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STUDI SULLE CATEGORIE DI ARISTOTELE

a cura di
MADDALENA BONELLI

FRANCESCA GUADALUPE MASI

Contributi di:
Jonathan Barnes
Maddalena Bonelli
Barbara Botter
Lisa Bressan
Elisabetta Cattanei
Walter Cavini
Paolo Fait
Francesca Guadalupe Masi
Stefano Maso
Carlo Natali
Cristina Rossitto
Rita Salis
Cristina Viano
Diego Zucca

ADOLF M. HAKKERT EDITORE - AMSTERDAM


2011

In copertina:
Destructio sive eradicatio totius arboris Porphirii : magni philosophi ac sacrae theologiae
doctoris eximii Augustini Anchonitani ordinis fratrum Heremitarum Sancti Augustini, cum
quadam decretali eiusdem, Bologna, 1503.

Volume pubblicato con i finanziamenti del Ministero Italiano dell'Universit e della


Ricerca, PRIN 2007 e con il contributo del Dipartimento di Filosofia e Beni culturali
dell'Universit Ca' Foscari di Venezia
Copyright 2011 by Adolf M. Hakkert Editore - Amsterdam
ISBN 978-90-256-1266-5

SOMMARIO

Prefazione a cura di Maddalena Bonelli e Francesca Guadalupe Masi

11

PRIMA PARTE: INTRODUZIONE

15

Carlo Natali, Struttura e organizzazione del trattato aristotelico detto Categorie 17


SECONDA PARTE: SAGGI DI ANALISI E COMMENTO

31

Paolo Fait, Aristotele, Categorie, 1. Omonimi, sinonimi, paronimi

33

Barbara Botter, Aristotele, Categorie, 2. Individuo e individuazione

51

Barbara Botter, Aristotele, Categorie, 3. La predicazione delle differenze

77

Carlo Natali, Aristotele, Categorie, 4. La lista delle categorie

89

Francesca Guadalupe Masi, Aristotele, Categorie, 5, 2a11-3a6. Sostanza


prima e sostanze seconde

95

Stefano Maso, Aristotele, Categorie, 5, 3a7-4b19. Sostanza, differenza,


contrari

113

Elisabetta Cattanei, Aristotele, Categorie, 6, 4b20-5b10. Le quantit


in senso proprio

135

Francesca Guadalupe Masi, Aristotele, Categorie, 6, 5b11-6a35.


Le caratteristiche della quantit

157

Maddalena Bonelli, Aristotele, Categorie, 7, 6a36-7b14. La prima


definizione dei relativi e alcune loro propriet

173


Diego Zucca, Aristotele, Categorie, 7, 7b15-8b24. Lo status aporetico
dei relativi

191

Cristina Viano, Aristotele, Categorie, 8, 8b25-10a10. Stati e disposizioni,


capacit e incapacit naturali, qualit affettive e affezioni

213

Stefano Maso, Aristotele, Categorie, 8, 10a11-11a39. Forma, qualit, relativi

229

Carlo Natali, Aristotele, Categorie, 9. Fare, subire e le altre categorie

245

Cristina Rossitto, Aristotele, Categorie, 10. Gli opposti e la loro


classificazione

249

Cristina Rossitto, Aristotele, Categorie, 11. La contrariet

265

Lisa Bressan, Aristotele, Categorie, 12. I significati di anteriore

289

Lisa Bressan, Aristotele, Categorie, 13. I significati di simultaneit

305

Rita Salis, Aristotele, Categorie, 14. Il movimento e le sue specie

315

Rita Salis, Aristotele, Categorie, 15. La categoria dell avere

327

TERZA PARTE: SAGGI CRITICI

335

Jonathan Barnes, Aristotelian quantities

337

Walter Cavini, Vero e falso nelle Categorie

371

Indici

407

VERO E FALSO NELLE CATEGORIE


Walter Cavini



,

.
Pu essere difficile asserire qualcosa
con certezza su tali questioni senza
frequenti ricerche. Nondimeno, aver
sollevato problemi su ognuna di esse
non senza utilit.
Arist. Cat. 7, 8b21-241

Nelle Categorie aristoteliche non compaiono mai i sostantivi verit () e falsit (2), ma sempre gli aggettivi corrispondenti vero () e falso ( o usato come aggettivo) applicati agli enunciati
dichiarativi () e alle credenze () che essi esprimono. Questo lavoro
vuole essere una lettura mirata del testo aristotelico alla luce dei predicati semantici vero e falso allo scopo di delineare la teoria della verit e falsit soggiacente alluso di tali aggettivi. La coppia di antonimi vero/falso ricorre nel
testo aristotelico sia come coppia disgiuntiva vero o falso sia come coppia
congiuntiva vero e falso. Nel 1 esamino il significato della coppia disgiuntiva vero o falso sia applicata al singolo enunciato sia applicata alla coppia di
enunciati contraddittori. Nel primo caso la coppia disgiuntiva ha valore disgiuntivo: ogni enunciato dichiarativo vero o falso (Principio di Bivalenza); nel secondo caso invece ha valore distributivo: ogni affermazione e negazione opposte
sono luna vera laltra falsa (Regola delle Coppie Contraddittorie). Nel 2 esamino il significato che la coppia congiuntiva vero e falso assume alla fine di
Categorie 5, cio quello di ora vero ora falso, in relazione al problema della va1

Le traduzioni dal greco, salvo indicazione contraria, sono mie; le abbreviazioni dei nomi degli
autori greci e dei titoli delle loro opere sono quelle del LSJ.
2
Come pure sono assenti i verbi (dire il vero o essere vero) e (dire il falso o essere falso); compare invece una sola volta lavverbio (5, 4a26) come modificatore del verbo (credere in modo vero), anche se in realt lavverbio non qualifica il
credere ma ci che creduto (cf. White 1970, 8 [trad. it. 18]).

WalterCavini

riazione diacronica dei valori di verit degli enunciati e delle credenze, e del mero cambiamento la Cambridge cui sono soggetti rispetto al cambiamento reale
cui soggetta la sostanza. Nel 3, infine, esamino un passo di Categorie 12 in
cui Aristotele enuncia sia i principi di discesa e ascesa semantiche (da essere vero a essere e da essere a essere vero), sia il principio di priorit causale di essere
o non essere rispetto a essere vero o falso. La tesi che intendo sostenere che
vero e falso nelle Categorie, e in generale nel pensiero aristotelico, sono da considerarsi non propriet ontiche o reali, ma propriet logiche genuine degli enunciati e delle credenze che essi esprimono.

1. Vero o Falso
La coppia di valori di verit vero e falso evocata per la prima volta nelle
Categorie a proposito della distinzione fra termini categorematici non-negativi e
ci che risulta dal loro intreccio predicativo (), cio laffermazione:
i primi non sono n veri n falsi, la seconda o vera o falsa. I termini uomo e
corre non sono n veri n falsi, laffermazione Luomo corre vera o falsa
(Arist. Cat. 4, 2a4-10). Aristotele enuncia due tesi universali al riguardo, una
negativa:
Nessun termine categorematico vero o falso,
laltra affermativa:
Ogni affermazione vera o falsa.
La tesi negativa ripetuta a 10, 13b10-12, a proposito dei termini opposti
contrari, relativi e di privazione e possesso. La tesi affermativa, cio il Principio
di Bivalenza (PB) come valido per ogni affermazione, estesa implicitamente, a
5, 4b9 e a 12, 14b21-22, allenunciato in generale, dove per enunciato ()
si intende sia lenunciato affermativo o affermazione sia lenunciato negativo o
negazione (10, 12b6-8).
Insieme a questuso disgiuntivo della coppia vero/falso nel caso di ogni
affermazione o negazione e alla sua negazione (n vero n falso) riferita ai
termini categorematici, troviamo un uso particolare della disgiunzione vero o
falso a proposito non del singolo enunciato affermativo o negativo, ma della
coppia di enunciati contraddittori, cio non a proposito di una affermazione o di
una negazione, ma di una affermazione e di una negazione opposte. Cos in Categorie 10 leggiamo:
372

VeroefalsonelleCategorie

T1 ,
,
, .
infatti lenunciato Socrate malato e lenunciato Socrate non malato, quando Socrate esiste chiaro che luno o laltro vero o falso, e similmente quando
non esiste, perch che malato quando non esiste falso, che non malato invece vero.
Arist. Cat. 10, 13b29-33

Ma in questo caso la disgiunzione vero o falso va intesa distributivamente,


cio uno dei due sar falso, laltro vero (
, 13b28-29). Cos anche nellaltra occorrenza di vero o falso a
proposito delle coppie contraddittorie:
T2

, .
Di conseguenza, solo nel caso di questi <opposti>, quanti cio si oppongono come
laffermazione e la negazione, varrebbe la propriet di essere sempre luno o laltro vero o falso.
Arist. Cat. 10, 13b33-35

Vero o falso da intendersi distributivamente nel senso che di ogni coppia


contraddittoria uno dei due membri vero, laltro falso, che poi il modo in cui
Aristotele ha introdotto in Categorie 10 ci che distingue lopposizione di affermazione e negazione dalle altre specie di opposizione:
T3 .

, , [].
Infatti solo nel caso di questi <opposti> sempre necessario che uno di essi sia vero e laltro falso, perch n nel caso dei contrari sempre necessario che uno dei
due sia vero e laltro falso, n in quello dei relativi, n in quello del possesso e della privazione [].
Arist. Cat. 10, 13b2-3

La coppia disgiuntiva vero o falso designa dunque nelle Categorie da un lato la propriet delle affermazioni e negazioni di essere vere o false, cio il Principio di Bivalenza, dallaltro la propriet delle coppie di affermazioni e negazio-

373

WalterCavini

ni opposte di essere una vera e laltra falsa, cio la Regola delle Coppie Contraddittorie (RCC3).
Per il PB essere vero o falso condizione necessaria per essere un enunciato
affermativo o negativo. Per la RCC essere vero o falso in senso distributivo (uno
vero, laltro falso) condizione necessaria per essere unaffermazione e una negazione opposte. Il PB esclude che vi siano affermazioni o negazioni n vere n
false. La RCC esclude che vi siano affermazioni e negazioni opposte entrambe
vere o entrambe false o entrambe n vere n false; presuppone cio congiuntamente la variante semantica del Principio di Non Contraddizione (PNC) (negazione della coverit dei contraddittori), la variante semantica del Principio del
Terzo Escluso (PTE) (negazione della cofalsit dei contraddittori) e il Principio
di Bivalenza (sono contraddittori solo gli enunciati affermativi e negativi opposti, cio solo gli enunciati veri o falsi) (Cf. Cavini 2007, 138 e 149).
Alcuni interpreti ritengono che per Aristotele essere vero o falso detto di
unaffermazione o negazione sia solo condizione sufficiente per essere un enunciato dichiarativo4. Infatti, secondo linterpretazione antirealista di de Interpretatione 9, Aristotele sospenderebbe la validit del PB per gli enunciati affermativi o negativi singolari contingenti al futuro, come per esempio Domani ci sar
3

Cf. Whitaker 1996, 79-82. M. Mignucci (Mignucci 1997, 52 e n. 20) confonde la RCC col PB
a proposito di Int. 10, 13a37-b3 (ma cf. anche Mignucci 1997, 63). Stessa confusione in Ademollo 2010, 98.
4
Cf. Gaskin 1995, 180; Crivelli 2004, 86 s.; Gourinat 2006, 51; e dubitativamente Barnes 2007,
3. F. Ademollo ripropone ora con nuovi argomenti unanaloga interpretazione debole di Int. 4,
17a2-3 ( , ). Da un lato, fa
notare come nel passo in questione il verbo sia costruito con la preposizione e non
col dativo di possesso; dallaltro, segnala almeno un paio di passi delle Categorie (7, 6b15-19
e 8, 10b12-17) in cui compare unanaloga costruzione di , seguita da unavversativa restrittiva col senso di ma ci non vale in tutti i casi. Ademollo ne conclude che lo stesso valore limitativo attribuibile alla costruzione locativa di in Int. 4: solo gli enunciati dichiarativi, ma non tutti, sono veri o falsi (Ademollo 2010, 99-103). Qui mi limito a osservare
due cose. In primo luogo, non c motivo di ritenere che la costruzione locativa di abbia in Aristotele un significato diverso dalla costruzione possessiva: in realt si tratta di una
costruzione paralocativa con valore possessivo assai comune in greco antico (cf. Kahn 1973,
160) e quindi sinonima, come aveva ben visto H. Bonitz (Bonitz 1870, 789a12 ss.), della costruzione possessiva. A riprova di ci, in Int. 4, 17a3-4, cio subito dopo aver distinto lenunciato dichiarativo come quello in cui c lessere vero o falso, Aristotele cita la preghiera
come esempio di enunciato in cui non c lessere vero o falso, cio come esempio di enunciato n vero n falso ( ), dove la negazione congiunta n vero n
falso equivale evidentemente alla negazione della disgiunzione vero o falso. In secondo luogo, la costruzione paralocativa di non pu avere di per s un significato limitativo: ci
che manca nel passo in questione di Int. 4 proprio lavversativa restrittiva presente invece nei
due passi delle Categorie citati da Ademollo. O meglio lavversativa restrittiva s presente,
ma non riguarda gli enunciati dichiarativi, bens gli enunciati in generale ( [scl.
] , 17a3). Sullorigine delluso filosofico di cf. in particolare Glucker
1994, che giustamente rileva come in Aristotele la differenza non sia fra uso locativo e uso
possessivo del verbo, ma fra luso di e quello di (Glucker 1994, 14, che cita
in proposito Arist. APo. I 22, 84a13-17).

374

VeroefalsonelleCategorie

una battaglia navale a Salamina o Domani non ci sar una battaglia navale a
Salamina proferiti la sera prima della battaglia. Tale interpretazione a mio avviso errata per due ragioni: (i) il principio logico in gioco in Int. 9 non quello
di Bivalenza, che non mai menzionato da Aristotele in questo capitolo, ma
quello della Regola delle Coppie Contraddittorie5; (ii) tale principio risulta bens
valido anche per le coppie di enunciati contraddittori singolari contingenti al futuro (e quindi a fortiori risulta valido il PB), ma in un senso diverso da quello
delle altre coppie di enunciati contraddittori:
T4 []
, ,
, .
[] in questi casi infatti [scl. riguardo alle cose che non sempre sono o non sempre non sono] necessariamente una delle due parti della contraddizione vera o
falsa, ma non questa o quella in particolare, bens come capita, e una delle due s
pi vera, ma non gi vera o falsa.
Arist. Int. 9, 19a36-39

In questo testo, come gi nelle Categorie, la disgiunzione vero o falso (necessariamente una delle due parti della contraddizione vera o falsa) va presa
in senso distributivo: necessariamente una delle due parti della contraddizione
vera e laltra falsa. In questo modo Aristotele ribadisce, a conclusione della sua
confutazione del determinismo logico, la validit della RCC per le coppie di
enunciati contraddittori singolari contingenti al futuro, ma ne qualifica il senso
contingente o indeterminato: ma non questa o quella in particolare, bens come
capita. Supponiamo infatti che la sera del 24 settembre del 480 a.C. Temistocle
5

P. Crivelli e ora anche R. E. Jones (ma senza citare Crivelli) scelgono una via intermedia fra le
due interpretazioni estreme di Int. 9: il bersaglio non sarebbe n il solo PB n la sola RCC, ma
sarebbero entrambi i principi, in quanto la negazione della RCC discenderebbe da quella del
PB (Crivelli 2004, 218; Jones 2010, 58; contra Cavini 2007, 129), anche se Jones riconosce
giustamente che Aristotle never says clearly and in so many words that the failure of PBF explains the failure of RCPF (Jones 2010, 56). Ademollo, invece, pur trovando eccellente la
discussione di Crivelli di Int. 9, continua a ritenere che il bersaglio sia il solo PB (a serious
error in traditional reconstructions, come scrive Jones 2010, 50) e che C. W. A. Whitaker non
abbia risposto al compelling textual argument di J. L. Ackrill, secondo cui quando Aristotele
in Int. 9 usa la disgiunzione vero o falso, questa non va intesa distributivamente (luno vero,
laltro falso) e quindi come una variante ellittica della RCC, ma disgiuntivamente come una
formulazione del PB (Ademollo 2010, 99 n. 5; cf. Ackrill 1963, 133 s.). In realt Whitaker risponde proprio allargomento di Ackrill (Whitaker 1996, 114 n. 5) e la sua risposta largamente confermata dai passi di Cat. 10 (non visti da Whitaker) a proposito dellopposizione di
affermazione e negazione, in cui lequivalenza tra vero o falso e luno vero, laltro falso risulta del tutto evidente in quanto formulazioni (una ellittica, laltra estesa) della stessa regola
(cf. supra, 373 s., i testi T1-T3 e Cavini 2007, 132-134). Per la confusione da parte di Ademollo della RCC col PB, vedi supra, 374 n. 3.

375

WalterCavini

abbia predetto: Domani ci sar una battaglia navale a Salamina e gli altri strateghi greci invece abbiano predetto la contraddittoria: Domani non ci sar una
battaglia navale a Salamina: Aristotele sostiene che la sera prima della battaglia
una delle due predizioni contraddittorie era vera e laltra falsa. Infatti domani o
ci sar o non ci sar una battaglia navale a Salamina: non possibile n che si
avverino entrambi i contraddittori n che non si avveri nessuno dei due; nel primo caso infatti il futuro prossimo sarebbe contraddittorio, nel secondo caso sarebbe irreale: in entrambi i casi non esisterebbe. Dunque la sera prima della battaglia una delle due predizioni era vera e laltra falsa, ma non era determinato
quale, e questo non solo da un punto di vista epistemico, ma anche e soprattutto
da un punto di vista ontologico. Temistocle dovr persuadere nella notte gli altri
strateghi ad attaccare battaglia il giorno dopo e se la sua opera di persuasione
avr successo, come in effetti stato, si avverer la predizione affermativa; se
invece non fosse riuscito a persuaderli, si sarebbe avverata quella negativa6. Cos il giorno dopo si potr affermare che ieri era vero predire che oggi ci sarebbe
stata una battaglia navale.
Anche per ogni coppia di predizioni contingenti contraddittorie vale dunque
la RCC: luna vera e laltra falsa nel momento in cui sono formulate, poich
in futuro le cose non potranno che andare o in un modo o nellaltro. Ma se si
ammette, come Aristotele ammette, la contingenza nel mondo, nel momento in
cui sono formulate non ancora determinato quale delle due vera, cio si avverer, e quale no, cio non si avverer: sono infatti luna vera e laltra falsa,
ma non questa o quella in particolare, bens come capita7. Il futuro non rende
vere o false le predizioni contraddittorie, esse sono gi una vera e laltra falsa
nel momento in cui sono formulate (una predizione non una domanda o una

In realt, come ricostruisce ora nei dettagli B. Strauss (Strauss 2007, 113 ss.), il consiglio di
guerra dei Greci in cui Temistocle persuase gli altri strateghi a non ritirare la flotta e a restare a
Salamina, si sarebbe tenuto nella notte fra il 23 e il 24 settembre (anche se le date, precisa
Strauss, sono approssimative). Cf. Hdt. VII 141-143 e Arist. Rh. I 15, 1376a1-2.
7
senzaltro vero, come osserva Jones 2010, 64, che it becomes very difficult to say with any
clarity what it means for one member to be true and the other false, but neither to be determinately true or false (una obiezione che gi R. Gaskin rivolgeva a Whitaker in Gaskin 1995,
167 n. 80). Ma ci non toglie che questa sia chiaramente la tesi di Aristotele in Int. 9 e quella
dei commentatori antichi al riguardo. Cf. Cavini 2007, 134 s. n. 4. In realt, a mio avviso, la
difficolt ad ammettere che una predizione contingente possa essere vera o falsa nel momento
in cui viene fatta, sembra dipendere da unindebita ma apparentemente plausibile assimilazione di vero con soddisfatto o confermato e di falso con non soddisfatto o non confermato. Come scrive A. R. White in White 1970, 45 (trad. it. 51), Statements have to wait to be
confirmed just as prophecies have to wait to be fulfilled, but statements do not have to wait to
be true any more that the devaluation of the pound has to wait to be a fatal mistake.
Unanaloga distinzione fra condizioni di verit di un enunciato contingente al futuro e condizioni di verificabilit o accertabilit in Bonomi-Zucchi 2001, 15.

376

VeroefalsonelleCategorie

preghiera): il futuro determina quale delle due vera e quale falsa. Si tratter di
vedere quanto persuasivo risulter Temistocle la notte prima della battaglia8.

2. Vero e Falso
Insieme alla coppia disgiuntiva vero o falso nelle sue due accezioni, disgiuntiva e distributiva, le Categorie presentano anche un caso di coppia congiuntiva vero e falso che si applica, come nella prima accezione di vero o falso, al singolo enunciato:
T5 ,
, .
infatti lo stesso enunciato sembra essere vero e falso: per esempio, se fosse vero
lenunciato Un tale seduto, quando egli si sia alzato questo stesso <enunciato>
sar falso.
Arist. Cat. 5, 4a23-26

chiaro in che senso prendere la coppia congiuntiva vero e falso in questo


caso: lo stesso enunciato, Un tale seduto, detto di Socrate quando nel Teeteto
discute della conoscenza seduto accanto a Teodoro e Teeteto, vero; detto di
Socrate quando invece alla fine del dialogo si alza per andare dallArconte Re,
falso. La coppia congiuntiva vero e falso non ha in questo caso valore sincronico (vero e insieme falso) ma diacronico (ora vero, ora falso,
, 4b19). Si tratta cio di un caso di variazione diacronica
del valore di verit:
T6 ,
.
lenunciato infatti permane lo stesso, Un tale seduto, ma una volta che loggetto
in questione sia cambiato, diviene ora vero ora falso.
Arist. Cat. 5, 4a36-b1

Ho approfondito questo punto quanto mai controverso in Cavini 2007, 128-130. In Arist. de
An. III 6, 430b4-5, anche lenunciato singolare contingente al futuro Cleone sar bianco
detto esplicitamente essere vero o falso come quelli al presente o al passato:
, .
9
Cf. a 4a19-21 lalternanza sinonimica ora bianco ora nero ( ) e
sia caldo sia freddo, sia malvagio sia virtuoso ( ,
).

377

WalterCavini

Il problema per Aristotele dato dal divenire ora vero ora falso10 dello stesso
enunciato. Perch se cos fosse, lenunciato dichiarativo e il suo pendant mentale, la credenza () corrispondente, che non sono sostanze, sarebbero un controesempio della tesi aristotelica secondo cui proprio ed esclusivo () della
sostanza, in particolare della sostanza prima11, di essere capace di ricevere (in
tempi diversi) i contrari restando la stessa sostanza. La risposta di Aristotele a
questa possibile obiezione (
, 4a22-23) duplice, da un lato accettando lobiezione (
, 4a28-29, cf. 4b4-5) e ammettendo quindi che anche
lenunciato e la credenza ricevano i contrari, dallaltro invece rifiutando lobiezione ( , 4b5-6) e negando quindi che anche lenunciato
e la credenza ricevano i contrari12.
Nel primo caso, vi sarebbe comunque una differenza nel modo in cui le sostanze, da un lato, e lenunciato e la credenza, dallaltro, ricevono i contrari: le
sostanze ricevono i contrari subendo esse stesse il mutamento ( , 4a30; , 4a33-34; , 4b313); invece lenunciato e la credenza ricevono i contrari senza subire essi stessi alcun cambiamento ( ,
4a35): il cambiamento avviene nelloggetto in questione (
, 4a35-36; , 4a37-b1).
Ma Aristotele ritiene falso che lenunciato e la credenza ricevano essi stessi i
contrari e che quindi la differenza stia solo nel modo in cui li ricevono. In realt
lenunciato e la credenza non ricevono nulla, non divengono ora veri ora falsi
perch ricevono i contrari, ma sono detti ora veri ora falsi perch qualcosaltro
subisce il cambiamento:
T7
,
10

La traduzione di G. Colli (il discorso ora vero, e ora diventa falso) non coglie il divenire
ora vero ora falso. Cos pure quella di F. Ildefonse e J. Lallot: lenonc passe du vrai au
faux. R. Bods accoglie nella sua edizione la varia lectio al posto di . Ma il
problema qui non quello di essere detto ora vero ora falso, ma di divenire ora vero ora falso.
Cos gi a 4a19-20: . Cf. Arist. Metaph. 10, 1051b1315 (per altro citato da Bods in nota [Bods 2001, 18a n. 3]):
,
. solo a 4b6-10 che il divenire vero o falso risulter equivalente a essere
detto ora vero ora falso.
11
Per esempio il singolo uomo ( , 4a18-19). Cf. Ackrill 1963, 89.
12
Per unanalisi minuta di questo passo in parallelo con lanalogo puzzle di Dialex. 4, cf. Goldin
2002, 241 ss.
13
Errata la traduzione di Colli di (4a30) con sono gli oggetti stessi che,
trasformandosi: il pronome si riferisce evidentemente, malgrado il neutro, alle sostanze,
come anche, a 4a35, allenunciato e alla credenza. Errata anche quella di M. Zanatta (mutando se stesse): il pronome non riflessivo.

378

VeroefalsonelleCategorie

, ,

, .
infatti lenunciato e la credenza si dicono capaci di ricevere i contrari non perch
essi stessi ricevano qualcosa, ma perch laffezione ha avuto luogo in qualcosaltro: infatti perch loggetto in questione <cos> o non <cos>, che anche lenunciato detto essere vero o falso, non perch esso stesso sia capace di ricevere i
contrari; in effetti, in senso assoluto, n lenunciato n la credenza subiscono alcun
cambiamento da parte di nessuna cosa, di conseguenza non possono essere capaci
di ricevere i contrari, dal momento che nulla ha luogo in essi.
Arist. Cat. 5, 4b6-13

Il divenire vero o falso dellenunciato e della credenza corrispondente in


realt un essere detto ora vero ora falso a seconda del mutamento che qualcosaltro subisce. Il divenire vero o falso, cio lessere detto ora vero ora falso,
di un enunciato o di una credenza quindi quello che con Peter Geach oggi
chiameremmo a mere Cambridge change (Geach 1969, 72; 1972, 321), cio
non un cambiamento reale dellenunciato o della credenza, ma il mero riflesso
di un cambiamento reale in qualcosaltro che non n un enunciato n una credenza. Ovviamente ogni cambiamento reale anche un cambiamento la Cambridge, ma non vale la conversa: non ogni cambiamento la Cambridge anche
un cambiamento reale; la variazione diacronica dei valori di verit di un enunciato o di una credenza s un cambiamento la Cambridge, ma non un cambiamento reale.
A questo proposito, Geach richiama giustamente lesempio del Teeteto: se
valesse il criterio la Cambridge per dire che qualcosa cambiato, cio che x
cambiato se lenunciato Px vero a t1 e falso a t2 , allora Socrates would after
all change by coming to be shorter than Theaetetus (Geach 1969, 72, cf. anche
99). Il passo del Teeteto cui Geach si riferisce il seguente:
T8 . , ,
, , ,
,
, ,
. ,
,
.
SO. Proprio questi tre punti sui quali, io credo, siamo daccordo, entrano in conflitto
tra loro nella nostra anima, quando parliamo degli astrgali, o quando diciamo che
io, allet che ho, senza che sia cresciuto e senza aver subito il processo contrario,
nel corso di un anno ora sono pi grande di te, che sei soltanto un ragazzo, poi pi
piccolo, senza che sia stato tolto qualcosa alle mie dimensioni, bens essendoti tu ac379

WalterCavini

cresciuto. Sono manifestamente in seguito ci che prima non ero, n lo sono diventato. Dal momento che senza divenire impossibile essere diventato, non avendo
perduto nulla delle mie dimensioni non potrei mai diventare pi piccolo14.
Pl. Tht. 155b5-c4

I tre punti sui quali Socrate e Teeteto si sono trovati poco prima daccordo e
che ora entrano in conflitto coi casi di mero cambiamento la Cambridge, sono
i seguenti:
(1) nulla mai pu diventare () maggiore o minore, n per dimensione n per numero ( ), fintantoch rimane uguale a se
stesso ( ) (155a3-5);
(2) ci a cui non si aggiunga e non si tolga nulla non pu mai crescere n
diminuire, ma resta sempre uguale () (155a7-9);
(3) ci che prima non era ( ) impossibile che in seguito
sia ( ) senza essere divenuto e senza divenire (
) (155b1-3).
I primi due punti riguardano i casi particolari di mutamento quantitativo, per
dimensione (la crescita e la diminuzione, per esempio, in altezza: il caso di Socrate e Teeteto) o per numero (il caso degli astrgali trattato in precedenza,
154c1-d7): lidentit in questione lidentit quantitativa o uguaglianza () e
il divenire maggiore o minore, cio la variazione diacronica della quantit, equivale a un cambiamento reale, cio data dalla crescita o dalla diminuzione. Il
terzo punto invece una tesi universale: il divenire, nel senso stabilito prima attraverso i casi particolari (1) e (2) di divenire quantitativo, cio nel senso di un
cambiamento reale, condizione necessaria perch ci che prima non era []
in seguito sia, cio si escludono espressamente cambiamenti la Cambridge
che non siano cambiamenti reali. Questo entra evidentemente in conflitto col
cambiamento quantitativo la Cambridge di Socrate, che prima pi alto di
Teeteto, poi pi basso non per essere diminuito in altezza, ma perch Teeteto
cresciuto in altezza e lo ha superato. Il cambiamento di Socrate, il suo passare da
ci che prima non era, cio pi basso di Teeteto, a ci che in seguito , cio
pi basso di Teeteto, un cambiamento senza divenire, cio non un cambiamento reale, un mero cambiamento la Cambridge.
Come interpretare dunque il cambiamento senza divenire? Per Teeteto (e per
il Teeteto) il problema rimane insoluto ed fonte inesauribile di meraviglia filosofica (155c8-d5). Aristotele invece ha una soluzione almeno per quanto riguarda gli esempi del Teeteto, cio per i casi in cui il cambiamento senza divenire
14

Per il Teeteto seguo la traduzione inedita di S. Nannini di prossima pubblicazione per Einaudi.

380

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coinvolga il mutamento quantitativo e predicati relativi come pi grande o pi


piccolo. Due testi aristotelici sono particolarmente eloquenti al riguardo:
T9 .

15, .
Non vi cambiamento secondo la sostanza perch non vi nessun ente contrario
alla sostanza. E neanche della relazione: possibile infatti che, pur mutando uno
dei due <relativi>, sia vero dire che laltro non muta affatto, cosicch il loro cambiamento accidentale.
Arist. Ph. V 2, 225b10-1316
T10
,
, , ,

.
E una prova che la relazione meno di tutte le altre categorie una certa sostanza e
un certo essere il fatto che solo della relazione non c generazione n corruzione
n cambiamento, come per la quantit c crescita e diminuzione, per la qualit alterazione, per il luogo traslazione, per la sostanza la pura e semplice generazione e
corruzione. Ma non secondo la relazione: infatti, pur senza aver subito un cambiamento, <uno dei due relativi> sar ora pi grande ora pi piccolo o uguale, qualora laltro abbia subito un cambiamento secondo la quantit.
Arist. Metaph. 1, 1088a29-35

Il secondo testo in particolare sembra contenere la soluzione del paradosso


lasciato insoluto nel Teeteto. Da un lato, c un cambiamento secondo la quantit, che un cambiamento reale: Teeteto in un anno cresciuto in altezza ed
divenuto pi alto di Socrate; dallaltro, c un cambiamento secondo la relazione, che non un cambiamento reale ma un mero cambiamento la Cambridge:
Socrate, pur restando uguale a comera un anno fa, ora pi basso di Teeteto
senza esserlo divenuto.

15

Seguo P. Pellegrin (Pellegrin 2000, 280 n. 2) nel conservare la lezione dei manoscritti eliminando lintegrazione < > proposta
da D. Ross.
16
Cf. anche Arist. Metaph. 12, 1068a8-13: , ,
, , , , ,
, , (
,
).

381

WalterCavini

Ma se la diagnosi aristotelica del paradosso del cambiamento senza divenire


vale per i relativi in generale e in particolare per i relativi coinvolti nel mutamento quantitativo, come si applica tale diagnosi al cambiamento senza divenire
nel caso degli enunciati e delle credenze, che non sono sostanze individuali come Socrate e Teeteto, e dei predicati vero e falso, che apparentemente non
sono predicati relativi come i comparativi pi alto e pi basso? Eppure la risposta finale di Aristotele allobiezione sollevata a proposito dell della sostanza sembra ricalcare quella offerta al paradosso del cambiamento senza divenire del Teeteto, anche se lesempio aristotelico, Un tale seduto, non riguarda
il mutamento quantitativo ma il mutamento di posizione () (Arist. Cat. 4,
1b27, 2a2-3): infatti lenunciato e la credenza si dicono capaci di ricevere i contrari non perch essi stessi ricevano qualcosa, ma perch laffezione ha avuto
luogo in qualcosaltro (T7).
Una risposta possibile che anche vero e falso siano per Aristotele dei relativi o si comportino come dei relativi. quanto leggiamo in un passo del commento alle Categorie di Dexippo (IV sec.):
T11 [] ,


.
,
,


, ,
.
[] non di per s che lenunciato riceve il vero e il falso, in quanto appunto indicativo di essi, ma non secondo la propria natura, bens secondo quella della relazione, che riceve il vero e il falso: infatti a seconda che sia in accordo o in disaccordo con le cose che detto essere vero o falso. Come dunque nel caso dei relativi, senza che abbia luogo in essi alcun mutamento, chi situato a destra diviene
situato a sinistra perch laltro ha cambiato posizione, cos anche in questo caso
non perch lenunciato subisce unaffezione o la credenza un mutamento che da
veri divengono falsi, ma, pur restando senza cambiamento, sembrano stare ora in
un modo ora in un altro per il mutamento delle cose. Se dunque uno anche concedesse che tali mutamenti sono dellenunciato come tale e della credenza <come tale>, il mutamento sar s secondo il vero e il falso, non tuttavia perch essi stessi
subiscono unaffezione: restano infatti senza cambiamento.
Dexipp. in Cat. 60.13-23 Busse17

17

Cf. Simp. in Cat. 119.5-16 Kalbfleisch e Dillon 1990, 109 n. 118.

382

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Il suggerimento di Dexippo stato accolto anche da vari interpreti recenti, in


particolare da Paolo Crivelli, che lo ha sottoposto a unanalisi minuziosa. Scrive
Crivelli al riguardo:
Aristotle also claims that if an assertion or a belief is true at one time and false at
another, it does not follow that it undergoes a change. This is probably due to the
idea that truth (being correspondence to the world) is something like a relative and
therefore, like relatives, is involved at most in a mere Cambridge change that
does not count as a genuine change. Now, properties involved in a mere Cambridge change are not genuine properties. It follows that truth is not a genuine
property. (Crivelli 2004, 183)

precisando che
the view [Dexippus] attributes to Aristotle is not that truth and falsehood are relatives, but that truth and falsehood are closely linked with relatives in a way that
explains their peculiar behaviour with respect to change. (Ivi, 188)

Secondo Crivelli, per Aristotele vero e falso sono propriet relative (relational properties) espresse rispettivamente dai predicati monadici x corrisponde al
mondo e x non corrisponde al mondo. Tali propriet (i) sono qualit, (ii) non
sono relativi, ma (iii) sono relativi secondo i loro generi, cio secondo i relativi
espressi dai predicati x corrisponde e x non corrisponde, e si troverebbero
pertanto nella stessa condizione di propriet come la grammatica o la musica,
che (i) sono qualit (in particolare sono o stati mentali stabili), (ii) non sono relativi secondo la definizione generale di relativi (la grammatica non si dice
grammatica di qualcosa n la musica musica di qualcosa), ma (iii) sono relativi
secondo il loro genere, cio secondo la conoscenza, in quanto entrambe sono
conoscenza di qualcosa.
Ora, vero e falso da un punto di vista grammaticale sono aggettivi qualificativi e come tali qualificano in posizione predicativa enunciati e credenze18.
Gi Platone nel Sofista (262e9, 263a12-13, b2-3) e nel Filebo (37b10-c2) aveva
usato la locuzione , di una certa qualit, a proposito degli enunciati
e delle credenze veri o falsi; e Aristotele nelle Confutazioni Sofistiche (22,
178b27-28) sostiene che lessere vero o falso di un enunciato o di una credenza
non significa un questo () ma un tale (), cio una qualit (,
179a1019). Inoltre, vero e falso per Aristotele non sono relativi n secondo la definizione originaria di relativi:
18
19

Cf. Frege 1918-19, 59 (trad. it. 45).


L.-A. Dorion, pur traducendo con une qualit, nel commento lo interpreta non come
una qualit ma come quelque chose dune certaine qualit, cio come un tat de fait (Do-

383

WalterCavini

T12 ,
.
Si dicono relative tutte quelle cose che, qualunque cosa esse stesse siano essenzialmente, si dicono esserlo di altre, o in qualche altra relazione con unaltra cosa.
Arist. Cat. 7, 6a36-37

n secondo quella riveduta:


T13 .
sono relative quelle cose per le quali essere lo stesso che essere disposto relativamente a qualcosa.
Arist. Cat. 7, 8a31-32

cio non sono n relativi deboli come la sensazione o la conoscenza, che sono
sempre sensazione o conoscenza di qualcosa, n relativi forti come il doppio
o la met, il cui correlato necessariamente un correlativo20. Vero e falso non
sono vero e falso di qualcosa, n il loro correlato esterno (il mondo) a sua volta un correlativo. A meno che non si voglia accogliere la formula protagorea di
vero o falso per qualcuno, ma questa non riguarda i valori di verit, bens gli
atteggiamenti proposizionali di ritenere vero o falso: ci che vero per qualcuno e falso per un altro ci che qualcuno ritiene vero e un altro falso.
Il solo punto di contatto fra i valori di verit e la categoria aristotelica della
relazione con i relativi forti, in quanto il tratto distintivo dei relativi forti di
essere soggetti al mero cambiamento la Cambridge:
una propriet relativa forte se soggetta a ci che oggi chiamato Cambridge
change, cio se il suo portatore pu acquisirla e perderla senza incorrere in alcuna
alterazione intrinseca, ma semplicemente perch qualcosa di esterno ha subito alterazioni. (Sedley 1998, 12)

Questo punto di contatto sufficiente per dire, come sostiene Crivelli, che
anche i valori di verit, pur non essendo dei relativi, sono tuttavia dei relativi rispetto al genere, come la grammatica e la musica? In realt la grammatica e la
musica sono relativi rispetto al genere conoscenza, ma la conoscenza un relativo debole e quindi non soggetto al mero cambiamento la Cambridge: lo starion 1995, 356-358), attribuendo (erroneamente) tale interpretazione a Waitz 1846, 570. Contra Goldin 2002, 240 s. n. 35; cf. anche Crivelli 2004, 189; Fait 2007, 192.
20
Sulle due definizioni dei relativi, originaria e riveduta, di Categorie 7 e la distinzione fra relativi deboli e relativi forti, cf. Sedley 1997; sullanalogia fra i relativi forti aristotelici e le
disposizioni relative ( ) degli Stoici, e sul mero Cambridge change come
tratto distintivo di entrambi, cf. Sedley 1998.

384

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to di relativit debole non meramente una funzione del suo correlato esterno,
ma i relativi deboli, a differenza dei relativi forti, sono caratterizzati primariamente da una condizione intrinseca (Ivi, 24).
Si potrebbe forse obiettare che i valori di verit sono relativi rispetto al genere corrispondenza e la corrispondenza un relativo forte. Ma proprio cos? In
particolare, lecito attribuire senzaltro ad Aristotele una teoria della verit come corrispondenza, come vuole una lunga tradizione e come argomenta ora anche Crivelli con ammirevole tenacia e acribia? (cf. Crivelli 2004, cap. 4) Credo
vi sia pi di un motivo di dubitare al riguardo. Qui mi limito a citarne solo due.
In primo luogo, luso metaforico degli aggettivi , e derivati per esprimere la corrispondenza o non corrispondenza al mondo, uso attestato
nel passo sopra citato di Dexippo come anche nei successivi commentatori greci
di Aristotele21, del tutto assente in Aristotele e in generale nella filosofia greca
prima dellet ellenistica. A mia conoscenza, tale uso attestato con sicurezza solo a partire da Sesto Empirico, che se ne serve due volte in Contro i Logici, la
prima in riferimento alla teoria di Carneade della rappresentazione probabile:
T14 ,
, .
dunque in relazione alloggetto rappresentato che <la rappresentazione> diviene
o vera o falsa, e vera quando in accordo con loggetto rappresentato, falsa invece
quando in disaccordo.
S.E. M. VII 168

la seconda parlando della materia della dimostrazione:


T15 ,

, , , .
ogni enunciato infatti giudicato vero o falso in riferimento alloggetto di cui si
occupa: se si scopre in accordo con loggetto di cui si occupa, ritenuto vero, se
invece in disaccordo, falso.
S.E. M. VIII 32322

21

Vedi per es. Syrian. in Metaph. 172.20-21 Kroll:


; Ammon. in Int. 82.15-16 Busse:
; Simp. in de An. 206.3435 Hayduck: .
22
Sesto Empirico attesta anche per primo lobiezione poi sempre ripetuta a ogni teoria della verit come corrispondenza: ,
; (M. VII 385).

385

WalterCavini

In Aristotele invece luso metaforico di , e non


riguarda la corrispondenza o non corrispondenza al mondo degli enunciati e delle credenze che essi esprimono, ma laccordo o il disaccordo fra ragione e desiderio, o laccordo fra le tesi sostenute e le opinioni dei sapienti. E anche nel solo
passo in cui compaiono associati il vero e il falso, cio
T16 ,
[].
col vero infatti concordano tutti i dati a disposizione, col falso invece sono subito
in disaccordo.
Arist. EN I 8, 1098b11-12

i dati a disposizione cui fa riferimento Aristotele sono sempre le opinioni accreditate sullargomento ( , 1098b10-11).
In secondo luogo, a mio avviso, non solo estraneo alluso aristotelico il
termine corrispondenza, ma soprattutto estranea al suo pensiero come anche in generale al pensiero greco dellet classica la teoria filosofica soggiacente a tale termine, cio la teoria della verit come corrispondenza23. Non ho
modo qui di sostenere adeguatamente questa tesi. Mi limito a suggerire come alternativa valida, da un punto di vista sia storico sia teorico, quella che oggi
chiamiamo teoria semplice o modesta della verit, cio la teoria che ha come punto di partenza la formula veridica del linguaggio comune:
Le cose stanno cos come tu dici che stanno
come formula equivalente a
Tu dici il vero
e analizza tale formula ipotattica (comparativa) in una formula paratattica (congiuntiva) logicamente equivalente, cio:
Le cose stanno cos e tu dici che le cose stanno cos,

23

Se si pu parlare di teoria nel caso della teoria della verit come corrispondenza. Vedi le riserve espresse al riguardo da C. J. F. Williams in Williams 1976, 96. Per le varie forme assunte dalla teoria della verit come corrispondenza nel pensiero contemporaneo, cf. ora in particolare Volpe 2005, cap. 3. Quella che P. Crivelli attribuisce ad Aristotele una teoria della corrispondenza come congruenza o isomorfismo tra asserzioni e realt (cf. Crivelli 2004, 23-24,
131-137).

386

VeroefalsonelleCategorie

formula che non richiede alcuna relazione di corrispondenza, ma solo quella di


identit fra come stanno le cose e come tu dici che stanno. In questo modo la
teoria semplice della verit salva lovviet contenuta nella teoria della verit
come corrispondenza (the Correspondence Platitude)24, senza tuttavia introdurre
una relazione come quella di corrispondenza, che, come scrive C. J. F. Williams,
at least as problematic as the concept of truth25.
La conclusione che Crivelli trae dal fatto che i valori di verit come i relativi
(forti) sono soggetti al mero cambiamento la Cambridge, che vero e falso
per Aristotele non sono propriet genuine, dal momento che la relazione meno
di tutte le altre categorie una certa sostanza e un certo essere (T10) e i valori
di verit si comportano come relativi. Ora, se per propriet genuine si intende
propriet reali26, cio propriet ontiche, allora i relativi sono per Aristotele propriet genuine, anche se i relativi forti risultano essere ontologicamente deboli in
quanto soggetti al mero cambiamento la Cambridge. Del resto, se vero che
Socrate ora pi basso di Teeteto senza aver subito un cambiamento reale, tuttavia anche vero che Teeteto ora pi alto di Socrate perch ha subito un
cambiamento reale ( cresciuto in altezza). In questo senso invece i valori di verit non sono propriet genuine in quanto non sono propriet ontiche: sono qualit che non fanno parte della categoria aristotelica della qualit, cio non fanno
parte delle qualit ontiche o reali. Ma se per propriet genuine si intende propriet che fanno comunque la differenza, ebbene in questo senso anche i valori
di verit sono propriet genuine, perch fa differenza dire che un enunciato o
una credenza sono veri o falsi. Solo che non si tratta di propriet ontiche, ma di
propriet logiche.
Per precisare in che senso per Aristotele i valori di verit sono propriet logiche, occorre tuttavia esaminare il testo forse pi importante delle Categorie su
vero e falso, cio Cat. 12, 14b10-22, e insieme affrontare un problema fin qui
accuratamente celato nelle pieghe delle traduzioni, quello del significato di
come correlato esterno degli enunciati e delle credenze.

24

Cf. Wright 1992, 25 et passim; Knne 2003, 113 e n. 79.


Williams 1976, 96. Per la formula veridica comparativa nel pensiero antico da Omero a Platone, cf. Kahn 1973, 334-342. Per unanalisi della definizione aristotelica di vero e falso nei termini della formula veridica congiuntiva (paratattica) corrispondente alla formula veridica
comparativa (ipotattica), vedi Williams 1976, 67 s. Per la formula veridica congiuntiva nella
logica stoica, cf. Cavini 1993.
26
Cf. Crivelli 2004, 30 s.: The fact that an object can have a relational property at one time and
lack it at another without undergoing any change is for Aristotle a sign that relational properties are hardly real, i.e. are not genuine properties (acquiring or losing them does not make a
change).
25

387

WalterCavini

3. Regula Aristotelis e Principio C


Nella risposta allobiezione sull della sostanza alla fine di Categorie 5,
il termine come correlato esterno degli enunciati e delle credenze compare in due modi distinti. Nel primo modo, a 4a35-36 e 4a37-b1, come associato
ai participi e , e quindi come soggetto del mutamento reale
responsabile del divenire ora vero ora falso dellenunciato e della credenza:
T17 ,

,
.
lenunciato e la credenza permangono in tutto e per tutto senza cambiamento, ma
quando cambia loggetto in questione che si genera in essi il contrario: infatti lenunciato permane lo stesso, Un tale seduto, ma una volta che loggetto in questione ha subito un cambiamento diviene ora vero ora falso; analogamente anche
nel caso della credenza.
Arist. Cat. 5, 4a34-b2

Nel secondo modo, a 4b8, come soggetto delle infinitive sostantivate


che esprimono la causa dellessere detto vero o falso dellenunciato:
T7 ,
.
infatti perch loggetto in questione <cos> o non <cos>, che anche lenunciato detto essere vero o falso.
Arist. Cat. 5, 4b8-10

In entrambi i casi le traduzioni recenti tendono a tradurre il termine


in modo uniforme. Le traduzioni uniformi del termine sono di due tipi: da un lato, reso univocamente con oggetto (Colli 1955, Tricot 1966, IrwinFine 1995, Crivelli 2004) o cosa (Oehler 1984, Zanatta 1989) o cosa reale
(actual thing, Ackrill 1963); dallaltro, con stato di cose (Bods 2001, Ildefonse-Lallot 2002). Fa eccezione la traduzione ibrida di Pierre Pellegrin e Michel Crubellier (Pellegrin-Crubellier 2007), che rende le due prime occorrenze
del termine (4a35-36 e 4a37-b1) con oggetto e lultima (4b8) con il fatto di
cui si parla.
Significativo poi anche il modo in cui viene tradotta la disgiunzione
a 4b8-9: si va dal semplice calco o non (Zanatta 1989, Irwin-Fine
1995, Ildefonse-Lallot 2002, Crivelli 2004, Pellegrin-Crubellier 2007) o essere
o non essere (Oehler 1984) alla sua interpretazione con un verbo di esistenza,
388

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sussiste o non sussiste (Colli 1955) o esiste o non esiste (Ackrill 1963, Bods 2001), o con una formula equivalente come la realt o la non realt (Tricot 1966).
Queste traduzioni tuttavia non sono di per s eloquenti e rischiano anzi di essere ambigue. Colpisce soprattutto il fatto che i traduttori per lo pi non sentano
lesigenza di giustificare le loro scelte o le giustifichino talvolta in modo contraddittorio. Ackrill, per esempio, da un lato traduce la prima occorrenza di
con the actual thing, limitandosi a mettere il termine in corsivo; dallaltro, commentando il passo (Ackrill 1963, 90), esordisce attribuendo senzaltro ad Aristotele la teoria della verit e falsit degli enunciati e delle credenze
come corrispondenza e mancanza di corrispondenza al fatto [corsivo mio],
ma subito dopo sottolinea giustamente come per Aristotele sia la sostanza individuale a subire un cambiamento reale e a rendere in questo modo vero o falso
lenunciato o la credenza.
I problemi che pone la traduzione del termine in questo testo sono
stati lucidamente riassunti da Gabriel Nuchelmans in un passo del suo libro sulle
teorie della proposizione, che val la pena di citare per intero:
There is still another relevant passage in which the word pragma occurs, namely
Cat. 4 a 35. There it is said that the logos and the doxa that somebody is seated
remain absolutely the same; we call them now true and now false because of a
change in the pragma (tou pragmatos kinoumenou or kinthentos). It is perhaps
just possible to take pragma as referring to the person who first sits and then gets
up. But it is hard to see how this interpretation can be harmonized with the formula which follows a bit further on in the text: it is because the pragma is or is not
that the logos is said to be true or false. For here it is not the existence [corsivo
mio] of the person in question which renders the logos true or false but his sitting
or not sitting. On the other hand, it is also difficult to tell what exactly changes if
the pragma is not the person. Surely not the conceived state of affairs or the actual
fact. The best tanslation would perhaps be: because the situation changes. But then
again it seems difficult to fit this meaning of the word pragma into the above mentioned formula. (Nuchelmans 1973, 34 s.)

Ci che Nuchelmans sostiene che una traduzione uniforme del termine


nel testo in esame sembra essere impossibile. Se lo traduciamo con cosa o oggetto, intendendo con Ackrill per cosa o oggetto la sostanza individuale, questa traduzione si accorda perfettamente con il genitivo assoluto
di 4a25 e 27, dove il pronome chiaramente si riferisce
a una persona: Socrate, una sostanza individuale e non uno stato di cose, che
alla fine del Teeteto si alza per andare dallArconte Re, rendendo in questo modo falso lenunciato Socrate seduto e la credenza corrispondente; ma tale traduzione e interpretazione non si accorda, secondo Nuchelmans, con loccorren389

WalterCavini

za finale del termine nella formula infinitiva ,


perch non lesistenza <o la non esistenza> della persona in questione a rendere il logos vero o falso, ma il suo essere seduta o non essere seduta. Daltra
parte, la traduzione di con stato di cose, se soddisfa la formula infinitiva, sembra inconciliabile con le prime due occorrenze del termine: uno stato di
cose, a differenza di una sostanza prima, non soggetto a un cambiamento reale,
ma o si d o non si d (is the case or is not the case), vale a dire o un fatto o
non un fatto.
La conclusione che ne trae Nuchelmans che Aristotele usi a very vague
word rather loosely. Quella che ne hanno tratto Pierre Pellegrin e Michel Crubellier di tradurre nei primi due casi con oggetto, nellultimo con il
fatto di cui si parla. A mio avviso, invece, luso aristotelico del termine nel testo in esame non n vago n equivoco ed possibile darne una traduzione uniforme. Tra le due traduzioni in gioco, oggetto e stato di cose, la seconda mi
sembra senzaltro da rifiutare, perch le prime due occorrenze del termine fanno
chiaramente riferimento a una sostanza prima in quanto soggetto di un cambiamento reale e come tale causa di un mero cambiamento la Cambridge dellenunciato e della credenza. Propongo quindi di tradurre con oggetto nel
senso di oggetto tematico dellenunciato e della credenza, vale a dire come ci
di cui si dice o si crede qualcosa, cio loggetto in questione27. Tale oggetto, in
quanto suscettibile di un cambiamento reale, non pu essere uno stato di cose,
cio un oggetto proposizionale designato da nominalizzazioni infinitive come
lessere seduto di Socrate o dichiarative come che Socrate seduto, ma una
sostanza prima, perch solo una sostanza prima soggetta a un cambiamento
reale pur conservando nel tempo la propria identit numerica.
Lontologia aristotelica, in particolare nelle Categorie, unontologia della
sostanza e dei suoi attributi essenziali o accidentali, e non prevede oggetti proposizionali come gli stati di cose. A meno che per stati di cose non si intenda
informalmente modi di essere temporanei (accidentali) o permanenti (essenziali)
della sostanza. Ma nellaccezione filosofica che la locuzione ha assunto nella filosofia contemporanea, alla fine dellOttocento con Franz Brentano e la sua

27

Cf. Irwin-Fine 1995, 10: the object <they [scl. statements and beliefs] are about>. Uno dei
significati abituali del termine in greco antico appunto quello di tema del discorso,
per cui andare andare fuori tema. Per Platone condizione necessaria del
che sia di qualcosa, cio che abbia un : cf. Pl. Sph. 262e6-7 (
, , , ) e 262e13-15 (
,
). Vedi anche Arist. Metaph. 4, 1006a13-14 (
, ).

390

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scuola e agli inizi del Novecento con Bertrand Russell e Ludwig Wittgenstein28,
gli stati di cose non rientrano fra gli enti possibili dellontologia aristotelica: il
mondo per Aristotele non , come scrive Wittgenstein allinizio del Tractatus,
tutto ci di cui si d il caso o la totalit dei fatti. Tale tesi spettrale29 non
ha alcuna risonanza nel pensiero aristotelico: il mondo per Aristotele la totalit
degli enti e degli eventi e processi che li riguardano, e gli enti si dividono in sostanze e attributi essenziali o accidentali delle sostanze30.
Ma se per dobbiamo intendere loggetto in questione, cio la sostanza prima oggetto tematico dellenunciato e della credenza, come adattare tale interpretazione allinfinitiva sostantivata ? Ci
impossibile, se con Nuchelmans e alcune delle traduzioni recenti diamo al verbo
essere il valore completo di verbo di esistenza. Ma tale valore non affatto necessario. In Aristotele il verbo essere pu avere il valore incompleto di essere
28

Sul concetto di stati di cose nella filosofia contemporanea vedi ora Salice 2008 e Reicher
2009. Sul suo pendant tardomedioevale, il complexe significabile di Gregorio da Rimini, cf.
Elie 1937 e Nuchelmans 1973, capp. 14-15.
29
Cf. Heidegger 1977, 65 (trad. it. 90): Eigentlich ein gespenstischer Satz (Una frase che in
verit ha dello spettrale); vedi anche Mourelatos 1969, 742, e Kahn 1969, 334. Come osserva
giustamente W. Knne a proposito dellesempio scelto da Frege nelle Ricerche Logiche per illustrare la relazione di corrispondenza, cio la Cattedrale di Colonia, [f]or centuries, correspondence had been wedded to thing, or object, rather than to fact. Nevertheless, in the
vast amount of literature on our topic this very tenacious union is hardly so much even mentioned (Knne 2003, 94).
30
Cf. Geach 1972, 21: Ross is quite clearly anachronistic in ascribing to Aristotle a metaphysic
that admits facts as entities. Of course the phrase in Aristotle may often be
rendered by the general phrase the facts; but the idea of a principle of individuation for
, corresponding to modern discussions of when the fact that p is the same fact as the
fact that q, is simply not to be found in Aristotles works; and moreover there is no Greek construction in Aristotle, say , ..., corresponding to the construction of the
words the fact with a that clause. Anche P. Simons, che pure tra i fautori dellattribuzione
ad Aristotele degli stati di cose, deve riconoscere onestamente che Aristotle does not in
contrast to modern exponents of the concept of states of affairs place much weight upon it.
The remarks we have quoted are frequently of the nature of asides in the discussion, and the
concept appears to play little or no part in the great theoretical treatises in particular the Analytics and the Metaphysics of Aristotles maturity (Simons 1988, 106). Fra questi asides aristotelici in cui sarebbe evocato il concetto di stato di cose, quello in apparenza pi significativo Metaph. 29, 1024b17-26, sul concetto di oggetto falso ( ): qui
mi limito a osservare che per oggetto falso Aristotele intende in questo caso un oggetto inesistente, o perch come il tuo essere ora seduto o lessere commensurabile della diagonale
temporaneamente o permanentemente inesistente, o perch come nel caso della pittura illusionistica e dei sogni immagine illusoria di qualcosa di inesistente. Ma, come osserva Knne,
[t]he point at issue is not whether Aristotle even refers to facts or states of affairs, but whether a reference to them enters in his account of truth (Knne 2003, 96 n. 17). In ogni caso, i
fatti o stati di cose riscontrabili in Aristotele si riducono a sostanze che esemplificano attributi:
cos lesser seduto di Socrate si riduce allesemplificazione da parte di un corpo della propriet
di esser seduto (cf. Simp. in Cat. 397.11-12 Kalbfleisch, dove gli oggetti soggiacenti allaffermazione Socrate seduto e alla negazione Socrate non seduto sono detti ,
cio corpi qualificati, e non equivalgono, come vuole R. Gaskin (Gaskin 1998, 48), a complexe
significabilia, cio a stati di cose).

391

WalterCavini

cos o non essere cos, cio pu stare per un predicato affermativo () o


negativo ( 31). Pertanto linfinitiva pu essere resa esplicita in questo
modo: infatti perch loggetto in questione cos o non cos, e la tesi di
Aristotele viene allora a coincidere con quella che leggiamo in un passo di Metafisica 10, dove chiaramente il verbo essere ha valore copulativo:
T18 ,
.
Infatti non perch noi riteniamo in modo vero che tu sei bianco, che tu sei bianco, ma perch tu sei bianco, che noi, dicendo questo, diciamo il vero.
Arist. Metaph. 10, 1051b6-9

La tesi che Aristotele sostiene alla fine di Categorie 5 si pu quindi riassumere cos: perch Socrate seduto o non seduto, che lenunciato Socrate seduto detto vero o falso, vale a dire perch la sostanza prima Socrate riceve i
contrari subendo essa stessa un cambiamento reale, che lenunciato corrispondente detto ora vero ora falso. In questo modo il termine ha un significato univoco e le sue tre occorrenze alla fine di Categorie 5 possono essere tradotte uniformemente con loggetto in questione.
Resta ora da vedere quale significato attribuire al termine nellaltro testo delle Categorie in cui compare associato al vero e al falso, cio in Categorie 12.
Tale testo ribadisce la priorit causale della sostanza e dei suoi cambiamenti reali rispetto ai valori di verit degli enunciati e delle credenze, ma da un punto di
vista diverso sia da quello di Categorie 5 sia da quello di Metafisica 10, cio
evocando una nuova propriet del vero e del falso, che risulta cruciale per la loro natura di propriet logiche degli enunciati e delle credenze:
T19 (a)
(b) ,
(c) , (d)
, (e)
,
(f)
.
(a) infatti essere un uomo32 si converte secondo la conseguenza di essere nellenunciato vero al riguardo, (b) perch se x un uomo, allora vero lenunciato con
31
32

Per un uso analogo di , cf. infra, 394 (T20) e 400 n. 45.


Non c ragione di tradurre con esiste un uomo dando a il valore di esistenza (de secundo adiacente) e non di copula (de tertio adiacente) come fanno quasi tutti gli
interpreti recenti (Colli 1955, Ackrill 1963, Tricot 1966, Oehler 1984, Zanatta 1989, Bods
2001, Ildefonse-Lallot 2002). Fa eccezione la traduzione di Pellegrin-Crubellier 2007: ceci

392

VeroefalsonelleCategorie

cui diciamo che x un uomo; (c) e certo vale la conversa: (d) se infatti vero lenunciato con cui diciamo che x un uomo, allora x un uomo; (e) ma lenunciato
vero non in alcun modo causa del fatto che loggetto in questione sia <cos>,
invece loggetto in questione che appare in qualche modo causa del fatto che lenunciato sia vero: (f) infatti perch loggetto in questione <cos> o non <cos> che lenunciato si dice vero o falso.
Arist. Cat. 12, 14b14-22

Il passo chiaramente bipartito: le clausole (a)-(b) e (c)-(d) stabiliscono congiuntamente un nuovo principio relativo ai rapporti fra essere ed essere vero, un
principio di conversione o implicazione reciproca che apparentemente un
principio di simmetria logica33; le clausole (e)-(f) stabiliscono invece il principio
della priorit causale di essere rispetto a essere vero malgrado la loro convertibilit reciproca, cio un principio di asimmetria ontologica. Vediamo anzitutto il
nuovo principio.
Il nuovo principio si articola in due clausole, di cui luna la conversa dellaltra:
(b) Se x un uomo, allora lenunciato x un uomo vero
(d) Se lenunciato x un uomo vero, allora x un uomo.

est un homme, cest un homme. Per il valore predicativo ellittico di , cf. per
esempio di Int. 9, 18b1 (cf. infra, T20).
33
Come interpretare la formula usata da Aristotele al riguardo, cio
, una formula che nel corpus aristotelicum compare solo nelle
Categorie? I traduttori pi recenti sono concordi nel ritenere che limplicazione reciproca riguardi lesistenza: cos per esempio Ackrill traduce of things which reciprocate as to implication of existence e analogamente Pellegrin e Crubellier traducono de deux termes entre lesquels limplication dexistence se convertit. Questo sembra comprovato dalla prima occorrenza della formula allinizio di Categorie 12, 14a29-35, a proposito del modo di essere anteriore di ci che non si converte : luno anteriore al due, perch lesistenza del due implica o presuppone quella delluno, ma non viceversa. Nel nostro caso invece vi sarebbe, da un lato, conversione reciproca di essere ed essere vero, dallaltro, priorit causale di essere rispetto a essere vero. Ma non vedo
come nel caso di essere ed essere vero si possa parlare di unimplicazione reciproca che riguarda lesistenza: essere un uomo non implica lesistenza dellenunciato corrispondente, ma
la sua verit, il suo essere vero. Un caso analogo forse quello di Categorie 13, 15a4-7, a proposito dellanteriorit dei generi rispetto alle specie: anche i generi, come luno rispetto al due,
non si convertono rispetto alle specie , perch appartenere a
una specie implica necessariamente appartenere al genere sovraordinato, ma appartenere a un
genere non implica necessariamente appartenere a una specie subordinata: se x acquatico, allora necessariamente x un animale, ma se x un animale, allora non necessariamente x acquatico. Anche in questo caso la conseguenza non quella dellesistenza, ma quella predicativa dellessere acquatico o animale. Per la conversione della conseguenza cf. anche Arist. SE 5,
167b1-3:
, .

393

WalterCavini

La clausola (b) stabilisce che essere implica essere vero, la clausola (d) stabilisce che essere vero implica essere. Insieme stabiliscono lequivalenza:
Lenunciato x un uomo vero se e solo se (sse) x un uomo.
I filosofi medievali (G. Buridano) hanno chiamato tale equivalenza Regula
Aristotelis34 e i filosofi moderni (M. Dummett) Tesi di Equivalenza35. Le due
clausole della tesi corrispondono rispettivamente allascesa semantica da essere a essere vero (la clausola (b)) e alla discesa semantica da essere vero a
essere (la clausola (d)). Tale tesi ribadita e ampliata in un passo del de Interpretatione:
T20 (a) ,
, (b) , (c)
, , (d) , [].
(a) Se infatti vero dire che x bianco o x non bianco, allora necessariamente x
bianco o x non bianco, e (b) se x bianco o x non bianco, allora era vero affermare o negare <che x bianco o x non bianco>; e (c) se non cos, allora si
dice il falso, e (d) se si dice il falso, allora non cos [].
Arist. Int. 9, 18a39-b3

Si danno pertanto quattro casi:


(a) Se vero (dire) che x (non) bianco, allora necessariamente x (non)
bianco;
(b) Se x (non) bianco, allora necessariamente vero (dire) che x (non)
bianco;
(c) Se x non bianco, allora necessariamente falso (dire) che x bianco;
(d) Se falso (dire) che x bianco, allora necessariamente x non bianco.
Le clausole (a) e (b) di T20, analogamente alle clausole (b) e (d) di T19, stabiliscono congiuntamente la Tesi di Equivalenza fra essere ed essere vero sia per
le affermazioni sia per le negazioni:

34

G. Buridano, Sophismata, VIII 2, 45, 47, citato in Knne 2003, 151 e n. 183. In realt Aristotele non enuncia mai la Tesi di Equivalenza come tale, cio il bicondizionale Lenunciato p
vero sse p, ma i due condizionali conversi che la compongono, la discesa e lascesa semantiche; n per Aristotele tale tesi rappresenta una condizione di adeguatezza per lanalisi del
concetto di verit. La formulazione esplicita della Tesi di Equivalenza e la sua interpretazione
come condizione di adeguatezza per lanalisi del concetto di verit sono dovute, com noto,
ad A. Tarski.
35
Dummett 1973, 445.

394

VeroefalsonelleCategorie

Lenunciato x (non) bianco vero sse x (non) bianco.


Le clausole (c) e (d) stabiliscono invece congiuntamente la Tesi di Equivalenza fra non essere ed essere falso limitatamente alle affermazioni:
Lenunciato x bianco falso sse x non bianco,
banalmente estendibile alle negazioni:
Lenunciato x non bianco falso sse x bianco.
Il testo T20 aggiunge inoltre un altro elemento di rilievo, cio la necessit
logica ( ) della Tesi di Equivalenza. In questo
senso, come vedremo fra breve, si pu parlare di vero e falso per Aristotele come di propriet logiche degli enunciati e delle credenze.
Ma veniamo ora brevemente al secondo principio stabilito da T19, cio la relazione asimmetrica di priorit causale di essere rispetto a essere vero (e di non
essere rispetto a essere falso36). Tale principio introdotto qui da Aristotele perch largomento di Categorie 12 appunto quello della relazione di priorit
(), e la priorit causale di essere rispetto a essere vero uno dei cinque
modi elencati da Aristotele in cui una cosa si dice di unaltra.
La relazione asimmetrica di priorit causale di essere rispetto a essere vero
introdotta da Aristotele per contrasto rispetto alla relazione simmetrica di conversione o implicazione reciproca: la simmetria logica non implica una simmetria ontologica. E se il principio di simmetria logica corrisponde alla Tesi di
Equivalenza, il principio di asimmetria ontologica corrisponde a quello che
sempre Michael Dummett ha chiamato Principio C (dove C sta per Corrispondenza37), cio al principio secondo cui [i]f a statement is true, there must
be something in virtue of which it is true. Pertanto, se al principio di ascesa
semantica

36
37

Sulla priorit di essere rispetto a essere vero cf. Williams 1991, 305-312.
Per Dummett il Principio C (If a statement is true, there must be something in virtue of which
it is true) tale in quanto underlies the philosophical attempts to explain truth as a correspondence between a statement and some component of reality (Dummett 1993, 52). A mio
avviso, tale principio tutto quanto si pu trovare in Aristotele di una teoria della verit come
corrispondenza, e una prova che la Regula Aristotelis di Cat. 12 non equivale alla definizione
semantica della verit di Metaph. 7 (T22). Per la discussione del Principio C, cf. ora in particolare Knne 2003, 148-154. Dummett chiaramente distingue questo principio dalla Tesi di
Equivalenza: the correspondence theory expresses one important feature of the concept of
truth which is not expressed by the law It is true that p if and only if p [] that a statement is
true only if there is something in the world in virtue of which it is true (Dummett 1978, 14).

395

WalterCavini

Se x bianco, allora lenunciato x bianco vero,


corrisponde il Principio C
Lenunciato x bianco vero, perch x bianco,
ci non vale per il principio di discesa semantica
Se lenunciato x bianco vero, allora x bianco,
perch assurdo dire che x bianco, perch lenunciato x bianco vero.
In questo modo abbiamo almeno tre formulazioni aristoteliche del Principio C:
T7 ,
.
infatti perch loggetto in questione <cos> o non <cos>, che anche lenunciato detto essere vero o falso.
T19 ,

.
ma lenunciato vero non in alcun modo causa del fatto che loggetto in questione
sia <cos>, invece loggetto in questione che appare in qualche modo causa del
fatto che lenunciato sia vero: infatti perch loggetto in questione <cos> o
non <cos> che lenunciato si dice vero o falso.
T18 ,
.
Infatti non perch noi riteniamo in modo vero che tu sei bianco, che tu sei bianco, ma perch tu sei bianco, che noi, dicendo questo, diciamo il vero.

Le tre versioni sono strettamente collegate fra loro: in particolare, T7 e T19


contengono la stessa formulazione del Principio C con lievi varianti stilistiche, e
quindi anche il significato di sar lo stesso in entrambi i casi38, mentre
38

Vi sono altre due occorrenze del termine nelle Categorie: nella prima (7, 7b25), il
termine usato come sinonimo di , cio di oggetto della conoscenza scientifica, di
cui un esempio dato dalla quadratura del cerchio (7b31-32); nella seconda (10, 12b15), invece, come loggetto soggiacente agli enunciati aperti contraddittori (ovvero ai predicati a un posto) x seduto e x non seduto, cio la posizione ( ) designata dagli infiniti essere seduto e non essere seduto. Per linterpretazione dellaffermazione e negazione opposte
di Cat. 10, 11b23 e 12b13, come enunciati aperti, rimando al mio saggio

396

VeroefalsonelleCategorie

T19 e T18 presentano la stessa struttura avversativa (, ), cio contengono lesclusione del caso che sia lessere vero dellenunciato o della credenza la causa dellessere cos delloggetto in questione39.
In che senso dunque possiamo dire che il concetto di verit e falsit fin qui
delineato da Aristotele nelle Categorie un concetto di verit e falsit come
propriet logiche genuine degli enunciati e delle credenze che essi esprimono?
Nella letteratura recente sul concetto di verit, la tesi che la verit sia una propriet logica genuina stata sostenuta in particolare da C. McGinn e da W.
Knne. Ma i due autori divergono profondamente sul significato da dare a propriet logica.
Per McGinn la verit una propriet logica delle proposizioni espresse dagli
enunciati dichiarativi nel senso che una propriet deduttiva: truth is a property of a proposition from which one can deduce [corsivo mio] the fact stated by
the proposition, ed la sola a essere tale (McGinn 2000, 96). Lessenza della verit la decitazione (disquotation), cio la Tesi di Equivalenza:
La proposizione p vera sse p,
in particolare la discesa semantica:
Se la proposizione p vera, allora p,
che sola autorizza la deduzione di fatti da proposizioni, cio la transizione dalle
proposizioni al mondo, and this transition is the whole point of the notion of
truth40.

Un nuovo papiro delle Categorie: PHarris I 2 e Arist. Cat. 10, di prossima pubblicazione
(Cavini 2011). Escludo comunque che gli infiniti sostantivati di
Cat. 10, 12b14-15 (ma 15-16 Minio-Paluello) designino stati di cose affermativi e negativi
(contra Ackrill 1963, 110; Gaskin 1998, 44 s.; Gaskin 2000, 136; Knne 2003, 96 n. 17; Crivelli 2004, 50). Per oggetti soggiacenti ( ) come quelli designati rispettivamente dal soggetto e dal predicato di un enunciato dichiarativo, cf. Arist. Int. 12, 21b2728, e a proposito invece di , ivi, 21b29.
39
Lo stesso principio ribadito in Arist. Int. 9, 18b36-19a1: ,
,
,
.
40
Ivi, 102. La falsit una propriet analoga, anche se la sua essenza non la decitazione in senso stretto, perch nello schema:
La proposizione p falsa sse non-p
il lato destro del bicondizionale non una decitazione del lato sinistro in quanto contiene in
pi la negazione. La falsit semplicemente decitazione pi negazione e come tale anchessa
una propriet deduttiva: dalla falsit di una proposizione si pu sempre dedurre la sua negazione (cf. ivi, 98).

397

WalterCavini

Per Knne, invece, lessenza della verit non la decitazione e la verit non
una propriet logica perch autorizza sempre linferenza dalle proposizioni ai
fatti. La verit una propriet lato sensu logica (a broadly logical property)41,
perch la teoria modesta (the modest account) della verit proposizionale proposta da Knne si serve di un apparato logico minimo (insieme al concetto intensionale di proposizione) per definire il predicato vero. quanto gi osservava C. J. F. Williams a proposito della teoria semplice della verit, di cui la
teoria modesta di Knne in sostanza una variante intensionale:
Things are as Percy says they are is itself something whose meaning can be elucidated with the help of quantification, identity, truth-functions and sentential variables. (Williams 1976, 96)

Per Williams come per Knne lessenza della verit enunciativa (Williams) o
proposizionale (Knne) non espressa dal principio di decitazione, ma dalla
formula comparativa del linguaggio comune
Le cose stanno cos come x dice che stanno42,
che la teoria semplice o modesta della verit ritiene equivalente alla formula
congiuntiva
Le cose stanno cos e x dice che le cose stanno cos,
per cui
x dice in modo vero che p sse p e x dice che p.
Ora, nelle Categorie aristoteliche troviamo chiaramente espresso per la prima
volta il principio di decitazione, in particolare la discesa semantica
Se lenunciato x un uomo vero, allora x un uomo,

41

Lato sensu e non sans phrase come per McGinn, perch il concetto (moderno, cio intensionale) di proposizione non un concetto logico (Knne 2003, 338).
42
In esergo al suo libro sul concetto di verit, Williams mette significativamente un passo del
Parmenide di Platone (161e4-5), in cui compare la formula veridica comparativa del greco
comune: , ; e
Knne, a sua volta, cita un verso dellIliade di Omero (XXIV 373), in cui tale formula compare in greco per la prima volta: (Knne 2003,
333).

398

VeroefalsonelleCategorie

che nel passo corrispondente del de Interpretatione (9, 18a39-b1 = T20) detta
necessaria. Anche per Aristotele quindi la propriet espressa dai predicati semantici vero e falso una propriet logica in quanto autorizza il passaggio
dagli enunciati in menzione agli enunciati in uso, cio linferenza dagli enunciati
(e dalle credenze che essi esprimono) al mondo. Inoltre tale propriet logica dei
predicati semantici vero e falso non presente nel pensiero antico solo in
Aristotele, ma compare anche, espressa in forma esplicitamente deduttiva, nella
teoria stoica degli , cio degli argomenti concludenti non in base alle regole di inferenza dei sillogismi anapodittici crisippei. Fra
tali argomenti, infatti, secondo la testimonianza di Alessandro di Afrodisia, ve
ne erano in particolare due che risultavano concludenti in base al predicato semantico x dice il vero ():
T21 ,
. ,
.
Tali infatti sono gli <argomenti> di tal genere: Dione dice che giorno; ma anche
Dione dice il vero; dunque giorno; inoltre, Dione dice che giorno; ma anche
giorno; dunque Dione dice il vero.
Alex.Aphr. in APr. 345.28-30 Wallies (cf. SVF II 260 e FDS 109243)

Il primo dei due argomenti deduttivi chiaramente la variante stoica del


principio di discesa semantica:
Se Dione dice in modo vero che giorno, allora giorno,
cio
Se vero dire che giorno, allora giorno;
il secondo invece la variante stoica del principio di ascesa semantica:
Se Dione dice che giorno ed giorno, allora Dione dice il vero,
cio
Se giorno, allora vero dire che giorno.

43

Sugli della logica stoica cf. Barnes 1990, 78 ss.; sugli argomenti
semantici vedi in particolare Cavini 1993, 86-88.

399

WalterCavini

Daltra parte, com noto, Aristotele d anche una definizione di vero e falso
distinta dal principio di decitazione. Tale definizione formulata in due modi
diversi. Il primo riprende ed espande una formula platonica del Sofista44, ed
quello celeberrimo di Metafisica 7:
T22 (a) (b) , (c)
(d) .
(a) Dire infatti di ci che <cos> che non <cos> o (b) di ci che non <cos>
che <cos> falso; (c) <dire> invece di ci che <cos> che <cos> e (d) di ci
che non <cos> che non <cos> vero.
Arist. Metaph. 7, 1011b26-2745

in cui Aristotele d una definizione per casi di vero e falso46, definendo prima
(a) la negazione falsa e (b) laffermazione falsa, poi le loro rispettive contraddittorie, cio (c) laffermazione vera e (d) la negazione vera. Il secondo invece
una variante aristotelica del primo in termini di affermazione e negazione come
composizione () e divisione () di soggetto e predicato, e dei
rispettivi correlati esterni composti o divisi:
T23
, .
il vero infatti ha <il carattere dell> affermazione nel caso di ci che composto e
<il carattere della> negazione nel caso di ci che diviso; il falso invece <ha il carattere della> contraddittoria di questa partizione.
Arist. Metaph. 7, 1027b20-2347

Entrambe le definizioni, in particolare quella platonica di Metaph. 7, sono


interpretabili come una variante filosofica della formula veridica comparativa
x dice il vero sse le cose stanno cos come x dice che stanno
44

Cf. Pl. Sph. 240e10-241a1: .


.
45
Nella traduzione seguo quella che mi sembra linterpretazione pi probabile delle formule infinitive aristoteliche, cio la lettura de re (dire di ci che che non , ecc.) contro la lettura
de dicto (dire che ci che non , ecc.), per i motivi espressi da Knne 2003, 95 s., dando al
verbo essere il valore incompleto di essere <cos>, cio di variabile predicativa (cf. Williams
1976, 67 s.; Knne 2003, 96-99). La lettura predicativa del verbo essere confermata
dallanaloga formulazione con dei casi di affermazione e negazione vere o false, che
si legge in Int. 6, 17a26-29:
.
46
Cf. Arist. Metaph. 7, 1011b25: .
47
Cf. anche Arist. Metaph. 10, 1051b1-5.

400

VeroefalsonelleCategorie

e sono quindi a loro volta analizzabili nella formula congiuntiva equivalente:


x dice il vero sse le cose stanno cos e x dice che le cose stanno cos.
Sia il principio di decitazione, che Aristotele enuncia per primo, sia la sua definizione di vero e falso enunciativi nelle sue due formulazioni, sono dunque
senzaltro ragioni per attribuire ad Aristotele la tesi che vero e falso enunciativi
sono propriet logiche genuine. Il principio di decitazione fa di vero e falso delle
propriet deduttive; e quanto alla definizione aristotelica di vero e falso enunciativi, al di l della sua interpretazione nel senso della teoria semplice della verit
e dellapparato logico soggiacente a tale teoria, che Aristotele evidentemente
non poteva condividere, non si tratta di una definizione canonica per genere
prossimo e differenza specifica, ma di una definizione per casi48, e si addice
piuttosto a delle propriet logiche che a delle propriet ontiche.
Ma a queste due ragioni se ne pu aggiungere una terza non meno importante. Vero e falso in Aristotele sono da intendersi come propriet logiche non solo
per il principio di decitazione, cio per la discesa semantica da essere vero a essere (per la transizione dagli enunciati al mondo), ma anche per la conversa, per
lascesa semantica da essere a essere vero (per la transizione dal mondo agli
enunciati49). Infatti tale principio solidale sia col Principio C, cio col principio della priorit causale di essere rispetto a essere vero, sia con la tesi sostenuta
alla fine di Categorie 5 del mero cambiamento la Cambridge cui sono soggetti
gli enunciati e le credenze veri o falsi. Come osserva giustamente McGinn, che
le verit siano supervenient on the facts una semplice conseguenza della Tesi di Equivalenza letta da destra a sinistra, cio del principio di ascesa semantica, per cui sempre possibile inferire la verit dai fatti. In termini aristotelici, gli
enunciati e le credenze sono detti ora veri ora falsi non perch soggetti a un
cambiamento reale, ma perch loggetto in questione, la sostanza, soggetta a
un cambiamento reale. Il mero cambiamento la Cambridge dei valori di verit
degli enunciati e delle credenze sopravviene al cambiamento reale della sostanza. Ma questa sopravvenienza, lungi dal farne delle propriet non genuine
o degli attributi ontologicamente deboli degli enti, come nel caso dei relativi forti, ne fa invece delle propriet logiche genuine degli enunciati e delle credenze
corrispondenti sugli enti. Fa differenza infatti ritenere vero o falso un enunciato
o una credenza, perch, per esempio, se qualcuno dice che p e io ritengo vero
48

Vedi lanaloga definizione per casi degli in Top. I 1, 100b21-23 (, 101a11), per
cui cf. Cavini 1989, 18.
49
Cf. Arist. Metaph. 7, 1017a31-35: ,
, ,
, , ,
, .

401

WalterCavini

ci che dice, allora posso sempre inferire che p, posso cio acquisire conoscenza
dei fatti in base alla sua testimonianza (cf. McGinn 2000, 101); viceversa, se ritengo falso ci che dice, ne trarr linferenza che non-p. In questo senso dunque,
cio in quanto propriet logiche genuine degli enunciati e delle credenze che essi esprimono, il vero e il falso, come scrive Aristotele in Metafisica 4, non sono nelle cose ( ), ma sopravvengono alle cose nel pensiero
dianoetico ( ), cio non appartengono alle categorie dellente, ma sono
un del pensiero dianoetico che compone e divide le categorie dellente50.
In conclusione, come osserva M. Burnyeat, le Categorie non sono una metafisica nel senso pertinente del termine, quello per cui la Metafisica di Aristotele
appunto una metafisica. Il compito che Aristotele si sarebbe proposto scrivendo le Categorie sarebbe stato invece quello, molto pi difficile, di scrivere per
principianti assoluti, writing for absolute beginners (Burnyeat 2001, 107 s.).
Ma anche se le Categorie sono unopera per principianti, le intuizioni aristoteliche contenute in esse sul vero e il falso restano comunque, a mio avviso, la migliore introduzione allanalisi filosofica del concetto di verit e dei suoi enigmi.

RIFERIMENTI
Ackrill 1963
Ademollo 2010
Alberti 1990
Barnes 1990
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Cf. Arist. Metaph. 4, 1027b25-1028a1; vedi anche la definizione pseudoplatonica di come ([Pl.] Def. 413c6).

402

VeroefalsonelleCategorie

Bonitz 1870
Bonomi-Zucchi 2001
Burnyeat 2001
Caston-Graham 2002
Cavini 1989
Cavini 1993
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Cavini 2011

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Crivelli 2004
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Dummett 1978
Dummett 1993
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Gaskin 2000
Geach 1969
Geach 1972
Gigon-Fischer 1988
Glucker 1994
Gourinat 2006
Goldin 2002
Hall 1933
Heidegger 1977
Ildefonse-Lallot 2002
Irwin-Fine 1995
Jones 2010
Kahn 1969
Kahn 1973
Knne 2003
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Pellegrin 2000
Pellegrin-Crubellier 2007
Pouivet-Rebuschi 2006
Reicher 2009
Romano-Taormina 1994
Salice 2008
Sedley 1997
Sedley 1998
Simons 1988
Strauss 2007
SVF

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