius fere orbis, stampate a Ingolstadt nel 15349, o quella di
Maarten/Martin de Sme(d)t (Martinus Smetius) intitolata Inscriptionum antiqua-
rum quae passim per Europam liber, pubblicata poi postuma a Leida nel 1588 per
cura di Giusto Lipsio (1547-1606)10. A queste si erano inoltre affiancate altre opere
di minor respiro — ma con eguali pretese di completezza — come il Thesaurus rei
antiquariae huberrimus, ex antiquis tam numismatum quam marmorum inscriptio-
nibus pari diligentia qua fide conquisitus, et in locos communes distributus, pubbli-
cato ad Anversa nel 1575 da Uberto Goltzio11.
Tuttavia, i limiti di metodo e di contenuto mostrati da queste raccolte nono-
stante gli intenti dichiarati, convinsero sempre di più Scaligero della necessità di
una nuova silloge, anche se alla fine lo studioso francese si risolse per affidare
l’incarico di realizzare l’opera all’allora bibliotecario della Biblioteca Palatina di
Heidelberg, Jan Gruter (1560-1627)12, riservandosi l’ardua parte degli indici.
Gruter non solo portò a termine l’opera, ma anzi accrebbe ulteriormente il
materiale che Scaligero gli aveva fornito con numerose altre iscrizioni comunica-
tegli da tutta Europa. Il risultato finale fu, è cosa nota, un corpus che rispetto alle
precedenti raccolte a stampa presentava non pochi elementi di novità — primo fra
tutti il sistema di ordinare le iscrizioni che da topografico passò a tipologico — e
destinato a divenire riferimento imprescindibile per tutti gli eruditi e gli studiosi
di epigrafia e storia antica dei secc. XVII-XIX, e anche le sillogi stampate successi-
vamente alla quinta edizione, come quelle di Marquard Gude (Marquardus Gudius
Rendsburgensis Holsatus) (Inscriptiones antiquae quum graecae tum latinae, Leo-
vardiae 1731)13 o di Antonio Ludovico Muratori (Novus thesaurus veterum inscrip-
tionum in praecipuis earumdem collectionibus hactenus praetermissarum, 4 voll.,
Mediolani 1739-1742)14, verranno realizzate con l’intento più o meno dichiarato di
servire da supplemento all’opera gruteriana.
Il grande successo di questo thesaurus dette luogo alla necessità di numerose
ristampe del volume, anche a distanza di tempo molto ravvicinata e in diverse ver-
sioni le quali, in alcuni casi, si configurarono come vere e proprie nuove edizioni.
Questo fatto ha generato non poche confusioni nella bibliografia moderna, per
cui non è infrequente trovare, anche nelle opere specificamente dedicate all’argo-
mento, datazioni diverse riferite alla prima pubblicazione della raccolta, per non
parlare dei luoghi di edizione15.
Tanto per tentare di fare un po’ di chiarezza sulla questione, l’editio princeps

9 Ibid., p. 43. Vd. anche le pagine introduttive di M. BUONOCORE, Un’inedita scheda epigra-

fica di Metello e la Recensio Colocciana: C.I.L. XI 5646 (Matelica), in Picus 27 (2007), pp. 93-101.
10 CALABI LIMENTANI, Scienza epigrafica cit., pp. 43-54.
11 Sull’autore e la sua opera cfr. CALABI LIMENTANI, Scienza epigrafica cit., pp. 51-54.
12 Sulla vita e l’opera di Jan Gruter cfr. P. FUCHS, in Neue Deutsche Biographie, 7, München

1966, pp. 238-240; L. V. RUTGERS, Jan Gruter / de Guytere / Jans Gruterus, in Personenlexicon
cit., I, pp. 620-621.
13 CALABI LIMENTANI, Scienza epigrafica cit., p. 76.
14 Ibid., p. 179.
15 Cfr. per esempio quanto in STENHOUSE, Reading Inscriptions cit., p. 149 e in CALABI LI-

MENTANI, Scienza epigrafica cit., p. 57, nota 39.


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fu stampata ad Heidelberg, dalla gloriosa tipografia di Gerolamo Commelin, nel


160116. A questa seguì un’altra del 160217, che differisce dalla prima solo in po-
chissimi dettagli, come per esempio per il posizionamento della sezione “spuria ac
supposita” che nella prima è collocata all’inizio mentre nella seconda è alla fine.
Una terza edizione delle Inscriptiones antiquae, quella posseduta da Marini, verrà
stampata nel 160318, sempre ad Heidelberg, anche questa con minimi aggiorna-
menti rispetto alle precedenti, pur con diversi errori nella paginazione19. La quarta
edizione, invece, verrà pubblicata nel 161620, ancora dalla Commelin ma con titolo
leggermente differente (Inscriptionum Romanorum corpus absolutissimum, inge-
nio et cura Jani Gruteri) e costituirà il prodromo per la quinta e ultima edizione
della raccolta, stampata ad Amsterdam nel 1707 in due volumi divisi in quattro
tomi e curata da Graevius (1632-1703).
A tale straordinaria fortuna, c’è da dire, concorsero anche gli ingenti costi di
realizzazione di questo tipo di opere che ostacolarono più volte i progetti di nuove
imprese analoghe fino alla pubblicazione, nel 1863, del primo volume del Corpus
Inscriptionum Latinarum.
La copia vaticana dunque, anche se nella terza edizione, può essere considerata
una sorta di editio princeps delle Inscriptiones antiquae di Gruter che Scaligero non
si limitò solo a possedere in qualità di co-autore, ma che integrò con numerosi
testi21 ed emendò in più punti con preziose annotazioni autografe sulle quali con-

16Così almeno si presenta una delle copie dell’editio princeps custodite nella Biblioteca
Apostolica Vaticana, ai segni “Epigrafia fol. 1”. In questo esemplare, dopo la fine della sezio-
ne «Monumenta Christianorum» a p. MLXII, è aggiunta l’appendice intitolata Inscriptionum
antiquarum appendix,una cum XXIV Indicibus. Accedunt Notae veterum Romanorum [Lucii]
A[annaei] Senecae ac [Marci Tullii] Tyronis, Nunquam ante hoc editae, stampata dalla Comme-
lin nel 1603.
17 Una copia di questa edizione è conservata nella Bayerische Staatsbibliothek di Monaco,

alla segnatura “2 Arch. 121”, ed. consultabile anche online (http://books.google.it/books?id=


MO9CAAAAcAAJ, consultata il 08/07/2014).
18 Gli esemplari stampati nel 1603 non sembrano, nella maggior parte dei casi, riportare

la data sul frontespizio, ma questa è comunque desumibile da un’informazione posta in fondo


alla Summa privilegiorum, dove è scritto «imposita ultima manus Operis XIII Septemb.
MDCIII».
19 Nel nostro esemplare, tali errori sono spesso corretti a mano da Scaligero.
20 Salvo per il titolo e la data di impressione, questa ristampa è praticamente identica alle

copie del 1603, almeno a giudicare dall’esemplare del 1616 consultato presso la biblioteca
dell’École française de Rome, alla segnatura “f. A 249”, e quello della Biblioteca Nazionale
Centrale di Roma, diviso in 2 volumi, disponibile ai segni “255. 1.E.15-16”.
21 Fra le pagine del volume si trovano diversi facsimili di iscrizioni di mano dello Scalige-

ro: si tratta di epigrafi copiate dall’opera di W. Candem (1551-1623) intitolata Anglica, Nor-
mannica, Hibernica, Cambrica a veteribus scripta, stampata Francoforte nel 1603, e che non
erano confluite nel corpus di Gruter. In fondo al codice, inoltre, vi sono due fogli cartacei
aggiunti con altre iscrizioni, trascritte ancora da Scaligero che le aveva ricevute dai suoi cor-
rispondenti, per un totale di 31 tituli. Di queste iscrizioni si dà parzialmente notizia in BUO-
NOCORE, Tra i codici epigrafici cit., p. 148. Due (la CIL XIII, 541* e CIL XIII, 545*) non sono
antiche, mentre le altre sono: CIL X, 2598 = CLE, 509; CIL X, 1479 = ILS 4196; CIL XI, 6249
= CLE 1302; CIL VI, 13740 = ILS 8202; CIL VII, 1110; CIL VII, 1126; CIL VI, 15160; CIL II,
3412; CIL XII, 5616; CIL XII, 5604; CIL II, 3417; CIL II, 2418 = CIL XIII, 1353 = ILS 4559. Di
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verrà tornare più distesamente altrove, anche per contribuire ad uno studio sulla
figura dello Scaligero iuniore epigrafista, a tutt’oggi mancante.
Alla morte di Scaligero la ricchissima biblioteca appartenuta allo studioso, che
comprendeva anche il corpus di Gruter22, fu venduta dagli eredi nel 160923 e uno
dei principali acquirenti fu proprio Voss che, studente a Leida negli anni del magi-
stero scaligeriano, dovette conoscere la fama dell’eccezionale biblioteca dell’erudi-
to francese e forse pure il suo proprietario, anche se non vi sono prove di contatti
diretti fra i due24.
L’acquisto del corpus gruteriano fu fatto insieme a molti altri volumi — diversi
dei quali sempre annotati da Scaligero25 — e Voss se ne servì ampiamente per
la redazione di alcune delle sue opere più note, come, ad esempio, i Poeticarum
institutionum libri tres, dove fa spesso riferimento a iscrizioni contenute nella
silloge26.
Morto anche Voss nel 1649, la biblioteca del grande filologo verrà smembrata e
venduta27 e da questo momento in poi sembrerebbero perdersi le tracce del Gruter
vaticano, che ricompare a distanza di quasi un secolo e mezzo nella biblioteca di
Gaetano Marini.
Un aiuto inaspettato per continuare a seguire le vicende di questo prezioso
volume dopo la morte di Voss ci viene però da un’altra dichiarazione di possesso,
vergata su una copia della quinta edizione, quella del 1707, delle Inscriptiones an-
tiquae appartenuta al cardinale Domenico Passionei (1682-1761), oggi conservata
nella Biblioteca Angelica, parte del ricchissimo fondo del prelato lì confluito28. Il

queste iscrizioni, come ha segnalato già Marco Buonocore, solo per quelle confluite in CIL
XIII viene indicato nel lemma «Scaliger cod. Vat. Lat. 9146». Le restanti hanno indicazioni
del tipo «porro Scaliger in exempli Gruteri suo, nunc Vaticano» oppure «integrum adscripsit
Scaliger ad exemplum suum Gruteri nunc Vaticanum», o ancora «Scaliger ms. in ultima pa-
gina Gruteri suo». Le altre (CIL VI, 1141= ILS 698; CIL XI, 10 = ILS 826 = ILCV 36; CIL XI, 8;
CIL XI, 106; CIL XI, 367 = ILS 113; CIL XIII, 3693; CIL XIII, 3841 = ILCV 1719a; CIL XIII,
3848 = ILCV 1682; ILCV 231) tratte dallo Scaligero «ex mebrana vetusta» sono riferibili alle
città di Roma, Ravenna, Rimini e Treviri e furono pubblicate anche in DE ROSSI, Inscriptiones
Christianae Urbis Romae cit., pp. 5-8 della sezione Series codicum.
22 Il Gruter scaligeriano compare in H. J. DE JONGE, The Auction Catalogue of the Library

of J. J. Scaliger, Utrecht 1977 (Catalogi Redivivi, 1), p. 18 del testo anastatico riprodotto, ove
si legge «Inscriptiones antiquae Gruteri».
23 Ibid., p. 4.
24 Cfr. N. WICKENDEN, G. J. Vossius and the Humanist Concept of History, Van Gorcum

1993, p. 4, nt. 11.


25 Cfr. F. F. BLOK, Contribution to the History of Isaac Vossius’s Library, Amsterdam-Lon-

don, 1974, p. 24.


26 Cfr. J. BLOEMENDAL, Gerardus Joannes Vossius Poeticarum institutionum libri tres / In-

stitutes of poetics in Three Books, Leiden 2010, passim.


27 Il catalogo di vendita fu pubblicato a Leida nel 1656, col titolo Catalogus variorum et

exquisitissimorium librorum Gerardi Ioannis Vossii, quorum auctio habebitur in aedibus Petri-
leffen. Cfr. BLOK, Contribution to the History cit., p. 15. Sul frontespizio riprodotto nel saggio
di Blok è presente un’annotazione manoscritta, relativa alla data in cui iniziò la vendita «die
mercurij 4 Octobris».
28 Sulla libreria del cardinale Passionei, confluita nella Biblioteca Angelica, cfr. A. SERRAI,
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testo della nota (Tav. I), pubblicato per la prima volta in un vecchio articolo di
Enrico Celani29, recita: «Notulae manu exaratae, quae in hoc exemplari leguntur,
me Dominico Cardinali Passionei jubente descriptae sunt ab Joanne Benedicto
fratris mei filio ex autographo Josephi Scaligeri, qui illas adnotaverat ad extre-
mam Inscriptionum antiquarum Jani Gruteri oram. Exemplar Scaligerianum olim
Christinae Sueciae Reginae, postea Bibliothecae Petri Cardinalis Ottoboni, nunc
uero temporis extat apud Marium Praesulem Marefoschi. In illius fronte Gerardus
Vossius, quae sequuntur, scripserat: Gerardus Vossius sibi met emit in auctione
Bibliothecae Ill(ustr)is Viri Josephi Scaligeri, cuius etiam manu pauca in Indice
adscripta, et in extimo libro Inscriptiones plusculae adiectae».
Le righe scritte da Voss e riportate da Passionei sono le stesse della dichiarazio-
ne di possesso vergata dal filologo tedesco sul Gruter della Vaticana30, per cui non
può esservi dubbio che il cardinale si riferisse proprio allo stesso volume.
Dopo essere stato di proprietà di Voss, il volume, insieme a moltissimi altri
libri e manoscritti appartenuti sempre al filologo, passò dunque nella grandiosa
biblioteca di Cristina di Svezia (1626-1689)31, probabilmente attraverso Isaac Voss
(1618-1689), figlio di Gherard32 e bibliotecario della sovrana sin dal 164933. Il libro
restò poi nella libreria della regina sicuramente fino al 168934, anno della sua mor-

Domenico Passionei e la sua biblioteca, Milano 2004, soprattutto pp. 215-315. L’esemplare del
Gruter appartenuto al Passionei è disponibile alla segnatura “L.L.20.3-6”.
29 E. CELANI, Dediche, postille, dichiarazioni di proprietà ecc. nei libri a stampa della R. Bi-

blioteca Angelica di Roma, in La Bibliofilia 7 (1905-1906), p. 372.


30 Cfr. supra, nt. 6.
31 Della vastissima bibliografia su Cristina di Svezia e sulla sua biblioteca è ancora utile

L. DOREZ, Sur la bibliothèque de la Reine Christine de Suède, in Revue des Bibliothèques 2


(1892), pp. 129-140; si veda inoltre Cristina di Svezia a Roma-Queen Christina of Sweden at
Rome (1655-1689), Città del Vaticano 1989; S. ÅKERMAN, Queen Christina of Sweden and Her
circle: The Transformation of a Seventeenth-Century Philosophical Libertine, New Leiden 1991;
P. VIAN, Un bibliotecario al lavoro. Holste, la Barberiniana, la Vaticana e la Biblioteca della Re-
gina Cristina di Svezia, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae 8 (2001) (Studi e te-
sti, 402), pp. 445-492; ID., Reginensi, Reginensi greci, Reginensi greci di Pio II, Reginensi latini,
in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, a cura di F.
D’AIUTO – P. VIAN (Studi e testi, 466-467), I, Città del Vaticano 2001, pp. 502-512.
32 Il thesaurus di Gruter, verosimilmente quello appartenuto al padre, è registato nel ca-

talogo della libreria della regina che Isaac Voss compilò ad Anversa nel 1655 e conservato nel
codice Vat. lat. 8171: a f. 48r (olim 46r) si legge «Jani Gruteri Inscriptiones antiquae totius
Orbis Romanis., fol.», con aggiunta di altra mano dell’indicazione «1603, ex. Officinae Com-
melinianorum». Su questa copia dell’inventario dei libri di Cristina di Svezia cfr. BLOK, Con-
tribution to the History cit., pp. 30-31.
33 Sull’arrivo e la permanenza di Isaac Voss alla corte di Cristina di Svezia cfr. BLOK,

Contribution to the History cit., pp. 18-20.


34 Il volume si ritrova puntualmente nell’inventario autografo della biblioteca stilato da

Gian Pietro Bellori (1613-1696) che succedette, nel 1661, a Lukas Holste (1596-1661) nel
ruolo di bibliotecario personale della sovrana. L’elenco, contenuto nel codice Reg. lat. 1470,
registra a f. 30r «Gruteri Jani Inscriptiones antiquae totius Orbis Romani». Il libro ricompare
poi anche nei due inventari redatti nel giugno e nell’agosto del 1689, vale a dire poco prima e
subito dopo il decesso della regina, da Giovanni Andreoli, ultimo dei bibliotecari della sovra-
na. Il primo è conservato nel codice Ott. lat. 2543 e riporta a f. 44r, al nr. 2020 «Gruteri In-
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te e della vendita della collezione ad opera del marchese Pompeo Azzolini (1654-
1705), nipote del cardinale Decio Azzolini iuniore (1623-1689)35, nominato erede
universale dalla stessa Cristina e deceduto solo due mesi più tardi36.
La raccolta della regina venne così acquistata dal cardinale Pietro Ottoboni
(1610-1691)37, futuro Alessandro VIII, che la trasferì in parte alla Vaticana (so-
prattutto i manoscritti, riuniti poi nel fondo dei Reginensi38) e in parte a Palazzo
della Cancelleria, dove risiedeva il cardinale pronipote omonimo, Pietro Ottobo-
ni iuniore (1667-1740), andando a costituire uno dei nuclei più importanti della
fornitissima Biblioteca Ottoboniana39. Il corpus di Gruter dovette essere fra i libri
che finirono al Palazzo della Cancelleria, visto che lo si ritrova poi nel catalogo di
vendita della Biblioteca Ottoboniana redatto dal libraio Giovanni Casale tra il 1745
e il 1747 e ora conservato all’Archivio Storico del Vicariato presso S. Giovanni in
Laterano40.
Stando a quanto scritto dal cardinale Passionei, dagli eredi del cardinale Otto-
boni — morto nel 1740 — lo comprò il maceratese cardinale Mario Compagnoni
Marefoschi (1714-1780) raffinato bibliofilo, proprietario di una ricchissima e fa-
mosa libreria41, anche questa poi in gran parte alienata dagli eredi in una vendita

scriptiones fol.», mentre il secondo è nel Vat. lat. 12637 e riporta, in maniera identica al pre-
cedente, il corpus di Gruter al f. 53r.
35 Sul rapporto tra Decio Azzolini iuniore e Cristina di Svezia cfr. R. NIELSEN, Azzolini

(Azzolino), Decio, in DBI, 4, Roma 1962, pp. 768-771; T. MONTANARI, Cristina di Svezia, il car-
dinale Azzolino e il mercato veronese, in Ricerche di Storia dell’Arte 54 (1994), pp. 25-52; ID., Il
cardinale Decio Azzolino e le collezioni d’arte di Cristina di Svezia, in Studi Secenteschi 38
(1997), pp. 187-264.
36 Cfr. F. D’AIUTO, Ottoboniani, in Guida ai fondi manoscritti cit., p. 448; VIAN, Reginensi

cit., p. 504.
37 Trattative per la vendita della collezione della regina erano state intavolate dal marche-

se Pompeo Azzolini anche col cardinale Girolamo Casanate (1620-1700), poi evidentemente
sfumate. Cfr. Cristina di Svezia: mostra di documenti vaticani, Città del Vaticano 1996, p. 46,
nr. 130.
38 VIAN, Reginensi cit., pp. 502-512.
39 Sulla Biblioteca Ottoboniana cfr. A. MAI, Memorie istoriche degli Archivi della Santa

Sede e della Biblioteca Ottoboniana ora riuniti alla Vaticana, Roma 1825, soprattutto le pp.
40-51; J. BIGNAMI ODIER, Premières recherches sur le fonds Ottoboni, Città del Vaticano 1966
(Studi e testi, 245), passim; D’AIUTO, Ottoboniani cit., pp. 446-455.
40 Archivio Storico del Vicariato, Fondo Ottoboniano, tomo 86/3: Vendita di libri stampa-

ti fatta a minuto della libreria Ottoboniana nel Palazzo dell’Eccellentisiimo Sig. Duca di Fiano
fatta da me Giovanni Casale libraro in Roma, principiata li 10 novembre 1745, dove a f. 62 si
legge, tra gli altri «Jani Grutteri Inscriptiones antiquae».
41 Effettivamente, sul contropiatto anteriore del nostro volume è incollato un ex libris del

cardinale «Marius Marefuschus» sul quale, in fondo, è ancora la segnatura che il volume
doveva avere nella libreria del prelato (B. IV. 47). Sulla biblioteca del cardinale Marefoschi
cfr. F. M. GIOCHI, Un eminente bibliografo maceratese del XVIII secolo: il cardinale Mario Com-
pagnoni Marefoschi e la sua biblioteca, in Istituzioni culturali del maceratese. Atti del XXXIV
Convegno di Studi sul maceratese. Abbadia di Fiastra (Tolentino), 7-8 dicembre 1998, Macerata
2000 (Studi Maceratesi, 34), pp. 243-258. Una copia del Gruter, identificabile verosimilmente
con la nostra, era sicuramente presente nella collezione del cardinale, come si desume da M.
DE ROMANIS, Catalogo della maggior parte della biblioteca della chiara memoria dell’eminentissi-
956 LUCIO BENEDETTI

pubblica iniziata l’1 giugno 1787 a Palazzo Maccarani (oggi Alli Maccarani), nei
pressi della chiesa di S. Marcello al Corso42.
Fu molto verosimilmente in quell’occasione dunque che Gaetano Marini, si-
curamente a conoscenza del grande valore delle opere presenti nella raccolta del
cardinale, comprò il libro al prezzo di 6 scudi43, spinto all’acquisto, molto proba-
bilmente, proprio dalla storia del prezioso volume e dalla consapevolezza che i
molti passaggi di mano avevano contribuito ad accrescerlo. Non si spiegherebbe
altrimenti una scelta del genere, visto che lo stesso abate possedeva o comunque
poteva servirsi comodamente di un’altra copia delle Inscriptiones antiquae grute-
riane, di cui diremo a breve.
Ormai in mano a Marini44, il prezioso volume si trasforma e cessa di essere un
mero strumento di consultazione o un cimelio da conservare gelosamente per via
della fama dei suoi precedenti proprietari, divenendo un vero e proprio ‘libro da
lavoro’ col quale l’abate si confronterà quasi quotidianamente per le sue ricerche
epigrafiche che, proprio in quel periodo peraltro dovevano essere particolarmente
frenetiche, visto che aveva da poco iniziato un’impresa che lo occuperà per diversi
anni, e cioè la preparazione del libro sui Fratres Arvales45.
I continui controlli preparatori che precederanno la stesura definitiva dell’ope-
ra, fatti su migliaia di epigrafi soprattutto urbane ma non solo, porteranno Marini

mo cardinale Mario Compagnoni Marefoschi, Roma 1787, p. 124, dove al nr. 1738 è registrato
«Gruterus (Janus). Inscriptiones antiquae totius orbis. Rom. cum indicibus Josephi Scaligeri,
ac. M. Velserii. Parisiis 1603. in fol. 6 scudi». Da notare l’errore del luogo di pubblicazione
dell’opera, dovuto al fatto che, come abbiamo già detto, non compare sul frontespizio di mol-
ti degli esemplari di questa edizione.
42 L’informazione è contenuta nella prefazione, a p. II del catalogo del de Romanis, dove

si dice che «Essendo stata risoluta la vendita a minuto della maggior parte dei libri restati
della celebre Biblioteca della chiara memoria del Card. Mario Marefoschi Compagnoni, se ne
rende consapevole il pubblico dotto, ed erudito, perchè possa profittarne a suo piacimento.
Si incomincierà pertanto detta vendita il primo di Giugno 1787 entro il Palazzo dell’Illustris-
sima casa Maccarani vicino all’Oratorio di S. Marcello; e perché tutto riesca con buon ordine,
e col maggior comodo de’ letterati compratori, si presenteranno l’indici stampati della detta
Biblioteca con i prezzi di ciascun libro segnati in margine, acciò piacendo i prezzi, che saran-
no inalterabili, e precisi, possa ognuno far ricerca del Libro; vederne lo stato, e il contenuto,
e così farne l’acquisto a danaro contante. La detta Libreria sarà aperta la sola mattina dalle
ore 12.00 sino alle ore 16.00. Li cataloghi si distribuiranno anche da Dionisio Moriconi Libra-
ro a Piè di Marmo». Un’altra asta della biblioteca del Marefoschi si era tenuta già nel 1786.
Cfr. J. A. MONALDINI, Bibliothecae Marii Compagnonii Marefusci, S.R.E. cardinalis catalogus,
Romae 1786, dove il thesaurus del Gruter è indicato alla p. 199, nr. 9.
43 Un riferimento all’acquisto di Gruter è anche in MARINI, Degli aneddoti cit., p. 94.
44 Sempre sul foglio di guardia c’è anche una dichiarazione di possesso dell’abate in versi,

che recita «O divinus plane liber quam discari dominaris domino / qui enim I. Scaligeri et G.
Vossi VV. CC. olim fuisti / Gaietani Marini nunc es ab cuius etiam mala manu / toto corpore
male mulcatus abisti». Cfr. DE ROSSI, Inscriptiones Christianae Urbis Romae cit., p. 5.
45 Il lavoro sui Fratres Arvales, iniziato verosimilmente intorno al 1786-1787, impegnò

Marini per quasi otto anni, come si ricava da un biglietto autografo dell’abate contenuto nel
cod. Vat. lat. 9106, f. 1r e datato 10 novembre 1795. Cfr. BUONOCORE, Per un’edizione dei codi-
ci Vaticani Latini 9071-9074 cit., p. 45 e ID., Gaetano Marini e la genesi del primo corpus delle
iscrizioni cit., p. 203. Vd. il contributo di J. Scheid in questa Miscellanea (pp. 1187-1210).
APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS ROMANI 957

a riempire questa copia di Gruter «di correzioni, postille, aggiunte e schede relative
all’opera stessa, dove traspare quanta fosse l’erudizione e diligenza di quel dottis-
simo filologo»46, per usare le stesse parole che Melchiorri adoperò in riferimento
alla copia annotata dei Fratelli Arvali che Marini aveva presso di sé e finita succes-
sivamente in Inghilterra47.
Le annotazioni, apposte a margine o direttamente al testo epigrafico, interes-
sano gran parte delle oltre 12.000 iscrizioni che compongono la silloge di Gruter e
sarebbe impossibile — e forse anche inutile — riportarle precisamente e sistema-
ticamente, ma possiamo certamente proporne una campionatura e individuarne
alcune che sembrano più significative di altre per via delle informazioni che tra-
smettono e per i monumenti cui si riferiscono, oltre che tentarne una classifica-
zione tipologica.
Le più numerose sono, naturalmente, quelle che riguardano gli aggiornamen-
ti bibliografici, resisi necessari per la distanza temporale che separava l’edizione
di questa copia del thesaurus dal momento in cui Marini l’acquista e comincia
ad usarla, e che aveva visto la comparsa di numerosi repertori e opere a stampa,
come abbiamo ricordato. In queste note si trovano così frequentissimi riferimenti
a opere come — solo per menzionare quelle più citate — le Inscriptionum antiqua-
rum, quae in aedibus paternis asservantur, explicatio et additamentum di Raffaele
Fabretti, stampate a Roma nel 1699 e ristampate nel 1702; il De Antiquitatibus
Hortae Coloniae Etruscorum Libri Tres di Giusto Fontanini, del 1723, per esempio
a p. CXIII, nr. 2 = CIL XI, 4170 = ILS 157 = EDR130091; ai corpora di Muratori
(citato mediante monogramma composto dalle lettere M e R in legatura, seguito
dal numero della pagina e dell’iscrizione di riferimento) e a quello di Gudio, so-
pra ricordati; alle Iscrizioni antiche: disposte per ordine di varie classi ed illustrate
con alcune annotazioni di Benedetto Passionei, pubblicate nel 1763 e richiamate
dall’abbreviazione «Passion.» seguita dal numero dell’iscrizione e la pagina rela-
tiva, come è per esempio a p. LXXX, nr. 5 = CIL VI, 531 = ILS 3739; a p. DCCCL,
nr. 10 = CIL VI, 22981; a p. DCCCXXII = CIL XI, 6153; a p. DCCCXCI, nr. 13 = CIL
VI, 27736.
L’incarico di bibliotecario alla Biblioteca Apostolica Vaticana permise a Ma-
rini di integrare agevolmente questi aggiornamenti anche con numerosissimi ri-
mandi alla tradizione manoscritta successiva alle schede stampate nel Gruter o
non confluite nella raccolta, e che spesso si rivelano invece decisivi per una più
esatta descrizione dei monumenti. I codici in assoluto più scrutinati sono quello
di Mazzocchi48, il Vat. lat. 6034, il Vat. lat. 6038 e il Vat. lat. 6039 di Metello. Ma
vengono menzionati anche il Vat. lat. 6040, per es. a p. CCCLXXVIII, nr. 1 = CIL
II, 4514 = ILS 6957 e a p. CCCCXXXVII, nr. 5 = CIL V, 4373 = ILS 2694; il Vat. lat.
11499 (attuale Vat. lat. 8495) e il Vat. 11508 (attuale Vat. lat. 8492)49, per esempio

46 G. MELCHIORRI, Appendice agli atti e monumenti de’ fratelli Arvali, Roma 1855, p. 44.
47 Ibid., p. 44, nt. 1.
48 Sulla silloge di Mazzocchi si veda da ultimo C. BIANCA, Giacomo Mazzocchi e gli Epi-

grammata Antiquae Urbis, in Studi di Antiquaria ed Epigrafia per Ada Rita Gunnella, a cura di
C. BIANCA – G. CAPECCHI – P. DESIDERI, Roma 2009 (Libri, Carte, Immagini, 2), pp. 107-116,
con bibliografia precedente.
49 Su entrambi i codici vd. M. BUONOCORE, Sulle copie postillate vaticane degli Epigramma-
958 LUCIO BENEDETTI

a p. CCCXXXVII = CIL VI, 10048 = ILS 5287 = EDR132263; le schede Barberine,


per esempio a CCCCVII, nr. 1 = CIL VI, 1408 = ILS 1141 = EDR109464; viene inol-
tre spesso fatto riferimento anche a un ‘misterioso’ «cod. Canal.»50, per esempio
a p. CCCXI, nr. 5 = CIL VI, 27132a; a p. CCCLIV, nr. 1 = CIL VI, 29700; a p. CC-
CLXXXVII, nr. 3 = CIL VI, 1708 = ILS 1222 = EDR093555.
Interessanti, sempre per quanto riguarda gli aggiornamenti bibliografici, sono
anche i rinvii alle autopsie di eruditi moderni come Scaligero, per esempio a p.
CCCLXXVIII, nr. 2 = CIL II, 4263; a p. CCVIII = CIL X, 3334 = ILS 8391; Doni a
p. XXVII, nr. 4 = CIL VI, 504 = CLE 264 = ILS 4153; a p. XCVI, nr. 5 = CIL VI, 567
= ILS 3474, dove è indicato un riferimento ad un’autopsia di Salmasius; Voss a p.
CCCXXIX, nr. 1 = CIL V, 1*; a p. CCCLXXVIII, nr. 1 = CIL II, 4514 = ILS 6957;
Lukas Holste a p. CCCCLVI, nr. 1 = CIL VI, 1492 = ILS 6106, dove annota «vidit
Holsten(ius)».
Sempre ascrivibili alla categoria degli aggiornamenti e/o ai rimandi di natura
bibliografica sono i rinvii a passi degli autori antichi, che a volte vengono trascritti
direttamente accanto o in fondo all’iscrizione, a seconda dello spazio, e che ser-
vono a richiamare l’attenzione su un personaggio o su un particolare monumento
citato nell’epigrafe e rintracciabile anche nelle fonti antiche. Il più utilizzato tra
gli autori classici è indubbiamente Tacito, che Marini consultava nelle edizioni
critiche curate da Lipsio, come puntualmente segnala a p. CCXXXIV, nr. 6 = CIL
II, 2111 = II/7, 74; a p. CCCX, nr. 1 = CIL VI, 2145 = ILS 1261; a p. CCCCLXI = CIL
X, 5853 = ILS 6271 (Tav. II).
Frequenti, sempre all’interno di questa tipologia di annotazioni, sono i rimandi
ai suoi adversaria minora, citati mediante l’abbreviazione «adv. min.» seguita dal
numero di pagina corrispondente e che si ritrovano, per esempio, a p. CCCXCI,
nr. 5 = CIL VI, 1710 = ILS 2949; a p. CCCXCIIX, nr. 7 = CIL XIV, 341 = ILS 6144;
a p. CCCCXLI, nr. 6 = CIL VI, 1746 = ILS 1246 = EDR137196. Su cosa fossero
precisamente questi adversaria minora ci informa Melchiorri, che in una nota alla
sua appendice ai Fratelli Arvali51 scrive: «Fra gli scritti del Marini eravane alcuni
cui egli aveva dato il nome di Adversaria minora, e dove pare che egli raccogliesse
quanto di singolare e di erudito venivagli fatto di incontrare in fatti di filologia e
sopra tutto nell’epigrafia». Questi preziosi appunti sembra siano andati purtroppo

ta Antiquae Urbis, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae 13 (2006) (Studi e testi,


433), pp. 91-102.
50 Il codice, in realtà, è forse da identificare con quello indicato da G. B. de Rossi nel suo

I fasti municipali di Venosa restituiti alla sincera lezione, Roma 1853, p. 24, nt. 2 dove segnala
«Scrive il Marini a pag. 255 d’un volume manoscritto contenente copie d’iscrizioni tratte
dalle schede barberine: apud card. Xaverium Canalium esse codicem membranaceum con-
scriptum summa elegantia circa finem saeculi XV vel initium saecul. XVl, pag. 260, in 4°, in
quo eodem ordine recensentur lapides, quo dispositi sunt in cod. barb. (cioè nel codice da me
accennato); imo iisdem verbis, erroribus, ac notationibus, ut nullum dubium esse posuit, quin
utraque collectio eundem habeat auctorem, ac ferme est ut credam cod. barb. descriptum
fuisse ab canaliano. Ut ut sit codex ille praeter inscriptiones, quae reliquae sunt in cod. barb.
plurimas alias complectitur non semel aureis characteribus, miniove illitis descriptas».
51 MELCHIORRI, Appendice agli atti e monumenti cit., p. 44, nt. 1.
APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS ROMANI 959

perduti e Melchiorri, che pure fece vari tentativi per ritrovarli, dovette acconten-
tarsi del faldone che li conteneva.
Molto numerose sono anche le iscrizioni contrassegnate dalla sigla «exscr.», da
sciogliersi come «exscr(ipsi)», fatto che dimostra la lunga serie di autopsie sui mo-
numenti da parte dell’abate. Molte di queste copie sono forse da identificare con gli
apografi e le schede di Marini contenuti nei codici Vat. lat. 9120-9131 e usati per la
successiva redazione delle sue opere.
Sempre relative all’attività di controllo diretto sulle iscrizioni sono le postille
di aggiornamento relative ai luoghi di conservazione di molte epigrafi, che si rife-
riscono per lo più a iscrizioni urbane o conservate comunque a Roma e dintorni,
ma anche ad altre, forse viste durante qualche viaggio, come mostrano gli appunti
a p. XXIV, nr. 14 = CIL VI, 20385 = EDR135397 dove «Romae in vico» è corretto
in «Romae in Hortis Justinianis»52; a p. CVIII, nr. 4 = CIL VI, 212 = ILS 2100; a
p. CVIII, nr. 6 = CIL VI, 208 = ILS 2098 = EDR100463, dove viene annotato «in
Mus(eo) Vat(icano)»; a p. CCXXXVI, nr. 9 = CIL VI, 921 = ILS 222 = EDR103896,
dove Marini aggiunge «in Mus(eo) Capit(olino)»; a p. CCCXIV, nr. 2 = IGUR 77,
dove accanto annota «translatam in Apostolorum [scil. platea SS.] in domum card.
Iuanuens(is) [forse il cardinale Innocenzo Cybo]»; CCCXXVI, nr. 7 = CIL VI, 1842,
dove viene aggiunta la formula D(is) Manibus) e scritto accanto «extat modo Lucae
in aedibus Quintiis vidit Zaccaria, ediditque in Itin. litterar. p. 36»; a p. CCCXXX,
nr. 5 = CIL VI, 10091 = IGUR 1566 = ILS 5267 dove corregge «in Hortis Ludovisis»
in luogo di «in aedibus Maffeiorum»; a p. DCCXC, nr. 9 = CIL VI, 20395, dove
corregge «Romae, in via Ripensi, ubi venditur caseus Sardus»; a p. CCCXCII, nr. 3
= CIL III, 2095 = 8583 dove, al luogo di conservazione indicato, corregge «Spalati
ponit Lucius, sed falso»; a p. CCCCLI, nr. 6 = CIL XI, 5271 = ILS 997 dove scrive
«Hispello», identificando il luogo di conservazione non indicato da Gruter che, in
questi casi, si limita a contrassegnare le epigrafi con un asterisco.
Le autopsie dettero l’opportunità a Marini di emendare anche molti dei testi
che nel Gruter erano confluiti con errori di trascrizione o mutili (per esempio a
p. CIX, nr. 7 = CIL VI, 235 = ILS 3663, dove vengono corrette le ultime righe e la
scansione del testo; a p. DCLXIV, nr. 3 = CIL VI, 10456, dove l’abate aggiunge in
cima al testo epigrafico la formula «D(is) M(anibus) s(acrum)»; a p. DCCXV, nr.
5 = CIL VI, 28967, dove vengono aggiunte le ultime due righe; a p. DCCXLIII, nr.
6 = CIL VI, 25288, dove in fondo al testo aggiunge, dopo E Mazochio «p. XXII
qui habet QVINTILIAE et QVINTILIA, sed Metellus, qui vidit, emendavit ad oram»; a
p. DCCXXXII, nr. 4 = CIL VI, 21188 = EDR131114, dove viene aggiunta la prima
riga; a p. DCCLXIX, nr. 2 = CIL VI, 10465, dove corregge un nome e reintegra una
riga non trasmessa; a p. DCCCCXLIX, nr. 8 = CIL VI, 23665, dove segnala che,
diversamente da quanto si osserva nel codice «Canalio», l’iscrizione è trasmessa
con una riga mancante nella versione di Gruter). Molte di queste e altre correzioni
verranno accolte dagli editori del volume VI del Corpus Inscriptionum Latinarum
e opportunamente segnalate dal rimando «Marini emendat ad Gruterum suum,
nunc Vaticanum» nei lemmi corrispondenti53.

52 Cfr. BUONOCORE, Tra i codici epigrafici cit., p. 147.


53 È il caso, per esempio, di CIL VI, 511; CIL VI, 568 = ILS 3473; CIL VI, 9006; CIL VI,
960 LUCIO BENEDETTI

Le correzioni ai testi assumono, a volte, anche la forma di facsimili di mano


dello stesso Marini, realizzati evidentemente durante questi controlli e successi-
vamente riportati nel volume direttamente accanto ad alcune iscrizioni per cor-
rezione o per confronto con altri testi come a p. XCVI, nr. 6 = CIL VI, 568 = ILS
3473; a p. DC, nr. 6 = CIL VI, 9769 + 9770, dove nel margine inferiore della pagina
aggiunge un apografo da cui si deduce che Marini aveva visto la tabellina integra; a
p. DCXLV, 4 = CIL VI, 9475, dove, in fondo alla pagina, aggiunge un altro apografo
di suo pugno dell’iscrizione come la vide; a p. DCLXIX, nr. 9 = CIL VI, 12177 =
28971, dove vengono aggiunte diverse righe; a p. DCLXX, 9 = CIL VI, 12489, dove
trascrive accanto un’altra iscrizione per confronto.
Molto interessanti, a questo proposito, risultano i commenti, normalmente
scritti accanto all’epigrafe, basati su altre evidenze bibliografiche o archeologi-
che, e che ritroviamo spesso identiche anche nei lemmi del CIL. A p. CCXXXVII,
nr. 8 = CIL VI, 916 scrive «Metellus in suis actis ad Mazoch. in B(ibliotheca)
Vat(icana) p. 26, scribit haberi hic duo epigrammata, et Marlianum p. 26. omisisse
priorem partem»; a p. CCCXXXI, nr. 1 = CIL V, 7753 = ILS 5185, dove aggiun-
ge «Pyladem eximium sub M. Aurelio ac L. Vero saltatorem nominat Galenus de
administr(ationibus) anatom(icis) c. 6. To. IV ed. Carterii»; a p. CCCLXXXVI, nr.
8 = CIL XIII, 1691 «eadem in duabus basibus, sed vidi eam in C(odice) V(aticano)
6039 p. 424»; a p. CCCCLXV, nrr. 5 e 6 = CIL VI, 1511 e CIL VI, 1512 = EDR111260
e EDR111261 «exemplar Metelli de quo vide Mazochium p. 72 caract(eribus)
inscript(is) in later(e) Metellus in suo Mazochio adnotavit hanc ab Aug(usto) Co-
lotio exscriptam habere non ABSTINENTIA sed ABNATENTIM»; a p. DXLV, nr. 9 = CIL
VI, 3431 «ediderat Mazochi p. 22.7. Antonius Laelius praescripsit ad oram “Hoc
marmore utrinque sunt stantis ensemq(ue) gestantis viri simulachra perquam in-
condita, ob aurem cuius sinistram scriptum est EQVITIS”»; a p. DCXCIII, nr. 8 = CIL
II, 3036, dove scrive «Petrus Pantianus in Praef. ad paroemias Michael. Apostolii
S. L. 1619 multa de urbe Uxama»; a p. MLXXXI, nr. 2 = CIL IX, 5420 = XI, 95,1*,
dove annota «In collectione Maccii T. 1 p. 272 reperta A. 1595. et chirographo suo
notat Hispanius advectam R(omam) et dono datam card(inali) Burghesio».
Diversi sono anche i rimandi ad altre iscrizioni sempre all’interno di Gruter a
causa del contenuto o di elementi simili nel testo, o perché pubblicate due volte in
due sezioni distinte della stessa silloge, oppure perché opistografe e quindi anche
in questo caso le iscrizioni sulle due facce compaiono anche a molte pagine di
distanza l’una dall’altra, come per esempio tra p. VIII, nr. 3 e p. MVI, nr. 5 = CIL
VI, 397 = ILS 3672, relativamente alle due iscrizioni di una lastra opistografa; tra
p. XII, nr. 10 = CIL XIII, 4301 e p. XCII, nr. 1 = CIL III, 76; tra p. CLXI, nr. 5 e p.
CCLVI, nr. 9 = CIL X, 1641; tra p. CCXXXVII, nr. 5 = CIL XI, 132 = ILS 7235 e p.
DCCXLVIII, nr. 11 = CIL XI, 132 = ILS 7235.
Da segnalare, poi, qualche caso d’espunzione di testi giudicati falsi o non perti-
nenti, come per esempio l’iscrizione a p. CCLXXIII, nr. 4, da Verona, non antica e
relativa alla morte di Filippo l’Arabo e suo figlio, inserita insieme a quelle riguar-
danti lo stesso imperatore (CIL II, 188 e CIL II, 3073).
Accanto alle annotazioni fatte direttamente al testo, all’interno del codice è pre-

12161; CIL VI, 20385; CIL VI, 24160.


APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS ROMANI 961

sente anche tutta una serie di aggiunte cartacee, 45 per la precisione, incollate sulle
pagine del thesaurus in corrispondenza o vicino alle iscrizioni cui si riferiscono. Si
tratta di appunti vergati da Marini su ritagli di pagine già scritte sul verso, di lettere
a lui indirizzate o di note o apografi di iscrizioni ricevuti da altri. A incollare questi
foglietti sulle pagine del Gruter non fu Marini ma, molto probabilmente, Giovanni
Battista de Rossi (1822-1894)54 che, com’è noto, durante il suo incarico di biblio-
tecario alla Vaticana provvederà a riordinare le carte e i codici mariniani, dispo-
nendoli in 132 volumi compresi tra le segnature Vat. lat. 9020 e 915255. È probabile
che questi foglietti vaganti fossero già inframezzati al volume e che de Rossi si sia
limitato semplicemente a fissarli per evitarne la dispersione, segnando su ciascuno
a matita e tra parentesi il numero della pagina del thesaurus cui si riferivano.
Alla stregua delle annotazioni fatte direttamente, anche questi appunti possono
essere divisi in base alla loro tipologia e la loro analisi rivela quanta e quale fosse
l’erudizione di Marini, ma soprattutto la volontà, quando non il bisogno, di voler
costantemente aggiornare le informazioni contenute nella silloge.
Il gruppo più numeroso è senza dubbio quello con appunti personali sulla tra-
dizione manoscritta o su documenti d’archivio relativi a determinate iscrizioni.
Vediamone alcuni: a fronte di p. I, è uno relativo all’iscrizione del Pantheon, CIL
VI, 896 = 31196 = ILS 129 = EDR103378 + EDR103379, dove Marini scrive: «Nella
iscriz(ione) del Panteo recata dal Mazocchi [= Vat. lat. 8495] p. VII. il Metello che
la emenda, e mette dopo le parole TRIB. POT. XI: “Dissiluerunt hoc loco aliquot lit-
terae MP adgnoscuntur, propterea ita emendamus IMP XI ex arcu Fori Boari in quo
TRIB. POT. XII. IMP. XI forte restitui potest: nam certe similis ei inscriptio et Severi
et Antonini. Aut, ut exstat in Porticu S. Angeli, ita XI IMP. XI”. Questa nota è quasi
copiata da quella, che al suo Mazocchi [= Vat. lat. 8492] scrisse Antonio Lelio». A
p. XX, relativo alle iscrizioni XX, nrr. 7 e 8 = CIL VI, 418, un’iscrizione dedicata
a Giove Dolicheno riportata in due versioni nella stessa pagina di Gruter; Marini
rimanda al codice Vat. lat. 3439 dove dice essere un «un bel disegno di questa»

54 La letteratura su de Rossi di anno in anno si accresce sempre di più; dopo la “voce” di

N. PARISE, De Rossi, Giovan Battista, in DBI, 39, Roma, 1991, pp. 201-204, vd. principalmente:
A. BARUFFA, Giovanni Battista de Rossi. L’archeologo delle catacombe, Città del Vaticano 1994;
S. FRASCATI, La collezione epigrafica di Giovanni Battista De Rossi presso il Pontificio Istituto
di Archeologia Cristiana, Città del Vaticano 1997 (Sussidi allo studio delle antichità cristiane,
11); M. BUONOCORE, Theodor Mommsen e gli studi sul mondo antico. Dalle sue lettere conserva-
te nella Biblioteca Apostolica Vaticana, Napoli 2003 (Pubblicazioni dell’Istituto di diritto ro-
mano e dei diritti dell’Oriente mediterraneo. Università di Roma “La Sapienza”, 79), pp. 3-10,
65-270; PH. FORO, Giovanni Battista de Rossi, entre archéologie chrétienne et fidélité catholique
dans l’Italie de l’Unité, in Anabases 9 (2009), 101-112; G. VAGENHEIM, Portraits et travaux d’éru-
dits au XIXe siècle: la correspondance inédite de Giovanni Battista de Rossi (1822-1894) et Eu-
gène Müntz (1845-1902) sur les mosaïques d’Italie, in Académie des Inscriptions & Belles-
Lettres. Comptes Rendus 2009 (Janvier-Mars), pp. 515-532; M. BUONOCORE, Giuseppe Gatti,
Angelo Silvagni e le schede ICR di Giovanni Battista de Rossi: nuovi tasselli per la storia della
loro “acquisizione”, in Marmoribus vestita. Miscellanea in onore di Federico Guidobaldi, a cura
di PH. PERGOLA – O. BRANDT, Città del Vaticano 2011 (Studi di antichità cristiana, 63), pp. 305-
329; S. HEID, Giovanni Battista de Rossi, in Personenlexicon cit., I, pp. 400-405.
55 Cfr. G. MARINI, Antiche iscrizioni doliari pubblicate per cura dell’Accademia delle confe-

renze storico-giuridiche da G. B. De Rossi. Con annotazioni di E. Dressel, Roma 1884, pp. III-IV.
962 LUCIO BENEDETTI

notando che «dee essere copia del Ligorio, che lo ha supplito a capriccio. È nel
Gruterus 20. 7 e 8»56. A p. LXXII, nr. 5 = CIL XIV, 2852 = CLE 249 = ILS 3696 =
EDR119284 registra «Praeneste in Palatio Principis in grandi ara, in cuius tympa-
no visuntur fasciculi aristarum cum duobus modijs aristis repletissimis: in codice
Card. Canalii dicitur reperta prope Templum Fortunae». Segue trascrizione del
testo con diversi emendamenti rispetto alla versione di Gruter e basati sul codice
del cardinale Canale. In fondo alla trascrizione Marini annota: «Dedit Cecconius
p. 178. Suares P(raeneste) l. c. 40; Volpi c. 6. p. 120. Grut. 72.5. omissa inscriptione
latenti ex Metello, Pighio, et Smetio, qui exscripsit». A. p. CXV, relativo però all’i-
scrizione nr. 3 di p. XCV = CIL V, 2803 = CLE 861, scrive Marini «Ad p. 95.3. Nel
Cod(ice) di Marcanova e nel Cod(ice). Rom. si da dissegnato questo marmo che
è come una gran base assai larga nel lato sin. pendono spiche e uva da un anello.
sopra la base sta un uomo vestito con abito talare, ma colle mani spalanca la ve-
ste, che è come una figura di Priapo e mostra le pudenda che ora vi sono cassate,
si nota così “Paduae extra Portam Romanam tribus millibus passum in sacello
Runconi in lapide corroso vetustate, et nunc appellatur Porta S. Crucis”, in fine
della pagina si nota “Figura Priapi ex aere inaurato huic similis adinventa in fun-
damentis Capellae S(anc)ti [scil. Petri] de Urbe t(em)p(o)re PP. Nicolai Quinti est
apud I. Marcanovam art(ium) et me(dicinae) doctor(em) Pa(tavium)». A p. CLXIII,
relativo all’iscrizione nr. 8 = CIL X, 6811 = ILS 489 «Questa iscriz(ione) di Gruter
168.3 trovasi scritta circa la metà del sec. XVI di una mano assai dotta, siccome
appare nel T. XCVIII. de’ Miscellanei dell’Arch(ivio) secr(eto) Vatic(ano) alla p.
282 delli Tomi Politicorum precisamente come sta nel Grutero e così divisa colle
seguenti varietà: mancano le prime due linee e la 7 ed 8 e però si vede chiaro che i
nomi erano stati cancellati, la lin. 12 dice Adsiduis maris adluentibus». A p. CCCIX,
relativo all’iscrizione nr. 5 della pagina successiva (CIL VI, 2133) e anche questo
incollato per errore nella pagina precedente da de Rossi, si legge: «Nel Cod(ice)
Vat(icano) 6039 p. 394 et 395 il Metello dal Cod. Carpense riporta 8 iscrizioni per
le Massime Vestali, e vi premette “In Vestae [scil. aede] reperta octo epitaphia”». A
p. CCCCXXXVI, nr. 2 = CIL VI, 1315 = 31598a = ILS 59 = EDR093317, dove scrive
«R(omae), in domo Pomp(onii) Laeti in Quirinali fragmentum venerandum anti-
quitatis et maiestatis, litteris omnium elegantissimis et antiquiss(imis) et optimis».
A p. DCLXI, nr. 1 = CIL XI, 1118 = CLE 98 = EDR082072 dove viene segnalato da
Marini che «nel med(esimo) Cod(ice) 6040 p. 83 è altra copia» con alcune varianti
del testo che questa seconda versione contiene. A p. DCLXXXVII, relativo all’iscri-
zione a p. DCLXXXVI, nr. 3 = CIL VI, 19159 = ILS 8005 = EDR123125, segnala
che «ad p. 686. n. 3. Vidi questo cippo nella superior parte perforato con mol-
ta eleganza disegnato così appunto come qui si descrive da Smezio nelle schede
Barb(erine), in un gran foglio a parte, il quale merita di essere inciso. L’iscrizione
è la stessa solo che vi si legge QVAE e MESIBVS VI DIE XXV. il Doni l’ha portata alla p.
366 n. 53 e da questi Mur(atori) 1171.2 con alcune varietà ed ignaro dell’essere in
Gr(utero)». A. p. MXXIX, relativo all’iscrizione a p. MXXVIII, nr. 2 = CIL XI, 1836
= ILS 1332 = EDR119592 da Arezzo «Nel Cod(ice) Vatic(ano) 6038, che contiene

56
Cfr. BUONOCORE, Tra i codici epigrafici cit., p. 243; Edizione Nazionale delle opere di Pirro
Ligorio. Libri delle iscrizioni latine e greche. Napoli – Volume 7, a cura di S. ORLANDI, Roma
2008, p. 20.
APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS ROMANI 963

le iscrizioni copiate da Giov(anni) Metello, e a lui date da vari, alla p. 2757 è una
scheda incollata di sua mano che è il resto di una lettera […]. Questa iscriz(ione)
è nel Gr(utero) 1028.2 ed è illustrata dal Gori 6.11.189. A me è molto sospetta, ma
la credo del terzo secolo, maggiore che vi è la tribù!». E aggiunge in fondo: «Nel
cod(ice) 6040 a p. 11 è una scheda di mano di L. Latino […]».
Ancora molto interessanti, per le informazioni che contengono, ma soprattutto
perché contribuiscono a disegnare il quadro delle relazioni nazionali e internazio-
nali di Marini con altri studiosi di epigrafia e uomini di cultura, sono anche alcuni
apografi o appunti relativi a certe iscrizioni ricevuti da corrispondenti identificabili
o anonimi: a p. LXIV, nr. 9, forse un falso di CIL VI, 597 = ILS 3534 = EDR121943,
dove è scritto da un anonimo (Tav. III): «Lastra sottile di marmo, alta vicino a 3
oncie, larga vicino a 2 1/2, esistente presso D(on) Alessio Mola. Lettere magre in cer-
to modo trascurate, in certo modo affettate». Marini aggiunse di suo pugno «dee
essere falsa. Un altra copia ebbe il Bellotti, che venne alla Vaticana, e fu rigettata
qual cosa falsissima per ogni verso»58. A p. CCCXXXII, nr. 3 = CIL IX, 2860 = ILS
5178 = EDR114922 vi è incollato un bell’apografo del colonnello francese Paul-
Louis Courier (1772-1825)59, dove Marini annota (Tav. IV): «Copiata dal Colonnel-
lo Courier». Altri apografi, sempre di Courier, si ritrovano poi a p. CCCLXXIV, nr.1
= CIL IX, 2855 = ILS 5501 = EDR114839, con indicazione di Marini «Grut. 374.1
Exsc(ripsit) Courrier Gallus» (Tav. V), e a p. DCCCXC relativo all’epigrafe nr. 3 =
CIL XI, 866 = EDR126353, dove viene aggiunto a margine «Exsc(ripsit) Courrier
Trib(unum) Mil(itum) Gallor(um)» (Tav. VI). Un altro apografo, stavolta di mano
di Gaspare Luigi Oderico60 insieme ad un altro foglietto con appunti dello stesso
autore, è inserito tra p. DL e p. DLI e si riferisce all’iscrizione DLI, nr. 7 = CIL IX,
4887, dove viene data la trascrizione con l’errore della notazione della tribù, come
nell’originale61 (Tav. VII). Anche a p. MCXXXIII troviamo un elegante facsimile
del dotto aquilano Francesco Saverio Gualtieri (1740-1831) «giovane ingegnosis-
simo e letteratissimo, e non meno nelle metafisiche ed altri sublimi difficoltà, che
nelle lingue dotte, e nell’erudizione versatissimo»62, relativo però all’iscrizione a

57 Da un riscontro fatto sul codice Vat. lat. 6038 in realtà, a f. 27 non compare la scheda

segnalata da Marini, né si trova in altre pagine dello stesso volume. Deve trattarsi dunque di
un errore.
58 Questo apografo è già stato edito in BUONOCORE, Tra i codici epigrafici cit., p. 147.
59 P. LEGUAY, Courier, Paul-Louis, in Dictionnaire de Biografie Française, 9, Paris 1961, pp.

968-974 e BUONOCORE, Tra i codici epigrafici cit., p. 148.


60 Cfr. CIL VI, p. LXIV, nr. CV; BUONOCORE, Tra i codici epigrafici cit., p. 148.
61 Cfr. C. SOMMERVOGEL, Oderico, Gaspare Luigi, in Bibliothèque de la Compagnie de Jésus,

Bruxelles 1890-1932, V, coll. 1867-1870; BUONOCORE, Tra i codici epigrafici cit., p. 148.
62 Su cui vd. A. PIERIO, Laudazione accademica in morte di Monsignor D. Francesco Saverio

Gualtieri [s.l. s.a.]; A. PASQUALINI, Gli studi epigrafici in Abruzzo e il contributo di A. L. Antino-
ri, in Antinoriana. Studi per il bicentenario della morte di Antonio Ludovico Antinori, L’Aquila
1978, I, p. 98; R. PALMIERI, Silloge inedita d’iscrizioni fondane e minturnesi di Francesco Danie-
le, in Miscellanea Greca e Romana 7 (1980) (Studi pubblicati dall’Istituto Italiano per la storia
antica, 31), pp. 385-388; M. PAGANO, Una nuova iscrizione dei magistri minturnesi e altre acqui-
sizioni epigrafiche dalle carte di F. S. Gualtieri, in Mélanges de l’École française de Rome. Anti-
quité 100 (1988), pp. 819-829; BUONOCORE, Tra i codici epigrafici cit., pp. 197-198 e passim. La
citazione è del suo maestro Vito Maria Giovenazzi.
964 LUCIO BENEDETTI

p. MCXXXII, nr. 3 = CIL VI, 20989 e in cui Marini aggiunge «Aquila in Museo.
Exsc(ripsit) Gualterius. Grut. 1133.3» (Tav. VII).
Numerosi sono anche i foglietti che si riferiscono ad appunti personali su ope-
re a stampa recenti o contemporanee a Marini, relative a certe iscrizioni o luoghi
di provenienza delle stesse: a questa tipologia appartengono quelli a p. CCXLII,
relativo all’iscrizione CIL VI, 930 = ILS 244 = EDR103907, dove Marini riporta
su entrambe le facce del ritaglio un brano della lettera di E. Martini a G. Majan-
sio, tratto dalla p. 206 di Martini Emanuelis epistolarum libri duodecim. Accedunt
auctoris vita a Greg. Majansio conscripta nec non praefatio P. Wesselingii, Amste-
laedami 1737. Oppure a p. CCCCXXXI, nr. 1 = CIL XIII, 1921 = ILS 7024, dove
annota: «Description d’un mosaique representant des jeux du cirque decouverte
à Lyon le 18 Frevrier 1806 par F. Artaud a Lyon 1806 fogl. atlantico. nella p. 10 si
dà l’iscr. in rame di G. Ligurius Marinus, che è nel Grutero 431.1. perché si crede
da alcuno che il mosaico a dà appartenir a la demeure de Ligurius, intendant des
jeux de Lyon». Segue poi la traduzione in francese dell’iscrizione tratta dall’opera
di Artaud e che Marini commenta tra parentesi: «questa versione dee essere presa
dalla Storia di Lione fatta dal Menestrier nel sec. XVII». A p. DCCCXXIII, ne tro-
viamo invece uno concernente l’iscrizione nr.1 = CIL XI, 6606 = CLE 386, su cui
Marini scrive che «nelle Nov(elle) [Letterarie di] Fir(enze) dell’A(nno) 1772, p. 22
è una lettera del Dottore Lodovico Coltellini nella quale parla di alcune iscriz(ioni)
di Galeata Terra della Romagna, nella chiesa di S. Piero in Bosco. In un grosso
marmo di figura irregolare o urna per la parte di sopra che è fisso nel muro in
cornu evangelii della detta chiesa sono queste due, delle quali la seconda è la più
antica». Dopo aver riportato i testi delle iscrizioni, annota Marini: «Osserva bene
il Coltellini che τ o e l dis Manibus della seconda iscrizione, e che va
letto LIVIA ME TELLVS».
A p. DCCCCXXVIII, relativo all’iscrizione di p. DCCCCXXVIII, nr. 2 = CIL X,
6069 = ILS 8338 troviamo un richiamo ad un opera di Winckelmann: «Ad p. 928.2.
Winckelmann nella lettera al Conte di Bruhl sopra le scoperte di Ercolano63, scritta
in francese e stampata a Dresda 1764, p. 45. Di questa Iscriz(ione) dice che è nel
Grutero, mais sans indication du lieu où elle fe trouvee, mostrando poi esso qui
esso che per il sasso del Garigliano nella prima linea ha SI in luogo di IVS, nella 3.
HEREDES nella 4°. MACERIAM».
Ad un’altra opera di Winckelmann, l’Histore de l’Art chez les Anciennes (Dresde
1764), viene rimandato anche in uno dei due ritagli presenti a p. DCCCCLXXXIX
e che si riferiscono a due iscrizioni, raggruppate sotto il nr. 3 = CIL I2 3467 = III,
4815 = ILLRP 1272, quelle incise sul c.d. atleta di Magdalensberg. In uno dei due
appunti annota Marini: «Winckelman His(toire) De l’Art. T. 2 p. 118 ricorda questa
statua e dice che una simile di bronzo coll’iscriz(ione) sulla coscia è nel giardino di
Aranjuez in Spagna dove l’ha veduta M. Antonius Rapahael Mengs, e l’ha riguarda-
ta come un monumento antico, crede Winckelm(an) che l’aggiunta della bipenne

63
J. J. WINCKELMANN, Lettre de M. l’abbé Winckelmann, antiquaire de Sa Sainteté, a mon-
sieur le comte de Brühl, chambellan du roi de Pologne, electeur de Saxe, sur les découvertes
d’Herculanum, Paris 1764.
APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS ROMANI 965

sia un aggiunta moderna. Dell’antichità delle iscrizi(oni) poste o nel corpo o nelle
vesti delle statue vedi Maffei Istoria diplom(atica) p. 209»64 .
Non mancano, ovviamente, appunti relativi a fonti antiche, riferibili al conte-
nuto di determinate iscrizioni: a p. CXXVIII, per esempio, troviamo un appunto
per l’iscrizione nr. 4 = CIL VI, 976 = ILS 317 = EDR104010 relativa all’augurato-
rium del Palatino restaurato da Adriano nel 138 d.C., dove viene ripreso un passo
di Tacito (Ann. II, 13, 1). In questo foglietto Marini riporta quasi per intero una
nota copiata dall’edizione degli Annali di Tacito curata da Lipsio (rintracciabile
anche in C. Corneli Taciti Opera Omnia, Londini 18212, vol. 8, p. 3832, nt. 13). O
ancora a p. DIII, relativo però all’iscrizione della pagina DII = CIL XIII, 1668 = ILS
212, la Tabula di Lione, dove viene fatto riferimento sempre a un altro passo dell’o-
pera di Tacito (Ann. XI, 24), quello notissimo in cui lo storico riprende il discorso
dell’imperatore Claudio. Dopo aver citato alcuni brani dal passo richiamato, Mari-
ni aggiunge, in fondo al biglietto: «v(edi) il C(odice) V(aticano) 6039 p. 3. ove è una
similissima all’orig(inale) di mano di Giov(anni) Metello».
Curioso è anche l’uso di ritagli ricavati da pagine di una seconda copia di Gru-
ter per annotazioni personali: come abbiamo accennato sopra, Marini disponeva
sicuramente di un altro volume delle Inscriptiones antiquae che, con l’acquisto
dell’esemplare scaligeriano, dovette progressivamente dismettere, usandolo quasi
solo per fissare i suoi appunti e forse per trarne ritagli da portare con sé relativi a
iscrizioni che sapeva di poter controllare nelle sue continue autopsie, e comunque
per evitare di rovinare l’altra e più preziosa copia. Ritagli di questa seconda copia
sono presenti in molti dei codici compresi tra le segnature Vat. lat. 9106 e 913165.
Nel nostro esemplare se ne contano 4: uno a p. LXI, relativo all’iscrizione nr. 3
= CIL VI, 826 = ILS 4914, della quale viene corretta la scansione del testo della
versione di Gruter e fatti diversi emendamenti sulla base di confronti tratti da
altra bibliografia aggiunta direttamente a margine. Un altro, a p. LXXXIII, nr. 15,
relegata tra le false dal Corpus Inscriptionum Latinarum66, dove Marini scrive a
margine «de hoc lapide vide Ottonium in dissertationibus p. 35267». Sul retro dello
stesso ritaglio, in corrispondenza dell’iscrizione LXXXIV, nrr. 6 e 7, Marini appone

64 Sulla copia dell’atleta di Magdalensberg in Spagna cfr. K. GSCHWANTLER, Der Jüngling

vom Magdalensberg in Aranjuez. Die Suche nach dem verschollenen Original, in Jahrbuch der
Kunsthistorischen Sammlungen in Wien 89-90 (1993-1994), pp. 311-339 che sostiene, come
Mengs, che la copia di Aranjunez sia antica e che anzi sarebbe l’originale. A favore della ge-
nuinità del pezzo conservato a Vienna si è espresso invece recentemene F. GLASER, Der Bronze-
jüngling vom Magdalensberg 1502-2002, in Rudolfinum 4 (2002), pp. 89-98.
65 Un primo sondaggio in questi codici ha rilevato la presenza dei seguenti ritagli: Vat. lat.

9106: ff. 132, 135; Vat. lat. 9121: ff. 70, 71 212; Vat. lat. 9123: ff. 45r, 49r, 53r, 64r, 185r; Vat.
lat. 9125: ff. 29-37.
66 Cfr. R. LANCIANI, Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di anti-

chità, vol. I, 1901-1912 [Ristampa anastatica della prima edizione], Bologna 1977, pp. 234-
235.
67 La stessa informazione è riportata anche nella pagina di Gruter, all’interno del campo

epigrafico dell’iscrizione, sul margine superiore. Questo ci dà la certezza che, almeno i ritagli
della seconda copia di Gruter, ma verosimilmente anche gli altri, non furono incollati diret-
tamente da Marini ma da de Rossi.
966 LUCIO BENEDETTI

altre annotazioni, tratte dalla silloge del Lucius sulle iscrizioni dalmate68. Relativa-
mente a p. LXXXIV, nr. 6 = CIL III, 2920 = V, 429, 25 emenda la 6° riga scrivendo
accanto «ET PLEBS legit Maffei Ver(onense Museum) T. 1 a p. 169. Reinesius legerat
LEBACTES male Scaliger in ind(ice) Geogr(aphico) posuit LEPIEFS». Relativamente
invece a LXXXIV, nr. 7 = CIL III, 13264 + 2907 = ILS 5336, che Gruter mette all’in-
terno dello stesso campo epigrafico, dando a intendere che si tratti di un’unica
iscrizione, scrive Marini: «Joan(nnes) Lucius in Inscript(iones) Dalmat(icae) p. 4
lectores monet inscriptiones hasce esse tribus distinctis lapidibus inscriptas, una
tamen in pariete inserta iussu Rectoris Veneti, ut nos docent in inferiori margine
incisi in haec verba: Urbe hac Praefectus Sanuta ex prole Marinus / me struxit tan-
dem Veneto Dominante Senatu».
Interessante anche l’appunto a p. MXLII per l’iscrizione nr. 8 = CIL III, 2950,
sempre su un ritaglio di una pagina dell’altra copia di Gruter, dove Marini scrive
«Sic hunc lapidem integrum dedit Lucius Inscript(iones) Dalmat(icae) p. 28 n. 23
ex Collectan(eis) Simeonis Gliubavaz» e dopo aver riportato per intero il testo co-
piato dalla silloge delle iscrizioni dalmate, aggiunge: «Nunc extat ap(ud) Antonium
Danielli Tomassoni Medicum, ut me monuit P. Andreas Rubbi S. J. edidit et Mur.
1951. p. 3».
Solo un foglietto invece sembra riconducibile ad appunti personali presi in
seguito ad autopsia diretta: a p. XXVIII, relativo all’iscrizione nr. 6 = CIL VI, 511 =
CLE 1529: «Vidi molti anni sono nel cortile della casa Colociana questa iscriz(ione)
per terra ma non potei copiare che i seguenti versi, ci sono poi tornato, né l’ho più
veduta». E continua «Nella Bibl(ioteca) Albani C. IV è un Regesto in f(olio) foris
notizi(ie) Antiq(uarie), in principio del quale forse l’Aleandro, ha notate assai cose
per illustrare questa iscrizione, e la precedente». Dopo questa ultima annotazione
Marini riporta, quasi in forma di facsimile, le ultime quattro righe dell’iscrizione.
Sono inoltre da segnalare due bifoli, vergati da due diverse mani e inseriti fra
le pagine del volume: uno è tra le pp. DCCXL e DCCXLI, si riferisce all’iscrizione
nr. 2 = CIL XIII, 4206 ed è un estratto dall’opera di C. Brouwer e J. Masen, Anti-
quitatum et Annalium Treverensium libri XXV, Tomus primus, Leodii 1671, pp. 42-
43, mentre l’altro, con diverse annotazioni a margine di Marini, è negli indici, in
corrispondenza del caput duodecimum dedicato alle Tribus Romanae e si riferisce
a una formula contractus di epoca romana per la compravendita di una casa, giu-
dicata come autentica e pubblicata anche a p. 59 della Histoire de la jurisprudence
romaine di A. Terrasson, edita a Parigi nel 1750. Si tratta di appunti copiati diretta-
mente dai testi indicati e inviati a Marini, molto probabilmente, da corrispondenti
italiani o stranieri che potevano avere facilmente accesso a opere che forse l’abate
non poteva consultare direttamente e che riteneva, invece, fondamentali per l’ag-
giornamento della silloge di Gruter e dei suoi studi.
Foglietti cartacei sono infine aggiunti anche nella sezione relativa alle iscrizio-
ni false o presunte tali, e contengono soprattutto rimandi bibliografici ai codici
o a opere a stampa che servono a corroborare e a precisare la natura spuria dei
documenti cui si riferiscono, mentre qualche piccola notazione di Scaligero e di
Marini è presente anche nella parte delle Notae Tyronis.

68 Si tratta di J. LUCIUS, Inscriptiones Dalmaticae, Venezia 1673. Vd. il giudizio che ne dà

TH. MOMMSEN, apud CIL III, p. 275 nr. XXVI.


APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS ROMANI 967

Questo costante lavoro di aggiornamento da parte di Marini e dei suoi prede-


cessori, comportò inevitabilmente anche numerosi interventi da parte di questi
studiosi agli indici che annotarono con alacrità, espungendo o aggiungendo ter-
mini o iscrizioni e correggendo rimandi. Sono rare, infatti, le pagine di questa
sezione in cui non si trovano correzioni, postille o annotazioni volte a migliorare
la fruibilità dell’opera.
Dalla selezione di esempi richiamati, sembra dunque emergere chiaramente il
profilo di uno studioso e di un erudito di eccezionale levatura, con una notevole co-
noscenza del mondo antico e delle fonti classiche, capace di dominare una biblio-
grafia sterminata come anche oggi, nonostante i sempre più veloci e travolgenti
progressi informatici, raramente si vede. Di questo modo di lavorare, fatto di con-
tinui controlli e aggiornamenti, l’esemplare di Gruter era diventato un compagno
indispensabile e un riferimento imprescindibile, e non è casuale che, come ricorda
Marco Buonocore69, Marini avesse deciso, nel suo testamento, di lasciare questo
volume alla Biblioteca Vaticana70, nella consapevolezza che la consultazione di
quelle pagine, arricchite da lui e dagli altri proprietari, avrebbe potuto giovare non
poco anche alle ricerche dei futuri studiosi di epigrafia latina.

APPENDICE
LE INSCRIPTIONES VETERES IN HISPANIA REPERTAE
DI ADOLF OCCO NEL CODICE VAT. LAT. 9146

Il codice Vat. lat. 9146 non contiene solo il thesaurus di Gruter postillato da Ma-
rini, benché sul dorso del volume possa leggersi, a fregi in oro, «Gruteri Inscriptio-
nes antiquae», e nell’inventario dei codici vaticani latini redatto da G. B. de Rossi
non si faccia menzione che di quest’opera all’interno del volume71.
Dopo l’ultima pagina delle Inscriptiones antiquae, il libro si sviluppa, infatti,
ancora per una cinquantina di fogli, inglobando al suo interno un’altra opera il cui
riconoscimento è reso possibile grazie anche al frontespizio originale conservato
(Tav. IX). Si tratta delle Inscriptiones veteres in Hispania repertae di Adolf Occo III

69 Cfr. M. Buonocore in questa Miscellanea, pp. 120-126.


70
Esecutore del testamento, almeno per quanto riguarda i libri da donare alla Biblioteca
Apostolica Vaticana, sarà il nipote del Marini, Marino Marini (1783-1855), come ci ricorda
anche un appunto incollato sempre sul foglio di guardia e già edito in BUONOCORE, Tra i codici
epigrafici cit., p. 146 che recita: «Jani Gruteri Inscriptionum Antquarum Corpus Editione ra-
rissimum Manu scriptis trium clarissimor(um) Viror(um) Adnotationibus unicum Marinus
Marinius Cajetani Fratris F(ilius) Secretiori S(anctae) R(omanae) E(cclesiae) Tabulario
Praefectus Bibliothecae Vaticanae dono pretiosimo dedit V id(us) Novembr(es) Ann(o)
MDCCCXVII Franciscus Antonius Baldus Catalogo inscripsit».
71 Cfr. G. B. DE ROSSI, Inventarium Codicum Latinorum Bibliothecae Vaticanae, Tomus

XII, a n° 9020 ad n° 9445, Città del Vaticano 1856-1871, p. 164. Nell’inventario, l’indicazione
dell’explicit coincide con le ultime due parole dell’ultima iscrizione (CIL XI, 8) del secondo
foglio vergato da Scaligero, quello che chiude il volume, per cui la mancata indicazione dell’o-
pera di Occo si deve forse a una negligenza dello stesso de Rossi, che si è limitato a dare una
descrizione sommaria del codice o a copiare quanto scritto in un precedente catalogo.
968 LUCIO BENEDETTI

(1524-1606)72, rara silloge di iscrizioni iberiche apparsa sul finire del XVI secolo
e conservata all’interno del codice vaticano in uno degli ancor più rari esemplari
dell’editio princeps, datata 159273.
Benché l’opera non abbia riscosso particolare successo nella bibliografia mo-
derna74, neppure in quella in lingua spagnola75, ci sembra necessario dare qualche
informazione preliminare almeno sul suo contenuto, con la speranza di poter ri-
prendere l’argomento in altra sede, in maniera più approfondita e documentata.
Questa raccolta, dicevamo, è opera di Adolf Occo III, medico, esponente di
una delle famiglie più in vista della Augsburg del Cinquecento e autore, come altri
suoi colleghi del tempo76, di studi numismatici confluiti, nel suo caso, nella mo-
numentale silloge intitolata Impp. Romanorum numismata a Pompeio Magno ad
Heraclium: quibus insuper additae sunt inscriptiones quaedam veteres, arcus trium-
phales ed alia ad hanc rem necessaria77, stampata per la prima volta ad Anversa nel

72Sulla vita e l’opera di Adolph Occo III cfr. J. BRUCKER, Historia vitae Adolphorum Occo-
rum, Lipsiae 1734, pp. 41-84.
73 L’opera è sicuramente più nota nella seconda edizione, quella del 1596. La prima (e

quasi unica) menzione in un’opera a stampa dell’edizione del 1592, anche se con indicazione
errata del luogo di edizione (Basilea invece di Heidelberg) si trova in BRUCKER, Historia cit.,
pp. 82-83. La seconda edizione comunque sembra identica all’editio princeps, o almeno così
risulta da controlli fatti su altri esemplari come quello del 1596 conservato nella Biblioteca
Nazionale Centrale di Roma ai segni “69.4.E.1”, e quello del 1592 della Biblioteca Augusta di
Perugia, disponibile alla segnatura “ANT I.C 9”. Un altro esemplare dell’edizione del 1596 è
conservato anche in Vaticana, alla segnatura Stamp. Barb. O.X.50 (int. 2).
74 Un accenno alla silloge è in STENHOUSE, Reading Inscriptions cit., p. 128.
75 La citazione più rilevante nella bibliografia spagnola, riferita all’edizione del 1596, è in

J. REMESAL RODRÍGUEZ, Cuatrocientos años de historia e historiografía a través de la inscripción


de C. Ivventius Albinus (CIL, II 1054). La labor de Tomás Andrés de Gusseme en Lora del Río
(Sevilla), in Geríon 16 (1998), p. 225 e passim in G. MORA, Historias de mármol. La Arqueología
clásica española en el siglo XVIII, Madrid 1998 (Anejos del Archivo Español de Arqueología,
18), p. 27, ma con indicazione errata del luogo di edizione (Augsburg in luogo di Heidelberg).
Riferimenti saltuari alla silloge, sempre nella stessa edizione, si trovano anche in J. EDMONSON
– T. NOGALES BASARRATE – W. TRILLMICH, Imagen y Memoria. Monumentos funerarios con re-
tratos en la Colonia Augusta Emerita, Mérida 2001 (Monografías Emeritenses, 6). Interessan-
ti sono le considerazioni in G. GONZÁLEZ GERMAIN, Estudi i edició de les inscripcions llatines
falses d’Hispania (ca. 1440-1550) [Tesi Doctoral dirigida pels doctors Joan Carbonell Manils i
Helena Gimeno Pascual, Universitat Autònoma de Barcelona, Facultat de Filosofia i Lletres,
Departament de Ciències de l’Antiguitat i de l’Edat Mitjana], Barcelona 2011, pp. 86-87 (http://
www.tdx.cat/bitstream/handle/10803/83977/ggg1de1.pdf, consultata il 08/07/2014), dove si
affronta soprattutto il problema dei falsi in essa contenuti.
76 Sulle figure dei medici numismatici si veda I. CALABI LIMENTANI, Medici numismatici nei

secoli XVI e XVII. Alcune riflessioni, in La ca’ granda (Vita ospedaliera e informazioni culturali.
Milano, IRCCS Ospedale Maggiore) 41, 2, (2000), pp. 29-34.
77 Sul corpus numismatico di Occo si veda da ultimo F. MISSERE FONTANA, Adolf Occo

postillato dagli antiquari romani fra Cinque e Seicento, in Rivista Ialiana di Numismatica 107
(2006), pp. 297-354, ora in versione aggiornata in F. MISSERE FONTANA, Testimoni parlanti. Le
monete antiche a Roma tra Cinquecento e Seicento, Roma 2009, pp. 304-356.
APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS ROMANI 969

1579 e con una seconda edizione pubblicata ad Augsburg nel 160178. Sarà questa
raccolta di monete, e non quella delle iscrizioni spagnole, a dare la fama a Occo fra
gli antiquari del suo tempo e quelli dei secoli successivi, come dimostra peraltro
il grande interesse per questo testo da parte di eruditi come Gian Pietro Bellori79
e Lukas Holste80.
Eppure, anche il volume sulle iscrizioni spagnole non è privo di un suo interes-
se, se non altro perché costituisce una delle prime sillogi a stampa a carattere mo-
nografico, dedicate cioè a una realtà specifica e circoscritta dell’Impero Romano
e perché, cosa non secondaria per l’argomento di queste pagine, rappresenta una
delle prime opere di contenuto epigrafico stampate dalla tipografia Commelin di
Heidelberg, quasi dieci anni prima dell’editio princeps delle Inscriptiones antiquae
di Gruter.
E proprio le dimensioni identiche al corpus gruteriano, lo stesso tipo di carta e
gli stessi torchi tipografici usati per la stampa, unitamente al fatto che si tratta di
un volume tutto sommato piccolo, di sole 39 pagine, rendono quasi impercettibile
il suo inserimento all’interno del grande codice e solo un esame attento ne rivela
la presenza.
L’opera si apre con una dedica all’amico Marcus Fugger (1529-1597)81, mem-
bro di una delle più ricche dinastie di imprenditori tedeschi dell’epoca82, nota an-
che per l’intensa opera di mecenatismo e protezione sulle scienze e sulle arti83.
La frequentazione dei Fugger doveva essere un fatto abituale per Occo e, del
resto, le relazioni tra le loro famiglie erano iniziate già da diverse generazioni,
dato che un prozio del medico, Pompeo Occo (1483-1537)84, era stato al servizio
dei Fugger, in particolare di Jacob II detto “il ricco” (1459-1525)85, come rappre-
sentante ad Amsterdam, mentre il padre, Adolph Occo II (1494-1572)86, era stato il
medico di diversi membri della famiglia.

78 MISSERE FONTANA, Testimoni parlanti. Le monete antiche cit., p. 307, nota 3.


79 Ibid., pp. 347-348.
80 Ibid., pp. 345, 349 e 350.
81 Cfr. W. ZORN, Fugger, Marcus, in Neue Deutsche Biographie, 5, München 1961,

pp. 721-722.
82 Imprenditori del settore tessile e banchieri, i Fugger avevano anche interessi nel setto-

re minerario. Per la storia della dinastia cfr. G. F. VON PÖLNITZ, Die Fugger, Tübingen 19996;
M. HÄBERLEIN, Die Fugger. Geschichte einer Augsburger Kaufmannsfamilie (1367-1650), Stutt-
gart 2006. Sull’attività mineraria cfr. J. GRAULAU, Finance, Industry and Globalisation in the
Early Modern Period: the Example of the Metallic Business of the House of Fugger, in Rivista di
Studi Politici Internazionali 300, 4 (2008), pp. 554-598.
83 Sul mecenatismo dei Fugger cfr. P. COSTIL, Le mécénat humaniste des Fugger, I, in Hu-

manisme et Renaissance 6, 1 (1939), pp. 20-40; ID., Le mécénat humaniste des Fugger, II, ibid.
6, 2 (1939), pp. 154-178; S. WÖLFLE, Die Kunstpatronage der Fugger: 1560-1618, Augsburg 2009
(Veröffentlichungen der Schwäbischen Forschungsgemeinschaft, Reihe 4, 33).
84 Cfr. M. HÄBERLEIN, Occo, Pompeo, in Neue Deutsche Biographie, 19, München 1998, p.

409.
85 Cfr. G. F. VON PÖLNITZ, Fugger, Jacob, ibid., 5, München 1961, pp. 710-714.
86 Per la biografia di Adolph Occo II cfr. BRUCKER, Historia vitae Adolphorum Occorum

cit., pp. 34-41.


970 LUCIO BENEDETTI

È probabile che il comune interesse e l’inclinazione dei due per gli studi uma-
nistici siano stati alla base del progetto di raccogliere in un’opera a stampa le iscri-
zioni di una regione d’Europa particolarmente cara ai Fugger, che vi possedevano
o avevano in concessione molte miniere di mercurio, argento e piombo87.
La silloge comprende 491 iscrizioni, ordinate topograficamente per città — che
sono a loro volta disposte in ordine alfabetico — e numerate come nel corpus di
Gruter. Le fonti usate da Occo per redigere la sua opera sono quasi tutte di terza
mano88: il tedesco, infatti, attinge soprattutto all’opera del cordovese Ambrosio
de Morales (1513-1591)89 e, in misura minore, da quella di Apiano e Amando e di
Onofrio Panvinio90, tutti testi che erano probabilmente disponibili nella biblioteca
dei Fugger91, ma fa uso anche di fonti manoscritte, come la raccolta Epitaphia
et Antiquitates Romanorum per Hispaniam di Nikolaus Mameranus92, consultata
forse sempre ad Augsburg93.
Come ha segnalato G. González Germain, l’opera contiene un elevato numero
di falsi, ma anche iscrizioni pubblicate per la prima volta94 e, nell’ultima pagina,
un testimone finora sfuggito alla bibliografia moderna dell’iscrizione CIL IX, 3429
= ILS 6110, la tabula patronatus di Peltuinum95, messa fra le iscrizioni spagnole in

87 Cfr. H. KELLENBENZ, Die Fugger in Spanien und Portugal bis 1560. Ein Großunternehmen

des 16. Jahrhunderts, I, München 19902, pp. 127-142; GRAULAU, Finance, Industry and Glo-
balisation cit., pp. 573-589.
88 Nonostante nel frontespizio della raccolta venga specificato «nunc primum in lucem

editae».
89 Si tratta delle Antigüedades de las ciudades de España, stampate ad Alcalá de Henares

nel 1575 e di cui recentemente è stata pubblicata un’edizione critica del manoscritto in J. M.
ABASCAL, Ambrosio de Morales. Las antigüedades de las ciudades de España. Edición crítica del
manuscrito, Madrid 2012 (Antiquaria Hispanica, 24). Su Ambrosio de Morales cfr. anche
STENHOUSE, Reading Inscriptions cit., pp. 124-128.
90 Sull’opera di Onofrio Panvinio (1530-1568) Fastorum libri V a Romulo rege usque ad

imperatorem Caesarem Carolum V Austrium Augustum, Venezia 1558, cfr. CALABI LIMENTANI,
Scienza epigrafica cit., pp. 46 e 47.
91 Sulla biblioteca dei Fugger cfr. P. LEHMANN, Eine Geschichte der alten Fugger Biblio-

theken, 2 voll., Tübingen 1956-60. Gran parte della raccolta venne venduta nel 1571 al duca di
Baviera, per problemi economici derivati dalla guerra dei Trent’anni.
92 Cfr. GONZÁLEZ GERMAIN, Estudi i edició de les inscripcions llatines cit., p. 119. Su Niko-

laus Mameranus cfr. CIL II, p. VIII, nr. 10; N. DIDIER, Nikolaus Mameranus. Ein Luxemburger
Humanist des XVI. Jahrhunderts am Hofe der Habsburger. Sein Leben und seine Werke,
Freiburg im Breisgau 1915; R. WIEGELS, Ein «Gemeinschaftsgrab» für Tote aus der Varus-
schlacht im südlichen Hispanien? – Zur frühneuzeitlichen Überlieferung zweier Inschriften und
Grabepigramme, in Archivo Español de Arqueología 74 (2001), pp. 81-82.
93 Nella Staats- und Stadtbibliothek della città tedesca si conserva effettivamente una

copia manoscritta della silloge. Cfr. R. DESMED, Quatre poèmes latins inédits de Nikolaus Ma-
meranus, in Latomus 31 (1972), p. 186, nt. 1.
94 GONZÁLEZ GERMAIN, Estudi i edició de les inscripcions llatines cit., p. 86.
95 Su questa iscrizione cfr. R. K. SHERK, The Municipal Decrees of the Roman West, Buffa-

lo 1970, pp. 27-28, nr. 20 mentre, sulla sua trasmissione, cfr. M. BUONOCORE, Sulla tabula
patronatus di Peltuinum (CIL IX, 3429) trasmessa da Jean Matal (Vat. lat. 6034 = Vat. lat 6038),
in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae 12 (2005) (Studi e testi, 430), pp. 7-28, ID.,
La tradizione letteraria ed epigrafica di Peltuinum in età romana, in I campi aperti di Peltuinum
APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS ROMANI 971

quanto «inventa in Hispaniis, ut ait M. Antonius Muretus96». Curioso è inoltre il


fatto che l’opera di Occo sia stata rilegata insieme a quella di Gruter, circostanza
non esclusiva del codice vaticano, ma che si verifica almeno in un altro caso, e cioè
nella copia delle Inscriptiones antiquae della Bibliothèque municipale de Lyon97,
dove la silloge delle iscrizioni spagnole è anteposta all’opera di Gruter e la mancan-
za del frontespizio e delle prime pagine rende ancor più complicato la sua imme-
diata individuazione. E ancor più notevole è il caso, segnalato sempre da González
Germain, di una copia manoscritta della stessa silloge anteposta alla raccolta di
Mazzocchi annotata da Benedetto Egio nella Bodleyan Library di Oxford98. Segno
evidente che le Inscriptiones di Occo erano sentite come una specie di supplemento
alla raccolta di Gruter e a quelle di altri autori, forse proprio per il loro carattere
monografico, anche se almeno Gruter, come si evince dall’introduzione e dall’index
auctorum, conosce quest’opera e la utilizza99.
Difficile dire con precisione quando le Inscriptiones antiquae di Gruter e la
silloge di Occo furono riunite nel volume che costituisce l’attuale Vat. lat. 9146.
La dichiarazione di possesso di Voss, nella quale si dice che «[…] Josephi Scali-
geri, cuius etiam manu pauca in Indice adscripta, et in extimo libro Inscriptiones
plusculae adiectae», lascerebbe pensare che fu proprio Scaligero a riunire le due
opere in un unico libro, forse per tentare di dar corpo a quel suo progetto di Corpus
absolutissimum che alla fine neanche Gruter, nonostante lo straordinario lavoro
svolto, aveva potuto portare del tutto a compimento.

dove tramonta il sole... Saggi sulla terra di Prata d’Ansidonia dalla protostoria all’età moderna,
a cura di A. CLEMENTI, L’Aquila 2007 (Studi sulla storia del territorio, 1), pp. 172-177. È curio-
so che neppure il CIL, che pure conosce e utilizza in alcuni casi l’opera di Occo nell’edizione
del 1596, riferisca di questo testimone della tabula.
96 In realtà, come è noto e come segnala anche il CIL, l’iscrizione sembra essere passata

dall’Italia a Tarragona attraverso la collezione dell’arcivescovo Antonio Agustín. Cfr. M.


MAYER I OLIVÉ, Antonio Agustín entre política y humanismo: reflexiones sobre sus aportación a
la epigrafía, in Humanismo y pervivencia del mundo clásico. Homenaje al Profesor Antonio
Fontán, III.1, a cura di J. M. MAESTRE MAESTRE – J. PASCUAL BAREA – L. CHARLO BREA, Alcañiz
– Madrid 2002, p. 371; A. GUZMÁN ALMAGRO, Algunas coincidencias epigraficas entre Antonio
Agustín y Aquiles Estaço, ibid., p. 475.
97 La silloge di Occo è posta dopo il frontespizio e le prime pagine del thesaurus di Gruter.

L’esemplare di Lione, nell’edizione del 1616, è custodito alla segnatura “30035 T 01-T 02” ed
è consultabile anche online (http://books.google.it/books?id=7y0cn26mqr4C, consultata il
08/07/2014).
98 GONZÁLEZ GERMAIN, Estudi i edició de les inscripcions llatines cit., p. 86.
99 Cfr. J. GRUTER, Inscriptiones antiquae totius orbis Romani in corpus absolutissimum

redactae. Cum indici(bus) XXV, ingenio ac cura Iani Gruteri: auspicis Ios. Sacligeri ac M. Vel-
serii. Accedunt Notae Tyronis Ciceronis l. ac Senecae, Heidelberg 1603, pp. 21 e 24. Il fatto che
la silloge di Occo non presenti interventi di mano di Marini, né di nessun altro dei possessori
di Gruter, potrebbe suggerirci anche che l’unione dei due volumi sia avvenuta dopo che il
Gruter mariniano passò in Vaticana, oppure, più probabilmente, che lo stesso Marini, sapen-
do che molte delle iscrizioni di Occo erano false o già nel thesaurus gruteriano, non avesse
ritenuto opportuno intervenire anche su questa seconda raccolta.
972
LUCIO BENEDETTI

Tav. I – Nota di possesso del card. Domenico Passionei sul foglio di


guardia del primo tomo della silloge di Gruter a lui appartenuta,
conservata nella Biblioteca Angelica. Su concessione del Ministe- Tav. II – Bibioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9146, p. CCCCLXI
ro per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo. (CIL X, 5853 = ILS 6271).
APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS ROMANI

Tav. III – Bibioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9146, p. LXIV ad Tav. IV – Bibioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9146, p. CCCXXXII
973

nr. 9 (CIL VI, 597 = ILS 3534). ad nr. 3 (CIL IX, 2860 = ILS 5178).
974
LUCIO BENEDETTI

Tav. V – Bibioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9146, p. CCCLXXIV ad nr. Tav. VI – Bibioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9146,
1 (CIL IX, 2855 = ILS 5501). p. DCCCXC ad nr. 3 (CIL XI, 866).
APPUNTI SULLE INSCRIPTIONES ANTIQUAE TOTIUS ORBIS ROMANI

Tav. VII – Bibioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9146, tra le pp. DL e DLI Tav. VIII – Bibioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9146, p.
975

ad nr. DLI 7 (CIL IX, 4887). MCXXXIIII ad nr. MCXXXIIII 3 (CIL VI, 20989).
976 LUCIO BENEDETTI

Tav. IX – Bibioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9146, p. 1643 (frontespizio delle Inscrip-
tiones veteres in Hispania repertae di Adolf Occo III, Heidelbergae, Ex Typographeio H.
Commelini, 1592).

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