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Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with
JSTOR to digitize, preserve and extend access to Rivista di Filosofia Neo-Scolastica
* Università di Venezia.
1 Nel testo, àXXà xàç àvSpetouç, u7tofxévovT0cç xà 9oßepa xat xtvSuveúovxaç öxt xa-
Xóv, vi è un anacoluto, e Bywater indica una lacuna nella sua ed. del testo. Burnet ritiene
sia caduta un'espressione come àXX' axoTUOt e scrive, con Kb: àXXà xàç àvSpetouç, ...
UTUOfxévovxeç xà 9oßepa xat xtvSuveúovxeç oxt xaXóv. Ne verrebbe qualcosa come: «O le
azioni dei coraggiosi? (Ma sarebbe strano) che affrontassero con fermezza le situazioni
paurose e i pericoli...». Gauthier e Dirlmeier mantengono il testo tradito.
to che non hanno desideri bassi? A coloro che passano in rassegna tutto
ciò, quello che riguarda le azioni apparirà chiaramente piccino e inde-
gno degli dei. D'altra parte tutti ammettono che essi vivono e quindi so-
no in attività, poiché certo non dormono come Endimione. Allora, quan-
do alla vita si sia sottratto l'agire, ed ancora di più il produrre, che co-
sa rimane se non la contemplazione? Di modo che l'attività degli dei,
che spicca per beatitudine, verrà ad essere una attività teoretica, e
quindi tra le attività umane quella più vicina ad essa sarà la più felice.
Ne è indizio che gli altri animali non partecipano della felicità, essendo
completamente privati di questa attività. E per gli dei tutta la vita è
beata, per gli esseri umani, lo è nella misura in cui appartiene ad essi
una qualche immagine di una simile attività: degli altri animali nessuno
è felice, dato che nessuno ha a che fare con la contemplazione. Per
quanto si estende la contemplazione, di tanto si estende la felicità, ed a
coloro cui maggiormente appartiene il contemplare, appartiene anche
l'essere felici, non per accidente, ma in conseguenza della contemplazio-
ne: questa infatti è degna di onore di per sé. Di modo che la felicità ver-
rà ad essere un certo tipo di contemplazione (X, 8, 1178 b, 7-32).
Fin dai commenti antichi è stato notato che qui Aristotele sta argo-
mentando dialetticamente, ex endoxon2, per confermare una dottrina
dimostrata nelle linee precedenti. Si tratta di un procedimento abba-
stanza diffuso nelle opere di Aristotele, e di cui in E.N. I, 8, 1098 b,
9-11, troviamo un altro esempio: «Si deve indagare intorno alla felici-
tà non solo sulla base delle conclusioni della dimostrazione, e a parti-
re dai principi da cui essa deriva, ma anche a partire dalle cose che
si dicono intorno ad essa». Mentre su questo punto l'accordo è gene-
rale, vi sono dissensi tra gli interpreti su altre due questioni: 1) di
quali dei Aristotele sta parlando?, e 2) quale valore ha la sua argo-
mentazione?
2 Mich. Eph. in Eth. Nic., p. 597, 23-26 Heylbut; vedi poi R.A. Gauthier - J.Y. Joli
Aristote. L'Éthique à Nicomaque, Paris 1959, 1967 2, vol. II, p. 896, J. Dudley, Gott un
Theoria bei Aristoteles. Die metaphysische Grundlage der Nikomachischen Ethik, Fran
furt/Main-Bern 1982, p. 18. Dudley ritiene che in questo passo Aristotele usi la funzio
«peirastica» della dialettica, quella secondo cui noi possiamo mettere alla prova le op
nioni degli esperti pur non essendo noi esperti, ed a partire da cose note a tutti; ma
non ci pare riflettere esattamente l'argomentazione presente; sulla peirastiké vedi or
bel saggio di R. Bolton, The epist emolo gical basis of Aristotelian dialectic, in Biolog
logique et métaphysique chez Aristote, éds. D. Devereux - P. Pellegrin, Paris 1990, p
185-236. Infine R. Bodeüs, Aristote et la théologie des vivants immortels, St. Laure
(Québec)-Paris 1992, pp. 46 e 181, mette in rilievo come più volte in questo brano (107
b, 8-9, 18-19) Aristotele richiami le assunzioni, hypolepseis, correnti.
3 G. Ramsauer, Aristotelis E
Dirlmeier, Aristoteles. Nikomachische Ethik, üb. u. komm., Berlin 1959, 1964 3, pp.
595-596 ritiene che qui vi sia una polemica contro la concezione tradizionale della divini-
tà; T.B. Eriksen, Bios theoretikos. Notes on Aristotle's Nicomachean Ethics X 6-8, Oslo
1976, pp. 155-156, ritiene che Aristotele qui utilizzi le opinioni popolari politeistiche sen-
za polemizzare contro di esse.
4 Cfr. già Mich. Eph. in Eth. Nic., 597, pp. 23-25; più di recente, tra gli altri, vedi Ph.
Merlan, Aristotle's unmoved Movers, «Traditio», 4, 1946, pp. 17-18. I paralleli più evidenti
sono quello tra 1178 b, 19, e Metaph. 1074 b, 17, e quello tra 1178 b, 26, e Metaph. 1072 b,
14 e 24, ma ve ne sono anche altri. Alcuni (Gauthier, Gigon, Eriksen) ritengono che questo
brano abbia un parallelo nel fr. 43B Düring del Protreptico, ma la cosa non ci pare molto
evidente.
5 R.A. Gauthier, Aristote..., cit., p. 896; egli contrappone a questo passo di Aristotele
S. Tommaso, rinviando a S. theol. la Ilae, q. 7, a. 1 (deve essere un errore di stampa: sa-
rebbero piuttosto da vedere la Ilae, q. 61, a. 5 e q. 67, a. 1). Cfr. anche A. Grant, The
ethics of Aristotle, ed. and comm., London 1857, p. 490; J.A. Stewart, Notes on the Nico-
machean Ethics of Aristotle, Oxford 1892, vol. II, p. 454; Ph. Merlan, Kleine Schriften,
Hildesheim 1976, p. 292. T.B. Eriksen, Bios theoretikos..., cit., pp. 157 s., afferma che le
critiche di Senofane potrebbero applicarsi anche ad Aristotele: anch'egli infatti concepi-
rebbe Dio solo come un'immagine idealizzata, in questo caso della vita del filosofo.
6 Soprattutto per quanto riguarda i termini metechein, homoioma, koinonein, e per
la citazione di Endimione. Cfr., tra i molti che hanno sottolineato questo punto, J. Léo-
nard, Le bonheur chez Aristote, Bruxelles 1948, p. 131; T.B. Eriksen, Bios theoretikos...,
cit., p. 161. R. Bodeüs, Aristote et la théologie..., cit., p. 186, vede in questo passo la ripre-
sa delle teorie di Eudosso secondo cui Dio e il bene sono superiori agli elogi ed è ridicolo
lodarli usando criteri umani (E.N. I, 12, 1101 b, 18-34). A.P. Bos, Teologia cosmica e meta-
cosmica. Per una nuova interpretazione dei dialoghi perduti di Aristotele (1989), trad. it.
Milano 1991, p. 167, vede in questo passo un'eco dell 'Eudemo.
7 ôieÇiouat õè 7iávxa çocívoit' av xà rcept tocç 7cpáÇetç (xtxpà xat àváÇia 0ecõv ...
Sri Çcõvti tou ícpárceiv àcpatpouaevou, ext 8è ixãXXov tou 7toieív, ti Xet7C£T<xt tcXtiv öecoota: '
8 Mich. Eph. in Eth. Nic. 597, 30-35 e 598, 7-9.
9 Vedi i testi citati a nota 5.
10 In questo testo egli polemizza contro Aristotele e Cicerone, che, a suo parere ri-
tengono che sia gli angeli, sia gli uomini dopo la morte, non possederanno virtù, e per l'o-
pinione di Aristotele cita il brano di E.N. X, che stiamo esaminando.
11 Cfr., per le opinioni popolari, le opere dei poeti e i frammenti dei presocratici, H.
Lloyd- Jones, The Justice of Zeus, Berkeley-London 1971, 1983 2. In Aristotele cfr. E.N.
1134 b, 28, 1179 a, 24, 1099b, 11, Rhet. 1401 a, 18, 1405 a, 22, e in generale i passi raccolti
nel l'Index del Bonitz, 325 a, 45-b, 38.
muove come oggetto d'amore, tutto il resto muove essendo mosso. Infatti
se qualcosa si muove, può anche essere diversamente, di modo che la pri-
ma forma di traslazione, pur essendo anche atto, in quanto si muove può
essere diversamente, secondo il luogo, se non secondo la sostanza. Ma da-
to che vi è qualcosa che muove essendo esso stesso immobile, ed essendo
in atto, esso non può essere diversamente in nessun senso 14.
il ms. E. Jaeger scrive càa0' rj 90p à rj 7Tpa>TT) et xaì Ivepyeta èaxtv «pur essendo anche
atto», Ross ¿Sax' et [rj] çopà 7Cpcí>T7) rj èvépyetá lai tv, intendendo: «di modo che, se l'a
(se. dei cieli) è la prima forma di traslazione, etc.».
15 Su questo punto quindi mi permetto di rinviare al mio saggio su Événement
poiesis. La théorie aristotélicienne des événements naturels, «Raisons Pratiques», 2, 19
pp. 177-201.
Dato che delle praxeis delle quali c'è un limite nessuna è fine, ma (so-
no tra) quelle che tendono al fine 16, per esempio del dimagrire il dimagri-
mento 17, e le stesse cose, quando dimagriscono, sono in movimento in
questo modo, non essendo dato ciò per cui si verifica il movimento, que-
ste cose non sono praxis, o non sono praxeis perfette (infatti non è presen-
te il fine); ma quella nella quale sia presente il fine è anche praxis. Per
esempio, insieme vede (ed ha visto), riflette (ed ha riflettuto), intuisce ed
ha intuito; ma non si dà il caso che impara ed ha imparato, o guarisce ed
è guarito. Insieme vive bene ed è vissuto bene, è felice e lo è stato. Altri-
menti ci vorrebbe un punto in cui fermarsi, e in questo caso (vûv) no, ma
vive ed è vissuto. Quindi, di queste, le prime devono essere 'movimenti',
le seconde 'attività' (1048 b, 18-28) 18.
Per queste ragioni la praxis vera e propria pare essere una ener-
gheia in senso metafisico ed una attualità piena, mentre il movimento è
energheia in senso fisico, e attualità incompleta. Le azioni morali rien-
trano nel senso metafisico di praxis ? Gli esempi che Aristotele fa in Me-
taph. IX, 6 lo suggeriscono, dato che tra di essi vi è anche l'eudaimo-
nein; e nell'Etica Eudemia Aristotele dice chiaramente che per lui le
azioni morali sono forme di praxis in senso forte e di energheia in senso
metafisico, e non sono delle forme di kinesis come lo sono, invece, le at-
tività produttive:
Opera (i'pyov) si dice in due modi: infatti di alcune cose esiste un ente
diverso, al di là dell'attuazione, che costituisce l'opera, come per l'arte di
costruire case la casa, e non la costruzione-di-una-casa, e per la medicina
la salute, e non il guarire o il somministrare-la-cura, di altre invece l'at-
tuazione costituisce l'opera, per esempio della vista l'atto-di-vedere e del-
la scienza matematica la conoscenza, di modo che è necessario, riguardo
alla cose la cui opera è un'attuazione, che l'attuazione sia migliore della
disposizione (1219 a, 13-18).
L'esempio del vedere, che appare sia nella Metafisica che nell'Etica
Eudemia , dimostra che Aristotele sta parlando nei due passi della stessa
distinzione. Quindi la praxis sembrerebbe un'attualità completa, e, in li-
nea di principio, non avrebbe nulla di incompatibile con l'attività divina.
Stando così le cose, potrebbe avere ragione S. Tommaso quando, se-
guendo Plotino in Macrobio, attribuisce a Dio, in un senso particolare e
per analogia, anche le virtù e le attività che ne derivano. S. Tommaso,
Someone who activates the virtue of courage, for example, does not
think it desirable (1) to stand firm in battle only because this will lead to
a victory. Of course, he hopes for that outcome, and his mastery of fear
increases its likelihood. But he also thinks (2) that exercising this mastery
... is desirable in itself, even apart the contribution it makes to his
success in subduing the enemy ... even if that result is twarted by misfor-
tune, the generous person rightly takes his action to have been desirable
in itself. To act in accordance with the ethical virtues is in this sense to
have an end which consists in the action itself: the action (3) need not ter-
minate in some hoped-for end in order to be desirable ... Both contempla-
tion and ethical activity fall into cathegory (a) of NE I 1: each endeavor
aims at an end, but their goodness does not depend on some further re-
sult, and in this sense the end is the activity itself24.
Potremmo continuare
tile. Vorremmo invece
fatti è nostra impressio
terpretata, e che, propr
rale è l 'eupraxia, si celi
rica Nicomachea citato
virtù e compiano azion
coerente, e più compren
mine praxis , sia la ridu
Il termine eu7rpaÇta o
che in genere indica la
re conseguente alla rius
la vittoria nei giochi pa
pure il benessere ( Olim
7tpr)Ç(r) sia un evento,
54), sia uno stato, la potenza e il benessere di cui l'uomo non si sazia
mai (VII, 49, 4). Gli esempi sono molteplici, e qui non abbiamo lo spazio
di elencarne altri, ma in generale si può dire che eupraxia ed eupraghia
indicano uno stato o un evento tale che chi lo sperimenta è oggetto di
phthonos, invidia, e si oppongono a termini indicanti 'disgrazia, sconfit-
ta, cattive condizioni', come duspraghia, dustuchia, kakopraghia25. An-
che in Platone ed in Aristotele i termini eupraghia ed eupraxia nella
maggior parte delle loro occorrenze indicano la buona fortuna ed il
successo concreto, mondano. Ciò vale anche per tutti i casi in cui il ter-
mine è usato al plurale, per indicare i successi, opposti alle sconfitte,
ed è collegato all'invidia26.
In alcuni passi di Senofonte, Platone ed Aristotele, però, Yeupraxia
viene ricollegata al bene ed all'agire moralmente buono27. Sulla base di
questi passi i dizionari attribuiscono ad eupraxia ed eupraghia anche
Vorremmo comunque n
e in parte kinesis, dell
umano, immerso nel m
materia e dell'incerto, i
so. Aristotele pone una
ci, come Dio, la cui att
composti, come l'uomo,
non per l'anima, o vicev
37 Mss. TOtç àv0pá)7toiç, Richards congettura xotç rcoXtTaiç. W.L. Newman, The poli-
tics of Aristotle, ed. and comm., Oxford 1887-1902, vol. Ill, p. 340, e, sulla scia, J. Aubon-
net, Aristote. Politique, éd. et trad., Paris 1960-1989, vol. Ill, p. 145, ritengono che qui TOtç
àvGpcorcotç, per la sua vicinanza a TióXeat, possa essere inteso come equivalente a xotç 7CO-
XtTaiç, mentre nella riga precedente, evidentemente, éxáaTW tg>v avGpcoircov indica cia-
scun singolo essere umano. Della stessa opinione Pellegrin, mentre Lord e Laurenti inten-
dono alla lettera: «sia per ciascun uomo sia, insieme, per la polis e per gli uomini», il che
suona un po' strano.
38 Anche per quanto riguarda i «pensieri pratici» quanto dice qui Aristotele contra-
sta con quanto si dice in De an. I, 3, 407 a, 23. In De cáelo, II, 12, 292 a, 22, invece, Aristo-
tele nega che si possa attribuire la praxis a Dio, intendendola ovviamente come 'azione'
nel senso umano del termine.
nemmeno sopravvivere,
sia la politica estera.
L'uomo, invece, può rag
le a quello di Dio:
L'attività dell'intelletto s
sendo teoretica, e che non
bia il suo proprio piacere,
teristiche dell'indipenden
quanto è possibile ad un e
è beato, si mostrano chiar
sta attività: essa verrebbe
no, quando comprenda la
pleto rientra tra ciò che f
trebbe essere troppo supe
fatti non vivrà in questo
lui appartiene qualcosa di
dal composto, di tanto lo
l'altra specie di virtù. Se
vita secondo questo è div
seguendo coloro che ci am
umane, né che chi è mort
si renda immortale per q
l'elemento più alto tra qu
estensione, per potere e d
brebbe anche che ciascuno
pale e il migliore. Ne de
scegliesse la vita più pro
che abbiamo detto prima
ciascuno per natura è per
re umano, quindi, lo è la
umano è soprattutto que
felice (EM X, 7, 1177 b, 1
theoretikos..., cit., pp. 114-129. Vi è un dibattito sul contenuto della theoria umana, tra
chi pensa sia l'insieme delle scienze teoretiche, come W.D. Ross, Aristotele, cit., p. 224 e
R. Joly, Le thème philosophique des genres de vie dans l'antiquité classique, Bruxelles
1956, pp. 117-123, e chi pensa che sia la divinità, come P. Defourny, L'activité de contem-
plation dans les morales d'Aristote, «Bull. Inst. Hist, belge de Rome», 18, 1937, pp. 89-101,
e J. Dudley, Gott und Theoria..., cit., pp. 111-115. A nostro parere una considerazione di-
retta di Dio, come oggetto di cui cercare le cause e la natura, indipendentemente dalla
considerazione del mondo del divenire, non si trova mai in Aristotele: la metaphysica spe-
cialis si fonda sulla metaphysica generalis.
41 J.A. Stewart, Notes..., cit., II, p. 448.
42 Vedi sul tema D.J. Furley, Self Movers, in: Aristotle on mind and the senses, eds.
G.E.R. Lloyd - G.E.L. Owen, Cambridge 1978, pp. 165-179, e G. Movia, Aristotele. L'anima,
trad, e comm., Napoli 1979, pp. 103-104 e 261-263.
43 Cfr. Phys. Vili, 3, 254 a, 26-30; vedi anche De an. 429 a, 1: rj 90cvT<xaia... xtvrjatç;
433 b, 18: ôpeÇtç xtvrjatç Ttç eaxtv rj èvepyeta.
l'attingere e l'enunciare sono la verità, infatti non sono la stessa cosa l'af-
fermare e l'enunciare; l'ignorare è il non attingere, dato che ingannarsi
intorno all'essenza non è possibile, se non per accidente, ed allo stesso
modo riguardo alle sostanze non composte45, dato che non è possibile in-
gannarsi; (...) quindi le cose che sono come ciò che è (una certa cosa), e in
atto, intorno a queste non è possibile ingannarsi ma solo o pensare o no.
Ma riguardo ad esse si cerca l'essenza, se sono di un certo tipo o no (1051
b, 24-33).
Questa teoria può essere spiegata, a nostro parere, sulla base della
distinzione tra energheia e kinesis. L'intellezione degli indivisibili, in
quanto tale, al di là del processo dialettico che può avere condotto ad
essa, non è processuale, come vedremo meglio più avanti, riguardo a
Metaph. XII, 9. Non è possibile per il nous l'errore proprio della dia-
noia, e che consiste nel non pervenire al telos, cioè nel non attribuire
correttamente un predicato ad un soggetto: quest'ultimo errore infatti
è proprio di un ragionamento che avvenga attraverso un movimento
del pensiero, che può non arrivare alla giusta conclusione. Se invece
si intende la noesis in senso ristretto, come energheia in senso metafi-
sico, nel senso di Metaph. IX, 6, fine, essa, per tutto il tempo in cui si
verifica, ha in sé il telos, che nel suo caso è la verità, e non sta al ter-
mine del processo. Quindi non è possibile avere una noesis che non
raggiunge il vero riguardo al suo oggetto, perché, ripetiamo, se la
noesis è energheia, e il vero è il bene e il fine, per definizione quando
Yenergheia si verifica il fine è sempre presente. È solo possibile non
44 Non ci occupiamo qui di quali siano gli indivisibili per il nous umano: ma è chiaro
che il suo ergon è un contenuto esprimibile in forma proposizionale e non una intuizione
mistica ed irrazionale, cfr. 1051 b, 32-33: «si cerca l'essenza, se sono di un certo tipo o
no».
46 Del commento di Averroè al libro Lambda è disponibile ora una traduzione fran-
cese commentata del testo arabo edito da M. Bouyges: A. Martin, Averroès. Grand com-
méntaire de la «Métaphysique» d'Aristote (Taf sir ma ba'd at-tabi'at). Livre Lam-Lambda,
trad, francese, Paris 1984, cfr. in particolare pp. 25-27 e 230-240.
47 67cet xat rjòovrj rj èvepyeta toutou, Bonitz, Ross, Jaeger e Reale, sulla base dello Ps.
Alessandro e di E; Averroè e, tra i commentatori moderni, Schwegler, seguono la lezione
dei mss. più antichi, inií xat i' ijSovrj ivépyeta toutou «dato anche che il piacere è attività
di questo». Quasi tutti i commentatori, antichi e moderni, ritengono che l'èxeìvo della li-
nea 15 e il toûto della linea 16 si riferiscono allo stesso ente, il Motore immobile; fa par-
zialmente eccezione C. Diano, Aristotele. La metafisica libro XII, ed. e trad., Bari 1949, Pa-
dova 1971 2, p. 32, che traduce «l'atto di questa (sua forma di vita) è anche piacere».
48 II brano è stato discusso a lungo, e ne sono state date interpretazioni differentissi-
me. Averroè ed i commentatori del secolo XIX, Krische, Biese, Schwegler hanno interpre-
tato Ivepyet 8è ê'x^v, linee 22-23, nel senso di contrapporre Yechein, il possedere la scien-
za, al pensare attuale, cfr. Phys. 255 a, 33; De ari. 412 a, 25: «ed è in atto già possedendo
le. la capacità)». Anche quando il nous ha solo la capacità (hexis) di cogliere l'intelligibi-
le, è già in attività. Secondo questa interpretazione il nous di cui si parla è quello umano.
Il testo tramandato dai mss. alla linea 23, gS<jt' èxeìvo [xãXXov toutou o Boxet ó voûç 0etov
e'xeiv, «cosicché quello (= il fatto che l'intelletto pensa se stesso secondo l'apprensione
dell'intelligibile, linee 19-20) piuttosto di questo (= l'essere capace di accogliere l'intelli-
gibile) è ciò che l'intelletto pare avere di divino» risulta quindi accettabile. Da Bonitz in
poi si è inteso invece èvepyet Se e'x<ov come «possedendo (se. l'intelligibile) è in atto». Il te-
sto della linea 23 diviene allora difficile da capire, e già Bonitz propone di accettare il te-
sto dello Ps. Alessandro: <&<jt' èxetvou [xãXXov toûto o Soxet ó voûç 0eîov è'xstv «cosicché
piuttosto di quello ( = l'essere capace di accogliere l'intelligibile), questo (= l'essere in at-
to, linea 19) è ciò che l'intelletto pare avere di divino» Questa interpretazione si può ap-
plicare sia all'intelletto umano che a quello divino. Ross, comm. ad, l osserva che il testo
dello Ps. Alessandro potrebbe essere interpretato anche in un altro senso: «so that what
reason is thought to have of divine belongs to the prime mover (ekeinou, cf. ekeinos linea
27) rather than to the human mind», e che, al limite, si potrebbe mantenere il testo dei
mss. anche interpretando l'espressione èvepyet 8è e'x^v al modo di Bonitz, e tradurre: «so
that that (ekeino) which reason is thought to have of divine belongs to the Prime mover
(toutou) rather than to the human mind». Jaeger e Reale seguono Ross, Jaeger con qual-
che incertezza. A titolo di curiosità ricordiamo l'interpretazione di èvepyet 8è ex<*>v data
da Jackson: «e sta sempre in atto», sulla base di espressioni del linguaggio comune come
Xrjpetç e'xwv, <<resti h a chiachierare», ma Ross obietta giustamente che un tale linguaggio
pare qui fuori luogo.
49 exeîvoç, Ross e Jaeger; Ixetvo mss.
50 90C[xèv oe, testo dei mss. e dello Ps. Alessandro, mantenuto da Diano, contro il te-
sto corretto da Bonitz e dagli editori successivi sulla base della parafrasi di Temistio: 90c-
(xev 8rj, «noi quindi diciamo», testo che pare accettato anche da Averroé. Il testo dei mss.
è stato recentemente difeso da R. Bodeüs, Aristote et la théologie..., cit., pp. 44-45, secon-
do cui qui Aristotele non sta traendo le conclusioni di quanto ha detto, ma sta afferman-
do che si accorda con quanto detto anche quello che comunemente si afferma su Dio, cioè
che egli è essere animato eterno, ottimo.
51 Questa prospettiva è prevalente nel comm. dello Ps. Alessandro, pp. 696, 33-699,
25 Hay duck, ed anche nel commento di Averroè, pp. 1612i- 1619a Bouyges, cfr. A. Martin,
Averroes. Grand comméntaire..., cit, pp. 233-239. Temistio, in Aristot. Metaphys. librum
Lambda paraphr., pp. 21, 30-24, 23 Landauer, parafrasa Aristotele come se l'oggetto di
tutto il brano fosse il nous divino: evidentemente egli pensa che il nous divino è quello
che meglio esemplifica le caratteristiche del nous in generale, e che il nous umano è da
considerarsi una forma depotenziata di quello divino. S. Tommaso, XII libros Aristotelis
Metaphys. expositio, § 2536 ad 1072 b, 14 ritiene invece che qui Aristotele metta a con-
fronto il nous divino e quello del primo cielo.
52 Cfr. Ps. Alex. 697, 8-11. Tuttavia Temistio (22, 1-3 e 12-14) e Averroè (1616a Bouy-
ges = p. 236 Martin) riferiscono l'espressione della linea 16 (£7i£i xaì rjSovr) rj evepyeia
toutou) al motore immobile.
53 Lo Ps. Alessandro, 697, 16-698, 22, e Averroè, 1 6 1 7f Bouyges = p. 237 Martin, ri-
feriscono il tutto all'uomo.
so. Gli studiosi sono in dubbio se questo brano dei M.M. rifletta una di-
scussione precedente o contemporanea a Metaph. XII, 9, oppure sia
opera di un autore peripatetico tardo55. Attraverso queste aporie Ari-
stotele arriva a formulare la dottrina secondo cui il pensiero divino ha
per oggetto se stesso ed è pensiero di pensiero (rj vórjaiç vorjaecoç vórjatç, b,
34-35), che tanta celebrità ha avuto nella storia del pensiero europeo.
Nel corso della dimostrazione di questo punto Aristotele formula
due affermazioni che ci sembrano confermare la nostra interpretazio-
ne, secondo cui la noesis divina è pura attività intuitiva, e solo essa, a
parlare rigorosamente, è scevra da movimento, perché il suo oggetto è
semplice ed identico al soggetto pensante. È assurdo che il nous divino
pensi altro da sé, dice Aristotele (b, 23-25), e quindi
è chiaro dunque che pensa la cosa più divina e migliore, e non muta, in-
fatti il mutamento sarebbe verso il peggio, ed una cosa simile sarebbe già
una forma di movimento (xtvrjatç xtç fļSrļ tò Totoôtov, 1074 b, 25-27).
58 Che nella poiesis umana vi sia anche un aspetto di energheia è stato però so
to da Giamblico, tra i commentatori antichi, cfr. N. Vamvoukakis, Les catégorie
pp. 199-200, e da S. (Waterlow) Broadie, Ethics with Aristotle, New York-Oxford 19
206-209 e 238-239, tra i moderni.
59 Simpl. in categ., pp. 317, 6-319, 25 Kalbfleisch, cfr. N. Vamvoukakis, Les catégo-
ries..., cit., pp. 257-259.
60 M. Blondel, L'action , Paris 1936-1937, 1949-1963 2, vol. I, pp. 51-121 e 191-192. Su
Blondel, filosofo oggi molto trascurato, vedi S. Cialdi, Genesi e sviluppo della filosofia di
Maurice Blondel, Firenze 1973, con ampia bibliografia.
62 Una prima versione di questo testo è stata discussa presso l'Università di Stra-
sburgo II; E. Berti, L. Brown e J. Frère mi hanno dato degli utili suggerimenti, per i quali
li ringrazio. Questa ricerca è stata finanziata con fondi del MURST.