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STORIA MODERNA
6. Le nobiltà europee
“Nobiltà”: la genesi di un concetto. Il termine aristocratico deriva dal greco
αριστός “il governo dei migliori”. Nel mondo tardo antico e medievale con il termine nobile
(lat. nobilis, notabilis “noto, conosciuto”) si indicava colui che per nascita o titolo godeva di
uno statuto speciale, ossia un privilegio da cui derivavano prerogative che ad altri non erano
concesse. La nobiltà antica era costituita da nobilitas, ossia natali illustri, virtus, ossia virtù e
coraggio militare, e certa habitatio, ossia il possesso di una casa e di una terra, quindi di una
signoria fondiaria. In una parola la nobiltà è un ceto, ordine, statuto. Il concetto di “classe”
(nella comune accezione sociologica marxiana) distingue un gruppo sociale per la sua
posizione economica all'interno del processo produttivo. Il concetto di “ceto” distingue un
gruppo sociale per la sua posizione all'interno della gerarchia sociale. Il concetto di “ordine
o stato” distingue un gruppo sociale per la sua posizione giuridica. Le società di antico
regime si autodefinivano in termini di ceti ordini, o stati. Lo storico e antropologo francese
Georges Dumézil ha mostrato come la tripartizione sociale sia tipica di tutte le civiltà in
base a sovranità, forza e fecondità, prerogative rispettivamente degli oratores, bellatores e
laboratores. Nel 1936 gli storici Marc Bloch e Lucien Febvre proposero una inchiesta
“Nobiltà. Ricognizione generale del terreno” per arrivare alla definizione di nobiltà; lo
schema si basa su un'analisi dall'esterno all'interno che affrontasse nell'ordine a) lo status:
presenza o assenza di prescrizioni legali volte a tutelare la condizione di nobile
preservandone i patrimoni; b) la la quantità: la proporzione percentuale dei nobili rispetto
alla popolazione totale; c) la stratificazione interna alla nobiltà: la presenza e il peso della
gerarchia, la sua natura, la diversa dignità ed i diversi privilegi concessi ai vari strati
nobiliari; d) i problemi di contatto e di influenza con altri gruppi.
L'enigma delle nobiltà. Le nobiltà sono i ceti privilegiati che detengono l'egemonia
politica e sociale nelle società di antico regime e che ne costituiscono le élite. Esse
posseggono uno statuto giuridico particolare. Generalmente rappresentano una minoranza
della società (Svezia 0,5%, Polonia 10%). I principali titoli della nobiltà imperiale europea
sono duchi, marchesi, conti, visconti, visdomini e baroni. Duchi sono, in età tardo romana e
lombarda, i comandanti militari (duces) e poi i governatori militari dei territori conquistati;
in età carolingia i grandi feudatari. Marchesi sono i governatori delle marche, ossia delle
province di confine o di importanza strategica. Conti (comites “coloro che mangiano
insieme”) sono i più fedeli collaboratori del sovrano e, in età carolingia, feudatari invitati a
governare una contea. Visconti sono inizialmente i sostenitori dei conti (vicecomites),
quindi feudatari con titolo ereditario di livello inferiore a quello dei conti. Visdomini sono
feudatari laici ai quali il vescovo delega la propria autorità temporale. Baroni in età
medievale sono tutti i detentori di “alta signoria”, mentre in età moderna sono quelli
partecipanti a una nobiltà feudale di natura inferiore. Questo significato antico dei titoli
nobiliari si trasforma con l'inizio dell'età moderna quando le monarchie territoriali si creano
fedeltà distribuendo titoli alle maggiori famiglie. Un privilegio è qualsiasi esenzione o
distinzione rispetto ad un insieme di leggi o norme valide per gli altri individui o gruppi
sociali (es. dalle tasse). Conseguenza del privilegio è la diseguaglianza, uno dei fondamenti
delle società di antico regime. È nobile solo chi dimostra di possedere “titoli di nobiltà”,
ossia privilegi o esenzioni sancite dal sovrano, dalla consuetudine o dal tempo. Tanto è più
antica la nobiltà, tanto maggiore è il rispetto dovuto. Si è nobili per nascita, per diritto
ereditario, ma anche per servizio ottenendo dal sovrano un titolo in segno di ricompensa.
La mobilità sociale è un fenomeno tipico della modernità. I principali tipi di nobiltà europea
sono: 1. nobiltà terriera di antica origine feudale, altrimenti detta nobiltà “di sangue” o “di
spada” (per merito militare); 2. patriziati urbani, o nobiltà cittadina di origine comunale,
ossia famiglie “di Consiglio” che derivano i loro privilegi dall'esercizio delle più antiche
cariche amministrative cittadine; 3. nobiltà di toga, di origine più recente, acquisita per
diritto in seguito all'esercizio di alte cariche di giustizia; 4. nobiltà di servizio, acquisita o
confermata in seguito a servizi resi al sovrano; 5. nobiltà di fatto, non titolata ma
riconosciuta “per consuetudine” o in seguito a vita more nobilium (alla maniera dei nobili).
La nobiltà può anche essere perduta, in particolare se qualcuno dimostra l'impurità di
sangue. I ceti nobiliari sono alla cotante ricerca di una legittimazione nei confronti dei
poteri superiori, dei ceti privilegiati e dei ceti inferiori. Elementi di legittimazione della
nobiltà possono essere a) a livello simbolico la purezza di sangue, ossia la nascita
nobiliare, e l'onore, b) a livello politico la competenza e autorità, c) a livello economico i
beni. Un processo di rilegittimazione delle nobiltà europee si verifica nel corso del
Settecento in diversi paesi europei. Dove il sovrano è assoluto, e quindi arbitro della legge,
la nobiltà si consolida e rinnova, pur perdendo di autonomia rispetto al potere centrale da
cui dipende sempre più strettamente. Dove invece la monarchia è più debole o non assoluta,
la nobiltà continua a godere di maggiore autonomia rispetto al sovrano. Viene a formarsi
nella prima età moderna in Italia una coscienza nobiliare che solo nel Settecento si delinea
nella nuova figura di nobile, attivo protagonista di una rinnovata casse dirigente e portatore
di un nuovo concetto di nobiltà, fondato sulla proprietà, sul senso dello Stato e su radici
nazionali più che locali.
Nobiltà e ricchezza. Non tutti i nobili erano ricchi e elementi decisivi per connotare
un nobile non era la ricchezza, semmai lo erano l'antichità di origine, il prestigio, le
strategie matrimoniali, i legami con l corte, l'apparenza grandiosa e il possesso della terra.
La maggior parte della piccola e media nobiltà non era più ricca di molti borghesi e
proprietari terrieri non nobili, addirittura una significativa minoranza di nobili era
decisamente povera. A fine Seicento in Francia molte terre nobili erano state cedute a
borghesi per denaro. Dopo il 1650 in Francia sorsero borse di studio per i figli e costituzioni
di doti per le figlie. Tra Seicento e Settecento, in Europa, una consistente quota della
ricchezza era già nelle mani dei ceti non nobili. L'immagine di “nobiltà in declino” e
“borghesia in ascesa” non corrisponde alla realtà: il sistema di potere nobiliare è
estremamente elastico e capace di adattamenti successivi, al punto che quando sembra
entrare in crisi trova a suo interno le
ragioni del proprio rinnovamento. Ciò che caratterizzava la nobiltà era il possesso di terre
nobili collegate ad un'antica giurisdizione feudale e ad alcune funzioni delegate dal potere
sovrano, oltre che a diritti signorili e a privilegi. Accanto alle terre nobiliari esistevano le
altre terre, acquistate nel corso del tempo, che potevano essere liberamente vendute o
alienate o impiegate per costituire doti alle figlie. Nell'età moderna il peso dei redditi
derivanti da beni non feudali pare essere crescente in tutti i territori europei. Ai nobili erano
in genere vietati le attività commerciali e bancarie, ma non lo sfruttamento dei prodotti della
terra incluse le risorse del sottosuolo. Ugualmente lecita era la speculazione edilizia,
realizzata vendendo terreni edificabili o costruendo direttamente il palazzo e affittando le
case. Uno dei redditi tradizionali della nobiltà di spada, quello derivante dai bottini di
guerra, appare in declino a partire dalla metà del Seicento. Sebbene giudicata illecita,
l'attività bancaria o di prestito ad interesse è esercitata da molti nobili. Per i nobili vi erano
oltre che guadagni, anche molte spese: spese come necessità, ma anche come elemento di
prestigio per riaffermare il proprio privilegio. I debiti erano quasi una necessità, perchè un
“vero nobile” non bada a spese. La logica simbolica prevale su quella economica.
Nobiltà e potere. In molti territori europei i nobili esercitano il potere giudiziario in
sede locale direttamente o indirettamente attraverso giudici da loro nominati. In molti casi i
nobili possiedono giurisdizione di polizia con la facoltà di comminare ammende e pene
pecuniarie nell'ambito dei loro feudi. Spesso i nobili hanno diritti esclusivi sui mulini e sui
forni, sulla produzione di vino, oltre che sulla caccia e la pesca. Tra i poteri di diritto e
poteri di fatto vi era una formula di compromesso: la monarchia riconosceva alla
rappresentanza gli interessi e i privilegi dei territori soggetti, e i ceti territoriali
riconoscevano alla monarchia la sovranità univa e l'impegno di fedeltà al re. È il sovrano a
creare la nobiltà, mantenerla e interagirne i ranghi come strumento di coesione del potere.
Le resistenze della nobiltà feudale contro le politiche accentratici dei sovrani sono in genere
una pressione mirata a mantenere privilegi consolidati o a contrarre più ampi spazi di potere.
Rispetto alla dimensione locale, il potere statuale è più contenuto e limitato dai sovrani.
Dalla metà del Cinquecento, come osserva lo storico olandese Jeroen Duindam, il
consolidamento di un tipo di governo più burocratizzato assicurò un ruolo importante a
corte ai funzionari amministrativi preposti a vari incarichi. La nobiltà ebbe ruolo delimitato
nell'ambito della corte e separato da quello del governo, affidato a funzionari amministrativi
di origine non nobile. La nobiltà di antica origine mantiene saldamente il controllo dei
comandi militari e degli alti gradi dell'esercito, oltre che degli incarichi diplomatici, ma
cede spesso ad alti ceti le cariche amministrative e finanziarie, le cariche di giustizia a vari
livelli, i ruoli esecutivi nelle amministrazioni locali. Sono gli stessi sovrani a favorire questo
processo di differenziazione per consentire da un lato un ricambio nelle élite e dall'altro una
maggior facilità di controllo dei gangli più delicati dello Stato . Nelle città e nelle antiche
repubbliche patrizie (Genova e Venezia per l'Italia) i ruoli amministrativi e le magistrature
cittadini sono sempre prerogativa dell'aristocrazia urbana, che consolida in età moderna il
proprio potere oligarchico a scapito dei ceti borghesi (esclusi dal potere politico). Uno dei
principali strumenti di organizzazione e di autoidentificazione delle nobiltà europee sono gli
Ordini cavallereschi, istituiti nel Cinquecento per rispondere alle richieste di ulteriore
distinzione degli esponenti della nobiltà più antica, preoccupati per la progressiva perdita di
credibilità delle aristocrazie e per l'avanzata dei ceti inferiori e delle nobiltà di origine più
recente. Essi rappresentano una vera e propria internazionale delle aristocrazie capace di
definire modelli comportamentali, stili di vita e spesso anche strategie matrimoniali.
La cultura nobiliare. La nobiltà europea di antico regime non era un ceto colto
(anche se ci sono sempre stati elementi di elevata ed eccelsa cultura). Imparavano fin dalla
tenera età norme di comportamento tali da distinguerli dal volgo, principi rudimentali
dell'arte di guerra, dell'equitazione, della caccia, della danza, solo in alcuni casi
apprendevano il latino o una lingua straniera, raramente sviluppavano una sensibilità
letteraria, più spesso acquistavano un certo gusto per la musica fruita più che pratica. Solo
alla fine del Cinquecento, con l pratica dei viaggi in Europa, si comincia ad affinare la
formazione delle élite nobiliari. Nel tardo Seicento i giovani aristocratici vengono formati
dai gesuiti e in alcuni casi completano la formazione a livello universitario. Diverso il caso
dei figli della nobiltà di toga, indotti a seguire precisi percorsi formativi e acquisire nozioni
di filosofia, diritto, economia per poter accedere alle cariche politiche loro destinate.
Diversa la situazione della nobiltà di corte dove la cultura diventa veicolo per fare carriera
e ottenere il favore del sovrano. Nel 1558, scritto dal monsignor Giovanni Della Casa, esce
per l'educazione dei gentiluomini Il Galateo. I poemi di Ariosto Orlando furioso e Tasso La
Gerusalemme liberata rappresentano l'adattamento degli ideali cavallereschi medievali alla
cultura di corte, laica e raffinata. La contrapposizione tra nobiltà urbana e cortigiana
(raffinata e colta) e nobiltà rurale (rozza e incolta) è uno stereotipo: anche la nobiltà rurale
sviluppò una sua cultura come lo dimostra o studio dello storico austriaco Brunner Vita
nobiliare e cultura europea (1949); sua tesi d fondo è che il ceto nobiliare europeo restò
pervaso di ideali cavallereschi fino alla metà del Settecento.
Nobiltà europee a confronto. La Francia. Le due nobiltà. Dalla metà del Seicento
in Francia vi erano due nobiltà in distinte e in competizione. Da un lato la nobiltà di spada,
di origine più antica, che deriva il suo potere dall'esercizio delle armi, dalle giurisdizioni
feudali e dalla proprietà terriera, dotata di titolo ereditario e che gode di maggior
considerazione sociale, ma che non controlla più le leve del potere politico amministrativo
autonoma dal sovrano. Dall'altro lato la nobiltà di toga, di origine più recente, che deriva il
suo potere dall'esercizio delle cariche di giustizia e finanza, ha ottenuto il titolo nobiliare
ereditario in virtù dei servizi resi al sovrano e gode di minor prestigio sociale; la sua
ricchezza proviene principalmente dalle rendite degli uffici e dalla terra. Dal 1680 Luigi
XIV realizza una complessa operazione politica concentrando e mantenendo a proprie spese
presso la corte di Versailles la maggior parte dei nobili di spada e consegnando lo Stato alla
nobiltà di toga, colta e preparata, ma totalmente subordinata al sovrano.
L'Inghilterra. Un'élite aperta? Anche il caso inglese vede due nobiltà distinte e
indipendenti. I Lords, altrimenti detti Pari, nobiltà di antica origine feudale, militare e
terriera, dotata di titolo ereditario e che gode di grande considerazione sociale e di
considerevole potere politico; siede di diritto in uno dei due rami del Parlamento “la Camera
dei Lords”; è quasi sempre di orientamento politico conservatore (tory). Al di sotto dei Pari
troviamo la gentry, nobiltà “di fatto”, dotata di minor prestigio sociale, esercita una
notevole autorità in sede locale attraverso le cariche elettive di giudici di pace, magistrati di
contea o deputati alla Camera dei Comuni. Il suo potere si rifà all'autorevolezza acquisita in
sede locale e alla proprietà terriera; è autonoma rispetto al sovrano. Nell'età moderna vi era
il problema del indebitamento progressivo dell'alta aristocrazia dei Pari e la crisi
dell'aristocrazia dovuta a conflittualità tra famiglie, spese eccessive, conseguente
indebitamento dei nobili e dispersione del patrimonio terriero. Il Seicento era un secolo di
straordinaria mobilità dell'élite, capaci di ben adattarsi ai cambiamenti in atto nella
società, e di ripresentarsi mutate nel quadro di una cornice sostanzialmente statica.
La Russia. Una nobiltà di Stato. Fino ai primi del Settecento troviamo in Russia
un'aristocrazia di origine feudale (i Boiardi), dotata di immense proprietà terriere e
giurisdizioni, in grado di armare piccoli eserciti da mettere a disposizione dello zar, e
proprietaria di intere regioni disseminate di villaggi abitati da servi della gleba. A partire dal
regno di Pietro I il Grande (1682-1725) si viene a costruire un'unica nobiltà di servizio,
suddivisa in base alla cosiddetta Tavola dei ranghi (1722) in tre livelli gerarchici e tre
diverse carriere (militare, civile e di corte) e quattordici ranghi, sottoposta al potere assoluto
dello zar che costituisce l'unica fonte del diritto e l'unica ragione di distinzione sociale.
L'aristocrazia feudale si trasforma in un enorme ceto di funzionari al servizi
dell'imperatore. Al livello più alto della gerarchia si trovano i Principi, appartenenti alla più
antica nobiltà feudale. Grandi proprietari terrieri possono ottenere incarichi di alto comando
militare. Ad un livello inferiore i Boiardi, grandi proprietari di origine feudale, che possono
ottenere posti di Governatori delle province e comandi militari. Al di sotto si colloca la
nobiltà burocratica composta da alti dignitari, magistrati e funzionari di Stato. Al di sotto c'è
la piccola nobiltà di provincia che deriva o conserva il suo potere grazie a ruoli burocratici
ereditari nell'apparato ministeriale, nella magistratura o nel governo delle province si crea
così un sistema burocratico-militare su base aristocratica. A metà Settecento
l'apprendimento di lingue straniere e i viaggi d'istruzione in Europa divengono per la nobiltà
russa lo strumento di evasione-reazione al sistema zarista. Lo stesso populismo
ottocentesco nascerà dal bisogno avvertito dall'élite intellettuale d'immergersi nella civiltà
europea per “civilizzarsi”
La Polonia. Una nobiltà “egualitaria” e inflazionata. Il caso polacco è quello di una
nobiltà in soprannumero, priva di gerarchie formalizzate ma di fatto fortemente
gerarchizzata. Tutti gli esponenti maschi maggiorenni della nobiltà hanno accesso al potere
politico, siedono di diritto nella Dieta (luogo di rappresentanza della nobiltà e il supremo
organo legislativo) e godono dell'elettorato attivo e passivo alla carica di re. La Polonia è
una monarchia elettiva, ma di fatto è una monarchia nobiliare. La Dieta nobiliare ha il
potere di giudicare il re e i suoi sudditi e sorveglia tramite il Senato l'operato del re. Al
vertice della nobiltà polacca c'è l'élite nobiliare costituita dai Magnati controlla la maggior
parte delle terre e dei villaggi del paese e domina politicamente la Dieta; i Magnati possono
assoldare proprie milizia. Al di sotto si colloca la nobiltà media che possiede il resto della
tessa. Al terzo livello si collocano i “frazionari”, possessori di frazioni di antiche terre
demaniali. Al livello più basso si colloca la nobiltà povera di piccoli e piccolissimi
proprietari, a volte costretti a lavorare la terra, esenti da imposte, ma del tutto dipendenti
dalla nobiltà maggiore di cui sono clienti e servitori.