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Chiara Sbordoni
Apocalypsim, lEnchiridion super Apocalypsim, la Praefatio super Apocalypsim) 3. Nel XII canto del Paradiso, nel cielo del Sole nella seconda corona di
Figlio di una trilogia che comprendeva la Concordia Novi ac Veteris Testamenti (dedicata al
Padre) e lo Psalterium decem chorfarum (dedicato allo Spirito Santo); lEnchiridion super
Apocalypsim (1183-85); la Praefatio super Apocalypsim (che comprende in realt due trattati
sulla cui datazione gli studiosi non concordano) di cui lEnchiridion, modificato, diventer il
Liber introductorius, e un breve trattatello che attraverso i sette sigilli dellApocalisse, racconta delle persecuzioni di Vecchio e Nuovo Testamento.
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Su tale lunghissimo lavoro [linterpretazione del testo dellApocalisse, n.d.a.] giunse come
un turbine lappassionata e veemente interpretazione di Gioacchino da Fiore. Il contadino calabrese che si era affrancato entrando nel pi colto degli ordini monastici, il cisterciense, us lApocalisse e il resto della Scrittura come fondamento del proprio modo di pensare, con una novit e
unautonomia ideali che si spiegano soltanto per il fatto che anchegli si riteneva profeta. Lintera
storia umana si svolge in tre fasi o et, di quarantadue generazioni ciascuna, cio di 1260 anni. La
prima et, del Padre, si conclusa con lAntico Testamento; la seconda, del Figlio, si sta concludendo; la terza, dello Spirito, sta per giungere, appunto nel 1260. In tale et e qui emerge laspetto millenaristico Cristo regner personalmente sulla terra, mentre beatitudine, pace e prosperit
saranno garantiti da un nuovo ordine monastico di eremiti, suoi collaboratori e suo esercito: i vergini di Apoc. 7 e 14 sono una profezia dellordine florense, fondato da Gioacchino stesso con il
monastero di San Giovanni in Fiore. La bestia che sale dal mare (Apoc. 13) lIslam: la sua ferita
che pareva mortale quella inferta dalle crociate; ma ora il Saladino ha riconquistato Gerusalemme, facendo stupire il mondo intero, e lo stesso Saladino forse destinato a realizzare la profezia
del piccolo corno di Dan. 7, 8 e 11. Oggi si tende a ritenere che Francesco e il suo movimento (anzi, il pullulare di movimenti che si collegavano alla sua figura) siano stati i veri eredi di Gioacchino e delle sue idee. In essi le opere esegetiche e insieme profetiche di Gioacchino [...] furono considerate quelleuangelium aeternum che labate florense aveva predetto sarebbe apparso ad annunciare e sostenere let dello Spirito. Ancora Dante, che pure era nato dopo lanno fatidico, pone
Gioacchino fra i santi profeti del paradiso; e la sua Commedia, lultima grande apocalisse del Medioevo europeo, imbevuta di tensioni gioachimite, sin dalla visione del veltro. Il regno di Cristo
sulla terra secondo Gioacchino durer quindi 1260 anni. Secondo lui, lApocalisse suddivisa in
otto parti; le prime sei (ciascuna essendo a sua volta suddivisa in sette elementi) descrivono le
prime sei fasi della storia delle sofferenze della chiesa nellet del figlio, mentre la settima (=
Apoc. 20, I-II) il millennio (let dello Spirito), seguito dallottavo e definitivo eterno momento
della beatitudine nella nuova Gerusalemme. Limportanza per noi di Gioacchino e dei suoi continuatori consiste in questo, che essi reinserirono pienamente il testo di Giovanni nella storia a loro
contemporanea. LApocalisse non solo fu di nuovo storicizzata, ma fu interpretata politicamente.
A partire dalla fine del XII secolo (il Commento di Gioacchino del 1195), non si contano i gruppi
e i movimenti che considerano programmatiche per la propria attivit religiosa e politica le pagine
dellApocalisse dove sono descritti il millennio e la Gerusalemme celeste. La tensione antiecclesiastica e antipapale, specie nel periodo avignonese, era chiara: un ordine religioso spirituale di
vergini (di solito i francescani) salver la vera chiesa, mentre la gerarchia ecclesiastica ufficiale
coinquinata con questo mondo (cfr. Apoc. 14, 4). Secondo Pietro di Giovanni Oliva, il papato stesso lanticristo e, secondo Ubertino da Casale, Bonifacio VIII la bestia che sale dal mare. E.
LUPIERI, Introduzione a LApocalisse di Giovanni, Milano, Fondazione Lorenzo Valla, Arnoldo
Mondadori Editore, 1999, pp. xxi-xxiii compresa la nota 3.
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NellApocalisse Gioacchino commenta cos le visioni. La prima visione corrisponde alle sette
chiese dAsia, al tempo degli apostoli come primi pastori che devono fronteggiare gli Ebrei increduli come nuovi Egiziani; la seconda visione dei sette sigilli, al tempo dei martiri perseguitati dai
pagani (impero romano) prefigurati dai cananei del Vecchio Testamento; la terza visione dei sette
angeli con le trombe al tempo dei dottori della Chiesa impegnati a contrastare le eresie prefigurate
nei Siri del Vecchio Testamento; la quarta visione della donna vestita di sole al tempo dellistituzione del monachesimo contro i Saraceni, nuovi Assiri; la quinta visione alla Chiesa generale vista
come Gerusalemme contro la Babilonia del peccato e dei malvagi prefigurata dai Caldei nel Vecchio Testamento; la sesta visione alla sconfitta di Babilonia e dellAnticristo prefigurata nel libro
di Giuditta; la settima visione al compimento della Legge e del trionfo della Gerusalemme celeste.
A proposito dellinterpretazione gioachimita dellApocalisse si confronti anche R. K.
EMMERSON and R. B. HERZMAN, The Apocalyptic Imagination in Medieval Literature, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 1992, in particolare il capitolo 1 (The Apocalypse
and Joachim of Fiore: Keys to the Medieval Apocalyptic Imagination).
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R. B. HERZMAN in Dante and the Apocalypse, allinterno di The Apocalypse in the
Middle Ages, edited by R. K. EMMERSON and B. MC GINN, Ithaca and London, Cornell
University Press, 1992, collega significativamente alcuni dei nodi apocalittici pi importanti
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della Commedia, soffermandosi in particolare sul ricorrere della simbologia delle stimmatisigilli che istituirebbero unidentit tra il libro dellApocalisse e la figura di Cristo, tra la figura
di Cristo e quella di San Francesco e della croce che collegherebbe la figura di Cacciaguida ad
un modo di vivere la fede militante, nellevocazione della crociata e pronto al martirio dellesilio. Tutte queste figure si pongono come modelli paradigmatici dellesperienza di esule-pellegrino di Dante e del suo percorso di conversione dalla selva del peccato alla visione di Dio.
Scrive Herzman: Thus here too [in Inferno XIX], as in the examples from the Paradiso and
Inferno, the personal and the cosmic come together and offer an interpretative paradigm for the
entire poem: the need to understand one as it is intensified by the other. The Commedia is an
apocalyptic text not primarily because of its cryptic references to the future but because it places the present in a coherent scheme of history by exploring the relationship between the particular and the general, between Dantes personal drama and Gods plan for the governance of the
cosmos. Conversion involves the continual attempt to try to see things more and more from a
Gods-eye perspective and, therefore, a continual attempt to see how human and divine perspectives merge. Dantes apocalypticism is one of the ways in which this attempt can be made.
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Lucia Battaglia Ricci interrogandosi sulla natura del rapporto tra la Commedia e le sue
fonti bibliche analizza il procedimento di costruzione stilistica del testo dantesco sottolinean-
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1. Profezia
Proprio da questa intenzionalit profetica conviene forse cominciare a seguire il discorso apocalittico di Dante. Se allinizio del suo viaggio il poeta aveva
richiamato lesperienza di Enea e Paolo, giungendo ad una consacrazione che
passava attraverso la designazione di Virgilio a sua guida nei primi due regni
autorizzata dallintervento delle tre donne celesti, arrivato nella terza di Malebolge il poeta afferma ormai con decisione il valore profetico e testimoniale
della propria missione oltremondana. E lo fa invocando lautorit di Giovanni
dal cui testo trae limmaginario per la propria invettiva contro i papi simoniaci.
A questo punto per la dimensione profetica gi stata evocata dalle parole di
Niccol III che ha annunciato lattesa dei suoi successori Bonifacio VIII e
Clemente V 6 simoniaci ma, vedremo nellinvettiva di Dante, pi ancora colpevoli di funestare la politica dItalia osteggiando limperatore e svendendo la
Chiesa al re di Francia. Profetica la rivelazione della loro prossima venuta,
profetica linvettiva dantesca che denuncia con le immagini dellApocalisse
ladempimento di ci che il testo giovanneo aveva annunciato secondo linterpretazione di tutto il filone storico-morale dellesegesi apocalittica: la trasfor-
do che la scelta formale operata da Dante il risultato di una doppia effrazione del codice
corrente che consiste nellutilizzazione di forma e convenzioni proprie della poesia per una
scrittura che si proclama profetica e sacrale da un lato e, dallaltro, nellattribuzione alla poesia di una precisa funzione dottrinaria, sacrale e profetica. Una volta svelato il processo di
contaminazione dello schema della struttura epica classica e della sua opposizione io-narratore/egli-eroe con il modello narrativo dei libri profetici dove narratore e personaggio coincidono e sono espressi dal pronome personale io Battaglia Ricci sostiene che si pu riconoscere il segno e la marca della re-invenzione e ri-semantizzazione in senso sacrale del poema
allegorico; ma in essa si pu riconoscere, anche, al contrario, il segno e la marca della letterarizzazione di un libro sacrale: da questa, certo ambivalente e sarebbe da chiedersi quanto
mistificatoria, contaminazione e coartazione, da questo straniamento reciproco dei due codici
nasce il poema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra. L. BATTAGLIA RICCI, Scrittura
sacra e sacrato poema, in Dante e la Bibbia, Atti del Convegno Internazionale promosso
da Biblia Firenze, 26-27-28 settembre 1986 a cura di G. BARBLAN, Firenze, Olschki, 1988,
pp. 295-321 [citate p. 301 e p. 321].
Per una trattazione generale del sostrato apocalittico che percorre molte delle opere di
Dante, si veda inoltre N. MINEO, Profetismo e Apocalittica in Dante: Strutture e temi profetico apocalittici in Dante dalla Vita Nuova alla Divina Commedia, Catania, Universit di
Catania, Facolt di Lettere e Filosofia, 1968.
6
Clemente V (il guascone Bertrand de Got papa tra il 1305 e il 1314), ritenuto da Dante
responsabile del fallimento della politica di Arrigo VII, qui punito per la sua politica filofrancese, attraverso la quale si era assicurato il pontificato, asservendo di fatto la curia al re di
Francia che a quel tempo era Filippo il Bello, e dando inizio, con il trasferimento della curia
ad Avignone, a quella cattivit avignonese (durata fino al 1377) contro cui si leveranno tanti
spiriti del tempo tra cui Caterina da Siena.
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Giovanni meco. Dante pone s stesso come pietra di paragone del testo di
Giovanni: forte qui la volont di presentare il proprio testo come autorevole
allo stesso livello dei testi biblici, di Ezechiele, di cui addirittura corregge la
lezione affermando la concordanza con lApocalisse, e dellApocalisse stessa
ponendosi come primo termine rispetto ad essa, stabilendo, infine, con entrambi
i testi precedenti una continuit8.
Per, in pro del mondo che mal vive,
al carro tieni or li occhi, e quel che vedi,
ritornato di l, fa che tu scrive.
(Purg. XXXII, 103-105)
Tu nota; e s come da me son porte,
cos queste parole segna a vivi
del viver ch un correre a la morte.
(Purg. XXXIII, 53-4)
7
Tutte le citazione dalla Commedia sono prese dal testo a cura di N. SAPEGNO, Firenze,
La Nuova Italia, 1957.
8
Parziale sovrapponibilit prospettica e progressiva integrazione di evidente matrice
tipologico-figurale dei tre testi dicono infatti che Dante vuol collocare il suo libro in questa
catena culturale, terzo tra i libri sacri, con i quali stabilisce un rapporto fatto al contempo di
continuit e di integrazione, L. BATTAGLIA RICCI, Op. cit. p. 298.
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Particolarmente interessante sembra quel riferimento allamarezza del contenuto delle parole che si trasforma in vital nodrimento. Se vero che numerose
sono le reminiscenze classiche del contrasto amarezza della parola / contenuto
salvifico del significato, altrettanto vero che anche Giovanni si serve di questa
immagine:
9 Et abii ad angelum, dicens ei ut daret mihi librum. Et dixit mihi: Accipe librum et devora illum; et faciet amaricari ventrem tuum, sed in ore tuo erit dulce tamquam mel. 10 Et accepi librum de manu angeli, et devoravi illum; et erat in ore meo tamquam mel dulce: et cum
devorassem eum, amaricatus est venter meus. 11 Et dixit mihi: Oportet te iterum prophetare
gentibus et populis et linguis et regibus multis.
(Apocalisse, 10, 9-11).
Ma il senso delleffetto sembra rovesciato in Dante. Mentre Giovanni avvisato che il rotolo contenente le profezie della condanna dei malvagi ( langelo
della settima tromba che tuona a gran voce il comando) amaregger il suo ventre, e che la conoscenza stessa delle cose che vi sono scritte amara e amaro
sar lannuncio di esse, Dante al contrario enfatizza leffetto positivo della propria voce e, combattuto tra il timore di dispensare lagrume della sua parola
brusca al mondo gi sanza fine amaro e quello di scivolare nelloblio dei tempi
tacendo o edulcorando nella menzogna la conoscenza acquisita, viene esortato
dal suo avo a non esitare nella propria missione rivelatrice che certamente sar,
a suo vantaggio, argomento di grande onore.
Questa riflessione sul valore profetico del viaggio e della propria scrittura si
colloca in uno dei canti in cui lafflato profetico evocato dal completamento
della profezia dellesilio di Dante, gi annunciata da Brunetto Latini nel XV
dellInferno, attraverso le parole di Cacciaguida.
Quello che appare evidente in questi esempi lintenzione del poeta non
solo di dare autorit al proprio testo, ma anche di collocarlo sullo stesso piano
dei testi citati o riecheggiati. Lidea, insomma, di presentare il proprio poema
come il poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra (Par. XXV, 1-2).
Questo implica una riflessione rispetto allinterpretazione del testo dantesco.
Tante delle immagini create da Dante in questi canti dal segno apocalittico, e in
generale lispirazione apocalittica che percorre la Commedia sembrano autorizzare una certa cautela nel voler spiegare con esattezza e univocamente i simboli
presentati. Come i simboli dei testi sacri erano infatti sottoposti a numerose
diverse interpretazioni dalle quali scaturiscono tradizioni esegetiche diverse e
contrapposte, talora intrecciantesi e sovrapponentesi, altrettanto, sembra lecito
pensare che lo stesso Dante, presentandosi come profeta, proponga intenzionalmente una lettura polisemica del proprio testo e consapevolmente utilizzi immagini cariche di sensi diversi ciascuno dei quali parzialmente rispondente al
significato che lautore ha in mente. Del resto anche la pretesa di svelare assolu-
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tamente il significato del simbolo si rivela fallimentare nel momento in cui, spogliando il simbolo della propria natura ambigua e polivalente, se ne tradisce la
pregnanza e la ragion dessere, come in uno snaturamento. Peter Dronke, tendendo a riconoscere in Dante una lettura che si inscrive nel solco della tradizione gioachimita e che sembra avere affinit con quella di Riccardo di San
Vittore, ha poi notato come Dante si sia servito, in molti casi, di una particolare
tecnica nellincorporare nel suo testo la fonte biblica: la collatio occulta, ovvero
linnesto di un elemento, di unimmagine esterna che sembra nata allinterno
del testo e che partecipa contemporaneamente e allusivamente di entrambi i
testi 9. Dante, inoltre, che in tanti di questi canti evoca immagini che fanno venire in mente le pitture dei cicli figurativi che illustravano le Scritture sulle pareti
delle Chiese del tempo e che si serve anche di parole che fanno riferimento
allarte della pittura (colori e immagini)10, conosce bene la lezione della potenza
evocativa dellimmagine simbolica e della sua ineffabilit. E inaugura anzi gi a
partire dagli ultimi canti del Purgatorio quel tema, come nota Muresu11, o si
potrebbe quasi dire una vera poetica, dellineffabile che non a caso si esplicita
anche a proposito del suo stesso ruolo profetico, e proprio in quel canto XVII
dove Beatrice lo esorta a scrivere senza esitazione. Lo ammonisce infatti
Cacciaguida a non rivelare le cose che sarebbero incredibili ai vivi a proposito
di Cangrande:
facile vedere che Dante conosceva intimamente i momenti apocalittici della Bibbia,
e aggiungerei, conosceva alcuni modi della loro esegesi anche se non possiamo specificare
con sicurezza i commentatori che egli abbia letto. Nondimeno, bench molti degli elementi
apocalittici nella visione dantesca sembrino riconoscibili, questo riconoscimento ha [83] sempre un che di illusione, perch tali elementi, sia isolati sia congiunti, non funzionano mai
come nella Bibbia. [...]Nessun elemento nelle visioni individuali di Dante pu essere ridotto
al suo punto di partenza biblico oppure esegetico; niente offre una lettura semplice e diretta.[...][84] Ci che capitale per la poesia che Giovanni, come pure Ezechiele, aveva
mostrato a Dante che questa vena di immagini macabre e splendide poteva essere sfruttata in
due modi non esclusivi: poteva collegarsi con le esperienze spirituali del visionario stesso, ed
anche con lavvenire spirituale che egli sognava per il mondo intorno a lui., P. DRONKE,
LApocalisse negli ultimi canti del Purgatorio, in Dante e la Bibbia, Atti del Convegno
Internazionale promosso da Biblia Firenze, 26-27-28 settembre 1986 a cura di G.
BARBLAN, Firenze, Olschki, 1988 [pp. 82-84].
10
e vidi le fiammelle andar davante,/ lasciando dietro a s laere dipinto,/ e di tratti pennelli avean sembiante;/ s che l sopra rimanea distinto/ di sette liste, tutte in quei colori/ onde
fa larco il Sole e Delia il cinto. (Purg. XXIX, 73-78).
11
G. MURESU, Tra gli arcani dellEden (Purgatorio XXXII), in Il richiamo dellantica
strega. Altri saggi di semantica dantesca, Roma, Bulzoni, 1997: p. 174 [...] il tentativo di
chiarire ogni singolo aspetto comporta una totale incomprensione del senso pi autentico dellinsegnamento che Dante ha ricevuto e che intende trasmettere al lettore: lazione di Dio
procede per vie misteriose e comunque non attingibili dallumano ingegno.
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A lui taspetta e a suoi benefici;
per lui fia trasmutata molta gente,
cambiando condizion ricchi e mendici;
e porterane scritto ne la mente
di lui, e nol dirai; e disse cose
incredibili a quei che fier presente.
(Par. XVII, 88-93).
Tutti i passi citati, e molti altri allinterno del poema, in cui Dante investito
della sua missione di testimone e profeta di ci che ha visto nel suo viaggio, in
una prospettiva salvifica dellumanit intera, hanno dato luogo ad un acceso
dibattito intorno al problema se Dante ritenesse di aver vissuto davvero lesperienza del viaggio descritto nella Commedia e soprattutto se davvero credesse al
valore della propria missione.
Bruno Nardi scriveva in un suo famoso saggio del 1942, Dante profeta, che
Dante fu vero profeta non perch i suoi disegni di riforma politica ed ecclesiastica si
siano attuati [...] ma perch come tutti i grandi profeti, seppe levare lo sguardo oltre gli avvenimenti che si svolgevano sotto i suoi occhi e additare un ideale eterno di giustizia come criterio per misurare la statura morale degli uomini ed il valore delle loro azioni12.
E a Nardi hanno fatto eco molti critici pro e contro: dal Morghen13 che riconosceva in Dante la coscienza della propria missione divina di monito allumanit e
alla Chiesa corrotta come nelle vesti di un profeta biblico portatore di unistanza
di riscatto religioso e civile per lavvenire, al Marzot che vedeva in queste parti
profetiche e apocalittiche il limite di un mero senso di erudizione veneranda 14.
12
B. NARDI, Dante profeta, in Dante e la cultura medievale. Nuovi saggi, Bari, Laterza,
1942, p. 333.
13
R. MORGHEN, Dante profeta, in Civilt medievale al tramonto, Bari, Laterza, 1971,
pp. 145-163.
14
G. MARZOT, Il linguaggio biblico nella Divina Commedia, Pisa, Nistri-Lischi, 1956.
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Il mostro, che sar il loro veicolo per lulteriore catabasi, una fiera dalla
coda aguzza, come di scorpione e dalla faccia duomo giusto. Come le cavallette evocate dal suono della tromba del quinto angelo, in Apocalisse 9, nella terza
visione di Giovanni.
7 Et similitudines locustarum similes equis paratis in proelium, et super capita earum
tamquam coronae similes auro, et facies earum tamquam facies hominum [...]
(Apocalisse 9, 7)
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[...] 10 et habebant caudas similes scorpionum, et aculei erant in caudis earum: et potestas
earum nocere hominibus mensibus quinque.
(Apocalisse 9, 10)17.
Limmagine apocalittica serve ad illustrare un momento di particolare tensione: Dante infatti sta per visitare quella zona dellInferno in cui punito il
peccato pi grave, culminante nella figura del traditore massimo, Lucifero, confitto nel lago ghiacciato. La prospettiva storica si va ampliando fino a comprendere una dimensione divina ed escatologica.
Come sappiamo, il primo avvicinarsi di Dante a questa dimensione sar
scandito dallincontro con il papa simoniaco Niccol III nel canto successivo.
Il XIX canto dellInferno si apre con linvettiva contro Simon mago, eponimo del peccato di simona e contro i suoi rapaci seguaci che scontano il loro
contrappasso nella terza bolgia18. La simona, vale a dire il commercio di cose
sacre, peccato legato alla cupidigia che, a sua volta, rappresenta uno dei fulcri
della Commedia sin dallapparizione della lupa nel I canto dellInferno, quando
Dante, appena uscito dalla selva, dirige i propri passi verso il dilettoso monte,
ma il suo cammino impedito dal sopraggiungere delle tre fiere tra le quali la
terza, la lupa appunto, gli fa perdere la speranza dellaltezza 19. Tra i peccati inscritti nellorizzonte della cupidigia, la simona riveste un ruolo particolarmente
grave proprio perch collegato alla condotta della Chiesa e dei suoi ministri.
Anna Maria Chiavacci Leonardi fa notare nella sua introduzione al canto,
come la simona possa essere collegata anche alleresia, come peccato contro lo
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La terza visione allude nel commento gioachimita al tempo dei dottori della Chiesa
impegnati contro leresia e la quinta tromba allo scontro tra la Chiesa generale al tempo di
Gioacchino e leresia catara. Pietro di Giovanni Olivi dal canto suo sottolineava nel suo commento allApocalisse la coincidenza tra terzo tempo e tempo dei concili in cui sono stabiliti e
proclamati i dogmi della Chiesa e dunque viene fissata la disciplina interna alla Chiesa stessa.
La tromba del quinto angelo allude allet in cui la Chiesa si trova allapice della propria
potenza mondana e i suoi ministri sono corrotti al punto che si comportano come re. Proprio a
questo punto, sempre secondo lintrepretazione del francescano Olivi, entra nella storia la
figura salvifica di San Francesco, evocato nella seconda visione dallangelo del sesto sigillo.
18
Raccontano gli Atti degli Apostoli VIII 9-20 che Simone di Samara, esperto di arti magiche, aveva tentato di comprare dagli apostoli Giovanni e Pietro la facolt di trasmettere lo Spirito
Santo mediante limposizione delle mani e Pietro gli aveva opposto il proprio sdegnato rifiuto:
Pecunia tua tecum sit in perditionem, quoniam donum Dei existimasti pecunia possideri.
Sulla figura di Simon Mago in questo canto si veda R. K. EMMERSON and R. B. HERZMAN,
Op. cit., in particolare il capitolo 4 (The Commedia: Apocalypse, Chirch, and Dantes
Conversion).
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La maggior parte dei commentatori sono daccordo nel vedere simboleggiata in questo
animale spettrale per la magrezza e inquieto, sanza pace, carico di tutte le bramosie umane,
lavidit, il male peggiore che conduce ai peccati pi gravi, i peccati di frode degli ingannatori e dei traditori.
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Spirito Santo. La pena dei simoniaci consiste nellessere confitti in buche scavate nella pietra livida di cui sono costituite le pareti e il fondo della bolgia, le
piante dei piedi fuoriuscenti percorse dal fuoco. La pietra, linvisibilit di una
parte del corpo, il fuoco, che richiama uno degli attributi dello Spirito Santo o
anche della carit, sono tutti elementi che gi avevano costituito lo scenario
della punizione degli eretici 20.
Ma veniamo al passo eminentemente apocalittico del canto:
Di voi pastor saccorse il Vangelista,
quando colei che siede sopra lacque
puttaneggiar coi regi a lui fu vista;
quella che con le sette teste nacque,
e dalle diece corna ebbe argomento,
fin che virtute al suo marito piacque.
(Inf. XIX, 106-111).
Questi versi derivano direttamente dal passo di Apocalisse 17, 1-3 21:
1 Et venit unus de septem angelis [...] dicens:Veni, ostendam tibi dannationem meretricis
magnae, quae sedet super aquas multas; 2 cum qua fornicati sunt reges terrae, et inebriati sunt
qui inhabitant terram de vino prostitutionis eius. 3 Et abstulit me in spiritu in desertum, et
vidi mulierem sedentem super bestiam coccineam, plenam nominibus blasphemiae, habentem
capita septem et cornua decem.
(Apocalisse, 17, 1-3).
Poco pi oltre, sette alberi doro
falsava nel parere il lungo tratto
del mezzo chera ancor tra noi e loro;
ma quandio fui s presso di lor fatto,
che lobietto comun, che l senso inganna,
non perdea per distanza alcun suo atto,
20
Una possibile interpretazione del significato di questo contrappasso la fornir un altro
papa incontrato da Dante nel corso del suo viaggio: Adriano V in Purg. XIX spiegher a
Dante che la pena degli avari nella quinta cornice del Purgatorio consiste nellessere chinati
con la faccia rivolta a terra proprio come in vita non erano stati in grado di sollevare lo sguardo in alto, verso Dio (S come locchio nostro non saderse / in alto, fisso a le cose terrene, /
cos giustizia qui a terra il merse Purg. XIX 118-120). Per analogia, molti commentatori
hanno pensato che i simoniaci siano confitti nella pietra per lo stesso motivo: perch non seppero sollevare lo sguardo alle cose spirituali di cui pure come ministri di Dio si sarebbero
dovuti occupare.
21
Giovanni racconta di un angelo che gli annuncia la visione della dannazione della
grande meretrice che siede sopra le acque. Subito dopo langelo lo solleva e lo conduce in
spirito nel deserto. A questo punto Giovanni vede la donna seduta sulla bestia dalle sette
corna e dieci teste.
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la virt cha ragion discorso ammanna,
s comelli eran candelabri apprese,
e ne le voci del cantare Osanna.
Di sopra fiammeggiava il bello arnese
pi chiaro assai che luna per sereno
di mezza notte nel suo mezzo mese.
(Purg. XXIX, 43-54).
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Siamo qui nella prima visione di Giovanni, che Gioacchino e Olivi associano allet della Chiesa degli apostoli.
Trasformato cos l dificio santo
mise fuor teste per le parti sue,
tre sovra l temo e una in ciascun canto:
le prime eran cornute come bue,
ma le quattro un sol corno avean per fronte:
simile monstro visto ancor non fue.
Sicura, quasi rocca in alto monte,
seder sovresso una puttana sciolta
mapparve con le ciglia intorno pronte;
e come perch non li fosse tolta,
vidi di costa a lei dritto un gigante;
e basciavansi insieme alcuna volta.
Ma perch locchio cupido e vagante
a me rivolse, quel feroce drudo
la flagell dal capo infin le piante;
poi, di sospetto pieno e dira crudo,
disciolse il monstro, e trassel per la selva,
tanto che sol di lei mi fece scudo
alla puttana ed alla nova belva.
(Purg. XXXII, 143-161)
3 Et visum est aliud signum in caelo, et ecce draco magnus rufus, habens capita septem et
cornua decem, et in capitibus eius diademata septem; et cauda eius trahebat tertiam partem
stellarum caeli, et misit eas in terram. Et draco stetit ante mulierem quae erat paritura, ut cum
peperisset, filium eius devoraret. [...] 7 [...] et draco pugnabat et angeli eius: 8 et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in caelo. 9 Et proiectus est draco ille magnus,
serpens antiquus qui vocatur diabolus et Satanas, qui seducit universum orbem; et proiectus
est in terram, et angeli eius cum illo missi sunt.
(Apocalisse, 12, 3-9)
[...] vidi...bestiam coccineam, plenam nominibus blasphemiae, habentem capita septem et
cornua decem[...]
(Apocalisse, 17, 3)
Veni, ostendam tibi dannationem meretricis magnae, quae sedet super aquas multas; cum
qua fornicati sunt reges terrae, et inebriati sunt qui inhabitant terram de vino prostitutionis
eius. [...] Et vidi mulierem sedentem super bestiam [...] Et in fronte eius nomen scriptum [...]:
Babylon magna, mater fornicationum terrae.
(Apocalisse, 17, 1-5).
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collega linvettiva anti simoniaca al progetto politico dantesco della necessit della divisione dei poteri imperiale ed ecclesiastico come duplice emanazione della giustizia divina, luna riguardante le cose temporali, laltra spirituali.
Lo stesso orizzonte ampliato ad una dimensione veramente escatologica si
ha nei due canti alla fine del Purgatorio.
La processione mistica, una visione nella visione, mostra i suoi simboli: i
candelabri, lo spirito settemplice di Dio, associato, dallesegesi di Gioacchino e
Olivi, allera dei martiri (la seconda) e del loro sacrificio allepoca delle persecuzioni; e i ventiquattro seniori vestiti di bianco, i ventiquattro libri del Vecchio
Testamento che appaiono insieme ai quattro animali, gli evangelisti e la loro
testimonianza scritturale (il Nuovo Testamento) posti proprio attorno al cuore
della visione dantesca, appartengono alla prima visione apocalittica associata
alla Chiesa apostolica. Ultimo della processione proprio il libro dellApocalisse
nella figura di un vecchio solo che avanza dormendo (allusione alla dimensione
visionaria e profetica) con la faccia arguta. Al centro di questi simboli, tutti
associabili nelle interpretazioni storiche correnti al tempo di Dante alle prime
epoche della storia della Chiesa, quando la Chiesa era ancora integra sebbene
minacciata da nemici di ogni sorta, appare il carro, simbolo della Chiesa mili-
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Vos equidem, Ecclesie militantis veluti primi prepositi pili, per manifestam orbitam
Crucifuxi currum Sponse regere negligentes, non aliter quam falsus auriga Pheton exorbitastis; et quorum sequentem gregem per saltus peregrinationis huius illustrare intererat, ipsum
una vobiscum ad precipitium traduxistis. Nec adimitanda recenseo cum dorsa, non vultus,
ad Sponse vehiculum habeatis, et vere dici possetis, qui Prophete ostensi sunt, male versi ad
templum vobis ignem de celo missum despicientibus, ubi nunc are ab alieno calescunt;
vobis columbas in templo vendentibus, ubi que pretio mensurari non possunt, in detrimentum
hinc inde commutantium venalia facta sunt. Sed attendatis ad funiculum, attendatis ad ignem,
neque patientiam contemnatis Illius qui ad penitentiam vos expectat., D. ALIGHIERI, Epistola
VIII Cardinalibus ytalicis Dantes de Florentia, Roma, Newton Compton, 1993, p. 1174.
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L. TONDELLI, M. REEVES, B. HIRSCH-REICH, Il libro delle figure dellabate Gioachino
da Fiore, Torino, Societ Editrice Internazionale, 1953.
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La Chiesa che era stata rappresentata come la prostituta dalle sette teste e
dieci corna (elementi positivi) ora la bestia immonda, il monstrum, il prodigio
malefico su cui trionfano i vizi nati dalla corruzione. La mutazione nellAnticristo completa: lultimo nemico dalla ingannevole doppia natura sorto nel seno della Chiesa. Su di esso troneggia sguaiatamente la puttana sciolta, Babilonia
e poi la Roma pagana dellApocalisse e della sua esegesi, infine qui, la curia
romana cresciuta nel vizio e nellabbaglio del potere. Di nuovo torna limmagine della meretrix magna colta nel lascivo baciarsi col gigante, simbolo del re di
Francia.
La proposta di Lino Pertile24 di vedere nel gigante unaltra figura dellAnticristo e nel suo baciarsi con la puttana e nel fustigarla un rovesciamento delle
nozze mistiche del Cantico dei Cantici tra il gigante-Cristo e la Sposa-Chiesa,
nulla toglie alla certezza del rimando al testo giovanneo. Viene se mai a provare
ancora una volta il complesso sincretismo delle scelte dantesche e del costruirsi
della sua immaginazione per sovrapposizioni di fonti e di stili.
La critica alla Chiesa corrotta del proprio tempo si salda poi, come si diceva
allinizio, allorizzonte del francescanesimo.
NellXI canto del Paradiso San Tommaso tesse lelogio di San Francesco
narrandone la vita.
Gli episodi salienti della vita del santo sono scanditi da immagini prese
dallApocalisse e rivisitate dalla letteratura francescana.
O insensata cura de mortali,
quanto son difettivi sillogismi
quei che ti fanno in basso batter lali!
Chi dietro a iura, e chi ad aforismi
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Il canto inizia con una condanna di coloro che guardano in basso, alle cose
terrene, di nuovo sembra esserci un accenno a quella stessa bassezza che fa guadagnare ai simoniaci il contrappasso dellessere confitti con la faccia nella terra.
In alto sta la felicit (il dilettoso monte principio e cagion di tutta gioia) e questo sembra essere il messaggio di Francesco, rappresentato secondo la tradizione francescana di Tommaso da Celano (Legenda prima, Legenda secunda,
Legenda trium sociorum), San Bonaventura (Legenda maior) e del Sacrum
commercium beati Francisci cum domina Paupertate, come il Sole. Francesco,
che qui viene da Oriente come langelo del sesto sigillo, langelo del giudizio,
non si lasciato confondere ma ha saputo seguire lesempio di Cristo, anzi pi
precisamente figura Christi, una figura capovolta come fa notare Auerbach in
uno dei suoi saggi pi densi25. E, come Cristo, anche Francesco abbraccia la
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donna che nessuno vuole, madonna Povert, e la conduce allaltare delle mistiche nozze che contengono lunico messaggio in grado di riportare la Chiesa alla
purezza delle proprie origini riformando e rinnovando se stessa, tornando a fissare il proprio sguardo al cielo e alla propria missione spirituale.
Francesco poi presentato ancora una volta come alter Christus attraverso
quellultimo sigillo, signum Dei vivi, ricevuto alla fine della vita terrena: le
stimmati26.
Il rilievo dato da Dante al rapporto del santo con lIslam e a quella piccola
crociata pacifica intesa a convertire il Saladino, che di nuovo suggerisce il confronto tra le immagini dantesche e le pitture di Giotto nella basilica superiore di
Assisi e poi nella cappella Bardi a Santa Croce in Firenze, sembra far affiorare
di nuovo leco del drago che squarciava il carro della Chiesa e insieme sembra
anticipare uno dei temi portanti dei canti di Cacciaguida, lavo di Dante morto
in Terra Santa.
A questo punto doveroso fermare lattenzione sullultimo anello di congiunzione che salda le varie dimensioni del poema sempre sotto il segno dei
temi legati allimmaginario apocalittico. Alla dimensione escatologica legata
alla lettura della missione salvifica della Chiesa contigua al ruolo profetico del
testo dantesco, e alla stigmatizzazione della condotta della Chiesa secolare, si
pu accostare infatti lingresso di Dante uomo-politico, poeta e cristiano nel suo
cammino di salvazione, seguendo un filo che da Inf. XIX, riemerge in Par. XV,
XVI e XVII, e, infine in Par. XXV e XXVI.
In Par. XV, infatti, Dante incontra il suo avo Cacciaguida. Si gi mostrato
come alla fine di Par. XVII sia presente lesortazione pi forte ad assumersi la
responsabilit di vates. In effetti anche allinizio di Par. XV Dante aveva di
nuovo istituito un paragone esplicito tra il suo incontro con Cacciaguida e lincontro di Enea con Anchise nei campi Elisi, ribadendo lappartenenza a quella
triade formata da Enea, Paolo e infine s stesso di visitatori dellal di l investiti
di una missione di salvezza. Ma questa volta il richiamo alla dimensione storica
personale di Dante, gi ovvio nellincontro stesso, evidentemente quello prevalente. Nel momento dellelogio della Firenze antica pronunciato dal suo avo,
ad esempio, ricorre il riferimento al Battistero di San Giovanni dove entrambi
Dante e Cacciaguida hanno ricevuto il battesimo e che rappresenta pi volte nel
Vecchio Testamento o della letteratura classica, vissuti prima di Cristo, come figure di
Cristo, in questo caso si legge come figura di Cristo un personaggio vissuto dopo di lui.
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A proposito di questo ricorso alla parola sigillo e al suo eco apocalittico molto interessante il saggio gi citato di R. B. HERZMAN, Dante and the Apocalypse. Inoltre si rimanda
anche a R. K. EMMERSON and R. B. HERZMAN, Op. cit., soprattutto al capitolo 2 (The Legenda
Maior: Bonaventures Apocalyptic Francis).
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poema il simbolo del legame tra il poeta e Firenze, sua patria storica e spitirituale.
Anche Cacciaguida sottolinea infatti: A cos riposato, a cos bello / viver di cittadini, a cos fida / cittadinanza, a cos dolce ostello / Maria mi di, [...]/ e nellantico vostro Batisteo / insieme fui cristiano e Cacciaguida. (Par. XV, 130-135).
Dante rievocava il battistero, il suo bel San Giovanni anche al verso 17 di Inf.
XIX nella descrizione della terza bolgia, e lo far anche in Par. XXV, che come si
vedr pu essere considerato: lesito di questo canto XV per quanto riguarda Dante
personaggio ma in prospettiva escatologica. Anche la descrizione della Firenze
antica, reintroduce in chiave diversa il tema della corruzione derivante dalle ricchezze e dai costumi molli, che, se affligge e degrada la Chiesa, produce altrettanto
sconquasso nellintegrit e nel sistema di valori dei concittadini di Dante. Il riferimento alla citt, ovile di San Giovanni, (ancora il Battistero e quella metafora
dellovile che ricorre anche in Par. XXV, 5) si ritrova poi in Par. XVI al v. 25;
mentre in Par. XVII la profezia dellesilio salda il destino terreno di Dante, la politica di Firenze e la corruzione della curia romana di Bonifacio VIII:
Questo si vuole e questo gi si cerca,
e tosto verr fatto a chi ci pensa
l dove Cristo tutto d si merca.
(Par. XVII, 49-51).
Di nuovo, la dimensione personale connessa a quella storica nel riferimento a Cangrande e, come si visto, allassunzione del ruolo profetico di Dante.
In Par. XXV, sembrano tirarsi le fila di questo percorso, nel momento in cui
Dante incontra San Giovanni, favilla luminosa nel cielo delle stelle fisse. Il canto
si apre infatti di nuovo con un richiamo al ruolo profetico del proprio canto nellipotesi che possa vincere la crudelt dei concittadini e guadagnare a Dante il
ritorno in Firenze: di nuovo prospettiva dellesilio e dunque richiamo alla politica di Firenze e al rapporto di Dante con i concittadini, valenza sacra del poema e
dunque ruolo profetico ma anche chiaramente poetico dellautore (ritorner
poeta, ed in sul fonte / del mio battesmo prender l cappello) si intrecciano
esplicitamente. Lincontro con San Giacomo innesta il tema della Speranza, la
seconda virt teologale su cui Dante, che ha gi risposto alle domande di San
Pietro sulla Fede, chiamato a rispondere prima di essere ammesso alla visione
con cui si concluderanno il suo viaggio e il suo poema. Se Beatrice intervenendo
sulla seconda domanda di San Giacomo circa la speranza di Dante, riconduce il
discorso sul suo ruolo di viator cui dato in vita (anzi chel militar li sia prescritto) di compiere il suo cammino dallEgitto in Gerusalemme, Dante con la
sua risposta riguardo alla natura della Speranza (Spene [...] uno attender certo /
della gloria futura, il qual produce / grazia divina e precedente merto) si avvicina ancor pi esplicitamente a quello che sar il destino di salvazione della sua
anima post mortem e il riscatto della ingiusta condanna subita in terra. Subito
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Chiara Sbordoni
dopo, lincontro con San Giovanni e il rifiuto di Dante della credenza secondo
cui Giovanni sarebbe stato assunto in cielo con tutto il corpo, prima del Giorno
del Giudizio, introducono un altro richiamo allApocalisse:
In terra terra l mio corpo, e sargli
tanto con li altri, che l numero nostro
con letterno proposito sagguagli.
Con le due stole nel beato chiostro
son le due luci sole che saliro;
e questo apporterai nel mondo vostro.
(Par. XXV, 124-128).
che rimandano a:
Vidi turbam magnam, quam dinumerare nemo poterat ex omnibus gentibus et tribubus et
populis et linguis; stantes ante thronum et in conspectu Agni, amicti stolis albis, et palmae in
manibus eorum.
(Apocalisse, 7, 9).
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Nel canto seguente, infine, la figura di San Giovanni ulteriormente collegata alla dimensione profetica dellopera di Dante, attraverso la definizione
dellAmore di Carit, che ancora una volta riecheggia il testo di Giovanni (sia
lApocalisse che il Vangelo):
Lo ben che fa contenta questa corte,
Alfa ed O di quanta scrittura
mi legge Amore o lievemente o forte.
(Par. XXVI, 16-18)
Ego sum Alpha et Omega, primus et novissimus, principium et finis
(Apocalisse, XXII, 13)
ma soprattuto:
Ego sum Alpha et Omega, principium et finis, dicit Dominus Deus: qui est, et qui erat, et
qui venturus est, omnipotens
(Apocalisse, 1, 8).
che torna anzi come esplicito riferimento a Giovanni qualche verso dopo,
quando Dante risponde alla seconda domanda che riguarda le fonti della sua
concezione di Amore-Caritas e del suo possederlo:
Sternilmi tu ancora, incominciando
lalto preconio che grida larcano
di qui l gi sovra ogni altro bando.
(Par. XXVI, 43-45)
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A. M. CHIAVACCI LEONARDI, Le bianche stole: il tema della resurrezione nel Paradiso, in Dante e la Bibbia, Atti del Convegno Internazionale promosso da Biblia Firenze, 2627-28 settembre 1986 a cura di G. BARBLAN, Firenze, Olschki, 1988, p. 267; pp. 268-269.
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paupertas cum letitia che si contrappone al lusso e al potere corrotto della curia
romana. Dante, infine, che far (ma in realt ha gi fatto) parte per s stesso
attende, il cinquecento e diece e cinque, il profetico Veltro che solo potr liberare il mondo dalla lupa e allo stesso tempo gi proiettato nella luce della visione salvifica di Dio che anticipa il destino glorioso della sua anima gi ardente in
quellattender certo della gloria futura che la sua Speranza e in quellAmoreCaritas che , ancora con le parole di Giovanni, lAlfa e lOmega della sua ispirazione e della sua scrittura.
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