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the italianist 29 2009 50-68

Fu in Lunigiana: La Lunigiana e lepistola di


frate Ilario (Codice 8, Pluteo XXIX, Zibaldone
Mediceo-Laurenziano) nella geografia
letteraria di Boccaccio*
Roberta Morosini

per dovere a noi medesimi novellando piacere


(Decameron, I. 4. 3)

La quarta novella della I Giornata e la sesta della II giornata del Decameron vedono
la Lunigiana come protagonista, o meglio, come scenario che accoglie le vicende
qui raccontate.1 Questo saggio prende spunto da un invito a partecipare alle
celebrazioni del settimo centenario dellarrivo di Dante in Lunigiana (settembre
2006) per discutere le due novelle del Decameron che si svolgono nel suggestivo
contesto di queste terre: I. 4 e II. 6. Le due novelle, a mio avviso, rivestono una
particolare importanza nellarchitettura del Decameron, e quindi nella poetica
di Boccaccio, perch permettono non solo di riconsiderare la conoscenza che
Boccaccio aveva della Lunigiana, ma di ripensare, negli stessi termini di poetica e
retorica, allepistola di frate Ilario a Uguccione della Faggiola che Boccaccio avrebbe
trascritto, o scritto, nel suo Zibaldone Mediceo-Laurenziano Codice 8 del Pluteo
XXIX (c. 65 numerazione Bandiniana e c. 67 della numerazione recente, Firenze,
Biblioteca Medicea Laurenziana). Nellepistola, come si sa, Boccaccio rievoca un
incontro avvenuto tra Dante e un frate Ilario, humilis monacus de Corvo, di cui
non si ha notizia certa,2 incontro che sarebbe avvenuto proprio in terra lunigianese
presso il monastero benedettino di Santa Croce del Corvo a Ameglia, da cui si gode
di una meravigliosa vista sul porto di Lerici, lo stesso monastero in cui, secondo
lipotesi di Vittore Branca, si sarebbe svolta la vicenda del giovane monaco di cui
si racconta in I. 4.3 Se si tratta del monastero di cui si fa menzione nellepistola
di Frate Ilario, si avrebbe, secondo alcuni,4 un motivo in pi per credere che la
lettera non lennesima invenzione del narratore, ma sia autentica e sia stata
solo trascritta da Boccaccio nei suoi Zibaldoni per documentare quellincontro che
avrebbe permesso a Dante di consegnare al frate otto canti dellInferno e anche di
spiegare la sua scelta linguistica per la Comeda.
Tuttavia, come per la vexata quaestio sul presunto viaggio che Dante avrebbe
fatto a Parigi, di cui si parla nel Trattatello (I redazione), proprio dopo essere stato in

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Lunigiana, bisogna chiedersi con Francesco Longo se possibile distinguere quale


sia latteggiamento di Boccaccio nei diversi casi, cio se e quando possibile capire
dove Boccaccio inventa e dove no.5 La questione da risolvere riguarda non quanto
onesto o quanto bugiardo e falsificatore sia stato Boccaccio: bisogna ricordarsi
che non siamo di fronte a uno storico, ma a un narratore. Gli strumenti per la
lettura delle due novelle, e dellepistola, non dovrebbero quindi affidarsi alla verit
storica, ma alla plausibilit dell ornata bugia concessa al poeta inteso, come ho
spiegato altrove, nel senso aristotelico di un inventore di storie, non di un mero
artefice di versi.6 Fatta questa premessa, sebbene le nostre due novelle si svolgano
in Lunigiana, non detto che Boccaccio sia necessariamente stato in quei luoghi, e
il riferimento topografico va letto in entrambi i casi in chiave letteraria e parodica
e non storica, soprattutto considerando che la novella I. 4 viene introdotta da un
tropo antifrastico che, come spiega in termini pi generali Carlo Delcorno, viene
spesso messo in evidenza allinizio dei racconti pi corrosivi e scanzonati oppure
li conclude con una cadenza beffarda.7
Pi che confermare uneventuale presenza di Boccaccio in Lunigiana, e di
conseguenza lautenticit dellepistola di frate Ilario, si vuole provare a stabilire
cosa rappresentasse la Lunigiana per Boccaccio. Le due novelle che si svolgono
in terra lunigianese sembrano profilarsi come altri, mai esclusivi, luoghi deputati
della poetica di Boccaccio, permettendo di ripensare a certe modalit di lettura
del Decameron stesso. Le allusioni e i numerosissimi dati di natura poetica e
metaletteraria nel Decameron confermano che le nostre storie lunigianesi possono
essere state designate, come gi con alcune ben note novelle del Decameron,8 per
ricordare e ribadire due capisaldi della poetica del Boccaccio riconducibili non solo
ad altre novelle, ma anche ad altre opere di Boccaccio: un racconto dilettevole e allo
stesso tempo realistico nei termini boccacciani di plausibilit e verosimiglianza,
scevro di scopi moralistici o istruttivi.9 Non mi pare un caso che le novelle I. 4 e II.
6 siano entrambe introdotte da una certa, per quanto molto determinata, pretesa
di storicit. La novella II. 6 si apre con unimpostazione di tipo storico che il
modo di Boccaccio di farci credere che qui si racconta la verit: siamo in Sicilia
durante gli anni in cui il regno passa da Federico II di Svevia a Manfredi, al cui
servizio c un gentiluomo napoletano Arrighetto Capece, la cui moglie si chiama
Beritola Caracciola, altrettanto gentile e anchella di origine napoletana. Boccaccio
introduce e colloca la novella e i suoi protagonisti in una cornice storica o, almeno,
cos sembra. Arrighetto aveva il governo dellisola e appena saputo della vittoria di
re Carlo I dAngi a Benevento e delluccisione di Manfredi di Svevia, non fidandosi
molto dei siciliani, e non volendo inimicarsi o correre il rischio di tradire Manfredi, si
preparava a fuggire,10 ma i siciliani arrestarono Arrighetto e altri fedeli di Manfredi e
li consegnarono a Carlo I che ormai si era impossessato dellisola. Branca conferma
limprobabilit storica di un Arrighetto Capece, del quale non si sa nulla pur avendo
egli ricoperto una carica importante presso Manfredi in Sicilia, e anche nel corso

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della novella qualche dubbio emerge sulla precisione storica degli eventi che fanno
da sfondo alla vicenda di Beritola.11 Branca, tuttavia, si ostina a voler considerare
confusione da parte di Boccaccio ci che andrebbe semplicemente attribuito alla sua
scelta, peraltro confermata da unattenta valutazione della poetica di Boccaccio, di
non seguire laccuratezza dei fatti storici ma la narratio fabulosa, ovvero un racconto
narrato come se fosse vero grazie a echi e accenni di riconoscibile storicit.
Lesordio di I. 4, invece, Fu in Lunigiana, paese non lontano da questo,
nonostante il preciso riferimento geografico alla terra lunigianese, pi che
incoraggiare unindagine di tipo storico e geografico serve a immettere la novella
immediatamente nellambito del cera una volta, scoraggiando qualsiasi tipo di
indagine se non quella retorico-letteraria. I luoghi del Boccaccio, difatti, inclusi
la Lunigiana e il monastero del Corvo in I. 4, sono solo il pretesto, come ricorda
giustamente Branca a proposito di una novella successiva a quella lunigianese,
il punto di partenza del suo racconto, quelle costruzioni novellistiche tra storia
e fantasia cos frequenti nel Decameron.12 Allo scopo di mostrare che lincipit
Fu in Lunigiana pu essere decisamente fuorviante e suggerire unintenzionale
rappresentazione di quella terra quando, in realt, la forza delle belle e pronte
risposte (I. 5. 4) ad interessare Boccaccio, si proporr una lettura parallela della
vicenda raccontata nella novella I. 4 e di una storia ad essa specularmente simile
raccontata nella seconda novella della IX Giornata che si svolge in un monastero
femminile milanese. Storia e Novella coincidono sempre e solo fino ad un certo
punto, ricorda ancora Branca, e penso al finale di certe novelle, sul fiabesco
andante come la II. 3 dove la compiacenza del favoloso si unisce allapparenza
storica.13 Per questo le due novelle lunigianesi e la stessa lettera di frate Ilario
suggeriscono che la Lunigiana si sia profilata al fervido immaginario di Boccaccio
come luogo di ispirazione letteraria per il passaggio e la cospicua presenza di
Dante in quelle terre. Nei primi mesi di ottobre del 1306 Dante non solo era
stato ospite presso i marchesi Malaspina Franceschino, Morello, e Corradino ma
divenne anche il loro procuratore.14 Si direbbe che la Lunigiana, dunque, cos
come pure Napoli e la costa amalfitana, luoghi che il certaldese conosceva e amava
profondamente, avesse il potere evocativo di ispirargli racconti di fittizia storicit.
Dalla rappresentazione della citt di Napoli arriva unulteriore conferma di quanto
la Lunigiana abbia potuto costituire uno spazio topografico letterario, rievocata,
come la citt partenopea, attraverso il filtro della memoria biografica e letteraria:
la Napoli virgiliana e la Lunigiana dantesca.15 Da qui un racconto realistico, nel
senso di verosimile ma non necessariamente vero sul piano storico.
Per quanto riguarda il dilettevole, laltro pilastro delledificio poetico del
Decameron, Boccaccio ci ricorda per bocca di Dioneo, e pour cause, nella novella I.
4, lo scopo della brigata: per dovere a noi medesimi novellando piacere. Non un
caso che sia Dioneo a raccontare la novella I.4 e non un caso che sia proprio lui
a fare questo commento perch non solo il filosofo del piacere, come lo descrive

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Roberta Bruno Pagamenta nel tentativo di rimettere in discussione il ruolo svolto


dal sempre lieto della brigata, ma piuttosto il demiurgo, il vero spirito guida
della brigata con una funzione maieutica nellambito del Decameron.Questa
funzione in progress di Dioneo, che secondo Alessandro Duranti va scemando a
partire dalla fine della VII giornata, comincia con la novella I. 4, incoraggiandoci
a leggere la nostra novella al di l del suo contenuto ironico nei confronti dei
monasteri e della ipocrisia dei religiosi per collocarla nellambito di un progetto
poetico pi ambizioso e che prende avvio proprio qui nella I giornata.16

La Lunigiana in Decameron I. 4 e II. 6

Alla novella I. 4 andata lattenzione di Christopher Kleinhenz, Guido Almansi,


Cormac Cuilleanin, Carlo Muscetta, Michelangelo Picone, e pi recentemente
Ronald Martinez il quale, sulle orme di Bernard Schilling, legge la vicenda
raccontata in I. 4 alla luce della Regola benedettina soffermandosi, come rivela
il titolo del suo studio The Tale of the Monk and his Abbot, sulla relazione tra il
monaco lussurioso e lipocrita abate che viene spinto dal monaco a commettere la
stessa colpa proprio ricordandogli la Regola.17 Difatti, come scriveva gi Mario
Baratto, in primo piano il duello dastuzia tra il monaco e labate che si conclude
con la pace dei due contendenti (p.231). Nel mio caso, lindagine riguarda la
rappresentazione della Lunigiana e quindi esula dallanalisi ontologica della
novella tout court per seguire quel percorso di ricerca. A mio avviso la riflessione
su Boccaccio geografo a suggerire il rapporto che Boccaccio ebbe con la Lunigiana,
un rapporto che si spiega, ripeto, in termini strettamente letterari e in particolare
con la presenza dantesca in quelle terre.
Cominciamo con lanalisi di I. 4 e dal monastero del Corvo: il promontorio
del Corvo, da cui prende il nome il convento, godeva di una certa fama perch
dominava la Bocca di Magra ed era punto di passaggio nel transito tra Toscana
e pianura padana attraverso il valico del Cerreto. Il tentativo di distinguere quel
monastero da un altro viene vanificato dal suono vagamente esotico e fiabesco del
Cera una volta (Fu in Lunigiana) con cui si apre la novella. Lo stesso si pu dire a
proposito di II. 6 che si apre allinsegna di eventi altrettanto, almeno allapparenza,
storici: la Sicilia di Manfredi e larrivo successivo di Carlo I dAngi nella Sicilia di
Arrighetto Capece, vicer dellisola, e marito di quella Beritola che verr salvata
dal suo fiero destino sullisola di Ponza da Corrado Malaspina che la porta in uno
dei suoi castelli in Lunigiana. Il figlio di Beritola Giuffredi, rapito insieme al fratello
e alla balia venduti a Guasparrino di Doria, sposa Spina, figlia di Corrado e gi
vedova di Niccol Grignano. Tuttavia non ci si lasci convincere da tanta storicit:
tutto finisce in modo fiabesco, e pour cause. Boccaccio uno sperimentatore nato:
i dati storici non coincidono sempre con quelli della novella e per quanto gli storici

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malaspiniani, come si legge alla voce Malaspina nellEnciclopedia dantesca,


vogliano accettare come autentici fatti e personaggi, i riferimenti storici non
sembrano dati per precisione o scrupolo anagrafico: i nomi preziosi e le circostanze
evocative mirano solo a creare unambientazione e una suggestione allusive.18
Anche se la novella del giovane monaco si colloca allinterno della I giornata
in cui si discute senza un tema prestabilito, e la II giornata sotto il reggimento
di Filomena discute invece i mutamenti capricciosi di Fortuna, sia I. 4 che II. 6
potrebbero rientrare nellambito del tema della II giornata, perch entrambe
invitano alla riflessione su alcuni casi di metamorfosi nel Decameron, e sul mito
della caverna, dove la caverna rappresenta semplicemente lo spazio sociale, come
lo definisce Zumthor, del mondo ferino e degli istinti.19 Difatti, la vicenda pietosa
di Beritola che spinge alla compassione le donne della brigata (II. 7. 1), che sola
e disperata si rifugia in una caverna e si riduce allo stato ferino allattando al suo
seno due caprioli, e quella ambientata in un monastero, con un monaco giovane
e bello che si lascia andare di nascosto ai desideri della carne, sembrano entrambe
svolgersi in una pi o meno simbolica caverna per riportarci al confronto Natura/
Cultura/ Societ, argomento tanto caro al Boccaccio da affrontarlo in sede di
meditazione poetica nellIntroduzione alla IV giornata con il noto aneddoto delle
papere. Baratto ha gi messo in evidenza come
il senso come logica naturale, come rapporto natura-ingegno, a trionfare
nella novella I, 4: e il monastero in Lunigiana assunzione, per ironica
antifrasi, come il luogo deputato alla negazione degli istinti naturali. Da
quel luogo esce, nella campagna battuta dal sole, il giovane monaco, quando
fieramente assalito [] dalla concupiscienzia carnale (5): lironia
sottolineata dalluso di una terminologia chiesastica che definisce un impulso
naturale col vocabolario che si applica al peccato. trascritto allinverso
il racconto di una tentazione: e infatti il giovane monaco asseconda con
prudenza (niuna persona se ne accorse) ma rapidamente gli impulsi della
dea Natura. Non questo il peccato: il pericolo pu venire solo dalluomo,
in questo caso dallabate. (p.231)
Il monastero si profila, dunque, per cambiare la definizione di Zumthor, come uno
spazio non sociale perch negazione della natura: negazione degli istinti e prodotto
della Cultura. In questa novella e laltra novella lunigianese II. 7 ci sono personaggi
da cui ci si aspetta una metamorfosi che non avviene perch Natura prevale su
Cultura o viceversa. Nella novella di Beritola, difatti, la caverna a profilarsi come
spazio non sociale perch la Natura a prevalere, in modo altrettanto eccessivo
e irrazionale, sulla Cultura. Sergio Zatti ha messo in evidenza come la dinamica
di trasformazione finisca per caratterizzare in modo determinante la seconda
giornata del Decameron. In ogni novella si rileva un caso paradigmatico di identit
minacciata a causa di eventuali mutazioni fisiche dei personaggi, gi a partire dal

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protagonista della prima novella Martellino il primo trasformista del corpo, che
con la sua natura proteiforme, d alla giornata limpronta dellapparire, per scelta o
costrizione, ci che non si , meccanismo che viene antifrasticamente rovesciato con
lultima novella della giornata mettendo in scena la comica disperazione del giudice
per il mancato riconoscimento della moglie: or non riconosci tu Riccardo tuo che
tama pi che se medesimo? Come pu questo esser? Son io cos trasfigurato?.20
Pampinea, del resto, ci aveva avvertiti circa il potere permutativo di Fortuna
che tutte le cose, [] secondo il suo occulto giudicio, [] senza alcuno conosciuto
ordine a noi, esser da lei permutate (II. 3. 4), ma il monastero non cambia la natura
di un individuo, i suoi desideri naturali e, a volte, lo stesso succede con il viaggio:
ci sono viaggi che modificano, come quello di Andreuccio e Landolfo Rufolo,
sempre nella seconda giornata, ma ce ne sono altri che lasciano assolutamente
impermeabili chi li vive e, se di metamorfosi si vuole parlare, essa avviene solo
esternamente, fisicamente, come nel caso di Beritola e anche del monaco (come
si sa, labito non fa il monaco), al quale la societ, la Chiesa, ha affidato un ruolo
che non pu modificarne la vera natura. Da una parte la sensualit del monaco il
vigore del quale n la freschezza dei digiuni n le vigilie potevano macerare (I. 4.
4), dallaltra Beritola che miseria e i digiuni avevano resa magra.21
Boccaccio non risparmia la sua ironia circa la vita innaturale dei religiosi nei
monasteri e, senza entrare nel merito della nota novella III. 1 che racconta del muto
Masetto e della IX. 2 che ci offre una rappresentazione tutta da ridere delle monache
che si muovono come un vero e proprio esercito compatto da una cella allaltra del
convento pur di veder spacciata la fedigrafa consorella, colta en flagrant dlit con il
suo amante, per quello che a loro non dato avere in cos fatta scuola, il monastero.
Lanonimo canterino che ebbe il Decameron come modello per il suo Calonaco da
Siena, opera attribuita erroneamente al certaldese, ben colse il disagio di Boccaccio
verso i monasteri dove si annida il rammarico per una vita fatta di incontri e gioie
carnali, e ci offre un ritratto di una saggia e frustrata badessa che consiglia ad una
giovane donna sposata di lasciare il convento e ritornare da suo marito:
Vanne con lui, e ne sarai pregiata,
Pi che stare in cos fatta scuola
Che star non ci usa donna maritata
E la mand senza far pi parola
Pi volentieri che non vi fu menata.22
Ma soprattutto in Decameron V. 10 che si trova il manifesto dellaberrazione
della vita da monaca perch contro natura. In questa novella la moglie di Piero
di Vinciolo spiega che una donna sposata deve conseguire diletto e piacere come
natura vuole:
se io non avessi voluto essere al mondo, io mi sarei fatta monaca, e volendoci
essere, come io voglio e sono, se io aspetter diletto o piacer di costui, io

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potr per avventura invano aspettando invecchiare; e quando la mia


giovanezza perduta, alla qual dover consolare m egli assai buon maestro
e dimostratore in farmi dilettare di quello che egli si diletta. Il quale diletto
fia a me laudevole, dove biasimevole forte a lui: io offender le leggi sole,
dove egli offende le leggi e la natura. (V. 10. 12-13)

Decameron I. 4 e IX. 2

Il commento di Fiammetta nella novella successiva a I. 4 conferma che lenfasi


effettivamente posta sui motti di spirito e non sulla terra che accoglie la vicenda:
la forza delle belle e pronte risposte (I. 5. 4). La reazione delle donne della brigata
al racconto di Dioneo contribuisce al loro progressivo disinibirsi con una risata
liberatoria: la novella di Dioneo raccontata prima con un poco di vergogna punse
i cuori delle donne ascoltanti e con onesto rossore nel loro viso apparito ne diede
segno; e poi quella luna laltra guardando, appena del rider potendosi abstenere,
soghignando ascoltarono (I. 4. 2-3). La lettura di una novella non lunigianese
come la IX. 2 si giustifica per il simile dnouement e epilogo delle vicende narrate
e ci autorizza a prenderla in considerazione per uno studio della novella I. 4. In
entrambe le novelle, il pi giovane monaco e la pi giovane monaca dei rispettivi
monasteri cadono in tentazione e vengono ripresi dai loro superiori. In entrambi
i casi, ma con le dovute differenze, i giovani si salvano ricorrendo a una pronta
risposta tanto appropriata e pertinente quanto necessaria per tirarsi fuori dai
guai. In entrambe le novelle, come fa dire Boccaccio alla narratrice della novella
della badessa, assai sono li quali, essendo stoltissimi, maestri degli altri si fanno
castigatori, li quali s come voi potrete comprendere per la mia novella, la fortuna
alcuna volta e meritatamente vitupera: a ci addivenne alla badessa sotto la cui
obedienzia era la monaca della quale debbo dire ( IX. 2. 4).
Le coincidenze tra Decameron I. 4 e IX. 2, tuttavia, non si limitano al
contenuto: sia la prima che la nona giornata sono a tema libero e in tutti e due i casi
si tratta di un monastero di santit e di religione, uno maschile e laltro femminile:
un monastero gi di santit e di monaci pi copioso che oggi non , nel quale tra gli
altri era un monaco giovane, il vigore del quale n freschezza n i digiuni n le vigilie
potevano macerare (I. 4. 4), e in Lombardia un famosissimo monistero di santit
e religione, nel quale, tra laltre donne monache che verano, vera una giovane di
sangue nobile e di maravigliosa bellezza dotata (IX. 2. 2). Un giovane monaco
durante lora di siesta, mentre tutti gli altri dormono, fa una passeggiata vicino alla
chiesa e vede una giovinetta assai bella, e fieramente assalito dalla concupiscenza
carnale la convince a seguirlo nella sua cella senza che nessuno lo vedesse. Ma da
troppa volont trasportato finisce per destare sospetti perch il suo schiamazzo

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desta lattenzione dellabate che si alza dal suo letto, e senza farsi vedere, si pone
sulluscio della cella del giovane ad ascoltare. Colto en flagrant dlit, il monaco oltre
modo fu dolente per la punizione che sarebbe seguita, ma pur, sanza del suo cruccio
niente mostrare alla giovane prestamente seco molte cose rivolse cercando se a lui
alcuna salutifera trovar ne potesse. E occorsagli una nuova malizia, la quale al fine
imaginato da lui dirittamente pervenne (I. 4. 9-10; corsivo mio). ben noto quanto
la novella I. 4 debba al genere del fabel e in che misura richiami anche versi del
fabliau De levesque qui bene lo con, come ci ricorda Carlo Muscetta (p.183), ma
Boccaccio problematizza il fabliau dedicando ben tre paragrafi (12-15) al dibattito
interiore dellabate, nellintento di mostrare lipocrisia e la presunta furbizia del
vecchio religioso che lo faranno cadere dritto nella trappola del giovane monaco.
Labate non sa se convocare tutti i monaci e mostrare loro la donna per evitare che
si critichi la punizione che ha riservato al monaco lussurioso, o accertarsi prima
dellidentit della giovane per evitarle un eventuale imbarazzo. Ma nel vedere la
giovane si svegliano gli stimoli della carne dellabate il quale sente subitamente non
meno cocenti gli stimoli della carne che sentiti avese il suo giovane monaco (I. 4. 5).
Quando labate dispone che il monaco venga messo in prigione questi gli risponde:
Messere, io non sono ancora tanto allOrdine di san Benedetto stato, che
io possa avere ogni particularit di quello apparata; e voi ancora non
mavavate monstrato che monaci si debban far dalle femine premiere come
da digiuni e dalle vigilie; ma ora che mostrato me lavete, vi prometto, se
questa mi perdonate, di mai pi in ci non peccare, anzi far sempre come
io a voi ho veduto fare. Labate che uomo accorto era, prestamente conobbe
costui non solamente aver pi di lui saputo, ma veduto ci che esso aveva
fatto. (I. 4. 21)
Si direbbe che la novella della badessa, per quella complessit e variet che
caratterizza il Decameron, riprenda volutamente il caso della novella lunigianese
con una importante variazione che si registra non tanto dal punto di vista
dellemissione, ma della recezione del bel motto: quando la monaca dice alla
badessa di avere la bont di annodarsi la cuffia, la superiora non recepisce a
differenza dellabate che capisce subito dove vuole arrivare il monaco con la sua
ingenua, del tutto ironica, pretesa di non conoscere le regole dellOrdine di San
Benedetto. Sia nella novella lunigianese che in quella milanese Boccaccio riprende
il motivo delle pronte e belle risposte e non a caso nellintrodurre la novella della
badessa la narratrice specifica che si tratter di Fortuna, anche se la novella viene
raccontata nellambito di una giornata dal tema libero come la nona: Carissime
donne, saviamente si seppe madonna Francesca, come detto , liberar dalla noia
sua, ma una giovane monaca, aiutandola la fortuna, s da un soprastante pericolo
leggiadramente parlando diliber (IX. 2. 3). Allinizio della novella successiva,
la IX. 3, il commento delle donne che tutte rendono grazie a Dio che la giovane

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monaca aveva con lieta uscita tratta de morsi delle invidiose compagne (IX. 3. 2)
serve a ribadire che il vero antagonista della storia non la badessa, ma le monache
invidiose. Difatti, in entrambe le novelle, oltre limportanza dellemissione e
recezione del bel motto, si ironizza sul desiderio, tutto naturale, dellattrazione
verso laltro sesso che non a caso viene chiamato in I. 3 fiero proponimento, e che
n la societ n la Chiesa, a cui Boccaccio rimprovera lipocrisia, pu frenare. Di
fiere e fieri proponimenti (II. 6. 21) piena la seconda novella lunigianese e fiero,
nel senso di bestiale, parola chiave della novella sesta di Beritola.

Decameron II. 6 e II. 7

Per stabilire il ruolo della Lunigiana nellimmaginario geografico di Boccaccio


bisogna necessariamente seguire le tappe del viaggio geografico e spirituale di
Beritola. I commenti della brigata nella novella successiva sembrano confermarci
che la Lunigiana solo un contesto puramente evocativo e ispirato dallaccoglienza
che Dante aveva ricevuto presso i Malaspina e dallaneddotica avventurosa dei
mercanti che frequentavano spesso quella zona: Forse non molto pi si sarebbe la
novella dEmilia distesa, che la compassione avuta dalle giovani donne a casi di
madama Beritola loro avrebbe condotte a lagrimare. Ma poi che a quella fu posta
fine, piacque alla reina che Panfilo seguitasse la sua raccontando; per la qual cosa
egli, che ubidentissimo era, incominci (II. 7. 1; corsivo mio). Il vero protagonista
della pietosa vicenda di madama Beritola il viaggio nel Mediterraneo: dalla
Sicilia verso Napoli che un naufragio spinge sullisola di Ponza e poi in Lunigiana.
Che sia il viaggio al centro della vicenda di Beritola, e non una determinazione a
rappresentare la Lunigiana, lo conferma da una parte il viaggio in s e dallaltra
il modo in cui Beritola e Alatiel nella novella successiva II. 7 reagiscono, date
le stesse circostanze, a un naufragio nel Mare Nostrum. Per questa ragione, e
perch sia chiaro in che modo la geografia della novella di Beritola, intesa come
la rappresentazione della Sicilia, di Ponza, e in particolare della Lunigiana sia di
tipo parodico letterario, e non dettata dal tentativo realistico o geografico di
rappresentare quelle terre, si prenderanno in considerazione le due novelle II. 6 e
7.23 Perch una lettura parallela della novella di Beritola e quella di Alatiel (II. 7)?
Per le stesse ragioni che suggeriscono un confronto tra una novella lunigianese, la I.
4, e una non-lunigianese, la IX. 2. Dallo studio delle due novelle I. 4 e IX. 2 emerso
che lattenzione di Boccaccio non va alla terra che ospita la vicenda, cos dallanalisi
parallela della storia in parte lunigianese di Beritola e quella di Alatiel, che si svolge
invece in tutto il Mediterraneo, si giunge alla stessa conclusione: le due novelle che
si svolgono in Lunigiana, la I. 4 e la II. 7, presentano due modelli contrapposti di
donne viaggiatrici, due modalit di vivere il viaggio e i capricciosi casi della Fortuna
e non si coglie alcun interesse geografico peculiare alle terre di Lunigiana.

Morosini Fu in Lunigiana 59

La novella di Beritola si colloca tra le storie di Andreuccio da Perugia (II. 5) e


Alatiel (II. 7) ma sembra rifarsi, per contrasto, pi alla novella II. 3 (che Pampinea
racconta per far vedere come Alessandro, dopo varie e tristi vicende, da povero
divenne ricco), che a quella di Andreuccio, poich, come spiega Lauretta in seguito
(II. 4), nella storia di Alessandro si pu veder maggiore che vedere uno dinfima
miseria a stato reale elevare (II. 4. 3), anzi Lauretta propone che a qualunque
della proposta materia da quinci innanzi noveller converr che infra questi
termini dica (II. 4. 4). Emilia, la narratrice della novella di Beritola, racconta una
novella simmetricamente opposta a quella di Pampinea per certe trasformazioni
che avvengono sul piano sociale, ma per Beritola, a differenza di Alessandro, anche
sul piano fisico: Beritola , difatti, un personaggio altolocato che viene ridotto in
miseria e i suoi figli ridotti a schiavit.
Il primo vero incontro del lettore con Beritola avviene allinzio della storia nel
momento in cui gli Angioini arrivano in Sicilia: in questo mutamento di cose, non
sappiendo che dArrighetto si fosse e sempre di quello che era avvenuto temendo,
per tema di vergogna [] se ne fugg (II. 6. 8). Questo commento della narratrice
contiene in nuce il dnouement e lepilogo della vicenda della donna, poich il
modo in cui viene presentata offre immediatamente una cifra del personaggio.
Beritola viene presentata come una donna che vive di timori e di paure e ci
contribuisce se non a determinare, sicuramente a pregiudicare il suo futuro: ai
primi accenni di mutamento, gravida e povera decide di fuggire con suo figlio
di otto anni e montata su una barchetta va a Lipari dove partorisce lo Scacciato.
lunica iniziativa di cui si rende protagonista: la partenza dalla Sicilia verso
Napoli dai suoi parenti. Si tratta di uniniziativa dettata, tuttavia, dalla paura e
dallignoranza intesa qui come mancanza di informazione. Il non essere informati
nellambito della poetica di Boccaccio prevede solo conseguenze negative, perch
porta ad agire in modo istintivo e non razionale, senza misura.24 Branca suggerisce
che volendo il Boccaccio adattare a questi personaggi le avventure romanzesche
che sta per narrare, pone qui un troppo debole e frettoloso legame, non essendo
possibile che ella rimanesse al buio di quello che era avvenuto.25 Non credo si
tratti di un frettoloso legame da parte di Boccaccio, ma di una precisa volont di
caratterizzare, sin dallinizio, il suo personaggio.
Anche Beritola come Alatiel continuamente sopraffatta dai capricci
di Fortuna, ma Beritola si chiude in s nel luogo a lei pi consono: la caverna.
Durante il viaggio verso Napoli, al primo cambiamento di programma, ovvero di
Fortuna, altrimenti avvenne che il suo avviso (II. 6. 9), per forza di vento la sua
imbarcazione viene diretta verso Ponza dove si fermano aspettando che il tempo
migliori per poter riprendere il viaggio. Entrambe hanno paura al risveglio, ma
Alatiel dopo le lacrime fa di necessit consiglio (II. 7. 16) e dice alla sue femmine,
sopravvissute come lei al naufragio, di non dire chi sono a nessuno: si resa conto
di essere tra cristiani (lei saracena).

60 the italianist 29 2009

Da questo contrasto si ha unaltra conferma della cifra del personaggio


di Beritola: i personaggi che la precedono in questa giornata, Landolfo Rufolo,
Andreuccio da Perugia, e persino Zinevra la sfortunata moglie di Bernab (II. 9),
fanno di necessita virt e riescono a modificare il corso di Fortuna, come faranno,
del resto, anche la balia e il figlio di Beritola. Beritola, invece, sopraffatta dagli
eventi e se non fosse per lintervento di Corrado sarebbe rimasta su quellisola con i
caprioli. Arrivata sullisola di Ponza, posto remoto disabitato, Beritola a dolersi si
mise tutta sola del suo Arrighetto (II. 6. 10), e non solo al suo arrivo, ma ogni giorno
(e in questa maniera ciascun giorno tenendo, 10). Mi pare di vedere in questo suo
atteggiamento la causa delle sue sventure e la reiterazione di una modalit di essere al
mondo i cui primi segnali si ravvisano nella descrizione iniziale del suo personaggio
quando, ignara delle sorti di Arrighetto, decide di scappare solo perch teme la
vergogna e il disonore. Infatti, proprio mentre lei in un luogo remoto e isolato
a piangere e dolersi di Arrighetto che i suoi figli e la balia vengono rapiti dai pirati.
Boccaccio non a caso scrive: e questa maniera ciascun giorno tenendo, avvenne
che, essendo ella al suo dolersi occupata senza che alcuno o marinaro o altri se ne
accorgesse, una galea di corsari sopravenne, la quale a tutti a man salva gli prese
e and via (II. 6. 10). Madama Beritola, finito il suo diurno lamento (II. 6. 11)
come sua abitudine, tornata al lido per vedere i figli, non trova pi nessuno. Prima
si meraviglia, poi vedendo una nave che si allontana subitamente di quello
che avvenuto era sospettando e capisce che oltre il marito ha perso anche i figli.
Di nuovo Boccaccio ripropone Beritola come sola e abbandonata e noi cogliamo
la voluta e significativa reiterazione come un dato da non sottovalutare perch la
scena si ripete identica per Alatiel; Beritola dunque, povera sola e abbandonata,
senza saper dove mai alcuno doversene ritrovare, quivi vedendosi (II. 6. 11) cade
tramortita chiamando marito e figli. Al risveglio, ancora pianti e lacrime, va di
caverna in caverna a cercare i figli. Poi, che la sua fatica vide vana e vide la notte
avvicinarsi sperando e non sappiendo (II. 6. 13), non sapendo che cosa sperare,
di se medesima alquanto divenne sollecita, cio si direbbe che finalmente stia
cominciando a pensare a se stessa, ma non c da illudersi perch, coerentemente
con il suo personaggio, Beritola ritorna nella stessa caverna dove andava a piangere
e lamentarsi quando ancora non le erano stati sottratti i suoi figli e la nave. La notte
passa tra paura e dolore inestimabile ma listinto della fame la spinge ad uscire
dalla caverna ed eccola a nutrirsi di erbe. Dopodich, piangendo a vari pensieri
della sua futura vita si diede (II. 6. 14). Il futuro la spaventa. tutta irretita nel
ricordo. Se vero che umana cosa avere compassione degli afflitti e che Beritola
non ha nessuno a confortarla mentre persino Alatiel ha Antigono a dirle non vi
sconfortate pria che ci bisogni (II. 7. 98), altrettanto vero che la sorella spirituale
di Beritola, Zinevra (II. 9), lasciata da sola in una foresta per essere uccisa e sbranata
dai lupi, trova il modo per salvarsi senza rinchiudersi in se stessa. Beritola entra nella
caverna da dove era appena uscita una cavriuola e, trovati due caprioli neonati,

Morosini Fu in Lunigiana 61

non essendo ancora asciugato il latte dal suo petto, li allatta. Ormai le sembra aver
trovato compagnia pascendo erba e bevendo acqua, ogni tanto piange ricordandosi
del marito e dei figli e della sua vita precedente. Ormai si arresa a vivere e morire su
quellisola e ha fatto della cavriuola e i suoi due figli la sua famiglia, della caverna
il suo habitat. Non si pu sottovalutare il ruolo svolto dalla caverna nella vicenda
di Beritola perch essa fortemente simbolica di un ritorno alla Natura, lontano
dalle costrizioni imposte dalla societ (Cultura), quindi, tale ritorno dovrebbe
essere salutato come momento evenemenziale in cui lindividuo, Beritola, ritrova
se stesso. Eppure, sebbene Boccaccio con la novella interrotta di Filippo Balducci
nellIntroduzione della Giornata IV ci ricordi che non si pu ostacolare il corso della
Natura, la decisione di Beritola di ritirarsi nella caverna, gi nella Giornata II, viene, a
mio avviso, condannata. Con lavvenuta metamorfosi di Beritola allo stato animale,
Boccaccio pare presentare le pericolose conseguenze di uno smodato, e irrazionale,
vivere secondo Natura senza lausilio della Cultura. La caverna diventa, quindi, un
non luogo, uno spazio non sociale perch equivalente a un luogo di ferinit. Le
conseguenze di unesistenza in una caverna vengono condannate come era gi stato
condannato il monastero in I. 4, perch entrambi questi luoghi diventano spazi
simbolici di una topografia del desiderio che in entrambi i casi naturale, ma non
regolati dalla ragione. Il monastero reprime la Natura come la caverna reprime la
Cultura, la razionalit. Ci avviene quando i desideri naturali e gli istinti, di Beritola,
del giovane monaco, e anche dellabate, non vengono moderati dalla razionalit e
dal buon senso. A proposito di I. 4 Baratto giustamente commenta: si potrebbe
anzi dire che lavventura sensuale non neppure in primo piano, perch essa
pienamente accettata come un fatto naturale, ci che meno sorprende (p.230);
e si pu addirittura aggiungere che, a rappresentare ci che naturale non sono i
due luoghi chiusi al centro della vicenda di I. 4 e II. 6: il monastero e la caverna.26
Quanto diversa Beritola da Alatiel: anche Alatiel resta vittima di un naufragio, ma
al risveglio risoluta si d da fare. Del tutto simile il passo del risveglio delle due
donne dopo il grave incidente in cui sono occorse: Alatiel chiama uno a uno come
fa Beritola, non sentendosi rispondere comincia ad aver paura. Ma nondimeno,
strignendola necessit di consiglio, per ci che quivi tutta sola si vedeva, non
conoscendo o sappiendo dove si fosse, pure stimol tanto quelle che vive erano, che
su le fece levare (II. 7. 16). Quando vede la nave piena dacqua comincia a piangere
insieme alle altre. lunica volta che vediamo Alatiel piangere.

Viaggio e metamorfosi

Le conseguenze del modus amandi di Beritola per il marito e i figli viene


stigmatizzato da una caverna che ricorda simbolicamente le conseguenze e i rischi
di un amore ferino, isolato dal mondo civile, secondo la tradizione di Tristano e

62 the italianist 29 2009

Isotta trasmessa da Broul.27 Ormai la gentil donna Beritola diventata fiera. Non
a caso verr chiamata Cavriuola nel tentativo di Boccaccio di segnalare lavvenuta
trasformazione e lacquisizione di una nuova identit ferina. Dopo vari mesi arriva
una nave di pisani con Corrado dei Marchesi Malespini e una sua donna valorosa
e santa di ritorno da un pellegrinaggio nel regno di Puglia (San Michele, San Nicola
sul Gargano). Per passare malinconia, con la sua donna e qualche familiare e con
i suoi cani si fermano sullisola. Della donna, moglie di Corrado non si sa, e non
si verr a sapere, il nome. Si tratta, forse, di un personaggio femminile che funge
da alter ego a Beritola e alla sua vicenda. La moglie di Corrado, difatti, ci che
Beritola non pi: non un individuo con una sua precisa identit, ma moglie e
madre. Lei l come moglie, e Corrado, non a caso, ricorre alla sua solidariet di
moglie e madre per convincere Beritola a seguirli in Lunigiana, a Bocca di Magra
nel castello di Mulazzo, dove le avrebbero dato da mangiare e vestirsi. Corrado
conosceva Arrighetto e quando Beritola racconta pienamente ogni sua condizione
e accidente e il suo fiero proponimento loro aperse (21), piange di compassione.
A destare la curiosit di Corrado e la moglie, che guidati dal fiuto dei loro cani
sopraggiungono alla caverna, non tanto la sua pietosa storia quanto il suo aspetto
animale ormai donna bruna, magra e pelosa divenuta (II. 6. 21). La trasformazione
di Beritola avvenuta; ma solo il primo personaggio nella novella a subire una
metamorfosi, perch anche i suoi figli vivranno la stessa esperienza. Cosa ne stato
dei figli e della balia di Beritola? I corsari arrivati a Genova avevano venduto la
merce e per avventura la balia e i due figli di Beritola erano schiavi di Guasparrin.
La balia, sorella spirituale di Alatiel, pi in gamba di Beritola perch, per quanto
fosse dolente oltre modo della perdita della sua donna e della misera fortuna nella
quale se e i due fanciulli caduti vedea, si d da fare. Ella lungamente pianse. Ma
poi che vide le lagrime niente giovare e s esser serva con loro insieme. Ancora che
povera femina fosse, pure era savia e avveduta; per che, prima come pot il meglio
riconfortatasi, e appresso riguardandosi dove erano pervenuti, savis che se i due
fanciulli conosciuti fossono, per avventura potrebbero facilmente impedimento
ricevere (II. 6. 28-29; corsivo mio). Si noter che la balia, pur essendo una serva, viene
presentata da Boccaccio come un personaggio saggio che si adegua ai capricciosi
mutamenti di fortuna. Ella, difatti, sperava che, quando che sia, si potrebbe mutar
la fortuna e essi si potrebbono, se vivi fossero, nel perduto stato tornare (29;
corsivo mio). Una saggia decisione quella di non dire nulla fino a quando i tempi non
fossero stati propizi, come del resto sensata era stata la sua decisione di cambiare
il nome di Giuffredi in Giannotto da Procida per evitare ripercussioni da parte dei
Genovesi che erano favorevoli agli Angioini. La balia, come Alatiel, capisce che il
caso di cambiare nome e, come Alatiel quando capisce le vere intenzioni di Pericone,
con altezza danimo propose di calcare la miseria della sua fortuna (II. 7. 24).
Si possono cogliere qui i primi segnali di quella geometria di corrispondenze
e richiami messa in atto da Boccaccio e sempre ben mimetizzata tra novelle e tra

Morosini Fu in Lunigiana 63

personaggi di una stessa novella per segnalare, nel caso specifico di II. 6, una
differenza tra Beritola e la sua balia verso la quale Boccaccio sembra avere pi
simpatia: da una parte c la signora che si riduce allo stato fiero e bruto essendo
poco savia e disperata, fa passare per figli suoi due caprioli, e dallaltra la balia
che fa passare per figli suoi i due ragazzi e Giannotto. Un altro personaggio nella
novella che prova a cambiare il proprio destino e mutare il corso di Fortuna il
figlio di Beritola che rifiuta di essere servo e avendo pi animo che a servo non
sapparteneva, sdegnando la vilt della servil condizione (II. 6. 32), decide di
scappare. Durante i suoi quattro anni di viaggio viene a sapere che il padre non
morto, ma prigioniero del re Carlo. Disperato, vagabondando, da Alessandria
perviene in Lunigiana e per ventura finisce al servizio di Corrado proprio nello
stesso castello dove risiede la madre, ma i due non si vedono, o meglio, non si
riconoscono, essendo essi cos diversi da come si erano lasciati. Il verbo , non a caso,
trasformare: tanto let di uno e dellaltro, gli avea trasformati (II. 6. 34). Cos alla
fine della novella quando i due si ritroveranno, il difficile riconoscimento avviene su
un repertorio di dati essenziali affidati alla memoria unica tra una madre e un figlio:
Beritola riconosce il figlio da occulta vert desta in lei alcuna ramemorazione de
puerili lineamenti del viso (II. 6. 66) e il figlio la riconosce dallodore materno: pur
nondimeno conobbe incontanente lodor materno (II. 6. 67).
Giuffredi si innamora della figlia di Corrado. I due vengono sorpresi e
arrestati e se non vengono uccisi solo grazie allintervento della moglie di Corrado
che, come abbiamo detto, qui senza nome e con un ruolo preciso: moglie e madre.
Ancora una prigionia, ancora trasformazioni fisiche per i nostri personaggi, perch
le continue lacrime e i digiuni trasformano i corpi dei due giovani: le carni di
Giannotto sono macerate e la Spina magra e pallida, debole quasi unaltra femina
che esser non soleva parea, e cos Giannotto un altro uomo (II. 6. 57). Arriva la
notizia in prigione che Pietro III dAragona in Sicilia e i francesi sono stati sbattutti
fuori. Corrado ne fa gran festa e anche Giuffredi. Una guardia si incuriosisce che un
fante abbia interesse per i fatti di Sicilia; si viene a sapere che figlio di Arrighetto,
perch Giuffredi, chiamato Giannotto da Procida, vorrebbe tornare in Sicilia nel
perduto stato tornare (29), come signore: io non Giannotto ma Giuffredi ho
nome; e non dubito punto, se io di qui fossi fuori, che tornando in Cicilia io non
vavessi ancora grandissimo luogo (II. 6. 46). Corrado pensa di dare sua figlia in
sposa a Giuffredi per salvare lonore della famiglia. Nel frattempo Giuffredi chiede
che anche il fratello venga liberato da schiavit presso Guasparrin Doria che, venuto
a conoscenza delle origini di Scacciato, gli promette in moglie la figlia.
Tutti vanno a Lerici, vicino al monastero, porto nel golfo di La Spezia non
lontano dal Magra (Purg., III. 49).
Pur essendo le due novelle lunigianesi cos diverse nei loro contenuti e pur
avendo come solo apparente dato in comune la Lunigiana, affrontano entrambe temi
di estrema importanza per la comprensione dellopera di Boccaccio. La Lunigiana

64 the italianist 29 2009

il luogo scelto dal Boccaccio per depositare due delle sue convinzioni poetiche pi
importanti, ma solo ed esclusivamente in virt di ragioni letterarie e biografiche
legate a Dante. Boccaccio non aveva bisogno di andare in Lunigiana per comporre
le sue novelle lunigianesi o per trascrivere la lettera di frate Ilario, ammesso che si
tratti di trascrizione e non di invenzione, perch la sua geografia sempre letteraria,
filtrata cio attraverso la memoria personale o letteraria. Tra laltro, dalle lettere
e accenni in varie sue opere, si coglie sempre una certa fatica a viaggiare.28 Nel
caso della Lunigiana, il monastero del Corvo o meglio laltura del Corvo, come si
gi detto, era molto conosciuto e Boccaccio sapeva dellaccoglienza ricevuta dal
maestro Dante in questi luoghi. Gli bastano questi pochi elementi estratti dalla
memoria personale, dati da astrarre per comporre una novella dellesilio, quella
di Beritola, il cui figlio partorito, e chiamato non a caso Scacciato, si rivelano dati
particolarmente eloquenti per una novella che si svolge in Lunigana. La novella II.
6, pi che la I. 4, conferma che la terra di Lunigiana, cos come pure Napoli e la
costa amalfitana, aveva il potere evocativo di ispirargli storie. Non un caso che
nella novella II. 6 sia proprio Corrado II Malaspina ad arrivare inaspettatamente in
soccorso di Beritola e portarla generosamente in uno dei suoi castelli. lomaggio
di Boccaccio alla magnanimit e cortesia di Corrado, pura reminiscenza letteraria e
biografica dellemulo di Dante e suo primo biografo che era a conoscenza dellelogio
fatto da Dante nel canto VIII del Purgatorio a quel magnanimo Corrado Malaspina
posto dal poeta nella valletta dei principi, e che come tale anche Boccaccio vuole
celebrare.29 Nella vicenda di Beritola si pu notare fino a che punto a Boccaccio non
interessasse la Lunigiana se non per la suggestione letteraria del viaggio dantesco in
quella terra, vicenda la cui eco presente nello svolgersi degli eventi di Beritola.
La Lunigiana lo spazio meramente letterario, un dato topografico che rientra
in una topografia del Mediterraneo che Boccaccio descrive con la cognizione di causa
mercantesca, con le conoscenze acquisite dallambiente di mercatura e dai suoi
stretti rapporti col regno Angioino. Non a caso, la Lunigiana, regione tra Toscana e
Liguria, che prende il nome dallantica Luni, accoglieva i castelli dei Malaspina con i
quali i mercanti fiorentini ebbero ottimi rapporti, come ci ricorda Branca rifacendosi
allo storico Robert Davidsohn, ma resta un puro dato evocativo, fantastico, nello
scenario altrettanto evocativo del Mediterraneo.30 Beritola e Alatiel attraversano
citt e porti del Mediterraneo restando impermeabili a qualsiasi cambiamento se
non quello fisico. Se il Mediterraneo il luogo dove lindividuo si confronta con se
stesso, Beritola si preclude questa possibilit e rinchiudendosi nella caverna sembra
restia ai cambiamenti. Ma la Lunigiana resta un puro dato evocativo, fantastico.
Boccaccio non indugia sui dettagli del teatro dellazione, descrizione di citt, di porti,
e il Mediterraneo, come la Lunigiana, fa da semplice scenario agli eventi. Anche
per la novella di Beritola si potrebbe dire quanto Giancarlo Mazzacurati scrive a
proposito di Alatiel: I luoghi sembrano (quasi sempre il gran teatro del Mediterraneo)
appartenere ancora a una topografia semileggendaria: non rappresentano fondali in

Morosini Fu in Lunigiana 65

cui possano incarnarsi tempi e storie sociali riconoscibili, ma stereotipi e mitografie


fantastiche: dalle Baleari a Cipro, dal Nord Africa alla Grecia, dallInghilterra alla
Sicilia.31 Cos, alla topografia semileggendaria si aggiungono la Sicilia, la Ponza
isolata, mitica, e ferina, la Lunigiana, e quel porto di Lerici, castello e porto nel golfo
di La Spezia, luoghi di scambi commerciali, di schiavi, di pirati. Infine il castello dei
Malaspina, altro luogo che conferma il dato topografico letterario di Purgatorio III
come testimoniato anche dal Trattatello.
Pare difficile credere che Boccaccio sia stato in Lunigiana o almeno che
abbia incontrato quel frate Ilario di cui si parla nei suoi Zibaldoni, e non credo,
come ha anche recentemente sostenuto Saverio Bellomo, che abbia trascritto
quella lettera (si veda la nota 2). Boccaccio falsificatore? Bisogner, come si diceva
allinizio di questo studio quando si rievocava la domanda di Francesco Longo,
spostare i termini della questione riconducendoli ai due punti principali della
poetica del Decameron ricordati proprio nelle novelle lunigianesi: raccontare per
diletto, dopotutto la brigata l per festa tenere e per novellando piacere, ma
con la veridicit e la verosimiglianza che non cerca riscontro sul piano storico.
Boccaccio un narratore. la sua stessa poetica del vero ad impedirci di chiamarlo
falsificatore, perch vero ci che risulta plausibile sul piano della fabula. Frate
Ilario sembra essere lauctoritas prescelta da Boccaccio dietro cui celare la sua
identit e a cui affidare la sua fantasia affabulatrice: non ci sembra casuale che
nel Filocolo Boccaccio decida di affidare proprio a un reverendo Ilario, monaco
greco convertito al cristianesimo, la trascrizione dei casi di Florio e Biancifiore. Gi
Billanovich aveva notato questa parentela:
cos nella sua maturit di letterato [Boccaccio] rievoca per una nuova invenzione
quello splendido Ilario cugino ideale degli altri eroi pomposi delle prime
fantasie dei suoi giorni napoletani, ma per farlo attore con Dante Alighieri
di una vicenda immaginosa, egli lo deprime con una ingegnosa intuizione,
riducendolo a piccolo eremita confinato su una altura solitaria dellAppennino:
frater Ylarus, humilis monacus de Corvo in faucibus Macre.32
Unauctoritas volutamente casuale ed anonima quella del monaco greco Ilario,
che ci ricorda tanto quel frate Ilario che Dante avrebbe incontrato nel monastero
del Corvo e di cui ci resta la testimonianza di Boccaccio nellepistola del Pluteo
XXIX. Billanovich si limita a notare leffettiva e significativa parentela onomastica
del monaco del Corvo con il monaco greco del Filocolo, ma omette laffinit del
ruolo svolto sul piano narratologico dai due: il monaco greco Ilario aveva seguito
i due giovani da Roma fino a Marmorina ed essendo al corrente di tutte le loro
vicende, appena rientrato a Roma, mette per iscritto la loro storia. Il componitore
del Filocolo dice di aver ricavato il suo racconto delle vicende dei due amanti dal
fedele resoconto che ne aveva fatto in lingua greca il monaco Ilario il quale era bene
informato.33 Ad entrambi i religiosi Boccaccio affida il ruolo di trascrizione per

66 the italianist 29 2009

la trasmissione e la conservazione di una memoria altrimenti perduta: al monaco


greco Ilario spetta lincarico di riscrivere la storia dei due sfortunati amanti lasciata
solo al ricordo dei fabulosi parlari degli ignoranti (Filocolo, I. 1. 25), e a frate
Ilario quella di trasmettere parte del testamento spirituale del maestro esule Dante.
Per questa ragione ci piace continuare a credere allincontro del componitore del
Filocolo con il monaco greco Ilario e dello scriba dellepistola boccacciana del
Pluteo XXIX, con il suo fratello spirituale frate Ilario nel suggestivo contesto della
fervida fantasia creatrice di Boccaccio poeta e non storico, che nellintroduzione
alla IV Giornata del Decameron rivolgendosi a chi si sarebbe affannato a cercare
la veridicit e le fonti delle sue novelle dice: quegli che queste cose cos non essere
state dicono, avrei molto caro che essi recassero gli originali (IV. 1. 39).
Note
Ringrazio Zygmunt Bara nski
e i due anonimi lettori di

Giornale storico della letteratura italiana, 121 (1943),

The Italianist per i preziosi suggerimenti e commenti che

109-33 e dello stesso autore La leggenda dantescadel

hanno permesso la stesura definitiva di questarticolo e la

Boccaccio, in Dante e la Lunigiana, poi in Prime ricerche

sua pubblicazione.
1

Un altro riferimento ai luoghi della Lunigiana si trova

dantesche (Roma: Edizioni di Storia e Letteratura, 1947),


pp.21-86 e ampliato in Studi danteschi, 28 (1949), 45-144.

in Decameron, III. 7 a proposito di un certo Faziuolo da

Per una bibliografia esaustiva sullargomento si rimanda a

Pontriemoli e in X. 2 dove si racconta dellabate di Cluny

E. Silvestri, Lepistola di frate Ilario, Quaderni Conoscere

che venne curato da Ghino di Tacco con vino di Corniglia,

Alla scoperta dei Castelli di Lunigiana seguendo le orme

quello stesso abate che nel XII secolo mentre attraversava

di Dante, no. 2/ Lepistola di frate Ilario (Carrara: Edizioni

la Lunigiana venne spogliato dagli armigeri dei Malaspina.

a.b.c., 1984); Livio Galanti, La lettera di frate Ilario del

Non c esplicita menzione dellincontro di Dante con

un frate Ilario. Un accenno allepistola stato colto nel


Trattatello in laude di Dante a cura di Pier Giorgio Ricci
(Milano: Mondadori, 2002; prima ed. 1974) al punto in
cui si dice a chi dedica le tre cantiche, ovvero lInferno
a Uguccione della Faggiuola, il Purgatorio al marchese
Moroello Malaspina, e il Paradiso a Federico II dAragona
(1272-1337): questo libro della Comedia, secondo il
ragionare dalcuno, intitol egli a tre solennissimi uomini
italiani [] (I redazione, 188-99 e n.791). La prima
stampa dellepistola di frate Ilario di Lorenzo Mehus nel
1759 e la prima edizione critica a cura di Pio Rajna in
Dante e la Lunigiana (Milano: Hoepli, 1909), pp.233-83.

Corvo, ibid. Si consulti infine anche la voce Ilaro a cura


di Giorgio Padoan in Enciclopedia dantesca, 6 voll. (Roma:
Istituto della Enciclopedia italiana, 1970-76), III (1971),
361-63 e il recente contributo di Saverio Bellomo che, come
Billanovich, mette in discussione lautenticit dellepistola,
ritenendola una falsificazione sfacciata, in Il sorriso di Ilario
e la prima redazione in latino della Commedia, Studi sul
Boccaccio, 32 (2004), 201-35 (p.217). Ringrazio Zygmunt
Bara nski per i suoi preziosi consigli e per avermi segnalato,
durante i preparativi del mio intervento al convegno in
Lunigiana, larticolo di Bellomo sullepistola di frate Ilario.
3

Vittore Branca, Le due redazioni del Decameron e

la presenza di Genova nel capolavoro del Boccaccio,

Vari studi sono stati dedicati a questepistola: Pio Rajna,

Atti dellAccademia ligure di Scienze e lettere, VI ser., 3

Qual fede meriti la lettera di frate Ilario, in Dai tempi

(2000), 35-36 e in particolare le nn.6, 7, 10, e 16. Branca

antichi ai tempi moderni (Milano: Hoepli, 1905), pp.195-

per lidentificazione del monastero del Corvo si basa

208; Giuseppe Billanovich, che ritiene lepistola una mera

su un disegno autografo del Boccaccio nel manoscritto

esercitazione retorica per Boccaccio, in Boccaccio dettatore,

Hamilton 90 che raffigura un monaco in abito benedettino:

Morosini Fu in Lunigiana 67

Decameron, a cura di Vittore Branca, in Tutte le opere di

questa, la quale ora che venuta , [] mha trovato in

Giovanni Boccaccio, IV (Milano: Mondadori, 1976), p.1021.

prigione. Sono passati quattordici anni dalla fuga con la

Si veda la nostra n.2 e in particolare gli studi di Branca,

madre dalla Sicilia a quei giorni di prigionia nel 1282; otto

Galanti, e Padoan, che ritengono autentica lepistola di

anni con Guasparrino Doria, quattro ramingando, due (di

Frate Ilario.

cui uno in prigione) presso il Malaspina. Boccaccio avrebbe

Francesco Longo, Il viaggio di Dante a Parigi: un mito

biografico <www.disp.let.uniroma1.it/fileservices/
filesDISP/18_LONGO.pdf>.
6

Boccaccio nel Prologo dellElegia prende le distanze

dalle favole greche da lui qualificate come ornate di

confuso le date perch la fuga di Beritola sarebbe avvenuta


nel 1268 e non nel 1266 o forse spiega Branca
Boccaccio confonde semplicemente la data della battaglia
di Benevento del 1266 con quella di Tagliacozzo avvenuta
nel 1268: Decameron, a cura di Branca, p.212 e n.6.
12

Decameron, a cura di Branca, n.6 a I. 5 (p.91).

13

Decameron, a cura di Branca, n.7 a II. 3 (p.165).

Mondadori, 1994), 23. Discuto la definizione di poeta e

14

Giovanni Andrea Scartazzini, Scritti danteschi, a cura di

poesia per Boccaccio in Boccaccio the Poet-Philosopher of

Michelangelo Picone e Johannes Bartuschat (Locarno: Pro

the Filocolo: From Narrative Adaptation to Literary Theory,

Grigioni Italiano, 1997), p.77.

Exemplaria, 18.2 (2006), 275-98.

15

molte bugie: Elegia di Madonna Fiammetta, a cura di


Giorgio Padoan, in Boccaccio, Tutte le opere, V.ii (Milano:

Carlo Delcorno, Ironia/Parodia, in Lessico critico

Mi permetto di rimandare al mio Napoli, spazi

rappresentativi della memoria, in Boccaccio geografo

decameroniano, a cura di Renzo Bragantini e Pier Massimo

(Firenze: Olschki, 2008).

Forni (Torino: Bollati Boringhieri, 1995), pp.162-91 (p.164).

16

Penso alla ben nota novella di Madonna Oretta (VI. 1)

e alle innegabili simmetrie esistenti tra VI. 1 e I. 10 su cui

Roberta Bruno Pagamenta, Il Decameron: lambiguit

come strategia narrativa (Ravenna: Longo, 1999), p.105


e Alessandro Duranti, Le novelle di Dioneo, in Studi di

si soffermata Pamela D. Stewart, Retorica e mimica nel

filologia e critica offerti dagli allievi a Lanfranco Caretti, 2

Decameron e nella commedia del Cinquecento (Firenze:

voll. (Roma: Salerno Editrice, 1985), I,1-38 (pp.3-5). Sul

Olschki, 1986), pp.19-38 e Franco Fido, Architettura, in

ruolo di Dioneo si veda anche Emma Grimaldi, Il privilegio

Lessico critico decameroniano, pp.13-33.

di Dioneo: leccezione e la regola nel sistema Decameron

Sul realismo di Boccaccio si veda Pier Massimo Forni,

(Napoli e Roma: Edizioni scientifiche italiane, 1987).

Realt/verit, in Lessico critico decameroniano, pp.300-

Sempre utile leggere le riflessioni di Janet Levarie Smarr su

19. Ho riassunto i termini di questo dibattito in Per difetto

Dioneo nel suo Boccaccio and Fiammetta: The Narrator as

rintegrare: una lettura del Filocolo di Giovanni Boccaccio

Lover (Urbana e Chicago: University of Illinois Press, 1986),

(Ravenna: Longo, 2004) e in Polyphonic Parthenope:

in particolare pp.179-82 e 189-90.

Boccaccios Letter XIII and his plebeian Naples according

17

to Domenico Rea, Quaderni ditalianistica, 23.2 (2002),

(I. 4), in The Decameron: First Day in Perspective, a

7-24.

cura di Elissa B. Weaver (Toronto: University of Toronto

10

Branca suggerisce di tener presente Inferno XXVII e

Ronald Martinez, The Tale of the Monk and his Abbot

Press, 2004), pp.113-34. Martinez cita il lavoro su I.

XXVIII dove, peraltro, Dante incolpa anche i continentali di

4 di Bernard Schilling, The Fat Abbot, in The Comic

non essere stati fedeli: Giovanni Boccaccio, Decameron, a

Spirit: Boccaccio to Thomas Mann (Detroit: Wayne State

cura di Vittore Branca (Torino: Einaudi, 1992), n.2 a II. 6

University Press, 1965), pp.21-42; Mario Baratto, Realt

(p.202).
11

Mi riferisco a Decameron, II. 6. 47, quando Giannotto, il

figlio di Beritola prigioniero di Corrado Malaspina, viene


a sapere che Pietro III dAragona arrivato in Sicilia (31
marzo 1282) e ha cacciato gli Angioini: Ahi lasso me! Che
passati sono omai quattordici anni che io sono andato
tapinando per lo mondo, niuna altra cosa aspettando che

e stile nel Decameron (Roma: Editori Riuniti, 1996; prima


ed. 1984), pp.230-34; Christopher Kleinhenz, Stylistic
Gravity: Language and Prose Rhythms in Decameron
I, 4, Humanities Association Review/ La Revue de
lAssociation des Humanits, 26 (1975), 289-99; Cormac
Cuilleanin, Religion and the Clergy in Boccaccios
Decameron (Roma: Edizioni di Storia e Letteratura, 1984);
Carlo Muscetta, Boccaccio (Bari: Laterza, 1974; prima ed.

68 the italianist 29 2009

1972), in particolare pp.182-83; Michelangelo Picone,

22

Il principio del novellare: la prima giornata, in Lectura

Calonaco da Siena o la Ruffianella. Fanti e ruffiane tra

Boccaccii Turicensis: introduzione al Decameron, a cura

cantare e novella sotto il segno del fabliau Aubere,

di Michelangelo Picone e Margherita Mesirca (Firenze:

Letteratura italiana antica (2009; in corso di stampa).

Cesati, 2004), pp.57-77; Guido Almansi, The Writer as Liar:

23

Roberta Morosini, Con segni e con parole ornate: Il

Isabella Nardi, Boccaccio nel Mediterraneo: storie e

Narrative Technique in the Decameron (Londra: Routledge

approdi di mercanti <http://www.comune.perugia.it/

and Kegan Paul, 1975), pp.70-75.

resources/Docs/Biblioteca/boccaccio_mediterraneo.pdf>.

18

Branca, n.6 a Decameron, I. 5 (p.94).

24

19

Scrive Paul Zumthor che nel Medioevo una cultura intera

non sapere, ho dedicato il mio Per difetto rintegrare.

si iscrive sul suolo. [] Tutti si trovano spazializzati, e ogni


spazio tende a diventare il significante di un significato
sociale. [] Ovunque luomo ha i suoi spazi funzionali in
cui lindividuo sempre presente, con la sua personalit
distinta, il suo aspetto fisico, il suo soprannome, le sue
qualit, i vizi che gli si conoscono. Sembra ironico, se si
pensa alla caverna di Beritola, che il luogo non ha realt
che in rapporto a lui e ai suoi simili, in La misura del
mondo: la rappresentazione dello spazio nel Medio Evo
(Bologna: Il Mulino, 1995), p.40. Non la prima volta che
Boccaccio relega e isola, per condannarlo, in una caverna un
certo tipo di amore, e mi riferisco in particolare alle donne

Alle conseguenze provocate dallignoranza, nel senso di

25

Decameron, p.202 n.5.

26

Si veda sullevoluzione dei monasteri Mariella Zoppi,

I monasteri in Giardini terrestri: oriente ed occidente


a confronto, in Giardini celesti, giardini terrestri, Ente
Nazionale Giovanni Boccaccio, Atti del Convegno Certaldo
Alto, 29 maggio 2004 (Firenze: Nuova Grafica Fiorentina,
2006), pp.23-28.
27

Si ricorder che dopo tre anni sparisce leffetto del filtro

che li ha fatti innamorare. I due si recano dalleremita Ogrin


a chiedere come tornare a corte perch non ce la fanno pi
a vivere isolati dalla societ.

trasformate in statue in un episodio, peraltro negletto, del

28

Morosini, Napoli, spazi rappresentativi della memoria.

Filocolo. Si veda Giovanni Boccaccio, Filocolo, a cura di

29

Dante in Purgatorio VIII ringrazia la generosit ricevuta

Antonio Enzo Quaglio (Milano: Mondadori, 1988; prima

da Franceschino Malaspina in Lunigiana nel 1306 e

ed. 1967). Per uno studio delle metamorfosi delle donne

secondo Boccaccio anche di Moroello Malaspina. Si veda

punite e trasformate in statue nel IV libro del Filocolo, si

il Trattatello (n.2) e lEpistola IV di Dante a Moroello, c.

veda Morosini, Alcimenal, Idamaria e la metamorfosi delle

1307.

quattro donne superbe: dal festeggevole ragionare nel


giardino al maledetto colloquio della grotta, in Per
difetto rintegrare, pp.115-21.
20

Il mercante sulla ruota: la Seconda Giornata, in Lectura

Boccaccii Turicensis, pp.79-98 (p.88). Zatti si sofferma


anche sullimportanza del viaggio in questa giornata

30

Decameron, p.207 n.3.

31

Rappresentazione, in Lessico critico, pp.269-99

(p.289).
32

Billanovich, La leggenda dantesca del Boccaccio, Studi

danteschi, p.59.
Sul ruolo di Ilario nel Filocolo si veda Morosini, Ilario e

del Decameron: viaggiatori en qute, mercanti on the

33

road(pp.88-91).

il vero conoscimento di Filocolo e Ilario personaggio

21

Senza dimenticare i digiuni che trasformano i corpi di

narratore, in Per difetto rintegrare, pp.126-32.

Giannotto e la Spina al punto da farli sembrare due persone


completamente diverse da come erano (II. 6. 57).

Roberta Morosini, Wake Forest University, USA morosir@wfu.edu


Department of Italian Studies, University of Reading and Departments of Italian, University of Cambridge and University of Leeds

10.1179/026143409X409774

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