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AllUN l NTERNATIONALE DES INSTITUTS


D'TUDES MfDifVALES

Fderation Imernationale des Instituts d'tudes Mdivales


TEXTES ET TUDES DU MOYEN AGE, 31

Prsidents honoraires:
L. E. BOYLE (t) (Biblioteca Apostolica Vaticana e Commissio Leonina, 1987-1999)
L. H OLTZ (Institut de Recherche et d'Histoire des Textes, Paris,

1999-2003)
Prsident:
]. H AMESSE (Universit Catholique de Louvai n, Louvain-la-Neuve)
Vice-Prsident:
O. MERISALO (University of Jyvaskyla)
Membres du Comit:
P BoURGAIN (Ecole Nationale des Chartes, Paris)
Ch. BURNETT (The Warburg Institute, London)
M. C. PACHECO (Universidade do Porto, G abinete de Filosofia
Medi eva!)
O. PECERE (Universit degli Studi di C assi no)
N. VAN DEUSEN (Claremont College, CA l Medieval Academy of
America)
Scretaire:
]. MEIRINHOS

LE FELICIT
NEL MEDIOEVO
ATTI DEL CONVEGNO DELLA SOCIET ITALIANA
PER LO STUDIO DEL PENSIERO MEDIEVALE (S. l. S. P. M.)
MILANO, 12-1 3 SETTEMBRE 2003
a cura di
MARIA BETTETINI e F RANCESCO D. PAPARELLA

do Porto)

Ti-sorier.
O. WEIJERS (Con stantijn Huygens Instituut, Den Haag)

LOUVAIN-LA-NEUVE
2005

lRENE ZAVATrERO

LA QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOIA:


UN TENTATIVO DI INTERPRETAZIONE
ALLA LUCE DI UNA NUOVA EDIZIONE CRITICA DEL TESTO

Segnalata per la prima volra nel 1931 da Martin Grabmannl, la


Quaestio defelicitate 2 di Giacomo da Pistoia venne pubblicata nel 1955 da
Pau! O. Kristeller collazionando due manoscrini, il Vat . Lat. 2172 e il 17Jeol.
Quarto 204, quest'ultimo conservato presso la Wi.irttembergische
Landesbibliotek di Stoccarda3. Come Grabmann aveva a pi riprese sottolineato, la quaestio Un'esposizione della dottrina aristotelica della felicit,.4
ed connessa con l'ambiente universitario bolognese della fine del Xlii

1 M. GRABMANN, Der lateinische Averroismus des 13. Jahrhunderts und seine


Stellung zur christlichen Weltanschauung, Mitteilungen aus ungedruchten
Ethikkommentaren .. , in Sitzungsbericbte der Bayeriscben Akademie der
Wissenschaften, Philosopbt:sch-Historiscbe Abteilung (Jahrgang 1931) Heft 2.
Mi.inchen, Ver!ag der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, p. 55.
2 Scegliamo questa dicitura, anzich quella di tractatus, non solo perch tramandata dal ms. vaticano, che il pi antico e autorevole dei tre codici, ma anche perch la forma del testo; soprattutto nella parte conclusiva dove sono esposti gli argomenti contrari con le relative soluzioni, "rispecchia quella delle quaestiones scolastiche; cf. n. 13 e APPENDICE.
3 P. O. KruSTELLER, A Philosophical Treatise from Bologna Dedicated to Guido
Cavalcanti: Magister Jacobus de Pistorio .and bis "Questio de felicitate ''., in Medioevo
e Rinascimento. Studi in onore di Bruno Nardi. Firenze, Sansoni, 1955, I, pp. 427-463,
successivamente ristampato in P. O. KRISTELLER, Studies in Renaissance Thougbt ancl
Letters (Storia e Letteratura. Raccolta di Studi e Testi 178). Roma, Edizioni di Storia e
Letteratura, 1993, III, pp. 509-537; per il seguito si citer da questa ristampa.
4 M. GRABMANN, L'aristotelismo italiano ai tempi di Dante con particolare riguardo all'Universit di Bologna, in Rivista di filosofia neoscolastica, 38 (1946), pp. 260277, in particolare 273.

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356

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lUlA

!RENE ZAVATrERO

teresse dei
to:cani pe: la filosofia averroistica, conosciuta, probabilmen
ar:raverso l amb1ente umversitario bolognese dove avevano circolato i due
libell1, e dall'altro lato
indissolubilmente la quaestio, che Bottin preferisce
ch1amare trattato con il titolo di De summa felicitate, al De summo bonolO

secolo pi\:1 precisamente, da ritenersi uno dei primi documenti della corrente filosofica dell"averroismo bolognese'. Nella sua edizione Kristeller sottoline l'importanza del codice di Stoccarda recante nell'incipit una dedica
a Guido Cavalcanti, elemento che permetteva sia di ipotizzare una Connessione diretta fra i filosofi della facolt delle Arti di Bologna e i poeti toscani
del Dolce stil nova", sia di fissare come termine di datazione ante quem il

L'ultima . tappa significativa nella storia della quaestio stata fornita


ancora
che nel 1993, in calce alla ristampa della sua edizione,
comumco
1l nnvemmento di un
. .
terzo codice il m s 110 conservato presso
1a
Comunale e dell'Accademia Etrusca di Cortonall. Si tratta di
una n:uscellanea di :esti medici di notevole interesse che tramanda la quae
d1 G1acomo umtamente alla dedica al Cavalcanti redatta in una forma
PIU completa rispetto a quella, in parre illeggibile, del manoscritto di
Stoccarda.

1300, anno della morte del poetaS.


Le scarse notizie biografiche su Giacomo da Pistoia6 -di cui si conosceva soltanto, grazie ai codici, il titolo di magister (qualifica che esercit a
Bologna, dove fu disputata la quaestio)7- furono a rricchite da Maria Corti8
che identific il nostro autore con quel D. jacobus quondam Hugonis de
Pistorio presente nell'elenco degli scholares illustres dell'universit di Bologna
nell'anno 12909. Ci permise di assumere il 1290 come terminus post quem di
datazione della quaestio - in quell'anno, infatti, Giacomo dominus e non

.
In questo contributo ci proponiamo l ) di sottolineare, mediante una
nlettura del testo, le caratteristiche della suprema felicit umana .. (ultima

ancora magL-;ter - e di collocarne la composizione fra il 1290 e il 1300*.


La traduzione e presentazione che Francesco Bottin fece della quaestio
nel 1989, insieme a Il sommo Bene di Boezio di Dacia, ribad, da un lato, l'in-

descritta da Giacomo; 2) di evidenziare l'importanza dell aspetto pratico della sua teoria etica; 3) di mostrare l'interesse medico della
sezione dedicata alle passiones; 4) di fornire qualche riflessione sulle connessioni della quaestio con l'ambiente bolognese e toscano; 5) di evidenziare 1l valore documentario del codice di Cortona mediante una sommaria
descrizione. In appendice 6), infine, forniamo una nuova edizione critica del
testo basata sui tre codici a noi noti.

; KRISTEI.I.ER, A Philosophical TreatiSe, p. 510.


6 Per una presentazione bio-bibliografica dell'autore cf. A. OTIAVIANI, Giacomo da
Pisroia", in Dizionario biografico degli italiani, 54 (2000), pp. 23 1-233.
7 Nella tabu.!a del ms. vaticano si legge: Quaesrio disputata de felicitate per magistrum Jacobum de Pistorio Bononie>; il colophon del ms. di Sroccarda recita: Explicit
tractatus de summa felicitate humana et in quo consistat magistri jacobi de Pistoria
scriptus p (sic) Bononie-.
8 M. ConTI, Dante a. un nuovo crocevia. Firenze, Sansoni, 1981, pp. 24-31; Io. , La
felicita mentale. Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante. Torino, Einaudi, 1983, p. 7;
quest'ultimo lavoro stato ristampato nel volume miscellaneo di M. CoRTI, Scritti su
Cavalcanti e Dante. Torino, Einaudi, 2003, pp. 5-175, da cui si citer per il seguito.
9 Cf. M . SARTI e M . FATrORJNt, De Claris Archigymnasii Bononiensis professoribus
a saeculo Xl usque ad saeculum XIV Bo noniae 1888-1896, II, p. 329.
Solo dopo ave r consegnato all'editore il manoscritto di questo articolo, ho rinvenuto in un documento del 15 gennaio 1270 un certo dominus Jacobus de Pistorio,
testimone, insieme ad altri domini e ad un magistermedicus, del conferimento di una
dote ("Memoriale di agnibellus Alberti Fabri", in Chartularium Studii Bononiensis.
Documenti per la storia dell'Universit di Bologna dalle origini jno al secolo XV.
Bologna, IstitLIW per la Storia dell'Universit di Bologna , 1987, Y:Y, p. 76). La genericit della dicitura, owiamente, non permette una sicura identificazione (il dubbi'o,
d'altra parte, sussiste anche per il documento del 1290), tuttavia questo dato potrebbe setvire ad allargare il periodo di azione del nostro autore, probabilmente gi presente a Bologna nel 1270.

10 F. BolTJN, Ricerca della felicit e piaceri dell'intelletto. Firenze, Nardini Editore


1989, tn pat1. a p. 2? sostiene che Giacomo fa una ampia rielaborazione dell'opula formulazione del colophon del ms. di Stoccarda,
scolo boezta.no. Botun
assente neg!t altn due testtmont: Explicit tractatus de summa felicitate humana che
secondo la ConTI, La felicit mentale, p. 12, parafrasa anche nel titolo il trattato

che furono i lavori di Kristeller e soprattutto della Corti (cf.


1b1dem) ad. m.dtvtduare delle similitudini fra i due testi e ad ipotizzare che la quaestio,
per la somtg!tanza al De summo bono e per la dedica a Cavalcanti, dimostrdsse la cir
delle dottrine averroiste parigine nell'ambiente bolognese e toscano. Per le
cttaztom Haltane
in linea di massima, la traduzione di Bottin, introducendo
talvolta delle modiftche basate sull'edizione critica che proponiamo in appendice.
11 Per una d esenziOne

sommaria
del codice cf. G. MAZZATINTI Inventari dei ma
delle biblioteche d'Italia. Forl, Bordandini, 1896, vol. 18
Firenze,
963), pp. 50-51 e P. O. KruSTELLER, Iter Jtalicum, I: Jtaly. Agrigento to Novara Lo n
Letden, The Warburg Institute-E.]. Brill, 1965, pp. 3-4
.

358

!RENE ZAVATIERO

Secondo Giacomo da Pistoia, la felicit suprema gode di sei propriet


essenziali: il bene pii:1 grande (summwn bonum) che possa capitare all'uomol2; il fine ultimo della vita umana; il totale soddisfacimento del desiderio
umano quando sia orientato verso retti fini e secondo la natura dell'uomo;
un bene sufficiente a se stesso sotto ogni aspetto; un bene peculiare dell'uomo; un bene posseduto e realizzato dall'uomo (rr. 13-47) .
Dopo questa esposizione schematica ed elencatoria del tema, secondo
la tipica apertura delle quaestiones e dei trattati medieva!i13, Giacomo procede alla discussione vera e propria suddividendo il testo in tre parti: l) definizione e natura della felicit (quid sit et in qua consistatfelicitas, rr. 48-200);
2) modalit del conseguimento della stessa (per quam viam et qua/iter agendo boma possit ad ipsam petvenile. rr. 201-273); 3) risposte alle possibili
obiezioni Cmlvere quaestiones quasdam probantes oppositwn veritatis deter-

minatae, rr. 274-405).


Nella prima parte, al termine di una serrata dimostrazione, l'autore conclude che la felicit consiste nell'attivit (operaNo) stessa dell'intelletto speculativo . Tale intellezione, tuttavia, deve soddisfare quattro condizioni di
eccellenza, ovvero che il suo oggetto sia un intelligibile ottimo e nobilissimo, che sia un'operazione continua, che provenga da una virt nobilissima
e che si compia in una facoltit nobilissima. La felicit, quindi, "non altro
che pensare con continuit, per quanto possibile all'uomo, le sostanze separ<He e soprattutto Dio . 14 mediante . un'intellezione che procede dalla
Sapienza stessa, della quale informata la parte pi nobile dell'intelletto

con12 La prima propriet non ha bisogno di spiegazioni, su questa


cordano tutti coloro che hanno parlato della felicit (rr. 15-16). Nonostante l espressione su.mmu.m bonum richiami il trattato di Boezio di Dacia, tuttavm la fonte espl!cita per 1a coincidenza del sommo bene con la felicit fu per Giacon:o Ce per_r commentatori dal Xlll secolo in poi), in primo luogo, rl pens1ero anstotel!co dr cu1 segue
fedelmente le argomentazioni.
13 Per le osservazioni sulla forma del testo, tipica delle quaestiones scolastiche,
ma con probabili elaborazioni successi'.e che la rendono simile ad un trattato, cf.
KRtSTELLEH, A Philosophical Treatise, p. 515.
14 Giacomo usa il verbo intelligem e non parla propriamente di unio o
con le sostanze separate come spesso viene descritto il raggiungimento della fe!rcrta
speculativa.

LA QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOIA

359

speculativo . (rr. 186-187). La definizione di Giacomo non pu che riferirsi


alla felicit perfetta .
Giunto a questo punto, dopo aver riassunto fedelmente la posizione
aristotelica, l'autore non precisa, come aveva fatto ad esempio san
Tommaso 15, che questa attivit conoscitiva cos perfetta e continua possa
compiersi soltanto nella vita futura - perch impossibile in questa vita in
assenza dell'intervento della grazia divina -. bens allega il famoso passo
dell'Etica aristotelica16 riguardante la necessit di una certa prosperit esteriore ed elenca, quindi, le esigenze pratiche di un tipo di felicit che pu
coincidere soltanto con la felicit terrena e non di certo con la beatitudine
esperibile nell'aldil, per la quale tale preoccupazioni materiali sarebbero
assolutamente fuori luogo.
Il nostro autore accenna, inoltre, all'esistenza di altri tipi di felicit per
l'uomo , tanti quanti sono i modi di considerare l'individuo (rr. 374-380): il
fine ultimo dell'uomo in quanto uomo la felicit stessa, dell'uomo in quanto parte della societ familiare e civile la felicit pratica, dell'uomo in quanto parte dell'intero universo la generazione di un essere simile a lui. A proposito del primo tipo, Giacomo specifica: " di tale fine che stiamo trattando qui" (de tali fine loquimur in praesenti). L'oggetto della quaestio , dunque, la felicit dell'uomo in quanto uomo, vale a dire secondo la sua natura umana, una felicit che l'autore solito connotare come suprema felicit dell'uomo (ultima jelicitas bominis), ma anche come felicitas nostra (r.
150) o felicitas bumana (cf. explicit del ms. di Stoccarda) o la felicit a cui
inclinano gli bomines existentes (r. 365). Giacomo, quindi, si limita ad indagare l'ambito dell'esistenza terrena e della felicit in essa realizzabile.

Il punto di vista adottato dall'autore unicamente quello filosofico,


come dimostrano l'adesione totale alla dottrina etica aristotelica e la definizione di felicit come speculazione delle sostanze separate, che l'attivit
filosofica per eccellenza, nonch il riferimento esplicito alla filosofia in un
paio di passaggi della quaestio, nel primo dei quali Giacomo afferma esse-

15 TOMMASO D'AQUINO, Summa Theologiae, in S. Thomae Aquinatis Opem Omn ia


(XN), ed. Leonina. Roma, 1943, Ia Ilae 3.2 ad 4

16 AruSTOTELEs; Ethica Nicomacbea, ed. L. BYWATER. Oxford, Clarendon Press, 1894,


X 9, 1178 b32-34: la natura non di per s sufficiente per speculare, ma bisogna
anche che il corpo sia sano, che vi siano cibi e bevande ed ogni altra cosa necessaria . , cf. rr. 197-198. Per il dibattito su pove11 e -eticit cf. L. BIANCHI, Il vescovo e i filo sofi. La condanna parigina del 1277 e l'evoluzione dell 'aristotelismo scolastico.

Bergamo, Lubrina, 1990, pp. 161-162.

360

!RENE

ZAVATTERO

re chiaro a tutti i conoscitori della filosofia" (rr. 183-184) che Dio la pi


nobile delle sostanze separate, mentre nel secondo passaggio colloca fuori
dalla .. corrente peripatetica .. (r. 153) - o, secondo la variante del rris. di
Cortona, .. filosofica" - chi nega che .la felicit consista nella speculazione.
La scelta di condurre un'indagine di tipo razionale ha portato l'autore
ad escludere qualsiasi preoccupazione teologica e dogmatica, a differenza di
quanto accade, ad esempio, nei primi commenti all'Etica Nicomachea (EN)
ancora cos legati alla tradizione interpretativa cristianal7, che trattano la
solita distinzione tra felicit perfetta e imperfetta. La quaestio non cita tale
contrapposizione, ma soltanto tre diversi tipi di felicit, quelli a cui abbiamo
gi accennato, tutti realizzabili nella vita presente e fra i quali spicca, come
migliore e suprema, quella speculativa. Giacomo, tuttavia, bench non assegni alla grazia divina un qualche ruolo nel raggiungimento della felicit,
evoca il credo religioso mediante la citazione di Dio in due passaggi che,
anzich aprire ad una riflessione teologica, sono decisivi per l'interpretazione averroistica della quaestio: nel primo caso Dio l'intelligibile ottimo e
nobilissimo", la pi nobile delle sostanze separate" (rr. 182-183) che si deve
conoscere Cintelligere) per raggiungere la felicit suprema; nel secondo Dio
rende la riproduzione della specie umana perenne per colmare l'imperfezione umana (rr. 388-389). Entrambi i riferimenti alla divinit si inseriscono in
contesti strettamente filosofici che dimostrano come Giacomo, !ungi dal
.. conformarsi - secondo l'affermazione di N. Siraisi - all'ideologia religiosa
del tempo.l8, scelga. piuttosto di esporre la sententia philosophi. Egli, infat-

17 Cf. G. Wm.AND, L'mergence de l'thique philosophique au XIIIe sicle, avec


une attention spciale pour le Guide de l'tudiant parisien, in L'enseignement de la
pbilosopbie au XIII" sicle. Autou.r du Guide de l'tudiant du ms. Ripoli 109 (Studia
Artista rum 5), d. par C. LAFLEUR et]. CARRIER. Turnhout, Brepols, 1997, pp. 167-180.
Wieland analizzando i primi commenti all'Etica (prima del Duecento) riscontra, nella
trattazione delle vittLI intellettuali, una comune adesione alla tradizione interpretativa
cristiana, fuorch nel commento di Robert Kilwarby.
18 N.G. SIRAISI, Taddeo Aldemtto and bis pupils. Two generations of italian medica.lleaming. Princeton, N.J., Princeton University Press 1981, p. 74. Il dato di fede
potrebbe servire a Giacomo come idea-limite o criterio assoluto rispetto al quale
misurare la perfezione della felicit, per riprendere le parole di L. BIANCHI (Felicit
terrena e beatitudine ultraterrena. Boezio di Dacia e l'articolo 157 censurato da
Tempier, in Cbmins de la pense mdivale. Etudes offertes Znon Kaluza, d. par
P.J..J.M. BAKKEil. Turnhoult, Brepols, 2002, pp. 193-214) a commento del passo 1.4 del
De summo bono di cui propone una nuova interpretazione liberando l'opuscolo boeziano da quel sospetto di appropriazione filosofica del discorso teologico sostenuto da D. Pich, ma gi introdotto da A.]. Celano che aveva individuato nel testo, in

LA QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO lJA

:JU.l

ti, dichiara espressamente, nel secondo caso, a proposito della perpetuit


della specie umana 19 che Tuttavia questa l'opinione del Filosofo, del
quale qui cerchiamo l'insegnamento, e che in contrasto con la verit infallibile che la fede presuppone (rr. 389-391). Nel primo caso, invece, ponendo in Dio il culmine della contemplazione filosofica, Giacomo sottolinea le
immense possibilit dell 'indagine razionale, di quel tipo di indagine che ha
scelto per sviluppare la sua quaestio, ma soprattuno completa la descrizione di una felicit perfetta fissandone la piena realizzazione nella conoscenza dell'ente massimamente perfetto.
L'ammissione del contrasto fra l'opinione di Aristotele e l'insegnamento della Chiesa - dottrina che fu impropriamente chiamata della 'doppia
verit' - e la teoria di una felicit perfetta realizzabile dall'uomo nel corso
dell 'esistenza terrena mediante l'esercizio delle sue capacit intellettive sono
due caratteri distintivi della corrente filosofica del cosiddeno 'aristotelismo
radicale' o 'averroismo'20.
L'idea della realizzazione del fine dell'uomo - il conseguimento della
ultima felicitas hominis secondo Giacomo, o in termini averroistici ultima

maniera del tutto infondata, delle nozioni teologiche e dei debiti nei confronti di
Tommaso d'Aquino (cf. ibidem, pp. 206-212 e bibliografia ivi indicata).
19 Giacomo afferm.a che Dio colma l'imperfezione della specie umana rendendola continua (cf. rr. 387-389). Secondo BornN, Ricerca della felicit, p. 92, n. 48
potrebbe trattarsi di -un accenno, molto cauto e prudente, ad una dottrina averroista
e rinvia a SIGERUS DE BRABANTIA, Les quaestiones super librum de causis de Siger de
Brabant, d. A. MARLASCA. Louvain-Paris, Publications Universitaires, 1972, p. 115,238240 dove Sigieri sostiene che non est inconveniens per Aristotele che la generatio
hominum sit perpetua.
20 Utilizziamo per praticit queste 'etichette' storiografiche, consapevoli dell'ambiguit dei termini e del vivace dibattito storiografico che ha animato il XIX e XX
secolo sull'esistenza o meno di una corrente averroista (cf. R. IMllACH, L'averroisme
latin du XIII sicle, in Gli studi di filosofia medievale fra otto e novecento, contributo a un bilancio storiografico. Atti del convegno. internazionale, Roma, 21-23 settembre 1989. Roma, Ed. di Storia e Letteratura, 1991, pp. 191-208). Crediamo, inoltre, che
l'assenza nella quaestio della teoria dell'intelletto unico (il monopsichismo a cui alcuni studiosi hanno circoscritto l'averroismo) e l'adesione stringente alla dottrina etica
aristotelica potrebbero imporci, piuttosto, l'utilizzo deJJa categoria di 'a ristotelismo
radicale' o di 'averroismo etico' secondo la definizione di A. DE LIBERA, Averroisme
thique et philosophie mystique, De la flicit intellectuelle la vie bienheureuse, in
Filosofia e teologia nel Trecento. Studi in ricordo di E. Randi, a cura di L. BIANCHI.
Louvain-la-Neuve, FIDEM, 1994, pp. 33 - 55. Anche L. BrANCHI, Felicit terrena, p.
194, n. 2 (bibliografia ivi indicata) ha ribadito pi volte l'impo1tanza dell'etica nella
controversia averroista. Cf. anche PICH, La condamnation parisienne, pp. 227-283.

!RENE ZAVAlTERO
21
perfectio hominis - nella visione degli enti metafisicamente pi elevati l'intellezione delle sostanze separate e di Dio - risale all'EN e al commento .
fattone da Averro, ed era universalmente diffusa fra gli aristotelici del XIII
secolo. La qu.aestio di Giacomo si pu dunque considerare, come la storiegrafia piLJ recente ha ribadito 22 , un documento della larghissima circolazione del tema della 'felicit mentale' proposta non soltanto dai cosiddetti 'averroisti latini' - Boezio di Dacia nel De swnmo bono e , secondo la testimonianza di Agostino Nifo, Sigieri di Brabante nel perduto Liber de jelicitate23
- , ma anche dai commentatori all'EN2 4 e da altri maestri delle arti, malgrado la condanna del 127725.
La quaestio, tuttavia, si distingue da questi testi e, in particolare, dal
26
De swnmo bono - al quale viene spesso, ma impropriamente, abbina-

21

Per la famosa formula di Averro ultima perfectio hominis est ut sit perfectus
per scientias speculativas et hoc est si bi ultima felicitas et vita perfecta cf. ]. HAMESSE
Les Auctoriwtes An:Stotelis. Un jlot1lge medival. l:.'tude bistorlque et edition crltique:
Louvain-Paris, Publications universitaires, 1974, p. 143, n. 38.

LA QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA I'ISIUIA

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ta27 - per l'assenza dell'esaltazione del filosofo e dell 'elogio della filosofia
nei termini entusiastici utilizzati dai maestri delle arti.
Se, infatti, la conoscenza metafisica di Dio e delle sostanze separate
non nient'altro che la filosofia per antonomasia28, allora anche Giacomo
esalta la vita intellettuale quando afferma che felicitas consistit in speculari.
Alla quaestio , tuttavia, non solo manca quel pathos che pervade l'opuscolo
boeziano" e che si pu ritrovare, per certi aspetti, nelle quaestiones sulla
Metafisica del manoscritto di Lipsia 29, ma anzi, se confrontata con il Capolavoro .. del De summo bono, essa assume i caratteri dello scolasticismo arido
e meccanico..30. Giacomo nella sua trattazione non pone espressamente l'accento sulle qualit del filosofo, la moralit del suo comportamento e la superiorit della filosofia, anzi, non usa mai il termine pbilosopbus ma lo sostituisce con intelligens, cos come utilizza il termine philosophia soltanto in
due occorrenze.
Inoltre, bench Giacomo condivida con Boezio di Dacia lo stesso ritratto del contemplativo, che entrambi desumono dall'EN, tuttavia il nostro
autore sembra lasciare aperta la strada per la felicit suprema ad ogni individuo desideroso di conseguirla e sembra non condividere quella prospetti-

22

Cf. BIANCHI , Il vescovo e i filosofi, pp.156-168 e la bibliografia ivi segnalata; Io.


filosofi, Uomini e Bruti. Note per la storia di un'antropologia 'averroista'.
Rinascimento, II serie, XXXII (1992), pp. 185-201.
'
2

3 cf. B. NARDI, Sigie11 di Brabante nel pensiero del Rinascimento italiano. Roma
Ed. Italiane, 1945, pp. 22-29.
'

24

Vista la stretta adesione della quaestio alle argomentazioni dell'EH (citata 32


volte, su un totale di 50 citazioni, nella traduzione del Grossatesta, cf. apparato delle
tomi nell'edizione in APPENDICE) crediamo che si debba tenere como anche del vasto
repenorio dei commenti aii'EN Per un qu adro complessivo dei 16 commenti. risalenti al XIII secolo, finom rinvenuti e dell'idea di felicit in essi discussa cf. G. WrEW\ND
L'mergence de l'thique philosophique au xrne sicle, pp. 167-180; lo.,
l'erfection of Man. O n the Cause, Mutability, and Permanence of Human Happiness
in 13th Cencury Commentaries on the Ethica Nicomachea (EN), in Il commento filosofico nell'Occidente latino (secoli XIII-XV). Atti del colloquio Firenze-PiSa, 19-22
ottobre 2000 (Socit internationale pour l'tude de la philosophie mdivale,
Rencontres de philosophie mdivale, 10), a cura di G. FIORAVANTI, C. LEONARDr, s.

Turnhout, Brepols, 2002, pp. 359-377.


2

5 La condanna del Sillaba delle proposizioni Quod non est excellentior status
quam vacare philosophiae .. e Quod sapientes mundi sunt philosophi tantum si Ji vel particolarmente inefficace, come dimostra BIANCHI, Il vescovo e i filosofi, pp. 153-168.
Per una nuova edizione delle proposiziof'i censurate e per un esaustivo commento
storico-filosofico .. cf. l'ICI-l( La condamnation parisienne, cit. Le due proposizioni citate sono rispettivamente la n. 40 e 154, secondo la nuova numerazione di Pich.

26 l' e1 un 'ana l1s1 de Il'opusco l o b oezmno


cf . l'ICH, La condamnation part:sienne,
pp. 243-261 e la bibliografia ivi indicata.

27 CoRTI, La felicit mentale, p. 12: ..Il De summo bono oltre ad offrire alla quaestio il modello strutturale o di genere letterario (fusione di quaestio e tmctatus giit
rilevata da Kristeller), insegna il prelievo e il collegamento dei brani aristotelici dedicati alle passioni ostacolanti la felicit. Quest'ultima affermazione non trova riscontro nel testo di Boezio che non tratta n degli ostacoli alla felicit, n delle passioni
dell'anima.
28 Cf. il cosiddetto Commento Vaticano, q. 170: . et loquitur de philosophia ista quae
est in comemplatione p1imorum emium quae antonomastice dicin.u: philosophia CVat. Lat.
2172, f. 52ra, Vat. Lat. 832, f. 42vb), citazione da R.A. GAUIHrER, Tro1s commenta1res
'Ave1,-oistes' sur l'Ethique Nicomaque.. , in Archives d'H1:Stoire docttinale et littraire du
Moyen Age, 22-23 (1947-48), pp. 187-336, in part. p. 290, n. 3. Cf. anche il conuibuto, in
questo volume, di Iacopo Costa.
29 Cf. G. FIORAVANTI, Il ms. 1386 Universitatsbibliothek Leipzig, Egidio Romano, Sigieli
di Brabante e Boezio di Dacia.. , in Medioevo 10 (1984), pp. 1-40, per la cit. p. 33. Fioravanti
definisce il De sunimo bono la punta di un iceberg e (in Desiderio di sapere e vita filosofica nelle Qestioni sulla Metafisica del ms. 1386 Universitatsbibliothek Leipzig", in
Histona Philosopbiae Medii A erli. Studien zur Gescbichte der Philosopbie cles Mittelalters, hg.
v. B. MOJSISCH - 0. PLUfA. Amsterdam - Philadelphia, Gruner, 1991, I, pp. 271-281) un
bapa:x: legonumon di cui alcuni testi subirono il fascino e la forza teoretica, come nel
caso delle 'questioni di Lipsia' di cui Fioravanti ha dimostrato, nei due !avoli citati, le molte
affinit con il contenuto dominale e la struttura testuale del De summo bono.
30 Cf. L. BrANCHI, Il vescovo e i filosofi, p. 160.

364

!RENE

va . aristocratica ed elitaria . che caratterizzava invece !'appassionata esaltazione del filosofo proposta dagli 'artisti' parigini . 31 che vedevano nel filosofo il
massimo della perfezione raggiungibile sulla terra. Mentre secondo Boezio la
felicit suprema prerogativa del filosofo32, per Giacomo l'inclinazione
naturale che hanno tutti gli homines existentes bene dispositi in quibus est
concordia inter appetitum et rationem (r. 365), uomini volentes recte vivere
come gi si leggeva nella premessa iniziale (rr. 5-6), dotati di qualit morali
e intellettuali (in bominibus 1ecte dispositis et excellenter et pure intelligentibus, rr. 372-373) per i quali assurdo pensare che la felicit risieda nel piacere sessuale, anzifugiunt tamquam vitupe1abiles i piaceri corporali (rr. 366367). In nessuno di questi casi definisce ta li uomini dei 'filosofi', semplicemente li distingue dagli uomini comuni del popolo (de multitudine popula1"ium) che sono dediti ai piaceri e partecipano poco alla conoscenza.
A nostro avviso, i due autori svolgono le proprie argomentazioni
secondo due diversi punti di vista. Boezio mantiene costantemente l'attenzione sull'uomo e sulle sue facolt, mediante il cui armonico esercizio l'individuo giunge alla vera felicit33 . Definito cos il sommo bene per l'uomo,
passa a descrivere le qualit e il comportamento necessari per il suo conseguimento, che sono per tanto eccezionali da essere praticabili soltanto da
paucissimi individui: i filosofi34. La seconda parre del trattato dedicata al
modello etico del filosofo e al procedimento conoscitivo che egli compie per
giungere alla conoscenza del Primo Principio. Quindi, se per Boezio l'uomo-filosofo al centro dell'attenzione, per Giacomo invece la felicit dell'individuo. Le sue argomentazioni, infatti, si fondano sulle sei propriet essenziali, definite in apertura della quaestio, che vengono usate come postulati
nel corso della dimostrazione (ad esempio nelle risposte conclusive alle
obiezioni, rr. 333-404). Lo sforzo di Giacomo teso sempre a definire la feli-

LA QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOIA

365

cir, passando dapprima in rassegna , mediante una serrata concatenazione


di argomenti, che cosa la felicit non (rr. 48-154 : non un bene interiore ,
non un bene della facolt vegerativa o sentitiva, non una substantia aut
potentia aut habitus dell'anima intellettiva, non consiste nell'esercizio della
volont, n nel desiderio n nel piacere) e illustrando poi le modalit e i
mezzi per conseguirla, tenendo continuamente d'occhio la concretezza delle
situazioni umane e fornendo solu zioni all'uomo che desidera essere felice .
Altre differenze separano i due resti: l ) la felicit secondo Boezio si
raggiunge mediante le due facolt (potentiae) dell'intelletto umano, la pratica e la speculativa, rispettivamente preposte al compimento del bene e alla
conoscenza del vero, mentre per Giacomo l'intelletto duplice, pratico e
speculativo, ma soltanto l'attivit di quello speculativo pu condurre alla
felicit perch l'intelletto pratico utilizzato dagli uomini practici per scopi
particolari e non per raggiungere il summum bonum (rr. 155-160)35; 2) nel
De summo bono non c' la contemplazione delle sostanze separare, bens il
filosofo giunge al Primo Principio, nel quale maxime delectatur, mediante
l'indagine degli esseri naturali (speculando entia causata, quae sunt in
mundo) che lo inducono a conoscere la prima causa secondo un processo
di risalita dagli effetti alle cause; 3) Boezio accenna soltanto ad una generica inordinata concupiscentia36, ma non elenca le passiones fra gli impedimenti alla felicit.

Giacomo conduce la sua dimostrazione restando sempre fedele al proposito con cui apre la quaestio: mostrare a coloro che vogliono vivere
tamente che cosa sia la felicit suprema e in che cosa consista affinch non
31 Cf. L. BIANCHI, La felicit intellettuale come professione nella Parigi del Duecento,
in Rivista di Filosofia 78 (1978), pp. 181 - 199, in part. pp. 187-188, l'articolo stato rifuso
con profonde integrazioni nel !V capitolo di BIANCHI, Il vescovo e i filosofi , pp. 149-201.
32 Cf. BOETHIUS DAcus, De swnmo bono, in Boethii Daci Opera. Topica-Opuscula
(Corpus Philosophorum Danicorum Medii Aevi 6,2), ed. N.G. GREEN-PEDERSEN.
Hauniae, G. E. C. - Gad, 1976, pp. 369-377.
33 Cf. BOETHIUS DACUS, De summ.fJ bono, pp. 370-371, 26-61 e a p. 371, 65-67: quia
summum bonum quod est homini possibile est eius beatitudo, sequitur quod cognitio veri et operatio boni et delectatio in utroque sit beatitudo humana.
34 Cf. Ibidem, p. 373, 111-112: paucissimi hominum, de quo dolor est, studio
sapiemiae vacant inordinata concupiscentia, p. 374, 138-139: ... et isti sunt philosophi.

35 Cf. Ibidem, p. 370, 25-26: inte!lectus humani una sit porentia speculativa et alia
practica. La fonte di entrambi i testi probabilmente il terzo libro del De anima aristotelico (in patt. De an. III 10, 433a14-15), ma cf. anche TOMMASO (In De an. Ili, lect.
15, n. 820): Duplex est intellectus possibilis, scilicet practicus et speculativus.
Sembra che anche Giacomo stia parlando dell'intelletto possibile, cf. osseJvazioni
conclusive del par. (2).
36 Cf. Ibidem, p. 373,110-117

366

lRENE ZAVATIERO

si comportino da ignorantes e facciano delle scelte convenienti" (rr. 6-7). Il suo


scopo eminentemente pratico: potremmo dire che quello di fornire un
manua le di istruzioni per la felicit, e i destinatari di questo trattato sono gli
bomines existentes che possiedono o desiderano possedere un comportamento retto, che sono .dotati di una buona indole e nei quali si trova un perfetto
accordo tra il desiderio e la ragione" (rr. 364-365). Gli individui che potranno
raggiungere la suprema felicit sono gli intelligentes che sono Capaci di usare
l'intelletto in maniera eccellente e superiore" e che, come si detto, sono
conoscitori della filosofia e appartengono alla scuola peripatetica. Infine ci
sono gli ignorantes, che non conoscono il fine supremo della vita umana: essi
sono uomini comuni del popolo (de multitudine popularium), dediti ai piaceri del corpo e poco partecipi dell'attivit conoscitiva (rr. 371-372).
chiaro, quindi, che nella quaestio, non solo assente la concezione
elitaria della vita filosofica, ma che vi si ritrova la distinzione, fondamentale
per Aristotele, fra 'uomo' e 'filosofo37, caratteristiche queste che lasciano
riemergere l'aspetto pratico della teoria etica aristotelica sacrificato dalle
interpretazioni di alcuni commentatori, ma rivalutato da Giacomo fin dalle
prime battute della trattazione, quando, nella sesta propriet essenziale, definisce la felicit come un bene posseduto e operato dall'uomo.

L'aspetto pratico-operativo38 evidente, inoltre, nella seconda parte


della quaestio, vale a dire nella sezione dedicata alle modalit per il conseguimento della felicit, dove Giacomo tratta delle passioni umane e delle
virt necessarie ad allontanarle.
Il mezzo per controllare e combattere le passioni - i cui effetti, come
vedremo pi avanti, sono descritti da Giacomo con competenza medica sono le virt morali, in particolare la temperanza per moderare le passioni
veneree e la gola, la mansuetudine contro l'ira, la liberalit contro la brama
di ricchezze, e tutte possono essere conseguite dall'uomo mediante la pra-

37 Cf. G. WIELAND, .Happiness: the perfection of man, in The Cambridge History


of Late1 Medieval Pbilosopby, ed. by N. KRETZMANN- A. KENNY - ]. PINBORG. Cambridge,
Cambridge University Press, 1982, pp. 673-686, in pa11. p. 681: Thus Boethius aboJishes the difference between 'man' and 'philosopher', wich was so important in
Aristotelian ethics: the philosopher is the epitome of man; al! others simply 'do not
lead the right life'.
38 Cf. C.D.R. GESUALDI, La unidad tematica de la tica Nicomaquea en la recepcin del aristotelismo del siglo XIII, in Homem e Natureza no Pensamento Medieval,
ed. L.A. DE BoNI = Ve1'itas 44/3 (1999) pp. 695-706, in pa11. p. 704 evidenzia l'aspetto operativo della teoria di Giacomo da Pistoia.

LA QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOIA

367

tica (veniendi in praedictas virtutes est ex actibus ipsorum, rr. 265-266). A


queste aggiunge, citando dal commento di Averro al VII libro della Fisica39,
la castit che, fra tutte le virt, particolarmente indispensabile ad veritatem
speculationem (rr. 259-261). La frase di Averro si riferisce al detto di
Aristotele (Fisica III, 247b20) secondo cui i giovani non possono apprendere n giudicare, attraverso le sensazioni, cos come non possono gli anziani
per via dell'eccessiva commozione o perturbazione che provano. La castit,
dunque, serve a frenare quella conturbatio che impedisce ai giovani di giudicare rettamente40
Essendo l'uomo sprovvisto delle virt, giacch queste non vengono
acquisite nella fanciullezza, l'intelletto non pu accedere direttamente agli enti
puramente intelligibili, ma deve prepararsi alla loro ricezione mediante alcune
predisposizioni, la dialettica e la retorica, che intellectum rectificant. Ci fatto
si pu accedere ad pure speculabilia mediante un graduale processo conoscitivo (gradatn procedere secundum ordinem speculabilium, rr. 217-218) che
prevede l'acquisizione degli enti matematici, degli enti naturali ed infine degli
enti divini e separati dalla materia che sono gli intelligibili pi nobili.

39 Cf. AVERROES, Physica, in Aristotelis Opera cum Avenois commentariis, IV.


Venetiis, 1562-1574 [rist. Frankfu n: a. M. 1962], 323rG. L'affermazione si trova in quel
famoso passo in cui Averro sostiene che nella pan:e intellettiva dell'anima non cadono mutamenti e alterazioni e che tante discussioni ha suscitato fra gli stessi averroisti fino al secolo XVI a proposito delle species intelligibiles. BorrrN, Rice,ca delltlfelicit, p. 83, n. 29 sostiene che questa cit. ha certamente lo scopo di mettere in buona
luce il filosofo arabo presso i teologi e ricorda la proposizione 172 (207) del Sillaba:
Quod delectatio in actibus venereis non impedir actum seu usum intellectus, cf.
PrcH, La condamnation parisienne, p. 130-131. A nostro avviso, Giacomo si propone di seguire fedelmente il testo aristotelico piC1 che di difendere il pensiero di
Averro, a cui rimanda soltanto in tre occorrenze.
40 Cf. L. BIANCHI, Il vescovo e i_ftlosofi, pp. 154-155 parla di ascetismo intellettuale caratteristico degli 'averroisti' che non si limitava all'invito alla morigeratezza e alla
continenza, di cui un esempio la quaestio, ma che, in alcuni casi, giungeva persino a negare ogni naturalit al comp011amento sessuale. Ad esempio SrGERUS DE
BRABANTIA, Quaestio moralis quarta, p. 102, 5-11 (SrGER DE BRABANT, Quaestiones
morales d. par B. BAzAN, in Siger de Brabant. Ecrits de logique, de morale et de
physique [Philosophes Mdivaux XIV). Louvain-Paris, Publications universitaires,
'1974, pp. 98-105) raccomandava ai filosofi la castit, o addirittura la verginit.
Sull'ascetismo dei filosofi cf. anche A. DE LIBERA, Penser au moyen Age. Paris, Editions
du Seuil 1991, pp. 195-224. BIANCHI nell'ar1icolo contenuto in questo volume e in
Felicit terrena, p. 202, n.23 rivede la sua precedente posizione sull'ascetismo intellettualistico, distinguendo fra la posizione nettamente ascetica di Sigieri e quella pi
complessa e sfumata di Boezio.

368

!RENE

ZAVATTERO

Nonostante, quindi, la felicit risieda nella contemplazione di enma


astratte, le sostanze separate, o meglio nelJ'intellezione della migliore di
esse, cio di Dio, il percorso che conduce a tale sommit non ascetico
bens un processus naturae che si compie in due tempi, l)
le passioni e 2) procedendo .. gradualmente attraverso l'ordine degli enti
intelligibili", vale a dire attraverso le tre branche della filosofia teoretica,
come dice Aristotele (Metaph . VI 1,1026a18-22), la matematica, la fisica e la
teologia.
La naturalit di tale processo comprovata dal parallelo che Giacomo
istituisce fra materia prima e intelletto possibile,41 che conseguono un e:x:itus simile poich entrambi mirano ad intelligendum l'essere migliore del
proprio ordine: la materia prima, che in potenza tutte le forme naturali,
tende ad nobilissimamjormam che l'anima intellettiva; l'intelletto possibile, che in potenza tutte le forme intellettive, tende ad summum et nobilissimwn intelligibile (cf. JT. 204-208)42. Per edurre la materia prima verso l'anima intellettiva, la natura si serve di un duplice procedimento: l) rimuovere le disposizioni contrarie che sono di ostacolo e 2) procedere con ordine attraverso le varie forme, de extremo ad extremum per. medium43. La
natura offre, quindi, il modello per giungere al pi nobile degli intelligibili .. , che Giacomo non chiama n Dio, n primo principio o prima causa, cos
come non esplicita che questo cammino verso gli intelligibili perfetti sia
compiuto dall'uomo mediante l'intelletto possibile44, ma lo si ricava necessariamente dal rigoroso parallelo terminologico istituito fra materia prima e
intelletto possibile.

LA QUAESTIO DE FELlClTATE DI GIACOMO DA PISTOlA

369

A questo proposito, si pu notare che Giacomo non elabora la teoria


tipicamente averroista della separazione e dell'unicit dell'intelletto, n in
questo passo, n, come abbiamo visto, quando distingue fra intelletto pratico e speculativo, n quando, scartando la possibilit che la felicit consista
nella sostanza dell'anima intellettiva (per dimostrare che si tratta invece di
un'operazione) afferma che omnes homines habeant in se substantiam animae intellectivae (rr. 100-101). L'attenzione di Giacomo concentrata sulla
felicit e sulle problematiche etiche e non mira ad approfondire la teoria
conoscitiva di Averro45 condividendo, in questo senso , l'atteggiamento di
Boezio di Dacia nel De summo bono46.
Dalle osservazioni fin qui esposte, possiamo concludere che Giacomo,
per la formulazione della teoria della suprema felicit umana .. , attinge
soprattutto al pensiero etico aristotelico di cui condivide il ruolo centrale
dell'uomo, UI1ico responsabile e prima causa immediata della propria felicit terrena47 raggiungibile mediante un processus naturae che prevede un
perfezionamento sia morale che intellettuale.

3
Il contenuto medico della quaestio emerge chiaramente dall'analisi
della sezione dedicata alle passiones.
Secondo Giacomo gli impedimenti che distolgono dalla speculazione

4! La definizione di intelletto possibile come novum genus materiae che,


Giacomo attribuisce ad Averro viene pi genericamente ascritta ad Aristotele dal florilegio delle Auctoritares Anstotelis, cf. n. 20 dell'edizione in appendice.
42 Interpreto il passo (rr. 204-206) diversamente da BornN, Ricerca della felicit,
p. 78, che non si accorge del parallelo fra i due exitus e quindi traduce ... forma pi
nobile, che l'anima intellettiva e l'intelletto possibile ...
43 La gerarchia delle forme elencata da Giacomo : forma elementi, forma mi.xti,
fonna vivi, forma. sensitivi e forma nobilissima quae est anima intellectiva. Si noti
che, in quesw parte della quaestio, sono frequenti le citazioni dalle opere di filosofia
naturale di Aristotele (Historia animalium, Pbysica) e il commento di Averro (De
caelo et mundi e De anima).
44 Cf. tT. 219-220 Ad petveniendum igitur ad nobilissimum intelligere ..... dove
manca il soggetto e si interrompe l'esp licito parallelo con la materia prima o natura
delle linee precedenti, in part. tT. 208-210 natura .. . in educendo materiam -a d nobi-

lissimanl forn1an1 ......

45 Cf. DE LIBERA Averroisme thique, p. 39: Le monopsychisme averroiste est


incompatible avec l,'thique avenoiste de la contemplarion. Le paradoxe de I'averroisme thique" c'est que pour erre thique il lui faut cesser d' erre
46 cf. BIANCHI, .felicit terrena, p. 208-209, n. 38, sottolinea che l'unico rinvio di
Boezio a Averro una citazione di seconda mano dalla Metafisica di Alberto Mag_no
e che Boezio attinge (almeno per quanto riguarda i passi 1.1-1.4) al testo anstoteltco
e alla sua tradizione esegetica (Eustrazio di Nicea e Michele di Efeso); cf. ID., New
in Rechercbes de
Perspectives on the Condemnation of 1277 and its
T1Jologie et Philosophie mdivales, 70/1 (2003), pp. 206-229, 111 patt. p. 214-215 e d
contributO di BIANCHI in questo volume.
47 Come dicono i commentatori medievali deii'EN, tutti concordi su di un punto,
come dice WrELAND, The Perfection of Man.. , p. 368: Aristotle thinks of man as the
immediate, first, or proximate cause of human, earthly happiness.

370

IHENE ZAVAITERO

della verit, ovvero dalla felicit, sono di due tipi (rr. 222-224): l'anaccamento e la passione dell'appetito sensitivo (af!ectio et passio appetitus sensitivi)
e l'infermit e il disgregamento del corpo (infirmitas et disgressio corporis).
In merito a questo secondo ostacolo l'autore cita l'opinione di Aristotele
(Etb. Nic. X 9) secondo cui il corpo deve essere sano per dedicarsi alla speculazione, mentre riguardo al primo impedimento specifica le tre principali
passioni dell'appetito sensitivo: il piacere carnale (passio venereorum), l'ira
Cpassio irae) e le ricchezze (a.ffctio ad divicias) .
Circa le prime due passioni, poich sono a noi profondamente connatura te e poich ad esse incliniamo fortemente (rr. 230-231), fin dalla giovinezza, come risulta dal VII libro dell'EN, Giacomo afferma che devono essere particolarmente evitate. Si deve amovere et detnmcare sive regulare (r.
255) tutte le passioni che ci impediscono di giungere alla speculazione del
sommo intelligibile per tre motivi: l) .. perch eccitano fortemente il desiderio e l'anima resta intensamente occupata da esse .. , 2) perch .. gli impulsi di
queste passioni sono molto violenti, perci ottenebrano gli impulsi pi leggeri, cio gli stessi impulsi intellettuali.. , 3) perch .. corrompono la buona
disposizione del corpo, infatti dall'uso degli atti venerei provengono molte
malattie del corpo" (rr. 236-243) .
La conseguenza, invece, di "ecceSSIVI e frequenti stati d'ira .. che .. iJ
cuore si infiamma e sopraggiunge la malattia" (ira accenditur cor et superuenit injrmitas); ne deriva inoltre "un eccessivo moto dei vapori che rende
inadano l'organo della fimtasia e dell'immaginazione e quando esso si trova
mal disposto non si raggiunge l'intellezione" (rr. 246-248).
Le passioni, quindi, se si impadroniscono dell'uomo possono provocare, come Giacomo dice fin dall'inizio, due tipi di 'malattia': l'una dell'anima,
l'af!ectio appetitus sensitivi, che ha il potere di dominare il corpo fino a portare alla pazzia (inferunt insanias), a quella mania, cio, di cui Aristotele
nel VII libro dell'EN parla spesso e dice essere determinata da un eccesso di
'passioni naturali'; l'altra del corpo, l'infirmitas, che si pu contrarre mediante gli atti venerei o che deriva da frequenti stati d'ira, colpevoli di infiammare il cuore o di provocare "liti e inimicizie, dalle quali poi si arriva alle ferite e alle malattie" (rr. 244-245)48.

48 Cf. B. NARDI, .. L'amore e i medici medievali .. , in Saggi e note di critica dantesca.


Milano-Napoli, Riccardo Ricca rdi Editore, 1966, pp. 238-267, in particolare alle pp.
248-263 Nardi tratta della passione amorosa secondo i medici medievali e cita testi di

LA QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOlA

::J/1

L'effetto delle passioni sull'anima - ci spiega Giacomo citando un


passo del Liber de anima di Avicenna e riferendosi implicitamente al De
somniis et vigilia di Aristotele - non soltanto la pazzia, ma anche l'offuscamento delle capacit intellettive, idea questa che, come vedremo pi:1 avanti condivide con la canzone Donna me prega del Cavalcanti. L'appetitum sollecitato dalle passioni e i modus valde vebementes delle stesse distraggono
l'anima dalle operazioni che le sono proprie tanto che l'uomo perde quel
controllo di s necessario p er potersi dedicare alla contemplazione del vero
e al retto giudicare . Anche l'ira, che secondo Aristotele .. un ribollimento
del sangue o del calore che nel cuore.49, oltre a determinare l'i1ifirmitas
del corpo, ostacola il giudizio dell'intelletto a causa dei vapori che produce
e che, se vi affluiscono intensamente, rendono improportionatum l'organo
della fantasia o facolt immaginativa, il cui buon funzionamento condizione necessaria per il compimento dell'intellezione, come dimostra il fatto che
,coloro che sono fortemente febbricitanti o ubriachi, che sono simili alle persone irate, qualsiasi cosa intendano, la intendono in maniera deforme (intelligunt monstruose) .. (rr. 249-250)50.
L'affermazione ira accenditur cor fa pensare alla dottrina, comunemente accolta nelle scuole di medicina e di filosofia51, formulata da Aristotele -

Halyabbas, Avicenna e Arnaldo da Villanova. I medici, per curare le passioni dell'anima, prescrivevano solitamente bagni, umettazioni, musica o svaghi eli vario tipo,
oppure la somministrazione di panacee come la triaca o la bie1a. Giacomo, invece,
sull'esempio di Aristotele nel II libro deli'EN, consiglia, come abbiamo visto, la pratica delle virt morali.
49 AruSTOTELES, De anima, ed. W.D. Ross. Oxford, Clarendon Press, 1956, I 16,
403a31.
50 La descrizione degli effetti dei motus vaporum scaturiti dall'i ra richiama da vicino quella delle evaporationes dovute al cibo e che provocano il sonno, di cui parla
Aristotele nel De somnis et vigilia III, 456b19-20. Un'interessante corrispondenza si
pu trovare in TOMMASO D'AQUINO, Summa Tbeologiae I, q. 84, ad 2, dove, trattando
dell'assopimento dei sensi che ostacola il giudizio dell'intelletto, egli cita il suddetto
passo aristotelico e osserva che a seconda dell'intensit di queste evaporazioni, i
sensi possono essere pi o meno bloccati: se l'afflusso di questi vapori intenso
(multus motus vapontm) restano assopiti non solo i sensi, ma anche l'immaginativa
(ligatur ... imaginatio); nel caso dei febricitantes l'afflusso pi debole e quindi si
ha l'intellezione, ma distorta et inordinata.
51 B. NARDI, Filosofia dell'amore nei rimatori italiani del Duecento e in Dante", in
Dante e la cultura medievale. Roma-Bari, Laterza, 1983, pp ..10-79, in pan. pp. 16-17
rimanda al commento di Alberto Magno al De animalibus (l, tr.1, c. 5; IX, tr. 2, c. 4;
:XX,tr. 2, c. 3) e ai Parva naturalia (De spir. et respir. I, tr.1, cc. 9-10, tr. 2, cc. 1-4; De

372

rRENE ZAVATIERO

LA

QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA !'!STOlA

373

che riteneva il cuore la sede di tutte le virt - e perfezionata da Galeno che distinse tre membri principali: fegato, cuore e cervello - , secondo la
quale nel cuore, dove risiede la virt vitale, si compiono quei moti dell'animo che si dicono passioni, come la paura, l'ira, la gioia. vale a dire tutti quei
sentimenti che provocano una dilatazione e una costrizione del cuore52.

stio nel codice di Cortona che, come vedremo dettagliatamente pi avanti,


una miscellanea medica, collazionata probabilmente per scopi didattici e per
la pratica della medicina operativa, contenente gli scritti di magistri che studiarono e insegnarono per lo pi all'universit di Bologna oppure presso gli
studia di Firenze e di Siena, fra la met del XIII e gli inizi del XV secolo.

Bisogna precisare , infine , che Giacomo sottolinea, ancora secondo l'insegnamento di Aristotele, ma anche dei medici antichi e medievali, che i piaceri connessi alla pratica sessuale e all'uso del cibo e delle bevande sono
perfettamente naturali (sunt maxime necessariae in vita)53, vale a dire naturali e utili l'uno al perpetuarsi della specie e l'altro alla conservazione dell'individuo (in usu venereorum per quem perpetuatur species et in usu cibi et
potus per quem conseruatur individuum; rr. 145-146). Lo stesso Aristotele,
del resto, precisa che nei desideri naturali sono pochi gli uomini che errano e in una sola direzione, in quella dell'eccesso.54

Giacomo fu probabilmente un medico-filosofo formatosi presso la


Facolt di Arti e medicina dell'universit di Bologna57, che nutriva interesse,
come altri magistri bolognesi (si pensi ad Angelo d'Arezzo, logico con interessi medici, o a Dino del Garbo, medico con interessi poetici e filosofici),
per entrambe le discipline, e la quaestio
esserne la dimostazione.

Le osservazioni mediche di Giacomo si limitano, dunque, alla ripetizione di luoghi comuni aristotelici o provenienti dai testi classici della medicina araba, come la Pantegni di Ali ibn al-Abbas (Halyabbas per i medievali)
o il Canon medicinae di Avicenna, che erano testi di base per gli studi di
medicina a Bologna e che dedicavano almeno un capitolo alle passioni e
alle loro degenerazioni patologiche. Il Canone, in particolare, ebbe a
Bologna una certa diffusione a cominciare dalla seconda met del XIII secolo grazie al magistero d i Taddeo Alderotti55.
Nonoslame la loro genericit, crediamo che gli aspetti medici presenti
nella quaestio possano confermare l'ipotesi della professione medica di
Giacomo56, come, del resto, ci sembra dimostrare l'inserimento della quae-

motib. anim. I, tr. 2, cc. 2-6), nonch al commento di Taddeo Alderotti alla Isagoge
di Ioannitius e al Conciliator di Pietro d'Abano.
52 C. GALENUS, De placitis Hippocratis et Platonis, ed. l. MLLER, Lipsia 1874, VII p.
597 (rist. Amstetdam, Hakkett, 1975).
53 Giacomo cita l'opera pseudo-aristotelica i Problemata, ma visro l'uso costante
dell '"N, avr ben presente i seguenti passi: Eth. Nic. III 11, 1118b8-16; VII 6, 1149b46; VII 13, 1153b25-26, 1154a17-18.
54 ARISTOTELES, Etbica
III 11, 1118bl5-17 (trad. it. Etica Nicomachea,
a cura di C. MAZZARELLI. Milano, Bompiani 2001, p. 145).
55 SJRAISI, Ta.ddeo Alderotto, pp. 96-111;]. AGRJMI- C. CruscrANJ, Edocere medicos.
!11edicina scolastica nei secoli XIII-XV Napoli, Guerini e associati 1988, in part. ll-20.
56 CORTI, La felicit mentale, p. 13: quasi
medico, sia per il suo tipo

Anche i medici, del resto, come i filosofi, descrivevano la felicit perfetta con toni fortemente intellettualistici58. Pietro d'Abano affermava che la
scienza in senso assoluto est ab anima comprehensio veritatis ... cuius siquidem uti!itas est acquisitio foelicitatis aeternae .. 59, quindi, la medicinalis
scientia il risultato di un percorso razionale che ha come fine ultimo il conseguimento della verit da cui scaturisce una felicit imperitura. Inoltre,
come si pu leggere in .un sermone di Tommaso del Garbo, il medico
docente che consegue il sapere speculativo, il vir scientificus, un uomo
perfetto e virtuoso che gode della felicit del sapere ed vicino e simile a
Dio6. Per il medico il raggiungimento della veritas, ovvero della sommit

di cultura e di fonti sia perch il ms. Vat. Lat. 2172, contiene tre testi [... ) secondo il
Gauthier provengono tutti dall'ambiente universitario medico. Questa affermazione
pu essere vera per quanto riguarda le fonti, in quanto Giacomo rinvia spesso alle
opere aristoteliche di filosofia naturale (De anima, Physica, De caelo, De genemtione et corruptione, Historia animalium), ma errata per quanto riguarda la tipologia
dei contenuti nel ms. vaticano (vedi APPENDICE) e soprattutto non rintracciabile in
GAUTHIER, Trois commentaires 'Averroistes' sur I'Ethique Nicomaque a cui la Corti
rimanda.
57 La fusione di Arti e Medicina in un'unica facolt favor la circolazione di temi
e problemi; per questo, bench si sappia per certo soltanto che le Meteore e il De
animalibus erano inseriti nel curriculum della Facolt di Medicina, possiamo ipotizzare che anche altri testi aristotelici fossero conosciuti dai medici, cf. S. NAGEL, Sensi
ed organi nel commento al De anima/ibus attribuito a Pietro Ispano. in Micrologus,
x (2002), pp. 251-276.
ss Cf. AGRIMI - CrusctANI, Edocere medicos, pp. 105-136 e i testi edi ti in appendice.
59 PIETRO n'ABANO, Conciliator. Padova, Antenore, .1985 (rist. anast.), f. 6BCa
6o TOMMASO DEL GARBO, Sermo quem jecit primo anno sue lecture fiorentine
Verbum cecidit interquerentes., ms. Vat. lat. 2484, f. 213rb: definisce il sapiente Deus
humanus; cf. anche GENTILE DA FOLIGNO, Sermo !, in AGRIMI - CRISCIANI, Edocere medi-

:.JI'-t

!RENE ZAVAITERO

dell'esperienza conoscitiva "implica, come sue condizioni e conseguenze,


l'attivazione di virt ed il godimento di perfezione, felicit, bellezza.61.

4
Non nostro proposito affrontare nel dettaglio la vasta problematica
dei rapporti che legano Giacomo da Pistoia con l'ambiente dello Stilnovismo
da un lato, e con il cosiddetto 'averroismo bolognese' dall'altro, bens di fornire alcune brevi considerazioni .
La dedica della quaestio al Cavalcanti, che i manoscritti di Stoccarda e
di Cortona tramandano nell'inctpit, una prova sicura del contatto fra i poeti
toscani del Dolce stil nova e i filosofi della Facolt delle Arti di Bologna.
Grazie al codice di Cortona possiamo finalmente completare una parola, di
singolare interesse, contenuta nella dedica e rimasta illeggibile nel manoscritto di Stoccarda: Euripu.s. La dedica recita A Guido Cavalcanti dei
Cavalcanti di Firenze, uomo di nobili origini, favorito dalla natura e sopra ad
ogni altro amico carissimo, il maestro Giacomo da Pistoia, che guardato
da Euripo, [dedica] e, come si conviene, porge i saluti .. (rr. 1-3).
La formula dichiara l'amicizia sincera (prae aliis amico carissimo) e la
stima (a natura dilecto) che Giacomo prova per Cavalcanti, ma sembra trasmettere anche un altro sottile messaggio, comprensibile probabilmente soltanto ai due amici, contenuto nell'espressione ille quem respicit Euripus.
Secondo Kristeller potrebbe trattarsi di un 'allusione alla leggenda trasmessa
dai biografi medievali di Aristotele secondo cui il filosofo, durante il suo esilio in Eubea, si sarebbe suicidato perch incapace di trovare una spiegazione per le maree dell'Euripo6 2. Non sembra, per, che il cruccio e la morte

cos, pp. 257-261 e Io., Senno VI, in C.C. SCiir.AM, Graduation Speeches of Gentile da
Foligno", in MecUeval Studies, 40 (1978), pp. 96-119.
6! AGIUMI - CluscJANI, Edocem medicos, p 112.
62
Cf. KHISTELLEil, Studies in Renaissance. cit.; cf. I. DC!RrNG, Aristotle in the Ancient
Biogmpbical Tradition (Studia Graeca et Latina Gothoburgensia 5). Gteborg,
Elanders Boktryckeri Aktiebolag, 1957, in part. pp. 345-348. Le prime attestazioni

leggenda del suicidio di Aristotele sono dello Ps. Giustino, Ad gent. 36 B, PG


6,::>05 e dr GHEGOHIO NAZIANZENO, Contro Giuliano l'Apostata. Orazione w, a cura di

!A QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOIA

violenta di Aristotele abbiano un nesso con la trattazione di Giacomo.


Sembra pi probabile, invece, che si tratti di un riferimento al carattere tempestoso di quel braccio di mare. In questo senso, infatti, lo troviamo citato
da Platone, secondo cui tutto quanto esiste rotola come nell'Euripo avanti
e indietro" (Pedone 90c4-6) e ripreso spesso nel Medioevo63. Per estensione, inoltre, Euripus fu usato da Aristotele come termine di confronto per la
volubilit di una persona quando, nell'EN (IX 6, 1167b5-10), trattando della
concordia, sosteneva che .. Je volont degli uomini dirigenti sono stabili e non
rifluiscono continuamente come l'Euripo ... A nostro avviso, in questo senso
che Giacomo usa il termine, in riferimento al proprio carattere, in quanto
egli l'oggetto (quem) dello sguardo o delle 'attenzioni64 di Euripo e quindi, potremmo dire, della sua instabilit e mutevolezza. Un animo volubile,
mutevole come l'Euripo, potrebbe facilmente soggiacere al potere obnubilante e seducente delle passioni ad quas ma.xime inclinamur trattate nella
quaestio, cos come all'amore che ,for di salute giudicar mantene l [... ]
discerne male in cui vizio amico .. descritto dal Cavalcanti nella canzone
Donna me prega65. Il tema degli effetti dannosi delle passiones in generale
potrebbe costituire, quindi, il punto di contatto, l'interesse comune e forse
il motivo della dedica al poeta fiorentino.

A parte questo tentativo di decifrare la dedica, il confronto fra la quaestio e la canzone dimostra la reale condivisione di alcune idee fondamentali66, riconducibili in una certa misura alla comune simpatia per l'aristoteli-

L. LUGARESI. Firenze, Nardini, 1993, pp. 136-137 (Or. IV 72,7). Ma ebbe molta fortuna
anche nel Rinascimento, cf. L. VALLA che riprende la leggenda per polemizzare con-

tro Aristotele in Del vero e del falso bene" e Dialogo intorno al libero arbitrio", in
Sc 1"ittifilosofici e religiosi, a cura di G. RADElTI. Firenze, Sansoni, 1953 rispettivamente pp. 145-146 e p. 280, n.4. Cf. E. ACAMPOHA-MICHEL, Liber de pomo. Buch vom Apjel.
Frankfurt am Main, Klostermann, 2001, pp. 50-57 accenna anche alla tradrzwne deJJa
morte suicida di Aristotele e ne offre qualche altra fonte.
63 Cf. ALBERTUS MAGNUS, Summa theologia.e II l 4 l 2; Borgnet 74a dice, a commento del passo del Fedone, euripus enim ebuJJitio maris est .sursum et deorsum vertens.
64 Respicere in senso traslato significa 'riguardare' ma anche
cura .di',
'darsi pensiero di', cf. sub voce E. FORCELLINI, Le:x:icon totzus latzmtattS. Bonomae,
Forni, 1965, TV, p. 413-414.
65 Per le citazioni del testo cavalcantiano si usa l'edizione GUJoo CAVALCANTI, Rime,
a cura di G. FAVATI. Milano-Napoli, Ricciardi, 1957, in particolare pp. 214-216.
66 Il primo ad individuare similitudini fra i due testi fu NARDI, L'amore e i medici;, pp. 241-248. Kristeller aveva dedicato proprio a Bruno Nardi l'edizione della

376

!RENE

ZAVAITERO

smo radicale, ma riguardanti soprattutto la trattazione della passione amorosa. Maria Corti, in particolare, individu nel testo di Giacomo, oltre che nel
De summo bono di Boezio e nelle questioni dell'Anonimo di Giele l'area
dei prelievi .. operati dal Cavalcanti per la stesura di Donna me
arrivando ad ipotizzare che la canzone fosse una risposta alla quaestio de jelicztate67. Questa ipotesi, tuttavia, non condivisa da molti studiosi della letteratura italiana delle origini che concordano, invece, sulla anteriorit della
canzone rispetto alla quaestio68 In effetti, molte delle corrispondenze proposte dalla Corti non sembrano pienamente convincenti e, comunque, come
vedremo, non dimostrano una dipendenza di Guido da Giacomo69.
Certamente, se si scarta l'ipotesi della Corti e si tiene conto del fatto che
Donna me prega considerata, dalla maggior parte della critica, una rispo-

qua.estio apparsa in un doppio volume miscellaneo in onore del famoso dantista e


storico della filosofia medievale.
67

ConTI, La felicit mentale, p. 17. Secondo G. FAVATI, Inchiesta sul dolce stil
nuovo. Firenze, Le Monnier, 1975, pp. 193-194 poich Guido detto domini
Cavalcantis e non quondam (o olim, o simili) domini Camlcantis, la dedica fu formulata quando Cavalcante era ancora vivo, cio ante 1281, ma Favati non poteva
conoscere d documento del 1290 esibito dalla Corti (nel 1982) in cui Giacomo
dominus e non ancora magister.
68
Cf. F. PAPPALAnDo, Per una rilettura della canzone d'amore del Cavalcanti in
Studi e problemi di critica testuale, 13 (1976), pp. 47-76, in part. p. 58 ritiene
Donna me prega abbia spinto Giacomo a scrivere; E. MALATO, Lo fedele consiglio de
la mgwne. Studi e 11cercbe di letteratura italiana. Roma, Salerno, 1989, p. 173 ritiene, addmttura, la quaestio un commento al pari della glossa di Dino del Garbo
BornN, Ricerca del/a felicit, p. 10 ipotizza che la quaestio sia il Sigillo delle
stonate dtscussioni filosofi che e poetiche intercorse tra i due sul senso della vita

G. INGLESE, ... illa Guidonis de Florentia Donna me prega ... , in Cultura


Neola.tma, 55 0995), pp. 179-210 ripubblicata in L 'intelletto e l'amore. Studi sulla lettemtura italiana del Due e Trecento. Milano-Firenze, La Nuova Italia, 2000, pp. 1247, 111 part. p. 38 colloca Giacomo fra le persone c'hanno intendimento a cui
Cavalcanti rivolge la sua poesia. Inglese ritiene, inoltre, che la definizione di felicit
della quaestio si inserisca perfettamente nella trama concettuale di Donna me prega.
e aggiUnge che Il sommo bene, per l'uomo, nel partecipare all'intellezione nell'unire - grazie alla potenza cogitativa dell'anima sensitiva - la propria indiv,idualit
all'unico intelletto ... , come se la felicit perfetta di Giacomo coincidesse con questa
definizione 'riduttiva' di sommo bene, inceso, ci sembra, come un qualsiasi atto intellettivo di tipo averroistico, il quale, presuppone, per, quell 'unicit dell'intelletto che
Giacomo non professa.
6
9 Non nostro proposito passare in rassegna i rinvii alla quaestio offerti dalla

ConTI, La ji!licitc mentale (tist. 2003), pp. 21-41, bens ci limitiamo ad osservare che
sono.

to, d1 quel !t .111

e _nle.no

dei rinvii al trattato boeziano e, soprattut-

Anommo dt Gtele e che, m alcuni casi, non sono rintracciabili nel testo

LA QUAESTIO DE FELICITATE- DI

GIACOMO

UA

lUlA

.)Il

sta polemica alla Vita Nuova (1293-94) di Dante70, si pu supporre che i due
testi siano stati redatti nel giro di pochi anni, vale a dire tra il 1294 e il1300.
Per la seconda stanza, che contiene il passo nodale e tecnicamente pi
filosofico della canzone, dove Cavalcanti segue il punto di vista non pi del
generico aristotelismo, ma di quello radicale, Maria Corti offre numerose corrispondenze con l'Anonimo di GieJe7l, ma non pu fare altrettanto con la
quaestio, dove non solo non vi si trova alcuna descrizione di amore - di cui,
invece, il poeta dice elli creato da sensato, nom' l d'alma costume e de
cor volontate (vv. 19-20) -, ma neanche la nozione di intelletto possibile
eterno e separato, che conosce l'amore ma non ne gode Cresplende in s
perpetuai effetto: l non diletto ma consideranza,, vv. 26-27), e quindi nemmeno la conseguenza della separatezza dell'intelletto, ovvero, come si legge
nella terza stanza, che l'anima sensitiva sia la perfezione dell'uomo (Non
vertute, ma da quella vene l ch' perfezione ch si pone tale, vv. 29-30).
L'assenza di questa teoria-cardine della corrente dell'aristotelismo radicale ha
indotto alcuni studiosi a sostenere che la quaestio non contenga nulla di specificamente 'averroistico' e che l'aggettivo 'radicale', nel caso di Giacomo,
non rivesta un significato che vada oltre una lettura di Aristotele libera dalle

di Giacomo. il caso della n. 34 p. 29 dove si rinvia alla quaestio (ed. K.risteller, p.


452) a proposito dell'unione dell'intelletto possibile universale con l'anima sensitiva
mediante i pbantasmata intellecta (teoria del monopsichismo assente nella quaestio)
oppure della nota 45 p. 35 dove cita il movens duplex in Giacomo (ed. Kristeller, p.
460) a sostegno dei mutamenti che provoca la passione amorosa (Move,. cangiando
color, riso in pianto, v. 46) e in parallelo ad un passo dell'Anonimo di Giele (di cui
non fornisce le coordinate precise) secondo cui l'anima sensitiva movet corpus perch alterata a sensibilibus extra. Tuttavia movens est duplex nella quaestio (cf. r. 344
dell'ed. in appendice) riferito, in un senso, alla volont che muove l'intelletto e, in
un altro senso, all'intelletto che muove la volont, quindi Giacomo sta trattando di
componenti dell'anima intellettiva (animae intellectivae sint duae panes, scilicet
voluntas et intellectus .. rr. 117-118) e non .della sensitiva come nel passo in oggetto
della canzone e nell'Anonimo.
70 Cf. E. FENZI, La canzone d 'amore di Guido Cavalcanti e i suoi anticbi commenti. Genova, Il Melangolo, 1999, pp. 9-70: Conflitto di idee e implicazioni polemiche
tra Dante e Cavalcanti, in part. pp. 30-35 riassume le varie posizioni sul rapporto Vita
Nuova-Donna me prega.
71 Cf. CoRTI, La felicit mentale, pp. 25-31, per la citazione nel testo p. 28. Cf. M.
GIELE, Un commentai re averro'iste sur !es livres l e II du Trait de l'ame, in Trois commentaires anonymes sur le Trait de l' ime d'Aristate (Philosophes medievaux 11),
d. par M. GrELE, F. VAN STEENBERGHEN, B. BAzAN. Louvain-Paris, Publications universitaires, 1971, pp. 21-117.

378

!RENE ZAVATfERO

ipoteche e dai filtri dell'ortodossia religiosa .. 72. In realt, come abbiamo gi


visco, il contenuto averroistico rintracciabile in altre caratteristiche, in particolare nella descrizione intellettualistica della felicit perfetta per l'uomo, in
quella che Maria Corti ha efficacemente definito .felicit mentale .. , e che ascrive la quaestio a quel tipo di averroismo che si potrebbe definire 'etico'.
Possiamo quindi dire che entrambi i testi sono espressione della corrente averroista, ma secondo un diverso aspetto dell'averroismo - la
Canzone per la teoria del cosiddetto 'monopsichismo73 , la quaestio per la
teoria della felicit intellettuale -, e che ci che li avvicina sia piuttosto la
"comune matrice aristotelica-74 dichiarata espressamente da entrambi gli
autori: Cavalcanti formula una dottrina dell'amore per natura! dimostramento", cio fondata sui principi della filosofia naturale di Aristotele, Giacomo
segue la sententia Pbilosopbi bench sia contra veritatem infallibilem75.
Inoltre, Cavalcanti e Giacomo condividono l'ideale morale aristotelico, ovvero l'idea che se l'uomo si lascia distogliere dal 'bene perfetto' non pi dotato di vita, non si pu dire che viva da uomo ( .. ma quanto che da buon perfetto cort' l per sorte non po' dire horn ch'aggia vita", v . 39-40) e si allontana dal summum bonum possibile bomini advenire, cio dalla felicit che
est ultimus fin.is bumanae vitae, come si legge nelle prime due propriet
della felicit stabilite da Giacomo . Il buon perfetto o summum bonum l'espressione aristotelica che indica il fine ultimo della vita umana, vale a dire
la felicit suprema76 che, come Giacomo ci ha dimostrato, consiste nell'atti-

72 Cf. FENZI, La canzone d'amore, pp. 43-44, n. 36 sostiene che questa categoria
scoriografica abbia subito un drastico ridimensionamento" anche grazie a Kristeller di
cui cita una frase (..... so-called Latin Averroists who tried to interpret Aristotle in his
own terms, wirhout adapting him co the requirements of Christian theology .. ,
KIUSTELLEH, . A Philosophical Treatise", p. 435) che , ormai, alla luce delle recenti
acquisizioni storiografiche (cfr. sopra la nota 20), una definizione parziale di averroismo.
73 Per una sintesi della dibattuta questione dell'averroismo del Cavalcanti cf.
FENZI, La canzone d'amore, pp. 150-153.
74 Cf. FENZI, La canzone d'amore, p. 43, n. 36, di cui condividiamo questa affermazione: Che il breve trattato sia dedicato, con parole che mostrano pa1ticolare amicizia ( .. .) a Cavalcanti cosa in s assai impanante, ma pochi e ovvi sono i momenti
eli consonanza con Donna me prega, e tutti riferibili alla comune matrice aristotelica.
75 Cf. NAI\01, ,.L'amore e i medici", pp. 242-248 espone alcune delle molte idee
fondamentali comuni a jacopo e a Guido" che si incontrano, dice Nardi, scorrendo la
qu.aesNo.
7 6 ARISTOTELES,

Etbica Nicomacbea I 5, 1097a28-1097b21; si veda il fondamenta le

LA

QUAESTIO DE

Ul l.>!Al..UIVIU U/\ r!J>v<n

vit dell'intelletto umano volta alla contemplazione del vero. Quindi non si
pu dire vivente quell'uomo che, dominato dalla passione, dimentica il
sommo bene ( ..A simil po' valer, quand'om l'oblia". v. 42)77 e si discosta dall'uso di ragione.
La causa di tale allontanamento l'amore che Cavalcanti definisce passione dell'anima sensitiva (In quella parte dove sta memora l prende suo
stato", vv. 14-15), la quale non solo distoglie dal retto giudicare ( .. for di sal,ute giudicar mantene", v. 32), ma spesso causa di morte ( .. Di sua potenza
segue spesso morte", v. 35), morte morale per il Cavalcanti, ma fisica per il
medico commentatore Dino del Garbo78. Parimenti Giacomo afferma, come
sappiamo, che le affectiones et passiones appettus sensitivi (rr. 224-231), fra
cui annovera la passio venereorum, esercitano il loro potere sul corpo e sulla
mente di chi ne affetto producendo nfirmitas e insania.
Entrambi, inoltre, desiderano sottolineare, in pieno spirito aristotelico,
che tali effetti negativi non derivano dal fatto che l'amore contrario alla
naturale tendenza dell'animo umano79 ( .. non perch oppost'a naturale sia",

comme.nto di B. NARDI, ,.L'averroismo del primo amico . di Dante .. , in Dante e la


tura medievale. Roma-Bari, Laterza, 1983, pp. 81-107, 'in part. per il commento ai vers1
in oggetto pp. 102-103 (pubblicato per la prima volta in Studi Danteschi, 25 (1940),
pp. 43-79).
.
77 Cf. FENZI, La canzone d'amore, p. S3 per la lettura che d del verso 42: Del
resto, qualcosa di simile accade tutte le volte che l'uomo, per qualsiasi altro_ mot1VO,
dimentichi quale sia quel compiuto bene in cui davvero consiste la sua l.ellCit:l"; diversamente lo interpreta NARDI, . L'averroismo", p. 105 che nfensce
om l oblia"
bisoano naturale dell'uomo di soddisfare l'amore che, del resta, non e opposto all<t
nam7-a, cf. v. 38 Non perch oppost'a naturale sia ...
78 L'amore impedisce il funzionamento dell'anima sensitiva che
secondo la teoria averroista, la perfezione dell'animo umano v1sto che lmtelletto e
separato. Di mone morale" parla NARDI, L'averroismo, p. 102 e ancora m Filosofm
dell'amore" pp. 26-36. Si tratta invece di morte fis1ca per Dmo del Garbo: :cu,m
Di sua potentia segue spesso morte, vult auctor estendere que s1t potentJa .lmOIJs:
idest quid potest amor inducere in corpus [.. .] Nam adeo potest _hec
c01pus
(cito
alterare, quod multotiens inducit mortem, que estulumum ternbJ!n.Im. pm.
da FENZI La canzone d'amore, p. 111; il volume d1 Fenz1 forn1sce la pnma
ne
moderna del commento garbiano basandosi sull'edizione d1 G. Favat1
riportata a fronte, pp. 86-133). Secondo N.
De. Guidone de Cavalcanti bus
De
physico (con una noterella su Giacomo. da Lentmr ottrco) .. , m Per
Rohertis. Studi o.lfelti dagH allievifiorentJ.m, a cura d1 I. BEClERUCCI, S: GIUSII, .N.
TONELLI. firenze, Le Lettere, 2000, pp. 459-508, in part. p. 495, SI tratta d1 morte fiSIca anche per Cavalcanti.
79 NARDI, L'averroismo", p. 88 ricorda che per Andrea Cappellano (De amore, a

s.s

380

!RENE

v. 38; Jstae enim passiones sunt ma:xime nobis connatura/es, r. 231), bens
dall'eccesso di questo bisogno naturale ([. .. ) lo voler tanto / ch'altra misura di natura torna .. vv. 43-44; ad quas maxime inclinamur, rr. 231-232; fortiter movent appetitum, r. 238).
Oltre all'idea, espressa nella terza stanza di Donna me prega, secondo
cui la passione offusca la capacit di giudizio dell'intelletto, i due testi condividono la descrizione medico-filosofica della fenomenologia della passione amorosa. Nella quarta stanza, infatti, ispirandosi probabilmente alla trattatistica medica sulla malattia d'amore - come sembra confermare il commento di Dino del Garbo che mette in risalto gli elementi caratteristici dell'amore morboso, dell'amore hereosSO- Cavalcanti descrive un amore diventato passione d'altra misura che non riesce a placarsi nell'appagamento
( .. Poi non s'adorna di riposo mai .. , v. 45) e che costringe chi affetto dalle
passioni a tenere lo sguardo fisso sul proprio desiderio (e voi ch'om miri 'n
non formato loco .. , v. 51) dal quale si sprigionano le fiamme dell'ira (destandos'ira, la qual manda foco , v. 52). Queste immagini richiamano altrettante
espressioni corrispondenti della quaestio: la felicit non consiste in amare
perch non totaliter quietat appetitum (r. 140); le passioni fortiter movent
appetitum, et intense occupatur anima circa ipsa (rr. 234-5) e frequenti ira
accenditur cor (r. 243) . Si tratta di consonanze rintracciabili, per lo pi, nella
trattazione degli impedimen.ta alla felicit - dove abbiamo notato una certa
competenza medica di Giacomo - , di quelle passiones, cio, che possono
produrre malattia nell'anima e nel corpo .

cura di G. RUFFINI. Milano, Guanda 1980, p. 6) Amor est passio innata procedens ex
visione et immoderata cogitatione ... e afferma che Cavalcanti condivide questa definizione ma in chiave pessimistica, cf. pp. 91-93.
so Cf. TONELU, De Guidone, pp. 476-478. N. Tonelli sviluppa nel suo ricco contributo gli -elementi chiaramente riconducibili alle topiche mediche della malattia d'amore (che NARDI, L'amore e i medici, riconobbe per primo nel commento di Dino
del Garbo e nella canzone del Cavalcanti) individuando soprattutto nel trattato De
amore bemico di Arnaldo da Villanova il testo di riferimento usato da Dino del Garbo
nella sua glossa (pp. 469-479). Per Donna me prega ritiene che le due interpretazioni pi prossime a Cavalcanti siano quelle di Arnaldo da Villanova e di Pietro Ispano
nelle sue Quaestiones super Viaticum, pp. 484-508. Cf. anche Io., Fisiologia dell'amore doloroso in Cavalcanti e Dante: ionti .mediche ed enciclopediche, in Guido
Cavalcanti laico e le origini della poesia europea, a cura di R. ARQUS. Alessandria,
Edizioni dell'Orso, 2003, pp. 63-117, dove si dimostra la presenza dei temi della patologia amorosa anche in altri componimenti del Cavalcanti e soprattutto nella letteratura coeva di cui l'autrice propone un'ampia disamina.

LA

QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOIA

381

Possiamo concludere, quindi, che i due amici, perlomeno in questi testi,


condividono, oltre alla simpatia per l'aristotelismo, l'interesse per le ripercussioni morali e le implicazioni mediche della passione amorosa, pur precisando che, mentre il Cavalcanti intende definirne la natura e dimostrarne gli
effetti, Giacomo ritaglia, nell'ampia trattazione sulla felicit, un breve spazio
per la descrizione delle passioni in generale, e non specificamente per le
concupiscentiae venereorum81 che sono soltanto un tipo di impedimento alla
felicit. Forse per questo motivo, Giacomo, bench dimostri di conoscere la
trattazione medica della patologia d'amore, non scende nei dettagli della sintomatologia della passio 'ereos' e della sua degenerazione nell'ilisci, nella
melancolia o nella frenesia, come, invece, si legge nel Canone (I, 4, par. 2324) di Avicenna o nel Liber de bereos morbo di Giovanni Afflacio 82
Sarebbe necessario e interessante allargare il raffronto della quaestio
con altri testi dello stilnovismo, ma ci limitiamo, per il momento, a segnalare quel passo del terzo libro del Convivio (XV, 2-4) in cui Dante afferma che
guardando, quaggi sulla terra, negli occhi e nel riso della Sapienza, l'umana perfezione s'acquista, cio la perfezione de la ragione .. , .. tanto cio che
l'uomo in quanto ello uomo, vede terminato ogni desiderio, e cos
beato ..83. Sullo sfondo di questo passo, sembra di poter scorgere la presenza 'n on solo degli elogi della filosofia prodotti dai maestri delle Arti, ma
anche della quaestio di Giacomo, in particolare di quel desiderio di appagamento che solo la felic pu soddisfare, come recita la terza propriet
essenziale. Soltanto uh'intellezione perfetta che procedat ab ipsa sapientia .
(r. 187) in grado di quietare appetitum intellectivum qui proprie est appetitus bumanus.. (r. 85) e di condurre l'individuo al raggiungimento della sua
perfezione, allajelicitas ultima hominis (r. 189).
Per quanto riguarda i rapporti con l'ambiente dell'universit di
Bologna, vorremmo ricordare che la datazione della quaestio e la sua appartenenza alla corrente dell'aristotelismo radicale fanno di Giacomo da Pistoia

81 Giacomo usa i termini passio, concupiscentia, usu venereorum; Dino del Garbo
(par. 72) dir passio est proprie circa actus venereos, in quibus actibus est furiositas
et intemperantia, cf. anche TONELU, De Guidone, p. 469.
82 Cf. NARDI, L'amore e i medici, pp. 249-263 e soprattutto TONELLI, De Guidone .. ,
pp. 466-474 che passa in rassegna i capisaldi della pi diffusa letteratura medica in
materia di amore bereos.
83 Cf. G. FIORAVANTI, Dante e Alberto Magno, in Il pensiero.f.losofico e teologico
di Dante Aligbieri, a cura di A. GH!SAIBERTI . Milano, Vita e Pensiero, 2001, pp. 93-102,
in p art. p. l 02.

382

!RENE ZAVATrERO

un anticipatore della scuola averroista bolognese che, come noto, conoscer il momento di massimo sviluppo nella prima met del XIV secolo.
Molti studi e ricerche prodotti negli ultimi decenni hanno ricostruito
l'ambiente culturale e universitario di Bologna tra il XIII e XIV secolo84 evidenziando la .. stretta interpenetrazione tra studio della medicina e studio
delle Arti" comprovata dagli interessi medici di maestri di logica come
Gentile da Cingoli, Angelo d'Arezzo o Giacomo da Piacenza e dagli interessi filosofici dei medici della cerchia di Taddeo Alderotti riguardanti non soltanto la filosofia naturale ma anche quella moraJe85 .
A questa categoria di medici-filosofi morali appartiene probabilmente
Giacomo da Pistoia, ed anzi egli fu un 'pioniere' degli studi di morale a
Bologna86. Infarri la quaestio - che attinge a piene mani dall'EH, nella traduzione di Roberto Grossatesta, e cita anche la Politica- e il volgarizzamento di Taddeo Alderotti della Summa Alexandrinorum (una versione abbreviata dell'EN, composta probabilmente all'inizio della carriera di Taddeo,
magister a Bologna dal 1260 al 1295) costituiscono le prime testimonianze
della circolazione dei libri morales87 in ambiente bolognese e in un arco di
tempo precedente alla fine del XIII secolo.
I libri mora/es, bench si trovino citati per la prima volta negli statuti
universitari del 140588, vennero letti e forse inseriti nel curriculum molto

84 Cf. i seguenti studi che forniscono un'ampia bibliografia: L'insegnamento della


logica a Bologna nel XIV secolo (Studi e memorie per la storia dell'universit di
Bologna . Nuova Setie, vol. III), a cura di D. BuzzErn, M. FERRJANI, A. TABARRONI.
Bologna, Istituto per la Storia dell'Universit, 1992, in part. pp. V-VI; V. SORGE, Profili
c!el/'averToismo bolognese. Metafisica e scienza in Taddeo da Parma, Napoli, Luciano
Editore, 2001 , in part. L'aristotelismo averroistico: una ricognizione storico-critica,
pp. 15-42.
85 Cf. P.!'. GIOHGI, R. LAMBERTINI, A. TABAHRONI , Tecniche d'insegnamento nella formazione dei medici a Bologna nel XIV secolo: due questioni disputate di Mondino de'
Liuzzi da Bologna . , in L'insegnamento della medicina in Europa (secoli XIV-XIX). Atti
del convegno tenutosi a Siena in occasione d.elle celebrazioni dei 750 anni della fon dazione dell'Univer-sit di Siena, a cura di F. VANNozzr. Siena, Tipografia senese, 1994,
pp. 211-224;]. Acm MI -C. CRJSCIANI, Medicina e logica in maestri bolognesi tra Due e
Trecento: problemi e temi di ricerca, in L'insegnamento della logica, pp. 187-239.
86 SJRAISI, Taddeo Aldemtto, p. 74
87 I libri di testo della pbi/osopbia mora/L' nei curricula delle Facolt delle Arti erano
l'Etica Nicornacbea., la Politica, la Retorica (considerata un libro morale nel XIII e XIV
sec.) e gli Oeconomica pseudo-aristotelici, cf. SrRAisr, Taddeo Ald.erotto, pp. 72-77.
88 C. MALAGOLA, Statuti delle Univer-sit e dei Collegi dello Studio bolognese.

LA QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOlA

383

tempo prima, come dimostra l'interesse che continuarono a suscitare fra i


medici del XIV secolo; basti pensare alle fonti usate da Dino del Garbo nella
glossa a Donna me prega e al commento di Bartolomeo da Varignana agli
Oeconomica pseudo-aristotelici89.
Inoltre la quaestio de felicitate !;unico testo, a noi noto, appartenente alla corrente dell'aristotelismo radicale sicuramente prodotto a Bologna
alla fine del XIII secolo , in quanto le altre testimonianze, vale a dire il commento d i Taddeo all'Isagog; di Ioannitius90 o alcuni scritti di Gentile da
Cingoli91, non si possono annoverare a pieno titolo nella corrente averroista. Sono tuttavia segnali della nuova atmosfera in cui si diffonde l'insegnamento filosofico a Bologna negli ultimi decenni del Duecento al riparo dalle
conseguenze dirette della condanna parigina e dal 'controllo' della facolt
di teologia, assente a Bologna fino al 1364. Fin dall'inizio del XIV secolo si
trovano, invece, testimonianze certe dell'averroismo in vari commenti o
quaestiones disputatae, ad esempio quelle sul De anima di Taddeo da
Parma, Matteo da Gubbio e Giacomo da Piacenza, in cui si legge un interesse particolare per l'interpretazione offerta da Averro della psicologia ari-

Bologna, 1888, p. 252. Cf. anche D. A. Lines, Ar"istotle 's Etbics in tbe italian
Renaissance (ca . 1300-1650): T7Je Un iver-sities and tbe pmblem of moml education.
Leiden, Brii!, 2002
89 Cf. SJRAISI, TaddeoAlderotto, pp. 86-95 e R. LAMBERTINI, L'ane ciel governo della
casa. Note sul commento di Banolomeo da Varignana agli Oeconomica, in Medioevo ,
17 0991), pp. 347-389. Anche Guglielmo dei Corvi (1250-1326) si preoccupa che, nel
Collegio Bresciano da lui fondato a Bologna, si tenessero delle lezioni eli filosofia
morale, e che Pietro Torrigiano de' Torrigiani (inizi del Trecento), nel suo commento alla Tegni di Galeno, cita spesso !'Etica aristotelica.
90 Cf. M. GRABMANN, L'aristotelismo italiano al tempo eli Dante con panicolare
riguardo all'Universit di Bologna, in Rivista di Filosofia Neo-Scolastica, 38 (1946), pp.
260-277, a p. 270 ritiene che Taddeo esprima una cena simpatia per il monopsichismo
averroistico; B. NARDI, L'averroismo bolognese nel secolo XIII e Taddeo Alderotto, in
Rivista di Storia della Filosofia, 4 (1949), 11-22, afferma, p. 19, che Taddeo -era, nell'interpretazione del pensiero di Aiistotele, averroista. Invece SIRAISI, TaddeoAlclerotto,
p. 149 ammette che parli del monopsichismo, ma (p. 150) ritiene abbastanza improbabile che l'averroismo bolognese sia stato iniziato da un medico; A. GHISAL!lERTI, Le
Quaestiones de anima attribuite a Matteo da Gubbio. Edizione del testo. Milano, Vita
e Pensiero, 1981, p. 7: siccome egli non indugia sulle dottrine pi tipiche dell'averroismo, n intende addentrarsi in questioni teologiche, gli studiosi pi recenti non lo
Iitengono l'iniziatore della scuola averroista bolognese.
9l Cf. L. MARCHEGIANI, ..L'aristotelismo di Gentile da Cingoli, in Annali della
}colt giuridica di Camerino, 36 (1970), pp. 81-131 , in part. pp. 122-123 sostiene
che -Gentile non effettu un'interpretazione averroista dei testi di Aristotele.

384

LA QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOIA

!RENE ZAVATrERO

stotelic'a, vale a dire per le problematiche riguardanti l'intelletto, le sue funzioni e il suo rapporto di separatezza o meno rispetto al corpo. Questi autori successivi, quindi, a differenza di Giacomo, prediligono innanziturro l'insegnamento del De anima senza escludere, tuttavia, i contenuti della morale aristotelica . Le dottrine psicologiche ed eriche, infatti, condividono in questi testi un rapporto di feconda correlazione a proposito, ad esempio, della
discussione sulla conoscenza intellettiva che implica la trattazione di temi
come la felicit umana e la vita speculativa92. Bisogna ricordare, infine,
un'altra importante testimonianza della circolazione, nell'ambiente universitario bolognese, delle tematiche morali contenute nella quaestio: si tratta di
alcuni sennones in lode della filosofia e della logica databili nella prima met
del Trecento, pronunciati in occasione dell'inizio annuale dei corsi del curriculum in arlibus che formulano l'esaltazione della vita intellectuafis93.
Quanto si appena detto avvalora la tesi di Kristeller e della Corti, secondo cui doveva esistere un gruppo di amici filosofi, letterati e poeti - e noi
aggiungeremmo, medici - fra Bologna e Firenze, intellettuali raffmatissimi di
aristocratica formazione europea.,94 che condividevano l'amore per la sapienza e la simpatia per le posizior dell'aristotelismo radicale. In ci che segue si
dar un'ulteriore conferma del ruolo medico della quaestio de felicitate.

385

del XV secolo. Il codice fu acquistato nel 1897 dall'Accademia Etrusca di


Cortona e farro rilegare perch era scompaginato96
Pur !imitandoci ad un primo e provvisorio studio della composizione
del m anoscritto, possiamo notare che, probabilmente, gli ultimi fogli (ff. 194199), contenenti, fra l'altro, la quaestio di Giacomo, sono stati aggiunti successivamente, come sembrano dimostrare anche le caratteristiche paleografiche (scrittura molto fitta, specchio scrittorio pii:1 ampio, poche annotazioni
marginali), diverse rispetto alle altre parti del codice. Il dettagliato indice che
si trova ai ff. 187-188, inoltre, non cita i testi copiati in queste carte conclusive, mentre elenca rrnuziosamente gli scritti collazionati fino al f. 168 e ,
grazie alle aggiunte di una mano successiva, completa il sommario fino al f.
190. L'ultima annotazione Praticha m. Bartalomej de Varignana abstracta hec
est a carta 190 usque ad fi nem libri lascia supporre che il codice termini con
il f. 193, dove si trova l'e:xplicit della tabula.
In attesa di studiare meglio la fascicolazione, i vari cambi di mano ed
alcune significative annotazioni presenti nel codice, ci limitiamo a sottolineare che il manoscritto sub probabilmente varie trasformazioni e aggiunte successive, ma che tuttavia raggiunse presto l'attuale composizione, come
dimostra la numerazione antica delle 199 carte, preesistente alla redazione
dell'indice.
Gli scritti copiati ai ff. 194-199, nonostante la probabile aggiunta successiva, non costituiscono un blocco tematico unitario, bens piuttosto una piccola raccolta di consigli pratici di vario tipo ad uso del buon medico. In effetti vi troviamo, nell'ordine, una summula di Mondino de' Liuzzi indirizzata
all'aievo Mansueto riguardante il dosaggio dei farmaci97, una breve raccolta

Il manoscritto cortonese, composto di 199 fogli in parte membranacei


(il foglio di guardia e i primi 60 fogli) e in parte cartacei (138 fogli, manca
il f. 198) una miscellanea di testi di medicina, ascrivibili per lo pi a
Gentile da Foligno e copiati da pi mani, pare, di origine italiana95, agli inizi
Cf. KRISTELLER, A Philosophical Treatise, p. 535 parla di an ltalian hand ...
96 L'acquisto fu probabilmente promosso da Girolamo Mancini, bibliotecario
dell'Accademia dal 1870 al 1904 e storico locale, che ebbe il merito di rilanciare il ruolo
culturale dell'istituzione cononese e di prowedere all'acquisizione di gran pmte del
materiale librario, in alcuni casi anche pregiato, oggi conse1vato dalla biblioteca e da lui
recensito in 1 manoscntti della Libreria del Comune e dell'Accademia Etrusca di Co11ona.
Conona, Stamperia Bimbi, 1884. Del ms. 110, non incluso nell'inventario perch acquistato molti anni dopo, redasse un minuzioso indice rilegato all'inizio del codice.
97 ff. 194ra-va: inc. Rogasti me fili karissime Mansuete ut dosis possis adinvenire convenientem in quolibet farmaco. Potrebbe trattarsi del Tractatus Mundini ad
inveniendum dosim tradito nel ms. D Pluteo XXN,3 (ff. 161v-162r) conse1vato presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena . Cf. SIRAJSr, Taddeo Alderotto, p. 69 e 422, in
panicolare su Mondino, pp. 66-69.
.95

92 Cf. A. GHISALBERTI, Fine ultimo e conoscenza intellettiva: una questione della


scuola averroista bolognese del sec. XN, in Dalla prima alla seconda scolastica.
Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 2000, pp. 120-142, in part. pp. 122-125 prende in esame la discussione del problema circa i rapporti fra anima e corpo in varie
questioni degli averroisti come esempio di contenuti dottrinali affini.
93 G. FIORAVANTI, Sermones in lode della filosofia e della logica a Bologna nella
prima met del XIV secolo, in L'insegnamento della logica, pp. 165-185.
94 M. CoRTI, Parigi e Bologna: novit filosofiche e linguistiche, in Dante a un
nuovo crocevia, pp. 9-26, ripubblicato in Scritti su Cavalcanti e Dante, pp. 312-326,
per la citazione p. 326.

386

!RENE ZAVATIERO

di malattie incurabili98, un breve scritto sulle febbri incurabiJi99, la quaestio


di Giacomo da Pistoia, un testo su come curare i dolori delle donne100, un
altro sulle cure contro la gotta e i dolori ai1colarlOl e, infine, dopo il f. 198
mancante, alcuni franunenti del 17Jesaurus pauperum di Pietro Ispano102.
Ad esclusione della quaestio di Giacomo, si tratta, dunque, di resti che
concei-nono la medicina pratica, sia a livello teorico, in quanto utlizzabili
nell'insegnamento e nella formazione del medico, sia a livello pratico, in
quanto probabili opere di consultazione per il medico di professione.
Questa duplice funzione non caratterizza soltanto i resti copiati nei
fogli conclusivi, bens il manoscritto nel suo insieme. Vedamone brevemente il contenuto.
Nella prima parte del codice (ff. 1-124) sono copiati i trattati pi:1 lunghi e dedicati alle parologie delle febbri, vale a dire il commento di Gentile
da Foligno 103 al IV libro, jn I, del Canone di Avicenna (ff. 1-68) - la pi
conosciuta e fonunata sezione del commento nota appunto come Defebribus - e il II libro della Pratica o Swnma conservationis sanitatis di
Guglielmo da Salicetol04 (ff. 69-100), che circol separatamente con il titolo di Liber secundus de febribus 105. A questi trattati seguono i Problemata
de venenis di Cristoforo degli Onesti di Bologna compilata in studio
Bononiensi per eum 1391106

9:> ff. 194vb-195ra: Aggregacio egritudinum incurabilium in quibus laborare medicum non oporret... Mancini nell'indice registra il testo sotto il titolo di De frenesi, in
realt
conji'nna.ta solamente la prima delle malattie elencate.
99 f. 195ra: .Oe febribus incurabilibus ve! fere incurabilibus.
!00 f. 196ra-197rb: -De cura passionum matricis . .
101 ff. 197rb-va: De cura guttan.n11 et dolorum et aniculorum.
102 f. 199v: Suprascripta experimenta fuerunt extracta de libro Thesauri pauperum compositi a magistro Petro Hispano eminentissimo summo pontifici paupen.Im.
103 Per un quadro riassuntivo della vita e delle opere di Gentile cf. L. CECCARELLI,
-Gentile da Foligno, in Dizionan:o biogmfico degli italiani, 53 (1999), pp. 162-167.
104 Guglielmo da Saliceto (1210-1280 circa) ha studiato e insegnato a Bologna, fu
il piC1 famoso chirurgo dell'epoca, autore delia Summa consema.tionis et curationis,
scritto di medicina generale.
105 Cf. L. THORNDIKE, P. K!BRE, A Ccuafogue of lnctpits of Mediaeval Scientific.
Wtftings in Latin. Cambridge, Mass., The Mediaeval Academy ofAmerica, 1963, col.
552. MAZZA'IlNTI, Manoscn'tti d'Italia., p. 51 ha erroneamente identificato il trattmo con
il II libro del commento di Gentile al Canone di Avicenna.
106 Cf. L. THORNDIKE, A History of Magie and Experimental Science. New York,
Columbia University Press, 19844, pp . 538-540.

LA QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOIA

387

Il corpo centrale del codice (ff. 125-183) contiene alcuni brevi trattar107 di Gentile (sulla scansione temporale del decorso delle patologielOS,
sulla durata delle malattie cronichel09 e sui bagni terma)i110); brevi commenti agli Aforismi di Galeno; molte quaestiones sparse, alcune di chimrgia
(ad es. sulle fratture del cranio o sulla flebotomia), alcune su patologie varie
(febbri pestilenziali, dolori articolari, gotta, artetica etc.) altre sui medicamenti (la triaca, il melitoto, i vari tipi di sciroppo, i bagni in idropica etc.),
ma soprattutto contiene circa duecentonovanta consilia divisi in due part 73 copiati nei ff. 140-148 e 218 nei ff. 149-160 - che una mano, probabilmente il copista redattore dell 'indice, ha riunificato mediante un segno di
richiamo posto nel f. 160, che rinvia pro complemento buius operis Gentilis
al f. 148 dove, a chiusura della prima parte di consilia, si legge: expleta sunt
consilia domini magistri Gentilis de Fulgineo, cuius anima requiescat in
pace. Anno Domini nostrijesu Chn'sti 1407. Non tutti questi resti sono dei
veri e propri consilia , a volte si tratta di remedia o eli 1eceptae e non sempre sono di Gentile da Foligno, alcuni di essi sono secundum Arnaldo da
Villanova, Bartolomeo da Varignana, Mondino o Gilberto Anglico. Il codice
cortonese pu, quindi, essere considerato una delle pi complete raccolte
dei consilia di Gentilelll
Si deve, inoltre, segnalare la presenza di due trattati di Tonm1aso del
Garbo sulla teoria farmacologica11 2, di una delle poche questioni mediche

107 Alcuni testi di Gemile contenti nel ms. cononese si trovano in GENTILE DA
FoLIGNO, Qu.aestiones [et] tractatus extrauagtmtes." Venetiis, 1526. Per gli incunaboli
delle opere di Gentile cf. Gesamtkatalog der Wiegendru.cke, hg. von der Kommission
flir den Gesamtkatalog der Wiegendrucke . Berlin, Stutrgart, A. I-liersemann,
Akademie, 1991, IX, n. 6515.
108 ff. 125vb-126vb: Tractatus de numeratione dierum criticorum .. , cf. GENTILE DA
FOLIGNO, Quaestiones, ff. 96r-97r.
109 ff. 126vb-128ra: Tractatus de differemia pronosticationis in morbis chronicis
et acutis, cf. GENTILE DA FOLJGNO, Quaestiones, ff. 97r-98r.
110 f. 168ra-va: Tractatus compendiosus de balneis existentibus in Tuscia secundum Gentilem dove cita le caratteritiche dei vari bagni termali esistenti fra la Toscana
e il Lazio, compresi i famosi bagni di Petriolo da Gentile stesso frequentati.
111 Si conoscono 218 consilia trascritti nel ms. VIII.D.40 della Biblioteca Nazionale
di Napoli; 110 consilia sono stampati nell'edizione veneziana realizzata per Ottaviano
Scoto: A. CERMISONE, Consilia Cermisoni. Consilia. gentilis. Recepte gentilis de febribus.
Tmctatulus de balneis gentilis. Tractatu.m de tyriaca Francisci caba.lli. Venetiis, 1498.
112 ff. 13lvb-133vb: De reductione medicinarum ad actuum; ff. 133vb-135va: De
gradibus medicinarum ... Per il primo cf. TI-IOMAS DE GARBO, Summa Tbome de Garbo:
Tbome de Garbo ... Sum[m}a medicinalis, cu[m] duobus eiusdem tractatibus, vnus De

JU/

388

!RENE ZAVATrERO

contenute - condotte su alcuni fra i testi-base pi usati per le lezioni di


a noi note di Angelo d'Arezzo 11 3 (Utrum in febribus putridis competat usus
aque frigide) e della gi menzionata tabula della Pratica di Bartolomeo da
Varignana 114
Di particolare interesse sono, infine, alcuni consilia inediti: uno redatto da Niccol Falcucci per il cardinale Antonio di Aquileia115, un altro di un
certo Marco da Siena, magister presso l'universit di Perugia nell'anno
1402 11 6, e un consilium ad arteticam passionem di Giovanni da Muglio di
cui, finora, si conoscevano soltanto due commenti di logica117.
Il codice, probabilmente, seiViva all'insegnamento o alla pratica della
medicina operativa, come dimostrano le quaestiones e le expositiones in esso

restaumtio(n)e h umidi mdicalis, alter De rechtctione medicina rum ad actu.um ...


Lugduni: ab Iacobo de Giunta, 1529. cf. A. DE FERRARI, Del Garbo, Tommaso, in
Dizionan:o biografico degli italiani, 36 (1988), pp. 581-585
!13 ff. 164vb-165ra. Angelo d'Arezzo noto soprattutto per la sua produzione filosofica e logica e come repetitor di Gentile da Cingoli, ma l'interesse per i temi medici stato pi volte sottolineato: cf. M. GRABMANN, Der Bologneser Averroist Angelo
d'Arezzo (ca. 1325).. , in Mittelalterliches Geistesleben. Abhandlungen zu.r Geschichte
der Scbolastik und Mystik, Bd. II, Munchen, Hueber, 1936, pp. 261-271; cf. anche A.

Gentile da Cingoli e Angelo d'Arezzo sul Peryermenias e i maestri di logica a Bologna all'inizio del XIV secolo .. , in L 'insegnamento della logica, pp. 393-440 e
. pp. 607-608 per le notizie biografiche (voce Angelus de Aretio).
114 ff. 190r-193v. Sulla sua attivit medica e di commentatore degli Oeconomica
aristotelici, cf. SlltAISI, Taddeo Aldemtti, pp. 45-49.
11 5 ff. 183rb-185va: inc.: Dispositio reverendissimi domini mei domini Antonii
honorabilissimi Aquilegiensis Cardinalis talis est iudicio meo; expl. Et hoc sunt
que vostre reverende magne scripta sunt per minimum servitorem vestrum
Niccolum de Falcuciis medicine doctori. Il cardinale , probabilmente, Antonio
Panciera (1350-1431) per un decennio patriarca e poi cardinale di Aquileia, gi
segretario di Papa Bonifacio IX, abile poltico e dotto umanista. Nel consilium si
legge in principio senectutis est prime habens in etate sua annos circiter quadraginta tres, qui ab annis xii incurrit passiones has quindi potrebbe essere stato scritto intorno al 1393 quando Falcucci era al culmine della sua carriera di medico a
Firenze, cf. M. MuCCILLO, Falcucci, Niccol", in Dizionario biografico degli italiani, 44 (1994), pp. 401-404.
116 ff. 167ra-168ra: inc.: Reverendissime pater considerantis dispositionibus
vestris ex parte capitis et narium et stomaci"; expl.: Per vostrum servitorem Marcum
de Senis medicum ...
1!7 ff. 164ra-vb: inc.: Presuppositis non .pau cis nec exiguis alibi subtilitatem investigandi .. ; expl.: fini tu m est consilum secundum M.]. de Mu. ad arteticam passionem.
L'indice al f. 188v esplicita secundum magister johannes de Mu.glio. Questo scritto
l'unico di contenuto medico finora rinvenuto, a quanto ci risulta, di Giovanni da

medicina pratica, come il Canone di Avicenna o il Defebribus di l saac lsraeli


- , che sono espressione dell'ambiente universitario, o i compendi e i consilia - spesso anche usati per scopi didattici grazie alla loro sistematizzazione
in raccolte ordinatell8- che testimoniano della rinomata esperienza di questi magistri e medici famosi.
Potrebbe dunque risultare valida, anche se non sostenuta da dati concreti, l'ipotesi di Kristeller secondo cui il codice fu copiato da uno studente
della Facolt di Bologna119, un 'apprendista' (anche se dovremmo allargare
l'ipotesi a pi studenti, visto che il codice fu copiato da varie mani) che in
alcuni casi esprime la sua ammirazione per Gentile (in omnibus imitari
con or et compellor ad posse), chiamandolo subtilis speculatore di cui raccomanda, per lo studio del Canone di Avicenna, la lettura delle questioni di
Gentile quae valde bone sunt. A confermare la provenienza bolognese
sarebbe anche il foglio membranaceo di guardia che contiene due rubriche
di argomento giuridico appartenute, secondo il bibliotecario Mancini, .. a[
libro quarto degli Statuti di Bologna .. , attribuzione di cui, tuttavia, dobbiamo
ancora verificare la validit.
Da quanto detto si ricava non soltanto il valore documentario del codice, ma anche il contesto strettamente medico, e per lo pi operativo, in cui si
viene a collocare la quaestio di Giacomo, quel contesto universitario bolognese ricco di scambi culturali non soltanto verso l'esterno con la vicina Toscana
(e Umbria) ma anche al suo interno fra i due .curricula di Arti e di Medicina .
Rintracciare la quaestio in un codice medico ancora pi significativo
se consideriamo la diversa composizione dei manoscritti vaticano 120 e stoccardese12L il primo, degli inizi del XIV secolo, proveniente dall'ambiente
parigino della Facolt delle Arti, contiene una questione sulla potenza infinita di Dio (Utrum primum principium si ve Deus ipse sit potenti a e infinitae)

Muglio, magister artium et medicinae a Bologna, ma anche lettore di medicina dal


1376 al 1413. Per i due commenti di logica cf. TABARRONI, Gentile da Cingoli .. , p.
393,n. 2 e p. 613-614 per le notizie biografiche (voce Jobannes Fmncisci de Muglo).
118 AGRIMI - CRJSCIANI, Edocere medicos, p. 158 e n. 2.
119 Cf. KRISTELLER, A Philosophical Trearise . , p. 535.
120 Per la descrizione del codice cf. A. MAIER, Codices Vaticani Latini. Codices
2118-2192, Vaticano, 1961, pp. 13-14.
121 P. O. KRISTELLER, Iter Jta/icum, !IL Accedunt alia itinera, 1. Australia to
Germany. London-Leiden, The Warburg Instirute-E.]. Brill, 1983, pp. 705 segnala soltanto alcuni testi contenuti nel ms. che consta, invece, di 257 ff. Ringrazio il perso-

H<r.Nt:. LAVA:ITEKO

di Antonio da Parma 122 e il cosiddetto 'conunento vaticano' all'EN da attribire, probabilmente, a Radulfo Brirol23; il secondo, della fine del XIV-inizio XV sec., di area tedescal24, tramanda il Rosarium di Giovanni Genesio
da Parma 12 5, il De vita beata di Seneca. i Soliloquia di Agostino, il trattato
Stella clericontm 126, una raccolta di sentenze di Padri della Chiesa e varie
altre annotazioni riguardanti la natura dei peccati e le penitenze, alcune
delle quali tratte dai canoni penitenziali. Quindi, mentre nel manoscritto

nak della Wl'lmembergische Landesbibliorhek di Sroccarda per avermi fornito le forocopie del catalogo moderno manoscrirro, l'unico che recensisce accuratamente turri i
resti del codice Thol. et l'hilos. 204.
122 Cf. GAIJl'HIER, Trois commenraires 'Averroisres'., pp. 216-219 definisce Antonio
Un mairre s Arrs ere n renanr de l'averroisme le plus radica]., ma ne sottolinea anche
la fama di medico. Cf. anche Z. KUKSEWICZ, De Szger de Brabant jacques de
P/aisance. La tborie de l'imellect cbez !es aveno(tes latins des XIII et XIV sicles,
Wroclaw-V,trsovie-Cracovie, Edirions de I'Acadmie Polonaise cles Sciences, 1968, pp.
148-176 e A. TABAtlRONJ, Anronius de Parma" in L'insegnamento della logica, p. 608.
123 Cf. il contributo, in questo volume, di Iacopo Cosra, che ringrazio per le anticipnioni dei risultati del suo bvoro e per le stampe del codice vaticano che hanno
permesso di portare a termine l'edizione critica.
124 Il codice, che reca la nora di possesso aji'Cltre Matbia }b1i d'Augusta bacc.
tbeol. anno d. 1478, fu trovato nel convento carmelitano di Heilbronn. La grafia
Gwidoni nella dedica al Cavalcanti lascia supporre che il copista fosse tedesco e forse
proprio quel Saxo di Braunschweig di cui si legge, in calce al Rosarium di Giovanni
Genesio da Parma: per me scriptum Saxon.em de Bnmswig. KntsTELLEll A
Philosophical Trearise . , p. 511, iporizza che lo sconosciuto Saxon porrebbe aver
copiato e raccolto i vari resti a Bologna, dove forse aveva studiato e conosciuto il
testo del Rosa rit.l1n .
125 Cf. B. PERGAMO, l Francescani alla facolt teologica di Bologna (1364-1500) .. ,
in rbcbivum Frcmciscanwn
25 (1934), pp. 15-20. Francescano; insegn
a Bologna verso il 1367, il Rosariu.m (chi<tmaro cos perch raccoglie le rose profumare contenute nelle opere dei filosofi e dei poeti, minacciate per dalle spine degli
errori e dei peccati) ha la funzione di guida per coloro che vogliono vivere santamente. Vi si trana, infarti, delle varie condizioni in cui l'uomo pu trovarsi a vivere
nel peccato, nella virtLt o in uno sta to di beatitudine e gloria).
126 Cf. Stella clericonan, ed. from \Vavreumont (Sravelot), Monastre St-Rmacle,
MS. s.n . by E.I-I. REJTEH. Toronto, Published far rhe Centre far Medieval Srudies by the
Pontificai lnsritute of Mecliaeval Studies, 1997. un trarraro anonimo dei primi anni
ciel Duecento ad uso dei monaci e dei sacerdoti che ebbe un grande successo in
Europa occidentale (in particolare nella regione della Mosa, attorno a Treviri e in
Boemia) nel XIV e XV secolo tanto (la guadagnarsi un posto in ogni biblioteca dei
monasteti regolari e del chiostro canonico. Tratta principalmente della valorizzazione del sacerdozio e dell'eucarestia in tono spesso meditativo, a volte prescrittivo,
ramo da sembrare un manuale di spirirualir1t e di morale.

LA -QUAESTIO DE FELICITATE DI GIACOMO DA PISTOIA

391

vaticano la quaestio e le altre due opere sono - per riprendere le parole di


Gauthier- abbastanza proches d'esprit da rispondere, ognuno a suo modo,
ai gusti di qualche fervente dell'aristotelismo, nel manoscritto eli Stoccarda i
resti sono finalizzati all'insegnamemo morale in ambiente religioso.
Quanto detto dimostra che la quaestio riscosse un certo interesse non
solo in ambienti geograficamente lontani da Bologna - in Francia e in
Germania - ma anche culturalmente molto distanti fra di loro, come lo erano
le Facolt di Arti e Medicina e i conventi o i monasteri. Questa diffusione, del
resto, non fa che rispecchiare la multiformit della quaestio e della cultura di
Giacomo che si mosse tra la medicina e la filosofia morale aristotelica.

(6) .APPENDICE

Alla luce del rinvenimento del codice di Cortona (C) riteniamo utile
proporre una nuova edizione critica che renda ragione del ruolo decisivo
svolto da C nell'ambito della tradizione testuale della quaestio.
Oltre a fornire, come abbiamo visto, la versione completa della dedica
al Cavalcanti, C contribuisce ad una migliore ricostruzione del testo in quanto tramanda la qua.estio in una forma redazionale alquanto simile a quella
del codice vaticano (V). Quest'ultimo il testimone pii:t antico e autorevole
e offre nell 'insieme un testo migliore, secondo la valutazione di K.risteller,
che lo us come manoscritto-guida nell'edizione del 1955 127 ; ma poich
risulta in alcuni punti quasi illeggibile a causa dello stato di deterioramento
generale del codice, diventa particolarmente importante il raffronto con C.
C e V hanno in comune alcuni errori significativi in base ai quali, bench sia difficile dimostrarne il carattere congiumivo , possibile ipotizzare
l'esistenza di un archetipo comune, diverso da quello utilizzato dal codice
di Stoccarda (S):
r. 144: "in illis operationibus quae sunt maxime necessariae in

127 KrusTELLER, A Philosophical Treatise, p. 512.

392

!RENE ZAVA1TERO
vira .. : necessaria in C e V;
r. 159: Aristoteles secundo Metaphysicae .. : tertio in C e V;

r. 176: Virtus enim est quod bonum facit habentem et opus eius
bonum reddit": suum in C e V;
r. 362: .. licet delectatio quodam modo sit nobilior et melior felici-

tate .. : nobilius e melius in C e V.

Bisogna precisare, tuttavia, che C contiene molte lezioni diverse rispetto a V e ad S. Con S, in particolare, condivide un certo numero di inversioni di parole (ad es. r. 74: triplex sit mentre V: sit triplex; r. 151: e:x:presse dicit
mentre V: dicit e"'presse etc.) ed altre scelte che rispondono soprattutto ad
esigenze stilistiche (ad es. l'alternanza nell'uso del congiuntivo e dell'indicativo quietetlquietat, consistat/consistit etc.).
S, infine, caratterizzato, rispetto a C e a V, da un numero considerevole di omissioni e di salti di rigo, determinati dalla distrazione del copista,
dall'uso di espressioni sinonimiche e da un pi succinto svolgimento degli
argomenti (ad es. rr. 284-286 Ergo ... inte!lectus, che S riassume: Maior patet
minor).
Per l'edizione critica abbiamo utilizzato, in linea di massima, C e V
come testi di base, salvo preferire, quando necessario, la lezione di S, condivisa talvolta anche da C o V, per rendere meglio il senso del discorso,
come si pu vedere nell'apparato critico 'negativo' dove si riportano tutte le
lezioni rifiutate.
In particolare, contrariamente alla scelta di Kristeller, abbiamo seguito
S contro C e V per stabilire, nell'ultima parte della quaestio (rr. 374-405), la
successione delle risposte alle obiezioni (so/vere quaestiones): infatti, pur
non essendoci in S una corrispondenza precisa fra la numerazione delle
obiezioni e quella delle risposte - numerazione assente in C e in V - , la successione delle risposte rispecchia correttamente quella delle obiezioni . Lo
dimostrano il contenuto delle stesse e alcune corrispondenze letterali: i rr.
364-367, che C e V pospongono al r. 374, 'rispondono' ai rr. 297-300, dove
si discute sulle preferenze per le delectationes corpora/es cui bomines communiter inclinantur, mentre i rr. 368-373 'rispondono' ai rr. 301 -309 in quanto non solo vi si argomenta su q11ale sia l'azione delectabilissima, ma
Giacomo nella risposta corregge l'interpretazione di un passo del Vll libro
deii'EN(cf. nn. 37 e 47) erroneamente intesa ed esposta nell'obiezione.

Si riportano qui di seguito le indicazioni bibliografiche sui testimoni e


sulle fonti citate nell'edizione critica.
TESTIMONI
V: Citt del Vaticano, Vat. lat. 2172, ff. 53rb-55rb;
S: Stuttgart, WUrttembergische Landesbibliothek, cod. Theol. Quarto 204, ff.
92v-98v;
C: Cortona, Biblioteca del Comune e dell'Accademia 110, ff. 195rb-196va.
FONTI
ARrsT., De an. = ARrSTOTELES, De anima, ed. W.D. Ross. Oxford, Clarendon
Press, 1956 .
ARIST., De cael. = ARISTOTELE$, De caelo, ed. D.]. ALLAN. Oxford, Clarendon
Press, 1936.
ARI ST., De gen. et corr. = ARTSTOTELES, De generatione et corruptione, in
Opera, ed. I. BEKKER. Berlin 1960, I, pp . 314-338.
ARIST., Eth. Nic. = ARISTOTELES, Etbica Nicomacbea, ed. L. BYWATER. Oxford,
Clarendon Press, 1894.
ARIST., Hist. anim. = ARISTOTLE, History .of animals, Books VII-X (Loeb classica! library, 439), ed. D.M. BALME. Cambridge, Mass .-London, Harvard
University Press, 1991 .
ARIST., Metaph. = ARrsTOTELES, Metapbysica, ed. W. ]AEGER. Oxforcl, Clarendon
Press, 1957.
ARIST., Phys. = ARISTOTELE$, Pbysica, ed. W.D. Ross. Oxford, Clarendon Press,
1950.
ARIST., Polit. = ARJSTOTELES, Politica, ed. W.D. Ross. Oxford, Clarendon Press,
1957.
A.RIST., Probl. = ARISTOTLE, Problems l. Books l-XXI, ed. W.S. HETT. Cambridge,
Mass.-London, Harvard University Press, 1936.
AUCTOR. ARIST. = Les Auctoritates Aristotelis. Un Florilge mdival. Etude bistorique et dition critique (Philosophes mdivaux 17), ed. ]. HAMESSE.
Louvain-Paris , Publications universitaires, 1974.
AVERil., De coel. = AVERROES, De coelo, in .Aristotelis Opera eu m Averrois commentanis, V. Venetiis, 1562-1574 [rist. Frankfurt a. M. 1962].
AVERR., Phys. = AVERROES, Pbysica, in Aristotelis Opera cum Averrois commentariis, IV. Venetiis, 1562-1574 [rist. Frankfurt a. M. 1962].
Avrc., De an. = AVICENNA, Liber de anima seu sextus de naturalibus, ed. S.
VAN Rrrr. Leuven-Leiden, E. Peeters- E.]. Brill, 1968-72.
BoErn., Phil. cons. = BoETHrus, Pbilosopbiae consolatio (Corpus Christianorum, Series Latina 94) ed. L BrELER. Turnhout, Brepols, 1957.
GAUTiliER = ARISTOTELES, Ethica Nicomachea, translatio Roberti Grosseteste

!RENE ZAVA11ERO

Lincolniensis si ve 'Liber Ethicorum ', A. Recensio Pura (Aristoteles Latinus 26,1-3, fase . tertius), ed. R.A. GAUTHIER. Leiden-Bmxelles, E.]. BrillDescle de Brouwer, 1972.
STROICK = ARISTOTELES, De anima, translatio vetus (lacobi Venetici}, in A/berti
Magni De anima (Opera omnia, editio Coloniensis 7,1), ed. C. STROICK.
Miinster i.W., Aschendorff, 1968.
Universit degli Studi di Siena

lAC013l DE

QUAESTIO DE FELICITATE

Viro bene nato et a natura dilecto et prae aliis amico carissimo Guidoni domini
Cavalcantis de Cavalcantibus de Florentia magister Iacobus de Pistorio ille quem
respicit Euripus salutem etagere sicut debet.
Quoniam homo omnes suos actus et electiones taliter ordinare debet ut ad
5
beatitudinem et ultimam felicitatem pervenire possit, oportet non latere volentes recte
vivere, quid si t ultima felicitas hominis et in quo consisti t, ut ipsi non ignorantes agant
et eligant prout decet. Unde Aristoteles dici t in primo Ethicorum 1 quod cognitio ipsius
ad recte vivendum magis praestat incrementum; quemadmodum enim sagittatores
signum habentes magis utique adipiscemur et obtinebimus quod oportet.
10
Ad investigandum autem quid sit et in quo consista! felicitas oportet incipere a
condicionibus et proprietatibus eius essentialibus. Accidentia enim essentialia
magnam partem conferunt ad cognoscendum quod quid est, sicut vult Aristoteles
primo De anima'. Condiciones autem et proprietates essentiales felicitatis, etsi non
plures, ad minus sunt sex numero.
l5
Prima est quod ipsa est surnmum bonum possibile (V f. 53 va] ho mini ad venire. In
hoc enim conveni un! omnes qui de felicitate loculi sunt.
Secunda est quod ipsa est ultimus finis humanae vitae. Nam cum finis habeat
rationem boni, et per consequens ulterior finis rationem magis beni, quia secundum
Aristotelem primo Ethicorum 3 semper finis inferi or est gratia finis superioris, s felicitas
20
non esset ultimus finis, esset aliquod magis bonum felicitate possibile homini advenire.
Sed hoc est impossibile, quia positum est quod felicitas est surnmum bonurn, et summo
bono non est maius bonum. Est ergo secunda proprietas felicitatis quod si t ultimus finis
humanae vitae.
Tertia autem est quod .totaliter quiete! humanum appetitum recte et naturaliter
25 dispositum, quia cum omne appetibile appetatur sub ratione boni et omne bonum habeat
rationem finis, si habita felicitate restare! aliquid appetibile, esset ulterior finis ipsa
felicitate et sc, cum iam probatum est quod felicitas sit ultimus finis, ultimo fine esset
1

2
3

ARIST., Eth. Nic.ll, !094a22-24; GAUTHIER !42, 7-9


ARIST., De an. I I, 402b2I -22; STRO!CK 9,82-83
cf. ARIST., Eth. Nic. l l, l094al4-I6; GAUTHTER l4I,l8-20

1M3 Viro ... debet om. V

l a natura: mihi S l carissimo: reverendo C l Guidoni: Gwidoni S 2 de Pistorio


6 hominis om.

om. S 3 Euripus: eurup. (sic) S J debet: debes C 5 pervenire: venire S l recte; ratione S

S l consistit: consista! C l ipsi: ipsam C

7 decet: docet C l Aristoteles: Philosophus S l dicit in primo

Ethcorum: in primo Ethicorum dicit S


8 vivendum: vivendi S
IO investigandum: intelligendum C l
consistat: consisti! S I2 quod quid: quidquid S l sicut vult: iuxta illud S l Aristoteles: Philosophi S l
Aristoteles add in C I3 autem om. S l et: sive V l essentiales: essentialiter V IS quod ipsa est iter. V
I8 ulterior: ultimior S l magis: ma ioris S
I9 Aristotelem: Philosophum S l Aristotelem add. in C 1
2
inferior: interior C l finis om. S
20 ultimus: ultima C l esset : est V l magis: maius S l felicitate :
22 ergo om. S l sit: est S 24 est: proprielas S l
felicitatis S 2I quia add cum S, quoniam iam V
quietet: quetat V l recte: ratione S

add in marg. m. posi. S l est: sit V

26 aliquid: aliquod S, ad C/ ulterior: ultimior S

27 et: sed C l iam

QUAESTIO DE fEJ.ICITATE

11\LUHt UL: l'ISTORIO

30

35

'iO

45

50

55

ulterior finis, quod est impossibile. Est ergo tertia condicio felicitatis quod totaliter
quieta! humanum ap[S f. 93r]petitum recte et naturaliter dispositum.
Quarta condicio est quod est bonum per se sufficientissimum. Non esset enim per se
sufficientissimum, non totaliter quietare! humanum appetitum, quia ornne naturaliter
appetii illud quo indiget et in quo non si bi ipsum sufficit. Cum igitur iam probatum sit
quod totaliter quietet humanurn appetitum, relinquitur quod est bonurn hominis per se
sufficientissimum.
Quinta autem condicio est quod est bonum proprium ipsius homirus. Nam iam
probatum est quod est bonurn per se sufficientissimurn homiru. Sed nullurn bonum
cornmune homini et aliis animalibus est per se sufficientissimurn homini, quia bona
intellectualia quae sunt maxime necessaria homini non sunt communia aliis animalibus
et multo minus plantis et inanimatis ornnibus.
Sexta et ultima proprietas et condicio est quod est bonurn possessum et operatum ab
homine. Nam iam probatum est quod est bonurn propriurn hominis. Sed nihil aliud quod
non sit possessum et operatum ab homine est bonurn propriurn ipsius hominis, sicut nec
Deus nec caelurn nec terra, et sic de ornnibus aliis non possessis et operatis ab homine.
Ergo ipsa est bonum operaturn et possessum ab homine.
Marfestum est ergo quod sex sunt proprietates felicitatis per ordinem se habentes,
quarum secunda sequitur ex prima, et tertia ex secunda, et quarta ex tertia, et quinta ex
quarta, et sexta ex quinta.
His autem praelibatis non est difficile investigare quid si t et in quo consista! felicitas.
Cum enim ut patet ex condicione prima ipsa sit summum bonum, est aliquod bonum.
Aut igitur est aliquid de numero exteriorum bonorum homini aut interiorum.
Sed non potest dici quod sit aliquod de numero bonorum exteriorum, quia nullum
tale est summum bonum homini; et cum bona exteriora appetantur propter bona
interiora, nullum bonorum exteriorum potest esse ultimus fmis humanae vitae. Et sic
discurrendo per omnes proprietates et condiciones felicitatis, nulla ipsarum potest alicui
exteriorum bonorum convenire. Relinquitur ergo quod si t aliquod bonorum interiorum.
Et sic manifestum est quod ipsa felicitas non consisti! in divitiis, nec in mundana
potentia, nec in honoribus, nec in multitudine filiorum, nec in nobilitate prolis, nec in

60

65

70

75

80

85

397

multitudine et magnitudine amicorum, cum omnia ista sint de numero bonorum


exteriorum, et iam probatum si t quod fe licitas si t aliquod bonorum interiorum.
Si igitur ipsa est aliquod bonorum interiorum, aut est aliquid de

corporis aut animae. Sed non potest esse aliquid de numero bonorum corpons,
stc
se videtur habere bonum corporis ad bonurn animae sicut se habet corpus ad antmam.
Sed corpus est propter animam, sicut materia propter formam . Ergo bona corporis sunt
propter (S f. 93v] bona animae, et per consequens nullum bonorum corporis potes: esse
ultimus firs. Cum igitur felicitas sit ultimus fipis, sicut patet ex secunda propnetate
eius, relinquitur quod felicitas non si t aliquod bonorum corporis. Praeterea felicitas est
bonum proprium hominis, ut patet ex quinta condicione eius. Sed nullum
corporis est proprium hominis, ut de se patet. Ergo non est aliquod bonum corpons, et
per consequens est aliquod bonorum armae.
. . .
. .
Et sic ex dictis est manifestum quod ultima felicitas non consts!tt m fortttudme
corporis, nec in sartate, nec in corporis pulchritudine et membrorum fom1ositate, cum
ornnia ista sint de numero (V f. 53vb] bonorum corporis, et iam probatum est quod
felicitas est aliquod bonorum animae.
.
.
Si igitur est aJiquod bonum animae, cum anima triplex si t, scilicet amma

sensitiva et intellectiva, erit aut aliquod bonum animae vegetativae aut senstttvae aut
intellectivae. Sed non potest esse aliquod bonum animae vegetativae, quia sicut arma
vegetativa non est boni.Im proprium hominis, sed communis omnibus
et
mortalibus, ita et nullum bonum animae vegetativae est bonum propnum
Sed
felicitas est bonum proprium hominis, ut patet ex proprietate quinta. Ergo feltc1tas non
est aliquod bonum animae vegetativae.
.
..
Et per eandem rationem probatur quod non est aliquod bonum antmae
Praeterea sicut anima sensitiva est propter intel!ectivam, ita bonum

est
propter bonum inte!lectivae, et sic

.animae sensitivae

ultimi fmis . Et nullum bonum animae senstttvae qmetat humanum appetttum. Non
potest quietare appetitum intellectivum qui proprie e.st.
human.us, c:m: non Stt
bonum eius. Curn igitur omnia ista sint propna feltcttatt, ut ex supenus. dtct.ts patet,
marfestum est quod felicitas non sit aliquod bonum animae sensitivae. Rehnqmtur ergo
per Jocum a divisione, quod est aliquod bonum animae intellectivae.

28 ulterior: ultimior S l Est' om. S 29 quietat: quiete! C 30 condicio: autem C, om. V l bonurn iter.
bonum S l Non: nisi V 30-31 esset ... suflicientissimum: enim esset sic S 31 non: nisi S 32 et in:
curn v l non om. s 33 quiete!: quieta! v l hominis: homini c 35 est' om. s l est': sit s 36 esr: sit s
1 suflicientissimum add. ipsius S
37 commune: quod S l animalibus add. in eum S J est add bonum C l
homini om. S

38 sunt maxime necessaria: maxime necessaria sunt S l non om. S

39

er add. aliis S l

omnibus om. S 41 homine add. quia S l Nam ... Sed om. S l aliud om. S 42 ipsius om. S
44
operatum et possessum: possessum et operaturn S 45 proprietates felicitatis: felicitatis proprietates S
1
48 praelibatis: prelegatis C l investigare om. S 1
46 sequitur ex prima: ex prima sequitur S l et om. S
et in quo consista! felicitas: felicitas et in qua consista! S 49 ex om. C 50 aliquid: aliquod S 1 homini:
hominis S 51 aliquod ... exteriorum: primo modo S 53 bonorum: bonum V 54 proprietates et om.
V l condiciones add. et bonitates V
55 exteriorum bonorum: bonorum exteriorum S
56 consistit:
consistat S l nec: non C

58 multitudine ... amicorum: magnitudine amicorum et


S l eu m amni a: et
_S_I is_ta:
58-59 bonorum exteriorum: exteriorum bonorum S l sit: est V l ahquod: de numero C 'O tgJtur. ergo ?d er C bonorum2 om y
6 1 potest ... corporis: primo modo S
63 propter: per_C l propte


v 1 potest:.poterit s 65 Cum igitur: Quando ergo C l sicut: ut C 66 ahquod om.
68 ut sicut V 1 de se patet: patet de se S
69 bonorum.
.
t a s 67 e1"us om v
.
.
.
.
4 s
sl
Praeterea: prop ere
lbonum
s 71 et: nec in S 1 cum: tamen V 72 ista: ili a C l smt: su nt V l .am om. C 7 l . .cum
igitur: ergo c 1 est ... cum om. s 1 triplex sit: sit triplex V 75 mtcllccttva:
est trtplcx adn. marg.
m. posi. c 1 erit aut': aut erit S, aut om. C 1 aliquod om. S 77
commumbus S l7t. .m. C, V
79 proprietate quinta: quinta proprietate C 80 bonum add. propnum V . 82 propter: per C ]ila. s.c S!
dd animae c
83 propter: per C
84 sensittvae add. totahtcr V l humanum appetttum.
b

s 85 appetitus om. V 86 eius: est S l igitur: ergo C l ut add. patct S l patet om. S
87 sit: est V, habet C
0

391-l

Et sic potest patere ex dictis quod ultima hominis felicitas non consisti! in visione
pulchrorum et dilectorum nec in perceptione sonorum et melodiarum nec in perceptione
odorum, adhuc autem multo minus in usu tactus et gustus, cum isti sensus sint maxime
terrestres et communissimi aliis animali bus.
Et si c marfestum est quod non consisti t in usu venereorum, nec in usu cibi et potus,
ut posuerunt antiqui Epicuri et ponunt plures de rnultitudine popularium, cum omnia ista
95 sint bona animae sensitivae [S f. 94r) et iam probatum sit quod est aliquod bonum
armae intellectivae.
Si autem est aliquod bonum animae intellectivae, aut est substantia ipsius aut
potentia ipsius aut habitus ipsius aut operatio ipsius. Non errn est dare plura bona
animae intellectivae possessa ab hornine. Sed non potest dici quod consista! in
100 substantia ipsius, quia cum ornnes homines habeant in se substantiarn anirnae
intellectivae, iam omnes hornines et etiam pueri existentes in materno utero essen!
fe!ices, quod est absurdum dicere. Per eandern rationern probatur quod non possit
consistere in potentia animae, quia cum potentia animae sit proprietas essentialis
animae, est in omnibus horninibus. Et felicitas est bonum operatum ab homine, sicut
'l 05 patet ex condicione sexta. Sed neque essentia anirnae neque ipsius potentia est bonum
operatum ab homine. Ergo felicitas non consisti t nec in substantia nec in potentia
animae intellectivae. Nec etiam consisti! in eius habitu, quia curn dormientes habeant
habitum animae intellectivae, iam dormientes essent felices, quod absurdurn est.
Praeterea contingit habentem virtutem pat mala et infortunatum esse plurimum, sicut
110 dici! Philosophus primo Ethicorum4 . Sed habentem felicitatem non contingit pat mala
nec infortunaturn esse plurimum, cum sit summum bonum, ut patet per condicionem
primam. Praeterea habitus non est ultimus firs, cum sit propter suam operationem.
Unumquodque enim est propter suam operationem, ut dicitur secundo Caeli et mundl.
Sed felicitas est u!timus firs. Ergo felicitas non consisti t in habitu animae intellectivae,
115 et per consequens non consisti! in virtutibus. Relinquitur ergo quod consisti! in
operatione animae intellectivae.
90

ARlST., Eth. Nic. I IO, 1100a6-7;


cf. ARIST., De cael. II 3, 286a8

GAUTHJER

399

QLIM'S'!'IO DE rEL.JCITATE

IACOlll DE I'ISTOiliO

120

125

130

135

140

Curn igitur [C f. !95va) animae inte!lectivae sint duae partes, scilicet voluntas et
intellectus, aut consisti! in operatione voluntatis aut in operatione inte!lectus. Sed non
potestconsistere in operatione voluntatis, ergo consisti t in operatione intellectus.
Quod autem non possit consistere in operatione voluntatis, probatur, quia felici las est
primurn volitum, curn si t surnmurn bonum et ultimus fmis. Sed nulla operatio voluntatis

est primum volitum, quia per ornnem operationem voluntatis volurnus aliquid
cum ab ipso volito ipsa operatio voluntatis causetur. Ergo felicitas non consrsllt m
operatione voluntatis. Praeterea cum felicitas sit bonurn proprium ipsius hominis,
felicitas non consisti t in operatione illius quod non est maxime proprium ipsius hominis.
Sed voluntas non est [V f. 54ra) maxime propria ipsi homini, cum quodanunodo insit et
aliis animalibus. Ergo non consisti! in operatione voluntatis.
Praeterea curn felicitas sit nobilissima et optima operatio, et optima operatio sit ab
6
optima virtute, ut probat Aristoteles (S f. 94v) primo Ethicorum , et optima et
7
nobilissima virtus sit sapientia, ut dici! Philosophus sexto Ethicorum , relinquitur quod
felicitas consista! in operatione illius partis animae in qua est sapientia tamquam in
sub iecto . Sed sapientia non est in voluntate tamquam in subiecto, ut omnibus
intelligenti bus clarum est et apertum. Ergo non consisti t in operatione voluntatis.
Praeterea si consisti t in operatione voluntatis, aut consisti t in desiderare aut in amare
aut in delectari. Non enim est dare plures actus voluntatis. Sed non potest consistere in
desiderare, quia desiderare est rei non habitae qua indiget ipsum desiderans, et per
consequens desiderare non totaliter quieta! appetitum, nec est bon\Jm per se
sufficientissimurn, quae omra sunt contra rationem felicitatis, ut patet ex superius iam
ostensis. N ec consisti! in amare per eandem rationem, quia felicitas totaliter quieta!
appetitum. Sed amare, rsi habeatur res amata, non totaliter quieta! appetitum, et etiam
res amata videtur esse magis desiderata quam ipsum amare, et per consequens amare
non est ultimus ftrs. Manifestum est igitur quod non consisti! in ipso amare. Nec etiam
consisti! in ipso delectari, quia videmus quod natura feci! operationem propter
delectationem. Unde videmus quod in illis operationibus quae sunt maxime necessariae
6 cf. ARIST., Eth. Nic. 16. !098al6-18; G AUTHlER 151,11-13
7 cf. ARIST., Eth. Nic. VI 7, 1141a17-!8; GAUTHlER 259,17-18

155,22-23; I Il, 1101a6-10; GAUTH!ER 157,26-29

117 igitur: ergo C, add. in V 1 animae intellectivae: anima intellect iva V


l
Sed ...
S
120 possit consistere: consistit S
121 Sed: et S
122 operat1onem

90 perceptione add. pulchrorum V

91 usu: visu C

tactus iter. V j maxirne: magis S

92

communissimi: commissum V 93 sic add. etiam S j est om. C 94 antiqui om. V 1 ista: il la C 95
bona: bonum S l sit: est S 97 autem est 1: erge C l aut add. est V 98 aut habitus ipsius 2 om. S 1ipsius3:
eius V l enim om. S IO! iam om. S l etiam om. S l materno utero: utero matris S 102 est absurdum:
absurdum est C 103 consistere: existere C 104 omnibus hominibus: hominibus omnibus C 1Et: etiam
V 105 neque 1: nec S l neque2: nec S l ipsius potentia: potentia animae C 106 nec in sub;tantia om. S 1
in' om. C 1. potentiaadd. ipsius C . 108
absurdum est: quod est absurdum V, om. S 111-112 patet
per condconem pnmam: per condconem pnmam patet S 113 Unumquodque ... operationem om. S

on_'


operationem c
123 causetur add. prima C
124 sit add. summum S
!25 IIJUs: voluntatJS S l
maxime proprium: proprium maxime S 1 ipsius orr;. C 126 propna:
S l eu m odd. et C l et om.
s 128 et' optima2 operatio 2 om. S 131 conSIStat: conSJStlt V l dhus: ipSJus 132 Sed ...
om. S 1non add. in marg. m. post. V 1ut om. V 133 est om. V 135 delectan: delectare S / emm est:
est enim S

136 desiderare 2: desiderium S l desiderans: desiderare V

138-139 supenus 1am ostens1s:

ostensis superius C 139 totaliter quieta!: quietat totaliter C 140


... appetitum om..s 141 vi_detur
esse magis: magis videtur esse S 1 amare 1: desiderare C l et ... amare S
fims
et SJC S l
igitur om. S 1 quod add felicitas S
!43 natura add. non ed. Knsteller l fec1t: fecent V
144
necessariae: necessaria C, V

-100
H5

in vita prae ceteris fecit delectationem, sicut in usu venereorum per quem perpetuatur
species et in usu cibi et potus per quero conservatur individuum, et hoc expresse innuit
8
Aristoteles in libro De problematibus Praeterea sicut dicit Aristoteles septimo
9
Politicorum , testis sit mihi deus, quod in eisdem sumus felices nos et dii. Sed dii non
sunt felices in volendo, quia magis est proprius intellectus quam voluntas; unde et
intelligentiae dicuntur. Relinquitur ergo quod felicitas nostra non consisti t .in operatione
voluntatis, sed in operatione intellectus, et hoc expresse dicit Aristoteles in decimo
Ethicorum 10, quod felicitas consisti! in speculari, et omnes quicumque intelligentes
fuerunt. Et breviter qui contrarium dicunt a peripatetica secta recedunt. Consisti! ergo

J 50

QUA ESTlO DE FEI.I CllAll'

lAC0!31 DE PlSTORlO

175

180

felicitas in operatione intel!ectus.


155

160

165

Cum igitur intellectus sit duplex, scilicet practicus et speculativus, aut consistit in
operatione intellectus practici aut in operatione intellectus speculativi. Sed non potest
consistere in operatione intellectus practici, quia felicitas est summum bonum et ultimus
finis. Sed nulla operatio inte!lectus practici est swnmum bonum et ultimus finis quia
quid aliud et propter aliud speculantur practici, ut dicit Aristoteles secundo
Metaphysicae 11 Ergo non consistit in actu intellectus practici. Consistit ergo in
operatione inte!lectus speculativi, ita quod felicitas nihil aliud est quam intel[S f.
95r]ligere per intellectum speculativum. Quamquam autem felicitas ultima hominis
consista! in intelligere intellectus speculativi, non tamen in quolibet intelligere, quia
cum omnes homines provectae aetatis participent aliquo intelligere, sequeretur quod
omnes tal es homines et mali et nefandi viri essent felices, quod est absurdum.

170

nobilissimum intelligere. Ad hoc autem quod intelligere sit surnmum et nobilissimum


requiruntur quattuor condiciones. Prima est quod sit alicuius optimi et nobilissim.i
intelligibilis. Intelligere enim nobilitatem recipit ex nobili intelligibili, sicut patet

secundo De anima 11 Secunda est quod sit continuum sicut possibile est homini. Unde
Philosophus dici t primo Ethicorum 1) quod una dies temperata non facit ver
una
hirundo veniens de ultra mare, nec una bona operatio facit hominem felicem. Tertta est
quod sit a nobilissima virtute, quia bona operatio videtur esse ab aliqua virtute. Virtus
enim est quod bonum facit habentem et opus eius bonum reddit, ut dicitur primo
Ethicorum 14 , unde et optima operatio videtur esse ab optima virtute. Quarta est
sit
in nobilissima potentia. [V f. 54rb] Omne enim accidens trah.it nobilitatem a subtecto.
Sunt ergo quattuor condiciones eius intelligere in quibus consisti! ultima felicitas
hom.in.is. Prima est quod sit nobilissimi intelligibilis, secunda est quod sit continuum
sicut possibile est ho mini, tertia est quod si t a nobilissima virtute, quarta est quod sit in

185

nobilissimo subiecto. Cum igitur nobilissimum intelligibile sit substantia separata et


inter substantias separatas ipse Deus, ut planum est omnibus intelligentibus in

philosophia, et nobilissima virtus sit sapientia, ut dicitur sexto



quod felicitas nihil aliud sit quam continue, sicut possibile est homtnt,
substantias separatas et praecipue ipsum Deum, quod intelligere proceda! ab tpsa
sapientia qua informata si t nobilissima pars intellectus speculativi, si partem
.
Quamquam autem felicitas ultima hominis essntialiter t primo conststat

190

intelligere substantias separatas et praecipue ipsum Deum, sunt tamen quaedam alta
quae requiruntur ad felicitatem quasi accidentaliter et ex conse_q uenti, ista sunt
duplicia. Naro quaedam decorant felicitatem, quaedam autem

Quae
autem decorant [S f. 95v] felicitatem, sunt sicut pulchritudo corpons et constmtha, unde
Aristoteles dici t primo Ethicorum 16 quod specie turpissimus et solitarius et sine prole
non est omnino felix. Quaedam autem alia deservientia organice sunt, et ista videntur

Considerandum est igitur in quo et in quali inte!ligere et in qualiter condicionato


consisti! felicitas . Cum autem ex iam declaratis p(ltet quod ipsa felicitas sit swnmum
bonum, oportet quod ipsum intelligere in quo consisti! felicitas sit summum et

401

195

esse triplicia sicut sanitas corporis, divitiae competentes et multitudo amicorum. Unde
Aristoteles dici t decimo Ethicorum 11 , cum conclusi! quod felicitas consisti! in speculari,
"cf. ARJST., De an.!!, 402a1 -3
cf. AruST., Eth. Nie.16, !098al8-20; GA\ITHlER 151,14-15
14 cf. ARJST., Eth. Nic.l6, 1098al6-18; GA\ITHIER 151,11-13 (cf. n. 6)
15 cf. ARJST., Eth. Nic. VI 7, ll4lal7-1 8; GAI.ITHIER 259,17-18 (cf. n. 7)
16 ARJST., Eth. Nic.19, 1099b3-4; GAI.ITHlER 154,15-16
17 ARJST., Eth. Nic. X 9,1178 b32-34; GAI.ITHIER 363,14-16

Il
8

cf. ARJST.. Probl.IV 15, 878bl0-l3


'cf. ARJST., Polit. VI! l, 1323b24-26
cf. ARJST., Eth. Nic. X 7, 1177al7-18; GAUTHJER 359,1-2; X 8,1178 b32; GAUTHJER363,13
11
cf. ARJST., Metaph. Il l, 993b21-25

10

145 fecit: aliis natura posuit S, appetunt aliis V 1 per quem perpetuatur: proprie perpetua! V 146 et in:
cum V 1quem: quos C l innuit: vult V 147 Aristoteles2 om. S 148 Politicorum: Politicae S l quod:
quoniam S 1 sumus felices: felices sumus S 149 est om. C, odd. eis S l intellectus: intel\igentiis add in
marg. m. post. V/ et om. C
!50 consisti!: consista! V !51 voluntatis ... operatione om. S l et om. C l
hoc add. est quod S l expresse dicit: dicit expresse V l Aristoteles: Philosophus S l in om. S !53 fuerunt:
sunt V l peripatetica: philosophica C l secta: via S 155 scilicet practicus: practicus scilicet S 155-156
in operatione intellectus om. S 157 est om. S !58 quia: ad C !59 quid om. S l aliud 1 add. aliquid in
marg. S J Aristoteles: Philosophus S l secundo: tertio C, V
160 actu: operatione C 161 felicitas nihil
aliud est: nihil aliud est felicitas C 161-162 intelligere add. et S 162 per: praeter V l hominis om. S
163 intelligere: intelligentia V 164 provectae: perfecte S l intelligere: intellectu S 165 tales om. S 1et 1
om. C
166 est om. C l in2 om. C l in3 om. C, V 167 consisti!: consista! C, add. nostra S l autem add.
homini S l patet: pateat S, appare! C l quod om. V 168 bonum add. homini S l oportet: sed C 1ipsum:
illud C, om. V l consisti! add summa C l summum add bonum C 169 nobilissimum: perfectissimum S

l quod

intelligere 2: ut C

condiciones requiruntur C
sicut: secundo V

summum: bonum C

170 requiruntur quattuor condiciones: quattuor


171 intelligibilis: intelligibili V l nobilitatem recipit: recipit nobilitatem S 1

172 Unde: ut s

173 Philosophus: Aristoteles C, om. V 174 vcniens: vens V !_mare add. sic C l nec
175 a ... esse om. S 176 quod:quoe C l e1us: su un; C, V 177
unde: utrum s 1 Quarta est quod: cum ita C 178 in om. S 1 trah1t nobd1tatem:
nob1htatem trah1t

add. si c S 1Tertia add. condicio C

3 subiecto: a substantia

179 ergo: igitur S 1 condicioncs e1us:

1pstus S l quibus. qua

1 ultima felicitas: felicitas ultima C


179-180 in ... hominis om. S 181 s1cut: prout S l est om. S l a.m
substant1as
v 1 est' om. C, V 182 igitur: ergo C 1 intelligibile: intelligere C, V l
tas c 183 inter: in v 1 substantias separatas: 1psas C 184 ph1losoph1a. phlosoph1am V l ut om.

add. ergo S 185 sit: est C, V 1 continue add. sic S l horn in i _om. C
Dcum add. Sunt
tamen quaedam alia quae requiruntur ad
S l proceda_!: pr?ced1t S
187 mtel[ectus om. V
188 in om. v 189 sunt tamen: tamen sunt S 1 aha om. S 190 1sta: dla C 191 quaedam
quae S
191-192 quaedam' ... sunt om. C 192 sunt om. V 1 consimilia:
S . 193

s 1 sine prole: si non peiore C 193-194 specie ... felix: non
fehx est G"'.
turplSSimus et

solitarius est s
194 autem om. V 1 alia: aut C J deservientla orgamce sunt: deserv1ent1a sunt
S,
sunt deservientia organicc V Jet ista om. C
195 sanitas: sani V l divitiae: duntur C
196
Philosophus s 1 dicit decimo Ethicorum: decimo Ethicorum dicit S l cum conclusi! om. S l concluSI!: 1ta s1t
C 1quod add. ubicumque S l felicitas add. sit S l consistit: consista! C

' 1\I:J

QU i\ ESTIO DE FEI.ICIT!\TE

11\COBI DE PISTOIUO

tJUL

220

-00

205

dicit quod natura non est per se sufficiens ad s eculan


. p
durn, sed oportet et corpus
sanwn esse, et cibwn et reliquwn :
d
.
.amu 1atwn exlstere non t
.
ommum terrae et marisiS. Et in octa E .
amen oportet 1pswn esse
19 .' .
1.
.
vo t 1ucorum d1c1t quod <<null
sme amicis habens reliqua bona omnia.
us e 1geret vivere
Viso autem quid est ultima felicitas hominis et .
.
investigandwn per quam viam t
l'
m quo conslstat, videndurn est et
e qua 1ter agendo homo poss't
1 d
. . IS
.
.
a . lpsam pervenire.
fihoc autem intelligendurn est quod Slml
. . . De
1 est exltus mate .
ormam quae est anima intellectiva et intellectus o . . .
ad noblhsslmam
nobilissimum intelligibile S. t
.
. p. sslbllls ad mtelhgendurn surnmurn et
. ICU emm matena pnma est .
.
0t
naturales, ita intellectus possibil'lS es t m
. poten!Ja
. ad oiiU1es
m f;P en!Ja. ad omnes
formas
11 . . .
Commentator in tertio De anima"o d' 't .
ormas mte 1g1b1les. Unde
ICI 1psurn esse novum

uplicem modurn servat in educe d


.
genus matenae. Sed natura
d.
n o matenam ad obT
t:
mtellectiva. Primo enim removet d'
't'
. n
lSSimam ormam guae est anima
. . .
1spos1 1ones 1mped1entes sec d
d'
mc1p1endo a prima forma et veniend
d .,
.
,
Wl o or male procedi!
0 a .ormas mtermedias gr d t'
d . .
p
m uc1t 1psam fonnam elementi et m d' t'b
.,
.
a a 1m. nmo enim
. . .
,
e !an l us .ormls element
. d .
rmxtl,
Slcut dicit Commentator tertl'o Ca e l.l el mundz-21 et orurn
.
d. tm "uclt forrnam
mtroducit formam vivi et
d'
.,
. . .
'
me 1an e .orma mixti
.
.
,
me !ante .orma VlVl mtroduc't
...
1 f;
med1ante mtroducit fonnam n bT .
onnam sens1t1V1, qua
o l ISSlmam guae est anima intell f
E .
formam mixti \lllam forrnam . t d .
.
ec 1va. t mtroducendo
m ro uc1t med1ante alia B
1 .
.
processus naturae, guae gradatim pro d ' t d
rev l er 1ste v1detur esse
.
ce ' e extremo ad extre

.
.
. l'zum-.
'2
murn per med!Um,
S!Cut
.
d ICI! Anstoteles septimo De histol,,s an1ma
Ad perveniendum igitur ad no b'l'
.
.
.
.
1 lSSimum
mtelhgere
spec 1 d
amovere impedimenta quae retrahllllt
h ommem
.
. . speculatione,
u an o pnus secundo
oportet
.
a venta!Js

in principio PhysicorumlJ.
Jmpedientia autem a veritatis speculatione et si multa sint, duo videntur esse

225

215

praecipua. Primurn est affectio et passio appetitus sensitivi, secundum


est infirrnitas et
24
disgressio corporis. Unde Aristoteles dicit in decimo Ethicorum quod ad [S f. 96r]
speculandum oportet corpus esse sanum. Licet autem omnes affectiones et passiones
appetitus sensi ti vi sint praecipua impedientia, passiones principantes videntur esse tres,
prima est passio venereorurn, secunda est passio irae. Unde Aristoteles dicit in septimo
Ethicorum 25 quod existentes in passionibus irae et concupiscentiis venereorum
manifeste [V i. 54va] transmutantur secundum corpus, quod plus est, et quibusdam

230

inferunt insanias. Istae enim passiones sunt maxime no bis connaturales, ad quas maxime
inclinamur, ut patet in eodem septimo26 , unde dicit de ipsa concupiscentia venereorurn,
21
cibi et potus quod coniuncta est no bis a iuventute nostra. Unde in secundo Ethicorum
[C f. 195vb] dicit quod maxime abicienda est delectatio corporalis, unde sic nos
debemus habere ad eam sicut senex plebis Troianae se habebat ad Helenam. T e rtia

2JO

gradatim procedere secundum ordinem speculabiliurn, quem ordinem docet Philosophus

235

autem est affectio ad divitias .


!sta enim tria maxime retrahunt hominem a veritatis speculatione. rzetrahunt enim
multipliciter. Primo quia fortiter movent appetitum, et intense occupatur anima circa
ipsa, quo facto anima retrahitur ab aliis suis operationibus, sicut declarat Avicenna
secundo suorum Naturalium 28 Secundo quia modus istarum passionum sive

240

inferentium tales passiones sunt valde vehementes, et ideo offuscant minores motus,
scilicet ipsorurn intelligibilium. Tertio autem retrahunt quia corrumpunt bonam
dispositionem corporis. Ex nimio enim u su venereorum inducuntur infirmitates
plurimae in corporeo. Et etiam ex illicita et nimia sumptione ciborum et potuum et ex
illicito usu venereorurn venit homo ad bella et ad ri xas ex quibus accipit vulnera et

cf. ARIST., Phys. Il, 184a16-21


14 cf. ARJST., Eth. Nic. X 9, !178b34-35; GAUTHIER 363,14-15
"cf. ARIST., Eth. Nic. Vll 5, 1147al5-17; GAUTHIER 276,24-26
"cf. ARIST., Eth. Nic. Vll\4, 1154al7-18;X l, l\72al9-21
cf. ARI ST., Eth. Nic. Il 9, 1109b9-11; GAUTHIER 177 ,25-27; I!2, 1104b5-6
21
"cf. AVlC., De an. l 5; Van Riet 92,84-90

ll

::cf. ARIST., Eth. Nic. X 9,1179a4 GAUTHIER 363 20


"ARIST., Eth. Nic. Vllll, 1155a5:6. GAUTHJER 2!8 3-4
AUCTOR. ARIST. 6,n.l84;
189 8-9 /ocus'
.
.
f,ossbilem invenit quoddam novum genu; ma;eriaeJon mventus (Anstoteles adinveniens intellectum
, cf. AVERR., De coel. f. 178vG-L
cf. ARIST., Hist. anim. Vll 1, 58Sb4-?

197 dici!
tamen Sfamiliatus
l et om. SS l oportet:
198 sanum
esse
potum
S ladd.
famulatum:
omne
V.J

esse S

199 Vtvere ex corr in mar

sanum C l et ' : oportet etiam S l cibum add. et


psum om. S

198-199 esse dominum dominwn

eligeret vivere V 200


bona
S J' 199-200 cl igeret vivere sine amicis: ;ine amicis
hominis: hominis felicitas C l om
bonaS l
C 201 quid est: quae sit C
l

add. est C l per: secundum S
consJstat. conSJStJt S l
add. et in V
202
203
smul C 203-204 nobilissimam
C l ad psam
pervenire ad ipsam S
mtellective s l summum add. bonum s l er om :ormam noblhSSJmam c 204 anima inte!lectiva:
mtcndens
V l natura:
. educenoo:
, mduc
:
206
. tert10.
. .
d
. materia C 208 1n
d CUnde2 add. et V 207 in om C l m
. V 211 mducit add. in V 212 sicut dicit ut en o
09 removet add. contrarias S 21 O
mducJt C 214 formam nobilissimam nobiliss . vull S l Commentator add. in C 213 introducit
Anstoteles: Philosophus S
218 . .'tu.
mam formam C l Et om. S 215 alia add. et V 217.
& r. amov
autem V: erg o. s 1 mte 11.lgere: intellectibile S l speculando
218-219 prus oportet
specu 1an dum V
removere C l retrahunt removent C l
l . ere lmpedtmenta: sed prius movere V
219
.
.
specu atJOne add. sed licet ista S 219-222 secundo ... si

220 docet om. C 221 Physicorum add. servat C 222 a om. C l speculatione: specularionem C l multa
sint: sinta multa tamen S l duo add. tamen C 223 praecipua: principia V J affectio: affectis V J appetitus
om. C 224 disgressio: distensio V l Unde add. et V l Aristoteles: Philosophus S J in om. S l quod odd. si
S 225 corpus om. C J esse sanum: sanum esse V 226 praecipua: principia V l passi an es add. tamen S
J principantes: principalcs C
227 prima est: scilicet C, V J Aristoteles dicit: dicit Philosophus S, dicit
Aristoteles C 1 dicit add. in V 228 existentes: existentibus S,C l concupiscentiis: passionibus S 229
corpus: corpora V 1 et om. S 230 enim: autem S l maxime nobis: nobis maxime V 231 in om. S l ipsa
om. S 232 potus: potius S 1 coniuncta: mixta S, commixtum C l nobis: nobiscum S l Unde in: et propter
hoc dicit Aristoteles S 233 dicit om. S J abicienda: habenda C J corporalis: corporis V 234 habere ad
eam: se ad eam habere C l habebat: habet C 235 autem om. S 236 !sta: iste C J tria om. C J maxime
retrahunt: retrahunt maxime S 237 intense: inter se C, intentio V 238 ipsa: ipsam C J aliis: illis C
239 secundo: sexto C l modus: motus V
240 inferentium: inferentiis C J motus: minores S
241
scilicet om. C 242-243 infinnitates plurimae: inducuntur multae infirmitates S 243 in corporeo om. C
Jcorporeo: corpore S J illicita ... ex2 om. C Jsumptione: assumptione S Jet': etiam S

QliAL'STIO DE Floi.!Cl"l l\1'1::

404
215

!ACOBI DE P!STO!UO

plurimas ad defensionem vitae. Illud autem idem accidit ex ira. Ex nimia


erum et frequenti ira accenditur cor et supervenit infirrnitas. Accidit etiam multus motus

e:
ex qua redditur improportionatum organum phantasiae et
29

sme quo bene disposito non contingit intelligere Unde et videmus quod
fort1ter febnent:s et
qui similes sunt iratis, quidquid intelligunt, inte!ligunt

Ex
etia:n Ira homo acquirit lites et inimicitias per quas accipit vulnera
et mfirm1tates et tmmerg1tur multis sollicitudinibus ad destruendurn inirnicos et ad sui et
suorum
.. Idem etiam accidit ex nimio appetitu accumulationis pecuniarurn
(S f. 96v] s1cut de levi patet rationabiliter considerantibus. Manifestum est ergo ex dictis
quod ad hoc ut homo pervenire possit ad speculationem summi intelligibilis oportet

250

et.
si ve regulare in passioni bus venereorum, cibi et potus, in
pass10mbus 1rae et d!Yltiarum affectionibus.
Regulans autem hominem in istis est virtus moralis, sicut patet per Aristotelem in
secundo Ethicorum30 Circa autem passiones venereorum et cibi et potus regulat virtus
quae
temperantia, in passionibus autem irae virtus quae est mansuetudo, et in
affect10ne.
vi_rtus quae est liberalitas. Volens igitur ad felicitatem pervenire
ultra omma et pnus ommbus conari debet ad habendum temperantiam mansuetudinem
et
et
te:nperantiam. Unde et Commentator
super septimo
Physrcomm quod castltas mter omnes virtutes maxime valet ad veritatis
speculationem. Modus autem veniendi in praedictas virtutes, sicut docet philosophus in
secundo Ethicorum 32 , est ex actibus ipsorum. Sicut enim aedificator in aedificando fit
aedificator, sic homo in temperate agendo fit temperatus, et faciendo mansueta fit

et liberalis efficitur liberalia faciendo. His autem virtutibus iam acquisitis si


esset pueritia, tunc accedere debet ad pure speculabilia, et primo praernittere
d!spos!tlones d1sponentes intel!ectum ad receptionem talium speculabilium. Tales autem
dispositiones sunt dialectica et rethorica, quae in suis actibus intellectum rectificant.
Demum accedendum est ad speculabilia mathematica, demum ad speculabilia naturalia,

255

:st

260

265

270

275

quo facto ad speculabilia divina et separata a materia quae sunt sumrna intelligibiliurn
33
nobilissima. Et istum ordinem sumit magister Aristoteles in sexto Ethicorum
Viso igitur quid sit felicitas et quae si t via idonea perveniendi ad ipsam, residuum
considerationis nostrae in hac quaestione est solvere quaestiones quasdam proban[V f.
54vb]tes oppositum veritatis deterrninatae.
Videtur enim quod felicitas non consista! in actu intellectus, sed magis in actu

280

285

290

295

voluntatis. Nam felicitas est ultimus fmis, et per consequens omne quod est ultimus finis
est felicitas, alias essen! plures ultimi fines, quod est impossibile. Sed delectari est
ultimus finis, quia ridiculum est quaerere propter quid homo velit de!ectari, sicut vult
Aristoteles in decimo Ethicorum34 Ergo felicitas consisti! in de!ectari. Cum igitur
delectari si t actus voluntatis, .et non actus intellectus, relinquitur quod felicitas consista!
in actu voluntatis et non (S f. 97r] in actu intellectus.
Praeterea felicitas consisti! in actu nobilioris potentiae. Sed voluntas est nobilior
potentia quam intellectus. Ergo felicitas consisti! in actu voluntatis, non in actu
intellectus. Quod autem voluntas sit nobilior potentia quam intellectus probatur, quia
ipsa voluntas movet intellectum ad suum actum. Cum enim volumus, intellectus
intelligit quae habitu tenet. Cum igitur movens semper si t nobilius moto, ut dicitur tertio
De anima35 , relinquitur quod voluntas si t nobilior potenti a quam intellectus.
Praeterea feli citas magis consisti! in delectari quam in aliquo intelligere. Sed
delectari est actus voluntatis, et intelligere est actus intellectus. Ergo felicitas magis
consisti! in actu voluntatis quam in actu intellectus. Quod autem magis consista! in
delectari quam in quocumque intell igere probatur, quia delectari est perfectio omnis
36
intelligere, sicut vult Aristoteles decimo Ethicorum . Cum igitur perfectio sit rnelius
quam ipsum perfectibile, quia se habet sicut forma ad materiam, et felicitas sit sununwn
bonum, relinquitur quod magis consistit in delectari quam in quocumque intelligere.
Praeterea videtur quod cons ista! in actu animae sensitivae, quia cum felicitas sit
ultimus ftnis humanae vitae, felicitas maxime videtur consistere in ilio ad quod homines
cf. AR!ST .. Metaph. VI l, l 026a 18-22
"cf. ARJST., Eth. Nic. X 4, 1175al0-17; Vll 14, Jl53b30-31
"cf. ARJST., De an. Il lO, 433bl!-13; Metaph.lll5, JO!Ob37-39
"'cf. ARIST., Eth. Nic. X 5, !175al5-17

33

"cf. ARJST .. De an. Ill7, 43 lal6-17


:cf. ARJST., Eth. Nic. [l 2, 11 04a18-19
"cf. AVERR., Phys. TV, com m. 20, Veneliis 1562, 323rG
cf. ARJST., Eth. Nic. [l l, ll03a3J-33; GAUTHIER 163,20-164,1

245
emm mm1aC

destensionem C l
enim S 1 idem om. S 1 Ex' add. ira c
245-246 nimia enim:
246 _cor: corpu_s C l_etlam: emm C l multus: multitudo S 1 motus om. s 247 ex qua: et s

249 febrientes: fcbricitantes v


1 ad:

V

om. :'
252 etiam: enim V 1 nimio ex corr. in marg. m. post. c
253

rationabiliter S 1 ergo: autem s 1 ex dictis om. C, ex


praed JctJS S
254
per.:emat C J possit om. C 1 speculationem: speciem C
255 venereorum
add. et S
257 Anstotelem: Ph!losophum S 1 in om. C
258 secundo: tertio s 1 aut

.
appetltus autern S l venereorum et cibi et potus: cibi et potus et venereorum C 1 et 1
regulanl S, regulatur C . 2_59 temperantia add. et S l autem om. S 260 pecuniarum:
1

C l hberahtas: !lhberalitas dicitur V l ig itur: ergo C


261 temperantiam add. et
262

_cast1tater:' S l et' .. S l super om. S


263 omnes: que C
263-264 veritatis

lmproportJ.onaho

249-250 mtelhgunt

248 disposito: disposita C

monstruose intelligunt c

251 et': etiam s 1 immergitur add in

s
v

speculauonem. speculat10nem vental!s S 264 veniend i: perveniendi s deveniend c 1 '


s 265
1psorum: !psarum ':l enim om. C l aedificator: aedificatio S 1in om. C 266 homo et ;l
v
l et
m S l.
mansueta: mansueta faciendo C
267 efficitur add in s 1iam sic s
268


V 1. tunc om. C l debet: oportet S l speculabilia: spiritualia S 269
om C
emum . em e emm C l specu!abilia mathematica: mathematica sceculabilia S 1demum 2 : deinde c

272 sunt om. V 1 summa odd. et C 273 istum: istam S l sumit: docet S, innuit C l magister om. S l in om.
S
274 igitur: ergo C 1idonea perveniendi: devenienda C
275 considerationis add nostrae V l
quaestione: materia S 1 quaestiones om. V l quaestiones quasdam: quas dam rat iones C l quasdam add in
hac materia S
276 detenninatae: praetenninatae C, add primo S
277 Videtur enim: enim videtur S l

intellectus: intellectivo C 279 impossibile: absurdum S 280 homo velit: vult homo S l velit: vult C l
vult: dicit C 280-281 sicut ... delectari om. S 281 in om. C l decimo: quarto S,V l Cum: tum S 282
actus om. V 1consistat: consisti! C 284 Praeterea: Secundo S l felicitas: voluntas C 285-286 Ergo ...
intellectus: maior patet minor S, ut C
286-287 quia ipsa: quod S
287 intel/ectum: intel/ectus C
287-288 Cum ... tenet om. C 288 semper sit: sit semper C l nobilius: nobilior suo C l dicitur: patet S
290 Praeterea: Tertio S l magis ... delectari: consisti! in delectari magis S 291 intelligere: intelleclus C l
intellectus: intelligere C 291-293 Ergo ... probatur: Maior patet S 293 quocumque: aliquo C 294
Aristoleles: Philosophus S, add. in V l decimo: quarto S l melius: melior C 295 forma ad maleriam:
materia ad formam V 1 sit: sicut C 296 consisti!: consistat C l quocumque add. alia C 297 Praeterea:
Quarto S 297 qua d add. omnes S

11\COlll DI' I'ISTORIO

30U

communiter inclinantur. Sed homines communiter . .


sensuales, ergo etc.
mclmantur ad delectationes

Praeterea felicitas videtur

. .
consistere m llla operatione quae est delectabilissima. Sed
operatio quae est usus
venereorum est delectabT
E
venereorum. Sed usus venereoru
t
.
. I lSSima. rgo consisti t in usu
m es operatw ammae sensifv

1 ae, cum s1t


sensus tactus, ergo felicitas consisft
.
.
.
operatio
1 m
operatwne arumae sensiti
Q d
305 venereorum sit delectabilissimus probatur
. d
vae. uo autem usus
.
1
Philosopho in septimo Ethicorum3'
'
de
quae est intelligere ponitur a
max1ma electaho et t
b
delectationem quae est in usu ven
s
. '
amen a sorbetur per
ereorum. lcut emm dicit Aristot 1

fi
septimi Ethicorum38 in ilio usu ho
'hil .
. .
e es c1rca mem
mte 1hgit et per conseq
d 1
'
mo ru
delectatione quae consequitur intelligere.
'
uens non e ectatur
.
Praeterea videtur quod consista! in actu arum
ae vegetat1vae qui a f li ta

.
firus, et e converso felicitas est omne illud quod est ulf
. e_ Cl sestu1trmus
fi . h
rms, ahter essent plures
ultimi fines . Sed generare sibi simile est ulf
.
1mus m1s om1rus Curn igitu
.
actus ammae vegetativae relinquitur q d f 1. .
.
.
r generare s1t
'
uo e lCitas cons1stat m actu anim
.
Praeterea felicitas consistit in ilio c .
h
.
ae vegetatrvae.
315 secundum naturam agat Sed h
Uius causa orno aglt omne quodcumque agit si

orno agens secundum naturam


d 'd .
qu1 qu1 ag1t, agit ut
. .
genere! sibi simile. Omnia enim ill d
.
. . u appetunt, et llhus causa agunt, quaecum ue
a un t secun
g
dum naturam, Sicut dJc1t Anstoteles secundo D
39

consistit in generare sibi simile C
. .
.
e anzma Ergo fehc1tas
.
um 1g1 1ur generare s1t actus an
.
rehnquitur quod felicitas consistat in a tu .
.
1mae vegetat1vae,
p
.
c arumae vegetatrvae.
520
b
raeterea
quod consista! in honoribus quia felicitas est summu
.
onorum. Cum Igltur summum omnium [S f. 97v] b
.
m_omruum
Aristoteles quarto Ethicorumo capitulo de ma nanim onorun: sit_ honor, Slcu: :Ult
consista! in honoribus. Praeterea hoc 'd
g
ltate, relmqultur quod fehcltas
etm
excellentes et operativi viri, sicut
dicit Aristoteles primo Ethicorum''
. r e erea m l o propter quod quaeruntur omnia
31 O

:; cf. ARIST., Eth. Nic. Vll!3, 1152b36-l 153al


cf. ARIST., Eth. Nic. VII 12, 1152b17-18
"AIUST., De an. Il3, 415b!-2; STROICK 83,65-66

Etll. Nic. IV 7, l 123b20-21; GAUTHIER212,21-22


. RIST., Eth. N!c.J3, 1095b22-23; GAUTH!ER 145,] 4 . 15

325

330

t tU lJ l'.

I'!"'. LI I... ll / \11".

bona consistit felicitas. Sed propter honorem quaeruntur maxima bonorum et per
consequens alia bona. Appetimus enim divitias et principatus et potentatus ut honorem.
Ergo felicitas consistit in honoribus.
Prae[V f. 55ra]terea videtur quod consista! in divitiis, quia felicitas est status
omnium bonorum aggregatione perfectus, sicut dicit Boetius tertio De consolalione 42
Sed nummus habet in se aggregationem omnium bonorum. Nurnmismate enim ornnia
mensurantur, sicut dicit Aristoteles quinto Ethicorum 43 Ergo felicitas consisti! in
divitiis.

His autem et consimilibus rationibus videtur quod felicitas non consista! in actu
intellectus. Sed istas et alias non est difficile solvere.
335
Ad primum dicendum quod sicut vult Philosophus primo Ethicorum 44 aliquid
desideratur propter se duobus modis: uno modo ita quod nullo modo propter aliud, et
tale desiderabile est felicitas; alio modo aliquid potest quaeri propter se ita etiam quod
propter aliud, ita tamen quod, si nihil aliud ex ipso provenire!, adhuc appeteretur propter
se, sicut virtus et visio et delectari et similia. Et sic intelligit Aristoteles in quarto
340 Ethicorum 4s. Ve! dicendum quod hoc dicit secundum opinionem aliorum, ve! dicendum
quod loquitur de de!ectari annexo felicitati ratione eius cui annectitur, quia non
quaeritur propter aliquid aliud ultimum.
Ad aliud dicendum quod voluntas non est nobilior potentia quam intel!ectus. Et cum
dicitur quod voluntas est movens intellectum, dicendum quod est movens duplex. Nam
315 quoddam est movens in ratione efficientis, et tale movens est voluntas respectu
intellectus. Aliud est movens in ratione finis, et sic intellectus movet voluntatem.
Bonum enim cognitum ab intellectu movet voluntatem. Cum igitur movens in ratione
finis sit nobilius quam movens in ratione efficientis, quia finis est causa causarum,
relinquitur oppositum eius quod intendebatur, scilicet quod intellectus sit nobilior
350 potentia quam voluntas.

39

"BOETH., Philos. cons. lll 2;8IELER 41. 8-10


0
cf. ARI ST., Eth. Nic. IX l, 1164a!-2; GAUTHlER 323 ,8- 10
"cf. ARI ST., Eth. N ic. l 5, l 097a31-b6
"cf. ARIST., Eth. Nic. X 4, 1175a!0-17; Vll 14, l 153b30-31

299 communitcr: naturaliter S l homines communiter2


Praeterea: Quinto S
302 quae est usus om S
om. S
etc. C 303 operatio:
V

septlmo: decimo C l delectatio


septimi: patet per Philosophum

absorbetur et

.308

de

300 sensuales: sensitivas C


301
om. S l consisti! in usu

ISSimus: nobdJssJmus V
306 in om. S l

30? om. S
307-308 enim ...

309 conse .
.
_homo ._hom.o m Ilio usu C l homo nihil: nihil
homo S 308 delectatur add de S
Sexto arguitur sic S l animae add ;... tellectJ'vae C q/

mtellJgere sequitur S
31 O Praeterea

.
"'
qllla: quomam C 312

seqllltur C l consJstat: consistit C 314 Praeter,a S r


Sl
Igltur om. C 313 relinquitur:
3 16 enim om. C l et: ut V
31J ep l
quodcumque: quodquod V 314-315 si .. .
aga! om. C
.
.
. ICut dJCit Anstoteles: ut dJctum est S
318
.
generari C V 319 'el" 'ta

11 ICI s cons1stat 10 actu m eius


.
. .
generare.
8 tu
320 Praeterea: Ergo S l quod add felicitas S. l
o conSJStat fehcJtas S l animae vegetativae om. S
Anstoteles: Philosophus S l magnanimitate
. .
m. S
321 summum add bonum S
322
S
323
consisti t C l quidem om. C
324 primo Ethicorum: quarto Phisicorum S .
7 Praeterea ... hononbus om. s

325 consistit: est C


326 bona om. C l potentatus: provincias C l honorem : honoremur C
328
Praeterea: Nono S
329 sicut dich: ut per S
330 Nummismate enim: quia per pecuniam add; m. post.
C
33 l Aristoteles: Philosophus S 1 consisti t: consista! S
333 autem om. S l consista!: consisti! C
334 istas: illas S l alias add rationes V 335 primum: primam C, add autem S 336 nullo modo: non C
337 aliquid om. C, V l quaeri: desiderari C l etiam quod: quod etiam C 338 aliud: alio V l ex ipso om. C l
341 eius cui:
ipso: ilio S 1 proveniret: pervenire! C
339 similia: consimilia C l sic om. S 1 in om. S
342 quaeritur: querit S / aliquid: quid C / ultimum: ultimus C
cuius C l annectirur add ei C / non: ut C
343 aliud: secundum S, quid C 343-344 cum dicitur: contra V 344 quod 1 om. S l est movens: movens
est V
346 in om. S
348 nobilius: nobilior C
349 intendebarur odd.
345 respectu: in ratione C
eius C

408

I.,JLJJ\ 1.-.:>IIU U t. rt:.L.JI. . II/\1 t.:.

IACO fll DE PISTOJ(JO

Ad aliam dicendwn quod duplex est perfectio alicuius rei: una est quae praecedit
ipsam rem, alia quae sequitur ipsam rem sicut [C f. 196ra) fin.is eius. Modo dicendwn
est quod perfectio consequens sicut finis est melior quam ipsa res quae perficitur, non
autem praecedens. Sed delectatio non perficit operationem primo modo, sed secundo,

380

40

sicut patet ex verbis Philosophi in quarto Ethicorum , ubi hoc dicit: cwn delectatione
enim operantes certius exquirunt, sicut ibidem dici! Aristoteles. Ve! dicendwn quod
licet quaelibet perfectio secundum quid si t nobilior quam ipswn perfecturn, non tamen
omnis est nobilior et melior simpliciter. Ipse enim decor est perfectio ipsius iuvenis, et
tamen simpliciter non est quid perfectius ipso iuvene. Talis autem perfectio operationis
47
est delectatio .. Unde Aristate! es decimo Ethicorum dici t quod delectatio perficit

355

360

operationem, non ut habitus qui inest, sed ut superven.iens quidam decor ut in iuvenibus
pulchritudo. Unde licet delectatio quodam modo sit nobilior et melior felicitate, hoc
non repugnat rationi felicitatis de qua loquimur.
Ad aliud dicendum (S f. 98r] quod felicitas consisti! in ilio ad quod inclinantur
365 homines existentes bene dispositi in quibus est concordia inter appetitum et rationem.
Sed tales non inclinantur communiter ad delectationes corporales, sed ipsas fugiunt
tamquam vituperabiles.
Ad aliud dicendwn quod delectatio quae est in coitu non est excellentissima
delectatio. Et cwn probatur per Aristotelem septimo Erhicorum 48 quod delectatio quae
370 est in coitu absorbet intelligere et per consequens delectationem existentem in ipso,
dicendwn quod loquitur de hominibus de multitudine popularium, qui dediti sunt talibus
delectationibus et parum participant intelligere. Sed in homin.ibus recte dispositis et
exceUenter et pure intelligenti bus absurdwn esse! dicere.
Ad aliud dicendwn quod homo potest considerari tribus modis: uno modo secundwn
375 quod est homo, alia modo secundwn quod est pars multitudin.is domesticae et civilis,
tertio modo secundum quod est aliquo modo pars totius universi. Et secundwn hoc
triplex est finis eius ultimus. Finis en.im ultimus eius secundum quod est homo est ipsa

385

390

395

iam probatis.
.
Ad aliud dicendum quod licet excellentia bonorum exteriorum quaeratur propter
honorem, tamen non omnia bona queruntur propter honorem, sed ipse etiam honor
400

365 homines existentes: omnes C

366 communiter om. S / ipsas: magis S

368 aliud: sexturn S

368-370 non ... coitu om. V 369 Aristotelem: Philosophum S, add. in C 370 intelligere: intellectum S
l existentern: quae est C
371 de 1: in V, quod S 1 hominibus add. qui sunt C
372 intelligere:
intellectum S 373 dicere add. Ad ... vituperabiles C, V (cf /in. 364-367)
374 aliud: septimum S
374-375 secundum quod: inquantum C 377 finis eius: eius finis S 377 Finis 2 eius 2 om. c 1 est
homo: homo est C

Quid autem si! felicitas ultima, quis modus conveniens veni endi ad ipsam et
quomodo rationes contrariwn probantes dissolvantur dicturn si t hoc modo. Amen .

"ARIST., De an. Il3, 415a26-bl; STROICK 83 ,63-65


"'cf. ARIST., De gen. et corr. Il IO, 336b27-28; De eael. 115, 288a2-3
"cf. ARIST., Eth. Nic. !V 7, 1123b20-21; GAtJfHIER212,21-22

351 aliam: tertiam 1 est' om. C 352 alia quae sequitur: aliqua consequitur V 353 quam: quod S 354
secundo odd. modo S 355 verbis: dictis C l in om. S 356 operantes: operationes S, add. in marg. m.
posi. S dicit Aristoteles alia opera l exquirunt: exquiruntur S
357 licet om. C l secundum quid sit: sit
secundum quid C 358 ipsius om. V l et2 : qui V 359 !amen add. non C 360 Asistoteles: Philosophus
S l decimo: quarto C,S 361 ut: sic V
362 delectatio quodam modo: quodam modo delectatio C l
quodam modo om. S 1 nobilior et rnelior: nobilius et melius C, V 363 repugnat: repugnant C l felicitatis:
felicitati S 364-367 Ad ... vituperabiles om. sed add. ad /in. 373 posi dicere C,V 364 aliud: quintum
S

quaeritur propter aliud.


Ad aliud dicendum quod in nwnmismate non (S f. 9 8v] est aggregatio omnium
51
bonorwn, sed solwn bonorum venaliwn, et de venali bus intelligit Aristoteles cum dici!
quod nununismate omnia mensurantur.

405
... ARIST., Eth. Nic. X 5, 1175a31; GAUTHIER 354,19
47
ARIST., Eth. Nic. X 3, 1174b3 1-32; GAI.JI"HIER 353,8-10
"cf. ARIST., Eth. Nic. VII12, 1152bl6-18

felicitas, et de tali fine loquimur in praesenti. Finis autem eius secundum quod est pars
multitudin.is domesticae et civilis est felicitas practica. Finis autem eius secundum quod
est aliquo modo pars universi est generare sibi simile. Tota enim causa quare homo
videtur esse finis a natura est ut perpetue! esse speciei in sibi simili, unde Aristoteles
dici! in secundo De anima49 quod naturalissimwn operwn viventi bus est, quaecumque
perfecta et non orbata et spontaneam habent generationem, facere tale alterwn quale
ipsum, quatenus ipso semper et immortali et divino participent secundum quod
possunt. Omnia enim illud appetunt et illius causa agunt quaecwnque agunt secundwn
naturam. Et in secundo De [V f. 55rb] generationeso dicit quod natura semper facit de
possibilibus quod melius est. Sed melius est semper esse quam non esse. Cum igitur
quaedam sint quae non possunt semper esse eadem numero propter longe distare a
primo, reliquo modo compievi t Deus continuam faciens generationem. Quamvis autem
haec sit sententia Philosophi, cuius opinionem hic quaerimus, est tamen contra
veritatem infallibilem, quam praesupponit fides .
Ad aliud dicendum quod honor non est summum omnium bonorum, sed salurn
bonorwn exteriorum, et sic intelligit Aristoteles. Sed felicitas est summum bonorum
exteriorwn et interiorwn, et ideo non sequitur quod in ipsis consista! felicitas .
Ad aliud dicendwn quod quamquam illi viri qui dixerunt fe licitatem consistere in
honoribus fuerunt excellentes et operativi, in hoc !amen erraverunt, ut patet ex superius

378 et om. S 380 enim om. C 1 quare add. hic C ' 381 speciei: speciem C l Aristoteles: Philosophus S
382 in om. c 1 operum add. in S 1 viventibus est: est viventibus C 383 habent: habeant S l facere tale:
tacere v 1 alterum om. C
384 et immortali: tali C l participent: participant C
385 illud appetunt:
apperunt illud C

semper facit de
de

facit
C:

_add.
semper V
3 88 eadem : idem S ! "distare: stare V l

39_1

V
392 aJiud: octavum S J omnium : bonum S
393 extenorum et mten orum: mtenorum et extenorum C

395 Ad aliud: Et S 1 consistere: esse S 396 fuerunt: sicut S l superius: supra C 399 tamen non: non
tamen S 1 tamen ... honorem om. C 1 ipse etiam: etiam ipse S l etiam om. C 400 quaeritur propter aliud:
propter ali ud queritur C

40 1 al iud: ultimum S

404 quis: qui V 1 veniendi: perveniendi S


405 rationes contrarium probantes om. C l dissolvantur:
solvantur apposita C 1 modo add. Dea gratias C l Amen om. C, V, add. Explicit tractatus de summa
felicitate humana et in quo consistat magistri racobi dc Pistoria scriptus p (sic) Bononie S

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