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Fédération Internationale des Instituts d'Études Médiévales

TEXTES ET ÉTUDES DU MOYEN ÂGE, 33

TESTI COSMOGRAFICI, GEOGRAFICI E


ODEPORI CI DEL MEDIOEV O GERMANICO

LOUVAIN-LA-NEUVE
2005
FÉDÉRATION INTERNATIONALE DES INSTITUTS
D'ÉTUDES MÉDIÉVALES

Présidents honoraires:
L. E. BOYLE (t) (Biblioteca Apostolica Vaticana e Commissio Leo-
nina, 1987-1999)
L. HoLTz (Institut de Recherche et d'Histoire des Textes, Paris,
1999-2003)

Président:
J. HAMESSE (Université Catholique de Louvain, Louvain-la-
Neuve)

Vice-Président:
O. MERISALO (University of Jyvaskyla)

Membres du Comité:
P. BouRGAIN (Ecole Nationale des Chartes, Paris)
Ch. BuRNETT (The Warburg Institute, London)
M. C. PACHECO (Universidade do Porto, Gabinete de Filosofla
Medieval)
O. PECERE (Università degli Studi di Cassino)
N. VAN DEUSEN (Claremont College, CA/ Medieval Academy of"
America)

Sécretaire:
J. MEIRINHOS (Universidade do Porto)

Trésorier:
O. WEIJERS (Constantijn Huygens Instituut, Den Haag)
Fédération Internationale des Instituts d'Études Médiévales
TEXTES ET ÉTUDES DU MOYEN ÂGE, 33

TEST! COSMOGRAFICI, GEOGRAFICI E


ODEPORICI DEL MEDIOEVO GERMANICO

ATTI DEL XXXI CONVEGNO DELL'ASSOCIAZIONE ITALIANA


DI FILOLOGIA GERMANICA (A. I. F. G.)
LECCE, 26-28 MAGGIO 2004

a cura di
DAGMAR GoTTSCHALL

LOUVAIN-LA-NEUVE
2005
Publié avec le concours de
F.I.D.E.M. sede dell'Università di Lecce
Centro per l' edizione di testi filosoflci medievali e rinascimentali
Directeur: Loris Sturlese

Volume pubblicato con un contributo del


Dipartimento di Filologia Classica e Scienze Filosofiche
dell'Università degli Studi di Lecce

ISBN 2-503-52271-8

Tous droits de traduction, de reproduction et d'adaptation réservés pour tous pays.


Copyright © 2005 Fédération Internationale des Instituts d'Études Médiévales

Collège Cardinal Mercier


Place du Cardinal Mercier, 14
B 1348 LOUVAIN-LA-NEUVE
INDICE

Fabrizio D. RAscHELLÀ, Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VII


Francesca CHIUSAROLI, Costituzione e impiego del lessico tecnico
nell'<<Enchiridion» di Byrhiferth: l'ambito dell'astronomia . 1
Carla DEL ZoTTO, Esti, Scandinavie Sassoni nei resoconti medie-
vali di mercanti, viaggiatori e chierici . . . . . . . . . . . . . . . 41
Carmela GIORDANO, Il viaggio di un testo nel tempo: Cosmografia
e geografia nel «Lucidarius» tedesco, dai manoscritti alle
stampe...................................... 71
Maria Cristina LOMBARD!, «Heimljsing»: un trattato geografico
del medioevo islandese. L'opera e la sua tradizione mano-
scritta. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
Lorenzo Lozzi GALLO, Racconti di viaggio nelle «Fornaldar-
siigur» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123
Simonetta MENGATO, In viaggio con la mente verso la Terra
Santa: Una guida di pellegrinaggio in medio inglese. . . . . 175
Andrea MEREGALLI, La descrizione degli animali nel «Niederrhei-
nischer Orientbericht» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
Celestina MILAN!, Lingua e testo della «Pilgerreise des letzten
Grafen von Katzenelnbogen» (a. 1433-1434) . . . . . . . . . 207
Lucia SIN1s1, La «cartula» di Alcuino. Viaggio virtuale attraverso
la Frisia e l'Austrasia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239

Indici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261
Indice dei manoscritti citati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263
Indice degli autori e dei personaggi storici . . . . . . . . . . . . . . . 264
Indice degli studiosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 270
FABR1z10 D. RAscHELLÀ*

PREFAZIONE

In questo volume è raccolta gran parte degli interventi presentati


al XXXI convegno dell'Associazione Italiana di Filologia Germanica,
tenutosi all'Università di Lecce nel maggio 2004. Il tema prescelto,
«Testi cosmograflci, geograflci e odeporici del medioevo germanico»
assume, nell' ambito della ricerca sulla storia e la cultura dei paesi di
lingua germanica, una valenza particolarmente signiflcativa, poiché,
oltre che sulle conoscenze geograflche stricto sensu, acquisite sia per
esperienza diretta che per via letteraria, consente corne pochi altri di
indagare sui molteplici aspetti - storici, politici, sociali, linguistici, cul-
turali - che caratterizzarono i rapporti delle popolazioni germaniche
con il mondo 'esterno' lungo un arco di tempo che va dalla tarda anti-
chità all'inizio dell' evo moderno; un tema, dunque, con malte sfaccet-
tature e che offre numerose possibilità di aggancio ad altri importanti
aspetti della cultura germanica medievale. Ne è prova la varietà degli
argomenti e dei testi trattati nel convegno, che spaziano dagli scritti
cosmograflci e geograflci di matrice classica ai racconti di viaggio nelle
«saghe nordiche del tempo antico», dalle guide di pellegrinaggio in
Terra Santa a itinerari di viaggio 'virtuali' redatti in forma di poesia
erudita, dagli scritti di astronomia ai trattati del genere physiologus
in cui sono descritti animali esotici. E non è, questa, che una piccola
campionatura - ben assortita, fra l'altro, anche con riguardo alla distri-
buzione tra le diverse regioni dell' area linguistica germanica (inglese,
alto- e bassotedesca, scandinava) - degli ambiti e delle varietà testuali
che possono far capo a questo tema. Nostro compito, qui, è solo quello
di offrire al lettore una presentazione essenziale del materiale contenu-
to nel volume, da cui possano emergere in una visione d'insieme gli
aspetti centrali e più caratteristici di quest' ambito di ricerca; e, anche

* Presidente dell'Associazione Italiana di Filologia Germanica.


VIII FABRIZIO D. RASCHELLÀ

se qualche blando elemento di valutazione qua e là fatalmente sfuggirà


alla nostra penna, lascio al lettore, che mi auguro possa apprezzare
l'impegno di quanti hanno contribuito alla realizzazione dell' opera,
ogni espressione di giudizio sul merito dei singoli lavori.
La serie dei contributi si apre con uno studio di FRANCESCA
CHIUSAROLI sul lessico tecnico della sezione astronomico-computi-
stica dell'Enchiridion, o Handboc ('manuale'), di Byrhtferth, monaco
anglosassone vissuto tra il X e l'XI secolo. La struttura prevalentemente
bilingue di questo testo, in cui si alternano regolarmente passi in lati-
no (lingua delle fonti) e traduzione in volgare anglosassone, induce
in maniera del tutto naturale ad operare un confronta tra «lingua-
modello» e «lingua-replica», che difatti costituisce l' oggetto centrale
dell'indagine. Cio avviene attraverso una ricca esempliflcazione e
un' attenta analisi del 'metodo' applicato da Byrhtferth, da cui emergo-
no tutte le varianti di traduzione adottate, consapevolmente e spesso
con diversa funzionalità, dall' erudito anglosassone. Un altro aspetto
preso in esame dalla Chiusaroli, e strettamente collegato al primo, è
quello relativo alla flnalità del Manuale: se da una parte è evidente l'in-
tento pedagogico e divulgativo sotteso al carattere bilingue dell' opera,
che si rivolge a un pubblico non in grado di accedere autonomamente
e in modo diretto alle fonti latine - vale a dire ai più giovani e alla
gente meno col ta -, dall' altra traspare, attraverso la cura e l' estrema
attenzione che Byrhtferth pane nelle scelte lessicali, la volontà di costi-
tuire un vocabolario tecnico dell' astronomia in lingua volgare, basato
sl su modelli latini ma, una volta perfezionato, da utilizzare indipen-
dentemente da essi. Chiudono la trattazione alcune osservazioni riepi-
logative sulla lingua del Manuale, che rappresenta, secondo l'Autrice, il
primo autentico e consapevole tentativo di differenziazione 'diglottica'
della prosa scientiflca latina da quella in volgare anglosassone, più spe-
ciflcamente di un «vocabolario autoctono strutturalmente complesso
e perifrastico, coniprensivo di varianti e priva della corrispondenza
biunivoca fra segno e signiflcato necessaria al linguaggio scientiflco».
Il seconda contributo, di CARLA DEL ZoTTO, è dedicato alla
descrizione di alcune popolazioni del Nord-Europa nei resoconti di
«mercanti, viaggiatori e chierici» medievali. Dopa un'ampia premessa
sulle conoscenze dell'Europa settentrionale pressa i geografl e altri
autori dell'antichità, l'Autrice passa a considerare la traduzione-rie-
laborazione in volgare anglosassone delle Historiae adversus paganos
di Paolo Orosio, in particolare la sezione - interpolata nel testo ex
novo da re Alfredo il Grande - in cui, sulla base del racconto dei due
PREFAZIONE IX

viaggiatori Ohthere e Wulfstan, si descrivono le regioni dell'Europa


settentrionale dal Mar Bianco al Baltico. Di questa sezione viene
offerta un' ampia sintesi, con estese citazioni e relativa traduzione ita-
liana. Segue un paragrafo sulle fonti arabe, in particolare sulla Risâla
('epistolà) di Ahmed Ibn Fadlân, che nel 922 aveva visitato, al seguito
dell' ambasciatore del califfo di Baghdad, il regno dei Bulgari, nella
regione del basso Volga. Questo documenta, poiché descrive un' area
dell'Europa orientale interessata dalla presenza scandinava (Variaghi),
riveste importanza anche per la conoscenza delle popolazioni di ori-
gine germanica settentrionale ivi insediate, note all' epoca corne Rus'
presso gli Slavi e corne Saqâliba o al-Madhjûs presso gli arabi: sugli
usi e costumi di queste popolazioni il dotto arabo fornisce doviziosi
(anche se non sempre attendibili) ragguagli, di cui si puà intravedere
q ualche corrispondenza anche nell' Orosio anglosassone. L articolo si
conclude con un breve excursus sulle vicende della cristianizzazione
'forzatà dei Sassoni ad opera di Carlo Magno cosl corne riportata in
due fonti latine coeve: la Vita Karoli Magni di Eginardo e gli Annales
de gestis Caroli Magni imperatoris del Poeta Sassone, le quali, in pro-
spettive diverse ma fondamentalmente convergenti, celebrano con
accenti quasi agiografici la missione salvifica del grande imperatore
franco nei confronti dei Sassoni pagani e ribelli.
Il «viaggio di un testo nel tempo», inteso corne graduale transi-
tare da un genere letterario all'altro (dapprima opera essenzialmente
teologica, quindi scientifica e infine di intrattenimento), è il tema
dell'articolo di CARMELA GroRDANO, che offre un quadro sintetico
ma completo della tradizione testuale e della ricezione del Lucidarius
tedesco, un rifacimento tardomedievale (fine XII sec.) del celebre Elu-
cidarium di Onorio di Autun, di cui esistono traduzioni e adattamenti
in diverse lingue volgari medievali, in particolare dell' area germanica.
«Libera rielaborazione» dell' opera di Onorio, il Lucidarius tedesco, tra-
mandato in una novantina manoscritti, attinge il suo materiale anche
ad altre fonti (oltre alla Imago mundi dello stesso Onorio, a scritti di
Guglielmo di Conches e di Rupert von Deutz) e fu adottato a sua volta
corne base perla trasposizione in altre lingue volgari. La sua tradizione
manoscritta è particolarmente complessa e articolata, e sembra essere
stata proprio questa «offene Textform» a favorirne la diffusione, di
cui sono testimonianza anche le sue citazioni in numerose opere del
medioevo tedesco. Dopo un' essenziale presentazione generale dell' ope-
ra, l'Autrice si sofferma a considerarne nel dettaglio le sezioni geogra-
fiche e cosmograflche, di cui illustra, con generosa esemplificazione,
X FABRIZIO D. RASCHELLÀ

struttura e contenuto. Passa quindi a esaminare la ricezione di queste


sezioni in opere tedesche di epoca posteriore. La prima trasposizione
del Lucidarius in opera di carattere propriamente 'tecnico-scientiflco'
è rappresentata dal cosiddetto Hausbuch di Michael de Leone (metà
del XIV sec.), il quale lo accolse nella sua opera insieme a parti del-
1' Elucidarium latino. A questo fece seguito, un secolo più tardi, l' ano-
nimo latromathematisches Hausbuch, una sintesi di notizie di carattere
astronomico, medico e matematico. Il lungo viaggio del Lucidarius
approda infine, a partire dalla fine del XV secolo, nella categoria dei
Volksbücher, un genere letterario che sfugge ad una precisa collocazio-
ne, nel quale si amalgamano elementi di indole didattico-scientiflca,
favolistica, cavalleresca, folcloristica. Ma la ricezione del Lucidarius
continua in qualche modo ininterrotta flno in piena epoca moderna
(ancorché ridimensionata dalla Riforma protestante), disperdendosi in
numerose opere che via via lasciano sempre meno riconoscere i suoi
tratti originali, anche se non se ne distaccano mai completamente
nello spirito e nelle intenzioni.
Il successivo contributo, di M. CRISTINA LOMBARD!, ha per
oggetto la sezione con cui si apre il celebre codice miscellaneo islandese
HauksbOk (inizio del XIV sec.) e sulle cui vicende testuali regna ancora
una sostanziale incertezza (il nome stesso, Heim/jsing 'descrizione del
mon do', è una coniazione moderna, che compare per la prima volta
nell' edizione della Hauksbôk curata da Finnur e Eirîkur Jônsson negli
anni 1892-96). Le origini di questo trattatello cosmo-geograflco sono
incerte: il materiale in esso contenuto sembrerebbe essere attinto alle
Etymologiae di Isidoro di Siviglia (in particolare, ai libri XIII e XIV) o
al De rerum naturis di Rabano Mauro, che del primo è notoriamente
un' epitome; ma è assai più probabile che provenga da compendi del-
1' una o dell' altra opera. Più che le fonti, tuttavia, - osserva l'Au tri ce
- interessa l'utilizzo che di questo testo sembra esser stato fatto in
importanti opere islandesi medievali di carattere scientiflco, corne la
Rimbegla (trattato sul calcolo del tempo), il Physiologus e la versione
norrena dell'Elucidarium (per cui si veda più sopra). Alla descrizione
del contenuto della Heim/jsing- che comprende passi sulle acque por-
tentose, sulla disposizione delle terre nel monda, sulle nazioni e le razze
umane e alcune informazioni di carattere astronomico - segue una
comparazione del testa norreno con le (presunte) fonti latine, rispetto
alle quali si riscontrano ora riduzioni e sempliflcazioni, ora aggiunte di
vario genere provenienti da «materiale testuale esterno» ovvero da «dati
empirici», corne testimonianze orali di viaggi ed esplorazioni geogra-
PREFAZIONE XI

fiche. Di queste differenze l'Autrice rende conta con doviziosa esem-


pliflcazione, arrivando a concludere che le divergenze rispetto ai testi
latini sono dovute, in linea di massima, al minore o maggior interesse
che i luoghi menzionati potevano avere per un osservatore scandinavo
del tardo medioevo, seconda un criterio del tutto analogo a quello che
si riscontra nella versione antico-inglese delle Historiae adversus paga-
nos di Paolo Orosio. Anche la successiva analisi contrastiva di alcune
scelte lessicali del 'traduttore' mette in evidenza ora impoverimenti ora
arricchimenti rispetto alla presunta fonte latina, corne del resto è natu-
rale aspettarsi. Il confronta fra testo norreno e testa latino viene quindi
esteso alla struttura generale dell' opera, all' ordine di successione degli
argomenti e alle caratteristiche sirrtattiche. Il risultato generale di que-
sta operazione non è privo di risvolti interessanti, anche se l'incertezza
che grava sulla nostra conoscenza della fonte diretta del trattatello
norreno - dalla stessa Autrice sottolineata a più riprese - puo sollevare
qualche perplessità sulla legittimità del confronta.
Il tema affrontato nell' articolo di LORENZO Lozzr GALLO, i rac-
conti di viaggio nelle Fornaldarsogur Norlfrlanda 'saghe nordiche del
tempo antico' riveste un ruolo centrale nell'interpretazione del data
geograflco nell'intera letteratura norrena. Infatti, l' alternarsi e l'incro-
ciarsi, in maniera del tutto naturale, di elementi realistici e fantastici
che le caratterizza, ne fa un prezioso parametro perla valutazione dei
riferimenti geograflci in tutte le altre opere della letteratura nordica
medievale, a cominciare dalle «saghe degli Islandesi» (ÎslendingasiJgur),
sul cui grado di 'storicità' non si è mai smesso di discutere. Dopo un' op-
portuna deflnizione del corpus e delle diverse articolazioni interne che
ne sono state proposte nel corso della storia della ricerca, Lozzi Gallo
passa ad affrontare - seguendo lo schema tripartito in «saghe eroiche»,
«saghe di vichinghi» e «saghe avventurose», proposto da Kurt Schier
nel classico manuale Sagaliteratur - l' oggetto speciflco dell'intervento:
la rappresentazione della spazio geograflco in cui sono ambientate
le fornaldarsogur. L analisi avviene per singole opere, di cui vengono
minuziosamente descritti gli elementi topograflci ed etnograflci, sia
che si rifacciano a luoghi reali o a luoghi fantastici, con frequenti e
puntuali riferimenti alla tradizione manoscritta di ciascuna opera e alle
sue connessioni con altri testi della tradizione norrena. Nel breve para-
grafo finale che fa seguito a questa ampia e particolareggiata disamina,
l'Autore perviene alla conclusione che i due opposti atteggiamenti che
si riscontrano nel genere letterario delle fornaldarsogur - quello della
descrizione realistica di luoghi ed eventi e quello dell' invenzione, frutto
XII FABRIZIO D. RASCHELLÀ

della fantasia del narratore - e che possono coesistere all'interno di una


stessa opera, non sono necessariamente legati al grado di realismo cui il
racconto si ispira; cià fa parte, del resto, del carattere ibrido e compo-
sito di questi testi, che è alla base delle difficoltà e delle incertezze che
da sempre si oppongono ad una loro univoca categorizzazione.
Ad un misconosciuto e tuttora inedito itinerario di pellegrinaggio
in Terra Santa redatto da un ignoto autore inglese nell'ultima parte
del XIV secolo, è dedicato il contributo di SIMONETTA MENGATO. Si
tratta di un breve frammento contenuto nel codice miscellaneo 622
della collezione Laudiana (Bodleian Library, Oxford), dove occupa
lo spazio di un solo foglio. La presenza del frammento all'interno del
codice appare subito problematica, poiché sembra essere stato scritto
da una mano diversa da quella che ha stilato gli altri sette testi, tutti di
carattere religioso, che ad esso si accompagnano. Anche la sua collo-
cazione nell' ordine di successione dei testi risulta diversa da quella che
doveva essere in origine, e cià a causa di un' errata rilegatura del volu-
me eseguita nei primi decenni del XVII secolo. La qual cosa sembra
essere confermata, oltre che dalla diversa grafla del frammento, anche
da altri indizi messi in luce dall'Autrice; in particolare, il logoramento
della pergamena sul verso del foglio fa pensare che si trattasse, in origi-
ne, dell'ultima carta del codice, a diretto contatto con il rivestimento
esterno. Dopo averne fornite le coordinate codicologiche, desunte da
un esame autoptico del manoscritto, la Mengato passa ad esaminare
brevemente i caratteri linguistici del frammento, che a suo avviso ne
indicherebbero una provenienza dall' area dei Midlands sud-orientali.
Seguono inflne alcune osservazioni di carattere generale sulla tipologia
testuale dei «Pilgrimages of the Holy Land» - questo il nome conven-
zionale del frammento, ricavato dal suo incipit-, che secondo l'Autri-
ce è da ritenersi piuttosto una «guida» che un semplice «diario» di viag-
gio; una guida, tuttavia, assai scarna e avara di informazioni pratiche,
tanto da far pensare - questa la sua conclusione - che sia stata scritta
non già con l'intento di fornire notizie utili a chi volesse intraprendere
un viaggio in Terra Santa ma piuttosto corne una guida «spirituale»
per coloro che, impossibilitati a farlo concretamente, volessero almeno
compiere un pellegrinaggio «con la mente».
Il contributo di ANDREA MEREGALLI verte su un particolare
aspetto - la descrizione degli animali - del Niederrheinischer Orient-
bericht, un resoconto di viaggio in Oriente in bassotedesco medio, di
autore anonimo, redatto nella metà del XIV secolo. Caratteristica di
questo testo è la disposizione del contenuto non già secondo l' ordine
PREFAZIONE XIII

di svolgimento dell'itinerario, corne avviene di regola nelle cronache


di viaggio, bensi per sezioni tematiche (essenzialmente: terre, popoli,
animali e piante). Particolarmente elaborata e ricca di informazioni
si presenta la sezione finale del resoconto, dedicata alla descrizione di
flora e fauna; ed è su quest'ultima, appunto, che si concentra l'atten-
zione di Meregalli. La descrizione degli animali appare ordinata secon-
do precisi criteri di dassificazione, tanto da assumere quasi l' aspetto
di un trattato elementare di zoologia, anche se buona parte del testo
è costituita - corn' è lecito aspettarsi per le conoscenze e i gusti del
tempo - dalla descrizione di animali irreali e comunque interpolata da
elementi fantastici. Modelli principali di riferimento del Reisebericht
sono, corne per altre opere consimili, i vari Physiologi dell' antichità e
del medioevo, ma con cospicue divergenze. Peculiare di questo testo è,
inoltre, l'insistenza sulle caratteristiche comportamentali degli animali
e sui loro «rapporti con l'uomo» (allevamento e utilizzo nelle attività
domestiche, cattura, caccia etc.); quest'ultimo aspetto, in particolare,
funge in un certo senso anche da anello di congiunzione con le pre-
cedenti sezioni dell' opera, in cui si tratta delle popolazioni incontrate
lungo il percorso e delle loro consuetudini sociali, un altro elemento
cui l' anonimo autore del Reisebericht non manca di dedicare partico-
lare attenzione.
Ancora a un resoconto di viaggio proveniente dall' area tedesca
stavolta, perà, meridionale - è dedicato l' articolo di CELESTI-
NA MILAN!. Il «Pellegrinaggio dell'ultimo conte di Katzenelnbogen»
( = Pilgerreise) è un testo di cui si conosce, se non l' autore, almeno il
committente - il conte Philipp von Katzenelnbogen (m. 1479) - e la
data approssimativa di composizione: 1434-1450. Si tratta dunque di
un' opera appartenente alla tarda tradizione medievale in lingua alto-
tedesca e, per quanto riguarda il suo aspetto linguistico, già ascrivibile
alla fase protomoderna di questa stessa lingua (jrühneuhochdeutsch).
Lo studio di Celestina Milani consiste in larga parte in una compa-
razione tra questo diario di pellegrinaggio e altri due testi di analogo
contenuto ad esso più o meno contemporanei, il «Viaggio per mare
da Venezia a Beirut del 1434» (= Seereise) e il «Viaggio a Gerusalemme
del 1444» (= Pilgerbüchlein), di cui si analizzano analogie e differenze
sia dal punto di vista del con tenuto che della lingua: in tutt' e tre i casi
si tratta infatti di tedesco protomoderno, ma in diverse varianti dia-
lettali (francone-renano il primo, bavarese il secondo, svevo-alemanno
il terzo). La Pilgerreise descrive il tratto da Darmstadt a Venezia (<love
il gruppo al seguito del conte si imbarca perla Terra Santa), quindi il
XIV FABRIZIO D. RASCHELLÀ

tragitto da Venezia al Vicino Oriente, la visita ai Luoghi Santi e infine


il viaggio di ritorno. Rispetto ai due testi con cui viene confrontata, la
Pilgerreise è il più completo, difettando gli al tri della descrizione di una
o dell'altra parte dell'itinerario. Diversa è, in parte, anche la finalità
con cui questi tre testi sono stati scritti, prevalendo in uno i momenti
di carattere geografico-narrativo (Pilgerreise), nell'altro quelli di carat-
tere devozionale (Pilgerbüchlein), nell' al tro ancora q uelli di carattere
commerciale (Seereise); cosl corne variabile è la struttura diegetica, in
ciascun testo funzionale al messaggio che si vuol trasmettere al lettore.
L articolo prosegue con un dettagliato commento dei passi di maggior
interesse della Pilgerreise e si conclude con un excursus sui caratteri lin-
guistici del testo, con particolare riguardo ai prestiti lessicali dal latino
e dall'italiano e al loro adattamento al volgare tedesco.
Chiude il volume l' articolo di LUCIA SINISI, dedicato a un breve
componimento poetico non in lingua germanica, né ricalcante le
orme di una tradizione germanica, e tuttavia uscito dalla penna di
una delle figure più eminenti della cultura medievale che nell'humus
germanico trovarono fertile terreno, il monaco anglosassone Alcuino
di York, consigliere prediletto di Carlo Magno e fondatore della scuola
palatina ad Aquisgrana. Il testo esaminato è il 'carmen' che inizia col
verso Cartula, perge cito pelagi trans aequora cursu e che Alcuino deve
aver composto subito dopo il 780, di ritorno da quel viaggio a Roma
durante il quale conobbe Carlo Magno. In sostanza la «cartula» altro
non rappresenta, nella sua prima parte, che uno degli itinerari percorsi
per secoli da coloro che dall'Inghilterra volevano recarsi sul Continen-
te (o viceversa), risalendo il corso del Reno e degli altri fiumi navigabili
- attraversando quindi Paesi Bassi, Westfalia, Assia e Palatinato - per
poi proseguire eventualmente il viaggio verso mete più lontane (nella
fattispecie, Parigi). In essa vengono nominati luoghi e persone - amici
e conoscenti del poeta - ivi residenti, cui poter chiedere all' occorrenza
aiuto e ospitalità. :Larticolo si apre con una serie di interrogativi e di
riflessioni su corne nel medioevo venissero trasmesse informazioni
pratiche e aggiornate su luoghi e strade - dato che i testi 'canonici' di
geografia si limitavano perlopiù a ripetere senza sostanziali modifiche
cià che trovavano nelle loro fonti, spesso risalenti a decenni o secoli
prima - e prosegue con un circostanziato commento della prima parte
della «cartula», l'unica rilevante ai fini del tema trattato. In chiusura
l'Autrice avanza un'ipotesi, a nostro parere del tutto attendibile, sul
motivo che puà aver indotto Alcuino a scrivere questo componimen-
to: istruire un amico o un allievo sull'itinerario da seguire, le persone
PREFAZIONE XV

da incontrare e il comportamento più adatto da tenere nei diversi


luoghi, per arrivare dall'Inghilterra a Parigi nel miglior modo possibile.
Insomma, una minuscola guida di viaggio elegantemente racchiusa in
alcune decine di versi, di cui far dono a una persona cara prima della
sua partenza per il Continente: questa lavera essenza del breve com-
ponimento di Alcuino; è un «viaggio virtuale» quello ivi descritto, ma
che nella sua virtualità procura molte più informazioni utili di quanto
potessero fare certi obsoleti trattati e carte geograflche allora in uso.

Università degli Studi di Siena (Arezzo)


FRANCESCA CHIUSAROL I

COSTITU ZIONE E IMPIEGO DEL LESSICO TECNICO


NELL' «ENCHIR IDION» DI BYRHTFERTH:
L' AMBITO DELL' ASTRONO MIA

Il presente intervento si colloca nel quadro di una ricerca volta


alla deflnizione dei termini del processo di scrittura del vernacolo
inglese antico, operato, corne avviene per le lingue volgari nell' ac-
cidente medioevale, sulla base del confronta col modello latino. La
duplice esigenza di fondare un codice per la prima volta scritto e, allo
stesso tempo, di rispettare il canone di prestigio, determina, in tutti i
casi, la conflgurazione di un rapporta di imitazione e, contestualm en-
te, di subordinazi one della matrice autoctona rispetto alle strutture e ai
contenuti forniti dal contesta alloglotto 1 • Gli ambiti dell' oscillazione
fra gli opposti estremi della dipendenza ammessa e del ricercato distan-
ziamento si mostrano con la massima evidenza allorché si approccino
testi di argomento tecnico o scientiflco, per i quali la ricchezza e la
speciflcità del vocabolario mostrate dalla fonte dassica corrispondo no
e, di fatto, suppliscono alla inadeguatezza lessicale - e, ancora prima,
concettuale - manifestata dalla lingua di arriva.
Nel caso dell'anglosassone, che andiamo qui a considerare, il
confronta con il latino costituisce momento ineludibile all' atto della
scrittura/tra scrizione/ composizione della letteratura poetica nella fase

1 Sull'influenza del latino nella teorizzazione linguistica e grammaticale nella sto-


ria del pensiero linguistico occidentale si veda la sintesi di D. Pou, «Il latino corne 'la
lingua' della tradizione occidentale», in Per il lafino. Obiettivi e motodi nuovi. Atti del
Convegno nazionale, Perugia, 12-14 gennaio 1989, a cura di F. SANTUccr. Perugia,
[s.e.], 1990, pp. 145-157, cui si è aggiunto ID., «Il latino rra formalizzazione e plura-
lità», in P. PoccETTI, D. Pou, C. SANTIN!, Una storia della lingua latina. Formazione,
usi, comunicazione. Roma, Carocci, 1999, pp. 377-431.
2 FRANCESCA CHIUSAROLI

cosiddetta "northumbrese ", istituendosi la tradizione classica quale


canale veicolare per la trasmissione e la sopravvivenza di formule e
stilemi autoctoni, seppure reinterpretati nell' ottica della nuova ideo-
logia della scrittura2 • Diversamente, e in modo senz'altro più evidente
rispetto alle limitazioni imposte dalla caratteristica conservatività della
lingua dei versi, si mostra il ruolo del latino corne modello autorevole
nella prosa della scuola alfrediana e, contestualmen te allo iato cultu-
rale prodotto dalle invasioni vichinghe, nella consapevole impresa di
fondazione del nuovo standard linguistico sovraregionale promossa dai
campioni della Rinascenza Benedettina3 •
Abbiamo inteso illustrare, in altra sede, l' orizzonte teorico che si
pane alla base dell' opera di JElfric di Eynsham, per il quale la pratica
della scrittura in volgare si configura nei termini di attività di tradu-
zione, vuoi negli effettivi esercizi di versione dal latino, vuoi nelle
composizioni autonome in lingua inglese, quantunque di ispirazione
dotta4 • Tale impostazione ideologica - evidentemente fondata sul
concetto medioevale di auctoritas - si mostra, altresl, nella trattazione
di argomenti tecnici nelle opere scolastiche e grammaticali di JElfric,
per le quali la resa vernacolare dell' argomento specialistico costituisce
occasione per l' ampliamento del lessico inglese, senza tuttavia scalzare
il ruolo principe del codice classico quale lingua della cultura5 .

2
Cf. F. CHIUSAROLI, Storia, memoria e conoscenza nell1nghilterra medioevale.
Dalla verità della parola all'autorità del testo scritto. Roma, Il Calamo, 1995, anche
per la bibliografia relativa.
3 Il processo di standardizzazione dell'inglese nelle forme linguistiche note con-
venzionalmente con l'etichetta di "sassone occidentale" si sintetizza, corne è noto,
nelle analisi di C.L. WRENN, «'Standard' Old English», in Transactions ofthe Philologi-
cal Society, Oxford, Blackwell, 1933, pp. 65-88, rist. in Io., Word and symbol. Studies
in English language, London, 1967, pp. 57-77, H. GNEUSS, «The origin of standard
Old English and !Ethelwold's school at Winchester», in Anglo-Saxon England, 1
(1972), pp. 63-83 e W. HoFSTETTER, «Winchester and the standardization of Old
English vocabulary», in Anglo-Saxon England, l 7 (1988), pp. 139-161.
4 Si veda l' analisi delle prefazioni di !Elfric in F. CHIUSAROLI, «Utraque lingua.

Teoria della traduzione e letteratura vernacolare nel medioevo germanico occidenta-


le», in Incontri linguistici, 22 (1999), pp. 113-128.
5 Specificatamente sul testo della grammatica cf. V. MrcrLLO, «Polisemia e sino-
nimia latino-anglosassone nella grammatica latina di !Elfric», in Annali delllstituto
Universitario Orientale di Napoli, Sezione germanica, n.s., 10 (2000), pp. 7-34; per
analoga tesi a partire dall' analisi del codice oxoniense 154 cf. F. CttIUSAROLI, «Il
percorso glottodidattico del ms. Oxford, St. John's College n. 154», in Linguaggio
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 3

Analogo orizzon te ideologico puo evincersi dall' analisi dell' En-


chiridion di Byrhtferth di Ramsey, autore tradizionalmen te noto corne
il fondatore e massimo rappresentante della prosa scientiflca antico-
inglese6. Come, e più che per JElfric, il manuale del monaco benedet-
tino costituisce una preziosa fonte di osservazione dei procedimenti di
creazione di neologismi vernacolari a carattere tecnico a partire dalla
base latina, mentre la compresenza, nel medesimo ambito contestuale,
delle lingue dassica e volgare consente di veriflcare il diverso statuto
funzionale delle stesse nel metalinguaggio della scienza nell'Inghilterra
medioevale.
ln adesione al tema del Convegno, dedichero la mia analisi
all'ambito dell'astronomia7 , che del resto appare argomento domi-
nante dell' opera, insieme alla scienza dei numeri, dovendosi intendere
l'Enchiridion corne manuale a scopo didattico rivolto all'insegnamen-
to/apprendime nto dell'arte del computo e della lettura degli astri, ai
fini del calcolo corretto della data della festa di Pasqua.
Proprio gli intendimenti didattici espressi dall' autore giustiflcano
la scelta di dotare il manuale di una struttura in gran parte bilingue 8 ,
favorendo in tal modo una comparazione efficace fra termini della lin-

- Linguaggi - Invenzione - Scoperta. Atti del Convegno, Macerata - Fermo, 22-23


ottobre 1999, a cura di R. MoRREsr. Roma, Il Calamo, 2002, pp. 61-105; in gene-
rale sui ruolo aelfriciano nella definizione del metodo dell'insegnamenco del latino
Lingua seconda cf. F. D. RAscHELLÀ, F. RrPA, «Elfrico grammatico e l'insegnamento
linguistico nell'Inghilrerra anglosassone», inAnnali dell'Istituto Universitario Orientale
di Napoli, Sezione germanica, n.s. l, 1/2 (1991), pp. 7-36.
6 Sulla posizione
di Byrhtferth ne! panorama culturale dell'Europa medioevale
cf., ad esempio, C.E. LUTZ, Schoolmasters ofthe tenth century. Hamden, Connecticut,
Harcon Books, 1977. Sulla funzione pedagogica assoira dai "maestri" nella rradizione
inglese cf. D. A. BuLLOUGH, «The educational tradition in England from Alfred to
JE!fric: teaching utriusque linguae>>, in La scuola dell'occidente latino dell'alto medioevo
(Settimane di studio del cencro italiano di studi sull'alto medioevo, 19). Spoleto, Sede
del Cenrro, 1972, pp. 453-494.
7 Va ricordato che il presence
concributo è stato preceduto da una "nota prelimi-
nare" già dcdicata all'analisi di un breve paragrafo astronomico byrhtferrhiano, cui,
naturalmente, rinviamo: F. CHIUSAROLI, «A proposito dell'Enchiridion di Byrhtferrh.
Note preliminari a un'indagine sulla nascita del linguaggio della scienza in epoca
anglosassone», in Le lingue speciali. Atti del Convegno, Università di Macerata, 17-19
ottobre 1994. Roma, Il Calamo, 1998, pp. 313-318.
8 Sull'uso del vernacolo ne! metodo
di insegnamento dd latino Lingua seconda
nelle scuole medioevali cf. J. J. MuRPHY, «The teaching of Latin as a second language
4 FRANCESCA CHIUSAROLI

gua-modello e rese nella lingua-replica9 ; mentre, in modo ancora più


interessante, si mostra la presenza, nell' ambito linguistico autoctono,
di tecnicismi latini, di cui qui è in questione valutare la portata, nel-
1' ottica della sempre riaffermata tesi della supremazia culturale classica
rispetto agli idiomi volgari nel medioevo.
Limpronta didascalica costituisce, in realtà, scopo primario della
composizione dell'Enchiridion, se si accetta - corne la più autorevole
critica del corpus byrhtferthiano propane - che il testa debba essere
interpretato corne un commentario a un precedente computa, attri-
buibile al nostro, ma non conservato 10 • Certo è che, fra le fond atte-
state e accertate del monaco di Ramsey, si collocano, oltre al canonico
De natura rerum di Isidoro di Siviglia11 e all' omonimo trattato De
natura rerum di Beda 12 , i testi più importanti della tradizione compu-
tistica medioevale, quali il De temporum ratione e il De temporibus 13 ,

in the 12th century», in Historiographia linguistica, 7 (1980), pp. 159-175 e in Stud-


ies in medieval linguistic thought dedicated to Geoffrey L. Bursill Hall on the occasion of
his sixtieth birthday on 15 May 1980, ed. by K. KoERNER, H.-J. NrnDEREHE, R. H.
ROBINS. Amsterdam, Benjamins, 1980.
9
Per la terminologia dell'interferenza cf. R. GusMANI, Saggi sull'interferenza
linguistica. Firenze, Le Lettere, 2. ed. 1983, cui va aggiunto il più sintetico In., «Inter-
linguistica», in R. LAzzERONI (a cura di), Linguistica storica. Roma, La Nuova Italia
Sciemifica, 1987, rist. Roma, Carocci, 1988, pp. 87-114.
10
I',Enchiridion di Byrhtferth è dal 1995 disponibile nei testi dell'Ear(y English
Text Society (vol. S. S. 15), perla cura di P. S. BAKER e M. LAPIDGE (Oxford-New
York, Oxford University Press), edizione rinnovata che ha sostituito la precedente,
per la stessa collana, edita da S.]. CRAWFORD ne! 1929, presto giudicata lacunosa e
imperfetta. A tale ultima edizione rinviamo qui, innanzi tutto per il testo (pp. 1-249),
gli essenziali glossari latine (tante più utile per noi in quanto limitato ai tecnici,mi)
e inglese antico (pp. 431-480) e perla ricostruzione e l'inserimento delle fonti, pun-
tualmente riportate ne! commentario e nelle appendici (pp. 251-430) e in questa sede
riferite all'occorrenza, ma anche perla ricca introduzione su! conteste storico-cultu-
rale, sulla tipologia del testo e sui canone, sui caratteri della tradizione manoscritta e
naturalmente, non da ultimo, perla bibliografia («Introduction», pp. vii-cxxxiii). Per
il vocabolario latine mediovale cf. E. FoRCELLINI, Lexicon totius Latinitatis. Bono-
niae, Typis seminarii, 1940, 6 vol!., e A SouTER, A glossary of later Latin to 600 a.D.
Oxford, Clarendon, 1949, per l'anglosassone cf. J. BoswORTH, T. N. ToLLER, An
Anglo-Saxon dictionary. Oxford-London-Glasgow, Oxford University Press, 1898.
11
Ed. a cura di J. FONTAINE, Bordeaux, Péret et fils, 1960.
12
Bedae Venerabilis Opera didascalica, 1 (CCSL 123A), ed. by C. W JoNEs, C.
B. KENDALL, M. H. KrNG. Turnhout, Brepols, 1975, pp. 189-234.
l3 Bedae opera de temporibus, a cura di C. W JoNES, Cambridge, MA, The
Mediaeval Academy of America, 1943, rispettivamente pp. 175-291 e pp. 295-303.
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 5

ancora di Beda, il De computo ecclesiastico di Elperico 14 , il De computo


di Rabano Mauro 15 , tutti (ma particolarmente !'ultimo) flltrati dal-
l'impronta scolastica conferita al genere da Abbone di Fleury, maestro
a Ramsey negli anni della formazione di Byrhtferth (985-987), per il
tramite della ricca tradizione coeva di commentari e versioni parallele
a carattere divulgativo 16 . Non da ultimo, andrà considerata la colloca-
zione, a margine delle illustri fonti classiche (fra le quali anche le più
note opere patristiche e relative al tradizionale canone medioevale) 17 ,
del trattato aelfriciano De temporibus anni 18 , a propria volta ispirato
a Beda, sostanzialmente in ragione del carattere vernacolare del testa,
benché - va subito precisato - l'indubbia influenza dovrà opportuna-
mente venire limitata ai pochi termini speciali, per altro solo secon-
dariamente tecnici, legati alla cultura condivisa dell' epoca, cià posta

14 Ed. Parrologia
latina, a cura di ]. P. MIGNE, CXXXVII, Paris, 1844-1864,
pp. 21-48.
15
Rabani Mauri Martyrokgium, De computo, a cura di J. McCuLLOH (Corpus
Christianorum. Continuatio Mediaevalis, 44). Turnhout, Brepols, 1978, pp. 165-323.
16
Sulla tradizione medioevale del computo, in riferimento aile fonti di Byrht-
ferth, oltre all'introduzione all'edizione dell'Enchiridion, cf. P. S. BAKER, «The Old
English canon of Byrhrferrh of Ramsey», in Speculum, 55 (1980), pp. 22-37 e Io.,
«Byrhtferth's Enchiridion and the Computus in Oxford, St. John's College 17», in
Anglo-Saxon England, 10 (1981), pp. 123-142; C. HART, «The Ramsey ComputuS>>,
in The English Historical Review, 85 (1970), pp. 29-44; P. McGuRK, «Computus Hel-
perici: its transmission in England in the eleventh and twelfth centuries», in Medium
/Evum, 43 (1974), pp. 1-5.
17
Si veda l'elenco fornito in Enchiridion, «Introduction», pp. lxxiv-lxxxvi, dove
si citano la grammatica di Donato, Prisciano e Sergio, l' opera metrica e retorica
di Beda, l' enciclopedia isidoriana, la poesia cristiana di Aldelmo, e, naturalmente,
Boezio, Marziano Capella, il commentario di Macrobio al Somnium Scipionis. Sulla
confluenza, nell'Enchiridion, della tradizione retorica medioevale cf. J. ]. MuRPHY,
«The rhetorical !ore of the boceras in Byrhtferth Manual», in Phi/,ological essays. Studies
in Old and Middle English language and literature in honour of Herbert Dean Meritt,
ed. by J. L. ROSIER. The Hague-Paris, Mouton, 1970, pp. 111-124. Sul curriculum e
sugli auctores dello studente medioevale cf. E. R. CuRTIUS, Europdische Literatur und
lateinisches Mittelalter. Bern, Francke, 1948, trad. it. Letteratura europea e Medio Evo
latino. Firenze, La Nuova Italia, 1992, pp. 45-71. Per l'Inghilrerra cf. H. GNEUSS,
«A preliminary list of manuscripts written or owned in England up to 1100», in
Anglo-Saxon England, 9 (1981), pp. 1-60 e M. LAPIDGE, «Surviving booklists from
Anglo-Saxon England», in Learning and literature in Anglo-Saxon England. Studies
presented to Peter Clemoes on the occasion ofhis sixty-fifth birthday, ed. by M. LAPIDGE,
H. GNEUSS. Cambridge, Cambridge University Press, 1985, pp. 33-89.
18 Aeifric's de temporibus anni,
ed. liy H. HENEL. London-New York-Toronto,
Oxford University Press, 1942.
6 FRANCESCA CHIUSAROLI

il carattere divulgativo e generico del trattato di JElfric, dedicato alle


questioni popolari relative al tempo e alla natura del monda, anche
con riferimento alle convenzionali connessioni con la prospettiva
biblica dell' episodio della creazione 19 • Ancora naturalmente collega-
bile a JElfric appare, infine, la necessaria ricostruzione dei legami di
dipendenza fra il lessico byrhtferthiano e la ricca tradizione dei glossari
medioevali 20 , a carattere eminentemente bilingue, al cui repertorio
condiviso l' autore dimostra di attingere consapevolmente came a una
nascente auctoritas solo ail' origine di marca pedagogica21 .
Linteresse didascalico appare manifestato nel testa innanzi tutto
per l' occorrenza di passi di introduzione alle parti o ai paragrafi, che, a
seconda dei contesti, esplicitano la funzione dell'autore "insegnante":
Gerysenlic pas ping byô pam lareowe pa:t he na forhele his hlosnere
pa:t riht pe he on pam cra:fte can (1. 2. 232-233)
(«È casa opportuna per un maestro di non nascondere al suo allievo
la verità di cio che conosce di una scienza»)

o, in vari casi, ne visualizzano la presenza nella classe, grazie all'in-

19 Cf. Enchiridion,
«Introduction», pp. xc-xci, ma anche l'introduzione di H.
HENEL all'edizione dell'opera, cit., pp. ix-lviii.
20
Sull'apparato byrhtferthiano delle glosse cf C. W JONES, «The Byrhtferth
glosses», in Medium /Evum, 7 (1938), pp. 81-97. Sul ruolo intellettuale della pratica
glossataria nel medioevo, con particolare riferimento al mondo germanico, si veda la
riflessione di R. GusMANI, «I glossari medievali corne veicoli d'irradiazione linguistica
e culturale», in lncontri linguistici, 21 (1998), pp. 57-66; sulle tipologie dei repertori
lessicali latinofinglese antico cf. L. MuccrANTE, «Struttura e funzione dei glossari
bilingui ne! periodo anglosassone>>, in Studi in memoria di Ernesto Giammarco. Pisa,
Giardini, 1990, pp. 219-241 e, ancora con riferimento all'interno ambita germanico,
l' excursus di P. LENDINARA, «Teoria e prassi dell' attività glossatoria ne! monda germa-
nico medievale», in Antichità germaniche, Il parte, a cura di V DoLCETTI CORAZZA,
R. GENDRE. Torino, Edizioni dell'Orso, 2002, pp. 3-29
21
Sul valore del testa glossata - in latino e ne! vernacolo - in quanta strumen-
ta glottodidattico cf M. LAPIDGE, «The study of Latin texts in late Anglo-Saxon
England. 1. The evidence of Latin glosses» e R. I. PAGE, «The study of Latin texts
in late Anglo-Saxon England. 1. The evidence of English glosses>>, in Latin and the
vernacular languages in early medieval Britain, ed. by N. BROOKS. Leicester, Leicester
University Press, 1982, rispettivamente pp. 99-140 e 141-165 (il solo contributo di
Lapidge è ora rist. in ID., Anglo-Latin literature, 600-899. London-Rio Grande, The
Hambledon Press, 1996, pp. 455-498). Sul testa glossato, fra pedagogia e letteratura,
cf. G. L. WIELAND, «The glossed manuscript: dassbook or literary book? >>, in Anglo-
Saxon England, 14 (1985), pp. 153-173.
0 0
L ASTRONOMIA NELL «ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 7

serimento di strutture conversazionali nello stile tipico dei colloquia


medioevali 22 :
Hawa, la cleric, hu seo sunne pricma:lum stiho on pam dœgmœle (2.
3. 23-24)
(«Üsserva, o chierico, corne il sole avanza punto per punto lungo
l' orologio solare»)

o, alternativamente, riportano affermazioni allusive della pratica


scolastica della lettura-commento del testa:
Deos rœding cwyo, nim, la arwuroa preost, simle pœs monoes dagas
and do pœrto his rihtinga (1. 2. 279-280)
(«Questo passa dice, prendi sempre, o prete reverendo, i giorni del
mese e aggiungili ai suai regolari»)
Seo rœding cwyo pœt we sceolon niman pœt lamb panne se mana beo
tyn nihta eald (3. 1. 59-60)
(«Il passa dice che dobbiamo prendere !' agnello quando la luna è
vecchia di dieci giorni»)
Understand, la rœdere, hwœt seo rœding cwyo: 'Hos per quinque
multiplicà (2. 1. 198-199)
(«Comprendi, o lettore, cio che dice il passa: 'Hos per quinque
multiplica'»)

Il riferimento all' esperienza didattica costituisce, a ben vedere,


la chiave interpretativa del manuale, particolarmente a riguardo della
tesi qui proposta, ovvero che la componente linguistica indigena del
testa possa considerarsi strumentale o funzionale all' acquisizione di
una competenza essenzialmente collegata all' ambito culturale dotto,
ufficialmente veicolato dall'idioma classico.
Tale prospettiva appare immediatamente evocata a partire dall' in-
cipit del testa, là dove l' arte del computa è immediatamente attribuita

22
Sulla struttura e la funzione dei colloquia medioevali si parte, naturalmente,
dall'imprescindibile R. HIRZEL, Der Dialog. Ein literarhistorischer Versuch. Leipzig,
Hirzel, 1895. Sulla penetrazione del genere nell' area insulare cf. W. M. LINDSAY,
«lntroduzione», in W. H. STEVENSON, Ear!y scholastic colloquies. Oxford, Clarendon,
1929, e S. GwARA, Latin colloquies ftom pre-conquest Britain. Toronto, The Cen-
tre for Mediaeval Studies by the Pontifical lnstitute of Mediaeval Studies, 1996 e
l'«lntroduzione» di D. W. PORTER, Anglo-Saxon conversations. The colloquies of/E?fric
Bata, ed. by S. GwARA. Suffolk, Boydell Press, 1997, pp. 1-76.
8 FRANCESCA CHIUSAROLI

ai popoli detentori della cultura:


Incipit compotus Latinorum ac Grecorum Hebreorumque (1. 1.
3-4)

e di seguito estesa agli Inglesi («necnon et Anglorum»), che quella


cultura si onorano di condividere:
Latini habent duodecium menses, similiter Greci, et Hebrei, Egyptii
et Angli, in problematibus (1. 1. 7-8)

A tale premessa si collega la scelta di dotare l' esposizione latina di


un apparato di traduzione in volgare che segue la versione originale, in
modo tale da riferirne i contenuti:
Her onginCJ gerimcra::ft a::fter Ledenwarum and a::fter Grecum and
Iudeiscum and Egiptiscum and Engliscum peodum and ma oCJra (1.
1. 10-11)

(«Qui inizia il computa seconda i Romani, e seconda i Greci, gli


Ebrei, gli Egizi e il popolo inglese e moiti altri»)

La strutturazione bilingue del testo appare per altro giustiflcata


da manifesti intenti divulgativi, l'opera essendo rivolta a un pubblico
più volte deflnito iung 'giovane' («iungum cnihtum»; 2. 1. 47; «iun-
gum cildum»; 2. 1. 47), ma anche deses 'ozioso, indolente' («Quoniam
sermo iste desides congruit clericos»; 1. 4. 3) e ignotus 'incolto' («plu-
rima pandere ignotis libet»; 1. 1. 138), ovvero l'ordine dei sacerdoti
secolari, per i quali la formazione classica è minima e che, diversamente
dai monaci, destinati a una esistenza di studio e mediatazione, saranno
chiamati ad applicare le lezioni apprese nel contatto quotidiano con i
loro sottoposti o con il popolo 2 3:
swa pas ping pincaCJ pam arasedum clericum unweorCJlice, ac pam
pe pa::t Lyden ne understandaCJ, hig magon pe leohtlicor witan hwa::t
gerimcra::ft forstande (2. 1. 421-423)
(«allo stesso modo.queste cose sembrano spregevoli ai chierici eruditi,
ma colora che non comprendono il latino possono qui vedere più
facilmente a che cosa serva il computa»)

23 Sulla scolarizzazione ne! medioevo cf. P. RrcHÉ, Education et culture dans


l'occident barbare, VIe- VIIIe siècles. Paris, Editions du Seuil, 3. ed. 1962, trad. it.
Educazione e cultura nell'occidente barbarico dal sesto all'ottavo secolo. Roma, Armando,
1966 e, con riferimento all'Inghilrerra, D. KNOWLES, The monastic order in Englind.
A history ofits development from the times ofSt. Dunstan to the Jourth Lateran Council,
940-1216. Cambridge, The University Press, 1950.
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRID!O N» DI BYRHTFERTH 9

Ymbe pa feower timan we wyllao cyèlan iungum preostum ma pinga,


p:Et hig magon pe ranlicor pas ping heora clericum geswutelian (2.
1. 392-394)
(«Noi vogliamo dire ai giovani preti più case sulle quattro stagioni,
cosi che essi possano con più sicurezza mostrare queste case ai loro
chierici»)

Di qui il giudizio di opus exigu,um, attribuito al manuale, con il


quale, innanzi tutto retoricamente, l'aurore fa riferimento alla compo-
nente vernacolare del testo:
In hoc exiguo opere, qui exigui sumus actibus iam oportet (1. 1.
142)
(«In questa opera futile, io che sono insigniflcante rispetto alle mie
abilità»)

collegando, a più riprese", la scelta del ricorso al vulgaris noster


sermo (1. 4. 15) alla necessità di offrire una chiave di lettura accessibile
ai più:
Das ping we willao openlicor gecyoan panne p:Et Lyden do (1. 1.
54)
(«Queste case vogliamo dire più apertamente di quanta non faccia
il latino»)
Et idcirco hoc silentio non permittam: hoc est, plurima pandere
ignotis liber et non silere propter scientiam philosophorum, sed
referre non ignorantibus et sermonibus propalare quod signiflcant
hec sacra nomina (1. 1. 137-140)
(«E pertanto non lascero passare questo sotto silenzio: ovvero, è
opportuno rivelare varie case agli ignoranti e non restare in silenzio
a causa della cultura degli uomini sapienti, ma spiegare agli ignoranti
e esporre per scritto cio che questi sacri nomi signiflcano»)

e altresl sottolineando la commutazione di codice, dipendente


dalla diversa tipologia del pubblico, corne un modo diverso, e più
semplice e aperto («Pas ping we wyllaô openlicor gecyôan»; 2. 1. 168-
169), di esprimere i medesimi concetti:
Das r:Edinga syndon wide cuoe on Lyden; forpan us gelustfullao p:Et
andgit nu eow gecyoan on Englisc p:Et pa boceras cunnon on Lyden
(2. 2. 7-9)
(«Queste letture sono ampiamente note in latino; percio ci è gradito
rendere nota a voi in inglese il senso che gli eruditi sanno in lati-
no»)
10 FRANCESCA CHIUSAROLI

Plurima affati sumus que iterum placet renovari nostro eloquio, ut


qui Latinitatis elogium non potuerint sumere accipiant satim vulga-
rem nostrum sermonem (1. 4. 13-15)
(«Ho detto moite cose che è un piacere ripetere nella mia lingua, cosl
che coloro che non sanno cogliere il senso del latino possano almeno
comprendere la nostra discussione ne! vemacolo»)
In alio modo dicamus qualiter sint clericis nota que monachis sint
perspicue cognita ( 1. 1. 115-116)
(«Üra diciamo queste cose in un modo diverso, cosl che cio che è con
chiarezza compreso dai monaci sia noto anche ai chierici»)
We cweèlaèl openlice pa tod:dednyssa p<es seofonfealdan geta:les (1.
2. 119-120)
(«Noi diciamo in modo aperto le divisioni del numero sette»)

Di qui anche le professioni di scusa, rivolte a quella parte della


classe, troppo colta per interessarsi al testo inglese, e inevitabilmente
destinata alla noia:
Novimus pro certo quod plurimi suburbani ignorant clerici quot
sunt genera annorum [... ].Us pingèl to langsum pa:t we ealne pisne
cwide on Englisc clericum geswutelion, ac we eow secgaèl soèl to soèle
p<et syx cynna ger synt on gerime (1. 1. 172-173; 214-218)
(«Sappiamo per certo che moiti chierici di città ignorano quanti siano
i tipi di anni. [... ] Ci sembra troppo noioso spiegare questo passo ai
chierici in inglese, ma noi diciamo loro in verità una verità, che ci
sono sei tipi di anno ne! computa»)

Di qui, inflne, l' ammissione di colpa in riferimento all' esposizio-


ne ripetitiva e alla prolissità, due rischi del discorso per il retore dai
quali gli interessi preminentemente didattici non esonerano Byrhtferth
maestro 24 :
Gelome we habbaèl gesa:d p<et p<ere sunnan ger stent on prim hund
dagum and fif and syxtigum dagum and syx tidum, and p<es monan
dagas synt on prim hund dagum and .iiii. and fiftigum dagum (1.
2. 319-322)
(«Abbiamo detto spesso che l'anno solarc consiste di 365 giorni e sei
ore, e i giomi lunari sono di 354 giorni»)

24 La ridondanza è caratteristica pure del metodo aelfriciano, su cui cf. ancora F.


CHIUSAROLI, «Il percorso glonodidattico», cit.
L' ASTRONOMIA NELL' «ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 11

Riguardo alle sezioni antico-inglesi della Handboc, proprio la


tipologia del pubblico non erudito chiarisce certa evidente verbosità
nella resa vernacolare dei paragrafi, volta a interpretare, oltre che a
tradurre, il senso. Ma, cià che è più importante nella nostra prospet-
tiva, la peculiarità dell'uditorio determina in massimo grado le scelte
lessicali operate dall' autore nell' ottica - corne esplicitamente ammesso
- non già di mirare alla strutturazio ne di un vocabolario tecnico anglo-
sassone, bensl piuttosto di fornire alla classe uno strumento utile alla
comprensio ne della fonte dassica:
We gesetton on pissum enchiridion (pa:t ys manualis on Lyden and
handboc on Englisc) manega ping ymbe gerimcra:ft forpon we wol-
don pa:t iunge men mihton pe leohtlicor pa:t Lyden ongitan and wièl
ealde preostas ymbe pas ping pe rumlicor sprecan (2. 3. 248-251)
(«Noi abbiamo scritto in questo Enchiridion (manualis in latino e
handboc in inglese) moite cose sui computo perché volevamo che
i giovani capissero il latino più facilmente e parlassero con i preti
anziani più compiutamen te»)

I..:analisi della terminologi a tecnica promossa da Byrhtferth


mostra, in alcuni casi, l'impiego sicuro ed univoco di parole inglesi,
specificatamente là dove la maggiore padronanza dell' argomento inda-
gato si collega a forme della vita quotidiana2 5.
Per l'ambito dell'astronomia, che qui interessa, appaiono imme-
diatamente tradotti e regolarment e utilizzati nella versione volgare
termini relativi all' anno (gear) e le sue parti "popolari", ovvero mono
(mensis), tima (tempus), fino a segmentazioni minori, ma sempre dota-
te di valenza ordinaria, quali wucu (ebdomada), dreg (dies), tid (hora).
Parimenti risultano ancorate alla padronanza di un lessico comune le
rese vernacolari, e i relativi impieghi, in tutti i contesti, dei latini soli
sunne e lunal mona, terrai middaneard, anche intesa corne "elemento"
(eorlfe), celusl heofon, stella e pianeta, sidusl tungla, siduslsteorran 26 •

25 Yale, anche
per questo, il paragone con /E/fric, su cui cf ora W M. LINDSAY,
«lntroduzione» e P. LENDINARA, «Il colloquio di lElfric e il colloquio di JElfric Bata»,
in Feor ond neah. Scritti di filologia germanica in memoria di Augusto Scaffidi Abbate,
a cura di P. LENDINARA, L. MELAZZO. Palermo, Università degli Studi, Facoltà di
Lettere e Filosofla, 1983, pp. 173-249.
26 Immediata
l'individuazione delle corrispondenze con il "popolare" glossario
aelfriciano, corne si evince da! confronto con il testo nell'edizione di J. ZuPITZA,
/E/frics Grammatik und Glossar. Berlin-Zürich-Dublin, Weidmann, 1966 (riprod.
12 FRANCESCA CHIUSAROLI

Al di là delle voci ora citate, che rinviano a una competenza


propria al grande pubblico, nonché ai caratteri della tassonomia
pseudo-scientiflca ad uso popolare, i settori del lessico che richiedano
una formazione dotta, di marca specialistica, illustrano tutt' altro pro-
cedimento di composizione, forte della fedeltà alla matrice classica,
nel rispetto di una relazione di dipendenza mai disconosciuta, anzi,
continuamente rimarcata.
"Lelenco delle categorie distintive dell' annus - solaris, lunaris,
communis, embolismaris, decennovenalis - si arricchisce di corrispettivi
anglosassoni, per i quali tuttavia non si attestano versioni univoche,
ma piuttosto difformi, e sempre rivolte alla esplicitazione del senso.
Le forme registrate di annus solaris ammettono la traduzione ad
litteram
on Lyden solaris annus and on Englisc pœre sunnan gear (2. 3. 4)
(«in latino 'solaris annus' e in inglese 'pœre sunnan gear»>)

corne pure la compresenza di latino e antico-inglese in un nesso


sintematico bilingue (solaris gear), ma anche la perifrasi con val ore
glossatorio, nel rispetto, per altro, della conflgurazione morfologica
classica:
On pam geare pe man hœt solarem on Lyden (2.1. 30)
(«ln quell'anno che si chiama 'solarem' in latino»)
l>œt ger pe man hœt solaris (1. 2. 167)
(«Lanno che si chiama 'solaris'>>)

seconda soluzioni che rimarcano in tutti i casi la supremazia del


codice dotto corne lingua speciale:
Oft we habbao gehrepod ymbe pœs geares dagas pe getelwise witan
nemniao on Lyden solaris annus and on Englisc pœre sunnan gear
(2. 3. 3-4)
(«Spesso abbiamo parlato dei giorni dell'anno che i matematici chia-
mano 'solaris annus' in latino e in inglese 'pœre sunnan gear»>)

Per lunaris stanno le rese parallele Otes monan ( 1. 1. 219), ma

facs. I ed. Berlin 1880), e con la connessa tradizione dei glossari bilingui di epoca
anglosassone, su cui cf., per tutti, L. LAzzARI, L. MuccrANTE, Il glossario di .IE/fric.
Studio suife concordanze. Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1984.
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDION» Dl. BYRHTFERTH 13

anche «pe gepungene preostas cweèlaèl lunares» (1. 4. 37-38), o in


quanta resa esplicativa o parentetica:
wite hwylc ger hyt sy pa::s monan circules pe man ha::t lunaris (3. 1.
184-185)
(«trova quale anno sia ne! ciclo della luna che si chiama lunaris»)
Lunaris annus byèl a::lce geare (pa::t ys pa::s monan ger) (2. 3. 5)
(«Lunaris annus è ogni anno [ovvero pa::s monan gear]»)

Communis annus resta tale nella sezione inglese (2. 1. 128),


eventualmente accompagnato dalla significativa specificazione «pa:t ys
gema:ne ger» (1. 1. 220-221; 2. 3. 6-7).
Per il poco noto embolismaris annus si propane la duplice espres-
sione «embolismus oààe embolismaris», con annesse parentetiche rese
in latino e in volgare («on Lyden maiores and on Englisc pa maran
gear»; 3. 3. 146-147), anche sotto forma di glossa («pa:t ys eal an»; 1.
1. 223; 2. 1. 129-130), ma mai sostitutive dell'originale:
and eac se seofoèla embolismus byèl on him. Se monèl pe byèl embo-
lismus, he sceal habban prittig daga (2. 1. 234-236)
(«ed esso conriene anche il settimo embolismus. Il mese che è embo-
lismus deve avere trenta giorni»)

Semanticamente troppo oscuro per consentire un eventuale


distacco dalla lingua modello, embolismaris si aggiunge all' elenco dei
tecnicismi fedelmente assunti dalla fonte 27 :
We wyllaèl nu on pisre stowe pa seofon ra::dinga awritan pe ymbe
pa seofon gear synd gedihte pe man ha::t embolismaris. Peos ·forme
ra::ding sprycèl ymbe pa::t forme ger pe man ha::t embolismaris (2. 2.
2-4)
(«Üra scriveremo in questo luogo i sette scritti che sono stati compo-
sti sui sette anni che si chiamano 'embolismaris'. Il primo scritto parla
del primo anno che si chiama 'embolismaris'»)

L annus decennovenalis è ricalcato con l'inglese nigonteolfan geare


(1. 2. 340), cui segue immediata spiegazione con riproposizione della

27
Sulla fonte popolare nota corne De ratione embolismorum, mediata da! De tem-
porum ratione di Beda, per la trattazione degli embolismi, cf. Enchiridion, Commen-
tary, pp. 298-304 (qui, corne altrove, aJI' occasione della citazione delle moite fonti
dirette e ricostruite di Byrhtferth, appare sufficieme ed efficace il rinvio ail' agile com-
mentario, che utilmente predispone i passi dei testi nelle edizioni più accreditate).
14 FRANCESCA CHJUSAROLI

voce originale:
pxt ys pxt ytemyste on pam circule pe ys genemned decennovenalis
(1. 2. 340-341)
(«ovvero !'ultimo (anno) del cido che è chiamato 'decennovenalis'»)
on pam circule pe is decennovenalis gehaten (3. 1. 160)
(«ne! cido che è chiamato decennovenalis'»)

o con la stessa sottintesa, attraverso il riferimento al percorso


ciclico:
on pam circule pe yrno nigontyne gear (2. 1. 197-198)
(«ne! cido che dura diciannove anni»)

o sinonimica di pascalis:
on pam circule pe ys decennovenalis oooe pascalis gehaten (2. 1.
304-305)
(«ne! cido che è chiamato 'decennovenalis' o 'paschalis'>>)
Ymbe pxne circul pe ys genemned Paschalis oooe on Grecisc
enneakedekerida oooe on Lyden decennovenalis, we beotedon ymbe
to sprecanne (3. 1. 191-193)
(«Avevamo anticipato che avremmo parlato del ciclo che è chia-
mato 'Paschalis' o in greco 'enneakedekeridà o 'decennovenalis' in
latino»)

o semplicemente rinviando ad esso in quanto marca sottintesa,


anche in riferimento al percorso ciclico:
decennovenalis (pxt ys se circul pe swa ys genemned) (2. 3. 5-6)
(«decennovenalis [ovvero il ciclo che è cosi chiamato]»)

Nella sezione vernacolare del testo, la scelta terminologica mostra


in ogni caso la predilezione verso le forme di derivazione dotta, nel
rispetto dei dettami dell' auctoritas:
I>xt forme ys solaris geciged and pxt ooer pxs monan and pxt
pridde communis, pxt ys gemxne ger... And ponne hyt byo
embolismus oooe embolismaris (pxt ys eal an) ... Gif hyt beo bis-
sextus do pxrto anne dxg. le pe secge, la cleric, on pin eare pxt
xlce geare hyt byo solaris annus and lunaris and decennovenalis
(1. 1. 218-226)
(«Il primo anno è detto 'solaris' e il secondo 'pxs monan' e il terzo
'communis', ovvero 'gemxne ger'. .. E poi è 'embolismus' o 'emboli-
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDIO N» DI BYRHTFERTH 15

smaris' (ovvero 'eal an') ... Se esso è bissextus aggiungici un giorno. Io


ti dico, o chierico, al!' orecchio che ogni anno esso è solaris annus e
lunaris e decennovenalis»)
Nigontyne gear wyrcao pa:ne circul pe wise witan hatao decenno-
venale. Eall swa eac nygontyne gear gefyllao pone circul pe uowitan
hatao lunarem. Eahta and twentig gear gefyllao pone circul pe
uowitan hatao lunarem. Eahta and twentig gear gefyllao pa:ne circul
pe ys genemned solaris (2. 3. 116-119)
(«Diciannove anni compongono il ciclo che i sapienti chiamano
'decennovenale'. Diciannove anni compongono anche il ciclo che i
sapienti chiamano 'lunarem'. Diciannove anni compongono il ciclo
che è chiamato 'solaris'»)

Il termine concurrentes - in riferimento al ciclo utilizzato per


stabilire il giorno della settimana per ogni giorno dell' anno solare
- appare singolarmente trattato corne tecnicismo già nella sezione del
latina dello Handboc, <love se ne illustrano le versioni greca e ancora
latina derivate da Elperico 28 :
Concurrentes epacte dicuntur Grece, adiectiones solis vocantur Lati-
ne (1. 2. 63-64)
(«'Concurrentes' si dico no 'epacte' in greco, si chiamano 'adiectiones
solis' in latino»)

Il ruolo di tecnicismo viene pertanto senza indugio assegnato


a concurrentes anche nella versione inglese, e cià indipendentem ente
dalle scelte terminologiche operate contestualment e:
sume regulares ipsius mensis, et iunctis concurrentibus que eo anno
currunt. ponne nim pu pa:s monoa:s rihtinga and pa concurrentes pe
py geare yrnao (1. 2. 205-206; 211-212)
(«sume regulares ipsius mensis, et iunctis concurrentibus que eo anno
currunt.prendi i regulares dello stesso mese e aggiunti i concurrenti-
bus che corrono nell'anno»)

1 tre calchi innovativi di concurrentes (samodrynela, togeihtnyssa,


rynela) si aggiungono con il solo scopo scolastico della esplicitazione
del senso:

28
Cf. il passo corrispondente in Elperico (De computo ecclesiastico, 6), corne in
Enchiridion, Commentary, p. 263.
16 FRANCESCA CHIUSAROLI

Ecce mysterium investigatum est satis probabiliter concurrentium,


quarum libet inventionem Angligenis demonstrare sermonibus.
lEfter pisre gewritenan foresprœce on endebyrdnysse pœs gerimes
synt gemearcode pa concurrentes, pa synt samodrynelas genemned
( 1. 2. 80-84)
(«Üsserva, il mistero dei concurrentes è stato spiegato sufficiente-
mente bene, è appropriato ora disporre i mezzi per dimostrarli nella
lingua inglese. Nella struttura del computo i concurrentes, che sono
chiamati 'samodrynelas', sono disposti secondo quanta abbiamo
appena scritto»)
Concurrentes on Grecisc synt gecwedene epacte and on Lyden adiec-
tiones, pœt synt togeihtnyssa (1. 2. 109-110)
(«Concurrentes in greco sono chiamati 'epacte' e in latino 'adiectio-
nes', ovvero 'togeihtnyssà»)

inserito nel testo inglese corne voce tecnica contestualmente a


formule computistiche standardizzate, anch' esse in lingua latina:
Nim pœt an and sete on foreweardum pam concurrentium and cweô
'primus cum bissexto' (1. 2. 133-134)
(«Prendi quello e mettilo davanti ai concurrentiums e dl 'primus cum
bissextus' »)

mentre resta la preminenza di concurrentes, conservato nell' origi-


nale flnanche nella veste morfologica:
I>ises circules gewuna ys, oooe ryne, pœt loca hwylce concurrentes
beon on pam geare (1. 2. 99-100)
(«È costume o corso di questo circolo, o ciclo, qualunque sia il nume-
ro dei concurrentes nell' anno»)
Us gelustfullao pissera rynela (concurrentium) angin preostum
œtywan (1. 2. 111-112)
(«Vogliamo mostrare ai preti le origini di questi rynela [concurren-
tium]»)
Hwanon pa concurrentes uparison we sœdon feawum wordum (1.
2. 160)
(«Abbiamo detto con poche parole da dove vengono i concurren-
tes»)
I>œt an pe pœr ys to lafe sete on foreweardum pam circule pe man
nemo concurrentium. lElces geares concurrentes pu miht witan be
pam datarum nonarum kalendarum Aprilium. Loca hwylce hig beoo,
swa fela concurrentes (1. 4. 23-27)
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 17

(«Poni quello che è rimasto sopra all'inizio del ciclo che è chiamato
dei concurrentium. Si possono trovare i concurrentes per ogni anno
dalla data del 24 marzo. Qualunque sia il giorno, ci saranno tanti
concurrentes»)

Nella prospettiva specialistica si colloca l'impiego dei termini


ocdoade e endecade - già acquisiti corne prestiti dal greco da parte
della lingua latina - 29 all'interno della categoria dei sette embolismi,
i mesi intercalati nel ciclo decennovenale in ragione della mancata
corrispondenza fra i cicli dell' anno solare e lunare. La costituzione, per
entrambi, dei corrispettivi anglosassoni, mira alla chiarificazione della
derivazione numerica (gr. ogdoade > lat. octo anni > ags. eahta gear, gr.
endecade >lat. undecim > ags. endlufon):
Das pry embolismi beoèl on pam eahta gearum pe rimcrœftige weras
on Grecisc hataèl ogdoade and on Lyden octo anni and on Englisc
eahta gear (2.2.64-66)
(«I tre embolismi sono negli otto anni che i computisti in greco chia-
mano 'ogdoade' e in latino 'octo anni' e in inglese 'eahta gear'»)
Pa endlufon gear pe beoèl a:fter pam eahta gearum hatton on Grecisc
endekade and on Lyden undecim and on Englisc endlufon (2. 2.
68-70)
(«Gli undici anni che sono dopo gli otto anni si chiamano 'endekade'
in greco e in latino 'undecim' e in inglese 'endlufon'»)

ma la promozione della versione ad litteram non determina in


nessun casa la sostituzione della voce dotta:
Se èle pas circulas wyle geornlice asmeagan, he sceal gepencan pa:t
pa eahta gear synd on Grecisc ocdoade gehaten and on Lyden octo
anni and on Englisc eahta gear, and on pam eahta gearum beoèl pry
embolismus and fif communes (3. 2. 293-296)
(«Chi voglia comprendere questi cicli pensi che gli otto anni sono
chiamati 'ocdoade' in greco e in latino 'octo anni' e in inglese 'eahta
gear', e negli otto anni ci sono tre embolismus e cinque commu-
nes»)
Wei geradlic hyt eac pingèl us pœt we herto gecnytton pa epactas, pe
wise preostas oft ymbe geradlice wurdliaèl (1. 2. 291-294)
(«Ci sembra opportuno aggiungere gli epactas, di cui spesso i preti
sapienti discutono sagacemente»)

29 Si veda il Glossario latino annesso al!' Enchiridion, s. v.


18 FRANCESCA CHIUSAROLI

Nu wolde ic pxt pa xôela clericas asceocon fram heora andgites


orôance xlce sleacnysse, pxt hig pe borlicor mihton beforan arwu-
rôum biscopum gecyôan pxra epactana gescead (1. 2. 323-325)
(«Üra io voglio che i nobili chierici scuotano ogni pigrizia da! giu-
dizio della loro mente, cosî da poter meglio recitare il calcolo degli
epactana davanti ai reverendi vescovi»)
In primo igitur anno embolismi, hoc est in ogdoade tertio, sunt
epacte .xxii. Das rxdinga syndon wide cuôe on Lyden; forpan us
gelustfullaô pxt andgit nu eow gecyôan on Englisc pxt pa boceras
cunnon on Lyden (2. 2. 6-9)
(«ln primo igitur anno ambolismi, hoc est in ogdoade tertio, sunt
epacte .xxii. Questi scritti sono molto noti in latino; percio ci piacc
render noto a voi in inglese cio che gli eruditi sanno in latino»)

La presenza eventuale del corrispettivo inglese per ogdoade e ende-


cade non comporta, per nessuno dei termini ora considerati, l'impiego
della forma vernacolare nello svolgimento del testa, se non nella acces-
soria funzione di glossa:
and do xlce geare endlufon to pam epactum pe pig geare beoô (1.
2. 332)
(«e ogni anno aggiungi undici agli epactum che sono in quell'an-
no»)
Nu hyt gerist pxt we ymbe pa epactas wurdlion (1. 4. 52)
(«Üra è opportuno che noi parliamo degli epacras»)
Pas endlufon we settaô on foreweardum pam circule pe man hxt
epactarum (1. 4. 58-59)
(«Noi poniamo gli undici giorni all'inizio del ciclo chiamato 'epacta-
rum'»)
Soôlice on pam endlyftan geare pxs circules ponne se forma embo-
lismus byô on pam endecada (pxt ys on pam endlufon gearum),
ponne beoô twentig epacte (2. 2. 72-74)
(«lnvero nell'undicesimo arrno del ciclo, quando c'è il primo embo-
lismus nell'endecada [ovvero negli undici anni], allora sono venti
epacte»)

Di maggiore fortuna appare godere la resa anglosassone del latino


regularis (jeriarum) - proposta con l'univoca versione rihting- termine
indicativo del numero che, aggiunto ai concurrentes per l' anno, dà il
giorno della settimana o l' età della luna il primo del mese. Nel testa
di Byrhtferth rihting e regulares compaiono entrambi quasi corne voci
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 19

sinonimiche o reciprocamente sostitutive:


Uton nu gleawlice swyoe geseon hwanon ;.erest arison pa regulares pe
man hxt feriarum (1. 2. 166-167)
(«Üra molto diligentemente osserviamo da dove vengano i regulares
che si chiamano 'feriarum'»)
Martius hxfcl an and prittig daga and fif regulares, p<.et synt rihtinga
(1. 2. 181-182)
(«Marzo ha trentuno giorni e cinque regulares, ovvero rihtinga»)
Of Aprilis dagum and his rihtingum pu scealt findan Maius rihtinga.
Aprilis hxfcl prittig daga and anne regularem (1. 2. 186-187)
(«Dai giorni di Aprile e i suoi rihtingum troverai i rihtinga di Maggio.
Aprile ha trenta giorni e un regularem»)
ponne beoo p<.er swa fela regulares oooe rihtinga ( 1. 2. 194-195)
(«allora ci sono tanti regulares o rihtinga»)

La scelta fra regulares e rihting non appare condizionata dalla pre-


senza, nello stesso contesta, di termini tecnici a base dassica:
Nu we wyllao gecyoan hu man sceal mid pam concurrentium and
p;.era monoa rihtingum findan hwylce dxge pa monoas gan on tun
(1. 2. 200-202)
(«Üra spiegheremo corne si deve cercare in quale giorno arrivano i
mesi, usando i concurrentium e i rihtingum dei mesi»)

né si rileva impiego coerente nel caso di nessi sintematici compo-


sti di un elemento dotto:
Uton awendan nu ure gesetnysse to pam rihtingum pe rimcrxftige
preostas cweoao lunares (1. 2. 255-257)
(«Üra volgiamoci a trattare quei rihtingum che i sacerdoti abili ne!
computa chiamano 'lunares'»)
Gyfpu wylle witan mid boclicum get;.ele hwanon pa regulares cumon
pe preostas cigeao feriarum (1. 4. 30-31)
(«Se vuoi sapere attraverso il calcolo scolastico da dove vengano i
regulares che i sacerdoti chiamano 'feriarum'»)
Gyf pu wylle witan mid wisdome pxra rihtinga gescead pe
gepungene preostas cwecfa5 lunares (1. 4. 37-38)
(«Se vuoi dottamente sapere dei rihtinga che i sacerdoti eruditi
chiamano '! unares' »)
20 FRANCESCA CHIUSAROLI

Nella evidente funzione di tecnicismo s1 mterpreta l' adozione


delle rese greca e latina interkalalares o interpolares, per intendere i
giorni "aggiunti" (additi) nell' anno bisestile, collocabili fra le date del
24 febbraio e l' 1 marzo nel calendario giuliano, qui ispirate all' auctori-
tas isidoriana 30 , cui la traduzione inglese si aggiunge sempre in forma
di perifrasi:
Pa flf dagas pe pa::r synd betwux .vi. kalendas and kalendas Martii,
hig synd genemned on Grecisc interkalares and on Lyden interpolares
vel additi, p::ct synd pa togeihte dagas oôôe betwux gesette, and eac
on Grecisc hig synd geciged epagomene be pam ylcan andgyte pe we
nu cwa::don (2. 1. 77-81)
(«I cinque giorni tra le 6 kalendas e le kalendas di Marzo, essi sono
chiamati 'interkalares' in greco e in latino 'interpolares' o 'additi',
ovvero i giorni 'togeihte' o 'betwux gesette', e in greco sono anche
detti 'epagomene' con Io stesso signiflcato che abbiamo appena
detto»)
gif he byo beforan pam intercalatum vel interpolatum diem, pa::t ys
gif he byo beforan pam gesettan da::ge, oèlèle he byo betwynan pam
gelogodan da::ge, pa::t ys bissextus, and kalendas Martii (2. 1. 123-
126)
(«se sia prima l'intercalatum o l'interpolatum diem, ovvero se sia
prima il gesettan da::ge, o se sia fra il gelogodan da::ge, ovvero il bis-
sextus, e le kalendas di Marzo»)

Ancora emblematiche della netta separarazione - innanzi tutto


nella selezione del codice pertinente - dell' ambito tecnico rispetto alla
cultura popolare appaiono le scelte lessicali relative all'introduzion e
del concetto di "quadrante", all' occorrenza conservato nell' originale
latino, oppure tradotto con un calco di derivazione - nelle tre varianti
fyroling (2. 1. 63),feoroling (2. 3. 98) efyoerlinc (I. 1. 38) -, specificato
nello statuto di glossa («p:rt ys fyèlerlinc»; 1. 1. 37-38), esplicitandone
il valore semantico:
quadrans byo se feoroa da::! pa::s da::ges oèlèle oora pinga pe man ma::g
rihtlice toda::lan on feower (1. 1. 38-40)
(«quadrans è la quarta parte del giorno o di ogni altra cosa che l'uomo
passa esattamente dividere in quattro»)

°
3 Cf. Isrooru HrsPALENSIS
EPrscoPr Etymologiarum sive Originum libri XX, ed.
by W M. LINDSAY, I-II. Oxford, Universiry Press, 1911 (6, 17, 27-28), su cui cf.
Enchiridion, Commentary, pp. 283-284.
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 21

ma anche opportunemente spiegato dal maestro di scuola ai


sydefulle clericas con l'ausilio di esempi pratici derivati dalla cultura
condivisa31 :
On pam geare pe man ha:t solarem on Lyden beoo preo hund daga
and fif and syxtig daga and syx tida, pa synd on Lyden quadrantes
genemned. Of pissum syx tidum aspringo up bissextus (2. 1. 30-32)
(«Nell'anno che si chiama 'solarem' in latino ci sono 365 giomi e sei
ore, che sono chiamate 'quadrantes' in latino. Da queste sei ore si
ricava il bissextus»)
He cymo of pam quadrante, pa:t ys of pam syx tidum, swa we pa:t
habbao awriten and mid trumre gewitnysse afa:stnod (2. 1. 110-
112)
(«Esso viene da! quadrante, ovvero dalle sei ore, cosl corne abbiamo
scritto e confermato con salda testimonianza»)
pa:t pa:r beon feower sioun syx rida, pape gela:rede uowitan quadran-
tes gecigdon on Leden. Quadrans on Lyden on Grecisc ys gecweden
tetrarcha (1. 1. 69-71) 3 2
(«cosl che ci saranno quattro volte sei ore, che i sapienti chiamano
quadrantes in latino. Quadrans in latino è detto in greco tetrarcha»)
We gecwa:don to sooe pa:t manega sydefulle clericas nyton hwa:t byo
quadrans oooe quadras, ac we willao his mihta and his trumnysse her
geswutelian. Quadrans ys fyroling oooe feoroan da:l a:lc oa:ra pinga
pe man ma:g toda:lan on feower onemne (2. 1. 60-64)
(«Sappiamo per certo che moiti chierici modesti non sanno casa sia
un quadrans o quadras, ma qui dimostreremo il suo potere e la sua
stabilità. Quadrans è fyroling o la quarta parte di agni casa che si
passa regolarmente dividere in quattro»)
Se feoroan da:! byo quadrans geciged, beo hyt penig oooe pund, swa
pa:t wel wat ceorlisc foie. [... ] Gyf an rice byo toda:led, panne byo se
feoroa da:\ quadras gehaten (2. 1. 64-65; 70-71)
(«La quarta parte è detta 'quadrans', sia essa moneta o libbra, corne il

31 Per le esempliflcazioni a base popolare del concerto di "quadrante", con


annessa influenza del De temporum ratione di Beda (De temporum ratione, 4), cf.
Enchiridion, Commentary, p. 283.
32 Per la confusione fra il greco 'tE'tpapxr1ç e il termine corretto i:Éi:pac:; gli
editori sono propensi a rinviare a una contaminazione da fonte aldelmiana, corne si
legge in Enchiridion, Commentary, p. 253. Su Elperico, (De computo ecclesiastico, l)
corne fonte della trattazione sul quadrante cf. ibid., p. 252.
22 FRANCESCA CHIUSAROL I

popolo rustico ben sa. [... ] Se un regno viene diviso, allora la quarta
parte è detta 'quadras' »)
Accogliendo la lezione isidoriana già assimilatata da JElfric, i
nomi dei mesi (Januarius, Februarius, Martius, Aprelis, Maius, Iunius,
Julius, Augustus, September, October, November, December) 33 , non di
rado accompa gnati dalla specificazione mono, e le relative partizion i
cronologiche (nonas, kalendas, idus) appaiono conservati nella forma
latina e nella veste di lemmi indeclinabili, cià che rinvia a un impiego
degli stessi in quanto tecnicismi, per i quali la sporadica resa verna-
colare ha l'unico scopo di fornire l'illustrazione del senso (<œfter pam
forman da::ge, pa::t ys a::fter kalendas»; 1. 2. 218-219 ), e mai di proporsi
all'impiego («kalendas, pa::t ys se forma da::g»; 1. 2. 33-34).
La coincidenza terminologica risulta accentua ta dal carattere
didascalico del testa, che spiega la compresenza in successione dei due
codici, per cui, ad esempio, nella prima elencazione dei nomina men-
sium, fornita nel prologo, appare presto ridondan te la ripetizione, nel
testo inglese, dei lemmi già riportati in latino, mentre è sufficiente il
riferimen to ad essi tramite il rinvio alla fonte appena prima citata:
Ianuarius, Augustus et Decembe r .iiii. nonas habent, nona .x. kalen-
das post idus et dies .XXX. unum. Das pry monoas, Ianuarius and
Augustus and December, xfter pam forman dxge hig habbao .iiii.
nonas and xfter idus nonadecim a kalendas and .xxxi. daga.
Martius, Maius, Iulius et October .vi. nonas habent ... Pas feower
habbao .vi. nonas ...
Aprelis, Iunius, September et Novembe r .iiii. nonas habent ... Das
feower habbaà .iiii. nonas ...
Februarius vero .iiii. nonas habet ... Des hxfcl .iiii. nonas ... (1. 2.
6-23)
(«Ianuarius, Augustus et December .iiii. nonas habent, nona .x.
kalendas post idus et dies .xxx. unum. Questi tre mesi, Ianuarius e
Augustus e December, dopo il primo giorno hanno quattro nonas, e
dopo le idus nonadecim a kalendas e trentuno giorni.
Martius, Maius, Iulius et October .vi. nonas habent ... Questi quattro
hanno sei nonas ...
Aprelis, Iunius, Septembe r et Novembe r .iiii. nonas habent ... Questi
quattro hanno quattro nonas ...

33 Cf. Enchiridio
n, Commentary, pp. 260-262.
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 23

Februarius vero .iiii. nanas habet ...


Questo ha quattro nanas ... »)

I.:elenco dei septimanae dies («pœre wucan dagas»), riportato


seconda la classiflcazione latino-medioevale (di papa Silvestro) in
feriae («dominicam, secundam, tertiam, quartam, quintam, sextam,
sabbatum») è redatto a partire dal ben nota equivalente inglese
(«Sunnandœg we cweoao œrest, Monandœg, Tiwesdœg, Wodnesdœg,
I>unresdœg, Frigedœg, Sœternesdœg»), di cui si deplora la derivazione
pagana («ealdra witan ungewitt»; 2. 3. 224), del resto comune alla
stessa cultura classica (2. 3. 221-223)34, e soprattutto si ripropone la
corrispondenza bilingue:
Sunnand::eg h::efcl primam feriam, Monand::eg secundam and S::etern-
d::eg septimam (1. 2. 221-222)
(«Sunnand::eg ha la primam feriam, Monand::eg la secundam e S::eter-
nd::eg la septimam»)

cio da cui è possibile rilevare il ruolo di tecnicismo assunto dal


latino feria nella lingua speciale della Chiesa:
pa regulares ... pe preostas cigeao feriarum (1. 4. 30-31)
(«i regulares ... che i sacerdoti chiamano feriarum»)

Limpiego sistematico dell' enclitico «pœt ys», con funzione intro-


duttiva alla versione inglese, giustiflca il carattere perifrastico delle
nuove rese terminologiche spiegando altresl corne la promozione del
neologismo, una volta conseguito l' effetto pratico della decifrazione
del signiflcato, lasci posto senz' altro all' originale classico.
Tale è il caso della caratterizzazione - derivata da Rabano Mauro
-del giorno (dies!dtPg) in senso "naturale" (divisa in 24 ore) e "volgare"
o "artiflciale" (il tempo che va dal sorgere del sole al tramonto)35, dove
naturaliter e vulgariter (2. 3. 12-13) risultano prima tradotti («pœt ys

34 Il riferimemo è, ovviamente, alla ben nota omelia aelfriciana De falsis diis


(Homilies of/E{fric. A supplementary collection, ed. by J. C. POPE. London, Oxford
University Press, 1967-1968, 2 vol!., vol. II, 21, 166-180), su cui c[ Enchiridion,
Commentary, p. 312.
35 Per la citazione dal De Computa rabaniano (De computa ecclesiastico, 19) c[
Enchiridion, Commentary, p. 305.
24 FRANCESCA CHIUSAROLI

gecyndelice and ceorlice»; 2. 3. 13), indi utilizzati nella versione latina


glossata:
Vulgaris vel artificialis dies est (pa:t byô ceorlisc da:g oôôe cra:ft!ic)
fram pa:re sunnan anginne pa:t heo to setle ga and eft cume mancyn-
ne to blisse (2. 3. 14-17)
(«Vulgaris vel artificialis dies [ovvero ceorlisc da:g o cra:ft!ic] dura dal
sorgere del sole flno a che se ne va a riposare, e poi toma corne una
benedizione per l'umanità»)

La funzione glossatoria del neologisrno volgare appare più rnani-


festamente all'atto dell'introduzione di categorie e pararnetri di classi-
flcazione oscuri e lontani dall' esperienza quotidiana, per i quali diviene
necessaria adeguata cornpetenza specialistica, cià che rende indispensa-
bile il ricorso all'idiorna della cultura:
Me ys neod pa:t ic menge pa:t Lyden amang pissum Englisce (2. 3.
21-22)
(«È necessario per me mescolare il latino con l'inglese»)

All'elenco delle divisiones temporibus (dr.elas) già citate, si aggiun-


gono le unità di rnisura del ternpo 36 , quali il punctus, tradotto con
l' ags. prica (<<puncti, pa::t synt prican») (2. 3. 19) per esplicitate rnoti-
vazioni etirnologiche:
punctus a pungendo dicitur. Forpan ys se prica gecweden forpan he
pingô oôôe pricaô (2. 3. 22-23)
(«punctus a pungendo dicitur. Per questo è chiamato 'prica' perché
punge o 'pricaô'»)

o sulla base del riferirnento al ritrno del rnovirnento del sole:


and forpan ys se prica gecweden forpan seo sunn.e astihô pricma:lem
on pam da:gma:le (2. 3. 20-21)
(«e per questo è dt:tto 'prica', perché il sole avanza punto per punto
lungo l'orologio solare»)

Seguono il minutum, recuperato corne prestito e in più spiegato


corne «Se teoèlan da::l pa::re tide» (2. 3. 30) e, etirnologicarnente, «for

36La fonte classica della terminologia delle divisiones temporis è ancora rappre-
sentata da Rabano Mauro (De Computo, 10-36), su cui cE Enchiridion, Commentary,
pp. 304-307.
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDION» Dl BYRHTFERTH 25

pam lytlan fa:ce» 'a motivo del piccolo tempo' (2. 3. 31) e il momen-
tum, glossato corne (<<p:rt ys styrung») ('ovvero movimento') (2. 3.
60-61 ), e spiegato secondo l' etimo «for pa:ra tungla hw::etnysse ... and
on Lyden a motu siderum» (2. 3. 60-61), ma anche sulla base della
concreta valenza numerica:
Gif pu wille witan hu mycel beo momentum, wite pu pa::t to soèle pa::t
feowertig momenta wyrceaèl ane tid (2. 1. 51-53)
(«Se tu vuoi sapere quanto grande sia il momentum, sappi in verità
che quaranta momenta fanno un'ora»)

A un livello quantitativamente inferiore si colloca ostentum, defi-


nito corne «la sesta parte di un'ora» («se syxteogoôan da:l anre tide»;
2. 3. 62-63), e sempre conservato, corne tutti i latinismi dello stesso
elenco, nella veste morfologica alloglotta.
Il calco latino del grecismo atomus («on Lyden is gecweden indivi-
sio»; 2. 3. 72-73), con funzione esplicativa, costituisce forma modello
per la composizione dell' anglosassone «p::et ys untoda:lednyss» (2.
3. 73), senza, per altro, che le due riproduzioni possano mettere in
discussione gli impieghi successivi del tecnicismo, proposto in tutti i
contesti nella forma indeclinabile. In particolare, accanto alla specifi-
cità del termine atomus se ne ravvisa specularmente l'utilità in quanto
unità di misura riferita a molti campi dell' esperienza umana37 :
Fif untoda::lednyssa hiw synt. An bièl on lichaman, oèler on pa::re
sunnan, pridde on pam gebede, pa::t ys on boclicum cra::fte. [... ] Eac
pes atomos byèl on pam getele. [... ] Atomos ys on èla::re tide (2. 3.
73-75)
(«Ci sono cinque tipi di untoda::lednyss. Una è ne! corpo, l'altra ne!
sole, la terza nella lingua, ovvero nell'arte dello scrivere. [... ] Atomos
è anche in aritmetica. [... ] Atomos è nell'ora»)
operando utili collegamenti con le discipline del trivium:
se [;esta da::! on pam sta::fgefege ys littera. Ponne we sumne da::! toda::-
laèl on pa::re spra::ce oèlèle on pam gebede, ponne toda::lon we a::rest pa
syllabas ... and syèlèlan pa::t sta::fgefeg on pam stafum. Se sta::f ne ma::g
beon toda::led (2.3.75-80)

3 7 Alla fonte rabaniana, già citata, vanno aggiunte, nella rappresentazione del-
l'"aromo", ispirazioni da Beda, ma anche dall'Ars Maior di Donato e dalle Etymologiae
isidoriane, per la cui elencazione cf. Enchiridion, Commentary, p. 306.
26 FRANCESCA CHIUSAROLI

(«La più piccola divisione nella sillaba è la littera. Quando noi divi-
diamo una certa parte ne! discorso o nella preghiera, allora prima
dividiamo le sillabe ... e poi dividiamo la sillaba in lettere. La lettera
non puo essere suddivisa»)

e del quadrivium:
Eac pœs atomos byo on pam getele, swylce ic cweoe pam preoste pas
ping to bisne: pœt ilce getœl hyt mœg becuman to pam pusende, and
gifhyt byo todœled hyt mœg cuman to pœre annysse, pœt hyt ne mœg
nan man tod;pJan (2. 3. 81-83)
(«Atomos è anche in aritmetica, corne se io dovessi darvi questo
esempio: Io stesso numero puo arrivare a un migliaio, e se è divisa
puo arrivare all'unità, cosi da non pater essere divisa»)

e, in modo didatticamente efficace, visualizzando l'immagine di


dell'istante necessario a un semplice battito delle ciglia:
Atomos ys on oœre tide panne pu todœlst pœne dœg oooe pa tide
purh pa punctas pœt pu cymst to swa lytlum pinge pœt pu ne miht
natopshwon hyt todœlan: Swa ys seo brachwil on pœs mannes eagan,
heo ys sooes atomus on pissum crœfte (2. 3. 89-92)
(«Atomos nell'ora è quando si <livide il giorno o l'ara per punctas fîn-
ché si arriva a una cosa cosl piccola da non pater più essere divisa. In
verità l'atomo in questa scienza è corne il tempo impiegato dall'uomo
per battere le ciglia»)

Alla fase prolissa e dettagliata della prima esposizione, con annes-


sa traduzione inglese dei lemmi, segue regolare sintesi delle quattordici
divisioni del giorno, significativamente riportate nella versione classica
del De temporum ratione di Beda38 , e opportunamente affiancate da
glosse interlineari in inglese:
Atomos ys pœt lœste getœl... Ooer toda::lednyss hatte momentum,
pridde minutum, feoroe punctus (id est prica), fîfte hora (id est tid),
syxte quadrans (feoroling), seofooe dies (dœg), eahtooe ebdomada
(wucu), nigooa menses (mono), teooa triformis vicissitudo (pryfeald
gewrixl), endlyfta annus (gear), twelfta etas, prytteooa seculum,
feowerteooa mundus (2.3.94,97-100)
(«Atomos è l'ultima parte ... L:altra todœlednyss si chiama 'momen-
tum', la terza 'minutum', la quarta 'punctus' [ovvero 'prica'], la quinta

38 Attraverso la mediazione di un passa nota a livello popolare corne Divisiones


temporis .xiiii. sunt, riportato in Enchiridion, Commentary, p. 306.
L'ASTRONOMIA NELL'<ŒNCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 27

'ho ra' [ovvero 'tid'], la sesta 'quadrans' ['feorôling'], la settima 'dies'


['dœg'J, l'ottava 'ebdomada' ['wucu'], la nona 'menses' ['mono'],
la decima 'triformis vicissitudo' ['pryfeald gewrixl'], l'undicesima
'annus' ['gear'], la dodicesima 'etas', la tredicesima 'seculum', la quat-
tordicesima 'mundus»>)

Dal medesimo testo risulta derivato, in forma di riepilogo, l' elen-


co dei cycli decennovenalis, lunaris, solaris:
Nigontyne gear wyrcaô pœne circul pe wisan hataô decennovenale.
Eall swa eac nygontyne gear gefyllaô pone circul pe uôwitan hataô
lunarem. Eahta and twentig gear gefyllaô pœne circul pe ys genemned
solaris (2. 3. 116-119)
(«Diciannove anni compongono il ciclo che i sapienti chiamano
'decennovenale'. Allo stesso modo diciannove anni compongono il
ciclo che i sapienti chiamano 'lunarem'. Ventotto anni compongono
il ciclo che è chiamato 'solaris'>>)

e, a seguire, è la stessa fonte ad accreditare la valenza tecnica dei


latini aetas, seculum, mundus, per i quali si predispone la sola tradu-
zione del senso:
Aetas man hœt ealne pisre worulde ryne. Seculum man hœt ealne
pœne fœc fram frymôe pisre worulde oô hyre ende, and mundus ys
gehaten eall pœt ys netweox heofenum and eorôan and on pœre sœ
(2. 3. 120-122) .
(«'Aetas' si chiama l'intero corso di questo mondo. 'Seculum' si
chiama Io spazio dall'inizio del mondo fi.no alla fine, e 'mundus' è
chiamato tutto ciô che è fra il cielo, la terra e il mare»)

Le tre canoniche todtRlednyssa dtRg del giorno sono riferite nel testo
secondo la terminologia delle partitiones dies in manes, meridies, suppre-
mum derivata da Rabano Mauro 39 , redatte sulla base del rilevamento
della posizione del sole rispetto alla terra. Signiflcativa appare la resa
vernacolare di solo due, su tre, delle voci latine:
Seo forme hatte mane (pœt ys œrnemerigen), and seo oôer ys gecwe-
den meridies, and seo pridde ys geciged suppremum, pœt ys on œfen
oôôe seo ytemeste tid (2.3.127-130)
(«La prima si chiama 'mane' [ovvero 'œrnemerigen'], e l'altra è chia-
mata 'meridies', e la terza è chiamata 'supremum', ovvero 'œfen' o
'!' ultima ora'»)

39 E da ultimo, da Isidoro di Siviglia (Etym., 13, 2, 3), corne si legge in Enchiri-


dion, Commentary, p. 307.
28 FRANCESCA CHIUSAROLI

Circostanziale ed accurato risulta, invece, l' elenco delle sette par-


titiones noctis, già compilato da JElfric secondo la strutturazione dei
tempi della preghiera notturna dei monaci 40 , e riproposto, seconda
lo stesso schema, con l' ausilio di puntuali calchi nel vernacolo (2. 3.
133-143):
Crepusculum ... , pa::t ys a::fengloma ...
Vesperum, pa::t ys a::fen oooe hrepsung...
Conticinium, pa::t ys switima oMe salnysse timan ...
Intempestivum, pa::t ys midniht oôde unworlic tima ...
Gallicinium, pa::t ys hancred, ponne sceolon gode munecas arisan and
Gode singan ...
Matutinum vel aurora, pa::t ys da::gred, ponne eac gewuniao pa syfre
Godes pegnas mid mode and stefne God to wuroian 'Benedictus
Dominus' blioelice upahebban ...
Diluculum .. ., pa::t ys a::rnemergen betwux da::grede and pa::re sunnan
uppgange ...
(«Crepusculum .. ., ovvero a::fengloma [crepuscolo] .. .
Vesperum, ovvero a::fen o hrepsung [sera o vespri] .. .
Conticinium, ovvero switima o salnysse timan [il tempo del silenzio
o della quiete] ...
Intempestivum, ovvero midniht o unworlic tima [mezzanotte o il
tempo in cui non si lavora] ...
Gallicinium, ovvero hancred [canto del gallo], quando i bravi monaci
dovrebbero alzarsi e cantare a Dio ...
Matutinum o aurora, ovvero da::gred [aurora], quando i puri servitori
di Dio sono abituati a onorare Dio con la mente e con la voce e
gioiosamente levare in alto il Benedictus Dominus ...
Diluculum, ovvero a::rnemergen [il mattino presto], tra l'aurora e il
sorgere del sole ... »)

Il carattere tecnico, ancorché legato al contesta monastico, della


terminologia si rileva dalla definizione dell"'ora primà' del giorno 41 :

40
De temporum ratione, 3, 18-25, su cui cf Enchiridion, Commentary, p. 308.
41
Perle fonti, in questo caso, preminemememe, liturgiche del brano cf. Enchi-
ridion, Commentary, p. 309.
0 0
L ASTRONOMIA NELL «ENCHIRIDION» Dl BYRHTFERTH 29

On pam da;ge ys seo forme tid prima gehaten, on pa;re sceolon


gemearcode cnihtas geornlice to Gode clypian and pa syx tida bliôe-
lice wurôian mid sealmsange, Godes lof upahebban (2. 3. 150-152)
(«Ne! giorno la prima ora è detta 'primà, in quell'ora i giovani desi-
gnati dovrebbero promamente invocare Dio e gioiosamente onorare
le sei ore col canto dei salmi, e levare la Iode a Dio»)

mentre si distanzia dall'ambito specialistico l'illustrazione, secon-


da la corrente teoria tolemaica, del percorso effettuato dal sole intorno
alla terra, ll dove l'impiego delle dovute partitiones segue soltanto par-
zialmente lo schema già preflgurato, attingendo invece evidentemente
alla condivisa cultura popolare, mediata dal De temporibus anni di
JElfric42 :
Seo sunne a;fre byô yrnende ymbe pas eorôan, and eall swa leohte heo
scinô under pa;re eorôan on middre nihte swa heo deô bufan eorôan
on midda;ge (2.3.143-145)
(«Il sole gira sempre intorno alla terra, e luminoso brilla sotto la terra
a mezzanotte cosl corne fa sopra la terra a mezzogiorno»)

La dimensione didattica e l' esigenza divulgativa determinano,


all' occorrenza, l' abbandono della terminologia tecnica (latina), in
favore di definizioni basate sull'esperienza concreta e quotidiana, corne
è il caso della descrizione delle fasi lunari 43 :
Da gleawe sa;genga wel hig understandaô pa;t eorôlice lichaman beoô
fulran on weaxendum monan ponne on wanigendum. Eac pa treowa
pe beoô aheawen on fullum monan beoô heardran wiô wyrna;tan
and langferran ponne pa pe beoô on niwum monan aheawene (3.
2. 124-128)
(«I saggi marinai sanno bene che i corpi terrestri sono più pieni quan-
do la luna è crescente che non quando è calame. Anche gli alberi che
vengono tagliati quando la luna è piena sono più resistenti a essere
mangiati dai vermi e più durevoli di quelli che sono tagliati quando
la luna è nuova»)

La attestata presenza della corrispondenza antico-inglese non


costituisce, in termini assoluti, garanzia all'impiego della forma vol-

42 De temporum ratione, l, 19-21, cf. Enchiridion, Commentary, p. 308.


43 È ancora JE!fric (De temporum ratione, 8, 13-14), qui, a costituire la fonte
diretta, a propria volta, nello specifîco caso, ispirata al De temporum ratione di Beda,
su cui cf. Enchiridion, Commentary, pp. 324.
30 FRANCESCA CHIUSAROLI

gare. È il caso, ad esempio, della caratterizzazione delle stagioni del-


1' anno (ver, aestas, autumnus, hiems), le cui ben note rese vernacolari
(lengten(tima), sumor, hcerfest, winter) non sostituiscono il termine clas-
sico nel testo inglese, conservandosi sempre, la resa anglosassone, in
posizione subordinata rispetto alla forma modello, alla quale si rappor-
ta nelle consuete funzioni di speculare traduzione, glossa parentetica e
delucidatoria, là <love la necessaria ricerca della trasparenza semantica
del termine si attua ancora sulla base del ricorso all' etimo, ovvero a
partire dal nome classico:
lEstas ys sumor (1. 1. 125)
Autumnus (pœt byo hœrfest) (1. 1. 128)
Hiemps ys winter (1. 1. 131)
Augustus siho to mannum mid gemihtsumum hœrfeste, and autum-
nus (pœt ys hœrfesttima) cymo to mancynne (2. 1. 331-332)
Ver ys lengtentima (2. 1. 394)
Se ooer tima batte œstas, pœt byo sumor (2. 1. 397)
Se J:>ridda tima ys autumnus on Lyden gecweden and on Englisc
hœrfest ... Hig cweoaèl autumnus propter autumationem vel propter
maturitatem (2. 1. 401-402; 404-405) 44
Se feoroa tima ys genemned hiemps on Lyden and winter on Englisc
(2. 1. 407-408)

Non ha, corne è evidente, scopo sostitutivo del tecnicismo classi-


co l' affiancamento al testo latino di glosse interlineari e marginali nel
vernacolo, che compone un repertorio particolarmente corposo nella
parte quarta dell' opera45 , al cui interno appare corne non mai accen-
tuata la differenziazione diglottica fra i due codici, l'uno prestigioso,
veicolo per l' esposizione dei complessi contenuti specialistici, 1' altro
strumento accessorio per la piana traduzione o volgarizzamento 46 :
Sunt enim quattuor principales venti, quorum hec sunt nomina:
subsolanus (est wind), zephirus (west), septentrio (noro), auster (suo)

44
Per la derivazione da Beda (De temporum ratione, 35, 64-65) dell'etimo di
autumnus, cf. Enchiridion, Commentary, p. 294.
45
Si veda la discussione della tradizione manoscritta dell' opera in Enchiridion,
Introduction, pp. cx:v-cxxiv.
46
Impossibile individuare una fonte specifica per la trattazione della teoria dei
quattro elementi, piuttosto un luogo comune nella culrura medioevale; bastino qui
0 0
L ASTRONOMIA NELL «ENCHIRIDION» Dl BYRHTFERTH 31

(4. 1. 51-54)
Sunt quattuor elementa (gesceaft): aer, ignis, aqua terra (lyft, fyr,
wœter, eorôe) (4. 1. 54-55)
Sunt quattuor climata cosmi, id est ariens, occidens, aquilo, meridies
(eastdœl, west, norô, suô) (4. 1. 55-57)

Il distanziamento fra lessico specialistico e termini della lingua


comune si presenta ancora, ad esempio, nella produzione delle voci
vernacolari per i latini solstitium e equinoctium, sui quali si propongo-
no i calchi, di ultima ascendenza aelfriciana47 , sunstede e emniht (1. 1.
93; 95-96), ricorrenti nel testo inglese:
Eall swa feower timan beoô and feower ylda and twegen sunstedas
and twa emniht (2. 1. 389-390)
(«Ci sono anche quattro stagioni e quattro età e due sunstedas e due
emniht»)
fram .xii. kalendas Aprelis, pœt ys fram J:>œre emnihte, j:>e ys on
Lyden equinoctium genemned. Heo ys vernale gehaten, j:>œt ys seo
lengtenlice emniht (3. 1. 45-46)
(«dal 21 Marzo, ovvero dall'emnihte, che è chiamato equinoctium in
latino. Esso è detto vernale, ovvero lengtenlice emniht»)

La funzione di tecnicismi attribuita ai due termini anglosassoni


si evidenzia particolarmente allorché l' avvertita esigenza della deluci-
dazione del senso ingenera la singolare necessità di predisporre una
traduzione di sunstede, risolta nel ricorso al più popolare midsumor.
on .xii. kalendas Iulius byô sunstede, pœt ys on Lyden solstitium and
on Englisc midsumor (2.1.320-321)
(«il 20 giugno è sunstede, ovvero in latino solstitium e in inglese
midsumon>)

Pertiene, invece, tutta all' ambito specialistico la definizione del


cosiddetto saltus lunae, il giorno eccedente dell' anno bisestile, sono per
inaccuratezza nel calcolo convenzionale del mese lunare sinodico 48 , la
cui complessa defînizione comporta l'introduzione e la riproposizione

le congetture proposte in Enchiridion, Commentary, p. 342, dove si trovano pure gli


essenziali riferimenti alle trattazioni sui climata cosmi e sui venti.
47 Per il tramite della tradizione glossografica o, direttamente, del De temporibus
anni, per cui cf. Enchiridion, Commentary, p. 294.
48 Cf. Enchiridion, Commentary, pp. 286-290.
32 FRANCESCA CHIUSAROLI

della traduzione anglosassone pti!s monan hlyp (2. 1. 155), jes monan
oferhlyp (2. 1. 163) - per altro non univoca - nella sola funzione di
glossa, singolarmente mantenuta anche nel caso della definizione del-
1' etimo:
us )?ingô wel beheflic pœt we on pisre stowe ymbe pœne saltus lune
(pœt ys ymbe )?œs monan hlyp) wurdliun (2. 1. 153-155)
(«ai sembra assai opportuno dire qui del saltus lunae [ovvero )?œs
monan hlyp]»)
Des saltus (pœt ys )?es monan oferhlyp), he wyxst wundorlice (2. 1.
163)
(«Questo saltus [ovvero )?es monan oferhlyp] cresce in modo mera-
viglioso»)
and se dœg ys gehaten saltus lune (pœt ys pœs monan hlyp) forpan he
oferhlypô anne dœg (2. 1. 207-209)
(«e il giorno è chiamato 'saltus lunae' [ovvero ')?œs monan hlyp']
perché esso salta un giorno»)
and se saltus lune (pœt ys )?œs monan hlyp) byô betwyx pridie kalen-
das Septembris and betwyx kalendas (2. 1. 336-338)
(«e il saltus lunae [ovvero pœs monan hlyp] cade frai 31 Agosta e l'l
Settem bre»)
On kalendas Septembris na quarta œfter )?am gerime, ac quinta for
pœs monan oferhlype, id est propter salrum (2. 2. 138-140)
(«!..: 1 Settembre la luna non è quarta, ma quinta, a causa del )?œs
monan oferhlype, id est propter saltum»)

La determinazione stessa del giorno del saltus assume connotati


tecnici, risolti nell'impiego del latino Luna accompagnato dal nume-
rale ordinale, secondo una prassi ripetuta e consueta nella tecnica del
computo 49 :
On kalendas Septembris ne cweô pu luna quarta, ac wel gleawlice
cweô luna quinta; panne gewyrcst ôu saltum (2. 1. 211-213)
(«Ll Settembre non si dice 'luna quartà, ma si dice più appropriata-
mente 'luna quintà; allora si produce il 'saltum'>>)
Februariun ha:fO lunam vigessimam nanan preo gear, and panne he
sceal habban prittig nihta ealdne monan (2. 1. 24-25)

49 Su cui cf. Enchiridion, Commentary, pp. 288-289.


L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 33

(«Pertre anni Febbraio ha lunam vigessimam nonam, e poi deve avere


una luna di trenta giorni»)

Alla stregua di saltus, declinato seconde le regole della gramma-


tica latina, il connesso concerto di "anno bisestile" è reso nella forma
bissextus, ratiflcata dall' auctoritas, impiegata seconde la struttura mor-
fologica di nome maschile della seconda declinazione 50 :
on pam feorèlan geare he hao:fô nigon and twentig, forèlon pe an dao:g
awyxst binnan feower wintrum, and se byèl bissextus geciged, swa pa
ealdan witan us gecyddon (2. 1. 18-21)
(«il quarto anno ne ha ventinove, perché un giorno aumenta in
quattro anni, ed è detto bissextus, corne gli antichi sapienti ci hanno
detto»)
Nu we habbaèl be pam bissextum and pam saltum gemotud (2. 1.
223)
(«Üra abbiamo parlato del bissextum e del saltum»)
Gyt we eow cyèlaèl ymbe pane arwyrèlan bissextum (2. 1. 36)
(«Noi vi informeremo ulteriormente sul venerabile bissextum»)

Il ricorso alla forma classica è ulteriormente confermato dalla


segmentazione del composto che è all' origine dell' etimo 51 :
Bissextus ys forpon geciged forpon bis ys twia and sextus ys se syxta
(2. 1. 38-39)
(«Bissextus è cosl derto perché bis è due e sextus è sesto»)

Linserimento della deflnizione originaria comporta addirittura


il recupero, nella sezione vernacolare del testo, dei termini latini sol
e luna (eventualmente provvisti di speciflca glossa nel vernacolo) con
evidente valenza di tecnicismi 52 :
Sol (pao:t is sunne) ys gecweden forpon heo ana scinèl swyèlust betwux
eallum tunglum, and se mona ys luna vel lucina on Lyden geciged,
swa se peodwita cwao:èl Virgilius: Casta fave Lucina (2. 3. 190-191)

50 Significativa appare la conservazione del


latinismo bissextus in l:Elfric (De tem-
porum ratione, 7, 1-7), a partire da Beda (De temporum ratione, 40, 2-3), su cui cf
Enchiridion, Commentary, p. 282.
51
Ancora dal:Elfric, De temporum ratione, 7.
52Questo passa, insieme ai due successivi, è tradotto dal Computa di Rabano
Mauro, De computo, 37, 11-36 (cf Enchiridion, Commentary, p. 310).
34 FRANCESCA CHIUSAROLI

(«Sol [ovvero sunne] è cosl chiamato perché brilla da solo più lumi-
nosamente di tutte le stelle, e mana è detta in latino 'luna o lucinà,
corne disse il sapiente Virgilio: Casta fave Lucina»)

La corrispondenza rilevata fra il nome antico-inglese delle "stelle


fisse" e la versione vernacolare dell' etimologia consente, in un caso, il
mantenimento del termine indigeno:
Pa steorran synt gecweden purh heora stede, foroon hig synd fœste on
pœre heofene (2. 3. 194-195)
(«Lestelle sono cosl chiamate a causa della loro stabilità, perché sono
fisse ne! cielo»)

ma il ricorso alla lingua del volgo cessa non appena l' ambito delle
deflnizioni interessi conc~tti più specialistici:
Pa steorran pe man hœt planete on Lyden and on Grecisc apo tes
planes (hoc est ab errore) (2. 3. 198-199)
(«Lestelle che si chiamano 'planete' in latino e in greco 'apo tes pla-
nes' [hoc est ab errore] »)
An steorra ys genemned cornera, panne he œtywo, panne getacnao
he hungor oooe gefeoht oooe tostencednyss pœs eardes oooe egeslice
windas (2. 3. 234-236)
(«Una stella è chiamata 'cornera', quando compare preconizza care-
stia, pestilenza, guerra, la distruzione della terra o venti terriflcanti»)

Si articola a partire dal vocabolario dassico la serie dei nomi dei


pianeti 53 , tutti elencati nella forma di nomi propri indedinabili, com-
presa la "lunà', per la quale si riferisce il corrispondente vernacolare ,
mona, puntualmente inserito in forma di glossa:
se steorra pe hatte Veneris, and eac Mercurius ... be pam steorran pe
hatte Marris and eac be pam pe ys louis geciged ... Saturnus ys se yfe-
mesta ... And se ooer ys gecyged Foeton oMe louis ... And se pridda,
pe hatte Vesper oooe Marris ... Lucifer uparist, pœne sume uowitan
hatao Candidum ... He ys Veneris gehaten ... Mercurius yrnô twentig
wintra his ryne ... Luna (pœt ys mana) heo geondscriO hys ryne bin-
nan nigontyne wintrum (2. 3. 201-213)

53 Celenco appare derivato dal De positione septem stellarum errantium contenuto


nel De natura rerum di Isidoro di Siviglia (De natura rerum, 23), su cui cf. Enchiri-
dion, Commentary, pp. 310-312.
0 0
L ASTRONOMIA NELL «ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 35

(«le stelle chiamate Veneris e Mercurius ... a proposito della stella che si
chiama Martis e di quella che si chiama Iouis ... Saturnus è la più lon-
tana ... E l'altra è chiamata Foeton o Iouis ... Ela terza si chiama Vesper
o Martis ... Lucifer sorge, che alcuni dotti chiamano Candidum ... Essa
è chiamata Veneris ... Mercurius completa il suo corso in venti anni. ..
Luna [ovvero mona} completa il suo corso in diciannove anni»)

Il procedimento della collocazione dei pianeti nello zodiaco


assume valore tecnico e deflnitorio già nella sezione bilingue. Dal
confronto fra i due testi si evince la differenza fra termini specialistici,
conservati nella veste classica, e voci lessicali tradotte, in quanto riferite
a realtà concettuali note:
Est unus circulus qui zodiacus vel horoscopus sive mazaroth appel-
latur necnon sideralis, per quem sol et luna et stella Saturni, Iovis et
Martis, Veneris et Mercurii decurrunt. An circul ys pe uowitan hatao
zodiacus oèlèle horoscopus oèlèle mazaroth oèlèle sideralis, purh pœne
yrno seo sunne and se mona and pas steorran Saturnus and Iovis,
Marris and Veneris and Mercurius (1. 1. 24-26; 1. 1. 41-43)
(«Est unus circulus qui zodiacus vel horoscopus sive mazaroth appel-
latur necnon sideralis, per quem sol et luna et stella Saturni, Iovis tt
Martis, Veneris et Mercurii decurrunt. C'è un circolo che i dotti chia-
mano 'zodiacus' o 'horoscopus' o 'mazaroth' o 'sideralis', attraverso il
quale si muovono il sole e la luna e le stelle Saturnus et Iouis, Martis
et Veneris et Mercurii»)

In particolare, il carattere specialistico annesso al concetto di


"zodiaco" necessita, in più occasioni, la ripresa del concerto per il tra-
mite della speciflcazione circul, oppure la proposizione terminologica
multilingue 54 :
Nu hcr ys gemearcod se circul pe ys zodiacus gehaten (1. 1. 76)
(«Üra qui è rappresentato il circolo che si chiama 'zodiacus'»)
pa::t ger pe man ha::t solaris, swa hyt herbufan gecweden ys, hyt
purhsmio zodiacum pone circul on prim hund dagum and fif and
syx:tigum (1. 2. 167-169)
(«l'anno che si chiama 'solaris', corne è stato già detto, attraversa il
circolo zodiacum in 365 giorni»)

5 4 Di circul Zodiacum, con annessa elencazione dei signa zodiacali (tacna) parla
già JElfric (De temporum ratione, 4, 1-14).
36 FRANCESCA CHIUSAROLI

Partes a partitione circuli zodiaci vocantur. For pxre todxlednysse


dxlas synt gecwedene pe beoo on pam circule pe ys zodiacus geciged
oOôe horoscopus oooe sideralis oooe signifer oooe mazaroth (2. 3.
35-38)
(<<'Partes' a partitione circuli zodiaci vocantur. 'Dxlas' sono cosl
chiamate per le todxlednysse che sono nel circolo che è chiamato
'zodiacus' o 'horoscopus' o 'sideralis' o 'signifer' o 'mazaroth'»)

Allorché per le diverse espressioni sinonimiche, tutte di ascenden-


za dassica, si prevede la ricostruzione dell' origine, la voluta preserva-
zione del tecnicismo rispetto alla traduzione della formula deflnitoria
comporta, di fatto, la perdita del legame originario fra nome e senso
per solito ricostruibile attraverso l' etimologia 55:
Zodiacus ys se circul genemned pe pa twelf tacna geondscrioao, and
horoscopus he ys geciged for pxre tida ryne pe seo sunne purhfxro
pone circul, and sideralis he hatte forpan pa tungan hine wundorlice
geondfarao, and signifer he ys geclypod forpan pa twelf tacna hine
purhsmugao. Mazaroth hatton pa twelf tacna pe geondfarao pxne
circul (2. 3. 38-44)
(«'Zodiacus' è chiamato il circolo attraverso cui si muovono i dodici
segni, e è chiamato 'horoscopus' per il periodo di ore in cui il sole
attraversa il circolo, ed è chiamato 'sideralis' perché le stelle si muo-
vono attraverso di esso meravigliosamente. 'Mazaroth' si chiamano i
dodici tacna che viaggiano attraverso il circolo»)

Al mantenimento di zodiacus, ovvero alla sua sostituzione col


più generico circul, corrisponde, viceversa, l'impiego dell'anglosassone
tacna corne traduzione dei signa zodiacali:
Eac synd twelf tacna on pam foresprecenan circule pe seo sunne
purhscrio (1. 1. 47-48)
(«lnoltre ci sono dodici tacna nel summenzionato circul»)
Her ys zodiacus synewealt amearcod and pxra twelf tacna naman (2.
3. 54)
(«Qui è disegnato Io zodiacus e i nomi dei dodici tacna»)

T uttavia, risulta fedele alla tradizione l' elenco dei nomina signo-
rum, per un'unica occorrenza tradotti nel testo («Aries, pa::t ys Ram»;

55 Le diverse etimologie di Zodiacus paiono attinte alla tradizione glossatoria


ascrivibile alla fortuna del De temporum ratione di Beda, corne spiega Enchiridion,
Commentary, pp. 305-306.
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDIO N» DI BYRHTFERTH 37

2.1.104), ma più regolarmente citati nella forma originale classica, e


provvisti di traduzione inglese nell'ambito di una rappresentazione
figurativa dell' anno:
Aquarius : Wœtergita; Pisces : Fixas; Aries : Ram; Taurus : Featr;
Gemini : Getwysan; Cancer : Crabba; Leo : Lyo; Virgo : Mœden;
Libra : Wœge vel Pund; Scorpius : Nœddre; Sagittarius : Scytta;
Capricornus: Bucca (2. 1. fig. 13)

I.:edizione critica dell'Enchiridion di Byrhtferth sulla quale si basa


il presente studio costituisce, corne detto, un punto di arrivo quanto
al problema della ricomposizione delle fonti tràdite dell' opera, special-
mente per quanto attiene al confronto con l' edizione precedentemen te
redatta da S. ]. Crawford, lacunosa e per molti aspetti carente nella
collazione dei manoscritti. Fra i molti meriti attribuibili agli editori
- oltre alla efficace sintesi posta in atto nella ricostruzione del canone
byrhtferthiano , composto per la gran parte di opere non pervenute
(particolarmen te, nel nostro caso, il Computo) - vanno quelli relativi
alla rappresentazione del contesto culturale nel quale la figura del
monaco di Ramsey si è formata, delle influenze esercitate sulla per-
sonalità del monaco da parte di figure intellettuali contemporanee di
forte ascendenza dentro e fuori dai confini inglesi (in primis Beda ed
JElfric, indi Elperico, Rabano Mauro, Abbone di Fleury). Cià ha con-
sentito la ricapitolazione delle fonti del testo con riferimenti puntuali
alla tradizione computistica medioevale, in aggiunta alla considerazio-
ne del canone tradizionale dei testi monastici, patristici e pedagogici,
relativi alle artes del trivio (Donato, Prisciano e Sergio per la gramma-
tica, Beda per la metrica e la retorica, Isidoro per l' etimologia, Aldelmo
per la poesia cristiana) e del quadrivio (Boezio, Marziano Capella, il
commentario di Macrobio al Somnium Scipionis).
In modo ancora più interessante, nella nostra prospettiva, si pon-
gono le riflessioni proposte dai due illustri curatori, Peter S. Baker e
Michael Lapidge, sui caratteri della lingua di Byrhtferth56 , per la quale
si considerano contestualmen te le componenti autoctona e alloglotta,
la prima in particolare inserita nel più ampio discorso sul ruolo dell'ab-
bazia di Ramsey, fra i centri benedettini attivi nella fondazione e costi-
tuzione di uno standard linguistico sovraregionale corne reazione alla
fase di stasi culturale provocata dalle invasioni vichinghe dell'isola.

56 Cf. Enchiridion,
Introduction, pp. xcv-cxv.
38 FRANCESCA CHIUSAROLI

All'interno della riproposizione delle tesi accreditate sul processo


di regolarizzazione del lessico che contraddistingue l' opera dei campio-
ni della Rinascenza Benedettina57 - particolarmente nella figura e nel-
1' opera di l:Elfric di Eynsham, corne nei testi della scuola alfrediana - si
evidenzia l'originale posizione linguistica di Byrhtferth, il cui inusitato
vocabolario solo apparentemente rinvia al comune sassone occidentale
tardo 58 • Lassenza di qualsivoglia coloritura dialettale, immediatamente
collegabile al conseguimento di un alto livello di purezza nell'impiego
della standard, è invece attribuibile, seconda Baker e Lapidge, alla
prassi posta in atto dal monaco di Ramsey di attingere al cosiddetto
vocabolario di Winchester per via di ordinari processi di influenza
letteraria59 , sulla base, fra l' altro, dell' adesione di Byrhtferth ai canoni
della stile ermeneutico caratteristico della letteratura anglo-latina del
decimo secolo 60 , cià che spiegherebbe l'impiego diffusa di termini rari,
in qualche casa, addirittura, di hapax !egomena, flno ad attestare fre-
quenti occorrenze di voci tratte dal comune repertorio antico-inglese
dei glossari (corne quelli relativi all' opera poetica di Aldelmo) 61 •
Proprio la considerazione dell'unicità linguistica mostrata dal-
1' Enchiridion ci pare potersi porre corne base di partenza per la tesi qui
avanzata, della differenziazione diglottica, ovvero funzionale-conte-
stuale, fra i codici latino e antico-inglese nel più importante testa della
cultura scientiflca anglosassone.
La natura didattica e gli interessi pedagogici del maestro condi-
zionano le scelte linguistiche operate dall' autore, innanzi tutto nella
selezione e nell' alternanza fra lingua classica e vernacolo; l' operazione
di costituzione del lessico tecnico nel volgare è resa indispensabile dalla
avvertita necessità di disporre di uno strumento di traduzione e com-
menta, con funzione eminentemente esplicativa, dunque secondaria e,

57 Cf. H. GNEUSS, The origin ofstandard Old English e W HoFSTETTER, Winches-


ter and the standardization of Old English vocabu!ary.
58 Cf. Enchiridion, Introduction, p. xcv.
59 In tali termini si esprimono i curatori in Enchiridion, Introduction, p. cxv,
senza tuttavia derivare ipotesi ulteriori sulle motivazioni eventualmente sottese a tali
peculiarità del linguaggio byrhtferthiano.
60 M. LAPIDGE, «The hermeneutic style in tenth-century Anglo-Latin litera-

ture>>, in Anglo-Saxon England, 4 (1975), pp. 67-111 e, successivamente, S. GwARA,


«Manuscripts of Aldhelm's 'Prosa de Virginitate' and the rise of hermeneutic literacy
in tenth-century England», in Studi medievali, 35 (1994), pp. 101-159.
61
Cf. Enchiridion, Introduction, pp. cvi-cxiv.
L'ASTRONOMIA NELL'«ENCHIRIDION» DI BYRHTFERTH 39

di fatto, non sostitutiva, rispetto al modello di prestigio. Le creazioni


lessicali promosse da Byrhtferth manifestano la consapevolezza di
muoversi all'interno di un orizzonte culturale che è quello della prosa
scientiflca di ascendenza classica, cià che, mentre richiede fedeltà dog-
matica e ossequiosa nel trattamento delle fonti, lascia campo libero
agli impieghi vernacolari, dando origine a un vocabolario autoctono
strutturalmente complesso e perifrastico, comprensivo di varianti e
privo della corrispondenza biunivoca fra segno e signiflcato necessaria
al linguaggio specialistico.
Tali caratteri della lingua di Byrhtferth, insieme alla propositiva
conservazione, nel testa anglosassone, del vocabolario accreditato dal-
1' auctoritas, fanno dell' Enchiridion una delle opere più rappresentative
del processo di deflnizione del rapporta fra vernacolo e latino nella
tradizione inglese antica, due codici incessantemente impegnati in un
confronta speculare, ma sempre individualmente consacrati a orizzon-
ti culturali non commensurabili:
Pas ping synt earfooe on Englisc to secganne, ac we wyllao purh
Cristes fultum hig onwreon swa wel swa we betst magon (2. 1. 190-
192)
(«Queste cose sono difficili da dire in inglese, ma con l'aiuto di Cristo
cercheremo di farlo meglio che possiamo»)

Università di Roma "Tor Vergata"


CARLA DEL ZoTTo

ESTI, SCANDINAVI E SASSONI NEI RESOCONTI


MEDIEVALI DI MERCANTI, VIAGGIATORI E CHIERICI

I. LA TRADIZIONE GEO-ETNOGRAFICA ANTICA

La geografia dell'Europa centro-settentrionale e orientale appare


fin dall' antichità definita in modo assai incerto, fra il vago e il fanta-
stico, sia per la sua remota localizzazione sia per le difficoltà di viaggio
e di esplorazione. Cesare affermava che non c' era nessuno nella Ger-
mania allora conosciuta, popolata di specie animali mai viste altrove,
il quale potesse vantarsi di essere giunto all'inizio della Selva Ercinia,
anche in sessanta giorni di cammino, o che sapesse da dove iniziasse 1;
Plinio annotava che pur dopo moiti anni la Germania era ancora
inesplorata nella sua totalità2 • Tacito nella monografia sui Germani
clava una descrizione incompleta del territorio, mentre negli Annales,
nel riferire il naufragio della flotta di Germanico davanti alla terra dei
Chaud, combinava il tema dell'inospitalità dei luoghi per l'asprezza
del clima con i topoi del fantastico e del mostruoso, tipici della descri-
zione di territori lontani e sconosciuti:
Quanto violentior cetero mari Oceanus et truculentia caeli prae-
stat Germania, tantum illa clades novitate et magnitudine excessit,
hostilibus circum litoribus aut ita vasto et profondo, ut credatur

1 «Neque
quisquam est huius Germaniae, qui se aut adisse ad initium eius silvae
dicat, cum dierum iter LX processerit, aut, quo ex loco oriatur, acceperit, multaque
in ea genera ferarum nasci constat, quae reliquis in locis visa non sint»; cf. De bello
gallico, VI, xxv.
2 «Nam Germania multis
postea annis nec tota percognita est»; cf. Naturalis Hi-
storia, IV, 28.
42 CARLA DEL ZOTTO

novissimum ac sine terris mare. Pars navium haustae sunt, plures


apud insulas longius sitas eiectae [... ] Ut quis ex longinquo revene-
rat, miracula narrabant: vim turbinum et inauditas volucres, monstra
maris, ambiguas hominum et beluarum formas, visa sive ex metu
credita 3 .

In realtà, già nel quarto secolo a.C. il geografo ed esploratore


Pitea di Massalia, alla ricerca di nuove rotte commerciali dello stagno
e dell' ambra, aveva navigato da Marsiglia a Gibilterra e proseguendo
da ovest sul 'mare esterno' era giunto fino alla punta settentrionale
della Britannia, dalla quale aveva calcolato i sei giorni di navigazione
necessari per giungere a Tule. Per Pitea, il geografo 'scienziato', Tule era
un'isola dell'arcipelago britannico nella quale il tropico estivo coinci-
deva con il circolo artico e quindi non c' era notte nel solstizio estivo né
giorno in quello invernale. Tale viaggio gli aveva permesso di verificare
le proprie teorie astronomiche tramite l' osservazione autoptica e nella
sua opera egli accuratamente distingue tra quanto visto di persona e
quanto udito dai barbari. Tra le realtà sperimentate Pitea menziona il
«miscuglio di terra, acqua e aria simile a un polmone marina, su cui
non si poteva né camminare, né navigare» 4 ; annota invece l'indica-
zione sui 'giaciglio del sole', ovvero le latitudini oltre il circolo artico,
corne notizia appresa da altri, benché verosimile poiché coerente con
la 'geometria della sfera' 5 • La sua Tule appare quindi identificabile con
un fiordo norvegese, che ben poteva sembrare un' isola, da cui muovere
per un'ulteriore esplorazione del mare congelato Cronium, distante un
giorno di navigazione e da individuare forse nel Mare del Nord 6 •
Nel Peri okeanoù, intorno al 322 a.C., il Massaliota aveva dunque
unito alle notizie di natura economica e commerciale sullo stagno e
sull' ambra la prima descrizione dell'Europa settentrionale. Sfortuna-
tamente, a causa della perdita di gran parte dei testi scientifici antichi
e anche per la diversità delle sue opinioni rispetto a quelle espresse da
Aristotele sulle maree, le varie profondità del mare e l' estensione stes-

3 Annales, II, xxiv.


4 Cf. PITEA DI MAssALIA, L'Oceano, F 8d, a cura di S. BIANCHETTI. Pisa, Roma,
Istituri Editoriali e Poligrafîci Intemazionali, 1998, pp. 94-95.
5 È la prima denominazione dell' astronomia presso i Greci; !' assimilazione del
cielo a una sfera consemiva di tradurre in termini geometrici i problemi astronomici,
cf. S. BIANCHETTI (a cura di), Pitea di Massalia, L'Oceano, p. 41.
6 Cf. P1TEA DI MASSALIA, L'Oceano, p. 64.
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 43

sa dell' ecumene7, Pitea venne per lo più considerato, soprattutto dai


'geografi letterati' corne Strabone, un bugiardo o nel migliore dei casi
un autore di amma. Tuttavia, le sue informazioni, ad esempio quelle
sui paesi dell'ambra o sulla popolazione degli 'OoTiwvEc;, arrivano fino
alla Naturalis Historia di Plinio; in quest'ultimo, pero, la costa del-
1' oceano settentrionale risulta descritta corne una grande insenatura, il
Golfo Codano, che comprende il Baltico e l'isola della Scandinavia.
Anche Tacito, oltre alle teorie di Posidonio, utilizza le informa-
zioni di Pitea, sia pur mediate da altri autori, quando menziona nella
Germania 8 e nell'Agricola9 le Orcadi, Tule, il mare immotum ac pigrum.
Tacito non ha comunque un'idea precisa della forma della Germania:
egli ignora lo Jutland e la Vistola e situa l'isola di Scatinavia in un
non meglio identificato Mare Suebicum; per lo storico, inoltre, il Reno
e il Danubio non rappresentano solo barriere naturali tra il mondo
romano e quello dei barbari ma anche i confini culturali tra la feritas
delle popolazioni delle zone climatiche più settentrionali e la civiltà
greco-romana10 • E nella prima parte della Germania Tacito si ricolle-
ga all' antica tradizione etnografica nel trattare convenzionalmente la
descrizione del paese, l' origo gentis e i v6µ01 degli abitanti, con parti-
colare riguardo perle credenze religiose e gli usi funebri 11 • Tuttavia, la
sua opera monografica sui Germani, l'unica del genere ad essere giunta
fino a noi, esercito comunque una grande influenza in autori tardo-
antichi e medievali, da Cassiodoro a Jordanes, da Rodolfo di Fulda ad
Adamo di Brema.

7 Per Aristotele l'ecumene si estendeva fino al


54° N, mentre per Pitea arrivava al
66° N, cf. S. BIANCHETTI (a cura di), Pitm di Massalia, L'Oceano, p. 29.
8 Cf. De origine et situ Germanorum,
capp. 45 e 3.
9 Cf. De vita et moribus Iulii
Agricolae, cap. X.
10 Sulla concezione diffusionista
della civiltà in Tacito, cf. A. A. LUND (Hg.), P.
Cornelius Tacitus, Germania. Heidelberg, Winter, 1988, p. 30.
11 Cf. K. TRÜDINGER, Studien zur Geschichte
der griechisch-romischen Ethnogra-
phie. Base!, Birkhauser, 1918, pp. 147-169.
44 CARLA DEL ZOTTO

2. ÛROSIO E LA GEOGRAFIA MEDIEVALE

Alle medesime conoscenze geograflche della tradizione greco-


romana, lacunose e imperfette, si ricollega anche l' opera di Orosio,
Historiarum adversus paganos Libri septem, che tanta fortuna avrebbe
poi avuto nel Medioevo 12 • Il presbyter Hispanus Orosio, testimone
dello smembramento dell'impero e del sacco di Roma nel 410 per
mano di Alarico, aveva cominciato a comporre una storia universa-
le, raccogliendo l' esortazione di Agostino, per dimostrare che nes-
sun' epoca dell' umanità era stata esente da guerre e sciagure; pertanto
le disgrazie del suo tempo non dovevano essere interpretate corne la
conseguenza dell' accettazione del Cristianesimo e dell' abbandono del
culto degli idoli 13 • Quindi, nel ritenere la conoscenza dei luoghi un
presupposto irrinunciabile per la comprensione della storia - corne già
Erodoto -, inseriva nel secondo capitolo del I libro una periegesi del
mondo abitato, sottolineando cosl la concezione universalistica sottesa
al proprio lavoro:
Dicturus igitur ab orbe condito usque ad urbem conditam, dehinc
usque ad Caesaris principatum nativitatemque Christi ex quo sub
potestate urbis orbis mansit imperium, vel etiam usque ad dies
nostros, in quantum ad cognitionem vocare suffecero, conflictationes
generis humani et veluti per diversas partes ardentem malis mundum
face cupiditatis incensum e specula ostentaturus necessarium reor, ut
primum ipsum terrarum orbem quem inhabitat humanum genus,
sicut est a maioribus trifariam distributus deinde regionibus provin-
ciisque determinatus, expediam; quo facilius, cum locales bellorum
morborumque clades ostentabuntur, studiosi quique non solum
rerum ac temporum sed etiam locorum scientiam consequantur 14 .

Orosio non era perà un geografo; pertanto si limità a una pre-


sentazione topograflca dell' ecumene, utilizzando probabilmente una
carta amministrativa delle province imperiali basata sui Commentarii
di Agrippa, ovvero sostanzialmente conforme alla rappresentazione

12 Su Isidoro di Siviglia corne uno dei principali expilatores di Orosio, c( Y. JAN-


VIER, La géographie d'Orose. Paris, Les Belles Lettres, 1982, p. 13.
13 È noto che Orosio scrive sullo sfondo dell'invasione gotica dell'Italia e della

disintegrazione dell' impero romano; egli stesso era stato costretto a fuggire per salvarsi
la vita (Historiae, III, xx. 6-7).
14 C( Historiae, I, 1, 14-17.
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 45

della terra secondo Eratostene 15 • Inoltre, la sua tavola geografica for-


niva solo una descrizione fisica delle regioni, senza nominare alcuno
stato contemporaneo o passato, risultando cosi il più delle volte un
lavoro frettoloso e poco originale 16 • Tule, ad esempio, appare com-
presa nell' arcipelago britannico, mentre la descrizione dell'Europa del
Nord dipende dalle notizie sui Suebi della Germania di Tacito. Anche
Orosio è dunque un compilatore, fermo alle conoscenze geografiche
dei maiores, Eratostene, Strabone, Pomponio Mela, Plinio il Vecchio,
di cui 'fedelmente' ripete stereotipi ed errori 17 ; tuttavia, in maniera
organica e coerente, egli inserisce in un' opera storica una descrizione
completa del mondo abitato in luogo di sparse e molteplici digres-
sioni per un compendio di cinquemila anni di storia a cominciare da
Adamo. Quindi, per primo, Orosio offre un'interpretazi one cristiana
degli eventi, mostrando i regni di Babilonia, Macedonia e Cartagine
corne preliminari alla necessaria espansione di Roma, perché Cristo
nascesse nella pax Augusta e la fede potesse diffondersi in un impero
universale 18 •
Del grande interesse suscitato dalla sua opera danno un' ampia
testimonianza non soltanto la ricca tradizione manoscritta ma anche
le glosse e le traduzioni realizzate in epoca medievale 19 • Nel IX seco-
lo le Starie di Orosio, insieme ad altri importanti testi della cultura
latina cristiana, corne l' Historia ecclesiastica gentis Anglorum di Beda,
i Soliloquia di Agostino, il De consolatione philosophiae di Boezio, la
Cura pastoralis di Gregorio Magno, furono tradotte in inglese antico
nell' ambito di un ampio progetto culturale di Alfredo il Grande, che
intendeva risollevare il regno degli Angli dalla decadenza causata dalle
invasioni vichinghe 20 • E accanto alla versione alfrediana importante

15 Cf. Y. JANVIER, La géographie d'Orose, pp. 140, 253.


16 Ibid., pp. 261-262.
17 Ibid., pp.
9-15, 140, 152, 237, 250-253, 263-270.
18 Sulla
Geschichtstheologie di Orosio, la correlazione da lui istituita tra universalità
politica ed ecumenicità religiosa, cf. A. MARCHETTA, Orosio e Atau/fo nell'ideologia
dei rapporti romano-barbarici (Studi Storici, Fasc. 174-177). Roma, Istituto Storico
Italiano per il Medio Evo, 1987, pp. 266-318.
19 Cf.
F. FABBRINI, Paolo Orosio. Uno storico. Roma, Edizioni di Storia e Lettera-
tura, 1979, pp. 7-19.
zo Cf. C. DEL ZoTTO, «La predicazione in volgare nell'Inghilterra anglosassone
e normanna: Aelfric e Orm», inAntonianum, 69 (1994), pp. 35-68. La prima men-
zione dell' Orosio anglosassone, attribuito a re Alfredo insieme aile aitre traduzioni da!
46 CARLA DEL ZOTTO

per il medioevo germanico si deve registrare anche la traduzione araba


commissionata dal califfo di Cordova, Abd-al-Rahman III; l'opera, di
grande rilievo per la cultura spagnola medievale, rappresenta inoltre
l'unica traduzione in arabo di un autore latino dell'antichità 21 •

2. I. eûROSIO ANGLOSASSONE. 1 RACCONTI DI


ÜHTHERE E WuLFSTAN

La versione anglosassone di Orosio è comunque una traduzione


assai libera, che spesso omette o abbrevia parti del testo latino 22 : ad
esempio, la storia e la descrizione della Britannia sono quasi comple-
tamente ignorate 23 ; i riferimenti alla ferocia delle tribù germaniche
tralasciati e soppresse le informazioni geograflche relative a paesi lon-
tani ritenuti al di fuori dell' orizzonte anglosassone. Cosl, malgrado le
aggiunte di altri materiali la cui fonte è per lo più oscura, i duecento-
trentasei capitoli del testo latino si riducono nella traduzione antico-
inglese ad ottantaquattro. La geografia dell'Europa settentrionale vi
appare perà completamente riscritta, corne per adeguarla alla realtà
del IX secolo, che doveva essere meglio nota al traduttore anglosassone
sulla base di informazioni desunte da racconti orali o altri testi 24 •
La versione in volgare di Orosio include quindi nel I capitolo
del I libro i resoconti di viaggio di due mercanti, i cui nomi Ohthere
(Ôttarr) e Wulfstan paiono indicare un' origine norvegese per il primo

latino delle opere di Beda, Gregorio e Boezio, compare in William of Malmesbury,


Gesta regum Anglorum, cf. ]. BATELY, The Old English Orosius (Early English Text
Society, S. S. 6). London, New York, Oxford University Press, 1980, p. lxxiii.
2 1 Cf. F. FABBRINI, Paolo Orosio, p. 18.

22 Cf. J. BATELY, The Old English Orosius, pp. lxxxi, xciii-xcviii.

23 Il traduttore accenna all'invasione di Giulio Cesare ma tace del tutto sulla spe-

dizione di Caligola, sulla conquista dell'isola da parte di Claudio e sulla ribellione dei
Britanni descritte da Orosio in Historiae, VII, v. 5, vi. 9-10, vii, 11, xxv, 3-7. I tagli
del!' originale sono particolarmente rilevanti ne! libri 5 e 6.
24 Cf. ]. BATELY, The Old English Orosius, pp. lxiii-lxvii. La possibilità che il tra-

duttore abbia avuto a disposizione una mappa mundi pare alquanto remota; è invece
più verosimile l'utilizzazione di un codice latino glossato o di un commentario ad
Orosio.
ESTI, SCANDINAV1 E SASSONI 47

e una provenienza forse anglosassone, se non addirittura frisone o


danese per l'altro 25 • Le due relazioni descrivono di prima mano un iti-
nerario verso il Mar Bianco e il Baltico e riferiscono usi e costumi delle
popolazioni locali. Tali viaggi sembrano databili alla seconda metà
del IX secolo, dal momento che i resoconti riflettono una situazione
dell'Europa anteriore all'889, poiché ad esempio non fanno menzione
della minaccia rappresenta ta dalla gens ferocissima degli Ungari 26 ; inve-
ce, 1'899, anno della morte di Alfredo, puo valere corne termine ante
quem perla visita di Ohthere e Wulfstan alla corte del re del Wessex:
Ohthere sœde his hlaforde, .!Elfrede cyninge, pœt he ealra Noromon-
na norpmest bude. He cwœô pœt he bude on pœm lande norpwear-
dum wip pa Westsœ. He sœde peah pœt [pœt] land sie swipe Jang norp
ponan, ac hit is eal weste, buron on feawum stowum styccemœlum
wiciaô Finnas, on huntoôe on wintra 7 on sumera on flscape be pœre
sœ. He sœde pœt he œt sumum cirre wolde fandian hu longe pœt land
norprythe lœge, oppe hwœôer œnig mon be norôan pœm westenne
bude. Pa for he norprythe be pœm lande 27 («Ohthere disse al suo
signore, re Alfredo, che egli fra tutti i norvegesi viveva nella zona più
settentrionale . Egli disse che abitava nella regione a nord sui mare
occidentale. Egli disse che comunque il paese si estendeva di gran
lunga verso nord ma era tutto disabitato, tranne qualche accampa-
menro qua e là dei Lapponi per andare a caccia d'inverno e a pesca
d'estate in quel mare. Egli disse che una volta voile scoprire quanto
il paese si estendesse verso nord, o se qualcuno abitasse a nord nella
parte disabitata . Allora si mise in viaggio verso nord costeggiando il
paese»).

Ohthere è un ricco mercante norvegese dell'Halogal and, la cui


ricchezza deriva dal possesso di animali selvatici, tra cui seicento renne
addomesticate, ma soprattutto dai tributi a lui pagati dai Lapponi
sotto forma di pelli di animali (martora, renna, orso), piume, zanne
di tricheco e corde perle navi. Il viaggio da lui intrapreso perla caccia
al tricheco 28 e poi proseguito flno al Mar Bianco era durato quindi-

25 Cf. ibid., p. bcxi.


26 È la deflnizione data da Reginone di Prüm agli Ungari che si stanziarono alla
foce del Danubio dopo 1'889, cf.]. BATELY, The Old English Orosius, p. lxxxix.
27 Cf.
ibid., pp. 13-14.
28 «For ôœm hie habbaô
swipe œpele ban on hiora ro]:mm - pa teô hie brohron
sume pœm cyninge -, 7 hiora hyd biô swiôe god to sciprapum» ( «poiché hanno
flnissimo avorio nelle zanne - portarono alcune zanne al re -, e la loro pelle è molto
buona per farne cime perle navi»), ibid., pp. 14-15.
48 CARLA DEL ZOTTO

ci giorni di navigazione, dapprima verso nord e poi verso est, fi.no


all'inaspettato incontro di una terra popolata, i cui abitanti, Lapponi
e Permiani, parlavano quasi la stessa lingua 29 • Il suo racconto sembra
cosl 'paradigmatico' per l' epoca vichinga, dato il caratteristico intrec-
cio di curiosità e fini economico-commerciali che risulta alla base del
viaggio 30 • Inoltre Ohthere dimostra di distinguere con accortezza tra
quanta ha visto di persona e quanta invece gli è stato riferito e sulla
cui veridicità sa di non pater esprimere giudizi:
Fela spella him s;pdon pa Beormas ;pgper ge of hiera agnum lande ge
of p;pm landum pe ymb hie utan w;pron, ache nyste hw;pt p;ps sopes
w;ps, for p;pm he hit self ne geseah 31 («I Permiani gli raccontarono
moite starie sia sui loro paese sia sui territori circostanti, ma egli non
sapeva quanta ci fosse di vero perché non li aveva visitati»).

Egli dà quindi notizie sulla Norvegia e i suoi abitanti, sulla caccia


alla balena e le sue diverse specie, tra cui una non più lunga di tre metri
e venti (cm.); descrive poila rotta di un seconda viaggio compiuto dal-
l'Halogaland a Sciringesheal 32 e a Hedeby33 sempre per il commercio
di zanne di tricheco, pellicce e piume già menzionati nel racconto. E
verosimilmente le medesime ragioni commerciali sono alla base del-
1' arriva di Ohthere in Inghilterra e della sua visita alla carte di Alfredo,
cui recà in do no alcuni preziosi denti di tricheco 34 •
Il resoconto di Wulfstan riguarda invece l'itinerario compiuto da
Hedeby35 a Truso, forse l' attuale Elblag nella Polonia settentrionale,

29
Egli menziona oltre a Lapponi e Permiani anche Terfinni, Svedesi e Finni,
cf.]. BATELY, The Old English Orosius, pp. 13-16. Sulla descrizione dei Finni corne
exemplum diferitas si veda Tacito, Germania, 46.
°
3 Cf. K. MALONE, «King
Alfred's North: A Study in Mediaeval Geography», in
Speculum, 5 (1930), pp. 139-167.
3I Cf.]. BATELY, The Old English Orosius, p. 14.
32 È probabilmente il centro commerciale
di Kaupang situato all'imboccatura del
fiordo di Oslo.
33 Si tratta verosimilmente
della città di Old Schleswig nella Germania settentrio-
nale, poi distrutta nel 1050; era situata tra le popolazioni dei Vendi (gli Slavi tra il
Meclemburgo e la Pomerania), dei Sassoni e degli Angli e apparteneva ai Danesi.
34 «Pa teo hie brohton sume p<em cyninge»; cf.
J. BATELY, The Old English Orosius,
pp. 14-15. Si veda inoltre Two voyagers at the court of King A!fred, ed. by N. LUND.
York, Ebor Press, 1984.
35 Haithabu, alla foce della Schlei, era il principale centra commerciale per gli

scambi rra vichinghi e franchi. La fondazione di questo insediamento da parte vichin-


ESTI, SCANDINAVI E SASSONI 49

navigando sul Baltico verso est. Il suo racconto descrive infatti la prima
parte della grande rotta commerciale vichinga che dapprima via mare,
poi per fiume e per terra arrivava fino a Bisanzio. Egli afferma di aver
compiuto il viaggio da Hedeby a Truso in sette giorni, poiché la nave
era stata sottovela per tutto il tempo; racconta di aver avuto alla sua
destra la terra dei Vendi e alla sua sinistra Langeland, Laaland, Falster e
Scania che appartengono alla Danimarca; poi il paese dei Burgundi36 ,
quindi Blekinge, More, Ôland e Gotland che appartengono agli Sve-
desi e infine la terra dei Vendi, situata alla sua destra per tutto il viaggio
fino alla foce della Vistola, la quale separa Witland37 , che appartiene
agli Esti38 , dalla terra dei Vendi:
Seo Wisle is swyoe mycel ea 7 hio tolio Witland 7 Weonodland, 7
pœt Witland belimpeo to Estum, 7 seo Wisle lio ut of Weonodlande
7 lio in Estmere, 7 se Estmere is huru flftene mila brad; ponne cymeo
Ilflng eastan in Estmere of oœm mere oe Truso standeo in staoe, 7
cumao ut samod in Estmere, Ilflng eastan of Esdande 7 Wisle suoan
of Winodlande; 7 ponne benimo Wisle Ilflng hire naman 7 ligeo
of pœm mere west 7 noro on sœ: for oy hit man hœt Wislemuoa.
Pœt Esdand is swyoe mycel, 7 pœr bio swyoe manig burh, 7 on
œlcere byrig bio cyningc, 7 pœr bio swyoe mycel hunig 7 flscao, 7 se
cyning 7 pa ricostan men drincao myran meolc, 7 pa unspedigan 7
pa peowan drincao medo. Pœr bio swyoe mycel gewinn betweonan
him. 7 ne bio oœr nœnig ealo gebrowen mid Estum, ac pœr bio medo
genoh 39 («La Vistola è un flume molto grande e separa Witland e la

ga è datato verso la fine del regno di Carlo Magno ed è in relazione con la distruzione
dei centri commerciali degli obodriti nei territori delle odierne Amburgo e Lubecca
da parte del re danese Godfred. Nella marcia contro il re danese Carlo porto con sé
l'elefante donatogli da Harun al-Rashid che pero morl nell'attraversamento del Reno.
Haithabu subentro agli insediamenti commerciali degli obodriti e divenne la porta
del commercio orientale con il regno carolingio.
36 Sei!. l'isola di Bornholm dalla quale i Burgundi erano migrati ne! III secolo per

insediarsi nella Gallia meridionale.


37 Si tratta della Polonia nord-orientale; alla Withlandia, corne una delle cinque

province orientali della Pomerania, fa riferimento anche il monaco Alberico, cf. Scrip-
tores rerum Prussicarum, hg. von T. HmscH. Leipzig 1861, I. 241 e II. 404.
38 Si tratta di una popolazione baltica, gli Aestii già noti a Tacito e a Jordanes che

li localizza alla foce della Vistola; è noto che l'ingresso dei Balti nella storia avviene
solo dopo la conversione al cristianesimo e non prima del XII-XIII secolo, cf. F. VIL-
LAR, Gli indoeuropei e le origini dell'Europa. Bologna, Il Mulino, 1997 (trad. it. di Los
indoeuropeos y los origenes de Europa. Languaje e historia), pp. 401-404. Il nome Aestii
è poi passato ad indicare un popolo di stirpe ugro-flnnica, gli atruali Estoni.
3 9 Cf. ]. BATELY, The Old English Orosius, pp. 16-17. Sui tre rami del delta della
Vistola si veda Jordanes, Getica, V, 36: «ad litus autem oceani, ubi tribus faucibus flu-
50 CARLA DEL ZOTTO

terra dei Vendi; Witland appartiene agli Esti; la Vistola scorre fuori
da! territorio dei Vendi e sfocia nella Laguna della Vistola40 che è
larga almeno quindici miglia. Poi l'Elbing da est entra nella Laguna
della Vistola da! lago 41 sulla cui riva sorge Truso 42 e confluiscono
nella Laguna della Vistola l'Elbing dalla terra degli Esti da est e la
Vistola dalla terra dei Vendi da sud. E allora la Vistola dà il suo nome
all'Elbing e sfocia da! lago a ovest e a nord nel mare; percio è chiama-
to l'estuario della Vistola. La terra degli Esti è molto grande e ci sono
moite città e ciascuna ha un re; c' è parecchio miele e pescato. Il re e
gli uomini più ricchi bevono latte di giumenta; i poveri e gli schiavi
bevono idromele. Fra loro c'è un conflitto molto grande. Presso gli
Esti non si prepara birra ma c'è idromele a sufficienza»).

Wulfstan si sofferma poi in particolare sugli usi funebri degli


Esti 43 e il sua racconto presenta interessanti punti di riscontro con
la Risdla di Ibn Fadlan degli inizi del X secolo 44 • Il mercante nordico
riferisce l' abilità degli Esti nel 'congelare' il corpo del defunto, che a
seconda del rango sociale puo rimanere esposto anche per sei mesi
senza decomporsi; descrive i festeggiamenti e le libagioni che si svolgo-
no flno al giorno della cremazione; menziona inflne il rogo del defunto
con le armi e gli abiti per lui appositamente confezionati e l'usanza di
sperperare totalmente le ricchezze del morto. Quest'ultime, divise in
parti diseguali, vengono infatti lasciate a distanze diverse dal villaggio
per essere portate via con una gara di corsa a cavallo:
7 for oy p<Er beoo pa swiftan hors ungefoge dyre. 7 ponne hys
gestreon beoo pus eall aspended, ponne byro man hine ut 7 forb<Er-
neo mid his W<Epnum 7 hr<Eg[e, 7 SWÏOOSt eal[e hys speda hy forspen-
dao mid pan langan legere p<Es deadan mannes inne 7 p<Es pe hy be

enta Vistulae fluminis ebibuntur, Vidivarii resident, ex diversis nationibus adgregati.


post quos ripam oceani item Aesti tenent, pacatum hominum genus omnino, quibus
in austrum adsidet gens Acatzirorum forrissima, frugum ignara, quae pecoribus et
venationibus victitat, ultra quos distenduntur supra mare Ponticum Bulgarum sedes,
quos norissimos peccatorum nosrrorum mala fecerunt»; cf. IoRDANIS De origine acti-
busque Getarum, a cura di F. GIUNTA, A. GR!LLONE. Roma, Istituto Storico Italiano
per il Medio Evo, 1991, p. 17.
40 Scil. Zallew Wislany.
41 Si rratta probabilmente del Lake Druzno
o Drausen See.
42
Si è soliri localizzarla rra Danzica e Kaliningrad (Ki:inigsberg).
43 Cf. la descrizione degli Aestii in Tacito, Germania, 45. Si veda inoltre K.

MALONE, «Ün King Alfred's Geographical Treatise», in Speculum, 8 (1933), pp.


67-78.
44 Cf. infra, § 3.
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 51

pa:m wegum alecgao, pe oa fremdan to a:rnao 7 nimao. 7 pa:t is mid


Estum peaw pa:t pa:r sceal a:lces geoeodes man beon forba:rned, 7 gyf
par man an ban fîndeo unforba:rned, hi hit sceolan miclum gebetan.
7 pa:r is mid Estum an ma:go pa:t hi magon cyle gewyrcan, 7 py pa:r
licgao pa deadan men swa lange 7 ne fuliao, pa:t hy wyrcao pone cyle
hine on, 7 peah man asette twegen fa:tels full ealao oooe wa:teres,
hy gedoo pa:t oper bio oferfroren, sam hit sy sumor, sam winter45
(«Per questo i cavalli là sono estremamente preziosi. E quando la sua
ricchezza è stata cosl interamente consumata, allora Io trasportano
fuori e cremano insieme aile armi e agli abiti, ed esauriscono tutta
la sua ricchezza soprattutto durante la lunga esposizione del morto
all'interno e mettendola sulle strade, dove gli stranieri la prendono
facendo la corsa al galoppo. E presso gli Esti c'è I'usanza di cremare
un uomo di ogni gruppo e, se rimane anche un solo osso incombusto,
essi devono fare grande ammenda. Presso gli Esti c'è una tribù che sa
creare il freddo ed è per questo che là i morti possono essere esposti
cosl a lungo senza decomporsi, poiché creano su di Ioro il freddo, e
se uno mette due tini pieni di birra o di acqua, essi fanno in modo
che uno dei due geli, sia d' estate sia d'inverno»).

I racconti di Ohthere e Wulfstan, inseriti nella versione anglosas-


sone delle Historiae di Orosio e probabilmente trascritti nella forma in
cui il re stesso ebbe modo di ascoltarli, rappresentano indubbiamente
un unicum nella geografla occidentale del IX secolo, ancora largamen-
te basata sulla geografl.a dassica fatta di 'ricopiature mal coordinate e
assai poco aggiornate' 46 • Le testimonianze dei due mercanti offrono
infatti materiale prezioso per la conoscenza dell'Europa nord-orien-
tale in quanta basate sull' autopsia delle terre e dei popoli descritti.
D' altra parte, la registrazione di tali resoconti dimostra anche il vivo
interesse di Alfredo per paesi e genti non più considerati totalmente
remoti, seconda una nuova visione 'teologica' della storia degli Angli
e dell'Europa. Del resta, la traduzione stessa dell' Orosio chiaramente
rivela nel monda anglosassone l'influenza di una cultura continentale
sulla scia della carte carolingia e la ricezione di un ideale di humanitas
coincidente con la cristianità.

45 Cf. J. BATELY, The Old English Orosius, pp. 17-18.


46 Cf. Y. JANVIER, La géographie d'Orose, p. 270.
52 CARLA DEL ZOTTO

3. LE FONTI ARABE

Contributi importanti per la conoscenza dell'Europa nord-orien-


tale provengono anche dal medioevo musulmano attraverso numerosi
resoconti di viaggio di prigionieri di guerra, mercanti, dotti itineranti,
pellegrini, emissari politici. In questa ampia tipologia narrativa la
Risala47 di Ibn Fadlan rappresenta quasi «una pietra miliare dei viaggi
arabi in terra non musulmana», seconda la definizione di F. Gabrieli,
in quanta costituisce il più antico documenta sull'antropologia e la
geografia della regione del Volga e delle aree circostanti, descritte flno
a una latitudine approssimativa di sessanta gradi nord48 •
L'epistola' di Ahmed ibn Fadlan è infatti un resoconto dettagliato
sul viaggio dell'ambasceria inviata dal califfo al-Müqtadir nella città di
Bulghar sul media Volga in risposta alle richieste del re dei Bulgari49 ,
Almüsh ben Yiltuwar. Quest'ultim o, già convertito all'Islam insieme
ad alcuni famigliari e dignitari e desideroso di costruire una moschea,
aveva pregato il califfo di inviargli un professore di diritto islamico per
completare l'insegname nto religioso al popolo; inoltre, sollecitava un
aiuto flnanziario per realizzare una fortezza contra i nemici Khazari5°
di fede ebraica, ai quali era soggetto. È probabile che al-Müqtadir
accogliesse benevolmente tali richieste perché lusingato dal fatto che il
re dei Bulgari in materia religiosa avesse preferito rivolgersi a Baghdad
piuttosto che ai vicini Samanidi di Bukhara o alla concorrente dinastia
degli Alidi nel nord dell'Iran, l'attuale Mazandaran; tuttavia, è altret-

47 Risdla, propriamente 'epistola, trattato', indica uno scritto a comenuto mono-


grafico e in assenza di terminologia specif1ca è applicato a opere di genere nuovo,
quale doveva appunto sembrare la relazione di viaggio di Ibn Fadlan, cf. A. ARAZI, H.
BEN-SHAMMAY, «Risâla», in The Enryclopaedia of Islam, New Edition, VIII. Leiden,
Brill, 1995, pp. 532-539.
48 Cf. S. ZAIMECHE,
«A Review of Muslim Geography», in Foundation for Science
Technology and Civilisation, Limited 2002, 2003 (http://www.fs tc.co.uk), Publication
Number: 4013, pp. 1-13, 3; F. GABRIELI, Viaggi e viaggiatori arabi. Firenze, Sansoni,
1975, p. 4.
49 È il ramo
di una popolazione unno-turca, stanziatasi dopo il VII secolo sul
medio Volga, cf. F. GABRIELI, Viaggi e viaggiatori arabi, p. 44.
50 Si tratta di una gente turca, seminomade, che nel VII secolo aveva formato un
regno rra il Basso Volga e il Don e che aumenterà la propria potenza nell'VIII secolo.
Una parte della classe alta dei Kazhari abbraccià la fede ebraica e passà nel IX secolo
alla guida del paese.
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 53

tanto verosimile che nella risposta positiva del califfo nei confronti di
Almüsh abbiano avuto un ruolo importante anche varie considerazio-
ni politiche. I Khazari erano infatti alleati dei Bizantini, nemici storici
degli Abbasidi, e la costruzione di una fortezza nel regno bulgaro
avrebbe potuto arginare anche le sanguinose incursioni scandinave
dei Rus, che attraverso il territorio khazaro si spingevano flno al Mar
Caspio 51 , nonché difendere da un'invasione nemica sempre possibile.
La delegazione partl da Baghdâd il 21 giugno del 921, guidata
dall'inviato del califfo, Süsân ar-Rassï, e accompagnata da un inter-
prete slavo, Bâris, e uno turco, di nome Takïn. Attraverso la Persia e
il Khorasàn l' ambasceria si diresse dapprima verso la città di Bukhârâ,
capitale dei Samanidi; poi per via fluviale lungo l'Amu Darya rag-
giunse Kath, antica capitale del Khuwarlzm; quindi, riattraversato il
flume, inizià da Giurgianiyya il viaggio per terra nel paese dei Turchi,
percorrendo i territori degli Oghuz, dei Peceneghi, e dei Bulgari per
arrivare al loro accampamento, a Bulghâr, presso la confluenza della
Kama col Volga, il 12 maggio del 922, settanta giorni dopo h partenza
da Giurgianiyya5 2 •
In tale ambasceria Ibn Fadlân aveva il ruolo di segretario con il
compito di leggere al re dei Bulgari lo scritto del califfo, consegnare i
doni e soprintendere all'insegnamento della disciplina islamica. Tutta-
via, in seguito alla mancata corresponsione della somma di denaro pro-
messa per la fortezza, la missione si risolse in un fallimento e non ci fu
la conversione dei Bulgari all'Islam 53 ; Ibn Fadlân guadagnà comunque
la flducia di Almüsh, divenendone quasi un interlocutore privilegiato
durante la permanenza della delegazione a Bulghâr.
Il testo della risdla a noi pervenuto non presenta perà le caratte-
ristiche di un rapporto ufflciale sulla missione ma appare un semplice
resoconto, forse incompleto, poiché si interrompe bruscamente e
manca la descrizione sul viaggio di ritorno da Bulghâr a Baghdâd. In

5! Cf. P. CHARLES-DOMINIQUE, Voyageurs arabes: Ibn Fadlân, Ibn jubayr, Ibn


Battûta et un auteur anonime. Paris, Gallimard, 1995, pp. 1072-1073.
52 Cf. F. GABRIELI,
Viaggi e viaggiatori arabi., pp. 43-44.
5 3 La loro islamizzazione data infatti al 943-44, cf. F. GABRIELI, Viaggi e viaggiato-
ri arabi, p. 89. Al-Masûdi, che non conosce la Risdla di Ibn Fadlan, cita una leggenda
seconda la quale il re dei Bulgari si sarebbe convertito ne! 922-23 in seguito a un
sogno, cf. M. CANARD, Ibn Fadlân, Voyage chez les Bulgares de la Volga, Liminaire d'A.
MIQUEL. Paris, Sindbad, 1988, p. 90.
54 CARLA DEL ZOTTO

un primo momento tale relazione era nota in Europa solo per tradi-
zione indiretta, grazie alla pubblicazione nel 1823 da parte di C.M.
Fraehn 54 degli estratti riportati dal geografo Yâqut 55 nel suo Dizionario
geografico per le voci Itil Baghghird, Bulghdr, Khazdr, Khuwdrizm, Rus.
Soltanto molto più tardi, in seguito alla scoperta di un manoscritto
a Mashhad in Persia nel 1923, tale resoconto, chiamato nel codice
kitdb 56 , divenne oggetto di numerose edizioni, traduzioni e studi 57 • È
emerso comunque con sufficiente evidenza che il codice di Mashhad,
pur offrendo una versione più organica della relazione, sebbene in
alcuni punti abbreviata, non rappresenti il testa originale di Ibn
Fadlân ma una rielaborazione, adattata al gusto del pubblico e opera
forse di un visir samanide di Bukhârâ.58 • Tale complessità nella tradizio-
ne manoscritta della risdla, accanto alla mancanza di altre informazioni
sulla figura di Ibn Fadlân, non sembra tuttavia aver compromesso
l' attendibilità del resoconto sull' ambasceria né aver tolto valore alle
notizie in esso contenute sugli usi e le credenze di genti turche (Oghuz,
Peceneghi, Bulgari, Khazari), nordiche (Rus) e slave (Sakaliba):
«Ceci est le livre d'Ahmed b. Fadlân b. al-'Abbâs b. Râchid b. Ham-
mâd, client de Mohammed b. Sulaimân, envoyé de Muqtadir auprès
du roi des Saqâliba, dans lequel il rapporte ce dont il a été témoin

54 Cf. C. M.
FRAEHN, Ibn Foszlan's und anderer Araber Berichte über die Russen
iilterer Zeit. St. Petersburg 1823, Nachdr., Hamburg, Buske, 1976.
55 Su Yaqüt, il bio-bibliografo di origine bizantina, cf. L. CAPEZZONE,
«Cultura
di corte e umanesimo nella città islamica», in Lo spazio letterario del medioevo. 3. Le
culture circostanti, vol. II: La cultura arabo-islamica, a cura di B. SCARCIA AMoRETTI.
Roma, Salerno Editrice, 2003, pp. 199-229, 202-205. Si vedano anche F. GABRIELI,
V. VACCA, Antologia del/,a letteratura araba. Milano, Sansoni Accademia, 1976, pp.
246-253. Lo Yaqüt introduce le citazioni della risâla con le seguenti parole: «Ho
letto un breve scritto composto da Ahmed ben ('figlio di') Foszlan, ben Abbas, ben
Raschid, ben Hammad, protetto di Muhammed ben Suleiman e ambasciatore (del
califfo) Muktadir al re degli Slavi, ne! quale narra quanto osservato ne! suo viaggio da
Baghdad e ritorno. Quel che egli racconta dei Rus' Io riporto qui non senza stupore»;
cf. C. M. FRAEHN, Ibn Foszlan's und anderer Araber Berichte, pp. 2-3.
56 Il termine, chevale 'scritto', per estensione 'libro', compare ne! ms. di Mashhad,

mentre Yaqüt chiama la relazione di Ibn Fadlan risâ/,a, 'epistola, trattato'.


57 In particolare si vedano A. Z.
VALIDI ToGAN, Ibn FadUin's Reisebericht. Leipzig
1939; M. CANARD ,«La relation de voyage d'Ibn Fadlan chez les Bulgares de la Volga»,
in Annales de l'Institut d'Études Orientales de la Faculté de Lettres d'Alger, 16 (1958),
pp. 41-146.
58 Cf. P. CHARLES-DOMINIQUE, Voyageurs arabes, p. 1072; M.
CANARD, Ibn
Fadlân, Voyage chez les Bulgares, pp. 17-24; ID., «Ibn Fadlan», in The Encyclopaedia of
ls/,am, III. 1986, p. 759.
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 55

dans le pays des Turcs, des Khazars, des Rûs, des Saqâliba, des Bach-
kirs et autres, en ce qui concerne la diversité de leurs croyances reli-
gieuses, les informations sur leurs rois et les situations dans lesquelles
ils se trouvent dans beaucoup de leurs affaires» 59 .

Tale relazione è dunque una fonte importante anche sull'atti-


vità di vichinghi o variaghi nella regione del Volga, noti nelle fonti
arabe corne Rüs / Rüsiyyah. Tuttavia, l'identità etnica di questi gruppi,
prevalentemente costituiti da mercanti, guerrieri e schiavi, è stata a
lungo materia di dibattito tra 'normannisti' e 'antinormannisti' nella
controversia sull'influenza realmente esercitata da elementi scandina-
vi nell'Europa nord-orientale e soprattutto sul ruolo effettivamente
avuto nella formazione dell' antico stato russo di Kiev. Al riguardo si è
comunque giunti in epoca più recente, prescindendo da condiziona-
menti nazionalistici60 , a mettere sufflcientemente in risalto la generici-
tà degli etnonimi impiegati dagli autori musulmani perle popolazioni
settentrionali.
Solitamente, con il termine Rüs essi indicavano gruppi di mercan-
ti-guerrieri, all' occasione pirati, prevalentemente di origine scandinava
misti ad altri elementi etnici, per lo più slavi 61 • La denominazione
designava perà più che un ethnos un' organizzazione politico-commer-
ciale, nella quale l' elemento scandinavo aveva una posizione gerarchica
dominante e quello slavo una condizione sociale inferiore e subordi-
nata. Inoltre, nell'Occidente islamico i geografl arabi del IX-X secolo
impiegavano spesso al-Sakaliba corne sinonimo di Rüs per le popo-
lazioni dell'Europa centrale e nord-orientale, ovvero per le genti dei
territori a nord dell'impero bizantino, a est dei Khazari e dei Bulgarie
a ovest dei Franchi e dei Longobardi. Peraltro, in seguito al massiccio
afflusso in Spagna di slavi, fatti prigionieri dai Rüs nelle loro incursioni
e venduti corne schiavi, il nome Sakaliba, etimologicamente un pre-
stito dal greco medievale oÀa~6ç ('Slavo'), passà ad indicare nell'uso
arabo-ispanico gli schiavi bianchi62 e venne quindi impiegato anche

59 Cf. M. CANARD, Ibn Fadlân, Voyage chez les Bulgares, p. 27.


60 Gli stessi che del resta hanno spesso opposto, accemuando ora f elemento
slavo, ora quello turco, studiosi sovietici e turchi nell'interpretazione dei dati di Ibn
Fadlan, cf. F. GABRIELI Viaggi e viaggiatori arabi, p. 45.
61 Cf. P. B. GOLDEN,
Encyclopaedia of Islam, VIII. s. v. Rüs.
62 Sembra che in gran parte
essi venissero preventivamente sottoposti a castrazio-
ne prima di giungere in Spagna; sull'impiego domestico e militare di schiavi Sakaliba,
Cf. P. B. GOLDEN, Encyclopaedia of Islam. VIII. s. v. al-Sakaliba.
56 CARLA DEL ZOTTO

per le popolazioni settentrionali limitrofe al territorio dei Sakâliba e


considerate loro afflni per i caratteri fenotipici comuni: capelli biondi,
carnagione rosea, alta statura.
Sotto l' aspetto religioso invece, non essendo né di fede islami-
ca, né di credo cristiano o ebraico, i pagani Rüs e Sakâliba venivano
anche designati dagli Arabi corne al-Madhjus, ovvero 'adoratori del
fuoco'. Originariamente Madhjüs era il nome riservato ai seguaci dello
zoroastrismo e alla casta sacerdotale dominante nell'Iran sassanide;
ma successivamente, soprattutto nelle fonti medievali musulmane del
Maghreb e della Spagna, oltre che in alcuni autori latini, il termine
divenne sinonimo di vichinghi in luogo del più corretto al-Rus, usato
in prevalenza da autori arabo-persiani. Sostanzialmente, l'assimila-
zione, peraltro impropria, di normanni e slavi ai magi adoratori del
fuoco derivava dal riscontro in queste popolazioni della pratica della
cremazione; tale costume funebre era una ragione sufflciente perché
i musulmani individuassero il culto del fuoco corne elemento domi-
nante della religione di Rüs e Sakâliba, ritenendola affine a quella dei
magi. In realtà, l'uso di cremare i defunti era completamente estraneo
allo zoroastrismo che vietava di bruciare o seppellire i morti, che infatti
rimanevano esposti su alte torri flnché non venivano divorati dagli
avvoltoi.
Come sinonimo di al-Rus, un prestito dallo slavo orientale Rus' 63 ,
le fonti arabe attestano dunque non senza incongruenze i termini al-
Sakâliba e al-Madhjüs nei quali diviene signiflcativa ora la connota-
zione a qualitate corporis, ora l' elemento religioso, seconda un criterio
individualizzante più sul piano antropologico che non propriamente
etnico. Occorre inoltre sottolineare che Ibn Fadlan non considera
turchi i Bulgari del Volga ma li menziona corne Sakâliba. Tale parti-
colare si potrebbe forse spiegare con la situazione di sudditanza in cui
si trovavano i Sakâliba e tutti i popoli loro vicini, compresi i Bulgari
del Volga, nei confronti dei Khazari, corne testimoniato dallo stesso
Ibn Fadlan64 • Egli avrebbe quindi erroneamente accomunato in un

63 Per l'etimologia e le diverse attestazioni del termine si rinvia a P. B. GOLDEN,


Encyclopaedia ofIslam, VIII. s. v. Rüs.
64«Les Khazars et leur roi sont tous juifs. Les Saqâliba et tous les peuples qui
sont leurs voisins leur sont soumis; ils s'adressent à eux comme à des gens réduits
en servitude et ils leur obéissent humblement», cf. M. CANARD, Ibn Fadlân, Voyage
chez les Bulgares, p. 87. Con il passo appena citato si conclude peraltro la Risa/a di
Ibn Fadlân.
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 57

unico ethnos le varie popolazioni soggette al dominio khazaro. È invece


opportuno notare che Ibn Fadlan non confonde Rus e Sakaliba, anzi
esplicitamente dichiara di non comprendere la lingua dei Ruse di aver
avuto bisogno di un interprete6 5 •
Accanto a informazioni di carattere etnografico, la risdla di Ibn
Fadlan dà ampia evidenza anche dell'intenso traffico commerciale
esistente tra i paesi del Califfato e l'Europa nord-orientale, corne lar-
gamente attestato in archeologia dai tesori di monete musulmane, i
dirham 66 d'argento dei secoli IX-XI, rinvenuti in Ucraina, Polonia,
paesi baltici e scandinavi. I principali prodotti di esportazione lungo
gli itinerari terrestri e fluviali, che univano !'Oriente non solo all'Eu-
ropa del Nord ma anche all'Occidente fino alla Spagna musulmana,
erano dunque schiavi, ambra, pellicce, spade di fattura franca 67 • E
nella commercializzazione di tali beni i Rus: gruppi scandinavi in via
di slavizzazione e quindi probabilmente bilingui sul finire del X secolo,
sembrano essere subentrati intorno al 750 alle compagnie di mercanti
ebrei, Radhdniyya, per poi soppiantarle del tutto corne intermediari
nei traffici di beni, estorti per lo più corne tributo, e nella vendita di
prigionieri 68 •
Rus e Sakdliba sono peraltro menzionati anche prima del X secolo
corne truppe mercenarie al servizio del khan di Khazar, città popolata
da gruppi etnici diversi, al punto che il sistema giudiziario prevedeva
magistrati appositi per ebrei, musulmani, cristiani, Rus e Sakdliba69 •
Inoltre, alcuni accenni in testi occidentali, corne il riferimento all' am-

65
Cf. P. CHARLES-DOMINIQUE, Voyageurs arabes, pp. 61-63. Tale elemento mi
sembra sia stato poco considerato da J. E. MONTGOMERY, «Ibn Fadlan and the
Rûsiyyah», in journal ofArabie and Islamic Studies, 3 (2000), pp. 1-25, nelle sue valu-
tazioni conclusive sull'utilizzazione della Risiila di Ibn Fadlan per datare il processo
di slavizzazione dei Rûs.
66 Nella Risiila Ibn
Fadlan attesta di aver visto a Khwârizm dirham falsi, adulrerati
con piombo e rame, cf. M. CANARD, Ibn Fadlân, Voyage chez les Bulgares, pp. 32-33.
67 Cf. A. Z. VALIDI
ToGAN, «Die Schwerter der Germanen, nach arabischen
Berichten des 9.-11. Jahrhunderts», in Zeitschrift der deutschen morgen/,dndischen
Gesellschaft, 90 (1936), pp. 19-38.
68 Il geografo arabo
del X secolo, Ibn Khurdadhbih, aurore del Libro delle strade
e delle province, menziona esplicitamente corne merci vendute <lai Rûs pellicce di
castoro e di volpe nera, oltre a spade di fattura franca, cf. S. ZAIMECHE, A Review of
Muslim Geography, p. 7.
69 P. B. GOLDEN,
Encyclopaedia ofIslam, VIII. s. v. Rus, p. 623.
58 CARLA DEL ZOTTO

basceria inviata al Rhos Chacanus negli Annales Bertiniani per l' anno
838-9, o la menzione di Yngvi «re dei Turchi» nell'fslendingab6k70 ,
accanto a richiami all' «imperatore dei Rüs» (khakdn rüs) nei geografi
islamici Ibn Rusta e Gardïzi, hanno fatto pensare che alcuni elementi
scandinavi avessero raggiunto una posizione di preminenza, forse
anche attraverso alleanze matrimoniali con qualche dinastia domi-
nante delle steppe71 • I.:ubicazione di un eventuale khanato dei Rüs è
perà argomento assai controverso; alcuni hanno ipotizzato una sua
localizzazione nella regione superiore del Volga, altri lo hanno ritenuto
una realtà effimera, distrutta intorno all'830 dalla migrazione di tribù
ugro-turche, stabilitesi poi corne Ungari nell'Europa danubiana72 •
Tuttavia, il 're dei Rüs' descritto da Ibn Fadlan nella Risdla presenta
indubbiamente alcuni tratti della regalità sacra e attributi caratteristici
di un khan turco 73 :
«Üne des habitudes du roi des Rûs est d'avoir avec lui, dans son
palais, quatre cents hommes qui sont les plus braves de ses compa-
gnons et des hommes sur lesquels il peut compter. Ce sont des gens
qui meurent avec lui et se font tuer pour lui. Avec chacun d'eux est
une fille-esclave qui le sert, lui lave la tête et lui prépare tout ce qu'il
mange et boit, et une autre fille-esclave avec laquelle il cohabite. Ces
quatre cents hommes siègent au-dessous du trône du roi, trône qui
est immense, et incrusté des plus fines pierres précieuses. S'asseyent
avec lui sur le trône quarante filles-esclaves destinées à son lit. Et il
arrive qu'il cohabite avec l'une d'elles en présence de ses compagnons
dont nous avons parlé, sans qu'il descende de son trône. Quand il
veut faire ses besoins naturels, il les fait dans une cuvette. S'il veut
monter à cheval, on lui amène son cheval jusqu'à son trône, et il le

70 Yngvi
Tyrkjakonungr è menzionato nella genealogia (.IEttarta/,a) dell' fslen-
dingabôk, cE ]. BENEDIKTSSON, fslendingabôk, Landndmabôk (Ïslenzk fornrit, 1).
Reykjavik, Hio Ïslenzka Fornritafélag, 1986, p. 27. Per il nome Yngvi, correlato alla
dinastia reale svedese degli Ynglingar, c( R. S!MEK, Dictionary ofNorthern Mythology.
Cambridge, Brewer, 1993, (trad. inglese del Lexikon der germanischen Mythologie,
Stuttgart 1984), s.v.
71
P. B. GOLDEN, Encyclopaedia of Js/,am,VIII. s. v. Rus, pp. 621-622.
72 Cf. P. B. GOLDEN, «The
Question of rhe Rus' Qaganate», in Archivium Eura-
siae Medii Aevi, 2 (1982), pp. 77-97.
73 Tali prerogarive
si potrebbero tuttavia spiegare anche per attrazione con la
descrizione immediatamente seguente del Khâqân dei Khazari. Nella relazione di Ibn
Fadlan si osserYa infatti non di rado l'iterazione di uno sresso motivo nella descri-
zione di genti diverse; ad esempio il paragone con gli asini erranti è utilizzato sia per
gli Oghuz sia per i Rüs per enfatizzare la scarsa igiene di entrambi i popoli, cf. M.
CANARD, Ibn Fadlân, Voyage chez les Bulgares, pp. 37, 73.
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 59

monte. S'il veut descendre de cheval, il fait avancer le cheval de sorte


qu'il puisse en descendre directement sur le trône. Il a un lieutenant
qui commande les troupes, livre bataille aux ennemis et le remplace
auprès de ses sujets» 7 4.

Ad ogni buon conto, Ibn Fadlan fornisce una dettagliata descrizio-


ne degli usi e costurni dei Rüs. All'inizio ne rnenziona con arnrnirazio-
ne, corne già Cesare e Tacito per i Gerrnani, la prestanza e la perfezione
dei corpi, 'alti corne alberi di palrnà; ne descrive poil' abbigliamento, le
arrni, i gioielli delle donne, la licenziosità, l' emarginazione dei malati75,
l'uso della scrittura. Riguardo alle abitudini igieniche, li deflnisce 'le
creature più sporche che Allah ha creato', data l'inosservanza presso di
loro delle rituali abluzioni previste dalla religione islarnica soprattutto
dopo gli atti sessuali. lnoltre, dà inforrnazioni sulle loro pratiche reli-
giose e il culto di idoli di legno per concludere inflne con un racconto
particolareggiato della macabra e orgiastica cerirnonia funebre, cui ha
assistito in occasione della crernazione di un loro capo:
«I saw the Rüsiyyah when they had arrived on rheir trading expedi-
tion and had disembarked at the River Aril. I have never seen more
perfect physiques than theirs - they are like palm trees, are fair and
reddish, and do not wear the qurtaq or the caftan [... ] Every one of
them carries an axe, a sword and a dagger and is never without all of
that which we have mentioned. Their swords are of the Frankish vari-
ety, with broad, ridged blades [... ]They are the filrhiest of all Allah's
creatures; they do not clean themselves after excreting or urinating or
wash themselves when in astate of ritual impurity and do not even
wash their hands after food. Indeed they are like asses that roam in
the fields. They arrive from their territory and moor their boats by
the Atil (a large river), building on its banks large wooden houses.
They gather in the one house in their tens and twenties, sometimes
more, sometimes less. Each of them has a couch on which he sirs.
They are accompanied by beautiful slave girls for trading. One man
will have intercourse with his slave-girl while his companion looks

74 Cf. M. CANARD, Ibn Fadlân, Voyage chez les Bulgares, pp. 83-84. Ne! testo
riporrato da Amîn Râzî il palazzo del re dei Rüs è descritto corne un casrello molto
alto e viene data ulteriore enfasi alla sregolatezza sessuale e all'indulgere smodato nei
diverrimenti e nel bere corne unica occupazione del re, cf. M. CANARD, ibid., pp.
125-126.
75 Cuso di isolare l'ammalato
confinandolo in una tenda è registrato da Ibn Fadlan
sia pressa gli Oghuz sia pressai Rüs (M. CANARD, Ibn Fadlân, Voyage chez les Bulgares,
pp. 43, 75). Sull'uso di uccidere i malati pressa gli Eruli si veda già PROCOPIO, La
guerra gotica, II, 14, a cura di D. CoMPARETTI, II. Roma, Forzani, 1896, p. 88.
60 CARLA DEL ZOTTO

on. Sometimes a group of them cornes together to do this, each in


front of the other. Sometimes indeed the merchant will corne in to
buy a slave-girl from one of them and he will chance upon him hav-
ing intercourse with her, but the Rüs will not leave her alone until
he has satisfied his urge. They cannot, of course, avoid washing their
faces and their heads each day, which they do with the fllthiest and
most polluted water imaginable. I shall explain. Every day the slave-
girl arrives in the morning with a large basin containing water, which
she hands to her owner. He washes his hands and his face and his
haïr in the water, then he clips his comb in the water and brushes his
hair, blows his nose and spits in the basin. There is no filthy impu-
rity which he will not do in this water. When he no longer requires
it, the slave-girl takes the basin to the man beside him and he goes
through the same routine as his friend. She continues to carry it
from one man to the next until she has gone round everyone in the
house, with each of them blowing his nose and spitting, washing his
face and hair in the basin. The moment their boats reach this dock
every one of them disembarks, carrying bread, meat, onions, milk
and alcohol (nabidh), and goes to a tall piece of wood set up in the
ground. This piece of wood has a face like the face of a man and is
surrounded by small figurines behind which are long pieces of wood
set up in the ground. When he reaches the large figure, he prostrates
himself before it and says, "Lord, I have corne from a distant land,
bringing so many slave-girls priced at such and such per head and so
many sables priced at such and such per pelt". He continues until
he has mentioned all of the merchandise he has brought with him,
then says, "And I have brought this offering", leaving what he has
brought with him in front of the piece of wood, saying, "I wish you
to provide me with a merchant who has many dïnars and dirhams
and who will buy from me whatever I want to sell without haggling
over the price I fix". Then he departs. Ifhe has difficulty in selling his
goods and he has to remain too many days, he returns with a second
and third offering. If his wishes prove to be impossible he brings an
offering to every single one of those figurines [... ] Sometimes busi-
ness is good and he makes a quick sell, at which point he will say,
"My Lord has satisfied my request, so I am required to recompense
him". He procures a number of sheep or cows and slaughters them,
donating a portion of the meat to charity and taking the rest and
casting it before the large piece of wood and the small ones around
it. He ties the heads of the cows or the sheep to that piece of wood
set up in the ground. At night, the dogs corne and eat it ail, but the
man who has done all this will say, "My Lord is pleased with me and
has eaten my offering". When one of them falls ill, they erect a tent
away from them and cast him into it, giving him some bread and
water. They do not corne near him or speak to him [... ] If he dies,
they bury him, though if he was a slave they leave him there as food
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 61

for the dogs and the birds. If they catch a thief or a bandit, they bring
him to a large tree and tie a strong rope around his neck. They tie it
to the tree and leave him hanging there until the rope breaks, rotted
away by exposure to the rain and the wind. I was told that when
their chieftains die, the least they do is to cremate them. I was very
keen to verify this, when I learned of the death of one of their great
men. They placed him in his grave and erected a canopy over it for
ten days, until they had flnished making and sewing his funeral gar-
ments. In the case of a poor man they build a small boat, place him
inside and burn it. In the case of a rich man, they gather together his
possessions and divide them into three, one third for his family, one
third to use for his funeral garments and one third with which they
purchase alcohol which they drink on the day when his slave-girl kills
herself and is cremated together with her master. They are addicted
to alcohol, which they drink night and day. Sometimes one of them
dies with the cup still in his hand» 76 •

Gli usi funebri dei Rüs descritti da Ibn Fadlan richiamano in parte
il racconto di Wulfstan nell' Orosio anglosassone sui costumi funerari
degli Esti, di cui condividono la preparazione degli abiti per il defunto,
la divisione delle ricchezze, il rogo finale. Ma il più ampio resoconto
di Ibn Fadlan menziona numerosi elementi aggiuntivi: la figura dell'
"angelo della morte", ovvero la donna incaricata di cucire gli abiti
funebri e poi di pugnalare ripetutamente la schiava stordita dall' alcol,
destinata ad essere cremata con il suo signore; il rituale dei rapporti
sessuali consumati dai compagni del defunto con la medesima schiava
prima che venga pugnalata e uccisa per strangolamento con una corda;
l' accensione della pira da parte del parente più prossimo, il quale
cammina completamente nudo a ritroso verso la nave, tenendo in una
mano il tizzone ardente mentre con l'altra si copre l'ano.
Sebbene non si possano esdudere influssi derivati da altri popo-
li, alcuni particolari della cerimonia funebre descritta da Ibn Fadlan
trovano comunque un parallelo nella tradizione nordica. Per l"angelo
della morte' si puà richiamare la figura della sacerdotessa di Freyr77 ;

76 Il passo qui riportato


è citato in base alla traduzione inglese realizzata, limita-
tamente alla parte della Risâla sui Rüs, da J. E. Montgomery sull' edizione di S. AL-
DAHHÂN, Risâlat Ibn Fadlân. Damascus 1959 [Dar Sadir: Beirut 1993], che appare
in più punti migliorativa del testo originale, cf. J. E. MONTGOMERY, Ibn Fadlân and
the Rüsiyyah, pp. 5-22.
77 Cf. E. O. G. TuRVILLE-PETRE,
Myth and Religion of the North. London, Wei-
denfeld-Nicolson, 1964, p. 261.
62 CARLA DEL ZOTTO

i colpi di pugnale inferti tra le costale della schiava ricordano il sup-


plizio vichingo dell' 'aquila di sangue' 78 ; la morte per strangolamento
evoca i sacriflci umani sacri a Odino. Tuttavia, l'uccisione rituale della
moglie o di una concubina affinché accompagni il padrone morto
nell'aldilà, oltre che in Scandinavia79 , è presente già tra gli Sciti, corne
ricorda Erodoto 80 , tra gli Eruli corne attestato da Procopio 81 , presso i
Mongoli 82 e gli Indiani, corne riportato da un anonimo autore musul-
mano del IX secolo 83 . Invece, altri particolari del racconto, quali le
visioni dei parenti e del padrone morti cosl corne la descrizione del
Paradiso, l'uso dell'intelaiatura di una porta, simbolo del confine
tra mondo terreno e ultraterreno, per sollevare in alto la schiava più
volte perché 'veda' nell' aldilà, il dar fuoco nudi alla pira, non trovano
riscontro nella tradizione nordica e chiaramente rinviano a usanze e
influenze di popolazioni diverse, con le quali i Rüs vennero comunque
a contatto 84 •
Da ultimo, il riferimento a uno smodato consumo di 'bevanda
fermentata' presso i Rüs trova conferma nella cronaca russa Povest'

78
La t0nura consisteva nell' estrarre i polmoni dal t0race dopo aver tolto le costo-
le; i ripetuti colpi di pugnale dell' angelo della morte sulla schiava sembrano dunque
rappresentare un rito più che un tentative di uccidere la fanciulla, che - corne è detto
esplicitamente -viene strangolata con una corda, cf. E. O. G. TuRVILLE-PETRE, Myth
and Religion, pp. 254-255.
79
Cf. il canto eddico Siguroarqvioa in scamma, in Edda. Die Lieder des Codex
Regius nebst verwandten Denkmalern, 5. Aufl., hg. von G. NECKEL, H. KuHN. Hei-
delberg, Winter, 1983, 1, pp. 207-218.
°
8
Cf. ERODOTO, Historiae, IV, 71-72.
81 ,J\lla morte perà di un Erulo, la moglie che volesse distinguersi per virtù e

lasciare un bel nome, doveva poco dopo morire appendendosi presso la tomba del
marito», cf. La guerra gotica di Procopio di Cesarea, a cura di D. CoMPARETTI, IL
Roma, Forzani, 1896, p. 88; per elementi di satî presso i variaghi si veda inoltre C.
DEL ZoTTO, «Gli anelli da caviglia in area nordica: mito e testimonianze archeologi-
che», in L'Uomo, IO (1986), pp. 325-336.
82
Cf. P. CHARLES-DOMINIQUE, Voyageurs arabes, p. 1088.
83 Cf. Relation de la Chine et de l'Inde, éd. et trad. par ]. SAUVAGET. Paris, Belles

Lettres, 1948, p. 22; Io stesso costume è citato anche da Marco Polo, cf. G. CALAsso,
«Esperienze e scritture di viaggio nell'Islam medievale: il mondo degli altri e il mondo
dell'Islam», in Lo spazio letterario del medioevo. 3. Le culture circostanti, II: La cultura
arabo-islamica, pp. 379-408, 382-383.
84 Si vedano ad esempio gli usi funebri degli Oghuz e l'impiccagione rituale pres-

so i Sakaliba descritti da Ibn Fadlan, cf. P. CHARLES-DOMINIQUE, Voyageurs arabes,


pp. 39, 52.
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 63

vremennych let. La Cronaca di Nestore riporta infatti per il 986 d.C.


l'episadia di un'ambasceria dei Bulgari pressa il principe Vladimir per
indurlo a canvertirsi a Maometta; ma Vladimir, dapa aver ascoltato i
precetti della religiane islamica si riflutà di accettarla, rispondenda che
i Rus' amavano bere e non avrebbero potuta vivere rinunciandovi 8 5.
Inflne, in merito ai costumi dei Rüs, la Yâqüt premette al reso-
canta di Ibn Fadlân nel Dizionario geografico anche la testimanianza
del geografo al-Muqaddasï 86 :
"I Rüs sono un popolo il cui paese confina con quello degli Slavi e
dei Turchi. Essi hanno la loro lingua, religione e legge divina che non
ha niente in comune con quella degli altri. Muqaddasï dice: abitano
sull'isola Wabia87 , circondata da! mare <love una fortezza li protegge
da eventuali assalitori. Di numero si calcola siano centomila. Non
hanno case né campi seminati. Gli Slavi fanno incursioni contro di
loro e li depredano. Quando gli nasce un figlio gli gettano innanzi
una spada e dicono: 'tuo sarà solo quello che con essa ti conquisterai'.
Quando il loro re (melik) pronuncia una sentenza tra due avversari
e costoro non sono soddisfatti, dice loro: 'regolatevi fra di voi con le
vostre spade'. La vittoria è della spada più affilata" 88 •

Natizie sulle regioni del Volga e sui popoli della Russia settentrio-
nale si rinvengana nel perioda successive anche nei Mirabilia dell'Oc-
cidente dell' andalusa Abü Hâmid al-GharnâtI, che viaggià per tre anni
nel monda islamico e in terre euroasiatiche. Nel 1130 egli percorse
quelle stesse regiani già visitate in precedenza dall'ambasceria di Ibn
Fadlân; quindi nel 1150 si recà lunga l'Oka ('il flume degli Slavi') flna
al principata di Kiev e poi in Ungheria ('il paese dei Bashghird'), prima
di tarnare a Baghdâd89 •

85 Cf. Racconto dei tempi passati. Cronaca russa del secolo XII,a cura di I. P. SBRI-
ZIOLO. Torino, Einaudi, 1971, p. 49.
86 Sul geografo
palestinese al-Muqaddasï , della fine del X secolo, aurore del Libro
della migliore divisione perla conoscenza delle regioni, si vedano G. CALASSO, Esperienze
e scritture di viaggio, pp. 387-388, e F. GABRIELI, V. VACCA, Antologi,a della letterqtura
araba, pp. 229-234.
87 Secondo C. M. FRAEHN (Ibn Foszlan's
und anderer Araber Berichte, p. 48) il
nome Wàbia sarebbe da emendare in Dania.
88 Cf. ibid.,
pp. 2-3.
89 Cf. M. MAruN, "Storiografia
e letteratura in al-Andalus», in Lo spazio letterario
del medioevo. 3. Le culture circostanti, II: La cultura arabo-islamica, pp. 349-377,
372.
64 CARLA DEL ZOTTO

Rispetto all' accampamento di tende trovato due secoli prima da


Ibn Fadlan, la Bulghar di Abü Hamid è ora una grande città costruita
in legno di pino, con mura in legno di quercia. Anch' egli dà inoltre
informazioni sui costumi e i commerci delle popolazioni della Russia
settentrionale e della Siberia. Menziona infatti i finnici Wisu e Arw,
stanziati a sud dei laghi Ladoga e Onega, e i samoiedi Yura, che abita-
no in riva al Mar delle Tenebre (l'Oceano glaciale Artica), dove il gior-
no d' estate è lunghissimo e il sole non vi tramonta per quaranta giorni.
Rispetto alle notizie riportate da Ibn Fadlan egli aggiunge tuttavia
una dettagliata descrizione dell'uso degli sci pressa tali popoli. Spiega
infatti che la gente si applica ai piedi dei 'legni squadrati' per spostarsi
più velocemente, poiché le loro strade sono coperte perennemente di
neve, e nel manoscritto si rinviene anche il disegno con la didascalia:
«ecco corne sono fatti i legni su cui camminano» 90 •
Fra le relazioni di viaggio perdute e tràdite solo da geografi di
età più tarda, corne al-Bakrï e al-Qazwïnï, si annovera infine anche il
resoconto dell' andaluso Ibrahïm ibn Yà qüb, inviato in missione nel
965 dal califfo di Cordova.
Ibn Yà qüb, mercante arabo-ebreo con vivaci interessi culturali,
attraversà i principali paesi dell'Europa occidentale, Francia, Olanda,
Germania, Boemia e Polonia, ed ebbe modo di assistere a un'udien-
za dall'imperatore Ottone I a Magdeburgo. Nella sua relazione egli
lamenta il clima freddo e ostile della terra dei Franchi; cita le miniere
d' argenta grazie alle quali essi producono temibili spade; esalta il valo-
re di tale popolazione in guerra; ne menziona altresl la scarsa igiene e
l'usa di indossare gli stessi abiti flnché non cadono a brandelli, secon-
da topoi diffusi negli autori musulmani e comunemente applicati a
popolazioni diverse, inosservanti della disciplin~ islamica91 •
Peraltro, nell' opera di Sàïd ibn Ahmad di Toledo si rinviene
anche un elenco dei popoli che la cultura araba dell'XI secolo ritene-

90 F. GABRIELI, Viaggi e viaggiatori, pp. 73-75.


91 C( A. MIQUEL, «LEurope occidentale dans la relation arabe d'Ibrahim b.
Yaqub (X sec.)», in Annales, Économies Sociétés Civilisations, 21. 5 (1966), pp. 1048-
1064, 1051; G. CALASSO, Esperienze e scritture di viaggio, pp. 391-2; M. GABRIELI,
Viaggi e viaggiatori, p. 22. Il motivo della scarsa igiene e degli abiti che non vengono
mai cambiati finché non cadono a pezzi compaiono già in Ibn Fadlan a proposito di
diverse tribù turche (gli Oghuz, i Bashghird), e dei Rus, c( P. CHARLES-DOMINIQUE,
Voyageurs arabes, pp. 27-67.
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 65

va avessero contribuito al progresso umano. In tale lista compaiono


Indiani, Persiani, Caldei, Greci, Romani, ovvero Bizantini, Egiziani,
Arabi, Ebrei, mentre tra le genti incolte si distinguono soltanto Cinesi
e Turchi perla loro maestria nell'artigianato e nell'arte della guerra92 •
Del tutto assenti in tale dassiflca risultano cosl le popolazioni dell'Eu-
ropa settentrionale. Del resto, il mondo cristiano appariva ai giuristi
musulmani una ddr-al-harb, 'la dimora della guerra' 93 , ove viaggiare
era molto più pericoloso e difficile, oltre che riprovevole, cosl che
l'unico motivo per recarvisi avrebbe potuto essere solo il riscatto di
eventuali prigionieri.
Appare dunque evidente il valore documentario della Risdla di
Ibn Fadlân, rispetto al più tardo genere letterario della Rihla o 'rac-
conto di viaggio', nel quale alla descrizione dettagliata di una rotta
geograflca si sovrappone un percorso intellettuale del protagonista
durante il "viaggio in cerca di conoscenza'', intesa corne sapere sote-
riologico e virtù94 . Nella relazione di Ibn Fadlân, invece, al di là di
ogni intenzione missionarista, vengono registrate con promo spirito di
osservazione le usanze di genti sconosciute proprio perché differenti o
contrarie a cià che nell'Islam è la norma riguardo al vestirsi, mangiare,
lavarsi, pregare, scambiare merci, seppellire i morti. E il comprensibile
'stupore' verso costumi insoliti e diversi, per lo più descritti con suffl-
ciente distacco e oggettività, viene comunque superato dal sentimento
di appartenenza a una civiltà superiore.

92
G. CALAsso, Esperienze e scritture di viaggio, pp. 392-393.
93 Epiteto convenzionale che nell'uso musulmano classico indica tutti i territori
non sottomessi all'autorità musulmana, cf. G. CALASSO, Esperienze e scritture di viag-
gio, p. 393.
9 4 Cf. H. TouATI, Islam et voyage au
Moyen Âge. Paris, Éditions du Seuil, 2000,
pp. 272-279; si vedano anche G. CALAsso, Esperienze e scritture di viaggio, p. 389; M.
MARÎN, Storiografia e letteratura in al-Andalus, pp. 370-371.
66 CARLA DEL ZOTTO

4. LE FONTI LATINE MEDIEVAL!

Se i geografi arabi conoscono i Rus già nel IX secolo, l' esistenza


di contatti tra l'Occidente e Baghdâd è peraltro documentata anche
prima del periodo vichingo. Eginardo e gli Annales regni Francorum,
in merito alla politica estera di Carlo Magno, riportano ad esempio
l' episodio dello scambio di ambasciatori avvenuto tra il rè dei Franchi
e il califfo Harün al-Rasïd95 • Nel 797 Carlo aveva infatti inviato in
missione diplomatica a Baghdad due aristocratici franchi, Lantfried e
Sigismund, accompagnati dal mercante ebreo Isaak, poiché all' epoca
i mercanti ebrei erano gli unici a poter organizzare simili viaggi grazie
alle loro competenze linguistiche e relazioni commerciali. Litinerario
principale seguito dai Rddhdniyya nei loro traffici dalla Spagna e dalla
Francia verso l'India e la Cina passava per lo più attraverso il Nord-
africa verso Baghdad; molto più raramente sceglievano la via 'dietro
Costantinopoli' dalla terra degli Slavi ad Atil, capitale dei Khazari,
lungo il basso Volga e poi attraverso il Mar Caspio fino in Cina. Il
viaggio dell'ambasceria franca da Aquisgrana a Baghdad e Gerusa-
lemme duro cinque anni, ma i nobili Lantfried e Sigismund non
sopravvissero. Solo l' ebreo Isaak riuscl a tornare recando nella carovana
un elefante vivo, Abul Abbas, dono del califfo per Carlo Magno. Il
ritorno di Isaak ad Aquisgrana il 20 luglio dell'802 venne cosl registra-
to corne un evento di primo piano nell' annalistica franca, nella Vita
Karoli e dall' anonimo Poeta Sasso ne:
Hoc de longinquis elephas regionibus anno / Primitus adductus, mira
spectacula regno / Francorum; dederat Persarum denique princeps I
Hune Aaron. Idem, fuerat cui subditus Indis / Exceptis ariens totus,
curaverat ultra I Eius amicitiae se foedere iungere fîrmo; I Ac dignum
duxit pre cunctis regibus ipsum I Temporis illius solum, cui munera
larga / Precipui causa transmittere vellet honoris./ Nam gemmas,
aurum, vestes et aromata crebro / Ac reliquas orientis opes direxerat
illi, / Ascribique locum sanctum Hierosolimorum / Concessit pro-
priae Caroli semper dicioni 96 .

95Cf. C. MuscA, Carlo Magno e Harun al Rashid. Bari, Dedalo, 1963.


96
Cf. Poetae Saxonis Annalium de gestis Caroli Magni imperatoris Libri quinque,
in Monumenta Germaniae historica, Poetae Latini aevi Carolini, IV/l, rec. P. DE WIN-
TERFELD. Berolini 1899, Nachdr. München 1978, pp. 1-71, liber W, anno DCCCII.
lndictione IX p. 48. Si veda anche PoETA SASSONE, Le gesta dell'imperatore Carlo
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 67

I.:episodio dimostra con sufficiente evidenza che i contatti tra


l'Europa cristiana e il monda musulmano erano dunque possibili
"senz'ombra di pregiudizio religioso" 97 • Tale pregiudizio è peraltro
presente in gran parte della letteratura latina medievale, più incline
a presentare in chiave negativa la descrizione di terre sconosciute e di
popolazioni ancora pagane.
Nella Vita Karoli il laico Eginardo rappresenta infatti i Sassoni
corne una popolazione violenta, dedita al culto dei demoni, ostile al
cristianesimo e priva di scrupoli nel violare le leggi divine e umane,
utilizzando cosl stereotipi che per lo più richiamano la feritas dei bar-
bari in Tacito:
quia Saxones, sicut omnes fere Germaniam incolentes nationes, et
natura feroces et cultui daemonum dediti nostraeque religioni con-
trarii neque divina neque humana iura vel polluere vel transgredi
inhonestum arbitrabantur98 •

Inoltre, anche sotto l' aspetto geografico, Eginardo appare ferma


alle conoscenze geografiche del monda classico, allorché menziona,
con un' evidente reminiscenza del Codanus sinus di Tacito, le diverse
popolazioni che abitano il golfo di 'lunghezza sconosciutà che dal-
1' oceano occidentale si estende verso oriente:
Sinus quidam ab occidentali oceano orientem versus porrigitur, lon-
gitudinis quidem inconpertae, latitudinis vero quae nusquam centum
milia passuum excedat, cum in multis lods contractior inveniatur.
Hune multae circumsedent nationes: Dani siquidem ac Sueones,
quos Nordmannos vocamus, et septentrionale litus et omnes in
eo insulas terrent. At litus australe Sclavi et Aisti et aliae diversae

Magno, a cura di A. IsoLA. Milano, Jaca Book, 1987. Tale esrensione dell'autorità di
Carlo su Gerusalemme, menzionata anche da Eginardo (Vita Karoli, 16), riguarda in
realtà l'invio a Carlo delle chiavi del Santo Sepolcro da parte del patriarca di Gerusa-
lemme ne! novembre dell'800, c( EGINARDO, Vita di Carlo Magno, a cura di G. BIAN-
CHI, Introduzione di C. LEONARD!. Roma, Salerno Editrice, 1988, p. 61. Si noti che
Aquisgrana, nelle intenzioni di Carlo, avrebbe dovuto essere la nuova Gerusalemme
dell'Occidente e infatti la Marienkirke fatta da lui ediflcare ad Aquisgrana riproduce
la Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
97 F. CARDIN!, «Introduzione:
nemici fraterni», in Lo spazio letterario del medioevo.
3. Le culture circostanti, II, La cultura arabo-islamica, pp. 15-63, 18.
98 Einhardi Vita
Karoli Magni, c. 7, in Monumenta Germaniae historica, Scriptores,
(Hannoverae 1911), 6. ed., hg. von O. HoLDER-EGGER. Hannover, Hahnsche Buch-
handlung, 1965.
68 CARLA DEL ZOTTO

incolunt nationes; inter quos vel praecipui sunt, quibus tune a rege
bellum inferebatur, Welatabi 99 .

Nei confronti di tutte le genti pagane, Danesi, Svedesi, Norman-


ni, Slavi, Esti, popoli eterogenei e Sassoni, Carlo viene quindi descritto
corne colui che fu in grado di domare le nazioni barbare e selvagge
che popolavano la Germania tra il Reno e la Vistola e che abitavano
tra l'Oceano e il Danubio, ampliando cosl il regno paterno ricevuto
in eredità:
Haec sunt bella, quae rex potentissimus per annos XLVII - tot enim
annis regnaverat - in diversis terrarum partibus summa prudentia
arque felicitate gessit. Quibus regnum Francorum, quod post patrem
Pippinum magnum quidem et forte susceperat, ira nobiliter amplia-
vit, ut poene duplum illi adiecerit [... ] deinde omnes barbaras ac
feras nationes, quae inter Rhenum ac Vistulam fluvios oceanumque
ac Danubium positae, lingua quidem poene similes, moribus vero
arque habitu valde dissimiles, Germaniam incolunt, ira perdomuit,
ut eas tributarias efficeret; inter quas fere praecipuae sunt Welatabi,
Sorabi, Abodriti, Boemani - cum his namque bello conflixit--; cete-
ras, quarum mulro maior est numerus, in deditionem suscepit 100 .

I.:ideologia religiosa presente nella storiografia carolingia offre


quindi una connotazione agiografica delle imprese belliche di Carlo
quasi equiparandole ai 'miracoli' dei santi. Tuttavia, se in Eginardo la
guerra contrai Sassoni è comunque definita 'lunga, atroce e penosa' 101 ,
essa diviene negli Annales dell' anonimo Poeta Sassone un'impresa
missionaria per liberare il popolo dai culti pagani, permettendogli di
acquistare l' onestà in questa vita e la salvezza eterna nell' altra. Per-
tanto, il Poeta Sassone, a differenza di Eginardo, dà particolare enfasi
alla riottosità dei Sassoni, che descrive ribelli verso il 'piacevole giogo
di Cristo' in quanto soggetti per troppo tempo alle insidie del demo-
nio102; e la vittoria di Carlo sui nemici pagani, adoratori dell'idolo
lrminsul, avviene pertanto grazie a un intervento dell'Onnipotente:

99
Ibid., c. 12.
100 Ibid., c. 15.
101 «Quo nullum neque prolixius neque atrocius Francorumque populo laborio-
sius susceptum est», Vita Karoli, c. 7.
102 «Saxonum natura ferox et pectora dura I Ferre iugum Christi necdum dignata
suave /Demonico nimium fuerant errore subacta»; cf. Poetae Saxonis Annalium de
gestis Caroli Magni imperatoris liber!, anno DCCLXXII. Indictione VIII!, pp. 7-8.
EST!, SCANDINAVI E SASSONI 69

Gens eadem coluit simulacrum quod vocitabant / lrminsul, cuius


similis factura columne / Non operis parvi fuerat pariterque decoris.
/ Hoc rex evertens mansit tribus ipse diebus I ln castris iuxta positis.
Tum continuato I Aestatis fervore diu caeloque sereno I Arebant agri
nec in ipsis fontibus humor / Ullus erat, mu!to squalebant pulvere
rivi; / Iamque fatigabat graviter regalia castra / Aucta calore sitis: sed
vis dedit omnipotentis , / Cui placuit fani subversio iusta profani, / Ut
mediante die subito per concava sied / Cuiusdam torrentis, erat qui
proximus illis,/ Sufficiens exercitui prorumperet unda 103 •

Se per Eginardo Carlo aveva esteso i confini del regno dei Fran-
chi quasi raddoppiand olo, per il Poeta Sassone egli sottomise in breve
tempo un gran numero di popoli, sconosciuti agli stessi Romani, e
fece risplendere chiese e sorgere monasteri là dove gli antichi avevano
adorato templi pagani. Carlo è quindi celebrato corne fonte di una
perpetua letizia per la 'torma gioiosa' dei Sassoni, divenuti ora cristiani,
poiché egli ha assicurato loro la vita eterna:
Is gentem nostram fldei cognoscere lucem / Fecerat abiectis perfldiae
tenebris, / Quam bellando diu, quam multa pericula passus, / Quam
sudore gravi, quam studio vigili ! I Poene recordantur populi hoc
hactenus omnes / Europae, tanti participes operis. / Nempe sui vires
regni collegerat omnes, / Ut nos demonicis cultibus abstraheret. /
Denique barbariem quisnam mollire ferocem / Posset adhortantis
dogmatis alloquio? I Ob hoc per Carolum clemens deus est operatus
I Id, quod tune aliter non potuit fleri. / Usus enim gemina Saxonum
saxea corda I Arte suadebat subdere se domino, I Nunc terrens bello,
nunc donis alliciendo,/ Illic magnanimus, hic quoque muniflcus. /
Nec prius abstiterat, Saxonia quam simul omnis / Idola proiciens
facta fldelis erat. I Quas igitur grates illi modo possumus omnes /Ve!
quas quisque suo solvere pro modulo? [... ] Nostri non solum fldei
documenta parentes,/ Sed penitus cunctos nescierant apices; / Per
Carolum nuper nobis est huius honestas I Ac pariter vitae spes data
perpetuae 104 .

Lanonimo Poeta Sassone conclude cosl l'elogio funebre di Carlo


con la visione delle nazioni convertite che nel Giorno del Giudizio
compariran no davanti a Cristo accompagna te dagli apostoli: Pietro si
troverà allora alla guida della 'schiera giudaica', Paolo insieme a quasi

l03 Poetae Saxonis Annalium de gestis Caroli Magni imperatoris liber l anno
DCCLXXII. Indictione VIII!, pp. 8-9.
104 Poetae Saxonis
Annalium de gestis Caroli Magni imperatoris liber V, anno
DCCCXIIIJ. Jndictione VI, p. 56.
70 CARLA DEL ZOTTO

tutti i popoli della terra, Andrea con i Greci, Giovanni con le genti
dell'Asia, Matteo con gli Etiopi, Tommaso con gli Indi. E in quello
stesso giorno anche Carlo sarà presente vicino agli apostoli, seguito
dalla gaudens Saxonum turma, illi perpetuae gloria laeticiae 105 •
Alla dimensione provvidenziale della storia trasmessa da Orosio
si unisce quindi nella storiografla carolingia anche una marcata com-
ponente agiograflca 106 insieme all' esaltazione del val ore missionario
della guerra nell' opera di evangelizzazione. Pertanto, negli auto ri latini
medievali risulta particolarmente accentuato il carattere barbaro e
selvaggio delle popolazioni pagane. Tali genti sono infatti considerate
quasi razze non umane in base a un'ideale coincidenza di cristianesimo
e civiltà propria dell'ideologia religiosa, sullo sfondo di una conoscenza
geo-etnograflca ancora approssimativa e imprecisa, ferma per lo più ai
dati della tradizione antica.

Università di Roma ''La Sapienza"

105
Ibid., p. 71.
106Sull'elemento agiografi.co nella storiografi.a medievale latina e volgare c( C.
DEL ZoTTO, <.Nom rex iustus zum Martyrer. Das Heldenparadigma der christlichen
Konige zwischen Hagiographie und Geschichte in den mittelalterlichen Quellen über
die Bekehrung Skandinaviens», in: Scandinavia and Christian Europe in The Middle
Ages, Papers of The 12th International Saga Conference, Bonn / Germany, 23th july-
2nd August 2003, ed. by R. SrMEK, ]. MEURER. Bonn, Universirat Bonn, 2003, pp.
115-128. Si veda anche S. BAGGE, Kings, Politics, and the Right Order of the World in
German Historiography c. 95 0-1150. Leiden, Boston, Brill, 2002.
CARMELA GIORDANO

IL VIAGGIO DI UN TESTO NEL TEMPO:


COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS»
TEDESCO, DAI MANOSCRITTI ALLE STAMPE

Il presente saggio vuole fornire una breve descrizione dell' evolu-


zione di un testo - o di parte di esso - nel tempo. Facendo riferimento
al tema del convegno che ha ospitato l'intervento dal quale esso è stato
tratto, se ne descriveranno le sezioni geografiche e cosmografiche. Non
verrà tralasciato tuttavia 1' elemento 'odeporico', da me volutamente
sottolineato nel titolo, per indicare - se si vuole, metaforicamente - lo
sviluppo di un testo del medioevo tedesco originariamente religioso
a testo scientifico e poi di intrattenimento. In breve, anticipando i
punti che toccheremo in questo discorso, si osserverà un' evoluzione
da "summa theologica" a "Hausbuch", libro miscellaneo di uso dome-
stico, e di nuovo da "Hausbuch" a "Volksbuch". Un volo o, appunto,
un viaggio da un genere all' altro.
Punto di partenza pet questo viaggio fu l'Elucidarium latino.
Come è ormai noto, il testo è attribuito a Onorio d'Autun o Augu-
stodunensis o di Ratisbona, a seconda che lo si definisca secondo la
sua città d'origine presunta o secondo la città dove sembrerebbe essersi
concentra ta la sua attività religiosa e letteraria 1 • Per quel che riguarda

1
Per tutto quel che riguarda la biografla di questa figura avvolta ancora ne! buio,
risulta utile l'approfondimento e l'indagine di D. GoTTSCHALL, Das Elucidarium des
Honorius Augustodunensis. Untersuchungen zu seiner Überlieferungs- und Rezeptionsge-
schichte im deutschsprachigen Raum mit Ausgabe der niederdeutschen Übersetzung (Texte
und Textgeschichte, 32). Tübingen, Niemeyer, 1992, pp. 8-12 (cf anche mia recen-
sione in Annali dell1stituto Universitario Orienta/,e di Napoli, Sedone germanica, n.s.,
4 (1994), pp. 309-316). Il testo di Onorio fu pubblicato perla prima volta ne! 1625
da G. GERBERON, ma l'editore Io annovero fra le opere di Anselmo di Canterbury
(Sancti Anselmi Cantuariensis ... Opera, Paris 1625, pp. 457-487). Nell' edizione di J.
A. GrLES, !' Elucidarium fu attribuito a Lanfranco (cf J. A. GrLEs, Beati Lanfranci ...
72 CARMELA GIORDANO

la datazione dell'opera, pur nell'incertezza dei dati in nostro possesso,


sembra ormai accettata l'ipotesi di una datazione fra il 1100 e il 1125 2 •
I!,Elucidarium si presenta in forma di dialogo fra maestro e discepolo,
assume più spesso il carattere di un testo catechetico, con le domande
retoriche che servono solo ad introdurre il nuovo argomento o ad
approfondire quello appena esposto. Lapera, che appartiene, seconda
moiti studiosi, ai testi fondamentali dell' educazione teologica medie-
vale, si presenta in forma tripartita3 . Il primo libro, De divinis rebus,
esamina il problema della nascita del mondo e di Dio e spazia flno
alla descrizione di terre, popoli e animali lontani. Il seconda De rebus
ecclesiasticis, descrive simboli e rituali dell' anno liturgico, il terzo, il De
futura vita, parla della vita nell' aldilà e del giudizio universale. Il testo
ebbe per tutto il medioevo un enorme successo, almeno flno al XVI
secolo 4 • Sicuramente cio fu dovuto in gran parte alla sempliflcazione
del sapere teologico in esso contenuto e alla sua forma di manuale
catechetico per il clero inferiore. In breve, alla volgarizzazione e divul-
gazione di contenuti religiosi altrimenti complicati da recepire. Non
sembra, infatti, essere mai approdato in una discussione dotta o nelle
aule universitarie. Al di là della sua valutazione di opera più o meno
religiosa e più o meno banale o banalizzante, e anche giudicandone
in modo negativo il suo contenuto füosoflco-teologico - corne pure

Opera. Oxford 1844, Bd. Il, 200-298). Su queste due edizioni si basa quella di J.-P.
MIGNE nel Patrologiae Cursus Completus. Series Latina, Tomus 172. Paris 1895, coll.
1109-1176. La prima edizione critica del!' Elucidarium fu pubblicata da Y LEFÈVRE,
L'Elucidarium et les Lucidaires. Contribution, par l'histoire d'un texte, à l'histoire des
croyances religieuses en France au Moyen Age. Paris, de Boccard, 1954. Cf. anche
L. STURLESE, Storia della filosofia tedesca ne! Medioevo. Dagli inizi alla fine del XII
secolo. Firenze, Olschki, 1990, p. 94 e H. MENHARDT, «Der NachlaE des Honorius
Augustodunensis», in Zeitschrift for deutsches Altertum und deutsche Literatur, 69
(1958/59), pp. 23-69.
2
Il 1125 è da considerare un terminus post quem visto che l'Elucidarium risu!ta
essere stato tradotto in anglosassone già intorno a quella data, cf. M. Fë>RSTER, «Two
Notes on Old English Dialogue Literature», in An English Miscellany presented to Dr.
Furnivall. Oxford, Kegan Paul, 1901, pp. 86-101, e R. D.-N. WARNER, Ear!y English
Homilies from the twe/jih Century Ms. Vésp. D. XIV. London, Trench, Trübner, 1917,
pp. 140-145. Vedi anche il mio articolo, «Appunti per un' omelia in volgare. f,Eluci-
darium anglosassone», in Annali dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli, Sezione
germanica, n.s., 7 (1997), pp. 7-31.
3 Cf. D. GoTTSCHALL, Das Elucidarium des Honorius Augustodunensis, p. 1.
4
Se ne contano circa 330 testimonianze manoscritte, in particolare nella Germa-
nia sudorientale, cf. D. GoTTSCHALL, ibid., pp. 297-306.
COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS» 73

è stato fatto 5 - resta da lodare la sistematizzazione di questo sapere e


il rigore dell' esposizione che fa parlare, giustamente, dell' Elucidarium
corne di «eine enzyklopadische Summa (theologica)»6.
Quest' opera proliferà, corne si è detto, in modo quasi insolito per
il basso medioevo latino, ma si diffuse e visse a lungo anche in innu-
merevoli versioni in volgare. Particolarmente ricca di testimonianze è
l' area germanica7 •
Una piccola speciflcazione - anche se apparentemente ovvia
- sarebbe opportuna sulle forme possibili di ricezione di un' opera in
una lingua diversa da quella di partenza, limitandoci ovviamente alle
principali: traduzione, rielaborazione e adattamento. Nel caso del-
1' Elucidarium latino nelle versioni in volgare, queste forme sono tutte
estremamente agevolate dalla forma dialogica. All'interno di ognuna
è poi possibile individuare tracce dell' altra e, corne si puà ben cap ire,
in questo caso il punto di partenza non puà che essere la traduzione.
Questa si realizza a vari livelli, ma anche nella forma più semplice che
ci sia pervenuta si possono scorgere delle flnalità e delle modalità ben
più speciflche di una semplice trasposizione di un testo da una lingua
in un' altra.
È, infatti, in questo contcsto, perfettamente inopportuno ed inu-
tile parlare di traduzione "fedele" o letterale, perché anche nelle versio-
ni apparentemente più fedeli, si è constatata la tendenza alla selezione
delle unità dialogiche, corne accade nella versione in anglosassone 8 •
Qui mi preme speciflcare quello che intendo, per grosse linee,
per traduzione: un' opera di un autore che si propane di esprimere
nella propria lingua le idee o le teorie e le immagini trovate in un

5 Si veda I' ampia discussione in L. STURLESE, Die deutsche Philosophie im Mit-


telalter. Von Bonifatius bis zu Albert dem Gro.fSen (748-1280). München, Beck, 1993,
pp. 119-142, qui p. 122.
6 M. L. ARDmNr, «Rerum mutabilitas. Welt, Zeit, Menschenbild
und Corpus
Ecclesiae - Christianitas bei Honorius von Regensburg (Augustodunensis). Zum
Verstandnis eines politischen Rationalismus im 12. Jh.», in Recherches de théologie
ancienne et médievale, 52 (1985), pp. 78-108, qui p. 80.
7 Per una panoramica sulle forme di ricezione individuabili su tutto
il territorio
germanico medievale si legga C. GroRDANO, «Die Elucidarium-Rezeption in den
germanischen Literaturen des Mittelalters. Ein Überblick», in Mittellateinisches jahr-
buch, 38 (2003), pp. 171-187.
8
Cf. nota 2.
74 CARMELA GIORDANO

libro in lingua straniera, senza apportare modifiche 'sostanziali' (ridu-


zioni, spostamenti, aggiunte o tagli di una certa rilevanza). In questo
senso, nessuna delle testimonianze che vedremo, avrebbe diritto a
questo nome. Con rielaborazione, invece, intendo quella versione che,
partendo da un modello, traduce e commenta o riduce tagliando e
sostituendo, quindi, modificando sostanzialmente e intenzionalmente la
fonte e, nel farlo, utilizza anche altre fonti: è traduzione, adattamento,
citazione e commento insieme.
Una delle prime versioni in un volgare europeo è quella in anglo-
sassone, conservata nel Cod. Vespasianus D XIV, British Library
-1125? Sono state selezionate 10 unità dialogiche da! 1 libro (sulla
resurrezione di Cristo, sull' ascensione di Maria, ecc.), 14 da! secon-
do (sulla natura del peccato, concerto di libero arbitrio, origine del
male, destino del prete indegno, ecc.). In questa traduzione si assiste
alla dissoluzione della forma dialogica e i due passi sono stati scelti,
con ogni probabilità, per crearne delle prediche. Anche aitre opere
di Onorio sono state utilizzate per Io stesso scopo, per esempio Io
Speculum Ecclesiae. Uno dei passi tratti dal testo latino, quello sulla
resurrezione, è stato utilizzato per comporre una predica in francese
antico. Sembrerebbe dunque che la traduzione in anglosassone non
sia costituita da frammenti, corne si è spesso affermato, ma da testi
completi per prediche, che nel Codex Vespasianus si presentano
ancora sotto forma di appunti, forse da perfezionare in un momento
successivo, quello dell'esecuzione orale. Si tratterebbe quindi di pre-
diche in fieri9.
Esiste anche una versione in inglese medio per la quale ho preferito
parlare di adattamento 10 . Si tratta di una versione della metà del
XV secolo che si muove tra traduzione e rielaborazione, nella quale
si riconosce l'intenzione non di creare un nuovo testo stravolgendo
!' originario impianto, quanto piuttosto Io scopo di adattare un testo
preesistente ad un nuovo contesto, di utilizzare il materiale fornito
dal modello latino, anzi, facendosene scudo, per esporre teorie nuove
in modo celato. È il caso del Lucidarie inglese medio, tramandato da
due manoscritti di Cambridge, il ms. G. 25 del St. John College e il
ms. li. 6.26 della University Library. Dopo aver selezionato e tradotto
le unità che Io interessavano, l'aurore di questa versione germanica è
passato all'adattamento e all'aggiunta. È in questo modo che si rivela

9Cf. C. GIORDANO, «Appunti per un'omelia».


10Si veda C. GIORDANO, «Tradurre e adattare. Il Lucidarie inglese medio fra Ono-
rio d'Aurun e Wyclif», in Medioevo e Rinascimento, 12, n.s. 9 (1998), pp. 1-48.
COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS» 75

la sua appartenenza al movimento dei Lollardi, i seguaci del pensiero


di WycliP '.
Il primo libro appare notevolmente ridotto rispetto al modello latino.
Il terzo libro è completamente tralasciato. Alle ultime unità dialogiche
del primo libro sostituisce ben 12 unità dialogiche "nuove" (contro
le malefatte della Chiesa del suo tempo, contro gli errori delle guide
spirituali che possono indurre in errore i fedeli, contro i cosiddetti
preti indegni, dimentichi del loro dovere cristiano e dell'esempio di
Cristo vissuto nella povertà, ecc.). Il secondo libro è conservato, ma
anche Il modificato, in sole quattro unità iniziali, aile quali vengono
poi aggiunte aitre due completamente nuove.
Meno varie risultano le forme di ricezione del testo latino in area
scandinava la quale conta, tuttavia, una delle traduzioni più antiche
in ambito europeo: il più antico testimone, AM 674 è, infatti, degli
inizi del XIII secolo, la traduzione è degli ultimi anni del XII1 2 • Varia
ampiezza hanno i restimoni, da 33 ff a frammenti di pochi righi. Il
testo latino è conservato pressocché integralmente in tutti e tre i libri.
Un testimone dell'Elucidarium norreno, !'AM 675, che contiene
anche la cosiddetta Hauksb6k, conserva il secondo libro, generalmen-
te tralasciato nelle versioni in volgare.
Varie sono le tracce dell'Elucidarium latino nella letteratura scandina-
va non solo religiosa, corne nella Bibliu saga, ma di impianto affatto
teologico (Hungravaka, Eriks saga vilJ.forla con le visioni e i viaggi
nell' aldilà).
In area scandinava, inoltre, si situano aitre restimonianze più o meno
dirette dell' Elucidarium latino.
Nella letteratura svedese vi è una duplice testimonianza di una tra-
duzione, frammentaria, (Cod. Holm, Bibl. Reale Stoccolma) della
metà del XVI. Anche nella letteratura danese c' è un Lucidarius,
scritto fra il XIII e il XIV secolo, ma non è una versione dell'Elu-
cidarium latino, quanto una libera rielaborazione di un testo a sua
volta nato corne rielaborazione del testo latino, il Lucidarius tedesco
(v. infra). Ne esistono due versioni: una più antica e una più recen-
te; quest'ultima, ridotta e rielaborata in chiave protestante, ebbe
un notevole successo e continuo ad essere stampata 6no aile soglie
del secolo scorso. Anche nella letteratura islandese è presente una
versione 'indiretta' dell'Elucidarium latino, ovvero una traduzione

11 Cf. nota 10. Esiste un'unica edizione del testo inglese medio degli inizi del

secolo scorso, cfr. E. SCHMITT, Die mittelenglische Version des Elucidariums des Hono-
rius Augustodunensis. Burghausen 1909.
12 C[ C. GIORDANO, «La tradizione manoscritta dell'Elucidarius norreno», in

Medioevo e Rinascimento, 10, n.s. 7 (1996), pp. 115-160.


76 CARMELA GIORDANO

del Lucidarius tedesco, tradotto in islandese ne! XVII secolo, ma se


ne conserva solo il primo libro che viene rielaborato, nelle sezioni
geografiche, con aitre fonti.

È in area tedesca tuttavia che l' Elucidarium latino trova la mas-


sima espressione dal punto di vista della quantità e della varietà delle
forme di ricezione. Seconda Kurt Ruh le forme per l'«Eindeutschung»
(o tedeschizzazione) di scritti latini sono essenzialmente «Ûbersetzung,
Kommentierung und freie Nachschopfung, ... Kompilation ... para-
phrasierende Bearbeitung» 13.
Tutte queste forme sono rappresentate nella ricezione dell'Efuci-
darium latino in area tedesca:
- due traduzioni "complete", una in area altotedesca, l'altra in
area settentrionale altre frammentarie 14 ;
- prediche che traggono ispirazione dall'Elucidarium (corne acca-
de, per esempio, nella predica Von dem jungsten tage) 15 ;
- excerpta o citazioni dall' Efucidarium in varie opere di tipo di-
dattico o opere di contenuto religioso (Summa theologiae in tedesco
medio, la Mittelfriinkische Reimbibef, Das Anegenge, ecc.) 16 ;
- tutta una serie di richiami alla tematica del terzo libro, alla
descrizione della vita nell'aldilà, delle pene infernali, della figura del-
l'Anticristo ecc., oltre che nella predica suddetta, in poemetti didat-
tico-moraleggianti o nelle cosiddette visioni: il Giudizio universale di
Frau Ava, Von des Todes gehugde di Heinrich von Melk, la Visio Lazari,
Visio Pauli, Visio Tnugdali 17 •

13 K. RuH, Bonaventura deutsch. Ein Beitrag zur deutschen Franziskaner-Mystik


und -Scholastik. Bern, Francke, 1956, p. 73.
14
Cf. M. ÜSWALDT-BRANDT, Die oberdeutsche Elucidarium-Rezeption im 15.
jahrhundert. Untersuchungen und Texte. Diss. Eichstatt 1987. Per la rraduzione in
basso redesco, si veda il già citato lavoro di D. GoTTSCHALL, Das Elucidarium des
Honorius Augustodunensis. Cfr. anche C. GIORDANO, «Die Elucidarium-Rezeption»,
p. 186.
15 V. MERTEN s,
«Von dem jungsten tage. Eine Predigt aus dem U mkreis des Pre-
digtbuches des Priesters Konrad», in Würzburger Prosastudien I, hg. von P. KEsTING
(MediumA:vum, 13). München, Fink, 1968, pp. 102-122.
16 Cf. D.
GoTTSCHALL, Das Elucidarium des Honorius Augustodunensis, che
dedica il III capitolo all'analisi di quesro genere di testi influenzati in vario modo da!
libro di Onorio.
17
Ibid.
COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDAR!US» 77

La testimonianza di gran lunga più importante è tuttavia la


rielaborazione nota corne il Lucidarius tedesco, sicuramente uno dei
più rilevanti esempi del processo di ricezione di un' opera latina in un
volgare europeo 18 • Si tratta di una libera rielaborazione che mantiene
del modello originario la struttura tripartita, il titolo, i terni e la forma
dialogica. Come accade frequentemente nelle rielaborazioni, sono
mescolati l' uno all' altro molti generi letterari. Il Lucidarius tedesco è
contemporaneamen te parafrasi, compilazione, commento e traduzio-
ne, in breve, per dirla con le parole di Kurt Ruh, «eine paraphrasieren-
de Bearbeitung» 19 •
Il Lucidarius tedesco si ispira al modello latino, che è solo una
delle fonti utilizzate, certamente la principale, ma questa rielabora-
zione è fatta anche con l'ausilio di altre fonti. Nel primo libro utilizza
anche una cosmologia tratta dall' Imago Mundi dello stesso Onorio, cui
affianca la Gemma Animae o vari capitoli della Philosophia mundi di
Guglielmo di Conches: il secondo libro desume quasi tutte le informa-
zioni dal De divinis officiis di Rupert von Deutz (sostituendo comple-
tamente il secondo libro dell' Elucidarium, mal' argomento trattato è lo
stesso); solo nell'ultimo libro si ha una conservazione fedele del testo
di Onorio 20 • Ma l'orientamento, gli intenti e sicuramente il pubblico
sono cambiati: basterebbe leggere la suddivisione programmatica del
testo formulata alla fine del secondo libro da una risposta del maestro
(«wie di welt geteilet ist»; «wie er die welt hat erlideget vnde wie er die
cristenheit hat geordinet»; «welch reht vnde welche e er der cristenhei-
te gesezzet hat, vnde wie sie gerihtet sol werden»), nonostante continui
ad attribuire un libro ad ogni persona della Trinità secondo un preciso
piano della salvezza21 •

18
Der deutsche Lucidarius. Band 1: Kritischer Text nach den Handschriften, hg.
von D. GoTTSCHALL, G. STEER (Texte und Textgeschichte, 35). Tübingen, Niemeyer,
1994. Cf. anche mia recensione in Studi Medievali, s. 3, 38 (1997), pp. 278-291. Le
citazioni da! Lucidarius verranno fatte seguendo la numerazione data alle unità dia-
logiche (domanda e risposta) in questa edizione, indicando con il numc:ro romano il
libro e con quello arabo l'unità dialogica interessata.
19
Cfr. K. RuH, Bonaventura deutsch.
20
Sulle fonti urilizzate nel Lucidarius redesco si veda in particolare il recente
lavoro di M. HAMM, Der deutsche Lucidarius. Band 3: Kommentar (Texte und Text-
geschichte, 37). Tübingen, Niemeyer, 2002.
21 Lucidarius,
II, 101: «Der meister sprach: Diz buch ist in drû geteilt. Jn dem
ersten buche seite ich dir, wie di welr geteilet ist. Die rede hart an den uarer. An
dem anderen buche habe ich dir geseit, wie er die welr hat erlideget vnde wie er die
78 CARMELA GIORDANO

In questo dialogo didattico, dunque, nel primo libro si spiega


corne l' universo è stato creato e suddiviso da Dio, con tutte le parti
della terra e gli esseri animati, flno ad arrivare all'uomo che, da un lato,
partecipa corne un microcosmo di tutte le parti dell' universo e, dall' al-
tro, in virtù della sua ragione e della sua anima immortale, è collegato
con il monda superiore di Dio. Il secondo libro tratta del modo in cui
l'uomo deve seguire i comandamenti di Dio seconda le regole della
chiesa cristiana e deve servire Dio per ottenere la beatitudine eterna. Il
terza libro parla di quello che aspetta l'anima dopa la morte.
Il testa tedesco ha avuto un grandissimo successo. È testimoniato
da una novantina circa di manoscritti e venne a sua volta rielaborato o
tradotto in altre lingue germaniche e non 22 •
Va detto che la tendenza alla rielaborazione continua del conte-
nuto e anche della struttura del Lucidarius fu sicuramente agevolata,
corne accadde già per il modello latino, dalla struttura dialogica. Tut-
tavia, nel casa del Lucidarius tedesco, la causa principale della continua
rielaborazione del testa attraverso tutta la sua tradizione sembrerebbe
risiedere in particolare nella cosiddetta «offene Textform» che si indivi-
dua già all'inizio della storia della sua trasmissione: in vetta allo stemma
codicum, infatti, si distinguono due versioni, una più breve (X) e una
più lunga (Y) con l'aggiunta di intere sezioni all'impianto originario,
uscite con agni probabilità dalla mana della stesso autore, senza che si
passa risalire ad un unico archetipo 23 •
In un momento successivo della tradizione (a partire da y4), inol-
tre, si rintraccia anche una versione ridotta con due libri. In qualche

cristenheit hat geordinet. Die rede gat an den sun. An dem triten teile sol ich dir
sagin, welch reht vnde welch e er der cristenheite gesezzet hat, vnde wie sie gerihtet
sol werden mit der krefte dez heiligen geistes. Die rede gat an den heiligen geist, da
uon suln wir dez dritten œiles beginnen».
22
Una esaustiva descrizione delle principali caratteristiche e della storia di questo
testo si puà leggere nell'articolo di G. STEER, «Lucidarius», in Die deutsche Literatur
des MitteMlters. Verfasserlexikon, 2., vollig neu bearb. Aufl., hg. von K. RuH et al. V.
Berlin-New York, de Gruyter, 1985, coll. 939-947. Cf. inoltre C. GIORDANO, «Die
Elucidarium-Rezeption», pp. 186-187.
23 Cf Der deutsche Lucidarius,
p. 27*. Del Lucidarius non esiste, dunque, un
originale che ci testimoni quale fosse l' estensione del testo al momento della sua
composizione, ma, secondo quando emerge da un confronto fra i manoscritti a noi
pervenuti, esistono due versioni di diversa lunghezza, alla più breve essendo state
aggiunte successivamente - e quasi certamente dallo stesso aurore - intere sezioni:
COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS» 79

caso, poi, compare anche in questo ramo il terzo libro ma si tratta


di una traduzione del terzo libro dell'Elucidarium, indipendente dal
resto della tradizione del Lucidarius tedesco, e il secondo è fortemente
ridotto.
Da queste due redazioni principali derivano tutte le altre versio-
ni del testo tedesco, di diversa estensione e di varia concezione che
costellano la trasmissione del testa dai primi decenni del XII fino alla
fine del X:V secolo e l'hanno resa, almeno fino a qualche decennio fa,
imperscrutabile 24 •
La vasta risonanza del Lucidarius tedesco è testimoniata anche
dalla sua tradizione indiretta, dalle citazioni e dagli excerpta presenti
nelle numerose opere del bassomedioevo tedesco, non solo in quelli
che manifestano un ampio interesse alle tematiche scientifiche (corne
Io Iatromathematisches Hausbuch, per esempio, v. infra) ma anche in
testi religiosi, corne prediche ed evangeliari 25 •
La diffusione del Lucidarius continuà anche nel periodo moderno
e conta ca. 90 stampe dal 1479 al 1806, nelle quali il testo medievale
fu intitolato in diversi modi e spesso venne unito ad altri testi, corne
avremo modo di dire più avanti.
Qui di seguito si descriveranno le sezioni cosmografiche e geogra-
fiche del Lucidarius. Per sintetizzare questo aspetto del testa tedesco

«Hatte ein anderer ais der Autor selbst diese Passagen inseriert, hatte er zum einen um
die hauptsachlichen Quellen des Lucidarius, die dieser im Text nicht nennt, wissen
müssen, und sie hatten ihm auch in der gleiche Auswahl wie dem Autor zur Verfü-
gung gestanden haben müssen».
24
La nuova edizione del Lucidarius tedesco (v. nota 18) offre ora al lettore e allo
studioso finalmente un testo ricostruito sulla base di fondamenti critici e pone anche
importanti basi per ulteriori indagini sui testo tedesco, cosa che con l'unica edizione
finora disponibile di F. HEIDLAUF (Lucidarius. Aus der Berliner Handschrift [Deutsche
Texte des Mittelalters, 28)]. Berlin 1915, Nachdruck Dublin-Zürich. Weidmann,
1970), basata solo su quattro manoscritti principali, non era stato possibile.
25 Per esempio, la tamo discussa
questione degli Antipodi ritorna in una predica
di Berthold von Regensburg nella stessa formulazione che ne dà il Lucidarius (Luc. I,
75) (cf. BERTHOLD voN REcENSBURG, Predigten, XXV, in Vollstandige Ausgabe seiner
Predigten mit Anmerkungen und einem Wiirterbuch, hg. von F. PFEIFFER, Bd. 1-2, 2.
Aufl., Berlin, de Gruyter, 1965, qui Bd. 1, p. 393). Anche un evangeliario di Brema
del XIV-XV secolo cita da! Lucidarius II, 10 und II, 31 alcuni passi sull'Apocalisse di
Giovanni e sulla simonia (cf W. LüoTKE, Evangelientexte, besonders aus Harmonien,
Hamburg, Wittig, 1965).
80 CARMELA GIORDANO

userà una citazione di Marlies Hamm, della quale è uscito di recente


un commenta alle fonti utilizzate nel Lucidarius:
Das Elucidarium als theologische Summe wird im Lucidarius mit
dem Typus der kosmographischen Enzyklopadie verbunden. Damit
vollzieht si ch ... eine Synthese von theologischer Summe und Rea-
liensumme26.

Come abbiamo detto, tutto, almeno alle origini, soggiace ad


un fine teologico ed è frnalizzato ad una descrizione panoramica del
monda terreno corne creazione divina e cià è chiaramente visibile già
nella prima do manda, ripresa direttament e dall' inizio dell' Elucidarium:
«Waz suln wir von gote geluben?»» alla quale il Maestro del dialogo
risponde con la teoria della Trinità: «Wir sun gèlouben, daz ein got
drie genemide sint vnde daz die drie genemede ein war gotheit ist».
Dopo la stringata risposta sulla Trinità, il primo libro, dedicato
alla «gewalt» (potestas) di Dio padre, corne si è detto, passa a dare spie-
gazioni sulla dottrina divina utilizzando il paragone con il sole e il suo
movimento frno ad arrivare a spiegare la creazione, l' ordine del cosmo
e del monda terreno:
Lucidarius, I, 2: Der iunger sprach: Wie mac sich ein gotheit in dru
geteilen?
Do sprach der meister: Jn dem sunnen ist die schoni vnde der schin
vnde die hizze, unde ist doch nut wan ein sunne. Vnde wa dirre drier
dinge eines ist, da sint sie aile mit sament. Also sint die drie genemede
ein war gotheit. Vnde swa der uatter ist, da ist der sun vnde der helige
geist, vnde swa der sun ist, da ist der vater vnde der helige geist, vnde
swa der helige geist ist, da ist der va ter unde der sun ...
Lucidarius, I, 5: Der iunger sprach: Nu du mir geseit hast uon deme
schôpher, nu soit du mir sagen uon der gescôphede dez himels vnde
der erde vnde uon den dingen, die got dar inne geschaphen hat.

Dopo un esuazione da parte del maestro a parlare del Creato-


re poiché i laid possono facilmente cadere in equivoco («Uon gote
geturre wir nith ze uerre gereden, wan die leigen kemint lithe in einen
grozen zuiueb), segue la descrizione del cielo, del paradiso e dell'infer-
no. Il discorso sulla creazione viene tuttavia affrontato non sulla base
della Genesi ma sulla base di categorie scientifrche naturali. Da questo

26 M. HAMM, Der deutsche Lucidarius. Kommentar, p. 6*.


COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS» 81

argomento, poi, l'au tore sviluppa la sua presentazione dell' ordine del
mondo.
Il discorso parte dalla domanda del discepolo su cosa ci fosse
nell'universo prima che fosse creato il mondo. Il maestro risponde
che c'erano le tenebre («visterin»), il caos, e in questo erano raccolti i
quattro elementi. Viene dunque presentata la teoria dei quattro tem-
peramenti che l'aurore sviluppa secondo le due coppie di elementi
(«daz for vnde daz wasser vnde der lufth vnde die erde»), corne nella
letteratura in altotedesco media era in uso già da Notker 27 •
Lucidarius, I, 8: Der iunger sprach: Wie stünt ez, e die welt wurdc?
Do sprach der meister: Do waz nuwen ein visterin, die hiez kaoz.
Wan do waren die uier elemente sament.
I, 9: Der iunger sprach: Wele warent die uier elementa?
Do sprach der meister: Daz waz daz for vnde daz wasser vnde der
lufth vnde die erde.

Lucidarius, I, 44: Da sprach der iunger: Wir sulen diese rede !an bli-
ben eine wile vnde soit du mir sagen von der ordenunge dirre welte.
Der meister sprach: Dise welt ist sinewel unde ist vnbeslozen mit
dem wendelmer. Da inne suebet die erde aise der duter in dem wisem
des eiges.

Questo argomento suscita, poi, nel giovane la curiosità sulla divi-


sione e sull' ordine del mondo:
Lucidarius, I, 47: Do sprach der iunger: Nu sage mir, wie disu welt
sie geteilet!
Der meister sprach: Die welt ist geteilet in fünfe. Ein straze gat
enmiten durch die welt. Die ist so uerbrennet uon der sunnen, daz da
deheinez menschen wesen mac sin. Die uzeren zua strazen sint nith
erbuwen. Wen ez ist umbe die lant also getan, daz die sunne niemer
volle da geschinet. Die zwo strazen enmitten sint erbuwen. Also soit
du daz merken, daz dirre welte nith erbuwen ist wen daz dritte teil.
Lucidarius, I, 48: Do sprach der iunger: Wie ist daz drite teil geteilet,
daz wir da buwen?

27
Cf. ibid., pp. 72-73.
82 CARMELA GIORDANO

Der meister sprach: Du welt ist in dru geteilet. Daz eine heizet asia,
daz ander heizet europa, daz drite heizet affrica.

Secondo alcuni, il Lucidarius tedesco offre la più antica descri-


zione del monda completa a noi pervenuta28 • Contemporaneame nte,
corne ho avuto modo di dire anche in altra sede, essa rappresenta la
più antica testimonianza di una carta zonale del monda in un mano-
scritto tedesco 29 • Modello di questa mappa mundi deve essere stato
sicuramente la Philosophia mundi di Guglielmo di Conches ma anche
l' Imago Mundi di Onorio. Essa è contenuta in uno dei manoscritti che
tramandano il Lucidarius tedesco, il cosiddetto Hausbuch di Michael
de Leone, nel quale essa rivela di essere stata completata autonoma-
mente seconda altre indicazioni non dipendenti dal modello 30 • Sul
libro di Michael de Leone che contiene, fra le altre cose, oltre al testa
tedesco anche l'Elucidarium latino, torneremo in seguito.

Da queste informazioni preliminari sulla divisione della terra si


sviluppa un discorso sui fiumi e le terre abitate che si situa al confine
fra geografla e cosmografla/ cosmogonia, trattando anche di fiumi che
sfociano nel Paradiso e dato che alla fine di questo discorso, prima di

28 O.
DoBERENTZ, «Die Erd- und Viilkerkunde in der Weltchronik des Rudolf
von Hohen-Ems», in Zeitschrift far deutsche Philologie, 12 (1881), pp. 257-301 e pp.
387-454, qui p. 400.
29
La carta zonale o climarica è quella che divide il mondo perpendicolarmente
in cinque fasce: le due estreme, zona fagida septentrionalis e zona frigida australis, non
sono abitate, cosl corne la fascia centrale, cioè dell'equatore, detta zona torrida e le
due zone temperate, zona temperata nostra e zone temperata antipodum. Cf. C. GroR-
DANO, «Ruolo e funzione delle immagini nei testi scienrifici del medioevo tedesco.
Considerazioni su due Hausbüchen>, in Testo e immagine nef medioevo germanico. Atti
del XXVI Convegno dell' Associazione Italiana di Filologia Germanica (Venezia, 26-
28 maggio 1999), a cura di M. G. SAIBENE, M. BuzzoNI. Milano, Cisalpino, 2001,
pp. 255-280.
30 La carta è presente in soli quattro manoscritti che tramandano il testo tedesco
e nella maggior parte di essi non è presente che in modo assai incomplero, ovvero in
qualche linea o in spazi lasciati appositamente perché venisse inserito un grafico, che
pero manca, cf. C. GIORDANO, «Ruolo e funzione», pp. 260-262. Sul libro di Michael
de Leone cf. Das Hausbuch des Michael de Leone (Würzburger Liederhandschrift E) der
Universitiitsbibliothek München (2° Cod. Ms. 731), hg. von H. BRUNNER (Litterae,
100). Géippingen, Kümmerle, 1983. Si vedano anche P. KEYSER, Michael de Leone
und seine literarische Sammlung. Diss. Marburg 1964 e G. KORNRUMPF, «Michael de
Leone», in Die deutsche Literatur des Mittelalters. Verfasserlexikon, 2., viillig neu bearb.
Aufl., hg. von K. RuH et al., VI. Berlin-New York, de Gruyter, 1987, coll. 491-503.
COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS» 83

passare al seconda libro, dimostra corne «die welt gescafen ist vnde wie si
zerteilet ist vnde wie si ende nemen sol» (Lucidarius, II, l; p. 69, 2s.).
Nella descrizione del mondo, un grande spazio è riservato all'In-
dia corne terra famastica popolata da animali e uomini meravigliosi:
Lucidarius, I, 53: ... Der lande, die da heizent india, sint dru. Jn der
andern india lit ein gegene. Da inne sint lute, die heizent Macrobii.
Die sint zwelf den lanc. Die uethint wider die grifen. Die selben lute
sint vor geschafen nach den louwen vnde hant vederin vnde nagele
aise die am.
Da bi in einer anderen gegene sint lute inne, die heizent agrocte vnde
bragmanni. Die hant so groze fürwize, daz si comen in ein ander
welt, daz si sich selben verbrennent.
Dabi sint lute, die slehent ir eigene uorderen, so sie ait werdent, vnde
siedent sie vnde machent groz wirtschafi:, so si ezzent ir uater vnde ir
muter. Swer dez da nith endethe, der duthe sie ein ubel man.
Dabi sint lute, die ezzent rowe vische vnde drinkent daz gesalzene
mer. Jn dem selben lant ist einerhande lut, daz sint tuter. Die celent
similiche buch zii menschen. Den ist die uersine fur gekeret, die
zehin hinder....
Da bi sint lute, die heizent armaspi vnde monoculi. Die hant nuwen
ein ouge uor an der stirnen.
Da bi sint lute heizen ciclopes. Die hant nuwen einen fuoz. Die
liifent balder den der uogel fleige. Swen sie aber sizcent, so schetuwen
su in selber mit dem fiize.
Da bi sint lute, die hant nith houbetes, wen die ogen stant in an der
ahseln. Vnde für den munt vnde für die nase hant sie zwei locher uor
an der bruste ...
I, 56: ... Jn dem selben lande ist ein tier, daz heizet manticora. Dem
ist daz houbet geschafen nach eines menschen houbet, vnde sint ime
die cene vnde der ander lip geschafen nach eime leuwen, vnde ist ime
der zagil nach eime scorpen, vnde ist reht blut uar. Sin stime ist gelich
der natheren, so si wispelt. Daz selbe tier ist sneller mit sime loufe
dan dehein vogel mit sime fluge. Daz selbe tier isset nith wen men-
schen fleisch. J n dem sel ben lande sint ochsen, die hant drû hom.

E cos! via, descrivendo poi gli animali che si incontrano in quella


terra e successivamente anche in altre terre, alla cui descrizione viene
mescolata quella dei fenomeni naturali, dei terremoti, del giorno e
della notte, del movimento della terra e del sole. In questo contesta,
84 CARMELA GIORDANO

senza esitare, contro il suo modello latino, l'aurore ipotizza l' esistenza
della popolazione degli Antipodi 31 :
Lucidarius, I, 75: Der iunger sprach: Waz sprichest du von den luten,
die da heizent antipedes?
Der meister sprach: Die erde ist rehte enbor, so sint die antipedes
vnder vns vnde hant die füze engegen uns gekeret.
Lucidarius, I, 76: Der iunger sprach: Waz habet si denne uf, daz si
nith enuallent?
Der meister sprach: Die gotis craft, die die erde uf hebet enbor, daz
si nirh uellet, die hebet ouch die lute uf, daz si von der erde nith
enrwichent.

Anche in questo caso, tuttavia, la comunicazione dei fatti non


sembra essere mai fine a se stessa ma sempre giustiflcata nella relazione
che essi hanno con la volontà divina.
Dopo che viene dimostrato corne «die welt gescafen ist, vnde wie
si zerteilet ist vnde wie si ende nemen sol» 32 , si passa al secondo libro,
corne detto, dedicato al Figlio, con la sua descrizione delle funzioni
e di simboli dell' anno liturgico e poi arriva alla descrizione della vita
ultraterrena, con la quale si chiude la comice di questa descrizione di
un piano di salvezza dell'umanità 33 •
Attraverso la rielaborazione delle parti geograflche e cosmografl-
che già presenti in Onorio, il Lucidarius tedesco sviluppa un interesse
che, da originariamente e principalmente religioso, diventa più marca-
tamente scientiflco («fachliterarisch») in alcune versioni in volgare. Si
puà dire, infatti, che il Lucidarius è il primo testo derivato dall' Eluci-
darium latino che si possa deflnire verar'1ente "scientiflco", e cià accade
soprattutto grazie al primo libro, con le sue descrizioni geograflche di
terre fantastiche e popoli meravigliosi, della suddivisione della terra,
della teoria dei pianeti e del movimento del sole.

31 La questione,
tralasciata da Onorio che si attiene alla tradizione dei Padri della
Chiesa, viene ripresa ne! Lucidarius tedesco solo nei testimoni del ramo Y della rra-
dizione testuale, probabilmente sulla base della Philosophia Mundi di Guglielmo di
Conches, cf. M. HAMM, Der deutsche Lucidarius. Kommentar, pp.180-181.
3Z Luc. II, 1: «Der iunger sprach: Nu hestu mich wol vnderwiset uon der orde-
nunge der welte, wie sie gescafen ist vnde wie si zerteilet ist vnde wie si ende nemen
sol ... ».
33 Cf. L. STURLESE,
Storia della filosofia tedesca, pp. 94-95.
COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS» 85

Anche la sua fonte latina principale, l'Elucidarium, tuttavia, ha


un diretto coinvolgimento nella letteratura scientiflca del medioevo
tedesco e ciè accade proprio attraverso il - o a causa del - Lucidarius,
corne è ampiamente dimostrato dalla registrazione dell'intero Elucida-
rium nello Hausbuch di Michael de Leone che abbiamo menzionato
sopra, che è seguito subito dopa dal Lucidarius tedesco.
Dei due volumi originari, oggi si conserva solo il seconda che
perè, in apertura, registra il contenuto anche del primo. Il nucleo
centrale dell' opera fu scritto dal 1347 al 1350, ma vi furono successive
aggiunte, almeno flno al 1355, anno della morte del Protonotaio di
Würzburg, Michael de Leone, appunto. Questa non è la sede adatta
per fornire una descrizione dettagliata del libro di Michael de Leone,
ma si puè dire che, almeno a giudicare dal registra, esso si presenta
corne una specie di antologia dove i testi, talvolta corredati di traduzio-
ne, si susseguono senza un' apparente coerenza. Vi si alternano, infatti,
testi per la cura della spirito, le belle lettere o le preghiere e i cosiddetti
'testi d' uso', corne il famoso Buoch von guoter spise, il primo libro di
cucina in volgare tedesco3 4 •
Il manoscritto 2° Cod. 731 della Biblioteca Universitaria di
Monaco è uno dei testimoni del Lucidarius tedesco nella versione con
soli due libri (y5), ovvero senza il terza libro e una forte riduzione del
seconda. La versione del testa tedesco presentata in questo Hausbuch è,
dunque, quella di un «entliturgisierter Lucidarius», un testa spogliato
della maggior parte delle informazioni teologico-liturgiche, mentre
resta pressocché invariata la parte cosmo-geograflca che a noi interessa
più da vicino. Il Lucidarius e l' Elucidarium vengono qui presentati
corne una versione bilingue della stesso testa (nel registra viene detto:
«Lucidarius zu latin und zuo tuetsche» 35 ) e ciO, corne sappiamo e dopa

34 Sul libro di Michael


de Leone, cf. anche nota 30. Il manoscritto che Io con-
tiene è il ms. E della tradizione dei canti di Walther von der Vogelweide (München,
Universiratsbibliothek 2° Cod. Ms. 731), cf. G. KoRNRUMPF, P.-G. VOLKER, Die
deutschen mittelalterlichen Handschriften der Universitiitsbibliothek München, Bd. 1.
Wiesbaden, Harrassowitz, 1968, pp. 66-107. Sulla vitae l'attività politico-letteraria
di Michael de Leone, cf. anche U. PETERS, Literatur in der Stadt. Studien zu den
sozia/.en Voraussetzungen und kulturel/.en Organisationsformen der stiidtischen Literatur
im 13. und 14. jahrhundert (Studien und Texte zur Sozialgeschichte der Literatur, 7).
Tübingen, Niemeyer, 1983, pp. 138-163.
3 5 Cf. G. KoRNRUMPF, P.-G. VOLKER, Die deutschen mittelalterlichen Handschrif
ten, p. 71.
86 CARMELA GIORDANO

quel che si è detto sopra sulla composizione del testa tedesco, non
corrisponde a verità. Questo è uno dei primi casi, fra l' altro, nel corso
della sua tradizione e, dunque, del suo viaggio, in cui il nostro testa si
trova a 'viaggiare' insieme ad altri compagni. Poi il viaggio del Lucida-
rius continua anche in altro modo e per altre strade.
Se nel libro di Michael de Leone, il testa del Lucidarius, insieme
al suo modello latino principale, è preso di sana pianta e trascritto
cosl corn' è, pur nella versione ridotta che è propria di tutto un ramo
della sua tradizione manoscritta, in altri testi scientiflci del medioevo
tedesco, corne è stato già detto, il Lucidarius viene utilizzato solo par-
zialmente, per la spiegazione di alcuni fenomeni naturali o l' esemplifl-
cazione di argomenti cosmo-geograflci.
Possiamo menzionare, in questa breve panoramica, almeno un
altro Hausbuch, nota corne Iatromathematisches Hausbuch, che ha
attinto, in minor misura, al Lucidarius tedesco, raggiungendo la sua
massima espressione e compiutezza nel testimone più famoso, il
cosiddetto Codex Schürstab (Ms. C 54 della Biblioteca Centrale di
Zurigo), dal nome del suo committente, Erasmus Schürstab, redatto a
Norimberga nella seconda metà del XV36 •
Si tratta di un compendio astronomico-matematico-medico in
prosa e in versi, contenente una compilazione di testi, una sorta di
manuale d'uso quotidiano illustrato 37 • Il testa è suddivisibile in quat-
tro grandi blocchi: inizia con un calendario con dei versi per agni
mese, regole per la salure e tabelle computistiche che risalgono ad un

36
Sullo Iatromathematisches Hausbuch c( la voce corrispondente da F. LENARDT,
G. KEIL in Die deutsche Literatur des Mittelalters. Veifasserlexikon, 2., vollig neu bearb.
Aufl., hg. von K. RuH et al. IV. Berlin-New York, de Gruyter, 1983, coll. 347-351.
Sul suo testimone più famoso, il Codex Schürstab, si veda l'edizione approntata da
G. KE1L, F. LENARDT, C. WEISSER, Vom EinflujS der Gestirne auf die Gesundheit und
den Charakter der Menschen. Faksimile-Ausgabe des Manuskriptes C 54 der Zentralbi-
bliothek Zürich (Nürnberger Kodex Schürstab) und Kommentar. Luzern, Faks.-Verlag,
1983. Le citazioni dei passi attinti da! Lucidarius tedesco dallo Iatromathematisches
Hausbuch sono tratte da questa edizione.
37 Sul Codex Schürstab, il suo contenuto e le possibili deflnizioni utilizzate per

questo compendio astromedico, astromatematico o medicomatematico, c( C. G10R-


DANO, «Pianeti, zodiaco e temperamenti in un libro medico-matematico tedesco del
XV secolo. Alcune note sui Codex Schürstab (Zurigo, Zentralbibliothek, Ms. C 54)»,
in Annali dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli, Sezione germanica, n.s., 10
(2000), pp. 91-108. Cf. anche, EAD., vRuolo e funzione».
COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS» 87

famoso professore di astronomia, Johannes von Gmunden, e si con-


clude con il cosiddetto Oberdeutsches AderlaJSbüchel 38 •
Al centra si situa un nucleo con sette sezioni sullo zodiaco e sulla
teoria dei pianeti ed è in questa parte che si rintracciano due richiami
al Lucidarius, inseriti in due punti ben distinti, nella descrizione dei
movimenti dei pianeti e della cometa e nella descrizione del cammino
del sole e delle sfere celesti.
Qui di seguito vengono trascritti i passi del Lucidarius tedesco
citati nel libro medico-mat ematico con la versione proposta da que-
st'ultimo.
Codex Schürstab, pp. 71-72: Lucidarius, l, 87-89:
Von der planeten lauff und natur, daz D. Weiher natur ist daz gestirne?
ist her nach geschriben M. Daz ist wissentlich uon der scrift,
Es ist zu wissen von den siben pla- daz di selent koment uon gote, der ist
neren, das got also geordinirt hart, ob dem gestirne. So die sele denne uert
der ob dem gestiren ist: also welcher durch daz gestirne, bi swelhem sternen
planer ainem steren aller negsr geet, sie denne aller nahest uert, uon dem
von dem selben steren emphahet er sternen vahet sie die nature
sein natur. Semlich steren sind kalter D. Wie cumet daz?
natur, ettlich nasser, semlich truckener M. Sumeliche sternen sint kalter natur,
natur, semlich haisser natur: di selb sumelich nazer, sumeliche truckener,
natur czeucht den menschen von dem sumeliche heizer. Die selbe nature
gestiren. Ettlicher mensch ist kalter zuhet der mensche uon deme gestirne.
und trukener natur, der schweigt geren Swel mensche ist calter vnde truke-
und ist ain ungetreuer mensch. Sem- ner nature, der swiget gerne vnde ist
lich sind kalter und nasser natur, di ungetruwe.
redent vil und sint lanckrechig und Suelre ist calter unde nazer nature,
unüertragenli ch. Etlich menschen di der redet uil vnde ist lancreche vnde
sind haisser und truckner natur, di sind uerseit lihte.
gechmütig und küne und haben geren Suelre ist heizer vnde trukener nature,
vil weib und sinn doch an der minn der ist gachmütich vnde küne vnde het
unstet. Welcher haysser und nasser gerne uil wibe vnde ist an der minnen
natur ist, der ist der pesten natur: der vnstete.
ist mitl und ergeittig und minnet vil Suueler ist heizer vnde nazer nature,
di weib und ist auch stet an der minn. der ist der besten natur. Der ist gernè

3 8 Si leggano le voci «Johannes von Gmundem> (M. FoLKERTs) , «Überdeursches


AderlaEbüchleim> (F. LENARDT) in Die deutsche Literatur des Mittelalters. Verfasser-
lexikon, 2., vollig neu bearb. Aufl., hg. von K. RuH et al. IV Berlin-New York, de
Gruyter, 1983, coll. 630-631 e VI. Berlin-New York, de Gruyter, 1987, coll. 1274-
1276 rispettivamenre.
88 CARMELA GIORDANO

Dauon sprechen dy pucher, das an milte vnde ere girich vnde minnet uil
dem sterne, den wir haissen Mars, das wibe vnde ist doch stete vnde lieb an
der urleuchs pfleg, wann er ist haisser der minne ....
und kalter natur und truckner. .. Lucidarius, I, 95: D. Waz sprichestu
Cometa ist ain steren. Der selb steren von der Cometa?
erscheint nymmer, wenn so sich das M. Cornera ist ein sterne. Der selbe
reiche verwandelen will. Dem steren sterne irschinet niemer, wan so sich
sol man kisen oder an sehen, das er daz riche wandelen sol. Den sternen
an dem schein der von jm scheint ais sol man kiesen, daz er den sein von
der Mon. Der steren lauffet nit unter ime sendet aise der mane. Der sterne
anderen steren. Di pucher wollen, das loufer niht vnder anderme gestirne.
es ein licht sey, das got mit seiner Die büch wellen aber, daz ez ein lieht
gewalt entczunt hat umb den luefften si, daz got mit sime gewalte het enzun-
pp. 76-77: det in dem lufte.
Jtem der himel ist sinbel an jm selbs. Lucidarius, I, 78-80: D. Wie cumet,
Und lauffet dy Sunn jn das gestir- daz die sunne so twerherz lOfet an dem
ne und lauffent sunst kein gestirne himel?
di stras, di di anderen lauffet. So di M. Der himel ist sinewel. An ime lou-
Sünne lauffet entczwergs, so lauffet das fer die sunne vnde daz gestirne, vnde
gestiren dy anderen stras. Wann luffen lofet ir dewederes die straze, die daz
si ain strasse, so irten si an ein ander, ander loufer. So die sunne !Ofet die
das si aile zerbrechen. Ais verre ist von twerhin, so lüfet daz gestirne die rihte.
der erden untz an den Mon, ais ver ist Wen liefen sie eine straze, so irreten sie
drei stund von der Sünnen untz an das einander, daz sie aller zerbrechent.
gestiren. Da von so hat das gestiren ... Also verre so uon der erden ist vnz
allermeist krafft, wann es dem himel an den manen, drusrum aise verre ist
aller negst ist. Was di Sunne crafft hat, uon der sunnen vnz an daz gestirne.
das hatz si von dem gestiren. Da uon hat daz gestirne aller meist
Der strassen sind czwelff an dem craft, wen ez dem himel aller nahest
himel, da di Sünn in lauffet uber jar. ist. Swaz di sunne crefte hat, die wan-
Di strassen haysent uns di pucher di delt sich nach dem gestirne.
czwelff zaichen, das jn den strassen Der strasen sint zwelfe an dem hime-
lauffet. Das hat got durch das geschaf- le, da die sunne inne loufer uber iar.
fen, wenn luff di Sunn teglichen jn Die strazent heisent die büch zuuelf
aynen czaichen, es verwandelt sich der zeichen, daz sint die zuelf manode. Jn
jar nümmer. So hetten wir auch nym- ieglich manode wandelt sich die sunne
mer weder tag noch nacht noch sümer nach den zeichen, daz in der strase
noch winter, so Jang di Sünne nymer laufet. Daz hat got durch daz gescaf-
kommet auB den czwelff czaichen. Wi fen, wan liefe die sunne steticliche in
kompt es denn, das dy monet in dem einem zeichen, so uerwandelet sich daz
jar nit gleich sind an ir natur? Das iar niemer. So hette wir iemer summer
ist dar umb: jn welchen planeten di oder winter.
COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS» 89

Sünn lauffet, nach dem selben pla- D. . .. wie kumet es, daz die manode
neten wandelt sich daz zaichen, das alle iar nith gelich sint?
zugelegt ist dem selben planeten. Dar M. Die zwelf zeichen sumelic sint
nach, welcher natur das gestiren ist, hohe, sumeliche nidere. So sint die
das dem planeten aller negst geet und planeten da obe. Der nach wandelent
auch jn dem czaichen lauffet, dar nach sich die zeichen. Sweler nature daz
taylet sich der mon. gestirne ist, daz aller nahest dem zei-
chen !Ofet, darnach wandolot sich der
manoth.

Per limiti di spazio, non possiamo fare altro, a questo punto, che
avviarci verso la conclusione del viaggio del Lucidarius - ma anche nel
Lucidarius - approdando nell'incerto terreno dei Volksbücher. La storia
moderna del Lucidarius tedesco, infatti, comincia con la sua edizione
nella serie Die deutschen Volksbücher curata da Karl Simrock il quale,
pur annunciando di voler riportare il testo alla sua «ursprüngliche
Gestalt», in realtà utilizza una versione a stampa del 148339 •
Non è questa la sede adatta per la descrizione di questo fenomeno
letterario che sembra ancora ben lungi dall'essere deflnito e circoscrit-
to40. Va detto tuttavia che sin dai primi studi e dalle prime monografle
sul Lucidarius tedesco il nostro testo viene deflnito "das [erste] deut-
sche Volksbuch" 41 • In effetti, in base agli studi fatti su alcuni testi del
medioevo tedesco che possono aspirare a tale titolo, si sono potute
individuare delle afflnità che, in qualche modo, fanno pensare all'esi-
stenza di un genere letterario.

39
K. SIMROCK, Die deutschen Volksbücher. Gesammelt und in ihrer ursprünglichen
Echtheit wiederhergestellt. Bd. 13, Base! 1866; rist. Hildesheim-New York 1974,
pp. 377-442. Qui il Lucidarius compare con il titolo Meister Lucidarius ... Von den
wunderbaren Dingen der We!t, seconda la stampa di Hans Schonsperger del 1483 (p.
376).
40 Per un primo approccio all'argomento si puo leggere W-E. SPENGLER, «Volks-
buch», in Reallexikon der deutschen Literaturgeschichte, hg. von W KOHLSCHMIDT
u.a., 4. IV. Berlin-New York, de Gruyter, 1989, pp. 734-742. Per il lettore italiano,
F. DEL BONO, «Volksbuch», in Dizionario critico della letteratura tedesca, a cura di S.
Luri, II. Torino, UTET, 1976, pp.1217-1221 e F. DEL BoNo, I/Volksbuch tedesco.
Ricerche ed interpretazioni. Brescia, Paideia, 1961.
41 K. SCHORBACH, Studien über das deutsche Volksbuch Lucidarius und seine

Bearbeitungen in Jremden Sprachen. SrralSburg 1894. Si veda anche G. STEER, «Luci-


darius». Come esempio per Io stile dei Volksbücher, il Lucidarius viene ripetutamente
citato da H. AusT, «Zum Stil der Volksbücher. Ein Problemaufri~», in Euphorion, 78
(1985), pp. 80-161.
90 CARMELA GIORDANO

Da una prima analisi dei dati in nostro possesso, queste caratteri-


stiche risulterebbero ben rappresentate anche nel Lucidarius. Ci sem-
bra, infatti, di poter desumere che non esistano libri nati propriamente
corne Volksbücher, ma libri che, in seguito ad evoluzioni realizzatesi nel
corso anche di secoli, arrivano ad una forma e ad una diffusione tale
presso una sempre più larga fascia della popolazione - contrariamente
a quanto si puà presupporre per le origini del libro stesso - che, insie-
me ad altre caratteristiche, gli danno la conflgurazione di Volksbuch.
Per dovere di sintesi, sorvolerà su molte cose, ma devo dire alme-
no che fra i 'requisiti', per cosl dire, esteriori dei primi Volksbücher
sembrano indispensabili quelli di essere libri in prosa nati presso le
corti, in cui più o meno esplicitamente si riconosce il carattere di buch,
di essere sottoposti nel corso dei secoli a molte rielaborazioni e rifaci-
menti e di avere una larghissima diffusione, ma anche di dimostrare
un continuo legame con il capostipite, con l'origine stessa del testo.
Inoltre, il carattere 'popolare' cui sembra far riferimento il nome non
è tanto dovuto alla diffusione o alla partecipazione di un 'popolo' alla
sua stesura, quanto piuttosto ad una sorta di opera collettiva visibile
nei vari rifacimenti che l' opera individuale è destinata ad avere 42 •
Per quel che riguarda, in generale, il contenuto dei principali
Volksbücher, invece, potremmo sintetizzarne una descrizione corne
segue:
So reicht das Volksbuch frühe didaktische Prosa ebenso weiter wie
die Legendendichtung, solche vom ,,sterbenden Rittertum" glei-
cherweise wie ritterliche Abenteuerromane und Reisebeschreibun-
gen meist franzôsischer Herkunft, auch Erzahlungen und Novellen
oft orientalischen Ursprungs oder solche der italienischen Renais-
sance, Sagen, Marchen, Schwank- und Anekdotensammlunge n z.
T. volkstümlicher Überlieferung, von der Gebrauchsliteratur zu den
Kalendern und Prognostiken bis hin zum bürgerlichen Prosaroman
in Deutschland. Kurzum, das Volksbuch verbreitet alles, was der
Unterhaltung, allgemeinen Anschauung und volkstümlichen Beleh-
rung entsprach 43 .
Patte queste semplici e brevissime premesse sul Volksbuch tedesco,
proviamo ora a stabilire in che modo il nostro testo puà essere diven-
tato un Volksbuch.

42 In questa
sede ci limitiamo a rinviare allo studio di E DEL BoNo, /lVolksbuch
tedesco, particolarmeme pp. 60-64.
43 Cf W-E.
SPENGLER, «Volksbuch», pp. 734-735.
COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS» 91

Il Lucidarius è corredato di un prologo in rima che, in entrambe


le versioni tradite (Xe Y), sin dal primo verso, presenta il testo corne
buch: «diz buch heizet lucidarius / Daz wirt getli.tzet alsus: / daz ist ein
luthere» 44 •
Tralasciando, in questo contesto, tutte le considerazioni che
si possono fare sulla posteriorità e la veridicità di questo prologo,
accettiamone le informazioni contenute corne è stato fatto da tutte
le testimonianze a stampa che formano la 'tradizione' del Volksbuch
Lucidarius. Il Lucidarius, dunque, riconosciuto successivamente dagli
studiosi corne la prima opera tedesca di carattere didattico scritta per i
profani (i leigen del prologo), è in prosa, e questa forma è stata richiesta
espressamente - secondo il prologo - da Enrico il Leone, duca di Sas-
sonia, a Braunschweig, contrariamente alla volontà dei suoi cappellani
che preferivano la rima («Ez enwere an dem meister nicht bliben, / er
hette ez gerimet, aber solde»). Anche il Lucidarius, un' opera essenzial-
mente teologica, nascerebbe a carte, e cio accade alla maggior parte di
quei testi poi diventati Volksbücher.
Il Lucidarius assume corne intento programmatico il compito di

44
Der deutsche Lucidarius, p. 1. Del prologo si conoscono due versioni, entrambe
in rima, note corne Prologo A e Prologo B, che hanno da sempre suscitato l'interesse
e la curiosità degli studiosi. Il Prologo A si caratterizza per una maggiore quantità di
informazioni sui committente del lavoro (Enrico il Leone, duca di Sassonia), e sugli
autori dello stesso (i suoi cappellani) e percià è indicativo anche sulla data di composi-
zione (1190-1195, anno della morte del duca) e, quindi, sui luogo. Fornisce, inoltre,
informazioni sulle fonti latine, la forma desiderata da! duca per quest' opera (prosa)
e il titolo del libro. Il prologo B, che condivide con A la forma metrica e ]'incipit sui
titolo del buch, sembra voler evitare di proposito informazioni relative a personaggi
storici e menziona la Bibbia e i padri della Chiesa corne importanti autorità utilizzate
ne! libro. Da qualche anno, sulla base delle recenti acquisizioni sui!' argomento, in
particolare in occasione dei lavori per l'edizione del testo tedesco di G. Steer e D.
Gottschall, si è arrivati alla conclusione che il Prologo B è quello originale, al quale, in
un periodo successivo, sarebbero stati aggiunti dei versi con delle notizie sui presunto
committente, probabilmente per conferire attraverso l'autorità del duca guelfo un
nuovo peso ad un testo ormai di ridotte dimensioni. Il Prologo A, infatti, si colloca
sui rami più bassi della tradizione manoscritta (a partire da y15), in un punto, dun-
que, in cui il testo, con soli due libri (v. sopra) è molto ridotto rispetto all'archetipo. Il
Prologo B, dunque, potrebbe essere stato 'ritoccato' dall'autore del prologo A proprio
perché, con il suo riferimento alla Bibbia e aitre fonti sacre, non corrispondeva più
al contenuto del libro che si trovava di fronte. Sul problema dei due prologhi, cf. G.
STEER, «Der deutsche Lucidarius - ein Auftragswerk Heinrichs des Li:iwen?», in Deut-
sche Vierte/jahresschrift, 64 (1990), pp. 1-25, ma anche l'introduzione all'edizione (v.
nota 18) del testo, particolarmente le pp. *98-*108.
92 CARMELA GIORDANO

"elucidare", di spiegare ai profani i lati più misteriosi del mondo, della


sua origine, della nascita dell'uomo e del suo rapporta con la divinità,
soddisfacendo in questo modo quell'eterna esigenza dell'uomo di darsi
delle risposte corne facevano anche i libri, di magia, gli almanacchi, i
libri sull'interpretazione dei sogni ecc., molti dei quali noti, appunto,
corne Volksbücher. Il contenuto, sebbene di carattere dottrinario, dun-
que, nel corso degli anni, assume sempre più un tono favolistico-fan-
tastico, e a questo aspetto puo essere legata la sua fortuna presso am pie
fasce della società45.
Se la diffusione di un testo è uno dei requisiti principali perla sua
caratterizzazione corne Volksbuch, il Lucidarius è, corne si è detto, uno
dei più diffusi fra i testi del medioevo tedesco e con un numero note-
volissimo anche di stampe a partire da 1479 (circa una novantina).
Se, inoltre, si vogliono considerare le rielaborazioni e i cambia-
menti a cui il capostipite fin dall'inizio della sua storia fu sottoposto, si
nota che anche in questo caso il Lucidarius rientra a pieno diritto nella
categoria dei Volksbücher, che si dimostrerebbero sempre chiaramente
legati al proprio capostipite46 •
Il Lucidarius, corne si è detto sopra, sin dall'inizio della sua tra-
dizione testuale, ha sempre offerto il flanco a notevoli cambiamenti,
riduzioni o ampliamenti, questi ultimi in particolare nei capitoli geo-
graflci che del libro costituivano certamente un importante polo di
attrazione, sia per per le traduzioni del testa in altre lingue sia per le
opere che attinsero al materiale che offriva. Anche il titolo fu cambiato
prima in Maister Elucidarius, identiflcando il titolo del libro - secondo
il prologo suddetto - con la figura del maestro del dialogo e successiva-
mente in M. Elucidarius. La Riforma protestante provoco altri decisivi
cambiamenti nella struttura del testa: la stampa di J. Cammerlander
(Ein newer M Elucidarius, Strassburg 1535), mostra una rielabora-
zione in chiave protestante delle parti teologiche ed aggiunge nuove
informazioni nella descrizione del mondo tratte essenzialmente dal
Weltbuch di Sebastian Franck47 • Le edizioni a stampa di Francoforte a

45W-E. SPENGLER, «Volksbuch», p. 735.


46K. SCHORBACH, Studien über das deutsche Volksbuch Lucidarius. Le informazio-
ni sulle stampe del Lucidarius sono tratte sinreticamente dalla prima parte di questo
testo, pp. 60-131.
47 F. PooLEISZEK, Volksbücher
von Weltweite und Abenteuerlust. Darmstadt, Wis-
senschaftliche Buchgesellschaft, 1964, pp. 99-149.
COSMOGRAFIA E GEOGRAFIA NEL «LUCIDARIUS» 93

partire dal 1566 (H. Steiner) aggiungono al Lucidarius, in appendice,


il Bauern-Compass di Jakob Kobel. Nel 1568 un notevole cambia-
mento fu apportato dall' edizione di Johannes Oporin M Elucidarius
che cambià il testo di Cammerlander -Steiner con il Bauern-Compass
aggiornandolo con il capitolo sull' America, il nuovo monda da poco
scoperto, ma tralasciando completamente quelle parti del terzo libro,
sopravvissute anche alla Riforma protestante, sull'Anticristo e le gioie
dei beati nella vita ultraterrena.
Non sarebbe possibile riconoscere, nel titolo di un' edizione a
stampa del 1655, un testo rimanipolato del Lucidarius: nella Kleine
Kosmographia oder Summarische Beschreibung der ganzen Welt, di cui si
dichiara autore Caspar Maurer, si rinuncia all' appendice del Bauern-
Compass, ai capitoli sull'Anticristo e i beati, ma vengono aggiunti tre
capitoli con notizie su Gerusalemme, sul Monte Sinai, sulla tomba di
S. Caterina e sulla città de Il Cairo 48 •
Una Cosmographia, basata su quella di Maurer, fu stampata per-
sino nel 1806. Nell' incipit di questa versione a stampa del Lucidarius,

48
Qui di seguito si citano solo alcune delle stampe del Lucidarius flno al 1806.
1479 Dies buoch heysset Lucidarius, das spricht zuo teutsch also vil als erleuchter
[... ] Getruckt und vollendt zuo Auspurg von Anthoni Sorgen.... In dem .lxxix. jare.
1506 Ein liepliche history von dem hochgelerten Meyster Elucidario und yo
syner wysen lere. Straffüurg: Mathias Hupfuff 1506 (4°)
1519 Maister Elucidarius. Von den wunderbaren sachen der welt. Augsburg:
Hans Froschauer 1519 (4°)
1535 Eyn newer M. Elucidarius. Von allerhandt geschoepffen Gottes den Engeln
den himeln gestirns Planeten und wie alle creaturen geschaffen seind auff erden. Auch
wie die Erdin drey teyl geteilt und dero laender sampt der vëlcker darinn eygentschaff-
ten und wunderbarlichen thieren ... SrrafSburg: Jakob Cammerlander 1535 (4°)
1549 M. Elucidarius. von allerhand geschoepffen Gottes den Engeln den Himeln
Gestirns Planeten ... Franckfurdi am Mayn: Hermann Gülfferich 1549 (8°)
1655 Kleine Cosmographia, ODER Summarische Beschreibung der ganzen
Welt. Von vier Theilen der Erdn, Asia, Europa, Affrica und America. Wie auch von
den vier Elementen was darinnen geschicht, woher die Wind kommen von Erdbi-
dem, Finsternussen von Sonn und Mann, von allen Geschopffen Gattes, den Engeln,
den Himmel, Gestirn, Planeten und wie alle Kreaturen erschaffen und wider ein End
nehmen. Nürnberg (?) 1655: M. Casparus Maurer.
1806 Kleine Cosmographia, oder Summarische Beschreibung der ganzen Welt.
Von vier Theilen der Erden Asia, Europa, Affrica und Amerika. Wie auch von den
vier Elementen was darinnen geschieht, woher die Winde kommen, von Erdbeben,
Finsternissen, Sonn und Mond, von allen Geschopfen Gottes, den Engeln, des Him-
mels Gestirn, Planeten, wie alle Kreaturen erschaffen und wieder ein Ende nehmen.
94 CARMELA GIORDANO

che ricalca in estrema sintesi il prologo, si trovano concentrati vari


elementi della storia del testa tedesco. Si ripropone, infatti, quello
che seconda il prologo del Lucidarius, Enrico il Leone, committente
dell' opera, avrebbe voluto per il libro: Aurea Gemma (Prologo A: «der
herzoge wolde, / daz man ez hieze da / Aurea gemma»). T uttavia esso
è interpretato in modo erroneo: «Diss Buechlein heisst Aurora Ger-
manorum, das ist Ein Erleuchter der Teutschen». Ulteriore prova del
continuo rapporta che comunque si conservava con il capostipite della
tradizione pur negli adattamenti e sconvolgimenti della sua forma ori-
ginaria, corne succede alla maggior parte dei libri noti appunto corne
Volksbücher4 9 •
Concludendo, il grande numero di manoscritti e di stampe che
ci trasmettono il Lucidarius testimoniano a sufflcienza che il "primo
Volksbuch tedesco" ebbe un'influenza rilevantissima nella letteratura
tedesca sin dai primi anni della sua storia. Se fra i primi ad utilizzare
il Lucidarius corne fonte geograflca si puà citare Rudolf von Ems nella
sua Weltchronik, per restare nel campo dei Volksbücher, è dimostrato
l'uso del Lucidarius nel Faustbuch, ovvero nel Volksbuch per eccellenza,
che nell' edizione di Spie:B del 15 87 vi avrebbe attinto una serie di
informazioni geografiche e cosmografiche50 •

Università degli Studi di Siena (Arezzo)

Jn diesem Jahr ganz neu gedruckt (ca. 1806).


49 Cf. K. SCHORBACH, Studien über das deutsche Volsbuch Lucidarius, pp. 129-

131.
50 Cf. S. SZAMATOLSKI, «Zu den Quellen des alresten Faustbuchs. Kosmographi-
sches aus dem Elucidarius», in Vierteljahrsschrift far Literaturgeschichte, 1 (1898),
(rist. Nendeln/Liechrenstein 1974), pp. 161-183. Cf. anche G. STEER, «Lucidarius»,
col. 946.
MARIA CRISTINA LOMBARD!

«HEIMLYSING»: UN TRATTATO
GEOGRAFICO DEL MEDIOEV O ISLANDESE.
I.: OPERA ELA SUA TRADIZI ONE MANOSC RITTA

Ho scelto di occuparmi di questo breve e frammentar io trattato


geografico norreno, appartenent e al convenzionale genere enciclope-
dico medievale, in quanto è stato pochissimo studiato e non è mai
stato tradotto in una lingua modema, (salvo taluni brani che risultano
interpolati in altre opere).
Il titolo di Heimljsing 'Descrizione del monda' non è originale,
ma gli è stato attribuito, in epoca recente, da Finnur Jônsson che ha in
realtà conferito il complessivo titolo di Heimljsing og Helgifra!lfi ai primi
14 fogli (28 facciate) del codice membranac eo AM 544 4° - contenuto
nel più ampio codice miscellaneo islandese, detto Hauksbok, dell'inizio
del XIV secolo, di cui Finnur Jônsson ha curato l'edizione. Finnur
Jônsson ha considerato questi fogli frammenti di due diversi trattati,
uno geografico, appunto Heimljsing, l' altro agiografico, HelgifradJi.
Sono stati editi nel 1865 da Jôn Porkelsson 1 e, corne già accenna-
to, da Finnur Jônsson 2 nell'ambito dell'edizione dell' intera Hauksbok.
Il titolo si basa in realtà sulla descrizione, fornita sull'argome nto del
codice da Jôn Ôlâfsson di Grunnavîk nel 1731 3 , che, a sua volta,
aveva attribuito a questi fogli i titoli di Geographica quaedam et phi-
sica; Theologica quaedam ex sermonibus Augustini; Vtiria atque inter ea
astronomica quaedam 4 •

1
J. PORKELSSON, Nokkur blod ur Hauksbôk. Reykjavik 1865.
2 Hauksbôk, udg. av F. J6NSSON og E. J6NSSON efter de Arnamagnœanske Hand-
skrifter 371, 544 og 675 4°. K0benhavn 1892-1896.
3 Ibid.,
pp. xii-xiii.
4 Per quanto
riguarda l'ortografia, secondo J6n Porkelsson, queste pagine non
96 MARIA CRISTINA LOMBARDI

Nel codice, il trattato si presenta acefalo; mentre i capitoli suc-


cessivi al primo sono tutti preceduti dai rispettivi titoli, scritti con
inchiostro rossa, corne le iniziali maiuscole che contraddistinguono il
loro inizio, più raramente si presentano in verde ed eccezionalmente
sono bicolori: rosse e verdi. Particolarmente curate e ben disegnate
appaiono sul primo foglio, peraltro molto danneggiato e, parimente
all'ultimo, di lettura difficile 5 • Le prime pagine presentano danneg-
giamenti dovuti all'umidità, nonché diversi fori e strappi, spesso cir-
condati da contorni rassi, opera, seconda Finnur J6nsson, dello stesso
Haukr Erlandsson.
Questi 14 fogli sparirono misteriosamente nel 1821 - varie ipo-
tesi sono state avanzate sul motiva e il responsabile della loro scom-
parsa - per ricomparire, dopo la morte dello studioso H. Scheving, a
Reykjavîk, nel 1887, ed essere reinseriti in AM 544, 4°. Non siamo
tuttavia certi, nonostante la descrizione di Jôn Ôlâfsson sopra men-
zionata, che, precedentemente alla loro scomparsa, essi occupassero
esattamente questa posizione nel codice6 •
Tra l'altro, anche Sveinbjorn Egilsson sembra avere avuto la loro
copia sottomano, mentre redigeva il suo dizionario Lexicum poeticum
antiquae linguae septentrionalis, negli anni 1824-44: infatti, pur trat-

sembrano seguire l' ortografla di Haukr e dei suoi due segretari che collaborarono alla
stesura del codice. In particolare, cio appare evideme se si confromano con la mano
che si riscontra nelle parte della Hauksbok occupata da alcune fslendinga spgur. Il
frammemo non è scritto con quella grafla: ad es. il copista scrive œy per ey, e distingue
quasi sempre tra u e v, e non scrive v per u e v indifferemememe, corne solitameme
nella Hauksbok. Molte ipotesi sono state avanzate sulla provenienza del copista, dato
che l' ortografla parrebbe da considerarsi norvegese. Se si tratti di un copista norvegese
o di un islandese abituatosi all' ortografla rtorvegese, la questione non è di grande
importanza poiché, seconda l' opinione più accreditata, l'originale da cui è copiato era
con tutta probabilità islandese (F. J6NSSON, Hauksbok, pp. xxx-xxxi, J. PORKELSSON,
Nokkur blolf, p. xviii). In realtà, la sroria di Haukr, islandese vissuto per gran parte
della sua vita in Norvegia, dove ricoprl alte cariche giuridiche (fu logmalfr del Gula-
thing, corne è chiamato, ad esempio, in una lettera del 12 gennaio 1311 [Dipl. Norv.,
86, J. PORKELSSON, Nokkur blolf, p. ix]), potrebbe giustificare questa commistione di
elementi ortograflci islandesi e norvegesi.
5 Emrambi i fogli sono stati riscritti con un inchiostro più scuro, coma fa notare

J. PoRKELssoN, Nokkur blolf, p. xx.


6 E. C. WERLAUFF ha avuto sottomano questo frammento della Hauksbok,

quando pubblico la sua comunicazione sulla geografia nell'Islanda medievale:


Symbolae ad geographiam medii œvi. Hafniae 1821. Egli enumera le pergamene
che ha consultato e, tra quelle, cita questi «folia quaedam argumenti historico-
«HEIMLYSING» 97

tandosi di un dizionario poetico, da Heimljsing cita abbondanteme nte


per i lemmi: agi, binda, bjarnigull, gilja, heilJr, hifinn, mynda, skratti,
va/da, virkr, e chiama la sua fonte «Bl. = bloo: folia membranacea, varii
argumenti geographici, historici, astronomici, in Collectione Arnama-
gna:ana 544 4°» 7 •
Le pagine di argomento cosmograflco, di cui in particolare qui mi
occupera, cercando di individuarne il rapporta con le fonti tardoanti-
che, sembrerebbero indice della popolarità che questo genere di testi
godeva nell'Islanda del XIV secolo.
Il testa riflette, tuttavia, nozioni cosmograflche e geograflche
esistenti sull'isola, seconda l'opinione di Finnur Jônsson e di Rudolf
Simek8 , già nel tarda XIIe XIII secolo, per lo più desunte da manuali
latini, noti all' epoca sia in Islanda che in Norvegia, che raramente
venivano tradotti in volgare per intero, con la nota eccezione dell'Elu-
cidarius.
Lorigine del nostro frammento è incerta: parrebbe avere corne
fonte principale le Etymologiae di Isidoro di Siviglia - soprattutto i
libri XIII, in particolare il capitolo De diversitate aquarum, e XIV, più
raramente l'XI - o forse opere ad esse ispirate, came il De rerum naturis
di Rabano Mauro, per motivi che accennero in seguito.
Seconda Finnur Jônsson, è probabile che, poco dopa la cristianiz-
zazione dell'isola, in Islanda circolassero scritti di Isidoro o comunque
sunti delle sue opere, prima in latino e poi in volgare9 •

geographici, diversis manibus scripta, in Codice Membranaceo 544 4° extant».


Werlauff allude cosî a queste pagine membranacee che ha visto e che erano ancora
ne! codice pergamenaceo 544 4°. Tuttavia non è chiaro se abbia avuto sottomano
quelle pagine pergamenacee o la loro copia e se esse fossero allora a Copenaghen
o in Islanda.
7 S. EGILSSON,
Lexicum poeticum antiquae linguae septentrionalis. Hafniae 1860,
pp.6,54, 57,241,317,335 , 589, 737,843,886.
8 R. SrMEK, in Altnordische
Kosmographie. Studien und Quelkn zu Weltbild und
Weltbeschreibung in Norwegen und Island vom 12. bis zum 14. jahrhundert. Berlin-
New York, de Gruyter, 1990, pp. 18-20, sostiene inoltre che tale tipologia tesruale
abbia conosciuto una particolare fioritura a seguito dell'itinerario scritto dall'abate
Nicola di Muncathvera al suo ritorno da! pellegrinaggio in Terrasanta, ne! 1154,
contenuto in AM 198 8°. Vedi anche F. D. RAscHELLÀ, «ltinerari italiani in una
miscellanea geografica islandese del XII secolo>>, in Annali delllstituto Universitario
Orientale di Napoli, Sezione germanica, 28-29 (1985-86), pp. 541-584.
9 Analogamente
a quanta è avvenuto per la letteratura grammaticale e retorica,
98 MARIA CRISTINA LOMBARD!

È possibile, dunque, che quanta di questo frammento è tratto da


una o forse più fonti latine, rispecchi un originale, latino, che di tali
fonti era una sintesi e che ha funto da mediatore, corne è proprio della
tradizione enciclopedica alla quale Isidoro appartiene, in cui molto
frequenti erano sunti e compendi, frutto di contaminazioni da opere
più vaste 10 •
Il testa norreno potrebbe forse configurarsi corne un volgarizza-
mento (la prima traduzione verticale) che sintetizza ulteriormente il
materiale della fonte, riducendo, ad esempio, a poche decine le centi-
naia di nomi presenti nelle Etymologiae1 1 •
È noto che le riletture medievali non erano semplici copie degli
scritti dei padri, ma ne costituivano spesso interpretazioni alla luce di
aitre fonti complementarf 12 •

con l'esempio di Ôlafr Hvitaskald, autore del cosiddetto III Trattato grammaticale
islandese, che non solo fa riferimento agli scritti di Donato e di Prisciano, ma addirit-
tura, in alcuni brani, ne cita e ne parafrasa il contenuto. Vedi F. J6NSSON, Den oldnor-
ske og oldislandske litteraturs historie, II. K0benhavn, Gad, 1920-24, pp. 928-29.
°
1
Come afferma anche B. RrnÉMONT, Les encyclopédies médiévales. Paris, Cham-
pion, 2001, pp. 315-319, i rapporti intertestuali, in questo ambito, erano caratte-
rizzati da un uso massiccio di imerpolazioni con cui ci si richiamava ai messaggi
degli auctores classici o tardo antichi, corne Plinio, Solino, Marziano Capella, ecc.,
dei quali gli scrittori del mondo cristiano medievale avevano pienamente accettato e
ripreso l'impostazione enciclopedica.
11
La sintesi di notizie cosl corne la riduzione dei luoghi memorabili erano fra le
strategie più comuni appartenenti alla tradizione del genere enciclopedico: già Mar-
ziano Capella, ne! suo De nuptiis Mercurii et Philologiae, aveva ridotto le sue fonti, in
particolare Plinio, omettendo per l'Italia la città di Scilleo o il fiume Crateis, luoghi
con una lunga tradizione letteraria e poetica che poteva risalire ad Omero. Cosl erano
frequenti le imprecisioni e i fraintendimenti di notizie: ad esempio Marziano, par-
lando di Taprobane (l'isola di Ceylon) riporta imprecisamente la notizia relativa agli
ambasciatori provenienti da quell'isola che, giunti a Roma, constatarono che il sole
nelle latitudini settentrionali sorgeva da sinisera (guardando il sud). Vedi MARZIANO
CAPELLA, Le nozze di Filologia e Mercurio, a cura di I. R.AMELLI. Milano, Bompiani,
2001, p. 473. Marziano sintetizza affermando che il sole sorge a sinisera nella loro
terra, tralasciando fondamentali informazioni dell' enunciato pliniano (PLINIO, Natu-
ralis Historia, VI, 84-88).
12
Seconde B. RrnÉMONT, Les encyclopédies, p. 320, una prima evoluzione si ha da
Isidoro a Beda, modellata su uno schema di riletture/ opposizioni. Beda riscrive il De
natura rerum di Isidoro, ma ne rifiuta la moralizzazione e l'incompletezza scientifica.
Ecco perché rilegge Isidoro alla luce di Plinio. La rilettura di Beda si riallaccia a un'al-
tra concezione della cultura cristiana, modellata sulla nozione di «cicli ecclesiastici
del sapere».
«HEIMLYSING» 99

Ad esempio, la riscrittura che Rabano Mauro opera di Isidoro, nel


De rerum naturis, ne accentua il senso allegorico: con una cosmografla
che mostra un rapporta ancora più stretto con la genesi, e con un
calcolo del tempo ancor più direttamente legato alla pratica religiosa
quotidiana e festiva.
Seconda quanto afferma il noto studioso di Isidoro Ribémont 13 ,
spesso da tali rielaborazioni si sviluppavano trattati di cosmografla,
geografla, zoologia, meteorologia, botanica, tipologie delle quali anche
il nostro sembra condividere alcuni caratteri.
Probabilmente opera di un chierico, il testo norreno, nella sua
forma compiuta, doveva dunque costituire una "minienciclopedia'',
una sorta di compendio delle informazioni scientiflche del tempo (si
segnalano, infatti, anche frammenti di capitoli dedicati all' astronomia
e alla meteorologia), secondo la tradizionale suddivisione tipica del
sapere medievale.
Un interessante aspetto del testo, forse il più interessante, riguar-
da la sua ricezione che ne indica indubbiamente la forte integrazione
nella cultura norrena, attraverso la testimonianza di una serie di opere
islandesi in volgare che ne riprendono brani relativi ad argomenti
diversi.
Osserviamo, ad esempio, corne ne compaiano brani: in Rimbegla,
un trattato di computo e astronomia (tramandato da diversi mano-
scritti, tra i quali il codice AM 736 I 4°, XIII sec., <love si notano
appunto brani di Heimljsing); nel Phisiologus, un bestiario di cui resta
solo un frammento nel codice AM 673 4°, risalente al 1200 circa;
in Antiquités Russes II, una raccolta di notizie storiche sugli antichi
scandinavi e sulle loro incursioni nell'Europa orientale, nonché nello
Elucidarius, anch'esso contenuto, fra l'altro, nella Hauksbok. Tanto è
vero che tali brani, scorporati, erano editi, in quanto parte di quelle
opere, già prima che il nostro frammento venisse edito seconda la
Hauksbok. Questo farebbe pensare che il testo venisse utilizzato (e per
questo fosse stato concepito) proprio corne un trattato enciclopedico
dal quale si potevano desumere informazioni e descrizioni generali che
poi venivano integrate con conoscenze nuove, speciflche dell'Europa
settentrionale, relative alle diverse sfere del sapere: geografla, astrono-
mia, ecc., dando in questo modo vita ad altri testi.

13 Ibid., p. 319.
100 MARIA CRISTINA LOMBARD!

Ad esempio, ritroviamo in Rimbegla (350-54) parti del primo


capitolo (su flumi, acque e laghi della terra); (340-42) parti del set-
timo («Su corne i flgli di Noé si spartirono la terra»); (342-50) parti
dell' ottavo («Sulle varie razze del mondo», capitolo che presenta una
descrizione delle genti mostruose e fantastiche); brani del quindicesi-
mo (336) («Sull'.arcobaleno») e del sedicesimo capitolo (92-94) («Sulla
posizione del sole»).
In Antiquités Russes II si rileva la presenza di brani del primo capi-
tolo (430-32), integrati con altre informazioni, del seconda e del terzo
(432-33); del quarto capitolo (434-39) («Sulla posizione delle terre nel
mondo») nonché dell' ottavo (440-441).
Nel Phisiologus, ritroviamo parti dell' ottavo, <love si menziona un
uomo dalla bocca minuscola e un esemplare di sciapode, descrizione
che, pur dipendendo da Isidoro (Etymologiae, XI, iii, 23) pare conta-
minare materiale anche da altre fonti.
Nello Elucidarius (1850) (150-151 e 155-156), si riscontrano
brani del decimo capitolo («Sui luoghi di culto degli dei pagani»).
Anche in AM 198 8°, redatto alla fine del XN sec., contenente,
tra l' altro, un itinerario dall'Islanda alla Terra Santa, si nota, al foglio
16, un brano che risulta quasi identico, al confronta di quanta si affer-
ma nell'ultimo capitolo della Heim/jsing, contenuto nel foglio 18v,
dal titolo «Sull'ubicazione delle città e le tombe dei santi», per quanta
riguarda alcune informazioni sull'Italia, corne indica F. Raschellà nella
sua edizione di AM 198 14.
In questo lavoro mi occuperà in particolare del capitolo iniziale,
dedicato alle acque portentose, che, corne già menzionato, non pre-
senta alcun titolo. Lo seguono nel testo due brevi capitoletti, intitolati
rispettivamente Prologus e Fra Paradiso, dopodiché la parte geograflca
prosegue con il capitolo «Sulla posizione delle terre nel mondo».
Le altre sezioni, riguardanti le nazioni derivate <lai flgli di Noé,
le favolose razze umane, l' arcobaleno, la posizione del sole, ecc., non
saranno qui esaminate che sporadicamente e limitatamente ai riferi-
menti geograflci che contengono.
Il grande spazio e la preminente posizione che, tra gli elementi
geograflci, occupano nel frammento le acque portentose, costituendo

14 F. D. RAscHELLÀ, Itinerari italiani, pp. 566-568.


«HEIMLYSING» 101

l'incipit del codice, sembrerebbe riflettere il ruolo preponderan te che


mari, flumi e corsi d'acqua in genere rivestivano nella vita delle popo-
lazioni nordiche 15.
Questa sezione - che inizia con un breve paragrafo dove si men-
zionano i quattro flumi che nascono dal Paradiso, per poi passare
all' elenco degli al tri flumi più importanti di Asia, Africa ed Europa
- mostra una serie di corrisponde nze con passi delle Etymologiae di Isi-
doro di Siviglia, in particolare con il libro XIII, senza tuttavia seguirne
esattamente l' ordine.
Il materiale, infatti, non risulta ordinato né geograflcamente né
secondo una categorizzazione dei fenomeni (positivo/negativo, ecc.).
Infatti, dopo il brano iniziale, le meraviglie delle acque vengo-
no enumerate senza un chiaro fllo conduttore. Si passa, ad esempio,
dalla Terra Santa (con il Mar morto), all'Italia (alla Campania, per
esattezza), poi all'Africa e in seguito alla Sicilia. Quindi, ci si sposta in
India con il Siden (che non viene collocato geograflcamente, ma che
sappiamo dalla fonte latina essere in India) e in Frigia (con la fonte
Marsidia, la cui posizione geograflca non viene data dal testo norreno,
ma è ancora evincibile dalla fonte latina). Si passa poi alla Sardegna,
per menzionare successivamente un fenomeno sempre non localizzato
in norreno, ma ascritto all'Epiro dal testo latino.
Dal confronto con la fonte latina, della quale il testo nordico si
presenta sostanzialmente corne un rifacimento, si rilevano
- sottrazioni di materiale testuale: riduzioni e omissioni spesso
non fortuite, ma tese a favorire la comprensio ne e probabilmen te la
facilità di consultazione, attraverso sostanziali sempliflcazioni che
coinvolgono diversi livelli linguistici: (lessicale e sintattico, in partico-
lare); o, più raramente,
- aggiunte di materiale testuale esterno (ampliamen ti dovuti a
dati empirici, viaggi e scoperte, o a contaminazi oni di altre fonti) 16 •

I5 Anche nei trattati di geografla greci, l'elemento periegetico era preponderante


rispetto, ad esempio, a quanto si riscontra nei trattati latini. Le nozioni geometriche
assumevano poi un'importanza maggiore nei trattati greci: si pensi alla misurazione
del meridiano terrestre, con Eratostene. Nei trattati latini, invece, le misurazioni
avevano finalità più pratiche, rivolte, ad esempio, alla misurazione dei confini del-
l'impero e delle varie province.
16 Non sempre
precisamente individuabili: vediamo ad esempio che se certe
102 MARIA CRISTINA LOMBARD!

A. EsEMPI 01 RIDUZIONI:

Per quanta riguarda le riduzioni di materiale testuale, si segna-


lano, nella sezione dedicata alle acque, fra gli altri, frequenti casi di
eliminazioni e contrazioni di toponimi:
a) Avernus heitir vatn i Campania parer daunn sva illr at dœyr alt pat
er af kennir (p. 3) («Si chiama Avernus un'acqua in Campania dove
c'è un adore cosl cattivo che muore tutto quello che lo avverte»).

corrispondente al passa di Isidoro:


Isid., Etymologiae, XIII, 19, 8: Lucrinus et Avernus lacus Campaniae
sunt. Lucrinus autem dictus, quia olim propter copiam piscium vec-
tigalia magna praestabat Avernus autem lacus vocatur, quia aves ibi
supervolare non passent. Nam antea silvarum densitate sic ambieba-
tur, ut exhalantis inde per angustias aquae sulphureae, odor gravissi-
mus supervolantes halitu suo aves necaret 17 .

dove si nota, oltre alla sostanziale sempliflcazione del brano,


l' eliminazione di uno dei due toponimi della fonte latina: Lucrinus,
riducendo, nel testa norreno, i due laghi al solo Avernus.
b) Analogamente, nel passa riguardante il Mar Morto, si omette
un toponimo, Lacus Asphalti, rispetto alla fonte, e si nomina solo
Daulfasjor, 'Mar Morto': un'omissione forse da imputarsi alla mancan-
za di interesse per toponimi probabilmente sconosciuti in Scandinavia;
al contrario, il Mar Morto, grazie al suo legame con i luoghi biblici,
rivestiva un ruolo fondamentale. Infatti, nonostante l' estrema conci-
sione testuale, ad esso è dedicato un brano relativamente ampio, dove
ci si dilunga sui fenomeni prodigiosi che Io caratterizzano.
Tra le riduzioni, sono inoltre da notare le frequenti contrazioni di
due differenti meraviglie, relative a due diverse acque, ri uni tee ascritte
nel testa nordico ad una medesima fonte o flume o lago.

notizie - corne !'animale chiamato Mantikœra, menzionato ne! capitolo sulle razze
favolose - non compaiono in Isidoro, ma in Plinio, che ne cita la fonte (Ctesia, che ·
a sua volta Io riprende da Aristotele), alcre - corne alcuni dati relativi alle dimensioni
della Pardia - non sono riconducibili ad alcuna fonte nota.
17 Questa, cosî corne tune le altre citazioni da Isidoro, è tratta da IsrooRr Hispa-

lensis Episcopi Etymologiarum sive Originum Libri XX, ed. by W. M. LINDSAY, I-II.
Oxford, UP, 1911.
«HEIMLYSING» 103

Ne sono esempi:
1. il caso della fonte Cizici, alla quale si conferiscono proprietà
che in Isidoro sono attribuite ad un lago della Beozia che qui è omes-
so:
par er brunnr er Cineus heitir. Hann rekr av lostasemi ef man
dreckr af hvart sem er kali eèla kona (p. 3) («C'è una fonte che si
chiama Cineus. Si viene presi da libidine se vi si beve, sia uomo che
donna»).

La fonte latina riporta in questo caso due toponimi relativi a due


fenomeni diversi:
Isid., Etymologiae, XIII, 13, 3-4: Cizici fons amorem Veneris rollit.
Beotiae lacus furialis est, de quo qui biberit, ardore libidinis exarde-
scit.

Vediamo che il testo nordico si discosta dalla fonte anche perché


tace il nome della divinità pagana, Venere, probabilmente perché non
comprensibile ai suoi destinatari.
2. o quello del lago Siden:
Siden heitir sior a Indialande, par sœkr allt er a kemr. Vatn heitir
Algus par sœkr ecki pat er a kemr. Marsidia heitir vatn. par vaxa
steinar i (p.2) («Siden si chiama un lago in India, là affonda tutto cio
che vi arriva. Un'acqua si chiama Algus, là non affonda quello che vi
giunge. Marsidia si chiama un'acqua. Vi crescono pierre»).
Isid., Etymologiae, XIII, 13, 7: India Siden vocari stagnum, in quo
nihil innatat, sed omnia merguntur. At contra in Africae lacu Apusci-
dano omnia f1uitant. Marsidiae fons in Phrygia saxa generat.

dove vediamo, dunque, oltre alla sostituzione di Apuscidano con Algus


- non più localizzato in Africa - e all' eliminazione di Phrygia, anche
una certa tendenza alla simmetria nelle rese lessicali, attraverso la
sempliflcazione dell' enunciato, con la ripetizione del medesimo verbo,
sœkr 'affondà, corredato di negazione, sœkr ecki 'non affondà, per
esprimere rispettivamente il lessico latino, più diversiflcato: fluitant
'galleggiano' in opposizione a merguntur 'affondano'.
Tra questo genere di sempliflcazioni che il trattato nordico talora
persegue, ricorrendo a rese lessicali tendenti a maggiore simmetria,
segnaliamo, nel seguente brano:
Er oc sa brunnr er sva er kaldr hvern dag at eigi er dreckr. En um
netr er sua heitr at vdreckr er (p. 4) («C'è anche quella fonte che è
104 MARIA CRISTINA LOMBARD!

cosl fredda ogni giorno che non si beve. E di notte è cosl calda che
non è bevuta»).
Isid., Etymologiae, XIII, 10, 9: Apud Garamantes fontem esse ita
algentem die, ut non bibatur, ita ardentem nocte, ut non tangatur.

l' uso dei participi preteriti nelle forme perifrastiche passive: er


dreckr 'è bevuto' e er udreckr 'è non bevuto', riferiti all'acqua di una
fonte, e corrispondenti rispettivamente al latino bibatur (azione che
coinvolge il gusto) e tangatur (azione che coinvolge il tatto).
I due participi norreni, tra l' altro, non colgono, esdudendo il
tatto, l'intenta della fonte latina di coinvolgere, nell'enunciazione delle
meraviglie, tutti e i cinque i sensi. (Da notare, inoltre, qui un' altra
omissione relativa alla localizzazione del fenomeno che invece è data
in latino: Apud Garamantes.)
Molti toponimi vengono dunque taciuti nel testa scandinavo:
non ci si cura di collocare geograficamente i fenomeni, probabilmente
quando la menzione dei toponimi, ad essi legati, assolutamente scono-
sciuti nel nord, non avrebbe avuto alcuna funzione evocativa. È il casa
di Epiro, Beozia, Tessaglia, Etiopia. Mentre si nominano più volte: Ita-
lia, Puglia, Campania, ecc., anche perché queste ultime facevano parte
degli itinerari dei pellegrini verso la Terra Santa. Si osserva inoltre che,
clave le indicazioni toponomastiche vengono fornite, esse si presentano
comunque più generiche, rispetto alla fonte latina, sempre più precisa
e corredata da informazioni più circostanziate.
Ad esempio, se in Isidoro compare Thessalia, nel testa norreno
si parla di Girkland, 'Grecia'; oppure, clave il testa latino presenta
Aethiopia, il trattato norreno presenta Bldland 'Africa': queste scelte
sono annoverabili tra gli evidenti tentativi di volgarizzare una materia
ricca di riferimenti geografici sconosciuti, eliminando quegli elementi
che sarebbero suonati troppo estranei e sostituendoli con toponimi
designanti regioni più grandi o città più famose, nei pressi delle quali
le acque prodigiose si trovavano e che, dunque, suonavano più note
e familiari. Del resta, questa tendenza è esplicitamente ammessa dal
testa stesso, quando, a proposito dell'Italia, nel capitolo sull'ubicazione
delle città e delle tombe dei santi, si afferma:
Noror fra Puli 18 er Italia land. pat kollum ver Romaborgar land. par
stendr Romaborg a (pp. 12-13) («A nord della Puglia c'è l'Italia. Noi

18
Da no tare che, nella stessa pagina, la Puglia viene detta prima Apulea e subito
«HEIMLYSING» 105

la chiamiamo la terra della città di Roma (Romaborgar land). Vi


sorge la città di Roma»).

La tendenza alla riduzione, seppure dominante nel testa, non è


tuttavia univoca: talvolta vi si veriflcano anche ampliamenti, aggiunte
di elementi geograflci o di toponimi (corne la parte che allude alla
colonizzazione dell'Islanda e della Groenlandia).

B. EsEMPI 01 AMPLIAMENTI:

Tra le aggiunte degne di nota, che testimoniano un "attivo" pro-


cesso di attualizzazione e adeguamento del modello alla realtà culturale
alla quale il testa norreno si rivolgeva, si segnala l'introduzione, tra i
grandi flumi del monda· - subito dopa Gange, Nilo, Tigri ed Eufrate
- del Rin, il flume Reno - annoverato, insieme al Tago e allo Ermonol,
tra i corsi d' acqua dalle sabbie aurifere.
Rîn heitir [a] a fraclande. parer enn gull i sondum hia (p. 1) («Reno
si chiama un flume nella terra dei Franchi. Nelle sue sabbie c'è
Oro»):

un' aggiunta che testimonia l'intenta di riservare un posta d' onore ad


un flume cui sono legati miti e leggende eroiche germaniche, e che
costituiva, tra l' altro, una fondamentale via fluviale che da nord veniva
risalita per raggiungere l'Europa meridionale.
Da menzionare, inoltre, tra gli ampliamenti - nel capitolo sulle
regioni del monda, dove si parla dell' ubicazione delle varie terre nei
diversi continenti 19 - una signiflcativa aggiunta riguardante le recenti
colonizzazioni e scoperte geograflche (l'Islanda e la Groenlandia):
par ero fra honum er komen pioô su er tyrkir heita ... fornar bœkr
visa til at af pvi lande bygôist Svithioô. En Noregr af Svipioô. En
Island af Noregi. En Grœnland af Islande (p.12) («Da lui [Tiras,

dopo Pui. Sembrerebbe che, ne! primo caso, si seguisse fedelmente la fonte latina;
mentre ne! seconda caso, trattandosi di una parte in cui si introducono rielaborazioni
nordiche di toponimi corne !tafia e Milano, si usa il termine corrente in norreno.
19 In questa
sezione si parla dell' Egitto, dell'India, del Quenland, situato a Nord
dell'India, forse da ravvisare nella terra delle Amazzoni (Pomponio Mela, III, 5, ne
parla corne di una terra situata sulle rive del Mar Caspio; Isid., Etymologiae, IX, 2, 65:
«Albani aurem vicini Amazonum fuerunt»). Vi si menziona poi l'Albania.
106 MARIA CRISTINA LOMBARD!

flglio di Javeth, flglio di Noè] è venuto il popolo che si chiama Tur-


chi. .. gli antichi libri mostrano che da questa terra fu colonizzata la
Svezia. La Norvegia dalla Svezia. L'Islanda dalla Norvegia. La Groen-
landia dall'Islanda»).

in cui si nota l' evidente intenzione di sottolineare uno stretto


rapporto storico-culturale tra il mondo nordico e la civiltà latino-cri-
stiana.
Anche quando il testo elenca le regioni continentali del Nord
Europa, troviamo altro rnateriale toponornastico con il quale la fonte
latina viene integrata, derivante da una conoscenza fondata su un
sapere ernpirico, sull' esperienza dei viaggiatori, (corne accade anche
nell'Orosio anglosassone, per i racconti di Ohthere e di Wulfstan).
Vi sono nominate città, che dovrebbero trovarsi nell' attuale Bielo-
russia, corne: Moramar (Murom), Rostofa (Rostow), Surdalar (Susdal),
Holmgarlfr (Novgorod), Syrnes, Galfar e Kœnugarlfr (non identiflcate),
Palteskia (Potolsk) 20 •
Si prosegue elencando regioni che il testo dice di trovarsi nel
Garlfariki, cioè in Russia, corne: Kirial (Karelia), Refal (Reval), Tafei-
staland (Tavastaland), Virland, Eistland, Lifland, Kurland, Ermland
(vicino al flurne Elba) 21 , Pulinaland (Polonia), Vindland (la terra dei
Vendi, lungo la costa del Baltico, dalla Danirnarca alla Vistola22 ) e,
più a ovest, la Danirnarca. Ad est della Polonia, si rnenzionano Reilf-
gotaland 'Terra dei Goti' (da confrontarsi con l' etnonirno reilfgoter,
menzionato nell'Edda poetica nonché nell'iscrizione runica svedese di
Rok, del IX secolo) e Hunaland 'Terra degli Unni'.
Analogarnente, per quanto concerne le regioni baltiche, gli
arnpliamenti riguardano la rnenzione di terre che il testo attribuisce
alla Finlandia, tra le altre: il Kvenland (norninato anche nell' Orosio
anglosassone, nel racconto di Ohthere23 , che potrebbe essere anche una
fonte della Heim/ysing) e il Kyl.fingaland, luoghi spesso rnenzionati

20 Seconda N. M. PETERSEN, da localizzare tutte in Russia. N. M. PETERSEN,


Haandbog i den gammel-nordisk geogra.fi. Kj0benhavn 1834, p. XII.
21 Ibid.

22
Sempre seconda PETERSEN, Haandbog, p. XVI.
23 «Maroara habbao be westan him J:>yringas
(«Maroara abbiamo a ovest di essi i
Thyringas») ... be estan him Sermende & be norrhan him ofer J:>a westenne is Cwen-
land & be norJ:>an him sindon Scrideflnne & be westan NorJ:>menm> («A est di essi
«HEIMLYSING» 107

nelle saghe, in particolare nella Saga di Egil! Skallagrfmsson:


l>ôrôlfr fôr aFinnmürk og fôr viôa um hana, ... en er hann sôtti austr
afjallit, spurôi hann, at Kylfingar varu austan komnir, ok fôru par att
Finnkaupum, en sumstaôar meô ranum 24 •
(«l>ôrôlfr si spinse profondamente all'interno della Finlandia. Giunto
.fino aile pendici orientali della montagna, venne a sapere che i Kyl-
fingar erano giunti da oriente, con l'intenzione di commerciare con
i Finni»).

Fra le aggiunte di materiale, indicanti contaminazione di più


fonti diverse da Isidoro, sempre nel capitolo «Her segir fra J?vi hversu
land liggia i veroldenni», è interessante, tra le altre, la menzione del
favoloso animale, chiamato Mantikœra (p. 7), che non compare in Isi-
doro ma che invece è presente sia nel De imagine mundi di Honorius
Augustodunensis che in Plinio, dal quale l'aurore nordico puo avere
più probabilmente attinto, attraverso un sunto, corne ipotizziamo .
. . . .Mantikœra heitir dyr par er a manz anlit oc prefaldar tenn i hofcl~
bolr sem hins varga dyrs sporôr sem a dreka, gull augu i rodd sem
hoggorms harôare en fugll fliugi oc er pat mannœta (p. 8).
(«Mantikœra si chiama un animale che ha la faccia di uomo e triplici
file di demi nd capo, il dorso corne quello di un animale feroce, la
coda (di pesce) corne un drago, oro nell'occhio, voce corne quella di
una siringa e corre più velocemente di quanto voli un uccello ed è
cannibale»).
Plinio afferma, nella sua opera Naturalis Historia, VIII, 30: apud
eosdem (gli Indiani) nasci Ctesias scribit, quam mantichoram appel-
lat, triplici dentium ordine pectinatim coeuntium, fade et auriculis
hominis, oculis glaucis, colore sanguineo, corpore leonis, cauda
scorpionis modo spicula infigentem; vocis, ut si misceatur fistulae et
tubae concentus: velocitatis magnae, humani corporis vel praecipue
appetentem 25 •

[gli Svedesi] il Sermende e al loro nord, al di là della terra abitata, c'è il Cwenland. A
nordovest di essi gli Scridefinne [i Lapponi] e a ovest i Norvegesi»). (Two voyagers at
the court of king Alfred, ed. by N. LUND. York, Ebor Press, 1984, p. 18).
24 Egilssaga, udg. av S. NORDAL,
(fslenzk Fornrit, 2). Reykjavîk, Hîd fslenzka
Fornritafélag, 1933, p. 35.
25 Plinio aveva probabilmente ripreso la notizia da Ctesia di Cnido,
Asia Mino-
re, IV sec. a.c., che visse a lungo alla corte del re di Persia; scrisse dopo il 399 una
storia della Persia con una descrizione dell'India; in questo libro, di cui resta solo un
frammento, si trova la descrizione di questo animale. Lo descrive anche Aristotele, in
HistoriaAnimalium, II, 3, 10).
108 MARIA CRISTINA LOMBARD!

ANALISI DEGLI ASPETTI LINGUISTICI E LESSICALI

Per quanto riguarda gli aspetti linguistici, tra le rese lessicali che
si discostano dal latino, sono da menzionare nella prima sezione del
testo, alcuni lesserhi, in corrispondenza dei termini designanti elemen-
ti idrici, in cui si nota una minore precisione rispetto agli idronimi
latini, sempre più differenziati.
Ad esempio, in molti casi, il generico vatn 'acquà puà corrispon-
dere sia al latino Jons:
Marsidia heitir vatn par vaxar steinar i (pp. 3-4) («Marsidia si chiama
un'acqua dove crescono pietre»).
lsid., Etymologiae, XIII, 13, 7: Marsidiae fons in Phrygia saxa gene-
rat.
Par ero tveim megin votn pau er annat heitir lor en annat Dan. (p. 9)
(«Là sono due grandi acque, una si chiama lor e l'altra Dan»).
lsid., Etymologiae, XIII, 21, 18: lordanis Iudaeae fluvius, a duobus
fontibus nominatus, quorum alter vocatur lor, alter Dan.
Pat vatn er enn er log brennande slœkna ef j vatn ero laten. Enn pegar
kemr loget a kertin er or vatne kemr upp. («ln quell' acqua le flamme
accese si spengono se si mettono nell'acqua. Ma quando la fiamma si
tira su dall'acqua, toma sulla candela»).
lsid., Etymologiae, XIII, 13, 10: ln Epiro esse fontem, in quo faces
extinguuntur accensae, et accenduntur exinctae.

sia al latino rivus 'ruscello':


Pat vatn er enn at sv a hverfr stundum at ekki er efti nema leirur oc
veit engi ner brott man hverfa. En forèlum hafcle horfet brot iii daga
i viku huerri (p. 6) («C'è anche un'acqua che qualche volta scompare
tanto che non ne restano che fanghi e nessuno sa dove sparisca. Un
tempo ne spariva il corso tre giorni alla settimana»).
lsid., Etymologiae, XIII, 13, 9: In Iudaea quondam rivus sabbatis
omnibus siccabatur26 .
che al latino lacus 'lago':

26
Anche Plinio allude a questo genere di fenomeni: Naturalis Historia, XXXI,
18: «Et in Cantabria fontes Tamarici in auguriis habentur. Tres sunt ... Siccantur
duodecim diebus ... ».
«HEIMLYSING » 109

oltre ai già citati esempi di Avernus e Algus


Avernus heitir vatn i Campania ... (p. 3) («Si chiama Avernus un'ac-
qua in Campania ... ») 27 •
Isid., Etymologiae, XIII, 19, 8: Lucrinus et Avernus lacus Campaniae
sunt. ..
Vatn heitir Algus ... (p. 4) («Un'acqua si chiama Algus ... »).
Isid. Etymologiae, XIII, 13, 7: At contra, in Africae lacu Apuscida-
mo ...

riportiamo :
Vatn er parer prysvar er ramt a tveim dœgrum en gott pess a milli
jafnan (p. 4) («C'è un'acqua che per tre volte in due giorni è amara,
ma è buona sempre negli altri in mezzo»).
Isid., Etymologiae, XIII, 13, 9: In Troglodytis 28 lacus est; ter in die fit
amarus et deinde totiens dulcis.

Il lessema sjor puà corrispond ere non solo al latino a. mare e lacus,
ma anche a b. stagnum:
Dauoasjor heiter a Gyoingalande (p. 2) («Mar Morto si chiama nella
terra dei Giudei ... »).

in Isidoro menziona to insieme a Lacus Asphalti, toponimo omes-


so nel testa norreno:
Isid., Etymologiae, XIII, 19, 3: Lacus Asphalti et mare Mortuum
vocatum, quod nihil gignit vivum ...
accanto al già citato Siden:
Siden heitir sior a Indialande... (p. 2) («Siden si chiama un lago in
India ... »).
Isid., Etymologiae, XIII, 13, 7: India Siden vocari stagnum ...

si segnala poi un probabile fraintendi mento nel composta vatnz

27 Da notare la fusione, ne! testa in volgare, dei portenti di due laghi, Lucrinus
e Avernus, della fonte latina: Isid., Etymologiae, XIII, 19, 8: «Lucrinus et Avernus
lacus Campaniae sunt. Lucrinus ... Avernus autem dictus quia olim propter copiam
piscium vectigalia magna praestabat ... ».
28 Da notare
anche la mancanza di localizzazione geografica rispetto alla fonte
che la colloca tra i Trogloditi - che qui tuttavia vengono menzionati in seguito, ne!
capitolo sulle razze favolose.
110 MARIA CRISTINA LOMBARD!

sott 'idropisià che compare in corrispondenza del latino /ymphaticus


(presente anche nella Naturalis Historia di Plinio, libro XXX, 5, 5):
Su tiorn er a blalande er sa tekr vatnz sott er af drekkr (p. 4) («C' è
uno stagno in Africa che, se se ne beve [l'acqua] ci si ammala di
idropisia»).
Isid., Etymologiae, XIII, 13, 4: In Aethiopiae fonte rubro qui biberit
lymphaticus fü.

Oltre ad osservare che in latino si parla di Etiopia, mentre nel


testa norreno quest'acqua viene collocata più genericamente in Africa,
Bldland 'terra dei neri', è da notare anche la mancata corrispondenza
tra il latino fans e il nordico tiorn 'lago, stagna', non imputabile a
ragioni di uniformità, corne invece avviene nei casi in cui si ripete un
lessema perché identico a quello designante il prodigio precedente e/o
quello successivo nel testa. Vediamo, al contrario, corne tiorn si distin-
gua, in questo brano, in mezzo ad una serie di fenomeni legati proprio
a brunnar, 'fonti' particolari.
Talvolta, sebbene alquanto raramente, la scelta lessicale del testa
nordico puà tendere, invece, ad una maggiore precisione: ad esem-
pio, esprimendo un concetto temporale in modo piü dettagliato di
quanta non faccia la fonte latina29 : corne nel caso dell'acqua, detta
'fonte di Giobbe', in cui si osservano in norreno alcune variazioni di
tipo esplicativo, ad esempio nella resa dei colori della fonte. Mentre
Isidoro asserisce soltanto che la fonte cambia colore quattro volte l'an-
no, il testa norreno speciflca più precisamente le stagioni nelle quali
si hanno i vari colori, ampliando anche le semplici denominazioni
relative ad essi:
hann er um varet grar. En um sumaret rauor sem bloc. Um haustet
er hann grœn sem sior. Um vetrenn gagnsenn sem skirt vatn (p. 4)
(« ... è grigia in primavera. D'estate è rossa corne il sangue. D'au-
tunno è verde corne il mare. D'inverno è trasparente corne l'acqua
limpida»).

29 Lo stesso si verifica nel capitolo sulle regioni della terra, a proposito dell'isola

di Tile: «Taphana (erroena scrittura per Taprobanan) heitir œy par ero ii sumar oc ii
vetr a tolf monaôum» (p. 6) («Taphana si chiama uriisola. Là vi sono due estati e due
inverni in dodici mesi»). Isid., Etymologiae, XIV, 6, 12: «Taprobana insula Indiae
subiacens ad eurum ... In hac insula dicunt in uno anno duas esse aestates et duas
hiemes».
«HEIMLYSING» 111

Isid., Etymologiae, XIII, 13, 8: ... id est pulverulentum, sanguineum,


viridem et limpidum ...

Un ulteriore elemento lessicale degno di nota si puà segnalare, tra


gli adattamenti con fini esplificativi, nella sezione del testo dedicata
alle razze mostruose, nel composto nominale Einfœtingar 'unipedi' un
probabile neologismo per quanto riguarda il norreno, forse coniato
dall' au tore stesso della Heimljsing, che traduce il latino sciapodes:
Einfœtingar hafa sva mikinn fot vièl iorèl att peir skykgja ser i svefni
vièl solo. peir ero sva skioter sem dyr oc laupa vièl stong. Su pioèl er i
Afrika ... (p. 26).
(«Gli unipedi hanno un piede cos! grande a terra che si riparano da!
sole ne! sonno. Sono tanto veloci corne animali e corrono con un'asta.
Questo popolo è in Africa»).
Citiamo qui quanto, a tale riguardo, affermano rispettivamente Isi-
doro, Plinio e Gellio:
Isid., Etymologiae, XI, 3, 23: Sciopodum gens fertur in Aethiopia
singulis cruribus et celeritate mirabili: quos inde OK1anooaç Graeci
vocant, eo quod per aestum in terra resupini iacentes pedum suorum
magnitudine adumbrentur.
Rabano Mauro, De rerum naturis, VII, 7: De portentis, riporta parole
identiche a Isidoro.
Plin., Naturalis Historia, VII, 2: Ctesias scribit. .. hominum genus,
qui Monoculi vocarentur, singulis cruribus, mirae pernicitatis ad
sa!tum, eosdemque Scaiapodas vocari, quod in maiori aestu humi
iacentes resupini, umbra se pedum protegant.
Gellius, Noctes Atticae, IX, 4, 9: atque item esse alia apud ultimas
orientis terras miracula, homines, qui monoculi appellantur, singulis
cruribus saltuatim currentes, vivacissimae pernicitatis.

Ora, tale lessema compare anche nella Saga di Eirikr il rosso, tradita
dallo stesso codice del nostro trattato, AM 544 4°, nel celebre episodio
dell'unipede, essere che presenta le stesse caratteristiche degli sciapodi,
avvistato nel Vînland, che si pensava, da quanto afferma la Eirikssaga
rauoa, confinasse con l'Africa. Il lemma einfœtingr che, vediamo, non
ha corrispondenti nelle fonti, né in latino né in greco - semmai le
fonti riportano, oltre all' etnomino di 'sciapodi', ad es. in Ctesia e in
Gellio, anche l' altro loro appellativo di monoculi, apparentement e 'con
un occhio solo', in realtà dal greco µov6KwÀoç 'con un solo fusto, con
una sola coscia' - parrebbe dunque essere un adattamento esplicativo
di un elemento lessicale dotto, tramandato dagli auctores, allo scopo di
112 MARIA CRISTINA LOMBARD!

rendere comprensibile il tratto saliente della loro natura, senza bisogno


di illustrazioni che, invece, la parola 'sciapode', o un semplice calco su
di essa, avrebbe reso necessarie.

ÛRDINE E SCOPI DELLA PRESENTAZIONE DELLE


VARIE ACQUE PORTENTOSE

Sembra che, alla base di questo incipit di natura idrograflca, non


vi sia tanto l'enumerazione di laghi e sorgenti del monda, ma piut-
tosto la menzione di acque che presentano aspetti prodigiosi: ad es.
flumi dalle sabbie aurifere, corne l'Eufrate, il Tago, nonché fonti, laghi
e stagni dai poteri magici, con l'intenzione di attualizzare fenomeni
straordinari, in prevalenza negativi. Infatti le proprietà taumaturgiche
di fonti, laghi e flumi della terra, sono in realtà una minoranza rispetto
agli effetti devastanti (cecità, morte, malattie varie) che essi possono
provocare.
In genere i fenomeni vengono descritti in relazione ad un essere,
uomo o animale, che vi si rapporta, mentre la fonte latina si limita in
genere ad enunciare nell' acqua il soggetto attivo. Ad esempio:
A Italia er brunnr er heitir Ciceron. Hann grœoir augna mein, ef pvi
vatne er a riOit (p. 3) («In italia c'è una fonte che si chiama Cicerone.
Essa cura le malattie degli occhi, se ci si bagna con quell'acqua»).

Vediamo che il testa norreno aggiunge: «Se ci si bagna con quel-


l'acqua».
Analogamente, descrivendo il lago Avernus, qui detto 'acquà, av-
verte che si muore ejpar kenna af(p. 3) («se solo se ne sente l'adore)».
Mentre in Isidoro leggiamo semplicemente:
Isid., Etymologiae, XIII, 19, 8: aquae sulphureae odor gravissimus
supervolantes halito suo aves necare.

Il testa norreno provvede, dunque, sempre a fornire una situazio-


ne concreta.
La natura delle acque viene quindi principalmente descritta negli
effetti negativi che essa produce sull'uomo o sugli animali, contraria-
«HEIMLYSING» 113

mente a quanta avviene, ad esempio, in un testo di argomento a tratti


analogo, corne il Merigarto, frammento di un poemetto bavarese dell'
XI secolo, nel quale prevalgono invece i benefici che le acque possono
apportare all' uomo3°.
Si tacciono, ad esempio, nel testo nordico alcune acque, presenti
invece nel Merigarto, i cui prodigi sono positivi e di natura prettamen-
te estetica: corne il lago etiopico la cui acqua, se spalmata sul corpo,
fa splendere la pelle (Isid., Etymologiae, XIII, 13, 2), o la fonte pressa
Zama che rende bella la voce (Isid., Etymologiae, XIII, 13, 2).
Si pone qui, invece, l' accento su fenomeni naturali inquietanti,
sottolineando gli aspetti oscuri, in qualche modo "punitivi", della
creazione che potrebbero nuocere all'uomo a seconda del suo compor-
tamento, agenda da emissari divini. In particolare, cio è evidente nei
luoghi testuali dove si descrive una coppia di acque: una con effetti
buoni, l'altra cattivi. Ad esempio:
A Girklande er a suer sauoi gerir hvita pa er af drecka. En suer onnor
er alla gerir svarta. Verèla oc fleckotter ef af ymsum drecka (p.3) («ln
Grecia c'è un flume che fa le pecore bianche se da esso bevono. Ce
n'è un altro che le fa tutte nere. Diventano maculate se da entrambi
bevono»).

Isid., Etymologiae, XIII, 13, 5: In Thessalia duo sunt flumina ex


uno bibentes oves nigras fleri, ex alterum autem albas, et ex utroque
varias 31 •

30
Anche ne! Merigarto si descrivono elementi geograflci meravigliosi, in partico-
lare riguardanti le acque, e anche qui la fonte è Isidoro, recipito con moita probabibi-
lità attraverso Rabano Mauro. Similmente a quanto avviene ne! nostro testo, l'aurore
del poemetto tedesco seleziona quei fenomeni che sono vicini a luoghi conosciuti e
omette altri luoghi mena noti. Ad esempio, ne! Merigarto non si parla di Giudea, ma
si parla di Gerusalemme: Giudea viene rimpiazzato da! nome di una città più nota,
corne avviene nella Heim/jsing per l'Italia. Si menziona la Beozia, ma si elimina la
Tessaglia (ne! testo nordico sono entrambe eliminate in favore di Girkland 'Grecià).
Anche la terra dei Trogloditi, corne nella Heimljsing, viene eliminata; ma, ne! trattato
islandese, i Trogloditi compaiono nella parte dedicata aile varie razze del monda.
Le stesse fonti cui attingono i due testi in volgare conducono a somiglianze conte-
nutistiche: anche qui si parla di acque che scompaiono e riappaiono, soprattutto nella
parte centrale del poema tedesco. Oltre aile grandi differenze formali (prosa-poesia),
ne! nostro testo non compare l'Islanda, corne terra collocata ai limiti del monda,
nell'estremo nord, favolosa quasi quanta l'India, all'estremità orientale della terra: è
ovvio che ne! testa nordico non aveva ragione di essere meravigliosa.
114 MARIA CRISTINA LOMBARD!

Si puo notare corne spesso l' ordine degli effetti venga invertira
rispetto al latino: si presenta prima l' effetto positiva, poi quello nega-
tivo che, venendo per ultimo, rimane più impresso nella memoria,
sottolineando cosl ancora una volta la negatività dei fenomeni.
Imeressante, tra gli aspetti prodigiosi che vengono riportati - vedi
l'esempio qui menzionato a p. 113 - è il comportamento di alcuni
corsi d' acqua, ascritto alla sfera del meraviglioso, ma identiflcabile
chiaramente con le "risorgenze", fenomeni spiegati dalla scienza in
epoca moderna corne carsici, diffusi un po' ovunque. (Di flumi sotter-
ranei si parla anche nel mondo dassico, ad esempio dei flumi infernali;
ma non di flumi che spariscono per un tratto e poi risorgono.)
Questo farebbe pensare che l'importanza dell'aspetto meraviglio-
so di tali fenomeni fosse accentuato dalla loro immaginata corrispon-
denza con il comportamento attribuito ai quattro flumi del Paradiso,
corne indicherebbe una versione svedese dell'Elucidarius 32 •

STRUTTURA E SINTASSI IN RAPPORTO CON LE FONT!

Sostanzialmente, possiamo dire che, pur trattandosi di un fram-


mento e sebbene non si possa con sicurezza stabilire corne esso si con-

Anche nel Merigarto, infine, molto spesso si hanno denominazioni designanri le


diverse tipologie acquatiche che non corrispondono alla fonte latina: tra gli altri casi,
abbiamo ad esempio lacus in Isidoro in corrispondenza di brunnr nell'opera nordica
e di prunno nel Merigarto. (Vedi P. SPAZZALI, Il Merigarto. Milano, Edizioni Minute,
1995, p. 84).
31 Anche nel Merigarto
viene riportato questo fenomeno, ma senza alcuna localiz-
zazione geografica. lnoltre vi si afferma che l' effetto maculato si presenta «werdent dei
wazzer zisamine gimiscit» («se le acque vengono mischiate») (P. SPAZZALI, Merigarto,
v. 91, p. 90), cosa che presuppone che le pecore bevano un'acqua già mischiata; invece
nel nostro testa, corne nella fonte latina, è l'animale che va a bere da ambedue i fiumi:
e, quindi, si pone qui nuovamente l'accento sulla scelta individuale di rivolgersi
all'uno o all'altro elemenro.
32 A
proposito dei quattro fiumi sacri, vi si legge: «dessa vatten rinner i paradiset
inunder jorden nar de sedan kommer ut darifr:l.n bryrer de fram i:iver jorde» (DTM,
XXVIII, 7). («Questi fiumi scorrono sotto terra e, quando in seguito ne fuoriescono,
risorgono in superificie»).
«HEIMLYSING» 115

figurasse nelle sue dimensioni originali, la struttura del testo è in parte


individuabile, sulla base di considerazioni formali e contenutistiche.
Una suddivisione degli argomenti principali è suggerita quasi
sempre dai titoli dei capitoli, per quanto alcuni difficilmente leggibili,
a causa dell'inchiostro sbiadito, che ne evidenziano i contenuti, ad
eccezione della prima sezione, dedicata alle acque, (che, corne sappia-
mo, non presenta titolo).
A questo proposito, si deve notare che non vi compare la sezione
dedicata ai mari e all' oceano, presente sia in Isidoro che in Rabano
Mauro, e che tradizionalmente, in questo genere di trattati, si trova
prima dei capitoli dedicati a fiumi, laghi e stagni. Potrebbe essere stata
omessa intenzionalmente dal rifacitore nordico, ma potrebbe anche
essere andata perduta durante la trasmissione del testo.
A favore di quest'ultima ipotesi, sembrerebbe deporre la strut-
tura del breve paragrafo con i fiumi del Paradiso che introduce il
capitolo sulle acque - corne sappiamo, acefalo, forse inizialmente
mancante non solo del titolo, ma anche di questa parte introdut-
tiva che si configura corne un' aggiunta posteriore, anche per la sua
struttura sintattica che si differenzia dalle parti successive. Il para-
grafo sembrerebbe un' aggiunta finalizzata a introdurre e a ricondurre
questa sezione sulle acque portentose - di cui poteva essere andato
perduto l'incipit - pur nella loro diversità e varietà, ad una dimen-
sione divina.
Essa si distingue, infatti, dal punto di vista sintattico, dalle sezioni
successive le quali, pur semplificate rispetto al latino, mostrano una
sintassi più complessa. Tra l'altro, proprio perla sua struttura lapidaria,
se confrontata con il resto della sezione, questa parte appare corne un
sunto di quanto sullo stesso argomento, il paradiso e i quattro flumi
che ne nascono, si ripete nel testo in modo più esauriente e dettaglia-
to, due capitoli dopo, nel capitolo Fra Paradiso, con periodi composti
almeno da una principale e una subordinata.
Dall' esame della tecnica narrativa e della struttura dei singoli
gruppi di sezioni afferenti ad un dato argomento - ad esempio, dal-
1' analisi degli elementi introduttivi e connettivi che caratterizzano
gli inizi dei diversi paragrafl e dei periodi nonché i passaggi dall'uno
all' altro di essi - emergono unità narrative abbastanza compiute e
coerenti, omogenee tra loro sintatticamente e nel loro rapporto con
la fonte latina.
116 MARIA CRISTINA LOMBARD!

Non sono quindi soltanto i nuclei tematici a indicare la struttura


autonoma di una sezione, ma anche questo genere di elementi che ne
costituiscono la base.
Possiamo dunque, a questo proposito, osservare che il paragrafo
iniziale, sopra menzionato, è costituito da periodi che constano di una
sola proposizione, dalla struttura:
Sostantivo + Verbo (sempre heitir 'si chiama' o er 'è') oppure
Avverbio (sempre par "là") + verbo + sostantivo. Es.:
Ein heitir Phison. Hon fellr a Indialande. Onnor heitir Gion oc Nil
oèlru nafne. Hon fellr um Blaland oc Egiptaland. III heitir Tigris.
Hon fellr um Serkland. Fjorèla heitir Eufrates. Hon fellr um Meso-
potamia. ecc. (p. 1) («Uno si chiama Phison. Esso scorre in India.
Un altro si chiama Gion e Nilo con altro nome. Esso scorre in Africa
(intesa corne Africa nera) e in Egitto. Il terzo si chiama Tigri. Esso
scorre ne! Serkland. Il quarto si chiama Eufrate. Esso scorre in Meso-
potamia»).
Par ero gullsandar (p. 1) («Là ci sono sabbie d'oro»).
Isid., Etymologiae, XIII, 21, 8: Ganges fluvius, quem Physon sacra
scriptura commemorat, exiens de Paradiso pergit ad Indiae regiones.
Isid., Etymologiae, XIII, 21, 7: Geon fluvius de Paradiso exiens atque
universam Aethiopiam cingens, vocatus hoc nomine quod incremen-
to suae exundationis terram Aegypti inriget; yfj enim Graece, Latine
terram signiflcat.

Ben altra complessità sintattica mostra la fonte latina.


Questo tipo di struttura, estremamente semplice, perdura fino
al momento in cui vengono introdotti i fiumi dell'Europa. A questo
punto, i periodi acquistano maggiore complessità, essendo costituiti
quasi sempre da una proposizione principale e da una subordinata, in
genere una relativa, introdotta dal pronome relativo er.
Tanais heitir a er skilr Europa fra Asia (p. 1-2) («Tanais si chiama il
fiume che separa l'Europa dall'Asia»).

0 addirittura con due subordinate relative:


Dun heitir a er mest vatn er a Europa (p. 2) («Danubio si chiama il
fiume che è il più grande corso d'acqua che ci sia in Europa»).

Lo stesso puo dirsi circa la parte seguente, sulla varietà delle acque
portentose, dove si notano costruzioni con una principale e addirittura
quattro subordinate, due causali introdotte da pvi at, e due temporali
«HEIMLYSING» 117

introdotte rispettivamente da melfan 'mentre' e jegar 'quando'.


Vi si incontrano anche periodi con diverse proposizioni consecu-
tive e ipotetiche, es.:
Avernus heitir vatn i Campania. Parer daunn sua illr at dœyr al pat
er afkennir (p. 3) («Averno si chiama un'acqua in Campania. Là c'è
un tale cattivo odore che muore tutto cià che Io avverte»).
Par er brunnr er Cineus heitir. Hann tekr av lostasemi ef man dreckr af
hvart semer kali eoa kona (p. 3) («C'è una fonte che si chiama Cineus.
Si viene presi da libidine se vi si beve, uomo o donna che sia»).

Sebbene dunque si sempliflchi e si riduca notevolmen te la fonte,


e per quanto la sintassi mantenga generalmente un andamento sostan-
zialmente paratattico, nell'elenco delle acque prodigiose, le brevi
spiegazioni riguardanti i loro effetti sono inserite in periodi di una
certa complessità. In questo modo, il paragrafo iniziale, che introduce
i flumi del paradiso e del mondo, da tale punto di vista, contrasta net-
tamente con il resto della sezione, conflgurandosi corne una possibile
aggiunta posteriore.

ÛRDINE Dl ESPOSIZION E DEI FENOMENI

Un altro aspetto interessante, che merita di essere segnalato e


che emerge dall' analisi di q uesta sezione del testo, riguarda l' ordine
di esposizione dei vari fenomeni. Se, da una parte, molto riprende da
Isidoro, dall' altra i passi cui si attinge risultano nella fonte latina tra
loro alquanto distanti.
Vale la pena soffermarsi, dunque, sull' ordine nel quale vengono
esposti gli elementi: un ordine che non pare seguire quello riscon-
trabile nelle Etymologiae di Isidoro. È vero che, corne già detto, nel
medioevo le parti di testo venivano smontate e rimontate, secondo un
disegno magari estraneo al testo di partenza.
Tuttavia, la sequenza delle acque sembrerebbe rispecchiare piut-
tosto quella di un'altra opera enciclopedica, già menzionata, il De
rerum naturis di Rabano Mauro, nota rielaborazione delle Etymologiae
di Isidoro, dalle quali Rabano riprende interi passi che cita spesso
letteralmente.
118 MARIA CRISTINA LOMBARD!

Nel De rerum naturis di Rabano Mauro, libro XI, il capitolo De


diversitate aquarum occupa, corne nel trattato norreno, il primo posta,
mentre in Isidoro è solo il tredicesimo capitolo del XIII libro. Inoltre,
i fenomeni descritti nel testa nordico si trovano in Rabano, nel libro
XI, ai cap. 7, 6, 8, mentre, nel libro XIII delle Etymologiae di Isidoro,
risultano più distanti tra loro, ai capitoli: 21, 19, 7, 10, 24, 13.
Cio potrebbe far supporre che il sunto latino del materiale isido-
riano, di cui ipotizziamo l' esistenza, fosse stato recepito seconda il De
rerum naturis di Rabano Mauro, contaminando forse anche da altre
fonti, e, circolando nel nord, avesse funto da principale mediatore tra
Isidoro e il breve trattato norreno. Che, tra l' altro, l' opera di Rabano
fosse nota nel nord è affermato anche dalla studioso Turville Petre che,
in Origins of Icelandic Literature, la indica corne fonte di alcune tra le
prime omelie islandesi in volgare33.
Una qualche dipendenza del testa nordico da Rabano Mauro
potrebbe indicare anche un piccolo particolare che emerge dal con-
fronta con il capitolo De lacis et stagnis, del libro XI, relativo ad un
toponimo che sembrerebbe avere ispirato l' errore che appare nel passa
corrispondente del trattato nordico, già più volte citato.
Vatn heitir aigus par sœkr ecki pater a kemr. .. (p. 2).
Isid., Etymologiae, XIII, 13, 7: At contra in Africae lacu Apuscidano
omnia fluitant. ..

In Rabano si legge infatti:


Rab., De rerum naturis, XI, 8: At contra in Alce lacu Poscidamum
omnia fluitant nihil mergitur34 .

A conclusione di questa breve e certamente non esaustiva espo-


sizione, relativa alla parte geograflca del frammento di argomento
enciclopedico in AM 544 4°, potremmo senz'altro indicare, tra i suoi
fini primari, lo scopo di diffondere in lingua volgare strumenti essen-
ziali che permettessero di far comprendere ai destinatari scandinavi
la propria identità geograflca all'interno di una più vasta conoscenza

33
E. O. G. TuRVILLE-PETRE, Origins of Icelandic Literature. Oxford, Clarendon,
1953, p. 118.
34 RA.BANI MAuru De rerum naturis, éd. par ].-P. MIGNE, Patrologiae cursus com-

pletus ... : series latina, 111. Paris 1864, coll. 9-614.


«HEIMLYSING» 119

cosmograflca: renderli cioè consapevoli della posizione geograflca e,


soprattutto, culturale, che il nord rivestiva nel mondo, alla luce del suo
rapporto di dipendenza dal resto della civiltà latino-cristiana, corne
testimonia il brano già citato:
Par ero fra honum er komen pioo su er tyrkir heita. Pat er oc mioc
margra manna mal at vi er fornar bœkr visa til at af pvi lande bygàist
Svithioo. En Noregr af Svipioo. En Island af Noregi. En Grœnland
af Islande:

una descrizione che sintetizza, in termini estremamen te concisi,


la progressiva diffusione della civiltà latino-cristi ana ed è permeata
dallo spirito di sentirsi parte integrante di quel disegno: un disegno
destinato ad ampliarsi, attraverso le nuove scoperte geografkhe che ne
sono le tappe più recenti.
Riduzioni e ampliament i, modalità fondamenta li della trasmis-
sione di testi di natura didattica o scientiflca corne questo - dove
principale è l'intento didascalico - fanno parte di un atteggiamen to
"attivo" nei confronti della tradizione: un atteggiamen to che nasce
dall' esigenza di facilitare la comprensio ne del materiale veicolato e
conduce a scomposizioni e ricomposizioni del testo, nel tentativo di
aggiornarlo e adattarlo ad una determinata realtà storico-sociale.
Come abbiamo visto, il trattato è destinato ad una ricezione che
Io avrebbe a sua volta scomposto e smembrato, usato per interpolazio-
ni, nella redazione di altri testi.
Il suo interesse principale, infatti, non sta tanto nel contenuto che
esso veicola, ma nella sua funzione di fonte sia di informazion i per la
stesura di altre opere, corne testimonian o i sopra menzionati trattati
Rimbegla, Antiquités Russes, ecc., sia di notizie e di lessico da utilizzare
nei testi delle saghe, (ad es. La saga di Eirikr il rosso). Si configura
dunque corne una minienciclo pedia da cui molti testi hanno attinto,
corne sta a indicare signiflcativamente la posizione iniziale che occupa
nel codice principale che Io tramanda.

Università "L'Orientale" di Napoli


120 MARIA CRISTINA LOMBARD!

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LORENZO Lozzr GALLO

RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR»

I. DEFINIZIONE DEL CORPUS

Prima di affrontare uno studio delle fornaldarsogur, è necessaria


una premessa metodologica sulla deflnizione del corpus: infatti, il
gruppo di testi che rientra nel corpus è stato stabilito in età moderna
dall' erudito danese Carl Christian Rafn, il quale negli anni 1829-
1830 euro l' edizione di una collezione di saghe accomunate dalla
collocazione spazio-temporale degli eventi narrati, intitolata percio
Fornaldarsptzur Nordrlanda «Saghe del tempo antico dei paesi del
Nord» 1 , il cui impianto permane nelle successive edizioni integrali del
corpus ad opera di Valdimar Asmundarson 2 e Guôni Jônsson 3 •
A suo tempo, Lars Lonnroth per primo propose di abbandonare il
sistema tassonomico tradizionale della letteratura prosastica islandese,
osservando corne i concetti di konungasdgur, islendingasdgur e fornal-
darsdgur fossero del tutto moderni e senza riscontri certi nelle fonti
contemporanee4; alcuni anni più tardi ribadl questa sua posizione pur

1
c. c. MFN, Forna!dar sogur Nordrlanda, vol!. 1-3. Kaupmannahofn, H. F.
Popp, 1829-1830.
2 V. AsMUNDARSON, Fornaldarsogur Nordrlanda, vol!. 1-3. Reykjavîk, Siguràur
Kristjânsson, 1886-1891.
3 G. J6NsSON, B. VrLHJÂLMSSON, Forna!darsogur Nordurlanda, vol!. 1-3. Reykja-
vîk, Forni, 1943-1944; G. J6NSSON, Forna!dar sogur Nordurlanda, vol!. 1-4. Reykjavîk,
fslendingasagnautgafan, 1950. Per motivi di uniformità, ho sempre preso in esame i
testi in quest'ultima versione (eventualmente affiancati da edizioni più recenti).
4 L. L6NNROTH, «Tesen om de tva kulturena. Kritiska
studier i den islandska
sagaskrivningens sociala forutsattningar», in Scripta Islandica, 15 (1964), pp. 1-97
(in particolare pp. 9-32).
124 LORENZO LOZZI GALLO

ammorbidendo i toni 5 . Joseph Harris gli rispose nello stesso fascicolo


di Scandinavian Studies, sostenendo che, quando non è possibile rico-
struire una suddivisione di generi letterari di tipo "etnico", cioè interna
alla cultura considerata (corne appunto per l'ambito norreno), conven-
ga elaborare una suddivisione "analiticà', operata da studiosi moderni,
provvista comunque di valore funzionale e che non sia dimostrata in
contrasta con il sistema "etnico" medievale6.
Alcuni studiosi hanno inoltre fatto notare la scarsa coesione di
questo gruppo di saghe el' assenza di tratti caratteristici che deflnireb-
bero un simile gruppo nei confronti della restante letteratura prosasti-
ca, preferendovi piuttosto il concetto di "saghe romanzesche" in cui
riunire fornaldarsogur e riddarasiigur7 .
Per cercare di rimediare alla eterogeneità del corpus delle fornal-
darsogur, si è dunque cercato di suddividerlo in gruppi più omogenei.
Si possono distinguere almeno due categorie: le hetjusogur "saghe
eroiche" e le cevinryrasogur "saghe flabesche" o "d' avventurà'. Le prime
sono ambientate nel tempo della Volkerwanderung o agli albori dell' età
vichinga, basate su antichi miti germanici e contenenti un gran nume-
ro di versi in stile eddico, corne la Volsunga saga che rielabora la mate-
ria nibelungica; le seconde sono fortemente influenzate dal romanzo
cavalleresco, di norma organizzate seconda lo schema della quête, e
dunque strutturalmente più vicine alle riddarasogur. Tale distinzione
comunque non è parsa sufflciente a parte della critica, che a partire da
Kurt Schier ha teorizzato l' esistenza di un gruppo intermedio, le vikin-

5 L. LONNROTH, «The Concept of Genre in Saga


Literature», in Scandinavian
Studies, 47 (1975), pp. 419-426.
6 ]. C. HARRIS,
«Genre in saga Literature: A Squib», in Scandinavian Studies, 47
(1975), pp. 427-436; cf. anche T. M. ANDERSSON, «Splitting the Saga», in Scandina-
vian Studies, 47 (1975), pp. 437-441.
7 "Saghe dei cavalieri", che traggono
materia o ispirazione dal romanzo cavallere-
sco europeo: ne! primo caso sono chiamate "riddarasogur tradotte", ne! secondo "rid-
darasiigur originali". Sul concetto di saghe "romanzesche", cf. M. KALINKE, «Norse
Romance (Riddarasogur)», in Old Nors-Icelandic Literature: A Critical Guide, ed. by
C. J. CLOVER,]. LINDOW (Islandica 45). Ithaca, Cornell University Press, 1986, pp.
316-364. In parte tale concetto era stato teorizzato già in H. PAf.ssoN, «Early Icelan-
dic Imaginative Literature» in Medieval Narrative: A Symposium, ed. by H. BEKKER-
NrnLSEN et al. Odense, Odense University Press, 1979, pp. 20-30 e in ID., «Towards
a Definition of the Fornaldarsogur», Paper presented at the Fourth International Saga
Conference, Munich.
RACCONT! DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSOGUR» 125

gasogur, in cui l'interesse del narratore si concentra su razzie e scontri


di guerrieri vichinghi tra loro o contro esseri soprannaturali 8 •
Un contributo sistematico di grande importanza è stato offerto
dall' opera di Stephen A. Mitchell, che ha proposto di rielaborare
il canone delle fornaldarsogur secondo la possibile collocazione dei
testi lungo due assi: quello del carattere più o meno tradizionale
della materia e quello dell' approccio flabesco lfabulous) o realistico
lfactual) 9 . Mitchell ha inoltre esaminato e discusso l' evoluzione del
corpus in base alla critica precedente, formulando una propria deflni-
zione illuminante, che conviene citare interamente, secondo la quale
le fornaldarsogur sarebbero «Old Icelandic prose narratives based on
traditional hernie themes, whose numerous fabulous episodes and
motifs create an atmosphere of unreality» 10 • Questa deflnizione ha
permesso a Mitchell di proporre un nuovo canone delle fornaldarso-
gur che è stato adottato anche in questo studio, perché sempliflca la
classiflcazione, anche se occorre notare che questo nuovo canone non
è stato ancora universalmente recepito dalla critica 11 • Effettivamente,
la deflnizione di Mitchell comporta la conservazione nel canone della
Âns saga bogsveigis e l' esclusione della Frilfjjofi saga Jrœkna sulla base
del radicamento della prima e non della seconda nella tradizione; per
quanta certamente tale atteggiamento possa essere motivato con argo-
menti plausibili, ciononostante entrambe le saghe non hanno molti
elementi fiabeschi e si svolgono in uno spazio descritto con precisione
e lucidità, sl che il criterio spaziale sembra mantenere una sua validità:

8 Perla storia
della suddivisione dellefornaldarsogurcf. E. 6. SVEINSSON, «Fornal-
darsogur», in Kulturhistorisk Leksikon for Nordisk Middelalder. K0benhavn, Rosenkil-
de og Bagger, 1956-1975, vol. 4, coll. 500-507; K. ScHIER, Sagaliteratur. Stuttgart,
Metzler, 1970, pp. 72-91; H. P. NAUMANN, «Die Abenreuersaga. Zu einer Spatform
altislandischer Erzahlkunst», in Skandinavistisk, 8 (1978), pp. 41-55. La semplice
distinzione bipartita si ritrova ancora in T. H. TuuNius, La Matière du Nord. Sagas
légendaires et fiction dans la littérature islandaise en prose du XllF siècle. Paris, Presses
de l'Université de Paris-Sorbonne, 1995, p. 20.
9 S. A. MITCHELL,
Heroic Sagas and Ba/lads. Ithaca, Cornell University Press,
1991, p. 31. Per il canone delle fornaldarsogur che ne risulta cf. ibid., pp. 183-184.
Cf. anche ID., «Fornaldarsogur» in Medieval Scandinavia: an Encyclopedia (Garland
Reference Library of the Humanities 934, Garland Encydopedias of the Middle Ages
1), ed. by PH. PuLSIANO. New York, Garland, 1993, pp. 206-208.
10
Ibid., p. 27.
11 Per esempio, non è recepito in T. H. TuuNius, La Matière du Nord, pp.
17-18.
126 LORENZO LOZZI GALLO

anzi, delle due certamente l'atmosfera di irrealtà è ben più evidente


nella seconda che non nella prima.
Recentemente, Lars Lonnroth ha suggerito la possibilità di con-
siderare le fornaldarsogur testi essenzialmente misti o ibridi («blandade
eller hybridartade»), in cui si inseriscono miti eddici, storia eroica,
storia popolare e romanzo cavalleresco 12 , una definizione che a mio
avviso non è in contrasta con quella di Mitchell, ma anzi potrebbe
contribuire a completarla.
Occorre inoltre ricordare che proprio il carattere tradizionale
delle saghe, e dunque 1' ambientazione prevalentemente nei luoghi
della memoria scandinava, rende possibile trattare queste saghe corne
se fossero un insieme almeno parzialmente omogeneo. A proposito
della rappresentazione della spazio geografico nella letteratura nor-
rena, Rudolf Simek, nel sua ampio studio sulla cosmografia nordica,
conclude che l'influsso della letteratura scientifica nelle saghe di norma
si configura corne un semplice abbellimento, senza nessuna pretesa di
inserire l' azione in un contesta storico-geografico coerente, e avviene
a partire da un patrimonio di conoscenze vulgate, senza fare ricorso
diretto a fonti latine. Cio avviene soprattutto per due gruppi di saghe:
le riddarasogur e le fornaldarsogur 13 .
Nonostante le indubbie affinità strutturali e stilistiche che accomu-
nano questi due gruppi di saghe 14, un'importante differenza trafornal-
darsogur e riddarasogur, messa in luce recentemente da Fulvio Ferrari,
riguarda proprio la concezione della spazio e del tempo che vi è sottesa:
mentre l' attitudine nei confronti della spazio nelle riddarasogur segue
lo stile "astratto" proprio della fiaba seconda la terminologia di Max

12
L. LôNNROTH, «Fornaldarsagans genremassiga metamorfoser: mellan Edda-
myt och riddarroman», in Fornald4rsagornas struktur och ideologi. Handlingar frdn
ett Symposium i Uppsala 31.8-2.9 2001, ed. by A. ]AKOBSSON, A. LASSEN, A. NEY.
Uppsala, Swedish Science Press, 2003, pp. 37-45 (in particolare p. 44).
13 R.
S1MEK, Altnordische Kosmographie (Erganzungsbande zum Reallexikon der
Germanischen Altertumskunde, 4). Berlin-New York, de Gruyter, 1990, pp. 365-
366, 359. Simili conclusioni sono annunciate, sia pure in forma meno sistematica, in
H. PkssoN, Legendary Fiction in Medieval Iceland (Studia Islandica, 30). Reykjavik,
Heimspekideild Hâskôla Islands og Bôkaûtgâfa menningarsjôàs, 1971, pp. 26-35.
14 Linflusso dello stile cortese
- proprio del romanzo cavalleresco - anche nelle
fornaldarsogur è stato messo in luce anche dal punto di vista lessicale in P. HALLBERG,
«Sorne Aspects of the Fornaldarsogur as a Corpus», in Arkiv fo"r nordisk filologi, 97
(1982), pp. 1-35, in particolare pp. 18-32, 34-35.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR» 127

Lüthi 15 , quella delle fornaldarsdgur tende ad integrare geografia reale e


geografia romanzata, mantenendo spesso una certa verosimiglianza 16 .
Per descrivere l' atteggiamento delle fornaldarsogur nei confronti
dello spazio geografico, Ferrari ricorre alla metafora del 'cono di luce'
che illumina con particolare nitidezza le regioni più note agli autori
di queste opere (la Scandinavia, in particolar modo la Norvegia); aitre
regioni sono illuminate, ma con meno ricchezza di dettagli (tipica-
mente le aree di più forte colonizzazione scandinava, corne l'Inghil-
terra e le colonie scandinave nelle odierne Russia ed Ucraina), mentre
aitre restano infine semisepolte nelle tenebre del mistero, soprattutto
a causa di una discontinuità culturale e linguistica (per esempio l'Ir-
landa, o il Bjarmaland1 7 , corrispondente forse all' attuale regione di
Arcangelsk, alla foce della Dvina). l:Europa del sud resta al di fuori di
questo orizzonte di conoscenze.
Lo scopo del presente studio è delineare differenze e affinità nella
rappresentazione dello spazio geografico in cui si muovono i perso-
naggi delle fornaldarsogur, pur con la necessaria brevità, è sembrato
opportuno considerare le saghe singolarmente, seconda la classifica-
zione tripartita in hetjusogur, vikingasogur e 11winryrasogur e seguendo
nell' ordinamento all'interno di questi gruppi un orcline cronologico
subordinato spesso a ragioni di contenuto, dal momento che moite
di queste saghe hanno avuto una tradizione manoscritta alquanto tor-
tuosa, e sono conservate in manoscritti molto più recenti rispetto alla
stesura ipotizzata 18 .

15 Cf. M. LüTHI, La fiaba popolare europea. Forma e natura. Mursia 1982, trad.
M. CoMETTA, in particolare le pp. 23-35, dedicate alla mancanza di prospettiva (spa-
ziale, temporale, spiriruale, psichica).
16 F. FERRARI, «Il motivo del viaggio nelle Fornaldarsrgur e nelle Riddaraspgur.ori-
ginali», in Viaggi e viaggiatori nelle letterature scandinave medievali e moderne, a cura
di F. FERRARI (Labirinti, 14). Trento, Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche,
1995, pp. 169-192.
17 Nel presente
articolo, toponimi ed etnonimi sono tradotti con gli equivalenti
moderni laddove cià sia possibile, sono invece indicati in forma norrena laddove
sussistano delle ambiguità.
18 Per la
datazione delle saghe, di norma ho preso corne punto di partenza le
128 LORENZO LOZZI GALLO

2. HETJUSÔGUR

Il sottogruppo qui considerato è il primo in ordine temporale, se


si considera il periodo in cui l'azione è collocata e non quello di stesu-
ra, sottoposto alle vicissitudini della tradizione manoscritta. Si tratta
delle saghe eroiche, quali: VOlsunga saga, Hervarar saga ok Heiifreks
konungs, Hro/fs saga kraka. Ai tre testi si possono aggiungere due j&t-
tir19: il Norna-Gests jdttr, che è più tarda per l' ambientazione della
comice narrativa, ma che comunque rielabora materia volsungica, e il
Sorla jdttr (intitolato anche Heifins saga ok Rogna), che riprende terni
della mitologia nordica, sia pure in chiave evemeristica.

A) VôLSUNGA SAGA E NoRNA-GEsTs I>ATTR

I due testi traggono ispirazione da carmi eddici e da aitre narra-


zioni eroiche; in particolare la Viilsunga saga è chiaramente dipendente
da alcuni poemi eroici dell' Edda poetica ed è tram an data in un unico
manoscritto antico (K0benhavn, Kongeligt Bibliotek, NkS 1824 b),
peraltro trascritto solo intorno al 140020 •
Nella Volsunga saga si citano numerosi viaggi, ma raramente sono
forniti dettagli provvisti di qualche attendibilità storica: più che di stile

notizie in R. SrMEK, H. PA.LSSON, Lexikon der altnordischen Literatur. Stuttgart, A.


Kroner, 1987.
19
La distinzione cerminologica tra fdttr «(breve) racconto» e saga non è del
cutto univoca, dal momenco che è scaca sottoposta ad uri evoluzione ne! corso del
tempo; tra gli studiosi regna ancora una certa ambiguità, sl che appunto alcuni testi
tradizionalmente considerati fœttir hanno ricevuto anche un secondo ticolo in cui
sono definiti saghe (corne il Soria fdttr, anche chiamato HeJins saga ok Hogna); sulla
questione cf. J. C. HARRIS, «Genre in saga Liceracure», pp. 431-434.
20
Lo studio più compleco in materia è tuttora rappresentato da P. WrnSELGREN,
Quellenstudien zur Vplsungasaga (Acta et commentationes universitatis tarcuensis
Series B, Humaniora; 34, 37-38). Tartu, Mattiesens, 1935-1936; alcune osservazioni
sono presenti anche nell'ed. R. G. FmcH, The Saga ofthe Volsungs. London, Nelson,
1965, pp. xxxvi-xxxviii, 85-89; per l'atteggiamento dell'autore nei confronci delle
fonti poetiche, cf. anche R. G. FINCH, «The Treatment of Poetic Sources by the
Compiler of Vplsunga saga» in Saga-Book ofthe Viking Society, 16. 4 (1965), pp. 315-
353. Per ulteriori informazioni bibliografiche, cf. R. G. FrNCH, «Vçilsunga saga», in
Medieval Scandinavia, p. 711.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSOGUR» 129

astratto, forse è opportuno parlare di stile allusivo, cui si potrebbero


imputare, ad esempio, l' omissione di un dettaglio rilevante corne il
nome del paese da cui è esiliato Sigi, flglio di Odino e capostipite della
stirpe dei Volsunghi, in seguito all' assassina dello schiavo Breôi 21 , o
del dato altrettanto rilevante che Hlymdalir è la residenza di Heimir22 :
quest'ultimo dettaglio è particolarment e importante, dal momento
che nell'unico manoscritto medievale che conserva il testo, la Volsunga
saga è seguita dalla Ragnars saga loobrokar, che inizia proprio con la
fuga di He~mir da Hlymdalir allo scopo di mettere in salvo Aslaug, la
figlia di Sigurôr e Guôrun.
La Volsunga saga rispetta una certa coerenza geograflca nella
descrizione di viaggi che si svolgono in paesi realmente esistiti: il
Hunaland2 3 è chiaramente nell'Europa centra-orientale, lontano dal
mare e i Gjukungar, venendo dalla Danimarca, vi arrivano dopo aver
viaggiato una settimana a cavallo, una in nave, una terza di nuovo «per
via di terra» 24 , mentre dal loro regno partono direttamente in nave,
il che è comprensibile se si intende per Danimarca la penisola dello
Jutland, mentre il regno dei Gjukungar è posto in una regione «a sud
del Reno» 25 , e il Hunaland in un'area non ben deflnita dell'Europa
centra-orientale. Dal Hunaland si arriva in Gotland direttamente
navigando 26 ; il monte Hindarjjall è rivolto «a sud, verso la terra dei
Franchi» e Sigurôr vi giunge a cavallo da Gnitaheiour27 , <love è arrivato
a cavallo insieme a Reginn dalla Danimarca28 •
L autore sembra attenersi ad una regola generale assai semplice,
solo vagamente realistica: i personaggi si spostano di norma a piedi o

21
Volsunga saga, cap. 1, ed. by R. G. FrNCH, p. 1.
22
Ibid., cap. 29, pp. 48, 50.
23
Per questo e altri toponimi ed etnonimi è particolarmente utile, anche se tal-
volta datato, lo studio di W]. PAFF, The Geographical and Ethnie Hames in the Nifriks
saga. 'S-Gravenhage, Mouton, 1959 (per Huna/and, cf. pp. 91-107).
24
Volsunga saga, cap. 34: «sjau daga â hestum, en aèlra sjau â skipum ok ina prièlju
sjau enn landveg», ed. by R. G. FrNCH, p. 64.
25 Ibid.,
cap. 26, p. 44.
26 Ibid.,
cap. 5, p. 6.
27
Ibid., cap. 21, p. 35. Gnitaheiifur è citato corne il luogo «dove Sigurèlr uccise
Fafnir» («er sigurdr va ath fabni») e localizzato rra Paderborn e Magonza, vicino a
Kilianstadten, nell' Itinerario di Nikulas di Munkapverâ, ed. in R. SrMEK, Altnordische
Kosmographie, p. 479.
28 Volsunga
saga, cap. 18, ed. by R. G. FrNcH, p. 30.
130 LORENZO LOZZI GALLO

a cavallo, in nave solo per lunghe distanze. Del tutto astratta, invece,
è la rappresentazione dei regni di Jônakr e di Jormunrekr, per i quali
non sono forniti dettagli 29 •
Un gran numero di toponimi si trova nella descrizione della guer-
ra tra Helgi Hundingsbani e il principe Hoddbroddr, perla quale l'au-
tore della saga si è basato principalmente sul poema eddico Helgakvilfa
Hundingsbana !3°. Alcuni dei toponimi citati in questo racconto con
ogni probabilità sono inventati e alludono alla funzione del luogo nel
racconto: per esempio, Frekasteinn 'Roccia del lupo' è il nome ideale
per un campo di battaglia31 . Anche quei toponimi per i quali si è
proposta un'interpretazione in qualche modo fondata, corne Helfinsey
e Norvasund (identiflcati rispettivamente con l'isola di Hiddensee32 e
lo Stretta di Gibilterra) 33 potreobero tuttavia assolvere una funzione
astratta: in particolare, questi due toponimi potrebbero rappresentare
simbolicamente l'oriente e l'accidente, dato che Helfinsey ricompare
nella Gongu-Hr6lfs saga posta tra Garlfariki (le colonie scandinave
nell'odierno territorio russo e ucraino) 34 e il favoloso regno dei Tarta-

29Ibid., cap. 41, p. 74; ibid.,cap. 42, ed. by R G. FmcH, p. 75.


3 °
Cf. P. WrnsELGREN, Quellenstudien, pp. 16-30. Alcuni toponimi rimangono
identici: He/Jinsey, Varinsjjrr/Jr, Gnipalundr, Svarinshaugr, Frekasteinn (Volsunga saga,
cap. 9, ed. R. G. FINCH, pp. 15-17) corrispondono esattamente alla Helgaqvi/Ja Hun-
dingsbana I (vv. 22, 8; 26, 10; 30, 8; 31, 6; 53, 4; ed. G. NECKEL, H. KuHN, Edda.
Die Lieder des Codex Regius nebst verwandten Denkrniilern. Heidelberg, Carl Winter, 4.
Aufl. 1962, pp. 133-135, 138). Altri toponimi sono differenti: Rau/Jbj{lrg, Nrrfasund,
S6/jjrll, Srk, Grindir (VO!sunga saga, cap. 9, ed. R. G. FrNcH, rispettivamente pp. 15,
17) corrispondono a Brandey, Qrvasund, Solheimar, Sogn, mentre !'ultimo sembra un
fraintendimento dal termine grindr 'cancello' (Helgaqvi/Ja Hundingsbana !, vv. 22, 3;
24, 7; 47, 4; 50, 3; 50, 5; ed. G. NECKEL, H. KuHN, Edda, pp. 133-134, 137-138;
per quest'ultimo caso v. anche ed. R. G. FmcH, p. 17, nota 4).
31 Come osserva S. BuGGE, Helge-digtene i den œldre Edda: deres hjem ogfarbindel-

ser. Kj0benhavn, Gad, 1896, pp. 123-127.


32 "Lisola di Hiddensee si estende parallela alla più grande isola di Rügen in

direzione nord-sud ne! Mar Baltico, di fronte alla costa dell' odierna Pomerania
anteriore.
33 VO!sunga saga, cap. 9, ed. by R. G. FmcH, p. 15, note 2-3. Cf. R. CLEASBY,

G. VrGFUSSON, An Ice!andic-English Dictionary. Oxford, Clarendon, 2. ed. 1957 cit.,


s. v. Njorvi.
34 Cf. R. CLEASBY, G. VrGFUSSON, An Ice!andic-English Dictionary, s.v. Garifar e

G. ]oNEs, A History of the Vikings. Oxford, Oxford University Press, 1968, pp. 246-
248, nota 3.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSOGUR» 131

ri, nel lontano Oriente 35 , mentre Io Stretta di Gibilterra è rimasto il


confine occidentale del mondo conosciuto nell'immaginar io collettivo
fino alla fine del Medio Evo.
Da questa breve panoramica, appare chiaro dunque che l' autore
della saga adotta uno stile per Io più astratto, ma senza trascurare
completamente il dato geografico, dal momento che la narrazione non
cade mai in aporie evidenti in tal senso.
La Vdlsunga saga menziona inoltre almeno un fenomeno di natu-
ra etnografica, sul versante della diversità linguistica: l' educazione di
Siguror prevede infatti l' apprendimento di più lingue 36 ; inoltre l' auro-
re si sofferma due volte sulla popolarità di Siguror, la quale si diffonde
prima «in tutte le lingue a nord del Mare di Grecia» 37 e successivamen-
te in particolare «nella lingua tedesca e nei paesi del Nord» 38 . Come
vedremo, il riferimento alla diversità linguistica è un tratto assai poco
frequente nelle fornaldarsiigur.
Pur trattando la stessa materia della Volsunga saga, il Norna-Gests
pdttr risente di una data tarda di composizione e ci è conservato in
più redazioni alquanto divergenti (una delle quali nella Flateyjarb6k,
codice miscellaneo scritto nel sec. XIV) 39 . La sua struttura è unitaria:
la comice narrativa è posta alla carte del re Ôlafr Tryggvason a Trond-
heim, e in essa si inserisce la narrazione della vita di Gestr, lunga ben
trecento anni, in cui il protagonista vi figura corne seguace prima di
Siguror e successivamente dei figli di Ragnarr loobrôk. Le peregri-

35 Cf. Gongu-Hrô!fi saga, cap. 17, ed. G. ]ÔNSSON, Fornaldar sogur, vol. 3, pp.
207-208.
36
Volsunga saga, cap. 13: «Hann kendi honum [ ... ] tungur margar at m:ela sem
pâ var tftt konungasonum» («egli [scil. Reginn] insegno a lui [scil. Sigurôr] a parlare
moite lingue, corne allora era costume per i figli dire»); ed. R. G. FrNCH, p. 23.
37 Ibid., cap. 23,
p. 41; cf. anche nota 1.
38 Ibid., cap.
34, p. 61: «hans nafn mun aldri fyrnask î pyoverskri tungu ok a
Nororlçmdum [ ... ]».
3 9 Cf. la rrattazione dedicata alla rradizione manoscritta nell'edizione di M. A.
CrroLLA, Il racconto di Nornagestr: edizione critica, traduzione e commenta. Verona,
Fiorini, 1996, pp. 97-103; cf. anche S. WüRTH, «Nornagests pattr», in Medieval
Scandinavia, pp. 435-436. Per una rapida presenrazione della Flateyjarbôk e i
necessari rimandi bibliografici, si veda R. SrMEK, H. PA.LSSON, Lexikon der altnordi-
schen Literatur, s. v. e K. HARALDSDÔTTIR, «Flareyjarb6k», in Medieval Scandinavia,
pp. 197-198.
132 LORENZO LOZZI GALLO

nazioni di Gestr vanna dalla natia Danimarca alla terra dei Franchi,
dove incontra Siguror, alla Frisia orientale, al Holstein, dove insieme
combattono contra gli Svedesi; inflne Gestr segue i flgli di Ragnarr
nelle loro scorrerie nell'Europa meridionale (in particolare nell' attacco
a Wiflisburg, tanto famoso da essere ricordato anche da Nicola di
Munkapverâ) 40 .
La presentazione della spazio è solo in parte coerente: la più
vistosa incongruenza si rinviene laddove Gestr sostiene che dalla terra
dei Franchi (che qui appare identiflcata grosso modo con l' odierna
Germania nord-occidentale) 41 sia partita con Siguror per la Frisia
orientale navigando verso sud42 : tale incongruenza è più comprensibi-
le se consideriamo che la Volsunga saga riferisce che Siguror fu allevato
alla carte dei re danesi e che, in genere, il luogo di origine dell' eroe è
uno degli elementi più oscillanti nella tradizione.
Più tardi, si cita una località del Holstein di nome jdrnamôJa,
associabile (sia pure per paretimologia) con l'inglese Yarmouth 43 :
potrebbe trattarsi di un errore, ma anche di una lacuna nella conoscen-
za della toponomastica medievale dell'area in questione4 4 .
Per il resta, anche un dettaglio potenzialmente realistico corne
l'inimicizia tra gli Svedesi e i popoli dei Kurir e dei Kvenir è trattato in
modo eccentrico, in quanta si afferma che questi ultimi devastavano
il regno degli Svedesi45 , anche se le fonti scandinave (e le stesse fornal-
darsogur) ci informano di scorrerie compiute di norma dai vichinghi
ai danni di queste popolazioni e non viceversa46 . Gestr racconta di
essere stato insieme a Siguror in Danimarca; non è chiaro casa facesse

4
°Cf. ed. SrMEK, Altnordische Kosmographie, p. 480.
41
Cf. ed. M. A. CrPOLLA, p. 178, nota 87.
42
Ibid., cap. 3, p. 135 (S p. 231, A p. 277).
43 In realtà, il toponimo Yarmouth deriva dal nome del fiume Yare composto

con ags. muif 'bocca, foce', cf. E. EKWALL, The concise Oxford dictionary of English
place-names. Oxford, Clarendon, 4. ed. 1985, s.v. "Yarmouth. Cf. anche A. H. SMITH,
English place-name elements (English place-name society, 25-26). Cambridge, Cam-
bridge University Press, 1970, vol. 2, s.v. muifa.
44 Norna-Gests pdttr, cap. 6, ed. M. A. CrPOLLA, pp. 149 (S p. 237, A p. 283).

45 Ibid., cap. 6, p. 150 (S p. 237, A p. 283). Sulle due popolazioni cf. ed. M. A.

CrPOLLA, p. 190, note 243-244. Cf. inoltre R. SrMEK, «Elusive Elysia», p. 254.
46 Cf. G. ]ONES, A History of the Vikings, pp. 24-25 (Kvenir), 242 (Kurland').
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR» 133

Sigurèlr in Danimarca, visto che si è detto che la corte di Hjâlprekr-


Chilperico è stata spostata nella Germania nord-occidentale4 7 .
Infine, è storicamente motivata la descrizione delle scorrerie dei
figli di Hundingr in Spagna e nella Terra dei Franchi «quando l'impero
non si estendeva oltre le montagne» 48 corne anche il fatto che riuscisse-
ro a piegare il regno franco di Sigurèlr; tali informazioni sembrano rap-
presentare una lontana eco delle razzie vichinghe sulle coste spagnole,
francesi e tedesche in età precedente all'impero degli Ottoni49 .

B) HERVARAR SAGA OK HEIDREKS

La Hervarar saga ok Heiifreks è conservata, nella tradizione


manoscritta, in redazioni assai divergenti 50 , che sembrano comunque
potersi ricondurre ad un versione trascritta intorno alla prima metà del
sec. XIV ("[the version] cannot have been composed much afrer than
1300" secondo Tolkien) 51 . Come la Vdlsunga saga, anch'essa sembra
basarsi su materiale poetico antico, e le numerose strofe citate sono
tradizionalmente considerate parte del corpus di poemi in stile eddico
non contenuti nel Codex Regius - i cosiddetti Eddica minora - con i
titoli di HervararkviiJa e HloifskiviJa 52 .

47
Norna-Gest jdttr, cap. 6, ed. M. A. CrPOLLA, p. 148 (S pp. 236-237, A p.
283).
48
Ibid., cap. 4, p. 141 (S p. 233, A p.279).
49
Cf. G. ]ONES, A History of the Vikings, pp. 204-240. Sul ruolo degli Ottoni
corne argine aile invasioni vichinghe, cf. ibid., pp. 126-127.
50
Ne! prologo al!' edizione del tesro tramandato dalla Hauksbok pubblicata in ed.
F. J6NssoN, Hauksbok, K0benhavn, Thieles, 1892-1896, pp. XCIII-XCVII, si distin-
guono solo due versioni, mentre nell'ed. C. ToLKIEN, The Saga of King Heidrek the
Wise. London, Nelson, 1960 pp. xxix-xxxi se ne distinguono almeno tre. Cf. anche
ed. M. MELr, La saga di Hervor. Padova, Unipress, 1995, pp. 96-97. Per una presen-
tazione dettagliata della Hauksbok, trascritta all'inizio del sec. XIV, cf. R. SrMEK, H.
PÂLssoN, Lexikon der altnordischen Literatur, s.v. e G. HARALDSSON, S. KARLSSON,
«Hauksb6k», in Medieval Scandinavia, pp. 271-272.
51 C. TOLKIEN, The
Saga ofKing Heidrek, p. xxx; cf. anche O. PRITSAK, «Hervarar
saga ok Heioreks konungs», in Medieval Scandinavia, p. 283, che pone la composi-
zione della saga intorno al 1250.
52 Cf. A. HEUSLER, W
RANrSCH, Eddica minora. Dortmund, Ruhfus, 1903, pp.
1-12 (Hfr/Jskvi/Ja) e 13-20 (Hervprlied}; il primo si ritrova in appendice anche nell'ed.
G. NECKEL, H. KuHN, Edda, pp. 302-312.
134 LORENZO LOZZI GALLO

La prima parte della saga narra le avventure della guerriera Her-


vür e di suo padre (un berserkr ucciso dall'eroe Ôrvar-Oddr), che
si svolgono in Garlfarîki, la madrepatria svedese e l'isola danese di
Sams0 53 per poi approdare nel regno favoloso di GltRsisvellir (o Glasis-
vellir), governato dal re Guômundr (che ricorre anche in altre saghe
corne figura sovrumana), di cui Hervür sposerà il figlio 54 . Una versio-
ne di tradizione più recente conserva all'inizio elementi che ricordano
i prologhi della Ynglinga saga e dell'Edda di Snorri, in cui si afferma
che la colonizzazione del Nord sarebbe stata compiuta da Asiatici (e in
particolare Turchi) sotto la guida di Odino 55 .
Da Gltesisvellir parte Heiôrekr, figlio di Hervür e nipote di
Guômundr, che diverrà re del fantomatico (H)reilfgotaland, a sud del
Hûnaland5 6, da cui è separato da una foresta chiamata Myrkvilfr 'fore-
sta scurà 57 , e ad ovest di Garlfariki 58 . Dal momento che, secondo la
saga, Heiôrekr muore nella sua stanza e ai piedi dei Carpazi (se l'iden-
tificazione degli Harfaliafjoll citati nel testo è corretta) 59 , sembra possi-

53 Isola a nord di Fyn. Per una disamina di questo episodio nella tradizione

letteraria, cf. S. A. MITCHELL, «The fornaldarsw;ur and Nordic Balladry: the Sâmsey
Episode across Genres», in Fornaldarsagornas struktur och ideologi. Handlingar frdn
ett Symposium i Uppsala 31.8-2.9 2001, ed. by Â. ]AKOBSSON, A. LAssEN, A. NEY.
Uppsala, Swedish Science Press, 2003, pp. 245-256.
54 Su Glxsisvellir cf. R. S1MEK, «Elusive Elysia, or: Which Way to Glxsisvellir»,

in Sagnaskemmtun. Studies in Honour ofHermann Paisson on His 65th Birthday, 26th


May 1976, ed. by R. SIMEK et al. (Philologica Germanica, 8). Wien, Bohlau, 1986,
pp. 247-275. Cf anche]. DE VRIES, Altgermanisches Religionsgeschichte. Berlin, de
Gruyrer, 1970, vol. 2, pp. 284-286 e R. SrMEK, Dictionary of Northern Mythology.
Cambridge, D.S. Brewer, 1993, s.v. Gulfmundr.
55 Hervarar saga, cap. 1 della versione U, ed. C. TOLKIEN, The Saga of King

Heidrek, pp. 66-67. Cf Ynglinga saga capp. 2, 5, ed. by B. ADALBJARNARSON,


Heimskringla, vol. 1 (Îslenzk Fornrit, 26). Reykjavik, Hièl islenzka fornritafélag,
1979, pp. 11, 14-16 e il prologo del!' Edda di Snorri, che presema una versione lieve-
mente diversa, in cui Odino è un discendente di Thor, il re di Troia ne! Fyrkland (ed.
A. FAuLKES, Snorri Sturluson. Edda. Prologue and Gylfaginning. Oxford, Clarendon,
1982, pp. 4-5).
56 Hervarar saga, cap. 7, ed. C. TOLKIEN, The Saga of King Heidrek, p. 26. Sul-

l'etnonimo Hreilfgotar cf ]. DE VRIES, Altnordisches etymologisches Worterbuch, s.v.


Hreilfgotar.
57 Hervarar saga, cap. 10, ed. C. ToLKIEN, The Saga of King Heidrek, p. 52.

5B Ibid., cap. 7, p. 28 (il re di Garlfariki invita Heièlrekr a venire ad est).

59 Ibid., cap. 10, p. 45; cf. anche commento all'ed. M. MEL!, La saga di Hervô'r,
p. 122.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSOGUR» 135

bile ipotizzare una vaga collocazione del regno nell'Europa centrale; il


'cono di luce' prospettato da Ferrari in questo caso si restringe partico-
larmente, lasciando nell' oscurità quasi tutta la scena dell' azione.
Lunico esempio di viaggio descritto con un dettaglio geograflco
(anche se non identiflcabile storicamente) consiste nella spedizione
degli Unni in (H)reilfgotaland sotto la guida di Hloor, in cui gli Unni
attraversano la foresta Myrkvilfr, confine naturale tra i due regni60 •
Poco più oltre, pero, compare uno dei più evidenti anacronismi della
saga, laddove si narra di Hervor, la sorella di Angantjr, che scorge
l' esercito degli Unni da una torre di avvistamento, un elemento archi-
tettonico proprio dell'Europa cortese6 1 .
Gli ultimi due capitoli della saga, inflne, offrono un tentativo di
collegare la stirpe dei re del (H)reilfgotaland alle famiglie reali di Dani-
marca e di Svezia, riallacciandosi in parte alle vicende narrate nella
Ragnarssaga Lolfbroka-15 2 . Questi racconti, pur confondendo storia
e mita, rnantengono alrneno un elernento storicarnente fondato: la
rappresentazione degli Svedesi corne popolo particolarrnente restio ad
abbandonare il paganesimo.
Corne in malte altre fornaldarso'gur (ma non nella Volsunga saga)
anche nella Hervarar saga ok Heilfreks compare il motiva dell'assenza
di fonti, addotta dall' au tore per dissirnulare un approccio astratto alla
trama, laddove si dice: <<nulla è raccontato del suo [di Hervor] viaggio,
flno ache arrivo pressa re Guôrnundr di Glasisvellin> 63 •

60 Ibid., cap. 10, p. 52.


61 «Hervgr st6o upp â kastal einum yfir borgarhlioi» (ibid., cap. 10, p. 34). Anche
kastal è un prestito, derivato da! latino castellum tramite !' ags. castel o il media tedesco
kastel (cf. ]. DE VRIES, Altnordisches etymologisches Wô"rterbuch, s.v. kastali, ripreso in
A. fü6NDAL MAGNÛSSON, Îslensk OriJsifjabôk. Reykjavîk, Oroab6k Hâsk6lans, 1989,
s. v. kastali).
62 Hervarar saga, cap. 11, ed.
C. TOLKIEN, The Saga of King Heidrek, pp. 88-94.
63 «[ ... ] er nu eigi
sagt frâ feroum hennar, fyrr en hon kom ri! Guomundar konun-
gs afGlasisvgllum [... ]»(ibid., cap. 4, p. 20).
136 LORENZO LOZZI GALLO

c) HRÜLFS SAGA KRAKA

La ricostruzione della Hr6/fs saga kraka è condizionata dalla


perdita della tradizione manoscritta antica: il testa è tramandato in
manoscritti databili a partire dal sec. XVII, derivati in gran parte da
un testimone perduto del sec. XVI 64 . Ciononostante, la trama segue
ancora la struttura delle leggende nordiche più antiche6 5 . 1.:azione
della saga è centrata sulla Danimarca, da cui parte re Helgi, padre di
Hrôlfr, per chiedere la mano della regina del Saxland (odierna Germa-
nia, forse solo settentrionale) 66 e combattere con ire di Svezia.
Nella saga, la capitale del regno di Hrôlfr è la leggendaria Hlei/Jr,
tradizionalmente identiflcata con Lejre, un villaggio a sud di Roskilde
nel Sjadland, dove perà non sono mai stati ritrovati resti di età previ-
chinga di consistenza pari a quanta riportato nelle fonti 67 • Il Gotland
è ancora descritto corne un regno indipendente: il momento in cui il
popolo dei Gëtar fu sottomesso ai re svedesi è incerta, da collocare
forse dopo il 100068 .
D' altra parte, anche in questa saga la descrizione rifugge da ogni
dato concreto, tranne il fatto che Hlei/Jr si trova in Danimarca ed è una

64 Cf. ed. D. SLAY, Hr6!fi saga kraka (Editiones Arnamagn:ean:e B 1). Copenha-
gen, Munksgaard, 1960, pp. x-xiv (da no tare che si tratta di un' edizione diploma-
tica, il testo non è normalizzato). Per la tradizione manoscritta di questa saga, cf.
anche D. SLAY, The manuscripts of Hr6!fi saga kraka (Bibliotheca Arnamagn:eana,
24). Copenhagen, Munksgaard, 1960, dove i trentotto manoscritti sono esaminati
uno per uno, distinti in «primary» (a loro volta suddivisi rra quelli che l'aurore ha
utilizzato per l'edizione, ibid.,pp. 5-15, e gli altri, pp. 16-59) e «secondary» (che poi
sarebbero i codices descripti, ibid., pp. 60-131). Cf. anche]. D. M. EVANS, «Hrôlfs
saga kraka», in Medieval Scandinavia, pp. 304-305.
6 5 I.:amichità della Hr6!fi saga kraka nella sua forma originale è teorizzata in H.

SCHNEIDER, «Halfssaga und Hrolfssaga» in Festschrift Theodor Siebs zum 70. Gebur-
tstag, 26. August 1932, hg. von W. SrnLLER. Breslau, M. & H. Marcus, 1933, pp.
179-198.
66 R. CLEASBY, G. VrGFUSSON, An Icelandic-English Dictionary, s.v. Saxar, cf.

anche W. J. PAFF, The Geographical and Ethnie Hames, pp. 163.


67
Cf. G. JONES, A History of the Vikings, pp. 46-47.
68 Hr6!fi saga kraka, cap. 21, ed. D. SLAY, pp. 64-65, in cui si descrive il bizzarro

costume dei Gotar di eleggere re un uomo di statura tanto imponente da riempire un


rrono capace di contenere due uomini. Una breve presentazione dei tanti interrogativi
irrisolti sui tempi con cui si svolse l'imegrazione delle terre dei Gotar ne! regno degli
Svedesi si trova in G. ]ONES, A History ofthe Vikings, pp. 39-44.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR» 137

città assai ricca, 69 mentre la spedizione in Svezia aggiunge un dettaglio


curioso: i cittadini di Uppsala sono descritti mentre si assiepano per
contemplare Hr6lfr e i suoi «sulla torre (turn) più alta della città» 70 : la
parola turn è un prestito tarda dall'antico francese tramite il sassone, 71
appare quindi evidente che la città di Uppsala è immaginata con alte
torri, seconda lo stereotipo cortese.
La rappresentazione degli Svedesi segue gli stereotipi attribuiti
alle popolazioni pagane, malvagie e dedite alla stregoneria: il loro re
Aôils è «il più grande pagano e pieno di magie» 72 • In questo contesta
si rinviene un dettaglio etnografico-storico quale il culto del maiale,
che sappiamo essere l'animale-totem di Freyr, divinità capostipite della
casa reale degli Svedesi 73 • Un'altra descrizione di taglio etnografico è
presente in un episodio della genealogia di uno degli eroi al seguito di
re Hr6lfr, Boôvarr Bjarki: quando Hringr, re della regione norvegese
di Oppdal 74 , rimane. vedovo, manda degli uomini via mare a cercargli
una moglie nei paesi del sud, ma una tempesta svia le navi degli inviati
verso nord, fino al Finnmark7 5 • Trovano cosl una graziosa principessa

69
Hr6/fi saga kraka, cap. 16, ed. D. SLAY, p. 50.
70
Ibid., cap. 27, p. 90.
71
Cf. DE VRIES, Altnordisches etymologisches WOrterbuch, s.v. turne A. BLôNDAL
MAGNUSSON, Îslensk Orlfsijjabdk, s.v. turn.
72
«[ ... ] hinn mesti blotmadur og fullr af fjQlkyngie» (Hr6/fi saga kraka, cap. 136,
ed. D. SLAY, p. 37).
73
Ibid., cap. 28, p. 1OO, re Aoils aizza un cinghiale stregato (tr<?ll j galltar lijkie)
contra Hr6lfr, e il suo tesoro più prezioso è detto essere un anello chiamato Sviagriss
'Maiale degli Svedesi' (ibid., capp. 29, 30, pp. 103, 106-107) peraltro citato anche
altrove corne bene ancestrale della scirpe degli Ynglingar; tale dettaglio chiaramente
rispecchia il culto dedicato al mitico progenitore degli Ynglingar, il dio Freyr, di cui
il suino è animale-totem; in proposito si veda G. CHIESA IsNARDI, I miti nordici.
Milano, Longanesi, 1991, p. 565.
74
Nell'attuale contea del Trnndelag meridionale, a nord della contea di Hed-
mark.
75 Ibid., cap. 17, pp.
52-53. Il Finnmark nel Medio Evo si esrende ben oltre i
conflni della regione norvegese che oggi porta questo nome, e indica la parte setten-
trionale della Scandinavia abitata dai Lapponi; cf. G. AuTHÉN BLOM, «Finnmark», in
Kufturhistorisk Leksikonfor nordisk Middelalder, vol. 4, coll. 281-287. Sul signiflcato
del!' etnonimo finnr, cf. R. CLEASBY, G. VrGFUSSON, An Icelandic-English Dictionary;
]. FRITZNER, Ordbog over det gamle norske Sprog. Oslo-Bergen-Troms0, Universitets-
forlaget, 4. ed. 1973 ; J. DE VRIES, Aftnordisches etymologisches Wdrterbuch, s. v. finnr,
E. lTKONEN, «Finnar», in Kulturhistorisk Leksikon for Nordisk Middelalder, vol. 4,
138 LORENZO LOZZI GALLO

lappone, Hvît, che si rivelerà perà una perfida matrigna per il principe
Bjorn. Tale racconto evidenzia bene la tradizionale visione dei Lapponi
corne stregoni e delle loro donne corne streghe affascinanti ma perico-
lose76.
Occorre notare che l' autore della saga talvolta sembra voler
giustificare con l' assenza di notizie l' omissione di ogni informazione
sugli spostamenti dei personaggi 77 ; il fatto, perà, che di norma si limiti
a comunicare che i personaggi che si mettono in viaggio e subito dopo
a descrivere il loro arrivo, omettendo ogni riferimento al percorso,
tradisce un atteggiamento prevalentemente astratto nei confronti del
viaggio 78 ; dunque, il pretesto dell'assenza di fonti non èche un espe-
diente retorico stereotipato, e infatti vedremo che esso ricorre in quasi
tutti gli altri testi.

D) SôRLA l>ATTR

Infine, nell' ambito delle hetjusogur possiamo considerare il Sorla


pdttr, chiamato anche Helfins saga ok Rogna, tramandato nella sola
Flateyjarb6k7 9 ; il testo contiene un'introduzione mitica con una ver-
sione semplificata dell'origine della vicenda degli Hjaoningar, nata per
sanare un dissidio tra Odino e sua moglia Freyja (in questo caso equi-
valente a Frigg), basato sulla credenza evemeristica, in base alla quale
gli dèi sarebbero giunti in Scandinavia dall'Asia80 ; Freyja dunque è la

coll. 275-278; T. E. KARSTEN, «De svenska ortsnamnen i Finland», in Stednavn, ed.


by M. ÜLSEN (Nordisk Kultur, 5). Stockholm, A. Bonnier, 1939, pp. 172-188, in
particolare pp. 173-175.
76 Cf. E. MuNDAL, «Coexistence of Saami and Norse culture - reflected in and

interpreted by Old Norse Myth», in Old Norse myths, literature and sociery: proceedings
of the 11 th International Saga Conference, 2-7 jufy, 2000, Universiry of Sydney, ed. by
G. BARNES, M. CwmEs Ross. Sydney, Centre for Medieval Studies - University of
Sydney, 2000, pp. 346-355.
77 Hr6/fs saga kraka, capp. 23, 26, 46, ed. D. SLAY, pp. 68-69, 72, 87, 109.

78 Lunico punto in cui si ravvisa un dettaglio concreto è dove il viaggio di Hr6lfr

e dei suoi uomini di ritorno da Uppsala si interrompe dopo aver cavalcato «quasi
tutto il giorno», arrivando presso il contadino che il aveva ospitati ail' andata (ibid.,
cap. 30, pp. 107-108).
79 H. DAMICO, «S9rla pâttr», in Medieval Scandinavia, p. 638.

80 Laccostamento con il testo della Ynglinga saga è ancora più netto, dato che al

cap. 1 si dice che Vanakvisl o Tanakvisl sarebbe stato l' amico nome del Tanai ( Ynglinga
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÜGUR» 139

causa della divisione tra il re danese Hogni e il re di Serkland Heèinn,


nonostante siano fratelli di sangue.
Sono menzionati esplicitamente il regno norvegese di Oppland,
patria dell'eroe Sorli 81 , la Danimarca, con Odense (chiamata Oôinsey
secondo l'uso più tardo) 82 e Roskilde 83 ; inoltre il fantomatico Serk-
land, il regno dei Saraceni (rappresentati corne predoni che devastano
la Spagna, la Grecia e in genere i paesi mediterranei) 84 • Dal Serkland,
Heoinn naviga per due stagioni (estate e inverno) verso nord per
approdare in Danimarca in primavera. Come vedremo, qui si registra
un'importante differenza rispetto alla Gongu-Hro/fs saga, seconda le
cui informazioni Heôinn sarebbe partita addirittura dall'India.
l'.isola ove ha luogo l'incontro tra i due fratelli nemici è chiamata
Hd, ma non è chiaramente identiflcabile; il toponimo richiama l' ap-
pellativo odinico Hdr 'l'Alto' 85 •
Occorre rimarcare che Hogni, secondo l'autore della saga, sarebbe
stato cosl illustre che il suo nome era famoso in tutta Europa, dall'in-
sediamento dei Lapponi flno a Parigi 86 , cioè gran parte della zona
illuminata nel "cono di luce" sopra descritto.

saga, cap. 1, ed. B. ADALBJARNARSON, Heimskringla, p. 10), e il Soria fdttr comincia


proprio ponendo la regione asiatica di origine degli Asi «ad est del Vanakvisl» (Soria
fdttr, cap. l, ed. G. J6NSSON, FornaUar sôgur, vol. 1, p. 367).
81
Soria fdttr, cap. 3: «réo sa konungr Upplondum i Noregi, at Erlingr hét», ed.
G. ]6NSSON, vol. l, p. 370 («quel re regnava sull'Oppland in Norvegia, che si chiama-
va Erlingr»). Corrispondente approssimativamente all'odierna contea di Oppland.
82
La forma più antica del nome doveva essere corrispondente al norreno *Ôôinsvé
'santuario di Odino', cf. G. KNUDSEN, «De danske stedsnavne» in Stedsnavn, ed. by
M. ÜLSEN, pp. 76-123 (in particolare p. 79), e ]. DE VRIES, Altnordisches etymologi-
sches Worterbuch, pp. 51-52.
83 Soria fdttr, cap. 4, ed. G. ]6NSSON, Fornaldar sogur, vol. l, p. 370.
84 «[HeOinn] herjaoi vioa um Spania ok Gr::ecia ok 611 nal::eg riki», ibid., cap. 5, p.
373 («[Heoinn] saccheggià largamente in Spagna e Grecia e tutti i paesi vicini»).
85 Cf. J. FRITZNER,
Ordbog, s.v. hdr, R. CLEASBY, G. VIGFUSSON, An Icelandic-
English Dictionary, s.v. hdr, ]. DE VRIES, Altnordisches etymologisches Worterbuch, s.v.
hdr, A. BLôNDAL MAGNUSSON, lslensk Orôsifjab6k, s.v. hdr4.
86 Soria fdttr, cap. 4, ed. G. J6NSSON, Fornaldar sogur, vol. l, p. 373. Secondo
]. FRITZNER, Ordbog, s.v. Finnabû, la parola indica il Finnmark.
140 LORENZO LOZZI GALLO

3. ViKINGASÔGUR

Nel cosiddetto gruppo delle saghe vichinghe rientrano testi


ambientati grosso modo tra IXe XI secolo; le vicende narrate in queste
saghe sono considerate più recenti di quelle del primo gruppo, anche
se una simile distinzione non è facile da tracciare. Occorre ricordare di
nuovo corne simili distinzioni siano state parzialmente cancellate dalle
vicende di trasmissione dei testi, per cui alcuni testi contenenti starie
antiche ci sono tramandati solo in versioni chiaramente recenziori.
Ai fini del presente studio, si considerano corne appartenenti a
questo gruppo: Hd/fs saga ok Hd/fsrekka, TOka pdttr TOkasonar, Gautreks
saga, Ragnarssaga loobrokar, Ragnarssona pdttr, Helga pdttr Porissonar,
Ôrvar-Odds saga, Âns saga bogsveigis. Ad esse possiamo aggiungere inol-
tre Hro/fs saga Gautrekssonar, Ketils saga hf,f,ngs, Grims saga loOinkinna e
Yngvars saga viOforla che, per terni o per ambientazione, si collocano in
una posizione intermedia tra le saghe vichinge e quelle fiabesche.

A) HALFs sAGA oK HALFSREKKA E ToKA I>ÂTTR ToKAsoNAR

La Hd/fs saga ok Hd/fsrekka è conservata in un unico manoscritto


pergamenaceo, variamente datato tra fine del XIV e seconda metà del
XV, e da cui, corne è stato dimostrato, derivano tutti i manoscritti
cartacei 87 .
Gran parte della saga è dedicata alla narrazione delle gesta degli
antenati del re Halfr; di particolare interesse, in questa sede, è il viaggio
in Bjarmaland3 8 di Hjorleifr, re delle regioni norvegesi di Rogaland e
Hordaland.

87 Ed. H. SEELOW, Ha!fi saga ok ha!firekka (Rit, 20). Reykjavik, Stofnun Arna

Magnûssonar a fslandi, 1981, rispettivamente pp. 105-106 e 80-82. Cf. anche ID.,
«Hilfs saga ok Hilfsrekka», in Medieval Scandinavia, p. 262.
88 Cf. J. FruTZNER, Ordbog, s.v. Bjarmar. Per una panoramica della presenza

del Bjarmaland nelle fonti scandinave medievali e per i problemi di identificazione


di questa regione con l'odierna Permia (regione russa a sud-ovest della Siberia), cf.
K. VrLKUNA, «Bjarmer och Bjarmaland», in Kulturhistorisk Leksikon for Nordisk Mid-
delalder, vol. 1, coll. 64 7 -6 51.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSOGU R» 141

Hji:irleifr, partendo dal suo regno, fa una prima tappa nell'isola di


Na::rny, per poi continuare verso la foce della Dvina, dove si dà al sac-
cheggio89. La notte, le navi rimangono ancorate in un braccio di mare
chiarnato «Mare delle isole Gjarlfeyjar», nel Finnmark meridionale, ma
poi di nuovo riprende il viaggio, flno a Konghelle. (sull'attuale costa
svedese, a nord di Gi:iterborg). Da ll l'eroe prosegue per il Bjarmaland,
dove incontra Hreiôarr, re dell'isola danese di Sja::lland, e al ritorno
viaggiano insieme flno in Danimarca, dove Hji:irleifr chiede in sposa la
flglia di Hreiôarr; mentre la flotta è ancorata nel mare di Jutland, pero,
la giovane muore. Con questo viaggio, cos! dettagliatamen te descritto,
contrasta il racconto delle scorrerie di re Halfr e i suoi uomini, che non
contiene indicazioni geograflche di alcun tipo prima del suo arrivo in
Hordaland, dove troverà la morte 90 .
La saga contiene la citazione di numerosi luoghi (i tumuli regali
ad Ôgvaldsnes91 , Vatnarshaugr e Brœlfrahaugr9 2 , e aitre località norve-
gesi - che non ricorrono altrove nelle fornaldarsogur - corne Kollsey9 3,
Harlfs&r9 4 , Josurheilfr!Vilfir9 5, Stord) 96 e l' eziologia del toponimo
Kvenna heralf 'distretto delle donne' (a sud del Hardangerfjord ), per il
quale l'autore tramanda la storia di una zona popolata solo da vedove
in seguito a continue guerre: in realtà kvenna deriva dalla corruzione
dell' etnonimo Kvenir9 7 .
Inflne, occorre notare che la saga fa più volte riferimento a per-
sonaggi e luoghi rilevanti della storia islandese, legando le vicende
dell'isola a quelle del Continente98 .

89
Hd!fiaga ok hd!firekka, cap. 2, ed. H. SEELOW, p. 172. Il viaggio in Bjarmaland
flno alla Dvina settentrionale è un Leitmotiv nelle vikingasogur e nelle &vintfrasogur.
90
Ibid., capp. 5-7, pp. 178-183.
91
Ibid., cap. 2, p. 170, nell'isola di Karm0y.
92
Ibid., cap. 2, p. 171.
93 Ibid., cap.
l, p. 169.
94
Hards&r è citato due volte nella saga (ibid., cap p. l, 2, pp. 169 e 171) e in
entrambi i casi chiaramente puà essere identiflcato con il tratto di mare davanti al
flordo di Hardanger.
95 Ibid.,
cap. 2, p. 170.
96 Ibid., capp. 2-3,
pp. 170-171. Isola di fronte all'imboccarura del Hardanger-
fjord, ne! Hordaland.
97 Ibid., cap. 2, p. 171.
Sui Kvenir e l'interpretazione del Kven!and 'terra dei kve-
nir' corne Kvenna!and 'terra di donne' cf. R. SrMEK, «Elusive Elysia», p. 254.
98 Ibid., cap.
2, p. 170, sulla storia di Finnr, colono di Akranes; ibid., cap. 4, p.
142 LORENZO LOZZI GALLO

Alla materia della saga si ricollega il TOka jdttr TOkasonar, conser-


vato nella Flateyjarbôk. Il jdttr presenta una comice narrativa simile a
quella del Norna-Gests jdttr. uno straniero assai longevo si presenta are
Olafr il santo nella sua sede regale di Sarpsborg (a sud-est dell' odierna
Oslo) per mettersi al suo servizio 99 ; racconta i suoi trascorsi mitici,
il suo soggiorno in Danimarca pressa re Hrôlfr kraki e in Norvegia
pressa re Hâlfr, e muore nelle bianche vesti del convertito. All' autore
del jdttr interessa esclusivamente sottolineare che gli eroi norvegesi di
re Hâlfr erano più forti dei danesi di re Hr6lfr, tranne Bo~varr Bjarki
(che non a caso è di stirpe norvegese) e il suo pupillo Hjalti; il testa
non contiene alcun dato geograflco signiflcativo: gli unici luoghi citati
sono appunto l'insediamento di Sarpsborg, la Danimarca e la Norve-
gia 100.

B) GAUTREKS SAGA E HROLFS SAGA GAUTREKSSONAR

· Pur trattando di un periodo più recente della storia scandinava


rispetto alla Hdlfi saga ok Hdlfirekka, la Gautreks saga è stata compo-
sta verosimilmente in epoca più antica, nonostante la sua tradizione
manoscritta sia egualmente piuttosto recente. La saga esiste in due
redazioni, una lunga e una breve; l'origine dei numerosi elementi in
comune tra le due redazioni della Gautreks saga e la Hrôlfi saga Gaut-
rekssonar è tuttora motiva di disaccordo tra gli studiosi 101 .
La storia comincia nel Gotland occidentale (Vastergotland), e
include una interessante descrizione della posizione del paese in stile
realistico: «[Il Vastergotland] si stende tra la Norvegia e la Svezia, ad
est delle montagne Kj0len, e il fi.urne Gota <livide le Upplond (il nome
qui indica un' ampia regione a nord di Oslo) e Gotland. Ci sono grandi
boschi e viaggiare è difficile, quando il terreno non è ghiacciato» 102 .

17 6, sulla discendenza regale della stirpe del Reykjanes; ibid., cap. 11, p. 198, sulla
discendenza regale della stirpe di Espih611 e di Meôalfellsstrond ne! Breiôal)orôr.
99
T6ka pdttr T6kasonar, ed. G. ]ôNssoN, Fornaldar sogur, vol. 2, p. 137.
100
Ibid., rispettivamente cap. 1, pp. 138-139 e cap. 2, pp. 139-140.
101
Cf. P. VERMEYDEN, «Gautreks saga», in Medieval Scandinavia, pp. 224-225.
Cf. anche M. BAMPI, Saga di Gautrek. Milano, Iperborea, 2004, pp. 69-101 (in par-
ticolare pp. 86-87).
102
Gautreks saga, cap. 1: «Pat [Vestra-Gautland] liggr milli Noregs ok Svîpj6ôar
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSOGUR» 143

La saga descrive poi le lotte tra i re di diversi distretti norvegesi


(Hordaland, Oppland, Telemark, Agder, Â/jheimr) 103 ; menziona i
bellicosi re di Svezia, presso i quali si rifugia l' eroe Starkaôr (nella
redazione lunga) 104 , e un re di Vindland, che invece non è un guerriero
valoroso, di cuire Gautrekr sposa la figlia 105 . Nonostante il Vindland
sia storicamente una terra slava - in parte coincidente con l' odierna
Germania nord-orientale, in parte con la Polonia - 106 al re si dà un
nome scandinavo, Haraldr, e il regno è citato senza descriverne la posi-
zione, in modo astratto e senza elementi di stile realistico, a meno di
non considerare tale la scarsa propensione alla guerra del re slavo.
:Ceroe degli ultimi capitoli della saga, Refr, parte dall'Isola di Ren-
nes0 lungo le coste dello Jceder (area costiera dell'odierno Rogaland) e
visita Danimarca e Inghilterra, ma questi paesi non sono caratterizzati
in alcun modo, sicché questa parte della saga assume contorni più
marcatamente fiabeschi.
La storia della Hrôlfs saga Gautrekssonar, si ricollega a quella della
saga precedente in quanto l' eroe Hrôlfr vi è presentato corne il figlio
di re Gautrekr; il testo è databile alla fine del sec. XIII ed è conservato
anch'esso in due redazioni (una "breve" e una "lunga'') 107 •
Il testo si concentra su quattro episodi in cui eroi vichinghi chie-
dono in sposa principesse ambite ma poco arrendevoli. La vicenda
comincia nel Gotland, paese di origine di Hrôlfr, quando il padre del-
1' eroe, re Gautrekr, parte per la Norvegia, <love ottiene la mano di una
principessa che porta nel suo regno; da lei ha due figli, Ketill e Hrôlfr,
l' eroe protagonista di questa saga. Hrôlfr cresce in Danimarca e va a
cercarsi una sposa in Svezia: si tratta della principessa Pornbjorg, che

fyrir austan Kjolu alla, ok skilr Gautelfr milli Upplanda ok Gautlands. Par eru st6rar
merkr ok illt yflrfer5ar, pâ er pelalaust en> (ed. G. ]6NSSON, Fornaldar sogur, vol. 4,
p. 1).
103In Heimskringla, cap. 48, ed. B. ADALBJARNARSON, Heimskringla, vol. 1, p. 79,
con Â/fheimr si intende la regione tra i fiumi Glomme (Raumelfr) e Gi:ita ( Gautelfr),
corrispondente grosso modo alla zona costiera a nord di Gi:iteborg (odierna regione
di Bohus).
104Gautreks saga, cap. 7, ed. G. ]ôNSSON, Fornaldar sogur, vol. 4, p. 31-34.
105
Ibid., cap. 8, p. 35.
106 Cf. W].
PAFF, The Geographical and Ethnie Names, pp. 220-221.
107 H.-P. NAUMANN,
«Hr6lfs saga Gautrekssonar», in Medieval Scandinavia, pp.
303-304.
144 LORENZO LOZZI GALLO

vuole essere chiamata I>orbergr, corne se fosse un uomo, e combatte


furiosamente per impedire di essere soggiogata. Occorre notare che in
un primo momento Hrôlfr riceve dal re Eirekr, padre di I>ornbjorg,
un trattamento insultante in base a pregiudizi etnici: il re afferma che
i Gôtar sono dei burloni quando bevono, e che il loro paese è tanto
pavera e misera, che probabilmente sono giunti in Svezia solo per
sfuggire alla fame; si tratta evidentemente di un' eco di rapporti non
proprio cordiali tra le due popolazioni confinanti 108 . Il terza viaggio
si svolge in Garlfariki, dove Ketill si reca a trovare la sua sposa: qui il
toponimo è usato senza malta verosimiglianza, e anche il re di questa
terra porta un nome, Hâlfdan, poco plausibile per una dinastia d' origi-
ne svedese. Il quarto viaggio serve a ottenere la mana della principessa
d'Irlanda per il figlio del re di Scozia Asmundr, amico di Hrôlfr. Leroe
inizialmente cerca di dissuaderlo, e motiva il suo scetticismo prima
ricordando i poteri magici del re irlandese, poi ricorrendo a ragioni
tattiche: «l'Irlanda è un paese difficile da attaccare per un' armata stra-
niera: è fittamente abitata, e vi sono grandi secche vicino alla costa,
per cui non si puà attraccare se non su piccole navi [... ]» 109 . Alla fine,
comunque, Hrôlfr si lascia convincere e partono per combattere con-
tra il re, che è sua omonimo e dunque evidentemente vichingo 110 •
In due punti il narratore è colto da episodici scrupoli di veridicità
e sente la necessità di inserire delle precisazioni. In un caso, afferma
di non essere in grado di dare informazioni puntuali sul viaggio com-
piuto da I>ôrir, un fedele vassallo di Hrôlfr Gautreksson, per andare
in Irlanda a salvare il suo re (inserendo qui, inoltre, lo stilema della
mancanza di fonti: «[ ... ] sul sua viaggio in Irlanda possiamo dire
poco») 111 ; nell'altro (alla fine del testo) rivendica il diritto a divertire
senza informare, appellandosi alle incertezze della tradizione orale: si
tratta di un topos frequente delle saghe più tarde 112 •

108 Hr6/fs saga Gautrekssonar, cap. 8, ed. G. J6NSSON, Fornaldar sogur, vol. 4, pp.
75-76.
109 «Er [... ]illt at s.ekja friand meo her ûtlendum. Parer fjolbyggt, en grunn mikil

fyrir landinu, sva at par vio kemst ekki nema meo smaskipum [... ]»; Ibid., cap. 21,
p. 132.
110 Il dominio vichingo in Irlanda dura oltre due secoli (IX-XI ca.), cf. G. JoNES,

A History of the Vikings, pp. 204-240, 397.


111 Hr6/fs saga Gautrekssonar, cap. 35: «[ ... ] um fero hans til friands kunnum vér

fatt at segja [... ]»; ed. G. J6NssoN, Fornaldarsogur, vol. 4, pp. 173.
112 Ibid., cap. 37, p. 176.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR» 145

c) RA.GNARSSAGA LODBROKAR E RAGNARSSONA I>ATTR

La Ragnarssaga lolfbr6kar è una delle più antiche di questo gruppo


non solo perla stesura (metà del sec. XIII ca.), ma anche per l'ambien-
tazione1 13 : si rinviene in un unico manoscritto antico in cui, corne si
è detto, sembra proseguire il tema della Volsunga saga, cominciando
dall' arriva in Norvegia di Aslaug, flglia di Brunilde e Sigurôr, ivi con-
dotta dal suo tu tore Heimir per sfuggire ai nemici dei genitori 114 . La
Hauksb6k ci offre un pdttr in cui si descrive a grandi linee lo stesso
tema; probabilmente entrambi i testi derivano da una versione più
antica 115 .
1 numerosi spostamenti dei personaggi sono rappresentati, solita-
mente, in modo stereotipato, ricorrendo anche allo stilema del!' assenza
di fonti 116 . Il narratore talvolta si mostra attenta ai dettagli realistici:
per esempio, Randalîn, moglie di Ragnarr, avverte il marito che non è
facile approdare in Inghilterra 117 e che per la sua spedizione alla con-
quista dell'isola sarebbe preferibile una flotta di navi piccole e maneg-
gevoli (langskip), e non due grandi navi da trasporto (kndrr) 118 ; il pdttr
riprende l' argomentazione della donna, speciflcando che la causa delle
difflcoltà consiste nelle forti correnti e nei bassi fondali 119 .
Il pdttr riferisce inoltre di una spedizione compiuta per canto
di Hilfdan svarti - il padre di Haraldr hârfagri - dal Hedmark al
Hadeland (attualmente la parte meridionale dell'Oppland), in cui i
soldati percorrono la superficie ghiacciata del lago Mj0sa; si tratta di

113
R McTuRK, «Ragnarssaga loobrôkar», in Medieval Scandinavia, pp. 519-520.
114
Ragnars saga lolfbrokar, cap. 1, ed. G. ]ôNSSON, Fornaldar sdgur, vol. l, p. 221.
115
Cf. ed. F. J6NSSON, Hauksbok. Kobenhavn, Thieles, 1892-1896, p. XCII
(testo alle pp. 458-467) e R. McTuRK, «Ragnarssaga».
116
Ragnars saga lolfbrokar, cap. 9, ed. G. ]ôNSSON, Fornaldar sdgur, vol. 1, p. 243.
117
Ibid., cap.15, p. 265.
118 Ibid, cap.15, p. 265. Per una rapida presentazione delle forme della navi

vichinghe, con ulteriori indicazioni bibliografiche, cf. G. JONES, A History of the


Vikings, pp. 182-190; per aggiornamenti alla bibliografia, cf. anche A. BINNS, «Ships
and Shipbuilding», in Medieval Scandinavia, pp. 578-580. Nella traduzione di M.
MELr, La saga di Ragnarr. Milano, Iperborea, 1993, p. 81, i due termini sono resi con
«navi corsare» e «navi da trasporto».
119 Ragnarssona pdttr, cap. 2: «Storskipvm er ecki gott ao hallda ao Englandi sakir

stravms ok vtgrynis», ed. F. Jônsson, Hauksb6k, p. 462.


146 LORENZO LOZZI GALLO

un episodio tratto probabilmente da una fonte storica 120 . Anche nella


saga compare, sia pure in un contesto diverso, l' elemento realistico
dell' acqua che si congela e si solidifîca, laddove, preparandosi per una
spedizione in Svezia, uno dei fîgli di Ragnarr, Hvitserkr, osserva che
sarà necessario rompere il ghiaccio intorno alle navi 121 •
I..:autore della saga dice espressamente che i fîgli di Ragnarr tor-
nano a casa «via terra» 122 dopo aver razziato l'Europa meridionale
(Suorrfki) 123 , rinunciando perà a spingersi fîno a Roma. Il fdttr riporta
la notizia della scorreria in modo più ambiguo: «l fîgli di Loi5brôkr
compirono scorrerie attraverso molti paesi; in Inghilterra, in Francia,
in Germania 124 e fîno in Italia settentrionale. Si narra che siano arri-
vati tanto lontano da conquistare la città che si chiama Luni e per un
momento pensarono di andare a Roma e conquistarla: la loro spedi-
zione è stata la più famosa in tutti i paesi del Nord di lingua danese»;
vi si omette l'informazione tanto interessante quanto incongrua, del
ritorno via terra in Danimarca, contenuta nella saga 125 .
La saga e il fdttr raccontano entrambi una storia della fondazione
di una città da parte di fvarr Ragnarsson, modellata sulla fondazione
di Cartagine da parte di Didone nota dall' Eneide; la saga perà riferisce
questa leggenda alla fondazione di Londra, mentre il fdttr la riferisce

120
Ibid., cap. 5, p. 467; sulla problematica delle fonti in particolare, cf. ibid.,
pp. xcii-xciii.
121 Ragnars saga lolfbr6kar, cap. 10, ed. G. JôNSSON, Fornaldar siigur, vol. 1,
p. 256.
122
Ibid., cap. 15, p. 270: «of land».
12 3Ibid., capp. 13-14, pp. 260-263.
124
Sia Val/and sia Frakkland possono essere interpretati in modi diversi: il primo
si riferisce genericamente a qualunque area abitata da popolazioni non germaniche,
ma in particolare alla Francia (cf. R. CLEASBY, G. VrGFUSSON, An Icelandic-English
Dictionary, s.vv. Val/and, valskr); il secondo si riferisce grosso modo al nucleo dell'im-
pero carolingio (ibid., s.v. Frakkland}; abbiamo già visro corne anche ne! Norna-Gests
jdttr il termine indichi non tanto la Francia, quanto alcune regioni del!' odierna
Germania nordoccidentale (cf. supra).
125 «Loobrokar synir forv vm morg lond meo hernaoi England ok Valland ok

Frackland ok vt vm Lvmbaroi. En sva er sagt at par hafi peir framazt komio er peir
vnnv pa borg er Lvna heitir ok vm eina stvnd a::tlvov peir at fara til Romaborgar ok
vinna hana ok hefir peira hernaor fra::gstr verio vm oll norèlr kon>d af danskri tvngv».
Ragnarssona pdttr, cap. 3, ed. F. JôNSSON, Hauksb6k, p. 464.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSOGUR» 147

a York 126 . Di nuovo, entrambi i testi affermano che fvarr fu sepolto in


un tumulo in Inghilterra, ma solo la saga aggiunge che quel tumulo fu
profanato da Guglielmo il Conquistatore 127 •
Vi è una profonda differenza nella rappresentazione della Svezia
e del suo re Eysteinn tra i due testi. Nella saga, Eysteinn è raffigurato
corne re pagano e malvagio, al pari di Aoils nella Hro/fs saga kraka;
inoltre possiede anch' egli un animale stregato, in questo caso una
vacca micidiale. Quanto a Ragnarr, arriva in quella terra corne principe
danese, sposato con la flglia dello jarl del Gotland 128 , diversamente
dal jdttr, dove Ragnarr è re di Svezia, mentre Eysteinn è solo un suo
sottoposto e non compaiono riferimenti a magia e paganesimo 129 •
Occorre invece notare che l' approccio al viaggio nella saga e nel
jdttr è egualmente astratto, e in entrambi i testi compare di rado anche
lo stilema dell' assenza di fonti.

D) HELGA l>ATTR J>ORISSONAR

Un altro testo conservato nella Flateyjarbok e centrato sulla figu-


ra di un re, Ôlafr Tryggvason, è il Helga jdttr Porissonar130, in cui
compare il motivo stereotipo del viaggio nel Finnmark incantato: il
protagonista Helgi, infatti, parte dalla casa del padre, presso il monte
Rauobjorg in Norvegia - l'autore informa il lettore che si trova non
lontano dal Vik, nell'attuale Oslofjord - 131 per andare in Finnmark

126
Ragnars saga loifbr6kar capp. 16-17, ed. G. J6NssoN, Fornalda.r sogur, vol. l,
p. 274-276; Ragnarssona jdttr, cap. 3, ed. F. JoNSSON, Hauksb6k, p. 463.
127
Ragnars saga loifbrokar, cap. 18, ed. G. JôNSSON, Fornaldar sogur, vol. 1, p.
280; Ragnarssona jdttr, cap. 4, ed. F. JoNSSON, Hauksb6k, p. 465.
128
Ragnars saga loifbr6kar, cap. 10 (sure Eysteinn) e 11 (sulla vacca prodigiosa),
ed. G. JoNSSON, Fornaldar sogur, vol. 1, rispettivamei:ite pp. 242, 254. Lepisodio
della vacca prodigiosa è duplicato: infatti anche al cap p. 7-8 si parla di una città,
Hvitab;er (etimologicamente corrispondente a Whitby), difesa da due potenti vitelle
magiche (ibid., pp. 240-241).
129
Ragnarssona jdttr capp. 1-2, ed. F. JoNSSON, Hauksb6k, pp. 458-459.
l30 R. POWER, «Helga pattr l>ôrissonar», in Medieval Scandinavia, p. 280.
l3I Helga pdttr P6rissonar, cap. 1, ed. G. JoNSSON, Fornalda.r sogur, vol. 4,
p. 347.
148 LORENZO LOZZI GALLO

a commerciare con i Lapponi; là Helgi fa un incontro fatale con la


figlia di re Guômundr di Gltesisvellir, descritta corne la tipica donna
lappone, cioè una strega seduttrice e malvagia. Il testa contiene almeno
un dettaglio di valore etnografico: la maliarda e le sue accompagnatri-
ci innalzano una tenda sotto cui ripararsi, seconda il tipico costume
lappone 132 .
Guômundr di GltRsisvellir appare qui corne un re pagano malva-
gio, che cerca di corromeere il re cristiano inviando alla sua residenza
di Alreksstaôir (l' attuale Arstad, a sud di Bergen) 13 3 due foschi emissa-
ri, che vi giungono da un luogo chiamato Grîmaskarlf, da nord-est 13 4 •
La direzione di provenienza è chiaramente evocativa: al tempo di Ôlafr
Tryggvason (e fino al sec. XII), corne il nord, dominio dei Lapponi,
anche l'est è rappresentato corne terra ostile e infida, in quanta gli
Svedesi pagani sono raffigurati corne particolarmente dediti alle arti
magiche.

E) ôRvAR-Onns sAGA, KET1Ls sAGA H.lENGs E GruMs sAGA


LODINKINNA

La Ôrvar-Odds saga è conservata in una redazione più antica, di


cui esistono due testimoni lievemente divergenti (S - più antico - e
M), sui quali ci si concentrerà in questa sede e la cui trascrizione risale
alla fine del sec. XIII, e in una redazione più recente, che ha subito
numerose aggiunte. La tradizione manoscritta della saga è molto ricca
e complessa, e vi sono anche testimonianze di una circolazione della
storia in epoca precedente alla sua stesura l 3 5 .
La nascita dell'eroe Ôrvar-Oddr si colloca all'interno di un viag-
gio, quando i genitori, provenienti dall'isola di Hrafoista sulle caste
del Halogaland, viaggiano verso sud-est per arrivare nell' odierno golfo

13 2
Ibid., cap. l, pp. 347-348.
133Cf. M. ÜLSEN, /Ettegdrd og helligdom. Norske stedsnavn sosialt og religionshisto-
risk be/yst. Bergen-Oslo-Troms0, Universitetsforlaget, 2. ed. 1978, p. 11.
134 Helga
jdttr P6rissonar, cap. 2, ed. G. ]ôNSSON, Fornaldar sogur, vol. 4, p.
351.
135
Cf. P. KRoESEN, «Qrvar-Odds saga», in Medieval Scandinavia, p. 744; cf.
anche F. FERRARI, Saga di Oddr l'arciere. Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2003,
pp. 32-44.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR» 149

di Oslo, a Berurj6or, dove il protagonista viene alla luce e vi rimane


flno all' età adulta, quando si reca a Hrafnista, donde parte per una
spedizione verso il Bjarmaland.
Ôrvar-Oddr e i suoi compagni dapprima giungono nel Finn-
mark, dove depredano i Finnar (cioè i Lapponi), rappresentati corne
maghi potenti, che sanno reagire con la magia al saccheggio dei loro
villaggi, in particolare grazie al loro potere di controllare i venti 136 .
Quando giungono in Bjarmaland, risalgono la Dvina e incon-
trano la misteriosa popolazione locale. Per comprendere la lingua dei
Bjarmar, Ôrvar-Oddr si serve di un prigioniero norvegese (ricono-
sciuto evidentemente su basi etniche) che in realtà cerca di proteggere
i Bjarmar dai vichinghi 137 • Anche i Bjarmar sono presentati corne
maghi; infatti Ôrvar-Oddr avverte i suoi di non permettere ai nemici
di impossessarsi di cadaveri per impedire stregonerie: forse la creazio-
ne di draugar o "morti viventi", figure particolarmente temute nella
letteratura norrena 1 3 8 •
Ôrvar-Oddr poi giunge nel Risaland, immaginaria terra di gigan-
ti; si noti che per capire questi ultimi, l' eroe non ha bisogno di
interpreti 139 . In seguito, Ôrvar-Oddr si lancia in scorrerie a caccia
di vichinghi, prima nel golfo di Oslo e nel Kattegat, poi in Svezia,
in Danimarca (Lxs0 nel Kattegat, Sams0, lo Sjxlland), in Scozia, in
Irlanda, in Northumbria e nell'isola di Gotland 140 .
Le sue avventure seguenti si svolgono nell'Europa meridiona-
le: Grecia, Sicilia, Aquitania 141 e poi, dopo battezzato, in Palestina

136
Sul rapporta dei Lapponi e dei Bjarmar con questo tipo di magia c[ ].
GRANLUND, «Vindmagi», in Kulturhistorisk Leksikon for Nordisk Middela!der, vol. 20,
coll. 98-1 OO.
137 Ôrvar-Odds
saga, cap. 6, ed. R. C. BOER, «Qrvar-odds Saga». Leiden, Brill,
1888, pp. 26, 28 (versione S pp. 27, 29).
138
Ibid., cap. 7, ed. R. C. BOER, p. 34 (S p. 35). Sulla figura del "morto viveme"
cf. R. S1MEK, Dictionary ofNorthern Mythology. Cambridge, D. S. Brewer, 1993, s.v.
draugr.
139 Ôrvar-Oddssaga,
capp. 9-11, ed. R. C. BOER, pp. 36-48 (S pp. 37-51).
140
Ibid., capp. 13-32, pp. 52-112 (S pp. 53-113).
141 Queste avventure
(ibid., capp. 33-34, pp. 113-118) differiscono lievemente
nelle due redazioni M (su cui si basa l'ed. R. C. BoER) e S; nella prima infatti Ôrvar-
Oddr incontra la fede in Aquitania, nella seconda in Sicilia.
150 LORENZO LOZZI GALLO

(!6rsalaland, da ]6rsalir 'Gerusalemme'), dove arriva al fiume Giorda-


no; prosegue dunque verso la Siria (Sjrland) 142, e Ungaraland, dove
Ôrvar-Oddr arriva marciando verso est 143; da ll, attraversando «paesi e
vaste fareste» l' eroe giunge in Hûnaland1 44 . Infine, Ôrvar-Oddr arri-
va nell' enigmatica Bjdlkaland, una terra pagana di cui diviene re 145 ; in
seguito tornerà in Norvegia per morire a Berurj6/Jr146 .
L Ôrvar-Odds saga dimostra una particolare competenza geogra-
fica da parte del narratore, che descrive con minuzia di particolari il
Nord scandinavo, citando per esempio il nome Tronuvdgar delle inse-
nature degli Elfarsker (gli isolotti di fronte alla face del fiume Gôta) 147 ;
un dettaglio realistico importante, ma contenuto nella sala versione
M, è la presenza di numerose isole nel fiume Dvina, oltre alla citazione
del promontorio alla sua face (farse la penisola Ondskij) 148 .
Quando si tratta di nominare i paesi dell' estremo sud-est euro-
peo, invece, la prospettiva diviene più confusa e lo stile sempre più

142 La redazione S ha invece un' avvemura che si svolge apparentemente in


GarlJariki (ibid., cap. 41, p. 186); due testimoni recenziori in quesro punto recano
la lezione Grikkjariki "Grecià', acco!ta anche nell'ed. G. J6NSSON, Fornaldar sogur,
vol. 2, p. 332. I manoscritti recenziori della "redazione lungà' inseriscono qui un'av-
ventura in Risa/and e numerosi altri viaggi flno al Helluland e il mitico regno di
Geirr11IJargarlJar (ed. R. C. BOER, pp. 118-137).
143
Ibid, cap. 35, p. 121. Un'imerpretazione letterale del toponimo porterebbe
a concludere che si tratti ovviamente dell'Ungheria; in realtà, ne! testo non vi sono
altri elementi a sostegno di questa identiflcazione. La versione M non contiene questo
episodio.
144
Ibid., cap. 35, p. 138 (S p. 139). Anche la «Terra degli Unni» potrebbe corri-
spondere vagamente all'attuale Ungheria, ma di nuovo ne! tesro non vengono fornite
informazioni ai fini dell'identiflcazione.
145
Ibid., cap. 40, p. 170 (S p. 171). A quesro punto, alcuni manoscritti recenziori
inseriscono un' avventura in Garlfariki, dove Ôrvar-Oddr imerviene in una guerra
contro re Kvillanus, che poi sarebbe il suo arcinemico Ôgmundr Eypj6fsbani (ed. R.
C. BoER, pp. 186-189), e un breve episodio in un paese chiamato Ga/lia (ibid., pp.
189-190).
146
Ibid, cap. 42, p. 190 (S p. 191). La versione M menziona anche le insenature
dell'isola di Sams0, chiamate Munarvdgar (ibid., cap. 26, pp. 94 e 98) che si ritro-
vano citate (al singolare, corne Munarvdgr) anche nella Hervarar saga, cap. 3, ed. C.
ToLKIEN, The Saga ofKing Heidrek, p. 5 (versione della Hauksbok).
147
Ibid., cap. 25, p. 88 (versione S p. 89).
148
«[ ... ] eyjar liggja margar î âinni [... ] peir koma undir nes pat, er ofan gekk af
megilandi ok fram î âna» («ci sono molte isole ne! flume [... ] arrivarono a quel pro-
montorio, che partiva da sopra dalla terraferma flno al flume») ibid., cap. 6, p. 26.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR» 151

astratto: la saga rappresenta dunque un esempio eccellente del modello


letterario ferrariano sopra descritto. Il carattere aperto del testo favori-
sce l'inserimento di interpolazioni con nuove avventure in terre sem-
pre più misteriose, descritte con stile costantemente astratto, secondo
il modello flabesco.
Occorre notare che la Ôrvar-Odds saga è l' unica tra le fornaldarso-
gur (insieme a quella di Yngvarr villforli che sarà trattata più oltre), in
cui il problema della comprensione linguistica assume un ruolo nella
trama: i Bjarmar parlano una lingua straniera e per questo è necessa-
rio procurarsi un interprete. La conoscenza delle lingue è menzionata
anche nella Volsunga saga corne parte dell' educazione di Sigurôr; in
quel contesto, perà, non ha valore funzionale alla trama 149 . È sinto-
matico, inoltre, che l' episodio in Bjarmaland sia seguito da un altro
analogo in Risaland in cui Ôrvar-Oddr è in grado di assistere ad un' as-
semblea di giganti e comprendere i loro discorsi senza aiuto; in nessun
altro punto della saga si sollevano problemi linguistici.
Dunque, l' episodio in Bjarmaland rappresenta una preziosa testi-
monianza di atteggiamento realistico, in opposizione allo stile astratto
che predomina in altre parti della stessa saga, in particolare nelle
interpolazioni recenziori.
A questo proposito, occorre notare che lo stilema dell' assenza di
fonti ricorre ben nove volte nella redazione S della saga 150 , mentre non
si ritrova nelle interpolazioni, a conferma della differenza di atteggia-
mento in quest'ultime, corne vedremo più estesamente trattando delle
12vinryrasogur.
La Ketils saga h12ngs e la Grims saga looinkinna si ricollegano alla
vicenda di Ôrvar-Oddr (anche se la loro trascrizione è più recente) 151

149 Cf. supra.


l50 Ibid., capp. 6, p. 26 (S p. 27), 9 p. 36 (S p. 37), 12 (solo versione S, p. 51),
13 (solo versione S, p. 53), 15 p. 60 (S pp. 59-61), 18 p. 68 (solo versione M), 20
(solo versione S, p. 77), 21 p. 78 (S p. 79), 35 (solo versione S, pp. 119-121), 41 p.
186 (solo versione M), 42 p. 190 (S p. 191).
l5l La prima è attestata in manoscritti a partire da! sec. XV, ma probabilmente più
antica (M. CrKLAMINI, «Ketils saga hœngs», in Medieval Scandinavia, pp. 352-352,
ipotizza una prima stesura del testo ne! sec. XIII); la seconda ne condivide in parte
la tradizione manoscritta ed è datata all'inizio del sec. XIV (P. A. JoRGENSEN, «Grîms
saga loOinkinna», in Medieval Scandinavia, pp. 243-244).
152 LORENZO LOZZI GALLO

dato che raccontano la storia rispettivamente di suo nonno Ketill


hr.engr e di suo padre Grimr looinkinni; esse condividono con la Ôrvar-
Odd saga l' ambientazione di partenza, Hrafnista nel Halogaland.
La Ketils saga hr.engs descrive i viaggi del protagonista in luoghi
fantastici, dove incontra giganti malvagi da cui si difende egregiamen-
te. A causa di una violenta tempesta, l' eroe si trova trasportato a nord
nel Finnmark, dove è ospite di un gigante, la cui flglia Hrafnhildr
diventerà la madre di suo flglio Grîmr 152 •
È interessante l' episodio in cui l' eroe incontra una gigantessa
pressa Skrova 153 ; nel contraste che ne segue, la gigantessa racconta
di essere stata in viaggio: «Giunsi ad un banchetto in Angr 154 / Poi
mi recai a Steig. 155 / La daga risuonava tintinnando. / Poi arrivai a
Karm0y. 156 / Dovevo portare fuoco nello J:eder 157 / e sofflare pressa
Ûtsteinn. 158 / Poi dovetti andare ad est pressa l' E/fr 159 / prima che
il giorno splendesse su di me / e rimproverai le spose / e insultai lo
jarl» 160 . Subito dopo questa strofe, l'au tore della saga commenta che la
gigantessa aveva percorso tutta la Norvegia, dalla J:eder flno al Halo-
galand, dove avviene l'incontro (mentre il Finnmark non è compreso
in quest' ottica).

152
Ketils saga hœngs, cap. 3, ed. G. ]ôNssoN, Forna!dar sogur, vol. 2, pp. 158-
159.
153
Verosimilmeme; isola in Halogaland (attuale Nordland).
154
Il termine indica due omofoni: angr 'dolore, dispiacere' e -angr 'baià, ricor-
rente nei toponimi norvegesi e nel composto kaupangr 'porto mercantile; città'; cf. M.
ÜLSEN, «Norge», in Stedsnavn, pp. 5-52 (in particolare pp. 36-37) e G. HoLM, De
nordiska anger-namnen (Det Norske videnskapsakademi. Skrifter. Historisk-filosofisk
Klasse, 18). Lund, Lund University Press, 1991.
155 Località nella valle di
Gudbrandsdal, a sud di Trondheim.
156
Isola davami al golfo di Stavanger.
157
Regione costiera a sud di Stavanger.
158
Oggi nell'isola di Klosrerny presso la costa del Rogaland.
159 Il termine significa genericamente
'fiume'; di norma indica - per antonoma-
sia - il fiume Gota (Gaute!fr), ma puo anche indicare il Glomme (Raume!fr); cf. J.
FruTZNER, Ordbog, s.v. e!fr.
160
«Gang h6f ek upp i Angri. / Eigraèlak pâ til Steigar. / Skâlm glamrandi skrapti.
/ Skarmtak pâ til Karmtar. / Elda munk â Jaèlri I ok at Utsteini blâsa. ! l>â munk austr
vièl Elfi, / âèlr dagr â mik skini, / ok meèl brûèlkonum beigla / ok brâtt gefin jarli».
Ketils saga hœngs, cap. 5, ed. G. JôNSSON, Fornaldar sogur, vol. 2, p. 171.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR» 153

[ultimo viaggio narrato dalla saga porta il protagonista in Nam-


dal e, attraverso i boschi, in Svezia: prima in Jamtland, poi ad est,
attraverso un bosco chiamato Skdlkskôgr, in Halsingland (che com-
prende l'odierna contea svedese di Vasternorrland), e poi oltre la fore-
sta di Eysk6gamiirk, che separa questa regione da quella del Gastrikland
(corrispondente in gran parte all'attuale contea di Gavleborg). Leroe
si avventura, dunque, in regioni poco conosciute della Svezia centro-
settentrionale, <love si batterà con un re vichingo pagano che regna sul
«Dominio degli Unni» (Hunaveld) 161 .
Nella saga di Grîmr lolJinkinni compare un motivo stereotipo,
tipico della letteratura romanzesca non solo scandinava: la giovane
sposa di Grîmr, Loptha::na, è stregata dalla matrigna (proveniente
- corne di regola - dal Finnmark) 162 . Grîmr ritroverà la sua sposa viag-
giando fln sulle coste del Gandvik, cioè del Mar Bianco 163• [ultimo
capitolo della saga è dedicato alla genealogia di Grîmr, da cui l' autore
fa discendere alcuni famosi coloni islandesi, I>6rarinn di Burfell e
Jorundr di Mièlengr 164 •

F) YNGVARS SAGA vIDFÔRLA

La saga di Yngvarr «il viaggiatore» ha una tradizione manoscrit-


ta molto tarda, anche se la sua composizione è stata datata all'inizio
del sec. XIII 165 ; la vicenda contiene dettagli realistici sicuramente
importanti, anche se spesso essi appaiono condizionati da sviluppi
recenziori 166 •
Il testo dedica un' attenzione notevole al dato geograflco, sia pure
con alcuni voli di fantasia: infatti la vicenda narrata consiste in gran

161
Ibid., cap. 5, pp. 173-174.
162
Grims saga lolfinkinna, cap. l, ed. G. ]oNssoN, Fornaldar sogur, vol. 2,
p. 185.
!63 Ibid., cap. 1, p. 186.
16 4 Ibid., cap. 4, pp. 197-198.
165 K. WOLF, «Yngvars saga viof9rla», in Medieval Scandinavia, p. 740, dove si
rimanda anche per una disamina dell'ampia letteratura scientifica che tratta il testo
presente.
166 C(
H. PALSSON, P. EDWARDS, Vikings in Russia: Yngvar's saga and Eymund's
saga. Edinburgh, Edinburgh University Press, 1989, pp. 2-7.
154 LORENZO LOZZI GALLO

parte in un viaggio di esplorazione. Yngvarr, di stirpe regale, flglio di


Eymundr (cui è dedicata una saga che si svolge quasi esclusivamente
in Garlfariki) cerca di conquistarsi un regno là dove questo è ancora
possibile, in Bjarmaland.
La prima tappa del viaggio, ovviamente, è Garlfariki, dove
Yngvarr arriva per nave, e vi apprende numerose lingue 167 . Poi si
rimette in viaggio, e qui compare una notazione di carattere natura-
listico, unica per realismo nelle fornaldarsdgur. Yngvarr e i suoi com-
pagni, nel corso del viaggio, notano che cambiano la forma (silfr) e il
colore (litr) degli animali e da questo capiscono di essersi allontanati
dal proprio paese 168 •
Risalendo il corso della Dvina, Yngvarr arriva dapprima nel regno
di una regina di nome Silkisif e successivamente ad Eliopoli (che della
città egizia ha solo il nome). Il re J6lfr Io informa che la Dvina arriva
da Il flno a una sorgente di nome Lindibelti, da cui sgorga anche un
altro flume che sfocia nel Mar Rosso, dove c' è un gorgo di nome Gapi.
Tra il flume e il mare c'è un promontorio chiamato Siggeum, dove si
trova il confine del monda (endi heims) 169 .
Dopa le consuete avventure con giganti e draghi, Yngvarr arriva
in quei luoghi, ma vi muore e i suoi compagni si dividono in due
schiere, una delle quali toma in Garlfariki, mentre l'altra arriva a
Costantinopoli. Gli ultimi capitoli della saga sono dedicati al flglio
Sveinn, che segue di nuovo il percorso del padre.
Si insiste fortemente sulla contrapposizione tra pagani e cristia-
ni, in particolare nel viaggio di Sveinn; un altro tema che acquista
una rilevanza del tutto inconsueta rispetto alle altre fornaldarsôgur è
quello della comprensione interlinguistica. Quando Yngvarr incontra
la regina Silkisif, flnge di non capirla per scoprire quante lingue parli
costei, e cosl apprende che la dotta sovrana sa esprimersi in francese
(rômverska), in tedesco (jjverska), in danese, in 'russo' (girska) 170 e in
«malte altre lingue d'Oriente». 171 Più avanti, quando Yngvarr incontra

167
Yngvars saga viJforla, cap. 5, ed. G. JôNSSON, Fornaldar sôgur, vol. 2, p. 434.
168
Ibid., cap. 5, p. 436.
169 Ibid.,
cap. 5, p. 439.
170 Il termine girskr indica qui evidentememe la lingua di Garoariki, ma è
attestata
una interferenza con grikkskr 'greco' (cf.]. FruTZNER, Ordbog, s.vv. girzkr, grikkskr).
171 Ibid.,
cap. 5, p. 437.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR» 155

re Jôlfr di Eliopoli, questi gli parla in molte lingue senza riuscire a farsi
intendere, fino ache pronuncia alcune parole in girska 172.

G) ÂNs SAGA BOGSVEIGIS

Possiamo infine aggiungere al gruppo delle saghe vichinghe un


teste che nella definizione di fornaldarsogur proposta da Mitchell rien-
tra a fatica, cioè la Âns saga bogsveigis. Nonostante l' età tarda di com-
posizione (probabilmente a ridosso della trascrizione nel sec. XV) 173 ,
la saga presenta pochi dettagli fantastici e l' ambientazione è quella
realistica della Norvegia protovichinga, nei distretti dei Fiordi e della
valle di Namdal, da <love proviene l' eroe Ann bogsveigi. Ann è nato
a Hrafnista: sua nonna materna è Hrafnhildr, figlia di Ketill hi:engr,
nonne di Ôrvar-Oddr.
Inseguito dall'ostilità del re lngjaldr, che domina sia il Namdal
sia i Fiordi, Ann vive prima nel distretto dei Fiordi, poi si rifugia nei
boschi ad est (ma vicino al mare o almeno ad un fiordo, visto che
vengono menzionate isole e navigazione in più occasioni) 174 . Qui si
difende dagli attacchi degli uomini del re, fino a che suo figlio I>ôrir Io
vendica, uccidendo il sovrano dopo aver appiccato il fuoco alla reggia,
seconda una tattica vichinga consueta e spesso attestata nelle saghe.
Il teste si conclude con un riferimento alle genealogie islandesi,
in quanto Ann sarebbe il padre di Mjoll, nonna paterna di Ingimundr
"il vecchio" di Vatnsdalr 175 •

172
Ibid., cap. 5, p. 438.
173 C. CAMPBELL, «Âns saga bogsveigis», in Medieval Scandinavia, pp. 16-17.
174 Ans saga bogsveigis
cap. 5, pp. 386-388.
l75 Ans saga bogsveigis, cap. 7, p. 402.
156 LORENZO LOZZI GALLO

4- lEVINTYRASÔGUR

Le saghe flabesche, in una rassegna di testi con valore geograflco,


sono quelle necessariamente meno ricche di informazioni pertinenti,
proprio perché l' atteggiamento nei confronti della spazio che le carat-
terizza è armai quasi del tutto astratto, anche se spesso non è facile
distinguere nettamente tra saghe vichinghe con tratti flabeschi e saghe
flabesche con elementi vichinghi.
Comunque, ritengo di pater assegnare con ragionevole certezza
a questo gruppo i testi seguenti: Âsmundar saga kappabana, Hdlfdanar
saga Bronufostra, Hdlfdanar saga Eysteinssonar, Sturlaugs saga staifsama,
Porsteins saga Vîkingssonar, Porsteins jdttr bœjarmagns, B6sa saga ok
Herraulfs, Egils saga einhenda ok Âsmundar berserkjabana, Illuga saga
Grioarf6stra, Sorla saga sterka.

A) ÂSMUNDAR SAGA KAPPABANA

La Âsmundar saga kappabana è una delle più antiche saghe fla-


besche, databile all'inizio del sec. XIV o forse addirittura alla fine del
XIII176.
Il testa trae spunto dalla vicenda di Ildebrando, di cui conserva
il motiva del duello tra consanguinei: se nel Hildebrandslied della
tradizione tedesca altomedievale Hiltibrant si opponeva al flglio
Hadubrant, qui l'avversario è Asmundr, il fratellastro di Hildibrandr
da parte di madre; della vicenda ancestrale sono recuperati anche i
nomi di re Buoli e di sua flglia Hildr (cioè Bryn-hildr) oltre a quello
dell' eroe, e la provenienza di questi dal Hûnaland.
Il materiale potrebbe indurre a prima vista a collocare il compo-
nimento tra le saghe eroiche (e infatti Guoni Jônsson l'ha inserita nel
primo volume della sua edizione) 177 : in realtà, a parte Io spunto tratto

176 Cf. M. CrKLAMINI, «Âsmundar saga kappabana», in Medieval Scandinavia,


pp. 22-23.
177 Àsmundar
saga kappabana, ed. G. J6NSSON, Fornaldar siigur, vol. 1, pp. 383-
408.
RACCONTI DI VIAGG!O NELLE «FORNALDARSÔGUR» 157

dalla vicenda di Ildebrando, la saga mutua stile e toni delle saghe fia-
besche. Infatti il motore della vicenda è l' amore di Asmundr per lEsa
"la bellà', e il lieto fine naturalmente prevede il matrimonio e l'inizio
di una vita felice.
La vicenda si svolge tra Svezia, Danimarca, Germania (Saxland)
e Hunaland, ma l'unica traccia di realismo nella descrizione dei luoghi
è la citazione del «lago presso Agnaflt» 178 , cioè il Malaren 179 • Qui
Asmundr si reca a recuperare l'unica spada che puô uccidere Hildi-
brandr, e l' episodio ha un tono realistico: Asmundr si tuffa nel lago tre
volte, e ogni volta toma super riscaldarsi 180 •
Vi compare una volta anche lo stilema dell' assenza di fonti, in
quanto si omette ogni descrizione del viaggio di Voggr da Hunaland
flno al Saxland, corne inviato di Hildibrandr e del suo amico, il re
Lazinus 181 •

B) HALFDANAR SAGA BRÔNUFOSTRA

Nella Hdlfdanar saga Bronufastra (scritta intorno al 1300 ca.) 182


il Bjarmaland non è solo un punto di arrivo, ma anche di partenza per
un ulteriore viaggio verso il Nord per il principe danese Hâlfdan, che
vi si è rifugiato per sfuggire agli usurpatori che hanno massacrato la sua
famiglia; infatti da ll Halfdan parte verso Helluland1 83, dove incontra
dei troll e la gigantessa Brana, sua madrina e amante 184 ; Hâlfdan si

178
«Logurinn hjaAgnafit» (ibid., cap. l, p. 388; cap. 5, p. 394).
179
Il Malaren, che si stende a ovest di Stoccolma, è chiamato semplicemente «il
lago» (Logrinn) anche nella Ôldfs saga helga, cap. 7, ed. B. ADALBJARNARSON, Heims-
kringla, vol. II (Ïslenzk Fornrit, 27). Reykjavîk, Hio îslenzka fornritafélag, 1979, p.
8. Su questa denominazione, cf. G. FRANZÉN, «Sverige», in Stedsnavn, pp. 124-171,
in particolare p. 158.
180 Àsmundar saga kappabana, cap. 5, ed. G. ]6NSSON, Fornaldar sogur, vol. l,
pp. 383-408, p. 395.
1 81 Ibid., cap. 7, p. 397.
182 P. A. ]oRGENSEN,
«Hilfdanar saga Brgnufôstra», in Medieval Scandinavia,
pp. 260-261.
18 3 Identiflcabile - di norma - con !'Isola
di Baffin, nel nord del Canada: cf. R
SrMEK, «Elusive Elysia», p. 258.
18 4 Sul motiva flabesco della nutrice/madrina
gigantessa e le sue radici nella lette-
158 LORENZO LOZZI GALLO

reca poi in Inghilterra, passando per le isole Hlalfeyjar (non ben iden-
tificabili con un luogo storico, forse connesse con la località norvegese
di Lade, vicino a Trondheim) 185 •
Il re d'Inghilterra ha corne sua vicino (e, si suppone, sottoposto)
il re di Scarborough 186 , città importante nel periodo vichingo; dopo
aver ottenuto la mana della principessa d'Inghilterra, Halfdan toma
in Danimarca (di nuovo passando per le Hlalfeyjar) e riconquista il
proprio regno.
Nella condusione ogni residua verosimiglianza è fugata dal lieto
fine, espresso da ben tre matrimoni regali; in uno di essi figura corne
sposo felice anche Eirekr, del tutto improbabile corne re di Miklagarlfr,
cioè Costantinopoli 187 •

c) HÂLFDANAR SAGA EYSTEINSSONAR

Questa saga tarda 188 è ambientata tra Norvegia, Garlfarfki, Bjar-


maland e Cardia.
A fianco di questi toponimi reali, si citano luoghi difflcilmente
identificabili o verosimilmente inventati, corne il promontorio di
Krdkunes a nord di Ladoga 189 , il monte Blesanerg nel Mar Artico 190 , e
il promontorio di K/yfandanes 191 .

ratura, cf. L. LozzI GALLO: «The Giantess as Foster-mother in Old Narse Literature»,
in Scandinavian Studies (prossima pubblicazione).
185
Hd!fdanar saga Briinufastra, cap. 9, ed. G. ]ôNSSON, Fornaldar siigur, vol. 4,
p. 306.
186
Cf. E. EKWALL, The concise Oxford dictionary of English pktce-names, s.v.; cf.
anche A. H. SMITH, English pktce-name elements, vol. l, s.v. borg.
187
Ibid., cap. 17, pp. 317-318.
188
Cf. H.-P. NAUMANN, «Hilfdanar saga Eysteinssonar», in Medieval Scandina-
via, pp. 261-262.
189 Hd/fdanar
saga Eysteinssonar, cap. 11, ed. G. ]ôNSSON, Fornaldar siigur, vol.
4,p.261
190
Ibid., cap. 26, p. 283.
191
Ibid., cap. 12, p. 262. La saga, al cap. 16, pp. 269-270, descrive tre itinerari
dal Kfyfandanes alla Carelia: o per mare «corne i vichinghi» (ed è il viaggio più lungo),
o attraverso boschi e monti, o solo attraverso boschi; ma in realtà si tratta di una
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR» 159

Il testo contiene eziologie favolose dei nomi Trondheim e Namdal


(fatti derivare da eponimi) 192 e genealogie: infatti, la casa regnante di
Ladoga è imparentata con una nobile famiglia di coloni islandesi 193 ,
mentre da Hâlfdan e sua moglie discendono molte famiglie aristocra-
tiche in Norvegia e nelle Orcadi 194 •

o) l>oRSTEINS SAGA VÎKINGSSONAR

Questa saga (databile ca. 1300) 195 si svolge in gran parte del
nord Europa. Comincia ponendo l' azione nel Halogaland norvegese,
e tratta dell' eziologia dei nomi Halogaland e Â!jheimr. Oggetto della
narrazione sono dapprima i viaggi di Vikingr, il padre di J:>orsteinn,
per difendere il regno di Svezia aggredito da invasori provenienti da
un'India flabesca. Segue il resoconto delle avventure vichinghe nel Bal-
tico, flno a che l' eroe si stabilisce nella regione norvegese di Oppland,
da cui suo flglio J:>orsteinn sarà costretto a scappare per sfuggire ad
una faida, prima rifugiandosi nel lago Vanern, poi dandosi a sua volta
alle scorrerie vichinghe tra Mar Baltico e Mare del Nord; in seguito si
stabilisce nel distretto norvegese di Sogn.
Sono citate numerose località, più o meno identiflcabili sto-
ricamente, in Norvegia (Halogaland, Fiordi, Sogn con Framness e
Syrstrond1 96 , l'isola di Trom0y sulle coste dell'Agder occidentale) 197 ,
in Svezia (Â!jheimr, lago Vanern, Vifilsey 198, Svafi e verosimilmente

descrizione assai poco rigorosa, in cui si inserisce anche il massiccio Kj0len, che si
trova nella Norvegia centro-meridionale.
192
Ibid., cap. l, p. 247.
19
3 Ibid., cap. 2, p. 248.
194
Ibid., cap. 27, p. 285.
19 5 R. S1MEK, «Porsteins saga Vikingssonar», in Medieval Scandinavia, p. 675.
196 Porsteins saga Vikingssonar, cap. 20, ed. G. ]6NssoN, Fornaldar sogur, vol. 3,
p. 55.
197 Citata correttamente
nella Gautreks saga, cap. 3, ed. G. ]6NSSON, ibid., vol.
4, p. 12; nella descrizione della Porsteins saga Vikingssonar, cap. 8, ed. G. J6NSSON,
ibid., vol. 3, p. 20, Vikingr e i suoi uomini vi giungono da! Mar Baltico, navigando
verso nord.
198 Di quest'ultima si dice che
è più ad est di Bornholm (cap. 1), e che giace fuori
(probabilmente da intendersi corne «Sulla costa di fronte») Ullarakr (cap. 2); questa
160 LORENZO LOZZI GALLO

le isole Brennieyjar) 199 , in Danimarca (Bornholm, Grnnsund200 ,


Limfjord), in Finlandia (la costa di Bdlagarlfr) 201 e nelle Orcadi (di
cui si cita ànche la piccola isola di di Papay o Papa Westray, una delle
più settentrionali) 202 • La ricchezza della toponomastica non ha perà
riscontri in altri dettagli concreti, se non molto generici, corne nel
punto in cui il testo specifica che una battaglia vicino alle Brennieyjar
puà continuare tutta la notte grazie al chiarore delle notti estive203 •
La narrazione coinvolge egualmente terre favolose corne l'India e
il fantomatico Marseraland2° 4 e anche il Va/land, che solo con moita
buona volontà puà essere identificato con la Francia205 .

E) STURLAUGS SAGA STARFSAMA

La tradizione di questa saga è molto tarda (sec. XV, addirittura


sec. XVII per la versione B), ma il testo è stato datato assai prima,
intorno al 1300 ca. 206 • Questa saga, corne alcune aitre farnaldarsogur,
comincia con la colonizzazione della Scandinavia da parte di popoli
asiatici guidati da Odino. Il primo elenco delle dramatis personae cita re
Haraldr di Trondheim, jarl Hringr di Kaupangr (forse da identificarsi
con la località sulla riva occidentale dell'Oslofjord), lngôlfr di Namdal,

località è ci tata anche nella Hrôlfs saga Gautrekssonar, corne residenza della principessa
di Svezia (ed. G. J6NSSON, ibid., vol. 4, cap. 4, p. 63). Inoltre, i toponimi in -akr (al
singolare) sono considerati propri della Svezia centro-settenrrionale da G. FRANZÉN,
«Sverige» in Stedsnavn, pp. 124-171, in particolare pp. 144-145.
199
Ibid., cap. 22, p. 60. Infatti I>orsteinn e i suoi compagni vi arrivano durante
una scorreria in Svezia, e vi inconrrano Brennir, figlio di Vifill di Vifilsey e fratello di
Vikingr.
200
Tra le isole danesi di Falster e M0n, a sud dell'isola di Sja:lland.
201
Cf. Gia.fi saga helga, cap. 9, ed. B. ADALBJARNARSON, Heimskringla, vol. 2, pp.
10-11, dove si cita con questo nome la costa dell'odierna Finlandia sud-occidentale.
202
Porsteins saga Vikingssonar, cap. 24, ed. G. J6NSSON, Fornaldar siigur, vol. 3,
p. 68. Cf. http://www.orkneyjar.com/placenam es/pl-isle.htm (ultimo accesso: 19
novembre 2004).
203
Ibid., cap. 23, p. 64.
204
Ibid., cap. 3, rispettivamente pp. 6 e 8.
20 5 Ibid.,
cap. 18, p. 48.
206 O.
]. ZITZELSBERGER, «Sturlaugs saga starfsama», in Medieval Scandinavia,
pp. 614-615.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR>> 161

i compagni di Sturlaugr provenienti da luoghi minori (Nxrny, Tun-


glaheimr, Loka207, Urga 208 , d Bergi) e la misteriosa Véfreyja, da W 209 :
il nome di quest'ultima richiama quello della dea Freyja e il toponimo
W significa 'santuario'; più che una sacerdotessa, perà, questo perso-
naggio appare corne una maga.
A parte le scorrerie nel Baltico, il primo viaggio di Sturlaugr è
verso il fiume Gôta, <love sostiene due duelli: dal momento che essi
si svolgono su isole, seconda il costume norreno della «h6lmganga»,
è chiaro che la foce del Gôta è certamente un luogo appropriato,
soprattutto se si suppone che i due avversari del protagonista vi giun-
gano dall'est, visto corne luogo pagano e oscuro 210 .
Sturlaugr deve poi affrontare una missione impostagli da re
Haraldr: la cattura del corna magico detto Ürarhorn. Per scoprire
l' ubicazione del prezioso oggetto, l' eroe e i suai compagni devono
recarsi in Hundingjaland, passando per il misterioso nord-est: sono
citati Halogaland, Finnmark, Vatnsnes ed Austrvik (forse 1' odierna
Penisola di Kola e il Mar Bianco), <love la compagnia incontra tre
gigantesse, apparentement e rappresentate corne lapponi, data che
sono in grado di donare venti favorevoli (arte magica in cui i Lapponi
sono considerati maestri). Il Hundingjaland è descritto corne un terra
di uomini-cani, e infatti gli eroi si accorgono di essere arrivati quando
davanti ad una città scorgono sentinelle mostruose: «var haka peira
groin î bringuna. I>eir gjôltu sem hundar» («il mento era cresciuto loro
fino allo sterno; latravano corne cani» )211 •
Sturlaugr apprende, dunque, che il corna magico si trova in un
tempio pagano nel Bjarmaland, e la compagnia veleggia in quella
direzione fino alla foce della Dvina, ad ovest della quale (presumibil-

207
Forse corrispondenre a Lokk0y in Nordland.
208
Forse l'odierna Ure in Nordland.
209 Sulla frequenza
del nome vé, che rende difficoltosa un'idenriflcazione con
questa località peraltro rappresentata in modo decisamente astratto, cf. M. ÜLSEN,
/Ettegard og helligdom, p. 261.
210 Ibid., capp. 6,
11; pp. 113, 125. Il secondo avversario, Framarr, che poi diver-
rà suo amico, ha al seguito un nero (bldmaiJr), un lappone e uno svedese (ibid., cap.
12, pp. 126-128).
211 Sturlaugs saga
staifsama, cap. 17, ed. G. JôNSSON, Fornaldar sogur, vol. 3,
p. 138.
162 LORENZO LOZZI GALLO

mente dove oggi si estende la Penisola di Oneiskij) vedono ergersi il


tempio 212 •
Al ritorno, Sturlaugr e i suoi approdano in Verma/and, dove
apprendono che Hringr, il suocero, e sua flglia sono riparati in Svezia,
in Vermaland2 13 ; nonostante il nome corrisponda a quello del moder-
no Varmland svedese (la contea a nord del lago Vanern), chiaramente
qui si tratta di una regione settentrionale della penisola scandinava, in
cui Sturlaugr poteva passare prima di giungere nel Namdal, dove aveva
lasciato Hringr e i suoi 214 •
Inflne, Sturlaugr conquista un regno per sé in Svezia. Nuove avven-
ture sono causate da due voti pronunciati durante le feste di Natale,
quando Sturlaugr giura di scoprire da dove provenga l' Ürarhorn: dunque
manda Frosti, un suo sottoposto, nel Finnmark a prendere in sposa una
principessa lappone; dopo averla indotta a parlare con l'inganno, Stur-
laugr fa accuratamente bruciare vivi i due per evitare la magia di lei 215 .
Di nuovo compare il motivo della magia dei Lapponi, che si collega
anche nell' origine dell' Ürarhorn, che in principio apparteneva ad un
essere magico, creato dai Bjarmar per difendersi dai vichinghi.
Anche Framarr fa un voto, ed è quello di sposare Ingibji::irg, flglia
del re Ingvarr di Garlfarîki. La tattica adottata è assai bizzarra: prima
Sturlaugr manda un inviato a chiedere la mano di Ingibji::irg per un
altro compagno dell' eroe, Âki; quando la proposta viene riflutata,
Sturlaugr si reca in Gotland e costringe il re locale, Dagr, a dare in
sposa ad Aki la propria flglia, anch' ella di nome Ingibji::irg. Framarr
toma quindi a Ladoga (che funge da capitale del regno), e vi comin-
cia un corteggiamento a base di travestimenti, flno a che, aiutato da
Sturlaugr, conquista Ladoga, uccide il re padre di Ingibji::irg e la sposa.
In questa parte della saga la trama presenta evidenti salti logici, che
potrebbero essere frutto anche di una copiatura difettosa216 •
Il fatto che la Sturlaugs saga starfsama esistesse in un' altra versione
rispetto a quella conservata (risalente all'inizio del sec. XIV) sembra

212
Ibid., cap. 18, p. 140.
213
Ibid., cap. 19, p. 144.
214 Sull'incertezza nella collocazione di alcune regioni svedesi, e in parricolare del

Verma/and, cf. R. SrMEK, «Elusive Elysia», pp. 254, 257.


21 5 Ibid., cap. 22, 147-152

216
Ibid., capp. 24-28, pp. 153-160.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSOGUR» 163

attestato anche dalla Gongu-Hr6/fs saga, dove - nel passo che qui si cita
- si riferiscono dettagli della vita dell' eroe che non hanno riscontro nel
nostro testo: «[ ... ] Sturlaugr starfsami regnava su Ringerike in Norve-
gia. Aveva sposato Asa la bella, flglia dello jarl Eirekr. Ebbero molti
flgli [... ] il quarto si chiamava Hrôlfr. Era stato chiamato corne Hrôlfr
nejja, fratello di sangue di Sturlaugr; questi morl nel tempio in Irlan-
da, quando Sturlaugr vi ando a cercare il corno Ürarhorn» 217 • Come
si puo constatare, rispetto alla Sturlaugs saga starfsama, sono diversi
il nome del padre di Asa, il numero e i nomi dei flgli di Sturlaugr, e
inoltre la missione di Sturlaugr è ambientata in Irlanda, invece che in
Bjarmaland. La discrepanza riguardo all'ubicazione del regno di Stur-
laugr, che secondo la Sturlaugs saga si trova in Svezia, pur signiflcativa,
potrebbe essere giustiflcabile se si considera che la regione di Ringerike
si trova comunque nella Norvegia sud-orientale (a nord-ovest di Oslo),
non molto lontano dalla Svezia.
Dal punto di vista stilistico, i capp. 19-22 della Sturlaugs saga
presentano una curiosa particolarità: in questi quattro capitoli trovia-
mo ben cinque esempi dello stilema dell'assenza di fomi 218 , che non
si rinviene altrove nella saga.

F) GôNGU-HROLFS SAGA

La saga di Gongu-Hr6/fr, originata verosimilmente all'inizio del


sec. XIV219 , dedica un'attenzione notevole al dato geograflco fln dal
capitolo primo, dove si situa l' azione non genericamente in Russia,
bensl a Novgorod «che alcuni idemiflcano con Gar1fariki» 220 e inoltre

217 «[ ... ] réà Sturlaugr


inn starfsami fyrir Hringarîki î Noregi. Hann âtti Asu inna
va:nu, dôttur Eireks jarls. l>au âttu marga sonu [... ] fjôrài hét Hrôlfr. Hann var kallaor
1.for Hrôlfri nefju, fôstbrôour Sturlaugs. Hann dô i hoflnu i f rlandi, pâ Sturlaugr sôtti
pangat urarhornit». (Gongu-Hr6/fs saga, cap. 4, ed. G. ]ôNSSON, Fornaldar sogur, vol.
3, p. 173).
218 Sturlaugs saga starfiama, capp. 19-22,
]ôNSSON, ibid., vol. 3, pp. 144,
ed. G.
145 (2 volte), 146, 149.
219 H.-P. NAUMANN,
«Gçmgu-Hrôlfs saga», in Medieval Scandinavia, pp. 254-
255.
220 «Hôlmgaràarîki, er
sumir menn kalla Garoariki» ( Gô"ngu-Hr6/fs saga, cap. 1,
ed. G. ]ôNSSON, Fornaldar sogur, vol. 3, p. 164).
164 LORENZO LOZZI GALLO

descrive il dominio di re Hreggvior, il quale avrebbe sottomesso il


territorio oltre la Dvina (che l'autore chiama Djna anziché Vina), per
la cui descrizione fa riferimento proprio alla Yngvars saga vi0forla221 .
:Lautore dimostra una buona competenza geograflca della Scandina-
via, sia nella descrizione del viaggio di Hrôlfr da Ringerike attraverso
il bosco di Eilfaskogr (ad est del flume Glomme) per raggiungere la
Svezia, sia in quella del suo arriva al flume Gota, e ancora di più nella
digressione dedicata alla Danimarca222 •
Lautore della saga non si limita a menzionare toponimi scandina-
vi, ma dimostra di avere nozioni di geografla anche della Gran Breta-
gna; dell'Inghilterra cita numerose località (tra cui Lincoln, Brentford,
Ashington) e anche ire hanno nomi storici (Edgar, Enrico e Haraldr);
per la Scozia ricorda la costa di Buchan, la contea di Moray, la città di
Dungalsbt.er e il re eponimo Dungall. Una lunga digressione è dedicata
in particolare alle attività economiche dell'Inghilterra: la lavorazione
dei metalli, l' agricoltura, la produzione di tessuti e di vestiario 22 3.
La conoscenza dei territori orientali è mena approfondita: il nar-
ratore menziona solo i tre regni vichinghi di Ladoga, Novgorod e Kiev,
oltre al flume Dvina.
Inoltre si citano terre inventa te o favolose, corne Helfinsey (che
si troverebbe a metà strada tra l'India e la Svezia), Tattariki, il regno

221
Ibid., cap. 1, p. 165. l'.autore dimostra di preferire una forma di citazione più
vicina a quella "etnicà' anche per il nome degli lnglesi, deflniti englismenn anziché
englar (ibid., cap. 36, pp. 270, 271, 273, 274).
222
Il regno di Danimarca è descritto nella sua forma precedente all'unione di
Kalmar: nella penisola dello Jutland, sono citate le città di Ribe, Hedeby, Aarhus,
Viborg, Hj0rring (ne! Vendsyssel, la parte settentrionale dello Jutland), il Limfjord e
il Vendsyssel; sull'isola di Fyn, Odense, e Roskilde in Sjœ:lland; in Scania, la capitale
Lund. lnoltre si ricordano gli stretti (Lillebelt, Storbelt, 0resund) e numerose isole
tra cui Bornholm (ibid., cap. 37, p. 277-278).
223
«England er kallat gagnauoigast land afVestrlondum, pvi at par er blasinn allr
malmr, ok par fellr hveiti ok vin, ok alls konar sœ:oi ma par hafa. Eru par ok klœ:oi
gero ok marghattaoir veflr meir en i oorum stooum. Lundunaborg er par hofuostaor
ok Kantaraborg. !>ar er Skaroaborg ok Helsingjaborg, Vincestr ok margir aorir staoir
ok borgir, er hér eru eigi nefndir» («l'.inghilterra è detta la più produttiva terra d'Oc-
cidente, perché ogni metallo vi è lavorato, e vi crescono vite e avena, e ogni genere di
semente. Là vengono fatti anche vestiti e tessuti d'ogni genere più che in ogni altro
paese. La città più importante è Londra, poi Canterbury, Scarborough e Hastings,
Winchester e moite altre città e fortezze che qui non sono nominate», ibid.).
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSOGUR» 165

di Ermland (che ricorda !'Armenia storica solo nel nome) in perpetua


lotta con il mitico ]Otunheimr, infine la città di Âluborg (forse una
reminiscenza della danese Aalborg, ma collocata in una posizione del
tutto fantastica, corne avamposto contra la terra dei giganti).
Lautore dimostra una certa attenzione per la verosimiglianza,
ben esemplificata in due dettagli di tipo etnico-culturale: l'impostore
danese (dello Jutland) Vilhjilmr si presenta corne principe frisone
(dunque un popolo confinante e culturalmente affine agli abitanti
dello Jutland), mentre il re inglese Haraldr e suo fratello Sigurôr si
presentano sotto mentite spoglie corne mercanti fiamminghi, e quindi
corne appartenenti ad una popolazione continentale vicina per lingua
e cultura materiale a quella da cui provenivano.

G) PORSTEINS I>ATTR BŒJARMAGNS

La materia di questo pdttr è piuttosto antica (addirittura la sua


composizione è stata datata al tardo sec. XIII), ma la tradizione mano-
scritta è decisamente più recente 224 •
Leroe l>orsteinn è originario della valle norvegese di Gauldal (a
sud dell' odierna Trondheim). La saga inizia con un viaggio sulla costa
finlandese e da Il nel mondo sotterraneo ( Undirheimr) 225 ; in prima-
vera, il protagonista parte dalla Norvegia perla Svezia, arrivando nel
Jamtland 226 e da ll, proseguendo verso est, giunge nelle terre fanta-
stiche di Risaland e Glr.esisvellir2 27 ; successivamente diventerà il re del
distretto di Grundir (la cui capitale è la mitica Gnipalundr) 228 .

224
Cf. R. PowER, «Porsteins pâttr bœjarmagns», in Medieval Scandinavia, pp.
675-676.
225 Porsteins
pdttr btR.jarmagns, cap. 2, ed. G. J6NSSON, Fornaldar sogur, vol. 4, p.
322-324.
226
Ibid., cap. 3, pp. 324-325.
227 Ibid., capp. 4-11, pp. 326-341.
228 Ibid., cap. 13, ed. G. J6NssoN, Fornaldar
sogur, vol. 4, p. 343. Gnipalundr si
trova citata anche nella Volsunga saga, cap. 9, ed. G. J6NSSON, ibid., vol. 1, p. 130.
166 LORENZO LOZZI GALLO

tt) EGILS SAGA EINHENDA OK AsMUNDAR BERSERKJABANA

Datata alla fine del sec. XIV (la tradizione manoscritta parte
dall'inizio del XV) 229 , la saga è quasi interamente composta da motivi
fantastici. Il testa comincia in Russia «una terra vasta e densamente
popolata che si trova tra Hunaland e Garlfariki» 230 , da dove Asmundr
ed Egill partono verso nord, per ]otunheimr, dove si imbattono nella
gigantessa Arinnefja231 .
I.:episodio dell'incontro ha una struttura a comice, in cui i tre
personaggi si raccontano le loro starie passate: la storia di Asmundr lo
porta dal natio Halogaland in Tartarid, che difende dall'invasione di
due berserkir del Blokkumannaland (Etiopia) 232 . Egill parte dal regno
di Smaland, connesso con il Gotland (un data storicamente plausibile,
infatti la regione della Smaland si estende a sud delle odierne contee
del Vastergotland e dell'Ôstergotland); combatte con i vichinghi sugli
isolotti detti Sviaskerr (sull' odierna costa svedese, tra le province di
Sodermanland e Uppland), per poi proseguire verso est, dove incontra
un nana che gli sana il moncherino che si era procurato in combatti-
mento233. La storia della gigantessa, infine, comprende un viaggio nel
regno sotterraneo di Undirheimr23 4 •
Segue un capitolo in cui si racconta corne Egill e il suo arnica Her-
rauôr diventino re di Tartarid, ed essi <mon tornarono più a nord», cioè
in Scandinavia235 . Asmundr, per conta suo, toma a regnare in Halo-
galand; dopa aver chiesto in sposa la figlia di Soddân, re di Serkland,
l' eroe muore nei pressi dell'isola danese di L~s0, nel Kattegat 236 .

229
R. SrMEK, «Egils saga einhenda ok Asmundar saga berserkjabana», in Medicva!
Scandinavia, pp. 154-155.
230 Egils saga einhenda ok Âsmundar
berserkjabana, cap. 1, ed. G. JÔNSSON,
Forna!dar sogur, vol. 3, p. 325. Sulla concezione del regno di Rûssia, cf. R. SrMEK,
«Elusive Elysia», pp. 255.
231 Egils saga einhenda ok Âsmundar
berserkjabana, cap. 5, ed. G. JôNSSON, For-
naldar sogur, vol. 3, pp. 331-332.
2 3 2 Ibid.,
capp. 6-8, pp. 334-341.
233 Ibid., capp. 9-11,
pp. 342-349.
234
Ibid., cap. 13, p. 3 51.
23 5 Ibid., cap. 18, p. 364.
236
Ibid., cap. 18, pp. 364-365.
RACCONTI DI VIAGGJO NELLE «FORNALDARSOGUR» 167

Lo stilema dell' assenza di fonti, corne è abitudine di queste saghe


fiabesche, ricorre con minore frequenza, in questo caso solo due
volte 237 .
La saga si conclude, corne di consueto, con il successo degli eroi
e matrimoni regali.

1) BosA SAGA OK HERRAUDS

La Bôsa saga ok Herraulfs di norma è datata dopo la metà del


sec. XIV238 . La saga si conclude con un richiamo alla R_agnars saga
lolfbrôkar, in quanto Herrauôr e sua moglie sarebbero i genitori di
Pôra, la prima moglie di Ragnarr (capp. 2-3). L'inizio della saga, inve-
ce, ri corda la Sturlaugs saga staifsama: il re dell' Ôstergotland, Hringr,
padre di Herrauôr, è presentato corne il nipote di Odino, il quale «era
stato re in Svezia ed era venuto dall'Asia e le stirpi regali più illustri
qui, nei paesi del Nord, discendono da lui» 239 . In questa saga, diversi
elementi del passato pagano si fondono e si integrano nella vicenda,
compresi anche alcuni dati geografici240 .
Dopo le tipiche spedizioni vichinghe (in Danimarca e in Ger-
mania)241, Hringr invia Bôsi e Herrauôr alla ricerca di un oggetto
prezioso e i due si avventurano «sulla via dell' est», dunque nel Mar
Baltico, da <love raggiungono, poco realisticamente, il Bjarmaland; qui
Bôsi e Herrauôr si accampano nella foresta della Dvina (Vinuskôgr) 242 .
Questo paese è teatro della prima boccaccesca avventura di Bôsi, ed

2 7
3 Ibid., capp. 7, 18; pp. 336-337, 363.
238 Ed. S. T6MASSON, B6sa saga og Herrauos. Reykjavîk, Mâl og menning, 1996,
p. 48; cf. anche ed. O. ]IRICZEK, Die B6sa-saga in zwei Fassungen. Strassburg, Trübner,
1893, pp. LV-LVI. Cf. anche H.-P. NAUMANN, «B6sa saga ok Herrauos», in Medieval
Scandinavia, p. 54.
239
Bôsa saga ok Herrauos, cap. 1, ed. G. ]6NSSON, Fornaldar sogur, vol. 3, p. 283.
24
° Cf. la menzione di N6atûn, il luogo da cui viene la madre di B6si, che è la
residenza mitica di Nji:iror e, più importante di tutti, l'episodio della maledizione di
Busla, per il quale cf. L. Lozzi GALLO, «Persistent Motifs of Cursing from Old Norse
Literature in Buslubœn», in Linguistica e Filologia, 18 (2004), pp. 119-146.
241
B6sa saga ok Herrauos, cap. 3, ed. G. J6NssoN, Fornaldar sogur, vol. 3, pp.
286-287.
242
Ibid., cap. 6, p. 296.
168 LORENZO LOZZI GALLO

è rappresentato corne un luogo di magia e di paganesimo, il cui re è


tributario di Guomundr di Glœsisvellir 243 .
Compare un'unica attestazione nella saga della stilema della man-
canza di fonti, laddove il narratore sembra aver fretta di concludere
il viaggio di rientro dal Bjarmaland in Ôstergëtland244 per preparare
la seconda parte della saga, che si apre con la partecipazione di Bôsi
e Herrauor alla famosa battaglia di Brâvellir. Al rientro, gli eroi sono
costretti a partire per GltR,sisvellir, teatro della seconda avventura erotica
dell' eroe; al ritorno, l' eroe si distacca dai suai amici laddove le vie per
Bjarmaland e Gotland si dividono. I suai compagni tornano in patria,
ma l' eroe si reca nuovamente in Bjarmaland per rapire la principessa
del luogo ed erede al trono, Edda (e per avere una terza avventura
erotica) 245 • Dopo una battaglia finale nell'Ôstergotland, la saga si con-
clude con le nozze di Herrauor con Hleior, principessa di GltR,sisvellir,
e di Bôsi con Edda.

L) SôRLA SAGA STERKA

La composizione della Sorla saga sterka è databile intorno al sec.


XV246 . Il testa riprende in parte la materia del Sorla pâttr e della Hâ/f
danar saga Briinufastra (da cui riprende rispettivamente i due perso-
naggi di Hogni e Sorli e quello di Hâlfdan). La saga narra dapprima
delle avventure giovanili di Sorli, i suai scontri con popoli africani (in
Serkland e Blâland) 247 e giganti, e poi dell'inimicizia tra la stirpe di
Hâlfdan, che governa «la Svezia fredda» (cioè Garoariki) 248 e l'Inghil-
terra.

243 Ibid., cap. 7, pp. 297-299.


244 Ibid., cap. 9, p. 304.
2 45 Ibid., cap. 13, pp. 314-317.
246 Cf. J. D. M. EVANS, «Sgrla saga sterka», in Medieval Scandinavia, pp.

637-638.
247 Soria saga sterka, capp. 2-5, ed. G. ]ôNSSON, Fornaldar siigur, vol. 3, pp. 371-

376. Cunico daro moderatamente realistico è il colore della pelle, su cui l'aurore ha
immaginato figure mostruose.
248 Sull'identifîcazione di «Svîpjôo in kalda» con Gardariki cf. Ynglinga saga, cap.

1: «[ ... ] noroan at Svartahafî gengr Svîpjôo in mikla eoa in kalda» ed. B. ADALBJAR-
NARSON, Heimskringla, p. 9.
RACCONT! DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSOGU R» 169

Notevole che l' atteggiamento realistico non compaia in questa


saga quasi mai, neanche nella rappresentazione dei paesi scandinavi,
tanto che persino la capitale del regno di Svezia è una fantomatica città
di Litidorum, anche se si cita l'isola di Moster nel Hordaland meridio-
nale249 corne luogo in cui le truppe di Hogni provenienti dall'Inghil-
terra e quelle di Sorli proveniente dall'Oppland non si incontrano per
puro caso 250 .
Altri luoghi sono citati in stile puramente astratto, sono cioè sem-
plici nomi: ad esempio, Polen, da <love proviene un avversario gigan-
tesco di Sorli a cavallo di un elefante251 , il Finnmark252 , Arabiariki
(citata perle sue ricchezze) 253 , il Grikkland2 54 .
Lo svolgimento della trama e il finale con il triplice matrimonio
fanno di questa saga una specie di continuazione della Hdlfdanar saga
Bronufostri, di cui si accentua, se possibile, il gusto per il favoloso.

M) ILLuGA sAGA GruDARFosTR A

Come la precedente, la Illuga saga Grioarfostra è una delle più


tarde e più flabesche delle fornaldarsbgur - il manoscritto più antico
risale al 1600 ca. - al punto che non puà essere con certezza conside-
rata medievale 255 . La vicenda principale (l'incontro con la gigantessa
Grior e la prova di coraggio che la libera da un incantesimo, facendola
tornare una donna) si svolge in una terra favolosa nel nord, nel Mar
Bianco, <love la nave dell' eroe è stata trascinata dalla furia degli ele-
menti256.

249
Famosa per la "Legge di Moster", uno degli episodi culminanti della cristia-
nizzazione della Norvegia.
250
Soria saga sterka, cap. 16, ed. G. ]oNSSON, Fornaldar siigu,r, vol. 3, p. 394.
2 5 1 Ibid.,
cap. 8, pp. 381-382.
252 Ibid.,
capp. 16, 18; pp. 395, 398. Da notare che, ne! primo dei due brani, il
personaggio proveniente dal Finnmark, di nome fvarr, si identifica addirittura corne
norvegese (norskr).
2 53 Ibid., cap.
4, p. 376.
254 Ibid.,
cap. 6, p. 379.
2 5 5 CE].
]ESH, «llluga saga Grîôarf6stra», in Medieval Scandinavia, pp. 322-323.
256
Illuga saga GriiJarfôstra, cap. 3, ed. G. JoNSSON, Fornaldar sô'gur, vol. 3, pp.
416-417.
170 LORENZO LOZZI GALLO

A parte qualche elemento caratteristico del genere, corne le razzie


in Scozia e nelle Orcadi e l'arrivo in Finnmark (con la rnenzione del
motiva del venta favorevole donato dai Lapponi), anche questa saga
presenta uno stile del tutto astratto.

CONCLUSIONI

Nell'arnpia serie delle saghe fin qui esarninate si possono, dun-


que, rintracciare due opposti atteggiarnenti o modi di approccio, che
si rivelano di volta in volta prevalenti nell'arnbito di un testo oppure
talvolta convivono nel rnedesimo componirnento: si tratta, quindi,
della 'descrizione' (intrinsecamente connessa ad una visuale realistica)
e - spesso in alternativa - della 'invenzione' (che scaturisce dalla libera
creatività del singolo autore), sia pure nel perrnanere, in entrambi i
casi, del carattere prevalenternente fantastico delle vicende narrate.
Infatti, anche nelle saghe più profondamente rnitiche o fiabesche,
emergono sernpre dati storici, geografici o addirittura etnografici che
contribuiscono a fare riconoscere l' arnbiente circostante al pubblico
cui sicurarnente era almeno in parte familiare. Invero, anche una saga
rnitica, corne la Volsunga saga, delinea correttarnente i rapporti tra i
principali paesi del Nord; mentre - al contrario - anche un testo con-
tenente alcuni episodi di notevole realisrno, corne la Ôrvar-Odds saga,
descrive i luoghi geografici del Mediterraneo o dell'Oriente seconda
un modulo del tutto astratto.
Si puo notare, comunque, che questa commistione di elementi
apparenternente contraddittori appare perfettarnente coïncidente con
l' osservazione di Lonnroth sul carattere rnisto delle farnaldarsogur,
in cui al dato storico si giustappone quello rnitico e quello fiabesco,
originando una complessa stratiflcazione in ciascun testo, che rende
difficile la creazione di un criterio tassonornico rigido.
Tornando alla rnetafora del 'cono di luce', proprio il carattere di
testi volti all'intrattenimento del pubblico e dunque non protetti da
una particolare auctoritas, sernbra aver perrnesso agli autori di farnal-
darsogur di scegliere di volta in volta da quale angolazione e con quale
intensità illurninare lo spazio in cui si svolgevano le vicende narrate:
a volte ci perrnettono di intravedere una consapevolezza geografica,
etnica e culturale ben definita; a volte, invece, tradiscono una chiara
incornpetenza oppure, alrneno, una superficiale noncuranza al riguar-
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGUR» 171

do. In realtà, i riflettori sernbrano quasi sernpre puntati sulla Norvegia,


che per gli islandesi riveste una essenziale valenza sia - guardando al
passato - corne terra di provenienza dei loro antenati, sia - in prospet-
tiva sincronica - corne sede di quel potere regale cui l'isola era stata
assoggettata dalla seconda rnetà del XIII secolo, perdendo cosî quella
sua orgogliosa indipendenza, rnotivo e base della sua prirnigenia fon-
dazione corne Stato libero, dernocratico, autonorno.

Università degli Studi di Bari


172 LORENZO LOZZI GALLO

Tabella
sull' occorrenza di toponimi fantastici nei viaggi delle fornaldarsogu-?- 57

sottogruppo titolo toponi~i to2oni~i


presunn S!CUrl
Volsunga saga X X
,..-.._
<U
...c1
Norna-Gests pdttr X
"
;::!
:~
u
·3.... Hervarar saga ok Heiùreks X X

~ <U Hrôifs saga kraka ok kappa hans


·~ <U
Sorta pdttr (Heôins saga ok Rogna) X X
""" -Sn'" ~
Hdifs saga ok Hdifsrekka X
Tôka pdttr Tôkasonar X
Gautreks saga
Hroifs saga Gautrekssonar
v Ragnars saga Loôbrôkar
":~ -Sn
i:: Ragnarssona pdttr
.:a
~ u
:;:: ·:;
Helga pdttr Pôrissonar X X

·- 1
~
;::,
<U Orvar-Odds saga
Ketils saga h&mgs
X
X
X

~
Grims saga Loôinkinna
Yngvars saga vi/Jjoria X X
Ans saga bogsveigis
Asmundar saga kappabana X
Hdifdanar saga Bronujôstra
Hdifdanar saga Eysteinssonar X
v Porsteins saga Vikingssonar
"
;::!
...c1
u X
:~ "'<U Sturlaugs saga starftama X
~
..D
'0
:;::
41'" Gongu-Hrôifs saga
·;:;
<U Porsteins pdttr bœjarmagns X
Ill -Sn Egils saga einhenda ok Asmundar ber- X
~ '" serkiabana
Bôsa saga ok Herrauôs X
Sorla saga sterka X
Illuga saga Grioarjôstra X

Tutte le forna!darsogur comengono toponimi realistici (se non altro, almeno


257

i nomi dei paesi scandinavi), dunque una simile colonna sarebbe stata inutile; per
toponimi fantastici presunti si definiscono quelli, corne Hûnaland o (H)reidgotaland,
che non è possibile localizzare con certezza, ma che hanno - o, almeno, potrebbero
avere - una base storica; per toponimi famastici sicuri, invece, quelli per i quali si puà
escludere con certezza una collocazione realistica, corne }iitunheimr o Glasisvellir.
RACCONTI DI VIAGGIO NELLE «FORNALDARSÔGU R» 173

lappa Mar
di Norvegia

toponimi di riferimento
alizzabili all'interno
racconti di viaggio nelle
l aldarsogur

(;
~.a.c·.di
r- $'

Mare del Nord

....~ ~ S :borough
{ York•

Lincoln• 1........,.

'"' ~
~ V__...,,-<1 ''\
.f'

J ~Parigi
\,
\

* Le informazioni riportate sulla presenre carra geograflca sono desunre in parti·


colare da K. GLEDITSCH, F. IsACHSEN, A. Re>HR, Cappekns Norge atlas. Oslo, Cappel-
en, 1965; R. M. HAGEN, Historisk atlas (Norges historie, 15) . Oslo, Cappelen, 1980;
D . MATTHEW, Atlas ofMedieval Europe. New York, Facts on File, 1983; J. HAYWOOD,
The Penguin Historical Atlas ofthe Vikings. London, Penguin, 199 5.
SIMONETTA MENGATO

IN VIAGGIO CON LA MENTE VERSO LA


TERRA SANTA: UNA GUIDA DI PELLEGRINAGGIO
IN MEDIO INGLESE

The Pilgrimages to the Roly Land è un testa in prosa media


inglese che descrive un itinerario di pellegrinaggio in Terra Santa. È
conservato nel recto e nel verso del folio 64 del manoscritto 622 della
Laudian Collection alla Bodleian Library di Oxford. Si tratta di un
codex unicus. Con l' eccezione di alcune righe iniziali e flnali trascritte
da Olgivie-Thomson in The Index of Middle English Prose 1, questo
testa risulta inedito.
Nel mio intervento intendo fornire una presentazione generale di
questa breve opera sia da un punto di vista codicologico e linguistico,
sia per quanta riguarda il contesta storico-letterario in cui esso è stato
realizzato - deflnendone il genere di appartenenza - che, inflne, sia
per cio che concerne il contenuto, confrontando questo testa con un
altro simile ma più tarda, perché prodotto tra la fine del XIVe l'inizio
del XV secolo.

I. IL MANOSCRITTTO LAUD MISC. 622

La collezione Laud, che è costituita da 1250 manoscritti, fu dona-


ta dall' omonimo proprietario alla Bodleian Library nel XVII secolo.
Le opere raccolte nella collezione sono scritte in moltissime lingue:

1 Cf. S. J. ÜGILVIE-THOMSON, The Index of Middle English Prose. Cambridge,


Brewer, 2000, p. 76.
176 SIMONETTA MENGATO

dall'arabo al greco, dal latino al cinese, dal francese all'inglese, solo per
citarne alcune. 1 testi in media inglese sono raramente di grande pregio
e in genere di argomento religioso corne ad esempio le otto copie del
Nuovo Testamento di Wycliffe e le tre copie del salterio di Rolle 2 •
Il manoscritto Laud Mise. 622, in cui è contenuto The Pilgrima-
f{es to the Holy Land, è stato descritto da Coxe 3 e da Gud1at-Figge4.
E di 72 pagine, in pergamena e risale al tarda XIV secolo. E nota che
nel 1638 faceva parte della collezione dell'Arcivescovo Laude che fu
donato alla Bodleian Library di Oxford il 28 giugno 1639. Contiene
complessivamente otto testi, in genere di carattere religioso. Si riporta
qui di seguito l'elenco delle opere contenute nel manoscritto cosl corne
presentato da Coxe:
The siege of Jerusalem
The vision of S. Alexius
Visions, most complimentary to Edward II.
The life of Alexander
A note of remarkable things and places seen in the pilgrimage of the
Holy Land
Scripture Histories
Fifteen rokens before the Day of Judgment, from the prophet Jere-
miah
Lamenracio Animarum

Ciascun nuovo testa del manoscritto comincia con una iniziale


colorata senza che sia lasciato spazio tra i brani, tranne tra The Pi/gri-
mages to the Holy Land e The lift ofAlexander, il breve poema che Io
precede. ln agni pagina ci sono 2 colonne di 54 o 55 righe ciascuna.
Tutti i testi del manoscritto sono stati vergati da un'unica mana,
tranne The Pi/grimages che è stato con agni probabilità trascritto da

2
Cf. ibid., p. xiii.
3 Cf. H. O. Crnœ, Bodlâan Library Quarto Catalogues, II: Laudian Manuscripts,
reprinred with corrections and additions by R. W. HuNT. Oxford, Bodleian Library,
1973, p. 574.
4 Cf. G. GuDDAT-FIGGE,
Catalogue of Manuscripts Containing Middle English
Romances (Texte und Untersuchungen zur Englischen Philologie, 4). München, Fink,
1976, pp. 285-286.
UNA GUIDA DI PELLEGRINAGGIO IN MEDIO INGLESE 177

mano diversa: la grafla degli altri testi, infatti, è meno compressa di


quella di quest'ultimo, il tratto di penna più spesso e alcune lettere
sono scritte in modo nettamente differente corne nel casa di <thorn>,
<g>, <d>. Di questo parere è anche Gisela Guddat-Figge la quale, non
solo parla di due mani diverse, una per The Pi/grimages, e una per
gli altri sette testi del manoscritto, ma anche di due scritture diverse:
«anglicana» del XV secolo nel primo caso e una «anglicana» piuttosto
ampia e spessa per gli altri testi del manoscritto 5 .

1. 1 Pos1z10NE DI «THE P1LGRIMAGES TO THE HoLY LAND»


ALL'INTERNO DEL CODICE

Da un esame autoptico del folio 64 il recto appare in buone


condizioni, mentre il verso è più rovinato e di più difficile anche se
non impossibile lettura. Il folio 64, corne il resta del manoscritto, è
suddiviso in due colonne, con 55 righe nel recto e 54 nel verso. The
Pi/grimages to the Holy Land comincia alla riga 33 della prima colonna
del recto del folio 64 essendo la parte iniziale della colonna occupata
dalla fine del poemetto in rima The life ofAlexander.
Il verso del folio 64 non è completamente riempito ma nella
seconda colonna, dalla riga 20 flno al termine, rimane una notevole
quantità di spazio bianco non utilizzato. Nel testa, anche se vergato
da un unico copista, sono presenti a margine delle correzioni di mano
diversa corne «}on» alla riga 23 v, «mounte» alla riga 28 v. Nel verso del
folio 64 nella seconda colonna è aggiunto il nome «]oh. Downe» 6 •
Nella successione attuale delle opere contenute nel manoscritto
622 The Pi/grimages è al quinto posta. Ad un attenta esame appare
evidente, perà, che il testa in questione doveva originariament e avere
una posizione diversa. È noto, infatti, che la collezione di cui faceva
parte questo codice ha subito una nuova rilegatura negli anni '30 del
XVII secolo. Al termine dell'ultima facciata del manoscritto in cui è
contenuta parte dell' opera in poesia The Siege of]erusalem è ri porta ta la

s Cf. ibid., p. 285.


6 Cf. ibid., p. 286.
178 SIMONETTA MENGATO

prima frase della prima pagina del manoscritto: una sorta di rimando
all'inizio del codice, in cui di fatto ora si trova la continuazione del
poema. Da cià si puà dedurre che la nuova rilegatura ha con ogni
probabilità mutato l' ordine originale dei testi e l'ipotesi più probabile è
che The Pi/grimages fosse in realtà l'ultima delle opere del manoscritto
e non la quinta e questo per almeno tre ragioni.
La prima è che la presenza di questo testa all'interno del codice
622 difficilmente puà essere dovuta a motivi contenutistici: si tratta
dell'unico testa in prosa dell'intero manoscritto e mancano signiflcati-
vi collegamenti tematici con le altre opere se si esdude forse The Siege
of ]erusalem («Lassedio di Gerusalemme»). Se invece si considerasse
l'ipotesi che questo testa fosse stato in origine !'ultimo del codice il suo
inserimento potrebbe essere interpretato corne un' aggiunta dovuta ad
una ruera questione di spazio eccedente.
La seconda è che la diversa posizione di The Pi/grimages aiute-
rebbe a rendere ragione del cattivo stato di conservazione del verso
del folio 64, altrimenti non facilmente spiegabile: si sarebbe trattato
originariamente dell'ultima pagina del manoscritto e percià di quella
che maggiormente avrebbe risentito dell'usura.
Inflne si spiegherebbe il diverso tipo di scrittura con cui è stato
vergato The Pi/grimages, più compatta e compressa rispetto a quella
di tutti gli altri testi presenti nel manoscritto: forse, il copista, conscio
di avere poco meno di un folio a disposizione, ha cercato in qualche
modo di comprimere il racconto di pellegrinaggio, salvo poi avanzare
della spazio, insufficiente, perà, per poter aggiungere ancora un nuovo
testa.

2. ANALISI LINGUISTICA DEL TESTO

Le caratteristiche fonologiche e morfologiche di The Pi/grimages


to the Ho/y Land nel loro complesso sembrerebbero far propendere per
l'ipotesi che il testa sia stato scritto in un dialetto medio inglese delle
East-Midlands meridionali.
/a/ dell'inglese antico risulta nel testo labializzata in /o/, fenome-
no che si verifica nella maggior parte dei dialetti dell'inglese media
UNA GUIDA DI PELLEGRINAGGIO IN MEDIO INGLESE 179

incluso appunto anche quello dell'East Midlands 7 . Si trovano, ad


esempio, goost 'spirito' (riga 66), roodd (riga 47) preterito di ridan
'andare a cavallo', che corrispondono in inglese antico rispettivamente
a gdst e rad. lnoltre nel brano proprio alla prima riga si trova anche la
parola fond 'terra' che evidenzia un passaggio di inglese antico /a/> lôl
anche davanti al nesso consonantico -nd8 .
[a] dell'antico inglese, che si trovava davanti a consonante nasa-
le, nel testa ricorre corne /a/, caratteristica di vari dialetti del media
inglese, incluso quello dell'East-Midlands e non corne Io/ tipico esclu-
sivamente del West Midlands 9 • Nel brano si trovano, infatti, frequen-
temente termini corne man e and.
lül dell'antico inglese derivante da metafonia risulta delabializza-
to. Viene notato corne <y>, caratteristica tipica del Nord e del dialetto
East-Midlands 10 corne risulta nella parola synne 'peccato' (riga 30) o
fu/fYlt 'riempito' (riga 92).
Da un punto di vista morfologico la desinenza della terza persona
singolare del presente indicativo è -th, caratteristica dell' area meridio-
nale dell'East Midlands 11 . Ad esempio, nella seconda riga del testa
si legge «a cros standyth ... » («vi è una croce»), o ancora alla riga 86
«... per is a place pat hattyth» («vi è un lugogo che si chiama»). La desi-
nenza del participio presente è in -nde, tipica delle zone più orientali
dell'East Midlands 12 : alla riga 81 si trova, infatti, il participio presente
schewende 'mostrante'.
Altra caratteristica pro pria dell' area dialettale meridionale del-
l'East Midlands, oltre che di quella del West Midlands, è il manteni-

7 Cf. F. MossÉ, Manuel de !'Anglais du Moyen Âge, II. Paris, Éditions Montaigne,

1962, p. 44-45.
8 Questo passaggio, che in un primo momento caratterizzava solamente il dialetto

West-Midlands, successivamente si estende anche ad altri dialetti incluso quello delle


Midlands Orientali. Si veda per questo: F. MossÉ, Manuel de !'Anglais du Moyen Âge,
p. 44.
9 Cf. ibid., p. 44.

°
1
Cf. ibid., pp. 46-47.
11 Cf. N. FRANCOVICH ÜNESTI, L'inglese dalle origini ad oggi. Roma, NIS, 1988,

p. 94.
12 Cf. F. MossÉ, Manuel de !'Anglais du Moyen Âge, p. 112-114.
180 SIMONETTA MENGATO

mento di antico inglese /SI, corne si vede nell'ausiliare schal alla riga 36
o nella parola schyp 'nave' alla riga 149 13 .
Alle righe 54-55 si trova la frase « ... pei wente to byryin it ... »
(« ... andarono a seppellirlo ... »)da cui si puà dedurre che il pronome
di terza persona plurale soggetto è pei, tipico di tutti i dialetti Midlands
e del Nord; invece, Io stesso pronome nella funzione di complemento
ricorre corne hem, proprio del dialetto dell' area più a Sud dell'East
Midlands oltre che del dialetto meridionale 14 corne si puà notare alle
righe 80-81: «pe angel aperyd to the schepherds schewende hem ... »
(«:Cangelo apparve ai pastori, mostrando loro ... »).Il pronome di terza
persona singolare femminile ricorre sia corne sche, tipico dell'East Mid-
lands, « ... sche stey to heuene» («lei ascese al cielo»)(righe 40-41), che
corne he del West Midlands e del Sud, corne alla riga 92: «... and per
he made magnificat» («... e Il ella fece il magnificat»).
Propri dei dialetti delle Midlands sono anche l'utilizzo della
forma arn per l'indicativo presente plurale del verbo essere (alla prima
riga: «pese am pe pylgrimags of pe holy lond») e la forma wente corne
preterito del verbo go 'andare' (corne si legge nelle già citate righe 54-
55: «pei wente to byryin it»).
Da un punto di vista sintattico il testo è principalmente basato
su coordinazione introdotta da and ma soprattutto giustapposizione,
tipica delle guide di pellegrinaggio: il ritmo cosl creato da questa
peculiare struttura sintattica ricorda proprio le stazioni di ogni singolo
luogo santo:
Also in pe sepulcre of ure lord also per he aperyd to marye mandelyn
in pe lychenesse of a gardnir in pe day of hys up rysyng also in pe
chape! of ure lady per is a pyller ... (righe 8-11)
(«anche ne! sepolcro di nostro Signore, anche Il egli apparve a Maria
Maddalena nelle sembianze di un giardiniere ne! giorno della Sua
resurrezione, anche nella cappella di nostra Signora c'è una colonna
... »).
Also per seyn jon pe wangeliyst song a masse before ure lady also per
ure lady dyed (righe 58-60)
(«anche in quel luogo san Giovanni Evangelista disse messa di fronte
a nostra Signora, anche Il nostra Signora morl»).

13 Cf. N. FRANCOVICH ÜNESTI, L'inglese dalle origini ad oggi, p. 94.


14 Cf. ibid., p. 94.
UNA GUIDA DI PELLEGRINAGGIO IN MEDIO INGLESE 181

Also per is an hous of pilat ... (riga 22)


(«Anche vi è una casa di Pilato ... »).

Come si puà notare dagli esempi sopra citati la giustapposizione è


spesso basata sulla ripetizione dell' avverbio also a cui viene aggiunto un
complemento di luogo (nel primo esempio «also in pe sepulcre ... also
in pe chapel.. .») oppure viene seguito dall'avverbio per (nel secondo
esempio «also per seyn jon ... also per ure lady dyed»), o da per is corne
nel terzo esempio.
Esclusivamente nella seconda parte del testo l' avverbio also viene
seguito da espressioni che indicano le miglia di distanza tra un luogo
e l' altro:
Also be v myle per is a place per pe XII profets ... (righe 81-82)
(«Anche a 5 miglia vi è un luogo <love i dodici profeti. .. »).
also be vii myle per is a desert (righe 87-88)
(«Anche a sette miglia vi è un deserto»).

Lutilizzo di questa diversa struttura nella seconda parte del testo


è probabilmente dovuto alla necessità di dover descrivere luoghi del
Vecchio e Nuovo Testamento geograflcamente lontani tra loro, mentre
nella prima parte i luoghi visitati dai pellegrini sono principalmente
situati a Gerusalemme o nei pressi di quella stessa città.
Anche se la struttura del brano si basa soprattutto su giustap-
posizione, non mancano casi di ipotassi con l'utilizzo di subordinate
temporali e relative:
... per is a pyller pat ure lord was boundyn to ... (riga 11)
(« ... vi è una colonna a cui nostro Signore fu legato ... ») .
. . .. qwan sche stey to heuene ... (righe 40-41)
(« ... quando lei ascese in èielo ... »).

3. CoNTESTO STORICO-LETTERARIO E CONTENUTO


DI «THE P1LGRIMAGES TO THE HoLY LAND»

The Pi/grimages to the Ho/y Land si inserisce pienamente tra le


guide e i racconti di viaggio verso la Palestina prodotte in gran numero
dall'intera letteratura europea e il cui florire si spiega con l'importanza
182 SIMONETTA MENGATO

che il pellegrinaggio verso quei luoghi rivestiva. I luoghi di culto della


Terra Santa offrivano, infatti, ai pellegrini qualcosa in più rispetto alle
reliquie e ai sepolcri visitabili in Europa e cioè la possibilità di medi-
tare sulla vita di Cristo. La più antica di queste guide l 1tinéraire de
Bordeaux à Jérusalem risale al 333 d. C. 15 , ma la maggior parte sono
state scritte tra il XIV e XV secolo. Esse, oltre a fornire necessarie
informazioni sulla via da seguire, i luoghi da visitare e <lare consigli
anche pratici utili a chi era in partenza per un pellegrinaggio, spesso
celavano il desiderio di riconquista dei luoghi santi (The Siege ofJeru-
salem un poema già citato e contenuto nello stesso manoscritto di The
fi/grimages to the Ho/y Land si conclude con la frase: «Here endeth the
vengeaunce of Goddes deth» [«Qui termina la vendetta della morte di
Dio»]).
La maggiore fioritura di questo genere letterario risale al periodo
successivo al 1330 e si deve ad una ripresa dei viaggi di pellegrinaggio
verso la Palestina dopo un'interruzione di circa trent'anni. Tuttavia,
nonostante una certo incremento nel numero dei viaggiatori, un pel-
legrinaggio in Terra Santa a quel tempo appariva ai più ancora corne
un' esperienza pericolosa e il racconto della propria personale espe-
rienza di pellegrino era senza dubbio considerato un utile mezzo per
incoraggiare il prossimo ad intraprendere il medesimo viaggio 16 • Cosl,
dal XIV secolo la guida spesso si trasforma in racconto ricco di dettagli
ed episodi di carattere personale.
Anche l'Inghilterra del XV secolo conosce un aumento della
produzione di testi geografici e di viaggio: solo un quarto della lette-
ratura di questo genere oggi in nostro possesso, infatti, è antecedente
al 1400.
La letteratura di pellegrinaggio inglese di questo periodo puà
essere suddivisa in tre categorie 17 :
semplici diari di viaggio contenenti sia itinerari con informazioni su
luoghi e distanze, sia liste di siti di pellegrinaggio;

15 Cf.]. RrcHARD, Les Récits de Voyages et de


Pèlerinages (Typologie des sources du
Moyen Âge occidental, 38). Turnhout, Brepols, 1981, p. 16.
16 Cf. ibid.,
p. 23.
17 Cf.
C. K. ZACHER, «Travel and Geographical Writings», in A Manual of the
Writings in Middle English, VIII, ed. by A. E. HARTUNG. New Haven, The Connec-
ticut Academy of Arts and Sciences, 1986, p. 223 5.
UNA GUIDA DI PELLEGRINAGGIO IN MEDIO INGLESE 183

le guide, ovvero diari di viaggio più elaborati, pensati o per fornire


assistenza ai visitatori di luoghi particolari o corne aiuto per i viaggia-
tori che intendessero seguire rotte particolari;
i racconti: una sorta di guide maggiormente sviluppate, basate su
esperienze di viaggio veramente compiute o a volte anche solamente
immaginate 18 .

Da un punto di vista cronologico questi testi dipendevano gli uni


dagli altri perché il narratore, che considerava corne "autorità'' scrittori
a lui antecedenti, non si faceva scrupolo di riprendere racconti già
presenti in testi prodotti precedentemente al proprio.
The Pilgrimages to the Holy Land è un testo che, pur essendo
caratterizzato da un certo grado di elaborazione, quasi non contiene
episodi personali e dunque se da un lato non puo essere deflnito corne
semplice "diario di viaggio" non rientra neppure nella categoria del
"racconto", ma va piuttosto considerato corne "guida''.
Anche l'incipit di The Pilgrimages to the Holy Land non fornisce
alcun tipo di dettaglio sul viaggio che i pellegrini hanno dovuto affron-
tare per giungere in Terra Santa. Il testo, infatti, inizia con la frase
«These am pe pylgrimags of pe holy lond qwer so a cros standyth»
(«Questi sono i pellegrinaggi della Terra Santa dove vi è una croce ... »)
e poi fornisce flno al termine un elenco minuzioso di tutti i luoghi visi-
tati durante il pellegrinaggio. Nell' elencarli vengono ripercorsi molti
elementi agiograflci della vita di Cristo, con i numerosi miracoli da lui
compiuti, lasciando molto spazio ad episodi legati alla Resurrezione e
alla Passione:
also in mount of caluarye per crist was don on pe cros ... (righe 5-
6)
(«Anche ne! monte del calvario, Il cristo fu messo sulla croce ... »).
also an oper chape! per is a pyller pat crist was put on and scornyd his
face hylt and corownid wit thornis ... (righe 14-16)
(«Anche un'altra cappella, Il vi è un palo al quale fu messo Gesù e fu
insultato e la sua faccia scorticata e incoronato di spine ... »).

Molti degli episodi citati e avvenuti in Terra Santa riguardano la


vita di Maria, degli apostoli o dei santi:
also be iii myle is an hous of zakarye pe profete per ure lady visityd
here coosyn elyzabeth (righe 84-86)

18
Cf. ibid., pp. 2235-6.
184 SIMONETTA MENGATO

(«Anche a tre miglia da Il vi è la casa del profeta Zaccaria, Il nostra


Signora visito sua cugina Elisabetta ... »).
also per pe holy goost lyghmyd on pe apostl at pentecost day (righe
66-67).
(«Anche Il Io Spirito Santo illumino gli apostoli ne! giorno di
Pentecoste ... »).
also besyde pe flood of cedyon seyn steuene was istoonyd ... (righe
35-35)
(«Anche accanto al torrente di Cedyon Santo Stefano fu lapi-
dato ... »).

Come si potrà notare da questi esempi oltre ai dettagli sul viaggio


dei pellegrini, anche le informazioni pratiche necessarie per raggiunge-
re le varie località della Palestina, eccezion fatta per qualche ragguaglio
sulla distanza, sono praticamente inesistenti.
Se mettiamo The Pi/grimages to the Holy Land a confronta con
The Ynformacion 19 un testa in media inglese più tarda, composta tra
il 1480 e il 1526, le differenze tra le due opere appaiono subito eviden-
tissime. In The Ynformacion, a differenza di quello che avviene in The
Pi/grimages, le informazioni di carattere pratico e i dettagli del viaggio
intrapreso <lai pellegrini sono tantissime: il luogo da cui è consigliabile
partire è Venezia, viene speciflcato che per intraprendere il viaggio
è necessaria una licenza speciale dal Papa, viene suggerito quando è
meglio partire, quanta pagare e corne. lnoltre sono elencate le città che
si passano prima di arrivare a Geruralemme, viene detto il giorno in
cui i pellegrini sono flnalmente approdati in Terra Santa e raccontato
delle tende che hanno dovuto montare per dormire. Questo insieme
di dettagli fa sl che questo seconda testa si passa qualiflcare corne vero
e proprio "racconto" e non semplicemente corne "guidà'.
Tra i due testi esistono anche delle similitudini: i luoghi citati
che compaiono in The Pi/grimages sono presenti, anche se non nello
stesso ordine anche in The Ynformacion e in questo seconda testa
quando si esce dal racconto del viaggio per entrare nella minuziosa
elencazione dei luoghi da visitare non di rado rincontriamo la struttura
also ther is presente anche in The Pi/grimages. In The Ynformacion vi
è, pero, una precisa suddivisione per città e località dei siti da visitare:
Gerusalemme, Betlemme, Bethania, il flume Giordano. Se anche The

19
J. BREFELD, «An Account of a Pilgrimage to Jerusalem», in Zeitschrift des Deut-
schen Palastina-Vereins, 101 (1985), pp. 134-155.
UNA GUIDA DI PELLEGRINAGGIO IN MEDIO INGLESE 185

Pi/grimages, soprattutto nella seconda parte, non di rado specifica dati


riguardanti le distanze tra una località e l' altra:
aslo per is be ii myle a place per pe ange! aperyd to pe schepherds
(«Anche vi è a due miglia un luogo in cui l'angelo apparve ai
pastori»).
nella prima parte del testa, pero, in cui si deduce dai luoghi
descritti che i pellegrini siano in visita a Gerusalemme, fino alla riga 96
il nome della città non viene nemmeno menzionato e spesso non viene
esplicitamente specificato se ci si sposta da Gerusalemme per recarsi
ad esempio a Bethania, piccolo villaggio nei pressi di quella città, ma
si è costretti a dedurlo dal particolare episodio della vita di Gesù che
viene citato.
Questo insieme di caratteristiche (la mancanza assoluta di detta-
gli sul viaggio dei pellegrini, l'incertezza geografica soprattutto nella
prima parte del testa) fa pensare che The Pi/grimages to the Ho/y Land
fosse una guida redatta con scopo non pratico ma piuttosto spirituale.
D'altro canto i pellegrini che a quel tempo realmente potevano recarsi
in Palestina erano pochi privilegiati20 , a tutti gli altri devoti non resta-
va che accontentarsi di un pellegrinaggio in Terra Santa, compiuto con
la mente, che permettesse loro al tempo stesso di meditare e ripassare
gli episodi più significativi del Vangelo.

2
° Cf. ibid., p. 135.
ANDREA MEREGALLI

LA DESCRIZIONE DEGLI ANIMAL!


NEL «NIEDERRHEINISCHER ORIENTBERICHT»

Il resoconto sulle terre d'Oriente nota corne Niederrheinischer


Orientbericht fu composta dopa il 1350 da un autore anonimo, pro-
babilmente di Colonia, sulla base di un viaggio intrapreso fra il 1338
e il 1348 1 •
Il testa è tràdito in due codici, entrambi conservati allo Histori-
sches Archiv der Stadt Koln, a cui per brevità si farà riferimento con
le seguenti sigle:
A Koln, Historisches Archiv der Stadt, W 261a, ff. 22r-72v
pergamenaceo, 1408, ripuario 2 •
B Koln, Historisches Archiv der Stadt, W* 3, ff. 116r-161r
cartaceo, ~410-20, ripuario 3 .

1
Sull' opera in generale e le questioni legate alla sua composizione si vedano
R. Rë>HRICHT, H. MEISNER, «Ein niederrheinischer Bericht über den Orient», in
Zeitschrift for deutsche Philologie, 19 (1887), pp. 1-86; A. D. VON DEN BRINCKEN,
«Niederrheinischer Orientbc:richt», in Die deutsche Literatur des Mittelalters. Verfas-
sc:rlexikon, 2. vollig neu bearb. Aufl., hg. von K. RuH et al. VI. Berlin-New York, de
Gruyter, 1987, coll. 998-1000; Europaische Reiseberichte des spaten Mittelalters. Eine
analytische Bibliographie, hg. von W PARAVICINI, I: Deutsche Reiseberichte, bearb.
von Chr. HALM. 2. Aufl. Frankfort a.M. u.a., Lang, 2001, pp. 44-45, con ulteriore
bibliografia.
2
K. MENNE, Deutsche und niederlandische Handschriften (Mitteilungen aus dem
Stadtarchiv von Ko ln. Sonderreihe: Die Handschriften des Archivs, 10, 1). Ko ln,
Neubner, 1937, pp. 383-384.
3 H. A. H1LGERS, «Das Kolner Fragment von Konrads Trojanerkrieg>>, in Amster-

damer Beitrage zur alteren Germanistik, 4 (1973), pp. 129-185.


188 ANDREA MEREGALLI

Lunica edizione disponibile è quella curata da Rohricht e Meis-


ner nel 1887, non sempre attendibile nella trascrizione e basata solo
sui codice A, dal momento che l'altro era ancora sconosciuto 4 •
Manca uno studio approfondito dei rapporti fra i due testimoni.
Hilgers osserva che a volte è preferibile la lezione dell'uno, a volte quel-
la dell'altro codice 5 • In questo lavoro il testo sarà citato dal manoscritto
B, che risulta nel complesso più affidabile per la sezione conclusiva,
dedicata ad animali e piante. In parentesi si rinvia ai corrispondenti
passi di A seconda il manoscritto e seconda l' edizione, indicata dalla
sigla RM 6 . I punti in cui i due testimoni presentano differenze di rilie-
vo ai fini del discorso saranno opportunamente segnalati.
Diversamente da quanto spesso avviene nei resoconti di viag-
gio, l' opera non segue, nell' esposizione, l' ordine dell'itinerario. In
questo caso, infatti, il materiale è tendenzialmente organizzato per
sezioni tematiche, individuabili perché introdotte dalla formula
Dar na dat geschreuen is van .. . nu volget her na, che si trova già
nell' incipit:
Dar na dat geschreuen is van dem heilgen lande vnd van allen landen
van ouer mer vnd van burgen ind van steden de da ynne gestanden
inde noch steint, nu volget her na wat coninge, vursten ind heren vnd
patriarchen, busschouen, ebde, canoniche vnd paffen ind moniche
vnd wilcher hande Jude da hant gewont vnd noch wonnent bis vp
desen dach, vnd van yrme gelouuen ind partien, vnd van ail yrme
wesen, van krijsten, joden vnd van heiden. (B l 16r, 7-14; A 22r, 1-8
= RM 8, 1-8)

4 R.
RôHRJCHT, H. MEISNER, «Ein niederrheinischer Bericht»; il testa è aile pp.
8-86. Una precedente edizione, anch'essa basata sui solo codice A e non priva di
errori, era comparsa nel 1862: L. ENNEN, «Der Orient. Ein Bericht vom Niederrhein
aus dem Ende des 14. Jahrh.», in Orient und Occident, 1 (1862), pp. 449-480 e 627-
646. Qui, pero, il testa si interrompe al f 58v, r. 13 del codice, tralasciando proprio
la sezione conclusiva, oggetto principale del presente lavoro.
5 H. A. HrLGERS, «Das Kolner
Fragment», p. 134 e p. 178 n. 37, il quale, pero,
cita fra gli esempi di lezioni sbagliate in A il termine vesten, che in realtà è un errore di
trascrizione commesso da Rohricht e Meisner, mentre il manoscritto in questo punto
presenta correttamente oesten (f. 22r, r. 14) e non necessita di emendamenti.
6
Peri codici i riferimenti sono al foglio, seguito, dopo la virgola, da! numero dei
righi; per l'edizione alla pagina e al numero dei righi. Nella trascrizione ci si è attenuti
il più possibile alla lettera dei manoscritti, aggiungendo una punteggiatura essenziale
per favorire la comprensione, normalizzando l'uso delle maiuscole e sciogliendo le
abbreviature. Fra parentesi quadre sono poste le rare integrazioni.
GU ANIMAL! NEL «NIEDERRHEINISCHER ORIENTBERICHT» 189

In totale si possono individuare tre sezioni, dedicate rispettiva-


mente alle terre e ai regni orientali, a vari aspetti della vita delle popo-
lazioni locali e, inflne, a fauna e flora 7 • Questa suddivisione, tuttavia,
non va intesa troppo rigidamente, poiché spesso si trovano, all'interno
di ognuna delle tre parti, digressioni o riferimenti ad argomenti affron-
tati più ampiamente in un'altra, came si avrà modo di osservare più
avanti, trattando specificamente degli animali 8 •
Lintento dell'anonimo autore pare, dunque, quello di organizzare
il materiale in una sorta di trattato sistematico sulla geografla d'Orien-
te in senso lato, comprendendo aspetti che vanna dalla posizione delle
regioni e dal loro clima a molteplici dati sulla popolazione, con vari usi
e costumi e particolare attenzione alle pratiche religiose, soprattutto
delle diverse confessioni cristiane9 • Per questo motiva l' opera si disco-
sta dalla tipologia degli "itinerari" 10 e ricorda piuttosto le descriptiones

7 Le altre
due occorrenze della formula di apertura delle sezioni si trovano a B
146v,28-147r,3, A 58v, 14-18 = RM 64,21-24 e B 150v, 22-24, A 62v,25-63r, 1
= RM 70, 23-25 (quest'ultima è citata più avanti). Ne! codice B si legge una frase
simile anche al f. 155r, 6-7, ne! passaggio dall'elenco dei quadrupedi al paragrafo
sulla caccia, ma in questo caso non c' è accorda fra i due codici, per cui è preferibile
non tenerne conto.
8
La suddivisione del testo qui proposta concorda con quella di R. ]ANDESEK, Das
fremde China. Berichte europaischer Reisender des spaten Mittelalters und der frühen
Neuzeit. Pfaffenweiler, Centaurus, 1992, pp. 94-96. La formula qui citata sembra
riassumere il contenuto di una sezione precedente prima di introdurre la successiva
e questo ha fatto supporre ai primi editori che !'opera presentasse originariamente
una parte iniziale specificamente dedicata alla Terra Santa (R. RoHRICHT, H. Mms-
NER, «Ein niederrheinischer Bericht», p. 1), un'ipotesi non ripresa, perô, da studiosi
successivi. Jandesek intende !'incipit tramandato dai codici corne "lm folgenden sind
beschrieben ... ", osservando che la Terra Santa preannunciata manca poi, di fatto,
nella narrazione. Questa interpretazione sembra, perô, smentita dalle aitre occorrenze
della formula, in cui il riferimento alla parte precedente è certo; pertanto, in mancan-
za di ulteriori elementi e più approfondite indagini, non pare di poter esdudere del
tutto l'ipotesi dei primi editori.
9 Umportanza
dell'opera quale documenta storico proprio sotto quest'ultimo
punto di vista è sottolineata in A. D. VON DEN BRINCKEN, Die Nationes christiano-
rum orientalium im Verstandnis der lateinischen Historiographie von der Mitte des 12.
bis in die zweite Hii(fte des 14. jahrhunderts. Koln-Wien, Bohlau, 1973, passim.
10
Si segue la distinzione in «Pilgerführer», «ltinerare» e «literarische Reiseberi-
chte» formulata da G. WoLF, «Die deurschsprachigen Reiseberichte des Spatmittelal-
ters», in Der Reisebericht. Die Entwicklung einer Gattung in der deutschen Literatur, hg.
von P.]. BRENNER. Frankfort, Suhrkamp, 1989, pp. 81-116, qui pp. 87-89.
190 ANDREA MEREGALLI

Terrae Sanctae dei secoli XII e XIII, raccolte di carattere enciclopedico


su vari aspetti delle terre d'Oriente 11 •
Nonostante questa caratteristica strutturale, è stato possibile
ricostruire le tappe principali del viaggio dell' anonimo attraverso
riferimenti a fatti speciflci cui si ritiene probabile che l' autore abbia
assistito personalmente 12 :
c. 1338, di nuovo 1341: Egitto
dopo il maggio 1340: Tabriz
1341: Damasco
poco prima del 1348: Armenia
entro il 1350 c.: rientro a Colonia

Il 1349 costituisce un sicuro termine post quem poiché l' autore


menziona più volte le persecuzioni di cui in quell' anno fu vittima la
popolazione ebraica di Colonia durante l' epidemia di peste 13 • In gene-
re si ritiene che la stesura non sia di molto successiva al 1350, anche se
più complesso risulta individuare un chiaro termine ante quem 14 •
La sezione conclusiva dell' opera è dedicata, corne si è visto, alla
descrizione di fauna e flora. Dettagli relativi al mondo animale non
mancano, in genere, nei resoconti di viaggio: in particolare, si trovano
spesso notizie sul coccodrillo, il cammello e l' allevamento di galline in
apposite strutture 15 • Come esempio basti citare uno dei passi dedicati

11 Chr. HrPPLER, Die Râse nach Jerusalem. Untersuchungen zu den Quellen, zum

Inhalt und zur literarischen Struktur der Pi/gerberichte des Spatmittelalters. Frankfort a.
M. u. a., Lang, 1987, pp. 115-117; G. WoLF, «Die deutschsprachigen Reiseberichte»,
pp. 86-87.
12 R. RôHRICHT, H. MEISNER, «Ein niederrheinischer Bericht», p. 4; A. D. VON

DEN BruNCKEN, «Niederrheinischer Orientbericht», col. 999. Trattando della Cina,


R. ]ANDESEK, Das fremde China, pp. 107-108, esclude che le informazioni su questi
luoghi siano frutto di esperienza diretta.
13 Più incerto è un riferimento alle trattative svoltesi ne! 1355 fra papa Innocenzo

VI e l'imperatore bizantino Giovanni V perla ricomposizione dello scisma: cf. A. D.


VON DEN BRINCKEN, Die Nationes christianorum orientalium, p. 70 n. 379; EAD.,
«Niederrheinischer Orientbericht», col. 999.
14 I tentativi in questo senso si basano sull' assunto che l' opera sia fonte della

Historia trium regum di Giovanni da Hildesheim, la cui composizione è solitamente


collocata fra il 1364 e il 1375; ma sui problemi di questa datazione cf. F. ScHAER,
The Three Kings of Cologne. Editedfrom London, Lambeth Palace MS 491. Heidelberg,
Winter, 2000, p. 17.
15 Cf., ad esempio, A. KHATTAB, Das Agyptenbild in den deutschsprachigen Rei-

sebeschreibungen der Zeit von 1285-1500. Frankfort a. M. u. a., Lang, 1982, pp.
GLI ANIMAL! NEL «NIEDERRHEIN!SCHER ORIENTBERICHT» 191

all' argomento da Guglielmo di Boldensele, pellegrino a Gerusalemme


fra il 1332 e il 1336, nel suo Liber de quibusdam ultramarinis partibus
et precipue de Terra sancta:
Sunt etiam in Cypri montibus oves silvaticae, in pilis similes capreo-
lis et cervis, quae nusquam alias esse perhibentur. Multum velox est
animal, bonas carnes et dulces habens. Plures capi vidi, exisr,ens in
venatione cum canibus et maxime domesticis leopardis (cap. 1) 16 .

La peculiarità del Niederrheinischer Orientbericht, perà, con-


formemente alla scelta di strutturare la materia per argomenti, è la
raccolta di tali informazioni, offerte con dovizia di particolari, in una
sezione a sé stante e organica, aperta dalla apposita formula, di cui si
è discusso sopra:
Dar na dat vurgesprochen vnd geschreuen is van den luden de in
dem lande van ouer mer sint, van eren seden ind daden, nu volget
her na van den deren de da sint. (B 150v, 22-24; A 62v, 25 - 63r, 1
= RM 70, 23-25)

Gli animali descritti, nell' ordine seguito da entrambi i codici,


sono:
leone, leopardo, unicorno, pantera, antilope, tigre, salamandra, ona-
gro, arictc selvatico, belech 17 , giraffa, bufalo, elefante, drago, cam-
mello, dromedario, gatto selvatico, coccodrillo, cavalli, ovini; aquila,
struzzo, pellicano, fenicottero, coturnice, francolino, pappagallo,
fenice, caradrio, uccelli domestici (galline, colombi), uccelli europei

77-82; U. GANz-BLA.TTLER, Andacht und Abenteuer. Berichte europaischer ]erusalem-


und Santiago-Pilger (1320-1520). Tübingen, Narr, 1997, pp. 174-178. Il mondo
animale è considerato anche al punto 781 della SFB-Projekt A5 dedicato alla lette-
ratura odeporica pressa la Forschungsstelle für Prosa des Mittelalters dell'Università
di Würzburg: cf. U. BAUSEWEIN u. A., «Deutsche und niederlandische Pilgerberichte
von Palastina-Reisenden im spaten Mittelalter und in der Frühen Neuzeit. Das SFB-
Projekt A5», in Wissensliteratur im Mittelalter und in der frühen Neuzeit. Bedingungen,
Tjpen, Publikum, Sprache, hg. von H. BRUNNER, N. R. WOLF. Wiesbaden, Reichert,
1993, pp. 131-155, qui p. 154. Del corpus preso in considerazione perla ricerca non
fa parte, comunque, il Niederrheinischer Orientbericht, corne mi comunica il Prof..
Dietrich Huschenbett, che ringrazio.
16 C. L. GROTEFEND,
«Die Edelherren von Boldensele oder Boldensen», in
Zeitschrift des historischen Vereins far Niedersachsen, s.n. (1852), pp. 209-286, qui
p. 242.
17 Si mantiene
qui la denominazione su cui i due manoscritti concordano.
Incerta rimane l'identificazione dell'animale. Per quanto riguarda il terionimo, R.
RôHRICHT, H. MEISNER, «Ein niederrheinischer Bericht», p. 72 n. 14, propongono,
192 ANDREA MEREGALLI

(cicogne, ache, rondini), martin pescatore, uccelli rapaci. (B 150v, 22


- 157v, 11; A 62v, 25 - 69r, 20 = RM 70, 23 - 80, 29)

Si tratta, in realtà, di due gruppi, dedicati rispettivamente ai


quadrupedi e agli uccelli. La struttura al loro interno è simile: a una
concisa introduzione generica fa seguito l' elenco dei singoli animali
che si trovano in Oriente, poi ci si sofferma più brevemente su specie
europee non presenti oltre mare, a meno che non vi siano importate, e
si conclude con la descrizione di alcune tecniche di caccia, cui è riser-
vato, per i quadrupedi, un paragrafo apposito dopo gli ovini, mentre
per il secondo gruppo l'argomento è affrontato durante la presentazio-
ne dei rapaci.
Come si puo notare scorrendo l' elenco sopra riportato, accanto
ad animali esotici reali, quali il cammello, l' onagro o lo struzzo, ne
compaiono anche di fantastici, frequenti nella tradizione occidentale,
corne il caradrio, di cui si legge:
Eyn caradrius is eyn vogel de is seltzen vnd is alze dure vnd leyff, vnd
is geschaffen vnd is ais groiss ais eyn ende, de zient in Indien vnd
erer en is neit vil. V nd wanne eyn mynsche in eynre graisser sugden
licht, so sticht man den snauel van dem vogel in des seichen münt,
de suget eme alle de sugde vsser dem lyue; as lange as de vogel dat
lidet, also lange is da raste in dem seichen, mer wanne des der vogel
neit me liden en wilt noch en kan vnd ais hie sich van dem seichen
keirt, so en is gein troist an dem mynschen hei en moisse steruen. (B
156v, 27 - 157r, 7; A 68v, 16-21 = RM 80, 1-6)

D' altro canto, racconti fantastici si ritrovano anche per animali


reali: il pellicano, che uccide i piccoli, qui per troppo amore, per poi
riviviflcarli con il proprio sangue, o la pantera, che attira gli altri ani-
mali con il profumo che emana dalla bocca. Questi aspetti tradizionali
della sezione del Niederrheinischer Orientbericht dedicata alla fauna
sono stati sottolineati da Huschenbett 18 , che rinvia esplicitamente al
Fisiologo. Tuttavia si notano talvolta differenze notevoli fra il resocon-
to e le descrizioni fantastiche tradizionali. Per esempio, per la fenice

ma senza convinzione, un accostamento al francese belette 'donnolà o un errore


di trascrizione del!' arabo fehed 'lonzà, propendendo per identificarvi una specie di
antilope. I.:animale qui presentato condivide con l'unicomo descritto da Marco Polo,
cioè il rinoceronte, la caratteristica di avere la lingua ricoperta di aculei, ma si tratta
probabilmente di un dettaglio atttribuito ad animali differenti.
18 D. HuscHENBETT, «Die Literatur der deutschen Pilgerreisen nach Jerusalem

im spaten Mittelalten>, in Deutsche Vicrteljahrsschrift for Literaturwissenschaft und


Geistesgeschichte, 59 (1985), pp. 29-46, qui pp. 38-39.
GLI ANIMAL! NEL «NIEDERRHEINISCHER ORIENTBERICHT» 193

manca qualsiasi riferimento alla leggenda del volo ad Eliopoli e ci si


limita a riportare, corne caratteristica delle penne, il fatto che non
brucino:
Eyn fenix is eyn vogel dan man neit vil in dem lande en hait gesein,
mer de coninge vnd vursten de hant wal vederen da aff, de eruent sy
an ir kint; de sint so suuerlich, van so seltzer varwen dat neman da
van en kan gesprechen. Mer de lude sprechent da dat sy nyrgen in
der werelde en sint dan in Arabien. (B l 56v, 22-26; A 68v, 11-15 =
RM 79, 29-33)
Allo stesso modo, non si trova menzione del raglio dell' onagro
durante l' equinozio o della castità dell' elefante, elementi che avevano,
al contrario, un ruolo essenziale nell'interpre tazione fisiologica.
I brani non possono neppure essere intesi corne una sorta di
trattato naturalistico, corne invece pensavano i primi editori, che lo
accostano al Buch der Natur di Corrado di Megenberg 19 • La prova è
data dai passi sul leone e sull' aquila:
Eyn lewe is eyn edel deir, de hant vil lude in deseme lande gesein in
synre naturen vnd it is ouch in den boichen vil geschreuen. (B 151 r,
4-5; A 63r, 7-8 = RM 70, 29 - 71, 2)
Eyn are is eyn schoin vogel edel ind grois, ais aile wal wijssen. V nd
in alsulchen landen sint sy dar zo gemacht dat man da myt beist ree
in[d] alsulchen wilt, mer zo eyme aren gehorent zwein meistere, den
dragent zwein kneichte zwai krucken na de sy vnder de aren setzent.
(B 155v, 14-17; A 67v, 10-13 = RM 78, 7-11)

Per questi animali, evidentemen te, all' autore non interessa ripe-
tere caratteristiche che considera ben note. L'unica notizia che ritiene
opportuno fornire a proposito dell' aquila riguarda una sfera non stret-
tamente legata alle sue nature, bensl a un dato sociale o di costume.
Gli elementi finora rilevati evidenziano corne questa porzione di
testo meriti un esame più approfondit o, per individuare la principale
sfera di interesse su cui l' anonimo autore si concentra nella composi-
zione dell' opera e il possibile intento che egli si propone di perseguire.
A tal fine è opportuno osservare con maggior attenzione la struttura
dei singoli paragrafi. A titolo esemplificativo si consideri quello sul
pappagallo, piuttosto ricco di dettagli:

19 R. RéiHRICHT,
H. MErSNER, «Ein niederrheinischer Bericht», pp. 3-4 e 5-6 n.
8, parlano di "naturgeschichte des orients".
194 ANDREA MEREGALLI

Eyn papagay is eyn clein vogel vnd hait groen vederen vnd en hait
geynnen langen vloch. De leret wal alle sprachen bynnen eyme iair,
ee eme wasse eyn rait rinck vmb den haltz, vnd ais eme der rinck
west, so en kan hie neit geleren sprechen. V nd is eyn cranck vogel vp
den beynnen also dat it neit en kan geklymmen myt den voissen it
en behelpe eme myt dem snauel. Vnd de zeint de lude zam in eren
husen vnd vercouffent de myt groissen houffen; wan sy iunck [sint],
so geuent sy eynnen vur zwein venedier. Vnd wanne sy wilde sint, so
zeint sy iungen by dem wasser, des en konnen sy nochtan neit wal
gelyden. V nd ouch en konnen sy neit wal verre gevlegen. (B 156v,
12-21; A 68v, 4-10 = RM 79, 22-28)

La presentazione parte, in genere, da alcune peculiarità flsiche,


qui in particolare il colore del piumaggio, nonché la crescita di un
anello rosso intorno al collo.
All' aspetto esteriore si accompagnano spesso cenni a particolari
abilità pratiche o a tratti caratteriali 20 , corne qui la goffaggine deri-
vante dalla debolezza delle gambe. Di svariati animali, dal leone alla
coturnice, dall' aquila alla tigre, si Ioda la nobiltà; di cavalli, elefante e
coccodrillo la forza; di leopardo, bufalo, cammello e struzzo la man-
suetudine.
Vi sono, poi, riferimenti alle abitudini e alla vita degli anima-
li. Dettagli sull' allevamento dei piccoli, corne per il pappagallo 21 , si
hanno, fra gli altri, per salamandra e onagro. Il rapporto con l' am-
biente esterno è esempliflcato, nel brano citato, dall'amore perle zone
acquatiche; osservazioni della stessa natura si leggono per al tri animali:
le salamandre vivono nel deserto, i coccodrilli sono abili tanto nell' ac-
qua quanto sulla terra ferma, le antilopi amano specchiarsi in corsi
d' acqua. In alcuni casi si trovano anche informazioni sui rapporti con
altri animali, sia della stessa specie, corne perla vita in branco dei cam-
melli, sia fra specie diverse, corne per l'inimicizia tra elefante e drago.
Nel brano sul pappagallo la capacità di apprendere a parlare con-
sente un collegamento fra la sfera comportamentale e un altro ambito
cui è dedicato largo spazio, cioè i rapporti con l'uomo, di cui solo in
questo breve passo sono sottolineati vari aspetti: l' allevamento in gab-

Questo as petto è sottolineato da R. ]ANDESEK, Das fremde China, p. 104, che


20

vi scorge un certo gusto estetico da parte dell' aurore nell' osservazione del mondo
animale e vegetale.
21
La frase in questione è tramandata solo in B.
GLI ANIMAL! NEL «NIEDERRHEINISCHER ORIENTBERICHT» 195

hie, durante il quale ha luogo l'apprendimento di una lingua umana,


ma anche il commercio di cui gli esemplari sono oggetto, con un dato
preciso sul costo. Su questi punti si avrà modo di tornare dettagliata-
mente in seguito.
Vari momenti della presentazione degli animali, oltre che attra-
verso una descrizione diretta, sono affrontati per mezzo di un pro-
cedimento di comparazione a specie note per chiarire l'immagine
e permettere al lettore di visualizzarla. Si tratta di una tecnica che
consiste nell' accostare concetti nuovi a realtà conosciute e che trova
largo impiego nella letteratura di viaggio 22 • Grazie ad essa si incontra-
no nel testo riferimenti a vari animali europei, dall' anatra alla lontra,
dal pipistrello al bue frisone. Questo procedimento è usato tanto per
un confronta dell' aspetto complessivo quanta per 1' accostamento di
singole parti, che concorrono a fornire una visione d'insieme:
Eyn onager is in der woistenien vnd is geschafft ais eyn esel. (B 152r,
7; A 64r, 18 = RM 72, 15-16)
Eyn gryphan 23 is geschafft ais eyn hirtz vnd is vur hoirre dan hinden,
vnd hat voisse als eyn pert vnd hait eynnen hais de is langer dan xij
voisse, vnd hait eynnen hoeuer vnd hait home ais eyn rebuck. (B
152v, 3-6; A 64v, 10-12 = RM 73, 3-6)

Considerando le varie descrizioni, si va da passi molto brevi,


corne quello già citato sul leone, a passi più lunghi, corne per l'elefante.
Non sempre, dunque, vengono trattati tutti gli ambiti che è stato pos-
sibile riscontrare per il pappagallo. In sintesi gli argomenti affrontati
nei paragrafi riservati ai singoli animali si possono riassumere nella
tabella seguente:

Animale As petto QuaJità Comporta- Rapporti


fisico mento con uomo
Leone X
Leopardo X X X
Unicorno X X X
Pante ra X X X X

22
In generale cf. A. EscH, «Anschauung und Begriff. Die Bewaltigung fremder
Wirklichkeit durch den Vergleich in Reiseberichten des spaten Mittelalters», in
Historische Zeitschrift, 253 (1991), pp. 281-312. Luso di questo procedimento ne!
Niederrheinischer Orientbericht perla presentazione delle religioni d'Oriente è sotto-
lineato da R. ]ANDESEK, Dasfremde China, p. 105.
23 Giraffa.
196 ANDREA MEREGALLI

Antilope X X X

Tigre X X

Salamandra X X X

Onagro X X X

Ariete selvatico X X X

Belech X X X

Giratta X X X

Butalo X X X

Elefante X X X X

Drago X X X

Cammello X X X X

Dromedario X X X

Gatto selvatico X X X

Coccodrillo X X X X

Cavalli X X X X

Ovini X X

Caniz4 X X X X

Aquila X X X

Struzzo X X X X

Pellicano X X

Fenicottero X X

Coturnice X X X X

Francolino X X X X

Pappagallo X X X X

Fenice X X

Caradrio X X

Uccelli domestici X

Uccelli europei X

Martin pescatore X X X

Uccelli rapaci X X X

Totale su 34 30 18 23 29

Come era facilmente intuibile, l' area più frequenteme nte presente
è quella dell' aspetto flsico, seguita, a breve distanza, dall' osservazione
dei rapporti con il monda umano sotto diverse forme. Limportanz a
di quest'ultima sfera tematica trova conferma anche a livello "quanti-
tativo" nella percentuale, pur approssimativa, ricavata dal computa dei

24 Al cane non è dedicato uno specifico paragrafo, tuttavia ad esso si trovano

vari riferimenti in altri passi, in particolare quando si tratta della caccia; si è pertanto
ritenuto opportuno considerarlo separatamente.
GLI ANIMALI NEL «NIEDERRHEINISCHER ORIENTBERICHT» 197

righi dei codici dedicati a questo tema all'interno della sezione presa in
esame: 45,7% in B, 46,5% in A. I pochi animali esclusi sono il leone,
di cui di fatto si menziona solo la nobiltà, l'unicorno, il pellicano e il
fenicottero; per quanto riguarda, invece, ovini e uccelli domestici, il
loro uso da parte dell'uomo, benché non esplicitamente sottolineato,
si puo ritenere ben noto a qualsiasi lettore. Non mancano, invece,
animali fantastici, corne la fenice, di cui si è già citata la notizia sulle
penne, o il caradrio, con le note proprietà terapeutiche, e il drago, di
cui si <lice che è velenoso e che le sue tracce sono visibili sulla sabbia
nei deserti. Una distinzione fra creature reali e fantastiche, del resto,
puo essere operata solo dal lettore moderno e non è pertinente allo
studio dell'immagine dell'Oriente che il resoconto poteva trasmettere
ai contemporanei25.
Dati l'interesse e Io spazio tributati alla sfera dei rapporti fra
mondo umano e mondo animale, essa merita un' osservazione più
approfondita, al flne di evidenziare gli aspetti di volta in volta rilevati.
Nel complesso, le notizie si possono riassumere nella tabella seguente,
ordinata in base al numero di occorrenze. Naturalmente le informa-
zioni prese in considerazione per ogni animale possono trovarsi, oltre
che nel paragrafo ad esso speciflcamente dedicato, anche in altri brani
in cui vi si faccia riferimento; per esempio !' elefante è menzionato
corne animale impiegato per la caccia durante la descrizione del gatto
selvatico 26 •

25 Fra
i moiti studiosi di letteratura odeporica medievale che sottolineano questo
aspetto, si veda, ad esempio, F. HASSAUER, «Volkssprachliche Reiseliteratur: Faszina-
tion des Reisens und raumlicher ordo», in Grundrif5 der romanischen Literaturen des
Mittelalters, hg. von H. R. ]Auss, E. KôHLER, Bd. 11,l La littérature historiographique
des origines à 1500. Partie historique, directeurs H. U. GuMBRECHT, U. LINK-HEER,
P. M. SPANGENBERG. Heidelberg, Winrer, 1986, pp. 259-283, qui pp. 263-270.
In particolare sui mondo animale cf. anche K. GRUBMÜLLER, «Ûberlegungen zum
Wahrheitsanspruc h des Physiologus im Mittelalter», in Frühmittelalterliche Studien,
12 (1978), pp. 160-177.
26 Sigle utilizzate
nella tabella: An antilope - Aq aquila - Ar ariete selvatico - Be
belech - Bu bufalo - Ca cani - Cm cammello - Co coccodrillo - Cr caradrio - Ct
coturnice - Cv cavalli - Dm dromedario - Dr drago - El elefante - Fe fenice - Fr
francolino - Ga gatto selvatico - Ci giraffa - Lp leopardo - Mp martin pescatore
- On onagro - Pg pappagallo - Pn pantera - Sa salamandra - St struzzo - Tg tigre
- Ue uccelli europei - Un unicorno - Ur uccelli rapaci. La sigla B in apice indica che
la notizia in questione è riportata solo ne! codice B.
198 ANDREA MEREGALLI

Rapporti con il mondo Animali Totale


umano su 34
cattura/uccisione An, Ar, Be, Bu, Co, Ct, Dr, El, Fr, 14
Ga, Gis, Ons, St, Tg
allevamento Aq, Bu, Ca, Cm, Ct, Er, Gi, Lp, Pg, 12
St, Ue, Ur
a!imentazione Be, Bu, Cas, Ct, Fr, On, Sa, St 8
commercio/valore Cr, Ct, Cv, El, Fe, Pg, Ue, Ur 8
pericolo/ dan no Bu, Cm, Co, Dr, El, Ga, Pn, Tg 8
uso per caccia Aq, Ca, Cv, El, Lp, Ur 6
oggetto di racconti El, Fe, Mp, Un -4
trasporto Cm, Cv, Dm, El 4
altre attività Co, El, Gi 3
anelli al naso Bus, Gi 2
pelli/ penne Fe, Pn 2
guardia Lp 1
medicina Cr 1
uso per guerra El 1

Come si puo osservare, 1' ambito più spesso toccata riguarda una
dimensione per certi versi conflittuale: in ben 14 casi si parla della
cattura o dell'uccisione dell'animale. Una delle ragioni èche esso puà
costituire una fonte di pericolo. Vengono infatti definiti pericolosi la
pantera, la tigre, il drago, il gatto selvatico, il coccodrillo e perfino il
cammello quando non è domestico. Questo dato è confermato dal
confronta fra la prima e la quinta riga della tabella: per quasi tutti gli
animali che sono fonte di pericolo o danno si indicano tecniche di
cattura o uccisione. Talvolta essi sono, invece, allontanati attraverso
particolari stratagemmi, corne si legge nel tradizionale racconto sulla
cattura dei cuccioli di tigre e sulla loro sostituzione con specchi per
ingannare i genitori e indurli cosl a lasciare una regione. Del drago
si dice solo che, q uando lo si trova morto, viene decapitato e il suo
corpo è seppellito senza testa, anche se i due testimoni divergono nel
riportare i dettagli:
Mer in der woistenien da spurt man sy wale da sy myt dem zale durch
den sant hant getzogen. Vnd it snyt vssermaissen vergiftich, vnd wan
man erer eynnen doit vint, deym sleit man dat houft aue vnd greft
den rumpt. (B 153v, 7-10)
Sij sint vergiftich, ind wan eynre wirt geuancgen, deme sleit man sijn
houft af ind greyft den rump. (A 65v, 14-16 = RJvl 75, 1-2)

Più spesso si incontrano scene di caccia, un'attività alla quale è


riservato ampio spazio all'interno dell' op..:ra, corne dimostra anche il
GLI ANIMAL! NEL «NIEDERRHEINISCHER ORIENTBERICHT» 199

fatto, cui già si è accennato, che alla flne della descrizione del primo
gruppo di animali, i quadrupedi, segue un intero passa dedicato a
questo tema. Lattenzione si sofferma su due fasi caratterizzate dall'im-
piego di due diversi animali: nella prima i cani, nella seconda i leopar-
di, in realtà ghepardi, di cui si ricorda, fra l' altro, la consucta notizia
che rinunciano a catturare una preda se non riescono ad afferrarla
in tre salti. Per la caccia al gatto selvatico si illustra l'impiego di cani
ed elefanti unitamente alle reti. Altri animali che sono catturati con
trappole sono le antilopi, ma pure, fra gli uccelli, il francolino. Anche
il paragrafo conclusivo della sezione sui volatili, dedicato ai rapaci,
offre soprattutto dettagli sul loro uso nell'uccellagione, sorvolando
sull' aspetto flsico, mentre ci si sofferma sull' allevamento.
Data il ruolo della caccia a livello sociale, non mancano riferi-
menti ad essa in passi precedenti del resoconto, in cui l' attenzione è
concentrata sulla popolazione e sui suai usi e costumi. In tal modo la
sezione conclusiva, che per certi versi potrebbe apparire autonoma,
viene a riallacciarsi al resta dell' opera. Tale nesso è tanto rilevante nel-
1' economia del testa da essere esplicitamente sottolineato nel paragrafo
sui rapaci, in una frase conservata solo in B, poiché A tramanda una
versione fortemente abbreviata di queste righe:
V nd neman en mach vp ail en steden noch reueren beissen want de
aren en laissent de valcken neit wal in der lucht vlegen, yrre en sy
alze vil zo samen ais hie vur geschreuen steit van dem Soldane. (B
157v, 1-3) 27
Il riferimento è a un ampio passa dedicato all'attività venatoria
del sultano, in cui vengono descritte le tecniche di cattura di differenti
specie animali. In particolare si rinvia al brano sull'uccellagione con
l'impiego di una grande quantità di falconi:
Vnd wanne der Soldain wolde sein vlegen de valcken da de bouen
waessent, dat dede hie des morgens vroy; so reit der Soldain vp eyn
ende myt synen besten valcken vnd de andere vursten, heren reden
myt eren valcken war sy wolden. Wan man dan de valcken vlegen
leis, so en kunde neman gehoren vur schreien der velckener. (B 135v,
7-12; A 45v, 2-7 = RM 44, 19-24)
Vari sono gli echi che si possono rinvenire in altri passi. Poco

27 In A si legge
solo: «lnd nyeman en kan mit valken gebeyssen vur den aeren vp
deme wasser, der valken en were dan zu male veb (69r, 16-18 = RM 80, 26-27).
200 ANDREA MEREGALLI

dopo, sempre a proposito della caccia del sultano, si trova una scena
dedicata all' onagro o asino selvatico:
Vnd wan dat dan was gedain, so iagede der Soldain wilde esel. De
bleuen stain vur den hunden ais eyn swin vnd sprungen ouer de
hunde vnd ouer de pande, vnd was altze lustlich. (B 136r, 1-4; A 46r,
1-4 = RM 45, 10-12)

Questo brano fornisce interessanti informazioni che vanno ad


ampliare e completare il breve cenno che si incontra nel passo spe-
cificamente dedicato all'onagro nella sezione conclusiva, accompa-
gnato da una considerazione sulla qualità delle carni (A presenta solo
quest'ultima, tralasciando il riferimento alla caccia):
Ind den iagent de heren alze gerne want gein deir so gemeinlichen is
wanne dat man iaget. Vnd we sin wilbroit is[t] we des neit gewonne
is, de en beheldet des neit in syme lyue. (B l 52r, 11-13; A 64r, 21-22
= RM 72, 19)

In questi casi, il brano sull' animale contiene una sintesi di un


aspetto già affrontato in precedenza.
Uno degli impieghi della selvaggina cacciata è, naturalmente,
quello alimentare, corne emerge dal passo sull' onagro appena conside-
rato. Delle qualità delle carni, o almeno del loro consumo, si parla, per
esempio, anche per il belech, di cui si mangia la lingua. In tal senso va
probabilmente intesa anche la seguente frase sul francolino:
Dat is da der edelste vogel in dem lande, vnde de vangent de Jude
myt garne ais de wachtelen. (B 156v, 10-11; A 68v, 2-3 = RM 79,
20-21)

Stupisce qui l'affermazione che il francolino sia il più nobile fra


gli uccelli perché questo ruolo spetta all' aquila, collocata, infatti, al
primo posto nell' elenco dei volatili, corne avviene per il leone fra i
quadrupedi. Una spiegazione plausibile è che l' espressione si riferisca
alla qualità delle carni, già diffuse sulle tavole romane nell'antichità e
reintrodotte in Europa proprio dall'Oriente in seguito alle crociate 28 •
I.:aggettivo edel compare, del resto, nel brano precedente per descrivere
la qualità della carne (wilbroit) della coturnice secondo la lezione di B

28
G. ÜRTALLI, ,,GJi animali nella vita quotidiana dell'alto medioevo: termini di
un rapporta», in L'uomo di fronte al mondo animale nell'alto medioevo. 7-13 aprile
1983 (Settimane di studio del Centro italiano di studi sull'alto Medioe\"o, XXXI).
Spoleto, presso la sede del Centro, 1985, pp. 1389-1443, qui p. 1396.
GLI ANIMAL! NEL «NIEDERRHEINISCHER ORIENTBERICHT» 201

(156v, 5; A parla di gut wilbrait 68r, 27 == RM 79, 16). Un ulteriore


elemento a favore di questa interpretazione è il fatto che il rilievo sia
seguito da una nota sulla tecnica di cattura dell'uccello con reti.
Al ricavo di beni di consuma è in parte dedicato anche l' alleva-
mento, corne nel casa del bufalo, dal cui latte si ottengono formaggi,
ma le necessità alimentari non sono l'unico scopo di questa attività.
Un riferimento alla crescita in gabbie si è già letto nel passa sui pappa-
gallo, mentre le coturnici sono impiegate in gare di latta. Perla caccia,
corne si è visto, si utilizzano i cani, il cui trattamento alla carte del
sultano è rafflgurato in vivide scene di quotidianità:
V nd man sal wyssen dat in dem lande van ouer mer sint aile iagehun-
de van eyme geschefte ais he, ind ye zwein hunde hant eynnen
kneicht de anders neit en deit dan hie der hunde wardt vnd hie badet
sy ind kempt sy ind heldet sy alze reynlichen myt halsbenden vnd
myt allen dingen, vnd de hunde ligent dages ind nachtes an seilen vp
natten alze reynlichen, mer des morgens ind des auendes lcident sy de
kneichte vp dat velt vnd laissent sy louffen, ind nummer en essent sy
anders dan gersten broit. Mer wilch here de eynnen hum leyff hait,
den deit hie hoelen vur de taiffel vnd wirpt eme eyn schuttel broit
vur. (B 155r, 7-15; A 67r, 4-13 = RM 77, 8-16)

Un' altra importante funzione degli animali allevati è il traspor-


to di persane e di oggetti. Celebre è l' uso di torri sugli elefanti, qui
utilizzate dal sultano nei suai spostamenti. Ad esse è dedicata una
dettagliata descrizione nel lungo brano riservato al pachiderma, di cui
si <lice tra l' altro:
Vnd it is so starck dat man eme barchfreden vp den hals machet, de
sint getzunt van cleynnen roden, vnd is en buyssen vnd en bynnen
bedragen myt doiche, vnd is beneden wijt vnd boeuen enge vnd hait
drij gebone da is ynne des conicks bedde vnd aile dinck gereit vnd
wal xx man myt steynnen ind myt geschutze vnd alsullich dinck ais
sy da myt aff werpent vnd scheissent. Vnd sin meister sitz eme tuys-
chen synen oeren vnd hait eynnen groissen hamer in der hant, da
hie it myt deit vort gain, vnd vp syme halse sitzent wal sees man myt
gemache. (B 153r, 7-15; A 65r, 13-21=RM74, 5-12)

Il riferimento all'impiego bellico verrà poi ampliato, spiegando


corne agli elefanti sia data da bere vina per incitarli alla carica e corne
i nemici se ne difendano con recipienti pieni di carboni ardenti. Nelle
righe citate sono descritti con precisione i dettagli delle bertesche, già
menzionate in precedenti brani dell' opera sui viaggi del sultano e del
khan con il loro seguito. Del primo, per esempio, si legge:
202 ANDREA MEREGALLI

So quam der Soldain myt synnen helpenderen, da waren vp gemacht


barchfreden de waren gezunt van cleynnen roden, vnd dat eirste
helpendeir was verdeckt vnd de barchfrede was vertzogen myt gelen
syden gewande vnd dat ander helpendeir was bedeckt myt swartzen,
vnd dan waren zwei helpendeir de waren samen gemacht myr yseren
ketten, de waren bedeckt myt rodem, tuysschen eren barchfreden was
eyn rossbare also dat man ginck van eyme barchfreden vp den ande-
ren vnd de rossbare was geschafft ais eyn roiste vnd was al offen vnd
was en bynnen beslagen myr goulde vnd myr siluer vnd de decken
was alze wail ouer guldet, vnde in der rosbaren sas der Soldain vnd
sin leif[s]te sun vnd sin valcken ind vogel vnd etzlich vogel hunt, vnd
bouen vp dem helpendeir stoind sin banner, dat was roit. (B 134v,
20 - 135r, 3; A 44v, 3-17 = RM 43, 6-19)

Anche nel caso del cammello, animale da trasporto famoso per la


sua resistenza, vengono riportati dati cui si era già fatto cenno, com-
presa la caratteristica fisica della perdita di pelo in estate. Il passo nella
sezione finale è:
Vnd dragent so wat man in vp kan geladen, vnd wan sin meister it
ladet, so lait it sich neder, vnd wan it dan geladen is vnd sin meister
spricht, so steit it vp. [ ... ] Vnd in dem auste so intfelt in al ir hair dat
sy blois sint ouer al eren lyff vnd mogen gein kelde liden. (B l 53v,
23-25e154r,1-2; A 65v, 26-66r,l e 4-5 = RM 75, 11-13 e 16-17)

Di essi era stato scritto in precedenza, con maggior dovizia di


dettagli:
Vnd in der zyr [scil. in deme auste] herent sich de camele vnd sint
blois, de bernaient sy dan vnd machent korüe van subtilen roden
vnd hangent de by de camele, da is ynne alles des sy behouent vp
dem wege, vnd varent durch de woistenie myr groissen scharen vur
de bose dere ind wurme vnd vur de wilde lude de in den woistenien
wonnent. (B 127v, 24-29; A 36r, 12-17 = RM 31, 8-13)

I passi sull' allevamento offrono anche rapidi spunti che contri-


buiscono a completare e arricchire il quadro sociale delle popolazioni
orientali. Delle aquile, corne si è visto, si dice che a ognuna sono
destinati due ammaestratori (meister) e due servi (knecht), questi ultimi
assegnati anche alla cura dei cani. Si viene pure a sapere che tutti i fal-
conieri al servizio del sultano sono suoi schiavi, corne probabilmente è
da intendere l' espressione eigen lude (B 15 7v, 8; manca in A).
A livello sociale, all'interno dell' apparato di rappresentanza sfog-
giato dai signori nei loro seguiti, gli animali compaiono anche in
brani precedenti dell' opera con una funzione di status symbol. È
GLI ANIMAL! NEL «NIEDERRHEINISC HER ORIENTBERICHT» 203

quanto si sottolinea, ad esempio, per i notabili che arrivano alla corte


del sultano:
Vnd aile Jude quamen ye eyn stoltzer ind richer dan der ander zo
hoeue vnd aile vursren vnd heren brachten myt in ere hunde vnd
valcken vnd lebarde vnd wat seltzent hadden van luden, van vogelen
vnd van deren vnd wat mallich seltzentz hadde van cleynnode. (B
13lv, 10-14; A 40v, 6-11 = RM 37, 33-37)

Fra gli svaghi offerti alla stessa corte, vi sono anche le esibizioni
di animali ammaestrati, che danno prova delle loro abilità per intrat-
tenere gli spettatori:
Ind dar neist quamen dan Jude myt aile den wonderlichen seltzen
deren de vp der erden sint, vnd de daden ouch dan ere kunst ais sy
ere meistere hadden geleirt. (B 133r, 6-9; A 42r, 12-15 = RM 39,
35-40,2)
Il brano sull' elefante contiene un passo che puo essere addotto
proprio a illustrazione di queste abilità, venendo cosl a precisare il
riferimento generico ora citato:
Ind it wirt also zam; wanne eme sin meister pyft, so dantzet it, vnd so
wanne hei spricht dat it de Jude heisch wilkome sin, so nyget it den
luden myt dem houfde, vnd wan sin meister spricht dat it sterne, so
velt it dar neder, vnd wanne hie spricht dat it weder vp ste van dem
dode, so steit it vp. (B 153r, 1-6; A 65r, 7-12 = RM 73, 26 - 74, 4)

Un altro impiego di animali esotici alle corti nobiliari è riportato


a proposito delle giraffe, utilizzate per illuminare la sala con candele
poste sulle corna:
De sint in der coninge vnd in der vursten hoeue, den sticht man bir-
nende kertzen in de honre dat sy luchtent ouer aile den sal. (B 152v,
8-10; A 64v, 14-16 = RM 73, 7-10)

Fra gli altri aspetti evidenziati nelle multiformi relazioni fra la


società umana e il mondo animale in Oriente, merita qualche con-
siderazione, inflne, la sfera commerciale. Già per il pappagallo si è
avuto modo di rilevare un'indicazione di prezzo. Osservazioni relative
al costo si hanno anche per i cavalli e per le coturnici. Altri dati legati
agli scambi di prodotti sono le indicazioni sulla provenienza di diverse
merci. Per esempio, degli uccelli rapaci si <lice che vengono importati
in Oriente da Norvegia, Fiandre e Prussia (quest'ultima solo in B),
mentre fra i cavalli i grandi destrieri provengono dalla Spagna e da
Venezia e una specie più minuta dall'India:
204 ANDREA MEREGALLI

Vort pert in dem lande van ouer mer, de en sint neit graisser dan ais
van xij gulden off van seiszenen, de sint alze starck vnd vrame ind
snel, mer de graisse ras koment vss Hyspanien vnd van Venedien,
vort koment dar ander pert, de en sint ouch neit graisser dan van
seiszein gulden, de kumment van Indien vnd sint alze dure vnd sint
alze snel. (B 154v, 18-23; A 66v, 14-18 = RM 76, 22-25)

Dalla Spagna aveva portato cavalli in dono al sultano anche una


regina di Siviglia, giunta in Oriente per chiedere il suo aiuto in una
guerra contra il re spagnolo29 • Si asservi, poi, che animali oggetto di
commercio sono anche le cocciniglie, importate in Europa per ricavar-
ne il colore rossa; di esse si parla, perà, in uno dei brani dedicati alle
piante poiché nel Medioevo era convinzione diffusa che si trattasse di
bacche (rode beren) 30 •
Attraverso vari cenni si ottengono, dunque, informazion i sulle
regioni di provenienza di diversi animali, che si uniscono alle notizie,
disseminate nel corso dell' opera, sui commerci di altri prodotti, corne
quelli che giungono al porto di Alcelot: seta, spezie, cera, zucchero e
cotone. In questo modo si viene a delineare una geografla degli scam-
bi e dei contatti fra Europa e Oriente, giustapposta alla dimensione
sconosciuta ed esotica del meraviglioso, qui rappresentat a dall'Arabia,
unico luogo in cui vive la fenice, e soprattutto dall'India, di cui si fa
menzione, per esempio, a proposito del caradrio e dell'unicorn o. Le
notizie su questi animali sono frutto di racconti o informazion i orali,
corne si è già letto nel passa sulla fenice e corne si precisa pure per
l' unicorno:
Eyn eynhorn en is nyrgen dan in Indien vnd de lude van dem lande
sprechent it sy alze grais ind syn horn sy alze swair ... (B 151 r, 12-13;
A 63r, 14-15 = RM 71, 6-8)

In base al quadro complessivo che si è andati delineando, si puà


certo confermare il giudizio seconda cui malte delle informazion i
sugli animali nel Niederrheinischer Orientbericht appartengon o a un
sapere tradizionale, e da questo punto di vista il testo non presenta
caratteristiche particolarm ente originali. Laspetto che maggiormen te

29R. RoHRICHT, H. MEISNER, «Ein niederrheinischer Bericht», p. 48 r. 29 e n.


8, leggono erroneamente Sycilien invece del corretto Sybilien (A 48r, 24), per cui
risultano inutili i loro tentativi di identificazione storica dell'episodio.
30 B 16lr, l; A 72v, 11 = RM 86, 12. Cf. R. RoHRICHT, H. MEISNER, «Ein nie-

derrheinischer Bericht», p. 86 n. 6.
GLI ANIMAL! NEL «NIEDERRHE!NISCHER ORIENTBER!CHT» 205

interessa l'autore è il multiforme rapporta che lega il mondo animale


alla società umana, anche questa una posizione senz' altro in linea con
l'atteggiamento utilitaristico diffuso nel Medioevo. Tuttavia, l'analisi
condotta mostra che nel resoconto l'argomento non è affrontato solo
in una prospettiva generale, perché l' attenzione si sofferma spesso su
specifîci dettagli che vengono ad inserirsi nel contesta delle abitudini e
dei costumi sociali delle popolazioni d'Oriente. Lanonimo costruisce,
inoltre, una rete di riferimenti e rinvii ad altri passi del testo, facendo
si che la sezione dedicata alla fauna non costituisca un blocco autono-
mo, ma si integri saldamente all'interno dell'opera, con la funzione di
offrire un contributo arricchente al complesso quadro della vitae degli
usi e costumi orientali che viene offerto ai lettori.

Università di Siena (Arezzo)


CELESTINA MILAN!

LINGUA E TESTO DELLA «PILGERREISE DES LETZTEN


GRAFENVON KATZENELNBOGEN» (A. 1433-1434)

1. In molti diari di viaggio del Frühneuhochdeutsch verso le terre


del Vicino Oriente si riscontrano aspetti simbolici universali che si
rilevano nel peregrinare nei luoghi dell'Antico e del Nuovo Testamen-
to. Intraprendere un cammino nuovo o antico rientra nella storia degli
uomini. Il cogliere i luoghi del sacra è un elemento costante nell'espe-
rienza dei popoli. Tappe, simboli, aspetti iconografici, circolazione
delle persane e delle idee: esiste una correlazione con alcuni percorsi
preferiti. E tutto questo si puo rilevare nei percorsi storici rimasti
immutati nel tempo e nello spazio con poche variazioni.
Di questo tipo è il diario di viaggio del conte Philipp von Kat-
zenelnbogen, che da Darmstait (= Darmstadt) con un gruppo giunge
a Venezia, luogo da cui parte per il Vicino Oriente. Il viaggio non è
descritto da lui, ma da una persona che per lui ha malta ammirazione,
forse un segretario.
I diari di viaggio del Frühneuhochdeutsch (= FNHD) sono parti-
colarmente interessanti anche sotto il profila linguistico, in quanta da
un lato riflettono le peculiarità proprie del FNHD, lingua non ancora
diventata langue che mantiene la creatività e le incertezze della parole,
mentre dall'altro lato dimostrano i rapporti che nella prima metà del
'400 si instaurano tra la Germania centro-meridionale e aree geografi-
che diverse, rapporti che sono frutto di intensi scambi socio-culturali
nonché di rapporti commerciali
Questi testi sono ricchi di notizie e sono segno di contatti eco-
nomici e culturali tra monda tedesco, monda italiano (in particolare
veneziano), area egeo-meridionale e Vicino Oriente.
Nei secoli XIV-XVI i rapporti tra parlanti FNHD e parlanti dia-
208 CELESTINA MILAN!

letti italiani sono intensi. Nel 1230, in seguito all' apertura della strada
del Gottardo, i viaggi tra la Germania centro-meridionale e la pianura
Padana diventano più frequenti. Il passa del Brennero risulta frequen-
tato soprattutto da mercanti e da pellegrini provenienti in gran parte
dalla Germania e dalla Svizzera, che si recano a Venezia e da qui spesso
partono verso altri paesi. ln seguito la via del Brennero viene utilizzata
anche da viaggiatori provenienti da Milano e diretti in Germania: dal
Brennero si dirama infatti la via di comunicazione che porta ai paesi
del Reno centrale e da 11 alle Fiandre 1 •
2. 1 testi analizzati a livello di confronta sono la Beschreibung
einer Seereise von Venedig nach Beirut im jahre 1434 (= Seereise) e Ein
Pilgerbüchlein. Reise nach ]erusalem von 1444 (=PB), entrambi scritti
in Frühneuhochdeutsch, in particolare in Oberdeutsch, con caratteri di
bavarese la Seereise e di svevo orientale - alemanno il PB.
La Seereise è un diario di viaggio di mercanti. Il testa è conservato
nel ms. Arundel 6, British Library, Londra, cartaceo in folio, dovuto
a una sala mano e scritto nel XV sec. a due colonne. Il ms. è stato
donato al British Museum da Henry Howard di Norfolk. L'ultima
frase del testa, scritta in latino, permette di datare la redazione scritta
della Seereise: «Finitum et completum per me Johannem schumann de
lutzenburg anno domini millesimo quadrigentesimo sexagesimo feria
seconda post exaltationis sancte crucis». Seconda D. Huschenbett, J.
Schumann ne sarebbe stato l' autore.
L'opera è stata pubblicata nel 1881 da Ernst Henrici in «Zeitschrift
für deutsches Alterthum und deutsche Literatur», 25, pp. 59-70, col
titolo Beschreibung einer Seereise von Venedig nach Beirut im ]ahre 1434
con un breve commenta di K. E. H. Krause (ibid., 182-188)2.

1
C. MILAN!, «Contatti di lingue: Frühneuhochdeutsch e italiano. Integrazione
di sintagmi verbali», in Annali dell'Istituto di Lingue e Letterature gerrnaniche, 1975,
Università di Parma, pp. 237-252; EAD., «lntegrazione di sintagmi italiani in itinerari
di viaggi tradotti in Frühneuhochdeutsch», in Atti del Sodalizio Glottologico Milanese,
32 (1990-1991), pp. 169-177; EAD., «Da Venezia al Vicino Oriente: veneziano e
lingua franca in diari di viaggio in Frühneuhochdeutsch», in Processi di convergenza
e differenziazione nelle lingue dell'Europa medievale e moderna, a cura di F. Fusco, V.
ÜRIOLES, A. PARMEGGIANI. Udine, Forum, 2000, pp. 353-374; C. MILAN!, I. BRAND-
MAIR, «Viaggi di pellegrini e di mercanti in cronache del Frühneuhochdeutsch», in
Tipologia dei testi e tecniche espressive, a cura di G. GoBBER, C. MILAN!. Milano, Vita
e Pensiero, 2002, pp. 77-93.
2 Cf. C. MILAN!, «l dialetti e il mare in un testo del 1434», in l dialetti e il mare.
LA «P!LGERREISE» 209

Il PB è la relazione di un pellegrinaggio in Terra Santa e relativo


viaggio di ritorno, pubblicata da A. Birlinger in «Herrigs Archiv für
neuere Sprachen» (40, Berlin 1867, pp. 301-322) ed è elencata nella
bibliografla dei pellegrinaggi in Terrasanta di R. Rohricht 3 •
Il testo risale al 1444, vale a dire a pochi anni prima della caduta
di Costantinopoli, alla vigilia dell'invenzione della stampa e della suc-
cessiva grande diffusione dei testi 4 •
Il diario, scritto da un monaco benedettino, è contenuto in un
manoscritto del XV sec. conservato nella Staatsbibliothek di Monaco
di Baviera e proveniente dal monastero di Sankt Ulrich 5 und Afra
di Augsburg, corne si deduce dall' ex libris «Monasterii S. Uldarici
Augustae». La tradizione cristiana di Augsburg è documentata dall'an-
no 304, il culto della santa martire Afra è testimoniato da Venanzio
Fortunato. Augsburg, l' antica Augusta Vindelicorum, si trova a circa 70
km a ovest di Monaco di Baviera, a ovest del flume Lech, che segna il
confine tra il bavarese e i dialetti alemanni, corne evidenzia la carta dei
dialetti dell'atlante Dtv-Atlas der deutschen Sprache. È tuttavia proble-
matico specificare le caratteristiche regionali del PB.
Il PB, contenuto nel codex Germanicus Monacensis 736, ff. 70r-
85v, è descritto nel Catalogo dei manoscritti tedeschi della Staatsbi-
bliothek di Monaco, Wiesbaden 1984, a cura di Karin Schneider, che
attribuisce il testo all' area linguistica dell' ostschwdbisch-alemannisch. I
monaci del monastero di Augsburg non erano tutti nativi della zona;

Convegno lnternazionale in onore di M. Cortelazzo (Chioggia 21-25 sett. 1996). Pado-


va, Unipress, 1997, pp. 231-243; EAD., «Seereise da Venezia a Beirut ne! 1434: lingua
e testo», in Aevum, 71 (1997), pp. 563-571; EAD., «Seereise nach Beirut (a. 1434):
nomi e cose», in Il nome ne! testo, 4 (2002), pp. 137-155.
3 R. R6HRICHT, Deutsche Pilgerreisen nach
dem Heiligen Land. Neudruck der neuen
Ausgabe. Innsbruck, Universiratsverlag Wagner, 1900, p. 117: è l' edizione ridotta trat-
ta dall' opera completa Biblioteca Geographica Palaestinae. Chronologisches Ver;:;eichnis
der von 333 bis 1878 verfaflten Literatur über das Heilige Land mit dem Versuch einer
Kartographie, hg. von R. R6HRICHT, D. H. K. AMIRAN. Jerusalem 1963, Reprogra-
phischer Nachdruck der Erstausgabe Berlin 1890.
4 Cf. A. HANSER, Sozialgeschichte
der Literatur. München, Deutscher Taschen-
buchverlag, 1984.
5 Il vescovo Ulrich (Udalrico), di nobile famiglia alemanna, nato nell'890 ad
Augsburg, morto il 4 luglio del 973, su richiesta del suo terzo successore, il vescovo
Luitpold, venne canonizzato il 31 gennaio del 993 da papa Giovanni XV (985-996).
Cf. C. P. WARNCKE, Bavaria Sancta - Heiliges Bayern. Die altbayerischen Patrone aus
der Heiligengeschichte des 111atthaeus Rader. Dortmund, Harenberg, 1981, p. 76.
210 CELESTINA MILAN!

l' autore quindi potrebbe essere di origine bavarese e mescolare di con-


seguenza aspetti fonetici e lessicali.
Il titolo Pilgerbüchlein è stato scelto dal curatore del 1867, men-
tre Karin Schneider sceglie questo titolo: Bericht über eine Fahrt nach
]erusalem6 •
3. Il viaggio del conte Philipp von Katzenelnbogen è citato per la
prima volta da Aiermann, Hessische Landesgeschichte 1. 525 e XXIV par.
18. Un'ampia sintesi, tratta da una compilazione poetica del diario di
viaggio, è stata edita da J. von Arnoldi in Die Vorzeit. Ein Taschenbuch
fürdas]ahr 1821 (hg. von K. W Justi), Marburg 1821, pp. 43-74.
Una sintesi poetica del testa si trova nel ms. 161 di Giessen,
Hodoeporicon sive itineris ab illustrissimo Cattimelibocensi Philippo III
ultimo facti versus. Un riassunto in prosa si trova nel ms. 116, ff. 64-69
della biblioteca di Kassel: «Extract auB dem in Teutschen reimen durch
Erhardum Wameschafften verfasseten und in anno 1477 publicirten
Hodoeporico oder Weg- und Reisebeschreibung Graven Philippi zu
Catzenelenbogen und Dietz Jahrs 1433 in Egypten, zum berge Synai
und heiligen Grabe zu Jerusalem sampt Candia, Creta, Bolag, S. Paul,
Gaffera, S. Abraham undt Bethlehem».
Su questa base Reinhold Rohricht e Heinrich Meisner mossero
alla ricerca del testa completo originale e trovarono una copia del ms.
originale in possesso del signor Leichtle a Kempten. Il ms. è di piccolo
formata e ha 14 fogli pergamenacei; appare scritto prima del 1450; le
soprascritte sono rosse, le iniziali grandi sono blu.
I due studiosi pubblicarono il testa Die pilgerreise des letzten
grafen von Katzenellenbogen (1433-1434) in «Zeitschrift für deut-
sches Alterthum und deutsche Litteratur», 26 (1882), pp. 348-371:
«der dialect weist nach rheinfrankem> (cf. p. 349). Il testa è scritto in
FNHD con aspetti di francone renano.
Sotta si indica il percorso seguito da «wolgeborn herr Philips
graue czu Katzenelnbogen und czu Dietz, zcu Darmstait uB in willen,

6 Cf.
C. M1LANI, «Da Venezia al Vicino Oriente», pp. 353-374; EAD., «Un viaggio
di mercanti tedeschi del 1434», in Tipologia dei testi e tecniche esprcssive, a cura di G.
GoBBER, C. MILAN!. Milano, Vitae Pensiero, 2002, pp. 77-84; I. BRANDMAIR, «Un
viaggio di pellegrini del 1444», ibid., pp. 85-93; C. MILAN!, «Incontri di lingue: il
Pilgerbüchlein del 1444», in Atti del Sodalizio Glottologico Milanese, 41-42 (2000-
2001), pp. 81-96.
LA «PILGERREISE» 211

mit gots hulf ober mere zcu faren» ha inizio a Darmstait (= Darm-
stadt)7.
Strutturalmente il testo puà essere suddiviso in quattro parti: a)
percorso da Darmstadt a Venezia; b) percorso da Venezia ai Luoghi
Santi; c) visita dei Luoghi Santi; d) ritorno. Le modalità enunciative e
descrittive sono diverse nelle quattro parti, corne si osserverà progres-
sivamente.
Il viaggio di andata ha luogo nel 1433, il ritorno si svolge nel
14348 • In questi anni, corne dice il testa, Darmstadt fa parte della
contea di Katzenelnbogen. Essa nel 1479 passerà ai langravi di Assia9 •
Il percorso si svolge attraverso il Württemberg, la Baviera, il Tiro-
lo, il Südtirol, la Repubblica di Venezia. Alcune città sono Reichsstadte,
cioè città imperiali (RS). Giunta al Brennero, il gruppo prende la
strada del Brennero, proseguendo poi per la strada d'Alemagna (ora
strada statale 51). Questa si diparte dalla Sella di Dobbiaco (Toblach)
e, attraverso la Val di Landro, l'Ampezzano (Heyden) e la Valle del
Piave, va a sboccare nella pianura veneta a Conegliano (Konglonn o
Congelon). Tale strada fln dal Medioevo ebbe notevole importanza nei
trafflci tra Venezia e la Germania 10 •

7
C. MILAN!, «li percorso dalla Germania a Venezia in diari di viaggio del Früh-
neuhochdeursch», in Studi in memoria di G. C. Mastrelli Anzilotti. Firenze, Istituto
di Studi per !'Alto Adige, 2001, pp. 307-315.
8
Per gli aspetti di Frühneuhochdeutsch del testo si rimanda a H. MosER, H.
STOPP, Grammatik des Frühneuhochdeutschen, 3 vol!. Heidelberg, Winter, 1970,
1973, 1978; R. BENTZINGER, R. BocK, H. LANGNER, Frühneuhochdeutsch, in
Geschichte der deutschen Sprache, erarbeitet unter der Leitung rnn W SCHMIDT.
Berlin, Volk und Wissen, 1970, pp. 281 ss.; H. EGGERS, Deutsche Sprachgeschichte,
II. Reinbek bei Hamburg, Rowohlt, 1992, pp. 7 ss.; v. anche Frühneuhochdeutsche
Grammatik, hg. von O. RErCHMANN, K. P. WEGERA. Tübingen, Niemeyer, 1993.
Per gli aspetti di francone-renano cf H. MosER , H. STOPP, Grammatik, passim; G.
DoLFINI, Grammatica del medio alto tedesco. Milano, Mursia, 1967, pp. 107 ss.; H.
PAUL, Mittelhochdeutsche Grammatik, 20. Auflage von H. MOSER, I. ScHROBLER.
Tübingen, Niemeyer, 1969, passim; H. DE BooR, R. WrsNIEWSKI, Mittelhochdeutsche
Grammatik. Berlin-New York, de Gruyrer, 1978, pp. 138 ss. e Frühneuhochdeutsche
Grammatik, passim.
9 Cf. W
GLASSING, R. MÜLLER, Darmstadt. Oldenburg, Stalling, 1913. Si vedano
anche Enciclopedia ltaliana (=El), V. Roma 1949, p. 3 (a cura di E. LOEVINSON) ed
El, XII. Roma 1950, p. 388.
10 G. Koss, Namenfarschung.
Eine Einführung in die Onomastik. Tübingen, Nie-
meyer, 1990, pp. 89 ss.; C. BoccA, M. CENTINI, Le vie della fede attraverso le Alpi.
212 CELEST!NA MILAN!

All'andata si rilevano queste tappe:


Darmstait 11 (Darmstadt), Swyngenberg (Zwingenberg), Sun!Sheym
(Sinsheim), Marpach (Marbach), Stuckarten (Stuttgart), Nortingen
(Nürtingen), Blaubem (Blaubeuren), Ulme (Ulm, RS), Memmyn-
gen (Memmingen, RS), Kempten (RS), Viel8e (Vils), LermuB
(Lermoos), Delfy8 (Telfs), Œbrucke (Innsbruck), Matra (Matrey am
Brenner), Stertzingen (Sterzing - Vipiteno), Muhlbach (Mülbach
- Rio Pusteria), Brunecke (Brunecken - Brunico), Dolbach (Toblach
- Dobbiaco), Heyden (Ampezzo 12), Sant Martyn (San Martino),
Spietaile (Ospitale di Cadore), Crucz (S. Croce), Spemale (Serravalle,
cf Vittorio Veneto 13), Konglonn (Conegliano), Derfy8 (Treviso),
Meynsters (Mestre), Venedig (Venezia).

I toponimi dell'Alto Adige (Südtirol) sono in tedesco, corne pure


quelli della Repubblica di Venezia, dato che il testo è in FNHD. La
toponomastica tedesca del Südtirol ha anche un' altra motivazione.
Com'è noto, la penetrazione tedesca nell'Alto Adige è progressiva. La

Ivrea, Priuli Verlucca, 1994, passim; G. CONTA, «Vie di pellegrinaggio ne! medioevo
in area alpina», in Die Erschliejlung des A/penraums for den Verkehr - L'apertura dell'area
alpina al traffico. Historikertagung in Irsee - Convegno storico a Irsee 13-15/IX//1993.
Bozen, Athesia, 1996, p. 168; ID., «Rethicae Alpes. Elementi di cartografia storica»,
in Prospettive di geografia culturale, a cura di G. ANDREOTTI. Trento, La Grafica, 1997,
p. 103. Sul problema delle comunicazioni tra Germania e Trentino-Veneto cf. G. M.
VARANINI, «Itinerari commerciali secondari nel Trentino basso medievale», in Die
Erschliefung cit., pp. 101 ss.; F. H. VON HYE, «Mittelalrerliche Sekundarverbindun-
gen und Gebirgsübergange in Tiro!», ibid., pp. 129 ss.; ID., «Das Verhalmis Stade und
Scrille in Tiro! von dem Anfangen bis in die frühe Neuzeit», ibid., pp. 197 ss.
11
-stait per -stat (=-stadt) puà essere un fatto grafico o un aspetto dialettale. Ne!
mat. è comune la forma stat, cf. M. LEXER, A1ittelhochdeutsches Handwiirterbuch, II.
Leipzig, Hirzel, 1876, col. 1144. Sulle formazioni in -stadt cf. A. BACH, Deutsche
Namenkunde, II. Heidelberg, Winter, 1954, pp. 344 ss.
12
LAmpezzano segue le vicende del Cadore che ne! 1420 col patriarcato friulano
entra a far parte della Repubblica di Venezia, conservando un' esteriore autonomia,
privilegi e diritti di lunga data, causa di lirigi interni. La comunità di Ampezzo fu
conquistata dall' esercito degli imperiali nel 1509 e ne! 1515 si dichiarà per Massimi-
liano che la incorporà nel Tirolo (Cf. V MAJONI, Cortina d'Ampezzo nella sua parlata,
Forll, Tip. Valbonesi, 1929). C. Battisti rileva che Heiden, denominazione tedesca
di Ampezzo, era già usato dalla Cancelleria di Val Badia nel 1410 e 1433, cf. heide
'brughierà + -n del dativo/locativo. Cf. C. BATTISTI, I nomi locali della comunità di
Cortina d'Ampezzo. Firenze, Rinascimento del libro, 1947, p. 118.
13 Nel 1866 Ceneda
e Serravalle costituiscono il comune di Vittorio Veneto, cf.
Guida d'Italia del T.C.I. Le tre Venezie, III. Milano, TCI, 1925, Com'è noto, Serra-
valle, di fondazione romana ( Castrum Cenetense), passa dalla famiglia Da Camino a
Venezia ne! 1337.
LA «PILGERREISE» 213

cancelleria dei conti del Tirolo adotta quasi costantemente il tedesco


corne lingua ufflciale dal XIII secolo. Per esempio la mensa vescovile
di Bressanone ne fa uso nei suoi libri di censo dal 1305 e questi sono
redatti quasi esdusivamente in tedesco fin dai primi decenni del XV
secolo. Dagli ultimi decenni del XIV secolo i libri di censo delle par-
rocchie e delle cappellanie in qualunque punto dell'Alto Adige, anche
nella Val Venosta orientale, sono redatti in tedesco. A Bolzano e Mera-
no continua l'uso del latino in documenti privati fino al XV secolo.
Il ladino è sentito inadatto all'uso amministrativo cosicché le autorità
ricorrono al tedesco 14 • ln questa situazione è normale che anche i
toponimi siano in tedesco.
Destinazione finale del viaggio sono l'Egitto e la Palestina. È que-
sto uno dei pochi testi che presenta la citazione delle tappe del viaggio
anche al ritorno, da Venezia alla Germania. Nella maggior parte di tali
diari di viaggio, infatti, la descrizione del ritorno si arresta a Venezia:
evidentemente gli autori consideravano ripetitiva o inutile questa parte
che era percià generalmente omessa.
Al ritorno sono notate queste tappe da Venezia a Rheinfels:
Meynsters (Mestre), Derfysch (Treviso), Congelon (Conegliano),
Spernale (Serravalle), Cadepunt (Capodiponte), Maneet (Macchiet-
to), Dolbach (Dobbiaco), Brunecke (Brunico), Stertzingen (Vipite-
no), Matra (Matrey am Brenner), ygprucke (Innsbruck), Seefelde o
Sehefelde (Seefeld in Tiro!), Mittenwalt (Mittenwald), Amergauwe
(Ammergau), Schangauwe (Schongau), Augburgk (Augsburg, RS),
Wemdingen (Wemding), Swabach (Schwabach), Nornberg (Nür-
nberg, RS), Forchem (Forchheim), Babenberg (Bamberg), Koburg
(Coburg), Greffenauwe (Grafenau), Erfurt, Rossel (Rosslau, vici-
no allo sbocco del Rossel nell'Elba), Nuwenburg (Naumburg),
Halle, Kalbe (Calw), Medeburg (Magdeburg), Dagermonde/monge
(Tangermunde), Wilsthenach (Bad Wilsnack), Ysenach (Eisenach),
Cassel (Kassel), Treyse (Schwalmstadt Treysa), Marpurg (Marburg),
Hachenberg (Hachenburg), Colne (Koln, RS), Aiche (Eichenau),
Guiche (Yülich), Poppelgdorff (Poppelsdorf, sobborgo di Bonn),
Andernach, Boparten (Boppard).

14 Cf. C. BATTISTI, Popoli e lingue nell'Alto Adige. Firenze, Bemporad, 1931; Io.,

Storia linguistica e nazionale delle valli dolomitiche atesine. Firenze, Rinascimento del
libro, 1941, passim; Io., «La penetrazione tedesca nell'Alto Adige», in Archivio per
!'Alto Adige, 50 (1956), pp. 4 ss.; A. STELLA, Politica ed economia ne! territorio trcntino-
tirolese dal XIII al XVII secolo. Padova, Antenore, 1958, passim.
214 CELESTINA MILANI

Lultima tappa citata è Rynfels (Rheinfels) pressa St. Goar, locali-


tà della contea di Katzenelnbogen al tempo del viaggio; la sua distru-
zione risale al 1797.
Si tratta di un percorso complesso e articolato per valli, mon-
tagne, pianure, attraverso città e paesi grandi e piccoli. Il gruppo si
muove con determinazione e interesse. La meta immediata è Venezia e
da ll la partenza per l'Oriente 15 .
Nella Seereise è indicato solo il percorso da Venezia a Beirut e da
Beirut fino a Venezia. Nel PB è descritto solo il viaggio da Venezia ai
Luoghi Santi e viceversa. Quindi Die Pilgerreise des letzten Grafen von
Katzenelnbogen (= PGK) è di rilevante interesse anche perché è uno dei
pochi diari di viaggio di questo periodo (XV sec.) in cui sia descritto
in modo particolareggiato il percorso dalla Germania a Venezia, clave
poi il gruppo si imbarca per !'Oriente e i Luoghi Santi.
In questo lavoro si segue l' edizione di Rohricht e Meisner, molto
fedele al ms. anche dal punto di vista grafico. Non si è tenuto canto
della versione in poesia che è un'interpretazione del viaggio più che
una descrizione fedele. Sulle problematiche del testa in prosa e in
poesia si sofferma Silvia Schmitz, Die Pilgerreise Philips d. A. von Kat-
zenelnbogen in Prosa und Vers, München 1990, alle cui note si rimanda
soprattutto per il confronta col testa poetico.
4. In questi diari di viaggio il diatesto 16 è particolarmente interes-
sante. Sostanzialmente, l' economia della descrizione procede seconda
pattern globali che possono essere scomposti in vari momenti. Le
descrizioni di pellegrinaggi sono cosl articolate:
il viaggio, articolato nel procedere da una tappa all'altra, fermarsi,
visitare luoghi e persane, continuare il percorso;
le visite: visitare abitazioni di eremiti, edifici, monumenti e anche
persane, osservare e venerare reliquie, verificare nella Bibbia o in altri
testi aspetti del percorso e dei luoghi;
i momenti lirurgici;

15
Cf. C. MILAN!, dl percorso dalla Germania», pp. 307 ss.
16
Cf. D. S1LVESTRI, «Testualità e testi arcaici», in Del testo. Seminario interdisci-
plinare sulla costituzione del testo. Napoli, Istituto Univ. Orientale, 1979, pp. 1-17;
R. A. DE BEAUGRANDE, W. DRESSLER, Introduzione alla linguistica testuale. Bologna,
Il Mulino, 1994, passim; C. MILAN!, «Tipologie testuali e scelte lessicali», in Atti del
Convegno della SIG Lessicologia e lessicografia (Chieti-Pescara 12-14 ottobre 1995).
Roma, Il Calamo, 1997, pp. 53-112; H. VATER, Einführung in die Textlinguistik. 2.
Aufl., München, Fink, 1994, passim.
LA «PILGERREISE» 215

Tuttavia non tutti questi elementi sono presenti nei vari diari.
In essi talvolta si riscontrano cenni a personaggi storici, a cariche
amministrative e politiche; si rilevano menzioni di luoghi legati alla
storia passata, ancora viva nella tradizione presente. Ho cercato di
cogliere questi elementi per chiarire il rapporto fra viaggiatori/pellegri-
ni e la realtà socio-politica del luogo visitato e del momento vissuto.
Di questo tipo sono la PGK e il PB.
Il diatesto dei diari di mercanti è un po' diverso. Le parti sono:
il viaggio e le soste
i momenti commerciali
le visite: località e paesaggi, edifici, monumenti.

Di questo tipo è la Seereise, a cui si rimanda per confronti.


5. Lanalisi strutturale e lessicale permette di individuare nella
PGK vari momenti di scrittura. Come si è detto, la struttura del testo
si esprime attraverso differenti modalità.
Il tragitto da Darmstait a Venedigen (349. 8 - 350. 22) ricalca la
struttura degli ltineraria Romana: von toponimo ghene / zum, zum,
czum, zu toponimo numero milenlmylen, a cui talora seguono sintag-
mi di questo tipo: die nacht / lagen wir die erste nacht, waren wir die
nacht, da lagen wir die nacht / den mittage; czu mittage; zu mittag, da
aj?en wir zu mittage.
Questo tipo di struttura si ritrova anche da Venedigen - DerJYsch
(Treviso) a Rynfels (Rheinfels) (370. 9 - 371. 31).
La seconda tipologia è usata nella descrizione del percorso da
Venedigen (350. 23 ss.) a Sant Katherinen cloister (354. 16 ss.). La
struttura è la seguente: data, von toponimo ghene / zu, czu toponimo
(+ rapida presentazione di qualche particolare); naturalmente i vari
elementi possono presentarsi anche in un diverso ordine. Tale tipolo-
gia ricorre nuovamente da Sant Katherinen cloister czu Bethleem (356.
21 ss. - 358. 11 ss.), quindi da tempel (365. 15) flno al Kan Debruthy
(Khan Beirut, 366.19 ss.) e poi da Abruthy (367. 21 ss.) ghene Vene-
digen (370. 8). Talvolta nel testo è inserita la descrizione di qualche
particolare o di qualche ricordo biblico:
356. 12 ss. Item vff montag czu morgen nehst vor sant Symon vnd
Juda [26 oct.] stunden wir froe uff vnd sahen das heilrem sant Kathe-
rynen, mit namen yre heilges heubt vnd das gebeyne von yren armen,
vnd blfben den montag aida in sant Katherynen cloister.
216 CELESTINA MILAN!

Item sahen wir in dem selben cloister die heilge stait, ais der engel zu
Moyses sprach: ,Thu dyn schuwe uB, du sait gene uf den berg, got wil
mit dir ridden', da erscheyne eme der engel durch eyn hecke.
369. 4 ss. Item foren wir uff montag nach Reminiscere [22 Jebr.J
uB in der porten Fischardo vnd qwamen uff mittwochen nehist [24
febr.J zu abent in eyn porte vnder eym sloB vnder eym stetgyn, die
heiBent Bargen.
Item foren wir uff den selben mittwochen, sant Mathias tag, zu nacht
zu Bargen ufs noch Reminiscere vnd qwamen uff dornstag [25 febr.]
nehist darnach tzitlich ghene Koruoe.
La terza tipologia è evidente nello spazio attorno al Sant Katheri-
nen cloister (354.19 ss.- 356.20), nel percorso da Betlemme a Bethpha-
ghe (358.15-365.14), da Kan Demort (Khan Murad) presso Beirut ad
Abruthi (Beirut), cf. 366.29-367.20.
Questa tipologia è caratterizzata da assenza di date. Le frasi in
genere sono introdotte da Item qwamen wir / Item sahen wir (molto
frequente), a cui segue una descrizione dei luoghi osservati con rapido
scorcio o con vari particolari. Qualche esempio:
357. 13 ss. Item ais wir gaiBen, da sahen wir die heilge staet, da Vnser
lieber herr geboren wart.
Item sahen wir die heilg staet, da vnser herr in der krippen lagt (sic).
Item sahen wir die heilge staet, da die heilgen dry konige yre konig-
liche cleider anthaden, da sie verwar sahen, das vnser lieber herr da
geborn was, ais sie eme daz opper brengen wolten.
Item sahen wyr die staet, da die heilgen dry konige vunser lieben
herren das opper brachten.
Item sahen wir die helg staet, da sant Jeronimus die biblien schreipff.
(5a) Item sahen wir die heilge staet, da konig Herodes die Kynder
hyn deth legen, die er hatt laiBen doden. Die selben heilgen stede
ligen zu Bethleem in eyner kirchen.
359. 1 ss. Item sahen wir uff dem berge Caluarie die heilge staet, da
vnser lieber herr gecrucziget wart.
Item sahen wir die staet, da got hyn gelegt wart vnd gesalbet vnd in
das tuch gewunden vnd in das Heilge grab gelegt.
Item sahen wir die staet, da vnser lieber herr sant Maria Magdalenen
erschyn in eyns gerteners wyse.
Item sahen wir eyn capell in dem selben tempe!, da Cristus siner
LA «PILGERREISE» 217

lieben muter an dem ersten erscheyn, ais er von dem tode erstanden
was.
Item in der selben capellen sahen wir eyn suie, da vnser lieber herr
angebunden, gegeisselt vnd verspiet wart, die selbe suie was gestan-
den in Pylatus huB.
Item yn der selben capellen sahen wyr die heilge stait mitten in der
capellen, da das heilg crucz bewert wart mit eyner toiden frauwen,
die da widder lebendig wart.

I momenti narrativi sono molto rari.


6. Nella PGK ha un certo spazio la descrizione del Nilo. L'autore
indugia a osservare le acque e i coccodrilli:
351. 12-27 Item uff sontag nehist vor des heilgen Crutz tag exalta-
cionis [13 sept.] (lb) rieden wir zu Alexandrien uff eselen dry mile,
byfS wyr uff das wasser qwamen. Vff dem selben wasser foren wyr
tzwene tage vnd eyn nacht. Das selbe wasser geet in eynen graben,
der ist kume anderhalben glenen wyt vnd ist eyn arme vfSer dem
Nyele. Das selbe wasser gehit vfS dem Paradiese. Vnd qwamen uff
montag zcu nacht des heilgen Cruczes tag [14 sept.] ghene Foan; da
lagen wir die selbige nacht uff der Nyele zu Ffoan, vnd das selbige
lant heifSet Egipten.
Item von Foan ghene Bolagk, 4 tage vnd nacht reyse, foren wyr uff
dem wasser, das uf3 dem Paradise gehit, daz heif3t die Nyele, vnd uff
dem selben wasser da lihen insulen, da sahen wir etwas vile lyntwor-
me anligen, wan das wasser ist an eym deill enden also wyt, ais der
Ryne, vnd qwamen gene Bollagk uff fritag neh1:st vor sant Matheus
tag [18 sept.], lagen wir die nacht uff dem wasser

La descrizione del mare non ha rilievo. Si accenna talvolta all'ac-


qua (wasser) su cui si naviga, senza alcuna notazione particolare.
Nella Seereise il mare ha uno spazio più grande e più attenta.
Qualche osservazione: il mare, lo spazio in cui si svolge la Seereise,
è oggetto di varie notazioni. Si vedano i seguenti passi: «fur ich von
venedig aug vber mer mit tzehen galleim> 23; «WO er in dem mer ist»
12; «auff dem mer» 28; «ein suess wasser in das mer, vnd ist ein vnter-
scheidt in dem mer, das man woll sicht, wo das suess wasser an das
mer stozt» 270-272.
Mare quietum et ventum secundum sono invocati nella preghiera
della sera (collecta), cf. 115-116.
Il viaggio per mare è chiamato merwartz 256 che Lexer spiega
218 CELESTINA MllANI

«eine Vart über mer» (cf Lexer, s.v.); sinonimo di seereise è auszyhen
221 (lett. 'viaggiare'), v. anche «th ut gute wart in dem probe» 123.
I.:elemento 'acquà è menzionato in pochi passi: das wasser 10-
11, 57, 222; an dass wasser 198; ein suess wasser 70. Anche la sabbia,
der sandt, è poco menzionata (13, 159); il suo colore è esaminato dal
pedotta 'pilotà, cf 10 ss.
vnd ein pedotta, der das wasser mist myt eynem pley an eyner lan-
genn snur, <las er weys alweg, wie tiff <las wasser ist, oder wo er in
dem mer ist; das vindt er do pey, vnd smirt das pley vnd lest hinab,
so klepp der sandt vnten an dem pley. Do sicht er, ob es gryssig oder
rotvar ist. Do pey er denn weys, Inn was gegent er denn ist 17 •

Nel PB gli accenni al mare sono rari e scarni; è assente il momen-


to descrittivo. I.:autore fa un cenno a proposito di Rodi (cf. 302) e a
proposito del percorso da Tripoli a Cipro (319 s.). Si rileva, viceversa,
un certo indugio nella descrizione di fontane, per es. la fontana che si
trova nella valle del Monte degli Ulivi (cf. 310) o la piscina di Siloe,
chiamata dall'autore der prun Sil!uwe (cf 310). Talvolta l'aurore vor-
rebbe immergersi in acque termali (cf. 319) che non trova.
Lautore del PB si sofferma piuttosto a descrivere le montagne dei
vari luoghi e i prodotti dei campi.
7. Le principali tappe del percorso da Venezia sono le seguenti:
Venezia, Candia, Alessandria, il Nilo, Il Cairo, il monte Sinaï, il con-
vento di s. Caterina, Gaza, Betlemme, il Calvario, Gerusalemme, la
valle di Josaphat, il monte Sion, le rive del Giordano, Betania, Dama-
sco, l'isola di Creta, Melo, Modon, Corfù, Ragusa, Curzola, Lesina,
Zara, Rovigno, Venezia.
Le tappe sono ritmate dalla menzione delle feste di Maria e dei
santi del giorno. Qualche esempio:
350. 23 ss. Dar qwamen wir uff dornstag nehst vor Vincula Petri [30
juli] ghene Venedigen in Sancta Trinita te .... Item uff sant Laurencii
tag [10 aug.J foren wir zu Venedigen u!S uff dem mere vnd wolten
ghene Candian .... Da qwamen wir hen uff dinstag nehist nach sant
Bartholomeus tag [25 aug.] ... Item uffVnser lieben frauwen obent
natiuitatis [7 sept.] foren wir uff dem mere zu Candian an ghene
Alexander .... Da qwame wir ghene Alexander uff frytag nehist vor
Exaltacionis sancte crucis [11 sept.].

17 C. MILAN!, «Seereise da Venezia a Beirut», pp. 565 s.


LA «PILGERREISE» 219

351. 12 ss. Item uff sontag nehist vor des heilgen Crutz tag exaltaci-
onis [13 sept.] rieden wir zu Alexandrien uff eselen dry mile, by!S wyr
uff das wasser qwamen.
353. 22 ss. Item uff fritag nach sant Michels tag [2 oct.] qwamen wir
widder czu Dericammesa, da lagen wir yn bi!S uff sampstag zu nacht
nest darnach [3 oct.], foren wir an uff der Nyele vnd qwamen uff
sontag darnoch [4 oct.] widder zu mittage gene Alkeyer.
355. 6 ss. Item vff den sampstag vorgenant, mit namen uff sampstag
nehest vor sant Symon vnd Jude [24 oct.] in der vorgeschreben Moi-
seskirchen [.. )

8. A differenza di altri pellegrini l'autore si sofferma ad annotare


i punti in cui il gruppo deve pagare la dogana:
351. 10-11 Item anderthalp hondert ducatenn zu Alexandrien czu
czolle vor 10 personen, gebort sich vor iglichen funffczehen.
351. 28-30 Item tzwuschen Ffoan vnd Bolagk ligt eyn tzolle, da
gaben wir vn!Ser 17 tzwene Venediger grossen, der selb tzoll hei!St
Setheüae.
352. 5-6 Item 50 ducaten zu Alkeyer zu czolle, da geburt vor iglichen
fünff, wan es waren czehen personen.
356. 24 ss. In den selben eylff tagen hatten wir nit anders, dan
regenwasser zu dryncken, bis das wir qwamen in eyn dorff, das hei!Set
Dyron elgafsye (= Darum, a sud di Gaza), da ist eyn czolle yn, da
müst der man tzwen grossen geben.
356. 31-33 [a Gasfsera = Gaza] Da lagen wir tzwo nachte, vnd der
man must geben 6 ducaten vnd 8 grossen czu czolle in der selben
stait czu Gafsera.
357. 26-28 Item riedden wir uf sant Martins tag [11 nov.], daz wir
czitlichen ghene Jherusalem qwamen, da lagen wir in eym spietal,
moisten wir geben 22 ducaten zu zolle.
367. 15-16 Item 14 ducaten vnd 20 grossen musten wir czu zolle
geben czu Abruthi.
366. 26-27 Item sai!Sen wir da uff vnd riedden czu dem khan Dyo-
rathy (jorse Ain el-Arrad a ovest di Damasco), da musten wir verczollen
eynen derimenn, vor den man(= dirhem, monete d'argento 18 )
367. 26 vnd wir gaben 5 ducaten zu Akre czu zcolle.

Il gruppo paga la tassa d' entrata al tempio di Gerusalemme:

18 Cf. PGK, p. 366, nota 42.


220 CELESTINA MILAN!

359. 36 ss. Item gingen wir dry stt'mde in den tempe!, das (sic) belge
grab in stehit, da gab iglicher zcum ersten mal dry grossen, zcu dem
andern iglicher vier grossen vnd zcum dritten mal gab iglicher funf
groBen.

9. Si esaminano i principali momenti del percorso.


9.1 Il giorno della natività di Maria [7 sept.] il gruppo si muove
da Venezia per mare diretto a Candia e ad Alessandria (350. 31 ss.).
I viaggiatori partono per Alessandria il venerdl prima della festa
dell'Esaltazione della s. Croce [11 sept.], cf 350. 33 ss. «nehist var
Exaltacionis sancte crucis». Ad Alessandria si trova una cavità in un
mura dove era vissuta prigioniera s. Caterina (350. 35 ss.), santa sulla
quale si ha una passio del X secolo attribuita al napoletano Pietro 19 •
Alessandria rappresenta il punto di riferimento di moiti santi. S.
Marco evangelista subl il martirio in questa città (cf. 351. 3 ss.) 20 • S.
Giovanni, Patriarca di Alessandria, pero nativo di Cipro, che era ele-
mosiniere, fu preso e martirizzato ad Alessandria, cf. 351. 6 s. «Item
sant Johans, der da was almoiser, wart auch zu Alexander gedoit vnd
gemartelt». Sul santo fu scritta una Vita dal contemporaneo Sofronio
il Sofl.sta e da Giovanni Mosco, non pervenuta nella forma originale.
Leonzio, vescovo di Neapoli di Cipro (VII secolo) scrisse una nuova
biografia pubblicata da H. Gelzer nella redazione greca; esistono pero
una versione siriaca, una araba, una georgiana e una latina (cf. PG 93,
coll. 1613-1668; PL 73, coll. 337-392) 21 •
S. Pietro di Alessandria era un patriarca che fu preso e martiriz-
zato (cf. 351. 8 s.); di lui dà notizie precise Eusebio di Cesarea, cf.
Hist. eccl., 7, 32. 31. Si ha una passio in greco, latino, copto, siriaco e
armeno 22 •

19
G. B. BRONZINI, «La leggenda di S. Caterina d'Alessandria. Passioni greche
e latine», in Memorie Ace. Lincei. Classe Scienze Morali, serie VIII-IX (1960), pp.
257-416; D. BALBONI, «Caterina d'Alessandria», in Bibliotheca Sanctorum (=BSJ, III.
Roma 1963, coll. 954-963.
20
A. N!ERO, «Marco evangelista, culto», in BS, VIII. Roma 1966, coll. 724-
738.
21
H. GELZER, Leontios von Neapolis. Le ben des heiligen Johannes des Barmherzigen
Erzbischofi von Alexandria (Krüger's Sammlung ausgewahlter kirchen- und dogmen-
geschichdicher Quellenschriften, 5). Freiburg i. Br. - Leipzig 1893, passim.
22
]. M. SAUGET, «Pietro I, vescovo di Alessandria», in BS, X. Roma 1968, coll.
762-770.
LA «PILGERREISE» 221

Nella notte del giorno della s. Croce [14 sept.] il gruppo dei
pellegrini si dirige a Foan (Fuah) sul Nilo e da qui a Bolagk (Bulak),
dove i viaggiatori giungono il venerd1 precedente al giorno di s. Mat-
teo [18 sept.], cf. 351. 21 ss. Tra Fuah e Bulak si trova la dogana nella
località di Setheuae (Saidieh), cf. 351. 28 ss. Meta successiva è Alkeyer
(Il Cairo); alla sera del giorno dis. Matteo [19 sept.] il gruppo giunge
nei pressi della città
351. 32 s. Da qwamen wyr uff sampstag nehst vor sant Matheus tag
[19 sept.] ghene Alkeyer.

Qui i pellegrini indugiano a guardare i luoghi dove la Madonna,


fuggita da re Erode, visse con Gesù per sette anni, v. Mt. 2. 13 ss. (cf.
351. 34 ss.).
Nei pressi del Cairo si trovano cinque grosse piramidi (cf. 352.
7).
Sul Nilo, che è chiamato anche Paradiso, si trovano le città del
Cairo, Bulak e Babilonia. Il gruppo si ferma a riposare in un luogo che
si chiama Dethora Leduwij (= Der Turâ al-' adavija) 23 • A Derij Cam me-
sa (= Deir al-djummaizah) 2 4, che è sul Nilo a nord di Bani Suêf si ha
una nuova SOSta; Il si trOVa il chiosfro di S. Antonio; Sulla montagna
presso il chiostro c' è una cavità dove pregava il santo, tentato dal dia-
volo (cf. 352. 23 ss.).
La complessa storia di s. Antonio Abate è nota; di lui resta una
sola lettera autentica (PG 40, coll. 1065-1066); s. Girolamo parla di
lui con ampiezza nella Vita Hilarionis 25 • Il testo greco con versione lati-
na della Vita di Antonio è scritto da Atanasio, PG 26, coll. 835-976.
Salendo sulla montagna, il gruppo arriva il giorno di s. Michele
[29 sept.] al chiostro di s. Paolo
353. 4 ss. Da qwamen wir uf sant Michels abent [28 sept.] hien czu
sant Anthonienn. Item vff sant Michels abent zu nacht riedden wir
zu Sant Anthonius uG ghene Sant Pauwels des wegs woil czehen
milen bis an eynen bergk, darober gyngen wir, da czalt man funff-
czehen milen ober den berg bis in Sant Paulus cloister.

Il 30 settembre il gruppo toma al santuario di s. Antonio, diretto

23 Cf. PGK, nota 14.


24 Cf. PGK, nota l '>.
25 F. CARAFFA, «Antonio Abate», in ES, II. Roma 1962, coll. 106-114.
222 CELESTINA MILAN!

al Cairo. Strada facendo, i pellegrini si soffermano pressa la tomba di s.


Barbara, la cui passio ha molte redazioni2 6 • Sostano anche a Balsame (=
Matarije) 27 dove c'è una sorgente nella quale «la nostra amata Madon-
na» aveva lavato il Bambino, dirigendosi verso Il Cairo
353. 30 ss. da Vnser liebe frauwe Vnsern lieben herrn got u!S gebadet
hait, vnd hait eme syne wyndeln daru!S gewischen, ais sie was geflo-
gen von Bethleem yhene Alkeyer in Egiptenlant.

Di domenica, al mattino presto dopo il giorno di s. Gallo [18


oct.] il gruppo si avvia alla fonte di Mosè diri&endosi verso il ruscello
Grnndeln (Wadi Ghurundel), cf. 354. 10 ss. E probabile che questo
accenno si riferisca alle acque scaturite dalla pietra quando Mosè per-
cuote la roccia dell'Horeb nel luogo chiamato poi Massa e Meriba,
cf. Es. 17. 1-7. Lo stesso avviene nel deserto di Kadesh, cf. Num. 20.
9-ll2 8 •
9.2 Di martedl dopo il giorno di s. Luca [20 oct.] attraverso il
deserto i pellegrini giungono al chiostro di s. Caterina, che si trova
sotto il monte di Mosè (Sinaï) e si dirigono verso il ruscello di Mosè,
dove egli aveva bevuto quando giunse sul monte
354. 14 ss. Item vff dinstag nach sant Lucas tag [20 oct.] riedden wir
an dem bechlyn an durch die wustenung.

Venerano la pierra dove s. Elia si era appoggiato andando verso la


montagna, v. 3 Reg. 19. 3 ss. (cf 354. 23 ss.). il gruppo si dirige quindi
verso la chiesa dov'è venerata la Madonna (cf. 354. 26 ss.), che ll era
apparsa dicendo «Gehet hiene, yre fyndet camele, die brengen uch zu
essen» (cf. 354. 32 ss.).
Sulla montagna si trova la pierra dentro cui si nascose Mosè
quando vide venire il Signore in una grande luce, cf. Es. 33. 20-23;
34. 6. Vicino vi è la chiesa sorta dove Dio diede i dieci comandamenti
a Mosè, cf. Es. 34. 4 ss. (cf. 355. 3 ss.).

26 B. DE GAIFFIER, «La legende latine de sainte Barbe», in Analecta Bollandia-


na, 77 (1959), pp. 5-41; G. D. GoRDINI, "Barbara», in BS, II. Roma 1962, coll.
760-766.
27 Cf.
PGK, nota 14; v. anche Nuovo Testamento, a cura di P. RosSANO. Torino,
Unione Tip. Ed. Torinese, 1964, p. 4, nota 15.
28
Il primo episodio va collocato a Refidim (Wadi Refayid) a nord del Gebel Musa
(Horeb); il seconda episodio va inserito ne! passaggio del deserro di Kadesh, Cf. Anti-
co Testamcnto, I, a cura di E. GALBIATI. Torino, Unione Tip. Ed. Torinese, 1964, p.
108, nota 17; p. 212, nota 20. 2-13.
LA «PILGERREISE» 223

Prima della festa di s. Simone e Giuda [24 oct.] nella chiesa di


Mosè avviene l'incontro tra herr Bernhart Kreyfs e graf Philipssen, graf
zu Katzenelnbogen vnd zu Dietz di cui l' autore del testo scrive «mynen
gnedigen, lieben herren rittere» (cf. 355.10). Qui si incontrano anche
herr Gaudentz von Rechberg, herr Albrecht von Rechberg, herr Daniel von
Muderspach, herr Conrait von Franckensteyne. È in sostanza la presenta-
zione dei capi del gruppo di pellegrini.
Il monte di Mosè ha 7036 gradini. Nello stesso sabato il gruppo
giunge sull' altro lato dove si trovano una chiesa, un giardino e una
sorgente. Qui erano vissuti quaranta santi, cosl diccvano i monaci (cf.
355. 21 s.). Non si tratta dei Quaranta Martiri di Sebaste citati nelle
omelie di Basilio di Cesarea, perché questi Quaranta Martiri sono
localizzati a Se baste in Armenia29 •
1'.autore descrive gli spostamenti dei giorni successivi e l'indugio
nella chiesa di s. Caterina e la salita del monte Sinaï (cf. 355. 23 ss.).
Viene citata anche la chiesetta dove è vissuto s. Honoferius per qua-
rant'anni
356. 4 ss. Item vnden in dem selben garten, da waren wir in eyme
kirchlyn, da was sanctus Honoferius gestanden an eyner stait fiertzig
iare vnd hart nit anders czu essen vnd zu drincken.

Si tratta di s. Onofrio3°.
Non lontano si trova la pietra a cui era giunto Mosè, sulla quale
scendono dodici ruscelli (cf. 356. 6 ss.). Prima del giorno dis. Simone
e Giuda [26 oct.] vengono ammirate e venerate le reliquie di s. Cate-
rina. Viene osservato anche il luogo dove l'angelo disse a Mosè «Thu
dyn schuwe ufs, du salt gene uf den berg, got wil mit dir ridden» (cf.
356. 18 s.)
Il martedl prima di s. Simone e Giuda [27 oct.] il gruppo si avvia
verso Gerusalemme, cavalcando per 11 giorni attraverso il deserto e
bevendo solo acqua piovana. I viaggiatori giungono a Dyron elgafsye (
= Darum, a sud di Gaza) 31 ; arrivano a Gasfsera I Gafsera (= Gaza) di

29 J. BERNARD!, «Basilio di Cesarea», in Storia dei Santi e della santità cristiana


(=SSSC), III. Milano, Eraclea, 1991, p. 102.
°
3 Cf. Vita s. Onuphrii, PL 73, coll. 211-222;
J. M. SAUGET, «Onofrio eremita»,
in ES, IX. Roma 1967, coll. 1187-1197.
3! Cf. PGK, nota 26.
224 CELESTINA MILAN!

sabato prima del giorno di s. Martino [7 nov.]. Procedono, quindi, su


asini giungendo a Zacharie (=Tell Zakarija), dove si trova un campo
chiamato Chanellsabie (= Chan el-sabie /Chan el-sâfie) 32 , cf 356. 34
ss. Essi si dirigono poi a Sant Abraham (= Hebron), località in cui si
trovano le tombe disant Abraham, sant Jacob e sant Ysaac33 •
Il percorso continua. Nel giorno di s. Martino [11 nov.] i pelle-
grini si recano a Bethleem
357. 8 s. Item vff sant Martins tag [11 nov.] qwamen wir ghene
Bethleem zu mittage.

Segue una descrizione molto particolareggiata dei luoghi santi


della zona: il luogo della nascita di Gesù, il luogo dove si trovava la
greppia, il luogo dove i Re Magi avevano adorato il bambino, il luogo
della strage degli innocenti (cf. Mt. 2. 16), il luogo dove s. Girolamo
scrisse [?] la Bibbia
357. 20 ss. Item sahen wir die helg staet, da sant Jeronimus die
biblien schreipff3 4 .

1 pellegrini si dirigono quindi verso Gerusalemme, avendo corne


meta ils. Sepolcro e altri luoghi santi (cf. 357. 8 ss.). Tuttavia perdue
volte tornano a Betlemme per rimeditare sui luoghi santi; si fermano
in particolare nella chiesa di s. Maria dove l' angelo in dico il cammino
verso l'Egitto; essi osservano anche la chiesa sorta dove l' angelo annun-
zià ai pastori che Gesù era nato, cfr. Mc. 2. 8-12
358. 17 ss. Item sahen wir die staet, daz ist eyn kirche vnser lieben
frauwen, da der engel vnser lieben frauwen vnd Joseph den weg wyset
ghene Egiptenland, da sie flehen solten mit vnserm lieben hem von
Bethleem vor konig Herodes.
Item sahen wir die kirche, da die lieben engel den hirten verkundige-
ten, das vnser herre geborn were.

9.3 A Gerusalemme i momenti descrittivi sono numerosi. La


descrizione è molto densa. Viene ricordata la visita alla casa di s.

2
3 Cf. PGK, nota 28.
33B. UBACH, «Hebron», in Enciclopedia della Bibbia (=EB), IV. Torino 1970,
coll. 96-98.
34 A. PENNA, S. Gerolamo. Torino, Marietti, 1949; Io., «S. Gerolamo», in EB, III.

Torino 1970, coll. 797 ss.; Io., ,,Girolamo», in ES, VI. Roma 1964, coll. 109 ss; ].
STEINMANN, Saint Jerôme. Paris, Les Editions du Cerf, 1958, passim.
LA «PILGERREISE» 225

Simeone, di cui è citata la preghiera Nunc dimittis, cf. Luc 2. 29 ss.


Segue la visita alla chiesa di s. Giovanni Battista, dove la Madre di Dio
aveva incontrato s. Elisabetta intonando il canto del Magnificat, cf.
Luc. 1. 46 ss. Viene visitata anche la casa di s. Zaccaria, dove era nato
Giovanni e dove Zaccaria aveva intonato il Benedictus, cf. Luc. 1. 68
ss. (cf. 358. 26 ss.).
Particolare attenzione e devozione (cf. 359. 1 ss.) suscitano la
visita al monte Calvario e il ricordo dei momenti della condanna di
Cristo, della flagellazione, della salita al Calvario e della deposizione,
cf. Mt. 27. 11 ss.; Mc. 15. 2 ss.; Luc. 23. 2 ss.; Giov. 18. 29 ss.
Speciale interesse desta la contemplazion e dei tre chiodi, della
santa corona (cf. Mt. 27. 27; Mc. 15. 17; Giov. 19. 1-3), del ferro con
cui Cristo era stato ferito al Banco (cf. Giov. 19. 34).
La sosta al tempio e la visita al s. Sepolcro richiedono momenti
di profonda meditazione.
Il gruppo si ferma presso la cappella di s. Elena, sorta nel luogo
in cui las. Croce era stata trovata insieme alle altre due 35 (cf. 359. 24
ss.). I pellegrini si fermano a contemplare il luogo ove era stato trovato
il cranio di Adamo 36 •
360. 6 Item sahen wir die heilge staet, da Adams heubt gefonden
wart.

Si tratta del Golgota o Calvario. Golgotha (greco foÀyoea,


Vulg. Golgotha) deriva dall'aramaico golgalta; adattamento dell'ebraico
gulgolet, corrisponde alla Vulg. Calvariae locus (greco Kpav{ou i:6rroç).
Origene sostiene che il nome derivi dal fatto che Il si trovava sepolto il
cranio di Adamo. La croce di Cristo, affondando nella roccia, avrebbe
trovato la tomba di Adamo, cf. Orig., In Matth. Comm. 126, PG 13,
col. 177737 •

35 O. SEECK, «Helena», in PW, 712. Stuttgart 1912,


coll. 2820-2822; A. AMORE,
«Elena», in BS, IV Roma 1964, coll. 988-992.
36 Su Adamo cf. T. GARCIA DE ÜRBISO, «Adamo»,
in BS, I. Roma 1961, coll.
201-203; E. K. VICTOR PEARCE, Who was Adam? Exeter, Paternoster Press, 1976, pp.
94 ss.; M. DE JoNGE, N. TROMP, The Life of Adam and Eve and rclated Literature.
Sheffield, Academic Press, 1997, pp. 49 ss.
37 P. DE CAGNY,
«Usage de placer une tête de mort au bas du Croceflx», in Revue
de l'art chrétien, 2 ( 1858), pp. 125-127; H. LECLERCQ, «Calvaire», in DACL, II. Paris
1924, coll. 1755-56; TH. REY-MERMET, «l Santi dell'Antico Testamento», in SSSC, I,
226 CELESTINA MILAN!

I pellegrini guardano anche il luogo dove «vnser lieber herre


sprach: Dis!S ist mitten in der wernt» (cf 360. 7 s.).; indugiano ad
osservare anche le quattro cappelle che si trovano dietro il tempio: una
dedicata alla Madonna, un' altra dedicata a s. Giovanni Evangelista, la
terza as. Giovanni Battista, la quarta a Maria Maddalena.
Si soffermano poi ad osservare la casa dell' uomo ricco, dove a
Lazzaro erano state negate le briciole di pane, v. Luc. 16.19 ss.
Tra l'altro osservano il luogo santo dove Gesù parlà alle donne
360. 21 ss. Item sahen wir die heilge staet allernehest darby, da sich
vnser lieber herre vmbkeret vnd sprach zcu den frauwen: Nit weynet
ober mich, weynet ober uch vnd uwer kynder, etc.

Un interesse particolare desta ·il tempio di Salomone, dove era


avvenuta la presentazione di Gesù (cf. Luc. 2. 15 ss.) e dove in seguito
egli aveva discusso con i sacerdoti (cf Luc. 2. 45 ss.). I viaggiatori indu-
giano a lungo presso la chiesa dis. Anna, dove era nata la Madonna.
Uno sguardo devoto viene rivolto alla porta di s. Stefano e alla porta
d'oro perla quale era passato il Signore il giorno delle Palme (cf 361.
13 ss.), v. Mt. 21. 1-11; Mc. 11. 1-11; Luc. 19. 37-38; Giov. 12. 12-16,
che tuttavia non mcnzionano il particolare della porta d' oro.
Quanto ai luoghi santi della valle di Giosafat, il gruppo si ferma
a guardare il torrens Cedron, la tomba della Madonna, il luogo dove
Gesù aveva sudato sangue
361. 23 ss. Item sahen wir eyn staet, das was gewest eyn bach, vnd
was geheiBen torrens Cedron.

Essi osservano anche la chiesa dove era morto e sepolto Giacobbe


il giovane e dove si trova la tomba di Zacaria fili Barachie, v. Is. 8. 2;
Zac. 1. 1 e 7; Mt. 23. 35 (cf 361. 32 ss.).
Quanto ai luoghi santi verso il Monte degli Ulivi, i pellegrini
osservano il giardino dove Gesù fu tradito da Giuda, che l' aveva bacia-
to, e dai principi dei Giudei, v. Mt. 26. 14-16; Mc. 14. 10-11; Luc.
22. 3-6 (cf 362. 2 ss.). Essi indugiano ad osservare il luogo dove s.

p. 123; C. KoPP, I luoghi santi degli Evangeli (trad. it.). Milano, Massimo, 1966, pp.
554-569; V CoRBo, Il Santo Sepolcro di Gerusalemme, I. Jerusalem, Franciscan Prin-
ting Press, 1982, pp. 93-94; B. BAGATTI, E. TESTA, Il Golgotha e la Croce. Jerusalem,
Franciscan Printing Press, 1984, p. 48; J. GONZALEZ ECHEGARAY, «Calvario», in EB,
II, coll. 44-48; M. MrNGUEZ, «Golgota», in EB, III, col. 1325.
LA «PILGERREISE» 227

Pietro Malchio perse l' orecchio. Si tratta di un'interpretazione popola-


re di un passo del Vangelo di Giovanni, 18. 10-11. In questo passo si
precisa che Pietro con la spada mozza l' orecchio al servo che si chiama
Malco 38 .
Si continua quindi il percorso. I pellegrini osservano anche il
luogo della preghiera di Gesù, dove egli disse a uno dei giovani «Sitzt
hie vnd beid myner, bis das ich gebede» (cf. 362. 7 ss.).
Viene notato anche il punto in cui s. Tommaso prese nella sua
mano la cintura di Maria che stava andando verso il cielo
362. 11 s. Item sahen wyr die stad, da sant Thomas vnser lieben
frawen gurtel name in syn hant, ais sie zu hyemel fore.
Lepisodio si trova nel Transito dello ps. Giuseppe di Arimatea: la
Vergine Maria che sta per salire al cielo getta dall' alto la sua cintura a
Tommaso che la prende e la bacia, cf capp. 17 e 2l3 9 •
Poi sopra il Monte degli Ulivi si trova il luogo dove l' angelo porta
a Maria la palma tagliata fuori dal Paradiso e le dice « Uff den tag wir-
stu entfangen in dem himmel» (cf. 362. 15 ss.). Questo episodio si
trova nel Transito di Maria dello ps. Melitone 40 •
Viene venerato il luogo dell'Ascensione di Cristo (cf 362. 19 ss.).
Il gruppo si sofferma poi presso la chiesa dis. Bellasia (= Pelagia) 41 e la
chiesa dis. Marco (cf. 362. 27 ss.).
Non manca la sosta al luogo dove Cristo insegnà il Paternoster ai
dodici apostoli, v. Mt. 6. 9-13; Luc. 11. 2-4 (cf. 362. 33 s.).
Quanto ai luoghi santi della valle di Siloe, di particolare interesse
è la Natatoria con la cui acqua Gesù diede la vista al cieco nato, v.
Giov. 9. 1 ss. (cf 363. 5 s.); i pellegrini si fermano poi ad osservare
anche il campo comprato per trenta monete e il luogo dove i seguaci
di Gesù si nascosero dopo la sua cattura, v. Mt. 26. 14 s., 27. 3 ss.; Mc.
14. 10-11; Luc. 22. 3-6

38 Cf. G. BESSIÈRE, «l Santi del Nuovo Testamento», in SSSC, I, p. 304.


39 Il Transita della ps. Giuseppe di Arimatea, in Gli Apocrifi del Nuovo Testamento,
a cura di M. ERBETTA, I/2. Torino, Marietti, 1981, pp. 531-532.
40 Il Transita Romano, in Gli
Apocrifi, p. 465 e 499.
41 J. M. SAUGET, «Pelagia», in
ES, X. Roma 1968, coll. 430-432.
228 CELESTINA MILAN!

363. 8 s. Item sahen wir den acker, der gekaufft wart vmb die 30
pennynge.

Il gruppo giunge poi al monte Sion, particolarmente ricco di


sacre memorie: in una chiesa si trovano il luogo <love Gesù ammae-
strava i giovani e il luogo della discesa della Spirito Santo, v. Giov. 20.
22. Vicino c' è una cappella in un chiostro, elevata nel punto in cui
Gesù appare ai suai giovani nel giorno di Pasqua dicendo «Frede sy mit
uch!» (cf. 363. 22), v. Luc. 24. 36; Giov. 20. 20 ss. Nella stessa cappella
si trovano le tombe di Davide e di Salomone. I pellegrini venerano
anche la chiesa costruita sul luogo <love la Madonna visse ventiquattro
anni dopa la morte di Gesù (cf. 363. 28 ss.). Viene venerato anche il
luogo <love era sacriflcato l'agnello pasquale, v. Es. 12. 21 ss.; J Cor.
5.1 SS.

Il gruppo non trascura i luoghi connessi con momenti della vita


dis. Mathias es. Giovanni Evangelista (cf. 364. 4 ss.). Vengono osser-
vate la chiesa degli Angeli che già era la casa di Anna e la chiesa del s.
Salvatore che già era la casa di Caifa, v. Mt. 26. 57 ss.; Mc. 14. 53 ss.;
Luc. 22. 54 ss.; Giov. 18. 11 ss. (cf 364. 14 ss.).
Una particolare attenzione è rivolta alla chiesa che era stata il
carcere di Gesù e dis. Pietro, v. Luc. 22. 63; Atti 4. 3, cfr.
364. 17 ss. Item sahen wir den kerker Christi in der selben kirchen,
darin vnser lieber herr geleyt wart gefangen.
Item in der selben kirchen verleugket sent Peter dry stundt.

9.4 Numerosi sono i luoghi santi nella direzione del Giordano. Il


gruppo si ferma ad osservare la chiesa dis. Giovanni Battista (cf 364.
22 s.), quindi si dirige verso la città di Gerico. Qui si trova la casa di
Zaccheo detta Setzschenhuf, <love era stato invitato il Signore4 2 , v. Luc.
19. 1 ss. (cf. 364. 24 ss.). ln città si trova la casa <love Gesù guarl molti
ciechi.
Il gruppo guarda poi il monte <love Gesù digiunà quaranta gior-
ni, v. Mt. 4. 1 ss.; Mc. 1. 12 s.; Luc. 4. 1 ss.; in alto si trova il luogo
della tentazione del diavolo che esortava Gesù: «Beede mich an, ich
gebe dir was du wilt» (cf. 364. 32 ss.), v. Mt. 4. lss.; Mc. 1. 12 s., 8.
11; Luc. 4. 1 ss.

42 Cf. PGK, nota 31; su Zaccheo v. F. A. ANGARANO, «Zaccheo», in BS, XII.


Roma 1969, coll. 1456-1457.
LA «PILGERREISE» 229

Ll vicino si trova il monastero di s. Girolamo


364. 34 Item sahen wir das monster sant Jeronimi.
Quindi Io spettacolo del Mar Morto dove Sodoma e Gomorra
erano state sommerse per i peccati degli abitanti, v. Gen. 13. 10, 14.
10 ss. 18. 20 ss.; Luc. 17. 28-30; 2 Pietr. 2. 6 (cf. 364. 35 ss.).
Vengono osservati i luoghi santi verso Betania (cf 365. 4 ss.): la
tomba di Lazzaro, la casa di Maria Maddalena, la casa di s. Marta dove
essa venne incontro al Signore e disse «Herre, werstu hie gewest, myn
broder Lazarus were nit gestorben», v. Luc. 10. 41; Giov. 11. 21 ss.
Il gruppo giunge a Bethphahe (= Betfage pressa il Monte degli
Ulivi) dove Gesù sali su un asino per entrare a Gerusalemm e nel gior-
no delle Palme, v. Mt. 21. 1 ss.; Luc. 19. 28 ss.; Giov. 12. 12 ss. (cf
365. 13 s.).
A questo punto i ritmi del percorso riprendono col contrassegno
temporale dei giorni della settimana, dei nomi dei santi e delle date, cf
365. 15 s. «Item lagen wir uff sampstag zu nacht nach sant Martinus
tag [14 nov.] zcu dem andern male im tempe!»; 365. 26 s. «Item vff
fritag nehst nach sant Elizabethen tag [20 nov.] riedden wir zu leste
zu Jherusalem uB».
Di notte i pellegrini si fermano in una casa presso il paese di
Bethfage. Il gruppo si dirige quindi a Rama e poi a Ghaff(Giaffa) sul
mare dove era stato a pescare s. Pietro, v. Mt. 4. 18 ss.; Mc. 1. 16 ss.;
Luc. 5. 1 ss. (cf 365. 31 ss.).
Poi il lunedl di notte prima del giorno di s. Caterina [23 nov.] il
gruppo si imbarca e naviga finché perdura il giorno, ma l'imbarcazione
si rompe e a fatica tornano a riva (cf 365. 34 ss.).
Alla sera del giorno dis. Caterina [24 nov.] dopo la mezzanotte il
gruppo giunge nel villaggio dis. Maria del Carmine, cioè al Carmelo
(Karmel, cf 366. 3 ss.).
9.5 Tappe successive sono Akre dove giungono di domenica
prima del giorno di s. Andrea [29 nov.], Suro (= Tyrus), Seyte (=
Sidon), Abruthi (= Beirut), Kan Debruthy, Kan Demort (= Khan
Murad o Muraidjât), Khan de Sardini (= Sebedani), Khan Dyorathy
(cf. 366. 6 ss.).
Il gruppo si dirige quindi verso Damasco. 1 viaggiatori osserva-
no la campagna senza sole dove Caino uccise Abele (v. Gen. 4. 3 ss.), il
230 CELESTINA MILAN!

luogo <love s. Paolo incontro il Signore che gli disse «Saule, Saule quid
me persequeris?» e si convertl, v. Atti 9. 3 ss. (cf. 367. 5 ss.). I pellegrini
si fermano poi pressa l'Arca di Noè e la sua tomba (v. Gen. 70. 1 ss.)
nonché pressa la pietra <love s. Giorgio lotto con il drago (cf. 367. 11
ss.). Si tratta di una leggenda sorta al tempo dei crociati, nata dall'in-
terpretazione di un'immagine di Costantino descritta da Eusebio, Vita
Constantini 3. 3, PG 20, col. 1058 43 •
Poi il gruppo va ad Abruthi di domenica prima di s. Cristage [20
die.]. Lespressione corrisponde a am heiligen Cristag (= Crist-tag),
denominazione documentata a Francoforte il 21 dicembre 1385, a
Würzburg il 25 dicembre 1384 44 •
Poi il ritorno ad Akre / Akri e quindi alle galee. I viaggiatori par-
tono per Rody/ (Rodi) navigando per otto giorni. Dopa una sosta di
tre giorni il sabato [16 gen.] il gruppo toma sulla nave dirigendosi al
porto di Policastro nell'isola di Candia, luogo ricco di sacre memorie:
un pezzo della s. Croce, la ciotola di Gesù, una delle sue corone, un
braccio di s. Giovanni Battista, ecc. (cf. 368. 3 ss.).
La sera della purifîcacio [2 febr.] di nostro Signore (v. Luc. 2. 25
ss.) il gruppo raggiunge Melo, quindi Madûne (= Modon) e Cron (=
Koron). Erano i giorni del carnevale (Vastnacht, cf. 368. 17 ss.). Le
tappe successive sono Porto Fischgardo <love giungono dopa il Remi-
niscere [22 febr.] 45 , Bargen (= Parga), Sullian (Slano) non lontano da
Ragusa, quindi Gurtzula (=Kurzola), poi Leesena (Lesina), Demorther
(= Mortera), Sarai (= Zara), Rafer (= Rovigno). Qui il conte scende a
terra per visitare la tomba dis. Eufemia46 (cf. 369. 19 ss.). È difficile
stabilire di quale Eufemia si tratti. Non è improbabile che si tratti dis.
Eufemia di Calcedonia, venerata anche ad Aquileia e a Trieste.

43 D. BALBONI, «Giorgio», in BS, VI. Roma, 1965, coll. 512 ss; M. C. CELLETTI,

«lconografia», ibidem, coll. 525 ss.


44 Cf. Thesaurus Baumianus, hg. J. FrcKER. Strassburg, Kaiserliche Universitats-

und Landesbibliothek, 1905, 1, 257-258.


45
Dominica II in Quadragesima, 38. Cf. Vetus Missak Romanum monasticum
Lateranense. Città del Vaticano 2002, p. 113.
46 G. IMBRIGHI, «Eufemia di Calcedonia», in BS, V. Roma 1964, coll. 154-162;

P. BuRCHI, «Eufemia, Dorotea, Tecla ed Erasma», in BS, V, coll. 163-164; C. CALLO-


VINI, «Eufemia e Tecla», in BS, V, col. 168.
LA «PILGERREISE» 231

Il sabato prima di Letare47 [6 marzo] il gruppo si dirige verso


Venezia e quindi a Padova. I pellegrini riprendono quindi il cammino,
diretto in Germania.
1O. Gli italianismi sono scarsi. Si trovano lessemi indicanti mone-
te: ducate, cf. 352. 5 <<50 ducaten»; 356. 31 ss. «der man must geben
6 ducaten vnd 8 grossen czu zolle». Ducat(e) è molto frequente nei
diari di viaggio del FNHD 48 • Deriva da ducato moneta d' oro veneziana
coniata a partire dal 128449 • Il termine è documentato in testi tedeschi
dalla seconda metà del XIV sec. in poi. Dalla seconda metà del XVI
sec. prevale il nom. sing. Ducaten. Sono attestate anche altre forme,
cf. ein Ducathe (Newe Landte, K6v 50 , etc. Nella PGK troviamo anche
grossen prestito dall'italiano grosso moneta d'argento in uso a Genova
dal 1172 nonché in altre città51 , cf. PGK 351. 28 ss. «gaben wir vnBer
17 tzwene Venediger grossen, der selb tzoll heifü Setheuae»; v. anche
Schwalbach 98 «eyn kleyn grossen», 98 «Item I gross» 52 ; Polo 37r
«als eyn Venediger groschen ist« (ediz. ital. 132: ««per uno viniziano
d' ariento«) 53 • La moneta d'argento chiamata in mat. gros(se) pare derivi
nella sua tipologia dal grossus Turoniensis (v. le gros tournois del 1226,
cf. Kluge e Kluge-Seebold 54 s.v. Groschen), ma il termine tedesco deve
derivare dall'italiano grosso diffuso in numerose aree commerciali ita-
liane, aree in stretto contatto con il mondo tedesco.

47
I'.1ntroitus della Dominica 1111 in Quadragesima inizia con Letare, ]erusalem. Cf.
Vetus Missale Romanum, p. 135.
48 M. Wrs,
Ricerche sopra gli italianismi nella lingua tedesca. Helsinki, Società
Neofilologica, 1955, pp. 121-122.
49
P. MOLMENTI, La storia di Vt:·nezia nella vita privata, I. Bergamo, Ist. Arti
Grafiche, 1905, p. 162.
50
Newe unbekanthe landte Und ein newe weldte, tradotto da Jobst Ruchamer,
Nürnberg, 1508, K 6 v.
51 Cf. P. MoLMENTI, La storia,
I, p. 162; M. W1s, Ricerche sopra gli italianismi,
pp. 136-137.
52
Cf. Gernand von Schwalbach apud R. Ri:iHRICHT, H. MEISNER, Deutsche Pil-
gerreisen nach dem Heiligen Lande. Berlin 1880, rist. anast. Aalen, Scientia Verlag,
1967, p. 98.
53 Cf. Hie hebt sich an das puch des edelen Ritters und landtfarers
Marcho Polo.
Nürnberg 1477.
54 F. KLUGE, Etymologisches Wiirterbuch der deutschen
Sprache. 21. Aufl., Berlin-
New York, de Gruyter, 1975; F. KLuGE, E. SEEBOLD, Etymologisches Worterbuch der
deutschen Sprache. 22. Aufl., Berlin-New York, de Gruyter, 1989.
232 CELESTINA MILAN!

Un altro prestito molto comune nei testi del FNHD è galea di cui
sono documentate forme diverse (cf. Wis, s.v.): PGK 367. 29-30 «da
gingen wir zu Akre usg vnd gingen uf die galleen»; PB 302 «die gallei»;
302 «mit der gallia»; 322 «die galleian»; 322 «gallean», ecc. Il termine
di origine bizantina pare essersi diffusa a Venezia (cf. DEI, s.v. galea) 55 ;
nel latino di Venezia si trova dal 1097 (cf. DELI, s.v.) 56 ; passato nel
veneziano si è poi diffusa nel monda occidentale. Letimologia è stata
oggetto di approfonditi studi (cf. DELI, s.v.).
È interessante riscontrare anche porte 'porto'. Nella PGK si tratta
di vari parti citati sulla via del ritorno; viene menzionato un porto
dell'isola di Cefalonia:
368. 31 Item foren wir zu Madüne an uff mittwoch nehist nach
(369) Inuocauit [17 febr.] vnd qwamen in porte Fischgardo uff
sampstag darnach [20 Jebr.], die porte ligt zweyhondert milen von
Madüne vnd hondert von Korüoe.
Item foren wir uff montag nach Reminiscere [22 febr.] uf5 in der por-
ten Fischardo vnd qwamen uff mittwochen nehist [24febr.] zu abent
in eyn porte vnder eym slof5 vnder eym stetgyn, die heifSent Bargen.

Si tratta del porto di Parga (Epiro, Grecia). Nella citazione


seguente si tratta del porto di Slano a 20 miglia da Ragusa:
369. 12 ss. vnd qwamen uff sontag Oculi [28 febr.] czitlich in eyn
porte, die heifSet Sullian vnd ligt 20 milen von Ragusta. Item foren
wir in der porten an uf den sontag zcu nacht ...

Qualche riga dopa viene menzionato il porto di Mortera (Muster)


che si trova nell'isola omonima, a nord-ovest di Sebenico:
369.21 ss. vnd qwamen des nachts in eyn porte, die heifSet Demort-
her. (11 a) Item foren wir an uff dinstag zu mitternacht in dem selben
porte ...
Porte maschile pare un prestito dall'it. / venez. porto, forma
mantenuta intatta in Kiechel 15 «in porto laufen wolt», 16 «im porto
stohn», etc..; tale prestito viene mutato in porta in Rieter 146 «dem
missero de la porta» 57 • Nella PGK porte è prestito derivato alla fine del

55DEI = C. BATTISTI, G. ALESSIO, Dizionario etirnologico italiano, 5 vol!. Firenze,


rist. anast. Barbera, 1975.
56 DELI = M. CoRTELAZZO,
P. ZOLLI, Dizionario etimologico della Zingua italiana,
5 vol!. Bologna , Zanichelli, 1988.
57 Cf. Die Reisen
des Samuel Kiechel, hg. von K. D. HASSLER (Bibl. des Litte-
LA «PILGERREISE» 233

'200 dal lat. portus tramite l'ant. francese port (cf. mat. porte, v. Kluge
e Kluge-Seebold s.v. Port) o è prestito diretto dall'italiano o meglio dal
veneziano? Non è improbabile quest'ultima possibile origine.
Anche seraphen è un prestito dall'it./venez. zirafa o girafa, cf.
PGK 352. 3-4 «Item uff den selben tag sahen wir tzwene seraphen
auch czu Alkeier».
Nei diari di viaggio del FNHD la giraffa è spesso nominata anche
col nome arabo, cf. Schiltperger 61 suruafa 58 (cf. arabo zardfa), ma la
forma che si riscontra in testi tedeschi di questo periodo rivela l'influs-
so dell'italiano che presenta il termine dal XIII secolo in poi (cf. DEI
e DELI s.v.). Peri testi tedeschi cf. Egen 917 «ein wunderlich tier, das
heist man seraffe» 59 ; Polo 53r «do seynn auch vil Giraffe» (ed. ital. 199:
«giraffe molto belle»); 54v «Vil Giraffi»; Newe Landte c lv «in dysen
landen sein Zyraffen».
11. Il latino assume un ruolo molto importante nello sviluppo
delle lingue germaniche, soprattutto per quanta riguarda il lessico. Si
considerino sempre citati Kluge e Kluge-Seebold.
11. 1 L'ambito religioso è ampiamente documentato. Nella PGK
cloister è frequente, cf. lat. popolare clostrum < claustrum; v. anche cloi-
sterlyn 354. 29, cf. aat. klostar, mat. kloster, ned. cloister, am. fr. cloistre
(cf. Kluge, s.v. Kloster).
Frequente anche tempel dal lat. templum, cf. aat. tempal, mat.
tempel, o dall' am. fr. temple.
Capell 360. 9, 12, 13 proviene dal lat. med. capella, cf. aat. kapel-
la, mat. kap(p)elle, kappel.
Kirche freq., kirchlyn 354. 30, 355. 25, cf. aat. kirihha, mat. kir-
che, ant. franc. kerke, dal greco volgare Kup1Kq, cf. KuptaKf}. Il femmi-
nile è condizionato da basilica sottinteso60 . Nella PGK cf. «die kirche

rarischen Vereins, 86). Stuttgart 1866, p. 15; Das Reisebuch der Familie Rieter, hg.
von R. Rë>HRICHT, H. MEISNER (Bibl. des Litterarischen Vereins in Stuttgart, 168).
Tübingen 1884, p. 146.
58 Cf. Hans Schiltbergers Reisebuch, hg. von V. LA.NGMANTEL
(Bibl. des Litterari-
schen Vereins in Stuttgart, 172). Tübingen 1885, p. 61.
59 «Pilgerfahrt eines Augsburgers nach dem heiligen Lande i. J. 1385 von ihm
selbst beschrieben (LORENZ EGEN)», in Das Ausumd, 38 (1865), pp. 917-919.
60 A. MASSER, Die Bezeichnungen far das christliche Gotteshaus
in der deutschen
234 CELESTINA MILAN!

sancti Mard» 362. 29; «die kirche sancti Salvatoris» 364. 14.
Sono documentati inoltre:
monster 364. 29, 34 'monastero', cf. gr. µovaoi:qpwv >lat. monis-
terium, aat. monasteri, munastiri, mat. munster, mnl. monster;
altare 363. 14, altar 363. 17 dal lat. altare, aat. altari, altar(e),
aitre, mat. alter, altare, altaere;
crutze 360. 15, 20, 25, 37 dal lat. crux, crucis, aat. kruzi, mat.
kriuz(e), ant. franc. krioze, kriose;
crane 359. 32 dal lat. corona, cf. aat. corona, mat. krone;
kerker 364. 17 'carcere' dal lat. carcere(m), aat. karkari, mat.
kerkaere > kerker.
11. 2 Christus 362. 13 è prestito intatto, v. gr. xp10T6ç > Christus,
got. Christus, aat. e mat. Krist, prestito intatto è anche patriarcha 351.
8, dal lat. patriarcha, mat. patriarch. Nella PGK è riferito a «Sant Peter
von Alexander».
Sono frequenti engel, cf. gr. ayyeli.oç > lat. angelus, got. aggilus,
aat. engil, mat. engel, e samt / sant maschile e femminile, cf. sant Stef
fan 361. 21, sant Elisabeth 358. 29; si trovano anche sanct, sancta, cf.
«sanct Peter Malchio» 362. 5, «sancta Bellasia» 362. 27, «sancta Eufe-
mia» 369. 29; si tratta di prestiti dal lat. sanctus, sancta.
Aposteln 362. 8 è ace. plur. di aposte!, cf. gr. èm6owÀoç > lat.
apostolus, mat. aposte!.
Manche, monchen (plur.), frequente, deriva dal lat. medievale
monicus < monachus < gr. µovaxoç; cf. aat. munih, mat. mune(e)ch,
mun(i)ch, cf. E. A. Judge, jahrbuch far Antike und Christentum, 20
(1977), pp. 72-89.
Pilgrim 369. 24 è dal lat. peregrinus, pelerinus, aat. (VIII sec.)
pilgrim, mat. pilgerin, pilger (XV sec.).
Almoiser 351. 6, riferito a sanct ]ahans, indica l' elemosiniere; cf.
ant. franc. almosneor, almosnere, dal lat. medievale eleemosynarius, cf.
gr. ÈÀeqµoouvq, lat. eleemosyna, aat. alamuosa, mat. almuose, Lutero

Sprache des Mittelalters (Philo!. Studien und Quellen, 33). Berlin 1966, pp. 17-42; K.
ScHAFERDIECK, in BGDSL, 106 (1984), pp. 46-50.
LA «PILGERREISE» 235

almosen, ted. Almosen con le/> /a/ per influsso del lat. tardo *alimosi-
na, alimonia, alimenta.
Di particolare interesse sono i sintagmi cristenglaube 362. 30 e
cristenmensch 362. 23, il primo derivato da christiana fides, il secondo
da christianus o christianus virl homo; per il primo elemento cf. aat.
kristani, mat. kristen.
Da notare anche le forme prediate 363. 35 'prediche' e prediget
363. 36 '(egli) predica' dal verbo predigen 'predicare'. Il sostantivo
prediate plur. è correlato al lat. praedicata (homilia); praediat(e) deriva
da praedicata / praedigata con il dileguo di /g/ intervocalico . .Laat. bre-
diga, prediga, mat. bredige, predige derivano dal lat. medievale praedica
(femm.). Il verbo predigen documentato nella PGK è correlato al lat.
praedicere, cf. aat. bredi(g)on, predi(g)on, mbt. prediken, mnl. prediken,
preken.
11. 3 Nella PGK si trovano vari sintagmi latini: Vincula Petri 350.
25; in Sancta Trinitate 350. 25; sant Laurencii tag 350. 27; sant Bartho-
lomeus tag 350. 30; obent (=abend) natiuitatis 350. 31; vor Exaltacionis
sancte crucis 350. 34; sanctus Marcus 351. 3; vor des heilgen Crutz tag
exaltacionis 351. 12; sant Matheus tag 351. 26, 33; sant Matheus abent
351. 37; nach sant Matheus tag 352. 1O; sant Anthonius 352. 27, 353.
1 (pero czu sant Anthonienn 3 5 3. 5), zu / zcu Sant Anthonius 3 5 3. 6-7;
19, 21 e zu Sant Antonius 353. 11; in sant Paulus cloister 353. 9; sant
Paulus 353. 13; zu sant Paulus 353. 14, 15, etc.
Si vedano anche sontag Oculi 369. 12 e sontag judica 370. 4, 7;
nacht purificacionis 368. 18; si ritrova anche das Paternoster 362. 33.
Di particolare interesse sono i primi due sintagmi. Sontag Oculi figura
nella già ricordata frase «qwamen uff sontag Oculi [28 febr.] czitlich in
eyn porte, die heifset Sullian vnd ligt 20 milen von Ragusta». Si tratta
della dominica tertia in quadragesima, il cui Introitus inizia cosl: «Üculi
mei semper ad Dominum, quia ipse evellet de laqueo pedes meos» (cf.
Ps. 24. 15-16) 61 •
Sontag ]udica si trova nelle frasi «Item reit myn gnediger herre
uff sontag Judica [14 marzo] u!S Padawe in einen hoiffe» e «Item
foren wir uff montag zu morgen nach Judica [15 marzo] zu Padawe
u!S». Si tratta della dominica de Passione, il cui lntroitus inizia cosl:
«ludica me Deus et discerne causam meam de gente non sancta»

6l Cf. Vetus Missale Romanum, p. 82.


236 CELESTINA MILAN!

(cf. Ps. 42. 1-2) 62 •


Quanta agli idronimi si confrontino torrens Cedron 361. 24 e
Natatoria 363. 5; per gli oronimi si veda Oleyberge 362. 5 'monte degli
Ulivi'.
11. 4 Di ambito semantico non pertinente al sacra sono kuste
362. 3 dall'ant. franc. coste < lat. costa, cf. ted. Kuste e spere 360. 2
dativo del mat. sper, spar(e), cf. aat. sper dal germ. *sper(r)u-, sparru-, v.
lat. sparus, sparum 'giavellotto corto che viene lanciato con la fiondà,
ie *sper- cf. Pokorny 990 s. 63 , Kluge e Kluge-Seebold s.v. Speer. Resta
aperto il problema se il germ. *sper(r)u-, sparru- sia prestito dal latino
o viceversa.
Prestiti più che integrati sono:
balsame 353. 31, cf. gr. ~aÀoaµov dall'ebr. bdsdm, lat. balsamum,
got. balsan, aat. balsamo, mat. balsam(e);
camele 353. 17, cf. gr. KaµqÀoc;, lat. camelus, mat. kamel, v. ant.
sem. e ant. arabo gamal;
helfant 352. 1, cf. gr. EÀé<pac;, lat. elephantus, ant. ingl. elpend,
ylpend, aat. elpfant, elafant, cf. anche got. ulbandus 'cammello';
mossellen 354. 9 ace. plur. 'muscheln: cf. lat. musculus, *muscula >
aat. muscula, mat. muschel;
drachen 367. 12 dat., cf. gr. opaKOV, lat. draco, aat. trahho, ant.
ingl. draca;
esel 365. 13, cf. lat. asinus, got. asilus, aat. esil, mat. esel.
Di uso comune è mile, milen (plur.), frequente, cf. lat. milia, aat.
mil([)a, mat. mile, ant. ingl. mil, v. Kluge s.v. Meile.
È documentato anche personen 351. 11, 352. 5 (plur.), cf. lat. per-
sona, mat. persone (XIII sec.), ant. franc. persone, v. Kluge s.v. Person.
12. Il dialetto del testo è il francone renano. Com'è noto, il
francone medio (mitte/frankisch) e il francone renano (rheinfrankisch)
costituisono il westmitteldeutsch; anche nel periodo del FNHD vari

62 Ibid., p. 145.
J. PoKORNY, lndogermanisches etymologisches WOrterbuch, I. Bern-München,
63

Francke, 1959, pp. 992 ss.


LA «PILGERRE!SE» 237

caratteri continuano.
Un problema graflco-fonetico è rappresentato dalla dittongazio-
ne, forse apparente. Qualche esempio: loch 350. 35, loich 353. 3 'buca,
cavità'; sluch 355. 11, sloich 355. 8 'incontrè>'; cloister, frequente, 'chio-
stro'; doden 357. 24 (ace. plur.) e toiden 359. 14 (dat. sing.) 'morto';
gedoit 351. 7, 361. 21, getoidt 351. 9, getoidet 361. 25 'morto'; doide
360. 28 (dat.), toide 360. 32 'morte'; broits 360. 18 (gen.) 'pane'; czoich
353. 2 'turbava'; woischen 356. 6 'cercavano'; hait(= hat) 'hà (freq.).
Oltre al già menzionato Darmstait 349. 8 si ha stait 356. 4, 33, 357.
5, cf. staet 357. 12, 14, 16 etc., plur. steede 359. 27, stede 357. 25,
358. 1 'città' (sing. e plur.); gaijSen 353. 14, 354. 19, 357. 12 = gajfen
351. 4 'salivamo, andavamo'; saifSen 352. 13, 357. 1 = sajfen 353. 17
'salivamo'; aijSen 355. 30, aijSe 356. 7 'mangiavamo, mangiava'; laijSen
357. 24 'lasciato'.
Ci si chiede se si tratti di un fatto graflco o fonetico. È verosimile
che sia un fatto graflco: probabilmente la -i- contrassegna le vocali
lunghe o per natura (cf stait) o per posizione (cf. loich) 64 • Il problema
è stato trattato con grande ricchezza di esempi da numerosi studiosi a
cui si rimanda6s.
Questa ed altre questioni fonetiche concernenti la PGK verranno

64
Si rimanda a V MICHELS, Mittelhochdeutsche Grammatik, 5. Aufl., hg. von
H. STOPP. Heidelberg, Wimer, 1979, pp. 43 ss., 52 ss., 77 ss., 90 ss.; F. SrMMLER,
«Phonetik und Phonologie, Graphetik und Graphemik des Mittelhochdeutsch en»,
in Sprachgeschichte, hg. von W BESCH, H. BETTEN et al. II. Berlin-New York, de
Gruyter, 2000, coll. 1320-1331; H. EGGERS, DeutscheSprachgeschichte, II. Hamburg,
Rowohlt, 1996, pp. 26 ss., 49 ss.
65
E. DoRNFELD, Untersuchungen zu Gottfried Hagens Reimchronik der Stadt
Ko-Zn. Nebst Beitragen zur mittelripuarischen Grammatik. Breslau, Marcus, 1912, pp.
95-118; O. MAUSSER, Mittelhochdeutsche Grammatik. München, Hueber, 1933, par.
6 (soprattutto p. 114); B. ScHELLENBERGER, Studien zur Kblner Schreibsprache des 13.
jahrhunderts. Mit 4 Karten und 3 Abbildungen. Bonn, Ri:ihrscheid, 1974, pp. 83-86;
R. ScHÜTZEICHEL, Mundart, Urkundensprache und Schriftsprache. Studien zur rheini-
schen Sprachgeschichte. 2. Aufl., Bonn, Rohrscheid, 1974, p. 62; Frühneuhochdeutsche
Grammatik, hg. von O. RErcHMANN, K. P. WEGERA. Tübingen, Niemeyer, 1993, p.
33; S. HABSCHEID, Die Kolner Urkundensprache des 13. jahrhunderts. Flexionsmorpho-
logische Untersuchungen zu den deutschen Urkunden Gottfried Hagens (1262-1274).
Ki:iln, Bi:ihlau, 1997, pp. 66-70; R. MÜLLER, Regionale Schreibsprachen im überre-
gionakn Schriftverkehr. Empfongerorientierung in den Briefen des Kolner Rates im 15.
jahrhundert. Ki:iln, Bohlau, 1998, pp. 163-166.
238 CELESTINA MILAN!

approfondite in altra sede.


13. Nella descrizione del viaggio e dei luoghi nella PGK manca
il senso dell' alterità sia corne curiosità sia corne osservazione di altri
popoli, aitre genti, altre lingue, altre tradizioni.
Per l' autore esiste solo il gruppo dei visitatori e dei pellegrini
davanti a cui si snodano i luoghi sacri e non sacri, davanti a cui si
presentano chiese, tombe, colonne. Il gruppo osserva attenta ora con
curiosità, ora con devozione e poi procede verso altri percorsi, verso
altre mete.
Non è mai descritto l'incontro con persane locali di diversa cultu-
ra, di diversa lingua. I pellegrini/visitatori, nella loro ricerca di elemen-
ti legati alla tradizione biblica dell'Antico e del Nuovo Testamento,
vivono una sorta di isolamento.
Questo si veriflca nella PGK e nel PB. Diverso è il clima della
Seereise, un viaggio di mercanti verso Beirut: sulle navi si intuiscono
o vengono descritti i rapporti tra il Capitany, il Comitu, il priester e i
viaggiatori/mercanti. Le soste a Rodes e a Barutto permettono di indi-
viduare le situazioni locali relative alle merci da acquistare (per es. le
spezie) con un accenno al Soldan.
Le merci sono in primo piano, ma al di là si intuiscono le persane
coinvolte nel commercio che dal punto di vista della spesa è attenta-
mente pianiflcato.
Si tratta di uno spaccato ben delineato delle attività mercantili
internazionali. Si alternano tre lingue: tedesco, welsch (italiano o
veneziano?) e latino.
:Lanalisi dei testi e del tipo di sequenze evidenzia, inoltre, che ai
pellegrini interessa più lo spazio che il tempo: lo spazio vissuto nella
sua dimensione particolare e globale, punto di arriva e di partenza,
luogo di una storia vissuta e intrecciata di ricordi e presenze.

Università Cattolica, Milano


LUCIA SINISI

LA «CARTULA» DI ALCUINO
VIAGGIO VIRTUALE ATTRAVERSO LA FRISIA
E LAUSTRASIA

In una serie di saggi di grande interesse Natalia Lozovsky in que-


sti ultimi anni ha analizzato la collocazione che le scienze geografiche
assumevano nell' ambito del curriculum scolastico medievale, provando
a rispondere ai dubbi che è inevitabile porsi confrontandosi con un
testo a carattere geografico o odeporico di epoca medievale: corne è
possibile che intorno all'VIII o IX secolo si insegnasse la geografla tro-
vando del tutto normale rifarsi a testi vecchi di almeno quattro secoli,
senza intervenire su di essi, aggiornandoli? Come è possibile che le carte
geografiche rappresentassero il mondo in modo cosl distorto? Erano
davvero queste le conoscenze geograflche dell' epoca? Perché era lasciato
cosl poco spazio alla letteratura di viaggio? Dove si conservava il sapere
geograflco frutto dell' esperienza, e non della tradizione scientiflca?
Se si esaminano i testi a carattere geograflco del tempo, l'imma-
gine che del mondo se ne ricava è essenzialmente quella ereditata dalla
cultura classica, con qualche 'aggiornamento' tratto dalle Sacre Scrittu-
re1. Lunica eccezione, in area anglosassone, è rappresentata dal prezio-
so e notissimo resoconto di viaggio lungo le coste della Scandinavia dei
navigatori Ohthere e Wulfstan, inserito nella traduzione anglosassone
delle Historiae adversus paganos di Paolo Orosio 2 .

* Ringrazio Giorgio Maselli per le preziose indicazioni relative al genere del!' epi-
stola poetica nella letteratura latina della classicità.
1
Vedi N. LozovsKY, «Carolingian Geographical Tradition: Was it Geography?» in
Early Medieval Europe, 5 (1996), pp. 25-43; EAn., "The Earth is our Book". Geographi-
cal Knowledge in the Latin Wést ca. 400-1000, Ann Arbor, Univ. of Michigan, 2000.
2 Si veda, oltre all' edizione di J. BATELY, The Old English Orosius (Earl y English

Text Society, s.s. 6). London, Oxford University Press, 1980 e Two voyagers at the
240 LUCIA SINISI

Eppure nel Medioevo si viaggiava molto: per lavoro, per missioni


diplomatiche, per affari, per devozione e talvolta si viaggiava anche
con la fantasia.
La risposta a questi interrogativi si condensa in una affermazione
del grande Alcuino, il quale, pur avendo riorganizzato la schola palati-
na ponendo alla base della formazione degli studenti le arti liberali, fra
le quali la geografla era compresa, ebbe a scrivere: «quatenus [... ] ad
altissimum evangelicae perfectionis culmen ascendere valeant» 3. Esse
non sono dunque che un mezzo per comprendere il monda che è visto
in primis corne creazione dell'Altissimo.
Troppo intenta ad osservare la realtà visibile con gli occhi dell'in-
visibile, l'uomo medievale travalica le coordinate spazio-temporali che
sono, al contrario, imprescindibili per l'uomo moderno.
È solo in questa ottica che è possibile intendere le affascinati car-
tine geograflche dell' epoca, perlopiù sullo schema del tipo a T, con al
centra Gerusalemme, la città sacra dell'Occidente cristiano.
Come possiamo comprendere allora l'universo del viaggiatore
medievale? - e sappiamo corne il problema sia ancor più pressante
per il fllologo germanico, il quale deve misurarsi costantemente con
l'esiguità dei documenti manoscritti ... !
È necessario volgersi ad altro tipo di letteratura, suggerisce
Lozovsky, per esempio le vite dei santi, in cui spesso si descrivono le
peregrinazioni verso i luoghi sacri della Cristianità (Roma per prima,
ma poi anche Gerusalemme) e le esplorazioni alla ricerca dei luoghi
più favorevoli per fondare i monasteri, specialmente nel periodo della
grande epopea evangelizzatrice che vede corne protagonisti i missio-
nari anglosassoni sui Continente. Ricorderà che il primo testa di area
anglosassone che a mala pena si passa deflnire di viaggio, scritto da
una donna, Hugeburg, felicemente individuata da Bischoff4 , è la Vïta

court of King Alfred: the ventures of Ohthere and Wulfitan, ed. by N. LUND. York,
Ebor Press, 1984 e alla innumerevole letteratura secondaria, il comributo di Carla
DEL ZoTTO in questo volume.
3 Cf. Episto!a 280 nell'edizione ALcUINI sive ALBIN! Episto!ae hg. von E. DüMM-

LER (Monumenta Germaniae Historica. Epistolae Karolini Aevi, II). Berlin 1895, p.
437, 30.
4 Vedi B. BiscHOFF, «Wer ist die Nonne von Heidenheim?», in Studien und Mit-

teilungi:n zur Geschichte des Benediktiner-Ordens, 49 (1931), pp. 387-388.


LA «CARTULA» DI ALCUINO 241

Willibaldi 5 , o Hodepoericon, in cui si descrive il viaggio del sant'uomo


in Terrasanta.
Mai dubbi non si esauriscono con queste osservazioni; c'è un'al-
tra domanda per la quale si fa stringente una risposta: corne si tra-
smetteva questo nuovo sapere, ricavato empiricame nte dall' esperienza
personale? quali forme la sua trasmissione prendeva?
Linterrogati vo qui posto potrebbe rientrare e trovare risposta
nel più vasto tema che attualmente è oggetto del progetto di ricerca,
condotto dall'universi tà di Utrecht: Communica tion in the ear/,y middle
ages ca.400 - ca.1200, in cui si analizzano le forme che la comunica-
zione scritta venne ad assumere nei secoli precedenti il XII; ad esso
presta la sua collaborazio ne Mary Garrison la quale, in particolare,
indaga sulle forme e finalità della comunicazio ne epistolare, partendo
dall' assunto che nell' alto medioevo la conoscenza di luoghi e avveni-
menti spazialment e lontani, trasmessa prevalentem ente per mezzo di
lettere e resoconti orali dei viaggiatori poteva assumere, travalicando i
limiti spaziali, oltre all' ovvia funzione di informazion e anche quella di
calcificazione del senso di identità di una comunità6 .
Ritengo, tuttavia, che le forme della trasmissione del sapere, e in
particolare del sapere geografico, in un' epoca storica cosl priva di mezzi
di comunicazio ne, e di conseguenza tanto più avida di informazion e,
potessero celarsi dietro vesti inconsuete, quali, per esempio, quelle della
poesia; non è improbabile , inoltre, che tali documenti poetici debbano
la loro conservazione e trasmissione non già, o non tanto, al loro valore
poetico, quanto all'alto grado di informazion e che essi tramandano .
Il carmen «Cartula, perge cito pelagi trans aequora cursu», uno
dei ben centoventiq uattro carmina che costituiscon o l' opera poetica
del grande Alcuino 7 , reputo possa costituire utile materiale per un
approccio esemplare all' argomento.

5 Cf. Vita Wynnebaldi


Abbatis Heidenheimensis, hg. von O. HoLDER-EGGER
(Monumenta Germaniae Historica. Scriptores in Folio, XV, I). Stuttgart 1887, pp.
106-117.
6 I risultati saranno
raccolti in uno studio da! titolo Letters as evidence for commu-
nication, di prossima pubblicazione.
7 La raccolta fu in
gran parte messa insieme da Andrea Quercetano ne! 1617 e
si compone prevalentemen te di poesie occasionali: «liriche, egloghe, poemetti storici
e biografici, epistole in versi, inni sacrri, iscrizioni, epigrammi, enigmi, precetti» (cf.
242 LUCIA SINISI

Esso è tradito in un solo manoscritto, al fol. 132 del codice


Parisiensis 528, oggi nella Biblioteca Nazionale di Parigi, ma prece-
dentemente conservato nella biblioteca dell'abbazia di S. Marziale di
Limoges, catalogato corne S. Martialis Lemovicensis 1458 . Si ritiene,
tuttavia, che esso sia stato redatto nel monastero di S. Dionigi9 , ultima
tappa - corne vedremo - del viaggio virtuale che il carme epistolare,
scritto dal poeta ed erudito eboracense, compie attraverso le regioni
della Frisia e dell'Austrasia.
Il codice, che è databile intorno agli inizi del IX secolo 10 , con-
serva oltre al carme di Alcuino esaminato anche, fra gli altri, alcuni
carmina composti da Paolo Diacono e da Pietro da Pisa, anch' essi
esponenti di spicco del circolo di eruditi gravitanti intorno alla carte
di Carlo Magno 11 .
Certo, di viaggi, Alcuino, la figura più eminente della rinascenza
carolingia, ne aveva compiuti molti: più volte era stato a Roma e nel
781, di ritorno dalla sua seconda visita alla sede pontiflcia, durante
una sosta a Parma, aveva avuto l'incontro decisivo della sua vita, con
Carlo Magno. Era tornato in lnghilterra solo due volte dopa il sodali-
zio con il sovrano dei Franchi, la prima nel 786, per un solo anno, la
seconda dal 790 al 793 12 •
Accogliendo l'ipotesi del Frobenio, Dümmler ascrive la corn-

ALCUINO, Carmi dalla corte e da! convento, a cura di C. CARENA. Firenze, Le Letrere,
1985, p. 9).
8 Il rrasferimento da Limoges a Parigi avvenne nell' anno 1730 per consentire

al!' abate Lebeuf di procedere alla prima edizione delle epistole e dei carmina inediti
in esso contenuti.
9 Cf D. NEBBIAI DALLA GuARDA, La bibliothèque de l'abbaye de Saint-Denis en

France du JXe au XVIJJe siècle. Paris, CNRS, 1985, p. 33.


°
1
Cf Poetae Latini Aevi Carolini, hg. von E. DüMMLER (Monumenta Germaniae
Historica. Epistolae Karolini Aevi, I). Berlin 1881, p. 31; ma vedi anche le altre pro-
poste riassunte in A. ZmoNI, «I Gotica Parisina ne! Codice Bibliothèque Nationale de
France, Lat. 528», in Il plurilinguismo in area germanica ne! Medioevo. Atti del XXX
convegno dell'Associazione Italiana di Filologia Germanica, a cura di L. Srn1s1. Bari,
Palomar (in corso di stampa).
11
Il Parisiensis 528 non contiene altre opere attribuite ad Alcuino, pertanto il
carme si presenta, in questo contesto, isolato.
12
Vedi l'anonima Vita Alcuini, hg. von W ARNDT (Monumenta Germaniae
Historica. Scriptores in Folio, XV, I). Stuttgart 1887, pp. 182-187.
LA «CARTULA» Dl ALCUINO 243

posizione del carmen ad un periodo non anteriore al 780 13 , anno in


cui Alcuino compie il suo famoso viaggio di ritorno da Roma verso
l'Inghilterra, perché solo dopo quella data Alcuino puo aver intessuto
l'ampia rete di amicizie con gli illustri esponenti del circolo culturale
della cotte di Carlo Magno e aver acquisito famigliarità con i paesaggi,
i personaggi e le atmosfere narrate.
Apparentemen te il tema del componimento sembrerebbe essere la
nostalgia, il ricordo degli amici e dei colleghi lasciati sul Continente,
sentimenti che inducono il poeta a scrivere alcune parole di saluto su
una cartula, secondo un topos poetico consolidato, risalente a Orazio,
in primo luogo, ma anche a Ovidio e Marziale, seguito successivamen-
te da Stazio, Ausonio, Sidonio Apollinare, e poi ripreso ampiamente
dai poeti del circolo letterario carolingio 14 . Fra la produzione poetica
di questi ultimi voglio ricordare, quali esempi, il carme encomiastico
scritto da Angilberto intorno al 794-5, «Surge, meo domno dulces fac,
flstula, versus», che ha corne destinatario Io stesso Carlo Magno, nel
quale al v. 72, «Canula, curre modo per sacra palatia David», il poeta
ricorre all'invocazione allo strumento, la lettera, affinché conduca
il carme a corte 15 e «Carta, Christo comite, per telluris spatium» di
Hibernicus Exul, composto anch'esso in laude di Carlo Magno secon-
do il modulo dell'apostrofe alla lettera 16 •
Nel carme di Alcuino, che al contrario di questi non sembra
avere un dedicatario, il poeta ripercorre con la mente il complesso
itinerarium che la cartula compirà dalle coste dell'Inghilterra sino alla
foce del Reno, descrivendo quasi dettagliatamen te via via le tratte e le
soste della navigazione fluviale, offrendo di tanto in tanto interessanti
riflessioni di ordine antropologico e socio-culturale, sino a giungere
nei pressi di Parigi, meta finale del viaggio.

13 «Scriptum
esse suspicamur (hoc carmen) post Alcuini Roma reditum in Britan-
nicam anno 780, in quo itinere cum viribus illustribus, quos hic nominat, familiarita-
tem contraxerit» (citazione da! Frobenius in E. DüMMLER, nota 1, p. 220).
14 Sulla
tradizione del modulo dell'apostrofe al libro e contatto del destinatario
si veda M. CITRON!, «Le raccomandazioni del poeta» in Maia n.s., 2 (1986), pp.
111-146.
15 Angilberto puà aver ripreso
il modulo dallo sresso Alcuino, essendo stato di
questo allievo e amico alla corte di Carlo Magno (cf. Angilberti carmen de Karolo
}vfagno, hg. von H. PERTZ [Monumenta Germaniae Historica. Scriptores in Folio,
II]. Stuttgart 1829, pp. 391-403).
16 Vedi E. DüMMLER,
Poetae Latini, p. 399.
244 LUCIA SINISI

Idealmente il carme puà essere divisa in due parti, nella prima


Alcuino si soffcrma soprattutto sul percorso seguito dal sua foglietto,
volgendo lo sguardo verso il paesaggio, ponendo attenzione a cià che
incontra sul sua cammino, cosl dalla face del Reno sino ad Aquisgra-
na; giunto nella capitale del regno carolingio sembra non interessarsi
più ai luoghi visitati, anzi ne è del tutto dimentico, poiché comple-
tamente intenta a curare le relazioni con gli alti dignitari della carte
carolingia.
È evidente corne per la nostra indagine sia più rilevante la prima
parte, purtroppo piuttosto breve rispetto alla parte restante del testa,
ma non di mena importante al fine di ricavare un quadro abbastanza
accurato di quel percorso, molto battuto, che univa l'Inghilterra alla
Frisia e alle regioni della Germania settentrionale e centrale.
Quando Levison, nel '46, scriveva il sua ancor fondamentale
libro sulle connessioni fra l'Inghilterra e il Continente non si ave-
vano malte informazioni sui collegamenti marittimi fra la Frisia e
l'Inghilterra, tanto che egli poteva affermare: «We do not know the
extent of the traffic already existing between England and Friesland,
though Anglo-saxon coins found overseas point to there being trade
between the kindred peoples>P. Oggi alla luce delle più recenti sco-
perte archeologiche si è appreso che i collegamenti marittimi fra la
Frisia e la Britannia erano frequenti fin dall' epoca romana: merci e
soldati dalla capitale dell'impero erano traghettati sino al porto di
Londinium seguendo lo snodarsi del Reno, sfruttando postazioni e
avamposti dell' esercito romano in Germania 18 • Dopa il crollo del-
l'Impero Romano d'Occidente i traffici commerciali fra la Britannia
e la Frisia non si fermarono, al contrario ricevettero notevole impulsa
dall'interruzione della via dell'ambra che univa la Scandinavia a Bisan-
zio, causata dal dilagare dei popoli slavi e avari nell'Europa dell' est
intorno alla metà del VI sec. Nei due secoli che precedettero l' era dei
Vichinghi i traffici fra le Isole Britanniche e la Scandinavia passarono

17 Cf.
W LEYISON, England and the Continent in the Eighth Century. Oxford,
Oxford University Press, 1946, p. 51.
18
Risale alla primavera del 2003, la scoperta di una nave da carico romana fatta
da! Dutch Institute for Maritime Archeology, nell' ambito del progetto Leidsche Rijn.
L:imbarcazione giace sui fonda di quello che un tempo era l'Heldammer Stroom, un
ramo del Reno e, nonostante siano trascorsi circa duemila anni dall'affondamento si
conserva in buono stato con tutto il suo carico.
LA «CARTULA» Dl ALCUINO 245

tutti attraverso il commercio costiero frisone 19 tanto che il termine


frisone divenne sinonimo di mercante internazionale, corne attesta
un diploma di Luigi il Pio indirizzato all' arcivescovo di Worms rela-
tivo alla concessione dei diritti su tutti i pedaggi imposti nella città ai
«negotiatores, artifices et Frisiones» 20 dove il termine, evidentemente ,
è usato per distinguere un diverso livello di commercio, rispetto a
quello condotto dai «negotiatores» 21 . È intorno al 650 che si originà
l'importante emporia di Duurstede, allora sito a nord dell'attuale Wijk
van Duursted, che prosperà sino a quando anche a causa delle mutate
condizioni ambientali dovute ad una modificazione del profilo delle
coste olandesi, il primato passà alla cittadina di Deventer.
È proprio in questi secoli che si avvia quel fenomeno portentoso
rappresentato dalle 'spedizioni' dei missionari anglo-sassoni in Frisia e
poi in Assia Turingia e Sassonia, che porteranno frotte di religiosi sul
Continente allora e anche oltre nel tempo, se accettiamo l' opinione
di Rosamund McKitterick, perla quale, sotto il profilo paleografico, i
numerosi manoscritti continentali che conservano tracce della scrittu-
ra insulare non costituiscono un relitto dell'influenza anglosassone sui
centri scrittori del Continente, ma testimoniano un apporta culturale
continuo, che si spinge ben oltre l' epoca aurea delle missioni 22 •
È del tutto probabile che essi non fecero altro che seguire le vie
del commercio già avviate fra l'Inghilterra e la Frisia e che sul Con-
tinente seguissero, sempre in navigazione, la grande arteria del fiume
Reno 23 .

19
D. ELLMERS, «The Frisisan monopoly of coastal transport in the 6th-8th
centuries AD», in Maritime Celts, Frisians and Saxons, ed. by S. McGRAlL (Research
Reports, 71). London, Council for British Archaeology, 1990, p. 91.
20
Riportato da D. ELLMERS, ibid., p. 92.
21 Convengo
con Lebecq quando afferma che la fama di questi mercanti marinai
si conservo a lungo se nel Book ofExeter il marinaio frisone diviene l' archetipo lctte-
rario del navigante lontano (cf S. LEBECQ, Marchands et navigateurs frisons du Haute
Moyen Age. 2 vol!., Lille, Presses univ., 1983, II, p. 422).
22 R. McKrTTERICK,
«The diffusion of insular culture in Neustria between 650
and 850: the implications of the manuscript evidence», in La Neustrie: les pays au
nord de la Loire de 650 à 850, éd. par H. ATSMA. Sigmaringen, Thorbecke, 1989,
pp. 395-432.
23 Anche se,
a dar credito a Beda, l'epopea evangelizzatrice della Frisia avviata
dagli anglo-sassoni non risulrerebbe essere la conseguenza di una precisa volontà
politica della chiesa d' oltremanica, bensl determinata da un fortuito incidente di viag-
gio: quando Wilfrid nel 678 decide di partire per perorare la propria causa davanti
246 LUCIA SINISI

Ebbene, Alcuino, nel suo carme, ripercorre questo viaggio, che


decine e decine di anglosassoni avevano compiuto e continuavano a
compiere.

IL VIAGGIO DELLA CARTULA DI ALCUINO

Non sappiamo da quale porto inglese Alcuino faccia partire la


sua cartu/,a, forse da Londra, forse da un porto nei pressi di York, dal
testo non si evince; la meta è raggiungere in fretta la sponda opposta
del Mare del Nord. Cosl il poeta incita il foglietto a prendere il mare e

al Vicario di Cristo, imbarcatosi, viene sospinto da un forte vento in direzione della


Frisia: «Qui deinde regnante Ecgfrido, pulsus est episcopatu [DCLXXVIIIJ, et alii
pro illo consecrati antistites, quorum supra meminimus: Romamque iturus, et coram
apostolico papa causam dicturus, ubi navem conscendit, flante Favonio pulsus est
Fresiam, et honorifice susceptus a Barbaris ac rege illorum Aldgislo, praedicabat eis
Christum, et multa eorum millia verbo veritatis instiruens, a peccatorum suorum
sordibus fonte Salvatoris abluit» (cf. Historia ecclesiastica gentis anglorum, éd. par J.-P.
MIGNE, Patrologiae cursus completus ... : series latina, 95. Paris 1864, coll. 262-269).
Di diverso parere è il biografo del santo, per il quale la conversione della Frisia si attua
per volontà divina: «Nam e contrario ~anctus pontifex noster, secundum desiderium
eius flante zefiro vento ab accidente temperanter, versis navium rostris ad orientem,
usque dum in Freis prospere cum omnibus pervenit, ibique gentilium copiis inven-
ris, ab Aldgislo rege eorum honorifice susceptus est» (cf. Vita Wi{fridi auctore Eddio
Stephano, in Passiones vitaeque sanctorum aevi Merovingici, hg. von B. KRuscH, W
LEVISON [Monumenra Germaniae Historica. Scriptores Rerum Merovingicarum,
VI]. Hannover, Hahn, 1913, p. 220). È interessante leggere quanto scritto nella Vita
di San Bonifacio a proposito del suo viaggio in Frisia: «pervenit ad locum, ubi erat
forum rerum venalium et usque hodie antiqua Anglorum Saxonumque vocabulo
appellatur Lundenwich» - ricorderemo che la vita del santo è stata serina da! prete
Willibald su richiesta dei vescovi Lullo di Magonza e Megingoz di Würzburg, a tredici
anni dalla morte del missionario (prima del 768) - «Ac non multo transacto postli-
minio nautarum naviter novus quidem epipara, consentienti nauclerio, adgressus
est navem, nauloque inpenso, prospero ventorum flaru pervenit at Dorstet, ibique
aliquandiu commoratus, debitum domino Deo exsolvit die noctuque proeconium»
(cf. Vita Bonifatii auctore Willibaldo, hg. von W LEVISON [Monumenta Germaniae
Historica. Scriptores Rerum Germanicarum, LVII]. Hannover, Hahn, 1905, p. 16).
Sempre nella stessa opera si legge che dall'Inghilterra un gran numero di santi uomi-
ni, fra i quali scribi, dotti ed esperti nelle varie arti, giunse in aiuto di Bonifacio per
sostenerlo nella sua opera missionaria (ibid., p. 18).
LA «CARTULA» DI ALCUINO 247

ad addentrarsi nel delta del pescoso Reno, 11 dove il fiume si getta con
una corrente impetuosa nel mare:
Canula, perge cito pelagi trans aequora cursu
Ostia piscosi flabris pete fortia Rheni
Ingrediens rapidis pontum qua volvitur undis 24
(vv. 1-3)
Puntando con la prora in direzione della bocca del Reno l'imbar-
cazione avanza a fatica contra corrente. Per impedire che sia risospinta
verso il mare aperto, alla prua si lega una robusta fune governata da
terra, probabilmen te da un traino di animali da tiro, seconda una pra-
tica già descritta da Orazio nel famoso iter brundusinum, il quale puo
aver offerto un modello per il carme alcuiniano, almeno relativamente
alla parte descrittiva del viaggio 25 :
Tum tua prelongo ducatur prora remulco,
Ne cito retrorsum rapiatur flumine puppis.
(vv. 4-5)
Lungo il basso corso del Reno potrebbe accadere che sulla riva si
stagli la figura dell' amico Albrico 26 , ni pote e successore di Gregorio,
a sua volta successore del grande missionario Willibrord alla diocesi
di Utrecht (l' antica Trajectum) dal 780 al 784. Questi, appresa la
notizia dell' arrivo dell' os pite, potrebbe muovergli incontro sollecitato
dall'ansia di rivedere l'arnica; a lui Alcuino suggerisce di porgere la
formula di saluto «Vaccipotens praesul ... salve»! con la quale sem-
brerebbe si possa essere sicuri di guadagnarsi un pasto presso l' abate
priore Hadda:
'Vaccipotens praesul!', properans tu dicito, 'salve',
Nam tibi Hadda prior nocte non amplius una
In Traiect me! cumpultimqu e buturque ministrat:
(vv. 7-9)
Utrecht dista dal luogo dello sbarco non più di una notte di cam-
mino e ll gli verrà approntato un buon desinare a base di miele, burro

24 In questo
verso Dümmler ravvisa un' eco ovidiana: Ovrnro, Metamorfosi, I,
570: «spumosis volvitur undis» (cf. E. DüMMLER, Poetae Latini, p. 220).
25 ÜRAZIO, Sermones,
1. 5, pp. 11-23, in Q. Horati Flacci Opera, ed. by D. R.
SHACKLETON BAILEY. Stuttgart, Teubner, 3. ed. 1995.
26 Di origine frisona
era stato allievo di Alcuino alla scuola di York ed era legato
da grande amicizia a S. Liudgero, primo vescovo di Munster.
248 LUCIA SINISI

e cumpultim, poiché - il poeta interviene con la spiegazione:


Utpute non oleum nec vinum Fresia fondit.
(v. 10)

Incidentalmente siamo dunque informati sugli ingredienti che


costituivano il desinare riservato agli ospiti nei conventi dell'Europa
settentrionale. Inutile aspettarsi olio e vina poiché il dima rigido della
Frisia non ne consente la produzione, ma sicuramente non si lesinerà
su miele, burro e zuppe di cerealî o legumî.
Rispetto a Utrecht Wijk bij Duurstede era in quell' epoca molto
più importante, poiché - came abbiamo visto - era un grande emporia
commerciale che collegava il sud dell'Europa ai paesi settentrionali; ma
la mentalità che si accompagna al mercimonium non piace al grande
Alcuino, il quale suggerisce di lasciare in fretta questo grande mercato,
poiché è inutile recarsi a salutare il mercante Hrotberct, questi non è
affatto ospitale e soprattutto non apprezza l' arte della poesia:
Hinc tua vela leva, fugiens Dorstada relinque:
Non tibi forte niger Hrotberct 27 parat hospita tecta,
Non amat ecce tuum carmen mercator avarus.
(vv. 11-13)

Meglio continuare la navigazione lungo il Reno verso la dimora


dell' arnica e poeta lone; 11 non mancheranno laute libagioni a base di
verdure, pesce e pane:
Sed diverte mei vatis tu litora Ione:
Est nam certa quies fessis venientibus illuc
Hic holus hospitibus, piscis hic, panis abundat
(vv. 14-16)

A Colonia, la città di Agrippina, Alcuino consiglia di andare a


rendere omaggio a Ricvulfo, vescovo della città dal 772 al 794, salu-
tandolo in modo suadente, dicendogli:
Urbs Agrippina tibi pandit, scio, tecta benigne:
Hic humili patrem Ricvulfum voce saluta
Die: 'Tua laus mecum semper, dilecte, manebit'.
(vv. 17-19)

27 Sul nome di Hrotberct si veda S. LEBECQ, «Ün the use of the word 'Frisian'

in the 6th - lOth centuries written sources: some interpretations», in }Yfaritime Celts, ·
frisians and Saxons, p. 87.
LA «CARTULA» DI ALCUINO 249

Il viaggio proseguirà di là sino alla congiunzione del Reno con la


Mosella.
È necessario attraversare il largo fiume per giungere poi, a piedi,
nei luoghi venerati del santo Willibrord:
Hinc Castella petes currenti nave per undas,
Donec ad optatae pertingas flustra Musellae.
Remigio postquam spatium sulcaveris amnem,
Hic tum siste ratem, puppis potiatur harena28 ,
Et pete Wilbrordi patris loca sancta pedester
(vv. 20-24)
Non lontano, a Sens29
, vi è la dimora dell'arcivescovo Beomra-
do30, nel carme menzionato con lo pseudonimo Samuele, seconda il
vezzo di Alcuino di attribuire pseudonimi o nomignoli a componenti
dell' Accademia Palatina, allo stesso Carlo Magno e ai suai famigliari e,
soprattutto ai suai amati studenti 31 . Bussando alla porta è consigliabile
dar fonda a tutte le arti poetiche salutando il giovane sorvegliante con
voce apollinea:
Atque sacerdotis Samuhelis tecta require.
Castalido portas plectro pulsare memento
Constanter puero Pithea die voce ministro :
'Puplius Albinus me misit ab orbe Britanno
Predulci dulcem patri perferre salutem'.
(v. 25-29)
Non si è sicuri d' essere introdotti alla presenza dell' alto prelato,
ma se si è tanto fortunati da avere udienza, Alcuino, principe dell'arte
retorica e aduso alle convenzioni della carte carolingia, suggerisce di
prostrarsi ai suai piedi e di proferire il seguente saluto:
Si tibi praesentis fuerit data copia verbi
Fusa solo supplex plantas tu Iambe sacratas,
Dicque 'Valeto, pater Samuhel', die: 'Vive sacerdos'.
(v. 30-32)

28
Cf. VIRGILIO, Eneide, I, 172: «potiuntur Troes harena·'·
29 Sens era stata sede arcivescovile di S. Wulfram nel 682 che, tuttavia, aveva
lasciata nel 685 per andare a conYertire i Frisoni.
30 Abate di
Echternach e vescovo di Sens dal 776 al 798.
31 Questo aspetto della
personalità di Alcuino è stato studiato esaminato esausti-
vamente da M. GARRISON nel saggio «The social world of Alcuin. Nicknames at York
and at the Carolingian Court» in Proceedings ofthe Third Germania Latina Conferenœ
250 LUCIA SINISI

Per ingraziarsi ancor più il sommo sacerdote, Alcuino consiglia


di fargli dono di copie delle grammatiche di Prisciano e Foca che -
abbiamo notizia - fossero in catalogo nella molto fornita biblioteca di
York, corne lo stesso Alcuino ci informa al v. 1555 del componimento
storico-agiograflco sui grandi abati e maestri della scuola di York De
pontificibus et sanctis Ecclesùe Eboracensis32 :
Detege iam gremium, patres et profer honestos
Prisciano e Foca, tali quia munere gaudet
Si non Neptunus pelago demersit illos.
(vv. 33-35)

Questi versi testimoniano del grande flusso di libri che passava


tra l'Inghilterra e il Continente e delle incessanti richieste di mano-
scritti costantemente avanzate dai missionari anglosassoni ai confratelli
rimasti nei monasteri in patria33 . Nella mente del poeta, tuttavia, si
profila subito il tragico scenario di un eventuale naufragio che possa
vedere inghiottiti dai flutti i preziosi codici. Questa riflessione eviden-
zia il timore, sempre vivo nella mente del pellegrino medievale, dei
pericoli che il viaggio, e soprattutto la navigazione per mare nel nord
dell'Europa, comportava. È per questo motivo che si aspettava la bella
stagione per imbarcarsi, anche se tale precauzione non sempre mette-
va al riparo dai rischi di una traversata pericolosa, corne racconta lo

held at the University of Groningen, ed. by L. HouwEN, A. MAcDoNALD (Germania


Latina, 3). Groningen, Forsten, 1998, pp. 59-79.
32 De pontificibus et sanctis Ecclesùe Eboracensis è ediro in P. GooMAN, De pontifici-

bus et sanctis Ecclesiae Eboracensis, The Bishops, Kings, and Saints of York. English and
Latin. Oxford, Clarendon Press, 1982.
33 I versi confermano un atteggiamento che è rivelato non solo dalla presunta,

e ancora per certi aspetti misteriosa, sorte del Codex Amiatinus, il mirabile dono
che Ceolfrith avrebbe voluto dare al vicario di Cristo, ma che non fu. in grado di
consegnarli per l'improvvisa morte che lo colse durante il viaggio, ma anche dalle
innumerevoli lettere inviate dai missionari anglosassoni impegnati sui Continente,
che ci sono pervenute. Si veda a questo proposito la Jettera di s. Bonifacio indirizzata
alla badessa Eadburga per ringraziarla dei li.bri inviati, e la richiesta rivolta al!' allievo
Duddo affinché gli invii copia delle Sacre Scritture e dei testi dei Padri della Chiesa,
e ancora l'altra missiva destinata alla badessa Eadburga scritta per sollecitarla a con-
tinuare il lavoro di copiatura della Jettera di s. Pietro, redatta con caratteri in oro,
che ella gli aveva promesse (cf. C. H. TALBOT, The Anglo-Saxon Afissionaries in Ger-
many. Being the Lives of SS. Willibrord, Boniface, Leoba and Lebuin together with the
Hodoepericon of St. Willibald and a selection from the correspondence of St. Boniface.
London-New York, Sheed and Ward, 1954, pp. 735- 7 36).
LA «CARTULA» DI ALCUINO 251

stesso Alcuino nei versi iniziali di un carme destinato ad un discepolo:


«En tuus Albinus, saevis ereptus ab undis,/ Venerat, altithrono nunc
miserante deo» 34 •
Se si è fortunati si potrebbe avere 1' onore di essere introdotti
dall' arcivescovo Beornrado alla corte carolingia di Aquisgrana, <love
Alcuino raccomanda di non trascurare di salutare alcuno:
Si te forte velit regis deducere ad aulam,
Hic proceres patres fratres percurre, saluta.
(vv. 36-37)
È a questo punto, e nei versi successivi, che Alcuino perde inte-
resse per la descrizione del viaggio, poiché preso da un aspetto che
gli sta più a cuore: intessere strette relazioni con la corte carolingia
e soprattutto con il sovrano Carlo Magno, davanti al quale egli con-
siglia di prostrarsi e, ricorrendo a tutte le arti poetiche, di rivolgergli
un cerimonioso, quanto magniflcante, saluto, chiedendogli tutela e
protezione, per timore che il sovrano possa <lare ascolto alle parole
piene di invidia degli intellettuali più eminenti che circondano il re dei
Franchi, rivali di Alcuino nell'arte della poesia e della retorica 35 :
Ante pedes regis totas expande camenas,
Dicito multoties : 'Salve, rex optime, salve.
Tu mihi protector, tutor, defensor adesro 36 ,
Invida ne valeat me carpere lingua nocendo
Paulini, Petri, Albrici, Samuelis, Ione,
vel quicumque velit mea rodere viscera mursu;
(vv. 38-43)
Ma è proprio a questo punto della narrazione che il nostro inte-
resse si attenua, poiché Alcuino si attarda nei cerimoniali di corte,
interrompendo la suggestiva descrizione del suo viaggio virtuale:
Mormure die taciro: 'Cathegita Petre valeto!
Herculeo sevus claro ferit ille, caveto!'
Paulini gaudens conplectere colla magistri,
Oscula melligeris decies da blanda labellis.

34 P. GooMAN, Poetry of the Carolingian Renaissance.


London, Duckworth, 1985,
p. 122.
35 A questo aspetto poco sublime che caratterizza
le relazioni fra le grandi perso-
nalità che compongono !'entourage di Carlo Magno che qui, ne! nostro carme, pale-
semente traspare, è dedicato uno studio di Dieter Schaller (vedi D. ScHALLER, «Poetic
Rivalries at the Court of Charlemagne», in Classical Influence on European Culture,
500-1500, ed. by R. R. BoLGAR Cambridge 1971, pp. 151-157).
252 LUCIA SINISI

Ricvulfum, Raefgot, Radonem rite saluta,


Auriculas horum peditemtim tange canendo,
Die: 'Socii fratres laeti salvete valet'.
(vv. 44-51)

Dopa una sosta di una decina di versi in cui il poeta indugia nei
saluti, mostrando tutta la sua abilità di diplomatico che gli ha consen-
tito di giungere alle vette più alte, se non della carriera ecclesiastica,
senz' altro corne consigliere culturale alla carte carolingia, quando tutti
i convenevoli di carte si sono esauriti, il viaggio puà continuare verso
le sedi vescovili che si ergono sulle sponde della Mosella.
La tappa successiva è l'illustre città di Magonza, sede vescovile
di Lullo, anch' egli protagonista dell' epopea dell' evangelizzazione della
Frisia, dell'Assia e della Turingia, in primo luogo perché successore di
Bonifacio a Mainz, ma anche perché impegnato in prima persona nella
translatio delle spoglie del santo da Dokkurn, luogo dove era avvenuto
l' eccidio, al glorioso rnonastero di Fulda, fondato, corne si ricorderà,
per volontà di Bonifacio, su un luogo che il discepolo Sturmi aveva a
lungo cercato vagando 37 :
Egregiam forsan venies Maggensis ad urbem
Perpetuumque vale doctori dicito Lullo,
Ecclesiae specimen, sophiae qui splendor habetur,
Moribus et vita tanto condignus honore.
(vv. 52-55)

Proseguendo si giunge a Spira, dove è doveroso far visita al vesco-


vo Bassina, sulla cui persona, purtroppo, non si hanno malte notizie
- gli unici riferimenti si trovano negli Acta Karoli e negli Acta Pippini
in cui si dice che fu nominato vescovo di Spira nel 761, e a cui successe

Le indicazioni su corne la cartula alcuiniana debba rivolgersi al Re dei Franchi,


36

l'uomo più influente dell'Occidente cristiano, rinviano ai più noti passi - rammentati
da Citroni - del proemio dei Tristia di Ovidio in cui il poeta latino si sofferma sui
comportamento che il suo libro deve adottare in presenza di Augusto, un' eco «di passi
orazioni [... ] in particolare dell'epistola I 13 in cui Orazio si rivolge a Vinnio Asina,
incaricato di portare ad Augusto i libri delle Odi - ed è proprio a seguito delle riela-
borazioni che ne fa Ovidio qui e altrove che questi passi ci si vengono a configurare
corne i prototipi di una certa maniera cortigiana di approccio del poeta ai grandi» .
(Cf. M. CITRON!, «Le raccomandazioni», p. 129).
37 Cf. Vita Bonifatii auctore Willibaldo, hg. von W. LEVISON (Monumenta Ger-

maniae Historica. Scriptores Rerum Germanicarum in usum scholarum separatim


editi, LVII). Hannover-Leipzig, Hahn, 1905, pp. 1-57.
LA «CARTULA» DI ALCUINO 253

nel 782 Fraido 38 - tuttavia dobbiam o presumere che fosse una perso-
nalità ben nota al suo tempo, se Alcuino lo saluta dicendo:
0 Bassine bone, Spirensis gloria plebis,
Me, rogo, commend a Paulo, pater aime, patrono,
cuius et alma domus fratres nos fecerat ambos.
(vv. 56-58)
Il viaggio termina, o meglio in condusio ne il pensiero è rivolto
al monaste ro di S. Dionigi di Parigi, sede dell' abate Fulerado sino al
784, anno della sua morte 39 . Per lui Alcuino intesse lodi per la sua
grande abilità nella composi zione di carmina e con gesto virgiliano gli
contorna le tempie con una ghirland a di edera:
Quis, Fulerade pius, lyrico te tangere plectro
audebit? Meritis Musarum carmina vincis.
Nunc tamen hanc ederam circum sine timpora sacra
serpere, summe pater, tibimet bonitate sueta,
vel demitte semel memet tibi dicere salve.
(vv. 59-63)
È qui, a S. Denis, che idealmen te il viaggio dovrebbe condude rsi,
ed è qui, in un manoscr itto provenie nte da S. Denis, che il carme è
stato conservato, probabil mente - si ritiene - lo stcsso Fulerado è il
destinatario dell' opera 40 •
Dopo aver esposto il percorso che il foglietto dovrebbe compiere,
dopo essersi perso dietro la memoria di un viaggio già compiuto, Alcui-
no sollecita, corne nell' incipit, la cartula a mettersi in moto, questa volta,
perà, sulla via del ritorno; la sollecitazione a tornare costituisce, in un
certo senso, una trasgressione ris petto al canone tradizionale dell' epistola
poetica, in cui solitamente il poeta esorta la lettera a rompere gli indugi
per intraprendere influe il viaggio, corne nella chiusa del proemio dei Tri-
stia di Ovidio, in Marziale X 104 (e in molte altre epistole poetiche dello
stesso autore) e nel Propempticon ad libellum di Sidonio Apollinare:
Heia age, carta, cito navem conscende paratam
Oceanum Rhenum sub te natet unca carena.
(vv. 64-65)

38 Acta regum et imperatorum Karolinorum digesta et enarrata, hg. von T. S1cKEL.


Wien 1867-1868: Acta Karoli, 92, vedi anche Acta Pippini, 20.
39 Dümmler
rinvia agli Annales Mosellani, hg. von I. M. LAPPENBER G (Monu-
menta Germaniae Historica. Scriptores in Folio, XVI). Stuttgart 1859, p. 497.
4o Cf. P. GoDMAN, Poetry, p. 138
254 LUCIA SINISI

La nave dalla chiglia arcuata è pronta a solcare i flutti del


Reno 41 •
42
Non si lasci distrarre dall' oro che incontrerà lungo il percorso
- ammonisce Alcuino - e nemmeno dalla curiosità di visitare i villaggi
le città e le campagne che scivoleranno sotto gli occhi
Materies auri non te, rogo, fulva retardet
Accula quem fesses profert de viscere terrae
Non castella domus urbes nec florida rura
Deteneant stupidam spatio nec unius horae
Sed fuge, rumpe moras, propera, percurre volando:
(vv. 66-70)

Il poeta si augura che la cartula possa trovare tutti i suoi amici in


buona salute e li raccomanda a Dio, affinché li preservi dai mali e li
accolga tutti, dopo la morte, nel Regno dei Cieli:
Incolomes sanos gaudentes atque vigentes
Inveniens utinam nostros gratanter amicos.
Det deus omnipotens illis per secla salutem,
postea caelestem laetos deducat in aulam.
(vv. 71-74)

Il fogliettino ha assolto al suo compito e puà ora tornare in patria,


dove ha l'incarico di riferire con buona memoria tutto cià che ognuno
gli avrà detto:
Omnibus his actis patriam ·tu certa reverte
Et quod quisque tibi dicat narrare memento,
(vv. 75-76)

41Sulla 'chiglia arcuatà, ritengo opportuno spendere qualche parola: puà non
trattarsi che di una citazione poetica, ma potrebbe descrivere un particolare tipo di
imbarcazione in uso, secondo uno studio di Lebecq, presso la marineria frisona della
fine dell'VIII secolo, quella che egli definisce proto- hulc, un batte!lo che in quell' epo-
ca solcava il Mare del Nord e che si distingueva, proprio per Io scafo arcuato, dai cog,
che invece avevano il fondo piano e venivano usati dagli antenati degli olandesi per il
commercio diretto ai porti scandinavi, perché più adatti ad attraversare fondali bassi
e sabbiosi. (Vedi S. LEBECQ, «Ün the use of the word 'Frisian»>, p. 88).
42 Non è chiaro a quali miniere d'oro si riferisca Alcuino in questi versi; se il

viaggio di ritorno, corne sembra di capire, si svolge, corne all'andata, lungo il fiume
Reno, sarebbe ovvio pensare all'oro del Reno, che insieme ai giacimenti di Tauern,
costituisce uno dei più antichi filoni auriferi d'Europa. Sfruttato già dai Celti e dai
Romani, ancor oggi si conservano monete auree di epoca romana con l'incisione «sic
fulgent littoria rheni». Incidentalmente voglio ricordare che una delle più importanti
zecche dell'impero carolingio era presente a Dorestad.
LA «C\RTULA» DI ALCUINO 255

Il carme sembrerebbe a questo punto perfettam ente conchiuso,


seconda le convenzio ni del modulo dell' apostrofe alla lettera, ma ina-
spettatam ente, Alcuino aggiunge altri cinque versi in cui egli si augura
che lo strumento a cui ha affidato il suo componim ento, la cartula,
passa tornare a primavera, la stagione in cui le rosse gemme spuntano
dalle cortecce; allora - il poeta nutre la speranza - riascolterà modulare
il canto e le nuove canzoni, allora intreccerà serti dorati coi nuovi flori,
allora dunque - egli aggiunge - «poserai con me, al flanco, sui prati
ameni»:
Ut cum vere novo rubrae de cortice gemmae
erumpant, nostris videam te ludere tectis,
arque novas iterum nobis adferre camenas.
Tum tibi serra novis de floribus aurea fingam
Et sociata mihi pratis pausabis amoenis
(vv. 77-81 )
Questi ultimi versi sembrano costituire uno iato all'interno della
corn posizione, poiché si ha la sensazione di essere in presenza di uno
slittament o di associazione.
Il modulo dell' apostrofe al libro o alla lettera cui il poeta affida
la sua composizione per raggiungere un destinatario, o dedicatario,
lontano, non contempla il ritorno al mittente dello strumento su
cui l' opera poetica ha viaggiato; pertanto dubito che nella chi usa del
nostro carmen Alcuino voglia riferirsi ancora alla cartula.
La scena finale con la quale esso si chiude farebbe pensare piut-
tosto al ritorno di un amico che, partito durante la bella stagione alla
volta del Continent e, secondo l'itinerario descritto, tornerà a primave-
ra, quando le favorevoli condizion i meteorologiche consentira nno la
ripresa dei viaggi.
Cerro si potrebbe pensare che Alcuino passa alludere alla missiva
di risposta che il destinatar io della sua lettera potrà inviargli solo a
primavera e che il poeta aspetterà con ansia perché gli porterà noti-
zie dell' amico, forse anch' esse in versi, «novas camenas», che il poeta
si preflgura gioiosamente leggerà sui rinnovati e verdi prati, «pratis
amoenis», della stagione dei flori.
Tuttavia, I' assenza nel carme di un destinatario ben identiflcato,
che possiamo solo presumere passa essere Fulerado, poiché ultimo
personaggio autorevole raggiunto dalla cartula, impone di vagliare
altre scelte interpretat ive del testa: forse, I' opera non è, non vuole
essere una epistola poetica, corne è stata tradiziona lmente deflnita ma
256 LUCIA SINISI

potrebbe essere intesa corne una sorta di vademecum di viaggio scritto


da Alcuino ad uso di qualcuno che si appresta a compiere un percorso
al poeta ben noto. Se cosl. fosse bisognerebbe cercare il destinatario
della piccola opera fra i giovani allievi della scuola di York, presso i
quali Alcuino ritorna per due volte, e il carmen potrebbe essere stato
composto fra il 780 e il 782, anni che si collocano fra il suo rientro in
Inghilterra dalla visita al ponteflce e l' assunzione dell' incarico presso la
corte palatina, assolutamente non durante il suoi successivi soggiorni
in Inghilterra, poiché Fulerado, che nel carme risulta ancora abate di
S. Dionigi, muore dopo il 784.
Probabilmente lo studente si accingeva a compiere un viaggio di
studio o forse una missione diplomatica o forse più semplicemente era
il corriere delle missive inviate dal centro abbaziale di York. Il maestro
amorevolmente gli fornisce una serie di indicazioni geograflche che gli
consentiranno di compiere più agevolmente e con maggiore consape-
volezza il percorso, non trascurando di suggerirgli anche il comporta-
mento più adeguato da tenere nei confronti dei grandi dignitari che
risiedono nelle sedi ecclesiastiche e reali che punteggiano il corso del
Reno e della Mosella.
Le istruzioni di viaggio prendono qui la forma di un carme, una
veste che risulta essere del tutto naturale per l' abilissimo poeta Alcui-
no, la cui produzione poetica si caratterizza per essere quasi sempre di
natura occasionale.
Forse 1' allievo non è più tornato nella primavera dell' anno succes-
sivo, corne Alcuino auspica nella conclusione (o gli dice per consolarlo
di un viaggio non voluto) e lo ha conservato con sé, forse qualcuno
a S. Denis ha avuto modo di leggerlo e avendolo apprezzato, sia per
i suoi pregi poetici, ma forse soprattutto per il suo alto contenuto
informativo del viaggio e dell' ambiente carolingio, lo ha copiato nel
Parisiensis 528.
Alla luce di quanta detto il carme di Alcuino riveste grande
importanza, poiché testimonia quale veste, inconsueta per noi, potesse
assumere nell'VIII e IX secolo la letteratura relativa al viaggio, ma non
solo, rivela anche in quale modo, attraverso quali canali, le informazio-
ni geograflche viaggiassero da un centro scri ttorio all' altro.

Università degli Studi di Bari


LA «CARTULA» DI ALCUINO 257

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INDIC!
INDICE DEI MANOSCRITTI CITAT!

CAMBRIDGE LONDON

St. John's College British Library


ms. G. 25, 74 ms. Arundel 6, 208
University Library ms. Cotton Vespasianus D XIV,
72, 74
ms. li. 6.26, 74
Lambeth Palace
GIESSEN
ms. 491, 190
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MüNCHEN
ms. 161, 210
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K0BENHAVN
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Det Arnamagnœanske
2° Cod. Ms. 731, 82, 85
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AM 198 8°, 97, 100 ÜXFORD
AM 371 4°, 95 Bodleian Library
AM 544 4°, 95-97, 111, 118 ms. Laud. Mise. 622, XII, 175, 176
AM 674 4°, 75, 99 St. John's College
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AM 736 I 4°, 99 ms. 154, 2
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K6LN Cod. Lat. 528, 242, 256
Historisches Archiv
der Stadt ZüRICH
W 26la, 187 Zemralbibliothek,
W* 3, 187 Ms. C 54, 86
INDICE DEGLI AUTOR! E DEI PERSONAGGI STORICI

Abbone di Fleury, 5, 37 Andrea, s. 70, 229


Abd-al-Rahmân, 46 Angantyr, 135
Abele, 229 Angilberto, 243
Abramo, 224 Ann, 125, 140, 155, 172
Abü Hâmid al-Gharnâtï, 63, 64 Anna, s. 226, 228
Adamo, 45, 225 Anselmo di Canterbury, s. 71
Adamo di Brema, 43 Antonio, s. 221, 235
Aeddi (Eddius), Stephanus, 246 Aristotele, 42, 43, 102, 107
Aoils, 137, 147 Asa, 163
JElfric Bata, 7, 11 Aslaug, 129, 145
JElfric, 2, 3, 5, 6, 11, 12, 22, 23, 28, Asmundr, 144, 156, 157, 166, 172
29,33,35,37,38,45 Atanasio, s. 221
JEsa, 157 Ataulfo, 45
1Ethelwold, 2 Augusto, 252
Afra, s. 209 Ausonio, 243
Agostino, s. 44, 45, 95 Ava, 76
Agricola, Giulio, 43
Agrippa, 44 al-Bakrï, 64
Agrippina, 248 Barbara, s. 222
Aki, 162 Bâris, 53
Alarico, 44 Bartolomeo, s. 218, 235
Alberico, 49 Basilio, s. 223
Alberto Magno, 73 Bassina, 252
Albino, 251 Beda,4, 5, 13,21,25,26,29,30,33,
Albrecht von Rechberg, 223 36,37,45,46,98,245
Albrico, 247, 251 Beornrado (pseud.: Samuele), 249,
Alcuino, XIV, XV, 239-244, 246-251, 251
253-259 Bernhart Kreyfs, 223
Aldgislo, 246 Berthold von Regensburg, 79
Aldhelm, 5, 37, 38 Bjorn, 138
Alessandro Magno, 176, 177 Boovarr Bjarki, 137, 142
Alessio, s. 176 Boezio, 5, 37, 45 46
Alfredo il Grande, VIII, 3, 45, 47, 48, Bonaventura, s. 76, 77
50,51, 120,240 Bonifacio, s. 73, 246, 250, 252, 259
Almüsh ben Yiltuwar, 52, 53 B6si, 156, 167, 168, 172
Amîn Râzî, 59 Breoi, 129
An, 155 Brennir, 160
INDICE DEGLI AUTOR! E DEI PERSONAGGI STORICI 265

Brynhildr (Brunilde), 145, 156 Elia, 222


Buèlli, 156 Elisabetta, s. 183, 184, 225, 229, 234
Byrhtferth, VIII, 1, 3, 4-6, 10, 11, 13, Elperico, 5, 15, 21, 37
18,37-39 Enrico, 164
Enrico il Leone, 91, 94
Cesare, 44, 46, 59 Erasma, s. 230
Caifa, 228 Eratostene, 45, 101
Caino, 229 Erode,216,2 21,224
Caligola, 46 Erodoto, 44, 62
Cammerlander, Jakob, 92, 93 Eufemia, s. 230, 234
Carlo Magno, IX, XIV, 48, 49, 66-70, Eusebio, s. 220, 230
120,242,243 ,249,251-25 3,257, Eva,225
259 Eymundr, 153, 154
Cassiodoro, 43 Eysteinn, 147
Caterina, s. 93, 215, 216, 218, 220,
222,223,229 Foca, 250
Ceolfrith, 250 Fraido, 253
Conrait von Franckensteyne, 223 Framarr, 161, 162
Corrado: v. Konrad Franck, Sebastian 92
Cristo, 39, 44, 45, 68, 69, 74, 75, Frièlpj6fr, 125
182, 183, 185, 216, 221, 224-230, Froschauer, Hans, 93
234,243,246 ,250 Frosti, 162
Claudio, 46 Fulerado, 253, 255, 256
Costantino il Grande, 230
Ctesia, 102, 107, 111 Gallo, s. 222
Gardïzi, 58
Dagr, 162 Gaüdentz von Rechberg, 223
Daniel von Muderspach, 223 Gautrekr, 140, 142, 143, 159, 172
Davide, 228, 243 Gellio, 111
Didone, 146 Geremia, 176
Dionigi, s. 242, 253, 256 Germanico, 41
DonMo,5,25 ,37,98 Gernand von Schwalbach, 231
Dorotea, s. 230 Gesù, v. Cristo
Duddo, 250 Giacobbe, 224
Dunstan, s. 8 Giacomo minore, s. 226
Giobbe, 110
Eadburga, 250 Giordane, 43, 49, 50
Ecgfrido, 246 Giorgio, s. 230
Edda, 168 Giovanni, v. anche Johannes
Edgar, 164 Giovanni Battista, s. 225, 226, 228,
Edoardo II, 176 230
Egen, Lorenz, 233 Giovanni Elemosiniere, s. 220, 234
Egil!, 107, 156, 166, 172 Giovanni Evangelista, s. 70, 79, 180,
Eginardo, 66, 67, 68, 69 220, 226-228
Eirîkr, 75, 111, 119, 144, 158, 163 Giovanni V, 190
Elena, s. 225 Giovanni XV, 209
266 INDIC!

Giovanni Mosco, 220 Hrafnhildr, 152, 155


Girolamo, s. 216, 221, 224, 229 Hreggvièlr, 164
Giuda,215,219 ,223,226 Hreièlarr, 141
Giuseppe, s. 224 Hringr, 137, 160, 162, 167
Giuseppe di Arimatea, 227 Hrôlfr, 128, 136-138, 140, 142-144,
Godfred, 49 147, 160, 163, 164, 172
Gongu-Hrôlfr, 130, 131, 139, 163, Hrotberct, 248
172 Hugeburg, 240
Gregorio Magno, s. 45, 46 Hundingr, 133
Gregorio, 247 Hupfuff, Mathias 93
Grimr, 140, 148, 151-153, 172 Hvît, 138
Guèlmundr, 134, 135, 148, 168 Hvftserkr, 146
Guèlrûn, 129
Guglielmo, v. anche Wilhelm Ibn Battûra, 53
Guglielmo di Conches, IX, 77, 82, 84 Ibn Fadlan, IX, 50, 52-59, 61-65
Guglielmo il Conquistatore 147 Ibn Gubair Qubayr), 53
Gülfferich, Hermann, 93 Ibn Khurdadhbih, 57
Ibn Rusta, 58
Hadda, 247 Ibrahïm ibn Ya'qûb, 64
Hadubrant, 156 Ilarione,221
Hilfdan, 144, 145, 156-159, 168, Illuga, 156, 169, 172
169, 172 Ingibjêirg, 162
Hilfr, 136, 140-142, 172 Ingimundr, 155
Halfrekr, 172 Ingjaldr, 155
Haraldr, 143, 145, 160, 161, 164, Ingôlfr, 160
165 Ingvarr, 162
Harûn al-Rasïd (Aaron), 49, 66 Innocenzo VI, 190
Haukr Erlendsson (Hauksbôk), X, 96, Iona, 248
133, 145-147, 150 Isaak, 66
Heèlinn, 128, 130, 138, 139, 172 Isacco, 224
Heièlrekr, 128, 133-135, 150, 172 Isidoro di Siviglia, s. X, 4, 20, 27, 34,
Heimir, 129, 145 37, 44, 97-105, 107-118, 120
Heinrich von Melk, 76 fvarr, 146, 147, 169
Helgi, 130, 136, 140, 147, 148, 172
Herrauèlr, 156, 166-168 Johannes von Gmunden, 87
Hervür, 128, 133-135, 150, 172 Johannes von Hildesheim, 190
Hildr, 156 Johans, 220, 234
Hilribrant (Hildibrandr), 156, 157 Jôlfr, 154, 155
Hjilprekr (Chilperico), 133 Jônakr, 130
Hjalti, 142 Jêirmunrekr, 130
Hjorleifr, 140, 141 Jorundr, 153
Hleièlr, 168
Hloèlr, 133, 135 Ketill, 140, 143, 144, 148, 151, 152,
Hoddbroddr, 130 155, 172
Hogni, 128, 138, 139, 168, 169, 172 Kiechel, Samuel 232
Howard, Henry, 208 Kobe!, Jakob, 93
INDICE DEGLI AUTOR! E DEI PERSONAGGI STORICI 267

Konrad, Priester, 76 Michele, s. 219, 221


Konrad von Megenberg, 193 Mjoll, 155
Konrad von Würzburg, 187 Mosè,216,219,222,2 23
Kvillanus, 150 Muhammed ben Suleiman, 54
al-Muqaddasï, 63
Lanfranco, 71 al-Müqtadir, 52, 54, 63
Lantfrido, 66
Laud, William, 176 Nikulas di Munkapvera, 97, 129, 132
Lorenw, s. 218, 235 Noè, 100, 230
Lazinus, 157 Nornagestr, 128, 131-133, 142, 146,
Lazzaro, 76, 226, 229 172
Lebeuf, abate, 242 Notker III von St. Galien, 81
Lebuino,s. 250,259
Leoba, s. 250, 259 Ôgmundr Eypj6fsbani, 150
Leonzio, 220 Ohthere, IX, 46-48, 51, 106, 239,
Liudgero, 247 240
Loptha:na, 153 Ôlafr Pérèlarson hvîtaskald, 98
Luca, s. 222
ÔlafrTryggvason, 131, 147, 148
Luigi il Pio, 245 Ôlâfr (inn helgi), s. 142, 157, 160
Luitpoldo, 209 Ornera, 98
Lullo di Magonza, 246, 252 Onofrio, s. 223
Luther, Martin, 234 Onorio Augustodunense, IX, 71-77,
82,84, 107
Macrobio, 5, 37 Oporin, Johannes, 93
Malco, 227 Orazio, 243, 247, 252
Maometto, 54, 63 Origene, 225
Marco Evangelista, s. 220, 227, 233, Orm, 45
235 Orosio, VIII, IX, XI, 44-49, 51, 70,
Marco Polo, 62, 192, 231, 233 106,239
Maria, s. 74, 218, 220, 224, 227, 229 Ôrvar-Oddr, 134, 140, 148-152, 155,
Maria Maddalena, s. 180, 216, 226, 170, 172
229 Ottone I, 64
Marta, s. 229 Ovidio, 243, 247, 252, 253
Martino, s. 219, 224, 229
Marziale, s. 242 Paolo, s. 69, 76, 221, 230, 235, 253
Marziale, Marco Valerio, 243, 253, Paolo Diacono, 242
258 Paulina, 251
Marziano Capella, 5, 37, 98, 120 Pelagia, s. 227, 234
Massimiliano I, 212 Philipp Graf von Katzenelnbogen,
al-Masüdï, 53 XIII,207,210,214,2 23
Matteo, s. 70, 217, 221, 235 P~tro,s. 69,218,227-229,235 ,250
Mattia, s. 216, 228 Pietro, 251
Maurer, Caspar 93 Pietro di Alessandria, s. 220, 234
Megingoz di Würzburg, 246 Pietro di Pisa, 242
Melitone, ps. 227 Pietro Malchio, 227, 234
Michael de Leone, X, 82, 85, 86 Pietro Subdiacono Napoletano, 220
268 INDIC!

Pilato, 181, 217 Siguror, 129, 131, 132, 133, 145,


Pippino III, 68, 252, 253 151, 165
Pitea di Massalia, 42, 43 Silkisif, 154
Plinio, 41, 43, 45, 98, 102, 107, 108, Silvestro, s. 23
110, 111 Simeone, 225
Poeta Sassone, IX, 66, 68, 69 Simone, s. 215, 219, 223
Pomponio Mela, 45, 105 Snorri Sturluson, 134
Posidonio, 43 Soddân, 166
Prisciano,5, 7,98,250 Sofronio, s. 220
Procopio, 59, 62 Solino,98
Puplio Albino, 249 Sôrli, 128, 138, 139, 156, 168, 169,
172
al-Qazwini, 64 Starkaor, 143
Quercetano, Andrea 241 Stazio, 243
Stefano, s. 184, 226, 234
Rabano Mauro, X, 5, 23, 24, 27, 33, Steiner, Heinrich, 93
37,97,99, 111, 113, 115, 117, Strabone, 43, 45
118, 121 Sturlaugr, 156, 160-163, 167, 172
Rader, Matthaeus, 209 Sturmi, 252
Radone, 252 Süsân ar-Rassi, 53
Raefgot, 252 Sveinn, 154
Ragnarr, 129, 131, 132, 135, 140,
145-147, 167, 172 Tacito, 41, 43, 45, 48-50, 59, 67
Randalin, 145 Takin, 53
Refr, 143 Tecla, s. 230
Reginn, 129, 131 Pîorekr, 129
Reginone di Prüm, 47 Para, 167
Ricvulfo, 248, 252 P6rarinn, 153
Rodolfo di Fulda, 43 P6rir, 144, 155
Rolle, Richard 176 Pornbjôrg (pseud.: Porbergr), 143,
Ruchamer, Jobst, 231 144
Rudolf von Ems, 82, 94 P6r6lfr, 107
Ruperto di Deutz, IX, 77 Porsteinn, 156, 159, 160, 165, 172
T6ki, 140, 142, 172
Sa'ïd ibn Ahmad, 64 Tommaso, s. 70, 227
Salomone, 226, 228 Tundalo, 76
Samuele: v. Beornrado
Schiltberger, Hans, 233 Udalrico, s. 209
Schônsperger, Hans, 89
Schumann, Johannes 208 Venanzio Fortunato, 209
Schürstab, Erasmus, 86 Vîfill, 160
Scipione, 5, 37 Vîkingr, 159, 160
Sergio, 5, 37 Vilhjalmr, 165
Sidonio Apollinare, 243, 253, 257 Vinnio Asina, 252
Sigi, 129 Virgilio, 34, 249
Sigismundo, 66 Vladimir, 63
INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI STORICI 269

Voggr, 157 Wunibaldo, s. 241, 258


Wyclif, John, 74, 75, 176
Walther von der Vogelweide, 85
Wameschafft, Erhard, 210
Wilfrido, s. 245, 246, 259 Yaqüt, 54, 63
Wilhelm von Boldensele, 191 Yngvarr, 140, 151, 153, 154, 164,
William of Malmesbury, 46 172
Willibaldo, s. 241, 246, 250, 252, 259 Yngvi Tyrkjakonungr, 58
Willibrordo, s. 247, 249, 250, 259
Wulfstan, IX, 46, 47, 48, 50, 51, 61, Zaccaria, 183, 184, 225, 226
106,239,240,249 Zaccheo, 228
INDICE DEGLI STUDIOS!

Aôalbjarnarson, B., 134, 139, 143, Bianchetti, S., 42, 43


157, 160, 168 Bianchi, G., 67
Addison,]. T., 257 Binns, A., 145
Alessio, G., 232 Birlinger, A., 209
Amiran, O. H. K., 209 Bischoff, B., 240
Amore, A., 225 Blondal Magnûsson, A., 135, 137,
Andersson, T. M., 124 139
Andreotti, G., 212 Bocca, C., 211
Angarano, F. A., 228 Bock, R., 211
Arazi, A., 52 Boer, R. C., 149, 150
Arduini, M. L., 73 Bolgar, R. R., 251
Arndt, W, 242 Bosworth,]., 4
Arnoldi, ]. von, 210 Brandmair, I., 208, 210
Asmundarson, V., 123 Brefeld, ]., 184
Atsma, H., 245, 258 Brenner, P. ]., 189
Aust, H., 89 Brincken, A. O. von den, 187, 189,
Authén Blom, G., 137 190
Brongers, M. C.A., 120
Bach, A., 212 Bronzini, G. B., 220
Bagatti, B., 226 Brooks, N., 6
Bagge, S., 70 Brunner, H., 82, 191
Baker, P. S., 4, 5, 37, 38 Bugge, S., 130
Balboni, O., 220, 230 Bullough, D. A., 3
Bampi, M., 142 Burchi, P., 230
Baret, E., 257 Bursill Hall, G. L., 4
Barnes, G., 138 Butzer, P., 257
Bately, ]., 46-49, 239 Buzzoni, M., 82
Battisti, C., 212, 213, 232
Bausewein, U., 191 Calasso, G., 62-65
Bekker-Nielsen, H., 124 Callovini, C., 230
Benediktsson,]., 58 Campbell, C., 155
Ben-Shammay, H., 52 Canard, M., 53-59
Bentzinger, R., 211 Capezzone, L., 54
Bernardi, J., 223 Caraffa, F., 221
Besch, W, 237 Cardini, F., 67
Bessière, G., 227 Carena, C., 242, 257
Betten,A.,237 Celletti, M. C., 230
INDICE DEGLI STUDIOS! 271

Centini, M., 211 Eldjarn, K., 120


Charles-Dominique, P., 53, 54, 57, Ellmers, D., 245, 257
62,64 Erbetta, M., 227
Chiesa Isnardi, G., 137 Erlandsson, H., 96
Chiusaroli, F., VIII, 1-3, 10 Esch, A., 195
Ciklamini, M., 151, 156 Evans, J. D. M., 136, 168
Cipolla, M. A., 131-133
Citroni, M., 243, 252, 257 Fabbrini, F., 45, 46
Cleasby, R., 130, 136, 137, 139, 146 Faulkes, A., 134
Clemoes, P., 5 Ferrari, F., 126, 127, 135, 148
Clover, C. J., 124 Ficker, J., 230
Clunies Ross, M., 138 Finch, R. G., 128-131
Cometta, M., 127 Folkerts, M., 87
Comparetti, D., 59, 62 Fontaine, J., 4
Conta, G., 212 Forcellini, E., 4
Corbo, V., 226 F6rster, M., 72
Cortelazzo, M., 209, 232 Forster, Frobenius, 242, 243
Coxe, H. O., 176 Fraehn, C. M., 54, 63
Crawford, S. J., 4, 37, 257 Francovich Onesti, N., 179, 180
Curtius, E. R., 5 Franzén, G., 157, 160
Friedman, J. B., 120
al-Dahhan, S., 61 Fritzner, J., 137, 139, 140, 152,
Damico, H., 138 154
de Beaugrande, R. A., 214 Furnivall, F. J., 72
de Boor, H., 211 Fusco, F., 208
de Cagny, P., 225
de Gaiffier, B., 222 Gabrieli, F., 52, 53, 55, 63, 64
de Jonge, M., 225 Gabrieli, M., 64
de Winterfeld, P., 66 Galbiati, E., 222
Del Bono, F., 89, 90 Ganz-Blattler, U., 191
Del Zotto, C., VIII, 41, 45, 62, 70, Garcia de Orbiso, T., 225
240 Garrison, M., 241, 249, 257
Doberentz, O., 82 Gaskoin, C. J. B., 258
Dolcetti, V., 6 Gelzer, H., 220
Dolfini, G., 211 Gendre, R., 6
Dornfeld, E., 237 Gerberon, G., 71
Dressler, W, 214 Giammarco, E., 6
Dronke, P., 257 Giles, A., 71
Duckett, E. S., 257 Giordano, C., IX, 71, 73-76, 78, 82,
Dümmler, E., 240, 242, 243, 247, 86
253,257 Giunta, F., 50
Glassing, \lC, 211
Edwards, P., 153 Gleditsch, K., 173
Eggers, H., 211, 237 Gneuss, H., 2, 5, 38
Egilsson, S., 96, 97, 120 Gobber, G., 208
Ekwall, E., 132, 158 Godman, P.,250,251,253,258
272 INDIC!

Golden, P. B., 55-58 Imbrighi, G., 230


Gonzalez Echegaray, J ., 226 Isachsen, F., 173
Gordini, G. D., 222 Isbell, H., 258
Gottschall, D., 71, 72, 76, 77, 91 Isola, A., 67
Granlund, J., 149 Itkonen, E., 137
Grillone, A., 50
Grotefend, C. L., 191 Jakobsson, A., 126, 134
Grubmüller, K., 197 Jandesek, R., 189, 190, 194, 195
Guddat-Figge, G., 176, 177 Janvier, Y., 44, 45, 51
Gumbrecht, H. U., 197 Jauss, H. R., 197
Gusmani, R., 4, 6 Jesh, J., 169
Gwara, S., 7, 38 Jiriczek, O., 167
Jones, C. W, 4, 6
Habscheid, S., 237 Jones, G., 130, 132, 133, 136, 144,
Hagen, G., 237 145
Hagen, R. M., 173 J6nsson, E., X, 95, 120
Hallberg, P., 126 J6nsson, F., X, 95-98, 120, 133,
Halm, Chr., 187 145-147
Hamm, M., 77, 80, 84 J6nsson, G., 123, 131, 139, 142-148,
Hanser, A., 209 150, 152-154, 156-161, 163,
Haraldsd6ttir, K., 131 165-169
Haraldsson, G., 133 Jorgensen, P. A., 120, 151, 157
Harris, J. C., 124, 128 Judge, E. A., 234
Hart, C., 5 Justi, K. W, 210
Hartung, A. E., 182
Hassauer, F., 197 Kalinke, M., 124
Hassler, K. D., 232 Karlsson, S., 133
Haywood, J., 173 Karsten, T. E., 138
Heidlauf, F., 79 Kedar, B., 120
Helgason,]., 120 Keil, G., 86
Henel, H., 5, 6 Kendall, C. B., 4
Henrici, E., 208 Kerner, M., 257
Hermannsson, H., 120 Kesting, P., 76
Heusler, A., 133 Keyser, P., 82
Hilgers, H. A., 187, 188 Khattab, A., 190
Hill, J., 120 King, M. H., 4
Hippler, Chr., 190 Kluge,F.,231,233,236
Hirsch, T., 49 Knowles, D., 8
Hirzel, R., 7 Knudsen, G., 139
Hofstetter, W, 2, 38 Koerner, K., 4
Holder-Egger, O., 67, 241, 258 Kahler, E., 197
Holm, G., 152 Kohlschmidt, W, 89
Houwen, L., 250, 257 Kopp,C.,226
Hunt, W, 176 Kornrumpf, G., 82, 85
Huschenbett, D., 191, 192, 208 Koss, G., 211
Hye, F. H. von, 212 Krause, K. E. H., 208
INDICE DEGLI STUDIOS! 273

Kristensen, M., 120 Maselli, G., 239


Kroesen, P., 148 Masser, A., 233
Krusch, B., 246 Mastrelli Anzilotti, G. C., 211
Kuhn, H., 62, 130, 133 Matthew, D., 173
Mausser, O., 237
Langmantel, V., 233 Meisner, H., 187-191, 193, 204, 210,
Langner, H., 211 214, 231, 233
Lapidge, M., 4-6, 37, 38 Melazzo, L., 11
Lappenberg, I. M., 253, 258 Meli, M., 133-145
Lassen, A., 126, 134 Mengato, S., XII, 175
Lazzari, L., 12 Menhardt, H., 72
Lazzeroni, R., 4 Menne, K., 187
Lebecq, S., 245, 248, 254, 258 Meregalli, A., XII, XIII, 187
Leclercq, H., 225 Meritt, H. D., 5
Lefèvre, Y., 72 Mertens, V., 76
Lenardt, F., 86, 87 Meurer, ]., 70
Lendinara, P., 6, 11 Michels, V., 237
Leonardi, C., 67 Micillo, V., 2
Levison, W, 244, 246, 252, 258 Migne,J.-P., 5, 72, 118, 246
Lexer, M., 212, 217 Milani, C., XIII, 207, 208, 210, 211,
Lindow, ]., 124 214,218
Lindsay, W M., 7, 11, 20, 102 Minguez, M., 226
Link-Heer, U., 197 Miquel, A., 53, 64
Loevinson, E., 211 Mitchell, S. A., 125, 126, 134, 155
Lombardi, M. C., X, 95 Müller, R., 237
Lèinnroth, L., 123, 124, 126 Molmenti, P., 231
Lozovsky, N., 239, 240, 258 Montgomery,]. E., 57, 61
Lozzi Gallo, L., XI, 123, 158, Morresi, R., 3
167 Moser, H., 211
Lüdtke, W, 79 Mossé, F., 179
Lund, A. A., 43 Mostert, M., 257
Lund, N., 48, 107, 120, 240 Mucciante, L., 6, 12
Lupi, S., 89 Müller, R., 211
Lüthi, M., 127 Munda!, E., 138
Lutz, C. E., 3 Murphy, J. J., 3, 5
Musca, C., 66
McCulloh, J., 5
MacDonald, A., 250, 257 Naumann, H. P., 125, 143, 158, 163,
McGrail, S., 245 167
McGurk, P., 5 Nebbiai dalla Guarda, D., 242
McKitterick, R., 245, 258 Neckel, G., 62, 130, 133
McTurk, R., 145 Ney, A., 126, 134
Majoni, V., 212 Niederehe, H.-J., 4
Malone, K., 48, 50 Niera, A., 220
Marchetta, A., 45 Nordal, G., 120
Marîn, M., 63, 65 Nordal, S., 107
274 INDIC!

Oberschelp, W, 257 Ri.ihricht, R., 187-191, 193, 204,


Ogilvie-Thomson, S.]., 175 209,210,214, 231,233
Ô!afsson, J., 95, 96 Rosier, J. L., 5
Ôlason, V., 120 Rossano, P., 222
Olsen, M., 138, 139, 148, 152, Ruh, K., 76-78, 82, 86, 87, 187
161
Orioles, V., 208 Saibene, M. G., 82
Ortalli, G., 200 Santini, C., 1
Oswaldt-Brandt, M., 76 Santucci, F., 1
Sauget, J. M., 220, 223, 227
Paff, W J., 129, 136, 143 Sauvaget, J., 62
Page, R. I., 6 Sbriziolo, I. P., 63
Palsson, H., 124, 126, 128, 131, 133, Scaffidi Abbate, A., 11
134, 153 Scarcia Amoretti, B., 54
Paravicini, W, 187 Schaer, F., 190
Parmeggiani, A., 208 Schaferdieck, K., 234
Paul, H., 211 Schaller, D., 251
Penna, A., 224 Schellenberger, B., 237
Pertz, H., 243 Scheving, H., 96
Peters, U., 85 Schier, K., XI, 124, 125
Petersen, N. M., 106, 121 Schmidt, W, 211
Pfeiffer, F., 79 Schmitt, E., 75
Poccetti, P., 1 Schmitz, S., 214
Podleiszek, F., 92 Schneider, H., 136
Pokorny,]., 236 Schneider, K., 209, 210
Poli, O., 1 Schorbach, K., 89, 92, 94
Pope, J. C., 23 Schri.ibler, I., 211
Porter, D. W, 7 Schützeichel, R., 237
Power, R., 147, 165 Seebold, E., 231, 233, 236
Pulsiano, Ph., 125 Seeck, O., 225
Seelow, H., 140, 141
Raby, F. J. E., 259 Shackleton Bailey, D. R., 247, 258
Rafo, C. C., 120, 123 Sickel, T., 253, 259
Ramelli, I., 98 Siebs, Th., 136
Ranisch, W, 133 Silvestri, O., 214
Raschellà, F.O., VIII, 3, 97, 100, Simek, R., 58, 70, 97, 121, 126, 128,
121 131-134, 141, 149, 157, 159, 162,
Ray, R. O., 121 166
Reichmann, O., 211, 237 Simmler, F., 237
Rey-Mermet, Th., 225 Simrock, K., 89
Ribémont, B., 98, 99, 121 Sinisi, L., XIV, 239, 242
Richard, J., 182 Slay, O., 136, 137, 138
Riché, P., 8 Smith, A. H., 132 158
Ripa, F., 3 Souter, A., 4
Robins, R. H., 4 Spangenberg, P. M., 197
R0hr, A., 173 Spazzali, P., 114, 121
INDICE DEGLI STUDIOS! 275

Spengler, W-E., 89, 90, 92 Victor Pearce, E. K., 225


Springer, O., 121 Vigfusson, G., 130, 136, 137, 139,
Steer, G., 77, 78, 89, 91, 94 146
Steinmann, J., 224 Vilhjalmsson, B., 123
Stella, A., 213 Vilkuna, K., 140
Stella, F., 259 Villar, F., 49
Steller, W, 136 Volker, P. G., 85
Stevenson, W H., 7 Vries,]. de, 134, 135, 137, 139
Stopp, H., 211, 237
Sturlese, L., 72, 73, 84 Waddell, H., 259
Sullivan, R. E., 259 Wallach, L., 259
Sveinsson, E. O., 125 Warncke, C. P., 209
Szamat6lski, S., 94 Warner, R. D. N., 72
Wegera, K. P., 211, 237
Talbot, C. H., 250, 259 Weisser, C., 86
Testa, E., 226 Werlauff, E. C., 97, 121
l>orkelsson,]., 95, 96, 121 Westergard-Nielsen, C., 120
Tolkien, C., 133-135, 150 Wieland, G. L., 6
Toiler, T. N., 4 Wieselgren, P., 128, 130
T6masson, S., 120, 167 Wis, M., 231, 232
Touati, H., 65 Wisniewski, R., 211
Tromp, N., 225 Wolf, G., 189, 190
Trüdinger, K., 43 Wolf, K., 153
Tulinius, T. H., 125 Wolf: N. R., 191
Turville-Petre, E. O. G., 61, 62, 118, Wood, I. N., 259
121 Wrenn, C. L., 2
Würth, S., 131
Ubach, B., 224
Zacher, C. K., 182
Vacca, V., 54, 63 Zaimeche, S., 52, 57
Validi Togan, A. Z., 54, 57 Zironi, A., 242
Varanini, G. M., 212 Zitzelsberger, O.]., 160
Vater, H., 214 Zolli, P., 232
Vermeyden, P., 142 Zupitza,]., 11
COLLECTION «TEXTES ET ÉTUDES DU MOYEN ÂGE»

publiée par la Fédération Internationale des Instituts d'Études Médiévales

Volumes parus:
1. Filosofia e Teologia nel Trecento. Studi in ricordo di Eugenio Randi, a cura
di L. BIANCHI, Louvain-la-Neuve, 1995, vrr-575 p. 1.950 FB
2. Pratiques de la culture écrite en France au XV" siècle. Actes du Colloque
international du CNRS (Paris, 16-18 mai 1992) organisé en l'honneur de
Gilbert OUY par l'unité de recherche «Culture écrite du Moyen Age tardif»,
édités par M. 0RNATO et N. PoNs, Louvain-la-Neuve, 1995, xv-592 p. et 50
il!. h.-t. 2.450 FB
3. Bilan et perspectives des études médiévales en Europe. Actes du premier
Congrès européen d'études médiévales (Spoleto, 27-29 mai 1993), édités par
J. HAMESSE, Louvain-la-Neuve, 1995, xm-522 p. et 32 il!. h.-t. 1.950 FB
4. Les manuscrits des lexiques et glossaires de !'Antiquité tardive à la fin du
Moyen Age. Actes du Colloque international organisé par le «Ettore Majorana
Centre for Scientific Culture» (Erice, 23-30 septembre 1994), édités par J.
HAMESSE, Louvain-la-Neuve, 1996, xrrr-723 p. 2.450 FB
5. Models of Holiness in Medieval Studies. Proceedings of the International
Symposium (Kalamazoo, 4-7 May 1995), edited by B. M. KIENZLE, E.
WrLKS DoLNIKOWSKI, R. ORAGE HALE, O. PRYDS and A.T. THAYER, Lou-
vain-la-Neuve, 1996, xx-402 p. 1.750 FB
6. Écrit et pouvoir dans les chancelleries médiévales: espace français,
espace anglais. Actes du Colloque international de Montréal (7-9 septembre
1995), édités par K. FrANU et O. J. GuTH, Louvain-la-Neuve, 1997, vm-
342 p. 1.500 FB
7. P.-A. BURTON, Bibliotheca Aelrediana secunda (1962-1996). Ouvrage
publié avec le concours de la Fondation Universitaire de Belgique et la Fon-
dation Francqui, Louvain-la-Neuve, 1997, 208 p. 950 FB
8. Aux origines du lexique philosophique européen. L'influence de la 'latinitas'.
Actes du Colloque international de Rome (23-25 mai 1996), édités par J.
HAMESSE, Louvain-la-Neuve, 1997, xrv-298 p. 1.250 FB
9. Medieval Sermons and Society: Cloisters, City, University. Proceedings of
International Symposia at Kalamazoo and New York, edited by J. HAMESSE,
B. M. KIENZLE, O. L. STOUDT, A.T. THAYER, Louvain-la-Neuve, 1998, vm-
414 p. et 7 ill. h.-t. 1.950 FB
1O. Roma, magistra mundi. ltineraria culturae medievalis. Mélanges offerts au
Père L. E. BOYLE à l'occasion de son 75e anniversaire, édités par J. HAMESSE.
Ouvrage publié avec le concours de la Homeland Foundation (New York),
Louvain-la-Neuve, 1998, vol. I-II: xn-1030 p., vol. III: vr-406 p. épuisé
11. Filosofla e scienza classica, arabo-latina medievale e l'età moderna. Cielo di
seminari internazionali (26-27 gennaio 1996), a cura di G. FEDERICI VEsco-
VINI, Louvain-la-Neuve, 1999, vm-331 p. 1.500 FB
12. J. L. jANSSENS, An annotated Bibliography of Ibn Sîna. First Supplement
(1990-1994), uitgegeven met steun van de Universitaire Stichting van België
en het Francqui-Fonds, Louvain-la-Neuve, 1999, xxr-218 p. 1.050 FB

13. L. E. BOYLE o.P., Facing history: A different Thomas Aquinas, with an


introduction by ].-P. ToRRELL, O.P., Louvain-la-Neuve, 2000, xxxrv-170 p.
et 2 il!. h.- t. 1.250 FB
14. Lexiques bilingues dans les domaines philosophique et scientifique (Moyen
Age - Renaissance). Actes du Colloque international organisé par !'Ecole Pra-
tique des Hautes Etudes - IVe Section et l'Institut Supérieur de Philosophie
de l'Université Catholique de Louvain (Paris, 12-14 juin 1997), édités par J.
HAMESSE et D. ]ACQUART, Turnhout, 2001, 240 p. 31 Euros
15. Les prologues médiévaux. Actes du Colloque international organisé par
l'Academia Belgica et !'Ecole française de Rome avec le concours de la
F.I.D.E.M. (Rome, 26-28 mars 1998), édités par J. HAMESSE, Turnhout,
2000, 716 p. 62 Euros
16. L. E. BOYLE O.P., Integral Palaeography, with an introduction by F. TRoN-
CARELLI, Turnhout, 2001, 174 p. et 9 ill. h.-t. 30 Euros
17. La figura di San Pietro nelle fonti del Medioevo. Atti del convegno tenu-
tosi in occasione dello «Studiorum universitatum docentium congressus»
(Viterbo e Roma,5-8 settembre 2000), a cura di L. LAZZARI e A. M. VALENTE
BAccr, Louvain-la-Neuve, 2001, 708 p. et 15 3 ill. h.-t. 79 Euros
18. Les traducteurs au travail. Leurs manuscrits et leurs méthodes. Actes du
Colloque international organisé par le «Ettore Majorana Centre for Scienti-
fic Culture» (Erice, 30 ·septembre - 6 octobre 1999), édités par J. HAMESSE,
Turnhout, 2001, xvm-455 p. 50 Euros
19. Metaphysics in the Twelfth Century. Proceedings of the International Col-
loquium (Frankfort, June 2001) edited by M. LuTZ-BACHMANN, Turnhout,
2003, 260 p. 39 Euros
20. Chemins de la pensée médiévale. Etudes offertes à Zénon KALUZA, édi-
tées par P.J. J. M. BAKKER avec la collaboration de E. FAYE et Ch. GRELLARD,
Turnhout, 2002, xxrx-778 p. 50 Euros
21. Filosofla in volgare nel medioevo. Atti del Convegno della Società Ita-
liana per lo Studio del Pensiero Medievale (S.I.S.P.M.) (Lecce, 27-29 set-
tembre 2002), a cura di N. BRAY e L. STURLESE, Louvain-la-Neuve,
2003,
vn-527 p.
39 Euros
22. Bilan et perspectives des études médiévales en Europe (1993-1 998).
Actes
du deuxième Congrès européen d'études médiévales (Euroconferenc
e, Bar-
celone, 8-12 juin 1999), édités par]. HAMESSE, Louvain-la-Neuve,
2003,
XXXII-656 p., ISBN 2-503-5 1615-7
59 Euros
23. Lexiques et glossaires philosophiques de la Renaissance. Actes du
Colloque
Interna tional organisé en collaboration à Rome (3-4 novembre 2000)
par
l'Academia Belgica, «Le corrispondenze scientifiche, letterarie ed
erudite
da! Rinascimento all'età moderna» et l'Università degli studi di Roma
"La
Sapienza'', édités par M. FATTORI et J. HAMESSE, Louvain-la-Neuve,
2003,
rx-321 p. 35 Euros
24. Ratio et superstitio. Essays in Honor of Graziella Federici Vescovi
ni, edi-
· ted by G. MARCHETTI, V. SORGE and O. RlGNANI. Louvain-la-Neu
ve, 2003,
xxx-675 p, 10 ill. h.-t.
49 Euros
25. "In principio erat verbum ". Mélanges offerts à Paul Tombe ur
par ses
anciens élèves édités par B.-M. TocK. Turnho ut, 2004, 450 p., ISBN
2-503-
51672- 6 49 Euros
26. Duns Scot à Paris, 1302-2 002. Actes du colloque de Paris, 2-4
septem-
bre 2002, édités par O. BoULNOIS, E. KARGER, ].-L. SOLÈRE et G.
SoNDAG.
Turnho ut, 2005, xxrv-683 p., ISBN 2-503-5 1810-9 . 49 Euros
27. Medieval Memory. Image and text, edited by F. WILLAERT, Turnho
ut,
2004, xxv-265 p., ISBN 2-503-5 1683-1 49 Euros
28. La vie culturelle, intellectuelle et scientifique à la Cour des Papes d'Avign
on.
Volume en collaboration internationale édité par J. HAMESSE. Turnho
ut,
2005, ca 500 p. (sous presse)
29. G. MuRANO, Opere diffùse per "exemplar" e "pecia". Turnho ut, 2005,
897
p., ISBN 2-503-5 1922-9 69 Euros
30. Corpo e anima, sensi interni e intelletto dal secolo XIII-XI V ai post-car
tesia-
ni e spinoziani. Atti del Colloqu io internazionale (Firenze, settemb
re 2003)
a cura di G. FEDERICI VEscovrnr, V SoRGE e C. VITTI. Turnho ut,
2005, ca
600 p., ISBN 2-503-5 1988-1 49 Euros
31. Le jèlicità ne! medioevo. Atti del Convegno della Società ltaliana
per Io
Studio del Pensiero Medievale (S.I.S.P.M.) (Milano, 12-13 settembre
2003),
a cura di M. BETTETINI e F.O. PAPARELLA. Louvain-la-Neuve, 2005,
xvr-464
p., ISBN 2-503-5 1875-3 39 Euros
32. Itinéraires de la raison. Etudes de philosophie médiévale offertes
à Maria
Cândid a Pacheco, éditées par J. MEIRINHOS. Louvain-la-Neuve,
2005,
xxvm-4 44 p., 2-503-5 1987-3 39 Euros
Finito di stampare
nel mese di settembre 2005
dalle Grafiche Panico
Galatina (Lecce)

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