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Storia Archeologia Antropologia

a cura di

LE ORIGINI DEGLI ETRUSCHI

Vincenzo Bellelli

LERMA di BRETSCHNEIDER

Universit degli Studi di Palermo Polo didattico di Agrigento Corso di Laura magistrale in Archeologia

Storia Archeologia Antropologia


Copyright 2012 LERMA di BRETSCHNEIDER Via Cassiodoro, 19 - 00193 Roma www.lerma.it - erma@lerma.it Progetto grafico LERMA di BRETSCHNEIDER Tutti i diritti riservati. vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza il permesso scritto dellEditore. In copertina: Particolare del volto maschile del Sarcofago degli Sposi, da Cerveteri (Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia); foto di Antonio Russo pubblicata su concessione del Ministero per i Beni e le Attivit Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dellEtruria Meridionale (Aut. n. Prot. MBAC-SBAEM 7950 del 6-9-2012)
Volume stampato con il contributo dellUniversit degli Studi di Palermo - Centro di Gestione Polo didattico di Agrigento e della Fondazione della Cassa di Risparmio di Civitavecchia

Le origini degli Etruschi

Le origini degli Etruschi. Storia, archeologia, antropologia / a cura di Vincenzo Bellelli - Roma: LERMA di BRETSCHNEIDER , 2012 - 496 ; ill. 24 cm. (Studia Archaeologica ; 186) ISBN 978-88-8265-742-0 CDD 22. 937.5 1. Etruschi

INDICE GENERALE

PREMESSA (Oscar Belvedere)

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7 11

Introduzione (Vincenzo Bellelli)

Prima Parte

Atti del seminario di Agrigento (9 febbraio 2011)


I II Alla ricerca delle origini etrusche (Vincenzo Bellelli) .
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17 49 85 105 143 153

Le tradizioni letterarie sulle origini degli Etruschi: status quaestionis


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e qualche annotazione a margine (Roberto Sammartano) . III Le origini EtruschE: il quadro di riferimento della protostoria (Alessandro Zanini) . . . . . . . .

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IV Ex parte Orientis: I Teresh e la questione dellorigine anatolica degli Etruschi (Massimo Cultraro) . . . . . . . . V Etruschi: Popolo o nazione ? (Luca Sineo) .

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VI Gli Etruschi e la loro origine alla luce degli studi di antropologia fisica (Giandonato Tartarelli) . . . . . . . Seconda Parte

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Saggi
VII Sulla grafia e la lingua delle iscrizioni anelleniche di Lemnos (Luciano Agostiniani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . VIII
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Etruria meridionale e Mediterraneo nella tarda et del bronzo (Barbara Barbaro, Marco Bettelli, Isabella Damiani, Daniela De Angelis, Claudia Minniti, Flavia Trucco)

IX X

Il villanoviano: un problema archeologico di storia mediterranea (Anna Maria Bietti Sestieri) . . . . . . . . . . . . . La tradition plasgique Caer (Dominique Briquel)

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249 279 295 345 359 383

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XI Origini etrusche, origini italiche e lerudizione antiquaria settecentesca (Stefano Bruni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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XII Lidentit etnica come processo di relazione: alcune riflessioni a proposito del mondo italico (Luca Cerchiai) . . . . . . . . . . . . . . .

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XIII l originE lidiA del popolo etrusco: questioni di principio (Carlo De Simone) . XIV Latino e i Tirreni (Hes. Th. 1011-1016): questioni di storia e di cronologia (Andrea Ercolani) . . . . . . . . . . . . . . . . . XV Le problme des origines trusques dans lentre deux guerres (Marie-Laurence Haack) . . . . . . . . . . . . XVI Bronzo finale in Istria (Kristina Mihovili) .

. . . . . . . . . . . . . . . . . .

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397 411

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XVII Gli influssi del Vicino Oriente sullEtruria nellVIII-VII sec. a.C.: un bilancio (Alessandro Naso) .

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433 455

XVIII Dionysus and the Tyrrhenian Pirates (Dimitris Paleothodoros) .

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IV

EX PARTE ORIENTIS: I TERESH E LA QUESTIONE DELLORIGINE ANATOLICA DEGLI ETRUSCHI


Massimo Cultraro

1. da medinet habu a lemnos


Quando la ricerca filologica nellEuropa dellOttocento muoveva i primi passi nel tentativo di mettere in rapporto le informazioni provenienti dalla decifrazione dei testi egizi e delle lingue vicino-orientali allora note1, con le tradizionali fonti del mondo greco-romano, irrompeva nella scena internazionale la questione dei Popoli del Mare, destinata a giocare un ruolo di una certa rilevanza nella storia del Mediterraneo alla fine del II millennio a.C. Intorno alla met dellOttocento, a poca distanza dalla scoperta dellimponente complesso templare-funerario di Medinet Habu2, sulla riva occidentale tebana, si registra il primo tentativo di accostare letnonimo Tr (vocalizzazione in Teresh), riportato nei geroglifici che accompagnavano lapparato decorativo del tempio, con i Tyrsenoi delle pi tardi fonti greche3. In tale contesto il noto passo di Erodoto (I,94) che attribuiva agli Etruschi unorigine dalla Lidia, diventava uno degli elementi a sostegno di tale identificazione, trovando un coerente allineamento con uno degli orientamenti della ricerca pi seguiti, il tentativo di localizzare in Anatolia la maggior parte dei nomi di genti riportati nelle fonti egizie relative ai Popoli del Mare4. In questo gioco di accoppiamenti e concordanze semantiche di etnonimi, il campo di indagine continuava a restare

saldamente ancorato allambito filologico-linguistico e, di fatto, il contributo della ricerca archeologica risulta alquanto modesto sia sul fronte degli studi egizi che su quello del mondo egeo-anatolico. La scoperta nel 1899 del sito di Tell es-Safi in Galilea, identificato con la citt biblica di Gath (Fig. 1), pone per la prima volta il problema della presenza di alcune specifiche fogge ceramiche, quali le brocche con becco di versamento a crivello, estranee al patrimonio tipologico locale e gi da allora ricondotte alla circolazione di genti straniere nella Cananea del XIII-XII sec. a.C.5 (Fig. 2). Da questo momento la ricerca dei luoghi di provenienza degli aggressori dellEgitto al tempo di Ramses prende con vigore la strada nord-occidentale che conduce alla vasta regione anatolica, con la sola eccezione di pochi studiosi, tra cui W. Albright e A. Alt che identificano la patria dei Popoli del Mare nel territorio cananeo6. Tra la fine dellOttocento e gli inizi del secolo successivo, nonostante lintensificarsi dellattivit sul campo in diverse aree del vasto comprensorio egeo-anatolico, il problema della provenienza dei Popoli del Mare non sembra superare il perimetro dellindagine linguistica che rimane sostanzialmente incardinata sulle fonti egizie. Tuttavia, una fortuita circostanza destinata a riaprire in maniera inaspettata la questione e a riportare lattenzio-

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Fig.1. La fascia costiera del Mediterraneo orientale nel XII sec. a.C., con indicazione di alcuni dei gruppi dei Popoli del Mare dislocati ai confini dellEgitto (da Sandars 1985). Fig. 2. Esempi di brocchette con versamento a crivello da Tell Eitun, che imitano fogge egeocipriote del TE IIIC (da Sandars 1985).

ne sullo scacchiere nord-occidentale: la scoperta della stele di Kaminia nellisola di Lemnos (Fig. 3). Questo importante documento, che entra ufficialmente nella letteratura sullargomento nel 18857, finisce per polarizzare lattenzione intorno al complesso di isole dellEgeo settentrionale (che oltre a Lemnos, comprendono Tenedos, Imbros e Samotracia), sulle quali si conosceva assai poco, nonostante il tentativo di esplorazione sistematica di quellarcipelago, ritenuto la proiezione sullEgeo del mondo tracio, da parte della missione austro-germanica di A. Conze nel 18588. Linserimento della stele di Kaminia nel pi ampio dibattito sulla possibile filiazione tra Tyrsenoi dOccidente/Tyrsenoi dOriente e Teresh offre nuovi ed intriganti elementi sulle presunte convergenze epigrafiche e glottologiche tra il documento lemnio e la lingua etrusca. Negli stessi anni G. Karo, riprendendo unipotesi formulata da E. Meyer9, sposta con successo lattenzione sugli aspetti formali, iconografici e stilistici, stabilendo alcuni nessi con liconografia etrusca10. Pur mancando la controprova sul piano archeologico, la stele di Kaminia riapre in maniera inattesa la questione relativa al ruolo giocato dal mondo microasiatico sulle vicende del collasso dellEgitto ramseide, dando ossigeno al vecchio tema sui Popoli del Mare, che era stato al centro del dibattito della filologia franco-tedesca agli inizi dellOttocento: lEgeo settentrionale diventa un punto di riferimento obbligato per filologi e storici che riconoscono nei Tyrsesoi della tradizione erodotea una popolazione locale strettamente legata al mondo dei Traci11, oppure un gruppo di origine anatolica che avrebbe come antenati i minacciosi Teresh delle fonti egizie12. Da questo momento i Teresh delle fonti egizie cominciano ad assumere un

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maggiore spessore sul piano dellidentit etnica, grazie al collegamento tra la stele di Kaminia e lenigmatica identit dei Tirreni di Lemnos. Il percorso, cominciato dalla scoperta dei rilievi di Medinet Habu, sembra ritrovare un rinnovato vigore negli anni Venti del secolo scorso, quando lindagine si sposta sullattivit di esplorazione nellisola di Lemnos. In questo caso, nonostante il vivace dibattito linguistico ed epigrafico, la componente archeologica della ricerca esercita il suo peso sotto due differenti formule, divergenti per metodo e impostazione, ma entrambe correlate sul piano degli obiettivi. Il primo punto riguarda il tentativo, da parte di Alessandro Della Seta, direttore della Scuola Archeologica italiana di Atene, di togliere liscrizione di Kaminia dallimbarazzante isolamento per inserirla allinterno di un pi ampio contesto culturale13. Lattivit sul campo, ritardata da lungaggini burocratiche del governo ellenico, prende avvio solo nel 1926, concentrandosi sui siti di Efestia e di Poliochni14. Se il contributo italiano fallisce nel primario obiettivo di contestualizzare la nota iscrizione, di fatto aiuta a ricomporre uno straordinario quadro informativo sulle fasi pre- e protostoriche della cultura tirrenica nellisola, mettendo in luce la stratificazione di tratti culturali anatolici che pongono Lemnos alla periferia del mondo egeo. Il secondo contributo pu essere riconosciuto nella ricognizione sistematica condotta a Lemnos da Fritz Schachermeyer nel 1924-25, nellambito di un progetto che mirava alla ricostruzione del momento formativo della cultura tirrenica. Lattivit sul campo dello studioso austriaco si concretizza a breve distanza dallesplorazione che la Scuola Archeologica Italiana di Atene, sotto la direzione di A. Della Seta, aveva condotto nel maggio 192315. Lobiettivo dellattivit sul

campo di Schachermeyer era quello di recuperare altri documenti epigrafici, ma soprattutto di impostare il problema dei Tyrsenoi di Lemnos in una prospettiva archeologica: lidentificazione di nuovi siti lungo la costa settentrionale dellisola, alcuni dei quali con attestazioni di epoca preistorica, offre allo studioso la possibilit di isolare, tra gli indicatori della cultura materiale, un forte sostrato anatolico che, solo in una fase avanzata dellet del Bronzo, si sarebbe arricchito di elementi della tradizione egeo-micenea16. I risultati di queste ricerche hanno una conseguente ricaduta sulla questione dei Popoli del Mare, riproponendo il problema dei Teresh, ma soprattutto quello del ruolo esercitato dallEgeo set-

Fig.3 Elaborazione grafica della stele di Kaminia, Lemnos.

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Fig. 4. Collezione Fritz Schachermeyer, Vienna: materiali della prima et del Ferro da Mikro Kasteli, Lemnos.

tentrionale, e in particolare da Lemnos, quale via di collegamento, culturale e geografica, tra il paese di Tarusia, localizzato in Anatolia, e lEtruria in Occidente17. La collezione di reperti, oggi conservata a Vienna e in corso di pubblicazione da parte dello scrivente18, include anche una seconda ricognizione condotta dallo studioso nel 1942-43, quando lisola era sotto loccupazione militare tedesca. Per la qualit dei materiali e per la provenienza da siti oggi non pi visibili, la Sammlung Fritz Schachermeyer rappresenta unimportante fonte di informazione per ricostruire lorizzonte cronologico e culturale compreso tra le ultime fasi del Periodo Viola di Poliochni (tarda et del Bronzo) e le pi antiche tombe ad incinerazione della necropoli di Efestia19 (Fig. 4). Il carattere anatolico dei materiali dallisola di Lemnos e le relazioni con la

prospiciente costa troiana finiscono per offrire, in una prospettiva storica, un nuovo ed inatteso elemento a sostegno della posizione di frontiera dellEgeo settentrionale, che si configura come una sorta di proiezione transmarina di fenomeni culturali che andavano ricercati nella costa o nellentroterra microasiatico. Se escludiamo i tentativi del Della Seta e dello stesso Schachermeyer di riportare la questione allinterno della pi ampia problematica archeologica, la meccanica sovrapposizione di Teresh/Tyrsenoi, che si fondava prevalentemente sulla presunta somiglianza linguistica tra i due etnonimi, ha continuato ad influenzare in modo decisivo la ricerca, rafforzando lasse virtuale che, partendo dallEgitto e passando attraverso il mondo anatolico con linserto lemnio, si spingeva fino alla penisola italiana.

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2. Etnonimi ed eteronimi: quando larcheologia incontra lantropologia


Lexcursus lungo il sottile filo rosso che lega il Delta del Nilo con gli altipiani anatolici pone al centro del dibattito il problema dellidentit etnica di queste popolazioni che, alla fine del XIII secolo a.C., entrano in rotta di collisione con lEgitto. Il metodo combinatorio tra evidenze di diversa natura (documentazione archeologica, aspetti linguistici, tradizioni etnografiche), non sempre riconducibili al medesimo percorso epistemologico, ha finito per determinare ponderose forzature interpretative, innescando pericolosi circoli viziosi. Uno dei limiti maggiori di questo approccio senza dubbio il progressivo appiattimento della lettura di questi fenomeni su una visione rigidamente migratoria, fondata sulla ricerca di quegli elementi allogeni quale indicatore dellarrivo di nuove popolazioni20. Tuttavia, se lidentificazione, nella cultura materiale, di aspetti estranei al mondo locale ha certamente avuto il merito di spostare lattenzione verso quegli elementi di alterit nella documentazione iconografica ufficiale, di fatto ha impedito lanalisi della documentazione archeologica in termini di ricostruzione degli aspetti identitari del gruppo di riferimento. Ad esempio, solo in anni recenti, grazie ad una lettura comparata tra i testi degli archivi di Ugarit e le fonti egizie, sono emersi nuovi dati sullintegrazione di certe popolazioni straniere, quali i Sherden, nel tessuto socio-economico della capitale siriana21. Le esperienze etnografiche relative alla colonizzazione greca in Occidente, che nellultimo decennio si sono arricchite di riflessioni sul tema dellidentit etnica mutuate da modelli dellantropologia culturale22, spostano lattenzione

sul fatto che questi etnonimi in realt vadano qualificati come eteronimi, ovvero nomi di ethne attribuiti da altri, non sempre corrispondenti alla realt locale23. Infatti, lapplicazione di queste etichette etniche pu variare nel tempo, ma soprattutto in relazione al mutare dei rapporti sociali dei gruppi che creano tali attribuzioni. Nel caso specifico delle fonti egizie relative ai Popoli del Mare, occorre tener presente che i rilievi di Medined Habu rappresentano un documento di straordinaria importanza che, nonostante i forti condizionamenti dellideologia politica regale, riporta informazioni contemporanee al tempo degli eventi. Pur trattandosi di documenti ufficiali che tendono a sovradimensionare i fatti e a leggerli in maniera unilaterale24, non c dubbio che agli occhi di un egiziano vissuto al tempo di Ramses III i nomi dei popoli rispondessero a specifiche caratteristiche di identit etnica e di localizzazione geografica25. Le pi tardi fonti bibliche e di epoca classica riportano informazioni mediate e filtrate su popoli che mantengono lo stesso etnico, ma non c alcun elemento a favore della loro identificazione con i gruppi riportati nei testi egizi che risultano pi antichi26. Le numerose zone dombre che emergono da questa impostazione, ancorata ai metodi della ricerca filologicolinguistica di matrice positivista, possono essere ridimensionate grazie ad una lettura comparata e interdisciplinare tra fonti di diversa natura, a cominciare da quelle archeologiche che, negli ultimi anni, si sono arricchite di nuovi e sorprendenti apporti. Infatti, una significativa fonte di informazioni, per molto tempo trascurata negli studi sullAnatolia dellet del Bronzo, linsieme di documenti iconografici che riportano rappresentazioni di personaggi stranieri confrontabili con imma-

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gini documentate in altri ambiti culturali e geografici, quali ad esempio Cipro e il mondo levantino. Tale metodo di indagine, che stato applicato con un certo successo sulliconografia dei Popoli del Mare nellimmaginario egizio27, meriterebbe di essere esteso anche al contesto egeo-miceneo, per il quale il rapido successo della produzione della ceramica figurata nel TE IIIC ha determinato lo sviluppo di apparati e forme di rappresentazione sempre pi complessi e ricchi di forti implicazioni ideologiche28. Unultima categoria di dati, anchessa trascurata, dalla quale potranno giungere utili spunti di riflessione, quella relativa alla sfera religiosa. Nella piena convinzione che lespressione religiosa, nella sua complessa polisemia di pratiche di culto e credenze, sia riconducibile ad un paradigma attraverso il quale gli individui elaborano forme di identit e di comunicazione29, unindagine in tale direzione potr essere utile per chiarire gli aspetti dicotomici tra alterit e identit che stanno alla base dellorganizzazione di ogni comunit30. Riallacciando il filo di collegamento che lega lindagine linguistica con quella archeologica, il nostro discorso prende avvio dallEgitto, che offre le coordinate storico-cronologiche per linquadramento dei Teresh, per poi spostarci in direzione del mondo egeo-anatolico, dove documentazione archeologica e dati filologici risultano meglio integrati che altrove.

3. I teresh nelle fonti egizie


A fronte di una vasta documentazione, epigrafica e iconografica, sui Popoli del Mare che in tempi differenti minacciano lEgitto31, tra i lunghi elenchi di prigionieri e di nemici aggressori, i Teresh forse sono quelli pi scarsamente rappresentati. Co-

storo compaiono tra i gruppi di Libici (Tjemehu) che, sotto il comando di Meryre, invadono lEgitto nel quinto anno del regno di Merneptah (1213-1204 a.C. circa), come riportato nelliscrizione sul muro orientale del tempio di Karnak. Nelliscrizione trionfale il faraone ricorda che rdn (Sherden), kr (Shekeles), Ikw (Ekwesh), Lk (Lukka), Tr (Teresh), i quali portando con s mogli e figli, rimasero in Egitto per giorni e mesi, stabilendosi nel paese. Costoro raggiunsero le montagne della terra di Ut (localizzata a sud del Fayyum) devastando il grande circuito di Taahu 32. molto probabile che lo stesso gruppo di genti straniere prenda parte alle incursioni che mettono a ferro e fuoco lEgitto nellottavo anno del regno di Ramses III (1187-1156 a.C. circa). Questa ricostruzione si fonda sulla rappresentazione di un comandante Teresh raffigurato tra i prigionieri deportati che occupano il rilievo della grande porta che conduce al tempio di Medinet Habu33. Si notano sei prigionieri condotti davanti al faraone, con relative iscrizioni: il primo un ittita, il secondo un principe di Amurru, il terzo indicato come il comandante dei nemici Tkr (Tjekker), segue uno Sherden del mare, un comandante Sha[su], e per ultimo un tr del mare34 (Fig. 5). Anche se il nome dei Teresh non riportato nelle altre iscrizioni che accompagnano i rilievi del grande edificio templare relative allinvasione di terra e alla battaglia sul mare, appare certo che, a distanza di due generazioni, queste genti siano tornate in Egitto, perch in uniscrizione da Deir el Medineh il faraone Ramses III menziona il loro nome tra quelli che, provenienti dal mare, avevano invaso lEgitto35. Per meglio comprendere il significato, nella sua dimensione storica e di geografia politica, delletnico Teresh occorre inquadrare i termini della questio-

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ne allinterno del complesso intreccio di messaggi e di formule ideologiche cristallizzato nei rilievi che decorano il tempio di Medined Habu36. La serie di eventi che vedono protagonisti i Popoli del Mare occupa la facciata esterna settentrionale e il lato orientale del secondo pilone, disponendosi per un totale di circa 424 m2 di fregio figurato37 (Fig. 6). Il testo e le immagini sono stati concepiti dagli artisti e dagli scribi come un unico e coerente apparato testuale e illustrativo, dove ciascun elemento in funzione dellaltro. Ad esempio, nella prima e seconda campagna di Libia e in quella di Nubia compaiono, inseriti allinterno dello schieramento imperiale, truppe mercenarie indicate con il nome di Sherden e Peleset (Fig. 7). La presenza di questi gruppi, che in altre parti del rilievo sono i protagonisti della violenta aggressione ai danni dellEgitto, potrebbe aver destato qualche imbarazzo al visitatore del tempo, ma si ricorre abilmente allinserto del testo, collocato a fianco allimmagine dei mercenari, che non pu essere separato dalla rappresentazione: i paesi stranieri, un tempo nostri nemici, ora combattono a nostro fianco, sotto la soggezione del potere nostro e di Amun, insieme allammirazione dei nostri successi38. Tuttavia, esistono alcune differenze nellimpostazione e costruzione delle scene, che devono essere tenute in considerazione nel momento in cui viene affrontato il tema dellidentificazione dei gruppi che compongono il variegato mosaico dei Popoli del Mare. Ad un attento

esame delle singole scene, non pu certo sfuggire che lartista, il quale operava secondo cartoni, risultava fortemente condizionato dallo spazio e dal tema rappresentato piuttosto che dai dettagli artistici o dai riempitivi. Prendiamo ad esempio la scena del principe davanti al faraone: si tratta di una composizione schematica costruita sul modello del principe che assiste il padre e da questi riceve ordini di battaglia. Come nota D. Redford39, questa scena, che si ripete almeno quattro volte nei rilievi del tempio, prevede a

Fig. 5. Medinet Habu: rilievo dei capi militari in catene: da sn, un Ittita, un Amorreo, un Tjeker, uno Shardana, uno Shasu e un Teresh (rielaborato da Sandars 1985). Fig. 6. Medinet Habu: rappresentazione della sala centrale con indicazione delle campagne militari contro i Popoli del Mare (da OConnor 2000).

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Fig. 7. Medinet Habu: lesercito egizio con mercenari stranieri al tempo della prima campagna contro i Libici (da Nelson 1932).

Fig. 8. Medinet Habu: prigionieri tra i Popoli del Mare sono presentati ad Amon e Mut (da Nelson 1932).

fianco della figura del principe una targa che viene lasciata priva di iscrizione, perch sappiamo che nessuno dei figli di Ramses nella prima decade del regno era in grado, per ragioni di et, di assumere il comando delle truppe40. Questo, in altre parole, significa che la costruzione delle scene sarebbe dettata da modelli precostituiti che rispondono al linguaggio figurativo dellideologia ufficiale; pertanto, la rappresentazione dellincontro tra il principe e suo padre non risponderebbe ad un fatto realmente accaduto, diversamente da quanto viene descritto nelle scene di battaglia che, al contrario, sono impostate secondo le informazioni ricavate dal giornale di guerra del faraone41.

Se guardiamo a quelle scene che potrebbero rispondere a fatti realmente accaduti, non possono certo sfuggire alcune incoerenze: nella seconda campagna di Libia sorprende il numero elevato di gruppi appartenenti ai Popoli del Mare elencato tra le truppe alleate, tra le quali figurano Peleset, Sherden, Teresh e Shekelesh42. Di particolare interesse appare il fatto che solo i Peleset partecipino allo scontro contro le trib libiche, mentre i Teresh e i Shekelesh sono rappresentati in posizione di marcia e mai di interdizione con il nemico; infine, singolare il fatto che dei Sherden non ci sia alcuna menzione. La spiegazione di queste incongruenze ancora una volta va ricondotta allimposizione di uno schema precostituito che prevedeva la sequenza-tipo con schieramento degli alleati, truppe in marcia e battaglia. Come si pu facilmente evincere, dal punto di vista dellideologia ufficiale sono la composizione dello schieramento, come espressione della potenza militare, e la battaglia finale, che prelude alla vittoria, a segnare sul piano simbolico lintera ricostruzione della campagna militare. In realt, il fatto che nella scena di combattimento siano rappresentati solo i Peleset potrebbe essere in relazione non tanto ad un ruolo strategicamente determinante ai fini della vittoria finale (principio di fatto inaccettabile nellideologia della corte imperiale perch avrebbe sminuito il ruolo dellesercito ordinario), quanto alla volont di trasmettere un preciso messaggio allosservatore: i Peleset, un tempo alleati, sono coloro che nellottavo anno del regno di Ramses oseranno sfidare il faraone (Fig. 8). Al di l di alcune incoerenze e di certe ingenuit nel sistema di rappresentazione, fortemente condizionate dagli schemi artistici e dai paradigmi ideologici dellarte ufficiale, i rilievi del grande

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complesso templare di Medined Habu rappresentano ad oggi la sola documentazione iconografica relativa allarrivo di popolazioni straniere al tempo di Ramses III. Il contenuto di queste scene rimane al centro di un vivace dibattito sulla reale natura storica degli eventi, in altre parole se queste imponenti rappresentazioni riflettano fatti realmente accaduti, quali i tentativi di invasione per terra e per mare dellEgitto da parte di aggressori stranieri. Nonostante alcune recenti prese di posizione che tendono a considerare le scene come scaramucce di modesta entit, volutamente enfatizzate dallideologia del potere43, per la maggior parte degli studiosi i rilievi di Medinet Habu rappresenterebbero la visione, se pur sottoposta agli stereotipi dellarte ufficiale, di drammatici eventi che misero in crisi il potere imperiale44.

lo centro abitato che visse per poco pi di un secolo prima di essere definitivamente abbondato, al tempo del faraone Merneptah, probabilmente a causa delle incursioni dei Popoli del Mare45. Della relativa necropoli furono scavate alcune tombe, a camera ipogeica poco profonda. Di particolare rilevanza appare la tomba 21: allinterno della fossa stavano due sarcofagi lignei che, grazie alle relative iscrizioni, risultano appartenere rispettivamente ad un alto ufficiale palatino di nome Nefermennu, e ad un uomo il cui nome traslitterato corrisponde a In-nTeresh o Anen-Tursha46 (Fig. 9). Leditore del complesso aveva messo in relazione la sepoltura con quella di un individuo di origine straniera, il quale in qualche maniera doveva essere legato al governatore locale, forse da vincoli di na-

Fig. 9. Medinet Gurob: sarcofago ligneo di In-n-Teresh (da Petrie 1890).

4. Uno straniero a medinet gurob


Il connubio tra rappresentazioni e documenti testuali nel tempio di Medinet Habu si rivela unimportante fonte documentaria del mosaico di popolazioni che vivevano ai margini dellImpero, ma anche allinterno di esso. La ricerca, tuttavia, non pu restare ancorata solo allambito epigrafico-testuale, ma deve estendersi ad altre categorie di fonti, quali gli elementi di cultura materiale che, se letti in modo corretto, possono offrire preziose informazioni sui gruppi allogeni inseriti nel contesto locale. In questa prospettiva, di una certa rilevanza appare un documento archeologico che per molti anni rimasto inspiegabilmente trascurato nella letteratura sullargomento: nella necropoli di Medinet Gurob non lontano dal Fayyum, nel corso delle esplorazioni di W. Flinters Petrie nel 1888, venne scoperto un piccoEx parte orientis: i teresh e la questione dellorigine anatolica degli etruschi

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Fig. 10. Medinet Habu: ricostruzione del Comandante Teresh dal rilievo dei capi militari in catene (da Wainwright 1961).

tura gentilizio-clientelare piuttosto che di filiazione di sangue47. Il personaggio, che riporta nel nome il riferimento al suo etnico di origine, doveva risultare integrato allinterno della comunit locale, che presentava numerosi stranieri, tra cui Sadiamia (nome di origine accadica) sepolto nella tomba 20 comunicante con quella di In-n-Teresh. Seguendo F. Petrie nellaccurata lettura iconografica del sarcofago, non si pu fare a meno di notare che i tratti fisionomici del maschera funeraria mettono in evidenza i connotati di un individuo non egizio, con la caratteristica convenzione stilistica del grande naso aquilino che rimanda al mondo asiatico. Ma vi un altro elemento che rafforza la provenienza allogena di In-n-Teresh: i lobi delle sue orecchie sono forati per linnesto di orecchini, secondo un costume che rimanda ancora una volta alle rappresentazioni dei Popoli del Mare sui rilievi di Medinet Habu (Figg. 5,10).

5. Chi erano i teresh e da dove provenivano?


Lesame del sistema compositivo dei rilievi del tempio di Medinet Habu invita a mettere in evidenza un aspetto che deve

essere tenuto in considerazione per ogni tentativo di identificare il luogo di provenienza delle genti straniere: chi visionava le scene che decoravano il monumentale edificio e ne stabiliva un nesso con le immagini di riferimento, sapeva che i Popoli del Mare provenivano da differenti comprensori geografici. Il discorso sullidentit dei Teresh risulta purtroppo fortemente inficiato dalle scarne informazioni attualmente disponibili, ma elementi di una certa utilit possono essere ricavati da una lettura pi organica delle fonti, iconografiche e letterarie, relative ai Popoli del Mare. Cominciamo con la definizione dellidentit etnica e le relazioni tra queste genti straniere e lEgitto. In unaltra importante fonte relativa agli eventi al tempo di Ramses III, il Papiro Harris I, alcune delle etnie che mettono a ferro a fuoco il Delta del Nilo, tra cui i Teresh, sono indicate come prigionieri di guerra che avevano un tempo abitato in Egitto48. Il riferimento alla sepoltura di In-n-Teresh a Medinet Gurob, menzionata in precedenza, un prezioso elemento in tale direzione, che si ricollega ad un altro importante dato di recente acquisizione: la documentazione archeologica conferma la presenza di alcuni mercenari filistei allinterno delle guarnigioni egizie di Beth Shean e Deir el Balah in territorio cananeo49 (Fig. 1). Allo stato attuale della ricerca, appare assai lacunosa la documentazione relativa alla presenza di genti di origine filistea in Egitto: il solo elemento che potrebbe rimandare alla cultura filistea del Bronzo Tardo una brocchetta con becco a crivello dal sito di Mendes, ma lattribuzione non certa perch potrebbe trattarsi di un prodotto di fabbrica egeo-levantina, forse cipriota50. Tuttavia, la scarsa evidenza di prodotti riconducibili a fabbriche filistee in Egitto potrebbe essere imputabile principalmente ad un

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problema di riconoscimento di indicatori archeologici, e solo attraverso un lavoro di revisione dellintera documentazione della cultura materiale sar possibile un giorno isolare altri elementi. infatti siamo certi che in futuro una pi ampia revisione dei materiali provenienti da siti scavati in passato potr contribuire a fornire inaspettate informazioni in tale direzione. Se spostiamo il discorso sul sistema di reclutamento e di organizzazione dellesercito egizio, la documentazione letteraria conferma limpiego di unit di combattimento straniere al tempo di Ramses II e III: sufficiente ricordare il caso di alcuni libici trasferiti presso fortezze di confine in terra cananea, o la deportazione di genti da Kush in Palestina al posto di una trib di Apiru inviata in Nubia51. Nuclei di Sherden, inoltre, sarebbero presenti nel Medio Egitto molto tempo prima degli eventi che portarono, sotto il regno di Ramses III, alla formazione della coalizione che tent di invadere il Delta del Nilo52. Il caso degli Sherden, che come stato chiarito in precedenza sono presenti anche allinterno della citt di Ugarit53, si inserisce nella medesima politica di integrazione di genti straniere e in tutte le evidenze finora censite emerge lo stretto legame di questi individui con il mercenariato. Non sappiamo chi fosse In-n-Teresh di Medinet Gurob, ma la sua sepoltura, curata secondo i rituali egizi e collocata a fianco a quella di un alto ufficiale palatino, un pa-khent che avrebbe avuto anche funzioni militari, suggeriscono di identificare luomo quale un comandante di truppe mercenarie di stanza nella fortezza. I rilievi di Medinet Habu forniscono altri elementi di un certo interesse. Leccellente lettura iconografica del pannello centrale del muro settentrionale, formu-

lata anni addietro da G. Wainwright54 e tuttora valida nel metodo, permette di enucleare alcune importanti informazioni sul modo di rappresentazione dei Teresh: queste genti sono assimilate ai Sherden, con i quali condividono la barba e un copricapo di stoffa con una fascia alla base. A differenza dei Teresh, gli Sherden si distinguono dai primi perch portano al collo una collana da cui pende un elemento discoidale di grandi dimensioni (Fig. 10). Le affinit somatiche (ad esempio il naso aquilino), luso della barba e del medesimo copricapo, insieme alla collocazione sul medesimo pilastro del tempio, suggeriscono che nellimmaginario egizio Teresh e Sherden venissero percepiti come popoli affini sul piano culturale e provenienti da regioni limitrofe. La corretta lettura del rilievo di Medined Habu porta a recuperare un altro importante documento iconografico finora trascurato: nel grandioso pilone che celebra la battaglia di Qadesh, collocato nel tempio di Luxor al tempo di Ramses II (1279-1213 a.C.), si nota una schiera di guerrieri alleati dellesercito ittita55 (Fig. 11); anche se non sono riportate le iscrizioni, gli accurati dettagli dellabbigliamento e delle acconciature permettono di riconoscere uomini di origine amorrea

Fig. 11. Rilievo da Luxor: rappresentazione grafica delle truppe mercenarie allinterno dellesercito egizio (da Sandars 1985).

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e siriani, ma tra questi spiccano due figure con connotati differenti dai primi. Il sesto personaggio da sinistra un uomo barbuto, con il naso aquilino, che indossa un copricapo assai simile a quello del comandante Teresh che sar riprodotto circa un secolo dopo nei rilievi di Medinet Habu. La somiglianza sorprendente e il fatto che luomo indossi un lungo abito di tipo siriano offre una preziosa indicazione a favore della provenienza del guerriero dai confini a nord dellImpero egizio. A conferma di questa ricostruzione pu essere chiamato in causa luomo che sta a fianco al primo che, per i tratti somatici e il copricapo di stoffa, trova una sorprendente corrispondenza nellimmagine del capo Tjeker fatto prigioniero e rappresentato nel pilone del tempio di Medinet Habu (Fig. 5). Se la ricostruzione corretta, si pu sostenere anche nel caso dei rilievi celebrativi della battaglia di Qadesh, pi antichi di almeno un secolo rispetto agli eventi dellinvasione dei Popoli del Mare al tempo di Ramses II, che i Teresh si muovessero in battaglia a fianco dei Tjeker, forse perch provenienti da territori limitrofi. Diversamente da altre genti etichettate nel pi ampio calderone dei Popoli del Mare, i Teresh gli Sherden e i Peleset sembrano le sole etnie che, pur con accenti differenti, sembrano aver avuto rapporti con lEgitto, in qualche caso anche in termini di integrazione. Volendo riassumere linsieme delle informazioni finora raccolte, possiamo tentare di proporre una successione diacronica sulle vicende dei Teresh in Egitto: 1. I Teresh sono un gruppo straniero presente in Egitto almeno dagli inizi della XIX Dinastia (inizi XIII secolo a.C.); 2. Sono guerrieri di professione che militano nello schieramento ittita in occasione della battaglia di Qadesh; 3. Alcuni di loro risultano integrati allin-

terno del sistema socio-economico egizio, come attesta il caso di In-n-Teresh (Fig. 9), che vive al tempo di Merneptah (1213-1204 a.C.) e le informazioni relative alla seconda campagna contro le trib libiche; 4. In-n-Teresh certamente attivo allinterno della struttura di governo del piccolo centro di Medinet Gurob; il fatto che sia stato sepolto a fianco di un alto ufficiale palatino lascia sospettare che costui fosse un comandante militare a capo della guarnigione che includeva egizi e mercenari; 5. Alcuni Teresh nel quinto anno del regno di Merneptah (1208-1207 a.C. circa) si uniscono ai Libici di Meryre e, come recita il testo celebrativo nel tempio di Karnak, rimasero per mesi a saccheggiare i villaggi del Delta del Nilo; 6. Merneptah riassume il controllo della situazione e caccia via gli insorti, tra cui i Teresh; 7. Agli inizi della XX Dinastia i Teresh figurano come mercenari schierati nelle truppe imperiali, nel corso della seconda campagna di Libia promossa da Ramses III (1187-1156 a.C.); 8. Qualche anno dopo, nellottavo anno del regno di Ramses III (1179 circa) i Teresh sono considerati nemici, a giudicare dalla rappresentazione di un comandante di essi rappresentato insieme ad altri capi militari stranieri nei rilievi di Medinet Habu; Linsieme dei dati finora raccolti mette in evidenza due aspetti di una certa rilevanza in termini storici: in primo luogo i Teresh, insieme a pochi altri popoli stranieri ricordati nella grande invasione al tempo di Ramses III, sono prevalentemente menzionati come gruppi stranieri inseriti allinterno del tessuto sociale ed amministrativo locale. Nellelenco dei gruppi che costituivano la confederazione dei Popoli del Mare, costoro non ven-

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gono in alcun modo menzionati. Solo nel rilievo dei prigionieri di Medinet Habu, il comandante dei Teresh del mare lascia sospettare che costoro presero parte alle operazioni militari contro lEgitto. Questa ricostruzione trova un solido elemento nel fatto che il comandante Teresh appaia a fianco del capo beduino degli Shasu, i quali, come conferma il papiro Harris, presero parte alla campagna militare contro Ramses III56. Il secondo dato riguarda il modo attraverso il quale gli egizi percepivano i Teresh: nei momenti pi drammatici della naumachia e della battaglia di terra, i Teresh non figurano in alcun modo e, con la sola eccezione del rilievo dei prigionieri, appaiono sempre in un contesto amico. Come indica lo schema compositivo dellintero ciclo di rappresentazione del tempio di Medinet Habu, i Peleset e gli Sherden sono tra i nemici quelli pi aggressivi e pericolosi57. Non chiaro il motivo di questo diverso trattamento da parte dei vincitori, che potrebbe essere spiegato alla luce dello scarso interesse nei confronti dei Teresh, i quali forse rappresentano una forza numericamente minoritaria rispetto agli altri popoli della Confederazione e forse ancora in parte legati da vincoli di mercenariato con lesercito imperiale. In conclusione, i dati in nostro possesso convergono nellindicare che i Teresh fossero un gruppo straniero, il quale in origine risultava integrato nel sistema sociale egizio e in un secondo momento, insieme ad altri nuclei di genti, prese parte alle campagne militari di invasione. Stabiliti i principali momenti di attivit dei Teresh in Egitto e la dimensione delle relazioni con il potere centrale, rimane da affrontare la questione del luogo di provenienza. Nelliscrizione del tempio di Merneptah a Karnak, le truppe libiche sotto

il comando di Meryre, sono affiancate da una coalizione di trib straniere che attaccano da ovest (Meshwesh) e da nord (Lukka, Ekwesh, Teresh, Sherden)58. Questa indicazione risulta di rilevante importanza perch permette di stabilire una filiazione tra alcuni gruppi, tra cui i Lukka che occupavano la regione meridionale costiera dellAnatolia59. Pertanto, il riferimento geografico risulta perfettamente coerente con la localizzazione di almeno uno dei gruppi, lasciando sospettare che anche gli altri provenissero da regioni limitrofe. La collocazione, nel rilievo della grande porta di Medinet Habu, del comandante Teresh immediatamente dopo un capo Sherden e uno Shasu (Fig. 5), porta a concludere che nellimmaginario egizio anche i Teresh venissero percepiti come appartenenti ad un etnia differente dai primi, anche se vagamente ricollegabile alla prima per questioni di provenienza geografica. Se negli Shasu vanno identificate quelle trib beduine che vivevano nelle regioni pi interne della Siria60, ci sono sufficienti elementi per credere che i Teresh abitassero una terra non tanto lontana da quella dei nomadi. Anche in questo caso tale ricostruzione risulta compatibile con lindicazione geografica riportata nelliscrizione di Karnak menzionata prima61. Il discorso pu essere spinto pi oltre: le affinit nel vestiario e sul piano somatico tra Teresh e Sherden, come stato messo in evidenza prima, rafforzano lidea di un certo grado di filiazione tra i due gruppi. Inoltre, questo gruppo di invasori, che si distingue per il nome desinente nel suffisso (Ekwesh, Shekelesh, Meshwesh), occuperebbe una parte specifica dello schieramento militare, collocandosi sempre a fianco dei Lukka. Possiamo ipotizzare che tra le forze

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della coalizione antiegiziana prevalesse una dislocazione delle unit secondo la provenienza geografica? Potrebbe tale disposizione sul campo essere condizionata dal fatto che questi gruppi parlassero dialetti diversi ma pur sempre tra loro comprensibili, agevolando la comunicazione e la comprensione degli ordini in battaglia? Secondo la suggestiva ricostruzione di G. Wainwright, la presenza dei Lukka a fianco dello schieramento delle genti con suffisso , rispecchierebbe la geografia di provenienza dei gruppi, trovando un ulteriore elemento di supporto nella possibile relazione tra letnonimo Teresh e il toponimo Tara, lantico nome della citt di Tarso62. Come sar chiarito pi oltre, se la localizzazione dei Lukka nella regione costiera sud-occidentale della Turchia risulta un dato pienamente condiviso dalla maggior parte degli studiosi63, il luogo di origine dei Teresh non pu che essere ricercato in qualche parte del vasto continente microasiatico.

6. Un temporaneo cambio di rotta: dallanatolia allarea cananea


Lipotesi di Wainwright, che era fondata sostanzialmente su basi linguistiche, subisce un drastico ridimensionamento alla fine degli anni 70 del secolo scorso grazie allimponente lavoro di N. Sandars64. La studiosa poneva la questione dei Popoli del Mare nel pi ampio contesto storico del Mediterraneo centro-orientale, chiamando in causa una serie di elementi formali allogeni presenti nelle culture delle popolazioni dellarea siro-palestinese del tardo Bronzo. Tra questi spiccano limitazione di fogge vascolari della ceramica micenea del TE IIIC nel repertorio filisteo, la presenza di sigilli con segni della scrittura cipro-minoica e lintroduzione di

raffigurazioni fittili di figurine micenee; questi elementi, nella ricostruzione della studiosa, non sarebbero casuali ma rifletterebbero un preciso quadro storico che registra, nel corso del XII sec. a.C., il movimento di genti dallEgeo e da Cipro in direzione della regione siro-palestinese65. Pur riconoscendo al lavoro della Sandars il merito di aver inserito per la prima volta la questione dei Popoli del Mare allinterno di una complessa rete di fenomeni storici che coinvolgono i Grandi Stati regionali del Mediterraneo orientale alla fine del Tardo Bronzo66, uno dei maggiori aspetti di criticit risiede nel fatto che lintero paradigma interpretativo sia costruito su un procedimento meccanico di identificazione di prodotti della cultura materiale (ad esempio, specifiche fogge ceramiche o elementi dellarmamento), quali indicatori per la ricostruzione di un processo migratorio di massa. A questo modello interpretativo in anni recenti si sostituito un differente approccio metodologico, che tende a leggere la circolazione di determinate categorie di manufatti allinterno di un pi ampio sistema di scambi interregionali, che avrebbe favorito lo spostamento di artigiani specializzati innescando processi di emulazione tra le lites locali67. Per la verit, anche il tentativo di indagare certi fenomeni migratori allinterno di strategie e modelli di circolazione di beni di lusso, rischia di risultare schematico e meccanico nei processi di selezione degli indicatori archeologici. Infatti, Il problema maggiore rimane di natura archeologica, perch occorre oltrepassare il livello di analisi del singolo oggetto a vantaggio di una lettura contestuale, che metta in campo lo studio di altre categorie, quali gli aspetti funerari, la ceramica domestica, i modelli abitativi. Si tratta di una tematica che stata affrontata in tempi recenti, per la prima volta e in

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modo organico, nel caso della fascia costiera siro-palestinese nel corso del Tardo Bronzo, confermando la validit di un metodo integrato e aperto alla lettura di diverse classi di fonti documentarie, che hanno potenzialit informative diverse68. Sotto i colpi di una sempre pi complessa e contestualizzata lettura dei processi di proiezione esterna e di rapporti internazionali tra i grandi Stati del Mediterraneo antico, lipotesi dellorigine egea di alcuni gruppi che sarebbero giunti a minacciare lEgitto, viene a disgregarsi, lasciando spazio alla ricostruzione iniziale che riconosceva nel mondo anatolico il punto di partenza di tali nuclei di aggressori69. Alla luce di queste considerazioni, risulta opportuno riprendere la tradizionale ipotesi di Wainwright che, rifiutando una lettura unidirezionale sullarea di provenienza degli aggressori dellEgitto, non esclude che i singoli gruppi etnici possano provenire da differenti parti del Mediterraneo orientale, ma pur sempre ricollegabili al mondo anatolico. Pertanto, se probabile che lo schieramento delle forze militari sia stato organizzato secondo la provenienza geografica dei singoli gruppi per ragioni di comunicazione verbale ma anche di filiazione culturale, a questo punto non resta che riprendere il discorso ripartendo dallarea microasiatica.

7. Lukka, teresh e tursha nelle fonti ittite. Una complessa stratificazione


di etnonimi e antroponimi

Negli anni Venti del secolo scorso leminente studioso svizzero Emil Forrer metteva in rapporto due toponimi riportati nei testi ittiti, Wilusiya e Taruisa, riconoscendo nel primo la traslitterazione del nome greco Wilios (Ilion) e nel secondo la forma anatolica che si riferiva alla mede-

sima citt70. Questa identificazione, che fu al centro di una vivace polemica tra linguisti e archeologi, continua ancora oggi ad alimentare il dibattito, dal momento che vengono chiamati in causa importanti citt dellAnatolia del II millennio a.C., alcune delle quali erano pressoch scomparse in epoca classica71. Per quanto lidentificazione del termine Wilusiya/Taruisa con la citt omerica di (W)ilion rimanga a tuttoggi un problema aperto che non pu essere risolto solo attraverso lausilio delle fonti testuali, negli studi sulla geografia politica del mondo ittita, che mette in campo indagini topografiche e studi filologici, la Troade o, comunque, una regione dellAnatolia occidentale, rimane il candidato migliore per la localizzazione del regno di Taruisa (Fig. 12). Il termine, nella sua valenza topografica e politica, assume una particolare connotazione perch presenta la medesima radice che ritroviamo nelletnonimo Teresh, offrendo un ulteriore elemento a favore della localizzazione di questa trib in una regione non meglio precisata dellAnatolia occidentale. Le fonti che si riferiscono alla parte pi occidentale dellAnatolia sono assai antiche. Sotto il regno di Hattusili I (1650-1620 a.C. circa) si fa riferimento ad una spedizione militare nel territorio di Arzawa72. I rapporti con gli alleati che controllavano per conto degli ittiti le estreme regioni occidentali continuano a restare tesi nella prima met del XIV secolo a.C., sotto il regno di Tudhaliya III, quando forze nemiche di Arzawa attraversano il fiume Marassantya (lantico Halys) per sconfinare nel regno ittita73 (Fig. 12). Negli annali reali sono riportate quattro campagne militari e le forze nemiche comprendono ventidue paesi, disposti secondo un ordine geografico, da sud-est verso ovest, con le due localit di Wilusiya e Taruisa che chiudono

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Fig. 12. LAnatolia nel II millennio a.C. (da Bryce 2009).

la lista, presumibilmente collocate nelle regioni pi occidentali della penisola74. Linsieme di forze anti-ittite si raggruppa sotto il nome di Coalizione di Assuwa, menzionato anche in altri testi di epoca imperiale75. Il nome, che stato messo in relazione con la pi tarda indicazione di Asia, con cui in epoca storica si indicava la parte centrale dellAnatolia, potrebbe riferirsi non tanto ad una coalizione di tipo militare, formatasi per fronteggiare le spinte espansionistiche del regno di Hatti, quanto ad un vasto stato federale che raggruppava un certo numero di paesi76. Oltre ai testi degli archivi ittiti, una possibile menzione di Tarusia sarebbe riportata su un altro documento di eccezionale importanza, una tazza in lamina dargento, di provenienza sconosciuta, oggi conservata al Museo di Ankara77 (Fig. 13). Liscrizione, in geroglifico luvio,

menziona la conquista di una citt o territorio di nome Tarwiza, da parte del sovrano Tudhaliya, forse I o II. Non c alcun dubbio che si tratti di una delle campagne militari contro la Confederazione di Assuwa e in questo caso il nome Tarwiza sarebbe la trasposizione, in forma geroglifica, di Taruisa. Il testo inciso su un oggetto di pregio, realizzato molto probabilmente con largento frutto di un bottino di guerra, e il nome del donatore Samaya, uomo della terra di Hatti, avvalora la ricostruzione di una campagna militare, ma non abbiamo elementi per concludere che la citt di Troia/Taruisa/ Tarwiza sia stata realmente conquistata dagli Ittiti agli inizi del XIV secolo a.C. Le fonti testuali ci aiutano a ricostruire il sistema di controllo di questi territori, che era formalmente affidato a citt vassalle, nelle quali risiedeva un signore

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locale78. Le relazioni tra il potere centrale e quello periferico si fondavano su una complessa politica di negoziazioni e trattati di alleanze con il governo imperiale: in cambio di obbligazioni sancite nei trattati, anche sotto forma di prelievi fiscali, il potere centrale garantiva la sicurezza di questi protettorati, contribuendo anche a dirimere le questioni interne e legittimando la successione al trono. Se Tarusia, nella possibile variante luvia di Tarwiza, sia una citt o unentit territoriale riconducibile a Wilusiya, come potrebbe essere spiegata tale sovrapposizione di nomi? Una proposta di soluzione stata di recente suggerita da T. Bryce che riconosce nei nomi due entit territoriali in origine distinte, ma geograficamente limitrofe, le quali in un momento successivo, per ragioni non meglio definite, vennero a sovrapporsi fino a risultare interscambiabili79. La prova di questa diacronia nella nomenclatura sarebbe offerta dal mondo omerico, che non solo riproduce una situazione posteriore al collasso dei regni ittiti, ma soprattutto documenta, nellalternanza Troia/Ilion lantica interdipendenza tra i due toponimi80. Ci sono, dunque, sufficienti elementi per ritenere che la sovrapposizione dei due nomi sia avvenuta nel corso della tarda et del Bronzo, verosimilmente dopo le campagna militari di Tudhaliya III nella regione.

Un altro elemento pu essere chiamato in causa a favore di tale ricostruzione: il regno di Tarusia, allinterno delle operazioni militari e di politica diplomatica ittita nellAnatolia occidentale, risulta in qualche maniera in relazione con la terra dei Lukka, con la quale sembra confinare lungo la parte meridionale. Infatti, il testo del trattato tra il re Tudhaliya IV e suo cugino Kurunta, signore dello stato vassallo di Tarhuntassa, fornisce preziose indicazioni sullestensione di questo regno i cui limiti coincidevano con la Licaonia, Licia, Pisidia di epoca classica, fino a comprendere la parte pi occidentale della Panfilia81 (Fig. 12). La terra dei Lukka non costituiva ununit politica perch, attraverso il caleidoscopio delle fonti ufficiali ittite, non risultano nomi di sovrani di citt o capitali; inoltre, non c menzione di trattati di alleanza tra il potere regale ittita e quello dei suoi stati vassalli. Come ha giustamente riconosciuto I. Singer, il termine avrebbe un significato non politico, ma di natura geografica, indicando una precisa porzione della regione sud-occidentale dellAnatolia, inclusa anche la fascia costiera, che gli Ittiti percepivano unitaria solo sul piano etnico e culturale82. Una serie di elementi epigrafici di recente indagati da H. Melchert porterebbe a concludere che lunit dei Lukka non sarebbe solo di natura etnica, ma anche linguisti-

Fig. 13. Museo delle Civilt Anatoliche di Ankara: riproduzione e trascrizione delliscrizione in geroglifico luvio incisa su una tazza in lamina dargento, di provenienza sconosciuta (da Hawkins 1997).

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ca, dal momento che lestensione di questo ampio comprensorio unitariamente culturale coinciderebbe con la carta di distribuzione della lingua e della scrittura luvia83. I numerosi toponimi e antroponimi con la radice trs e trh, ampiamente localizzati nellAnatolia centro-occidentale, potrebbero essere un ulteriore elemento a favore della localizzazione dei Teresh in questa parte del continente asiatico. I Teresh, dunque, pur non essendo direttamente menzionati dalle fonti ittite, potrebbero essere uno dei gruppi che componeva il variegato mosaico delle comunit su base tribale che le fonti ricordano con il nome di Lukka. Questa struttura politica, fondata principalmente su gruppi autonomi collegati tra loro da vincoli di alleanza, corrisponde in maniera coerente con il quadro fornito dalle fonti scritte degli archivi di Amarna e di Ugarit, che in pi occasioni fanno riferimento a gruppi di Lukka che si muovevano per mare con imbarcazioni per effettuare raid pirateschi84. Pi avanti cercheremo di definire il carattere della pirateria alla fine del II millennio a.C., ma per il momento sufficiente ribadire che la sfera di azione delle genti chiamate Lukka dagli ittiti coincide con quella del mare. Accettando lassunto che i Teresh parlassero la stessa lingua dei Lukka e volendo spingere il discorso pi oltre, si potrebbe proporre come ipotesi di lavoro che letnico abbia una qualche radice linguistica riconducibile al luvio: letnonimo, infatti, potrebbe essere in relazione con il suffisso tr che, nella versione cuneiforme, indica il verbo trafiggere, e a sua volta corrispondente con il termine del geroglifico luvio GI/tr/ lancia85. I Teresh, dunque, potrebbero essere il popolo o la trib della lancia, con chiara allusione alle capacit belliche che erano ampiamente riconosciute sia presso gli Ittiti che in Egitto.

8. Il quadro archeologico dellanatolia sud-occidentale tra xiii e xii sec. A.C.


Se i Teresh fanno parte della grande unit geografica e tribale dei Lukka, a questo punto occorre spostare lindagine dal campo linguistico-testuale a quello della documentazione archeologica, nel tentativo di identificare gli indicatori di cultura materiale relativi alle popolazioni che occupavano lAnatolia sud-occidentale nelle fasi finali del Bronzo Tardo. Manca ad oggi un quadro di riferimento organico e sistematico sui principali elementi di cultura materiale e di cronologia nel comprensorio in esame. Le cause vanno ricondotte in primo luogo alla modesta presenza di siti con serie stratigrafiche e soprattutto allassenza di ricognizioni su vaste aree finalizzate alla ricostruzione delle forme di popolamento e alle modalit insediative86. A fronte di unampia documentazione relativa alle fasi neolitiche e del Bronzo antico, le conoscenze sulle fasi recenti dellet del Bronzo restano ancora scarse e spesso affidate a scavi condotti nel passato. Le sequenze cronologiche sulle quali costruire la successione del Bronzo Tardo nellAnatolia sud-occidentale sono alcuni importanti centri localizzati nella fascia costiera della Cilicia. Nel sito di Tarsus/ Gzlkule (Fig. 15), la ripresa degli scavi a partire dal 2001 a cinquantanni di distanza dalle esplorazioni di H. Goldman, ha permesso di chiarire alcuni importanti elementi di cronologia e di interpretazione della stratigrafia: il livello di occupazione ittita, contrassegnato dalledificio monumentale del Tardo Bronzo II, subisce una violenta distruzione agli inizi del XIV secolo a.C.87. Il nuovo insediamento, che sorge su uno spesso strato di incendio e di macerie opportunamente livellate, presenta le medesime caratteristiche

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di quello precedente, restituendo pochi frammenti di ceramica micenea del TE IIIB e IIIC iniziale88. Labbondante presenza di ceramica monocroma ittita conferma che il nuovo insediamento gravita ancora allinterno della politica del regno di Hatti. Pi ad ovest a Soloi/Pompeiopolis (Fig. 15), ad 11 km ad ovest di Mersin, sotto i livelli della citt ellenistico-romana sono venuti alla luce i livelli di occupazione di un sito di grandi dimensioni, che ha restituito ceramiche di importazione egea e cipriota del TE IIIB e IIIC, ceramica monocroma ittita e soprattutto una tazza con una bulla impressa ricavata da un sigillo in geroglifico luvio del Medio Impero89. Liscrizione riporta il nome del signore della citt,Targasnawa, che era al comando di un importante sito portuale munito di un imponente sistema difensivo90. La cospicua e articolata presenza di ceramiche di importazioni dallarea egeo-cipriota e dal Levante, il carattere

militare dellabitato e liscrizione imperiale sono elementi che depongono a favore dellidentificazione di Soli con lantica citt portuale di Ura91 (Fig. 12). Lacquisizione delliscrizione di Yalburt, incisa su diciannove blocchi che facevano parte di una vasca rituale legata ad un edificio di culto, porta un nuovo ed inaspettato contributo alle conoscenza della toponomastica della regione sud-occidentale dellAnatolia92. Il testo menziona le campagna di Tudhaliya IV (1237-1209 a.C.) nella terra ad ovest di Tarhuntassa e lelenco delle citt menzionate, come Winajawanda (Oinoanda), Tlawa (Tlos), Patara (Monte Patara), le quali mantengono lo stesso nome ancora in epoca classica, rafforza lipotesi che la terra dei Lukka corrisponderebbe al territorio della Licia e della Panfilia delle fonti greche93. A fronte di una conoscenza dei principali toponimi dellarea, il quadro della documentazione archeologica rimane

Fig. 14. La costa sud-occidentale dellAnatolia, con indicazione dei principali siti nella tarda et del Bronzo e Primo Ferro (da Mellink 1995).

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Fig. 15. Carta di distribuzione della Red-Lustrous Ware, della classe egeo-micenea e di quella cipriota nellAnatolia della tarda et del Bronzo (da Kozal 2000).

purtroppo ancora assai frammentario. In Panfilia larea costiera intorno a Perge (Fig. 15) ha restituito tracce di occupazione relative al Bronzo Tardo e al Primo Ferro, ma la forte stratificazione sino allepoca romana non ha permesso fino ad oggi di acquisire informazioni pi precise sulle fasi di vita relative al XIII e XII sec. a.C94. Ci sono buoni elementi per identificare a Perge lantica citt di Parha, ricordata nellIscrizione di Yalburt, ubicata lungo il fiume Kastaraya (antico Cestrus) (Fig. 12), a ridosso del confine del regno di Tarhuntassa e forse gi allinterno della terra dei Lukka95. Pi ad ovest, lungo la frontiera tra la Licia e la Panfilia, andrebbe collocata la citt di Hinduwa, che risulta sotto il controllo dellautorit ittita (Fig. 14). Identificata con la Candyba di epoca classica, Hinduwa protagonista insieme alla vicina Dalawa di una ribellione contro Tudhaliya I/II (inizi del XIV sec. a.C.)96. Molto probabilmente i due centri, se corretta lidentificazione di Dalawa con la citt licia di Tlos97, erano insediamenti

indipendenti che gravitavano nella terra dei Lukka (Fig. 12). Spostandoci sulla costa della Licia, uno dei centri pi importanti Patara, identificata presso la moderna Tepecik a 5 km ad est della foce del fiume Xanthos (Fig. 12). La citt era famosa in epoca arcaica per il culto oracolare di Apollo (Erodoto I,182), gestito da una sacerdotessa che praticava la oniromanzia. I recenti scavi condotti dallUniversit di Akdeniz a partire dal 2003 hanno portato in luce i resti di edifici di epoca ellenistica e romana sullacropoli, dove sono stati segnalati tratti di un muro di fortificazione datato al Bronzo Tardo. Degno di nota il recupero, allinterno di una cisterna ellenistica, di due figurine in bronzo, un uomo e una donna, ritenute di produzione cretese e databili allXI sec. a.C.: i manufatti potrebbero far parte di un deposito votivo databile tra la fine dellet del Bronzo e gli inizi dellet del Ferro, forse in relazione con un antico culto indigeno localizzato sullacropoli, che in epoca classica venne assorbito dal pi famoso oracolo di Apol-

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lo98. Nelliscrizione luvio-geroglifica di Yalburt, inoltre, viene menzionato il Monte Patara che, trovandosi nei pressi dellomonima citt, poteva rappresentare, per la sua particolare orografia, uno dei limiti della terra abitata dai Lukka99. Nellintero comprensorio corrispondente alla Licia e Licaonia, in epoca classica si registra la straordinaria sopravvivenza di toponimi in lingua luvia che risalgono allet del Bronzo. Non si tratta di una circostanza casuale, ma la dispersione degli antichi nomi in luvio coincide di fatto con quel vasto comprensorio che gli Ittiti chiamavano le terre dei Lukka. Ancora in epoca storica la Licia mantiene un pantheon di divinit che risalgono allet del Bronzo e anche il dialetto parlato in epoca storica tradisce la sopravvivenza dellantica lingua luvia100. Linsieme di questi dati porta a concludere che questarea fin dalla tarda et del Bronzo presentava una forte identit sul piano culturale101, ma anche una netta chiusura verso il mondo esterno, che spiegherebbe la tendenza ad un certo conservatorismo. Se leggiamo questo fenomeno in una prospettiva archeologica, un elemento a favore di questa ricostruzione ci viene offerto dalle modalit di distribuzione e

circolazione di due classi ceramiche di produzione egea, la ceramica micenea dipinta e la classe monocroma rossa tornita (Red Lustrous Wheel-made Ware). La ceramica a superficie rossa lustrata, per la quale stato supposto come centro di produzione lisola di Cipro102, presenta una carta di distribuzione a macchie di leopardo, con notevoli concentrazioni nellAnatolia centrale e in quella orientale, mentre appare meno frequente nelle regioni meridionali103 (Fig. 15). Di contro, la ceramica dipinta micenea del TE IIIB-IIIC iniziale che potrebbe provenire da centri di produzione localizzati nellAnatolia costiera, presenta differenti modalit di distribuzione, registrando forti concentrazioni nelle regioni occidentali e in misura minore in quelle pi orientali e sud-orientali104. Se sovrapponiamo la carta di distribuzione delle due principali produzioni ceramiche con quella del quadro geopolitico dellAnatolia nel XIII-XII secolo a.C., si nota che la classe monocroma lustrata circolerebbe in prevalenza nelle aree sotto il controllo militare ittita o di influenza ittita. Ad esempio, la fascia costiera della Cilicia, con i siti di Tarsus e Soli registra la diffusione di prodotti di fattura allogena allinterno di un contesto dominato da in-

Fig. 16. Kynos (Locride orientale, Grecia): frammenti pertinenti a crateri con scene di battaglia navale, TE IIIC (da Dakoronia 2006).

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dubbi elementi culturali ittiti. Il carattere fortificato dei centri urbani e la presenza di documenti ufficiali dellamministrazione centrale portano a concludere che la Cilicia orientale costituisse parte del regno di Tarhuntassa, legato allimpero ittita da vincoli di alleanze e ritenuto fortemente strategico per il controllo delle vie commerciali verso i porti della Siria, ma anche baluardo difensivo contro le incursioni dei Lukka105. Infatti, ad ovest del regno di Tarhuntassa, il materiale di importazione egeomiceneo risulta assai rarefatto e le modeste attestazioni coincidono con la totale assenza di elementi culturali ed epigrafici riconducibili al mondo ittita. In questo ampio comprensorio, in parte coincidente con i territori che in epoca classica saranno noti come Panfilia e Licaonia, andrebbero riconosciute le terre dei Lukka, che esulavano dalla sfera di controllo e di influenza ittita.

9. I lukka e i teresh: un modello di fuoriscitismo?


La convergenza tra fonti testuali e dati archeologici contribuisce in maniera significativa a ridurre le numerose zone dombra che persistono su ogni tentativo di ricostruzione dei processi territoriali e culturali nellAnatolia sud-occidentale alla fine del II millennio a.C. Il corso del fiume Kestros (moderno Kastraja) (Fig. 12) segnava fin dal XV sec. a.C. il limite occidentale del regno di Tarhuntassa, oltre il quale si estendeva una vasta regione che, al tempo di TudhaliyaI/II e Hattusili II (1400-1350 a.C. circa) era nota come Tlawa, forse dal nome del centro pi importante, Tlos, posto lungo il corso dello Xanthos (Fig. 14). Nonostante la recente attivit di scavo sullimponente altura presso il moderno villaggio

di Dver abbia permesso di intercettare solo livelli riferibili ad epoca ellenistica e romana106, la maggior parte degli studiosi concorda nel riconoscere sullampia acropoli la citt di Dawala menzionata dalle fonti ittite107 (Fig. 12). Il silenzio delle fonti su altri insediamenti nella medesima regione potrebbe riflettere una specifica organizzazione territoriale nella quale gli agglomerati urbani di grandi dimensioni appaiono assai rarefatti. Solo a partire dal XIII secolo a.C., in una fase avanzata del Nuovo Regno ittita, larea in questione viene assimilata alle terre dei Lukka. Il passaggio da un toponimo legato ad una citt, Dawala, alletnonimo Lukka, rifletterebbe un cambiamento dai profondi risvolti socio-politici: in altri termini, sarebbero mutati non solo lorganizzazione geopolitica dellintera regione, ma anche i processi culturali che spingono le comunit locali a riconoscersi allinterno di un gruppo unitario. T. Bryce riconduce a questepoca larrivo, nella cuspide sud-occidentale dellAnatolia, di popolazioni che parlavano il luvio, forse provenienti da settentrione, dalle terre di Arzawa o dalla Troade108. Questi movimenti a medio e lungo termine potrebbero essere il risultato delle continue campagne militari ittite nei territori a sud del fiume Marassantiya, fino a spingersi nella valle dello Xanthos, in un territorio ostile dominato da continui tradimenti e cambiamenti di alleanze109 (Fig. 12). Dal punto di vita archeologico, come stato chiarito nel paragrafo precedente, non si registrano cambiamenti significativi nella cultura materiale nel corso dellet del Bronzo Tardo, ma la scarsa incidenza della penetrazione delle ceramiche egeo-micenee e della Red-Lustrous Ware potrebbe essere il riflesso di una particolare organizzazione economica e politica di questo territorio110. Se queste classi

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di manufatti presentano, in altre regioni dellAnatolia fino al cuore della capitale ittita Hattusa/Boazky111, un circuito di fruizione e distribuzione strettamente connesso al mondo dellamministrazione palatina e delle lite locali, la forte rarefazione allinterno del territorio dei Lukka potrebbe essere la diretta conseguenza dellassenza di un gruppo di potere, il quale operava secondo differenti modelli di comportamento e strategie sociali di autorappresentazione. Il discorso molto pi complesso e non pu essere limitato allevidenza di una categoria di manufatti, dal momento che unindagine in tal senso deve tenere in considerazione altre informazioni, quali la struttura della sfera funeraria e soprattutto lorganizzazione socio-economica dei gruppi. Lo scarso interesse mostrato dai gruppi locali verso tali exotica, molto probabilmente prodotti a Cipro, non escluderebbe anche un certo grado di difficolt di penetrazione allinterno di un mondo che appariva chiuso e conservatore. Ancora una volta le fonti ittite che, solo a partire dal XIII sec. a.C., indicano queste terre con il sostantivo plurale112, offrono un interessante elemento di valutazione a favore di una realt che, sul piano politico ed etnico, era percepita come un mosaico assai variegato di genti. Per questa ragione le terre dei Lukka, non indicherebbero una realt politica, quale erano i regni di Tarhuntassa o Kizzuwadna, ma un comprensorio territoriale i cui confini erano definiti in negativo dalle frontiere politiche degli stati confinanti, una sorta di terra di nessuno dove vivevano e si muovevano gruppi differenti organizzati su base tribale e senza una struttura politica centralizzata. Per questa ragione, I. Singer ha felicemente definito i Lukka gli Habiru dellAnatolia, facendo riferimento ai gruppi

nomadi o semi-nomadi che occupavano le montagne e le foreste delle regioni deserte dellarea siro-palestinese113. Sotto il nome di Habiru si nascondevano popolazioni senza fissa dimora, che comprendevano evasi, briganti, fuoriusciti, fuggitivi, i quali vivevano ai margini della societ costituita ed erano costretti continuamente a muoversi, con le famiglie al seguito, per ragioni di sicurezza e di sopravvivenza114. Le fonti accadiche ed egizie ricordano che gli Habiru erano una ingestibile e temibile piaga per le piccole citt e per i centri agricoli, e nonostante si cercasse di utilizzarli come mercenari, restavano una forza totalmente incontrollata115. Gli Habiru sono descritti come piccole bande di modesta entit, organizzate in maniera semplice con un comandante comunemente scelto, anche se ignoriamo i meccanismi di selezione, forse basati sulla scelta del pi forte in campo o di colui che mostrava maggiori esperienze militari. Costoro si muovevano con le famiglie al seguito, agendo come gruppi autonomi: tuttavia, se queste bande si fossero unite allinterno di un pi ampio schieramento militare, sarebbero diventate una micidiale forza di combattimento, come ricorda la vicenda di Abdi-Ashirta, signore della guerra della citt siriana di Amurru, che intorno alla met del XIV secolo riusc ad assumere il comando di bande di Habiru e conquistare il potere116. Gli Ittiti utilizzavano gli Habiru come mercenari allinterno dellesercito imperiale, ma anche come manovalanza nella costruzione di opere pubbliche117. In tutti i casi finora menzionati, sia nella prospettiva egizia che in quella ittita, gli Habiru restavano una forza assai pericolosa e anche quando erano cooptati sotto pagamento o in maniera coercitiva, si richiedeva un costante e rigoroso controllo. Molti sono gli elementi che depongono a favore della ricostruzione delle

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terre dei Lukka come lo spazio ideale per accogliere rifugiati e bande di fuoriusciti. Il primo punto riguarda luso del sostantivo plurale che indica una realt territoriale che appare profondamente differente da quella di un regno, indipendente o vassallo, al vertice del quale si colloca un sovrano riconosciuto dalla controparte118. Dei Lukka non conosciamo alcun sovrano, n realt urbane che possono essere assimilate a sedi del potere regale; il silenzio delle fonti, in questo caso, non risulta solo condizionato dallideologia imperiale che tende ad escludere i sovrani che non sono considerati degni parigrado del re di Hatti, ma anche dal fatto che le autorit ittite non avevano tra i Lukka alcun referente tale da essere considerato espressione di autorit politica119. Infatti, secondo il modello di organizzazione Habiru, avremmo numerosi comandanti militari allinterno delle singole bande, ma di fatto tra questi nessuno assurgeva al grado di sovrano. Non va taciuto che le fonti relative ai Lukka, sia sul fronte ittita che su quello egizio, riportano un punto di vista unilaterale che tende a connotare queste popolazioni come ostili e antagoniste, in una dimensione dai toni fortemente negativi. Nel caso delle fonti ittite, la voluta accentuata dimensione territoriale riservata ai Lukka rispetto ad una connotazione di ordine politico, la diretta conseguenza di questo modo di percepire una popolazione che appare alquanto sfuggente e definibile solo se ricondotta ad una dimensione geospaziale, in quanto collocata al di l della frontiera dellimpero. Va la pena citare il caso dei Kaska, i nomadi ribelli che occupano la regione pontica dellAnatolia (Fig. 12), i quali sono perfettamente speculari ai Lukka: come questultimi sono i predoni del mare, i primi sono i briganti di terra120. Tuttavia,

rispetto ai Lukka, le fonti ittite forniscono maggiori dettagli sulla struttura sociale dei Kaska, i quali sono organizzati in trib, ciascuna delle quali controllata da un consiglio locale. Negli Annali di Mursili II menzionato il nome di un capo, Pihhuniya, la cui vicenda ci aiuta a capire la struttura dei Kaska, ma soprattutto il punto di osservazione degli Ittiti che non avrebbero mai considerato quale sovrano un rais locale, anche se animato dalla nobile idea di unire tutte le trib in unico stato: Pihhuniya non ha comandato alla maniera dei Kaska. Ma allimprovviso, mentre nelle citt dei Kaska non cera alcuna tradizione di sovrani, costui ha governato come un re121. Lipotesi di T. Bryce, secondo cui le regioni dellestremo sud-ovest dellAnatolia abbiano potuto accogliere le popolazioni esiliate di Arzawa dopo le campagne di Mursili II122, appare assai verosimile e avrebbe un valido supporto nella carta di distribuzione della lingua luvia123. Inoltre, il quadro della documentazione archeologica aiuta a ricostruire un sistema di occupazione del territorio per piccole realt insediative, che prediligevano siti su altura lungo i principali corsi fluviali e i loro affluenti. Anche gli altipiani di Acipayam nella regione di Denizli, e di Tefenni (Burdur) mostrano particolari attitudini ad insediamenti stabili, ma le vallate fluviali, scandite da alture naturalmente difendibili, come quella di Tlos, rappresentano il modello di occupazione che domina nella regione fin dal tardo Calcolitico124. La regione a sud della valle del Meandro dominata da imponenti catene montuose con orientamento nord-est/ sud-ovest, che creano una barriera naturale isolando di fatto il comprensorio tra Kyceiz e Kinik e proiettandolo verso la fascia costiera che guarda al Dodecaneso (Figg. 12, 14). Il solo passaggio verso nord-ovest assicurato dalla moderna

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strada che collega Mula con Fethiye, costruita su un antico percorso di transito che continua a restare lunica via in direzione della costa meridionale. Le sole aree adattate a forme insediative stabili sono i fondovalle e le terrazze perifluviali; inoltre, il carattere roccioso della linea di costa, dominata da profonde falesie a precipizio, riduce drasticamente i punti di approdo, privilegiando ancora una volta gli estuari dei fiumi. Questo quadro, che contempla elementi del paesaggio antropico e informazioni desunte dalla documentazione archeologica, risulta assai coerente con limmagine del territorio abitato dai Lukka trasmesso dalle fonti ittite e soprattutto con la natura mobile e scarsamente sedentaria della sua popolazione. In un territorio dominato da situazioni orografiche assai accentuate e da scarsi punti di approdo, gruppi di popolazioni che vivevano di pirateria e di incursioni terrestri, avrebbero trovato lideale habitat che offriva loro ogni garanzia di sicurezza e di sopravvivenza. Se la ricostruzione dei Lukka come gli Habiru del mondo mesopotamico cogliesse nel segno, tra i nomi dei Teresh, Tjekker ed Ekwesh, che le fonti egizie considerano in qualche maniera appartenenti alla medesima area etnicolinguistica, dovremmo riconoscere alcuni dei gruppi dei predoni nomadi che rientravano nel variegato universo dei Lukka.

10. i teresh e il mare


Nel panorama dei Popoli del Mare codificato dalle fonti ufficiali egizie, non tutti i gruppi impegnati nei raid contro lEgitto sono di fatto legati al contesto marino; tra questi i Teresh, nelle scarne attestazioni epigrafiche a noi pervenute125, sono ricordati con lindicazione (genti) del

mare. Il genitivo ha un valore di complemento di provenienza e in questo caso indica il luogo di origine, nella distinzione delle due differenti incursioni congiunte per via di terra e di mare compiute dai Popoli del Mare contro Ramses III126 (Fig. 1). Se i Teresh fanno parte delluniverso dei Lukka, il complemento di provenienza che si riferisce al mare assume un valore ancora pi pregnante sul piano storico. Gi al tempo del Faraone Akhenaton (1353-1336 a.C.), quindi in un momento anteriore alle prime incursioni dei Popoli del Mare, lo specchio di mare compreso tra le coste di Ugarit e lisola di Alasiya (Cipro) era infestato da incursioni dei pirati Lukka127. Le fonti ci aiutano a comprendere il modus operandi di questi gruppi pirateschi, i quali agivano con poche navi (sette sono quelle che prendono parte al raid contro la costa di Ugarit)128, colpivano i centri sul litorale con rapide incursioni (forse notturne), razziavano ogni genere di merce e portavano via prigionieri, per poi dileguarsi prima che le unit militari locali potessero intervenire129. Non dobbiamo certo pensare a grandi flotte, che comunque era possibile mettere in campo, come indica lo schieramento di venti navi nemiche che minacciano lisola di Alashiya ricordato nelle fonti dellarchivio di Ugarit130. Si tratterebbe piuttosto di gruppi di poche imbarcazioni, che non superavano la decina di unit (e quindi facilmente gestibili anche da un unico ammiraglio in capo), secondo un modello ancora presente nella Grecia dellet del Ferro, che rimanda alle nove imbarcazioni armate da Odisseo nel raid contro lEgitto (Od. 14, 248). Inoltre, alla luce dei testi ittiti e di Ugarit, sembra che la flotta di questultima citt possedesse navi da guerra (o piuttosto unit militari di difesa ai convogli mercantili), con non pi di una ventina di membri

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dellequipaggio131: il numero di circa 7 navi corrisponderebbe a circa 150 uomini che viene a costituire un gruppo armato idoneo per rapide incursioni. I raid costituivano un vero pericolo per la sicurezza delle citt costiere, ma anche per la sopravvivenza dei Grandi Stati. In un momento non precisato degli ultimi decenni di vita del Nuovo Impero, il sovrano ittita si rivolge a quello di Ugarit, forse Ammurapi o Niqmaddu, affinch venga fatto partire con una certa urgenza un carico navale di circa 2,000 kor (circa 450 tonnellate) di grano in direzione del porto di Ura, nel sud dellAnatolia132 (Fig. 12). Sembra trattarsi di una questione di vita o di morte, che alcuni studiosi leggono in relazione dellinsorgere di una improvvisa calamit naturale (carestia dei raccolti) che avrebbe messo in ginocchio leconomia ittita133, oppure nella prospettiva di una chiusura del tradizionale mercato transmarino a seguito dellintensificarsi delle incursioni piratesche dei Lukka134. Le modalit di azione dei raid, il carattere autonomo ed anarchico degli incursori che non rispondono a nessuna legge o autorit di riferimento se non a quella del capo flotta135, trovano una straordinaria corrispondenza nel moderno fenomeno della pirateria somala nelle acque del Mar Rosso e dellOceano Indiano: anche in questo caso si tratta di gruppi di modesta entit, formati da fuoriusciti ed ex-detenuti, che vivono in localit nascoste lungo la costa o in piccole isole, senza alcuna organizzazione di tipo politico136. Il moderno caso somalo, pur nelle differenze di contesto storico e geopolitico, risulta uno straordinario strumento euristico per comprendere le modalit di azione della pirateria antica: la necessit di avere contatti con la terraferma per rifornimenti di merci e uomini, ma anche per la vendita o scambio del materiale depredato.

In altri termini, la pirateria antica, non diversamente da quella praticata in altri contesti storici137, presenta elementi e procedure comuni nelle modalit di azione e nellorganizzazione logistica, inserendosi in una dimensione di cooperazione comunitaria piuttosto che in una specifica struttura politica, dal momento che si tratta di attivit che richiedono basi logistiche, risorse e rifugi. Lo stato di insicurezza che viene a crearsi a partire dal XII sec. a.C. con il considerevole aumento della pirateria nelle acque tra lAnatolia meridionale e le coste siriane troverebbe una preziosa testimonianza in una serie di rappresentazioni pittoriche nellultima produzione ceramica micenea. Lelaborazione dello stile figurato, che nel corso del TM IIIC caratterizza le produzioni vascolari pi raffinate, implica un uso selettivo delle fogge vascolari, che in genere comprendono coppe e crateri appartenenti a servizi di ceramica elegante da mensa. Anche la distribuzione discontinua delle evidenze, con forti concentrazioni nei centri di particolare prestigio, sembra coerentemente in linea con la circolazione di questi vasi, dalla complessa e ridondante decorazione figurata, allinterno di specifici contesti di pratiche sociali e religiose138. Le numerose scene di caccia, guerra, danza o di viaggi per mare sono la pi vivace espressione del complesso simbolico-ideologico delllite che sopravvive al collasso del sistema centralizzato palatino, la quale usa e inventa un nuovo sistema di rappresentazione per definire la propria identit in chiaro contrasto con quella dei gruppi di potere del passato139. Nella produzione dello stile pittorico del TE IIIC il numero di rappresentazioni di scene con imbarcazioni cresce in maniera significativa, rivelando una nuova concezione di rappresentare non tanto la figura umana quanto lintero caratte-

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re narrativo della scena, che ora appare pi dinamica e ricca di dettagli a fronte dellimpostazione statica delle iconografie del periodo palatino. Nella battaglia navale riprodotta sul cratere di Kynos (Locride orientale) i guerrieri, che presentano un armamento profondamente differente da quello in uso nel periodo palatino, sono in piedi, pronti a sferrare lassalto140 (Fig. 16). Il medesimo schema si ripete su un cratere da Bademgedii Tepe, sulla costa occidentale anatolica,

dove i guerrieri sono impegnati in una battaglia navale tra imbarcazioni, ciascuna delle quali caratterizzata da specifici dettagli strutturali141 (Fig. 17). Un altro importante documento proviene dallinsediamento del Serreglio nellisola di Kos: su un cratere ricomposto da numerosi frammenti, domina una scena di battaglia navale, con guerrieri che indossano un elmo con frange, che trova confronti nel sistema difensivo miceneo del TE IIIC142 (Fig. 18). In questo caso, assai

Fig. 17. Bademgedii Tepe (Turchia occidentale): ricostruzione di un cratere di fabbrica micenea con scena di battaglia navale, TE IIIC (da Mountjoy 2005).

Fig. 18. Kos, Serraglio: frammenti di crateri di fabbrica micenea, con scene di battaglia navale, TE IIIC (Mountjoy 2005).

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interessante appare la rappresentazione dei nemici che giungono su una imbarcazione: costoro mostrano un copricapo a sacco che ricorda sorprendentemente quello che indossa il comandante Tr nel rilievo di Medinet Habu143 (Fig. 5). Pur nella consapevolezza che questa proposta di confronto debba essere supportata da altri elementi, quello che non deve certo sfuggire il fatto che guerrieri con copricapo di cuoio e frange appaiono contemporaneamente tra gli inizi e la met del XII sec. a.C. in Egitto, Siria, Cipro, Anatolia ed Egeo. Non si tratta di una coincidenza, perch agli occhi dellosservatore esterno, il guerriero con tale copricapo era percepito come la rappresentazione di un brigante fuorilegge, sia esso proveniente dal mare o dalla terraferma.

11. Il ritorno dei teresh: per una


nota conclusiva

Il lungo percorso della ricerca che, avendo preso avvio dallEgitto, si man mano spostato verso il Mediterraneo orientale, ha messo in evidenza lo stretto legame tra alcune delle entit etniche, inquadrate dalle fonti egizie e ittite allinterno del confuso universo dei Popoli del Mare, e il mondo anatolico. Pi specificamente, larea chiamata in causa la regione sudoccidentale del continente microasiatico, un comprensorio che si pone al centro di una complessa rete di collegamenti transmarini tra lEgeo insulare e il Levante, ma anche di vie commerciali interne che collegavano la parte pi occidentale dellAnatolia con le zone interne in direzione della Siria (Figg. 12,14). Gli elementi ricavati dalla lettura comparata delle fonti ittite e del Vicino Oriente convergono nel riconoscere i vincoli di filiazione tra i Teresh e i Lukka, forse in virt della provenienza dalla

medesima area geografica, ma pi probabilmente in base a vincoli di natura linguistica. In questa prospettiva assume maggiore pregnanza il modello degli Habiru, che stato utilizzato per spiegare la composizione e la struttura delle Terre dei Lukka, contribuendo a chiarire leventuale ruolo giocato da queste popolazioni seminomadi allinterno delle vicende storiche dellAnatolia nel XII e XI secolo a.C.144 Se appare assai verosimile che Teresh, e forse anche Tjekker e Eqwesh145 facessero parte del medesimo raggruppamento etnico-linguistico, il problema maggiore riguarda la sorte che avrebbero avuto queste popolazioni dopo il collasso dellimpero ittita. Da un punto di vista linguistico, la sopravvivenza dei principali toponimi dellet del Bronzo nella lingua licia sarebbe una prova concreta che il popolo dei Lukka abbia continuato ad occupare queste terre fino allet del Ferro avanzato146. Rimane da verificare la notizia, tramandata da Erodoto (I,173) che ai Lici si siano aggiunti anche nuclei di genti da Creta, perch potrebbe trattarsi di una fonte elaborata al momento della colonizzazione greca della Ionia. Ad ogni modo le genti che discendevano dai Lukka dellet del Bronzo chiamavano s stessi Trmmili e la terra in cui vivevano Trmmila147. Non pu certo sfuggire che letnonimo di epoca storica mantenga il prefisso Tr che rimanda alletnico Tr (Teresh), offrendo un ulteriore elemento a favore della possibile continuit tra Lukka e Lycia. Meno chiara appare sul piano archeologico la definizione della fase di transizione tra let del Bronzo e la successiva et del Ferro. Lassenza di sequenze stratigrafiche affidabili invita a sospendere per il momento ogni tentativo di ricostruzione delle fasi relative allXI e X sec. a.C. nellAnatolia sud-occidentale148. Se

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utilizziamo come elemento di confronto la situazione relativa alla Cilicia, della quale disponiamo delle sequenze di Gzl-Kule/Tarsus e di Mersin, si nota che non esisterebbe alcuna cesura tra la fase di occupazione ittita e quella post-ittita, dove ancora dominano la ceramica di tradizione del TE IIIC e le classi locali149. I risultati di alcune campagne di ricognizione condotte recentemente in diverse zone della Cilicia hanno contribuito a chiarire che, dopo il collasso del regno ittita e del suo stato vassallo di Tarhantussa, i centri costieri sarebbero sopravvissuti, mentre nelle aree degli altipiani interni si registra un fenomeno di spopolamento che si arrester solo nella media et del Ferro (MIA Middle Iron Age, VIII sec. a.C.), quando si assister alla nascita di nuovi insediamenti150. La sequenza stratigrafica di Kilise Tepe, lungo il corso del Gksu, un importante sito di collegamento tra la Cilicia occidentale costiera e la piana interna di Konya, illuminante in tal senso: nei livelli relativi alle fasi finali dellet del Bronzo, continua la produzione della classe ittita nota come drab ware, alla quale si associa una nuova categoria vascolare con motivi dipinti che sembra essere a curious revival of MBA painted designs151. Linserimento di questi elementi locali, che appartengono alle tradizioni culturali dellAnatolia interna, trova un diretto parallelo in un altro sito della Cilicia orientale, Kinet Hyk, dove nello stesso orizzonte post-ittita compaiono elementi della Buckelkeramik di Troia VIIb152. In entrambi i siti si assiste allintroduzione, in un momento posteriore alla met dellXI secolo a.C., di elementi culturali che rimandano allAnatolia interna e nord-occidentale. In tutti i casi appena censiti saremmo in presenza di tradizioni culturali e ceramiche estranee al contesto del Tardo Bronzo della Cilicia, le quali possono essere spiegate solo am-

mettendo larrivo di popolazioni dalle regioni occidentali dellAnatolia. La continuit, in termini di indicatori archeologici, tra la fase avanzata del Tardo Bronzo e il Ferro 1 a Kilise Tepe troverebbe un solido sostegno nelle fonti ittite relative al regno di Tarhuntassa153: si avrebbe, pertanto, una straordinaria corrispondenza tra le informazioni relative alle ultime fasi di vita di questo piccolo stato vassallo e levidenza archeologica, che conferma la continuit della classe drab ware di tradizione ittita154. Solo con la fase IId a Kilise Tepe, datata intorno al 1050-950 a.C., che in termini storici coincide con la scomparsa del regno di Hatti, alla rarefazione della classe drab ware corrisponde lintroduzione della produzione dipinta che segna linizio dellet del Ferro. Saremmo tentati di sovrapporre il quadro della Cilicia con quello relativo alle limitrofe regioni sud-occidentali dellAnatolia, dal momento che gli elementi linguistici anche in questo caso depongono a favore di un processo di continuit. Tra laltro, lipotesi di un fenomeno di estensione culturale fino alle fasi iniziali dellet del Ferro, senza drammatiche cesure, si adatterebbe bene al quadro del popolamento della regione, dominato da gruppi tribali organizzati su piccole realt territoriali. Il collasso dellimpero ittita, a cui segue lallentarsi della pressione militare sui confini orientali e settentrionali, deve aver agito come volano di una sempre maggiore mobilit dei gruppi che, per ragioni differenti, hanno cominciato a spostarsi lasciando le tradizionali sedi di provenienza. Inoltre, il crollo dei commerci marittimi seguiti al collasso di centri portuali come Ura o Ugarit, deve aver determinato una significativa contrazione dellattivit dei raid, spostando lattenzione verso altre forme di razzie sulla

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terraferma. Il brigantaggio di terra deve aver messo in atto movimenti di genti che prima erano costrette a muoversi allinterno della linea di frontiera vigilata dalle guarnigioni ittite e dei loro stati vassallo. Si sarebbe passati, dunque, dagli spostamenti per mare nel corso dellet del Bronzo, ad una nuova forma di mobilit per terra che, di fatto coincide con le fasi iniziali dellet del Ferro nellAnatolia sud-occidentale. Lo spostamento di genti verso le regioni costiere a Nord della valle del Meandro deve misurarsi in ogni caso con un altro flusso migratorio, anche se con vettori direzionali differenti, che interessa la Troade coinvolta dal c.d. processo di balcanizzazione nel corso di Troia VIIb3155. La lunga onda di questo nuovo fenomeno migratorio, che parte dallarea della Tracia, non sembra limitato al comprensorio nord-occidentale, ma avrebbe investito, come stato chiarito in precedenza, anche le regioni centrali fino alla costa meridionale dellAnatolia (Fig. 14). Non possibile isolare e ricostruire i vari flussi migratori che investono il continente microasiatico a partire dal XII secolo a.C.: molto spesso si tratta di fenomeni su microscala territoriale, che non sempre lasciano tracce a livello archeologico. Tuttavia, un dato risulta saldamente acquisito: lo spostamento di questi nuclei di popolazione si accentua nel momento in cui le grandi realt statali cominciano a mostrare segni di cedimento, fino al loro collasso definitivo che di fatto, come nel caso del regno ittita, contribuisce a stimolare la mobilit di quei gruppi che in passato erano privi di alcun controllo politico-amministrativo. I Teresh, insieme agli altri gruppi menzionati dalle fonti, fanno parte di questo complesso universo dove il modello dei Habiru o, nel caso anatolico sarebbe il caso di parlare di modello dei

Lukka, si sostituisce a quello delle grandi strutture politiche centralizzate, diventando la cartina di tornasole di processi di mobilit e pluralit di nuclei che non necessitano di una dimensione territoriale in termini di affermazione identitaria. La reinvenzione della tradizione, secondo la direzione indicata da E. Hobsbawm e T. Ranger156, un processo di costruzione identitaria che difficilmente potrebbe collocarsi nellimmaginario simbolico delle realt etniche dellAnatolia del Tardo Bronzo, proprio per il carattere ambiguo e flessibile della struttura interna dei gruppi. Si tratta piuttosto, in base alla complessit dei meccanismi di azione e ai sistemi di valori, di un percorso ideologico che andrebbe direttamente collegato ad un diverso contesto storico, che potrebbe essere quello della colonizzazione greca della Ionia. Infatti, la costruzione del passato, con i riferimenti ai Tyrsenoi in Lidia (Erodoto I, 94) o alla tradizione omerica che ricorda Sarpedonte, re dei Lici, come uno dei pi validi alleati di Troia (Il. 16.542)157, andrebbe ricondotta ad una pi complessa dimensione di paesaggio del potere finalizzato, attraverso la memoria storica e il culto degli antenati, a naturalizzare ideologicamente un determinato ordine sociale. Ogni (ri)costruzione di unepoca passata si inserisce allinterno di una marcata dialettica tra gruppi che risulta difficile attribuire ai nuclei di nomadi anatolici, proprio perch manca la dimensione simbolica del territorio o del contesto urbano. Per reinventare la tradizione occorre che ci sia un interlocutore con cui misurare la costruzione del nuovo immaginario sociale: non certo il caso dei Teresh e degli altri gruppi ad essi legati, per i quali la principale preoccupazione restava quella di misurarsi con le realt politiche con cui entravano in contatto e contrasto per semplici motivi di sopravvivenza.

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Bibliografia
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Note
* Grazie allopportunit di partecipare alla tavola rotonda, il presente testo sviluppa una ricerca avviata anni addietro nel corso della mia attivit di visiting professor presso Brown University di Providence - Rhode Island (USA). Sono profondamente grato a L. Lesko a cui devo il battesimo del fuoco sul tema dei Popoli del Mare e lEgeo. A V. Bellelli (CNR-ISCIMA), con il quale abbiamo lavorato insieme su aspetti dellEgeo settentrionale, devo le continue e proficue discussioni sul mondo degli Etruschi dOccidente. Ringrazio, inoltre, la collega G. Capriotti (CNR-ISCIMA) per preziosi suggerimenti e utili riferimenti bibliografici relativi alle fonti egizie. 1 Sulla decifrazione delle scritture del c.d. Oriente cuneiforme e limpatto sulla ricerca scientifica europea della seconda met dellOttocento: Godart 1992, pp. 64-71. 2 Il complesso templare entra nella letteratura archeologica europea dopo la campagna napoleonica, grazie a J.-F. Champollion che realizz nel 1820 i disegni dei rilievi ed una prima planimetria delledificio, ma la pulizia dei muri e una prima trascrizione delle iscrizioni risale al 1850. Per una storia delle vicende legate alla scoperta del tempio: Drews 2000, p. 167. 3 Il primo accostamento si deve simultaneamente, ma in forma indipendente, a Lauth 1867, p. 663 , e de Roug 1867, pp. 39 e 92-94. 4 Si veda ad esempio la posizione dello storico francese F. Chabas (1872, pp. 191-198), che fu uno dei primi studiosi a sostenere lorigine dei Popoli del Mare dal continente europeo, i quali, dopo essersi stanziati in Anatolia, da l avrebbero organizzato e condotto i raid contro lEgitto. 5 Sul peso delle scoperte di Tell es-Safi nellarcheologia dei Popoli del Mare si rimanda a Dothan 1982, p. 24. Da ultimo, per una rilettura della documentazione in una prospettiva archeologica: Yasur-Landau 2010, pp. 226-227.

Albright 1932a; Alt 1944. Cousin-Durrbach 1886. 8 Sulle vicende della missione di Conze a Lemnos si rimanda a Cultraro 2006b, p. 280. 9 Meyer 1892, pp. 6-21, spec. pp. 26-27. 10 Karo 1908. 11 Fick 1916, p. 171; Bilabel 1927, p. 236. La proposta di legare i Tyrsenoi ai Traci era stata avanzata anni prima da H. Brugsch (1858, p. 53), ma non venne accolta favorevolmente. 12 Smolenski 1915, spec. pp. 75-77; von Bissing 1928. Per una rassegna critica delle posizioni dei singoli studiosi si rimanda a Strobel 1976, pp. 182-190. 13 Della Seta 1919. Sulla figura del Della Seta e la ricerca dei Tirreni di Lemnos si rimanda a Paltinieri 2001; Beschi 2001. 14 Per una storia delle ricerche italiane nellEgeo settentrionale: Cultraro 2006b. 15 Sulla prima esplorazione italiana a Lemnos: Beschi 2001, p. 117. 16 Schachermeyer 1929. I materiali preistorici a cui fa riferimento lo studioso vengono attribuiti allet del Bronzo sulla base dei confronti con il repertorio ceramico da Troia e dalla Troade, offrendo in tal senso un solido supporto alla via anatolica attraverso la quale sarebbero giunti i gruppi tirreni in un momento non precisato dellet del Bronzo. 17 Schachermeyer 1929, spec. pp. 229-230 per lidentificazione del paese di Taruisa, menzionato nelle fonti ittite, come il luogo di provenienza dei Teresh/Tyrsenoi. 18 Una nota preliminare in Cultraro 2005. Per una storia della Sammlung Fritz Schachermeyr si veda Reinholdt 2001, pp. 11-12. 19 Mustilli 1938. 20 Sul dibattito teorico e metodologico tra archeologia e teorie migrazioniste, spesso elaborate nellambito delle discipline storiche e linguistiche, si veda, con ampia bibliografia di riferimento: Yasur-Landau 2010, pp. 9-33. 21 Loretz 1995; Gilboa 2005. 22 Stein 2005. 23 Sul concetto di eteronimo nella prospettiva antropologica si rimanda a Amselle 1985. 24 Redford 2000, pp. 7-8. 25 Assai curioso il fatto che il termine Peleset, nei testi di Medinet Habu relativi ai testi del quinto anno del regno di Ramses III, venga sempre preceduto dallarticolo determinativo, quasi
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a voler indicare uno specifico gruppo, collocando gli stessi in una posizione differente sul piano nominale rispetto a quella di altri popoli ufficialmente riconosciuti: Redfort 2000, p. 14 nota 8. 26 Gli esempi migliori sono quelli relativi allidentificazione dei Tjekker con i Teukroi, secondo unoperazione meccanica di assonanza linguistica: si veda Bryce 2009, p. 712. 27 Wainwright 1961; Sandars 1985. 28 Deger-Jalkotzy 1998. 29 Sulla ricostruzione dei processi della sfera del sacro attraverso la documentazione archeologica si rimanda al lavoro, ricco di spunti critici sul piano metodologico, di Insoll 2004. 30 In tale direzione si vedano Mazar 2000 e, pi recentemente Yasur-Landau (pp. 302-308), sulla ricostruzione delle forme del culto nella Palestina della Tarda et del Bronzo, alla luce della pi ampia questione relativa ai Popoli del Mare. 31 La bibliografia sullargomento assai ampia: per le pi recenti posizioni sui Popoli del Mare si veda: Oren 2000 e Cavillier 2010. Per unutile rassegna in lingua italiana, anche se necessita di un aggiornamento bibliografico, si rimanda a Bunnens 1986. 32 Breasted 1906, vol III, n. 579; Pritchard 1969, pp. 376-378; Bryce 2005, p. 335. 33 Wainwright 1961, p. 83, fig. 6; Sandars 1985, p. 111, fig. 69. Questi sei personaggi, che B. Cifola (1988, pp. 288-289) non interpreta come comandanti militari negando che i Popoli del Mare avessero una qualche forma di controllo politico centralizzato, in realt hanno tutte le caratteristiche di essere figure di alto rango, non necessariamente solo con poteri di natura militare, come indica la posizione allinterno del rilievo e la costruzione dellintera scena (OConnor 2000, p. 97). 34 Wainwrigt 1964; Noort 1994, pp. 88-89, fig. 26; Drews 2000, p. 177. 35 Bryce 2009, p. 700. 36 Sul formulario regale nelle iscrizioni di Medined Habu: van Essche-Merchez 1992; Cifola 1988. 37 Per unanalisi delle scene narrative connesse ai Popoli del Mare: OConnor 2000, pp. 86-93. 38 Breasted 1906, III, n. 588. 39 Redford 2000, p.11. Il medesimo schema si ripete nelle scene della Festa Sed, con la rappresentazione dei figli del Faraone. 40 Sul rapporto tra faraone e principi del-

la casa reale nellEgitto al tempo di Ramses III: Murnane 1971-72. 41 Redford 2000, p.12. 42 Nelson 1932, tav. 72 43 Cifola 1988. 44 Per una recente rassegna sulle posizioni dei singoli studiosi si rimanda el Kahn 2011. 45 Petrie 1890, pp. 32-33. 46 Petrie 1890, pp. 36-38, tav. XIX. Sullidentificazione di Gurob con Mer-wer sede di un harem imperiale: Shaw 2011. 47 Petrie 1890, p. 40. 48 Papiro Harris I, 76,6-76,9: Grandet 1994, pp. 326-327. 49 Yasur-Landau 2010, pp. 189, 207-211. 50 Redford 2010, pp. 92-94 51 Dati in Morris 2005, pp. 472-473. 52 Cavillier 2010; el Kahn 2011, p. 3, nota 41. 53 Loretz 1995. 54 Wainwright 1961, pp. 83-84; 1964, pp. 44-46. 55 Wainwright 1964, pp. 43-44; Sandars 1985, p. 35, fig. 13. 56 Grandet 1994, p. 327; Gertzen 2008, p. 91. 57 Schachermeyer 1969, pp. 454-455. 58 Breasted 1906, vol. III, n. 579. 59 Bryce 2009, p. 424. 60 Bryce 2009, p. 636 61 Vedi supra nota 32. 62 Wainwright 1961, p. 84. La concordanza sui due nomi era stata espressa anni prima da altri studiosi (Smolenski 1915, p. 76) 63 Melchert 2003, pp. 40-44 e 73-80. 64 Sandars 1985. opportuno ricordare che la prima edizione del lavoro risale al 1978, inserendosi allinterno di un particolare clima di studi e ricerche di matrice processualista che, nel caso dellambito egeo, tendevano a rigettare ogni modello interpretativo di migrazione per spiegare i c.d. deep changes presenti nel processo di trasformazione delle culture preistoriche: Cultraro 2006a, pp. 40-43. 65 Sulla critica alla ricostruzione della Sandars si rimanda, con bibliografia di riferimento, a Yasur-Landau 2010, pp. 4-5. 66 Sul concetto di Stato regionale si veda Liverani 2002. 67 In tale direzione si colloca la posizione non-migrazionista di S. Sherratt (1999), che pone laccento sullambiguit delle correlazioni tra levidenza ceramica e la composizione etnica nel caso di Cipro nel Tardo Bronzo.

Ex parte orientis: i teresh e la questione dellorigine anatolica degli etruschi

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Yasur-Landau 2010. Si veda ad esempio la posizione di A. Killebrew 2006, spec. pp. 231-232, che propone Cipro e le coste meridionali dellAnatolia (Cilicia) quale luogo di partenza del grande fenomeno dei Popoli del Mare. 70 Riferimenti in Bryce 2006, pp. 107-112. Sulla decifrazione della lingua ittita e sui rapporti con il luvio: Godart 1992, pp. 78-84. 71 Si rimanda a Latacz 2004, p. 77. 72 Bryce 2006, pp. 83-86. 73 Bryce 2005, pp. 145-148. 74 Garstang-Gurney 1959, pp. 121-122; Bryce 2005, pp. 124-125. 75 Bryce 2005, p.125, nota 12 con riferimenti. 76 Starke 1997, p. 455. Dello stesso avviso Niemeier (1999, p. 145), che riconosce i limiti geografici meridionali dello stato federale nella terra dei Lukka. 77 Hawkins 1997; 2003, pp. 144-146. 78 Bryce 2005, pp. 48-51. 79 Bryce 2009, pp. 692-693. 80 Latacz 2004, pp. 96-100. 81 Bryce 2005, pp. 230-231. 82 Singer 1983, p. 208. 83 Melchert 2003, pp. 171-210, con riferimenti bibliografici. 84 Bryce 2005, pp. 333-334. 85 Melchert 2003, p. 199. Il nome dei Teresh era stato messo in rapporto con lideogramma ittita tir(i)sa tralcio duva, al quale si legherebbero anche i toponimi di Tarso e di Tarusia (Gelb 1931, pp. 10-11), ma linterpretazione stata rigettata sul piano linguistico da W. Albright (1932b, pp. 61-62). 86 Per un quadro di sintesi sullo stato della ricerca archeologica nellarea in esame: Gates 2011. 87 Jean 2003, pp. 82-83. Dati di sintesi in Yasur-Landau 2010, pp. 159-160. 88 Yildirim-Gates 2007, p. 307 con riferimenti. 89 Yaci 2003, p. 94, fig. 3-4. 90 Bryce 2009, p. 662; Yildirim-Gates 2007, pp. 307-308. 91 Bryce 2009, p. 746. 92 Per ledizione critica: Poetto 1993. 93 Poetto 1993, p. 77; Singer 2000, p. 26. La corrispondenza tra il territorio dei Lukka e quello della Lega Licia in epoca classica stata per la prima volta sostenuta da T. Bryce (1974; 1992). 94 Yildirim-Gates 2007, p.308. 95 Bryce 2009, pp. 527-528; Yildirim-Gates 2007, p. 308.
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Bryce 2005, p. 133. Bryce 2009, p. 181. Su Tlos: Mellink 1995, pp. 38-39. 98 Yildirim-Gates 2007, p. 308. 99 Poetto 1993, p. 77. 100 Bryce 1986, pp. 175-178; Melchert 2003, pp. 14-15. 101 Mellink 1995, pp. 37-40. 102 Eriksson 1993, p. 149. 103 Dati di sintesi in Kozal 2003, pp. 65-67. 104 Kozal 2003, p. 68, includendo, nella carta di distribuzione, anche la ceramica di fabbrica cipriota. 105 Sul regno di Tarhuntassa si veda Bryce 2009, pp. 690-692. 106 Yildirim-Gates 2007, p.315. 107 Raimond 2002. Per il quadro archeologico: Mellink 1995, pp. 38-39. 108 Bryce 2005, pp. 52-54. Sullarea di diffusione del luvio: Godart 1992, pp. 78-79, tav. VIII. 109 Mellink 1995, p. 35. 110 Jean 2003, pp. 86-87. 111 Kozal 2003, p. 68. 112 Bryce 2005, p. 54, nota 27. 113 Singer 1983, p. 208. 114 Per una raccolta delle fonti relative agli Habiru si rimanda a Loretz 1984. Sul fenomeno del fuoriuscitismo: Liverani 1965. 115 Van de Mieroop 2010, pp. 49-50. 116 Bryce 2003, pp. 145-153. 117 Bryce 2009, p. 269. Liscrizione su prisma del sovrano Tunip-Teshub, signore del regno di Tikunani nel Nord della Mesopotamia (XVII sec. a.C.), ricorda 438 lavoratori Habiru inquadrati nelle schiere degli operai reali (Salvini 1996). 118 Per altri esempi, nella lingua ittita, dell uso del sostantivo plurale per indicare realt complesse sul piano degli assetti politici e articolate su quello territoriale, si rimanda a Singer 1983. 119 Bryce 1992, pp. 126-128. 120 Sui Kaska si veda in generale: Von Schuler 1965. 121 Bryce 2005, p. 198. 122 Bryce 2005, p. 54. 123 Melchert 2003, pp. 5-7. 124 Mellink 1995, p. 38. 125 Noort 1994, pp. 88-89. 126 el Kahn 2001, pp. 2-3. 127 Moran 1992, Lettera EA 38, pp. 7-12. 128 Hoftijzer-van Soldt 1998, p. 344. 129 Wachsmann 2000, p. 105, con riferimenti.
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Massimo Cultraro

Hoftijzer-van Soldt 1998, p. 343; YasurLandau 2010, p. 110. 131 Hoftijzer-van Soldt 1998, pp. 336-337. 132 Bryce 2005, p. 331. 133 Klengel 1999; Singer 1999, pp. 715-719. 134 Hoffner 1992, p. 49; Bryce 2005, p. 331. 135 In una stele da Tanis i pirati Sherden che mettono a ferro e fuoco la costa cananea al tempo di Amenhotep III (1390-1353 a.C.), sono considerati senza governo: Kitchen 1982, pp. 40-41. 136 Alberizzi et al. 2009. 137 Loreto 2006, pp. 118-226 138 Wright 2004, pp. 48-49. 139 Deger-Jalkotzy 1994. 140 Dakoronia 2006. 141 Mountjoy 2005. 142 Sandars 1985, p. 135, fig. 92; Yasur-Landau 2010, p. 184, fig. 5.70.
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Noort 1994, p. 89, fig. 26. Vedi supra, 9. 145 Su questi gruppi si rimanda a Bunnens 1986, pp. 230. 146 In tale direzione anche Mellink 1995. 147 Bryce 2009, p. 430. 148 Quadro di sintesi in Gates 2011. 149 Jean 2003, p. 79. 150 Dati in Gates 2011. 151 Symington 2001, p. 171. 152 Jean 2003, p. 81, con riferimenti. 153 Bryce 2005, pp. 269-271. 154 Jean 2003, pp. 85-86. 155 Koppenhfer 2002, con bibliografia di riferimento. Unutile sintesi dei problemi in Becks 2003. 156 Hobsbawm-Ranger 1984. 157 Su Omero e la Licia si rimanda a Mellink 1995, pp. 33-34.
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