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Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele1

Arianna Fermani

Universit degli Studi di Macerata, Italia

i. Inquadramento del problema


Con questo contributo mi propongo essenzialmente tre obiettivi:
due pi specifici, e uno di carattere pi generale.
In primo luogo vorrei esaminare, da un punto di vista prevalentemente
etico-antropologico, il nesso e/o i nessi che, nel testo aristotelico,
vengono ad instaurarsi tra errore (/) e falso/falsit
(). Detto in altri termini: che differenza c, se c, tra chi sbaglia,
cio tra chi commette un errore, e chi dice il falso?
Secondariamente mi propongo di analizzare il rapporto che viene ad
instaurarsi tra la scienza e il binomio errore-falso. Chi possiede la scienza
pu sbagliare oppure no? E, se s, in quale modo?
Il terzo obiettivo, che di carattere pi generale e che sta sullo sfondo di
questa riflessione, il seguente: mostrare come, anche per la comprensione
di questi passaggi e di questi nessi, possa essere proficuamente messa in
gioco la figura teorica del pollachos legomenon, cio del dirsi in molti
modi. Naturalmente, in questa sede, non intendo minimamente entrare
nel merito di questioni logico-ontologiche legate a questa fondamentale
formula aristotelica,2 n affrontare la questione in senso tecnico, ma mi
__________________
1 Questo contributo costituisce una rielaborazione della comunicazione tenuta
in occasione del Quarto Seminario di Studi Aristotelici. Forme della Razionalit in
Aristotele, svoltosi a Macerata l11 e il 12 novembre 2009. Ringrazio il Prof. Enrico Berti
(Universit di Padova), il Prof. Fabin Mi (Universit di Crdoba), il Prof. Maurizio
Migliori (Universit di Macerata) e la Prof.ssa Ivana Costa (Universit di Buenos Aires)
per le indicazioni e gli spunti fornitimi allinterno del dibattito. Mia , ovviamente, la
responsabilit di eventuali sviste o fraintendimenti.
2 Da un capo allaltro degli scritti dello stagirita l pensato come
: il suo carattere plurisenso costituisce loriginale e pi originaria guisa in cui
egli lo pensa (L. Lugarini, Aristotele e lidea della filosofia, Firenze 1961, 258).

ORDIA PRIMA 10 (2011) 123-158

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Arianna Fermani

servirei di questa figura in senso lato, semplicemente per indicare quella


movenza tipicamente aristotelica consistente nella continua e costante
moltiplicazione delle schemi esplicativi della realt.
Applicare ai testi aristotelici la figura teorica del pollachos legomenon
significa riconoscere che, secondo Aristotele, ogni cosa ed dicibile
in molti modi3 e che gli schemi di lettura e di descrizione del reale, per
risultare effettivamente esplicativi del proprio oggetto, devono essere
costantemente moltiplicati e tenuti aperti. Ecco perch non esistono
mai (o quasi mai), nei testi aristotelici, definizioni univoche, descrizioni
unilaterali, argomentazioni fondate sullaut-aut. Questa movenza mi
sembra riscontrabile anche a proposito delle tre nozioni che, rapidamente,
saranno passate in rassegna: lerrore, il falso e le scienze.
Questo breve tentativo di attraversamento si baser essenzialmente
sulla riflessione etica4 dello Stagirita, anche se la maggior parte5 delle

__________________
3 Aristotele non si limita a sostenere una molteplicit metodica connessa alla
distinzione degli ambiti (un dato reale, ma relativamente importante), la sua posizione
molto pi radicale a fronte di uno specifico problema e di una specifica debolezza
critica, Aristotele non oppone la necessit di un metodo, ma ipotizza con assoluta
disinvoltura una molteplicit di vie possibili (M. Migliori, Lanima in Aristotele. Una
concezione polivalente e al contempo aporetica, in Fermani-Migliori, eds., Attivit e virt.
Anima e corpo in Aristotele, Milano, 2009, 229).
4 Questa breve riflessione si snoder, certamente in modo non usuale, lungo
tutte e tre le tre Etiche, invece di limitarsi allesame dellEtica Nicomachea e dellEtica
Eudemia escludendo la Grande Etica, o addirittura, come talvolta accade, invece di
concentrarsi esclusivamente sulla Nicomachea. Non si intende, in questa sede, entrare
nel merito della vasta e complessa questione dellautenticit di tali scritti e, pi in
particolare, dellautenticit della Grande Etica (di cui la maggior parte degli studiosi
sembra dubitare). Ci si limita, per, ad osservare come la semplice constatazione della
profonda affinit contenutistica e strutturale tra la Grande Etica e le altre due Etiche
aristoteliche possa, gi di per s, costituire un valido elemento a sostegno dellautenticit
dellopera. Per un esame della questione dellautenticit delle tre Etiche si rimanda al
Saggio introduttivo, in Aristotele, Le tre Etiche, a cura di A. Fermani, presentazione di M.
Migliori, Milano, 2008, XCVIII ss.
5 Il lemma ricorre, allinterno dellintero corpus del filosofo, 52 volte.
Di queste 52 occorrenze 10 si trovano nei Topici, come risulta evidente dalla tabella
seguente, tratta da R. Radice-R. Bombacigno, Aristoteles. Con CD-ROM (Lexicon 3),
Milano, 2005:

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

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occorrenze di si trovano nei Topici e quelle di falso negli Analitici


Primi (e, pi in generale, nel blocco delle opere logiche6). Dato ovvio, visto
che la nozione di falso, e di vero, che al falso strutturalmente congiunta,
rimanda in modo pressoch immediato allambito logico-linguistico. Basti
solo ricordare, a titolo di esempio, che Topici VIII, 12, dedicato ai diversi
modi in cui si parla di unargomentazione falsa, e che proprio nelle
Confutazioni Sofistiche possiamo trovare una sorta di logica dellerrore.
__________________
Topica
De sophisticis elenchis
Physica
Metaphysica
Ethica Nicomachea
Magna moralia
Ethica Eudemea
Politica
Rhetorica
Poetica
Athenensium constitutio

10
1
1
3
6
9
3
7
3
5
1

0.58 %
0.16 %
0.05 %
0.13 %
0.28 %
0.80 %
0.27 %
0.36 %
0.21 %
1.45 %
0.16 %

6
Allinterno del corpus aristotelicum sono riscontrabili 256 occorrenze del
lemma , di cui ben 69, come risulta dalla tabella che segue (tratta da RadiceBombacigno, Lexicon), sono concentrate negli Analitici primi:

Categoriae
De interpretazione
Analytica priora
Analytica posteriora
Topica
De sophisticis elenchis
Physica
De caelo
De generatione et corruptione
Meteorologica
De anima
De sensu et sensibili
De somniis
Historia animalium
De partibus animalium
De generatione animalium
Metaphysica
Ethica Nicomachea
Ethica Eudemea
Politica
Rhetorica
Poetica

6
8
69
12
22
14
9
9
3
1
7
1
2
2
1
3
25
5
2
5
5
2

2.46 %
4.40 %
4.61 %
1.19 %
1.27 %
2.26 %
0.45 %
0.78 %
0.47 %
0.09 %
0.94 %
0.36 %
2.50 %
0.05 %
0.07 %
0.15 %
1.07 %
0.23 %
0.18 %
0.26 %
0.35 %
0.58 %

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Arianna Fermani

Si tratta, come appare subito evidente, di questioni molto vaste,


con innumerevoli articolazioni,7 dotate di varie implicazioni sul piano
storico-filosofico e oggetto di un ampio dibattito.8
In questa sede ci si limiter a mettere a confronto le articolazioni
fondamentali delle nozioni di e di , ricostruendo gli
scenari di appartenenza e i molti modi di dire il falso e lerrore, e si
cercher di addentrarsi pi nello specifico sul rapporto problematico che
si viene a instaurare tra scienze/errore e falso.

ii. Lerrore
Per lesame di questa nozione pu essere utile partire da Etica
Nicomachea V, 8, 1135 b 11-25:
__________________
7 Errore ha due significati (o due gruppi di significati) fondamentali: luno
concerne lambito morale, laltro lambito logico-gnoseologico. 1) Lerrore logicognoseologico, per i Greci, a partire dai Presocratici, connesso alla opinione, alla doxa
2) Per quanto concerne lerrore morale, esso coincide con quello che propriamente
definiamo peccato, e che i filosofi greci, a partire da Socrate, hanno per lo pi interpretato
in chiave intellettualistica come errore di ragione o come conseguenza di esso (G. Reale,
Storia della Filosofia Antica, vol. V: Lessico, Indici e Bibliografia, con la collaborazione di
R. Radice, Milano, 2000, 102).
8 In questa sede, per ovvi limiti di spazio, quasi del tutto assente la discussione
con la vasta letteratura critica sullargomento. Mi limito a segnalare, sul tema dellerrore
(sebbene esaminato in ambiti diversi da quello etico), gli articoli di I. Block, Truth
and Error in Aristotles Theory of Sense Perception, Philosophical Quarterly, (1961),
II: 1-9 e di L. Keeler, Aristotle on the Problem of Error, Gregorianum, 13 (1932):
241-260 (il quale, pur facendo emergere i vari sensi che la nozione di amartia riceve
nel pensiero dello Stagirita, conclude che tale polivocit sia fonte di ambiguit e di
scarsa chiarezza). Sul tema dellerrore e del falso nel pensiero greco in generale si
rimanda, invece, ai fondamentali studi di A. Levi (cfr., ad esempio, A. Levi, il problema
dellerrore nella metafisica e nella gnoseologia di Platone, opera postuma di G. Reale,
Padova 1970; seconda edizione ampliata 1971) e a N. Denyer, Language, thought and
falsehood in ancient Greek philosophy, London-New York, 1991. Sul tema del falso e sul
suo (imprescindibile) nesso con la nozione di verit cfr. P. Crivelli, Aristotle on truth,
Cambridge, 2004; K.J. Williams, Aristotles Theory of Truth, Prudentia, 10 (1978):
67-76; F. Fiorentino, Il problema della verit in Aristotele, Sapienza, 54 (2001): 257302; G. Negro, Alcune note sul vero in Aristotele. Laletheia come isomorfismo di
essere e conoscere, Atti dellIstituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Classi di Scienze
Morali (1996-1997), 155: 335-357.

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

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Poich, inoltre, sono di tre specie i danni () che si possono


infliggere alla societ, quelli che sono inflitti in stato di ignoranza
( ) sono errori ( ), quando uno agisce
senza rendersi conto n di chi subisce, n di ci che sta realmente
facendo, n dei mezzi, n dello scopo in vista di cui ha agito; infatti
uno credeva di non colpire, o non con questo strumento, o non questa
persona, o non per questo scopo, eppure capitato, e il risultato non
quello che si pensava, come per esempio il caso di chi non voleva
ferire ma solo infastidire, o non voleva ferire quella persona o non
con quello strumento. Invece, quando il danno viene inflitto contro
ogni aspettativa () una disgrazia (); al contrario,
quando non viene inflitto contro ogni aspettativa, ma senza cattiveria,
un errore ( , , )
(infatti uno commette un errore quando lorigine della colpa in lui
( ), ma gli capita una
disgrazia quando la causa esterna ( ); quando,
invece, uno agisce consapevolmente, ma senza averlo premeditato,
si ha unazione ingiusta ( , ),
come nel caso delle azioni che si compiono in preda allimpeto e alle
altre passioni, a quelle che agli esseri umani accade di sperimentare
necessariamente o per natura; infatti coloro che causano danni e
commettono errori, agiscono s ingiustamente (
9 , , ), e
le loro azioni sono s ingiuste, ma non per questo sono gi diventati
ingiusti o viziosi; infatti il danno non causato dal vizio; al contrario,
qualora uno agisca per scelta ingiusto e vizioso.10

Nel lungo passo riportato si legge che esistono tre tipi di danni (
), che possiamo schematizzare (disponendoli in un
crescendo di gravit), mediante la tabella sottostante:
__________________
9 Il termine viene qui usato in senso non tecnico, cio come sinonimo, in senso
generico, di sbaglio.
10 La traduzione di questa e delle altre Etiche aristoteliche di chi scrive, in
Aristotele, Le Tre Etiche, cit. Nel commentario cinquecentesco di Figliucci Senese, a
questo proposito, si legge: sono tre sorte di offese una delle quali quella che si fa
per ignoranza, e cotali offese sono dette peccati, ovvero errori pensando battere uno

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Arianna Fermani

Disgrazie () Errori ()
Azioni ingiuste
Agente non colpevole
Agente colpevole ma non ()
vizioso
Agente colpevole ma non
vizioso
1) compiute contro
ogni aspettativa
()

1) compiuti in stato
dignoranza
( )
2) non contro laspettativa
( )
3) senza cattiveria (
).11

1) azioni compiute
consapevolmente
()
2) ma senza
premeditazione (
)12
3) azioni ingiuste ma non
viziose (
)

Un altro significativo riferimento al tema dellerrore, analogamente


esaminato nei suoi nessi con le azioni ingiuste e le disgrazie, contenuto
in Retorica I, 13, 1374 b 5-10:
__________________
leggermente, lo ferisce gravemente facendo un errore hanno in se stessi il principio
delloperatione, si pu dire che errino, quando poi il principio non in loro, cotal
error si dice infortunio. Ma quando uno conosce benissimo quel che fa, nondimeno
non ci mette consiglio, o deliberatione alcuna, allora si pu dire veramente costui fare
ingiuria (F. Figliucci Senese, Della filosofia morale libri dieci. Sopra i dieci libri dellEtica
dAristotile, per Giouanmaria Bonelli, In Vinegia 1552, 240-241).
11 Lett. senza vizio.
12 , participio aoristo di , chiama direttamente in causa
la nozione di , ovvero della valutazione (sulle ragioni di tale traduzione, al
posto di quella pi tradizionale deliberazione, cfr. Indice ragionato dei concetti, voce
, in Aristotele, Le Tre Etiche, n. 27, 1360), che ci che prepara e rende
possibile la scelta (). Questultima, a sua volta, costituisce proprio lelemento
discriminante rispetto alle nozioni di virt e di vizio e, pi in generale, rispetto a quella
di stato abituale. Infatti solo se c scelta si pu parlare, a rigor di termini, di vizio.
In caso contrario, come ad esempio si dice nel passo in questione, si pu s agire
consapevolmente anche senza scelta (ad esempio sulla base dellimpeto e delle altre
passioni) ma in questo caso non si pu dire che c vizio stricto sensu.

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

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equo non considerare allo stesso modo gli errori ()


e le azioni ingiuste (), oppure gli errori e le disgrazie
(): le disgrazie sono inaspettate () e non
derivano da cattiveria ( ), gli errori non sono
inaspettati, ma non derivano da cattiveria ( ), mentre
le azioni ingiuste non sono inaspettate ( ) e derivano
da cattiveria ( ) (trad. mia).

Anche in questo caso pu essere utile visualizzare schematicamente,


disponendoli in una climax, i tre orizzonti delineati da questo passo, ovvero
quello delle disgrazie, quello degli errori e quello delle azioni ingiuste:
Disgrazie ()

Errori ()

Azioni ingiuste ()

1) Inaspettate
()
2) Non derivano da
cattiveria (
)

1) Non inaspettati
( )
2) Non derivano da
cattiveria (
)

1) Non inaspettate
( )
2) Derivano da cattiveria
( )

Poche righe dopo rispetto al passo in questione, inoltre, si dice che


bisogna trattare con indulgenza le debolezze e che equo non considerare
alla pari errori e disgrazie, che bisogna guardare non al fatto (
) ma alla scelta ( ),13 ovvero, detto in altri
termini, allintenzione (Retorica I, 13, 1374 b 13-14).
Si tratta di un quadro pienamente confermato dalla Poetica dove,
analogamente, viene posta la distinzione tra errore, disgrazia e vizio:
resta dunque il caso intermedio fra questi: di questo tipo colui che
non distinguendosi per virt e per giustizia, non cade in disgrazia
( ) a causa del vizio e della malvagit, ma per un
errore ( ) (trad. mia).14
__________________
Come si pu vedere viene nuovamente messo in campo lelemento della scelta
(su cui cfr. nota precedente).
14 Poetica 1453 a 7-10.
13

Arianna Fermani

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Anche nellorizzonte delineato dalla Poetica, dunque, come stato


osservato, ci sono tre specie di azioni sbagliate: linfortunio (athychema)
cio la mera casualit di cui il soggetto non pu in alcun modo essere
ritenuto responsabile, lerrore (hamartema) la responsabilit del
quale ricade sul soggetto che non ha saputo calcolare correttamente
le conseguenze del suo atto sia perch temporaneamente vinto
dallemotivit sia per difetto di impegno nel momento della decisione,
la malvagit (adikema) non altro se non lestrinsecarsi di un habitus
vizioso ormai connaturato e stabile.15
La nozione di errore, inoltre, viene presa in esame anche allinterno
delle Divisioni.16 La Divisione 45 ( ) , appunto, dedicata a
questo tema:
Lerrore () si divide in tre [tipi]. Di esso, infatti, un [tipo]
con ingiustizia ( ) un altro con ignoranza ( ),
un altro ancora con sfortuna ( ). Uno, dunque, consiste
nel fatto di errare con ingiustizia, per esempio il comportarsi in
modo empio verso Dio, il fare del male agli amici e il compiere azioni
ingiuste nella citt; un altro, poi, consiste nell errare con ignoranza,
per esempio nella grammatica, nellaritmetica e nelle scienze di
tal genere: questi errori, infatti, non derivano da ingiustizia, ma
__________________
15 D. Lanza, Introduzione in Aristotele, Poetica, a cura di D. Lanza, Milano, 1987
(pi volte riedita), 49. Lerrore, hamartia, ha anche lufficio di rendere comprensibile
lazione tragica: il precipitare delleroe nella sventura dovuto a un suo errore. una
spiegazione che solleva chi assiste dal pericolo di unattesa immotivata della sventura,
che lo rassicura (D. Lanza, Introduzione in Aristotele, Poetica, 72). Un interessante
parallelismo fra lerrore di cui si parla nella Poetica e latto dettato da akrasia, oggetto, in
particolare, della riflessione etica, stato instaurato da G. Cupido, Lanima in conflitto.
Platone tragico tra Euripide, Socrate e Aristotele, introduzione di R. Bodei, Bologna
2002, 156: lhamartema, al pari dellazione acratica, comprensibile presupponendo
nel soggetto che agisce una forma di distrazione come momentanea perdita della piena
consapevolezza. Sul tema delle diverse forme di errore connesse allincontinenza
() e allintemperanza () mi permetto di rinviare al mio saggio Tumulti
dellanima: i possibili nessi tra e , vizi e virt nelle Etiche di Aristotele,
in Fermani-Migliori (eds.), Attivit e virt, in particolare 154 ss.
16 La traduzione di riferimento di questo testo quella curata da C. Rossitto, in
Aristotele (e altri autori), Divisioni, presentazione di E. Berti, Milano, 2005.

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

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da ignoranza. Un altro [tipo], infine, consiste nel fatto di errare


con sfortuna ( ), [come fanno], per esempio, coloro
che falliscono lo scopo e sbagliano le strade, e coloro che errano
involontariamente ( ).

Si tratta di un passo estremamente interessante in cui, apparentemente,


viene proposta la stessa casistica dellEtica Nicomachea e della Retorica, ma
con, in pi, una maggiore delineazione gnoseologica e un fondamentale
spostamento. Il termine infatti, che, come si visto, significa
errore, in questo contesto viene ad essere inteso pi genericamente
come sinonimo di sbaglio, di danno, ovvero nello stesso senso della
nozione di che troviamo in Etica Nicomachea V, 8, 1135 b 11 (
).
In questo senso si deve dire che lerrore viene ad essere considerato,
contemporaneamente, come genere e come specie e che, da un lato, 1)
lamartia pu essere inteso, genericamente, come uno sbaglio, cio come
il fare qualcosa di scorretto17 e che, dallaltro, 2) esso si configura come
quel tipo particolare di sbaglio che consiste nellerrore in senso tecnico,
cio, come quellerrore, come si legge nel passo delle Divisioni appena
richiamato, che si fa con ignoranza ( ).
Quindi, sulla scorta del teso delle Divisioni, si pu dire che esistono
tre tipi di errore, o che lerrore si divide in tre forme ( ), in
base al fatto che esso implichi e chiami in causa la sfortuna, lignoranza
o lingiustizia.
Con sfortuna ( )
1) errori involontari ()

Con ignoranza
( )

Con ingiustizia
( )

__________________
17 Lerrore sempre un , cio un procedimento conoscitivo che
devia e cio non finisce in un atto di intelligenza o, pi propriamente,
non arriva allintelligenza del , di quel soggetto che era supposto come termine
della ricerca (C. Negro, La sillogistica di Aristotele, Bologna, 1967, 129). Si rinvia, in
particolare, al cap. 3: La mediazione dimostrativa nel suo significato psicologico: lerrore e
il falso, 124-130).

Arianna Fermani

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Sulla base di questo scenario, per, emerge come errore in senso


tecnico debba essere inteso come lerrore dovuto ad ignoranza (
), e come si venga a creare uno strettissimo legame tra ignoranza
e errore. Errore ed ignoranza, infatti, in un certo senso sono anche
sinonimi, come attesta anche il fatto che, in greco, il termine
significa anche errore.18
Un binomio, quello tra ignoranza ed errore, che solleva molteplici
e rilevanti questioni di natura etica e anche giuridica.19 La questione
che Aristotele si pone, e che qui pu essere affrontata solo in modo
sommario, la seguente: se uno commette un errore perch ignora, come
si fa a ritenerlo responsabile? A questo proposito lo Stagirita instaura,
allinterno della nozione di ignoranza, una distinzione fondamentale
(per le sue ricadute rispetto alla questione della responsabilit). Secondo
il Filosofo, infatti:
1) si pu dire sia che unazione stata compiuta in stato di ignoranza,
cio che il soggetto si posto nelle condizioni di ignorare. Questo tipo
di sbaglio, che non perdonabile,20 dipende da colui che lo compie;
costui, essendo la causa della propria ignoranza, pienamente
responsabile della stessa:
__________________
Cfr. H.G. Liddell-R. Scott, Dizionario illustrato greco-italiano; edizione adattata
e aggiornata a cura di Q. Cataudella, M. Manfredi, F. Di Benedetto, Firenze 1975, 8,
voce: , il non riconoscere, ignoranza; II. = , errore.
19 Chez les orateurs, le mot agnoia, est employ pour stigmatiser lincomptence
dun dirigeant que lon veut faire condamner, celle du peuple qui est mal inform par
ceux qui se succdent la tribune et que lon souhaite instruire, ou bien lignorance o
se trouvent les membres du tribunal de laffaire en ltat de laudience. La responsabilit
dans un vnement sexprime par les coulples dajectifs hekn/akn, hekousios/akousios,
le tribunal devant tabilir si telle faute ou crime a t commis volontyariement ou
involontariement, la peine ntant pas la mme dans un cas et dans lautre ( J. M.
Bertrand, La rhtorique de livresse en Grce ancienne, in F. Lisi (ed.), The Ways of Life in
Classical Political Philosophy. Papers of the 3rd Meeting of the Collegium Politicum, Madrid,
Sankt Augustin, 2004, 36). Sulla questione della responsabilit in ambito giuridico cfr.
R. Villers, Responsabilit pnale et responsabilit civile dans les droits hellniques, in M.
Boulet-Sautel et al. (eds.), 1989, La responsabilit travers les ges, Paris, 47-73.
20 Coloro che, ubriacandosi, compiono anche qualche azione malvagia,
commettono ingiustizia; infatti sono essi stessi causa dellignoranza (
); infatti avevano la possibilit di non bere e di accorgersi cos che
stavano picchiando il proprio padre. E lo stesso vale anche per le altre forme di ignoranza
che sorgono sotto la propria responsabilit, rispetto alle quali coloro che compiono
18

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

133

quando lindividuo stesso la causa della propria ignoranza (


) e compie qualcosa proprio a causa dellignoranza di
cui egli stesso responsabile (
), costui colpevole dingiustizia e a buon diritto sar
chiamato ingiusto.21

2) ma si pu anche dire che unazione stata compiuta per ignoranza,


cio a causa dellignoranza.22 Chi commette unazione ingiusta a
causa dellignoranza, cio non conoscendo n chi si danneggia, n
il mezzo, n il fine,23 non pu essere detto ingiusto, ma piuttosto
sfortunato ( , ).24 Infatti:
quando lignoranza la causa del compiere unazione, questazione
non viene compiuta volontariamente, cosicch non si commette
ingiustizia.25
__________________
ingiustizia sono ingiusti; al contrario, in rapporto a quelle cose delle quali essi stessi
non sono responsabili ( ), ma che anchessi hanno compiuto
proprio a causa dellignoranza, non sono ingiusti (Grande Etica, I, 33, 1195 a 31-37).
interessante notare come la distinzione, sul piano etico, tra due forme di ignoranza
trovi un preciso riscontro sul piano giuridico. Come lo stesso Aristotele ricorda in
Politica II, 12, 1274 b 18-23, anche lantico legislatore Pittaco fece una legge tenendo
conto del fatto che chi commette un reato a causa dellubriachezza, non solo non deve
essere assolto ma deve essere doppiamente punito: Una sua legge stabilisce che chi
ubriaco, se commette qualche mancanza, sconti una pena maggiore che se fosse sobrio:
poich sono molto pi numerosi quelli che compiono reati in stati di ubriachezza che
di sobriet, non si deve tener conto dellindulgenza che pure si dovrebbe avere per un
ebbro, ma di ci che utile (la traduzione di riferimento della Politica quella di
Viano, in Aristotele, Politica, Milano, 2002).
21 Grande Etica I, 33, 1195 a 28-31. Per un approfondimento del nesso fra ignoranza
e ingiustizia mi permetto di rinviare al mio articolo Un tentativo di esplorazione dei
molteplici nessi delle nozioni aristoteliche di giustizia e ingiustizia, vizio e virt, tra
piano etico e piano giuridico, Educao e Filosofia, vol. 21, n. 41 (2007): 169-212, in
particolare 183 ss.
22 Sulla distinzione tra azione compiuta a causa dellignoranza e azione compiuta
ignorando cfr. J.M. Bertrand, La rhtorique de livresse en Grce ancienne, in Lisi (ed.),
The Ways of Life, 33-41.
23 Grande Etica I, 33, 1195 a 24-25.
24 Grande Etica I, 33, 1195 a 24.
25 Grande Etica I, 33, 1195 a 28-29. Un quadro analogo viene fornito in Etica
Nicomachea V, 8, 1136 a 5-9: Le azioni compiute involontariamente, dal canto loro,

134

Arianna Fermani

Ma, tornando al testo delle Divisioni, si deve dire che lerrore in


senso pieno quello che si produce per ignoranza, come per esempio,
nella grammatica, nellaritmetica e nelle scienze (
) di tal genere, istituendo un binomio
strettissimo, su cui si torner nella parte finale di questo contributo, tra
errore e scienze.
Per il momento importante sottolineare quali sono, sempre sulla
scorta del testo delle Divisioni, le caratteristiche dellerrore:
1) esso implica lignoranza;
2) imprevisto o, comunque, contro laspettativa (come la disgrazia,
che involontaria26);
3) dipende dal soggetto che, dunque, in una certa misura, ne
responsabile, ma non un vizio.
Questultima questione, che stata posta anche nei passi dellEtica
Nicomachea e della Retorica sopra richiamati, nonch in Etica Eudemia
VI, 6, 1148 a 2-3,27 particolarmente rilevante. Qui, infatti, a proposito
dellincontinenza, si dice che essa non considerata solo come uno
__________________
si dividono in perdonabili e imperdonabili. Sono perdonabili, infatti, quegli errori che
si compiono, non solo in stato di ignoranza, ma proprio a causa di questa ignoranza;
quelli che, invece, sono compiuti in uno stato di ignoranza ma che non sia dovuto a una
passione che non sia n naturale n umana, sono imperdonabili. Commenta Figliucci
Senese, Della filosofia morale..., 241: Lignoranza pu essere di due modi, ovvero
pu essere ignoranza universale, ovvero particolare. Lignoranza universale come
dire che uno non sapesse semplicemente che ladulterio fosse male. La particolare
come se uno non sapesse che giacersi con quella particolare donna fusse errore alcuno,
pensando esser per caso la propria moglie, essendo per quella di un altro. Quando uno
fa un errore dignoranza particolare merita perdono... quando facciamo un error per
quellignoranza comune non meritimo perdono alcuno.. perch niuno che non possa
conoscere in universale quale sia errore et qual no, onde chi non lo sa, si tiene che non
lo sappia perch non lo abbia voluto sapere.
26 Un altro tipo errare con sfortuna, [come fanno,] per esempio, coloro
che falliscono lo scopo e sbagliano le strade, e coloro che errano involontariamente
() (Divisioni, 45 M).
27 Un discrimen, quello tra errore e vizio, che, da un lato, trova precisi corrispettivi
anche su altri terreni del discorso dello Stagirita, e, dallaltra, che affonda le sue radici
nella riflessione platonica: per Aristotele, cio, lhamartema delluomo come noi: un
uomo non senza difetti, ma assolutamente privo di malvagit, superiore nel complesso

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

135

sbaglio ( ) ma anche come una qualche forma di vizio (


). Si tratta di unaffermazione estremamente interessante
da cui, seppur en passant, si deduce che lerrore non un vizio e che
mette in campo una fondamentale, quanto sottile, distinzione tra errore
(amartia) e vizio (kakia). Che lerrore, secondo Aristotele, non sia un
vizio, lo si pu dedurre in negativo, anche dal fatto che, stricto sensu, non
vizio nemmeno lazione ingiusta, visto che essa pu essere compiuta
per passione e non per scelta. Ma se lazione ingiusta non un vizio, a
fortiori non lo neppure lerrore, dato che, come gi visto, lamartia
costituisce unazione di minore gravit rispetto alladikia.

III. Il falso
Questa ulteriore nozione, tanto vasta e quanto vastamente studiata,
per essere delineata nella sua complessit richiederebbe una trattazione
ben pi ampia di quella che possibile riservare ad essa in questa sede.
Laccezione pi immediata e pi nota di falso quella logico-ontologica.
La questione pu essere sintetizzata ricordando, con Reale, come dal
punto di vista logico, Aristotele definisce falso quel giudizio che congiunge
ci che non congiunto o che disgiunge ci che non disgiunto nella realt
Aristotele parla anche di falso in senso ontologico: essere come vero, e non
essere come falso, costituiscono uno dei quattro significati dellessere.28
Il tema del falso, infatti, si trova fondamentalmente polarizzato intorno
a due (diversi ma per molti versi intrecciati) ambiti della riflessione dello
Stagirita: quello logico e quello ontologico, che cercher di passare
rapidamente in rassegna nei due paragrafi che seguono.

__________________
al livello comune, che, per qualche errore, passi dalla felicit allinfelicit. Lombra
inquietante della tragedia si posa anche sul capo del saggio. Ma anche il Platone delle
Leggi contempla la possibilit dellerrore del giusto o, per lo meno, di colui che non
ingiusto. Ed probabilmente questo che intende quando nel Sofista parla di deviazione
del pensiero, che ha individuato il giusto bersaglio ma fallisce nel perseguirlo (G.
Cupido, Lanima in conflitto, 165).
28 Reale, Storia della Filosofia Antica vol. V, 114.

Arianna Fermani

136

a) Il falso in senso logico


Nelle Categorie e nel De Interpretatione29 si afferma che il falso come
pure il vero (dato che le due nozioni vengono sempre chiamate in causa
insieme) non riguarda mai i singoli termini.30 Non si pu, cio, dire
falso un termine considerato singolarmente, ovvero senza connessione
con altre parti del discorso.
In Categorie IV, 2 a 8-10 si legge infatti che
nessuno dei termini che si dicono senza connessione, ad esempio
uomo, bianco, corre e vince, vero oppure falso (
).31

La falsit non si d dunque a livello dei singoli termini, ma solo a livello


del giudizio, cio (almeno) a livello della connessione tra un soggetto e
un predicato. Pu infatti essere detto falso quel giudizio che congiunge
un soggetto e un predicato che nella realt non sono congiunti, o che
disgiunge un soggetto e un predicato che non sono disgiunti.
Ma lesclusione del falso dallorizzonte del singolo termine e la sua
riammissione al livello del giudizio, ovvero nellambito della frase, non
implica che, come Aristotele esprime chiaramente nel De interpretatione,32
__________________
Peraltro in perfetta corrispondenza con affermazioni analoghe contenute nella
Metafisica, come si vedr nella sezione successiva.
30
In realt, a ulteriore conferma della estrema duttilit e della costante
moltiplicazione di schemi applicati da Aristotele alla lettura della realt, in Metafisica
, 10, 1051 b 22-25, si parla inaspettatamente di vero e falso applicabili agli esseri
incomposti, cio considerati singolarmente e senza connessione: vero e falso negli
esseri incomposti sono questo: il vero lintuire e lenunciare mentre non coglierli
significa non conoscerli (la traduzione di riferimento della Metafisica di G.
Reale, in Aristotele, Metafisica, Appendice bibliografica di R. Radice, Milano, 2000).
Commenta G. Reale, Guida alla lettura della Metafisica di Aristotele, Roma-Bari, 1997,
20043: quando si tratta di cose semplici e non composte, lessere come vero consiste
nellimmediato coglimento e nellenunciazione di ci che si colto, mentre la mancanza
di cogli mento significa ignorare la cosa.
31 La traduzione delle Categorie , pur se con alcune variazioni, di G. Colli, in
Aristotele, Organon, Adelphi, Milano 2003.
32 La traduzione del De interpretatione , pur se con alcune variazioni, di G. Colli,
in Aristotele, Organon, Adelphi, Milano 2003.
29

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

137

ogni frase possa essere detta vera o falsa. Ci sono infatti proposizioni che
non si configurano come giudizi, cio come affermazioni o negazioni,33
ma che sono, ad esempio, invocazioni o preghiere:
dichiarativi sono, per, non tutti i discorsi, ma quelli in cui sussiste
unenunciazione vera oppure falsa ( ). Tale
enunciazione non sussiste certo in tutti: la preghiera, ad esempio, un
discorso, ma non risulta n vera n falsa.34

Il falso, dunque, riguarda esclusivamente i discorsi dichiarativi o


apofantici,35 cio che quei discorsi che affermano o negano qualcosa di
qualcosaltro, qualora questa connessione o disconnessione non trovi un
riscontro nella realt.
dunque evidente come, nellesame della nozione di falso, lambito
logico debba essere necessariamente intrecciato con quello ontologico.
Infatti un giudizio pu essere detto vero solo dopo che la connessione
o la disgiunzione di un soggetto e di un predicato sul piano linguisticoverbale trovino una conferma sul terreno fenomenico-ontologico. In
caso contrario, e cio se il piano ontologico falsifica il piano logico,
quel medesimo giudizio dovr essere detto falso.
b) Il falso in senso ontologico
Lintreccio tra sfera logica e ontologica a proposito del concetto di
falso, si gioca, per, anche su altri fronti.
Se, infatti, nel quadro delineato nella parte precedente, il piano
ontologico, pur risultando determinate, viene a costituire comunque
un elemento secondario rispetto a quello logico, nella descrizione della
nozione di falso offerta nella Metafisica la situazione, in qualche modo, si
__________________
33 Laffermazione il giudizio che attribuisce qualcosa a qualcosa. La negazione
invece il giudizio che separa qualcosa da qualcosa (De interpretatione 6, 17 a, 25-27).
34 De interpretatione 4, 17 a 3-4.
35 Tutte le frasi che esprimono preghiere, invocazioni, esclamazioni e simili
escono fuori dalla logica e riguardano il tipo di discorso retorico o poetico; rientra nella
logica solo il discorso apofantico o dichiarativo (Reale, Storia della filosofia antica,
vol. II, 552).

Arianna Fermani

138

viene ad invertire. Qui, infatti, il falso, esaminato ancora una volta in coppia
con la nozione di vero, riceve una curvatura marcatamente ontologica.
L essere come vero e come falso, infatti, costituisce uno dei quattro
significati dellessere presentati dal Filosofo, che fa del principio della
originaria e strutturale molteplicit dei significati dellessere36 uno
degli assi portanti della sua riflessione ontologica, in antitesi al monismo
di matrice eleatica. Accanto all essere secondo le diverse figure delle
categorie, all essere come atto e potenza e all essere come accidente,
infatti, secondo Aristotele, c proprio lessere come vero e falso. Anzi,
per essere ancora pi precisi, il falso costituisce uno dei significati del
non-essere (in opposizione al vero, che, al contrario, rappresenta uno dei
quattro significati dellessere).
In Metafisica E, 4, 1027 b 18-20, le nozioni di falso e di vero vengono
descritte in termini pressoch identici a quelli delle opere logiche gi
richiamate:
Per quanto concerne lessere come vero e il non essere come falso
( , ), dobbiamo dire che essi riguardano
la connessione e la divisione di nozioni.

Il falso, quindi, si ribadisce, si d solo nel caso di una errata


congiunzione e disgiunzione di elementi:
Il vero laffermazione di ci che realmente congiunto e la negazione
di ci che realmente diviso; il falso invece, la contraddizione di
questa affermazione.37

Ci troviamo dunque di fronte a uno scenario che presenta molte


affinit con quello logico, e in cui si conferma come la nozione di falso non
__________________
Reale, Storia della filosofia antica, vol. II, 415.
Metafisica , 4, 1027 b 20-23. In termini pressoch identici ci si esprime in
Metafisica , 10, 1051 b 1-5: per quanto riguarda le cose, lessere come vero e falso
consiste nel loro essere unite o nel loro essere separate, sicch sar nel vero chi ritiene
essere separate le cose che effettivamente sono separate ed essere unite le cose che
effettivamente sono unite; sar, invece, nel falso, colui che ritiene che le cose stiano in
modo contrario a come effettivamente stanno.
36
37

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

139

si applichi ad un singolo termine, ma implichi sempre una connessione


di pi elementi. In questo senso, precisa ulteriormente Aristotele, il
falso non nelle cose ( ), ma solo nel pensiero. Anzi, si
aggiunge significativamente
Anzi, per quanto concerne gli esseri semplici e le essenze, [vero e
falso] non sono neppure nel pensiero.38

Quindi:
1) pur inserendo il tema del falso (e del vero) allinterno della
distinzione di natura squisitamente ontologica dei vari significati
dellessere, viene ribadita la valenza eminentemente logica della
questione del falso;
2) il falso, infatti, non nelle cose ma solo nel pensiero e, in alcuni
casi, cio nel caso di realt considerate singolarmente, neanche nel
pensiero. Infatti, si ribadisce ulteriormente, esso si d solo nellunione
() e nella separazione (), compiuta dal pensiero (dato
che unione e separazione sono nella mente e non nelle cose.39
La valenza eminentemente logica della nozione di falso, ribadita
e riconfermata nella Metafisica (in cui, non a caso, questo significato
dellessere risulta essere uno dei pi deboli, accanto a quello dellessere
accidentale40), non toglie, per, ancora volta, il fondamentale ruolo
di banco di prova che la realt, cio lambito ontologico, riveste per
la costituzione stessa del concetto di falso. Emblematico di questa
fondamentale movenza della filosofia dello Stagirita, quanto si legge in
Metafisica , 10, 1051 b 6-9:
__________________
Metafisica , 4, 1027 b 27-28.
Metafisica , 4, 1027 b 29-30.
40 Lessere inteso in questo senso un essere diverso da quello dei significati
eminenti dellessere, quali sono, appunto, o lessenza o la qualit o la quantit o le altre
categorie che il pensiero separa o riunisce; e come lessere per accidente cos lessere come
vero va lasciato da parte: la causa del primo indeterminata, mentre il secondo consiste
in una affezione della mente, e ambedue poggiano sul restante genere dellessere e non
manifestano una realt sussistente fuori dalla mente e oggettivamente (Metafisica ,
4, 1027 b 30-1028 a 2).
38
39

Arianna Fermani

140

non perch noi ti pensiamo bianco tu sei veramente bianco, ma per


il fatto che tu sei bianco ( ), noi, che affermiamo questo (
), siamo nel vero.41

Un passo che conferma in pieno il fatto che, nel pensiero aristotelico, il


primum sempre il dato reale, loggetto (objectum) (che, nel suo essere di
fronte a noi e altro da noi, ci interpella, chiedendoci di essere conosciuto
e di essere rispettato per quello che ), e secondo cui la ricerca non pu
mai esimersi dal confronto con quella realt che chiamata a descrivere
e che intende conoscere, e con i fatti (che anzi, in alcuni ambiti,
costituiscono proprio il banco di prova delle teorie).42
Prima di concludere la (necessariamente sintetica) riflessione sul falso
in ambito logico e ontologico,43 opportuno ritornare a unaffermazione
presentata quasi en passant in Metafisica , 4, 1027 b 26-27, in cui, dopo
aver ricordato, come si gi visto, che il vero e il falso non sono nelle
cose, si aggiunge
Quasi che il bene fosse il vero e il male fosse senzaltro il falso.

Commenta San Tommaso: qualcuno potrebbe pensare che il vero e


il falso esistono anche nelle cose, come il bene e il male, per cui il vero sia
un certo bene e il falso sia un certo male. Del resto, cos dovrebbe essere,
se il vero e il falso esistessero nelle cose, in quanto il vero sta a significare
una determinata perfezione della natura, mentre il falso esprime un
difetto Il filosofo, per, nega tale teoria, e ribadisce che il vero e il falso
non esistono nelle cose, per cui il vero della ragione sia un bene della
natura e il falso sia un male, bens esistono soltanto nella mente, ossia
nellintelletto.44
__________________
41 Una movenza analoga mi pare poter essere rinvenuta in Metafisica , 7, 1011
b 26-27, in cui si dice che falso dire che lessere non o che il non essere ; vero,
invece, dire che lessere e che il non essere non .
42 A. Fermani, Presentazione, in A. Fermani-M. Migliori (ed.), Attivit e virt, 25.
43 Per un approfondimento della questione si rinvia a A.G. Vigo, El concepto de
verdad terica en Aristteles. Intento de reconstruccin sistemtica, in A.G. Vigo, Estudios
aristotlicos, Secunda edicin corregida, Pamplona 2011, in particolare 120 ss.
44 S. Tommaso dAquino, Commento alla Metafisica di Aristotele, 3 voll., Bologna
2004, vol. II, 401.

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

141

Vero e falso vanno dunque completamente disgiunti dallorizzonte


del bene e del male e non perch, in un certo senso, i due orizzonti non
possano essere sovrapponibili (infatti sia il falso sia il male rappresentano
un difetto, mentre il vero e il bene rappresentano una perfezione), ma
perch, mentre bene e male sono nelle cose, vero e falso esistono solo
nel pensiero.
E che e siano due realt diverse e irriducibili sembra
essere confermato da Etica Nicomachea VI, 2, 1139 a 27-28, in cui queste
due nozioni vengono connesse mediante un duplice legame: uno di
distanziamento e uno di avvicinamento:
il bene e il male del pensiero teorico e, quindi, del pensiero che non
n pratico n produttivo, si configurano come vero e falso ()

La nozione di falso, quindi, da un lato pu essere accostata a quella


di male, ma, dallaltra, e rappresentano due nozioni
appartenenti a due ambiti diversi: logico-conoscitivo (come dimostra il
riferimento al pensiero teorico ( ... della riga 27)
il primo, etico il secondo.
Tale distinzione di ambiti, oltre a rendere ragione dellirriducibilit
delle due nozioni, sembrerebbe, contemporaneamente, impedire una
curvatura delle stesse su terreni diversi da quelli qui delineati. In altre
parole questo dovrebbe implicare limpossibilit di declinare la nozione
di falso (che quella che qui ci interessa pi nello specifico) su un terreno
diverso da quello logico-ontologico.
c) Il falso in senso etico-antropologico
Ma le cose, a quanto pare, sono meno semplici di quanto potrebbe
sembrare sulla scorta dei passi appena esaminati.
Se, infatti, in generale, si pu dire che il falso e il male si polarizzano,
rispettivamente, intorno allambito logico/conoscitivo e intorno a
quello etico, a quanto pare, le concrete modalit del darsi di queste
nozione e le loro molteplici articolazioni richiedono una revisione e un
aggiustamento dello schema appena proposto.

142

Arianna Fermani

Tralasciando, per ovvie ragioni di spazio, lanalisi della complessa nozione


di male,45 che porterebbe fuori strada rispetto allasse argomentativo qui
delineato, mi limiter ad illuminare il versante etico della nozione di falso.
A questo scopo si pu partire dallesame di Metafisica , 29, capitolo
per lappunto dedicato allesame dei significati di :46
__________________
45 Per un esame delle molteplici articolazioni della nozione di male, soprattutto
in ambito etico, mi permetto di rinviare al mio saggio T kakn pollachs lghetai:
the polivocity of the notion of evil in the Aristotelian Ethics, in C. Baracchi (ed.), Aristotle,
London (forthcoming).
46 (1) Falso si dice, in primo luogo, di una cosa falsa. E una cosa falsa in questo
senso, o perch non unita o perch non possibile unirla: per esempio si dice che
la diagonale commensurabile o che tu stai seduto; la prima cosa sempre falsa, la
seconda lo solo talvolta Oppure, le cose son false perch esistono, s, realmente, ma
per loro natura sono tali da apparire non quali sono e non ci che sono: per esempio
una pittura in prospettiva e i sogni; queste sono, s, una realt, ma non sono ci di cui
ci danno limmagine (2) Invece una nozione falsa quella che, appunto, in quanto
falsa, di cose che non sono: perci ogni nozione falsa se riferita a cosa diversa da
quella di cui vera: la nozione del cerchio, per esempio, falsa se riferita al triangolo
(Metafisica , 29, 1024 b 17-29). C poi un terzo significato di falso che , appunto,
quello riportato di seguito nel testo. Si potrebbe sollevare lobiezione che qui (cos
come negli altri casi dei significati dei termini contenuti nel libro ) Aristotele si stia
limitando a riportare lopinione altrui senza condividerla. Si potrebbe, cio, obiettare,
che i significati di falso non sono significati aristotelici ma semplicemente significati
riportati (e quindi non necessariamente approvati) da Aristotele. In realt mi pare che si
possa dire che qui, come in tutti i casi presentati nel libro , Aristotele stia esponendo
il suo pensiero e che non stia semplicemente confrontandosi con gli endoxa (o opinioni
autorevoli) espresse sullargomento. Quando, infatti, il Filosofo intende prendere in
esame e discutere gli endoxa, segue il fondamentale metodo dialettico tematizzato, ad
esempio, in Etica Nicomachea, VII, 1, 1245 b 2-7: Bisogna, invece, come negli altri
casi, tenere fermo quello che si manifesta ( ) e porre innanzi tutto i
problemi, e cos mostrare il pi esaurientemente possibile tutte le opinioni correnti (
) su queste passioni, o, se no, ( ), almeno le pi diffuse e le pi importanti:
infatti, se si risolvono le difficolt e si accettano le opinioni comuni ( ), si otterr
una sufficiente dimostrazione. Al di l del valore e del significato da attribuire, qui e
in altri luoghi, alla nozione di endoxon (per cui rimando, tra gli altri, allo studio di E.
Berti, Il valore epistemologico degli endoxa secondo Aristotele, in Nuovi Studi Aristotelici,
Brescia, 2004, vol. I, 317-332), c da rilavare come: 1) quando Aristotele intende
riportare o discutere un endoxon, indica la fonte di tale opinione autorevole o, per lo
meno, evidenzia sempre il fatto che sta riportando lopinione espressa da altri sul tema
che si propone di esaminare; 2) gli endoxa non vengono mai proposti acriticamente,

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

143

si dice falso () un individuo che fa discorsi falsi senza farsi


scrupoli ()47 e per scelta (), non per altra ragione
ma proprio per dire il falso.48

Chi fa discorsi falsi, quindi, li fa deliberatamente, cio per scelta.


Ancora una volta, dunque, lelemento della praoairesis (scelta), che
costituisce, come si gi ricordato, lelemento distintivo e la conditio sine
qua non del vizio e della virt, risulta decisivo.
Commenta San Tommaso: si dice falso luomo che disposto in
simili nozioni, cio false, e che sceglie tali nozioni non per qualcosaltro
ma per s. Infatti, a chiunque possiede un abito, torna piacevole e agevole
loperazione che conforme a quellabito.49
In questo senso il discorso sul falso ha una immediata ricaduta anche
sul piano etico.50 Infatti, come si legge, ad esempio, in Etica Eudemia III,
7, 1233 b, possibile istituire un binomio tra vizio e falsit:
__________________
ma sempre esaminati e discussi, per mostrare, volta per volta, gli elementi di affinit
e differenza rispetto alla propria posizione. Non sembra dunque possibile, in questo
caso, e, pi in generale, rispetto ai vari significati dei termini proposti nel quinto libro
della Metafisica (non a caso denominato ) intenderli
come lesposizione di posizioni altrui ma, piuttosto come i molti modi di essere e,
dunque, di dirsi, di una medesima nozione. Per un approfondimento della nozione
del pollachos legomenon come figura teorica fondamentale del pensiero aristotelico mi
permetto di rimandare al mio saggio (in uscita), Letica di Aristotele, Brescia, 7 ss.
47 Laggettivo in questione significa sia facile a trattarsi, socievole, ma anche, in
senso negativo: negligente, senza scrupoli. Cfr. H.G. Liddell-R. Scott, An intermediate
Greek-English Lexicon, Oxford 1889 (pi volte riedito): easily handled, easy to
deal with; of person manageable, accommodating; in bad sense: unscrupulous,
reckless. Visto il contesto dellaffermazione, ho dunque preferito, discostandomi qui
da Reale (che traduce con volentieri), assegnare allaggettivo una valenza negativa.
48 Metafisica , 29, 1025 a 1-4.
49 Tommaso dAquino, Commento alla Metafisica, vol. II, 321.
50 C, inoltre (anche se si tratta di una questione che in questa sede non pu essere
approfondita), una ricaduta evidente della questione sul terreno giuridico. Come si ricorda
nella Politica, infatti, testimoniare il falso un reato, come viene attestato dalla legge sui
processi per falsa testimonianza ( ): Caronda, sebbene non
abbia fatto alcuna legge particolare eccetto quella sui processi per falsa testimonianza
(ch per primo defin questo reato), per la precisione delle sue leggi ha raggiunto la pi
alta perfezione (Politica II, 12, 1274 b 5-8).

Arianna Fermani

144

chi consapevolmente dice di se stesso il falso ( )


sminuendosi un dissimulatore, mentre chi lo fa per esaltarsi un
fanfarone.

Fanfaroneria () e dissimulazione (), infatti, come


emerge dalle liste di virt morali presentate in tutte e tre le Etiche,51
vengono considerati vizi e, pi precisamente, come due vizi contrapposti
rispetto al giusto mezzo rappresentato dalla sincerit ().
Se, per, esistono vizi consistenti nel dire consapevolmente (
) il falso, questo implica, sulla scorta delle sottili distinzioni
aristoteliche, che la falsit implica non solo la volontariet ma anche la
scelta. Quindi chi dice il falso lo fa non solo volontariamente ma anche
per scelta.
La messa in campo di questo profilo della nozione in questione, per,
non esaurisce la figura del falso. Infatti si possono dire cose false anche
involontariamente, come viene confermato nelle Divisioni.
Nella Divisione 50 ( ), infatti, si legge che
colui che dice il falso ( ) si divide in due [tipi]. Uno,
infatti, chi dice il falso volontariamente (), mentre laltro
chi lo fa involontariamente (). Pertanto, mentre colui che dice
il falso volontariamente ( ... ) inganna alcuni e
produce inganno () in altri, al contrario colui che dice il
falso involontariamente ( ... ), essendo esso stesso
vittima del proprio inganno, dice il falso per mezzo dellinganno
() che ha in s.

Chi dice il falso, dunque, pu farlo sia in modo volontario sia


involontariamente; in questo secondo caso, inoltre, si , insieme,
colpevoli e vittime. Infatti, oltre a trarre in inganno () altri, chi dice
il falso involontariamente inganna anche se stesso.

__________________
51 Si tratta delle trattazioni delle virt morali, presentate in forma pi o meno
schematica, in Etica Nicomachea II, 7, 1107 a-1108 b, Etica Eudemia II, 3, 1220 b-1221
a, e in Grande Etica I, 20 ss.

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

145

Quindi, cercando di trarre le fila di questa rapida ricostruzione


della nozione di inganno, Aristotele ci pone di fronte a una duplice
possibilit:
1) si pu dire il falso involontariamente (e, in questo senso, non se ne
responsabili);
2) ma lo si pu fare anche, non solo volontariamente ma anche per
scelta,52 cos da far assumere al falso le vesti del vizio.
Se le cose stanno cos, quindi, si deve anche dire che, dal punto di
vista morale, in un certo senso la falsit peggiore dellerrore. Infatti,
mentre lerrore non implica il vizio, nel falso, invece o, per lo meno, in
una sua accezione il vizio viene chiamato in casa.
Questo, per, significa anche che la nozione di falsit, allinterno di
una scala che oscilla tra un massimo e un minimo di gravit, si colloca ai
due estremi:
1) da una parte un vizio, esprimendo una gravit massima,
2) dallaltra pu situarsi al di fuori dellorizzonte dellerrore, configurandosi come uno sbaglio involontario () e quindi, in un
certo senso, vicino quasi alla disgrazia e alla sfortuna:
Assenza di
responsabilit

Responsabilit,
Responsabilit piena Responsabilit massima
anche se limitata

Involontario

non imprevisto

Volontaria ma
non scelta

Volontario+scelto=vizio

Disgrazia
Falso

Errore

Ingiustizia

Falso

Il quadro qui ricostruito mi sembra risultare perfettamente confermato


da quanto si legge in Metafisica , 29, 1025 a 2-13, nella parte che segue
il passo gi ricordato, che ricapitola molti dei punti precedentemente
guadagnati:
__________________
52 Etica Eudemia II, 10, 1226 b 34-36: necessario che tutto ci che viene scelto
sia volontario, mentre tutto ci che volontario non frutto di una scelta, e che tutte le
azioni conformi alla scelta siano volontarie, mentre non tutte le azioni volontarie sono
frutto di una scelta.

146

Arianna Fermani

si dice falso un uomo che fa sorgere in altri tali nozioni false, cos
come diciamo che sono false le cose che producono immagine falsa.
Perci largomentazione dellIppia, secondo la quale lo stesso uomo
insieme veridico e falso, fallace: essa, infatti, intende come falso colui
che capace di dire il falso, e questi colui che sa e che sapiente.
Inoltre essa dice migliore chi volontariamente falso; ma, questa,
la conclusione di una falsa induzione: chi zoppica volontariamente
() migliore di chi zoppica involontariamente ( ), se
si intende per zoppicare imitare chi zoppica; chi infatti fosse realmente
zoppo volontariamente, sarebbe certamente peggiore; e lo stesso vale
per ci che concerne il comportamento morale.

Dopo il primo caso, cio quello di persone che dicono il falso in


quanto, in qualche modo, costrette dal proprio habitus, e che non lo fanno
per nessun altro motivo che non sia il fatto di essere vincolati da tale
disposizione interiore (e che quindi, come si visto, sono impossibilitati
a scegliere diversamente) c chi si trova in una situazione diversa.
Analizziamo il passo servendoci del puntuale e illuminante commento
di San Tommaso:
nel secondo significato, si dice falso luomo che provoca negli altri
delle nozioni false
In secondo luogo, dove scrive perci nellIppia esclude due false
teorie. La prima la trae dalle premesse, osservando che, dato che
luomo falso sceglie e produce false opinioni, logicamente viene
respinta e condannata una certa affermazione che si legge nellIppia,
che unopera di Platone, la quale asseriva che la stessa nozione vera
e falsa. Infatti, questa concezione intendeva che falso quelluomo che
pu mentire; cos, dato che lo stesso uomo pu mentire e dire il vero,
lo stesso uomo sarebbe veritiero e falso. Analogamente, la medesima
frase pu essere vera e falsa, come questa: Socrate siede; mentre
seduto vera, ma, quando non seduto, falsa. Ora, qui risulta che fa
unasserzione fuori luogo, dato che anche luomo sapiente e prudente
pu mentire; tuttavia esso non falso, in quanto non produce e non

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

147

sceglie delle nozioni e delle teorie false, che il motivo per cui luomo
viene considerato falso, come si visto.53
In seguito, dove scrive inoltre considera migliore chi fa il male
volontariamente, esclude la seconda tesi falsa. Si tratta di una teoria
per la quale luomo che volontariamente commette azioni disdicevoli
e perverse migliore di chi le commette senza volerlo: il che
falso. Infatti qualsiasi vizioso si definisce dal fatto che disposto a
commettere e sceglie cose cattive. Tuttavia, vuole intendere questo
falso tramite una certa induzione da un caso simile. Tuttavia, chi
zoppica volontariamente migliore e pi degno di colui che zoppica
non volontariamente: cos sostiene che chi commette cose perverse
imita lo zoppicare, in quanto, evidentemente, per entrambi valida la
stessa valutazione, il che, in un certo senso, vero. Infatti, chi zoppica
volontariamente peggiore per ci che concerne la moralit, anche se
migliore per ci che attiene alla capacit di camminare. Analogamente,
colui che commette azioni perverse, peggiore per ci che concerne la
moralit, bench forse non sia peggiore per ci che riguarda qualche
altra facolt. Cos, colui che dice il falso volontariamente, pur essendo
moralmente peggiore, tuttavia pi intelligente di chi crede di dire il
vero, dicendo involontariamente il falso.

Ho voluto riportare per intero il commento, per tramite esso vengono


riproposti i tratti salienti del profilo etico-antropologico della nozione
di falso.
1) C una profonda differenza fra dire il falso, cosa che pu capitare
anche a chi virtuoso (cio a chi non ha lhabitus vizioso della falsit),
e essere falso, cio dire cose false per scelta e sulla scorta di uno stato
abituale, cio sulla scorta del vizio.
2) Viene individuata una doppia discriminante, operata, a) da una
parte, ancora una volta, dal binomio volontariet/involontariet e, b)
dallaltra, dalla presenza di due piani diversi e da tenere distinti (e
invece confusi, ad avviso di Aristotele, nellIppia platonico):

__________________
53

Tommaso dAquino, Commento alla Metafisica, vol. II, 321-323.

Arianna Fermani

148

a) chi dice il falso volontariamente peggiore dal punto di vista


morale ma migliore dal punto di vista funzionale (nel senso che
il suo organismo funziona meglio, esattamente come chi finge di
zoppicare pi sano di chi veramente zoppo);
b) chi dice il falso involontariamente migliore dal punto di vista
morale ma, contemporaneamente, peggiore dal punto di vista
funzionale, rispetto a chi dice il falso volontariamente (come
la capacit di camminare propria di uno zoppo indubbiamente
inferiore rispetto a colui che finge di zoppicare); questo individuo,
infatti, inganna e, contemporaneamente, si inganna, nel senso che
vittima del suo stesso inganno.54
Una possibilit, quella di dire volontariamente il falso, ovvero, pi
in generale, di sbagliare volontariamente, prospettata anche in Etica
Eudemia VIII, 1, 1246 a 32-33, in cui si legge che possibile scrivere
volontariamente in modo sbagliato:
si scrive volontariamente in modo non corretto ( ).

Una questione, questultima, che ci conduce direttamente alla parte


conclusiva di questo contributo.

IV. La scienza e lerrore


a) La scienza pu sbagliare
Tornando al tema dellerrore e delle scienze, si gi sottolineato
come nelle Divisioni si dica che lerrore si pu trovare nella grammatica,
nellaritmetica e nelle scienze.
Il quadro viene perfettamente confermato anche dallEtica Eudemia,
in cui si dice che c una duplice possibilit di errore (
__________________
54
Si tratta del medesimo scenario gi delineato nelle Divisioni (cfr. sopra
Divisione 50), nonch della situazione prospettata da Platone in Fedro 260 B 1-C 7:
SOCRATE: Se ti volessi persuadere a respingere i nemici mediante lacquisto di un
cavallo, e tutti e due non conoscessimo un cavallo, ma io sapessi solo questo: che Fedro
ritiene che sia un cavallo quello fra gli animali domestici che ha orecchie grandissime

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

149

):55 si pu sbagliare nel ragionamento o nellesecuzione. Infatti,


mentre nella grammatica si sbaglia solo nellesecuzione, nella medicina
si sbaglia in entrambi i modi.56
Analogamente in Grande Etica I, 17, 1189 b 19-23 si legge che
Nessuno si mette a valutare come si deve scrivere il nome Archicle,
poich come debba essere scritto il nome Archicle gi stato stabilito.
E quindi lerrore non risiede nel pensiero, ma nellatto dello scrivere.

Pi in generale, poi, in Grande Etica II, 6, 1201 b 31-32 si dice che


pu capitare che chi possiede la scienza cada in errore (
).

Lo scienziato pu, dunque, sbagliare, e lo pu fare anche perch,


come ad esempio si dice a proposito dellincontinenza, chi possiede la
scienza pu non usarla in atto.
Un passo emblematico di questa distinzione cruciale contenuto in
Etica Nicomachea VII, 3, 1146 b 31-1147 a 14:
Ma poich diciamo conoscere () in due sensi (infatti si
dice che conosce sia chi possiede la conoscenza ma non se ne serve, sia
chi se ne serve), ci sar differenza tra chi possiede la conoscenza di ci
che non deve fare ma non la usa, e chi la possiede e la usa Inoltre, agli
esseri umani pu capitare di possedere la scienza in un modo diverso
da quelli appena detti: infatti possiamo vedere che lo stato abituale
differisce nel caso in cui venga posseduto ma non venga usato,
__________________
FEDRO: Sarebbe davvero ridicolo, Socrate. SOCRATE: Non lo sarebbe ancora. Ma
lo sarebbe, se io intendessi persuaderti sul serio, con la composizione di un discorso
in elogio dellasino chiamandolo cavallo (la traduzione del Fedro di G. Reale, in
Platone, Fedro, Milano 1998).
55 Etica Eudemia II, 10, 1226 a 36.
56 La causa di ci risiede nel fatto che, essendo duplice la possibilit di errore
(infatti sbagliamo o nel ragionamento o nellesecuzione condotta sulla base della
sensazione), nella medicina possibile sbagliare in entrambi i modi, nella scrittura,
invece, solo nella sensazione e nellazione e, se si volesse indagare su di essa, si andrebbe
allinfinito (Etica Eudemia, II, 10, 1226 a 35-1226 b 2).

Arianna Fermani

150

cosicch, in qualche modo, possibile avere e non avere la scienza (


), come ad esempio nel caso di chi dorme,
invasato ed ubriaco.

Il passo, oggetto di numerosi studi, su cui, in questa sede, non


possibile entrare nel merito, introduce una fondamentale distinzione:
quella tra possesso e uso della conoscenza (o della scienza).
La distinzione viene posta chiarissimamente anche nella Grande
Etica:57
il conoscere di due tipi, e uno di essi consiste nel possedere la
conoscenza ( ) (infatti diciamo che si conosce quando
si possiede la conoscenza), mentre laltro consiste nel farne uso (
).

Il testo aristotelico sembra dunque autorizzare a istituire una


proporzione di questo tipo: la potenza sta al possesso come luso sta
allatto. Si pu dunque dare il caso che qualcuno possieda la scienza senza,
per questo, usarla in atto. Questo significa che il soggetto in questione, in
un certo senso, contemporaneamente (ma in sensi diversi) sa e non sa,
ha e non ha scienza.58
In Grande Etica II, 6, 1201 b 14-20 tale parallelismo viene confermato
in modo chiarissimo, sempre tramite il riferimento paradigmatico alla
figura dellincontinente:
lincontinente, dunque, colui che possiede ( ) la conoscenza
delle cose moralmente belle ma non ne fa uso ( ); e
quindi, dal momento che non si serve di questa conoscenza, non
per nulla assurdo che, pur possedendo la conoscenza, compia azioni
immorali. In effetti si tratta di un caso analogo a quello di coloro che
dormono. Questi, infatti, pur possedendo la conoscenza, tuttavia nel
sonno compiono e provano molte azioni vergognose; difatti essi non
conoscono in atto ( ).59
__________________
Grande Etica II, 6, 1201 b 12-14.
Etica Nicomachea VII, 1147 a 12-13.
59 Non possibile, in questa sede, affrontare nello specifico la questione, ampiamente
dibattuta, di quale conoscenza possieda lincontinente. Mi limito a rimandare, tra gli
57
58

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

151

A questo stretto e inequivocabile binomio episteme-amartia, si oppone,


per, uno scenario radicalmente diverso, in base a cui lorizzonte della
scienza e quello dellerrore risultano inconciliabili.
b) La scienza non pu sbagliare
In Etica Nicomachea VI, 6 1141 a 3-4, ad esempio, si legge che dice
che le virt intellettuali sono
disposizioni in base alle quali ci troviamo nella verit e non sbagliamo
mai ( ).

E infatti, e contrario, Etica Nicomachea VI, 3, 1139 b 17-18 si dice che


quanto alla congettura e allopinione, essi non sono stati abituali
in virt dei quali lanima si trova nel vero, perch in essi possibile
ingannarsi ( ).

Una prospettiva analoga, inoltre, viene delineata in Analitici secondi,


19, 100 b 5-8 in cui si dice che ci sono alcune facolt conoscitive, come
lepisteme e il nous, che sono sempre vere, mentre altre, come lopinione
e il ragionamento, che possono accogliere lerrore:
tra gli stati abituali () che riguardano il pensiero e con i quali
cogliamo la verit, alcuni risultano sempre veri ( ), altre
invece possono accogliere lerrore; tra questi ultimi ci sono, ad
esempio, lopinione ed il ragionamento, mentre gli stati abituali
sempre veri sono la scienza () e lintelletto.60

Ancora pi esplicitamente, in Etica Nicomachea VI, 9, 1142 b 10, si


dice che
della scienza non si d errore ( ... ).

__________________

altri, a A.G. Vigo, Incontinencia, carcter y razn, in Estudios aristotlicos, 325-357, in


particolare 328 ss.: Incontinencia, saber e ignorancia.
60 La traduzione di riferimento di questo testo , seppur con alcune modifiche,
quella di G. Colli, in Aristotele, Organon, a cura di G. Colli, Milano, 2003.

Arianna Fermani

152

Si tratta di affermazioni che contrastano in modo chiarissimo con lo


scenario precedentemente ricostruito ma che, daltro canto, non devono
stupirci, perch se Aristotele definisce, come effettivamente fa, la scienza
come stato abituale in virt del quale lanima si trova nel vero, chiaro
che la scienza non pu ammettere n lerrore n il falso.
Un nesso, quello tra virt intellettuali e, pi in particolare, tra la scienza
e la verit, che affonda le sue radici nella stessa radice del verbo , da
cui il termine episteme deriva. Il verbo istemi, infatti, significa star fermo;
in questo senso la concezione greca della scienza profondamente diversa
dalla nostra: ci che gli antichi Greci intendevano per scienza era
cosa ben diversa da ci che con questo termine intendiamo noi oggi: se
per noi la scienza caratterizzata dalla probabilit, e quindi dalla fallibilit
e dalla rivedibilit delle nostre teorie, per i Greci scienza (episteme) era
al contrario sinonimo di stabilit di immutabilit, di necessit. Non a
caso il modello di scienza per eccellenza era per loro la matematica, in
particolare la geometria, la quale non dice semplicemente come stanno
le cose, ma dice anche che esse non possono stare altrimenti.61
Peraltro va anche ricordato come questo nesso inscindibile con la
verit riguardi anche, a livello pi generale, tutte le virt intellettuali, come
emerge in modo chiarissimo in Etica Nicomachea VI, 2, 1139 b 12-13:
la verit () la funzione specifica di tutte e due le parti
intellettuali dellanima. Dunque gli stati abituali in virt dei quali
ciascuna di esse attinge meglio la verit costituiscono rispettivamente
le loro virt.

Infatti, mentre la funzione specifica delle virt morali consiste nella


realizzazione del giusto mezzo, la funzione specifica, cio il compito delle
virt intellettuali, consiste nella individuazione della verit. La virt
intellettuale appunto definibile appunto come stato stato abituale
(genere) che permette alluna e allaltra delle due parti dellanima
razionale di dire la verit (differenza specifica).62
__________________
61 E. Berti, In principio era la meraviglia. Le grandi questioni della filosofia antica,
Roma-Bari, 2007, 7.
62 On peut alors dfinir la vertu intellectuelle: elle est un tat habituel (genre) qui
permet lune et lautre des deux parties de lme rationnelle de dire la vrit (diffrence
spcifique) (R.A. Gauthier-J.Y. Jolif, Aristote. thique Nicomaque, introduction,

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

153

Ma dire che tutte le virt intellettuali sono intrinsecamente connesse


con la dimensione veritativa, non significa affermare che esse non
possono sbagliare.
In questo senso, lo stesso discorso che stato fatto per la scienza
pu essere fatto, ad esempio, anche per la virt intellettuale della
tecnica che, se da un lato intrinsecamente connessa alla dimensione
veritativa, dallaltro, intesa nella sua accezione applicativa, altrettanto
intrinsecamente esposta allerrore. Infatti, mentre nel caso della tecnica
intesa come virt intellettuale, cio come stato abituale accompagnato
da ragione vera, lerrore escluso a priori, dato che non si pu avere
e contemporaneamente esprimere un giudizio errato su come
realizzare un prodotto,63 nel caso dellaccezione applicativa della ,
invece, ci troviamo di fronte a unimpresa che, come ovvio, pu riuscire
e non riuscire, implicando la messa in campo della nozione di errore.64
In Fisica II, 8, 199 a 33-35, non a caso, si legge che
si riscontrano errori anche nei prodotti della tecnica (il grammatico
scrive in modo scorretto e il medico sbaglia la dose del farmaco).

A questo proposito, non solo non si pu non rilevare come si venga


a delineare una duplicit di scenari molto simili a quelli rapidamente
ricostruiti per la scienza (e su cui si torner nella parte che segue65),
ma addirittura va sottolineato come anche nel caso della tecnica
venga prospettata la possibilit che si possa sbagliare volontariamente,
riproponendo anche uninteressante analogia col passo di Metafisica D,
29, 1025 a 2-13 esaminato precedentemente.
In Etica Nicomachea VI, 5, 1140 b 24, infatti, si legge che
mentre nella tecnica preferibile chi sbaglia volontariamente, nel
campo della saggezza un individuo cos non affatto migliore, come
anche nel campo delle virt.

__________________

traduction et commentaire, Louvain-Paris 1958; 19702, 4 voll.; deuxime dition avec


une introduction nouvelle, 4 voll., Louvain-la-Neuve-Paris 2002, vol. II, t. 2, 443).
63 C. Natali, La saggezza di Aristotele, Napoli 1989, 97.
64 Per un approfondimento di tutta la questione mi permetto di rimandare al mio
articolo Lungo i sentieri della . Alcuni tentativi di attraversamento delle figure
della tecnica nella riflessione etica aristotelica, Firmana, numero speciale: La tecnica
e lumano in questione, XVII (2008): 109-136.
65 Cfr. I rapporti tra scienza ed errore: due scenari contrapposti.

Arianna Fermani

154

Ancora una volta, dunque, anche se da una diversa prospettiva, si


ricorda come piano morale e piano funzionale-operativo debbano
essere tenuti distinti, e come essi costituiscano due scenari diversi, che
necessitano di parametri di valutazione e di livelli di giudizio diversi. In
questo senso un individuo che sbaglia volontariamente
1) certamente migliore e pi capace dal punto di vista tecnico,
2) ma, contemporaneamente, indubbiamente peggiore dal punto di
vista morale.
c) I rapporti tra scienza ed errore: due scenari contrapposti
La seppur brevissima disamina di alcuni luoghi aristotelici sul
tema della scienza66 ha mostrato come ci troviamo di fronte a due scenari
contrapposti, che potremmo schematizzare nel modo che segue:
La scienza non ammette lerrore

La scienza ammette lerrore

Etica Nicomachea VI, 9, 1142


b 10
della scienza () non si
d errore ( )

Divisone 45
un altro, poi, consiste nell errare con
ignoranza, per esempio nella grammatica,
nellaritmetica e nelle scienze ()
di tal genere

Etica Nicomachea VI, 6 1141


a 3-4
le virt intellettuali sono
disposizioni rispetto alle quali
non sbagliamo mai (
).

Etica Eudemia, II, 10, 1226 a 35-1226 b 2


Essendo duplice la possibilit di errore
(infatti sbagliamo o nel ragionamento o
nellesecuzione condotta sulla base della
sensazione), nella medicina possibile
sbagliare in entrambi i modi, nella scrittura,
invece, solo nella sensazione e nellazione e,
se si volesse indagare su di essa, si andrebbe
allinfinito.

__________________
Anche in questo caso impossibile non solo misurarsi con lenorme mole di
studi prodotti su questo tema, ma perfino farvi riferimento. Per un approfondimento
della questione della metodologia scientifica aristotelica si rinvia al recente studio di F.
Mi, Dialctica y ciencia en Aristteles, Signos Filosficos, XI, 21 (2009): 9-42.
66

Lerrore, il falso e le scienze in Aristotele

155

Due scenari irriducibili, dunque: se la verit intrinsecamente


connessa alla scienza, intesa appunto come stato abituale, come
disposizione in base a cui ci troviamo nella verit, allora falso ed errore
devono essere esclusi.
Il vero, infatti, intrinsecamente connesso alla scienza, esclude il falso.
La scienza, quindi, in quanto tale, esclude lignoranza, ignoranza a sua
volta inscindibilmente connessa allerrore, almeno nel suo significato pi
pregnante.
Ma questo non significa che lo scienziato non possa sbagliare. Se,
infatti, la disposizione, lo stato abituale scienza, esclude lerrore, lo
stesso discorso non vale per chi, come appunto lo scienziato, opera sulla
scorta di questo stato abituale.
Se, infatti, da un lato la scienza non pu sbagliare, perch dire
episteme equivale a dire verit, dallaltro lo scienziato pu sbagliare e
pu farlo in molti modi.

V. Osservazioni conclusive
Da questo rapido attraversamento delle nozioni di errore e di falso
emerge, innanzi tutto, come tali termini non debbano essere intesi come
sinonimi.67
Lerrore, infatti, non pu essere commesso per scelta e quindi non
acquisire i caratteri del vizio. Uno scenario, questo, che non contrasta con
laffermazione secondo cui possono darsi errori volontari, dal momento
che, sebbene la scelta sia qualcosa di volontario, essa, per certi versi,
fuoriesce dellorizzonte della volontariet. Infatti, mentre tutto ci che
scelto certamente volontario, non tutto ci che volontario viene scelto.
Infatti Aristotele ricorda, ad esempio in Etica Nicomachea, V, 10, 1135
b 10, che tra le azioni compiute volontariamente, alcune sono valutate
e scelte, mentre altre, che pure sono volontarie, non sono per scelte,
come capita nel caso delle azioni compiute sulla scia della passione.
__________________
67 Ora, se lerrore si riduce a una mancanza di pensiero, sembra che il falso
si debba ridurre a mancanza di pensato, cio di oggetto (Negro, La sillogistica di
Aristotele, 127).

156

Arianna Fermani

Tra lorizzonte della volontariet e quello della scelta, dunque, c


certamente una sovrapposizione, ma una sovrapposizione solo parziale,
esattamente come pu darsi una sovrapposizione solo parziale tra
lerrore, che al massimo pu essere volontario, e il falso, che invece si
estende lungo tutto larco delle possibili azioni sbagliate, in un crescendo
di gravit che va dalle azioni involontarie, a quelle volontarie, fino a
quelle volontarie e, insieme, scelte.
Infine, per quanto riguarda la questione della scienza, sulla scorta del
testo aristotelico si pu dire, da un lato, che se si intende la scienza come
stato abituale accompagnato da ragione vera, lerrore escluso a priori,
ma che, dallaltro, lo scienziato, cio colui che chiamato ad applicare e a
realizzare questo abituale, pu sbagliare, e pu farlo sia nella valutazione,
sia nella mera esecuzione pratica, perch, come si visto, non usa questa
disposizione in atto.
Quindi le due prospettive non sono in contraddizione: in un senso la
scienza esclude lerrore e il falso; in altro senso li chiama in causa, e lo fa a
diverso titolo e in molti modi. Cos come in molti modi, riprendendo
la figura del pollachos legomenon ricordata allinizio, si danno lerrore e il
falso, nozioni che necessitano di essere percorse attentamente e in tutte
le loro articolazioni, per tentare di ricostruire tutta la loro ricchezza e la
loro polivocit irriducibile.

vi. Bibliografia citata e utilizzata


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