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Filologia dei testi popolari, letterature premoderne e
mitologia comparata europea: a proposito de Il diluvio,
il drago e il labirinto di Andrei Oiteanu
Oisteanu, Andrei. 2008. Il diluvio, il drago e il labirinto. Studi di magia
e mitologia europea comparata, a cura di Dan O. Cepraga e Maria
Bulei. Verona: Fiorini. ISBN 978-88-87082-70-8. Pp. 305. 22,00.
Negli anni prodigiosamente fecondi tra il ritorno dallIndia (1931) e lo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale, Mircea Eliade affianca alla creazione
letteraria e alla ricerca storico-religiosa una copiosa attivit di pubblicista. In
questi scritti, redatti spesso in fretta e furia per quotidiani e periodici, si riversano tumultuosamente osservazioni di costume, recensioni, note di lettura, pensieri e pagine di diario, ma anche ragionamenti originali sulla
fenomenologia del sacro. Anzi, il carattere frammentario e la misura breve
dellintervento giornalistico permettono ad Eliade di fissare in forma embrionale spunti di riflessione e oggetti dindagine destinati ad importanti
sviluppi. Dietro lurgenza militante e lancoraggio occasionale dei pezzi apparsi in questo torno di tempo sulla stampa romena non difficile cogliere le
prime formulazioni di concetti e idee-forza che saranno il propellente delle
grandi imprese scientifiche della maturit. Lette dinfilata, le sillogi in cui
Eliade ha radunato i suoi articoli degli anni Trenta (Oceanografie, Fragmentarium, Insula lui Euthanasius), ci restituiscono il documento di una personalit seduttiva e mobilissima, offrendoci nel contempo una specola privilegiata
dalla quale osservare il laboratorio di un pensatore geniale. Uno dei testi pi
brillanti di questa variegata produzione pubblicistica nasce come rendiconto
sul metodo del naturalista e speleologo romeno Emil Racovia, che studiava
la fauna delle oscurit ipogee:
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menti e delle rideterminazioni, la tradizione popolare ha conservato i significanti, ma non i significati; il che vuol dire, in sostanza, che coloro stessi che
hanno trasmesso e conservato questi canti non avevano che unidea estremamente approssimativa del loro significato originario (Don 2004, 421).
A corollario di queste due acquisizioni, chiaramente esplicitate nella comparazione dei fossili viventi, se ne pu aggiungere una terza, che implicitamente espressa nella similitudine speleologica e che occupa un ruolo centrale
nellesegesi eliadiana delle religioni popolari europee: i simbolismi del folclore romeno, estranei agli orizzonti cognitivi della Modernit, sono invece
confrontabili e tipologicamente affini alla Weltanschauung delle societ arcaiche e alle strutture mentali delle culture di interesse etnografico. In tale
angolatura prospettica vanno considerati i paralleli istituiti da Eliade tra le
tradizioni popolari balcaniche, i mondi spirituali dellOriente e le culture
primitive.1 Rientrato dallIndia, il grande religionista rilegge il folclore romeno alla luce del pensiero arcaico. Gli si rivela cos lomologia strutturale
tra le folk-religions europee e lontologia arcaica. Proprio come il rabbino
Eisik di Cracovia della parabola chassidica tramandata da Martin Buber,
anche Eliade ha dovuto compiere un lungo viaggio per scoprire il tesoro che
si trovava da sempre in un angolo polveroso della sua casa ([1986] 1988, 12).
I principi or ora enucleati (eccezionale arcaicit della cultura rurale romena, tendenziale sincretismo dei prodotti folclorici, affinit tipologica tra
immaginario popolare europeo e pensiero tradizionale) rappresentano la griglia metodologica portante dei tre saggi che compongono Il diluvio, il drago e
il labirinto di Andrei Oiteanu, apparso di recente presso leditrice Fiorini di
2. I tre ampi saggi che formano il volume sono desunti dalla raccolta di Oi s teanu 2004
(Ordine i Haos. Mit i magie n cultura tradiional romneasc). Su questa silloge
italiana (2008), cui dedicato il presente propos, si pu gi leggere con profitto la
tempestiva recensione di Lara Sanjakdar (2008), dove opportunamente sottolineato il peso decisivo della funzione-Eliade nel metodo di Andrei Oiteanu, tanto
nellimpostazione fenomenologica quanto nellapproccio comparatistico. Il diluvio, il
drago e il labirinto pu essere visto come un episodio particolarmente significativo di
un pi generale movimento di diffusione dellopera di Oiteanu ben al di fuori dei
confini della Romania. A tale riguardo vanno ricordate le seguenti pubblicazioni in
inglese e in tedesco: Cosmos vs. Chaos: Myth and Magic in Romanian Traditional Culture (1999); Das Bild des Juden in der rumnischen Volkskultur (2002); Inventing the Jew:
Antisemitic Stereotypes in Romanian and Other Central-East European Cultures
(2009).
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I miti, le leggende e le produzioni folkloriche tramandano, di norma, soltanto varie ipostasi dei concetti, spesso in forme allegoriche. Per poter
recuperare le coordinate essenziali del pensiero arcaico bisogna compiere
un lavoro convergente di riunificazione delle diverse ipostasi di un concetto, rifacendo, in senso inverso, un percorso labirintico dal Concreto
allAstratto, dalla Sostanza allEssenza, dal Tipo allArchetipo.
(Oi steanu 2008, 267)
Dalla pluralit sfrangiata e diffratta delle attestazioni folcloriche occorre insomma risalire ai simbolismi originari e tale operazione conseguibile mediante un procedimento di distillazione e ripulitura che separi lessenziale
dallaccessorio, rimuovendo le incrostazioni particolari per ripristinare il
modello universale. Questo movimento di risalita agli archetipi deve realizzarsi come una restitutio del concetto primigenio a partire dal censimento e
dalla collazione delle testimonianze degradate.3 Soltanto un approccio specifico pu rivelare la grammatica del pensiero arcaico, deformata e occultata nelle narrazioni mitico-folcloriche. Al disotto delle forme allegorizzate
dei materiali popolari, nelle formule letteraturizzate e un po esangui che
ingrossano gli inventari degli indici motivici, linterprete deve saper riconoscere le locuzioni e le immagini simboliche del linguaggio tradizionale.
Come si vede, non siamo lontani dallermeneutica del simbolismo letterario
proposta da Ananda Kentish Coomaraswamy (1987, 282):
Chiunque desideri comprendere il vero significato di queste figure di
pensiero ch non sono semplicemente figure di parola deve prima
essersi studiato lestesissima letteratura di molti Paesi in cui i significati
dei simboli si trovano spiegati, e deve egli stesso aver imparato a pensare in questi termini. Soltanto quando si sia trovato che un dato simbolo per esempio, il numero sette (mari, cieli, mondi, movimenti,
doni, raggi, soffi, ecc.), o le nozioni polvere, guscio, nodo, oc
3. Osservo di passata che anche questa idea di degradazione del simbolico, determinata dal processo di laicizzazione e secolarizzazione dellassoluto proprio alla Modernit, una nozione tipicamente eliadiana. Per una prima enucleazione del
concetto, cfr. Eliade [1939] 2008, 1518, 14748. Ma sul deterioramento del sacro e
del mistero, sviliti in forme sempre pi scadenti e camuffati entro forme profane, si
veda soprattutto Eliade [1963] 1993, 195227 (Myth and Reality [traduzione italiana
Mito e realt]). Il mascheramento dei simboli tradizionali nelle creazioni artistiche
dellepoca moderna unintuizione che gioca un ruolo centrale nellermeneutica di
Eliade: cfr. in proposito Marino [1980] 1981, 33037; e Spineto 2006, 209, 215,
223.
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antropologici come Cesare Pavese e da un etnologo dalla forte torsione filosofica come Ernesto de Martino.4 Apparsi nei primi anni del secondo dopoguerra, i volumi della gloriosa collana viola hanno contribuito alla
ridefinizione dellassetto dei saperi umanistici nel nostro paese, fertilizzando
alcune delle migliori intelligenze dellepoca. Basti pensare alla complessa figura di Furio Jesi, che nel 1968 raccoglie nella silloge Letteratura e mito una
serie di saggi di critica e poetica in cui le opere letterarie sono riguardate e
interpretate in chiave mitologica.5 Ma soprattutto in campo medievistico
(e comunque premoderno) che si sono registrate le applicazioni pi rigorose
e felici dellarmamentario metodologico messo a punto dallantropologia. I
testi latini e volgari dellEt di Mezzo sono cos intrisi di elementi di cultura
popolare e talmente compromessi con strati profondi del pensiero tradizionale da esigere modelli di lettura che mettano a frutto gli strumenti della
scienza etnologica e del folclore. dallOttocento che i filologi romanzi confrontano i testi anticofrancesi con il patrimonio fiabistico e indagano la matire de Bretagne alla luce delle leggende celtiche, tanto che lapproccio
antropologico pu apparire in un certo senso consustanziale allo studio della
letteratura in lingua dol.6
Fin dalle prime pagine de Il diluvio, il drago e il labirinto, ho ricevuto la
forte impressione di essere di fronte a uno di quei libri che forniscono allantropologia letteraria non soltanto informazioni e dati, ma idee e suggerimenti di ricerca. Ci che vorrei fare qui di sguito tentare di offrire una
riprova operativa di tale impressione. A questo scopo far reagire un saggio
del volume di Oiteanu su una sequenza narrativa della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso. Ovviamente, il senso di tale verifica non sar quello
di trattare la Liberata alla stregua di un documento etnografico, bens di dare
profondit allo studio del poema tassiano rintracciando nelle pieghe del
7. Sul celebre tema folclorico di Mastro Manole, declinato nella poesia popolare romena sia in forma di canto narrativo tradizionale sia come colinda, si veda princi-
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metrie getta nuova luce sulla leggenda del diluvio, permettendo una pi
nitida caratterizzazione e una pi approfondita intelligenza del testo. Lesame
comparativo proietta lepisodio delledificazione dellarca sullo sfondo di un
antichissimo scenario mitico-rituale di creazione e fondazione, che declina
lo schema della lotta incessante tra Ordine e Caos. La costruzione di un
edificio o di un artefatto speciali, provvisti di forti connotati simbolici, non
pu essere attuata in qualsivoglia luogo e in un modo qualunque, ma richiede la scrupolosa applicazione di specifici protocolli e prescrizioni magico-rituali. Per completare felicemente la sua opera, il Demiurgo deve
vincere la resistenza delle forze distruttive che si oppongono ad ogni creazione e cercano di sprofondare ogni cosa nello stato indistinto e preformale
degli Inizi. Nella leggenda romena il Diavolo ostacola ledificazione dellarca,
disfacendo e mandando in rovina (Caos) la costruzione ben compaginata
(Cosmo) di No. Questi per, ispirato da Dio, compie un gesto magico che
sconfigge e neutralizza il principio della confusione regressiva, ripristinando
lordine e permettendo la stabilit della creazione.
Lasciamo ora le cosmogonie dualistiche delle tradizioni popolari romene
per trasferirci nel cuore della Gerusalemme Liberata.8 Lesercito crociato, guidato da Goffredo di Buglione, stringe dassedio la Citt Santa. Nel corso di
furiosi combattimenti, i saraceni sono riusciti a distruggere le macchine da
guerra dellarmata assediante (canto XI). Anche lultimo ordigno ossidionale
rimasto ai cristiani, una torre mobile di dimensioni eccezionali, incendiato
da Argante e Clorinda nel corso di un audace blitz notturno (canto XII). A
questo punto si apre una lunga sequenza di episodi relativi alla costruzione
di nuove macchine da guerra, indispensabile premessa ad un rinnovato assalto alle mura di Gerusalemme. Questa serie di vicende, cui si riconnette
strettamente il ritorno di Rinaldo al campo crociato, occupa unestesa sezione del poema tassiano (canti XIIIXVIII). Ne dar di sguito un telegrafico sommario, concentrandomi sugli snodi principali della narrazione e
sugli elementi che saranno rilevanti ai fini dellargomentazione.
Lunico luogo in cui i cristiani possano trovare il legno necessario alla
fabbricazione di nuovi macchinari dassedio la tenebrosa foresta di Saron,
che si estende non lontano dal campo cristiano. Ismeno, malefico incantatore al servizio dei saraceni, ricorre allora alle sue arti magiche per impedire
ai crociati lapprovvigionamento di legname. Nel silenzio della notte, compie gesti rituali e mormora potentissime parole (Liberata XIII 6.2), popolando la fitta selva di larve spettrali, illusioni e forme menzognere.9 Convocata
da Ismeno, uninnumerevole schiera di spiriti trova ricetto ne tronchi [...]
e tra le foglie (Liberata XIII 11.8). Quando i carpentieri e i guerrieri cristiani
tentano di penetrare nel bosco stregato, sono atterriti e messi in fuga da
terribili sortilegi (frastuono infernale, mura di fiamme, apparizioni mostruose, alberi animati che spicciano sangue non appena intaccati dal
ferro).10 Persino una figura di primissimo piano come Tancredi si rivela incapace di dissipare i sortilegi della foresta di Saron.11 Privi di macchine per
dare lassalto alle mura di Gerusalemme, i crociati si trovano in una condizione di stallo e possono solo languire sotto la vampa bruciante del sole di
Outremer. in questa situazione apparentemente senza uscita che Goffredo
di Buglione, sommo capitano (Liberata XIV 13.2) della spedizione, riceve
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in sogno una santa ispirazione: per sciogliere gli incantesimi di Saron bisogna ricondurre Rinaldo dai giardini di Armida al campo crociato. Infatti,
soltanto il figliuol di Bertoldo (Liberata XIV 12.8) in grado di sconfiggere
la magia di Ismeno e di riaprire la selva allopera dei carpentieri cristiani:
A lui sol di troncar non sia disdetto
il bosco cha gli incanti in sua difesa.
(Liberata XIV 14.12)
Richiamato ad hoc dal colpevole ozio nel soggiorno di delizie suscitato dalla
magia di Armida, il migliore dei campioni cristiani viene a capo del silvestre incanto (Liberata XVIII 6.4). Determinato a compiere lalta missione
che gli stata affidata, Rinaldo sinoltra nel fitto della foresta, dove trova un
mirto di enormi proporzioni, distanziato dagli altri alberi e collocato al centro di una radura:
vede un mirto in disparte, e l si piega
ove in gran piazza termina un sentiero.
Lestranio mirto i suoi gran rami spiega,
pi del cipresso e de la palma altero,
e sovra tutti gli arbori frondeggia;
ed ivi par del bosco esser la reggia.
(Liberata XVIII 25.38)
Resistendo alle lusinghe e alle minacce dei fantasmi ingannevoli e bugiardi (Liberata XVIII 10.2), leroe snuda la spada e colpisce ripetutamente
la pianta colossale fino a reciderne il tronco. Allistante, i sortilegi del bosco si
dissolvono:
Ma pur mai colpo il cavalier non erra,
n per tanto furor punto sarresta;
tronca la noce: noce, e mirto parve.
Qui lincanto forn, sparr le larve.
(Liberata XVIII 37.58)
Abbattendo larbor princeps, che dietro le false apparenze di un mirto nascondeva la sua vera natura di nocepianta cara alle streghe, Rinaldo
disincanta lintera selva, rendendola disponibile alle scuri dei taglialegna e
dei genieri cristiani. Una volta dissolto il magismo diabolico di Ismeno, il
lucus ombroso perde le sue malie, diventando unabbondante riserva di legno
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derate nella loro risemantizzazione, si aggiunge il reperimento di motivi folclorici e nuclei etnografici, che orientano e sostanziano una fine analisi di
antropologia letteraria. Non a caso, i grandi maestri novecenteschi della
fiabistica e della simbolica tradizionaleJung, Eliade, il Propp de Le radici
storiche dei racconti di fate (1946)sono volta a volta convocati per caratterizzare un episodio in cui possibile riconoscere una cerimonia di evidente
struttura iniziatica, un rito di rinascita che deve condurre a una nuova vita
(Raimondi 1980, 102).16
Una terza possibilit di accostamento allepisodio di Saron stata suggerita da Georges Gntert (1997), il quale ha spostato il fuoco dellattenzione
dallavventura dei cavalieri cristiani nella foresta stregata alla trasformazione
del bosco in legname da costruzione per le macchine dassalto. Per Gntert,
limpiego della materia-selva per fabbricare gli ordigni ossidionali non altro
che un riferimento cifrato ai meccanismi dellinventio soggiacenti al poema
tassiano. Nel gioco delle corrispondenze, il viluppo lussureggiante e caotico
della foresta rappresenterebbe il meraviglioso romanzesco, con le sue peripezie inconcludenti e le sue divagazioni illusorie, mentre la mirabil torre descritta alle ottave 4345 del canto XVIII sarebbe da intendersi come figura
del discorso epico. Lo scioglimento del maleficio di Ismeno e la fabbricazione
della nuova macchina dassalto con il legname di Saron tematizzerebbero
dunque la necessit di sottomettere alle superiori esigenze della grande epopea cristiana le illecebre edonistiche del fiabesco e le ambages pulcerrime della
tradizione romanzesca.17 Non lontana dalle conclusioni di Gntert la compatta proposta critica avanzata di recente da Jean-Christophe Cavallin, secondo il quale il lungo racconto della selva hante sarebbe da interpretarsi
alla stregua di unallegoria metapoetica: lepisodio della foresta di Saron e
della costruzione delle macchine si deve leggere, more allegorico, come un
manuale dutilizzo delle favole del paganesimo nella composizione dun poema
epico cristiano (Cavallin 2004, 42).18 La bonifica del bosco incantato e la
fabbricazione delle macchine cristiane col legname di Saron costituirebbero
unapologia delluso della materia greco-latina allinterno di unopera finalizzata allaffermazione dei valori dottrinali della vera fede. Tasso intenderebbe
insomma sostenere che il meraviglioso antico, debitamente svelenito ed esor 16. Unoriginale e coerente applicazione dei lavori di Propp sulla fiaba di magia
alle strutture della Gerusalemme Liberata (e pi in particolare alla vicenda di
Rinaldo) si deve a Falaschi 1994.
17. Per la centralit della questione nella poetica tassiana e nella stesura della Liberata si
veda la fondamentale monografia di Guido Baldassarri (1977).
18. Per un rendiconto meno ellittico di questo lavoro, mi permetto di rimandare
alla mia recensione apparsa in Quaderni di Lingue e Letterature (Barbieri 2004).
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Come si vede, le omologie di struttura tra lepisodio tassiano e il testo folclorico romeno sono davvero notevoli, tanto pi che il gioco delle corrispondenze
si pu facilmente estendere ai profili e ai ruoli attanziali delle dramatis personae.
I rappresentanti del Caos Ismeno e il Diavolo mostrano strette affinit tipologiche, su cui non c bisogno di trattenersi. Pi complesse le simmetrie individuabili tra le diverse ipostasi del Demiurgo. Le funzioni svolte da No nella
leggenda del diluvio sono assunte da tre distinti personaggi nella Gerusalemme
Liberata: Goffredo di Buglione, capo della spedizione crociata, dispone la fabbricazione di nuove macchine dassedio e riceve in sogno le istruzioni sulla via
da seguire per sciogliere i sortilegi di Ismeno; Rinaldo, supereroe dellesercito
cristiano, compie armi in pugno lesorcismo risolutivo che dissipa i malefici
della selva, sconfiggendo le forze del Caos; Guglielmo, artefice illustre (Liberata XVIII 41.5), provvede alla realizzazione degli ordigni ossidionali, imponendo alla materia greggia la disposizione e la stabilit di una ratio costruttiva.
Il principio ordinatore, raffigurato da No nella leggenda del diluvio, si rifrange
nel poema tassiano in una terna di avatars, che appaiono sovrapponibili alla
tripartizione funzionale proposta da Georges Dumzil per spiegare la visione
del mondo e la struttura ideologica delle civilt indoeuropee: in tale prospettiva, Goffredo sembra incarnare i prestigi della sovranit magica e giuridica,
Rinaldo la forza guerriera, Guglielmo le risorse produttive e le capacit fabrili.
Ce n abbastanza, a parer mio, per affermare che lepisodio tassiano della selva
di Saron il riflesso di uno schema archetipico di fondazione, solidale con gli
scenari delle cosmogonie tradizionali e utilmente confrontabile in chiave di
etnografia comparata con i miti e i riti del costruire.
Alvaro Barbieri
Universit di Padova
Opere citate
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Roma: MarzoratiEditalia.
Centro: quello di spazio ierofanico deputato alle manifestazioni preternaturali e
alle rivelazioni divine, quello di sito originario dove si svolgono le vicende della
creazione e, infine, quello di Axis mundi, punto dintersezione e di collegamento
tra le regioni cosmiche (cfr. al riguardo Eliade 1948, 38690). Ma la centralit di
Gerusalemme, lungi dal limitarsi alle tradizioni degli Ebrei, un elemento costante in tutto il pensiero giudeo-cristiano e, pi in generale, nellassieme delle
religioni che discendono dal ceppo di Abramo.
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duzione italiana: 1988. Spezzare il tetto della casa. La creativit e i suoi simboli, introduzione e traduzione a cura di Roberto Scagno. Milano: Jaca Book.
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