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nietzscheana
saggi
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collana diretta da
Giuliano Campioni, Maria Cristina Fornari
fondata da
Sandro Barbera, Giuliano Campioni e Franco Volpi
comitato scientifico
Keith Ansell-Pearsons, Paolo DIorio,
Carlo Gentili, Scarlett Marton, Maria Filomena Molder,
Karl Pestalozzi, Sergio Snchez,
Diego Snchez Meca e Andreas Urs Sommer
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a cura di
Bruna Giacomini, Pietro Gori, Fabio Grigenti
Edizioni ETS
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www.edizioniets.com
Copyright 2015
EDIZIONI ETS
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Prefazione:
Humanitas e oltre
Questo volume uno dei risultati pi importanti della ricerca iniziata a fine 2014 nellambito del Progetto di Ateneo 2013
Umani e oltre. La categoria di Umanismo nel pensiero europeo
contemporaneo, del quale sono responsabile. Nel programma di
ricerca, che ha coinvolto un team di ricercatori afferenti al Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Sociologia applicata
dellUniversit di Padova, si messo a tema lidea di Umanismo e il suo costante riemergere in seno alla cultura europea tra
Otto e Novecento.
Lo svolgimento effettivo del lavoro di indagine si attuato
a partire da una prospettiva multidisciplinare e ha condotto a
mappare un territorio piuttosto variegato e difficilmente riconducibile a un orizzonte definito e comune. In particolare si evidenziato che il concetto di Umanismo appare sospeso tra due
considerazioni estreme e assolutamente inconciliabili: da un lato
la sua ripresa positiva come concetto insostituibile della cultura
europea, base del diritto e dello specifico irrinunciabile della nostra tradizione, dallaltro lessere sentito come una sorta di ferrovecchio di cui liberarsi perch complice di quella storia della
metafisica che da ultimo rivela il suo tratto violento e fortemente
tracciato in senso etno-centrico.
Non abbiamo preso le parti n di una n dellaltra prospettiva,
ma abbiamo compreso che un nuovo tipo di umanit si sta approssimando e che il vecchio apparato umanistico-pedagogico
legato al libro e ai diritti umani ha fatto il suo tempo. Non si
tratta solo di lasciare lHumanitas al suo destino, ma di progettare una nuova concettualit, che non sia solo una traccia incerta
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Nota al testo
Le opere e le lettere di Nietzsche sono citate a partire dalledizione critica tedesca e italiana di riferimento:
F. Nietzsche, Werke. Kritische Gesamtausgabe, ca. 40 Bnde in
9 Abteilungen, begr. von G. Colli und M. Montinari. Fortgef.
von V. Gerhardt, N. Miller, W. Mller-Lauter, K. Pestalozzi.
Berlin/New York, de Gruyter 1967 ff.
F. Nietzsche, Briefwechsel. Kritische Gesamtausgabe, in 24 Bnde, begr. von G. Colli und M. Montinari. Fortgef. von N. Miller, N. und A. Pieper, Berlin/New York, de Gruyter 1975 ff.
F. Nietzsche, Opere complete, trad. it. a cura di G. Colli e M.
Montinari, Milano, Adelphi 1964 ss. (nel testo abbreviate con
la sigla OFN seguita dal numero del volume).
F. Nietzsche, Epistolario, trad. it. Milano, Adelphi 1977-2011,
vol I (1850-1869) a cura di M. Montinari; vol. II (1869-1874)
a cura di G. Colli e M. Montinari; vol. III (1875-1879) a cura
di G. Campioni e F. Gerratana; vol. IV (1880-1884) a cura
di G. Campioni; vol. V (1885-1889) a cura di G. Campioni e
M.C. Fornari.
In alcuni contributi, si seguita per il Crepuscolo degli idoli la
nuova traduzione italiana a cura di P. Gori e C. Piazzesi, Roma,
Carocci, 2012.
I passi tratti dalle opere di Nietzsche sono indicati con labbreviazione del titolo dellopera, seguita dal numero o dal titolo
della sezione (ove presente) e dal numero del paragrafo (es. FW
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341; GM III 24; EH, Perch sono cos saggio 1). I passi tratti dai
quaderni e dai taccuini di Nietzsche sono invece indicati con
la sigla NF (Nachgelassene Fragmente), seguita dallanno di redazione, dal numero del gruppo e da quello della nota (es. NF
1888, 14[188]). Nel caso delle lettere inviate da Nietzsche, viene
indicato il destinatario e la data (es. A H. Kselitz, 27.09.1888).
Elenco delle abbreviazioni degli scritti di Nietzsche citati:
NF = Nachgelassene Fragmente = Frammenti Postumi
HL = Unzeitgemsse Betrachtungen II Vom Nutzen und Nachteil der
Historie fr das Leben = Considerazioni inattuali II Sullutilit e
il danno della storia per la vita
SE = Unzeitgeme Betrachtungen III Schopenhauer als Erzieher =
Considerazioni inattuali III Schopenhauer come educatore
BA = ber die Zukunft unserer Bildungsanstalten = Sul futuro delle
nostre istituzioni educative
WL = ber Wahrheit und Lge im aussermoralischen Sinne = Su verit
e menzogna in senso extramorale
GT = Geburt der Tragdie = Nascita della tragedia
MA = Menschliches, Allzumenschliches I = Umano, troppo umano I
VM = Menschliches, Allzumenschliches II Vermischte Meinungen und
Sprche = Umano, troppo umano II Opinioni e sentenze diverse
WS = Menschliches, Allzumenschliches II Der Wanderer und sein
Schatten = Umano, troppo umano II Il viandante e la sua ombra
M = Morgenrthe = Aurora
FW = Frhliche Wissenschaft = La gaia scienza
Za = Also sprach Zarathustra = Cos parl Zarathustra
JGB = Jenseits von Gut und Bse = Al di l del bene e del male
GM = Zur Genealogie der Moral = Genealogia della morale
GD = Gtzen-Dmmerung = Crepuscolo degli idoli
AC = Der Antichrist = LAnticristo
EH = Ecce Homo = Ecce Homo
DD = Dionysos-Dithyramben =Ditirambi di Dioniso
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circostanze storiche e culturali, essi abbiano promosso lo sviluppo umano o se allopposto, come Nietzsche ritiene, lo abbiano
intralciato e impoverito.
Si tratta di due compiti distinti che erano stati chiaramente
delineati gi nella Gaia scienza. Allaforisma 7 Nietzsche aveva
tratteggiato il programma di uno studio dei fatti morali scandito
in pi momenti. Bisognava anzitutto procedere a una descrizione
analitica e approfondita delle diverse passioni (amore, cupidigia,
invidia, devozione, crudelt) per passare poi ad unillustrazione,
pi esauriente possibile, delle differenti valutazioni morali che,
in tempi diversi, popoli, ma anche individui differenti avevano
dato delle passioni. La finalit di questa fase cos articolata era
quella di smascherare la presunta univocit dei fatti morali: ci
che una cultura considera morale non lo affatto per unaltra.
Tale variet discende direttamente dal carattere prospettico e in
questo senso ingiusto di ogni valutazione morale che su questa
base, come metter in chiaro nella Prefazione a Umano, troppo
umano, definisce tanto le sue giustificazioni teleologiche, quanto
le sue avversioni nei confronti dei valori opposti.
Lindagine doveva per procedere oltre cercando di accertare
i fondamenti di tali valutazioni: per quale ragione splende qui
questo sole di un giudizio di fondo e di un capitale metro di valore della moralit laggi invece quellaltro? (FW 7). La convinzione di Nietzsche che non solo tali fondamenti non siano
n morali, n conoscitivi, ma non siano propriamente parlando
neppure fondamenti, bens nientaltro che origini determinate, particolari, spesso infiltrate dal caso le cui radici vanno rintracciate nella forma di vita che li ha fatti valere. La genealogia
della morale, in questo senso, non ricerca lessenza del fenomeno
morale n nel senso di una sua giustificazione ultima, n in quella
di unorigine intesa come il perfetto e il pi essenziale (WS
3) riconoscibile allinizio della storia. Essa piuttosto ne esplora
la pudenda origo, ovvero i meccanismi nascosti e arbitrari attraverso i quali sono state apprezzate o disprezzate determinate
condotte e, non meno irragionevolmente, le presunte regole che
le guidano sono state elevate a principio (M 102).
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le pietanze che imbastisc[e] contengono parti tanto dure e indigeste, che proporle a degli ospiti () rappresenta un abuso
dei rapporti di amicizia e di ospitalit, ma subito dopo assicura
al destinatario di aver compiuto un lavoro meno ostico con la
Genealogia. Anzi, la sua precisa intenzione, con questo nuovo
testo che tratta di problemi psicologici della specie pi dura,
sarebbe stata di gettare chiarezza su qualcuno dei principali
presupposti di Al di l del bene e del male ultimo scritto pubblicato e che non aveva ricevuto laccoglienza sperata (di quel
libro tutti mi hanno detto la stessa cosa: che non si capisce di
che cosa si tratta, che non sono altro che raffinate assurdit).
La stessa osservazione compare in una lettera di poco precedente (8.11.1887), destinata alleditore Naumann, in cui Nietzsche
dichiara che questo scritto polemico strettamente connesso
ad Al di l del bene e del male, come sua integrazione e chiarimento. In questa lettera, per, Nietzsche rivela qualcosa di pi
delle proprie intenzioni, che non si riducono certo alla volont
di fornire un sussidio per la comprensione della sua ultima opera. Il suo desiderio principale piuttosto quello di stimolare
linteresse per la propria persona e per le proprie idee, offrendo
ai lettori un testo che sia accattivante e fruibile, e che possa valere come solida base di partenza per unindagine approfondita
del suo pensiero. In altre parole, con la Genealogia Nietzsche si
prefigge di ottenere qualcosa che torni a vantaggio dei [suoi]
scritti precedenti: che inviti cio a leggerli e a prenderli sul serio. La sua pubblicazione risponde pertanto alla stessa esigenza che aveva portato Nietzsche a redigere le prefazioni dei testi
pubblicati prima dello Zarathustra e di cui sarebbe uscita una
seconda edizione. Queste prefazioni dovevano infatti mettere in
luce la coerenza del percorso filosofico ed esistenziale compiuto
da Nietzsche, mostrando quale fosse il denominatore comune
delle riflessioni da lui svolte in precedenza e come fosse possibile navigare nellarcipelago dei suoi aforismi senza perdersi.
Ma soprattutto dovevano avere una funzione promozionale,
per evitare gli insuccessi editoriali a cui erano andate incontro le
opere precedenti prima tra tutte, lo Zarathustra. E cos, come
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quanto maggiore la distanza tra la condizione giuridica di particolari gruppi condizione dovuta al sistema politico o alla tradizione culturale e quanto maggiore il suo potere reale, tanto
maggiore sar il risentimento maturato. La stessa cosa non accadrebbe in un sistema sociale chiaramente differenziato, in una
societ di caste o in una democrazia che, tanto sul piano sociale
che su quello politico, tenda a una distribuzione della ricchezza.
Attribuendo al fenomeno del risentimento una connotazione e
una portata differenti, Scheler ci spinge a riflettere sulla nostra
societ attuale (cfr. Marton 2008).
Il presente contributo non riguarda per la questione del risentimento. Piuttosto, nostro scopo riflettere sulla specificit
della Genealogia della morale, muovendo dalla considerazione
che, per via dello stile espositivo in esso adottato, essa venga considerata lopera di Nietzsche che pi delle altre pu rientrare tra
o essere assimilata ai testi della tradizione filosofica a cui siamo
maggiormente abituati. Attraverso un confronto con le due opere che la precedono, cercheremo pertanto di rendere conto della
relazione che intercorre tra di esse; inoltre, esaminando i diversi
procedimenti adottati da Nietzsche, mostreremo la strategia che
egli intende perseguire.
2.
Non esagerato affermare che nei suoi testi Nietzsche cerchi
sempre di andare incontro ai propri lettori. Non quindi un caso
che, nel 1886, quando ripubblica la sua opera presso leditore
Fritzsch, egli inserisca nella Nascita della tragedia un Tentativo di
autocritica, che rediga delle prefazioni per i due volumi di Umano, troppo umano, per Aurora e per la Gaia scienza, e che infine
scriva una quinta parte da aggiungere a questultima opera. Non
neppure un caso, inoltre, che egli progetti la stesura di Ecce
homo, nel quale vi un capitolo dedicato a ciascuno dei suoi
come lodio e il disprezzo, la gelosia e linvidia, la rabbia e la cattiveria. Nel caso in cui
questi sentimenti ed emozioni, che appartengono alla condizione umana, vengano sistematicamente repressi, essi producono una deformazione pi o meno permanente della
capacit di valutare e in generale di giudicare (Scheler 1972: 38).
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scritti editi. precisamente con lo scopo di rendersi comprensibile che Nietzsche istruisce ripetutamente i propri lettori sul
modo in cui egli debba essere letto. Nel fornire le indicazioni
sul procedimento di lettura delle proprie opere, Nietzsche invita insistentemente ad adottare un approccio contraddistinto da
attenzione e pazienza (cfr. in particolare BA, Introduzione; GM,
Prefazione 8; EH, Perch scrivo libri cos buoni? 5).
Credendo di facilitare ai lettori la fruizione delle proprie opere, nel presentare unidea che gli sta particolarmente a cuore, non
di rado Nietzsche si preoccupa di rendere conto di quanto essa
sia difficile da esprimere. quanto accade, ad esempio, nella sezione Il convalescente della terza parte dello Zarathustra, in cui il
protagonista dellopera si ferma a riflettere sul linguaggio prima
di affrontare in tutta la loro portata le conseguenze del proprio
pensiero abissale. Nella medesima sezione, inoltre, subito dopo
aver ricordato a Zarathustra che lui il maestro delleterno ritorno, i suoi animali laquila e il serpente lo incitano a cantare9.
Nietzsche insiste sulla difficolt di esprimere le proprie idee anche in Al di l del bene e del male. Nellultima sezione di questopera egli denuncia infatti il carattere imperfetto del linguaggio
e chiama in causa i suoi stessi scritti10. Nella Genealogia della
morale, il filosofo procede allo stesso modo. Nella prima parte
dellopera, prendendo le distanze dal modo in cui utilitaristi ed
evoluzionisti affrontano le questioni morali, Nietzsche si dedica
a unanalisi dellorigine delle coppie di valori bene e male,
buono e malvagio. Poco prima di affrontare la questione del
risentimento, lascia la parola a un interlocutore immaginario,
9 Cfr. Za III, Il convalescente: Non sono stati donati alle cose nomi e suoni, perch
luomo trovi ristoro nelle cose? Il parlare una follia bella: con esso luomo danza su tutte
le cose. Com dolce ogni discorso e ogni bugia di suoni!; Perch vedi, Zarathustra,
per le tue nuove canzoni occorrono lire nuove. Sulle considerazioni di Nietzsche sul
linguaggio cfr. Marton 2012.
10 Cfr. JGB 296: Ahim, che cosa siete mai voi, miei pensieri scritti e dipinti! Or non
molto eravate ancora cos versicolori, giovani e maliziosi, cos colmi di spine e di droghe
segrete, che mi facevate starnutire e ridere e ora? Avete gi messo a nudo la vostra
novit, e alcuni di voi sono pronti, lo temo, a divenire tante verit: hanno gi unaria cos
immortale, cos onesta da spezzare il cuore, cos noiosa!.
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sta nozione, egli pone fin da subito la questione del valore dei
valori, aprendo cos la strada per una creazione dei valori. Se
il valore di valori come bene e male non mai stato posto
in questione, perch si guard a essi come se esistessero da
sempre: in quanto appartenenti a un al di l, questi trovavano
legittimazione nel mondo soprasensibile. Una volta, per, che li
si ponga in questione, essi rivelano immediatamente il loro essere
semplicemente umani, troppo umani. Non si pu dire dove n
quando abbiano avuto origine, ma sembra certo che questi valori
siano creazioni delluomo. Il valore dei valori deve quindi essere
giudicato facendo riferimento al punto di vista dal quale questi
ultimi traggono origine. Non basta, cio, guardare alle prospettive valutative che essi aprono, ma si deve risalire al valore che
essi possedevano nel momento in cui sono stati posti per la prima
volta. Dal punto di vista nietzscheano, la questione del valore
duplice: i valori presuppongono valutazioni che hanno dato loro
origine e gli hanno conferito il valore che possiedono; queste,
per parte loro, nel momento in cui creano determinati valori ne
presuppongono altri, che sono il fondamento dello stesso giudizio valutativo18. Il procedimento genealogico comporta, quindi,
due direttrici inseparabili: da un lato, bisogna porre i valori in
relazione col procedimento valutativo, mentre dallaltra bisogna
porre il procedimento valutativo in relazione coi valori.
Se si considera la Genealogia della morale nel suo complesso,
si nota prima di tutto che il movimento del testo tale per cui
esso si apre con un rifiuto dellidea che il fondamento ultimo dei
valori morali possa essere trovato sul piano della metafisica e si
chiude con una denuncia dei postulati metafisici surrettiziamente presenti nella morale degli schiavi. Linvenzione di un altro
mondo permette agli uomini del risentimento di restaurare principi trascendenti, che vengono posti come fondamento della moralit; in questo modo, essi disprezzano il mondo in cui vivono e
negano il carattere umano, troppo umano dei valori che loro
18 Seguiamo qui la lettura di Deleuze e la sua dettagliata analisi della nozione
nietzscheana di valore e del procedimento genealogico (Deleuze 1973: Il tragico 1-3).
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affermano: Noi nobili, noi buoni, noi belli, noi felici, i deboli
dicono: Se loro sono malvagi, allora siamo noi ad essere buoni.
Pertanto, dal punto di vista della morale del risentimento, malvagio precisamente il nobile, il coraggioso, il pi forte, quello
che nella morale dei signori definito buono. La morale degli
schiavi deriva quindi solamente da uninversione dei valori e il
suo atto fondativo non va oltre questa reazione. Nel momento
in cui il valore malvagio della morale del risentimento corrisponde al valore buono dellaltra morale, i risentiti non creano
propriamente nuovi valori, ma si limitano ad invertire quelli che
erano stati posti dai nobili.
Possiamo quindi verificare il fatto che, come si era detto in
merito al procedimento genealogico, Al di l del bene e del male
spieghi Cos parl Zarathustra, mentre la Genealogia della morale
offra una delucidazione di Al di l del bene e del male. Nello Zarathustra, Nietzsche riflette sul comportamento dei dispregiatori
del corpo; in Al di l del bene e del male, esamina la condotta
degli uomini moderni; nella Genealogia, infine, analizza il modo
di procedere degli uomini del risentimento. In tutti questi casi,
Nietzsche svolge una diagnosi del modo di pensare, di agire e
di provare emozioni di coloro che evitano la lotta e che quindi
voltano le spalle alla vita. Nel passaggio da un libro a un altro, per
quanto Nietzsche affronti in ciascuno di essi diverse questioni,
egli mantiene un obiettivo comune, che consiste nel voler chiarire
e approfondire ununica problematica principale. Sulla base di
questo, occorre quindi notare che, dal momento che gi in Umano, troppo umano si trovano poste questioni che Nietzsche svolge
nella Genealogia della morale, non possibile isolare questultima opera dal corpus dei suoi scritti. Inoltre, non sembra corretto
pensare che essa costituisca un testo unitario, separato e autonomo rispetto agli altri libri pubblicati da Nietzsche, il cui contenuto permetta laccesso al pensiero del filosofo nel suo complesso.
5.
Un altro aspetto da segnalare consiste per nel fatto che, a
differenza dello Zarathustra e di Al di l del bene e del male, la
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E continua:
Nel terzo saggio di questo libro ho presentato un modello di quel
che in un caso del genere intendo per interpretazione a questo
saggio fatto precedere un aforisma ed esso stesso ne rappresenta il
commento. (Ibid.)
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che Nietzsche, filologo di formazione, intende larte dellinterpretazione, che egli stesso esercita, come una pratica finalizzata a
smascherare illusioni e autoinganni, a sospettare di tutto ci che
ci si presenta come veritiero.
6.
Le considerazioni sullatteggiamento di Nietzsche nei confronti dei propri lettori stimolano alcune ulteriori osservazioni
sulla Genealogia della morale, a partire dal fatto che essa venga
presentata come uno scritto polemico, uno scritto conflittuale22
e che, nellesergo di GM III, Nietzsche esprima lidea che, in
quanto donna, la saggezza ami sempre e unicamente un guerriero. Questi due aspetti possono essere collegati, proprio a partire da una riflessione sul rapporto di Nietzsche con i destinatari
delle sue opere. Egli si presenta infatti come un guerriero, non
nascondendo la propria indole bellicosa e provocatoria quando,
nel sollevare la domanda che significano gli ideali ascetici?,
mette in questione ci che fino a quel momento ha orientato lagire umano. La sua diagnosi del modo in cui luomo si abituato
a concepire il mondo e a trovare il proprio posto al suo interno
culmina infatti in una denuncia della volont del nulla che si
trova alla base della civilt occidentale (GM III 28), e serve a
Nietzsche per far capire ai propri lettori che essi possono realizzare una trasformazione del loro modo di concepire uomo e
mondo. Egli si prefigge quindi come scopo recondito quello di
spingere questi lettori ad abbracciare un diverso modo di pensare, agire e provare emozioni, e pertanto passa da una premura
didattica a fini strategici.
possibile che, nella Genealogia, Nietzsche abbia formulato
con maggiore precisione i problemi relativi ai fenomeni morali
per venire incontro ai propri lettori. anche possibile che egli
abbia adottato un linguaggio pi accessibile per trattare tali problemi in modo da rendersi meglio comprensibile. Tuttavia, non
22 In alcuni casi questultima pu essere la traduzione migliore per rendere lespressione originale che compare nel sottotitolo al testo: Streitschrift.
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possiamo trascurare il fatto che Nietzsche cerchi prima di tutto di persuadere il lettore, che voglia che questi fronteggi i suoi
scritti per poi stimolarlo a trasformarsi.
In Ecce homo, quando passa in rassegna le proprie opere pubblicate, in merito alla Genealogia Nietzsche scrive che
le tre dissertazioni che compongono questa genealogia sono forse
per espressione, intenzione e arte del sorprendere quanto pi di inquietante sia stato scritto fino ad oggi. Dioniso anche il dio delle tenebre.
(EH, Genealogia della morale)
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zione psicologica tra il tipo attivo-creatore e il tipo passivo-reattivo, appare centrale anche nella Genealogia, in cui le figure del
nobile-aristocratico, del padrone e dello schiavo, della bestia da
preda, dellebreo, del sacerdote e via dicendo risultano funzionali
allinterpretazione dei vari approcci allesistenza dei singoli, nei
quali la volont di potenza rivela la propria natura plurale e molteplice, dal momento che si identifica con lintreccio di relazioni
delle diverse esistenze singolari, ovvero con i conflittuali campi
di forze mai riconducibili a un centro che costituiscono la rete di
interazioni del mondo. Nietzsche opera dunque consapevolmente un processo di semplificazione, una sorta di reductio ad simile
relativa ai gradi di potenza degli individui concreti, cosicch la
Lebensform assume la funzione di condensare in s un intreccio
di impulsi altrimenti inesplicabile: dallaristocratico al prete, dalla controversa bestia bionda allebreo, i comportamenti dei
tipi umani si strutturano e si ordinano gerarchicamente, come
la salute e la malattia, in base a differenze di grado (NF 188889, 14[65]), cio in base al rapporto delle forze che essi esprimono. Sono perci prodotti dalla specifica posizione che il tipo
occupa nello scontro tra forze. Lirriducibilit di tale interazione
conflittuale a una dimensione metafisica ci consente di approcciare la Genealogia come teoria morale dellinterpretazione che
riconosce il mondo come gioco infinito di pulsioni rivali, e quindi
come volont di potenza. Con la sua tipizzazione Nietzsche non
intende inventariare i tipi psicologici del suo tempo incasellandoli in una rete categoriale stabile di stereotipi, ma al contrario dare
provvisoriamente dei volti ai valori che hanno scandito la storia
della morale occidentale. Il passaggio dallindividuale al tipico
consente a Nietzsche di proporre una fenomenologia dellumano finalizzata a quello che sente essere il compito pi stringente
per il filosofo, che deve risolvere il problema del valore, deve
determinare la gerarchia [Rangordnung] dei valori (GM I 17n.).
Proprio per il loro carattere cangiante, le Lebensformen
nietzscheane si attestano agli antipodi delle forme simboliche
intese metafisicamente come immagini primordiali sottratte al
divenire: la stessa nozione tradizionale di individuum di fatto
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viene confutata come semplice parola che sottende una collettivit di istinti e affetti che prendono vita metaforicamente nel
linguaggio nietzscheano attraverso personaggi e immagini sensibili. Solo se interpretiamo il tipo non come forma della realt o
come idea trascendente, ma come immagine interpretativa della
volont di potenza, possiamo comprendere il tentativo da parte
di Nietzsche di restituire il costitutivo polimorfismo dellessere e
le sfaccettature prospettiche del nostro io plurale attraverso simboli. Nel Sinnbild come rappresentazione plastica delle pulsioni
si esprime quindi la Lebensform come condensazione di determinate caratteristiche psicologiche.
Lo stesso metodo genealogico si pone come alternativa radicale allinterrogazione metafisica: solo sostituendo alla domanda
filosofica originaria che cos? la domanda Per chi significa,
per chi ha valore, a partire da quale visione del mondo, e a favore
di quale tipo umano ci che ha valore ritenuto avere valore?
(Canevari 2008: 18), per Nietzsche diventa possibile la sovversione (Umkehrung) dei valori di buono e cattivo. Al ti stin
socratico, che inaugura la tradizione platonico-cristiana opponendo al divenire unessenza, un modello nel senso di eidos, di
fondamento universale in s e per s (auto kathhauto), il metodo
genealogico oppone unorigine storica, psicologica, umana delle
azioni morali. Il valore perci va interpretato in relazione alla
sua capacit di accrescere o diminuire la potenza, di vivificare e
indebolire la Lebensform. Limpostazione genealogica contrappone dunque a una ricerca sulle essenze kathhauto, una ricerca sempre relativa a qualcuno che percepisce, ossia prs ti. La
pratica genealogica nietzscheana ha la finalit di smascherare la
pudenda origo della morale (NF 1885, 2[189]), mostrando innanzitutto che i valori non sono mai realt in s ma interpretazioni, e in particolare interpretazioni di quegli istinti negati prima
dalla psicologia cristiana e poi idealista. Ecco che una delle virt
psicologiche essenziali e delle determinazioni fondamentali della
genealogia diventa il sospetto, che consiste nel guardare dietro,
sotto, in altri termini nellesplorazione delle origini sotterranee
di uninterpretazione (Wotling 2006: 55). Sospettare significa
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soggetto (Mller Lauter 1978: 189-235)8. In questo senso possibile parlare di Rangordnung als Machtordnung, ossia di gerarchia come ordine della potenza.
La morale esprime e manifesta quindi la tendenza (intesa
come dinamica necessaria della volont di potenza) di ciascuno a far prevalere il proprio tipo, ovvero i propri valori e la
propria visione del mondo. Gli psicologi inglesi si riveleranno per Nietzsche il frutto pi tardivo della morale (platonicocristiana), finalizzata allimposizione degli istinti pi meschini e
degradati delluomo, ossia alla schiavit dellutile e conforme al
fine (GM I, 3). Tale morale inglese presuppone un concettovalore di buono, che va sovvertito e inteso non come essenza
extra-storica e astratta, ma come fenomeno storico, materiale e
complesso:
Orbene, per me in primo luogo un fatto palmare che da parte
di questa teoria viene ricercato e collocato in una sede errata il fulcro
nativo del concetto di buono: il giudizio di buono non procede da
coloro ai quali viene data prova di bont! Sono stati invece gli stessi
buoni, vale a dire i nobili, i potenti, gli uomini di condizione superiore e di elevato sentire ad avere avvertito e determinato se stessi e le loro
azioni come buoni, cio di primordine, e in contrasto a tutto quanto
ignobile e dignobile sentire, volgare e plebeo. Prendendo le mosse
da questo pathos della distanza si sono per primi arrogati il diritto di
foggiare valori, di coniare le designazioni dei valori (). Il pathos della
nobilt e della distanza, come ho gi detto, il perdurante e dominante
sentimento fondamentale e totale di una superiore schiatta egemonica in rapporto a una schiatta inferiore, a un sotto, questa lorigine
dellopposizione tra buono e cattivo (GM I 2).
8 Il termine forza (Kraft) viene derivato da Nietzsche dalla terminologia della fisica e della termodinamica a lui contemporanee e valeva allepoca come sinonimo di
energia (Energie). Su tale accezione fisica della forza, legata appunto agli studi sul principio di conservazione dellenergia e sullazione a distanza di forze di azione e repulsione
(magnetismo, elettricit), Nietzsche fonda alcune delle sue fondamentali considerazioni
sulla plurivoca nozione di potenza (Abel 1998: 82-92; Gori 2007: 219-278).
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3. Laristocratico
Solo una vita soddisfatta di s, forte, vigorosa, ben formata,
felice e traboccante di energie attive ha la forza e lingenuit fanciullesca per proporre se stessa come modello di ci che buono
e di valutare la vita positivamente e non come grave fardello.
Ancora dunque lorigine della valutazione morale di buono
non si fonda su astratte concezioni di bont, di altruismo o di
utilit per i pi, ma su posizioni apparentemente egoistiche e
autocentrate.
Il tipo duomo dominante-aristocratico, kals kai agaths, che
pone come buono se stesso e tutto ci che affine al suo sentire, dunque riconosciuto allorigine del valore di buono dal
punto di vista genealogico. Questa prima acquisizione risulta
problematica perch sembra porre i concetti di buono e di
egoistico sul medesimo piano: lopposizione dualistica egoismo-altruismo, buono-cattivo, tuttavia ricalca esattamente quei
modelli semplicisticamente oppositivi della metafisica classica
(Soggetto-Oggetto, Vero-Falso, Buono-Cattivo, Causa-Effetto,
Origine-Fine), che Nietzsche interpreta come mere schematizzazioni e astrazioni illusorie del mondo. Come gi si cercato di argomentare, per Nietzsche il nostro io, inteso come ego cosciente,
non costituisce affatto un primum gnoseologico-metafisico, ma
si configura piuttosto come conseguenza e frutto di dinamiche
pulsionali pi originarie: non esiste alcun essere al di sotto
del fare, dellagire, del divenire; colui che fa non che fittiziamente aggiunto al fare il fare tutto (GM I 13). Proprio
la nozione di io, intesa a partire da Descartes come ego cogito,
come certezza immediata che consente al pensiero di cogliere se
stesso in modo puro e senza falsificazioni, lillusione che per
Nietzsche sta a fondamento della tradizionale sopravvalutazione
della coscienza da parte della psicologia idealista. Alla realt del
cogito Nietzsche oppone il primato della lotta tra le pulsioni e
dellinterpretazione, poich lio non coglie mai se stesso in modo
chiaro e unitario:
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corso allo sventurato, ma non, o quasi non, per piet, bens piuttosto
per un impulso generato dalla sovrabbondanza di potenza. (JGB 260)
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garantito dal rango? (cfr. Conway 1994: 319). Non risulta contraddittorio voler proporre qualsiasi nuova tavola di valori che
si configuri come immagine rovesciata, come un rovesciamento
di idoli perfettamente speculare a quelle tavole appena infrante
dal martello genealogico? Se lefficacia di un valore morale ha
unicamente a che vedere con la capacit di questultimo di incrementare la forza, accrescere la potenza e favorire la vita, daltra
parte Nietzsche nega la possibilit di definire il valore stesso della
vita: Giudizi, giudizi di valore sulla vita, in favore o a sfavore,
in ultima analisi non possono essere mai veri; hanno valore soltanto come sintomi () in s tali giudizi sono delle sciocchezze
(GD, Socrate 2). Procedendo su questa linea Nietzsche argomenta che si dovrebbe avere una posizione al di fuori della vita ()
per poter toccare in generale il problema del valore della vita
(GD, Morale come contronatura 5). Le aporie in cui la riflessione nietzscheana sembra incombere appaiono meno perentorie
se si pensa alla possibilit di ordinare gerarchicamente i valori
solo come sintomi intesi in senso fisiologico: un nuovo ordine di
valori pertanto non si basa sul semplice rovesciamento di quelli
tradizionali, ma su una trasvalutazione (Umwertung) nel senso
di una rivalutazione dei valori sulla base della loro vicinanza e
lontananza dalla salute. Ecco che la morale assume il significato di cura della malattia della dcadence, e una definizione della
vita e dei suoi valori risulta superflua se tali valori si interpretano
come virt senza moralina (EH, Perch sono cos accorto), cio
solo sulla base schiettamente antimetafisica della fisiologia. Fu
proprio il risentimento, inteso come odio dei molti malati nei
confronti dellesuberante salute del singolo, dellanimo superiore, a segnare il fondamentale cambio di segno nella definizione di
buono e cattivo. I cattivi non sono connotati moralmente
in senso stretto dalletica eroica, ma definiti dai nobili in base a
constatazioni di dati di fatto, a differenze reali che non hanno
nulla di astratto, sono cio i semplici, gli inetti, i mediocri. Di qui
la comparazione semantica proposta da Nietzsche tra le parole
tedesche schlecht (cattivo), e schlicht (semplice) in GM I 4. Il
cattivo kaks-deils nel senso di uomo comune di basso rango,
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4. La bionda bestia
La Lebensform della bionda bestia rappresenta la metafora
che diede probabilmente adito alle pi pericolose mistificazioni
ideologiche del pensiero nietzscheano: gi dal quinto paragrafo
della prima dissertazione Nietzsche propone unanalisi filologica in cui affianca il greco kaks al latino malus e al greco mlas
(nellaccezione di nero-scuro, bruno-moro), designante originariamente luomo volgare in quanto appunto individuo dal colore scuro, soprattutto nero di capelli (hic niger est), lautoctono
preariano del suolo italico, che per il colore della pelle si distaccava, con la massima evidenza, dalla bionda razza dominante, cio
quella ariana dei conquistatori (GM I 5)9. Dal punto di vista
metaforico il Sinnbild della bestia rimanda in primo luogo al
piacere selvaggio e sensuale legato alla crudelt dionisiaca, e
dunque da un lato allinnocenza barbarica, dallaltro allessenza agonistica dellellenismo. Se associato allaggettivo bionda
rinvia invece ai caratteri di forza, nobilt e purezza che i romani
in fase di decadenza ascrivevano ai guerrieri germanici, i quali
gradualmente si integravano nei ranghi dellesercito imperiale
(Schank 2004: 143, 148). Gi nella Nascita della tragedia la dimensione della bestialit condensa limmagine dellintegrazione
9 Il termine blonde Bestie entra nel vocabolario politico tedesco a partire dal 1895 e
diverr uno slogan antisemita, a partire dal 1906. Esso sar poi il soprannome drammaticamente noto di Reinhard Heydrich, conosciuto anche come il boia di Praga (Brennecke 1976: 136).
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5. Il prete
Alla plurivoca figura della bionda bestia si oppone radicalmente la forma di vita dellanimale addomesticato, che trova la sua
quintessenza nel prete, responsabile della metamorfosi dellanimale da preda in animale in gabbia. Inizialmente accettata nellapparentemente innocua veste del mago e dello sciamano, addirittura
considerata indispensabile per lorganizzazione e la decodifica dei
sistemi simbolici delle nobili bestie da preda, la figura del prete si
rivela invece responsabile non solo del passaggio dallopposizione
buono-malvagio allopposizione buono-cattivo, ma anche del rovesciamento di tali termini: il sacerdote ha saputo cio trasformare le volont puramente negative che covavano negli animi ancora
semplici dei sottomessi kaki-malvagi in energie capaci di creare
valori, anzi, contro-valori in grado in definitiva di vincere sugli
antagonisti, ovvero sui buoni-nobili. Ma vi nella Lebensform sacerdotale una forza sovvertitrice pi profonda: come possiamo
leggere in Ecce Homo, la figura del sacerdote risulta centrale per
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La sovversione morale e psicologica di cui il sacerdote responsabile ha dunque la sua origine nella grande ragione del corpo, che Nietzsche in Cos parl Zarathustra (Za, Dei dispregiatori
del corpo) descrive non solo nel senso di Leib, di mera fisicit, ma
come Selbst, ossia come complesso di attivit istintive che riassume
in s quei conflitti delle funzioni corporee che per Nietzsche sono
in continuit con i processi mentali. Esattamente agli antipodi di
tale rivalutazione fisiologica, che non riconosce pi nel corpo un
elemento umile e basso, sottomesso allintelletto, ma al contrario
stabilisce una corrispondenza totale tra corpo e spirito, il sacerdote incarna le pratiche antivitali di astinenza e rinuncia. E tuttavia, proprio in quanto espressione del tipo debole, Lebensform
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6. Lebreo
Il volto concreto che Nietzsche d al personaggio del prete
da riconoscersi nellEbreo, che Sinn-bild del popolo che ha
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1.
Genealogia, il termine di evidente interesse nellambito della
morale. Poich, anzitutto, se si segue Nietzsche, esso permette
di evitare ogni percorso di ordine storico che pretenda di rendere conto di quei grandi concetti che troviamo allorigine del
nostro modo di pensare; esso permette anche di disfarsi di ogni
preoccupazione riguardante la ricerca di unorigine e tutto ci
che le assomiglia. Evidente e di una grande utilit, nella misura
in cui la morale , a colpo sicuro, lambito prediletto delle cose
indeterminate, quelle che talvolta sono capaci di generare consenso con poca spesa e, allo stesso tempo, di trovare unampia
approvazione per la maggioranza delle proposizioni che proliferano in questo campo. Lo si vede immediatamente leggendo
la Genealogia della morale, quando serve Nietzsche non teme di
utilizzare le virgolette per i vocaboli pi noti, quelli che necessariamente vengono richiesti in questa prospettiva per esempio nella seconda Dissertazione, colpa e cattiva coscienza
e, nella prima, buono e i diversi contrari di questo aggettivo
determinante. La tipografia va qui pienamente tenuta in conto
e pi che mai fa parte del lavoro di scrittura, partecipa dunque
di una prospettiva fondamentalmente critica. Ci sono quindi dei
termini correnti che non possono pi essere intesi per delle ragioni che conviene precisare, termini che possono essere tanto
meno compresi quanto pi essi organizzano un buon numero
dei nostri enunciati e autorizzano la circolazione di ci che, da
troppo tempo, sembra esprimersi con una facilit sconcertante.
Credo che questo sia uno dei Leitmotiv di Nietzsche, special-
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Nietzsche filologo quanto filosofo. Per lui non si tratta affatto di chiedersi, ancora una volta, cosa sia la colpa o la cattiva
coscienza, cosa siano il buono o il cattivo e via di seguito, ma di spostare interamente linsieme del problema. Bisogna
dunque, del tutto diversamente, chiedersi da dove arrivano designazioni di questordine, a cosa corrispondono, che cosa nascondono, da dove vengono le diverse azioni o reazioni alle quali
sono sottoposte. A fondamento del cammino nietzscheano c il
seguente elemento su cui sinsiste: sotto ai concetti pi correnti
i pi datati, quelli che troviamo sotto il segno della pi grande
evidenza si trova un gioco di forze, dei conflitti, delle interpretazioni e, ancora di pi, dei movimenti continui che si direbbero
riguardare una vera captazione di tipo ideologico2: altrimenti detto, tutto quel che arriva ad annebbiare il Senso interferendo con
le sue pretese, tutto quel che gli fa perdere il suo prestigio, le sue
tradizionali caratteristiche, tutto quel che pu contribuire a eroderlo. In fondo, ogni volta, come se la societ non smettesse di
intervenire nelle nozioni rientrando nel campo della morale pi
ordinaria, come se essa premesse senza posa sulla parola tramite
concetti a cui, daltronde, la stessa morale quando non la societ stessa... attribuisce valore al carattere astratto, allaspetto
distaccato, ossia assoluto. La genealogia deve inventarsi le basi
mediante le quali potr cogliere o riconoscere tale pregnanza e
le diverse modalit di unintercessione, le forme di unincessante
interferenza cosa che si potrebbe designare come esistente nelle
pieghe del pensiero. La morale esiste raramente senza che vi sia
uninfluenza della sociologia.
Lesempio indubbiamente pi probante di questo lavoro si
trova in GM II 13, che fondamentalmente affronta la cruciale
nozione di pena. Qui si vede chiaramente come lintroduzione
di un cammino genealogico permetta a Nietzsche di precisare alcuni discorsi precedenti e anche di riformulali in modo pi serrato, di riprendere delle intuizioni molto pi antiche per dare loro
un corso pi ampio o una portata pi generale. In altri termini:
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ogni enunciato di portata filosofica (o morale) dipende da uninterpretazione, legato a delle preferenze (o a degli obblighi) che
sfuggono allinterrogazione, non del tutto separabile dalle diverse circostanze della sua formazione; insomma, i giudizi di
valore sono allegorici, molto spesso dicono una cosa proprio
mentre la nascondono, avendo di mira unaltra cosa rispetto a
quella che ci mettono davanti, costantemente sfasati da se stessi,
senza posa in equilibrio instabile. Quindi la morale appare essere
prima di tutto come un problema dinsieme pi che una risposta,
come costituita di fatto da diversi enunciati dei quali non possibile fidarsi. Di conseguenza una sorta di fondamentale disinganno che il cammino genealogico concepito da Nietzsche mette
in moto. come se, malgrado tutte le smentite che sono state
loro inflitte, si mantenessero delle promesse molto precedenti,
come se il fatto che esse non siano state mantenute in questa prospettiva non avesse grande importanza e non fosse grave.
Nella Prefazione della Genealogia della morale Nietzsche
afferma che bisogna cominciare a porre una buona volta in questione il valore stesso di questi valori e a tale scopo necessaria
una conoscenza delle condizioni e delle circostanze in cui sono
attecchiti, poste le quali si sono andati sviluppando e modificando (GM, Prefazione 6). Tanto lo sviluppo quanto la modificazione cambiano il bersaglio iniziale o ci che pu farne le veci, ci
che si pu supporre essere stato cos (per le necessit della dimostrazione). Ci vale soprattutto per la pena, esclusivamente
posta in questione in questo paragrafo. Rapidamente ricordo qui
a grandi linee questo cruciale discorso per sottolinearne qualche
punto o eventualmente per ampliarlo, ovviamente senza alcuna
pretesa di esaustivit.
2.
A partire dal momento in cui si prende in considerazione la
pena, si obbligati a distinguere con precisione ci che durevole, luso, latto, il dramma, una successione di procedure
diverse, sia che da un lato, in un simile dispositivo, si formi una
costante, sia che, dallaltro lato, si formi ci che fluido, il signi-
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ficato, lo scopo, lattesa, che si connette allesecuzione di tali procedure (GM II 13). Tutto ci che dellordine della procedura
riguarda, con ogni probabilit, una certa preesistenza, e da essa
sembra trarre anche una parvenza di legittimit; mentre il significato manifestamente pi tardo, come secondario, accessorio,
e richiede delle virgolette o un trattamento similare. Il grande
privilegio che la filosofia ha accordato a questa categoria superiore del Significato sembra essere qui particolarmente maltrattato,
in qualche modo abolito, sembra non avere pi nessuna portata. daltronde per questo verso che Nietzsche reintroduce una
parvenza di storia a parte il fatto che il termine evidentemente
assunto in unaccezione del tutto minore, quasi peggiorativa; serve solo per menzionare una successione di esecuzioni, una serie
di utilizzi contingenti di cui ora, secondo Nietzsche, si pu anche
vedere il compimento nellEuropa attuale; degli abbondanti utilizzi che svuotano il termine dellessenziale della sua sostanza e
conseguentemente lo privano dei suoi poteri, si potrebbe anche
dire che ne fanno una sorta di grande carcassa vuota che pu
di conseguenza servire da supporto ai disegni pi insensati, alle
correzioni pi casuali o alle imprese pi nefaste soprattutto,
agli enunciati pi incompatibili. Qui la storia convocata solo
per testimoniare di questo corso accidentato, di queste derive
insensate, nella misura in cui in grado di indicare una serie di
problemi che richiedono di essere trattati.
Tanto vale dire che lo stesso concetto di pena propriamente introvabile, che di fatto non c alcuna unit di senso
quando questo termine viene enunciato, che dunque non ci si
pu sostenere su ci che un termine cos incerto supposto significare. Con questa parola si ha una sorta di cristallizzazione
tardiva che non pu mascherare a lungo il fatto che ce ne siamo
serviti per gli scopi pi vari e che si continua daltronde per la
stessa via, come se niente fosse, come se il concetto potesse mantenersi intoccabile nelle sue variazioni. Lesito di questa storia si
riassume nel fatto che questo concetto non ha pi alcun rapporto
col senso, che sottomesso ai movimenti pi contraddittori o
pi contrastanti, tormentato da forze incompatibili si dir che
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quale ragione si addiviene alla pena (GM II 13). Logica implacabile di una tale constatazione. La questione per quale ragione?
non dunque pi allordine del giorno in questa prospettiva, essa
devessere necessariamente accantonata; si pu capire facilmente
come ci comporti delle conseguenze di primaria importanza,
ovvero anzitutto una lenta rovina delle evidenze tanto dellambito della morale come in altri ambiti, in particolare il politico o
leconomico. Dover abbandonare definitivamente una questione
di questa ampiezza produce, di tanto in tanto, degli effetti su
ogni cammino di pensiero, sposta alcuni dei suoi giochi, modifica
da cima a fondo il regime generale della riflessione. Qualcosa di
cruciale viene a mancare alle nostre abitudini di pensiero e giunge a farsi sintomo. Per dirlo altrimenti: unistanza che rivendica,
sotto una forma o unaltra, la pena, che la auspica, giunge per
forza a parlare nel vuoto, non sa pi nemmeno cosa dice, perch
non pi nella misura di enunciare un qualunque motivo per
reclamare unazione di questa natura, poich di fatto essa resta
senza un perch. Lorecchio del filologo capace di percepire
questi spazi vuoti, questi buchi nel discorso, di cogliere che vi
sono delle cose maggiori che non sono pi formulate del tutto.
In qualche modo la morale diventa orfana e, al contempo, gli
enunciati a poco a poco perdono ogni credibilit, ogni affidabilit; essi non hanno pi il fondamento che gli si supponeva da
tanto tempo. come la fine programmata di una fede, necessaria in simili contesti, una fede che non diceva il suo nome, che
non poteva farlo e che aveva tanta pi efficacia quanto meno si
mostrava.
Di questa unit difficile da risolversi, difficile ad analizzarsi,
che sfugge ad ogni presa concettuale ossia a ogni circoscrizione, si
dir anche che essa paradossalmente accompagna delle pratiche
instabili con ci voglio indicare delle azioni che obbediscono a
una necessit momentanea o a unurgenza dordine strettamente
sociale , che rispondono a unaspettativa che non pi formulata, che hanno di mira uno scopo che non si nomina mai in quanto tale. Zweck ed Erwartung sono i due migliori indicatori per
comprendere come proceda la pena: il Sinn si disfa del fatto
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della sola presenza di questi due tipi di realt operanti nel meccanismo. Si ha qui allopera una sorta di mutismo obbligato, dei
modi di fare che, a colpo sicuro, esigono di non essere mai menzionati, che restano obbligatoriamente in disparte un mutismo
che come la condizione stessa del funzionamento di un buon
numero di processi analoghi o semplicemente simili nellambito
della morale o altrove. quel che Nietzsche indica qui proprio
in filigrana e che spesso si ritrover altrove, in parecchi dei suoi
testi. Gi Pascal e Jeremy Bentham, ovviamente per vie diverse,
mettevano laccento su meccanismi di questo tipo o su processi
in buona parte analoghi; per il primo ci riguarda anzitutto la
religione, per il secondo la politica, pi ancora della morale.
Montaigne, da parte sua, parlava di questa cosa determinante
che ai suoi occhi era il fondamento mistico dellautorit una
formula densa, particolarmente ricca, che, poco dopo, sar ripresa e lungamente commentata da Pascal. Nietzsche si fatto
lerede diretto o indiretto, se cos si pu dire di discorsi di
una simile portata; la sfumatura minima, di poco peso, tra il
fatto di interpretarli, ossia di prolungarli riconoscendo loro un
potere di suggestione, o il gesto, in apparenza del tutto diverso,
che consiste nel reinventarli con i propri mezzi, in altri contesti,
riprendendoli in frasi totalmente differenti.
Valry, coi termini che gli sono propri, mi sembra iscriversi
in una prospettiva simile, particolarmente vicina anche per via
dellinteresse che dimostra per le diverse istituzioni e, soprattutto, com noto, a ci che sempre sembra fondarle su di una modalit singolare, a ci che in ogni caso conferisce loro un corso
in gran parte immaginario (e, non bisogna dimenticarlo, solido
allo stesso tempo), ci che egli chiama Fiducia. difficile dire
se egli abbia letto con attenzione la Genealogia della morale o
solamente sfogliato il libro. Che importa, daltronde: credo che
egli ne reinventi le vie e i percorsi attraverso modalit proprie, ne
riscopra il movimento con effetti del tutto diversi e grazie a dei
termini rielaborati allinfinito. A mio avviso, i suoi Cahiers possono essere letti come degli interminabili esercizi in vista di una
genealogia parallela a quella ingaggiata da Nietzsche che non
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per Nietzsche quanto per Valry, del resto con la medesima banalit e senza riguardare nulla di preciso. Anche se si hanno delle
buone ragioni per credere che siano in gran parte conosciuti, dal
fatto in particolare che molti altri li hanno gi lungamente evocati o suggeriti, esistono delle specie di segreti che evidentemente
preferibile non scoprire, delle modalit di funzionamento sulle quali meglio non attardarsi troppo. Si taccer presto come
inutile o anche come propriamente inumano... ogni percorso
che, brancolando, si azzardi ad enunciare qualcosa secondo una
simile logica o che, cosa ancora pi grave, mostri tutta lassurdit
di questo processo, facendo intendere che qui si finisce nellambito delle operazioni che non obbediscono ad alcuna razionalit.
Se non si sa pi per quale ragione si addiviene alla pena,
sembra che non si riesca pi a sapere precisamente quel che si
pretende punire, rispetto a chi e in quale prospettiva si possa
avere una risposta al crimine. La questione resta, inevitabile,
imprescindibile: quindi la stessa istanza che indica ci che il
misfatto, che annuncia che vi dovr essere punizione e che fornisce anche le ragioni7 per procedere in questo modo?
Si potrebbe dire che il corpo sociale che non comprende pi
ci che mette allopera, che non ha pi i mezzi per cogliere ci
che enuncia, ci che decreta come morale elementare, ci che
propone come valori del momento, ci che eredita su modalit
contraddittorie. Vi sono qui molti sintomi che diventano inseparabili e che simpongono sempre pi allattenzione, divenendo
in qualche modo parlanti. Il corpo sociale non sa pi e dunque
non in grado di enunciare cosa sia la pena. Insomma, siamo di
fronte ad unimpossibilit radicale di dare senso a quel che pu
costituire il cimento stesso di una societ; come un fondamentale
divieto di parlare e, soprattutto, unincapacit di pronunciarsi su
ci che sembra dover (o poter) riunire una societ, su quel che
eventualmente gli conferirebbe consistenza. Manteniamo il termine pena in circolazione daltronde, come fare altrimenti?
ma non possiamo pi comprenderlo, coglierne la coerenza inter7
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Da tutto questo seguono alcune questioni.
Che cosa sarebbe un politico che non accettasse di regolarsi su
di un Senso gi dato, che non cercasse di piegarsi a bisogni o a domande presunte, che cercasse di tener conto del gioco esistente tra
il relativamente durevole e il fluido, che si rifiutasse di contare
su valori facendo affidamento sul passato, lanzianit o la prestazione? Che cosa sarebbe unetica che cercasse di ridurre il pi possibile il campo dellals? Che cosa potrebbe risultare per il noi?
Che cosa pu essere un pensiero che rinuncia alle agevolazioni
delletimologia per impegnarsi ancora di pi in una ruminazione
genealogica, su di un terreno in cui i giochi del linguaggio assumono una forte consistenza?
Accenno velocemente e indirettamente, sviluppando il discorso di Nietzsche, allopposizione (o alla controversia...) tra Heidegger e Wittgenstein. Il XX secolo il momento in cui si formula questo grande dilemma, qui enunciato in modo schematico:
o letimologia generalizzata (del greco antico e di certe lingue
moderne, soprattutto il tedesco) che ha di mira una verit da disoccultare, o lipotesi secondo cui le parole rispondono a scopi
o aspettative. Due concezioni totalmente opposte ossia strettamente incompatibili; per quanto il dilemma sia enunciato sinteticamente, si vede comunque che queste sono due modalit di
tornare sulla dimensione del tempo in quanto inseparabile tanto
dalla ricerca delltymon quanto da ci che nominiamo giochi di
linguaggio o artifici (poetici, o altri), che a essa sono connessi.
Secondo la modalit empirica che caratterizza propriamente
il suo stile, Valry si messo alla prova nel tenere insieme un
cammino in cui i segni non sono del resto altro da ci che qualifico come genealogico, una poetica che conduce lartefatto al
suo apice dintensit e una preoccupazione filosofica rispetto al
tempo e a termini astratti dello stesso tipo.
Esiste un fatto molto notevole, lintermittenza del bisogno di questo termine [il tempo]. E mantengo come principio capitale del mio
sistema o metodo la regola di non dissociare mai da una definizione di
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E Valry parla, nella stessa prospettiva, di segni che sono inseparabili da una relazione, comparazione, impossibili da isolare
da qualche funzione o ruolo, come le lettere in algebra (Valry
1957-62: t. XXIV, 442).
Come Nietzsche, ma anche differenziandosi da lui, Valry ci
rende attenti al fatto che un cammino genealogico non riguarda
unicamente le parole, ma anche, se non di pi, la formazione
degli enunciati, le diverse operazioni grazie alle quali le parole
originano delle frasi che, in cambio, vengono a modificare fondamentalmente laccezione di quelle parole e questo accade in
tutti gli ambiti.
Traduzione dal francese di Barbara Scapolo
Bibliografia
Adorno, Theodor Ludwig Wiesengrund: 20069. Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, 81, trad. it. di R. Solmi, Torino, Einaudi.
La Botie (de), Etienne: 2014. Discorso sulla servit volontaria, trad. it.
a cura di E. Donaggio, Milano, Feltrinelli.
Rey, Jean-Michel: 2010. Let dei concetti, in Per una concettualit del
presente, a c. di B. Giacomini, Paradosso, Padova, Il Poligrafo,
pp. 39-53.
Valry, Paul: 1957-62; t. XXIV. Cahiers [fac-simil], t. I-XXIX, Paris,
ditions du C.N.R.S.
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temi nietzscheani e, al contempo, diverr quello snodo che permetter di individuare una vera e propria chiave di volta circa
la problematicit della morale e della conoscenza. Vale la pena
evidenziarlo subito, non si deve mai dimenticare che per tali
ambiti Nietzsche aspira ad una comprensione prospettica, come
indicato nella Genealogia della morale stessa3. Per il filosofo tedesco esiste infatti un legame inavvertito tra concezioni morali,
convinzioni scientifiche, concetti ed espressione linguistica (Canevari 2008: 103): egli si adoperato anzitutto per fare in modo
che tale rapporto venisse alla luce, ha voluto, cercato e realizzato
un prospettivismo del sapere proprio perch non ha mai scisso
lattivit teoretica dallethos o dallhabitus con cui il filosofo del
domani sar capace di interrogare la realt, ma anche in ragione
del fatto che lesistenza stessa venuto assumendo un carattere
prospettico: Il mondo piuttosto divenuto per noi ancora una
volta infinito: in quanto non possiamo sottrarci alla possibilit
che esso racchiuda in s interpretazioni infinite (FW 374). Non
si deve infatti dimenticare che, per Nietzsche, il senso della verit [Warheitsinn] si sempre mosso nella direzione della scepsi, ovvero secondo una chiave sperimentale dei problemi, senza
Verit con la maiuscola, senza dogmi, assiomi, assolutismi (cfr.
FW 51); in effetti, come indicato nei Frammenti postumi, dare
un senso resta un compito da assolvere, in continua evoluzione (cfr. NF 1887-88, 9[48]). Lethos scettico emerge con forza
maggiore laddove venga a crollare ogni fede ottimistica nelluniversalit della ragione, sostituita dallo spettacolo affascinante e
tragico della pluriversalit, ovvero dellirriducibilit conflittuale
dei diversi punti di vista, delle diverse opinioni.
Com noto, il suo continuo percorrere e ripercorrere i problemi secondo angolature e prospettive differenti va iscritto nel
progetto generale di una gaia scienza, che riguarda un sapere
3 Esiste soltanto un vedere prospettico, soltanto un conoscere prospettico; e
quanti pi affetti lasciamo parlare sopra una determinata cosa, quanti pi occhi, differenti
occhi sappiamo impegnare in noi per questa stessa cosa, tanto pi completo sar il nostro
concetto di essa, la nostra obiettivit (GM III 12).
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ancora una volta che per Nietzsche non mai indifferente chi
sia a pronunciare un giudizio di valore. La genealogia come metodo apre al sospetto, alla diffidenza rispetto al valore dei valori
mediante la ricerca della loro origine e del loro significato. Nel
6 della Prefazione della Genealogia della morale ci viene infatti
fatto notare come si sia preso il valore dei valori come dato, come
risultante di fatto. In questo senso, verit extramorali saranno
allora quelle che non danno per acquisito una volta per tutte e
in modo autoevidente questo valore dei valori morali; ci si potr
appellare alla loro verit solo se si riuscir a mantenerne aperta
la problematicit. In tal senso il modus operandi genealogico diviene per Nietzsche fondamentale per la realizzazione del grande progetto della trasvalutazione di tutti i valori. Nel senso pi
specifico su cui vorrei focalizzare lattenzione in questa sede, egli
ci mostra come ci serviamo di concetti di cui crediamo di conoscere il significato e, contemporaneamente, che senza lapproccio
genealogico non possiamo capire nulla dei concetti e dei termini che usiamo abitualmente. Detto altrimenti, senza genealogia
non potremo mai avere effettiva conoscenza. In effetti, dietro ai
concetti, il genealogista vede sempre allopera delle forze oscure:
su di esse necessario ruminare, scervellarsi [Grbeln], perch
un inganno, unimpostura, unillusione ossia una credenza
sempre allopera.
2. La critica genealogica
della realt psicologica della credenza
Il termine tedesco con cui Nietzsche indica la fede e la credenza, usati come sinonimi, Glaube. In tutta la sua opera, egli torna continuamente su tutte le forme della Glaube, innumerevoli
sono i luoghi rintracciabili. Come gi Hobbes6, Spinoza7 e, per
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Senza credenze, illusioni e menzogne, senza la certezza di conoscere il vero e il falso, il bello e il brutto, la causa e leffetto,
non potremmo vivere, non potremmo come approfondiremo
meglio in seguito avere fiducia nella vita. Tuttavia, lesperimento di Nietzsche ci indica unaltra direzione, che possiamo
riassumere con la seguente domanda: fino a che punto le verit
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Nietzsche constata come non si possa suscitare Glaube nelluomo solo con promesse di ricompensa e castigo la fede che
muove le montagne si pu fondare solo sulla coscienza del no-
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Il pregiudizio moralistico di base proprio del filosofo, secondo lo scettico Nietzsche, consiste nel credere che lesser vero sia
in se stesso omogeneo, ordinato e garantito sistematicamente, di
modo che vi si possa riporre fiducia [Vertrauen], in modo irriflesso. Il problema qui sollevato trova il suo fondamento nel moralismo, a sua volta costruzione mendace:
Prescindendo da una sanzione e garanzia religiosa dei nostri sensi e
della nostra razionalit donde potrebbe venirci un diritto alla fiducia
[Vertrauen] verso lesistenza? Che il pensiero sia poi misura del reale
che ci che non si pu pensare non sia un goffo non plus ultra di una
credulit moralistica (nellesistenza di un essenziale principio di verit
nel fondo delle cose), in s una pazza affermazione contraddetta ogni
momento dalla nostra esperienza. Noi addirittura non possiamo pensare niente, in quanto (NF 1885-86, 2[93])
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Come indicato nella Gaia scienza, luomo necessita di una comprensibilit concettuale dellesistenza, di una certa ristrettezza coerente, logica, che fughi ogni sua paura infatti, la logica a riacquietare, a dar fiducia (FW 370). Tuttavia, dietro tutte le altre
valutazioni si celano in modo determinante () valutazioni morali. Posto che esse cadano, con che cosa misureremo poi? e che valore avranno poi conoscenza, ecc. ecc.??? (NF 1885-86, 2[165]).
Il problema posto qui da Nietzsche ha una portata enorme e, coerentemente al suo filosofare, non propone risposte definitive:
dunque comprensibile perch egli affermi che i fenomeni morali
mi hanno impegnato come enigmi (NF 1886-87, 7[6]).
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Della fiducia, primo tra i luoghi indicati sui quali vigilare rispetto a ogni nostra forma di inerzia, abitudine, passivit10, ora necessario specificare la valenza che il concetto viene ad assumere sotto
il maglio del genealogista Nietzsche. La sfumatura di differenza di
significato tra fede/credenza e fiducia per noi sottile, quasi
impercettibile, sembra persino non essere importante; nel nostro
linguaggio corrente spesso utilizziamo i due termini come sinonimi. Come osserva Vittorio Pelligra (2007: 37), che quello definitorio sia un problema cruciale oramai ampiamente riconosciuto.
10 Contro la debolezza prodotta dalla fiducia [Vertrauen]. Io insegno la profonda
diffidenza [Mitrauen] (NF 1883, 17[52]); cfr. anche NF 1883, 20[9].
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Funzionale al ragionamento che stiamo cercando di presentare, ricordare che il verbo tedesco trauen, fidarsi, aver fiducia, azzardare e il sostantivo Vertrauen, fiducia, derivano
dal verbo tedesco trsten, consolare, rassicurare, confortare, dare fiducia (questi significati sono daltronde molto
vicini al confidare dellitaliano e al confier del francese, entrambi derivanti dal latino cumfidere). Duplice la dimensione semantica coinvolta dalla fiducia: da un lato, il concetto significa
allora avere fede, e cio credere, pur senza poter contar su
alcun sostegno certo e incontrovertibile per la propria credenza
(ovvero qui implicata una certa dose dincertezza, che emerge
con chiarezza anche dalla relazione credito-debito). Se mi adfido proprio perch non so, cio sono molto lontano da ogni
conoscenza stabile e certa relativamente al futuro, e tuttavia avverto la necessit di rischiare: per farlo, dovr investire, ossia
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Nella lingua inglese, il con-man il truffatore (la truffa anchessa indicata dai
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che qualcosa sia ritenuto vero, necessario; non che qualcosa sia vero.
(NF 1887, 9[38]).
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Per Nietzsche la radice di queste imposture concordate e alimentate dalla fiducia15 infatti da ricercarsi sempre nel linguaggio: la nostra lingua non uno strumento neutro, essendo una
forma di razionalit implicita che contribuisce a creare i fatti; il
linguaggio ha una modalit valutativa non esplicita, una metafisica segreta. Il filosofo tedesco ritorna frequentemente su questo punto: lo strumento principale di produzione della Glaube
proprio il linguaggio; come gi Sesto Empirico, Nietzsche nega
definitivamente la possibilit di spiegare, di dispiegare il reale
linguisticamente, pur essendo il linguaggio lunico strumento di
cui disponiamo per interpretare e condividere con gli altri la nostra esperienza nel e del mondo. Per questa ragione egli ci dice
che i teorici della conoscenza () sono rimasti penzoloni nei
lacci della grammatica (la metafisica popolare) (FW 354).16
Come indicato nel in GM III 24, lobiettivo dei veri uomini
della conoscenza sar quello di esercitarsi a diventare increduli
[Unglubigen], diffidenti [Mitrauisch] verso ogni sorta di credenti [Glubige]. Nietzsche ci dice che credere ancora nella verit, in qualsivoglia assoluto, possibile solo perch non si osa
vivere su delle ipotesi, in quanto molto pi facile vivere in un
mondo dogmatico che in un sistema incompiuto, che tuttavia dispone di prospettive illimitate. Ogni assolutismo, ogni certezza,
ogni dogma devono pertanto essere messi in questione.
Lo si ribadito pi volte, il pregiudizio di base del filosofo,
secondo lo scettico Nietzsche, consiste nel credere che lesser
vero sia in se stesso omogeneo, ordinato e garantito sistematicamente, di modo che vi si possa accordare fiducia in maniera
senza certezza teorica, sempre si decide e si deve decidere. Per lo scettico, le decisioni
della vita pratica derivano proprio dallincertezza e, non avendo alcun fondamento nella
conoscenza certa del vero e del giusto, ignorano del tutto la skepsi propria di ogni sapere.
15 In questa sede non possibile approfondire adeguatamente le problematiche
specificamente socio-politiche scaturenti da questa analisi, sebbene esse possano senza
dubbio essere intraviste accostando tali considerazioni a quelle svolte in GM II, dove (lo
si analizzato in precedenza) Nietzsche tratta proprio degli strumenti messi in atto dalla
societ per allevare, disciplinare, rendere affidabili i suoi membri. Cfr. inoltre il contributo di J.-M. Rey in questo volume.
16 Tanto Valry quanto Wittgenstein non sono lontani da questa prospettiva.
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incontrovertibilmente, in maniera innocente e spontanea; permette di vivere non sopra o al di fuori del mondo, ma nel mondo
stesso, indissolubilmente intrecciati ad esso; consente di non limitarsi a immiserirsi in una gestione interessata del mondo, volta
pi a produrre fiducia e credito (ovvero a far credere e a rendere
massimamente operativi tutti i derivati connessi a questo processo), che a indagare le possibilit e le modalit entro le quali
possa darsi un pensare critico-filosofico che, prima di ogni altro
contenuto specifico, si proponga come una resistenza rispetto a
ci che al pensiero stesso viene imposto. La nuova fiducia animata da questo ethos devessere una distinzione, un onore,
ossia accordata non in maniera automatica, irriflessa, a causa dei
giochi linguistici (cfr. NF 1888, 15[98]). Ogni surplus fiduciario
verr bilanciato dal suo opposto: Troppo disposto alla fiducia [Vertrauen]? Ma un solitario ha sempre ammucchiato una
grande provvista di fiducia, allo stesso modo naturalmente che
di sfiducia [Mitrauen] (NF 1885-86, 1[204]).
La grande salute che sar prodotta da questa nuova scienza
coincide con quelleccesso che d allo spirito libero la pericolosa prerogativa di poter vivere dora innanzi per esperimento e
di potersi offrire allavventura (MA 4). Per questa ragione, nel
477 di Aurora, Nietzsche si considera redento dallo scetticismo (M 477), e finalmente capace non solo di negare, non solo
di dubitare, ma di dire s alla vita e al mondo. Lultima scepsi
coincide con lindividuazione degli inconfutabili errori delluomo (cfr. FW 265); detto altrimenti, si tratta, in tutta spontaneit
ed innocenza, di cercare di diventare ci che si , in tutta la propria contraddittoriet e incoerenza, al di l di ogni imperativo
categorico, di ogni dover essere, di ogni credenza e convinzione
assunta in maniera dogmatica e incontrovertibile.
Bibliografia
Baudrillard, Jean: 1979. Lo scambio simbolico e la morte, Milano, Feltrinelli.
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Libert e autonomia
dellindividuo sovrano in Nietzsche:
una lettura non-deflazionista
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1. Lettura deflazionista e non-deflazionista
Nietzsche formula un ideale di libert? possibile, in qualche modo, ascrivere questo autore alla tradizione kantiana che
concepisce la libert come autonomia? Possiamo almeno sostenere che egli faccia riferimento, se non a un ideale, almeno a un
concetto chiaro e coerente di libert? Queste sono alcune delle
questioni di cui si occupa la pi recente letteratura secondaria
su Nietzsche.
Brian Leiter (2011) ha sostenuto che, quando Nietzsche, nella
sezione dedicata allindividuo sovrano in GM (II, 2) e nel paragrafo Il mio concetto di libert contenuto in GD (Scorribande
38), elogia libert, autonomia e responsabilit, egli non
si stia riferendo a ci che noi intendiamo con quei termini. Secondo Leiter, la libert dellindividuo sovrano non sarebbe
altro che una sensazione di libert, e quindi nulla pi che
unattitudine o predisposizione (Leiter, 2011: 115). Un individuo di quel tipo potrebbe avere dei motivi per sentirsi libero, ma in realt non lo sarebbe. Dal momento che molti passaggi
delle opere di Nietzsche sono chiari sul fatto che egli non creda
nellesistenza di un libero volere, nellefficacia di deliberazione e scelta, e neppure in qualche tipo di orientamento consapevole delle proprie azioni, non possibile che egli ammetta
libert, autonomia e responsabilit o, in altri termini, che faccia
riferimento a una nozione di libert intesa come autonomia di
un agente che sia responsabile delle proprie azioni. Pertanto,
secondo Leiter, in quei luoghi Nietzsche userebbe i termini li-
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colare 10), e ancora di pi alle frequenti descrizioni e apprezzamenti da parte di Nietzsche della natura superiore e del tipo
umano dotato del maggiore valore che ha gi fatto pi volte
la sua comparsa nel corso della storia umana (cfr. p. es. A 3-6).
Ciononostante, le considerazioni di Leiter fanno emergere una
questione rilevante. Posto che Nietzsche si contrapponga strenuamente allideale liberale e moderno di libert come autonomia, perch dovrebbe utilizzare in un senso positivo proprio
quelle parole che normalmente critica in quanto espressione di
un ideale pericoloso, nichilistico e decadente? Se Nietzsche si
pone come obiettivo quello di definire unalternativa allideale
liberale e moderno di libert come autonomia, perch dovrebbe descrivere il suo nuovo ideale proprio come un ideale di libert come autonomia?
La mia proposta interpretativa consiste nel sostenere che
quando, in GM II 2, Nietzsche sostiene di concepire lindividuo sovrano come libero e autonomo, egli stia s facendo
riferimento alla connotazione emozionale positiva che i termini
libert e autonomia hanno in epoca moderna, ma stia anche sostenendo che necessario ripensare il significato di questi termini, cos come la stessa sovranit del tipo umano superiore. La sua strategia pu quindi essere definita revisionista
(come sostiene Leiter), se e solo se essa comporta un mutamento
concettuale dei termini libert e autonomia che investe solo
incidentalmente il significato comune di queste parole; detto altrimenti, se e solo se questo mutamento non deriva da una critica
dellutilizzo e della storia di questi termini quale pu essere ad
esempio una genealogia dei concetti di libert e autonomia. In
quanto segue cercher di mostrare brevemente come questo tipo
di critica genealogica comporti il mutamento concettuale di cui
sopra. Mi concentrer inizialmente su alcuni passaggi cruciali del
paragrafo Il mio concetto di libert (GD, Scorribande 38), per poi
svolgere una rapida analisi del significato dei termini libert e
autonomia in GM II 2.
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9[151]); questo significa che si d volont di potenza nel momento in cui vi una molteplicit di volont che oppongono reciprocamente resistenza, una lotta per il dominio che vive della
tensione generata dalla resistenza di volont contro volont
(Wille gegen Willen, NF 1886-87, 5[9])6.
La volont di potenza lipotesi anti-metafisica e anti-ontologica per eccellenza unalternativa a qualsiasi concezione metafisica e ontologica della vita e della natura che rappresenta un
caso unico nella storia del pensiero filosofico e scientifico7. In Al
di l del bene e del male proprio nel contesto di questa esposizione della volont di potenza che Nietzsche respinge, sul piano
genealogico, tanto la dottrina del libero volere quanto quella
del volere non libero. Entrambe sono da lui considerate come
segni e sintomi di diverse pulsioni istintive sorte nel corso della
storia umana. Secondo Nietzsche, molti di noi hanno creduto
nella dottrina del libero volere perch avvertivano la necessit
di credere nella loro responsabilit, [nel]la fede in se stessi,
[nel] loro personale diritto al proprio merito, mentre altri hanno
creduto alla dottrina del volere non libero perch avevano bisogno di credere di non avere mai alcuna responsabilit n colpa di nulla e desideravano, traendo questo loro atteggiamento
da un intimo disprezzo per se stessi, di poter togliere di mezzo
se stessi in una qualsiasi direzione (JGB 21)8. Entrambe queste
dottrine sono quindi sempre state una funzione di strategie di
6 Sulla natura relazionale della nozione nietzscheana di volont di potenza e sul
tema di resistenza e lotta, cfr. Mller-Lauter 1999: 161-182; Mller-Lauter 1999b:
39-68 e 119-136; Ottmann 1999: 355-358. Cfr. anche Constncio 2014.
7 Cfr. JGB 1-36. Sul valore critico (e quindi anti-metafisico e anti-ontologico) dellipotesi della volont di potenza (JGB 36) si veda in particolare Stegmaier 1992: 307
ss.; Stegmaier 2013: 167-170; Stack 1983: 16, 23, 67-68, 105, 227, 239, 248 e 293.
8 Si noti che in JGB Nietzsche presenta il libero volere come una dottrina del
forte, e il volere non libero come una dottrina del debole, mentre in FW 113 il
libero volere viene descritto come creazione del debole. Questa discrepanza pu
comunque essere giustificata sulla base dellidea che Nietzsche consideri queste posizioni
come segni e sintomi di tendenze che mutano nel corso della storia umana (per cui, in
epoche differenti, il debole potrebbe essere portato a credere tanto nel libero volere
quanto nel volere non libero, e queste due posizioni acquisterebbero un significato
diverso a seconda del caso).
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una potenza assolute. La potenza relazionale: vi sono solamente gradi di potere, e questi sono sempre relativi al grado di resistenza che resta attivo10. Questa concettualizzazione ci fa capire
che con libert si intende libert di potere, ma non una mera
sensazione di potere. Per quanto cosa di cui Nietzsche ben
consapevole questa sensazione possa essere ingannevole, sembra comunque che egli creda anche che essa sia un segnale del
fatto che, per quanto in misura minima, un certo grado di indipendenza, individualit, responsabilit e gagliardia sia stato conseguito e che di questo si sia consapevoli. Solitamente, quando si
fa questa esperienza quando si fa esperienza di un incremento
nella sensazione di potenza e ci si sente indipendenti, autonomi, responsabili di se stessi e particolarmente dotati nel conseguimento di determinati compiti (p.es. artistici) la tendenza
quella di interpretare la nostra esperienza come manifestazione
di un libero volere. Ma questa una cattiva interpretazione, se
ci significa che la nostra libert consiste in una scelta tra opzioni
alternative mediante una deliberazione consapevole. Lo , inoltre, se significa che essa consiste in un grado di indipendenza,
individualit, responsabilit e gagliardia di cui la sensazione di
potenza non che segno, sintomo, superficie ed espressione.
Per dare senso alla posizione di Nietzsche occorre quindi provare a navigare tra Scilla e Cariddi. Da un lato, bisogna evitare di attribuirgli una concezione metafisica od ontologica della
libert. Quando Nietzsche scrive che libert significa avere la
volont della responsabilit per se stessi, o che essa si misuri
dalla resistenza che deve essere superata, non sta dicendo che
sia possibile individuare un in s o anche solo un fenomeno
a cui dare il nome libert. Piuttosto, Nietzsche cerca di attribuire al termine e alla nozione di libert un nuovo significato.
Daltro canto, per, anche necessario respingere la posizione
di Leiter secondo cui la nozione nietzscheana di libert sarebbe
10 Cfr. Ottmann 1999: 355-358. Cfr. Anche NF 1885, 40[55] e 1884, 26[276]: Dominare : sopportare il contrappeso della forza minore dunque una specie di prosecuzione della lotta. Anche obbedire una lotta: la forza che, appunto, resta per resistere.
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do di seguire la loro coscienza, di crearsi i propri obiettivi e ridefinire autonomamente gli obiettivi della societ. Come i filosofi
descritti in Al di l del bene e del male, gli individui sovrani sono
coloro che comandano e legiferano: essi affermano cos deve
essere!, essi determinano in primo luogo il dove e la che
scopo degli uomini (JGB 211). Da qui la loro indipendenza,
individualit, responsabilit e gagliardia; da qui il loro senso di
potenza, la loro libert.
C forse una qualche intenzione ironica e caricaturale in tutto
questo? Se s, essa consiste solamente nellindicazione che nelle societ moderne troppe persone si considerino troppo alla
leggera individui sovrani, e ciascuno sia erroneamente spinto
a considerarsi libero e persino dotato di un libero volere.
Ma c una qualche ragione per dubitare che quanto Nietzsche
scrive in questo paragrafo (come in molti altri luoghi dei suoi
scritti) esprima unevidente contrapposizione tra luomo comune e lindividuo sovrano? Nietzsche descrive questultimo come
il frutto pi maturo del processo di socializzazione (GM II 2
e 3). Egli, inoltre, lo presenta esplicitamente come il tipo umano da ammirare e che stato forgiato dalla durezza, tirannide,
ottusit e idiotismo propria di quel processo (GM II 2). Per
questo motivo, Nietzsche scrive che un individuo di questo tipo
dotato di una volont che sua propria; essa non infatti solamente durevole, ma anche indipendente, e questo
ci che lo rende sovrano e non semplicemente (in un senso
non tradizionale) un signore del libero volere (GM II 2). A
lui solo consentito fare promesse. Luomo comune il frutto
del compito pi immediato di rendere questultimo sino a un
certo grado, necessario, uniforme, uguale tra gli uguali, coerente
alla regola e di conseguenza calcolabile (ibid.). Anche lui fa e
mantiene promesse, ma, dal momento che la sua volont non
indipendente dalla quella sociale, essa non completamente
autonoma; alluomo comune, quindi, non propriamente consentito far delle promesse (o lo solo in misura minima).
Poco oltre, Nietzsche spiega il proprio punto di vista descrivendo lindividuo sovrano come lindividuo eguale soltanto a
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condividono posizioni affini sul tema della responsabilit individuale stata fortemente
sostenuta anche da Volker Gerhardt (1992).
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14 In FW 335, in particolare, Nietzsche distingue la coscienza morale dalla coscienza intellettuale, e spiega che questultima, in quanto coscienza dietro la tua coscienza, il modo pi onesto di giudicare che rivela il modo di pensare propriamente morale
e ci permette di creare un nostro proprio ideale, divenire ci che siamo, e quindi renderci
nuovi, unici e ineguagliabili.
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Esse sollevano almeno tre questioni fondamentali in riferimento allindividuo sovrano: (a) qual il valore euristico di questa figura, o, detto altrimenti, in che modo essa contribuisce allo
scopo di creare unalternativa allideale ascetico? (b) Qual la
relazione tra lindividuo sovrano e lidea che Nietzsche ha del
filosofo in quanto animato dalla passione per la conoscenza?
Infine, (c) questa figura possiede un valore particolare per i moderni lettori di Nietzsche e magari, pi in generale, per la civilt
moderna?
(a) Per rispondere al primo interrogativo bisogna considerare
innanzitutto che lindividuo sovrano, in quanto frutto pi maturo del processo di socializzazione, un individuo spirituale,
e quindi uno spirito libero, non importa se di grado basso o
elevato. Ci deriva dal fatto che il processo di socializzazione a
creare lanima o spirito umani, attraverso linteriorizzazione
degli istinti della nostra specie questo processo dona profondit, latitudine, altezza e misura allo spirito umano, inibendo
o comunque ostruendo lo sfogo allesterno dei nostri istinti
(GM II 16). Con questo impedimento degli istinti della libert (ibid.) sembra che un enorme quantum di libert sia stato
eliminato dal mondo, mentre in realt esso stato solo reso
latente in una diversa forma (GM II 17). In questo modo si rende possibile il conseguimento di un nuovo tipo di libert una
libert spirituale o libert dello spirito. Lindividuo sovrano
un maestro del libero volere proprio nella misura in cui capace di sfruttare questo nuovo tipo di libert, attualizzando ci
che latente15. Lindividuo sovrano luomo libero dalleticit
15 Cfr. gli usi che Nietzsche fa dellespressione libert dello spirito (Freiheit des
Geistes) in MA I, Prefazione 4; MA II 26, 221 e 286; VM 211; WS 72, 318 e 350; M 56
e 358; GM III 24; A 47. Si veda anche FW 143, in cui Nietzsche identifica la libert con
legoismo e la sovranit [Selbstherrlichkeit] del singolo e parla di una libert di spirito
e multiforme spiritualit delluomo. Il libro sul Rinascimento di Burckhardt potrebbe
aver influito sulla genesi della nozione nietzscheana di individuo sovrano. Come si detto
sopra, Burckhardt elogia il rinascimento per aver prodotto un simile tipo umano, di cui
lautore designa esplicitamente il carattere col termine sovranit (Souvernitt), la quale
altro non che labilit di perseguire unazione indipendente (o autonoma). Burckhardt
(1860/1952: 418): Di fronte ad ogni obiettivit, e ad ostacoli e leggi dogni maniera,
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massimo grado di spiritualit per uno spirito libero dovrebbe essere visto come la grande liberazione dalle menzogne
pi radicate e dannose della tradizione come i concetti di Dio,
anima, soggetto, causa, colpa, peccato, responsabilit morale o
scelta in breve, dallideale ascetico16. Pertanto, nelle societ
moderne dominate dallideale ascetico i gradi pi elevati di sovranit e spiritualit la forma ideale di libert dello spirito
sono privilegio dei filosofi in grado di operare una trasvalutazione genealogica dei valori17. Per usare il linguaggio del quinto
libro della Gaia scienza possiamo dire che, se una persona si libera dal bisogno di fede (FW 347, cfr. A 54), e in particolare
del bisogno di una fede metafisica (FW 344), diventa capace
di creare un nuovo tipo di salute umana, una salute post-ascetica,
la grande salute (FW 382). In FW 347 Nietzsche scrive che
si potrebbe pensare un piacere e unenergia dellautodeterminazione, una libert del volere, in cui uno spirito prende congedo da ogni
fede, da ogni desiderio di certezza, adusato come a sapersi tenere su
corde leggere e su leggere possibilit, a danzare perfino sugli abissi. Un
tale spirito sarebbe lo spirito libero par excellence.
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libert sopra le cose (FW 107) dietro la spinta della passione della conoscenza e non del bisogno di trovare una risposta allinterrogativo dellideale ascetico: Posso credere in una
qualche verit assoluta che dia un senso alla mia sofferenza e
uno scopo alla vita in generale? Di nuovo, la figura dellindividuo sovrano un segnale che questo tipo di esistenza libera e
di libera spiritualit anche di libert del volere in un senso
nuovo possibile. La filosofia, secondo Nietzsche, ha a che
fare con la sovranit. Come spiega nellAnticristo, infatti, la
grande passione che privilegio di quegli spiriti filosofici che
sono abbastanza forti da potersi confrontare con il bisogno di
fede e vivere liberi da qualsiasi specie di convinzioni quella
grande passione si sa sovrana [weiss sich souverain] (A 54, cfr.
NF 1888, 11[48]).
(c) La risposta alla terza e ultima questione in parte anticipata
dal contenuto delle prime due. La figura dellindividuo sovrano
ha un valore per i moderni lettori di Nietzsche e in certa misura
anche per la civilt moderna nel suo complesso, in quanto mostra
che vi pu essere una forma di esistenza un mare aperto di
vita e conoscenza (FW 343) oltre i limiti dettati dallideale ascetico. C per un ulteriore elemento da considerare. Nietzsche
concepisce la nozione di sovranit in termini moderni, e precisamente in termini di coscienza e autonomia18. Nelle societ
moderne la gente si considera libera perch pensa che tutti gli
uomini siano ugualmente in grado di agire secondo la propria
coscienza e determinare autonomamente i propri valori. Questo
18 Il termine coscienza compare solo alla fine di GM II 2, come nome che lindividuo sovrano d al proprio istinto dominante. Tuttavia, Stegmaier (1994: 131-138) osserva
correttamente che quando, in GM II 1, Nietzsche sostiene che gli uomini devono possedere una memoria della volont per poter fare e mantenere promesse, quello che intende
con queste parole precisamente il senso di responsabilit che lui chiama coscienza
(Gewissen). Buona e cattiva coscienza sono due forme della nostra memoria della volont. Inoltre, si pu notare che per Nietzsche tanto la volont quanto la memoria
umana non sono eventi di cui siamo immediatamente consapevoli. Gi nel 1872-1873
Nietzsche scrive in un quaderno: La coscienza prende inizio con il senso di causalit,
in altre parole, la memoria pi antica della coscienza. Nella mimosa, per esempio, noi
troviamo memoria ma non coscienza (NF 1872-1873, 19[161]. Cfr. FW 354).
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un aspetto rilevante della versione moderna dellideale ascetico un aspetto che Nietzsche pone fortemente in questione
nel momento in cui sostiene che coscienza e autonomia siano
appannaggio di un esiguo numero di individui sovrani, e da ultimo dei filosofi. Nietzsche pone la cosa con particolare asprezza
quando scrive che ogni individuo sovrano prover rispetto e
riverenza (Ehrfurcht) per i suoi pari, ma disprezzer chi
non si dimostrer abbastanza forte da essere responsabile per se
stesso e completamente autonomo (GM II 2).
Da un lato, questa considerazione profondamente kantiana.
Essere autonomi comporta infatti il rispetto per gli altri che sono
parimente autonomi, il rispetto per la loro autonomia (cfr. Bailey
2012 e 2013). Questa posizione si trova sicuramente alla base
dellidea che Nietzsche ha della modernit. Ma come dovremmo considerare il disprezzo dellindividuo sovrano per chi non
gli pari? Per certi aspetti, questa con buona probabilit solo
una diagnosi realistica della psicologia di qualsiasi individuo
sovrano. Con le differenze dovute al proprio grado di coscienza,
ciascuno creer la propria gerarchia (Rangordnung), e gli sar
di conseguenza impossibile dimostrare il medesimo rispetto per
tutti e per tutto. Ogni individuo sovrano dovr quindi disprezzare per poter venerare (cfr. Z, Delluomo superiore 3). Ma questo
non comporta unapprovazione dellineguaglianza sociale e politica? Non implica un rifiuto aristocratico ed elitario dello spirito
della modernit? Come si visto, Nietzsche sembra essere sicuro
del fatto che non si possa tornare indietro rispetto al grado di
spiritualit conseguito in epoca moderna, ma che, al contrario,
si possa solo progredire. Se le cose stanno in questi termini, non
dovremmo concludere che Nietzsche invita il lettore moderno
ad assumere una prospettiva progressista e non conservativa?
Egli, inoltre, pensa chiaramente che lideale ascetico sia dannoso per tutta lumanit, non solo per una sua parte, e pertanto
il suo compito comprende di contribuire a un radicale mutamento della civilt del quale tutti possano beneficiare. Se le
cose stanno cos, in GM II 2 Nietzsche non sta semplicemente
suggerendo che lindividuo sovrano sar incline a disprezzare la
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Il passaggio allude a una serie di fondamentali elementi: primo tra tutti, la figura della saggezza-donna, cos come viene delineata nello Zarathustra (Za, Il canto della danza), in grado di non
aver paura della propria superficialit. Solo una donna in grado
di incarnare questa saggezza pu essere la degna compagna di chi
creer al di sopra di s loltreuomo (Za, Di antiche tavole e nuove
23). Si tratta di una donna come Arianna, dionisiaca e libera, e
come la vita, mutevole e impertinente5. In secondo elemento
nella Prefazione: Per me era in questione il valore della morale e a questo riguardo
dovevo fare i conti quasi unicamente con il mio grande maestro Schopenhauer () Si
trattava, in special modo, del valore del non egoistico, degli istinti di compassione,
di autonegazione e di autosacrificio, () Precisamente qui vedevo il grande pericolo
dellumanit, la sua pi sublime tentazione e seduzione verso che cosa poi? Verso il
nulla? (GM Prefazione 5).
4 La discussione sulla volont sicuramente un punto estremamente delicato, che
implica il superamento dellidealismo filosofico, ma anche tutta la demistificazione del
concetto di coscienza (M 119; M 115). La questione resa ulteriormente complessa dal
fatto che, come noto, la critica alla nozione di volont sembra lasciare comunque spazio
a una forma di libert individuale che si fonderebbe proprio sullaccettazione del nichilismo. Non possibile in questa sede soffermarsi su questo tema, che coinvolge le nozioni
di amor fati, del divenire ci che si e di individuo sovrano (di cui Nietzsche parla
proprio nella Genealogia (GM II 2) e su cui Joo Constncio ha scritto nel presente volume). La letteratura secondaria, daltra parte, si ampiamente dedicata a tali questioni in
passato (cfr. p.es. Gemes/May 2009).
5 In particolare, La seconda canzone di danza che ci permette di confermare questa
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In Ecce homo, tuttavia, la valutazione di Wagner non sembra essere cos negativa
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Il cambio di strada di Wagner solo il voltafaccia di un consumato conoscitore del pubblico, della fama, di chi insegue
lapprovazione altrui e vive nel riflesso di s negli occhi degli altri15. Lidea di Nietzsche che Wagner si appoggi alla filosofia
di Schopenhauer, perch altrimenti non avrebbe mai la forza di
sostenere certe idee; questa scelta si dimostra vincente perch,
aderendo al pensiero del filosofo di Danzica, Wagner riuscito
a trasformare se stesso in un telefono dellal di l (GM III 5),
una vera e propria divinit. Come discepolo di Schopenhauer,
in GM III Wagner per Nietzsche soprattutto un elemento di
passaggio, che gli permette di introdurre una questione pi seria: quando un vero filosofo rende omaggio allideale ascetico,
uno spirito realmente piantato su se stesso come Schopenhauer,
un uomo e un cavaliere dallo sguardo bronzeo () che significa
tutto questo? (GM III 5). Per quale motivo un filosofo che, evidentemente, gode ancora della stima di Nietzsche, persegue la
via dellideale ascetico?
Prima di dedicarsi alla filosofia di Schopenhauer, Nietzsche
chiama per in causa il pensiero di Kant, per metter in luce la
natura fondamentalmente passionale del movente artistico, il suo
essere riaffermazione perentoria di una volont. Loggetto del
contendere lestetica, proprio perch lartista ad identificarsi
con il prete, come lesempio di Wagner ben esemplifica:
Kant pensava di rendere onore allarte quando fra i predicati del
15 Per una disamina della complessa questione si veda Campioni 1998: 197-219 e
Campioni 2008: 138 ss.
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Kant, quindi, avrebbe commesso un errore di prospettiva fondamentale con la definizione del bello come ci che piace in
guisa disinteressata, perch questo disinteresse cos irreale
che carica lesperienza estetica di una falsit irrecuperabile16.
Schopenhauer, daltro canto, pur dichiarandosi kantiano, carica
la questione di una sfumatura eminentemente sessuale: leffetto
dellesperienza estetica sarebbe simile a una droga che distoglie
dallinteresse sessuale perci egli non si mai stancato di
magnificare questa liberazione dalla volont come la grande
prerogativa e utilit della condizione estetica (GM III 6).
Lappello di Nietzsche alla separazione tra lautore e la sua
opera sembra, a questo punto, cedere il passo a uninterpretazione fisiologica del pensiero di Schopenhauer17, dato che egli si
16 Sul complesso rapporto con la filosofia kantiana si veda Marton 2011, articolo ricco anche di riferimenti puntuali ad alcuni elementi della numerosa bibliografia sul punto.
17 La compenetrazione tra biografia e pensiero immediato risvolto della mancanza
di separazione tra mente e corpo un fattore essenziale della filosofia di Nietzsche, pi
volte riaffermata dallo stesso filosofo come imprescindibile per una corretta interpretazione del suo pensiero (basti pensare alla prefazione della Gaia scienza e al richiamo
allesperienza vissuta propedeutica alla comprensione del libro; FW, Prefazione alla
seconda edizione). Questo elemento mette in pericolo limmagine dellalgido teoreta e
viene spesso trascurato per la paura, forse, di mettere in crisi unimmagine ideale del filosofo. Tra i primissimi interpreti a tentare una spiegazione di questa pericolosa vicinanza
in Nietzsche troviamo Lou Andreas-Salom, che nel 1894 pubblic Friedrich Nietzsche
in seinen Werken, leggendone la filosofia come organicamente connessa alle vicende di
salute e malattia: Se il compito principale del biografo quello di far luce sul pensatore attraverso luomo, ci vale in modo particolare per Nietzsche poich in lui, come
in nessun altro, si verificata una piena coincidenza tra le sue opere e la sua biografia
(Andreas-Salom 2009: 15). Tra gli altri, sarebbe importante ritornare sulle illuminanti
analisi di Sarah Kofman che, in particolare in Explosions I e Explosions II dosando
sapientemente analisi freudiana e modalit nietzscheana riesce a penetrare il pensiero
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chiede se la concezione di fondo della sua Volont e rappresentazione () abbia preso origine da una generalizzazione di
codesta esperienza della sessualit. (GM III 6)
A detta di Nietzsche, Schopenhauer dimostra di cercare il bello per un interesse fortissimo, personalissimo quantaltri mai:
quello del torturato che si sviticchia dalla sua tortura (GM III
6). La vera anima dellideale ascetico di Schopenhauer , perci,
il tentativo di sottrarsi alla volont di vivere, questo sviticchiarsi
da una tortura che, tuttavia, riesce solo a riconfermare con maggiore veemenza la volont stessa.
Il rapporto con i sensi e la sessualit problematico generalmente per i filosofi, non solo per Schopenhauer. Esiste un
pregiudizio del filosofo a favore dellascetismo sembra fornire
modalit certe per giungere alla realizzazione di s, come un
optimum delle condizioni di suprema e arditissima spiritualit e
con ci non nega lesistenza, sibbene afferma in essa la sua esistenza e unicamente la sua esistenza, e questo forse sino al punto
da non restargli lontano lempio desiderio: pereat mundus, fiat
philosophia, fiat philosophus, fiam! (GM III 7).
Nietzsche pensa che i filosofi che si affidano allascetismo,
sperando di divenire animali alati, si sbaglino grossolanamente:
la loro scelta non pu condurli a un reale distacco, poich non
ha nulla a che fare con la cosa in s, ma riguarda solo le loro
personali necessit. Non c nessuna virt, il vero movente il
filosofo stesso (pereat mundus () fiat philosophus), o meglio,
la sua incapacit di stare al mondo per la quale egli sceglie di
cancellare il mondo stesso. I filosofi che predicano lascetismo
sono lontanissimi dalla virt, ma impegnati a rimanere in quelle che pensano essere le migliori condizioni di esistenza; per far
questo, sono pronti a piegare il resto del mondo alla loro estrema
volont.
del filosofo partendo dal fulcro inquietante di Ecce homo. Questa modalit in grado
di evidenziare, nella filosofia di Nietzsche, il lato pi attuale dato che ci proietta in un
contesto di consapevolezza sullinconscio e quello pi antico dato che fa emergere la
profonda consonanza con il modello greco antico di filosofia come esercizio e pratica
di vita (Hadot 2005: 155 ss. Cfr. anche Hadot 1998: 219 ss.).
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Il vero filosofo deve possedere questo istinto corporeo del ritmo che gli consente di pensare danzando23, ossia con destrezza
e creativit24. La sua diversit lo rende spirito materno, che
sceglie naturalmente lastinenza per preservare la propria creatura, esonerato dal dover pensare a s (GM III 8). Il termine
materno sottolinea tutta la distanza dallideale socratico: il filosofo non pi lostetrico delle idee altrui, ma le mette al mondo lui stesso, non rinnegando cos la componente corporea del
pensiero, fondamentale in ogni idea ben riuscita. Il filosofo vero
gravido delle proprie idee, le cresce in s e le partorisce con
tutto il dolore che questo comporta. A guidarlo la necessit,
non certo la virt; lintelligenza del corpo a fargli scegliere la
cosa migliore da fare e quella alla quale rinunciare. Non c una
scelta utile alla base dellastinenza, ma invece proprio il loro
istinto materno ci che qui, a vantaggio dellopera in gestazione, spregiudicatamente dispone di tutte le altre riserve e risorse
di forza, di vigore della vita animale: la forza pi grande utilizza
allora quella pi piccola (GM III 8).
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mazione della volont di vivere e riprodursi. I brahmani, contemplativi per eccellenza, hanno saputo edificare il proprio potere su questo tipo di astinenza rendendola il senso della propria
esistenza (GM III 10).
Nietzsche richiama il brahmanesimo, il buddhismo o linduismo, come esempi della pi raffinata soluzione della volont di
primeggiare sugli altri e di imposizione della propria morale; tutte
queste forme sono strettamente legate alla volont del nulla che
caratterizza le forme dellidealismo ascetico, una volont vivente
di contraddizione e di contronatura che, come fecero gli asceti
della filosofia Vedanta, [degrada] la corporeit a illusione, e similmente il dolore, la molteplicit, lintera antitesi concettuale
soggetto e oggetto errori, nullaltro che errori! (GM III
12). I riferimenti sono molteplici allinterno della Genealogia, ma,
in definitiva, si pu concordare sul fatto che si tratta di soluzioni
che, seppur raffinate dal punto di vista dellinterpretazione, sono
legate ad un nichilismo retrivo, che condanna la potenza vitale25.
Come gli antichi brahmani, i filosofi hanno dovuto travestirsi,
hanno dovuto assumere la maschera del gi conosciuto per essere accettati: perci, latteggiamento (il vivere appartato o la negazione del mondo) ha finito per acquisire validit in s e diventare
25 Unanalisi puntuale della lettura del pensiero indiano da parte di Nietzsche stata
recentemente compiuta da Emanuela Magno, che sottolinea: Lideale ascetico (di cui la
religione del Buddha testimone esemplare), con il suo portato di rinuncia e di potente
volont negatrice del mondo, e come senso offerto allassurdit della sofferenza, presenta, per Nietzsche, un solido nesso con lo spirito e latteggiamento filosofico che da sempre deriva il valore delle sue metafisiche, della sua volont di verit, da una sotterranea
avversione alla vita di cui lideale ascetico incarna la forma spiritualizzata (Magno
2012: 167). Il buddhismo conserva, dunque, la doppia funzione di termine positivo, nei
confronti del cristianesimo, e di termine negativo, in quanto, nonostante la raffinatezza della sua analisi, non riuscito a uscire da un nichilismo passivo: Per Nietzsche, il
buddhismo ancora testimonia, nonostante la lucidit del suo esame conoscitivo e i suoi risultati di condotta che hanno determinato unaltra e pi alta morale rispetto a quella
della filiazione cristiana , una forma passiva di nichilismo, una forma, dunque, ancora,
priva di quella forza propulsiva e dirompente in grado di sovvertire lordine, i codici, le
gerarchie dei valori teorici ed etici annunciata dalla filosofia nietzscheana, che alla crisi
europea risponde con la potenzialit straripante di un nichilismo della forza, in grado di
ricreare luomo dalle sue stesse ceneri, di divinizzare la sua pi intima natura: di contro
allessere della metafisica e di Dio, la potenza abissale dellevento, il divenire (ibid., 169).
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Se, quindi, abbiamo compreso questa funzione storica dellideale, venuto il momento di porsi la domanda pi importante,
ossia se veramente venuto il tempo per il nuovo filosofo.
necessario interrogare il valore dellideale ascetico proprio ora
che la funzione del prete asceta svelata: egli, infatti, ha fede
in quellideale e ne fa la sua potenza. Il filosofo coincide con il
prete asceta quando crede nellideale di cui si rivestito, e si
smarrisce nellaffermazione della propria volont di comandare
il mondo. Egli ha la necessit di raccogliere adepti proponendo
il miraggio di un mondo vero, puro e perfetto: Lasceta tratta
la vita come un cammino sbagliato, () come un errore che si
confuta si deve confutare, mediante lazione: giacch costui esige che si proceda insieme a lui, impone a forza, dove pu, la sua
valutazione dellesistenza (GM III 11). Egli ha bisogno di essere
creduto e seguito.
Lindagine di Nietzsche, che diviene fisiologica (GM III 11), si
concentra sul prete asceta per rivelare lunitaria matrice religiosa
del problema: questa figura, infatti, rivela la lacerante contraddizione vitale del ressentiment, una rabbia contro il mondo in cui
la vita stessa a essere lodiato bersaglio dellasceta, e, soprattutto,
i suoi segni, come la prosperit fisiologica, la gioia e la bellezza:
Una vita ascetica infatti unautocontraddizione: domina qui un ressentiment senza eguali, quello di un insaziato istinto e una volont di
potenza che vorrebbe signoreggiare non su qualcosa della vita, ma sulla
vita stessa. () Tutto ci paradossale in sommo grado: ci troviamo di
fronte a una disarmonicit che vuole se stessa disarmonica, che di se
stessa gode in questa sofferenza. (GM III 11)
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Il prete asceta , di fatto, il desiderio, fatto carne, di un essere-in-altro-mondo, di un essere-in-altro-luogo, e invero il grado
supremo di questo desiderio, il suo caratteristico ardore e la sua
passione: ma appunto la potenza del suo desiderare il ceppo
che lo inchioda qui (GM III 13). Non solo il prete asceta inchiodato a questa esistenza, ma escogita raffinate modalit per
mantenere nella stessa situazione le schiere di falliti, di malcontenti, di malriusciti, di sciagurati, di sofferenti di s. Coloro che
non vogliono essere se stessi vengono convinti a rimanere tali,
perch cos riconfermano il prete asceta nella sua funzione e nel
suo potere; egli infatti pastore e difensore del gregge malato:
solo cos comprendiamo la sua missione storica. Il dominio sui
sofferenti il suo regno, a esso lo rinvia il suo istinto, in esso
possiede la sua vera arte, la sua maestria, la sua specie di felicit
(GM III 15). Leffetto di questo movimento perverso la nausea
e la compassione di fronte alluomo, e il suo pi nefasto prodotto
il nichilismo (evidentemente passivo e deteriore).
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Il capolavoro della perversione del prete asceta il fatto di essere riuscito a rendere il malato totalmente dipendente dal senso
di colpa, tramutandolo in peccatore30, grazie ad una interpretazione distorta della vita.
Luomo che in qualche modo () soffre di se stesso, senza sapere
perch, a che pro, desideroso di ragioni, () finisce per consigliarsi
con qualcuno che sa anche le cose occulte ed ecco, riceve un avvertimento, riceve dal suo mago, il prete asceta, il primo avvertimento sulla
cagione del suo soffrire: deve cercarla in se stesso, in una colpa, in un
frammento di passato, deve comprendere la sua stessa sofferenza come
una condizione di castigo (GM III 20)
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Il dionisiaco, evocato dalla figura di Baubo, simbolizza le caratteristiche del nichilista attivo, in grado di giocare il mondo
secondo la dinamica delleterno ritorno, senza paura. Nietzsche
sa che anche gli uomini della conoscenza i filosofi non idealisti e antimetafisici non sono totalmente indipendenti dai
presupposti metafisici, anche solo per il fatto che la loro stessa
consapevolezza filosofica nata della metafisica37.
Questa consapevolezza il fondamento della diffidenza che
contraddistingue gli uomini della conoscenza, che sono costantemente alla ricerca di interpretazioni che mettano in scacco
lassolutezza del principio, della verit ad ogni costo. Essi si
sanno interni a una tradizione da cui scaturisce la domanda sulla
volont di verit (GM III 27) e affrontano coraggiosamente il
crollo della metafisica fronteggiando la dimensione nichilistica
dellesistenza; questo li rende, per, in grado di danzare sulle macerie e di immaginare unalternativa allimmobilismo pretesco,
forse grazie allaccettazione della naturale legge della vita, legge
del necessario autosuperamento nellessenza della vita (ibid.).
In questo modo, figli della stessa morale cristiana, essi possono
affrontare alla radice il problema della volont di verit38.
Che senso avrebbe tutto il nostro essere, se non quello espresso dal
fatto che in noi codesta volont di verit sarebbe diventata cosciente a se
37 Cfr. FW 344, citato in GM III 24: pur sempre una fede metafisica quella su cui
riposa la nostra fede nella scienza che anche noi, uomini della conoscenza di oggi, noi
atei e antimetafisici, continuiamo a prendere anche il nostro fuoco dallincendio che una
fede millenaria ha acceso, quella fede cristiana che era anche la fede di Platone, per cui
Dio verit e la verit divina.
38 Per unanalisi di tale questione si rimanda ancora al contributo di Pietro Gori al
presente volume.
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stessa come problema? Per questa progressiva autocoscienza della volont di verit, a partire da questo momento non v alcun dubbio va
crollando la morale: un grande spettacolo in cento atti, che viene riservato ai due prossimi secoli europei, il pi tremendo, il pi problematico e
forse anche il pi ricco di speranza tra tutti gli spettacoli (GM III 27)
Lideale ascetico continua a essere scelto perch uninterpretazione che offre un senso alla sofferenza uninterpretazione
che ha per la colpa di volersi unica e assoluta. Nonostante il
dolore che provoca e le rinunce che impone, essa continua inoltre a riaffermare un volere, anche se nella sua forma pi infelice e
nichilista. Luomo della conoscenza sa e pu non fermarsi a una
interpretazione, intende il mondo prospetticamente e, in questo
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Bibliografia
Babich, Babette: 2000. Between Hlderlin and Heidegger: Nietzsches
transfiguration of philosophy, Nietzsche-Studien 29, pp. 267-301.
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di ogni rude, tempestosa, sfrenata, aspra, brutalmente rapace salute e possanza (GM III 15). Come il tipo delluomo teoretico della
Nascita della tragedia si oppone allesuberanza poietico-creativa
del dionisaco, cos il tipo del prete asceta della Genealogia muove
guerra agli animali da preda, ovvero alla magnifica divagante
bionda bestia, avida di preda e di vittoria (GM I 11), protagonista
della prima dissertazione del testo1.
In entrambi i casi il tipo Schopenhauer a essere nel mirino
di Nietzsche: nella prefazione del 1886 alla terza edizione della
Nascita della tragedia (il celebre Tentativo di autocritica) lantiDioniso Schopenhauer, in ci erede tanto del platonismo socratico quanto dellascetismo cristiano (cfr. EH, La nascita della
tragedia 2), simbolo di pessimismo, rassegnazione, ostilit alla
vita, ascesi quietista (unaspirazione al nulla, alla fine, al riposo, GT Tentativo di autocritica 5); allo stesso modo, nella quasi
coeva (1887) prefazione alla Genealogia, al nome di Schopenhauer sono collegati gli ideali ascetico-morali dellautonegazione,
dellautosacrificio, della compassione (cristiana e buddhista), intesi come malattie della cultura europea. quindi contro il tipo
Schopenhauer-prete asceta che la Genealogia viene scritta, e ci
sembra non lasciare dubbi circa il giudizio di Nietzsche riguardo
lutilit o il danno dellideale ascetico per la vita e la filosofia: esclusivamente dannosa sarebbe lascesi poich come nel
caso della storia malamente intesa della Seconda inattuale essa
sarebbe nientaltro che lespressione schopenhaueriana di una
volont del nulla, unavversione alla vita, una rivolta contro i presupposti fondamentalissimi della vita (GM III 28).
questo, del resto, il senso polemico esplicito della terza dissertazione della Genealogia come lo , per quanto retrospettivamente, della Nascita della tragedia , scritta anzitutto contro la coppia
Wagner-Schopenhauer, colpevoli di avere, ciascuno a suo modo,
subordinato larte, di per s dionisiaca, allideale ascetico della rinuncia e della rassegnazione. Non v infatti contrapposizione pi
1 Sulla figura della bionda bestia si veda il contributo di Alberto Giacomelli a
questo volume, in particolare 4.
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b) Rifiuto di s. Per Nietzsche la vita ascetica espiazione volontaria, autorinuncia, flagellazione, olocausto di se stessi; chi
pratica lascesi degrada la sua corporeit a illusione, ricusa fede
al proprio io, nega a se stesso la propria realt (cfr. GM III 12):
Se possibile, pi nessuna volont, nessun desiderio; evitare tutto
quanto crea passione, fa sangue (...); non amare; non odiare; imperturbabilit; non vendicarsi; non arricchirsi; non lavorare; mendicare;
possibilmente nessuna donna o meno donne possibile (...). Risultato, in
termini psicologico-morali, rifiuto di s, santificazione. (GM III 17)
appena il caso di ricordare talmente noti sono questi passaggi che in Schopenhauer la via dellascesi, dunque della redenzione, passa esattamente attraverso un graduale rifiuto di s
che ha nella mortificazione del corpo la conditio sine qua non
della santificazione:
[Lasceta] non permette che si riaccenda in lui lardore n della collera n del desiderio, e mortifica, al pari della volont, anche la sua
oggettivazione visibile, il corpo (...). Pratica il digiuno, la macerazione;
giunge a flagellare la propria carne (...). Con il termine ascesi intendo,
in senso stretto, quellannientamento intenzionale della volont, che si
ottiene rinunciando ai piaceri e andando in cerca delle sofferenze, cio
la pratica volontaria di una vita di penitenza e di macerazioni, vissuta
in vista di una costante mortificazione del volere. (WWV I: 536 e 548)
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sentimenti perversi di colpa, peccato, peccaminosit, pervertimento, dannazione, timore, castigo le molle ultime sia della
sofferenza, sia del desiderio di redenzione dellasceta (cfr. GM
III 16 e 20). Schopenhauer stesso ammette che la grande verit, la redeeming feature (cfr. WWV II: 1529) della soteriologia
ebraico-cristiana e orientale sta nel concetto di colpa, ovvero di
peccato originale:
Il nostro unico vero peccato , di fatto, il peccato originale (...).
Lintimo nucleo e lo spirito profondo del cristianesimo sono identici
a quelli del brahmanesimo e del buddhismo: tutti e tre insegnano che
il genere umano porta su di s una grave colpa per il fatto stesso di
esistere (...). Lesistenza stessa delluomo (...) identica alla caduta nel
peccato. (WWV II: 1527)
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E altrove:
Tutto il mio rispetto per lideale ascetico, semprech esso sia onesto!
fintanto crede a se stesso e non ci vien fuori con delle frottole! (GM
III 26, c.n.)
Infine:
Lideale ascetico continua sempre a avere, per il momento, ununica
specie di reali nemici e danneggiatori: sono i commedianti di questo ideale essi infatti suscitano diffidenza (GM III 27, c.n.)
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Come si vede, in questo breve elenco delle condizioni psicofisiche, offerte dallaskesis, del sano filosofare anzitutto la libert e lindipendenza dalle costrizioni imposte dal mondo, dal
corpo e dalle passioni non v niente che ricordi la negativit,
la nausea, il tedio di se stessi, la rinuncia e la volont rancorosa
del nulla connesse, per Nietzsche, allideale ascetico cristiano. Al
contrario, giacch i filosofi greco-ellenistici, nellideale ascetico,
vedono non un limite e un danno, bens una meta e unutilit
per la filosofia, pensano cio al sereno ascetismo di un animale
divinizzato e divenuto alato, il quale, pi che starsene quieto,
volteggia al di sopra della vita (ibidem). Questo ascetismo sereno
del saggio, allapparenza cos simile, ma in realt diametralmente opposto allascetismo risentito del prete, la chiave di volta
dellaskesis, il che implica unaltra distinzione fondamentale presente nella Genealogia: mentre infatti nella prospettiva soteriologica le tre pompose parole dellideale ascetico: povert, umilt,
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castit (ibidem) nominano altrettante virt morali, cio un codice di norme cui il prete asceta deve saper ubbidire per negare la
vita, rinunciare a s (al proprio corpo, ecc.) e perseguire la redenzione, nella prospettiva della saggezza le stesse parole nominano
invece soltanto regole pratiche, massime di saggezza e cura di s
che il filosofo deve assimilare, metabolizzare e praticare per agire
nella vita, governare se stesso (il proprio corpo, ecc.) e perseguire
la tranquillitas animi che prelude al sano filosofare. In questo
senso asketico povert, umilt e castit saranno sempre presenti, fino a un certo punto, nella vita di tutti i grandi, fecondi,
ingegnosi spiriti,
[e] niente affatto cosa che va da s come se fossero, caso mai, le
loro virt, che cosha a che fare questa specie di uomini con le virt! sibbene come le condizioni pi peculiari e pi naturali della loro
migliore esistenza, della loro pi bella fecondit. (ibidem)
Lenfasi scritturale di Nietzsche esalta la crucialit del momento e a dire il vero queste parole contengono la legittimazione di unars vivendi e di una epimeleia heautou che, praticate da unaristocrazia dello spirito, hanno un unico fine: non la
trascendenza ma lest-etica dellesistenza. Non in quanto virt
trascendenti ma in quanto regole pratiche immanenti di una tale
est-etica, povert, umilt e castit sono modi non per sottrarsi
allesistenza, ma per darle una (bella) forma, e sono espressione
non di una rinuncia a s, ma del raggiunto dominio di s su di
s: la spiritualit dominatrice del filosofo, non la sua rinuncia
alla vita, a dover prima di tutto porre le briglie a unindomabile
ed eccitabile superbia o a una proterva sensualit (ibidem). Il
filosofo sar dunque povero, poich il deserto, la solitudine, la
quiete, il silenzio, ecc., sono tipici degli spiriti forti e indipendenti per natura ma in ci non v affatto virt (ibidem);
sar umile, poich la riservatezza, la moderazione, la semplicit,
il parlare basso, il rifiuto della gloria e della ribalta sono indice di
una suprema signoria su se stessi ma non sono virtuose (cfr.
ibidem); infine, sar casto, ma in senso opposto a quello che il
codice della virt impone al prete asceta:
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tativo dallaskesis antica allascesi cristiana, vale a dire dallideale ascetico praticato da filosofi assetati di potenza e fiduciosi
in se stessi allideale ascetico praticato da preti negatori della
vita e risentiti contro se stessi, ideale che a partire da GM III
11 catalizza come pi sopra illustrato la riflessione critica
nietzscheana sul tipo umano del prete asceta-Schopenhauer. Si
passa cio da una situazione in cui lideale ascetico visto come
condizione di possibilit della sana filosofia:
per lungo tempo lideale ascetico servito al filosofo come forma
fenomenica, come presupposto esistenziale costui dovette rappresentarlo, per poter essere filosofo, dovette credere in esso, per poterlo rappresentare (...). Per lunghissimo tempo la filosofia non sarebbe stata per
nulla possibile sulla terra senza un involucro e un rivestimento ascetico.
(GM III 10)
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dissimulare, il necessario tutto lidealismo una continua menzogna di fronte al necessario ma amarlo [EH, Perch sono
cos accorto 10]).
Da Epicuro e Zenone a Seneca, da Marco Aurelio a Gracin
e Montaigne, da Epitteto a Schopenhauer (come vedremo) a Leopardi e ai moralisti francesi sempre la saggezza (e la filosofia)
pratica parla questa lingua ascetica
c) Soprattutto, per ottenere salute, bella forma, buona filosofia, il filosofo deve mettere per benino tutti i cani a catena,
cio non gi rimuovere, reprimere e soggiogare, bens governare
saggiamente le passioni, anzitutto quelle (gelosia, invidia, vanit, ambizione, orgoglio, iracondia, vendetta, rancore, ecc.) che
generano ressentiment, il peggior nemico della enkrateia, della
autarkeia e della ataraxia del filosofo. Questa la massima sapienziale di Nietzsche:
Nulla fa bruciare tanto rapidamente quanto le passioni del ressentiment. La furia, la vulnerabilit morbosa, il desiderio, la sete impotente
di vendetta (...) questa sicuramente la maniera pi dannosa di reagire per chi non ha pi forze: ne conseguono un rapido consumo di
energia nervosa, un aumento anormale di secrezioni nocive, per esempio con versamenti di bile nello stomaco. (EH, Perch sono cos saggio 6)
Vittoria sul ressentiment, liberazione dellanima dal ressentiment, questo il primo passo verso la guarigione (ibidem) un
passo, si badi, non gi morale ma fisiologico, che cio non guarda alla virt morale ma alla prassi vitale, giacch il ressentiment
non dannoso a nessuno quanto al risentito stesso, e, soprattutto, nelle nature forti un sentimento superfluo, un sentimento da dominare, e saperlo dominare quasi la prova della propria
ricchezza (ibidem).
Cos non parla un prete asceta, bens un aristocratico, anzi
un guerriero dello spirito, un filosofo guerresco (EH, Perch
sono cos saggio 7), il cui pathos aggressivo, nel fare filosofia,
segno di forza proprio perch non contiene un sol grammo di
quel sentimento di rancore e di vendetta che , viceversa, segno
di debolezza, e che solo unaskesis ben meditata in grado di
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nati allaria aperta e in movimento che non sono una festa anche per
i muscoli. Tutti i pregiudizi vengono dagli intestini (EH, Perch sono
cos accorto 1).
Solo il maledetto idealismo, insomma, pu troncare la radice che la filosofia affonda nella dieta, nel training, nella scelta
del clima e del luogo dove vivere, ecc., poich tutto questo contribuisce a fare del corpo non lostacolo, ma il medium stesso del
filosofare. Solo un corpo governato e messo a regime dallaskesis,
infatti, pu fornire al filosofo il fondamento psico-fisico adeguato al percorso biografico che lo conduce a diventare ci che ,
ovvero al supremo egoismo in cui il S incontra se stesso: lidea
individuale (il carattere dominante, archetipo o daimon) che organizza dallinterno tutta la sua vita,
lentamente guida i passi indietro dalle deviazioni, dalle vie perdute, prepara qualit e capacit singolari (...) elabora successivamente
tutti i poteri subalterni, prima di far trapelare qualcosa del compito
dominante, della meta, del fine, del senso. (EH, Perch sono cos
accorto 9)
Se curata con saggezza, questa idea-daimon salta fuori un giorno allimprovviso, matura, nella sua massima perfezione, donando al filosofo non solo la sapienza, ma anche la felicit: Vista
da questa parte scrive Nietzsche la mia vita semplicemente
meravigliosa (ibidem). Ci che egli qui chiama sano egoismo,
in quanto arte dellautoconservazione, accortezza suprema
e rigorosa autodisciplina (ibidem), altro non che la cura sui,
contrapposta pur nella somiglianza alla incuria sui dellascesi
idealistica, univocamente votata allabbandono e allannullamento del daimon personale.
E non pu esservi alcun dubbio circa lestrema seriet filosofica con cui Nietzsche enuncia le regole della sua ars vivendi, cui
attribuisce un ruolo epocale dunque tipico di trasvalutazione di tutti i valori correnti in filosofia:
Queste piccole cose alimentazione, luogo, clima, svaghi, tutta la
casistica dellegoismo sono inconcepibilmente pi importanti di tutto
ci che finora stato considerato importante [c.n.]. Proprio da qui biso-
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gna cominciare a cambiare tutte le proprie nozioni. Quelle che finora lumanit ha considerato cose serie, non sono neppure delle realt, sono
semplici prodotti della immaginazione, o pi esattamente menzogne
che derivano dai cattivi istinti di nature malate, dannose nel senso pi
profondo tutti i concetti di Dio, anima, virt, peccato, al
di l, verit, vita eterna (...). Si imparato a disprezzare le piccole cose, che sono poi le faccende fondamentali della vita (EH,
Perch sono cos accorto 10)
Ancora cura contro incuria, dunque, askesis contro ascesi, salute contro salvezza, saggezza contro redenzione, estetica
dellesistenza contro morale, uomo bello e nobile, fiero e benriuscito (EH, Perch io sono un destino 8) contro uomo buono
e virtuoso per nel contempo fallito, malcontento, malriuscito,
sciagurato, sofferente di s (cfr. GM III 13).
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suo pendant sistematico nel filosofo pratico (il saggio), il quale in virt di una valida ragione pratica esercita e teorizza
unars vivendi e una epimeleia heautou direttamente finalizzate
alla conquista di s come base di una solida serenit terrena e
di una sana filosofia mondana. In realt, proprio come accade
nella Genealogia nietzscheana, ascesi e askesis, mistica e saggezza
sono compresenti con diverse accentuazioni nella filosofia di
Schopenhauer, e non certo un caso che molte riflessioni parenetiche presenti nei suoi Aforismi sulla saggezza della vita trovino
immediata corrispondenza in Ecce homo.
Del resto, il giovane Nietzsche quello della Terza considerazione inattuale se ne rende conto, parlando di Schopenhauer
come di un educatore e di un maestro severo, del quale posso
gloriarmi (SE 1), e del quale apprezza la posizione pura e da
vero antico verso la filosofia (SE 3, c.n.). In compagnia di Goethe
e Montaigne non gi di Eckhart e Buddha Schopenhauer presenta qui le caratteristiche di onest, serenit, fermezza del tipo
umano dellantico parresiaste stoico, che in grado di contrastare, con la propria condotta esemplare, la tirannide dellepoca:
Lesempio deve essere dato con la vita visibile e non semplicemente con dei libri, a quel modo quindi che insegnavano i filosofi della
Grecia: con laspetto, latteggiamento, il vestito, il cibo, i costumi pi
ancora che con il parlare o addirittura con lo scrivere (...). Schopenhauer fa pochi complimenti con la casta accademica, si separa, aspira
allindipendenza dallo Stato e dalla societ questo il suo esempio,
il suo modello. (SE 3)
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Viceversa, resta vero e lo si detto con chiarezza che il ruolo tipologico preponderante affidato a Schopenhauer nella Genealogia appunto quello del prete asceta, non del saggio asketico,
e ci, in fondo, in piena coerenza con quanto Schopenhauer stesso afferma della propria saggezza di vita, ufficialmente relegata
in una dimensione popolare ed empirica secondaria rispetto al
suo pi alto punto di vista metafisico ed etico (Schopenhauer
1998: 423), culminante nellascesi mistica. Ci non toglie che al
tipo umano Schopenhauer se se ne vuole rispettare la complessit caratterologica , cos come alla sua opera se se ne vuole
rispettare la complessit teorica e filologica non appartiene solo
il tipo umano del prete asceta, ma anche, in modo complementare, il tipo umano del filosofo saggio, quindi non solo lascesi
mistica ma anche laskesis intramondana.
6. La saggezza di Dioniso
Traiamo quindi alcune conclusioni dal percorso fatto, e affrontiamo lultima questione rimasta aperta, quella cio del rapporto tra ideale ascetico, ideale aristocratico e ideale estetico.
a) innegabile la presenza, in GM III, di unattenzione di
Nietzsche per il rapporto positivo tra ideale ascetico inteso come
askesis e vita filosofica nel senso autentico del termine, di cui
quellideale una condizione di possibilit. Che per Nietzsche
questo, nel 1887-1888, fosse un problema aperto dimostrato
non solo dalle pagine di Ecce homo, ma anche da un passaggio
del penultimo paragrafo di GM III in cui egli si ripromette di
riaffrontare in maniera pi radicale e rigorosa il problema
del significato dellideale ascetico in un altro contesto, cio nella sezione Per la storia del nichilismo europeo dellopera, ancora
in fase di approntamento, La volont di potenza. Saggio di una
trasvalutazione di tutti i valori (GM III 27). Ora, se, alla luce
della prospettiva da noi proposta, si considera quanto Nietzsche
afferma nel celebre frammento di Lenzer Heide datato 10 giugno 1887 che quindi precede di circa un mese la stesura della
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Genealogia e intitolato appunto Il nichilismo europeo, il risultato non pu sorprendere: Quali uomini si riveleranno allora i
pi forti?, si chiede Nietzsche alludendo allumanit futura del
nichilismo compiuto, e risponde:
i pi moderati [c.n.], quelli che non hanno bisogno di princpi di fede
estremi, quelli che non solo ammettono, ma anche amano una buona
parte di caso, di assurdit, quelli che sanno pensare, riguardo alluomo,
con una notevole riduzione del suo valore, senza diventare perci piccoli
e deboli: i pi ricchi di salute, quelli che sono allaltezza della maggior
parte delle disgrazie e che quindi non hanno tanta paura delle disgrazie
gli uomini che sono sicuri della loro potenza e che rappresentano con consapevole orgoglio la forza raggiunta dalluomo. (NF 1887, 5[71], 15)
Questo manifesto elogio, anchesso epocale, della moderazione unita alla forza, alla salute, al coraggio e alla potenza che
ne esclude lunivoca riduzione a sintomo di debolezza, malattia,
vilt e rinuncia ci consente due ulteriori considerazioni:
b) mentre lideale ascetico del tipo umano del prete asceta si
contrappone diametralmente come sua malattia morale allideale aristocratico del guerriero affermativo (nobile, virile, forte,
potente, dominatore, prevaricatore, predatore, ecc., tutto pervaso di vita e di passione, GM I 10), lideale del saggio asketa, proprio in virt della sua moderazione, pu essere non solo
compatibile con lideale del guerriero, ma anzi pi che mai utile
in quanto sua salute al filosofo-guerriero stesso, nella misura
in cui, come si visto, gli consente quel dominio (che non rimozione) e quel governo (che non repressione) delle passioni
che, solo, purifica qualsiasi arte marziale da ogni pernicioso ressentiment. Poich esiste un ressentiment della forza, e non solo
della debolezza (la morale da schiavi), la morale aristocratica
pu esplicarsi nella sua pi autentica potentia solo se il nobile, il
potente, il dominatore al tempo stesso saggio, moderato, ascetico ed esercita lautarkeia, lataraxia, lenkrateia: Se si disprezza,
non si pu fare guerra ammonisce Nietzsche, e comunque per
essere un buon guerriero non lecito avere i nervi.
c) Infine, si detto che la contrapposizione tra lideale ascetico
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del prete asceta e lideale estetico dellartista dionisiaco costituisce lorigine e la meta della terza dissertazione, ed infatti allarte
come antagonista tout court, volont opposta e opposto ideale
dellideale ascetico che Nietzsche ritorna nei paragrafi conclusivi della Genealogia:
Larte, in cui appunto la menzogna si santifica e la volont dillusione
ha dalla sua la tranquilla coscienza, in maniera molto pi radicale della scienza contrapposta allideale ascetico: lo avvert listinto di Platone,
il pi grande nemico dellarte che lEuropa abbia fino a oggi prodotto
(...). Un vassallaggio artistico al servizio dellideale ascetico perci la
pi effettiva depravazione di un artista che possa esistere. (GM III 25)
In effetti, nulla pi dellideale ascetico sembrerebbe incompatibile con lideale estetico libero, libertario, affermativo, esuberante, vitale, creativo, plastico, ebbro, eccessivo, danzante,
giocoso, ecc., dellartista dionisiaco.
Qui la prospettiva di Nietzsche si allarga, assumendo tonalit
epistemologiche e ontologiche ampie, in quella delineata dal celebre capitolo Come il mondo vero fin per diventare favola del Crepuscolo degli idoli. La volont di verit ha bisogno di una critica
scrive nella Genealogia in via sperimentale deve porsi una volta
in questione il valore della verit (GM III 24)6. Alla costrittiva
volont di verit e di veracit cui sono strettamente legati lideale ascetico e la moralit cristiani nonch la scienza del dotto,
anchesso tipo umano ascetico nel senso della stanchezza e della
decadenza si contrappone la volont di menzogna, di illusione e
di apparenza dellartista dionisiaco, per il quale esiste soltanto un
vedere prospettico, soltanto un conoscere prospettico (GM III
12). Per lartista dionisiaco la volont di parvenza, di illusione,
di inganno, di divenire e mutare pi profonda, pi metafisica
della volont di verit, di realt, di essere (NF 1888, 14[18]).
Tuttavia proprio questa liberazione estetico-dionisiaca delle apparenze (ovvero delle maschere), per non mutarsi in mera
commedia arbitraria delle prospettive e delle interpretazioni al6
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Una lettura di GM III 12
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1.
Al fatto che la filosofia di Nietzsche sia stata intesa prevalentemente come una critica della morale si deve probabilmente una
buona parte della sua fortuna. Ad avallare questa interpretazione si potrebbero naturalmente ricordare le numerose definizioni che Nietzsche d di se stesso. Ci limitiamo a citare le parole
della prefazione alla seconda edizione di Umano, troppo umano:
Ecco che gi ricomincio a fare quello che ho sempre fatto, io
vecchio immoralista e uccellatore, e parlo in modo immorale,
extramorale, al di l del bene e del male (MA, Prefazione
1); e quelle, ancor pi esplicite, della prefazione alla seconda
edizione di Aurora: In noi giunge al suo compimento, posto
che vogliate una formula lautosoppressione della morale (M,
Prefazione 4). Entrambe queste citazioni, tuttavia, si riferiscono
al medesimo anno, quel 1886 nel quale Nietzsche ripubblica le
sue opere precedenti pi importanti dotandole di nuove prefazioni e aggiunte varie e cerca, in tal modo, di dare unimpronta
unitaria alla sua riflessione1. Anche il tema della morale gli si
presenta ora strettamente congiunto alla sua filosofia; con la sua
rilettura, egli ricollega argomenti gi presenti, seppure lasciati
talvolta irrisolti, nelle sue prime opere. Per quel che qui ci interessa, si tratter di vedere come il problema della morale abbia le
1 Il caso pi vistoso certamente quello della nuova prefazione alla Nascita della
tragedia, la cui ora dichiarata tendenza antimorale sarebbe da misurarsi dal silenzio
cauto e ostile con cui in tutto il libro trattato il cristianesimo (GT, Tentativo di autocritica 5).
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sue radici nellimpostazione teoretica ed epistemologica della filosofia nietzschiana, ossia nel modo in cui presentata la natura
della conoscenza. Leggiamo, ancora dalla Prefazione di Umano,
troppo umano il monito che Nietzsche rivolge a se stesso:
Dovevi imparare a comprendere ci che appartiene alla prospettiva
in ogni giudizio di valore: lo spostamento, la deformazione e lapparente teleologia degli orizzonti e ogni altra cosa che fa parte della prospettiva (). Dovevi imparare a comprendere la necessaria ingiustizia
di ogni pro e contro, lingiustizia come inseparabile dalla vita, la vita
stessa come condizionata dalla prospettiva e dalla sua ingiustizia. (MA,
Prefazione 6)
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potrebbero che essere lasciate indeterminate dalle leggi universali date a priori dallintelletto. Queste leggi empiriche sono quindi
contingenti (zufllig) secondo il modo di intendere del nostro
intelletto e tuttavia, in quanto leggi, devono essere necessarie
secondo un principio dellunit del molteplice, sebbene a noi
sconosciuto; un tale principio ci di cui la facolt riflettente
di giudizio necessita per poter risalire dal particolare della natura alluniversale. Questo principio la conformit a scopi
(Zweckmigkeit) della natura, del quale occorre supporre che
sia dato da un intelletto sebbene non il nostro che renda
possibile un sistema dellesperienza secondo leggi particolari
della natura. Il concetto della conformit a scopi della natura ci
consente di rappresentare la natura come se [als ob] un intelletto
contenesse il fondamento dellunit del molteplice delle sue leggi
empiriche. Lo als ob segnala che non siamo legittimati ad ammettere effettivamente un tale intelletto, perch con il principio
della conformit a scopi la facolt riflettente di giudizio d solo
a se stessa una legge e non alla natura (KdU, Introduzione, IV
[B XXVI-XXVIII])6. Come Kant precisa pi avanti, nella Critica
della facolt teleologica di giudizio, la conformit oggettiva della
natura a scopi pu essere assunta solo soggettivamente: per il
principio di causalit mediante il quale noi interpretiamo le
cose della natura come rapporto di mezzi a scopi non abbiamo affatto un fondamento nellidea universale della natura, e
neppure lesperienza pu provarcene la realt; perch questo
fosse possibile, dovrebbe essere intervenuto prima un ragionamento capzioso (Vernnftelei) che avesse fatto scivolare (hineinspielen) nella natura un concetto di scopo del quale c biso6 Nel corso del testo verranno utilizzate le seguenti sigle per le opere di Kant: P
= Prolegomena zu einer jeden knftigen Metaphysik, die als Wissenschaft wird auftreten
knnen; KrV = Kritik der reinen Vernunft; KpV = Kritik der praktischen Vernunft; KdU
= Kritik der Urteilskraft. Le sigle saranno seguite dal numero del paragrafo o della sezione e, nel caso di KrV e KdU, dal riferimento alle pagine della prima o seconda edizione
(indicate rispettivamente con le lettere A e B) tra parentesi quadre. Nel caso di P e KpV
si indicheranno invece i numeri di pagina delledizione tedesca e della sua traduzione
italiana riportate nella bibliografia conclusiva.
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La mossa decisiva contro lantropocentrismo kantiano consiste proprio nel mettere in rilievo la natura irrimediabilmente
antropomorfa della nostra conoscenza; vale a dire, il fatto che la
conoscenza umana vale solo in quanto essa sia ridotta alla conoscenza dal punto di vista umano; al prezzo, dunque, della perdita di quella universalit che Kant preservava ritenendo luomo
lunica creatura in grado di considerare la natura secondo un
sistema di fini. Se le leggi della natura, essendo concetti dellintelletto umano, non sono che rappresentazioni, appartengono
esse stesse al mondo dei fenomeni dietro al quale la cosa in s
scompare. In questa conclusione la stessa impostazione schopenhaueriana viene superata da unaltra impostazione, nella quale
linfluenza di Schopenhauer pure presente: quella della Storia
del materialismo di Friedrich A. Lange. Secondo Lange, infatti,
non solo la cosa in s inconoscibile, ma di essa non possiamo
dire neppure che esista: si tratta di una pura ipotesi del nostro intelletto, la cui attivit interamente determinata da fenomeni in
quanto il nostro mondo non pu essere altro che un mondo della rappresentazione [eine Welt der Vorstellung]; se, dunque, ci
chiediamo dove stia il fondamento delle cose, la risposta non pu
che essere: nei fenomeni. La cosa in s risulta essa stessa, alla
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fine, una rappresentazione del nostro intelletto, e la sua necessit si radica nellorganizzazione di questo, precisamente nel
principio di causalit. In altre parole, essa si rivela come la causa
(supposta come semplice ipotesi) dei fenomeni; e, con ci, essa si
sottrae lasciando sul campo, al suo posto, il mondo dei fenomeni:
Pi la cosa in s si volatilizza [verflchtigt] e si riduce a una
semplice rappresentazione, pi il mondo dei fenomeni acquista
realt (Lange 1866/1974: II, 498).
In questa riduzione del noumeno ai fenomeni sta la chiave
per intendere il nesso tra la prospettiva teoretico-epistemologica
e quella morale in Nietzsche. Ma, per documentare questaffermazione, dobbiamo di nuovo risalire brevemente a Kant il
quale, nella Critica della ragion pratica, distingue luso dellintelletto mostrato nella parte analitica della Critica della ragion
pura speculativa dove i principi sintetici derivati dai concetti
potevano esistere soltanto in relazione alla intuizione, che era
sensibile12 ed era quindi negata alla ragione speculativa ogni
conoscenza positiva dei noumeni da un mondo dellintelletto puro nel quale la legge morale si d a conoscere come ci
che appare inesplicabile a partire dai dati del mondo sensibile.
La legge morale si fonda pertanto sui noumeni bench questi continuino a non essere conosciuti, perch ogni conoscenza
non pu prescindere dallintuizione sensibile ed , quindi, la
legge fondamentale di una natura soprasensibile, in virt della
quale una copia del mondo dellintelletto puro deve esistere
nel mondo sensibile, per altro nello stesso tempo, senza danno
alle leggi di questo (KpV 50-51 [91-93]). per superare la difficolt di assolvere a questo compito che, successivamente, Kant
si risolve a trattare nello specifico una facolt di giudicare alla
quale vengono attribuite funzioni in parte diverse e accresciute
12 Cfr. KrV, II, Introduzione I [A 51]: La nostra natura cosiffatta che lintuizione
non pu essere mai altrimenti che sensibile, cio non contiene se non il modo in cui siamo
modificati dagli oggetti. Al contrario, la facolt di pensare loggetto dellintuizione sensibile lintelletto. Nessuna di queste due facolt da anteporre allaltra. Senza sensibilit
nessun oggetto ci sarebbe dato, e senza intelletto nessun oggetto pensato. I pensieri senza
contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche.
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Si radica in questa esigenza la necessit di una facolt teleologica di giudizio, ossia della facolt di giudicare la conformit a scopi reale (oggettiva) della natura mediante lintelletto e
la ragione (KdU, Introduzione VIII [B L]). Lintervento della
ragione, la facolt del soprasensibile, qui posto da Kant con
lintento di salvaguardare la libert, e dunque la morale, dal condizionamento del sensibile, dal momento che della legge morale
non in ogni caso consentito avere esperienza.
Quel che fa Nietzsche una patente contravvenzione del veto
kantiano: se il soprasensibile non che rappresentazione ed
errore, rientra esso stesso nel modo dei fenomeni; e pertanto, nel rapporto posto da Kant tra sensibile e soprasensibile,
semmai proprio il primo ad avere influenza sul secondo. Quella conformit a leggi e regolarit in virt delle quali la ragione
crede di poter comprendere la natura non sono, in realt, che
proiezioni della misura umana sulla natura stessa. Se per Kant si
pu legittimamente parlare di belle forme della natura poich
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nel presupporre un universale consenso dei popoli civili sui principi della morale; ma, per laltro verso, constatato che presso
popoli diversi le estimazioni morali sono necessariamente diverse, nel concludere per la non obbligatoriet di ogni morale: le
quali cose sono, entrambe, puerilit parimenti grosse (FW 345).
Con ci Nietzsche prende posizione tanto contro luniversalismo
quanto contro il relativismo morale; come stato osservato, nel
problema della morale non si tratta () di false opinioni n di
vera conoscenza di essa, bens del valore che essa ha per la vita
(Stegmaier 2012: 167). Cosicch, anche qualora si provasse che
la morale si sviluppata da un errore () non sarebbe ancora
toccato il problema del suo valore (FW 345). Proprio in quanto
errore, ma produttivo ai fini della Arterhaltung, la morale svela
la sua verit fattuale.
2.
Se il modo in cui Nietzsche affronta il problema della morale ha, alla sua radice, limpostazione teoretico-epistemologica,
trovandosi quindi inscindibilmente legato alla prospettiva,
non desta meraviglia che questo nodo essenziale venga esposto
in un passaggio dellopera che Nietzsche dedica esplicitamente
a quel problema: la Genealogia della morale e, precisamente, il
12 della terza Dissertazione: Che cosa significano gli ideali ascetici? Lobiettivo polemico di Nietzsche , qui, Kant non meno di
Schopenhauer, per lo meno nella misura in cui, a suo giudizio, il
secondo resta sulla via tracciata dal primo a proposito della cosa
in s. Esaminiamo innanzitutto il rapporto che Nietzsche pone,
in generale, tra filosofia e ascetismo: Incontestabilmente, finch
sulla terra ci saranno filosofi, ovunque siano esistiti filosofi ()
sussiste una particolare irritazione e astiosit filosofica contro la
sensualit. Ne fornisce la prova proprio Schopenhauer, il quale
aveva trattato la sessualit come un nemico personale (compreso
il suo strumento, la donna, questo instrumentum diaboli) (GM
III 7). Non un caso che i grandi filosofi non fossero sposati:
Eraclito, Platone, Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant e Schopenhauer
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non lo furono. () Un filosofo sposato appartiene alla commedia, questa la mia tesi: e quelleccezione di Socrate il malizioso Socrate sembra che si sia sposato ironice, proprio per dimostrare questa tesi. (GM
III 7)
Nel filosofo lideale ascetico motivato dalla volont dindipendenza che lo libera dalle costrizioni che il mondo esercita su
di lui. Il suo motto sar dunque pereat mundus, fiat philosophia,
fiat philosophus, fiam! (GM III 7)16; dove lultima parola indica
che Nietzsche include, tra questi filosofi, se stesso. Lideale ascetico ha rappresentato, per lo spirito filosofico, un travestimento
necessario per potersi manifestare: Il prete ascetico ha costituito, fino ai nostri tempi, la ripugnante e cupa forma larvale sotto la
quale soltanto la filosofia ebbe diritto di vivere (GM III 10). Ci
che il prete ascetico nega la propria esistenza particolare e
individuale, che viene posta in relazione a unesistenza di specie
del tutto diversa, per la quale la vita individuale non ha che il
valore di un ponte. La vita diviene per lasceta un errore e un
cammino sbagliato e la sua volont di potenza si manifesta
come una forza che vuole ostruire le sorgenti della forza, rivolgendo il suo sguardo astioso e perfido contro la prosperit
fisiologica, in particolare contro la sua espressione, la bellezza, la
gioia (GM III 11). Una volta che questa volont ascetica sia passata nella filosofia, quellesistenza di specie del tutto diversa
diviene il regno della verit e dellessere, il cielo della metafisica. Anche nel concetto kantiano del carattere intelligibile delle
cose quello che, come abbiamo visto sopra, Kant chiama il
mondo dellintelletto puro sopravvive qualcosa di questa
lasciva disarmonicit ascetica (GM III 12). Quel che Nietzsche
individua come il risultato di questa disposizione ascetica della
16 Il motto inventato da Nietzsche una palese rielaborazione del detto fiat iustitia, pereat mundus che la tradizione attribuisce allimperatore Ferdinando I dAsburgo.
Dato il contesto, tuttavia, pi che probabile che Nietzsche voglia alludere alluso che
Kant ne fa nello scritto Per la pace perpetua, in cui cos spiegato: Regni la giustizia,
dovessero anche perire tutti insieme i furfanti che abitano il mondo, un principio giuridico coraggioso, che tronca tutte le tortuose vie tracciate dallinganno o dalla violenza
(Kant 1795/1992: 94 [196]).
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ni della sensitivit possa procurargli laccusa di evidente idealismo (ossia di non aver fatto un passo oltre Berkeley). Ma una
tale accusa, argomenta Kant, sarebbe plausibile se si affermasse
che non esistono altri esseri che pensanti per i pensieri dei
quali non esistessero oggetti corrispondenti fuori di essi. Questo
sarebbe idealismo. Poich, al contrario, egli ha supposto che le
rappresentazioni degli oggetti sono prodotte dalle affezioni che
quegli stessi oggetti producono sui nostri sensi lintuizione,
scritto nellEstetica trascendentale, ha luogo solo a condizione
che loggetto ci sia dato e che esso pertanto modifichi (affiziere) lo spirito (KrV I, 1 [B 34]) ci significa che, se non possiamo dire ci che quegli oggetti siano in s, possiamo tuttavia
certificare la loro esistenza. Io ammetto, adunque, certamente
che fuor di noi ci sian dei corpi, cio cose; e la parola corpo
significa soltanto il fenomeno di quelloggetto che a noi sconosciuto, ma che non per questo meno reale (P 288-289 [44]).
Questa spiegazione solleva tuttavia le obiezioni di Schopenhauer, secondo il quale Kant, pur essendo nel giusto nel riconoscere la cosa in s, cade nellerrore di derivarla dallintuizione
empirica. Questultima, infatti, e rimane veramente nostra sola
rappresentazione; il mondo come rappresentazione; possiamo giungere allessere in s di questo mondo solo ricorrendo
allautocoscienza, che svela la volont come lin s del nostro
proprio fenomeno (WWV 588 [606]). Lerrore di Kant consisterebbe propriamente nel non aver distinto la conoscenza intuitiva
dalla conoscenza astratta, come si vede nel momento in cui loggetto puramente intuito nella sensazione, in uno stato quindi di
pura ricettivit, diviene propriamente un oggetto loggetto
desperienza (WWV 589 [607]) grazie allintervento delle
categorie, ossia dei concetti puri dellintelletto. Con ci la conoscenza intuitiva totalmente abbandonata ed entra in essa una
classe diversa di rappresentazioni: i concetti astratti. In questo
modo Kant porta il pensiero gi nellintuizione e pone le basi
per lirrimediabile mescolanza (Vermischung) di conoscenza intuitiva e conoscenza astratta. Poich, per, non solo loggetto
viene compreso grazie alle categorie dellintelletto ma, nel con-
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ta essa stessa come prospettiva: Il che cos ci? un dar senso, visto da unaltra cosa. Lessenza, lentit sono qualcosa
di prospettivistico e presuppongono gi una pluralit. Alla base
c sempre un che cos ci per me? (per noi, per tutto ci che
vive, ecc.) (NF 1885-1886, 2[149]).
La partita non per, con ci, ancora chiusa. Che cosa impedirebbe, infatti, di ridurre la pluralit delle prospettive a semplici
punti di vista soggettivi (il per me)? Che non esistano fatti ma
solo interpretazioni riconducibile alla soggettivit delle interpretazioni? Tutto soggettivo, dite voi, ma aggiungere il soggetto allinterpretazione gi uninterpretazione: In quanto la
parola conoscenza abbia senso, il mondo conoscibile; ma esso
interpretabile in modi diversi, non ha dietro di s un senso, ma
innumerevoli sensi. Prospettivismo (NF 1886-1887, 7[60]).
Dunque la pluralit di senso gi data nel mondo. Ora, tuttavia,
come posso cogliere questa pluralit di senso se la mia conoscenza
puramente prospettica, se ogni mio atto conoscitivo compreso
ogni volta nei limiti della prospettiva? Come posso avere consapevolezza che la mia conoscenza prospettica, se proprio il fatto
che sia prospettica non mi consente di intenderla come tale? E,
in aggiunta: che cosa significa ancora conoscenza, date queste
premesse? Per garantire questa possibilit dovrebbe esistere un
punto di vista pi elevato dal quale poter concludere che, appunto, la mia conoscenza prospettica. Nellaforisma 374 (Il nostro
nuovo infinito) del quinto libro della Gaia scienza Nietzsche nega
con decisione lesistenza di un tale punto di vista: definire fino
a che punto lesistenza sia prospettica non pu essere stabilito
nemmeno attraverso la pi diligente analisi perch, in questanalisi, lintelletto umano non pu fare a meno di vedere se stesso
sotto le sue forme prospettiche e soltanto in esse. Non possiamo
girare con lo sguardo il nostro angolo (FW 374). Questo approdo scettico, quasi un esito afasico, della concezione nietzschiana
della conoscenza, tuttavia possibile solo se si mantiene quanto
meno la consapevolezza che la nostra conoscenza prospettica. Il
che consentito dalla consapevolezza che le prospettive sono infinite; che, se impossibile raccogliere tutte le prospettive fenome-
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Prospettiva e ascetismo
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intendendo questo compito nel senso che il filosofo deve risolvere il problema del valore, deve determinare la gerarchia dei valori (GM I, Nota). Le singole specifiche scienze assumono cos
un carattere strumentale e, in quanto le Dissertazioni della Genealogia rappresentano tali singoli studi scientifici, Nietzsche le
caratterizza retrospettivamente come lavori preliminari (EH,
Genealogia della morale). Solo la filosofia si interroga sistematicamente sul perch e si confronta come unica disciplina con
la sfida di intraprendere una gerarchia degli obiettivi dazione,
anche dellazione del ricercatore. Questo compito superiore garantisce allo stesso tempo alla filosofia una posizione privilegiata
nella gerarchia delle scienze3. Sul compito specifico della filosofia
si torner pi avanti. Per il momento ci si limita a considerare che
la Genealogia della morale non vuol essere il libro di un erudito
specializzato, ma il libro di un filosofo; quindi, non si tratta in
senso stretto di un libro scientifico.
Tuttavia, come mostrano i passaggi analizzati finora, le scienze
assumono nella Genealogia della morale una posizione importante. In quanto studi storico-morali ai quali Nietzsche, oltre alletimologia e alla linguistica, vuole includere anche la medicina e
la fisiologia essi forniscono le competenze necessarie che sono
fondamentali per una critica dei valori morali (GM, Prefazione 6). In quanto tali, apportano un contributo significativo per
affrontare i problemi morali seriamente, cos come per affrontare
la loro critica e la loro trasvalutazione. In questo modo viene
proposta una nuova definizione di scienza, che va oltre la sua
mera funzione specialistica. Utilizzando il nome della sua Gaia
scienza (ampliata nel 1887 con un sottotitolo, un quinto libro
e unappendice di canzoni), Nietzsche parla di questa ulteriore dimensione della scienza: La gioiosa serenit (Heiterkeit) o,
per dirla nel mio linguaggio, la gaia scienza un premio: un
premio per una lunga, coraggiosa, laboriosa e sotterranea seriet
3 Su questo tema Tilman Borsche (2012) ha fornito un contributo significativo, che
sottolinea in particolare il carattere autoriflessivo e antidogmatico della filosofia della
scienza di Nietzsche.
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(GM III 8). In questo senso le tre pompose parole degli ideali
ascetici povert, umilt, castit corrispondono alle tre cose
abbaglianti e chiassose che il filosofo evita: la gloria, i principi e
le donne (GM 8 III). Daltro canto, vi sono qui delle indicazioni
per una svolta produttiva, che risulta di interesse relativamente
alla questione centrale circa il rapporto tra ascetismo e scienza,
poich i filosofi pensano in definitiva al sereno ascetismo di un
animale divinizzato e divenuto alato (GM III 8). Essi sono per
Nietzsche ponti verso lindipendenza (GM III 7), e quindi
mezzi per un fine personale pi alto. In questo senso Nietzsche
constata che una dura e serena rinuncia spontaneamente voluta
appartiene alle condizioni favorevoli di unaltissima spiritualit,
come pure alle sue pi naturali conseguenze (GM III 9). Cos,
per il filosofo lideale ascetico non significa solamente un presupposto e una conseguenza della propria esistenza, ma si intreccia
con la gioiosa serenit e con la divinizzazione. Questa dimensione gioiosa suggerisce anche una connessione tra filosofia e
scienza, che potrebbe, in opposizione alla scienza della seriet,
assumersi effettivamente il compito di unalternativa agli ideali
ascetici.
Nei preti, invece, lindagine relativa al significato dellideale
ascetico non rinviene alcuna traccia di gioiosa serenit. Solo a
questo punto, dopo esserci concentrati sul prete ascetico, affrontiamo seriamente da vicino il nostro problema: che cosa significa
lideale ascetico? Ora facciamo sul serio: siamo ormai faccia a
faccia con il vero e proprio rappresentante della seriet in generale? (GM III 11). Senza entrare qui troppo nei dettagli circa
lo specifico contributo che il prete offre alla filosofia culturale
della Genealogia della morale, la sua seriet che si contrappone alla potenzialmente gioiosa ascesi dei filosofi documenta le
possibilit di significato fondamentalmente diverse degli ideali
ascetici. Nel tipo del prete, al quale Nietzsche accosta il filosofo
Eugen Dhring (GM III 14, cfr. Stegmaier 2004: 157), gli ideali
ascetici acquisiscono un significato profondo e pericoloso nella storia della cultura. Il prete il modificatore di direzione del
ressentiment (GM III 15), in lui gli ideali ascetici si mostrano
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incremento di efficienza in campo scientifico aumentano attraverso la volont di verit, il cui valore stesso come idea puramente
regolativa non viene messo in questione . Qui Nietzsche riconosce nellulteriore avanzamento dello scetticismo illuminato unirrinunciabile premessa per superare gli ideali ascetici.
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non soggetta allarbitrio umano, ma sarebbe piuttosto condizione necessaria del pensiero stesso. Perci, per Larmore un pensiero senza valutazione della verit non solo incomprensibile,
ma neanche realizzabile per noi: Senza la verit quale punto di
riferimento essenziale il pensiero semplicemente impossibile
(Larmore 2004: 171). Tuttavia, quando Nietzsche mette apparentemente in discussione questa impossibilit, non sembra essere quel filosofo particolarmente acuto (tiefblickender) che punta
criticamente il dito contro un residuo dideale (GM III 27).
Piuttosto che essere una lacuna di ogni filosofia, agli occhi di
Larmore lobiezione che finora non esisterebbe alcuna coscienza di quanto la stessa volont di verit abbia prima bisogno di
una giustificazione (GM III 24) discredita lo stesso pensiero di
Nietzsche: Ci che Nietzsche non ravvisa che alcuni obblighi,
il riconoscimento di certi valori come appunto della verit, sono
cos profondamente ancorati nel pensiero, che costituiscono le
condizioni della sua possibilit. Tali valori non sono creati dal
pensiero. Al contrario, solo sotto la loro guida il pensiero si pu
orientare. (Larmore 2004: 172). Data limportanza fondamentale di questa obiezione per la comprensione della filosofia di
Nietzsche e della volont di verit, vale la pena di soffermarsi un
momento su questa citazione. Sar anche da chiarire che cosa
si possa intendere con il discorso di certi obblighi e certi valori,
nonch del profondo ancoraggio di tali obblighi nel pensiero.
Innanzitutto, bisogna domandarsi da dove provengano questi
obblighi, dal momento che essi contrariamente a quanto sostenuto da Kant non vengono creati dal pensiero. Con la sua
metafora dellancoraggio Larmore vuole probabilmente dire che
dobbiamo considerarci sottomessi a questi obblighi di pensiero per poter pensare in modo coerente (Larmore 2004: 171).
La tensione verso la verit viene cos riportata in modo astorico e aprioristico alla sua funzione necessaria di pensiero per il
pensiero (coerente) stesso13. Al contrario, Nietzsche segue nel13 A riguardo Larmore afferma occasionalmente che senza lorientamento alla verit il pensiero complessivamente in definitiva incomprensibile (169) o addirittura
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verit, prima identificata con Dio, nel momento in cui questultimo si rivela come la nostra pi lunga menzogna4. E continua
affermando che
a partire dallistante in cui la fede nel Dio dellideale ascetico negata, esiste anche un nuovo problema: quello del valore della verit. La
volont di verit ha bisogno di una critica con ci determiniamo il
nostro proprio compito , in via sperimentale deve porsi una volta in
questione il valore della verit (GM III 24)
Per comprendere adeguatamente la connessione tra critica della verit e morte di Dio occorre fermarsi un momento a riflettere
su questultimo concetto, che pu essere inteso nel senso forse
meno poetico ma altrettanto efficace come un disincanto post-positivistico nei confronti della descrizione del mondo. Non bisogna
infatti dimenticare che Nietzsche vive nellepoca in cui la scienza
si affranca dai principi del meccanicismo newtoniano e prende la
strada che porter, tra gli altri, al convenzionalismo di Poincar
e al relativismo di Einstein. Come stato oramai ampiamente dimostrato dagli studi sulle fonti del suo pensiero, Nietzsche si interessa al dibattito in corso e, stimolato prima di tutto dalla Storia
del materialismo di Friedrich Lange, legge testi scientifici di varia
natura, dalla chimica alla biologia, dalla teoria della conoscenza
allastronomia (cfr. Heit/Heller 2014). In particolare, seppur indirettamente, Nietzsche condivide le posizioni antimetafisiche di
Ernst Mach, che grande parte ebbe ad esempio nello svolgimento
della psicologia scientifica e che contribu a mettere in questione
le potenzialit esplicative della scienza, influendo profondamente
sulle prospettive della filosofia scientifica del primo Novecento5.
Sulla base dei numerosi spunti che Nietzsche raccoglie da quel
dibattito, egli arriva a formulare unepistemologia prospettivistica
4 Werner Stegmaier (1994: 49 ss.) mostra bene come in FW 344 la messa in questione della verit conseguente alla caduta di Dio, suo garante supremo, si estenda al
piano della morale. In generale, Stegmaier osserva che negli aforismi di apertura di FW
V Nietzsche espone alcune delle tematiche principali sulle quali si concentrer in GM e
che seguono dallevento europeo della morte di Dio (cfr. in particolare FW 343).
5 Per un confronto tra le posizioni di Nietzsche e Mach in epistemologia e psicologia
si vedano Hussain 2004 e Gori 2015, 2012 e 2009.
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2. Lepistemologia di Nietzsche
Lepistemologia di Nietzsche si fonda prevalentemente sullidea che luomo svolga un ruolo attivo nel processo conoscitivo.
Attraverso i suoi organi di senso e il suo intelletto questi arriva infatti a creare qualcosa, anzich semplicemente replicare uno stato
di cose7. La nostra conoscenza del mondo non rispetta quindi per
Nietzsche i principi della adaequatio rei (cfr. Mller-Lauter 1999:
61), o, per usare una terminologia contemporanea, essa non si conforma alla teoria della corrispondenza che, secondo William Ja7 La teoria della conoscenza di Nietzsche stata ampiamente studiata. Si veda ad
esempio Grimm 1977 e Clark 1990. La posizione di Nietzsche fu notevolmente influenzata dagli studi di fisiologia della percezione svolti nel corso dellOttocento, e che egli
conobbe a partire dalla lettura della Storia del materialismo di Lange (cfr. Gori 2009: cap.
1, 3.4 e Stack 1983: cap. 5).
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Per una recente discussione del falsificazionismo di Nietzsche, cfr. Riccardi 2011.
Del rapporto tra mondo vero e mondo apparente Nietzsche parla in particolare in GD, La Ragione nella filosofia e Come il mondo vero fin per diventare favola. In
questultima sezione, in particolare, egli ripropone la logica di annullamento di entrambi
questi piani conoscitivi che espone in JGB 34. Cfr. su questo il commento di Gori e Piazzesi a queste sezioni del Crepuscolo degli idoli in Nietzsche 1889/2012: 160 ss.
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diversi gradi di illusoriet, nonch, per cos dire, ombre e tonalit complessive, pi chiare e pi oscure, dellapparenza? () Per quale ragione
mai il mondo, che in qualche maniera ci concerne, non potrebbe essere
una finzione? (JGB 34)
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Da quanto si visto si pu dire che la teoria della conoscenza che Nietzsche elabora comporti la necessit di riferirsi a una
nuova nozione di verit, la quale ammetta il condizionamento
come suo principio fondamentale. La presa di coscienza del carattere mediato della nostra conoscenza del mondo non porta
quindi Nietzsche alla negazione assoluta di qualsiasi principio
13 Sulla connessione tra il mondo apparente e lelemento prospettico inerente alla
nostra conoscenza del mondo cfr. anche NF 1886-1887, 6[23] e 1888, 14[184]. Per un
approfondimento sul prospettivismo di Nietzsche cfr. Gori/Stellino 2014, Gori 2010,
Cox 1997 e Gerhard 1989.
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veritativo (posizione che potremmo chiamare nichilismo epistemologico), ma diviene per lui lo stimolo per la creazione di nuovi criteri di valutazione, per la definizione di nuovi principi veritativi. Una volta rifiutato il carattere assoluto della verit, inoltre,
lattenzione si sposta dalloggetto non pi conoscibile nel
senso tradizionale al soggetto che impone la propria interpretazione su ci che conosce e che si deve confrontare con gli altri
soggetti che avanzano istanze in linea di principio egualmente
valide14. Lapertura di questo orizzonte rappresenta il passaggio
pi rilevante della tarda filosofia di Nietzsche, il cui prospettivismo negatore del valore in s della verit si pone in contrasto con
lintera dimensione culturale europea fondata sullideale ascetico. Il prospettivismo si contrappone in particolare alla volont di
verit che anima questo ideale e che rifiuta di attribuire valore
a quel tipo di verit che possiamo effettivamente conseguire nel
mondo in cui viviamo (Leiter 2002: 278). A partire dalle quattro
proposizioni poste in chiusura di GD, Ragione 6, Brian Leiter
(2002: 279) sostiene conclusivamente che:
La volont di una conoscenza non-prospettica della verit ascetica
o negatrice della vita perch priva di valore il mondo in cui viviamo e
che conosciamo, liquidandolo come pura apparenza; essa pone come
vere tutte le caratteristiche che contraddicono la nostra vita; e pu
persino (vedi la terza proposizione) farsi sostenitrice di una motivazione ostile alla vita. Questi rilievi [di Nietzsche] hanno di certo un
carattere speculativo e in qualche modo metaforico, ma rappresentano
almeno in parte la base delle considerazioni che portano Nietzsche a
giudicare la volont di verit come ascetica.
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ta morte di Dio e del conseguente fatto che linterrogativo relativo alla volont di verit sia finalmente stato posto, Nietzsche ritenga che si sia giunti alla soglia di questo avvenimento, e che sia
quindi possibile compiere il passo decisivo per aprire una nuova
fase di pensiero:
Avendo la veracit cristiana tratto una conclusione dopo laltra, trae
infine la sua pi drastica conclusione, la sua conclusione contro se stessa;
ma questo avviene quandessa pone la questione che cosa significa ogni
volont di verit? E a questo punto tocco ancora il mio problema
(): che senso avrebbe tutto il nostro essere, se non quello espresso dal
fatto che in noi codesta volont di verit sarebbe diventata cosciente a
se stessa come problema? Per questa progressiva autocoscienza della
volont di verit, a partire da questo momento non v alcun dubbio
va crollando la morale: un grande spettacolo in cento atti, che viene
riservato ai due prossimi secoli europei, il pi tremendo, il pi problematico e forse anche il pi ricco di speranza tra tutti gli spettacoli
(GM III 27)
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i buoni europei e per i filosofi dellavvenire un campo di possibilit cui guardare positivamente, per diventare finalmente creatori
di nuove tavole di valori e legislatori di se stessi (FW 335).
In quanto soggetti che hanno vissuto la malattia degenerativa
del cristianesimo e da essa sono guariti, producendo le misure
adatte a realizzare una reazione interna e una conseguente mutazione fisiologica di tipo opposto23, i buoni europei dimostrano di
potersi costituire come guida del processo di autosuperamento
della morale cristiana e, per questo motivo, possono essere gli
affidatari del compito che Nietzsche circoscrive quale principale
obiettivo della propria filosofia matura24. In questi termini egli
parla di loro anche in FW 357, aforisma che viene ripreso e citato proprio in GM III 27, e che riporta quindi al luogo iniziale del nostro percorso di riflessione. In entrambe queste sezioni
Nietzsche sostiene che lateismo assoluto non che la vittoria finale faticosamente conquistata della coscienza europea, in
quanto latto pi ricco di conseguenze di una bimillenaria educazione alla verit, che nel suo momento conclusivo si proibisce
la menzogna della fede in Dio (FW 357; in GM III 27 Nietzsche
espone la cosa con poche varianti), e continua osservando che
la moralit cristiana, il concetto di veracit preso con sempre
maggior rigore () ha ormai fatto il suo tempo ed destinato a
crollare a causa della sua stessa logica interna. Si prepara quindi
il pi lungo e pi valoroso autosuperamento dellEuropa, i cui
eredi sono appunto i buoni europei (ibid.).
Laffrancamento dalla propria patria che a questi ultimi possibile, da intendersi nel senso di un rifiuto dei principi sui quali
si regge lEuropa come spazio culturale primo tra tutti lideale
ascetico con la sua volont di verit , permette di affermare che
i buoni europei possano dirsi spiriti compiutamente liberi, contrariamente agli spiriti liberi europei, cristiani che non sanno
23 Nella prefazione alla seconda edizione di Umano, troppo umano II, Nietzsche definisce i buoni europei sanissimi e fortissimi, individui in grado di percorrere la via
verso una nuova salute. Cfr. Gori/Stellino 2015: 2.1.
24 Ad essi Nietzsche destina esplicitamente i suoi scritti e il suo pensiero maturo (cfr.
MA II, Prefazione e FW 377).
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Pietro Gori
5. Conclusioni
Da quanto si detto si possono svolgere alcune considerazioni
conclusive sui paragrafi che chiudono la Genealogia della morale
di Nietzsche. Il nucleo teorico che essi espongono chiaramente
significativo nelleconomia del pensiero maturo di Nietzsche, e la
questione della verit che egli pone in particolare in GM III 24
e 27 costituisce il centro di una riflessione che coinvolge per lo
meno tutti i suoi scritti posteriori allo Zarathustra. Come si visto, tale questione si collega a tesi esposte in Al di l del bene e del
male e nel quinto libro della Gaia scienza, ma anche a idee che si
riferiscono ai contenuti di opere precedenti e di cui Nietzsche offre uno sguardo retrospettivo nelle prefazioni scritte nel 1886 (ne
un esempio la questione della fiducia nella morale di cui egli
parla nella Prefazione alla seconda edizione di Aurora). Inoltre, il
problema della volont di verit prima di tutto funzionale allo
svolgimento della Trasvalutazione dei valori, e collega pertanto
la Genealogia agli scritti del 1888 (in particolare Crepuscolo degli
idoli e Anticristo). Tutto questo non di certo tenuto nascosto
da Nietzsche, la cui strategia comunicativa insiste anzi particolarmente sullintersezione dei temi da lui trattati, che nella coda
a GM trovano un punto di incontro. Egli infatti cita direttamente aforismi della Gaia scienza (in GM III 24 e 27), rimanda al
quinto libro di questopera e alla prefazione di Aurora (GM III
24), annuncia di stare approntando unopera intitolata Volont
di potenza. Saggio di una trasvalutazione di tutti i valori, allinterno della quale comparir una sezione intitolata Per la storia del
nichilismo europeo27 (GM III 27). Le sezioni conclusive della Genealogia sono quindi caratterizzate da questo gioco di rimandi e
anticipazioni costruito allo scopo di concentrare lattenzione del
lettore su un unico punto focale, verso il quale convergerebbe
Nietzsche rimanda alla fine di GM III 24, per una migliore comprensione del contenuto
di quel paragrafo.
27 Questo titolo rimanda alla nota postuma 5[71] del 1887, conosciuta come frammento di Lenzer-Heide, in cui Nietzsche espone sinteticamente ma in maniera ben strutturata una serie di osservazioni sul nichilismo europeo. Cfr. Stegmaier 1994: 49 ss.
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serenit filosofica, in F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, trad. it.,
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Pietro Gori
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Abel G., 65
Adorno T., 86n, 243, 244n
Alcibiade, 79
Anders A., 215, 240n
Andler C., 73
Archiloco, 56
Aristotele, 256
Aschheim S., 29n
Babich B., 165n, 258
Baeumler A., 73n
Bailey T., 149
Bentham J., 93
Bergson H., 99
Berkeley G., 230-1
Bianquis G., 29n
Bishop P., 56n
Blondel E., 61n
Bornedal P., 31n
Borsche T., 242
Brennecke D., 71n
Brusotti M., 31n, 159n
Buddha, 167n, 187, 204
Buddensieg R., 255
Burckhardt J., 133n, 145n
Cacciari M., 165n
Campioni G., 160, 162n, 174n
Canevari M., 58, 74, 78, 80, 104
Giulio Cesare, 128
Chamberlain H.S., 72
Chamfort, 46
Clark M., 44n, 240n, 272n
Colli G., 255n
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Nietzsche E., 255, 283n
Nolte E., 29n
Obenauer K.J., 73n
Omero, 56, 183
Orsucci A., 31, 73n, 171n
Ottmann H., 135n, 137n
Overbeck F., 23, 60, 283n
Owen D., 31n
Paolo di Tarso, 79
Parsifal, 160
Pascal B., 93
Pasqualotto G., 80, 154n, 157n
Pelligra V., 114
Penzo G., 73n
Pietro, 79
Pievani T., 109
Piazzesi C., 273n, 283, 285n
Pirrone, 237
Platone, 175n, 183, 208, 225, 256,
280, 282, 283, 287
Poesche T., 72
Poincar H., 270
Ptz P., 29
Re P., 64, 240
Reimer F.W., 63
Rey J.M., 98n, 103, 121n
Ribot T., 131n
Riccardi M., 173n
Richardson J., 147n
Le Rider J., 29n
Ridley A., 31n
Rohde E., 12
Rosemberg A., 73n
La Rouchefoucauld F., 46
Rousseau J.J., 256
Rovatti P.A., 161n
Ruckenbauer H.W., 240n
Russo M., 62
von Salis M., 21, 23
Salom L.A., 163n
Scapolo B., 103n, 119n
Schacht R., 30, 31
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Schank G., 71
Scheler M., 32, 33
Schelling F.W.J., 234
Schiemann G., 257
Schlechta K., 215, 240n
Schopenhauer A., 14, 67, 146, 155,
156, 159, 161-4, 181-90, 195, 196,
199, 203-6, 214n, 218-20, 225, 227,
230-4
Sedwick P., 31
Seneca, 199
von Seydlitz R., 37n
Sesto Empirico, 121
Simon J., 142n
Smith D., 29n
Socrate, 56, 75, 79, 107, 161n, 181,
184, 226
Sofocle, 56
Spencer H., 64
Spengler O., 181
Spranger E., 55n, 56n
Spethmann W., 73n
Spinoza B., 108, 225
Stack G., 135n, 272n
Stefani M.A., 29
Stegmaier W., 31, 37n, 56n, 68, 69,
76, 135n, 142n, 148n, 177n, 225,
244n, 245, 247, 250, 267n, 270n,
277n, 285-7n, 290n
Stellino P., 59n, 60n, 157n, 169n,
209n, 278n, 287-9n
Sturm E., 29n
Taureck B.H.F., 73n
Teognide di Megara, 241
Teresa dAvila, 187
Valry P., 91, 93, 94, 96, 99, 101, 102,
116, 117, 121n
Venturelli A., 287n
Virchow R., 73n
Vivarelli V., 72, 78n
Voltaire, 46
Wagner R., 73n, 78n, 159-62, 182,
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Gli Autori
Joo Constncio professore aggregato in filosofia presso lUniversit Nuova di Lisbona, dove insegna dal 1996, e direttore del Nietzsche
International Lab. autore di numerosi articoli su Nietzsche, tra cui
On Consciousness: Nietzsches Departure from Schopenhauer (NietzscheStudien 40, 2011) e A Sort of Schema of Ourselves: On Nietzsches Ideal and Concept of Freedom (Nietzsche-Studien 41, 2012), e del lavoro
monografico Arte e niilismo: Nietzsche e o enigma do mundo (Lisbona
2013). In collaborazione con altri specialisti di Nietzsche ha inoltre curato la pubblicazione dei volumi Nietzsche on Instinct and Language
(Berlin/ Boston 2011), As the Spider Spins: Essays on Nietzsches Critique and Use of Language (Berlin/ Boston 2012), Sujeito, dcadence e art:
Nietzsche e a modernidade (Lisboa/Rio de Janeiro 2014) e Nietzsche and
the Problem of Subjectivity (Berlin/Boston 2015).
Carlo Gentili insegna Estetica allUniversit di Bologna. Si occupato del rapporto tra ermeneutica e fenomenologia e di temi della filosofia tedesca, in particolare del pensiero di Nietzsche. Fa parte del comitato scientifico delle Nietzsche-Studien ed membro
della Friedrich-Nietzsche-Stiftung. Ha pubblicato: Ermeneutica e
metodica. Studi sulla metodologia del comprendere, Genova, Marietti,
1996; A partire da Nietzsche, Genova, Marietti, 1998; Nietzsche, Bologna, Il Mulino, 2001 (ed. spagnola Madrid, Editorial Biblioteca Nueva, 2004; ed. tedesca Nietzsches Kulturkritik zwischen Philologie und
Philosophie, Basel, Schwabe, 2010); La filosofia come genere letterario,
Bologna, Pendragon, 2003; Il tragico (in collab. con G. Garelli), Bologna, Il Mulino, 2010. Ha inoltre curato, insieme a Cathrin Nielsen, il
volume Der Tod Gottes und die Wissenschaft. Zur Wissenschaftskritik
Nietzsches, Berlin-New York, De Gruyter, 2010.
Alberto Giacomelli dottore in ricerca in Filosofia teoretica e
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Gli Autori
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Indice
Nota al testo
Introduzioni
Leggere la Genealogia della morale di Nietzsche,
di Bruna Giacomini
11
21
Letture e interpretazioni
Scarlett Marton
Genealogia della morale: dalla premura didattica
ai fini strategici
27
Alberto Giacomelli
La bionda bestia e il prete. Considerazioni su GM I
a partire dalle sue Lebensformen
55
Jean-Michel Rey
Note su alcune forme incompatibili
85
Barbara Scapolo
Credenza, fiducia o conoscenza? Alcune riflessioni
a partire da GM II 13
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Joo Constncio
Libert e autonomia dellindividuo sovrano in Nietzsche:
una lettura non-deflazionista
125
Federica Negri
Faute de mieux par excellence. Lesito problematico
di GM III
153
Giovanni Gurisatti
Sullutilit e il danno dellideale ascetico per la filosofia.
Ascesi e askesis in GM III
181
Carlo Gentili
Prospettiva e ascetismo. Una lettura di GM III 12
211
Helmut Heit
Gaia scienza e ideali ascetici (GM III 23-28)
239
Pietro Gori
Porre in questione il valore della verit. Riflessioni sul compito
267
della tarda filosofia di Nietzsche a partire da GM III 24-27
Bibliografia
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Gli Autori
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Edizioni ETS
Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa
info@edizioniets.com - www.edizioniets.com
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nietzscheana
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collana diretta da
Giuliano Campioni, Maria Cristina Fornari
fondata da
Sandro Barbera, Giuliano Campioni e Franco Volpi
saggi, quaderni, testi
0. Giorgio Colli, Ellenismo e oltre. Einleitung, a cura di Stefano Busellato, con una introduzione di Sandro Barbera [edizione fuori commercio], 2005, pp. 108. [sezione quaderni]
1. Sandro Barbera, Paolo DIorio, Justus H. Ulbricht, [a cura di], Friedrich
Nietzsche. Rezeption und Kultus, 2004, pp. 362. [sezione saggi]
2. Sergio Franzese, [a cura di], Nietzsche e lAmerica, 2005, pp. 292. [sezione saggi]
3. Claudia Rosciglione, Homo Natura, 2005, pp. 220. [sezione saggi]
4. Richard Wagner, Sulla vivisezione. Lettera aperta al signor Ernst von
Weber, autore dello scritto Le camere di tortura della scienza, Traduzione, introduzione e note di Sandro Barbera e Giuliano Campioni,
2006, pp. 48. [sezione quaderni]
5. Maria Cristina Fornari, La morale evolutiva del gregge. Nietzsche legge
Spencer e Mill, 2006, pp. 362. [sezione saggi]
6. Luca Lupo, Le colombe dello scettico. Riflessioni di Nietzsche sulla
coscienza negli anni 1880-1888, 2006, pp. 264. [sezione saggi]
7. Patrick Wotling, Il pensiero del sottosuolo, traduzione di Chiara Piazzesi, 2006, pp. 76. [sezione quaderni]
8. Maria Cristina Fornari [a cura di], Nietzsche. Edizioni e interpretazioni,
2006, pp. 552. [sezione saggi]
9. Friedrich Nietzsche im 20. Jahrhundert. Aspekte seiner Rezeption, a
cura di Sandro Barbera, Renate Mller-Buck, 2006. [sezione saggi]
10. Giuliano Campioni, Nietzsche. La morale delleroe, 2008, pp. 156.
[sezione saggi]
11. Chiara Colli Staude, Nietzsche filologo tra inattualit e vita. Il confronto con i Greci, 2009, pp. 166. [sezione quaderni]
12. Friedrich Nietzsche, Gli Academica di Cicerone. Appunti preparatori
alle lezioni universitarie 1870-71. A cura e con un saggio introduttivo
di Stefano Busellato, 2009, pp. 170. [sezione testi]
13. Sandro Barbera, Giuliano Campioni, Il genio tiranno. Ragione e dominio nellideologia dellOttocento: Wagner, Nietzsche, Renan, prefazione di Mazzino Montinari, 2009, pp. 218. [sezione saggi]
14. Chiara Piazzesi, Giuliano Campioni, Patrick Wotling [a cura di],
Letture della Gaia scienza - Lectures du Gai savoir, 2010, pp. 384.
[sezione saggi]
15. Giuliano Campioni, Leonardo Pica Ciamarra, Marco Segala [a cura
di], Goethe, Schopenhauer, Nietzsche. Saggi in memoria di Sandro
Barbera, 2012, pp. 708. [sezione saggi]
16. Pietro Gori, Paolo Stellino [a cura di], Teorie e pratiche della verit in
Nietzsche, 2012, pp. 212. [sezione saggi]
17. Donatella Morea, Il respiro pi lungo. Laforisma nelle opere di Friedrich
Nietzsche, 2012, pp. 282. [sezione saggi]
18. Cline Denat, Chiara Piazzesi [a cura di], Nietzsche, pensatore della
politica? Nietzsche, pensatore del sociale?, 2014, pp. 206. [sezione
saggi]
19. Elena Laurenzi, Sotto il segno dellaurora. Studi su Mara Zambrano
e Friedrich Nietzsche, 2012, pp. 182. [sezione saggi]
20. Annamaria Lossi, La ragione estetica. Saggio su Nietzsche, 2012,
pp. 172. [sezione saggi]
21. Francesca Manno, Attore e mimo dionisiaco. Nietzsche, Wagner e il
teatro davanguardia francese, 2012, pp. 348. [sezione saggi]
22. Stefano Busellato [a cura di], Nietzsche dal Brasile. Contributi dalla
ricerca contemporanea, 2014, pp. 204. [sezione saggi]
23. Annamaria Lossi, Claus Zittel [a cura di], Nietzsche scrittore. Saggi di
estetica, narratologia, etica, 2014, pp. 216. [sezione saggi]
24. Bruna Giacomini, Pietro Gori, Fabio Grigenti [a cura di], La Genealogia
della morale. Letture e interpretazioni, 2015, pp. 320. [sezione saggi]