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Pietro Varaldo

IL COLORE

DELL’ANIMA

Una via universale alla spiritualità

Ai colori e ai cercatori della Luce

Esiste un antico sapere perduto celato dietro le filosofie, le religioni e


le concezioni spirituali di ogni tempo e di ogni luogo.
Un sapere che parla di una lingua universale fatta di simboli
immortali, di architetture di suoni e di armonie geometriche, di una
scienza divina.
Un sapere che riguarda la creazione del mondo e dell’uomo, centro e
immagine dell’universo, e del suo regale retaggio.
Un sapere, ritrovato, ripercorso qui tramite la magia del colore, un
ponte tra due mondi: l’uomo e la sua anima.

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Pietro Varaldo

Il colore dell’anima

Una via universale alla spiritualità

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Ebook
Il colore dell’anima
disponibile su:

www.scribd.com
www.energethics.org

Copyright © Pietro Varaldo 2012

I edizione: maggio 2012

IX edizione: maggio 2022

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A Luisa

5
L’occhio, finestra dell’anima, abbraccia la bellezza di tutt’il mondo.

Leonardo da Vinci

La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto


innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non
s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è
scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure
geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola;
senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.
Galileo Galilei

Facile è il passaggio per coloro che possiedono il simbolo.


Johann Daniel Mylius

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Prefazione
Il presente libro tratta di un particolare linguaggio dell’anima.
È un libro il cui intento, e filo conduttore, è quello di tracciare una
sintesi analogica tra i principi della spiritualità e la scienza del colore,
ossia di porre in evidenza le correlazioni tra i fondamenti spirituali e i
principali fenomeni fisici e percettivi relativi al mondo cromatico; così
da scoprire come il colore, quale linguaggio universale, sia forse il
migliore mediatore, per l’immediata intuitività, tra il mondo
soprasensibile e il mondo materiale. Mondi in apparenza diversi e
lontani ma, in realtà, l’uno il riflesso dell’altro; come evidenzia anche
la celebre frase di Ermete Trismegisto contenuta nella Tavola di
Smeraldo: “Come in alto, così in basso, e come in basso, così in alto”.
La spiritualità può essere definita come la conoscenza della realtà
soprasensibile, ovvero la conoscenza di quei principi e di quelle forze
sottili che originano, ma permettono anche di trascendere, la realtà
materiale: un ponte tra l’anima e il corpo. Principi e forze che non
appartengono a un altro mondo ma si compenetrano e costituiscono
un’unità con la realtà fisica; unità il cui riconoscimento conduce
all’essenziale consapevolezza sulla profonda natura dell’uomo.
Il libro pertanto si propone di fornire una risposta unitaria, una
concezione razionale-intuitiva attraverso la realtà riflessa, visibile e
oggettiva del colore, allo scopo di chiarire e far comprendere l’essenza
di quella che può essere definita come “meccanica spirituale” e, in
rapporto a questa, gli schemi basilari relativi alla struttura psichica e
comportamentale dell’uomo. Meccanica o scienza spirituale che, nella
parte centrale del libro, trova il suo naturale sviluppo attraverso il
suono, principio e complemento del colore, e la geometria sacra, il
linguaggio rappresentativo della struttura simbolica dell’universo.
Ciò a partire dalla famosa opera di Leonardo: l’Uomo di Vitruvio.
Opera da cui emerge un celato e dimenticato sapere universale senza
tempo, un sapere perduto, un’illuminante rappresentazione dei livelli di
coscienza dell’uomo, in chiave musicale, a immagine del cosmo.
Un monocordo di luce teso tra cielo e terra. Da cui uno strumento
interpretativo attraverso il quale è possibile comprendere l’enigmatico

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simbolismo cosmologico divino e umano appartenente a quella
tradizione pitagorico-platonica che tanto ha influenzato nell’intimità il
pensiero occidentale, in particolare quello esoterico; lo stesso
simbolismo che riscopriamo in una delle più importanti espressioni
storiche di questo stesso pensiero: la Divina Commedia di Dante.
Questo testo vuole essere dunque una chiave per una crescita interiore;
un filo di Arianna che ci aiuti a superare, andare oltre i limiti conven­
zionali della nostra mente, di noi stessi. Una mappa per orientarci
nell’infinito. Uno strumento utile a “capire per credere e credere per
capire”. Per un risveglio della ragione, premessa di un risveglio più
profondo e autentico: quello spirituale.

Il libro, ricco di contenuti inediti, strutturato secondo differenti livelli


di lettura e dotato di numerose immagini, nuovi e antichi simboli che ne
sintetizzano i concetti, presenta, tra gli altri, i seguenti contenuti:
La corrispondenza tra la legge dell’ottava musicale, i colori e i centri
energetici spirituali dell’uomo. Un singolare numero quantico, “1,71”,
simbolo del salto della consapevolezza umana. Le armoniche del suono
e la multidimensionalità dell’universo. L’Anima del mondo e la Matrice
dell’invarianza. L’antica soluzione e il significato della quadratura del
cerchio e la proprietà segreta del triangolo pitagorico. Il Diagramma
della coscienza e della creazione. Il Fiore della vita, i solidi platonici e
la bellezza. La forma mentis e l’elevazione della consapevolezza.
Una visione d’insieme articolata e organica, un’architettura del mondo
geometrico-musicale a immagine divina – l’Oculus Dei – uno schema
creazionale universale.
Un chiaro linguaggio simbolico, cioè né metaforico né allegorico, vero
tramite per una profonda comprensione intuitiva del mondo dell’anima.
Una sorprendente esperienza attraverso l’Energy disc: uno strumento
ancora poco conosciuto, qui proposto in una semplice versione utile a
constatare l’esistenza di una componente basilare della spiritualità,
l’energia vitale.
Infine, gli elementi fondamentali sulla scienza del colore trattati
specificamente nella seconda parte del libro, quale fondamento teorico
e base di approfondimento sulla corrispondenza analogica tra
spiritualità e colore.

Sant’Antioco, dicembre 2010


(e successive variazioni)

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PRIMA PARTE

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La luce è la spiritualità del colore

e il colore è l’elemento corporale della luce.

Mohammad Karim-Khan Kermani

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Energetica
Energia e spiritualità
Il caso è lo pseudonimo scelto da Dio
quando non vuole firmarsi di persona.
Anatole France

Tutto è energia. Questa oramai classica, semplice ma profonda


espressione racchiude una delle più importanti conquiste della scienza
moderna: l’aver compreso l’equivalenza tra energia e materia. Questa
equivalenza ha però implicito in sé un limite: quello di riferirsi solo
all’energia materiale.
C’è in realtà un altro tipo di energia che permea l’intero universo ed è
all’origine di tutto ciò che conosciamo. Si tratta dell’energia spirituale
o vitale. È questa forza sottile, preesistente, a rendere realmente
possibile la vita in tutte le infinite espressioni del Creato.
È un tipo di forza che sfugge normalmente a qualunque tipo d’indagine
fisica, proprio perché non è di natura fisica. Se ne può invece avere
esperienza diretta attraverso una certa attenzione e un certo modo di
coltivarla. È questo, infatti, uno degli scopi delle discipline spirituali o
delle tradizionali pratiche interiori sull’energia.

Il termine energetica, normalmente riferito alla scienza delle energie


fisiche, in queste pagine è posto in relazione con l’altro volto
dell’energia, quella sottile1. Dato che in fondo tutto è interconnesso, il
fisico e il sottile, anche il termine che esprime questa realtà universale
non può che essere idealmente lo stesso. Inoltre, il medesimo termine,
si può immaginare come formato da due parole: energia ed etica. Il che
ben si appropria, considerando che la profonda conoscenza dell’energia
spirituale non può prescindere dalla conoscenza di certi principi
esprimibili come etici.
Per etica, qui non s’intende la classica morale rappresentata da norme o
convenzioni sociali diversamente stabilite a seconda dei popoli e dei
tempi, ma una concezione universale basata sull’unità, la bellezza e
l’armonia del tutto. Concezione riconoscibile come fondamento da
sempre di tutte le più importanti dottrine spirituali, nonché come
espressione profonda dell’energia universale, eterna fonte di vita;
accordandoci alla quale possiamo sviluppare l’armonia e il benessere.
1. Energia, dal greco: enérgheia, “capacità di agire”, “vigore vitale”; da érgon, “opera”.
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L’essenza sta nella completezza, perché non c’è vera forza senza
completezza. Quindi per etica, in questo senso, s’intende il principio di
totalità e armonia, e con il termine energetica si esprime, dunque, il
significato di energia armonica, o di armonizzazione dell’energia.

Tutto è in relazione. Bisogna solo scoprire come. Ad esempio, i


contadini sanno bene che esiste un collegamento tra i cicli lunare e
solare e i lavori in campagna, perché se non si rispettano certe regole
del cielo, la terra non dà i frutti sperati.
Un mucchio di argilla, sabbia e sassi, nell’essere mescolati insieme, per
quanti infiniti tentativi si possano fare, non potranno mai disporsi
casualmente a formare dei muri e tanto meno una casa. Serve
innanzitutto l’idea della casa, quindi la forza e la capacità per
realizzarla e, infine, la materia. La meravigliosa, grandiosa e perfetta
complessità dell’universo, a maggior ragione, non può non essere che la
testimonianza innegabile dell’esistenza di un’idea, di una volontà
creatrice, di un Autore. Vedere in tutto questo, al contrario, l’opera
della casualità, non può non essere dovuto, invece, che ai filtri mentali
attraverso i quali viene percepita e interpretata la realtà.
Coscienza, Energia e Materia sono i tre grandi principi universali. Ogni
cosa li esprime in diversa misura e l’uomo ne rappresenta la più evoluta
e complessa espressione. Il corpo umano è il risultato di un modello
ideale che risiede in ogni singola anima; anima che, come un’immagine
olografica2, è parte e riflesso dell’Anima Universale. In ognuno di noi
risiede dunque uno schema, una luce, una speciale luce intelligente, a
immagine dell’infinito: un microcosmo riflesso del macrocosmo.

L’universo è a un tempo
coscienza, energia e materia.
Uno e Trino.
2. Secondo la teoria della Realtà olografica “tutto è nella parte, come la parte nel tutto”.
Così come una cellula contiene tutte le informazioni genetiche dell’organismo a cui
appartiene. Tale teoria deriva da un interessante fenomeno, quello della fotografia
olografica (dal greco holos, tutto), nella quale si ricorre a una particolare tecnica di
impressione di una speciale pellicola attraverso una luce laser. Una pellicola dalla
quale, una volta impressionata, si ritagliano una o più piccole parti che, esposte alla
stessa luce laser, attraverso queste è ancora possibile osservare sorprendentemente
l’immagine originale contenuta nell’intera pellicola, seppure con una minore nitidezza.

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L’anima è l’universalità dello spirito e
lo spirito è la specificità dell’anima3.

UNITÀ (Monade)
DIADE
Energia Materia
TRIADE
Anima Spirito Corpo
Mente Universale Manifestazione delle idee
Energia spirituale o vitale
Pura energia cosciente sul piano fisico
Idee
Fonte delle Idee Materia+energia materiale

“Ogni cosa è una parte del tutto, senza la quale il tutto non sarebbe il tutto.”
Lo schema indica quale posto occupa l’energia materiale oggetto d’indagine della
scienza (convenzionale). L’equivalenza tra energia e materia resta valida ma si amplia
comprendendo anche la dimensione spirituale.

Le idee, attraverso l’energia spirituale, si condensano


nell’Oceano dell’Essere: nascono le stelle, i mondi e
gli innumerevoli esseri e le cose del creato.

In virtù di quanto detto, possiamo ora esprimere una nuova


equivalenza, questa volta assoluta: Tutto è energia spirituale.

Ogni forma, ogni corpo racchiude in sé delle istruzioni che originano da


un diverso piano: da quello sottile verso quello materiale. Così come il
programma genetico del DNA nei confronti degli organismi biologici.
Istruzioni o informazioni indispensabili perché qualsiasi cosa possa
strutturarsi e manifestarsi come tale.
Un fisico tedesco del XVIII secolo, di nome Ernst Chladni (i cui studi
sono stati ripresi nel XX secolo dallo scienziato svizzero Hans Jenny),
scoprì che facendo vibrare con un archetto di violino una lamina
metallica o di vetro con sopra cosparsa una manciata di sabbia, in base
all’altezza dei suoni emessi e alla forma della lamina, tonda o quadrata,

3. Spesso oggi usati come sinonimi, l’anima (dal greco ànemos o da psychē, quindi dal
latino anima) e lo spirito (dal latino spiritus) hanno tutti e tre, anima, psiche e spirito, in
comune il significato etimo metaforico di “soffio”: il soffio divino. Così, ad esempio,
Anima Mundi deriva dal greco μεγάλη ψυχὴ (megalē psychē), “grande anima”.

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poteva ottenere, nel modo di disporsi della suddetta sabbia, differenti
figure come cerchi, raggiere o griglie4; giungendo così a un’importante
dimostrazione, quella dell’influenza del suono sulla materia.
Questo a dimostrazione, attraverso solo uno tra i possibili esempi, di
una semplice verità universale, cioè che l’origine di ogni forma fisica è
racchiusa essenzialmente nell’energia informativa che la sottende.

È ciò che si cela in ogni goccia d’acqua che fa di questa,


con il gelo, un bellissimo e sempre diverso cristallo di neve.

L’uomo, normalmente, non è consapevole della propria energia


informativa originaria, se non a livello puramente razionale o teorico.
L’essere umano è una complessa struttura energetica e fisica, la cui
formazione e natura è dovuta, oltre che ai diversi determinanti fattori
come quello biologico e genetico, anche alle influenze dell’ambiente
familiare e sociale, alle varie esperienze di vita e, nel quotidiano, ai
pensieri, alle credenze e ai valori e, più profondamente, al basilare
elemento animico spirituale.

Figure di Ernst Chladni

4. La sabbia tende a disporsi nei punti dove la vibrazione è nulla, lungo cioè le linee
nodali di onde stazionarie date in base ai suoni usati, al tipo di lastre e il loro fissaggio.
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Attraverso un’impronta o influenza data da questi fattori, l’uomo,
seppure globale in potenza, grazie alla sua essenza animico spirituale, si
parzializza dando forma alla propria individualità. Ovvero, la sua
struttura psichica assume una certa “piega” che origina e caratterizza i
suoi diversi modi di essere.
Attraverso un raffronto con l’arte dell’origami, potremmo paragonare
ciascun uomo a un foglio di carta, il quale all’inizio mostra ancora tutta
la sua piena potenzialità, che però va a perdere una volta che questo
viene piegato secondo una determinata forma.
Tale struttura psichica, quindi, col tempo si consolida e si irrigidisce.
Da qui le resistenze percepite quando si vorrebbe cambiare qualcosa in
noi stessi, le quali ci danno la sensazione di essere come un treno il cui
percorso è stabilito dai propri binari. Binari rappresentati, in questo
caso, dai limiti dati dalle nostre conoscenze, dalla nostra struttura
mentale, dai programmi inconsci. Limiti cristallizzati nel nostro modo
d’essere, per cui ogni tentativo di cambiare, spesso, si traduce in un
ripercorrere inesorabilmente la stessa strada ferrata.
In ogni modo, anche uno scambio di binari non sarebbe altro che un
cambiamento in termini di prospettiva e non una soluzione reale.
Questo perché il problema non è il binario in sé, dato che ogni binario
ha la sua ragione d’essere, ma il modo in cui ci si rapporta a esso.
Se a questa incapacità di cambiare, inoltre, si aggiunge la mancanza di
un senso, di reali valori e ideali, sostituiti da una vita superficiale e
circondata da beni superflui o importanti solo in apparenza, prima o poi
si arriva a sentire un vuoto, una sorda insoddisfazione esistenziale, che
può svilupparsi in una profonda infelicità. Ciò per la mancanza di un
senso autentico o, il che equivale, per la mancanza di un collegamento
con la propria essenza.
Ora, la soluzione a tutto questo non può che venire dalla conoscenza dei
principi spirituali e dalla loro interiorizzazione, così da poter entrare in
relazione con una profonda, sconosciuta armonia. L’uomo, infatti, per
poter esprimere le sue reali potenzialità in ogni aspetto della propria
vita, compreso il benessere in generale, dovrebbe riconoscere in sé la
presenza di diverse parti: ovvero, quella di essere un’entità animica e
spirituale oltre che corporea. Invece, purtroppo, è solo quest’ultimo
elemento, normalmente, a essere preso in considerazione. L’uomo,
dunque, nel reputarsi distinto da tutto e da tutti, vive identificandosi
esclusivamente nella propria persona, nei propri pensieri, nelle proprie

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idee e nel proprio ruolo sociale, così da essersi tagliato fuori da una
fondamentale componente della realtà: la propria anima. La quale
costituisce la vera fonte di ogni benessere, benessere di cui potrebbe
beneficiare se realizzasse con essa un contatto consapevole.
Costruire un ponte per accedere a questa profonda realtà è da sempre
l’essenza di ogni dottrina spirituale. E un ponte simbolico che collega la
coscienza individuale a quella animica è rappresentato tradizionalmente
dall’arcobaleno: il riflesso terreno della dimensione celeste5.
Ora, attraverso il colore e il ricorso a immagini simboliche, è possibile
esprimere un’analogia con ciò che può essere considerata l’essenza di
ogni principio spirituale, di ogni credo e tempo, e la psiche dell’uomo.
E scoprire che attraverso i colori – linguaggio dell’anima – non
semplice metafora ma espressione visibile dei profondi meccanismi
della realtà non solo fisica, è possibile comprendere meglio se stessi.
Il colore è energia, così come lo sono i pensieri e le emozioni, e
osservando i colori si può osservare – per visibilia ad invisibilia – ciò
che non si può normalmente vedere.

In principio era il Verbo.


V. di Giovanni 1,1

Questa celebre espressione biblica indica il Verbo, il Logos, quale forza


creatrice universale: il Suono, l’informazione che tutto sottende.
Poiché l’uomo è a immagine del Creatore, egli è partecipe di questa
forza creatrice, ovvero è un riflesso, su un piano differente, dei principi
unitari della triade cosmica: anima, spirito e corpo ed è dunque egli
stesso un creatore.

Anima Spirito Corpo


Coscienza cosmica Coscienze differenziate Creazione – Uomo
Forme ed energie sottili
creatrice che originano i corpi fisici
Forme fisiche

Coscienza umana Idee – Informazione Concretizzazione


L’uomo come microcosmo Energia delle idee

5. Nel culto greco, l’arcobaleno era associato a Ermes, il messaggero degli dei, corri­
spondente al dio latino Mercurio. Il pianeta da cui deriva il simbolo dell’esagramma, da
esso disegnato 7 volte in 7 anni, in 22 cicli sinodici, a chiusura del tracciato. (22/7≈π!)

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Questi stessi tre principi unitari si possono cogliere in ogni cosa.

La luce è una particella e un’onda al tempo stesso,


un quanto specificato da una lunghezza d’onda.
La genesi di ogni forma manifesta.

L’informazione, l’idea, si manifesta nella forma d’onda, e dalla forma d’onda si risale
all’informazione. Ad esempio, il colore blu, proveniente da una fonte di luce, è dato da
tre onde consecutive, relativamente all’unità di tempo, mentre il colore rosso da due.
Essenzialmente, dunque, l’informazione è energia espressa in una forma d’onda.

“Trino con una sola luce.”


Incisione del 1702.

– Da qui in poi, preceduti dal trattino, saranno inserite note extra o approfondimenti.

– Pitagora affermava che tutto è numero e che esso permea delle sue virtù tutte le cose.

In questo senso, ai numeri possono corrispondere i seguenti significati simbolici:

L’uno è la Monade, il punto, il cerchio; è l’unità originaria, la totalità, l’origine di tutti i

numeri, è il pari e il dispari insieme; è l’entità divina, o ciò che lo rappresenta, il sole.

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Dall’uno discende il due, la Diade, la linea, la materia, l’uomo rispetto a Dio;
l’esperienza terrena, la divisione e quindi la discordia, la dualità, come sole-luna, yin­
yang, donna-uomo, cuore-cervello; ma anche l’uguaglianza e la giustizia, l’equilibrio.
A questi segue il tre, la Triade, il triangolo, la perfezione, l’unitarietà, il ternario come
sintesi di ogni composto, il risolutore del due, ciò che media tra cielo e terra.
Proseguendo, con il quattro, abbiamo la Tetrade, il quadrato, il solido, l’universo fisico
e dunque la terra, la strutturazione della realtà: i quattro elementi, le direzioni cardinali,
le stagioni; il sapere esperienziale. Il cinque è il pentagono o la stella a cinque punte
(in cui è insita la proporzione aurea), i solidi platonici; è il principio vivente e dinamico
della natura, la bellezza, la crescita. Il sei è l’esagono o la stella a sei punte, è lo schema
base della creazione (i sei giorni della Genesi), il rapporto tra cielo e terra, l’armonia,
l’amore, il numero perfetto (6 è pari alla somma e al prodotto dei suoi divisori 1, 2 e 3).
Il sette è la Genesi (6+1), la creazione più Dio, i cicli periodici di crescita e di sviluppo
nella natura e dell’uomo, la settimana (la durata di ogni fase lunare), il settenario, un
ciclo compiuto, la scala musicale; la perfezione che partecipa della duplice natura
spirituale e materiale (triangolo più quadrato), l’ascesa spirituale attraverso le classiche
sette sfere planetarie o sette gradi, i rami dell’albero mistico, le sette virtù, opposte ai
sette vizi. L’otto è l’ottagono (la figura intermedia tra il cerchio e il quadrato),
l’equilibrio cosmico, la concretezza, la struttura, l’ottava che conclude (e da cui riparte)
il ciclo del sette; l’ottavo cielo, quello delle stelle fisse, l’ultimo dei cieli visibili. Il nove
(32) è il compimento, la fine di un ciclo, come i mesi di gestazione della donna, è il
numero del cammino evolutivo dell’uomo (4+2+3: “animale”, duale, triadico); è il
quadrato magico, l’enneade, la novena, le antiche sfere celesti che iniziano/finiscono
con l’uno/dieci (10=1+0=1), e i relativi ordini angelici.
– Ogni numero racchiude in sé due valori nascosti, i quali possono essere dati per
“riduzione” e “sviluppo” dello stesso numero. Ad esempio, la riduzione di 19 è 1+9=10
e 1+0=1; mentre lo sviluppo di 4 è 1+2+3+4 = 10; 10 che ridotto dà 1. Dalla prima
operazione deriva che tutti i numeri possono essere ridotti ai soli primi nove, i “modelli
della creazione”, i quali possono essere raccolti in una tabella, cioè in tre colonne per
affinità: 1, 4 e 7; 2, 5 e 8; e 3, 6 e 9; e in tre livelli triadici: 1, 2 e 3; 4, 5 e 6; e 7, 8 e 9.
– Nella concezione trinitaria cristiana, Dio è uno, assoluto, ma in tre differenti aspetti o
Persone: il Padre (il Principio creatore) il Figlio (l’espressione terrena e, su un piano
differente, il Logos) e lo Spirito Santo (l’intelligenza e l’amore universale).
– Quando un frammento di un’immagine olografica è posto nelle giuste condizioni di
illuminazione rivela in sé l’intera immagine da cui origina, come qui esemplificato
graficamente; da cui, la parte contiene in se olograficamente l’intero. Vd. nota a p. 12.

Particolare ingrandito del ritaglio dell’ologramma


e ottenimento, da questo, dell’immagine originale.

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I colori
Ciò che noi percepiamo come luce bianca è dato dalla presenza, nella
luce stessa, di tante componenti luminose, le quali, quando sono colte
separatamente, ci danno, ciascuna, la sensazione di un colore differente.
I colori fondamentali che possiamo osservare nell’iride o arcobaleno
sono cinque: il rosso, il giallo, il verde, l’azzurro e il blu. Attraverso la
miscelazione di questi possiamo ottenere altri colori presenti nell’iride,
come l’arancione e il violetto, e altri non presenti, come il viola, il
quale è dato da una mescolanza di rosso e di blu1.

Se aggiungiamo il viola ai cinque colori sopra elencati, questo funge da


anello di congiunzione in una raffigurazione circolare degli stessi, così
da ottenere la classica ruota dei colori.

1. Il viola non va confuso con il violetto in quanto solo quest’ultimo è compreso


nell’iride come colore puro. Il viola, come colore puro, non è presente nell’estremità
violetta dell’iride perché i nostri occhi non riescono a cogliere le componenti della luce
oltre una certa soglia (frequenza), anche se si può presumere che ne sia la naturale
continuazione (natura non facit saltus). L’iride, infatti, non è completa: ogni colore in
essa ha il suo complementare, tranne il verde. Il complementare del verde è appunto il
viola. Un colore tuttavia per noi percepibile come composto di rosso e di blu, i colori
dell’iride per noi visibili. Questo, probabilmente, è il motivo per cui il viola viene
considerato un colore spirituale, d’unione tra terra e cielo: perché per poterlo percepire
direttamente come colore puro dovremmo poter andare oltre la soglia della fisicità.
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Un fenomeno fondamentale nella percezione dei colori, denominato
sintesi additiva, consiste nella proprietà del nostro sistema visivo di
cogliere più luci colorate, miscelate tra loro, attraverso un’unica
sensazione che può essere, a seconda dei colori utilizzati, un colore
intermedio tra questi oppure il bianco. Mentre, se a essere combinati tra
loro sono dei colori materiali (tinte o filtri ottici), questi, assorbendo
varie componenti cromatiche da una fonte di illuminazione bianca,
anziché sommare luce alla luce, come nel caso precedente, sottraggono
luce alla luce e il risultato è un colore intermedio oppure il nero;
fenomeno quest’ultimo denominato sintesi sottrattiva.
La percezione dei colori risponde quindi a due fenomeni correlati tra
loro: la sintesi additiva e la sintesi sottrattiva. La prima è data dalla
fusione in un’unica soluzione di tutte le diverse componenti luminose
che, sovrapponendosi, vengono colte dai nostri occhi; l’altra è data
dall’interazione della luce con i fenomeni di assorbimento della
materia, prima che la stessa luce arrivi ai nostri occhi.

L’immagine illustra due fasci di luce bianca (L) che si “colorano” (C) attraversando due
filtri colorati (F) tramite il fenomeno dell’assorbimento (sintesi sottrattiva); infine,
queste luci colorate (C) convergono su una stessa superficie miscelandosi tra loro e
ricostituendo, in questo caso, la luce bianca iniziale (sintesi additiva).

Il colore, in questo senso, può essere inteso, a un tempo, come una


“semiombra” o una “semiluce”; oppure come un’ombra o una luce
parziale o, secondo la definizione di Goethe, come un “valore
d’ombra”, ovvero, luce rispetto all’ombra e ombra rispetto alla luce.
Semiombra/luce che può dar luogo a un’ombra completa se ulterior­
mente filtrata, oppure a una luce piena se sommata a un’altra semiluce.

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Le due immagini sopra illustrano, di lato e di fronte (in controluce), un caso di
oscuramento totale (nero/ombra) della luce bianca attraverso due filtri complementari
sovrapposti (sintesi sottrattiva); oltre alla colorazione della stessa, come già visto.

Si potrebbe anche affermare che “il colore nasce dal bianco e dal nero”,
ovvero, dall’interazione tra luce e oscurità (materia)2. In questo senso,
il rapporto tra luce e oscurità costituisce idealmente un asse verticale tra
l’alto e il basso, mentre i colori che emergono da questo rapporto si
possono disporre lungo un piano orizzontale.

2. Anticamente, con Aristotele, il colore era considerato una combinazione dei colori
base bianco e nero, di luce e oscurità. A tal proposito, vale la pena di menzionare
l’effetto Fechner-Benham, che consiste in un particolare disco bianco e nero attraverso
cui si può osservare, curiosamente, la comparsa, se posto in rotazione, di vari colori.
– In casi particolari le ombre possono apparire, in modo inspiegabile, come suggestive
ombre colorate. Tale fenomeno, conosciuto comunemente come ombre colorate di
Otto von Guericke, si può ottenere facilmente proiettando sovrapposti due fasci di luce,
uno bianco e l’altro, ad esempio, rosso su una parete bianca e interponendo un oggetto
davanti al fascio rosso. Ora, anziché ottenere “un’ombra bianca” proiettata dall’oggetto
su uno sfondo rosa (luci rossa + bianca), se ne ottiene, inaspettatamente, una azzurra,
cioè il colore complementare del rosso.
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Le immagini sotto raffigurano delle ruote cromatiche divise in due, in
tre, in sei e in dodici parti. In questo caso le divisioni sono state fatte in
base ai colori basilari, di cui abbiamo già parlato, ma potremmo
scegliere quelli che vogliamo, con un numero di divisioni qualunque.

Nella divisione in due parti (a), ciascuna gamma cromatica


(semicircolare), nel momento in cui i rispettivi colori vengono fusi
additivamente insieme, ci dà la percezione di un unico colore inter­
medio tra questi: nel primo esempio abbiamo il rosso (viola + rosso +
giallo) e l’azzurro (blu + azzurro + verde); nel secondo esempio il
giallo (rosso + giallo + verde) e il blu (viola + blu + azzurro). I colori in
coppia così ottenuti, a loro volta, possono essere miscelati tra loro
additivamente come luci ottenendo il bianco (1/2+1/2 = 1); oppure
sovrapposti sottrattivamente come filtri ottenendo il nero (1/2–1/2 = 0).
I colori che, combinati insieme, come il giallo e il blu visti sopra, ci
danno questi risultati sono chiamati colori complementari.

b c

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Il rapporto complementare o polare è il primo e fondamentale rapporto
tra i colori, il quale non genera nuovi colori ma sfumature degli stessi
che si risolvono per gradi nella pienezza della luce o nella vacuità del
buio; un po’ come avviene nel rapporto tra il bianco e il nero attraverso
i vari livelli di grigio, come illustrato nell’immagine che segue.

Per poter creare nuovi colori, i colori di partenza devono assumere nella
ruota posizioni relative differenti tra loro: il numero minimo di questi e
la loro disposizione, per ottenere il maggior numero di altre tonalità
attraverso la loro combinazione, sono indicati dalla terza immagine (b),
quella con la ruota divisa per tre. Dove, in questo caso, abbiamo tre
gamme cromatiche che ci danno il rosso, il verde e il blu: il numero
minimo essenziale di colori, combinati a due o a tre, necessari per
produrre tutti gli altri. Ad esempio, il rosso più il verde, in additiva, ci
dà il giallo. Questo può essere considerato il secondo importante
rapporto tra i colori, disposti idealmente ai vertici di un triangolo
equilatero, secondo il rapporto triadico o cromatico. Anche questi tre
colori, se combinati insieme, possono dare il bianco o il nero.

Nelle ultime immagini (c), ossia quelle con le ruote divise in sei e in
dodici parti, si arriva a una sempre maggiore specificazione del colore,
alla quale corrisponde una minore ampiezza dell’arco della gamma
cromatica sottostante. Anche tra questi colori sussistono rapporti
complementari e triadici ma dalle differenti ampiezze e composizioni
cromatiche. Questo significa che nelle somme di luci colorate

23
complementari non si ottiene un bianco pieno ma un bianco costituito
da un ridotto spettro cromatico, ovvero un bianco relativamente meno
intenso, più “grigiastro”; parimenti nelle azioni sottrattive dei colori
materiali si hanno vari livelli di grigio anziché il nero.
Nelle immagini che seguono abbiamo alcuni esempi di somme o
sottrazioni di colori attraverso i rapporti complementari (o polari) e
triadici (o cromatici); di cui, in quest’ultimi, tutte le combinazioni base.
Rapporti tra i colori, lo ricordiamo, altrimenti espressi come additivo
(verso la luce) o sottrattivo (verso l’ombra).

Colori-luce Colori-filtri

Si noti, infine, che quando si parla di “purezza” del colore, in senso


tecnico quanto più il colore tende verso la specificazione, ovvero
quanto meno è mescolato con altri colori, più è puro (come i colori
della ruota, vista in precedenza, divisa in dodici parti piuttosto che in
sei o tre); in senso spirituale, invece, con purezza s’intende il colore
bianco che rappresenta, al contrario, il colore meno specifico, cioè la
somma equilibrata di tutti i colori o, essenzialmente, l’equilibrio degli
opposti complementari.

24
I difetti della luce
sono i pregi dei colori.

Si rimanda alla seconda parte del libro per un approfondimento sul


tema del colore, qui introdotto solo nei lineamenti base utili alla
chiarezza basilare del testo.

Ruota cromatica con esagramma indicante i sei


colori base secondo i rapporti polari e triadici.

L’esagramma sopra, raffigurante la disposizione triadica dei colori additivi e sottrattivi,


rimanda alla nota stella a sei punte: simbolo universale di equilibrio tra l’alto e il basso,
lo spirito e la materia, e della congiunzione tra l’uomo e Dio. Una stella che richiama a
sua volta il simbolo, diffuso in tutto il mondo, del Fiore a sei petali e il simbolismo
della Genesi e della scala musicale. Scala rappresentata dall’ottava, ovvero da una serie
di sei note comprese tra una prima e un’ottava nota; riconducibili, quest’ultime, a
un’unica nota. Una nota base che racchiude in sé (come suoni armonici concomitanti)
tutte le note della scala, così come la luce racchiude in sé tutti i colori. Una nota base (la
prima, implicita) alla quale corrisponde uno stato iniziale, un ante creationem mundi,
seguito dai sei giorni, note o colori, della creazione – ovvero, lo schiudersi della
potenza in atto – e uno stato finale, un post creationem, il giorno del compimento e del
riposo (che richiama ancora la nota base, l’ottava, di conclusione e riposo della scala).

– Nelle pagine che seguono, i termini sintesi sottrattiva e sintesi additiva, qui illustrati e
specifici della scienza del colore, saranno utilizzati, estendendone così l’ambito di
utilizzo, in nuove espressioni come: modalità sottrattiva, in additiva, sottrattività, ecc.

25
26
L’armonia nell’unità
Il colore, al di là delle apparenze, non esiste materialmente in natura,
non è una caratteristica fisica oggettiva, una sostanza, ma è una
costruzione mentale generata in noi dalla percezione di diversi stimoli
luminosi. Spingendoci oltre, ogni espressione del nostro mondo fisico,
in fondo, non è che una rappresentazione generata dai nostri sensi e dai
nostri schemi mentali, i quali non colgono la vastità di tutto ciò che si
cela dietro la stessa rappresentazione1. Sappiamo, infatti, che le infinite
sostanze materiali nell’universo sono costituite da poche decine di
diversi elementi chimici, e questi, a loro volta, da pochi costituenti
comuni considerabili come le prime forme di energia condensata2.
Tutto è, appunto, energia. Ma l’energia non si esprime alla cieca, segue
invece un pensiero, un disegno che origina da ciò che possiamo
chiamare Anima Universale. In questo, tutto ciò che è fisico è
transitorio, mentre l’energia, in perenne trasformazione, è eterna.

Nel Sutra del Cuore buddista si legge “la forma è vuoto, il vuoto è
forma”; mentre nella Tavola di Smeraldo di Ermete Trismegisto c’è
scritto “come in alto, così in basso e come in basso, così in alto”.

Così il colore, in fondo, tutt’altro che inesistente, si esprime nella nostra


realtà fisica, mediante le sue caratteristiche proprietà, come un qualcosa
che proviene da modelli invisibili: perché, tutto ciò che sta in basso, nel
mondo fisico, riflette ciò che sta in alto, nel mondo dell’anima, e dove
basso e alto, forma e vuoto, in realtà, sono un’unica cosa.

1. Un tema fondamentale della filosofia indiana verte intorno all’illusione della maya e
alla creazione del mondo mediante il sacrificio che Dio fa di se stesso. Questa
creazione è chiamata Lila “il gioco di Dio” e l’universo ne rappresenta lo scenario. In
questo contesto, la parola maya, il cui significato originario è potere creatore, sta a
indicare lo stato mentale illusorio dato da sette veli, “i colori dell’iride”, attraverso cui
l’uomo si rapporta con il mondo fisico. Mondo sì reale ma non limitato come ci appare.
2. Secondo la Teoria delle Stringhe (Corde), una moderna “Teoria del tutto”, i
costituenti fondamentali della materia non sarebbero composti da particelle puntiformi
ma da strutture estremamente piccole (miliardi di volte più piccole dei nuclei atomici)
paragonabili a delle corde di energia vibranti, aperte o chiuse ad anello. Corde uguali
che, come note musicali, a seconda della loro frequenza di vibrazione, darebbero
origine ai differenti tipi di particelle elementari come i quark, gli elettroni e i fotoni.
Mentre a ordini di grandezza diametralmente opposti ci sarebbero le stringhe cosmiche.
27
Nell’universo, l’energia sottile è una forza onnipresente che tutto
permea, da cui tutto origina e a cui tutto ritorna. Essa è una forza
dinamica che può essere rappresentata attraverso l’immagine di
un’onda, con il suo ciclico flusso e riflusso, oppure da una spirale.

1,618

0,618

L’energia sottile può essere simboleggiata da una spirale. Tra i diversi tipi di spirale,
quella logaritmica e, in particolar modo, quella aurea sono considerate tra le più belle.
Questa si può realizzare attraverso una serie di rettangoli aurei (uno all’interno
dell’altro) i cui lati, maggiore e minore, stanno tra loro secondo il rapporto o sezione
aurea (ϕ); la quale corrisponde, per definizione, a quella parte di un segmento che è
media proporzionale tra l’intero segmento e la parte restante; o, all’intero che sta alla
parte maggiore come la parte maggiore sta a quella minore: 1,618:1=1:0,618; e dove
ϕ = (√5±1)/2. La spirale aurea è riconducibile alle figure frattali (frazione di un tutto),
ovvero a quelle figure geometriche (presenti in molte forme in natura: cristalli, felci,
eccetera) in cui un motivo identico si ripete su scale diverse. Si cfr. con l’ologramma.

Nel disegno che segue, che chiamiamo “Aur”, due spirali auree
accoppiate formano e simbolizzano “l’uovo micro-macrocosmico”. In
esso si scorgono, in uno stato embrionale, le due forze primordiali
all’origine di ogni cosa nell’universo3.
3. La genesi dell’universo da un uovo primordiale compare in molti miti di diverse
antiche civiltà. L’uovo, infatti, simbolizza la totalità contenuta in germe, la nascita di
una nuova vita, ma anche la rinascita del ciclo vitale della natura o la fonte della vita.
28
Aur è realizzato attraverso il rapporto aureo (da cui il nome Aur). Tale
rapporto, così denominato durante il Rinascimento per via della sua
bellezza, quella che origina dall’armonia proporzionale delle forme, è
conosciuto fin dai tempi più antichi. I Greci, ad esempio, lo utilizzarono
nella loro arte scultorea e in architettura. Noto anche come numero
aureo “Phi” (ϕ = 1,618), esso può essere colto in molti aspetti della
natura, come nelle proporzioni degli organismi viventi, piante, animali,
uomo compreso, e nella particolare forma a spirale della conchiglia del
nautilo e delle immense galassie; forma a cui si ispira il disegno di Aur.
Nell’immagine, i colori bianco e nero esprimono il rapporto polare
fondamentale tra luce e oscurità, energia e materia, fuoco e acqua …
Come si può notare, le due parti si compenetrano in modo complemen­
tare: l’una è il riflesso dell’altra, questo a significare che il contenuto,
l’informazione, l’idea, si esprime nel contenente, nella forma esteriore.

29
I colori non sono belli solo sotto
certi aspetti, ma sempre belli in sé.
Platone, Filebo

Dal rapporto polare primordiale luce-oscurità, la creazione si dispiega


in un’infinita varietà di colori, l’insieme dei quali trova la sua migliore
rappresentazione nell’immagine della ruota cromatica.

Non esistono contrari nell’Unità ma solo complementari.

La presente ruota dei colori ha una particolare bellezza che esprime


qualcosa che va al di là del suo normale impiego: quello nel campo
della grafica. Estrapolata dal suo contesto, eccola qui a rappresentarci
l’unione dei colori, disposti secondo l’ordine complementare, gli uni di
fronte agli altri, in una sintesi armonica degli opposti, data in
particolare dalla fusione sfumata degli stessi nella luce bianca centrale.
Quest’immagine può rappresentare simbolicamente l’anima universale
o, il suo riflesso, l’anima individuale.
30
Tutte le cose sono diverse e opposte,

e nel divenire ogni cosa diventa il suo contrario;

queste si raccolgono in una superiore unità,

cosicché tutto è identico, tutto è uno.

Inizio e fine coincidono nel cerchio.

Salita e discesa coincidono nella stessa strada.

Eraclito di Efeso

In natura tutto è polare e ciclico. Ogni polo è compensato dal suo polo
opposto, così come nelle stagioni quella estiva lo è nei confronti di
quella invernale, e tutto si armonizza dinamicamente nel ritmo.
Lo stesso principio è riconoscibile nella complementarietà dei colori,
attraverso la quale essi si compensano e armonizzano reciprocamente.
Questa proprietà si può facilmente constatare mediante un particolare
fenomeno visivo conosciuto come post-immagine negativa4. Attraverso
il quale, se si fissa un colore per alcune decine di secondi, e quindi si
sposta lo sguardo su una superficie bianca, si può visualizzare per
qualche attimo il suo colore opposto complementare5. Tale fenomeno
rimanda alla natura additiva della vista, in quanto, attraverso la sintesi
dei colori, si esprime un principio fondamentale, quello dell’unione e
dell’armonia, di cui la luce bianca è il simbolo per eccellenza. Un
principio in cui si riflette l’essenza degli occhi, specchio dell’anima.

Se l’occhio non fosse solare,

come potremmo vedere la luce?

Se non vivesse in noi la forza propria di Dio,

come potrebbe estasiarci il divino?

J.W. Goethe

4. Il fenomeno della post-immagine positiva, invece, si può sperimentare se si fissa una


forte luce bianca o la luce del sole per qualche secondo e poi si chiudono gli occhi:
persisterà per alcuni minuti nei nostri occhi la stessa immagine o una macchia di luce.
5. Si veda anche la seconda parte del libro, a p. 207.
– Per inciso, il colore della pelle umana si può far derivare essenzialmente da due soli
colori, il rosso e il giallo, o da una miscela di questi, i colori del sole. Colore della pelle,
le cui tonalità, chiare o scure, non sono date altro che da una minore saturazione o
minore luminosità degli stessi due colori (vd. pp. 216-8). Il rosato chiaro, il rossastro e
il marrone scuro sono accomunati dal rosso; mentre, il giallastro e l’olivastro dal giallo.
I colori degli occhi, il celeste e il marrone, invece, sono complementari tra loro e
rispecchiano i colori dei principi polari cielo e terra.

31
Taiji e Bagua
Intaglio, Wellcome Museum, Londra.

– Una tra le rappresentazioni simboliche più esplicite e razionali sulla natura


complementare della realtà appartiene all’antica filosofia taoista e corrisponde al
simbolo del Taiji (Tai ch’i), ovvero alle energie basilari o principi opposti yin e yang
raffigurati all’interno di un cerchio diviso da un’onda evidenziata dal contrasto dei
colori associati ai due principi: il nero e il bianco, oppure il blu e il rosso (ombra e luce,
acqua e fuoco, femminile e maschile …). Essi sono circondati dal Bagua (Pa kua), gli
otto trigrammi, vale a dire dalle otto specificazioni o stati di trasformazione e
combinazione delle stesse energie yin e yang, disposti in cerchio per coppie opposte e
complementari, rappresentati, secondo una differente modalità, rispettivamente dalle
linee spezzate e da quelle intere, in gruppi di tre. Nella presente raffigurazione,
denominata del cielo anteriore, o dimensione celeste, a cui si contrappone quella del
cielo posteriore, o dimensione fenomenica terrena (con una disposizione dei trigrammi
secondo il ciclo annuale), dall’alto in senso orario, abbiamo: cielo, vento, acqua, monte,
terra, tuono, fuoco e lago. Tra il Taiji e il Bagua s’inserisce, inoltre, la teoria dei cinque
elementi: legno, fuoco, terra, metallo e acqua. I quali, per la legge delle rispondenze,
sono in relazione, con l’aggiunta di un centro, coi quattro punti cardinali, le stagioni e,
nell’ordine, i seguenti organi/emozioni: fegato/ira, cuore/gioia, milza/pensiero (centro
dove convergono le emozioni), polmoni/tristezza e reni/paura; solo per citarne alcuni.
Cfr. con il Timeo di Platone (34-36), opera che tratta dell’Anima del mondo, la quale
assume la forma di due cerchi: la natura del Diverso e la natura dell’Identico;
rispettivamente, il piano dell’eclittica – con i moti dei pianeti del sistema solare –
interno e inclinato rispetto all’equatore celeste – il piano della sfera celeste, o delle
“stelle fisse”, imperniato nell’asse del mondo – i quali s’intersecano, così da formare
una “X”, nei nodi equinoziali o i punti in cui il divenire si lega con l’assoluto.

32
La matrice dei colori
L’arazzo della vita
L’angel di Dio … trasse due chiavi.
L’una era d’oro e l’altra era d’argento …
Più cara è l’una, ma l’altra vuol troppa
D’arte e d’ingegno avanti che diserri,
Perch’ella è quella che ‘l nodo digroppa.
Dante, Purgatorio, IX, 104-26*

L’uomo è un essere dotato di coscienza. Questa coscienza però,


generalmente, non si esprime al massimo delle sue potenzialità, anzi si
può considerare mediamente alquanto limitata. Tale limite, di cui
solitamente non si è consapevoli, comporta, proprio per questa ragione,
ciò che potrebbe essere definita come “l’inconsapevolezza della propria
inconsapevolezza”, per cui più si è inconsapevoli e meno ci si rende
conto di esserlo1. Contrariamente al “sapere di non sapere” socratico.
Secondo quanto constatato dalla scienza, l’uomo non impiegherebbe
normalmente più del 10% delle proprie facoltà mentali. Il motivo di
questo è da ricondurre essenzialmente alla sua piena identificazione con
la propria realtà psichica, il proprio colore; mentre, diametralmente, ciò
che amplierebbe le stesse facoltà sarebbe da ricondurre a una parte
complementare, nascosta e misteriosa di sé: la luce interiore.
La mente umana, per sua natura, è tendenzialmente sottrattiva. Questo
perché il pensiero cosciente è dato attraverso la mediazione di un’atti­
vità cerebrale che è di natura fisica. Una fisicità, espressa dal corpo, che
induce e rafforza l’illusorio senso di separazione dal mondo circostante
e che determina uno stato di ignoranza, nei confronti di una più ampia
realtà, per via di un processo cognitivo circoscritto, cioè mediato dai
sensi, di una mente razionale (dal latino ratio: “calcolo”, “ragione”) che
tutto indaga, analizza, separa, classifica e giudica; ma che, proprio a
causa della sua natura fisica, non giunge sempre a conclusioni lineari.
La coscienza, dunque, non coincide con la fisicità, o perlomeno non
nell’essenza, ma è un corpo di energia psichica, mentale ed emozionale,
che s’identifica, solo per via delle apparenze, con la realtà materiale.

* Le chiavi d’oro e d’argento si riferiscono all’azione sul cuore e sulla mente (“nodo da
sciogliere”). Cfr. la “chiave della scienza” che apre la “porta celeste”, sottratta la quale
è impedito l’accesso a quanti vorrebbero entrare; V. di Luca 11,52 e Matteo 23, 13.
1. Come, ad esempio, nella chiusura mentale: la presunzione di alcune persone durante
un confronto di idee e la caparbietà o la cecità anche di fronte all’evidenza.

33
L’anima è rappresentata al centro attraverso la ruota cromatica,
mentre le energie che la racchiudono ne definiscono l’individualità:
1° Vitale/Fisico, 2° Emozionale e 3° Mentale.

Ogni anima, simbolizzata da una ruota cromatica, si corporizza e


specifica scegliendo ciascuna un proprio determinato colore, un proprio
raggio di luce. In questo modo le singole anime, a un tempo un’unica
anima, si individualizzano rivestendosi di una propria capacità di
pensare, provare emozioni, sensazioni e di agire con una distinta
volontà. Ciascuna con il proprio scopo, una propria storia. Ed è questo
il senso dell’esistenza del creato, quale infinita varietà di espressioni.

Ogni personalità può essere rappresentata essenzialmente attraverso un diverso colore


che la caratterizza. L’anima e l’ego rappresentano i due poli fondamentali dell’uomo.

– L’apertura mentale, o l’elevazione della coscienza, non è data tanto dalla quantità di
conoscenza, quanto soprattutto dalla sua qualità, cioè dall’elevazione oltre la dualità.

34
Le persone possono interagire tra loro in maniera
analoga a quanto avviene con i colori.

Ognuno vive la propria storia personale attraverso i propri modi


d’essere. La realtà duale fa di noi persone che credono, pensano,
agiscono e vivono in un modo piuttosto che in un altro. Ci
differenziamo in base al sesso, alla personalità, alle idee, ai gusti
personali, alle esperienze vissute. Così possiamo essere persone
tendenzialmente dinamiche o statiche, cerebrali o emozionali, loquaci o
taciturne, allegre o malinconiche. Questo elenco, chiaramente, potrebbe
estendersi all’infinito, anche se tutto è fondamentalmente riconducibile
a poche tipologie caratteriali basilari. Noi possiamo quindi essere
questo o quello ma mai tutto insieme. Questa condizione parziale ha la
sua ragione di essere, naturalmente, in quanto è quella che rende la vita
varia e colorata e che assegna a ciascuno di noi il proprio posto e scopo
nel mondo. Così come una parte di un tutto o come una cellula di un
grande organismo vivente. Il problema, però, è che in questa parzialità
ci siamo talmente identificati da aver perso la visione d’insieme della
realtà e il senso di unione e di armonia con il tutto.

Un Colore sta là fuori

Su Campi Solitari

Che la Scienza non può cogliere

Ma la Natura Umana avvertire.

Emily Dickinson

Quanto detto, si può illustrare partendo da una semplice analogia, la


quale riflette una diffusa metafora, frammento di un sapere dimenticato.
Ognuno di noi è un colore. Possiede cioè una natura psichica che può
essere rappresentata mediante uno o più raggi di una ruota cromatica.
35
Raggi i quali sono tutti presenti in noi, ma alcuni più forti di altri: quelli
che ci caratterizzano, conferendoci la nostra colorazione dominante.
Ricordiamo che tutto è energia, così come i nostri modi d’essere,
riconducibili ora alle differenti energie dei diversi colori2. Per cui, come
questi possono essere miscelati tra loro, producendo nuove tonalità,
così i nostri pensieri, consci o meno, le loro energie, possono interagire
tra loro, con altre parti di noi stessi, con altri esseri e con tutto ciò che ci
circonda producendo nuovi effetti. Ovviamente, in questa dimensione,
non sono più i nostri occhi a percepire le suddette trasformazioni ma il
nostro essere attraverso le sensazioni, le emozioni o, indirettamente,
attraverso lo svolgersi degli avvenimenti che ci vedono presenti.
Il pensiero o l’atteggiamento mentale non è un fenomeno circoscritto e
delimitato nella testa di ciascuno di noi, ma come un’onda radio viaggia
nello spazio, come una luce colorata tinge tutto attorno a sé.
Questa realtà può essere raffigurata attraverso un’immagine classica
della filosofia orientale: quella di un arazzo, i cui ordito e trama, forme
e colori sono realizzati attraverso i fili delle energie individuali e quelle
dell’universo che s’intrecciano e si combinano in un unico immenso
disegno e complesso gioco di cause ed effetti.
Nella suddetta analogia si rispecchia anche un’importante acquisizione
della fisica quantistica, ovvero quella di aver riconosciuto la fondamen­
tale unità tra l’osservatore e la cosa osservata. Il che significa, in
sintesi, che nella nostra realtà, in cui ogni cosa appare separata l’una
dall’altra, esiste invece un sottile collegamento, un’interazione che

2. Lo sviluppo di ogni individuo, l’armonica espressione delle sue qualità basilari:


mentali, emotive e fisiche – un bilanciato spettro cromatico – e lo scopo di una vita, è
determinato dai dettami e i disegni dell’anima; dall’eredità spirituale delle vite passate;
dagli influssi astrali al momento della nascita (essenzialmente del sole, della luna e
dell’ascendente); dall’eredità genetica; dall’impronta ricevuta durante il periodo
prenatale, sereno o sofferto; dalla nascita, se con parto dolce o “classico”, seguita o no
dall’allattamento; dall’influenza dei genitori, la loro energia: di amore e armonia o
legata alle problematiche dell’ego; il tipo di nutrizione, le cure, l’educazione, eccetera.
36
avviene nell’intimità della materia, al livello dell’atomo e che, per
questa ragione, qualunque evento può presentarsi in maniera differente
a seconda del modo o dell’atteggiamento con cui ci si relaziona a esso.

I nostri modi d’essere (dal latino modus, “misura”), e i rapporti


interpersonali, possono essere dunque interpretati attraverso l’analogia
con i colori, in particolare attraverso le modalità additiva e sottrattiva.
Modalità le quali rispecchiano la nostra capacità di orientarci verso la
luce o la nostra attitudine verso l’ombra e, conseguentemente, di
interpretare e dare un relativo significato alla realtà che ci circonda.

– In additiva si va verso la luce, la crescita spirituale, l’apertura


mentale, la comprensione, l’armonia, la creatività.
– In sottrattiva, verso l’ombra, la chiusura mentale, l’incomprensione, il
materialismo, la dualità, l’egoismo, il caos.

I rapporti tonale o per affinità (tra colori simili), polare (tra colori
complementari) e cromatico (variabile tra le due modalità precedenti),
in additiva (luci) e in sottrattiva (filtri) possono rappresentare le
situazioni di base nelle relazioni interpersonali o nei processi psichici.

Vediamo alcuni semplici esempi in ambito interpersonale.

37
In un rapporto tipicamente di amicizia o sentimentale, due persone
affini come carattere, idee e interessi possono essere rappresentate da
uno stesso colore. Esse tendono a capirsi e a relazionarsi piuttosto bene,
trovando in questo forza e sostegno reciproco, in particolare in additiva.

Si tenga conto, in generale, che in additiva le energie si sommano


(maggiore luce), quindi i contributi di ognuno tendono ad arricchire
l’altro; mentre in sottrattiva le energie vengono sottratte dai filtri
mentali dati dalle differenti opinioni e credenze (minore luce).
Quando due persone sono molto simili tra loro (colori tonali) queste
vanno d’accordo, c’è una buona intesa ma mancano di originali contri­
buti, per cui la tendenza è verso un’omogeneità delle esperienze e degli
interessi condivisi e, al tempo stesso, se in sottrattiva, verso una chiu­
sura o un’indifferenza nei confronti di tutto ciò che è diverso da loro.

Infatti, in sottrattiva, una “persona gialla” filtra, attraverso l’interazione,


una “persona blu” (colori polari) trovando il rapporto noioso o poco
interessante. Stessa cosa, se la persona blu si pone ugualmente come
filtro nei confronti di quella gialla, per ignoranza, pregiudizi o rigidità
mentale; così come nel caso di due persone che non si ascoltano e
ciascuna vuole imporre il proprio punto di vista all’altra. La sensazione
è pertanto quella di non capirsi reciprocamente, perché si crea come un
38
“buio comunicativo”; buio che può presentarsi sostanzialmente sotto
differenti forme, come l’indifferenza, l’antipatia, l’odio o la paura.

Se invece abbiamo un rapporto cromatico (di cui il più rappresentativo,


tra quello tonale e quello polare, è quello triadico), dall’interazione di
questi colori se ne ottengono di nuovi. In sottrattiva, attraverso
l’interazione, ad esempio, di giallo e azzurro si ottiene il verde; questo,
essendo il risultato di una differenza di energie data dai filtri caratteriali
di ciascuno, può significare in pratica che nel rapporto tra due persone
ci possono essere solo limitati punti in comune, il verde, anche se non
necessariamente condivisi, come nella rivalità; o invece una possibile
incompatibilità in generale (meno luce).

Se il rapporto è in additiva, ad esempio tra rosso e verde, abbiamo


invece una somma delle due energie che crea qualcosa di nuovo, il
giallo, che le comprende entrambe elevandole (più luce). In pratica, può
rappresentare un fertile rapporto creativo e di crescita tra due persone
dal punto di vista sentimentale, d’amicizia o professionale: ognuno
impara, fa proprio qualcosa dell’altro, vede attraverso gli occhi
dell’altro. Questo a condizione che tra le due persone ci sia una buona
armonia. È questa la differenza tra le menti chiuse e le menti aperte: nel
primo caso, il giallo non vede veramente l’azzurro, cioè non può
comprenderlo pienamente, e viceversa, ma trovano tra loro solo un
ristretto punto di contatto; nel secondo caso, il rosso e il verde, pur nella

39
diversità, si comprendono per quello che sono, potendo proprio per
questo produrre qualcosa di nuovo e di più ampio per entrambi.

Oppure, due persone, sempre gialla e blu, in un primo momento


possono interagire in additiva e, apportando ciascuna quello che manca
all’altra – un modo d’essere polarmente opposto – completarsi ed
elettrizzarsi in maniera anche intensa: condizione qui rappresentata
dalla luce bianca. Questo può succedere, in particolare, durante l’inna­
moramento, quando due persone arrivano a comprendersi a fondo.
Col tempo però, per differenti motivi, queste finiscono generalmente
per scivolare nella modalità sottrattiva e, non riuscendo più a mantenere
o ricreare lo stato luminoso iniziale, non comprendendosi più, finiscono
per scontrarsi e, infine, per lasciarsi. A meno che lo stato nascente
dell’amore non riesca a evolvere e a consolidarsi; oppure, al contrario,
non si sviluppino dei meccanismi di dipendenza o altro. È difficile,
infatti, coltivare un rapporto tra elementi opposti quando entrambi
interagiscono in sottrattiva e non hanno nessun punto in comune.

Essere sottrattivi significa avere una visione limitata della realtà: è il


rigido punto di vista che ci rende indifferenti, intolleranti o incapaci di
comprendere veramente ciò che ci circonda. Essere additivi, invece,
vuole dire essere sensibili e ricettivi nei confronti di ciò che è diverso
da noi: è una disposizione a sentire, a comprendere e a sommare in sé
nuove espressioni illuminanti che accrescano la nostra consapevolezza.

Essenzialmente, il filtro costituito dalla nostra personale visione della


realtà ci rende impossibile una vera comprensione della complessità del
mondo, simbolizzata dalla luce bianca. Infatti, di quest’ultima,
possiamo cogliere solamente quegli aspetti in qualche modo affini alla
nostra visione personale, mentre siamo insensibili agli altri.

40
Ogni coscienza (sopra raffigurata al centro attraverso i filtri blu e rosso, rispettivamente
nella prima e seconda immagine) può generalmente cogliere dalla realtà solo quegli
aspetti a essa affini (le relative luci blu o rossa); o gli stessi singoli aspetti mediante
un’azione di filtraggio della più complessa medesima realtà (le luci bianche); mentre è
opaca o impermeabile verso gli aspetti a essa opposti o contrari (le luci rossa o blu).

Il cromatico è figlio dei colori triadici,


rispecchia cioè i caratteri di entrambi.

Interazioni base, in additiva e in sottrattiva, tra differenti “colori-personalità”.

Le persone spesso non si trovano d’accordo circa le percezioni o le


opinioni sulla realtà per via dei propri filtri mentali. Ad esempio, nella
figura sopra, relativa alle interazioni in sottrattiva tra colori-personalità,
una persona azzurra percepisce una gialla come verde che, invece, è
percepita da una viola come rossa. Nemmeno il bianco (lo sfondo), la
realtà è colta come tale, assumendo lo stesso colore dell’osservatore.
41
Quando non c’è energia, non c’è colore, non c’è forma, non c’è vita.
Caravaggio

Parafrasando il mito della caverna di Platone3, se per ipotesi in un


gruppo isolato di persone alcune indossassero incessantemente e per un
lungo tempo degli occhiali con lenti blu, queste finirebbero per trovare
normale vedere tutto blu, anzi, probabilmente ne perderebbero la
consapevolezza. Stessa cosa per chi invece osservasse costantemente
attraverso lenti rosse, verdi o gialle. Così, nell’esprimere le proprie
opinioni sulla visione del mondo, ciascuna di queste persone, con lenti
differenti, avrebbe ragione dal proprio punto di vista o “colore di vista”
ma, nel confronto, non capirebbe o non si troverebbe d’accordo con le
altre. A meno che queste non si ricordassero di togliersi gli occhiali.

Come un arazzo vivente, l’universo è composto

da infiniti fili colorati intrecciati tra loro

che creano insieme sempre nuovi disegni e colori…

…una matrice4 psico-energetica che si colora, illumina o scurisce a


seconda delle idee, dei modi d’essere e degli stati d’animo individuali e
collettivi. Una matrice, una mente cosmica/umana, dalla quale origina
la realtà manifesta, e in cui ognuno tesse la storia della propria vita.

Un’immagine simbolica, quella dell’arazzo vivente, di seguito stilizzata


graficamente nella Matrice dei Colori, o Color Matrix, la tavolozza
attraverso la quale si esprime la cromaticità dell’universo.

3. Il mito della caverna (Repubblica, VII) illustra l’importanza di liberarsi dalle catene
dell’illusorio mondo della realtà sensibile, delle “ombre” (mentali), per giungere a
quello della realtà intelligibile, della verità, vale a dire il mondo della luce spirituale.
4. Matrice, dal latino matrix: genitrice, utero, matrice, fonte, origine.
– Quando una lente colorata agisce a livello collettivo si ha un paradigma della realtà.
– Nella seguente matrice si distinguono le modalità additiva e sottrattiva
(rispettivamente nella metà triangolare superiore destra e inferiore sinistra) attraverso le
combinazioni dei sei colori basilari (rosso, giallo, verde, azzurro, blu e viola) disposti
secondo una doppia serie di bande incrociate verticali e orizzontali che danno luogo a
trentasei miscele o sfumature cromatiche o, simbolicamente, a trentasei possibili modi
d’essere o aspetti della realtà. Sempre nella matrice sono comprese idealmente anche le
altre tonalità, quelle con i colori tenui, cioè insaturi, e quelle spente, cioè con minore
luminosità, non tutte raffigurabili, per ragioni di… “sintesi”.
– La distinzione tra colori additivi e sottrattivi (rosso, verde, blu e giallo, azzurro, viola)
è dovuta solo a ragioni pratiche, in quanto ogni colore può essere sia luce che materia.

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43
Noi siamo luci e filtri allo stesso tempo: influenziamo, colorandolo,
l’ambiente con la nostra presenza e l’ambiente colora noi; quindi lo
interpretiamo secondo il nostro punto di vista e, viceversa, veniamo
interpretati secondo altri punti di vista. Dunque ogni pensiero ogni
atteggiamento e, fondamentalmente, ogni nostra credenza determinano
la nostra realtà, la nostra esistenza.
Sono pertanto due le modalità funzionali base della nostra mente,
rivediamolo: quella secondo il principio di separazione
(ombra/sottrattivo) e quella secondo il principio di unione
(luce/additivo). A questi due principi e alle loro varie combinazioni,
nello specifico dei casi, corrispondono i nostri modi di essere e
atteggiamenti che caratterizzano la nostra natura caratteriale.
Al principio di separazione corrisponde l’identificazione nel nostro ego,
quindi nel nostro mondo separato dal resto del mondo, dall’ambiente,
dalle persone e dalle cose. Un essere separati a cui consegue
insicurezza e ignoranza, ovvero il non conoscere ciò da cui si prende le
distanze, e se ne ha quindi paura, perlopiù inconscia. Dalla paura e
dall’ignoranza seguono quegli atteggiamenti e sentimenti che
rinforzano in noi e negli altri, influenzandoci a vicenda, il senso di
separazione. Atteggiamenti che si possono tradurre in pregiudizi,
disprezzo, antipatia, senso di superiorità o d’inferiorità, indifferenza,
diffidenza o volontà di controllo. A questo si deve aggiungere, inoltre,
un possibile senso di non accettazione rivolto nei confronti di noi stessi,
il quale ci divide anche interiormente.
Al principio di unione corrisponde invece un sentimento di armonia
globale che procede oltre l’individualità intesa come limite. Un senso di
fiducia, gratitudine e amore – eros autentico, totale – La gioiosa
consapevolezza per il miracolo dell’esistenza di un meraviglioso
universo intorno a noi, il sole, la luna e le stelle, i colori della terra e
della vita. Un atto creativo divino di cui ci sentiamo profondamente
parte, principio e fine.
Ma che significato ha in pratica tutto questo?
Ritorniamo nuovamente ai raggi colorati della nostra ruota cromatica.
Abbiamo visto che a ogni particolare modo d’essere corrisponde un
differente tipo di energia o colore, dunque un differente limite in cui la
coscienza è confinata. Pertanto, quando la nostra coscienza si fonda
sull’egocentrismo, l’io separato dal tutto, va a escludere una vasta parte
di quei potenziali, quei policromatici modi d’essere non riconosciuti o

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non accettati, che potrebbero invece arricchirla. Ciò, in modo analogo a
quanto avviene con una dieta monotona o non variegata, cioè non sana.
Essenzialmente, l’uomo si autolimita ponendo la propria attenzione sui
propri limiti, sulla propria persona che essendo, in primo luogo, di
natura fisica, è per forza di cose circoscritta, limitata e soggetta a errore.
Diversamente, potrebbe invece rivolgere la propria attenzione,
riconoscendo l’illusorietà dell’io, su ciò che va oltre la materialità, oltre
ciò che ha limiti, ovvero la forza spirituale e la coscienza della propria
anima, riflesso dell’universo. Il fare proprio questo proposito,
interiorizzandolo, determina il senso della vera etica o filosofia di vita
che riconosce che tutto è collegato, Tutto è Uno.

Energia e materia sono due aspetti differenti di un’unica realtà: la


Coscienza divina. Dato che tutto è energia, più ci si riconosce parte del
tutto, più si è partecipi dell’energia e della coscienza del tutto; mentre
più ci si lega alla propria individualità, più si limita la propria energia e
la propria coscienza. Questo, tuttavia, non significa affatto che si deve
rinunciare alla propria individualità, ma semplicemente che è possibile
collegarsi a una dimensione, a una consapevolezza superiore che può
produrre un arricchimento, un’espansione e un’armonizzazione di noi
stessi. Una nuova consapevolezza che, essenzialmente, si esprime nella
capacità di interagire in maniera additiva con il mondo e non più solo, o
soprattutto, in maniera sottrattiva. Naturalmente il processo è graduale.
All’inizio è importante conoscere e fare nostre queste verità, almeno a
un livello concettuale, quindi è necessario metterle in pratica con intima
convinzione, con decisione e costanza.
Il conseguire questa verità, questa etica, è ciò che si può definire virtù,
ovvero la forza che aiuta l’uomo a raggiungere la propria essenza.

ETICA

ENERGIA
ARMONICA

Etica ed energia armonica si producono reciprocamente.

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Ma dove trova l’uomo il sostegno, quell’energia in più necessaria per
liberarsi dalla prigionia, dai limiti ma anche dal malessere dovuti al
vivere esclusivamente in maniera egoica? Proprio nel perseguire questi
principi etici, perché come in un cerchio, etica ed energia armonica si
alimentano reciprocamente, in un crescendo dato dalla continuità.
Riconoscere la totalità significa cessare di identificarsi esclusivamente
nel proprio colore-personalità, attraverso cui viene filtrata la realtà che
ci circonda. Perché il nostro è solo uno dei tanti raggi della ruota
cromatica. Ruota la cui forza sta nel possedere tutti i colori, i quali,
fondendosi equilibratamente nel centro, originano la luce pura,
principio di vita e totalità e armonia più profonda e vera. Ora, l’ego
corrisponde a uno o a pochi raggi, mentre l’anima corrisponde alla
ruota completa, espressione dell’infinita, fulgida, divina totalità.

Ouroboros in Synosius di Palecanos (1478), e in testo alchemico egizio con iscrizione


greca: ’ὲν τὸ παν
̃ (hèn tò pân) “l’uno è tutto” (Venezia, Biblioteca di San Marco).

L’ego è come il colore materiale, privo cioè di luce propria,


il quale necessita di essere illuminato per poter “esistere”.

– Tra i numerosi simboli spirituali, il cerchio è certamente tra i più importanti, antichi e
diffusi. Esso riflette il sacro principio creatore dell’universo e l’universo stesso. Ma
anche l’armonia cosmica, l’unione degli opposti, la coincidenza di inizio e fine e
l’eterna ciclicità e continuità della vita, con la sua costante mutazione, rinnovazione ed
evoluzione. Tale simbolo è stato rappresentato dall’uomo in differenti modi: graffiti,
anelli, dischi forati, ruote; o attraverso metafore o altre espressioni. Una di queste è
l’Ouroboros, il serpente che si morde la coda; simbolo, tra gli altri, della rigenerazione.

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Qualunque modo d’essere, qualsiasi colore che non riconosciamo o non
accettiamo in noi stessi e negli altri equivale a un precluderci una certa
relativa quota di energia, energia che ci viene a mancare e che, di fatto,
ci rende incompleti. L’essere separati dal tutto è fondamentalmente un
essere separati dall’energia. Ed è la ricerca di quest’energia, nell’es­
senza, l’origine dei problemi tra gli uomini. Questo, in particolar modo,
perché la si ricerca normalmente nel modo sbagliato, ovvero, si ricerca
inconsapevolmente proprio quel tipo di energia che perpetua lo stato
d’essere anziché una consapevole espansione verso la completezza.
L’energia si dirige dove si posa la nostra attenzione: i nostri pensieri, le
nostre emozioni, il nostro corpo, le persone, le cose, i desideri. Per cui,
generalmente, si ricerca e si riceve istintivamente energia attirando
l’attenzione degli altri; quel tipo di energia che alimenta l’ego e per la
quale, solitamente, si producono conflitti, rivalità e gelosie.

L’attenzione altrui alimenta l’ego.

Cosicché, in questo senso, tanto più entriamo in competizione


energetica con gli altri e quanto più forti sono i contrasti che possono
derivarne, ovvero gli scontri energetici; dunque le emozioni negative
suscitate, non di rado causa di sofferenza. Scontri attraverso i quali si
disperde la propria energia, ottenendo così l’effetto contrario, e ci si
preclude la possibilità di acquisirne invece una armonica. In questo
modo, al tempo stesso, si rinforzano quegli stati negativi di cui l’ego si
nutre, perché confermano la sua realtà, l’unica che esso conosca.
Finché restiamo aggrappati ai limiti del nostro ego e all’inconsa­
pevolezza, questo stato di cose, causa dei nostri malesseri più profondi,
non può che perdurare. Perché la vera fonte di energia non sono gli
altri, se non attraverso uno scambio armonico con essi, ma noi stessi, la
nostra totalità spirituale, la forza luminosa dissolvente di ogni limite.
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Un altro aspetto da considerare sulle possibili cause dell’indebolimento
dell’energia vitale è quello riguardante le nostre problematiche interiori.
Tra queste possiamo considerare il pessimismo, i sensi di colpa, la
mancanza di autostima, la tristezza, l’inquietudine, i conflitti interiori.
Queste agiscono come ombre, filtri mentali che oscurano, soffocano,
consumano o abbassano le vibrazioni della nostra vitalità con un senso
di vuoto, di debolezza o svogliatezza che può ripercuotersi anche
pesantemente sulla salute fisica e che, nei casi peggiori, può condurre
alla depressione, all’inattività e al non credere o trovare più interesse in
niente5. Stati d’animo negativi questi che, al tempo stesso, sono favoriti
non di rado da squilibri o carenze energetiche preesistenti, per cui una
causa si ripercuote sull’altra in un circolo vizioso.

Ombre interiori e idee parassite corrispondono a pensieri e a stati emotivi sottrattivi che
ci privano di energia, da cui possono derivare pessimismo, paure, senso di inutilità,
depressione, apatia, svogliatezza, stanchezza cronica.

La nostra realtà personale è il risultato di un insieme di strutture di


pensiero che coesistono in noi, quali l’educazione, le credenze, gli
interessi; e tali strutture o energie possono essere in accordo tra loro
oppure in contrasto. Queste energie devono essere coerenti tra loro
perché la nostra vita sia vissuta con forza, volontà ed efficacia.
Altrimenti, se incoerenti, la nostra energia è soffocata e dispersa.

5. Questo è constatabile direttamente attraverso il test kinesiologico, il quale misura la


variazione della forza muscolare in base al tipo di pensieri ed emozioni provate.
– Esiste una base costituzionale, più o meno equilibrata energicamente, diversa per ogni
persona, sulla quale si aggiungono poi le sovrastrutture educative, esperienziali e
culturali con cui il tutto interagisce in maniera additiva o sottrattiva e da cui, infine,
risulta ciò che siamo: persone più o meno in buone condizioni di salute, più o meno
soddisfatte di se stesse, ma pur sempre con i propri limiti. Essenzialmente, più il nostro
modo di vivere opera in modalità ombra, con minore luce o energia, e meno le diverse
parti nel nostro corpo lavorano armoniosamente. La mente può risultare meno lucida ed
essere in preda di ansie o paure, provare un disagio o un’insoddisfazione di fondo senza
motivi apparenti, fino ad arrivare a condizioni di profondo malessere esistenziale.

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Ad esempio, se non ci si riconosce in un certo “modello ideale”
conforme a quello della famiglia, della società o del gruppo, questo può
costituire motivo di rifiuto di se stessi e quindi di sofferenza e
debolezza. Mentre, se in ciò che siamo si riconosce la propria speciale
unicità, questo può generare al contrario un senso di forza e sicurezza.
Naturalmente, in questo occorre fare attenzione a non cadere nell’errore
opposto, cioè l’esaltazione, dettata dalla presunzione, del proprio ego.
Nell’accettare se stessi e il mondo si liberano e si rendono disponibili
quote di energia interiore nascoste, in quanto, ognuno di noi è un
riflesso del macrocosmo, così tutto quello che non accettiamo nel
mondo equivale a non essere accettato in noi stessi, a livello
“olografico”, e viceversa6.

Se ciò che crediamo e desideriamo è coerente con le nostre scelte e le nostre azioni
questi stati si rinforzano (maggiore intensità) se no si indeboliscono (oscuramento).

Credere, quindi, in una cosa e dirne o farne invece un’altra in cui non si
crede non ha chiaramente grande efficacia, in quanto abbiamo
un’interazione sottrattiva indebolente delle relative energie. Ben
diverso, invece, quando le stesse energie sono in accordo o affini e,
anche se opposte, si rafforzano interagendo additivamente.

6. Poiché generalmente non si è consapevoli del nostro stato interiore, un sistema per
capire in che modo siamo strutturati a livello inconscio consiste nel coglierlo nelle cose
in cui questo si riflette: la nostra salute e il modo in cui viviamo.

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In generale, dunque, ciò che abbassa il livello vibrazionale energetico
sono le emozioni negative come i timori, i dubbi incessanti o le insicu­
rezze, i conflitti, le inibizioni e l’umore nero7; ma anche la mancanza di
veri ideali e solidi valori che possano fare da guida e sostegno; la
mancanza di un senso o di uno scopo nella vita, di una speranza.

Il dolore è dovuto a una carenza di luce o a un suo squilibrio.

Un’idea sottrattiva che s’insinua nella mente “eclissa” una parte di essa,
mentre l’infelicità o il dolore, come una nube scura, l’avvolge nell’ombra.

È bene perciò ascoltare i propri pensieri per sentire quali


c’indeboliscono; quindi, se necessario, è opportuno controllare o
modificare le nostre credenze, idee e attività mentali o, ancora, ricorrere
al silenzio mentale per impedire che certi stati negativi si alimentino a
nostre spese. Potrebbe essere utile, in questo senso, ricorrere
naturalmente alla possibilità di relativizzare i propri punti di vista: cioè
vedere il classico bicchiere “mezzo pieno” anziché “mezzo vuoto”o, se
si preferisce, vedere la penombra come una semiluce anziché come una
semioscurità, o, semplicemente, vedere le cose in maniera positiva
anziché sottolinearne sempre gli aspetti negativi, forse solo per un
senso di realismo. Ma il vero punto di arrivo, in realtà, consiste
nell’andare oltre anche allo stesso pensiero positivo, in quanto positivo
spesso solo in senso unilaterale o egoistico, per rivolgerci invece,
secondo quanto già considerato, a ciò che si può definire come pensiero
additivo, cioè una visione luminosa, etica e armoniosa della vita.

7. L’espressione “vedere tutto nero”, riferita al mal di vivere, non è soltanto un modo di
dire ma un fatto reale, come si è potuto constatare in uno studio condotto
dall’Università di Friburgo in Germania e pubblicato dalla rivista Biological Psychiatry
(7-2010). Secondo tale ricerca, infatti, in una persona depressa la capacità di percepire
la luce e il contrasto tra i colori viene ad alterarsi, per cui l’ambiente osservato appare
percettibilmente appena più offuscato e incolore.

50
Proseguendo, se a ogni singolo colore caratteriale può corrispondere, in
genere, un limite o un difetto della personalità, dovuto proprio a una
mancata policromaticità, secondo quanto abbiamo potuto constatare
attraverso l’interazione tra i colori, si può dedurre che la soluzione, in
tal senso, non consista tanto nel contrastare detto difetto ma nello
sviluppare additivamente il colore caratteriale opposto. Così come un
carattere irascibile viene equilibrato sviluppando la calma; oppure,
l’avarizia e la prodigalità, il fanatismo e l’indifferenza, e altri opposti
squilibri, vengono compensati – come i piatti di una bilancia – l’uno
attraverso l’altro. Per cui ogni difetto serve a bilanciare il difetto
opposto. Al contrario, se invece viene contrastato il difetto, questo
tende normalmente a riaffermarsi. Questo perché tale azione di
contrasto equivale a voler soffocare una parte di noi stessi, la quale
naturalmente tende a opporsi, così come tenderebbe a opporsi una
persona nel momento in cui si soffocasse la sua libera espressione di sé.
Ogni temperamento, pertanto, costituisce un aspetto positivo, mentre
quello negativo è dato dalla carenza delle qualità o energie degli altri
temperamenti, i quali insieme conferiscono equilibrio alla personalità.

Ogni colore è, a un tempo, forte e debole in rapporto agli altri colori.

Nella 1a immagine il colore verde viene soffocato (depressione, sensi di colpa); nella 2a
lo stesso colore viene accentuato (attenzione su di esso); nella 3a gli si oppone una forza
contraria sottrattiva (rifiuto, giudizio), anche se sotto resta comunque sempre presente;
nella 4a viene raggiunta l’armonia additiva con la qualità/energia diametrale. Cfr. lo
Yoga Sutra II, 33-4, sulla coltivazione dei pensieri opposti alle inclinazioni negative.

51
La base dell’interazione tra le persone è data dalla comunicazione, e in
questa, generalmente, si riflettono i modi d’essere di ciascuno di noi8.
Nei modi d’essere, a loro volta, è possibile riconoscere la predominanza
della natura emotiva o razionale di ogni donna e di ogni uomo.
Tali nature sono in relazione coi due emisferi del cervello umano, ai
quali corrispondono differenti funzioni e proprietà. L’emisfero sinistro
è in relazione con la “mente che pensa”: razionale, logica, analitica,
caratterizzata dal pensiero lineare o temporale. L’emisfero destro è
associato, invece, alla “mente che sente”: emozionale, intuitiva, analo­
gica, creativa, capace dell’immaginazione e di una visione globale.
Di queste nature, entrambe presenti in tutti noi, spesso una prevale
rispetto all’altra. Per cui succede che quando due persone comunicano
principalmente attraverso le proprie differenti modalità si esprime una
bassa intesa tra le due. Il che equivale a un basso scambio di energia.

Quando invece queste comunicano secondo le reciproche modalità, si


esprime una maggiore intesa; anche se non sempre in modo autentico.

Un gesto, una parola o l’attenzione altrui possono essere


fonte di energia quando toccano le nostre corde.

8. Nella comunicazione tra le persone si possono individuare due principali livelli di


comprensione: la comprensione verbale e quella empatica o esperienziale. La prima è
perlopiù superficiale, mentre solo la seconda, in aggiunta alla prima, permette una reale
e piena comprensione. Normalmente, si crede di capire solo perché si sono capite le
parole e i concetti, ma spesso non si va oltre a questi. Ciò perché non c’è una reale
trasmissione sulla stessa lunghezza d’onda; ovvero perché non si è accomunati dalle
stesse idee, interessi, valori, esperienze e sentimenti (e dal significato dato alle parole).

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Nell’uomo, la natura emotiva o razionale non dominante supporta
quella dominante: ovvero, una personalità razionale si appassiona a
ciò che stimola il proprio pensiero; mentre, una personalità emozionale
si interessa a ciò che nutre le proprie emozioni.
Così come per la vista, esiste un occhio non dominante che supporta la
prospettiva dettata da quello dominante nel conferire il senso di
profondità a tutto ciò che viene osservato9.

Molte concezioni sbagliate o preconcetti rappresentano normalmente


dei limiti, poiché dall’incomprensione o dalla non accettazione di un
qualcosa nasce il precludersi di quella che, invece, potrebbe essere una
soluzione o un’opportunità. Ad esempio, c’è chi ritiene che la
spiritualità sia qualcosa di separato dalla realtà di tutti i giorni, qualcosa
di astratto, lontano, di scarsa utilità pratica; e c’è anche chi ritiene che
non esista affatto. La spiritualità, al contrario, è un tutt’uno con la
nostra realtà, perché lo spirito è energia e tutto dipende da essa. Lo
spirito, a sua volta, proviene dalla mente cosmica o anima universale e
ne è quindi intimamente connesso.
Con questo, il fatto di orientarci alla spiritualità non significa che la
materialità non abbia importanza. Al contrario! Il fatto che ognuno di
noi incarni il proprio colore, il proprio raggio di luce originale, ci rende
unici, ognuno con il proprio scopo o ragione di esistere, quale specifica
espressione manifesta dell’Essere; anche se tale scopo non ci appare
chiaro o semplice da riconoscere. Ognuno ha le proprie particolari
caratteristiche che lo contraddistinguono, le proprie capacità, il proprio
talento o le attitudini innate per svolgere il proprio ruolo nella vita; quel
modo particolare di vedere, capire, fare le cose che altri non hanno o
hanno in minor misura; capacità che, se utilizzate eticamente, contri­
buirebbero ad arricchire l’intera umanità10. Questo è ciò che dovrebbe
motivare tutti di noi, e non i modelli o le suggestioni di un mondo in cui
l’uomo ha perso la sua centralità; o i puri fattori legati al denaro e al
successo, se intesi solo come mezzi finalizzati al potere personale.

9. L’occhio dominante è quello con cui è possibile, chiudendo l’uno o l’altro occhio,
osservare ancora un punto lontano individuato con entrambi gli occhi aperti attraverso
un anello formato col pollice e l’indice. A tal proposito si può aggiungere che l’occhio
sinistro è collegato con l’emisfero destro (elaborazione visiva e percezione globale)
mentre l’occhio destro con quello sinistro (processi logici o sequenziali).
10. Cfr. Dante, sulle differenti predisposizioni degli uomini, Paradiso VIII, 122-48.
Questo, naturalmente, non significa che non si possano sviluppare anche altre capacità.

53
Allo stesso tempo, ogni personalità o colore perde di senso se non in
rapporto con gli altri colori e se non in relazione, in ultima analisi, con
l’essere parte integrante di un unico sistema organico costituito dagli
stessi. La questione non sta quindi nel fatto che un dato colore (modo
d’essere, ruolo, lavoro, eccetera) sia migliore o peggiore di un altro; ciò
che conta, invece, è il giusto riconoscimento per ogni tipo di contributo;
perché, ai fini del benessere della collettività, sono tutti importanti e
indispensabili. Tutto, dunque, sta nel capire, scegliere o accettare, con
atteggiamento nuovo, ispirato e responsabile, qual è il proprio scopo
esistenziale o possibile contributo, al di là delle mode e dei falsi valori.
In questo senso, si può cogliere un’analogia con le differenti parti
costituenti del corpo umano; ciascuna con la sua specifica e
insostituibile funzione finalizzata al benessere dell’intero organismo.
Il nostro corpo origina, nel concepimento, da un’unica cellula uovo e,
per quanto complesso e differenziato nelle sue parti, una volta
completato il suo sviluppo, conserva la stessa olistica unità attraverso
un’intelligenza che si manifesta in ogni sua singola parte: dagli apparati
agli organi, fino alle singole cellule. Cellule che svolgono ciascuna la
propria funzione e che, allo stesso tempo, beneficiano delle funzioni di
tutte le altre; in un insieme ottimizzato di interazioni che si riflette nel
perfetto funzionamento, altrimenti impossibile, di un organismo
estremamente complesso11.

Il benessere della parte equivale,


olograficamente, al benessere dell’insieme.

Si può quindi porre in evidenza come il contributo di ogni singola


cellula non si limiti esclusivamente a quello nei confronti delle cellule
vicine, del proprio tessuto o del proprio organo, ma a tutto l’organismo.
Quando, al contrario, le diverse parti del corpo non lavorano in armonia
tra loro, come sappiamo, subentrano il malessere o la malattia e
parallelamente, a livello sociale, la divisione tra gli uomini,
l’incomprensione, la prevaricazione e le varie forme d’ingiustizia.

11. Questa semplice verità si può riconoscere, al di là del parallelismo cellulare, nel
concetto filosofico orientale conosciuto come “agire senza agire” (Wu wei), dato
dall’identificazione con l’ordine cosmico (dharma), per cui il proprio agire diviene effi­
cace in quanto consonante con il divino flusso della vita; nell’insegnamento evangelico,
relativo alla divina provvidenza, con la parabola degli uccelli del cielo e dei gigli del
campo; e quindi nella necessità di trovare l’essenza in noi stessi; V. di Matteo 6, 25-34.

54
Nell’organismo della società umana, infatti, le singole cellule, ovvero
gli uomini, assumono normalmente un comportamento ben differente.
Qui, gli egoismi individuali si riflettono in una società altrettanto
egoista, nella quale si deve lottare per avere semplicemente ciò che a
tutti spetterebbe di diritto: il necessario di che vivere decorosamente.
E dove le varie forme di associazione nascono e si sviluppano,
contrariamente da un organismo sano, non per il benessere comune ma
per assumere maggiore forza e privilegi a discapito di tutto e di tutti.
Così, il principio olografico fa sì che la disarmonia nelle persone
produca, in generale, la disarmonia tra i popoli della terra e, in
particolare, la disarmonia a livello cellulare nei corpi delle stesse
persone, con il conseguente sviluppo di disturbi e malattie12.

Il contatto con la luce interiore ci offre la forza, il benessere e la


centratura che sola ci può donare quella comprensione unitaria
universalmente condivisibile, al di là dei divergenti punti di vista.
Mentre il colore, l’individualità, ci offre i mezzi specifici per esprimere
al meglio la nostra missione, i nostri sogni e desideri. La nostra vita.

Il fondamento della libertà è l’unità.

Chi, ponendosi da un lato della visione duale della realtà,


combatte la controparte, rafforza la stessa visione illusoria
e ciò che combatte; e, a un tempo, indebolisce se stesso.

12. Secondo il principio della corrispondenza olografica, il vero benessere individuale è


attuabile solo attraverso l’equazione: benessere personale = benessere collettivo.
In altri termini, il nostro pensiero è all’origine del nostro stato relativo o dualistico di
consapevolezza, dove la realtà viene percepita ordinariamente in termini di opposti, ciò
in relazione a ogni nostra osservazione, giudizio o azione in merito a qualunque cosa.
Ad esempio, chi definisce e delimita il concetto di bene o verità, genera di conseguenza
ciò che è male o falsità. Chi ricerca il bene per sé, determina automaticamente il male
per qualcun altro e, di conseguenza, anche per sé. Per questo, per superare il bene e il
male quali nostre creazioni, bisogna cessare di dividere il mondo e orientarsi invece
verso l’armonia globale dello stato di consapevolezza unitario, dove il benessere
personale e collettivo equivalgono e coincidono.
– C’è un “amore” duale dell’ego, contrapposto all’odio e che in questo può trasformarsi
se sono deluse le sue aspettative; un amore condizionato, «ti amo, ti voglio bene se …»,
che si esprime nell’attaccamento energetico-emozionale, possessivo o troppo protettivo.
Un amore, questo, tra le più comuni maschere della paura. E c’è l’eros, l’impulso alla
vita; la forza che, per consonanza, più si avvicina all’amore vero, quello del cuore (che
non è sentimentalismo) e con il quale può essere sperimentato, con la sua sublimazione.

55
La vera consapevolezza ci è data dal congiungimento con l’Essere.
C’è una conoscenza dell’assoluto, degli eterni principi spirituali
universali che ci indicano la strada verso la luce, il nostro vero essere; e
c’è una conoscenza del relativo che ci è pervenuta, fin dal momento
della nostra nascita, attraverso i modelli familiari, educativi e culturali.
Modelli che ci hanno da sempre circondato, e attraverso i quali ci è
stato cucito addosso un abito mentale conforme alla visione collettiva,
o al paradigma, in cui viviamo. La nostra attenzione può dunque essere
rivolta verso l’una o l’altra visione e, normalmente, a livello collettivo,
viene riposta nella seconda: quella relativa alla nostra ordinaria
condizione di vita del credo individualista. Per cui tra i diametrali
orientamenti di una scelta, noi siamo ciò che pensiamo.

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre,

ma nell’avere nuovi occhi, nel vedere l’universo con occhi di un altro,

di cento altri, nel vedere i cento universi che ciascuno di essi vede,

che ciascuno di essi è.

Marcel Proust

Vivere attraverso il proprio ego significa vivere racchiusi inevitabil­


mente all’interno dei limiti che lo stesso ego rappresenta. La naturale
conseguenza di questo, sprovvisti della necessaria consapevolezza, è di
vivere invece credendo di essere liberi e padroni della propria realtà.
Ma la libertà, così come la nostra stessa realtà, una realtà specchio, è
solo un’illusione quando si vive attraverso l’ego. Un esempio della
nostra incapacità di essere padroni di noi stessi ce lo rivela la difficoltà
di tenere semplicemente a bada la nostra mente. È sufficiente, infatti,
provare ad annullare completamente ogni tipo di pensiero, anche solo
per alcuni minuti, per potercene rendere conto13. Il succedersi involon­
tario di pensieri sempre diversi e, nel contempo, sempre uguali produce
un continuo dialogo interiore che se fosse esternato verremmo presi
probabilmente per matti. Un processo, questo, suscitato da meccanismi
inconsci e abitudini che ci fanno procedere sempre sugli stessi binari.
Pensieri automatici dati dal nostro vissuto, dai problemi della vita, i
desideri, i malesseri, le fantasie, i ricordi, i progetti, le emozioni e le
speranze. Pensieri ed emozioni che dipingono incessantemente la

13. Se il cartesiano “penso dunque sono” rispecchia la nostra realtà, bisogna anche pur
chiedersi: quale realtà? Sono, i nostri pensieri, l’espressione autentica di noi stessi?

56
nostra realtà, piacevole o meno, attraverso i colori che incarniamo, le
loro relative vibrazioni, quelle attraverso cui esprimiamo ciò che siamo.

Tu sei il tuo profondo desiderio.

Il tuo desiderio è il tuo volere.

Il tuo volere è la tua azione.

La tua azione è il tuo destino.

Brihadaranyaka Upanishad

Giungiamo, ora, a un concetto fondamentale delle leggi spirituali, il


principio di causa ed effetto.

Cos’è, in fondo, la magia se non la manifestazione del pensiero.

Il nostro mondo, allora, non è che una grande opera collettiva di magia.

Realizzare l’inferno o il paradiso in terra, quindi, dipende solo da noi.

Nella nostra realtà vige una legge conosciuta comunemente come


principio di causa ed effetto, per cui, a ogni causa corrisponde sempre
un effetto, a ogni azione (e non azione) una reazione. Non un effetto
qualunque, ma sempre in relazione con la propria causa; ciò in quanto
ogni cosa è legata a un’altra da una rete di reciproche interazioni.
Questo significa che tutto ciò che crediamo e che pensiamo, quindi le
nostre parole e le nostre azioni, a livello individuale e collettivo, sono
come onde sonore che si propagano in tutte le direzioni e, nel
contempo, come un’eco, si riverberano su se stesse. Ciò rimanda anche
a ciò che è conosciuto come principio di attrazione e legge del karma14.
In altri termini, il mondo è lo specchio della nostra mente, una
creazione a nostra immagine. Viviamo in una realtà specchio che fa sì
che ogni nostra immagine mentale si rifletta nella nostra realtà, e che, a
un tempo, la realtà osservata si adatti alla stessa immagine mentale.

14. Il karma (dal sanscrito, “azione”) è una forza dinamica, un fuoco, all’origine della
continua trasformazione dell’universo e, dunque, della vita. Nel pensiero indiano ha
assunto anche il significato, legato al mondo illusorio della maya, di ineluttabile legge
cosmica, secondo la quale ogni uomo è educato dalle conseguenze delle proprie azioni.
– Il Dìvide et ìmpera, “dividi e comanda”, locuzione latina secondo la quale si ha un
migliore controllo di un popolo disunendolo, si può riferire a ogni aspetto della realtà,
sia terrena che spirituale, cioè ancorando l’uomo più tenacemente alla dualità.
– Su come il credere (la fede) possa rendere tutto possibile cfr. il V. di Marco 11, 24.
– C’è una forma di trasmissione dell’energia, attraverso le vibrazioni, chiamata
risonanza, la quale è data quando chi emette energia e chi la riceve sono in sintonia.
57
Così come un metro può misurare una grandezza, ma anche
determinarne la misura. Da ciò, ogni visione relativa è resa assoluta dal
credere in essa. E, parafrasando Epitteto:

Non si crede ciò che si vede ma si vede ciò che si crede.


Ovvero, nessun evento è di per sé negativo o positivo:
ciò che lo rende tale è il modo in cui lo si interpreta.

Dunque, le cose affini si attirano. Per cui, noi attiriamo tutto ciò che è
in sintonia con il nostro schema mentale, perché è all’origine di onde
pensiero che risonano con tutto ciò che è loro affine. Così,
ricollegandoci alle interazioni tra le luci e i colori, ogni nostro pensiero
colora noi stessi e lo spazio che ci circonda e, allo stesso tempo,
costituisce un filtro attraverso il quale noi diveniamo ricettivi
unicamente allo stesso colore presente nel mondo esterno.
Da ciò deriva un principio, apparentemente paradossale, secondo cui
occorre già essere ciò che vogliamo essere; il che si può esemplificare
con: per essere felici, bisogna essere felici. Ovvero, la vera felicità non
è il risultato del realizzarsi di determinate condizioni esterne, come i
soldi, i sogni e l’amore, ma è il risultato di uno stato d’animo armonico
che deve essere già presente in noi stessi. Una lunghezza d’onda, una
“misura”, uno stato mentale che per affinità richiama, o ci permette di
cogliere, la felicità in ogni cosa. Mentre l’infelicità richiama l’infelicità.

L’uomo è misura di tutte le cose.

Protagora

[E dunque anche di se stesso.]

Intorno e dentro a noi esiste già ogni possibilità “positiva” o “negativa”, invisibile come
le onde radio. Pertanto, dipende dal nostro filtro o struttura di pensiero poter vedere,
sintonizzarci, ossia rendere manifesta nella nostra realtà l’una o l’altra.

58
Ogni uomo, essere o cosa è come una corda sonora; una tra le
innumerevoli del complesso strumento musicale chiamato mondo.
Ciascuna con la propria nota che vibra, nell’assieme, consonando.

Pertanto, secondo questo principio, si crea e si attrae nella propria realtà


tutto ciò che è in rapporto con la nostra forma mentis, la struttura
mentale in relazione al nostro modo di pensare, di intendere e concepire
il mondo che ci circonda15. Cosicché, si può creare e attrarre armonia
grazie a una mentalità formata sui principi eterni, e da affini pensieri.

Cambia il modo di vedere le cose e vedrai le cose cambiare.

Sun Tzu

È bene però considerare che espressioni differenti della nostra


coscienza, come il pensiero, l’immaginazione e le emozioni, possono
anche coesistere in maniera incoerente e in contrasto tra loro.
Infatti, quando non vogliamo qualcosa, ciò lo esprimiamo verbalmente,
anche a noi stessi mentalmente, con l’uso degli avverbi “no” e/o “non”
all’interno del discorso. Mentre, interiormente, tendiamo a esprimere lo
stesso rifiuto con una certa tensione emotiva, vale a dire preoccu­
pandoci, provando rabbia, paura, impazienza o immaginando possibili
scenari negativi della cosa indesiderata o temuta. Ad esempio, a parole
esprimiamo di non volerci ammalare, ma poi la paura ci porta invece a
immaginarci affetti da questa o quella malattia. Ora, il punto è che la
sfera emozionale non riconosce la parola “no”, non può visualizzarla,
lavorando questa solo per immagini; quindi coglie dal pensiero verbale
solo l’immagine della malattia, senza il no riferito a questa.
Il solo pensiero, dunque, non ha la stessa influenza sulla realtà di
quanto ce l’abbia invece il vero pensiero nascosto dietro il pensiero,
un’immagine mentale o un’emozione alimentate dal nostro sentire più
profondo. Un pensiero, intessuto di emotività, di cui talvolta non siamo
nemmeno consci, che preferiamo reprimere o sul quale operiamo una
razionalizzazione.
Per questo motivo, per essere coerente ed efficace, un pensiero deve
sempre essere associato all’immagine di ciò che si desidera e mai a
quello che non si desidera; ovvero, il pensiero deve riflettere
l’immagine mentale e l’immagine mentale il pensiero.

15. Pensi dunque sei, ma, non puoi pensare se non ciò che sai, dunque, sei ciò che sai.

59
Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonizzati alla
frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere
quella realtà. Non c’è altra via. Questa non è filosofia, questa è fisica.
Albert Einstein

Azione consapevole e responsabile significa, quindi, essere consapevoli


dei propri pensieri e atteggiamenti sapendo che da questi origina ogni
cosa, e sapendo che questi possono governarci e assorbire la nostra
energia identificandoci e riponendo in essi tutta la nostra attenzione.
Ma, come si procede nella cura di una malattia, riconoscendo e
risolvendo le cause per eliminare gli effetti, allo stesso modo si deve
procedere per andare oltre i limiti della propria mente: ovvero,
riconoscendo che non siamo solo il nostro pensiero, ma che questo è
uno strumento e non la nostra unica realtà. Capire, ad esempio, che
come le nostre mani, in quanto strumento, una volta finito il loro
compito restano ferme e non si agitano inutilmente, così dovrebbe
avvenire con la nostra mente, anziché essere immersi incessantemente
in essa, con i nostri pensieri, come foglie al vento. L’attenzione,
pertanto, andrebbe riposta su ciò che è fonte di forza e armonia, vale a
dire la nostra realtà spirituale.
Quando ci identifichiamo con le espressioni della nostra individualità,
noi ci ancoriamo ai singoli raggi della nostra esistenza egoica e relativa.
Quando, con il silenzio interiore, ci colleghiamo alla nostra energia
spirituale, alla nostra anima, ci ancoriamo nel centro stabile della ruota
cromatica infinita che comprende tutti i colori, tutti gli esseri, tutte le
cose, tutto l’universo. Perché essere centrati equivale a essere connessi
con la fonte della vita.
Possiamo immaginarci come una ruota. Questa per girare liberamente
con equilibrio su se stessa è necessario che sia centrata, che non sia
bloccata, frenata o sbilanciata in alcun modo. Mentre, al contrario, tutto
ciò che la frena, cioè che ci frena, sono le nostre identificazioni, le
nostre credenze, gli attriti e le resistenze in noi stessi; tutti i diversi
modi in cui soggiacciamo alla forza gravitazionale dell’ignoranza e
dell’illusione. L’attaccamento nelle nostre idee, opinioni e concezioni
soggettive e relative che originano dall’essere separati dall’unità; le
quali ci conducono ad assumere posizioni personali attraverso cui
osserviamo e interpretiamo il mondo. Circuiti della mente, costruiti
tramite l’educazione e i condizionamenti, in cui prendono forma
pensieri ed emozioni attraverso i quali esprimiamo il nostro esistere.
60
Di natura opposta, e nel contempo simili alle identificazioni e agli
attaccamenti, ci sono le non accettazioni o avversioni16. Quali, ad
esempio, il non accettare noi stessi per come ci vediamo, per i nostri
difetti; il non accettare certe situazioni, certi aspetti della vita, perché si
vorrebbe che fossero in parte o del tutto diversi; e per i quali, spesso
con rabbia, diamo al cielo, al mondo, agli altri o a noi stessi la colpa.
Altre forme, infine, di attaccamento possono invece consistere nel
restare aggrappati al passato: ai rimpianti, al rancore, ai sensi di colpa17;
oppure al futuro: le preoccupazioni o le illusorie speranze, nella passiva
attesa che qualcosa di bello possa cambiare la nostra vita.

Nessuno è più schiavo di chi si ritiene libero senza esserlo.


J.W. Goethe

Disidentificarsi è lucida consapevolezza. Non significa rinunciare a se


stessi e al mondo, ma solo all’ignoranza e al falso; in particolare
mediante un nuovo atteggiamento: l’essere distaccati. Un essere distac­
cati che, ovviamente, non vuole dire insensibile e apatica indifferenza.
In definitiva, il problema consiste nel fatto che finché ci si auto-limita
non è possibile inquadrare nella giusta prospettiva il modo in cui ci si
rapporta con se stessi e con il mondo. Inoltre ci si preclude la possibilità
di rendersi percettivi a nuove opportunità o idee in grado di arricchire la
nostra esistenza. Infine, è anche importante comprendere, respon­
sabilmente, che focalizzarsi sugli aspetti negativi, personali o altrui,
non fa altro che, per risonanza, farli accrescere e perdurare.

Per l’uomo, l’animo è demone.

È difficile combattere contro l’animo:

ciò che vuole, infatti, lo compra a prezzo dell’anima.18

Eraclito di Efeso

Grande Spirito, aiutami a non giudicare un altro, se prima


non ho camminato nei suoi mocassini per due settimane.
Antico detto Sioux

16. Con gli attaccamenti, le due facce della stessa medaglia; vd. lo Yoga Sutra II, 3.
17. C’è un’importante consapevolezza che ci può aiutare a superare radicalmente tutti
questi problemi, e consiste nello scoprire l’importanza del perdono; non solo nei
confronti degli altri ma anche di noi stessi. Il perdono con il cuore. Un punto importante
questo per poterci liberare dalle nostre catene e problematiche interiori e poter crescere.
18. Si cfr. con la storia del Dottor Faust, popolare racconto tedesco del XVI secolo.
61
In conclusione, sono due gli stati su cui si può fondare, essenzialmente,
la nostra vita: la paura (sotto qualsiasi forma, non ultime le irrazionali
fobie) e, il suo antidoto, l’amore. Dalla paura derivano gli attaccamenti,
le resistenze, le incomprensioni, i limiti. Dall’amore la verità, la libertà,
la forza, la vera comprensione, l’armonia e il benessere.
La paura è una condizione innata e comune alla totalità degli uomini:
l’abbiamo respirata fin dalla nascita, persino nel grembo materno, e per
molti non è nemmeno riconosciuta come tale. Questa, infatti, ha mille
maschere, tra cui le identificazioni: le ancore della sicurezza emotiva.
L’amore, invece, quello autentico, è l’accesso all’anima, alla totalità.
Alla fonte autogenerante e inestinguibile di se stessa. Il contatto con la
quale richiede integrità, cioè il distacco da tutto quello che si crede di
possedere, per trovare tutto quello che non si sa di avere.
Questo rappresenta la morte simbolica dell’ego, dell’illusione e,
dunque, la rinascita a una nuova vita.

La pace del cuore, ogni risoluzione, risiede nell’abbandono: nel non


essere più una parte contrapposta alle altre ma un tutt’uno con queste.

***
Tutto è energia: ogni nostro pensiero, emozione e modo d’essere è
come una condensazione o specificazione energetica, come un colore.
In quanto tale, ogni concentrazione di energia, se sufficientemente
sviluppata, attraverso l’attenzione che si ripone in essa, costituisce un
nucleo di attrazione gravitazionale che attira a sé altra energia – così
come un magnete attira a sé e la concentra la limatura di ferro – tale
da permettergli di esistere e perpetuarsi. È questa forza che determina
ogni azione come un condizionamento o una predisposizione, e che
s’impone come nucleo portante. Altri nuclei possono essere attivati, ma
quello che prevale, per un potere d’inerzia, è quello più profondo e
forte. “La causa dei nostri effetti”. Se ogni coscienza, dunque, può
essere immaginata come formata da nuclei costituiti da pensieri,
desideri e sentimenti, i quali determinano le posizioni soggettive e
relative tipiche dell’individualità; per svincolarsi da queste posizioni è
necessario scoprire una forza in se stessi che c’illumini e che costi­
tuisca un nuovo centro di gravità intorno al quale possano orbitare
armoniosamente i nuclei suddetti, così come i pianeti attorno al Sole.

62
L’energy disc
Abbiamo visto, ricollegandoci al capitolo precedente, che come una
ruota bilanciata e senza attriti può ruotare liberamente, così l’uomo può
ugualmente centrarsi liberandosi dai propri attaccamenti, distogliendo
cioè l’attenzione, la propria energia, dalle basse vibrazioni psichiche,
per rivolgerla invece verso quelle più elevate dell’anima.
Ora si propone un semplice esperimento, attraverso un particolare
strumento, utile a dimostrare l’esistenza dell’energia sottile, e il cui
funzionamento, in questo contesto, può essere posto in relazione con
quanto sopra accennato.

Questo strumento, semplicissimo da realizzare e del quale più avanti


daremo i dettagli, è un disco sensibile all’energia vitale e in grado di
ruotare – così come un chakra nell’uomo o un pianeta nello spazio –
quando la suddetta energia viene concentrata su di esso.

L’energy disc, sopra illustrato, è costituito da un disco di carta, delle


dimensioni di un compact disc, sospeso e posto in equilibrio sopra uno
spillo attraverso un bilanciere a cupola1.

1. Il bilanciere abbassa il disco, cioè il suo baricentro, rispetto al sostegno o al perno di


rotazione, conferendo così stabilità al disco stesso.

63
L’esperimento va svolto in un ambiente chiuso e privo di correnti
d’aria. A titolo di controprova, è possibile sottoporre il suddetto disco a
una fonte di luce2, di calore oppure all’azione di una calamita. Facendo
ovviamente attenzione a non toccare lo strumento, si potrà constatare
che lo stesso non è influenzabile da nessuna di queste forme di energia
convenzionale. Fanno eccezione le cariche elettrostatiche, ottenute ad
esempio attraverso una penna di plastica strofinata con un panno, con le
quali, se è possibile esercitare un’attrazione sul disco, cioè avvicinando
a esso la penna elettrizzata, non è altrettanto possibile farlo ruotare.
Ora, invece, si avvicinino lentamente le mani ai bordi del disco, alla
distanza di circa tre o quattro centimetri, e s’immagini di mandare la
propria energia vitale su di esso dalle proprie palme, immobili. Stando
rilassati e con un po’ di pazienza, trovata la propria posizione ideale, si
potrà assistere sorprendentemente, dopo qualche attimo, alla rotazione
del disco. Un fenomeno, questo, prodotto dalla concentrazione di
energia sottile nel disco di carta che, pertanto, incomincia
spontaneamente a girare, in maniera più o meno costante, con un senso
di rotazione o l’altro3.

2. Cfr. il radiometro di Crookes, strumento il cui mulinello ruota quando illuminato.


3. Il disco può compiere indicativamente cinque o sei giri al minuto.
– Un aspetto centrale, e particolarmente interessante, della fisica quantistica è quello
relativo al concetto di “vuoto”. Il cosiddetto vuoto quantistico che in realtà non è vuoto
ma un qualcosa che potrebbe essere definito invece come un plenum, un quantistico
“oceano cosmico di energia” (non misurabile attualmente). Un vuoto da cui origine­
rebbe il movimento intrinseco di tutte le particelle atomiche, la loro stessa esistenza,
quindi gli atomi, tutto l’universo fisico. Atomi composti in grandissima parte sempre di
vuoto, tra le loro parti costituenti, in particolare tra il nucleo e i suoi elettroni. (Infatti,
se si rapportasse il nucleo di un atomo alle dimensioni di un’arancia, i suoi elettroni, in
proporzione grandi come granellini di sabbia, si troverebbero alla distanza di circa un
chilometro, e con solo vuoto in mezzo!) Particelle, dalla duplice natura onda-particella,
perlopiù sotto forma di diffuse onde di probabilità, come increspature dell’oceano
quantistico, con la possibilità di collassare (a seconda di come le si osserva) in oggetti
individuabili spazialmente; o, secondo un’ottica deterministica, guidati con precisione
da un “ordine nascosto”. Elettroni che, anziché spostarsi nello spazio come oggetti
ordinari, in ciò che è noto come salto quantico, scompaiono da un’orbita, del proprio
nucleo, e ricompaiono in un’altra, come se si immergessero ed emergessero dal nulla.
Una duplice natura, quella fondamentale onda-particella, con i suoi relativi paradossi,
spiegabile solo dalla sovrapposizione degli stati fisico ed energetico spirituale (vuoto).

64
La forma dell’acqua
Essere grati per l’amore

Un’interessante dimostrazione di come il pensiero abbia un’influenza


sulla realtà ci è dato dalla scoperta di Masaru Emoto. Uno scienziato
giapponese che ha condotto delle ricerche sulle proprietà dell’acqua e
che, negli anni ’90, ha messo a punto un metodo originale di studio che
consiste nel congelare gocce d’acqua e poi fotografarne i cristalli,
sempre diversi, che da queste si formano. Attraverso fotografie
sorprendenti ha potuto mostrare che, a seconda della provenienza, del
grado di inquinamento o della purezza dell’acqua utilizzata, questa
poteva produrre o meno cristalli armoniosi e simmetrici. L’acqua pura
delle fonti era in grado di produrre bellissimi cristalli di struttura
esagonale, come quelli della neve, non confrontabili con quelli
ottenibili dall’acqua di rubinetto oppure inquinata della maggior parte
delle città campionate in diverse parti del mondo. Gli esperimenti
successivamente si sono estesi ai trattamenti dell’acqua con la musica,
con le parole e le emozioni. Come si avrà già intuito, l’acqua sottoposta
alla musica classica, a parole ed emozioni cordiali era in grado di
produrre stupendi cristalli dalle forme armoniose; ben diversi, invece,
da quelli informi ottenuti attraverso un genere di musica hard, oppure
attraverso parole offensive e aggressive o emozioni come rabbia e odio.

Cristalli che rispecchiano sentimenti di amore e di odio.

Foto di Masaru Emoto

65
Per Emoto, le espressioni più importanti, attraverso cui ha potuto
constatare gli effetti più belli con i cristalli di ghiaccio, sono state
amore e gratitudine; e gratitudine forse più che amore, perché questa
esprime l’accettazione, l’essere grati per tutto ciò che si è ricevuto.
L’acqua, fonte e matrice di vita, è il medium universale che ha la
capacità di assorbire e ritrasmettere qualunque impressione.
Se si pensa che il nostro corpo è costituito prevalentemente di acqua, si
può immaginare cosa possano produrre i pensieri e le emozioni
negative su noi stessi e gli altri.
Il cristallo di neve, la cui forma tipica è riconducibile alla figura
geometrica dell’esagono1, riflette l’equilibrio tra la componente
materiale dell’acqua e quella sottile dell’energia vitale; componente,
quest’ultima – la virtute informativa – più forte nella natura
incontaminata2; senza la quale avremmo solo materia informe,
disarmonica e senza vita.

Da Snow Crystals
Wilson Bentley

1. La stessa struttura cristallina a simmetria esagonale presente nell’acqua ghiacciata.


2. La Virtù formativa: la facoltà di dar forma, d’improntare, così come il cielo si adorna
dell’arcobaleno per i raggi (la virtù) del sole; vd. Dante, Purgatorio, XXV, 88-99.
– L’acqua racchiude misteriose proprietà che diversi ricercatori, da almeno un secolo,
hanno cercato di indagare. Come quella, evidenziata dal biochimico statunitense Lee
Lorenzen, in cui le molecole d’acqua del nostro organismo e delle nostre cellule hanno
la capacità di trasportare i nutrienti ed eliminare le tossine in maniera più efficiente
quando presentano un’armoniosa struttura “anellata” a esagono (“cluster”). Tra questi
ricercatori, Gerald Pollack, dell’Università di Washington, ha confermato, di recente,
un “quarto stato dell’acqua”, oltre a quello solido, liquido e aeriforme, uno stato
[riferibile all’elemento fuoco?] dove le molecole dell’acqua assumono la forma di un
reticolo cristallino esagonale dalle sorprendenti proprietà. Ovvero, in prossimità della
superficie di contatto con altre sostanze, l’acqua crea una “zona interfacciale” in cui
essa si ordina in una struttura cristallina, si autopurifica e si carica elettricamente come
una batteria. Proprietà dell’acqua, queste, che necessitano di energia, quella della luce.

66
I colori dell’animo
Ma voi torcete a la religione

Tal che fia nato a cignersi la spada,

E fate re di tal ch'è da sermone;

Onde la traccia vostra è fuor di strada.

Dante, Paradiso VIII, 145-48

La libertà dell’uomo è in diretto rapporto con la propria capacità di


affrancarsi dai meccanismi di causa ed effetto, di poter scegliere cioè
consapevolmente senza subire l’effetto dei propri condizionamenti,
riconoscendo in se stesso una coscienza più profonda e autentica.
Il nostro presente origina dal nostro passato: l’educazione ricevuta, le
esperienze, l’influenza del nostro ambiente. Tutto ciò in un concatenarsi
di cause di cui si è perso forse ogni ricordo, ma i cui effetti
probabilmente ancora perdurano. Come la paura di essere rifiutati,
provata nell’infanzia, è rifuggita inconsciamente per il resto della vita
attraverso la ricerca del consenso, con l’uniformarci e limitando la
nostra espressività o, al contrario, esercitando il controllo, con qualsiasi
mezzo o forma di potere, sulle persone. L’origine comune, dalla paura,
delle nostre maschere e della nostra schiavitù.
Ciò rimanda a una questione importante, ovvero quella relativa al fatto
che il nostro stato psichico si riflette, oltre che sul nostro stato fisico,
anche nel mondo che ci circonda, nei rapporti con gli altri, e viceversa.
“Come dentro, così fuori, e come fuori, così dentro”.
La mancanza di consapevolezza e responsabilità circa le conseguenze
dei nostri atteggiamenti è incompatibile con la libertà e con il desiderio,
seppur legittimo, di una migliore qualità della vita. Senza interrompere
questo circolo vizioso non è possibile emanciparci, e con noi il mondo,
il nostro specchio. Pensare così che la colpa di un mondo sbagliato sia
sempre degli altri, e che la ricerca di una soluzione non debba mai
riguardarci direttamente, è una visione erronea che si accompagna a
un’inerzia mentale largamente diffusa, attraverso la quale abbiamo
ceduto il nostro diritto, e dovere, all’autodeterminazione.
Se il mondo è un riflesso dei nostri pensieri, non ha senso indignarsi per
i mali che ci affliggono, perché finché non saremo noi, ognuno di noi in
prima persona, ad armonizzarci interiormente, ogni altra azione o
programma esteriore saranno vani o insufficienti. Ed è solo questa la
consapevolezza, ossia “la verità che ci renderà liberi”. È possibile
allora, volgendo lo sguardo esternamente, liberarsi dai preconcetti, dai

67
pregiudizi e dai condizionamenti provenienti dal mondo che ci circonda
per poter conoscere e capire senza l’azione filtrante e interpretativa che
questi comportano1. Ponendosi al di là dei meccanismi di azione e
reazione, per cui ogni nostro pensiero, desiderio o stato d’animo è
spesso il riflesso automatico a un impulso originario esterno, come una
suggestione pubblicitaria, una notizia, una moda, un altro pensiero, un
fatto qualsiasi, in un'ininterrotta concatenazione di cause ed effetti.

La cosa che più affligge e divide gli uomini, fin dalla genesi dei tempi,
è il ritenersi arbitri del bene e del male; e l’incapacità di riconoscere
nell’altro la propria diversità e il personale contributo alla creazione.

Ad esempio, se le tradizioni, i costumi e le credenze religiose di un


popolo, a cui ognuno di noi è legato, soddisfano, da un lato, la nostra
necessità interiore di credere in qualcosa, di possedere un’identità e un
rassicurante senso di appartenenza; sacrificano però, dall’altro, quella
universalità che solo l’apertura del nostro orizzonte mentale ci può
dare. Se le nostre credenze, da una parte, ci offrono sì un giusto senso
di appartenenza e di sicurezza, dall’altra, possono però comportare una
divisione tra noi e il resto del mondo, da chi crediamo essere diverso da
noi. Il timore di perdere le nostre false sicurezze si traduce perciò nella
paura di cambiare – persino la paura di un mondo migliore, un mondo
che non conosciamo – che si concretizza in azioni sabotatrici che noi
stessi mettiamo in atto, inconsciamente o meno, allo scopo di impedirci

1. Si pensi, ad esempio, ai personaggi dei romanzi o dei film, per le cui idee o azioni
nella vita reale si proverebbe irritazione o sdegno e che invece sono compresi, accettati
o perfino amati. Perché questa differenza? Perché nei racconti di questi personaggi si
arriva a conoscere tutto della loro vita, dal loro punto di vista; ovvero tutti i principali
fatti e ragioni che hanno concorso a fare di essi ciò che sono. Fino a sentirci partecipi
delle loro storie. Nella realtà, naturalmente, questo non è sempre possibile, ma questo
non giustifica il giudizio e la condanna; tanto meno sulla base, spesso, di cieche ed
erronee supposizioni. Oppure, a quanti non è mai capitato, magari al volante della
propria auto, con la radio accesa, di accorgersi come la percezione del mondo esterno
possa cambiare in base al tipo di musica che si ascolta in quel dato momento. Se è una
musica dolce, soprattutto se è legata a sentimenti che toccano il cuore, lo stato d’animo
può mutare fino a provare un’inconsueta, magica e fuggente sensazione di bellezza in
tutto ciò che si osserva lungo la strada. Ogni cosa, ogni persona, ogni volto che
s’incontra appaiono belli – le stesse cose, i luoghi e gli stessi volti rispetto ai quali in un
qualsiasi altro momento saremmo stati perfettamente indifferenti o verso i quali
avremmo avuto forse qualcosa da ridire – e ci si sente come avvolti in un senso di pace
e serenità, dove ogni problema sembra svanire e tutto, là fuori, sembra,… è perfetto.
68
o renderci difficile ogni possibilità di cambiamento e di crescita.
Al tempo stesso, quindi, volgendo lo sguardo interiormente, si può fare
chiarezza in noi stessi, andare più in profondità. Ad esempio, compren­
dendo se un certo nostro atteggiamento è dovuto all’influenza esercitata
su di noi dalla famiglia, dalla società o dalla morale; o se lo stesso,
apparentemente identico, atteggiamento è dovuto a una nostra libera
scelta. Nel primo caso è possibile che si possa mentire a noi stessi, che
non ci si accetti, che ci si senta interiormente divisi; così da produrre in
noi un conflitto, un contrasto sottrattivo tra le nostre energie psichiche,
una resistenza interiore, una zona d’ombra. Nel secondo caso, invece,
saremmo di fronte a una scelta consapevole, senza pregiudizi o
autocondanne e a una serena accettazione e affermazione additiva di
qualunque cosa ritenuta positiva o negativa in noi, con un senso di
spontanea, luminosa interezza e libertà d’essere. Da ciò si può
comprendere come il vero colore di ogni uomo, espressione del proprio
animo, è spesso mascherato da un colore differente, non autentico,
acquisito o imposto attraverso gli influssi della famiglia e della società,
e quindi in definitiva da noi stessi, non più noi stessi.

Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’universo e gli dèi.


Oracolo di Delfi

Qual è, dunque, il profondo scopo dell’esistenza?

È vivere in maniera autentica e in armonia con tutto ciò che ci

circonda. È vivere secondo il proprio moto di spirito originale,

contribuendo al benessere e alla felicità comune dell’umanità.

Ma ciò non è possibile veramente se non si vive in comunione con la

propria anima e in accordo con il mondo esterno, i due volti della

stessa realtà. Se non con l’essere uniti dentro per esserlo fuori.

La mancata soddisfazione di questa condizione comporta infatti:

– l’esistenza di emozioni e di stati d’animo negativi come le paure, le


insicurezze, gli attaccamenti, le insoddisfazioni, le resistenze,
all’origine profonda di ogni forma di difficoltà esistenziali;

– una vita basata sull’inconsapevolezza e sull’egoismo, un egoismo di


cui siamo prigionieri e che in gran parte tutti contribuiamo ad
alimentare e a perpetuare imprigionandoci gli un gli altri.

69
La soluzione consiste pertanto, essenzialmente, nel ricercare una guida
e la chiarezza nel proprio cuore, in modo da poter realizzare una vita
autentica attraverso la consapevolezza, la libertà e la responsabilità:
ovvero la chiara comprensione della realtà senza la quale non si può
essere veramente liberi; liberi dal proprio e dall’altrui egoismo; e la
responsabilità nei confronti delle proprie scelte e azioni. Qualità
fondamentali per far sì che il mondo possa evolvere attraverso
l’emergere di una nuova umanità, illuminata e felice, libera e unita.
In tutto questo, un ruolo centrale è ricoperto dallo scopo dell’esistenza.
Perché, qualunque sia la motivazione che spinge l’uomo ad agire
(affermazione, attenzioni, riconoscimenti), in fondo ciò che egli ricerca
è quel qualcosa che dia un significato alla vita e il gusto di viverla. È
quell’energia che nutre l’uomo e gli dà forza. È quel moto che origina
celatamente dall’anima. Una tensione che deriva dall’avere un sogno;
un sogno la cui più alta espressione, l’autentico sale, risiede nella con­
sonanza tra il sogno individuale e quello collettivo. Il sogno del cuore.

Il sogno più grande è co-creare il sogno divino.

Solo il presente è reale. Il passato e il futuro sono costituiti solo dai


nostri ricordi e dalla nostra immaginazione. Il passato è passato, mentre
il futuro deve ancora venire. Il futuro nasce dal presente, ma se ci si
proietta nel futuro senza agire consapevolmente nel presente, il futuro
non sarà frutto delle nostre scelte ma degli stessi meccanismi che hanno
condotto la nostra vita dal passato fino a oggi. Il futuro quindi non
dipende solo dalle nostre aspettative ma soprattutto dalla capacità di
poterle attuare, e in questo gioca un ruolo anche la nostra realtà incon­
scia. Chi ha dentro di sé dei programmi sabotatori, infatti, difficilmente
potrà aggirarli ignorandoli o risolverli con delle semplici buone
intenzioni. Sarà invece necessario disattivarli concretamente. E questo è
possibile in maniera reale e profonda solo collegandoci a una forza
superiore, ovvero alla fonte di luce. Pertanto, se solo il presente è reale,
per collegarci realmente alla fonte è necessario ancorarsi nel presente,
mantenendo l’attenzione in esso. Per far questo, sono due le cose che in
primo luogo possono essere messe in pratica: rendere quieta la mente,
dato che questa tende spesso a vagare, e coltivare l'energia vitale. Ma
per esercitare il controllo della mente bisogna prima averne coscienza;
coscienza dei processi del pensiero, e quindi il distacco dagli stessi,

70
quali osservatori imparziali. Questo produce anche l’effetto di distac­
carci psichicamente, disidentificandoci, da quei nuclei gravitazionali
disarmonici che, come parassiti, si nutrono della nostra forza. Così
come Cronos, il tempo, divora chi nel tempo è immerso.
Il presente è tra il passato e il futuro, mentre l’energia vitale è tra il
corpo e lo spirito, ed entrambi rappresentano un ponte verso l’Essere.

La presenza dell’Essere si coglie nella presenza.

La mente non è un problema in sé, ma è un problema identificarsi


unicamente in essa, ovvero nei suoi contenuti, in particolare in tutte le
false concezioni ed espressioni negative, in luogo di quelle vere e
costruttive, sulle quali si fonda la nostra esistenza. Essa può essere,
infatti, la nostra carceriera oppure può diventare l’indispensabile
strumento attraverso il quale poterci liberare in maniera consapevole.
Per far questo è importante eliminare dapprima le false concezioni
coltivando una nuova coscienza attraverso le verità universali2. Questa
consapevolezza costituisce già un importante traguardo, giacché ci per­
mette di riconoscere la natura delle nostre erronee e relative concezioni
e una bussola con cui poterci orientare e vivere meglio. Ma non è tutto.
Infatti, può non bastare ad armonizzarci e ad affrancarci dai nostri mali.
Esiste infatti, in questo senso, un percorso fatto di differenti livelli di
crescita, dal piano psicofisico a quello spirituale.
Essenzialmente, l’incremento dell’energia vitale attraverso una pratica
interiore, basata generalmente sul rilassamento psicofisico, la
respirazione profonda e la concentrazione sulla stessa, produce un
miglioramento generale della salute. Ma, il vero obiettivo è giungere
alla fonte di luce, alla nostra essenza. Attraverso la quale si diviene a
propria volta una fonte, in quanto collegati alla sorgente originale da
cui scaturisce, ab aeterno, vita, sapienza e amore.
Per inciso, un chiarimento. Quello che qui s’intende per silenzio
mentale non è semplicemente un vacuo silenzio ma è un silenzio
sotteso da un contenuto, un significato o una forma; un silenzio con un
centro e un intento. Come scopriremo.

2. Come uno strumento musicale non accordato, dalle note cioè non intonate, non può
consonare in un complesso orchestrale; così una psiche disarmonica, non accordata con
il Diapason divino, non può consonare con il cosmo ed essere partecipe della sua forza
armonica. In questo senso, si vedano i Dialoghi di Platone, ad esempio Repubblica, III
401b-2a; e, nel Liji, il Memoriale dei Riti, il Classico della musica dell’antica Cina.

71
Dall’intersezione di due cerchi, in modo che il centro di ciascuno di
questi si trovi sulla circonferenza dell’altro, si ottiene una figura simbo­
lica dalla forma lenticolare chiamata mandorla mistica o vesica piscis.
Conosciuta in diverse tradizioni spirituali, anche di fede cristiana, si
trova in molte antiche opere pittoriche e architettoniche in tutto il
mondo, talvolta in maniera celata. Tale figura, nell’uomo, può
simbolizzare essenzialmente l’unione consapevole dei principi polari:
ego e anima oppure mente e cuore, rappresentati dai due cerchi3; e, nel
contempo, può simbolizzare la triade anima, spirito e corpo, in cui a
ogni principio si contrappone la somma degli altri due. Ne proponiamo
qui l’immagine integrata con l’utilizzo additivo del colore.

TESI, ANTITESI E SINTESI


L’unione degli opposti nella luce: la forza unificante della mente e del cuore.

Schema triadico che scaturisce da un rapporto duale o polare unitario.

Tesi e antitesi, senza sintesi, esprimono la dualità.

Superando la quale, si rinasce alla luce.

3. Un importante simbolo di equilibrio dei principi polari, come lo yin e lo yang, è


quello relativo al Caduceo (dal greco karykaion, “araldo”), costituito da due serpenti
attorcigliati simmetricamente lungo un bastone – l’elemento risolutore – dotato di ali
all’estremità superiore; simbolo di pace e salute, attribuito tradizionalmente a Hermes.
– Rispetto alla sintesi, l’analisi rappresenta la componente contrapposta e parimenti
importante della conoscenza, la quale consiste in un metodo di ricerca in cui l’oggetto
di studio viene scomposto ed esaminato nei suoi differenti elementi costitutivi.

72
SINTESI TRIADICA

Sintesi di tre elementi cromatici unitari.

Dall’intersezione di tre cerchi abbiamo, invece, una figura simbolica


che, con forme analoghe e differenti nomi4, è diffusa in diverse culture.
Essa rappresenta un insieme di tre elementi unitari riconducibili a una
triade, qui rappresentata graficamente attraverso una sintesi equilibrata
di tre colori-luce: il rosso, il verde e il blu congiunti nel bianco centrale.

Figure floreali

di Leonardo

da Vinci,

Codice Atlantico.

4. Alcuni di questi nomi sono la triquetra (dal latino, “triangolare”), la triscele (“tre
gambe”) e il trilobo. L’intersezione di due cerchi (mandorla) e quella di tre sono parte
di una struttura floreale a sei petali contenuta in un disegno noto come Fiore della vita.

73
Con la diminuzione dell’intensità degli stessi colori, a partire dal verde,
poi il rosso e infine il blu, si ottengono invece i seguenti risultati:

Come si può osservare, la diminuzione dell’intensità di ciascun colore


determina nuove espressioni cromatiche ma anche uno squilibrio tra
questi. Nell’ultimo caso, invece, se pur in equilibrio, i colori non danno
più additivamente l’intensità di luce del bianco ma un’intensità minore
espressa, nell’immagine, dal grigio.
Quanto qui illustrato rappresenta la sintesi delle tre basilari facoltà
psichiche dell’uomo.
Ogni persona risulta essere una particolare combinazione di tre colori, o
attributi caratteriali basilari, rappresentati dal rosso, il giallo (o il verde)
e il blu; le cui relative intensità, o la predominanza di un colore sugli
altri, determinano la tipologia caratteriale di riferimento.
Questi attributi corrispondono alla sfera vitale, emozionale e mentale.
Attributi che, combinati tra loro, da cui tre qualità intermedie,
arricchiscono la gamma caratteriale portandola a sei tonalità; le quali
vanno dal dinamismo del rosso, alla calma del complementare azzurro,
fino alla tensiva spiritualità del viola. Dall’energia più estroversa dei
“colori caldi” a quella più introversa dei “colori freddi”.
– Il rosso corrisponde alle energie basali. È il colore dell’energia vitale,
della forza e della salute fisica5, che infonde sicurezza e un senso di po­
tere personale. È l’energia interfaccia con il mondo esterno e, in questo
senso, definibile come “esteriore”, ciò in quanto conferisce un carattere
rivolto all’azione, deciso e dinamico. È ciò che si manifesta alla

5. Il rosso bruno simbolizza il colore della terra, la terra rossa adamica (in ebraico
Adam, “uomo”, “terra rossa”), il cui “fuoco interiore” (che ricorda quello del magma
all’interno della terra) discende dal sole, ed è affine a quello del cuore e all’energia
vitale dell’uomo (vd. anche la radice comune etimologica di humus, “terreno” e homo,
“uomo”). Una luce solidificata che rimanda al sale della terra; vd. V. di Matteo 5, 13.

74
coscienza tramite la percezione corporea: il suo controllo, l’equilibrio,
il radicamento con la terra. Le sensazioni basilari all’origine primaria di
ogni pulsione, reazione o volontà, cioè il dolore e il piacere fisico. È
l’energia che supporta la volontà e che le permette di esprimersi sul
piano fisico, di agire, mettere in atto e concretizzare. È la memoria
naturale. È la “forza alata” dell’eros, ciò che si esprime, sublimato, nel
desiderio di realizzare o raggiungere uno scopo, un obiettivo e, spesso
in modo impetuoso, ciò che si sperimenta con l’attrazione erotica; e ciò
che può condurre a capire il vero amore. È il misterioso magnetismo.
– Il giallo è il colore appartenente alla sfera delle emozioni. È il primo
livello di interiorizzazione dell’energia e l’interfaccia tra il fisico e il
mentale; infatti, le emozioni quali la rabbia, la contentezza, la tristezza
e la paura, si accompagnano a immediate reazioni fisiche come la
tensione e il pallore, a cambiamenti di espressione del volto, della
gestualità e della voce; e a reazioni mentali come il turbamento e il calo
della lucidità. Queste possono indurre una risposta impulsiva o reattiva,
generalmente di breve durata, di natura fisica o verbale, anche intensa.
Con uno spostamento cromatico verso le tonalità del pensiero, le
emozioni si fanno più complesse (vergogna, gelosia, ansia …) e
assumono il colore dei sentimenti: il verde. In genere equiparati alle
emozioni, più appropriatamente i sentimenti possono essere intesi come
il risultato di ciò che si prova quando le emozioni sono intessute in
vario modo con le espressioni della mente: le idee, i pensieri e i ricordi
(o, quest’ultime, con i moti del cuore, da cui il colore viola). In questo
senso, ai sentimenti appartengono, ad esempio, l’affetto, la simpatia, la
malinconia, la frustrazione, la felicità. Inoltre, ai sentimenti corrispon­
dono, in genere, emozioni meno intense e reattive, e più durature.
Le emozioni non sono autonome energeticamente, vanno cioè
alimentate per essere provate, sono la risposta a una stimolazione che
va ricercata perché ci “smuova”: all’esterno di noi stessi attraverso il
fare, i rapporti sociali, le nuove ed eccitanti esperienze e le relazioni
affettive; all’interno di noi stessi attraverso gli interessi, il comprendere
nuove cose, l’ideare e il creare. Corrispondono, in particolare, a quel
tipo di sensazione, o energia, percepita come eccitazione, tensione o
senso di carica emotiva associata a ogni diversa attività o esperienza.
Carica che, se bassa, è avvertita come noia o disinteresse; se
relativamente equilibrata, come una condizione di benessere interiore,
come nella cenestesi; se un po’ più alta, come eccitazione o stress

75
positivo, utile per dare il meglio di sé nelle performance; mentre, se
eccessiva, è avvertita come ansia, nervosismo, turbamento o panico.
O, ancora, le emozioni possono costituire quelle energie inibitorie,
passeggere o, il più delle volte, persistenti, che tendono a soffocare ogni
forma di energia, fisica e mentale, come nella malinconia, nell’apatia e
nella depressione.
Le emozioni (dal latino emovere: “trasportar fuori, smuovere,
eccitare”), rappresentano, a un tempo, una spinta motivazionale, un
bisogno interiore che stimola l’azione e il pensiero; costituiscono cioè
una forma di piacere e autogratificazione per quello che si fa6.
Abbiamo quindi le passioni, ovvero, quel moto dell’animo inteso come
interesse e dedizione a svolgere un’attività con trasporto e impegno.
– L’azzurro è il colore degli stati d’animo: emozioni o sentimenti più
sfumati e complessi, cioè più vicini e sottilmente intessuti con la sfera
del pensiero o dell’immaginazione, come il fantasticare o il sognare a
occhi aperti7. Sono stati più tenui e stabili, cioè meno reattivi rispetto
alle pure emozioni, che possono contraddistinguere il carattere,
l’umore, il modo d’essere tipico di una persona.
– Il blu è l’energia più interiore delle tre basilari, e corrisponde alla
coscienza, all’intelletto, ovvero alla facoltà mentale che consente di
conoscere, riflettere, comprendere, dedurre secondo un filo logico;
contrapposto all’intelletto inteso come facoltà di conoscere direttamente
attraverso l’osservazione e l’intuito. È la capacità di focalizzare
l’attenzione psichica. È la volontà, ovvero la facoltà di fare le proprie
scelte e di perseguirle; scelte che presuppongono idealmente
consapevolezza, discernimento e libertà, e a cui la volontà dovrebbe
essere legata indissolubilmente; volontà non di rado, invece,
condizionata o deviata dagli stati emotivi e fisici, dai loro ciechi
impulsi, o da fattori esterni. È, ancora, quella gamma di attributi
mentali che vanno da una ragione strumentale e pratica, di aiuto nella
quotidianità, a un intelletto più sofisticato, profondo e astratto, o dotato
di grande ingegno, e che “basta a se stesso”.

6. A proposito dell’autogratificazione: secondo un interessante studio scientifico


condotto da B. Fredrickson, docente dell’UNC a Chapel Hill e pubblicato su Pnas, nel
luglio 2013, nella autogratificazione, in particolare nel piacere edonico (egoistico) e in
quello eudaimonico (altruistico o nobile), nonostante il senso di felicità o il piacere
appaiano uguali, gli effetti sono opposti; ovvero, solo nel secondo si ha un effetto
positivo sulla salute delle cellule, una risposta cioè antinfiammatoria e immunitaria.
7. All’azzurro rispondono, ad esempio, i sognatori, i sentimentali, gli idealisti e i poeti.

76
– Il viola, come colore dato dalla somma del rosso e del blu, dell’ener­
gia e dell’eros con il pensiero, è il potente colore dell’azione volitiva,
creativa e intelligente; viola il quale, se arricchito dal colore rosso del
cuore, si tinge di grazia e carisma. Si pensi ai sacri e regali vestimenti
porpora dell’antichità che tale stato dovevano rappresentare.
Ora, le tre facoltà psichiche base non vanno considerate come energie
singole ma come energie che, insieme, si compenetrano, si fondono e
s’influenzano reciprocamente in base alle loro relative intensità; così da
creare un colore, un’energia composta, una mescolanza unica che
caratterizza ogni diversa personalità. Ad esempio, il rosso può
arricchire il blu rendendolo più dinamico e sicuro di sé; mentre,
viceversa, il blu può conferire al rosso una visione più profonda e
lucida della realtà. Le facoltà psichiche, dunque, costituiscono quei
moti dell’animo, o quella triplice volontà dell’essere, a fondamento
della natura umana, e il cui equilibrio è simbolizzato da un triangolo
equilatero. Facoltà che possono esprimersi, in generale, mediante la
luminosa pienezza oppure l’ombrosa parzialità.

Vitalità Sentimento Intelletto


Eros Emozione Coscienza
Azione Passione Volontà

Ombra e Luce
L’equilibrio delle tre facoltà psichiche fondamentali può essere espresso attraverso la
forma di un triangolo equilatero, sopra raffigurato attraverso gli stessi colori della
sintesi triadica nelle modalità sottrattiva e additiva, discendente e ascendente.
77
In generale, pur nelle vicissitudini esistenziali, una personalità solare è
tendenzialmente reattiva e ottimista, ama la vita; mentre una personalità
ombrosa, al contrario, tende a deprimersi e a essere negativa. Per
quest’ultima, altre situazioni possono essere definite da un senso di
vuoto esistenziale, da un’angosciosa mancanza di un senso, di speranza,
e da una prostrante infelicità: le profonde ombre dell’anima.

Quando la vita non ha modo di esprimersi


emerge allora la tendenza contraria.

Ogni tipo caratteriale, generalmente, consuona, è attratto, si sente a


proprio agio, si nutre e dà il meglio di sé con le energie affini alla
propria; mentre, al contrario, non è attratto o rifugge le energie opposte;
energie rappresentate, in entrambi i casi, da persone, attività e contesti.
Ciò risulta evidente nel carattere e nel comportamento degli estroversi e
degli introversi o dei, cosiddetti, uomini d’azione e uomini di pensiero.

Riusciamo a vivere solo ciò che abbaiamo


reso essenza vibrante del nostro essere.

Essenzialmente, il rosso ha fuori di sé il suo fine, in quanto si realizza


mediante l’azione e il fare materialmente; mentre il blu ha in se stesso
il suo fine, in quanto si realizza mediante il sapere, il capire e l’ideare.
Da queste differenze cromatiche ha origine l’eterna incomprensione tra
gli opposti poli caratteriali, l’avversione e l’invidia per il colore
mancante, cioè l’energia di cui si è carenti, posseduta invece da altri.
E lo spiacevole senso d’incompletezza che, a mo’ di rivalsa e di
lenitivo, porta a usare talvolta i propri punti di forza, il colore
predominante, per ferire, procurare ad altri quel disagio, quello stesso
sordo dolore, talvolta in modo inconsapevole, provato segretamente.
Una realtà, questa, che mette in luce il non comprendere che proprio in
questa diversità risiede, o dovrebbe risiedere, la forza del singolo e
della collettività, cioè la grande ricchezza cromatica dell’umanità, data
dall’interazione additiva di queste singole differenti forze individuali,
orchestrate dalla sincronicità, in una sintesi corale sinergica di colori.

– Il gusto morboso per il giudizio, cioè di ogni affermazione che, superando la semplice
constatazione dei fatti, esprime un’opinione, una critica, spesso falsata e velenifera,
sulle persone, nasce da una profonda mancanza d’amore e di autostima. Una mancanza
che trova facile rimedio, e quindi sollievo, nell’abbassare gli altri rispetto a noi stessi.
78
Ogni attributo psichico cromatico può assumere in sé, o per interazione
con gli altri attributi, una natura additiva (espansiva, illuminante) o
sottrattiva (contrattiva, oscurante); due opposte nature che originano da
forze, perlopiù inconsce, riconducibili essenzialmente agli stati primari
di piacere/amore o di dolore/paura. Ad esempio, un dolore emotivo può
trasformare il colore giallo acceso, generalmente rappresentativo delle
emozioni positive, come la contentezza, in un giallo spento, in un
“verde bile” o in un verde cupo (l’antico umore atrabile8), come nella
rabbia, nel rancore o nella paura. Verde cupo contrapposto quindi al
verde vivido dei sentimenti positivi. Pertanto, quando un attributo
psichico è oscurante influisce su gli altri attributi psichici causando un
viraggio sottrattivo generale verso un colore risultante spento, come nel
pessimistico “vedere tutto nero” (o il nero come rappresentativo
dell’odio o della morte). In realtà, nessuna tonalità di colore, vivace,
tenue o scura, è di per sé solo negativa o solo positiva; queste tonalità
possono però essere poste in corrispondenza, tenendo conto della
relativa contestualizzazione, con ogni particolare attributo e indicarne la
relativa quantità, cioè l’intensità di energia, e/o la sua qualità, negativa
o positiva. Il rosso può così rappresentare vitalità ma anche aggressività
o, al contrario, se spento, tramutato cioè in marrone, una relativa
mancanza di energia e volontà, oppure, semplicemente, pacatezza.
Il verde vivace può rappresentare eccitazione emotiva o turbamento,
mentre un verde bottiglia uno stato di apatia, oppure di tranquillità.
Infine, un blu acceso una mente attiva e attenta, mentre un blu intenso
noia, disinteresse o, inversamente, profondità mentale.

La paura è, nella sua essenza, diametralmente opposta all’amore, al


cor-aggio. È il grado, oltre la misura, oltre la medietà, della distanza,
della separazione dalla luce. È essa stessa, quale “paura originale”, la
radice di tutte le paure9, la misura di ciò che non si conosce, di tutto
ciò che si può arrivare a rifiutare e odiare. È l’inerzia, a un tempo, al
cambiamento, persino a far ritorno alla luce dall’oscurità, una volta
ancorati a essa. È un’illusione, un inganno del mondo – in quanto non
esiste in realtà separazione – che cela la profonda unione con il divino.

8. Atrabìle: nell’antica medicina occidentale, umore denso, aspro e scuro considerato


causa della paura, del malumore e della depressione. Dal lat. atra e bilis, “bile nera”.
9. Naturalmente non ci si riferisce a quella paura che ha una basilare oggettiva utilità,
che è quella di mettere in guardia di fronte a un non immaginario ma un reale pericolo.

79
I colori psichici, nell’interagire tra loro (per sintesi), il modo cioè in cui
le emozioni e i pensieri possono influenzarsi reciprocamente,
costituiscono le “chiavi” attraverso cui aprire (in additiva) o chiudere
(in sottrattiva) la mente. Aprirla alla luce, alla consapevolezza, a una
maggiore comprensione, o chiuderla, al contrario, a tutto ciò.
Simbolicamente, nella Color Matrix (pagina 43), queste combinazioni
cromatiche possono formare, incrociandosi, le sbarre di una prigione
mentale, individuale, relazionale o collettiva; o, al contrario, possono
formare colorati intrecci di un luminoso arazzo di interattive e
moltiplicative espansive possibilità.

– Le tipologie psico-cromatiche, viste sopra, richiamano quelle tradizionali dei quattro


elementi; i quali, in sintesi, indicano per la terra: fermezza, senso pratico, materialità,
volontà; per l’acqua: sensibilità, immaginazione, socievolezza, accondiscendenza; per
l’aria: indipendenza, intellettualità, inventiva, precisione; per il fuoco: istinto,
ardimento, energia, veemenza. Distinguendo l’elemento fuoco terreno dal fuoco celeste:
il fuoco terreno è “vulcanico”, un’ottava sotto quello del cuore o celeste. Mentre la terra
è un fuoco terreno spento, un rosso divenuto marrone; vd. nota a p. 74.
– Eros, dal greco érōs, “desiderio ardente”, nella mitologia classica e nella cosmogonia
delle origini è una potente divinità primigenia, il principio vitale originario, motore
dell'universo, l’espressione del processo di generazione del mondo.
– Ciascuna delle tre fondamentali facoltà, vitale-sensoriale, emozionale e mentale,
rappresenta anche un modo diverso ed essenziale di rivolgersi alla spiritualità e di
conseguire il benessere da parte dell’uomo: vale a dire attraverso la conoscenza
(fondamentale per acquisire una reale visione della realtà), la purezza dei sentimenti
(aspetto importante per non rimanere avvinghiati alle emozioni negative dell’ego) e
l’energia vitale (in relazione alla salute e alla forza fisica). Mentre lo sviluppo integrale
dell’uomo passa attraverso lo sviluppo armonico d’insieme di ciascuna di esse.
L’anima è totalità, per cui per entrare in contatto con essa è necessario espanderci verso
la totalità di noi stessi, ci si deve disporre cioè verso un “vuoto” percettivo dei nostri tre
fondamentali livelli di coscienza. Ciò attraverso il vuoto mentale o la purezza dei
pensieri, la calma emozionale o il sorriso interiore – il sorriso del Buddha – e attraverso
il profondo rilassamento del corpo; poiché uno stato emotivo negativo e una tensione
fisica costituiscono anch’essi un impedimento al prodursi delle condizioni ideali di
apertura percettiva, al pari del lasciarsi distrarre dai propri pensieri. La mente non va
contrastata, semplicemente non ci si deve ancorare a nessun pensiero che da essa
emerga; in pratica disponendoci come osservatori distaccati. I pensieri svaniscono
attraverso la presenza, la quale non offre spazio alla linearità temporale necessaria al
loro svolgersi o dispiegarsi; mentre il sorriso interiore costituisce il mezzo più semplice
e piacevole per sciogliere tutte le tensioni, elevare la propria energia interiore e renderci
ricettivi a quella dell’universo.
– L’intersezione di due o tre cerchi colorati in additiva, oppure la ruota cromatica o il
triangolo della sintesi triadica, possono essere visualizzati in meditazione, come pratica
preliminare, per indurre un’armonizzazione, a livello profondo, delle facoltà psichiche.

80
Il punto di mezzo
Qualsiasi espressione nella nostra realtà si può ridurre, essenzialmente,
nell’interazione tra elementi contrapposti che stanno tra loro secondo il
rapporto polare o complementare. In ogni rapporto tra elementi opposti,
la condizione di equilibrio, la verità, si trova al centro e mai in una delle
parti o estremi, come normalmente si è portati a credere1. Ma anche tale
centro, in realtà, può assumere una posizione relativa. Ad esempio, un
modo d’essere incentrato sulle impulsive emozioni – il pathos – è
altrettanto squilibrato di quello basato sulla sola fredda ragione – il
logos – Così, se le emozioni unite alla ragione si possono esprimere nei
sentimenti o nelle passioni, i sentimenti stessi, a loro volta, possono
essere egoici oppure puri. Il centro che comprende e integra entrambi i
poli, ma in maniera differente dalla semplice combinazione di questi, è
la sintesi additiva. La sintesi come risoluzione al di sopra delle parti,
non come espressione parziale ma, se integrazione genuina, come
pienezza, elevazione e luce – l’ethos2.
Nell’immagine che segue possiamo vedere come ogni coppia di
elementi contrapposti, in senso generale, qui rappresentati dai colori
complementari azzurro e rosso, nella loro interazione, si possono
elevare additivamente verso la luce e giungere gradualmente al bianco;

Interazione tra azzurro e rosso,


e il grigio medio centrale.

1. Nell’etica aristotelica ciò corrisponde al concetto, relativo alla virtù, del mesotes: in
cui il male è opposto al male ed entrambi si oppongono a un unico bene; così come la
virtù del coraggio è medietà tra eccesso e difetto, quali la temerarietà e la viltà.
2. Ethos (da cui ethikós, “etica”) è il costume, il carattere ma anche la dimora del­
l’uomo, dimora da intendersi come universo animico: l’oggetto del “conosci te stesso”.

81
oppure, digradare sottrattivamente verso l’oscurità e arrivare progres­
sivamente al nero (vedi anche a pagina 23).
A questo punto, si potrebbe rilevare che è stata considerata la sola
interazione tra l’azzurro e il rosso ma non, esplicitamente, tra il bianco
e il nero, la luce e l’oscurità. Rivediamo il tutto allora nell’insieme.
Se ci riferiamo unicamente all’uso del colore esprimibile attraverso la
stampa in queste pagine, la cosa può essere illustrata nel seguente
modo: nell’immagine precedente, ossia il nostro quadrangolo con ai
vertici una doppia coppia di colori opposti, l’azzurro e il rosso
orizzontalmente e il bianco e il nero verticalmente, il centro è
rappresentato da un certo valore medio di grigio, in questo caso a metà
tra il colore bianco della carta e il nero dell’inchiostro.
In realtà, bisogna tener conto che se l’oscurità è facilmente ottenibile, e
questa può anche essere tranquillamente rappresentata dal nero a
stampa; con la luce, al contrario, si può arrivare a livelli di splendore o
intensità così elevati da andare ben oltre la luminosità (riflessa) della
presente carta e dei suoi inchiostri colorati. Per cui, il valore medio,
visto sopra, è relativo e varia in funzione dell’intensità della luce
considerata. Inoltre, si dovrebbe tener conto della dimensione spirituale,
invisibile ai nostri occhi, dove la luce e i colori possono essere
inimmaginabilmente più brillanti e puri, tali da poterli definire
“metaluce” e “metacolori” (ciò in rapporto al termine metafisica).
In questa nuova rappresentazione, come illustrato nell’immagine che
segue, la metà superiore del quadrangolo (triangolo rivolto in su),
quella dell’intensa lucentezza e dei metacolori, non è raffigurabile,
anche se è in rapporto con l’altra metà inferiore (triangolo rivolto in
giù), quella dei colori visibili. E il centro, il punto di mezzo, è qui
simbolizzato dal bianco, il bianco solare, il sole. Questo perché il sole
rappresenta per noi il centro, la fonte di energia vitale e di luce3.
La nostra complessa realtà si compone di aspetti complementari: come
la dimensione spirituale in rapporto a quella fisica, l’energia in rapporto
alla materia; aspetti che a un tempo costituiscono un’unità inscindibile.
Come risulta dall’equivalenza tra energia e materia secondo la moderna
concezione della fisica; o, come affermava Albert Einstein:

3. Con Nicola Cusano (XV sec.), sul modello neoplatonico delle ipòstasi (“sostanze”),
l’universo è dato dalla compenetrazione di due coni, uno di luce e l’altro di tenebre, uno
proveniente da Dio e l’altro dalla Terra. Mentre con Robert Fludd (XVII sec.), i coni si
incrociano (anche nell’uomo) creando al centro il Sole, manifestazione visibile di Dio.

82
“Ciò che abbiamo chiamato materia è energia, la cui vibrazione è
stata così abbassata da essere percepibile ai sensi.”

La luce solare, al centro, quale forza armonica.

Come il colore, così il pensiero. Trova corpo in questa espressione il


principio ermetico: come fuori, così dentro. Ovvero, il pensiero è un
valore d’ombra. Valore d’ombra, o colore, che nasce dall’incontro della
luce, l’energia mentale di origine divina, con l’opacità della materia, la
realtà dei sensi; cioè i filtri mentali, più o meno opachi, le credenze che
definiscono il carattere di ogni uomo (dal greco charaktēr, “impronta”),
e le concezioni spesso erronee e limitanti acquisite nel corso della vita.
Dunque, l’intelletto che tende alla luce, divenendo come un sole,
quando si nutre del vero4, le idee universali; e il pensiero che tende
all’oscurità quando si nutre del falso, quando si radica nell’egoismo e
nelle basse vibrazioni come la rabbia e l’odio. O, ancora, il pensiero che
si alimenta attraverso il “contrasto cromatico” dato dalla visione duale
della realtà; il superamento della quale fa sì che esso si acquieti da sé.

La conoscenza è del simile con il simile…

con l’amore vediamo l’amore e la contesa con la contesa.

Empedocle

4. L’intelletto (dal latino intellectus, da intus e legere, “leggere dentro” l’apparente


realtà) è la capacità, uno speciale attributo, o una grazia, di cogliere l’essenza delle
cose, di fare luce, di discernere, di capire attraverso l’impulso ispiratore di Dio.
– Per inciso, in una corda sonora, il punto di mezzo è il punto attraverso cui si possono
ottenere due suoni (da ogni metà corda) in perfetta consonanza e all’unisono tra loro.
83
C’è una luce fisica visibile e una luce sottile invisibile del sole:

l’energia spirituale. Non è un caso che il Sole sia al centro del nostro

sistema solare, il nucleo intorno al quale la natura ha sviluppato la vita.

Vita che pulsa in noi grazie al nostro cuore, centro di noi stessi.

Il nostro sole interiore. Il centro che rappresenta la stretta porta e la via

(di mezzo) che conduce alla vita.

Una posizione centrale che corrisponde alla coscienza incarnata

illuminata, a metà tra il sé finito e il sé infinito. Il punto di mezzo,

l’equilibrio tra la separazione e l’unione totali. Lo stato dell’uomo

nuovo, erede, nel tempo compiuto, di questa terra nell’Età aurea.

L’uomo è parte – e totalità – di una complessa struttura spirituale che lo

vede, normalmente, come polo opposto in un rapporto che possiamo

definire tra la sfera egoica e la sfera animica. Nell’uomo comune è

pressoché dominante la componente individualista, totalmente nelle

persone fortemente materialiste. Questo tipo di personalità,

rappresentabile alla base di uno schema piramidale, illustrato qui di

seguito, s’individua attraverso un modo d’essere tipicamente parziale o

soggettivo (o solo rosso o solo blu), e la cui interazione con la

controparte manifesta la piena mancanza o scarsità di luce o

consapevolezza (i colori scuri centrali). Si tratta di personalità rigide nei

propri punti di vista e indifferenti, se non ostili, verso tutto ciò che non

si confà alla loro realtà e ai loro interessi. A mano a mano che la

persona evolve, essa si colloca spiritualmente in una posizione più

elevata nello schema e la sua coscienza acquisisce maggiore equilibrio;

sono meno marcate le parzialità e gli estremismi e in essa è maggior­

mente percettibile la voce della propria dimensione interiore. Persone di

questo tipo hanno spontaneamente in sé più chiarezza e discernimento,

e sono variamente più sensibili e predisposte alle tematiche concernenti

l’etica, il benessere della società, l’ecologia e la spiritualità.

Una persona, infine, in comunione con la propria anima occupa la

posizione centrata al vertice della piramide; posizione attraverso la

quale essa può cogliere, nell’insieme, ogni altra posizione. Le posizioni

intermedie sono invece caratterizzate da conflittuali e alternati impulsi

egoistici e altruistici che possono rendere contraddittori i

comportamenti, e spesso difficili le piccole e grandi scelte della vita; in

uno stato di precaria sospensione tra le forze gravitazionali dell’ego e le

correnti ascensionali dell’anima.

84
La piramide della consapevolezza dell’uomo.

Il senso dello schema piramidale5 può anche essere trasferito a quello


circolare spostandoci dal particolare al generale. Per cui, come i rap­
porti tra i differenti colori di una ruota cromatica, secondo le modalità
sottrattiva o additiva, conducono a risultati opposti tra loro, così
avviene all’interno della società in rapporto al tipo di interazione tra gli
individui. Il che equivale, rispettivamente, a un generale abbassamento
vibrazionale a livello collettivo (malessere da divisione e disaccordo),
oppure a un suo innalzamento (benessere da unione e armonia).

Interazioni sociali basate sulla separazione e sull’unione tra gli individui.

5. La figura rappresenta la sezione di un cono cromatico, il quale, se osservato nella sua


interezza, dal basso o dall’alto, mostra le due ruote dei colori in sottrattiva o in additiva.
Facendo del vertice di luce, o anima, il punto di “mediazione triangolare” dei rapporti
umani, anziché in linea diretta orizzontale, si rende possibile un vero contatto tra questi.
85
L’uomo può fluttuare attraverso diversi livelli di consapevolezza dettati
dalla natura del suo habitus mentale, il quale determina la sua possibi­
lità di vivere liberamente o, invece, attraverso una prigione psichica.
La coscienza, in fondo, è una questione di energia, di luce. Quando
questa luce è debole, è inevitabile sentirsi limitati. Limitati nel senso in
cui si esprime il nostro livello di libertà personale, livello in relazione
con il nostro specifico colore che, come una scatola, stabilisce i confini
all’interno dei quali possiamo condurre la nostra esistenza. Libertà che,
a un tempo, trova però la sua concreta espressione proprio nella specifi­
cità del colore: il punto d’incontro tra la luce e l’oscurità6. Poli estremi
nei quali la libertà individuale perde invece di significato, in quanto da
un lato il colore viene trasceso nell’indistinta luce e dall’altro si spegne
nella vacuità dell’oscurità7. Ragione per cui è solo nei livelli intermedi
che si può spiegare il senso del libero arbitrio, quale potenziale libertà
di esprimere, o non esprimere, in varia misura la propria libertà; o di
fare della propria esistenza l’arte di vivere in armonia tra cielo e terra.
Dunque, pur con tutti i suoi limiti e difetti l’ego, cioè ogni specifico
colore, non può essere inteso come qualcosa da rinnegare – così come
la realtà duale, la quale è ciò che crea la vita e fa girare il mondo – ma
ciò che rappresenta il centro della nostra realtà terrena, il corpo fisico e
spirituale grazie al quale si rendono possibili ogni nostra esperienza e la
vita stessa. L’unicità e il senso di ogni esistenza.

Siamo angeli che dormono ancora


il greve sonno della carne.
Paracelso

6. Cfr. la metafora della “colomba di Kant”, in cui una colomba, che nel suo volo sente
la resistenza dell’aria, ritiene di poter volare più agevolmente nello spazio vuoto. Senza
però rendersi conto che proprio l’aria, che essa sente come una resistenza, è ciò che in
realtà la sostiene nel volo e le permette di librarsi liberamente.
7. L’uno è il tutto. Non esiste altro. Non esiste un qui e un lì, un questo e un quello e un
prima e un dopo al di fuori dell’uno a cui esso possa rapportarsi (cfr. il Timeo 33c). Tali
possibilità diventano invece infinite quando l’uno suddivide se stesso in innumerevoli
distinte espressioni di sé. Per cui esso diviene come un corpo immenso (universo) nel
quale ogni sua singola cellula (ogni essere), assumendo, questa, coscienza individuale,
lo stesso corpo diviene lo spazio-tempo infinito da esplorare, con un qui e un lì, un
questo e un quello e un prima e un dopo al di fuori di sé a cui potersi rapportare.
Il concetto di libertà non ha quindi significato per l’uno; acquisisce invece un valore
assoluto nel momento in cui l’uno assume infinite espressioni di sé; mentre la libertà
assume un valore ordinario o relativo per le singole espressioni individuali, le quali
invece possono rapportarsi con vari gradi di libertà, o la sua assenza.

86
Via di mezzo è vivere, esteriormente, la propria individualità e,

interiormente, sentire e agire all’unisono con l’universo.

È vivere l’equilibrio tensivo degli opposti complementari – l’ordine e il

caos – dell’alternarsi del giorno e della notte: delle forme e dei colori

diurni e dell’immensità notturna dal cui fiat emerse il cielo stellato.

È collegarsi alla fonte cosmica di forza, armonia e consapevolezza; la

sola in grado di preservarci dalla limitatezza, dall’ignoranza, dalla

paura e dalla sofferenza.

La modalità sottrattiva ha quindi la sua ragione d’essere: il disgiungersi

dall’Unità di tutte quelle energie che, individualizzandosi, vanno a

costituire tutte quelle variegate forme espressive – sculture di luce –

che insieme compongono la grande rappresentazione dell’universo8.

Come il colore è insieme luce e ombra, luce da cui origina e ombra che
delimitandolo lo specifica e risalta; così l’uomo è insieme anima e
corpo, anima da cui ha origine e corpo che lo definisce e caratterizza.

L’uomo è sintesi tra cielo e terra,


luce e oscurità, infinito e finito,
unione e separazione dall’Uno.

È così che ogni individualità entra in rapporto di analogia con i diversi


colori. L’uomo nuovo può però arrivare a esprimere e riconoscere in sé
tutti i colori, al di là del colore con cui può manifestarsi nel mondo,
gestendo la propria totalità, perché giochi consciamente il proprio ruolo
nella grande rappresentazione del sogno cosmico.

Colore fuori e luce dentro.

8. Il senso di separazione provato dall’individuo è, lo ricordiamo, un’illusione perché,


in fondo, tutto è sempre comunque interconnesso.
– In senso musicale, la “stretta porta” corrisponde alle frequenze più elevate, ovvero più
“strette”, del piano dimensionale del cuore, necessarie per poter varcare la stessa porta.
– Affinché l’uomo, come microcosmo, possa beneficiare degli influssi del macrocosmo,
necessita del fondamento, della pietra angolare, su cui edificare – perché orientata
come “un quadrato all’interno di un quadrato” – se stesso come un tempio; e, a
coronamento, della chiave, la volta stellata su di sé. Vd. Isaia 28, 16 e Salmi 118, 22.
– La libertà è spirito di verità. Entrambe inconciliabili con la paura e l’ignoranza. La
libertà è in relazione diretta con la consapevolezza, con il sincero desiderio della
conoscenza della verità. Senza questo desiderio, se ancora succubi della natura duale
delle cose e delle proprie soggettive opinioni, perlopiù prodotte da un’accettazione pas­

87
siva e senza discernimento delle suggestioni e delle influenze esterne (poi fatte proprie),
la realtà personale assume la forma di una gabbia illusoriamente chiamata libertà.
Anche questa in fondo libertà, è pur vero, libertà di disconoscere il vero e di fare espe­
rienza del falso, e dunque con la sua importanza. Il vero spirito libero non coincide,
comprensibilmente, con l’ideale puerile di libertà, comune nelle personalità immature,
ancora lontane dal riconoscersi come un qualcosa di più grande, in armonia con il tutto.
Dio ha dotato l’uomo, in virtù dell’averlo creato a propria immagine e somiglianza, del
sacro dono del libero arbitrio. Un dono mal compreso e spesso barattato con una sua
parvenza, come dimostrano le misere condizioni di vita dell’umanità. Queste, in larga
parte il prodotto di meccanismi di fuga da un “vuoto” interiore, un senso di solitudine e
di paura esistenziale da cui originano affanni, conflitti e la ricerca di continue
distrazioni. Senza comprendere che proprio in quel vuoto, in quel buio, in quel silenzio
tanto accuratamente evitato, soffocato dall’ego, dai rumori della civiltà, dall’esteriorità
e dagli inganni del mondo, si cela invece la vera forza, la luce, la dimensione divina.
L’espressione libero arbitrio è formata da due parole traducibili come “libera facoltà di
scelta”, espressione questa che si riferisce all’autentica libertà, e a cui si contrappone di
conseguenza il solo essere “liberi” o la sola “facoltà di scelta” (dunque non libera), e
che pertanto sottintende una falsa libertà, una libertà limitata, illusoria, ma ampiamente
diffusa e non riconosciuta. Quella per cui si crede di essere liberi solo perché si può
scegliere tra questo o quello, ma senza sapere niente del maestoso universo intorno a
noi. Quella libera scelta che, nell’essenza, è tra la luce e l’oscurità. Cfr. Genesi 1, 26;
“la verità vi farà liberi” V. di Giov. 8, 32; e “liberi soggiacete” Dante, Pg. XVI, 80.
– Esistono due tipi di purezza: una è la purezza spirituale, l’altra è quella materiale. Una
è rappresentata dalla purezza della luce bianca, l’altra dalla purezza dei singoli colori. E
l’ego, per naturale affinità con il mondo materiale, spesso confonde l’una con l’altra. Si
è puri nella misura in cui ci si identifica con la pura multicromaticità della luce, ovvero
con la totalità della realtà e non con la pura monocromaticità di un colore o con un
singolo aspetto della stessa realtà. La vera purezza è dunque solo dell’anima e non può
mai essere della persona come erroneamente si è portati a credere; perché ricercare la
purezza o la perfezione nella persona vuole dire rinnegare il suo aspetto
individuale/egoico a favore esclusivamente di quello animico/impersonale. Il punto
d’incontro, la posizione ideale, si trova pertanto tra le due considerate.
– La diffusione di idee o concezioni opposte e conflittuali, in particolare se false, che si
contraddicono l’una con l’altra, producono insicurezza, sfiducia, destabilizzazione e un
abbassamento del livello vibrazionale; e causano alla lunga indifferenza e incapacità di
discernimento, nonché l’appiattimento delle coscienze, oltre a dividere le persone che
sostengono, dagli opposti lati, queste stesse idee. Tutti aspetti, questi, della sottrattività.
– Una curiosità: dal riemergere di un ricordo, suscitato dalla constatazione di aver
sperimentato fino a quel momento una pratica spirituale squilibrata e infruttuosa;
ovvero, che se una corda di uno strumento musicale viene tesa eccessivamente questa si
spezza, mentre se la si lascia troppo lenta non suona, cioè che solo la sua corretta
tensione può produrre il giusto suono; Siddharta comprese una grande verità, quella che
gli avrebbe permesso di divenire il Buddha, “il risvegliato”, e che un giorno avrebbe
trasmesso al mondo. La verità della “via di mezzo”, della retta condotta, tra gli eccessi
come l’auto-indulgenza e l’auto-mortificazione, l’estremo ascetismo e una vita legata ai
piaceri dei sensi. Comprese, dunque, la necessità di accordare, cioè di armonizzare, il
proprio strumento psicofisico con la virtù della medietà.

88
Tra Terra e Cielo
Il sapere perduto I
In principio Dio creò il cielo e la terra.
Genesi 1,1

Il cielo e la terra rappresentano i principi polari fondamentali che


costituiscono l’universo intero: il principio ultraterreno, animico o
spirituale e quello materiale o corporeo. A essi sono associati tradizio­
nalmente due importanti simboli geometrici: il cerchio e il quadrato.
Il cerchio rappresenta l’infinito, la perfezione; non ha né inizio né fine,
né orientamento, e viene dunque identificato con l’universo animico,
l’assoluto, l’unità; oppure con il sole (con un punto segnato al centro).
Il simbolo opposto, il quadrato, con quattro lati che permettono
l’orientamento spaziale, rappresenta l’ordine, la stabilità, l’universo
fisico e, in particolare, la terra: il mondo a misura d’uomo.
Queste due figure geometriche accoppiate, con il cerchio circoscritto al
quadrato, costituiscono il mondo quale unione di spirito (o anima) e
materia; mentre un secondo cerchio, inscritto nel quadrato, indica che
lo spirito non è solo al di fuori delle cose ma anche al loro interno,
ovvero ne costituisce l’essenza. In tali figure, così disposte, il quadrato
è in posizione centrale, quale espressione dello spirito, immerso nello
spirito; dell’immanente nel trascendente. Il senso di unione dei due
principi è in particolar modo evidenziato dal fatto che tutte le figure
sono centrate, ovvero hanno il loro centro in un unico centro.

Il cerchio rappresenta l’energia, l’infinito, il dinamico, l’unità;


il quadrato la materia, il limitato, lo statico e la differenziazione.

89
In questo mondo, così costituito, si colloca l’uomo quale microcosmo
riflesso del macrocosmo e tutt’uno con esso. L’uomo assume qui una
posizione centrale rappresentata, in particolare, da un terzo cerchio
(rosso) in posizione intermedia tra i primi due1.
Un’altra importante immagine simbolica, in relazione alle figure del
cerchio e del quadrato, è data dalla famosa quadratura del cerchio, la
quale, al di là delle questioni relative alla sua costruzione, cioè la
trasformazione di un cerchio in un quadrato di uguale superficie2,
rappresenta in realtà la genesi dell’universo fisico quale manifestazione
o materializzazione dell’Idea, del progetto divino originario. Ma anche
l’armonizzazione nell’uomo delle forze del cielo e della terra.

Cerchio medio tra quelli inscritto e circoscritto al quadrato.

Quadratura del cerchio: figure di uguale superficie sovrapposte.

1. Il diametro del cerchio medio (rosso) tra i cerchi inscritto e circoscritto (blu), con
diametri pari a 1 e √2, è uguale a “1,207”. Un valore vicino al raggio del cerchio medio
“0,6035” (1,207/2) è dato dal numero aureo “0,618” (ϕ); di cui si è accennato a p. 28.
Il cerchio medio (1,207) è anche quello che circoscrive quattro cerchi uguali, inscritti
nel quadrato, con diametro 1/2 del lato; e non solo, come vedremo. Cfr. “1,2008” sotto.
2. Ricordiamo, per la realizzazione di un quadrato della stessa superficie di un cerchio
dato, le formule relative alle due suddette figure geometriche; dove A indica l’area, r il
raggio, C la circonferenza, d la diagonale e l il lato. Area cerchio = r2·π; r = C/2π op.
√A/π; area quadrato = l2; d = l·√2. Costanti: d/l = √2 = 1,4142…; C/2r = π = 3,1415…
Con il lato e la superficie del quadrato uguale a “1”, che qui prendiamo come figura
geometrica di base, il diametro del cerchio di pari area è uguale a (√1/π) ·2 = “1,128”.
La quadratura del cerchio può essere espressa anche uguagliando l’estensione, cioè la
misura della circonferenza e quella del perimetro; in questo caso il diametro del cerchio
risulta 4/π = “1,273”; una misura equivalente al quadrato del valore precedente, cioè
1,1282 = 1,273 (per cui 1,128 è anche uguale a √4/π). Mentre, (4/π +√4/π)/2 = “1,2008”.

90
Immagine che raggruppa tutti i cerchi e il quadrato centrati.

L’originale unità spirituale, costituita dai cerchi e dal quadrato centrati,


con la “caduta dell’uomo”, o la sua individualizzazione, si scinde in
entità distinte attraverso il disgiungersi illusorio del mondo materiale da
quello spirituale, ovvero con la traslazione discensionale delle figure
geometriche sopra inscritte, e i loro centri; le cui “basi” ora vanno ad
appoggiarsi su uno stesso piano, quello alla base del cerchio maggiore3.

Traslazione delle figure geometriche e dei loro centri.

3. Si cfr. con la disgiunzione del cielo e della terra (Nut e Geb) nella mitologia egizia.
Cfr. la rifrazione (e “apertura”) della luce che devia la propria traiettoria nel passaggio
dal vuoto alla materia (e che fa apparire un cucchiaino piegato in un bicchiere d’acqua).

91
Ne deriva un nuovo simbolo che rappresenta la falce lunare, cioè la
dimensione umana caratterizzata dal suo ego, ovvero dalla sua mente
analitica (la falce che divide) in grado di riflettere solo una minima
parte della realtà (la tenue luce solare riflessa dalla luna). Una mente
duale caratterizzata da mutevoli, relativi e contrastanti punti di vista.

Colui che volse il sesto

a lo stremo del mondo, e dentro ad esso

distinse tanto occulto e manifesto.

Dante, Paradiso XIX, 40-2

Quanto sopra illustrato, in termini simbolici, lo si può cogliere


essenzialmente in diverse antiche concezioni spirituali, le quali
rimandano invariabilmente ai significati nascosti della nostra realtà.
Ora, cercheremo di riscoprire alcuni di tali significati ricorrendo alla
magistrale opera di Leonardo da Vinci, l’Uomo vitruviano – “l’uomo
misura di tutte le cose” – cioè attraverso il suo significato collegato alla
simbologia del cerchio e del quadrato. Una simbologia che risiede nei
principi architettonici all’origine della Creazione. Una creazione in cui
ogni cosa è stata ordinata secondo “misura, numero e peso”: geometrie
e numeri che si compenetrano con la musica. Musica o suono a cui si
affiancano, in queste pagine, la luce e il colore.

Nell’Uomo vitruviano sono rappresentati in maniera celata i concetti


sopra illustrati: ovvero, la quadratura del cerchio e il cerchio medio.
Cerchio medio, compreso tra i cerchi sottintesi, inscritto e circoscritto
nel quadrato, che rappresenta, come già illustrato, l’uomo al centro
dell’universo, tra la dimensione celeste e quella terrena. Dimensioni
congiunte e disgiunte in un’unica immagine, una sintesi, mediante la
figura celeste o “tonda” dell’uomo (come sollevato) disposto con
braccia e gambe divaricate a “X”, inscritta nel suddetto cerchio medio
(homo ad circulum), e l’altra figura, terrena o “quadrata”, dell’uomo
inscritto nel quadrato (homo ad quadratum).

– Secondo il famoso paradosso di Zenone, attraverso una serie infinita di successivi


dimezzamenti di un dato percorso non è possibile giungere alla relativa meta, perché
“infinitamente lontana”. Questo concetto, che si adatta analogicamente alla divisione in
ottave di una corda sonora, come vedremo, può essere interpretato come l’impossi­
bilità da parte della mente umana di raggiungere la verità ultima (Dio), per quanto
possa essere approfondita la sua ricerca, se tale ricerca è solamente di natura razionale.

92
L’Uomo vitruviano, 1490 ca. (344 x 245 mm).

Venezia, Gallerie dell’Accademia

L’opera di Leonardo rappresenta, essenzialmente, l’uomo al centro


dell’universo4. Infatti, che cosa sarebbe la magnificenza del creato
senza una coscienza in cui manifestarsi? E, allo stesso tempo, che cosa
sarebbe l’uomo senza un mondo in cui esistere ed esprimere se stesso?

4. Per poter osservare l’universo, ogni punto di vista non può che essere relativo, poiché
se fosse assoluto non sarebbe un punto di vista, non distinguendosi cioè dall’universo
stesso; il quale, pertanto, non potrebbe osservare se stesso come un qualcos’altro da sé.
Ne consegue, quindi, che ogni punto di vista, quale entità distinta all’interno del tutto, è
necessario e assume, soggettivamente, centralità e assolutezza (egocentrismo). Allo
stesso tempo, tutti gli innumerevoli centri (individui) non sono che un unico centro,
un’unica cosa; per cui, inconsciamente, ciascuno di essi, anche per questa ragione, sente
se stesso come il centro dell’universo. Da ciò, a livello generale (umanità), tutto si
relaziona e incentra nell’uomo, quale misura di tutte le cose (antropocentrismo).
93
L’Uomo vitruviano è inscritto, a un tempo, nel cerchio medio, nel cerchio di quadratura
e nel quadrato. Il centro del cerchio medio, o del cerchio dell’uomo di Leonardo,
coincide con l’ombelico, il centro di gravità ego-fisico dell’uomo.

Si osservi, ora, nella presente immagine come, sovrapponendo all’opera


di Leonardo la figura precedente con i cerchi traslati, in modo che il
cerchio (blu) inscritto nel quadrato lo sia anche nel quadrato della stessa
opera, il cerchio medio (rosso) va a ricalcare perfettamente quello
originale, che tocca le estremità delle dita delle mani dell’uomo tondo5,
mentre il cerchio di quadratura (nero) va a toccare con precisione le dita

5. Il cerchio medio in posizione centrata toccherebbe invece le dita dell’uomo inscritto


nel quadrato: questo a indicare l’originale coincidenza degli opposti, dinamico e statico.
– Con il quadrato pari a “1”, i diametri dei cerchi misurano: 1; 1,128; 1,207 e 1,414.

94
delle mani dell’uomo quadrato. Attraverso i centri dei cerchi blu si
individua, invece, l’ampiezza della traslazione di questi stessi cerchi.

A questo punto è possibile cogliere un interessante sviluppo di quanto


sopra esposto.
Nell’uomo di Leonardo, com’è noto, il centro del quadrato è situato alla
base dei genitali, mentre il centro del cerchio è posto nell’ombelico.
Si noti, invece, che il centro del cerchio nero di quadratura si colloca un
palmo sotto l’ombelico, mentre il centro del cerchio blu circoscritto va
a indicare un punto del corpo situato sotto lo sterno; un punto
simbolizzabile come il limite superiore dello spazio psichico
dell’uomo; infine, il centro del cerchio blu inscritto coincide, ovvero
resta centrato, con quello del quadrato. Vediamo perché.
A questo scopo è necessario ricorrere a un principio base della teoria
della musica, quello relativo al concetto di ottava.

In una scala musicale i suoni sono ordinati, dai più gravi ai più acuti,
secondo una particolare serie di intervalli, il principale dei quali è
l’intervallo di ottava. Essa corrisponde a quell’intervallo tra due note le
cui altezze (o frequenze) sono una il doppio, o la metà, dell’altra (cioè
sono in rapporto di 2:1); note che, data la grande consonanza e affinità
tra loro, vengono chiamate con lo stesso nome, ad esempio Do. Tra
queste sono comprese le sei note intermedie: Re, Mi, Fa, Sol, La e Si.
Per cui con ottava s’intende l’ottava nota (Do2), ripetizione della prima
(Do1) ma su un’altezza differente, o l’intera successione di otto note.

La figura illustra una corda tesa (o un monocordo): questa, se libera di


oscillare totalmente tra i due estremi, emette, pizzicandola, una nota
base che possiamo chiamare Do. Se la stessa corda viene divisa in due
parti, vincolandola al centro e permettendo di oscillare solo a una delle
due metà, abbiamo una nota un’ottava più alta della prima, in questo
caso un Do2. Nello stesso modo, per suddivisioni successive, si
ottengono ottave ancora più alte, fino al Do5 o il Do6, dove ci fermiamo.
95
I “confini psichici” dell’uomo sono definiti dal quadrato:

lo spazio compreso tra i relativi cerchi circoscritto e inscritto.

– In Occidente, per ragioni storiche e cosmico-metafisiche legate al simbolismo del


numero sette, sette come i giorni della creazione o i sette pianeti classici o tradizionali,
anche i suoni sono stati ordinati in una scala musicale base di sette note.
Ogni sistema musicale possiede una propria scala, e il più antico, appartenente alla
cultura occidentale, è quello greco-pitagorico con la scala diatonica; seguito dalla scala
naturale o zarliniana e infine dal sistema, ora pressoché universale, della scala
temperata equabile di Werckmeister (ma il cui primato nel formularla spetta al principe
cinese Chu Tsai-Yü, nel 1584) e diffusa con Bach. Nelle scale di tutto il mondo,
l’intervallo di ottava (denominato nell’antica Grecia diapason) rappresenta una costan­
te, a differenza dei loro relativi intervalli, generalmente diversi in ciascuna di esse.
All’intervallo di ottava corrisponde un’importante legge universale: la legge periodica,
la quale consiste nella ripetizione di proprietà simili, di una determinata proprietà fisica,
a intervalli regolari e ricorrenti. La tavola periodica degli elementi ne è un esempio.
Con i suoni, questa legge si evidenzia nella corrispondenza, consonanza o somiglianza
dei suoni che s’intervallano tra loro di un’ottava o più ottave, ascendenti o discendenti.
Si cfr. con l’ermetica: “Come in alto, così in basso …” Vd. anche la legge Titius-Bode.
96
Ora, se si rapporta simbolicamente la lunghezza di una corda sonora, e
la suddivisione di questa attraverso le sue principali ottave, con le
proporzioni anatomiche dell’uomo – espressione manifesta del non
manifesto – si può constatare l’esistenza di importanti corrispondenze.
All’intera lunghezza della corda, in relazione con tutta l’altezza del
corpo umano, corrisponde la nota base che indichiamo con il Do; dal
Do, attraverso la prima ottava, arriviamo al Do2, a cui corrisponde la
base dei genitali (1/2 della corda); con la seconda ottava abbiamo il
Do3, nel centro del petto; mentre con la terza ottava, il Do4, ci troviamo
al livello della sommità della gola; infine, con la quarta ottava, il Do5,
arriviamo all’altezza degli occhi (1/16 della corda). Nel disegno di
Leonardo le altezze al livello di ottava corrispondono alle linee tra­
sversali tracciate lungo il corpo dell’uomo quadrato (simili ai tasti di un
cordofono), le quali sono da porre indubbiamente in relazione, in base a
quanto afferma il testo presente nello stesso disegno, alle antiche unità
di misura (quali il dito, il palmo, il piede e il cubito) e alle proporzioni
umane secondo quanto indicato da Vitruvio nel De Architectura, ma
non solo. Queste stesse altezze o punti corrispondono, secondo una
differente ottica, a cinque dei sette principali centri energetici sottili
(chakra) dell’uomo: il centro basale, il centro cuore, il centro gola, il
centro frontale e quello sommità, che individuiamo in cima alla testa e
che corrisponde all’estremità superiore della corda, al di là delle ottave,
o a questa in tutta la sua lunghezza. Ne mancano due: quello sacrale
che troviamo quattro dita sotto l’ombelico, cioè il centro del cerchio di
quadratura (sopra il Re), e il centro plesso solare, cinque dita sopra
l’ombelico (il Sol); entrambi tra il Do2 e il Do3. La particolarità dei
centri sacrale e plesso solare è di essere in relazione con la coscienza
dell’uomo, cioè con i piani energetici sottili emozionale e mentale. Essi,
infatti, sono gli unici a non appartenere alla serie dei Do e sono pertanto
come separati dalla realtà consonante unitaria spirituale6.
Se adesso, nello spazio compreso tra il Do2 e il Do3 della corda sonora,
inseriamo la gamma spettrale dei colori, che immaginiamo anch’essa
completa attraverso un’ottava che va dal rosso visibile al “rosso2”

6. Una corda sonora suddivisa in ottave, sovrapponibili con i centri energetici


dell’uomo e in relazione con i diversi livelli di coscienza ordinari e superiori, è alla base
del reale significato della metafora della linea di Platone: una linea divisa in due parti
disuguali, e a loro volta suddivise con la stessa proporzione; Repubblica, VI 509d-511e.
Si veda anche il fuso di Ananke nel mito di Er, 616b. Un’immagine analoga la ritrovia­
mo con il filosofo inglese Robert Fludd nel suo libro Utriusque cosmi … istoria, 1617.
97
invisibile, si può constatare che il punto limite, il centro del cerchio
circoscritto (posizionato sotto lo sterno, poco sopra il La) va a trovarsi
all’altezza del violetto, proprio in corrispondenza del colore al confine
dello spettro della luce, oltre il quale i nostri occhi fisici non riescono
più a percepire la stessa. Al confine opposto abbiamo invece il rosso, in
corrispondenza del centro del cerchio inscritto, alla base del pube, sotto
il quale si va nell’altrettanto invisibile infrarosso. Tra questi abbiamo la
gamma cromatica visibile, lo spazio “S” definito dal quadrato racchiuso
tra i due cerchi, inscritto e circoscritto, nella forma traslata.
Quanto qui illustrato rimanda, per analogia, allo spazio in cui è
confinata la nostra coscienza: lo spazio “psico-cromatico” attraverso il
quale è possibile avere esperienza di sé e del mondo, e una soglia. La
soglia oltre la quale si può trascendere l’ego e accedere alla dimensione
superiore dello spirito, una dimensione invisibile ai nostri occhi.

Ottava

Le lunghezze d’onda della luce visibile sono comprese circa tra i 700 e
i 400 nanometri. Questi sono proprio i confini “S” stabiliti dal quadrato,
in relazione alla dimensione psichica dell’uomo. Tali confini corrispon­
dono, nell’ambito della nostra ottava, all’intervallo compreso tra le note
Do2 e La2 o, più precisamente, sono espressi dal numero “1,71”7.

L’energia spirituale è ciò che rende possibile la vita in tutte le sue


forme, dal regno minerale a quello animale; e tale energia, nell’uomo,
si polarizza in sette centri principali distribuiti lungo una linea che va
dall’estremità inferiore della colonna vertebrale alla sommità della
testa. Centri che originano dal rapporto tra cielo e terra, tra spirito e
materia, e costituiscono i differenti piani dimensionali della creazione.

7. Con il quadrato pari a 1, “S” (√2) si traduce musicalmente tramite i raggi dei cerchi
circoscritto e inscritto: r2 – r1 = s1 (√2 /2 – 1/2 = 0,207); r1– s1 = s2 (0,5 – 0,207 = 0,292);
r1/s2 = S (0,5/0,292 = 1,707). Op. tramite la formula: S = 1/(2-√2); op. S ≈ 12/7; op. 3√5.

98
Piani dell’universo, o livelli di coscienza, legati tra loro e ordinati in
ottave cromatiche che si riflettono le une nelle altre. Centri di
collegamento tra le energie sottili all’interno dell’uomo e al suo esterno,
che lo nutrono e svolgono altre importanti funzioni.

L'armonia (l'ottava) è celeste,


perché ha natura del divino,
del bello e del geniale.
Aristotele

Do3
Si
La
Sol
Fa
Mi

Re

Do2

I sette centri energetici fondamentali e lo spettro cromatico


della coscienza dell’uomo. A lato, la scala musicale pitagorica.

Ai suddetti centri corrispondono i differenti livelli della coscienza

umana, ciascuno dei quali è in relazione con un particolare attributo

psichico o uno stadio di sviluppo spirituale.

Quella dei centri energetici sottili è una conoscenza alla base delle

principali antiche dottrine spirituali sia orientali che occidentali.

Vediamo, in sintesi, quali sono e a cosa corrispondono:

I SETTE BASILARI CENTRI ENERGETICI DELL’UOMO


7 Sommità DO/∞ Anima universale. Unione cosciente con il Tutto.
6 Frontale DO5 Coscienza superiore e visione spirituale.
5 Gola DO4 Creazione della Realtà attraverso il Logos/Verbo.
4 Cuore DO3 Anima, amore. Mediazione tra ego e Anima universale.
3 P. solare Sol2 Piano della coscienza mentale e spirituale.
2 Sacrale Re2 ~ Piano emozionale e delle “tensioni motivazionali”.
1 Basale DO2 Piano vitale fisico, dinamico, delle sensazioni e sessuale.

99
Lo spazio all’interno della seconda ottava, compreso tra il centro basale
e il centro plesso solare, è in relazione, come abbiamo visto, con lo
spazio energetico in cui hanno sede le espressioni psichiche dell’uomo.
In questo spazio, il centro sacrale, sovrapponibile al centro del cerchio
di quadratura, corrisponde alla sfera emozionale; importante, in
particolar modo, per il fatto di essere un punto di concentrazione
dell’energia vitale, la cui funzione è quella di vivificare l’intero corpo
fisico. Un punto in cui, in molte discipline energetiche o spirituali, è
portata l’attenzione, la concentrazione mentale, con l’aiuto della
respirazione, al fine di sviluppare e armonizzare detta energia: una
“medicina sottile” fonte di forza e salute8.
L’altro punto considerato, il centro del cerchio medio, il “medio
psichico” (all’altezza del Mi2/verde), corrisponde all’ombelico, la
radice della vita; poiché durante la gestazione il bambino trae il proprio
nutrimento dalla madre tramite il cordone ombelicale e la placenta9.
Infine, per quanto riguarda il centro plesso solare, questo è tradizional­
mente posto in relazione, essenzialmente, con il sistema digestivo e con
la sfera mentale, “l’elaborazione” del pensiero.
Al di sopra dello spazio egoico, compreso all’interno della seconda
ottava, si entra invece nella dimensione spirituale superiore, di cui il
primo centro è rappresentato dal cuore, e al quale seguono altri tre
centri, come indicato nella tabella precedente. Quando i centri superiori
sono sufficientemente attivati, la persona acquisisce, in relazione alla
propria elevazione o risveglio spirituale, maggiori e più sottili capacità
e una nuova, più profonda e vera percezione della realtà.

8. In Occidente, il centro sacrale è conosciuto nella Kabbalah (una combinazione di


diversi elementi quali l’alchimia, il misticismo cristiano e l’ermetismo) con il nome di
Yesod, una sefira dell’Albero della vita; nelle discipline spirituali orientali, quali lo
Yoga indiano, col nome di Svadhisthana chakra; e nel Qigong (pratica sull’energia)
cinese, col nome di Dantian o Campo del cinabro (inferiore). In particolare, questo
punto è conosciuto nella Medicina Tradizionale Cinese, in agopuntura (che individua
quattro dita sotto l’ombelico), con il nome di Guanyuan, ovvero il punto dov’è
“racchiusa l’energia sorgente”: punto mediante il quale è possibile esercitare
un’importante azione di tonificazione sull’energia di tutto il corpo.
Il termine cinabro, sopra accennato, è da porre in relazione con l’omonimo minerale
composto di zolfo e mercurio; elementi che in alchimia simbolizzano i principi
filosofici anima e spirito, sole e luna; i quali, insieme al sale o corpo, dopo un processo
di separazione (o purificazione) e riunione, originano la Pietra filosofale.
9. L’ombelico di un neonato, a differenza di un adulto, si trova nel centro del corpo.
– Il risveglio, oltre che spirituale, è parallelamente corporeo, cioè a livello del DNA.

100
La musica è la figurazione
delle cose invisibili.
Leonardo

A centri più elevati corrispondono cerchi o sfere dimensionali più ampie.

L’immagine sopra, con i centri e i cerchi traslati, corrisponde alla


visione d’insieme simbolica di tutti i livelli di coscienza, o livelli
dimensionali dell’universo, secondo lo stato del divenire o lo stato
umano ordinario di esistenza. Tra i quali, quelli già illustrati relativi alla
dimensione psichica (indicati in nero) che si colloca all’interno della
dimensione spirituale superiore rappresentata dai centri energetici in
ottava e dai loro relativi cerchi (indicati in rosso). Dimensioni, queste,
che costituiscono un unico indissolubile mondo multidimensionale.
In questo mondo, il cerchio più grande rappresenta l’anima universale,
che tutto racchiude e che tutto permea, il cui centro corrisponde al
– Con il quadrato pari a “1”, i cerchi in ottava misurano: 1; 1,5; 1,75; 1,875 e 2 unità.

101
centro energetico sommità (Do); che, secondo la rispondenza analogica
con il monocordo – l’Axis Mundi – le cui estremità simbolizzano
l’Alpha e Omega, attraverso una prima divisione genera ciò che a sua
volta può generare, il cerchio più piccolo inscritto nel quadrato,
l’universo manifesto, l’uomo a immagine dell’Ottava divina; e, al
centro, la sua ingenita energia sessuale (Do2). Mentre, per mezzo di
un’ulteriore divisione della corda, abbiamo, in posizione intermedia, lo
spirito dell’intelligenza e dell’amore universale (Do3).

Dentro di te è la Luce

e dentro la Luce è il Suono.

Ed essi ti condurranno a Dio.

Sri Nanak Dew

Rappresentazione dell’universo. Collezione di astronomia … Lione, 1400-1450.

Ogni espressione psichica dell’uomo, sensitiva, emozionale e mentale


(si vedano le pagine 74-7), nello spazio cromatico della seconda ottava,
riflette la specificità di ogni singola ottava. Ovvero, nella sensitività si
riflette la fisicità corporea in relazione con la prima ottava;
nell’emotività, la visceralità della medesima ottava, la seconda10; nella
razionalità, l’espressività relativa al Logos della quarta; nella intuitività
10. L’esistenza di un “cervello enterico” è oggi confermata dalla scienza con la
neurogastroenterologia. Ai tre centri energetici dell’ego, basale, sacrale e plesso solare,
si possono far corrispondere gli elementi costitutivi principali del cervello umano,
nell’ordine: il tronco encefalico, il sistema limbico e la corteccia cerebrale.

102
intellettiva, la facoltà conoscitiva visiva diretta del reale della quinta;
mentre il cuore, al centro, svolge una funzione mediatrice globale. Ciò
significa che quando le espressioni psichiche trascendono se stesse, ciò
è dovuto a una maggior influenza dei centri superiori, in primo luogo
quello del cuore. Da ciò l’emergere di una coscienza più elevata o etica
che nasce da superiori consonanze, e dunque l’emergere di tre qualità
spirituali basilari: la consapevolezza, la responsabilità e la libertà.

Coscienza

Pensiero

Sentimenti

Emozioni

Vitale
Sensoriale
Le funzioni psico-cromatiche dell’ego, tra il Do2 e il Do3.

La coscienza è elevata dai centri superiori, in primo luogo dal cuore.

Con il cuore si fa un salto vibrazionale a cui corrisponde il centro


energetico, il Do3, da cui inizia la terza ottava, lo spazio pettorale.
Centro attraverso il quale si possono provare in varia misura, a seconda
del suo grado di apertura, non più sentimenti motivati dall’ego, come
l’invidia, l’odio, l’alterigia, ma sentimenti puri che nascono da
un’elevazione della coscienza e da un senso di consonanza universale.

L’insieme delle espressioni psichiche dell’uomo, quali quelle sensitive e


vitali, le emozionali e le mentali, possono essere immaginate come le
tinte primarie della tavolozza dei pittori – il rosso, il giallo e il blu – le
quali, miscelate variamente tra loro, producono le infinite tonalità dei
nostri modi d’essere, di sentire, di vivere e di creare.
Nella corrispondenza analogica tra le emozioni e il giallo e tra il
pensiero e il blu, si può riconoscere il rapporto di complementarietà
attraverso cui queste espressioni possono arricchirsi vicendevolmente
103
oppure soffocarsi, come nella passione e nel turbamento, similmente a
quanto avviene con i colori nelle modalità additiva e sottrattiva.
Mentre, nella triade vitalità, sentimenti e pensiero si può riconoscere la
triade cromatica rosso, verde e blu.
In relazione a quanto sopra illustrato, è ora possibile osservare come la
gamma psichica dei colori si rapporti, con particolare evidenza, con la
quarta ottava del monocordo, tra il Do4 e il Do5, ovvero con le facoltà e
le espressioni psichiche dell’uomo che si riflettono nelle espressioni del
suo volto e ne determinano, almeno in parte, le peculiari fattezze.
Scopriamo così che termini quali “mento volitivo” e “labbra passionali”
trovano fondamento e corrispondenza in qualcosa di profondo e
olisticamente coerente; una corrispondenza leggibile intuitivamente o in
base agli insegnamenti pervenutici da un’antica tradizione11.
Tradizionalmente, infatti, nell’essere umano il mento è posto in
relazione con l’energia fisica e, di riflesso, con la volontà (intesa cioè
come disposizione ad agire); le labbra con l’emotività; il naso con la
sfera dell’intelletto12; mentre gli occhi, in corrispondenza con il centro
energetico della quinta ottava, costituiscono il principale punto
d’incontro sensoriale tra il mondo al di fuori dell’uomo e quello al suo
interno, tra l’unicità di ogni coscienza e l’immensità stellata. Occhi nei
quali le due realtà si riflettono, come in uno specchio, l’una nell’altra.

Do6

Do5
Corrispondenza tra lo
spettro cromatico e le
facoltà psichiche
dell’uomo espresse
nella forma del viso. Do4

11. Leonardo ha dedicato molta attenzione ai rapporti tra il carattere e i lineamenti del
volto umano, come rivelano i suoi disegni, dai ritratti alle caricature, tanto da essere
considerato il fondatore della fisiognomica moderna. Proseguendo con le corrispon­
denze uomo/ottave, le linee della fronte, nello spazio compreso tra la 5a e la 6a ottava,
richiamano la metoposcopia di Girolamo Cardano, matematico e filosofo del ‘500.
12. Il naso, in senso figurato, e non a caso, indica la sagacia, il giudizio acuto, l’intuito,
il senno, e dunque l’intelletto (cfr. il termine greco sophòs, “che ha buon naso, senno”).
Cfr. la “fantasiosa” relazione tra il naso e la mente (che mente) in Pinocchio di Collodi.
104
Il potere della meditazione può essere decuplicato sotto l’azione di una
luce violetta proveniente dai vetri colorati di una chiesa silenziosa.
Leonardo

La centratura dei cerchi e del quadrato, di cui abbiamo parlato all’inizio


di questo capitolo, è da ricondurre dunque all’unità, alla coincidenza tra
il mondo spirituale e il mondo materiale; mentre, la decentratura o la
traslazione delle stesse figure corrisponde all’apparente separazione dei
due mondi, ovvero alla rappresentazione della realtà, nelle sue infinite
espressioni, quale cosmica opera di rifrazione; al pari del dispiegarsi
della luce nei suoi costituenti cromatici, visibili e invisibili, attraverso
un prisma. Per cui ogni parte del nostro mondo manifesto appare come
una cosa a sé, distinta dal tutto, così come appaiono realtà separate i
singoli colori che ci circondano, i quali invece, allo stesso tempo, sono
parte integrante di un tutto unico rappresentato dalla luce13.

Centratura e decentratura
Rifrazione di un raggio di luce attraverso un prisma.

Uno è Tutto e Tutto è Uno.

Senza luce non c’è colore e senza colore non c’è luce.

L’immagine successiva corrisponde alla visione d’insieme dei piani


dimensionali dell’uomo-cosmo secondo lo stato di centratura divina:
del centro da cui tutto origina – l’Umbilicus Mundi – e dell’unione dei
contrari – la coincidentia oppositorum. Dei cerchi concentrici e
compenetranti, se pur appartenenti a piani differenti, che rappresentano
le sfere o i cieli del mondo. L’espressione di una consonanza unitaria e
un’eufonia globale.
13. Analogicamente, allo stato decentrato corrisponde il temporale pensiero lineare,
“l’onda”; e, a quello centrato, l’attimo dell’intuitiva coscienza animica, “la particella”.

105
Questo è il profondo significato dell’Uomo di Vitruvio e, con esso, del
concetto di Armonia delle sfere espresso da Pitagora e ripreso, tra gli
altri, da Dante14. Un significato celato, ad esempio, nel simbolismo
geometrico dei rosoni di alcune chiese dell’arte romanico-gotica.

Allorché di due farete uno …


allora entrerete nel Regno.
Vangelo di Tommaso

Cerchi concentrici della dimensione celeste con all’interno quella terrena definita dal
quadrato. Una simbologia celata nella geometria dei rosoni di alcune chiese romanico-
gotiche come quelle delle basiliche di Santa Chiara e di San Francesco ad Assisi.

14. Cfr. il Corpus Hermeticum I, 26 e XIII, 15, sulla “natura ottava”. Dante, Paradiso:

I, 76-8 sull’armonia delle sfere; I, 125-6 sull’amore che, come una corda di un arco,

scocca la freccia dell’intelletto nel “centro” divino (cfr. la Mundaka Upanisad, parte 2a

canto 2°); XXIII, 97-102 sull’Empireo paragonato a una lira dal suono sublime,

vd. anche XIV, 118-20 e XV, 4-6; XXVIII, 10-2 e XXXIII, 85-93 sull’amore (che tutto

muove) simbolizzato da una corda che tutto lega e unisce.

Il cosmo dantesco ha due punti opposti e fermi: Dio e la terra, i vincoli del monocordo.

Il quadrato è, a un tempo, il mondo e il corpo umano, e ciò rivela la loro intima unione.

– Simbologie cosmico-geometriche, costituite essenzialmente da cerchi e quadrati, sono

da considerarsi di matrice archetipica. Esempi di questo tipo si possono osservare negli

schemi dei Mandala e degli Yantra indiani, utilizzati come sussidi per la meditazione.

106
Rosoni delle basiliche di Santa Chiara e San Francesco ad Assisi, XIII secolo.

107
Il fatto che i centri in ottava siano consonanti tra loro appare evidente
nell’esperienza dell’innamoramento e dell’attrazione erotica, ovvero
nell’affinità tra queste due forze, associate e spesso confuse tra loro.
Forze, queste, tra le più potenti nell’attrarre le persone le une alle altre.
Ma non solo: con l’innamoramento o l’amore, in particolare, si prova
anche una maggiore vitalità (centro basale), un maggiore entusiasmo15 e
disposizione all’empatia (centro cuore), una propensione a parlare con
dolcezza (centro gola), e una maggiore intelligenza e apertura verso
tutto ciò che è nuovo (centri frontale e sommità).
Ciò avviene in quanto l’innamoramento genera una spontanea,
inconscia e relativa forma di centratura, con la quale si accede
all’energia e all’intelligenza cosmica. Per questo l’innamoramento può
essere un’esperienza così intensa, inebriante, travolgente e creativa.
Un’esperienza grazie alla quale la vita si riempie di significato, in cui
tutto appare naturalmente bello e perfetto, ricco di speranze e promesse,
dove qualsiasi cosa sembra possibile. E dove tutto si tinge di rosa.
Questo perché la naturale sottrattività della mente razionale si allenta,
con un senso di leggerezza e libertà, fino ad annullarsi completamente
durante un profondo ed estatico amplesso, nel magico guardarsi negli
occhi degli amanti e nell’identificarsi di due anime in una.
Spesso l’ego, invece, soffoca questo collegamento con il cuore e i centri
superiori e ciò che si prova è pertanto un amore egoico e possessivo,
caratterizzato da un sesso finalizzato al solo soddisfacimento dei sensi,
da passioni logoranti, dalla gelosia, dalla sopraffazione.

L’Uomo vitruviano rappresenta, dunque, la sintesi simbolica dei


principi polari della coscienza umana: l’anima e la psiche, ovvero la
coscienza universale e quella individuale – lo stato dell’essere e quello
del divenire – armonizzati in un unico corpo.
Ricordiamo che il centro sacrale o di quadratura costituisce la base per
rinforzare e armonizzare l’energia corporea. Ora, il corpo rappresenta il
tempio dello spirito, pertanto la sua armonizzazione, attraverso
l’attenzione nel centro di quadratura o di “cerchiatura del quadrato”,
aiuta a ricondurci all’originale centratura. Con i centri superiori in
ottava, invece, occorre soprattutto entrare in consonanza con ciò
15. Entusiasmo, dal greco enthousiasmós, “essere posseduto dalla divinità”, deriva da
éntheos, “divinamente ispirato”, composto di en “in” e theós “dio”.
– La consonanza tra i centri in ottava: il piano vitale e dell’eros e quelli superiori, è uno
dei tratti dell’estasi spirituale nella mistica dell’amore, occidentale e orientale.
108
con cui essi stessi risonano e di cui sono parte: l’armonia universale.
Non si può cioè entrare veramente in rapporto con i centri superiori se
interiormente non ci si rende affini a questa stessa energia armonica: al
livello del pensiero, nel ricercare una visione sempre più ampia della
realtà, senza preconcetti; al livello della parola, coerentemente col
pensiero, nella semplice constatazione compassionevole dei fatti, senza
giudizi venefici; al livello del cuore, nell’apertura all’amore e
all’umanità; e, in generale, nel non essere troppo legati a tutto ciò che ci
riguarda. Così da spiritualizzare il corpo e consonare estaticamente con
i suddetti centri superiori. E poter conseguire, con ciò, la centratura
ascensionale, ovvero la congiunzione di tutti i centri in un unico centro.

L’universo è un unico centro, o una sfera infinita

il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo.

Antica formula

La Creazione dell’Universo
Mosaico della Cappella Palatina di Palermo, XII secolo.

Geometria sottesa dal quadrato, cfr. p. 89.

[11 (stelle)/7 ≈ π/2; cfr. la nota a p. 16]

– Il colore rosso violaceo o porpora della gamma spettrale, invisibile o non


riconoscibile nella sua espressione monocromatica – l’elemento congiuntivo della ruota
dei colori – è un colore particolare considerato da sempre simbolo di regalità e sacralità
(cfr. l’antica e preziosissima porpora di Tiro). Un colore riconducibile essenzialmente
all’ultima delle tre fasi della Grande Opera: la Nigredo, l’Albedo e la Rubedo.
109
Ottava fondamentale: Anima cosmica e Corpo.

Rosone di Notre Dame, Parigi.

– L’uomo è soggetto, oggigiorno, a diverse forme di stress mentale, emozionale e fisico


da cui originano tensioni psico-fisiche e, di conseguenza, una dispersione e cattiva
circolazione dell’energia vitale; possibile causa di ogni tipo di disturbi o malattie.
Da qui l’importanza di imparare a rilassare il corpo e la mente al fine di contrastare
l’abituale, e spesso inconscia, eccessiva tensione e permettere il ripristino del corretto
scorrere dei fluidi vitali. I pensieri e le emozioni negative influenzano i movimenti del
processo respiratorio procurando respiro veloce e superficiale e momenti di apnea. Ma
se si presta attenzione alla respirazione, rendendoci consapevoli della stessa, si possono,
al contrario, influenzare positivamente gli stessi stati d’animo. In particolare, si tratta di
coltivare con una certa costanza la respirazione (ad esempio, durante il rilassamento o
la meditazione), in modo che questa divenga sempre più profonda, lenta e fluida e, allo
stesso tempo, conservi la sua naturalezza, ovvero sia eseguita senza forzature né
tensioni. È quindi fondamentale portare la concentrazione, senza lasciarsi distrarre dai
pensieri, e tenendo la lingua appoggiata al palato, nel centro energetico sacrale che si
trova quattro dita sotto l’ombelico. Ciò regolarizzando, inoltre, la posizione del proprio
corpo (postura), ad esempio stando anche semplicemente seduti sul bordo di una sedia
con la schiena dritta. In questo modo è possibile incrementare la propria energia vitale.
110
Anello Sponsale
Sole e luna, centratura e decentratura, essere e divenire.
Disegno con quadrato sottinteso e i relativi cerchi, inscritto e circoscritto
centrati e quello medio traslato, in evidenza (cfr. p. 90 e l’Ouroboros a p. 46).

“Il punto in cui cielo e terra si incontrano”,


e uno scorcio sulle meccaniche celesti.
Camille Flammarion, L’atmosphère, 1888.
111
Ancora due parole sul numero “1,71”. Come abbiamo accennato
precedentemente, esso simbolizza la soglia al di sotto della quale è
racchiusa la coscienza umana. Ora, questo numero moltiplicato per un
secondo numero, che curiosamente risulta essere speculare del primo
nella parte decimale, cioè “1,17”, dà come risultato “2”. Tale risultato
rappresenta il superamento della suddetta soglia attraverso il raggiun­
gimento dell’ottava superiore, il Do3 – Do come Dominus16 – cioè il
raggiungimento della dimensione spirituale relativa alla sfera centrale
del cuore – l’ottavo cielo. Dimensione che rappresenta un innalzamento
del livello energetico-vibrazionale o, come oggi si usa comunemente
esprimere, rappresenta un salto quantico di consapevolezza17.

16. Signore in latino è Dominus, parola dalla cui prima sillaba deriva probabilmente il
nome della nota “iniziale e finale” della scala musicale: il Do; il cui utilizzo è attestato
dal XVI secolo, in sostituzione dell’originale “Ut” di Guido d’Arezzo nell’XI secolo.
17. Salto quantico è un’espressione originaria della fisica quantistica (relativa al con­
cetto di quanto: una quantità minima di una grandezza fisica, variabile solo per multipli
interi del suo valore, come il passaggio da un livello di energia a un altro di un elettrone
negli orbitali di un atomo) ma con un significato oggi riferito a un innalzamento della
coscienza umana, in questo caso un salto dalla 2a alla 3a ottava. Rilevante è l’effetto
fotoelettrico: un fenomeno quantistico nel quale se si punta un fascio di luce, regolabile
in luminosità (intensità) e colore (frequenza), su una particolare superficie metallica,
incominciando con il colore rosso, sia a bassa intensità sia ad alta, non si ha nessun
effetto; mentre, riabbassando l’intensità e sostituendo il colore rosso con il violetto, si
può osservare saltare via dalla superficie metallica degli elettroni, il cui numero cresce
aumentando l’intensità dello stesso colore. Per cui, se si assume il valore base “1” per il
rosso, allora “1,71” rappresenta il valore della “frequenza di soglia” del violetto – o del
“cerchio circoscritto al quadrato” – per il salto degli elettroni; ciò tramite un’emissione
qualitativa di energia (frequenza) e, solo secondariamente, quantitativa (intensità).
– Il libro dei Salmi, raccolta biblica di composizioni poetiche cantate, in forma di inno,
preghiera o ringraziamento a Dio, si accompagna tradizionalmente a uno strumento
musicale a corda da cui prende il nome lo stesso libro: il salterio, un’arpa a dieci corde.
Quest’arpa (citata, ad esempio, nei Salmi 32, 2 e 56, 9) simbolizzerebbe l’Albero della
vita con le sue dieci Sefirot, dunque l’uomo spirituale celato sotto la veste duale terrena
simbolizzata dall’Albero della conoscenza; rimandandoci così a una visione dello stesso
uomo immaginato come uno “strumento musicale”, uno strumento attraverso il cui
“suono” (corda), se adeguatamente intonato, sarebbe possibile entrare in consonanza
con la divina armonia dell’universo; cfr. Corpus Hermeticum XVIII, 6.
– Una curiosità: negli Arcani maggiori il 17 corrisponde alla stupenda carta delle stelle.
112
Abbiamo visto quale funzione ricopra l’intervallo di ottava in una scala
musicale, quello cioè di spostare note uguali su altezze diverse, e come
la stessa sia costituita da una serie di note o intervalli intermedi18.
Proseguendo con la teoria musicale – affinché attraverso il suono,
principio e complemento del colore, sia possibile una migliore
comprensione della realtà spirituale, di cui entrambi sono il riflesso – è
ora necessario introdurre un particolare aspetto dell’acustica.
In natura tutti i suoni, e dunque anche le note musicali, sono prodotti da
vibrazioni più o meno complesse, dalle quali dipende una caratteristica
distintiva degli stessi suoni, quali noi li udiamo: il timbro o colore del
suono. Un importante attributo che permette di distinguere due note
identiche (per altezza e intensità) di due differenti strumenti musicali
come, ad esempio, il violino e il flauto; o di riconoscere una voce a noi
familiare da una qualsiasi altra. In particolare, la complessità di detta
vibrazione sonora è da porre in relazione con il numero e l’intensità
delle sue componenti “elementari” chiamate armoniche; le quali sono
per il suono ciò che per la luce sono i colori, cioè la loro essenza
18. La più antica scala musicale, appartenente alla cultura occidentale, come già accen­
nato a p. 96, è quella greco-pitagorica, seguita nel tempo dalla scala naturale e infine
dalla, ora pressoché universale, scala temperata. La scala pitagorica, un procedimento
per dividere l’ottava in un dato numero di parti, noto anche nell’antica civiltà cinese,
consiste in una progressione di note per intervalli di quinta (3/2), con un abbassamento
di una o più ottave di quei suoni che, superando l’ottava, devono essere ridotti di
altezza per poter seguire l’ordine progressivo della scala: per cui la 5a di Do1 (1/1) è 1/1
x 3/2, cioè 3/2, il Sol; la 5a di Sol è 3/2 x 3/2, ossia 9/4, nota troppo lontana (alta) dal
valore di partenza, per cui per essere riportata entro l’ottava si divide per 2, ottenendo
9/8, il Re; la 5a di questa seconda nota è 9/8 x 3/2 cioè 27/16, il La; e così via.
La scala naturale si basa sui rapporti semplici 1/2, 1/3, 1/4, 1/5 … da cui i
complementari 1/2, 2/3, 3/4, 4/5 … corrispondenti, in parte, con il fenomeno acustico
degli armonici; scoperti scientificamente da Marin Mersenne nel XVII secolo, ma parte
di un corpus di conoscenze già presente ai tempi della Scuola di Crotone (armonici in
relazione con il fenomeno delle onde stazionarie e il Canto armonico).
La scala temperata in uso oggi, invece, è basata sulla divisione della scala in dodici
intervalli uguali (semitoni), dal valore decimale pari a “1,059” ottenuto dalla 12√2.

Scale occidentali antiche, Pitagorica e Naturale, e moderna Temperata


Tabella comparativa degli intervalli frazionari e decimali
Do Do# Re Re# Mi Fa Fa# Sol Sol# La La# Si Do
P 1 9/8 81/64 4/3 3/2 27/16 243/128 2
1 1,125 1,265 1,333 1,5 1,687 1,898 2
N 1 9/8 5/4 4/3 3/2 5/3 15/8 2
1 1,125 1,25 1,333 1,5 1,666 1,875 2
T 1 1,059 1,122 1,189 1,260 1,335 1,414 1,498 1,587 1,682 1,782 1,888 2

113
costitutiva, la cui variabile presenza dà forma allo spettro armonico19,
una grandezza che possiamo immaginare come multidimensionale.

1/2

1/3

1/4
1/5

1/6 ...
Serie delle prime sei armoniche naturali.

Formazione di onde stazionarie con un monocordo, ed evidenziazione della posizione,


in questo caso, di 3 ventri e di 2 nodi con alcuni cavalierini; posizione determinata con
una piuma (il nodo) e un archetto (il ventre). Da John Tyndall, Sound, 1867.

19. Le armoniche (o armonici) consistono in una serie innumerevole di suoni multipli


interi, via via meno intensi, prodotti da un suono detto fondamentale emesso, ad
esempio, da una corda di uno strumento musicale. Detto suono, infatti, non è costituito
da un unico suono semplice, cioè da un’onda sinusoidale (“ciclo”), ma da un insieme di
più suoni semplici, le armoniche appunto, le quali vibrando insieme generano un suono
dalla forma d’onda complessa, le cui caratteristiche definiscono le qualità timbriche o
distintive del suono stesso. In altri termini, le armoniche equivalgono a onde stazionarie
(date dalla sovrapposizione di due “propagazioni” ondulatorie, l’una il riflesso dell’al­
tra, lungo la corda, in sensi opposti) prodotte da una corda sonora in cui il suono fonda­
mentale, o 1a armonica, è determinato dalla vibrazione della corda in tutta la sua inte­
rezza, che oscillando genera come la forma di un fuso: un ventre confinato tra due nodi,
cioè i capi in cui essa è fissata (vincoli) o i punti in cui l’oscillazione è nulla. Mentre le
armoniche di ordine superiore costituiscono frazioni intere della medesima corda pari a
1/2, 1/3, 1/4, eccetera, a cui corrispondono oscillazioni concomitanti rispettivamente
doppia, tripla, quadrupla (o multiple) della fondamentale. Pertanto se alla 1a armonica
corrisponde, ad esempio, una frequenza base di 100 Hz, alla 2a armonica corrisponderà
una frequenza di 200 Hz, alla 3a di 300 Hz, alla 4a di 400 Hz, e così via.

114
Ora, se si rapportano le proporzioni anatomiche dell’Uomo vitruviano
con la serie delle armoniche del suono, è possibile approfondire e
sviluppare le osservazioni precedenti incentrate sulle sole ottave.
L’aspetto rilevante di questa nuova prospettiva è dato dal fatto che nello
spazio psichico, compreso nella seconda ottava, abbiamo la presenza di
una sola armonica, la terza, cioè un suo nodo, alla quale corrisponde
musicalmente la nota Sol, quella che abbiamo visto essere in relazione

Le prime otto armoniche (serie completa) seguite dalla 12a, 16a e 24a.

La 2a, la 4a, l’8a e la 16a corrispondono alle ottave della 1a armonica, il Do1;

mentre la 6a, la 12a e la 24a sono le ottave della 3a, il Sol2.

Do1 Do2 Sol Do3 Mi Sol La# Do4 Re Mi Fa# Sol Lab La# Si Do5

Altezze delle prime sedici armoniche tradotte sul pentagramma, dal Do1 al Do5.

115

con il centro plesso solare, ovvero con l’intelletto e la volontà, dunque


con la facoltà del libero arbitrio. Gli unici attributi, tra quelli basilari, a
fare dell’uomo “a immagine armonica” del Creato20. Questo fatto
racchiude un importante significato, e cioè che l’uomo può accedere
alla fonte, l’aspetto unitario riflesso nelle diverse ottave o piani
dimensionionali della creazione, solo attraverso la propria mente, la
sola in grado di orientare volontariamente se stessa, la propria
attenzione, su un dato oggetto, ovvero di darsi una precisa direzione.
E, consapevole di essere un’armonica divina – onda e particella – di
volgere il proprio sguardo nel centro silente del sacro suono, nella
propria fiamma interiore, con un’inversione dell’attenzione – come la
luna che si volge al sole – e abbracciare la Bellezza, la Vita, la Gioia.
Ciò mediante il superamento del due, inteso come terrena divisione, e il
rivolgimento all’uno tramite l’elemento di congiunzione dato dal tre21.

Il centro è onnipresente; l’intero universo è dentro di esso.

Ciò indica il meccanismo della Creazione;

ci si concentra sul centro per varcare la soglia, tutto qui.

Lü Tung-pin

20. Questo spiegherebbe la grande importanza attribuita all’intervallo di 5a (3/2)


attraverso il quale, in Grecia con la pitagorica e in Cina con quella pentafonica, veniva
costruita l’intera scala musicale; una nota, il Sol, corrispondente alla 3a armonica.
21. Una visione, questa, che origina da un’antica e universale concezione, secondo la
quale il mondo è costituito dalla tripartizione simbolica data da: cielo, terra e dalla forza
mediatrice tra questi due principi polari. Dove cioè la creazione dell’universo è data in
ragione dei principi numerici due e tre, quali emanazione dell’uno, la monade, che
scindendosi origina il due, la diade, e il tre, la triade. [Traducibili in termini musicali
come ottava (Do, 1/2) e quinta (Sol, 2/3, che deriva da 1/3): il due che sposta su altezze
differenti, ottave o dimensioni, ciò che il tre crea in termini di specificità.] Dunque,
l’uno, il principio indifferenziato, l’Idea, da cui discende il due, il polo opposto
rappresentato dalla materia informe, caotica ed entropica, e il tre, l’intelligenza
mediatrice, il principio differenziato armonico informatore, sintropico, vitale e
fecondatore che permea e anima la materia rendendo possibile il manifestarsi della vita
in tutta la sua complessa varietà. Il tre come elemento sintetico e risolutore, vd. p. 72.
Cfr. la concezione indù della Trimurti, “tre aspetti”, in cui il mondo è retto da una triade
divina composta da Brahma (il creatore), Vishnu (il costruttore) e Shiva (il distruttore).
– Si noti come la terza armonica, quella relativa al Sol o alla dimensione spirituale, è
composta da tre ventri (e due nodi), i quali sono in rapporto con i piani dimensionali
elementali dell’uomo, come si potrà comprendere meglio in seguito. Ovvero, abbiamo
una tripartizione triadica della stessa armonica secondo i piani spirituali basilari:
corporeo (compenetrazione terrena o DNA spirituale), spirituale (rappresentativo della
dimensione stessa) e animico (compenetrazione celeste o i suoi influssi).

116
La mente ha la proprietà di farsi “nodo” o “ventre”: farsi centro
immobile del silenzio, il vuoto da cui tutto ha principio, che ristabilisce
l’ordine armonico originale e rigenerante; o farsi oscillazione, onda, lo
scorrere incessante del pensiero duale e temporale.
Proprietà di una mente che prima però necessita di conoscere, di
credere (credendo vides, “credendo puoi vedere”), di emanciparsi,
perché possa risonare in lei la verità, perché possa cioè trascendere i
propri limiti con il discernimento intuitivo (dal latino discernere, da
cernere, “vedere”), e dunque di sapere (dal latino sapere, “aver
sapore”, il sapore del sale), ovvero possedere la luce interiore.
I riferimenti anatomici nell’uomo, relativi alla nota Sol o all’intelletto,
sono individuabili, su un piano differente da quello psichico22,
all’altezza delle clavicole (da clavis, “chiave”), cioè nel nodo della 6a
armonica, nella terza ottava, quella del cuore, dalla quale, attraverso il
simbolismo dei sette gradini della scala mistica (vertebre cervicali), si
può accedere al paradiso (testa)23. Proseguendo, all’altezza del naso con
la 12a armonica; e, infine, al centro della fronte con la 24a armonica,
all’altezza della ghiandola pineale, al vertice di un ideale triangolo i cui
angoli alla base coincidono con gli occhi. Triangolo, nella quinta
ottava, al centro del quale si trova il terzo occhio, il ponte tra terra e
cielo, tra l’io e l’anima. Nell’induismo, rappresentato dal segno Bindi
(dal sanscrito bindu: “goccia, particella, punto”) o dal Tilaka (“segno”).
Quello sacrale, diversamente, è l’unico centro a non corrispondere con
un nodo di un’armonica, tra quelle egoiche comprese tra la 2a e la 4a,
mentre è rapportabile a un ventre o a un punto di eccitazione del
monocordo, analogamente all’azione di un archetto su un violoncello, e
nell’uomo all’azione vivificante data dalla respirazione addominale.

L’universo è come un immenso monocordo teso tra cielo e terra.

Pitagora

22. Tutti i livelli dimensionali si compenetrano tra loro, per cui gli attributi degli uni si
riflettono negli altri, seppure con valenze differenti.
23. La colonna vertebrale vista di lato, in particolare tra la T1 e la L5 (17 vertebre),
rispecchia la forma di un’onda: l’espressione dell’alternarsi dei principi energetici
polari (yin/yang) lungo l’asse cranio-sacrale. Cfr. il Bastone di Asclepio e il Caduceo.
– Alla serie delle ottave corrisponde una progressione numerica, per raddoppi (o
dimezzamenti) consecutivi dall’uno, così data: 1, 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256, 512, ecc.
La quale, per riduzione, genera la seguente sequenza periodica: “1, 2, 4, 8, 7 e 5” …
Sequenza in cui sembrano mancare il 3, il 6 e il 9, invece ottenibili, sempre per ridu­
zione, dalla stessa: 1+4+7=12 = 3 e 2+5+8=15 = 6; e a compimento: 3+6 = 9. Vd. p. 18.

117
Sotto il velo dei versi della Divina Commedia di Dante, in particolare
del Paradiso, cantica basata sulla concezione geocentrica tolemaica, il
modello astronomico dominante nel medioevo, che pone la Terra, e
dunque l’uomo, al centro dell’universo, è nascosta una dottrina
concernente il vero significato della suddetta centralità dell’uomo.

O - DIMORA DIVI
PIRE NA
EM IX CIELO
Ro
ida PRIMO MOBILE sa
nd
Ca
Serafini
1° Coro

ri VIII CIELO An
ge
Co STELLATO
CIELO lic
I

i
Cherubini
2° Coro

Troni Saturno
Dominazioni
Virtù
SETTE CIELI
Giove
Marte III
Potestà Sole
Principati Venere
Arcangeli dal 3°al 9°Coro Mercurio Cerchi dimensionali relativi alla
Angeli Luna
I, II e III Persona della Trinità.
Alpha e Omega
Do5 II
Livelli dimensionali Do4
Eden

dei Cieli superiori


Do3
Soglia “occulto/manifesto”
Purgatorio

Monocordo suddiviso in ottave:


Inferno

Dimensione dell’ego
(Sette vizi/virtù)
l’altezza delle note (Cieli) è
inversamente proporzionale
Do2 alla lunghezza della corda
oscillante (Cori Angelici).

Cerchi (livelli spirituali): Cieli, Cori, c. quadratura,


c. originale, soglia o c. circoscritto (tratteggiato).
Quadrato: universo fisico, Terra, uomo.

Do 1
Nell’immagine sono sovrapposte la visione dell’universo e le gerarchie celesti della

Commedia di Dante e quella celata, nella stessa opera, relativa al Monocordo cosmico.

Approfondendo la nostra analisi, l’Uomo vitruviano di Leonardo


costituisce una chiave di lettura del simbolismo cosmico e spirituale
celato nella Commedia dantesca. Un simbolismo decifrabile, in chiave
musicale, solo nella rappresentazione traslata dei cieli rispetto alla terra,
ovvero dei cerchi rispetto al quadrato; una rappresentazione che origina
118
da quella centrata racchiusa nella terzina di Dante relativa all’utilizzo
del “compasso” (Pd XIX, 40-2, vedi a pagina 92). Un simbolismo,
quindi, che rimanda alla dottrina iniziatica sull’origine musicale del
mondo, riconducibile fondamentalmente all’ermetismo e alla filosofia
pitagorico-platonica. Cioè al principio ordinatore armonico di natura
musicale – l’Anima del mondo – che permea l’intera creazione e che
dall’Essere discende nello spazio cosmico, la materia, e la plasma e
vivifica. Una concezione, simbolizzata da una corda sonora, cioè il
monocordo, non liquidabile come una semplice e vana speculazione
ma, al contrario, che racchiude una sorprendente quantità di
corrispondenze con importanti dottrine spirituali di ogni tempo e luogo
e innegabili collegamenti con l’uomo, riflesso del macrocosmo, di
notevole interesse. Una concezione che rappresenta, a un tempo, il
criterio più razionale attraverso il quale interpretare e ricomporre i
frammenti di una verità universale rifratta, un antico sapere disperso,
nel complesso dei pensieri filosofici e spirituali giunti fino a noi.

Lo scopo della Commedia di Dante, oggi più che mai attuale, è quello
di mostrare agli uomini che l’unico modo per elevarsi dal loro stato di
“abbrutimento” e di conquistare la libertà è quello di avvalersi del retto
uso della ragione (la ricerca del significato universale della vita) e di
confidare nella Grazia divina (la propria anima), l’elemento cardine.
Ciò che costituisce il vero viaggio dell’uomo, quello interiore, e per il
quale è necessario un doppio aiuto: la conoscenza (personificata nella
Commedia da Virgilio) e la guida e la protezione celeste (Beatrice).
L’ordinaria vita dell’uomo, dominata dal proprio ego, può infatti
divenire molto dura e dolorosa; una condizione, questa, che rappresenta
l’Inferno (simbolizzato dalla voragine terrestre, cioè un triangolo
rivolto in giù). Una condizione “eterna” fino a quando l’uomo non
arriva a rendersi consapevole dei propri errori e a sentire un sincero
desiderio di un profondo cambiamento interiore. Questo processo di
cambiamento, “capovolgimento” della visione del mondo, rappresenta
il Purgatorio, il percorso di crescita personale e di armonizzazione
della dualità (basato sulle sette virtù, e simbolizzato dal monte, cioè un
triangolo rivolto in su). Percorso con il quale, proseguendo, si giunge
nell’Eden, una condizione di fioritura spirituale, di armonia e felicità
sulla terra (rappresentato dal candelabro a sette bracci/colori o dalla
stella a sei punte centrata, cioè con un punto al centro). A cui segue,
infine, l’esperienza culminante, trascendente ed estatica del Paradiso.
119
– Si riportano di seguito alcuni riferimenti chiave ed enigmatici, al di là del significato
letterale, contenuti nella Divina Commedia, “la dottrina che s'asconde sotto 'l velame
de li versi strani” (If IX, 61-3). Vd. anche la nota a p. 106.
I dieci cieli, della concezione aristotelica-tolemaica, tra cui i tradizionali sette pianeti
(con velocità naturale inversa rispetto a quella spirituale dei relativi cieli) e le gerarchie
angeliche della tradizione cristiana (di Dionigi l’Areopagita), formano il Regno celeste
(in cui si riflette la cosmogonia platonica) dietro il quale si cela la struttura vibratoria
del Monocordo cosmico “che la destra del cielo allenta e tira” (Pd XV, 6).
I cori angelici, che al diminuire delle dimensioni crescono in velocità o virtù, stanno in
ragione inversa ai cieli dell’universo, le cui velocità aumentano invece al crescere delle
loro dimensioni o della distanza dalla Terra (Pd XXVIII). Particolare, questo, che
rimanda a un principio conosciuto nell’antichità come legge di Pitagora, secondo cui la
lunghezza di una corda tesa (la parte oscillante) e l’altezza del suono, da questa
generato, sono inversamente proporzionali. Ciò significa che tanto più alte sono le note,
a cui corrispondono i cieli, e quanto più piccole sono le oscillazioni, cioè i cori.
Ad esempio, alla nota Do4 corrisponde il centro del cielo del Primo Mobile, il più
grande dopo l’Empireo; alla stessa nota corrisponde anche il penultimo e piccolo tratto
di corda del monocordo (1/8 di corda, reciproco di 8/1 della nota Do4) ovvero il 1°
coro, il più piccolo. Ora, il prodotto tra le suddette frazioni reciproche dà come risultato
1, come la somma tra gli ordini numerici dei cieli e dei cori (9+1, 8+2, 7+3 …=10 =1),
risultato che richiama l’antico aforisma: Tutto è Uno; e ciò spiega anche il passo in Pd
XXXIII, 116-7 relativo ai “tre giri … d’una contenenza” (col senso anche di “trino e
uno”, Pd XV, 47), e quello relativo al “punto … inchiuso da quel ch’elli ’nchiude”, Pd
XXX, 11-2; cfr. con Pd XXXIII, 4-6, e la citazione a p. 109. Si ricorda che lo stato del
divenire, con i cerchi traslati, costituisce l’altro volto dello stato dell’essere o di
centratura dimensionale, assoluto e atemporale, con i cerchi concentrici (vd. a p. 106),
nel quale i cori sono interni e i cieli esterni al quadrato, dimensioni reciproche che si
risolvono tutte nell’unità divina; stato centrato da non confondere con l’antica
concezione astronomica aristotelica-tolemaica della Terra come centro dell’universo.
La visione di Dante dei cori angelici (coro, dal gr. choros: “cantori”) avviene, non a
caso, nel IX cielo, e ciò rimanda al significato del Primo Mobile, la prima emanazione
divina, il Verbo, corrispondente al centro gola dell’uomo-monocordo cosmico (Do4).
Pitagora ha tradizionalmente scoperto le consonanze musicali, e la legge che da lui
prende il nome, grazie ai suoni prodotti dal martello di un fabbro, legge qui inequivoca­
bilmente riferita al rapporto cieli/cori, Pd II, 127-9 (cfr. Pd X, 123). I cieli si compe­
netrano tra loro come le armoniche nel suono, Pd II, 37-42. Il principio universale
attraverso cui tutto è “legato con amore in un volume” (sfera/centro), riconduce allo
stato centrato, o ai nodi delle armoniche del monocordo in cui le stesse convergono
legandosi tra loro e all’uomo, Pd XXXIII, 85-93; nodi, questi, differenti dal nodo
egoico, Pg IX, 126. Lo spazio dimensionale della coscienza umana, un particolare
aspetto che abbiamo già illustrato, è racchiuso tra i cerchi inscritto e circoscritto al
quadrato, Pd XIX, 40-42. L’amore è il “perfetto veder”, oltre l’apparenza delle forme,
che coglie ciò che “traluce” attraverso esse, Pd V, 1-12; (o, in altri termini, è la visione
additiva). L’uomo, inscritto al centro della creazione di Dio, è posto in relazione con la
quadratura del cerchio, Pd XXXIII, 127-38: momento culminante di tutta l’opera,
dell’ultimo grande mistero, del “come si convenne l'imago al cerchio”; la cui soluzione
risiede nel disegno di Leonardo riportato sopra: l’uomo quadrato e l’uomo cerchio

120
congiunti nella divina unità. [La Candida Rosa, simile a un grande anfiteatro,
rispecchia la struttura cerebrale dell’uomo: divisa verticalmente con (Cristo venturo e
Cristo venuto, rappresentati da Maria e il Battista) gli emisferi emozionale e razionale;
e, orizzontalmente, nella parte inferiore (i bambini morti prima dell’uso della ragione, e
destinati di norma nel limbo) con il sistema limbico, e il cervello istintivo e irrazionale.
Il tutto simbolizzato da un fiore con “più di mille soglie”, Pd XXX, 113 (cfr. con il loto
dai mille petali della dottrina spirituale indiana), con al centro (“Nel giallo”) la pineale.]

Quando la rota che tu sempiterni Non altrimenti il triunfo che lude


desiderato, a sé mi fece atteso sempre dintorno al punto che mi vinse,
con l’armonia che temperi e discerni parendo inchiuso da quel ch’elli ’nchiude
Pd I, 76-8 Pd XXX, 10-2

S’io era corpo, e qui non si concepe Nel suo profondo vidi che s'interna,
com’una dimensione altra patio, legato con amore in un volume,
ch’esser convien se corpo in corpo repe, ciò che per l'universo si squaderna
Pd XXXIII, 85-7
accender ne dovria più il disio
di veder quella essenza in che si vede Ne la profonda e chiara sussistenza
come nostra natura e Dio s’unio. de l'alto lume parvermi tre giri
Pd II, 37-42 di tre colori e d'una contenenza;

Lo moto e la virtù d’i santi giri, e l'un da l'altro come iri da iri
come dal fabbro l’arte del martello, parea reflesso, e 'l terzo parea foco
da’ beati motor convien che spiri. che quinci e quindi igualmente si spiri …
Pd II, 127-9
O luce etterna che sola in te sidi,
Non ti meravigliar, ché ciò procede sola t'intendi, e da te intelletta
da perfetto veder, che, come apprende e intendente te ami e arridi!** ...
così nel bene appreso move il piede.
Pd V, 4-6 dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
Or se tu l'occhio de la mente trani per che 'l mio viso in lei tutto era messo.
di luce in luce dietro a le mie lode,
già de l'ottava con sete rimani.* Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
Pd X, 121-3 per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond'elli indige,
Così la mia memoria si ricorda
ch'io feci riguardando ne' belli occhi tal era io a quella vista nova:
onde a pigliarmi fece Amor la corda. veder voleva come si convenne
Pd XXVIII, 10-2
l'imago al cerchio e come vi s'indova …
Li cerchi corporai sono ampi e arti
A l'alta fantasia qui mancò possa;
secondo il più e 'l men de la virtute
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
che si distende per tutte lor parti.
sì come rota ch'igualmente è mossa,
Pd XXVIII, 64-6
l'amor che move il sole e l'altre stelle.
Pd XXXIII, 115-145
* Vd. S. Boezio. ** Cfr. Timeo 34b.
121

Nel Timeo, il celebre dialogo di Platone, l’Anima Mundi (l’Anima del


mondo), come sopra accennato, è ciò che attua e manifesta lo schema
celeste. È l’essenza vitale della natura, la ragione della forma e del
moto del corpo cosmico, ciò che lo anima. Essa è strutturata secondo la
serie numerica: 1, 2, 3, 4, 9, 8 e 27; nella quale il numero uno
simbolizza l'Unità omnigeneratrice, i numeri 2 e 3 costituiscono i
modelli primi, i motori della creazione, a cui seguono, alternandosi, le
loro potenze; quelle del due che spostano su altezze differenti, ottave o
dimensioni, ciò che quelle del tre creano in termini di diversificazione o
specificazione all’interno delle stesse ottave24. Una serie quindi di sette
numeri ordinati in due progressioni, secondo i rapporti doppi e tripli,
ottave e quinte, disposti nella forma della lettera greca “X”25.

1/27 1/8
1/9 1/4
1/3 1/2
1
2 3
4 9
8 27

L’Anima Mundi e lo stato di centratura dimensionale dell’essere con i cori interni e i


cieli esterni al quadrato, dimensioni reciproche che si risolvono tutte nell’unità divina.

24. Numeri che, combinati insieme, racchiudono un significato musicale: 1 rappresenta


la fondamentale, il Do, 2/1 l’ottava, 3/2 il Sol, 4/3 il Fa, 9/8 il Re, 27/16 il La; 256/243
(o 28/35, rapporto citato sempre nel Timeo) il semitono, in relazione con il Mi (81/64) e
il Si (243/128); quindi, tutte le sette note della scala pitagorica. Inoltre, i numeri 16 e 27
(16 come implicita ottava di 8, a completamento) rappresentano le armoniche finali di
una successione di suoni terminanti con la nota La5 (27/16), appunto la 27a armonica
(l’estensione armonica del monocordo); suoni a cui corrispondono musicalmente un
totale di 34 note, ovvero un’estensione di quattro ottave e una sesta, dal Do1 al La5.
25. La lettera X (chi) era utilizzata in Grecia come simbolo grafico del “pesare” (in lat.
ponderatio, da pondus, “peso”; cfr. pensare: da pensāre, “sop-pesare con cura”), cioè
dell’equilibrio tra due elementi contrapposti o polari; una polarità che, nel contesto del
Timeo, anche se non esplicitamente, costituiva l’indicazione per rappresentare l’Anima
del mondo attraverso una doppia serie di numeri reciproci tra loro; una reciprocità
senza la quale non sarebbe stata giustificata la disposizione a X. Si veda la proprietà
invariante dell’uno in Giamblico, Summa Pitagorica, La teologia dell’Aritmetica, 2.
– Il Sole ha una valenza fisica-spirituale, cioè è luce visibile e sottile che si “colora” in
relazione alla sua posizione nell’eclittica (così come i pianeti sono caratterizzazioni o
colorazioni che hanno origine dalla stessa luce solare, cfr. Tolomeo, il Tetrabiblos); e
ha una valenza animica, cioè è luce divina centrata nel cuore, nell’anima, nel cielo stel­
lato del Monocordo cosmico; da cui l’equiparazione di Dante in “il sole e l'altre stelle”.

122
C’è un’unica materia, nello spazio cosmico, condensata negli
innumerevoli mondi, e nella nostra terra. C’è un’unica energia vitale
che nasce dalle stelle, e dal nostro sole. C’è un unico schema
vibratorio che sottende l’ordine universale, e le opere della natura.
C’è un’unica Intelligenza all’origine della creazione, e dell’uomo.
Tra il cielo e la terra, le estremità finaliniziali del Monocordo cosmico.

L’universo è l’Uno (da uni-versus: “che volge verso un tutt’uno”).


Pertanto ogni cosa, ogni numero in esso deve avere il suo speculare
reciproco che lo bilanci e riconduca all’unità, così al 2 (o 2/1)
corrisponde 1/2, al 3 1/3, eccetera. Esso è la Monade, la matrice
originaria, la “forma delle forme”. L’Anima Mundi, il suo simbolo a X,
rappresenta quindi la suprema unitaria polarità, l’armonia degli opposti;
in cui tutte le cose distinte e contrarie si compensano e coincidono,
come l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, il punto e la
circonferenza. L’infinito infinitesimo e infinitesimo infinito.
L’Anima Mundi è correlata con la Tetraktys pitagorica. La quale, nel
suo essenziale simbolismo, consiste nella successione dei primi quattro
numeri naturali raffigurati su quattro livelli attraverso dei punti disposti
nella forma di un triangolo equilatero. Numeri la cui somma è dieci
(1+2+3+4=10), la “sacra decade”, matrice del cosmo; cifra che rimanda
all'Unità, poiché la riduzione di 10 – sviluppo di 4 – dà 1 (1+0=1).
Nella Tetraktys, il numero uno rappresenta il punto, l’assoluto; il due la
linea, il tempo; il tre il piano; e il quattro il solido, lo spazio, il mondo
fisico, a completamento. Livelli dimensionali, in particolare, associati
alle quattro facoltà cognitive della psyche greca. Nella quale al punto
corrisponde l’intuizione delle idee archetipe; alla linea la ragione, su cui
si basa la logica; al piano l’immaginazione, l’opinione influenzata dal­
l’emotività; e al solido la percezione, l’esperienza del mondo sensibile.

Λ
1
Tutte le cose che si conoscono
hanno numero; senza questo, 2 3
nulla sarebbe possibile 2 2
pensare né conoscere. 2 2.3 3
Filolao di Crotone 3 3
2 2 .3
2
2 .3
2
3
La Tetraktys pitagorica e lo schema base dell’Anima Mundi a “Λ” (lambda) o a sesto
(con rapporti interni secondo Nicomaco di Gerasa, Introduzione all’aritmetica II, 3-4),
in cui la creazione si dispiega in ragione dei principi 2 e 3: “l’apertura del compasso”.

123
– C’è una sovrannaturale corrispondenza tra lo schema dell’Anima Mundi, il suo
sviluppo per ottave, e lo sviluppo embrionale dell’uomo nelle primissime fasi di vita.
L’uovo fecondato, la prima cellula (lo zigote) inizia il suo sviluppo cellulare
dividendosi (per mitosi) dapprima in due cellule, dette blastomeri, poi ciascuna di
queste in altre due, e a loro volta in altre due, secondo l’ordine: 1, 2, 4, 8, e così via.
Nell’anzidetta suddivisione, fino alle prime otto cellule, ogni blastomero è totipotente,
cioè è in grado di svilupparsi, preso separatamente, in un embrione completo, come la
prima cellula; riflettendo con questo il principio olografico. Caratteristica, questa, che
però viene già persa dalla successiva suddivisione cellulare, la quarta; la quale dà luogo
invece alla specificazione, a sedici cellule cioè differenziate. Tale suddivisione cellulare
è confrontabile con i livelli della Tetraktys: il punto, la linea, il piano e il solido, come
si può osservare nel disegno sottostante, collegando i centri delle cellule; ad eccezione
della fase con quattro cellule, dove nell’uomo queste assumono la forma di un
tetraedro, mentre negli organismi più semplici sono disposte su un unico piano.
Per inciso, sempre in relazione alla Tetraktys, cioè la sacra decade, la gestazione nella
donna ha una durata di dieci mesi lunari siderali (mesi cioè di 27,3 giorni ciascuno).

Le otto cellule, inoltre, assumono la forma di un cubo (doppio tetraedro) e, se osservate


dalla giusta angolazione, anche quella del fiore a sei petali. Le stesse cellule (2D) sono
circoscrivibili (con un quadrato di lato 1) da un cerchio di diametro 1,207 (vd. a p. 90).
Tale sviluppo dell’uovo riflette, replicandola in piccolo, la genesi dell’universo, da cui
il Fiore della vita. Non solo, l’ovulo, l’unità biologica fondamentale, sembra trovarsi al
centro tra i reciproci infinitamente piccolo e infinitamente grande, tra l’immenso
universo fisico e le particellari energie dell’atomo. Cioè, con un ordine di grandezza
dell’ovulo di 10-4 metri (circa 0,15 mm), tra i 1026 metri delle dimensioni dell’universo
e i 10-35 della lunghezza di Planck, ritenuta la più piccola lunghezza al di sotto della
quale il concetto di dimensione perde di significato. Infatti, se si raddoppiano le
dimensioni dello zigote per 99 volte di seguito (ottave) si arriva alle dimensioni
dell’universo; mentre, se si suddividono per 99 volte si arriva alla lunghezza di Planck.
Numeri 9 che riconducono all’unità, infatti: 99 + 99 + 1 (l’unità cellulare base) = “199”,
numero primo che ridotto dà l’Infinito uno. Cfr. con i 99 + 1 canti della D. Commedia.
In questo senso, a una corda (monocordo), dimezzata virtualmente per decine di volte
(ottave), corrispondono rilevanti elevazioni di frequenza. Dalla corda, cioè la materia di
cui è composta, si passa ai suoi costituenti, le particelle atomiche, ovvero le loro
energie o frequenze, le quali sono correlate unitariamente (quantisticamente) con
l’infinito spazio cosmico. E, viceversa, i maestosi cicli cosmici (in anni galattici) sono
correlati con gli infinitesimi spazi particellari. Cfr. il rapporto cieli/cori.
– Il monocordo è una corda tesa su una cassa di risonanza, la cui lunghezza, attraverso
lo spostamento di un ponticello, permette di determinare il valore degli intervalli
musicali. Quando la corda viene pizzica, questa emette un suono base che possiamo
chiamare Do. Mettendo un ponticello, ad esempio, sotto i 3/5 della corda e si pizzica la
parte più lunga, questa emette la nota La (intervallo di 6a); mentre se, al contrario, si

124
pizzica la parte opposta, quella più corta, i 2/5, si ottiene il Mi2 (intervallo di 3a). Queste
due note, le relative frazioni, risultano essere complementari tra loro, la loro somma dà
infatti 1 (3/5 + 2/5 = 1). Lo stesso risultato si ottiene anche con il prodotto di frazioni
reciproche, cioè tra lunghezza della corda e la frequenza della corrispondente nota.
Ricavando sulla corda, partendo da ciascuno dei suoi capi e procedendo nella direzione
opposta, tutte le sette note della scala naturale si ottiene quanto sotto illustrato.

1/1 9/8 5/4 4/3 3/2 5/3 15/8 2/1 15/7 5/2 3/1 4/1 5/1 9/1 –
Do1 Re Mi Fa Sol La Si Do2 Do2# Mi2 Sol2 Do3 Mi3 Re4 –
1/1 8/9 4/5 3/4 2/3 3/5 8/15 1/2 7/15 2/5 1/3 1/4 1/5 1/9 ∞
∞ 1/9 1/5 1/4 1/3 2/5 7/15 1/2 8/15 3/5 2/3 3/4 4/5 8/9 1/1
– Re4 Mi3 Do3 Sol2 Mi2 Do2# Do2 Si La Sol Fa Mi Re Do1

Monocordo e tratti di corda (note) complementari. Il prodotto di due frazioni


inverse (V ed R) e la somma di due frazioni complementari (R e B) è uguale a uno.

Con le frazioni reciproche, la lunghezza della corda è inversamente proporzionale alla

sua frequenza (legge di Pitagora); il loro prodotto è uno (ad esempio: 3/5 x 5/3 = 1).

Con le frazioni complementari, più si accorcia la corda da un lato, con un ponticello, e

più si allunga la stessa corda dal lato opposto; a questi due lati corrispondono due note,

ottenibili simultaneamente, la cui somma è uno (3/4 + 1/4 = 1).

Con le note reciproche di una scala, due note ottenibili allo stesso tempo con due

diverse corde, o con la stessa corda in due tempi diversi, il loro prodotto dà due, cioè

l’ottava 2/1; ad esempio, con il Fa e il Sol (4/3 x 3/2 = 2).

Le prime due espressioni aritmetiche si riferiscono simbolicamente allo stato unitario,

atemporale, del tutto è uno; mentre la terza si riferisce allo stato duale, temporale, cioè

all’ottava dimensionale che si dispiega nella scala musicale.

– Ai multipli interi (n/1) di una corda di lunghezza “1” e ai suoi sottomultipli (1/n)
corrispondono frequenze subarmoniche (1/n) e armoniche (n/1), in reciprocità tra loro.

S. multip. corda 1/1 1/2 1/3 1/4 1/5 1/6 1/7 1/8 1/9 1/10 1/n
Armoniche 1/1 2/1 3/1 4/1 5/1 6/1 7/1 8/1 9/1 10/1 n/1
Note Do1 Do2 Sol2 Do3 Mi3 Sol3 La3 # Do4 Re4 Mi4 ...
Multipli corda 1/1 2/1 3/1 4/1 5/1 6/1 7/1 8/1 9/1 10/1 n/1
Subarmoniche 1/1 1/2 1/3 1/4 1/5 1/6 1/7 1/8 1/9 1/10 1/n
Note Do1 Do-2 Fa-3 Do-3 La-4 b Fa-4 Re-4 Do-4 La-5 # La-5 b …

– Sulla reciprocità tra multipli e sottomultipli di uno si veda lo schema a forma di “Λ”
in Giambico, ivi, L’introduzione all’aritmetica di Nicomaco, 13-4. Schema reso noto
nel 1868 da Albert von Thimus, e integrato con gli “esoterici” valori frazionari interni.
– In un’ottica duale, alle energetiche armoniche (in-formanti) si contrappone l’inerte ed
entropico mondo fisico, simbolizzato dalla corda (n/1 e 1/n). Cfr. la Danza di Shiva.
– Nella serie armonica, gli intervalli si restringono man mano che l’ordine sale e
l’intensità o l’ampiezza dei relativi suoni decresce in modo analogo.
– Se consideriamo le onde cerebrali degli stati di coscienza dell’uomo (Beta 28/14 Hz,
Alfa 14/7 Hz, Theta 7/3,5 Hz e Delta < 3,5 Hz), queste hanno uno sviluppo per ottave
inverso rispetto a quelle relative agli stati di coscienza rappresentati dal monocordo.
– Nell’uomo monocordo, con la 3a ottava centrale, la 4a è in relazione di reciprocità con
la 2a (espressioni psichiche) e la 5a con la 1a (unitarietà); da cui: (4+2)/2 = (5+1)/2 = 3.

125
Dio ha disposto ogni cosa con misura, numero e peso, gli “strumenti”
della creazione (Sapienza 11, 20). Strumenti i quali corrispondono
all’aritmetica (il numero), alla geometria (il numero espresso nello
spazio) e alla musica (il numero espresso nel tempo). In particolare,
tramite i numeri matrice della creazione (l’Anima Mundi), la geometria
sacra (il simbolismo del cerchio e del quadrato e il Fiore della vita) e il
Monocordo cosmico. Tre strumenti i quali si riflettono reciprocamente.

La rappresentazione traslata essenziale (cfr. p. 118) con i due principi basilari, spirito e

materia, a “8”; come simbolo dell’infinito (verticale) e come schema riconducibile –

evidenziando con questo un possibile fattore comune della conoscenza umana, poi

differenziatosi – al simbolo orientale del Tao (o del Taiji) vd. p. 32.

La Tetraktys, che richiama lo schema del Fiore a sei petali (Fiore della vita, vd. p. 149).

I rapporti geometrici, in base alla √2, tra cerchi e quadrati inscritti gli uni negli altri.

– La scala mistica, simbolo del collegamento tra la terra e il cielo, rappresenta, con i
suoi pioli o gradini, il graduale processo di crescita spirituale dell’uomo. Il numero di
tali gradini è tradizionalmente, e alchemicamente, riconducibile ai numeri che
simbolizzano i cicli compiuti: 7, 9 o 12 (come i segni dello zodiaco o i mesi dell’anno),
ma anche 72 (speculare di 27, cfr. la 27a armonica a p. 122). Infatti, la biblica Scala di
Giacobbe (Genesi 28,12), come riportato nello Zohar, il testo classico della Kabbalah
ebraica, è composta da 72 gradini (i 72 nomi angelici). Gradini, o gerarchie angeliche,
attraverso cui Dio si emana nell’intero creato. Immagini, queste, nelle quali ritroviamo
il Monocordo cosmico e le sue “alate armoniche”. Così, se sommiamo le 7 armoniche
(Entità) del 2 e del 3, le loro ottave, del monocordo (vd. a p. 115), esclusa la terza,
l’unica dispari, corrispondente allo spirito dell’uomo (Sol2), abbiamo: 2+4+8+16 = 30 e
6+12+24 = 42, il cui totale dà 72! Numero ottenibile anche moltiplicando 8 per 9 (2332),
i numeri dell’Anima Mundi relativi alla dimensione spirituale compresa tra i numeri
archetipi 2 e 3 e quelli del manifesto 16 e 27. Gli Angeli, Arcangeli, Principati, Potestà,
Virtù, Dominazioni e Troni corrispondono alle 7 armoniche del 2 e del 3, di cui le
ottave del 2 sono unificate nei Cherubini (con “4 ali”) e quelle del 3 nei Serafini (con
“6 ali”); mentre 7+2 (gli ultimi due ordini superiori) = 9, le gerarchie angeliche totali.
I principi 2 e 3 generano, a un tempo, le 7 note della scala pitagorica (vd. pp. 113 e 99),
correlate ai pianeti (antichi dèi): Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno.
Cfr. lo “scaleo d’oro” in Pd XXI, 28-30; e la “corda d’oro” in Teeteto 153, di Platone.
– Nell’alfabeto greco la X (chi) origina dalla Ξ (csi), il cui senso protosinaitico (samek)
è “sostegno, struttura”; affine, come vedremo, al digamma (vav), “chiodo, unione”.
126
L’Anima del mondo è la matrice a X in cui ogni numero trova nel
centro, attraverso il proprio reciproco, il punto di equilibrio energetico.
Questo stato ne sottende un secondo, nel quale il punto di equilibrio si
dirama dal centro, moltiplicandosi, lungo quattro assi cardinali come in
un sistema cartesiano. Questi due stati equivalgono ai due principi
basilari anima e materia: l’ordine velato dell’armonia archetipa data dai
principi numerici due e tre, ottave e quinte, essenza musicale del
cosmo; e il mondo fisico, “l’oggetto sonoro”, dal quale originano le
infinite vibrazioni armoniche (di cui solo una parte iniziale coincidente
con quella archetipa) che tendono celermente verso il rumore, il caos.
Il determinato su cui s’innesta l’indeterminato. Principi i quali sono
sintetizzati dalla “Matrice dell’invarianza”: il centrale Albero della vita
e il duale Albero della conoscenza del bene e del male, ovvero le
variabili date dalle infinite armoniche. La Bellezza perduta.

La natura del cosmo risulta dall’accordo di

ciò che è indeterminato e ciò che è determinato;

così il cosmo nel suo insieme, come tutto quanto in esso.

Filolao di Crotone

1/n n/n n/1


1/4 2/4 3/4 4/4 4/3 4/2 4/1
2/4 1/3 2/3 3/3 3/2 3/1 4/2

3/4 2/3 1/2 2/2 2/1 3/2 4/3

n/n 4/4 3/3 2/2 1/1 2/2 3/3 4/4 n/n


4/3 3/2 2/1 2/2 1/2 2/3 3/4

4/2 3/1 3/2 3/3 2/3 1/3 2/4

4/1 4/2 4/3 4/4 3/4 2/4 1/4


n/1 n/n 1/n

Matrice dell’invarianza
Numeri che tendono all’infinito (∞/1) e all’infinitesimo (1/∞): frequenza e lunghezza.
Correlazioni unitarie a X e secondo quattro reciprocità: f f, f l, l l e l f (date da quattro
schemi a “Λ”); vd. pp. 124-5. Matrice interpretabile come stato cosmico “neutrale”
divino, come espressione del rapporto spazio-tempo, o come coscienza duale umana.

127
Se tutto fosse infinito sarebbe impossibile la conoscenza,

se tutto fosse finito sarebbe impossibile la novità e il divenire.

Melisso di Samo

La Matrice dell’invarianza27, con in sé celata l’Anima Mundi,


rappresenta l’universo intero. Come nell’equilibrio tra pesi e contrap­
pesi, in essa ogni polo è bilanciato dal suo opposto: il più dal meno,
l’eccesso dal difetto, il guadagno dalla perdita. Dove a ogni cosa se ne
contrappone un’altra contraria, e dove solo all’uno non si contrappone
altro che se stesso, così come alla sfera il suo centro. Essa corrisponde
al principio dell’equilibrio armonico del bilanciere cosmico, il karma, o
la legge di compensazione. Una legge di causa ed effetto che racchiude
il senso della vita: quella del ricevere e dell’offrire al mondo, così come
i reciproci apporti delle cellule di un complesso organismo vivente.
Dove, in un gioco di simmetrie, per aiutare se stessi bisogna aiutare gli
altri e per aiutare gli altri bisogna aiutare se stessi; e dove per aiutare
qui si intende, in particolare, amare. In cui un’esistenza incentrata solo
sul proprio esclusivo bene è, prima o poi, votata all’insuccesso. E il cui
segreto consiste nel fare qualsiasi cosa seguendo la via del cuore, la via
in accordo con il dharma, l’ordine e l’armonia del mondo. Attraverso il
contributo che ciascun uomo, riconoscendo il proprio ruolo (e non
producendo in questo modo più karma negativo, che deve prima o poi
essere bilanciato, e affrancandosi dallo stesso), può dare all’universo
consonando con esso; divenendo parte e centro del progetto cosmico,
riconoscendosi come strumento e artefice della “Grande Opera”.

L’armonia è figlia delle forze opposte interdipendenti: il Monocordo


cosmico, la corda in tensione che regge l’ordine del mondo.
Un’immagine simbolica – l’Asse di luce sonica – il cui significato è
all’origine degli universali sette principi ermetici:
– Tutto è Uno. Tutto è Mente: l’Intelligenza divina che tutto sottende.
– Tutto si corrisponde e consuona tra l’alto e il basso, il dentro e il
fuori, l’anima e il mondo; così come tra le ottave e le note affini.
27. Il cosmo è armonia (dal greco kósmos, “ordine”), un ordine dinamico ma inalte­
rabile, così come un’equazione con le sue variabili, da cui il significato di invarianza.
Su tale concetto, nell’antichità, si vd. The myth of the invariance di Ernest McClain.
– Si cfr. sulla reciprocità l’omeopatia, secondo il cui principio un’alta diluizione rende
opposti (reciproci) gli effetti di una data sostanza ponderabile, da tossica a curativa.
E sulla matrice a “X”, la stessa peculiare forma della struttura dei cromosomi del DNA.
128
– Tutto è vibrazione, è numero, è suono – mutamento perenne
nell’eterno invariabile – dall’etereo spirito alla densa materia, così
come ogni espressione umana, dalla fisicità al pensiero.
– Tutto è duale, come i colori complementari, diversi sebbene della
stessa natura. A ogni cosa corrisponde una frequenza, la quale può
trasmutarsi nel suo opposto, come il freddo nel caldo.
– Tutto è ritmo, alternanza e bilanciamento attraverso il tempo, come
la danza delle note e delle pause, il susseguirsi delle stagioni, gli alti e i
bassi dell’esistenza, i cicli biologici di ogni organismo vivente.
– Ogni causa ha il suo effetto, così come ogni suono la sua risonanza, e
come ogni livello di consapevolezza il suo grado di determinismo
(causalità, karma) o di libertà.
– Ogni espressione della creazione, in ogni livello dimensionale, nella
vita e nel suo perenne rifiorire, è opera dei sacri principi polari
generativi maschile e femminile.
Come la terra è fecondata dal cielo, le cariche atomiche positive e
negative originano gli elementi chimici, e l’unione dei sessi consente la
procreazione; allo stesso modo l’unione della volontà e del desiderio,28
congiunti come le mani nella preghiera, permette di generare, creare,
determinare la realtà. Così come dall’unione dell’elettricità e del
magnetismo nasce la luce capace di percorrere gli spazi siderali.

28. Il desiderio è un moto dell’animo che spinge l’uomo a soddisfare un proprio


bisogno, a realizzare o a possedere qualcosa che gli manca. Il termine desiderare è
composto dalla particella intensiva “de” e dal termine latino sidus, sideris, che significa
“stella”; ed esso indica, mediante l’attenzione dell’uomo (dal lat. attendere, “volger
l’animo”), il potere, tramite la propria stella, cioè la propria natura divina, di esaudire,
realizzare, esprimere l’infinito. (Si cfr. con il desiderio espresso alla vista di una stella
cadente; o, nelle fiabe, il simbolismo della bacchetta magica con all’estremità una
stella.) Desiderare è un voler altro, un andare oltre il con-siderare, ciò che le stelle
contemplano. Il desiderio è ciò che spinge ad assaggiare i frutti dell’Albero della cono­
scenza, i diversi sapori del mondo, così da discernere quelli buoni da quelli cattivi.
È l’eros, la copula universale, l’impulso all’unione con il tutto, con Dio. È l’attrattiva,
ciò che muove verso l’altro da sé, verso il proprio oggetto; ciò che l’ego, offuscato,
trasforma in volontà di possesso. È anche quel qualcosa dietro al quale può nascondersi
come un’indefinita nostalgia, da cui un senso di vuoto interiore esistenziale, che, se non
riconosciuto, spinge l’uomo, costantemente insoddisfatto e annoiato, a cercare di
colmare invano con gli oggetti esteriori, i falsi desideri o i surrogati dell’anima.
Il desiderio – insieme alla volontà, il “disio e 'l velle” – è il motore della vita, mentre
un’ottava sopra è l’amor che move il “core” e l'altre stelle, capace dell’impossibile.
– Il Do fondamentale è femminile e maschile a un tempo: concepisce e crea ogni nota.
– Su come ogni divario debba convergere in un unico ceppo vd. Repubblica, VII 531d.

129
Per inciso, tutti i cerchi dimensionali, nello stato traslato del divenire,
sono uniti nei piedi (vedi a pagina 101), quale espressione terrena di
totalità29. L’Albero della conoscenza affonda le sue radici nella terra, in
relazione con i piedi; e, diametralmente, l’Albero della vita affonda le
sue radici nel cielo, la testa. I piedi (simbolo del cammino evolutivo
dell’uomo) chiudono il cerchio con la testa (nel compimento), così
come nello Zodiaco i Pesci (simbolo dei piedi) sono uniti all’Ariete (la
testa), e nel monocordo le sacre estremità, l’Alfa e Omega, coincidono.

I due mondi: le acque sopra il firmamento e


sotto il firmamento che si compenetrano.
La rappresentazione dell’universo, Mandorla
Cosmica, di Ildegarda di Bingen, XII secolo.

La vesica piscis, secondo una diversa prospettiva, è data da due cerchi:


il mondo inferiore e quello superiore, le acque sotto il firmamento e le
acque sopra il firmamento, il cui passaggio da una dimensione pari a un
1/2 a una di 2/3, rispetto a un terzo cerchio che le racchiude entrambe,
simbolizza l’elevazione della coscienza umana30. Ciò attraverso due
cerchi che rappresentano cioè l’acqua terrena (l’uomo resosi puro) e
l’acqua celeste (animica) che si sovrappongono, in parte, attraverso la
loro espansione e reciproca compenetrazione, realizzando così una
sintesi grafica: “un pesce tra le due acque”31. Il che richiama
l’espressione evangelica: “Io sono in Dio e Dio è in me” (Gv 14, 11).
29. Cfr. il V. di Giovanni 13, 4-15; il piede di Buddha (pianta); la riflessologia plantare.
30. La vesica piscis, o vescica natatoria, contraendosi o espandendosi, permette ai pesci
di effettuare degli spostamenti, anche non nuotando, verso il basso o verso l'alto.
31. L’Ichthys, dal greco ’Ιχθύς “pesce”, è l’acrostico di Iesûs Christós Theoû (H)Yios
Sotér, cioè “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore”. Segno paleocristiano (dell’era dei
pesci) che, ricalcando la forma della vesica piscis e proseguendo brevemente da un lato,
traccia il profilo di un pesce. Segno che ricorda anche il fuso di una corda oscillante.
Il pesce inoltre, il suo occhio sempre aperto, simbolizza l’occhio vigile di Dio.
130
Gli uomini muoiono perché non sanno
ricongiungere il principio con la fine.
Alcmeone di Crotone

Concludiamo questa prima parte sul sapere perduto, basata principal­


mente sul Monocordo cosmico – la seconda verterà invece soprattutto
sulla geometria sacra – riprendendo brevemente il discorso sul
significato simbolico delle armoniche dimensionali nell’uomo cosmico.

Non c’è né inizio né fine nel Monocordo Cosmico. L’ordine lineare, ciò
che è orientativo, è solo apparente; come in un cerchio in realtà non c’è,
e i livelli armonici sono come un tutto uno interconnesso,
compenetrante, multidimensionale: fisico, spirituale e animico.

L’universo è come un’immensa onda-particella. Un’unica grande onda


che, respirando, principia lo spazio e il tempo. E un unico centro, un
punto geometrico, privo di dimensioni, di distanze spaziali e temporali
in sé. Un universo all’interno del quale ogni sua parte, ogni sua più
piccola onda-particella, rispecchia l’immensità. Il Silenzio da cui tutto
origina e che tutto avvolge, come una sfera, nel proprio centro32.

Monocordo e suddivisioni armoniche (particolare).

Nelle pagine precedenti (114 e 115) abbiamo illustrato le armoniche


distintamente, ma è possibile raffigurarle anche accorpate come segue:

32. “Legato con amore in un volume …” e “sì come rota ch’igualmente è mossa …”
Cfr. le stelle della Via Lattea che ruotano insieme come fissate su un immenso disco.

131
Come nostra natura e Dio s’unio.
Pd II, 42

I cieli si compenetrano tra loro come le armoniche nel suono.


Rappresentazione oscillatoria multidimensionale onda-nodale del Monocordo cosmico.
In rosso le armoniche delle ottave Do1/Do5 e in blu delle quinte Sol2/Sol5. E rap­
presentazione basilare della stessa multidimensionalità: oscillatoria e geometrica.
Cfr. la Merkabah: il carro (quadrato) e i cavalli di fuoco (cerchi) di Elia, in II Re 2, 11.

Qui abbiamo la rappresentazione a mandorla del Monocordo Cosmico,


delle armoniche corrispondenti alle sue basilari ottave; in particolare
quelle a partire dalla fondamentale (Do1) e della prima quinta (Sol2).
Solo la quinta perché essa costituisce il “metro di misura” nella forma­
zione di tutte le altre note della scala musicale (circolo delle quinte).
Nelle suddette armoniche, in generale, i Do rappresentano l’unitarietà
dei piani del creato, mentre i Sol il fattore creazionale diversificante.
132
Le armoniche, cioè i piani dimensionali, se pur con proprie valenze
“gerarchiche” dettate dall’ordine di frequenza – a eccezione della prima
armonica, che le genera e comprende tutte in sé, sottendendo l’intero
corpo cosmico – si intrecciano tra loro in ogni piano dimensionale,
compreso quello terreno o fisico, raffigurato, nella rappresentazione
geometrica, da un quadrato inscritto nel cerchio dimensionale Do2.
La distinzione tra i piani dimensionali, pertanto, è solo orientativa.
Segue uno schema di sintesi sulle relative corrispondenze33:

DO – UNITÀ DIVINA CIELO E TERRA – Α E Ω


Piano Divino
Sol5 Intelligenza cosmica onnicreatrice – Sapienza, Io Sono, Padre celeste.
Do5 Amore primigenio, Anima cosmica – Potenza, Matrice, Madre celeste.
Piano Creazionale
Sol4 Logos, strutturazione spirituale del cosmo, delle gerarchie armoniche.
Do4 Vivificazione spirituale del cosmo (multidimensionale).
Piano Animico
Sol3 “Sé superiore corale”. Riflesso dell’Io Sono.
Do3 Anima, amore universale, unione Dio/uomo. Riflesso dell’Anima cosmica.
Piano Spirituale
Sol2 Sfera mentale, Sé superiore, genio (guida, intuizioni e capacità innate).
Do2 Sfera vitale, eros (amore per la vita).
Piano Fisico
Inf. Do2 - Quadrato inscritto nel cerchio Do2 (spazio privo di armoniche) - Corpo e
psiche biofisica (cervello) o coscienza ordinaria soggetta al mondo illusorio, mortale.

Il dáimon ha il compito di guidarci nell’ascesa


tramite la forza dell’eros e della bellezza.
Plotino

Ciò che finora è stato identificato genericamente come piano mentale


(Sol2), propriamente corrisponde al Sé superiore. L’entità spirituale di
natura divina e immortale (3a armonica), sintesi di tutte le nostre
esistenze passate, nel ciclo evolutivo delle reincarnazioni, che trasmigra
di vita in vita discendendo nell’oblio della corporeità (metempsicosi).
La nostra natura spirituale individuale, dotata del libero arbitrio, tramite
tra il piano fisico e quello animico e mezzo di ascesa. L’origine, e
reminiscenza, al di là dell’eredità biologico-genetica, delle nostre innate
capacità, dei nostri debiti/crediti karmici e scopi evolutivi, del destino.

33. Oltre la terza ottava c’è l’aspaziotempo (animico), nella seconda lo spazio-tempo
mentale (spirituale) e nella dimensione fisica lo spazio-tempo ordinario (terrestre).

133
In virtù dell’essere gerarchicamente superiore al corpo, il sé superiore
può averne il pieno controllo, a differenza della coscienza ordinaria,
frutto di un’attività cerebrale che del corpo invece è figlia. Esso
compenetra la nostra mente celato dietro i “veli” terreni che il sacro
portale pineale permette però di oltrepassare con l’intuito. È, congiun­
tamente con la sfera animica, l’“angelo tutelare”. In particolare, quando
evoluto, cioè una “vecchia anima”, è altrimenti il genio, la facoltà
creatrice superiore; è ciò che spiega il talento straordinario posseduto
da alcune persone. È il dáimon dei Greci, la guida divina di Socrate.

Colui che è privo di ragione, senza criterio, sempre impuro,


costui non giunge alla meta, ma ricade nel ciclo delle esistenze.
“Samsara”, Kātha Upanisad, III, 6

– La scala pitagorica, come accennato a p. 113, consiste in una progressione di note per
intervalli di quinta (3/2); progressione che, sviluppata per intero, arriva a chiudersi su se
stessa, a ricongiungersi cioè, con una piccola differenza [comma pitagorico: (3/2)12/27],
con la nota iniziale. Progressione circolare denominata, per questo, circolo delle quinte.
[Il reciproco del comma pit. (1,013) è dato dal circolo delle quarte: (4/3)12/25 = 0,986.]
Do
Fa Sol Circolo delle quinte dato attraverso l’intervallo temperato
a 12 7
La Re di 5 [( 2) =1,498]; e relativa perfetta chiusura del cerchio.
a
In senso orario abbiamo gli intervalli di 5 ascendenti o di
Re La a 12 5
4 [ ( 2) =1,335 ] discendenti; viceversa, in senso antiorario.
Le note in linea orizzontale sono reciproche tra loro, cioè
Sol Mi il loro prodotto dà 2; ad es. La # e Re: 1,782 1,122 = 2 .
Do Si L’ordine progressivo è dato dalle punte opposte della stella.
Fa

– Il nome delle nostre sette note musicali originano da quelle che Guido d’Arezzo,
nell’XI secolo, diede alle sei note del suo esacordo ispirandosi a un inno gregoriano in
onore di San Giovanni Battista. Delle quali, secoli dopo, l’Ut fu cambiato in Do
(vd. anche a p. 112); mentre le iniziali dell’ultimo verso (Sancte Iohannes), dello stesso
inno, furono utilizzate per formare il nome della settima nota, il Si.
Ut queant laxis Resonare fibris “Affinché i fedeli possano cantare a
Mira gestorum Famuli tuorum piena voce le tue mirabili gesta,
Solve polluti Labii reatum purifica le loro labbra dalle impurità
Sancte Iohannes. che le contaminano, o San Giovanni.”
Resonare e fibris, traducibili come: “risonare” e “corda di una lira”, riecheggiano
l’immagine dell’uomo-monocordo, capace, con il giusto tono o intonazione (dal gr.
tónos “tensione della corda”), di risonare con il divino. Mentre solve e polluti
rimandano all’essenza del lavoro alchemico, il “Solve et coagula”, cioè lo scioglimento
(solve) della materia/ego per essere liberata dalle impurità (polluti) e la sua
riunificazione (coagula); operazione, questa, necessaria per poter risonare pienamente.

134
Onda complessa, risultante da una
somma armonica, a forma di “scala”.

La sovrapposizione di più oscillazioni armoniche in un’unica rappre­


sentazione a mandorla o a fuso, quella vista precedentemente, ci dà una
chiara idea intuitiva di come esse si compenetrino tra loro. Ma una reale
fusione di una serie di armoniche ci dà, in realtà, un’onda complessa,
cioè una forma d’onda caratteristica del timbro34. Una forma d’onda,
rappresentabile da un oscillogramma, che, in questo caso, è composta
da una serie di singolari triangoli35. Un’onda che, se opportunamente
inclinata, assume l’aspetto di una scala, la “scala mistica”.

La musica è una sapienza più alta della filosofia e della teologia.


Ludwig van Beethoven

Concludiamo con la forma d’onda “a triangolo”, su illustrata, come


ideale elemento d’unione tra questa prima parte, dedicata al Monocordo
– Onda cosmica – e quella successiva, dedicata alla geometria sacra,
quali aspetti differenti, ma interconnessi, di un’unica realtà.

34. Un’onda complessa è data mediante la somma algebrica, punto per punto, dei valori
positivi e negativi di ciascun’armonica componente; vd. p. 114 e la Sintesi di Fourier.
35. Una bella onda lineare a triangolo formata con solo 4 armoniche: la 1a, 2a, 3a e 4a,
con ampiezze 1, 1/3, 1/32 e 1/33! cioè con le armoniche base dal Do1 al Do4; vd. p. 132.
Un triangolo, virtualmente rettangolo, sopra evidenziato in rosso (e con il suo inverso in
blu), sotteso dalla relativa ipotenusa (dal gr. hypotéinein, “tendere sotto”) data dalla
linea dello zero dell’ampiezza dell’onda, o dalla “corda in tensione in stato di quiete”.
Un’onda differente da quelle definite tecnicamente a “dente di sega” e “triangolare”.
– I livelli dimensionali del Monocordo cosmico possono essere raffigurati attraverso la
metafora della vigna, nella quale, dall’alto in basso, abbiamo: il Vignaiolo e il vigneto, i
filari (struttura), la vite (anima), il grappolo (sé corale), l’acino (sé superiore) e, infine,
il vinacciolo (il corpo, il microcosmo) che chiude il cerchio; cfr. V. di Giovanni 15, 1-8.
135
– La scala musicale dei colori

Corrispondenze tra le note musicali e i colori. Odierna scala temperata in chiave di Fa,
intonata con il La campione di 440 Hz, e frequenze elevate di 42 ottave, all’altezza
delle frequenze della luce1.

Note Sol# La# Do2 Do# Re# Fa Sol Sol#


Hz 104 117 131 139 156 175 196 208
THz 456 513 575 609 684 768 862 913
nm 658 585 522 493 439 391 348 329
Colori Rosso Giallo Verde Azzur. Blu Viola R/V Rosso2
Trasp.* Do Re Mi Fa Sol La Si Do
* In corsivo le note indicate sopra trasposte nella scala del Do.

Gli ultimi due colori-note, nel quarto spazio del pentagramma musicale, il rosso/viola e
il rosso2, il Si e il Do (Sol e Sol#), non sono visibili perché nell’ultravioletto (cioè al di
fuori dello spazio “S”) e completano l’ottava; mentre il “viola” sul confine dello spettro
in/visibile, a 391 nm, sulla quarta linea del pentagramma, corrisponde al La (Fa). Per
avere il rosso/viola nell’estremità opposta dello spettro si va, invece, sul confine
dell’infrarosso a 696 nm e per il viola nell’infrarosso a 782 nm. Si tratta di possibili
tonalità monocromatiche del viola che i nostri occhi fisici non possono cogliere (dati i
limiti percettivi dei fotorecettori visivi) e quindi sono percepite come un rosso cupo o
sono del tutto invisibili2. Si veda sullo spettro cromatico la seconda parte del libro.

1. Le frequenze sonore in Hz (hertz) sono innalzate in THz (terahertz = Hz x 1012) e poi


trasformate in lunghezze d’onda della luce (nel vuoto), in nm (nanometri): λ = v/f.
2. Così come alla distanza di un semitono (in questo caso temperato: 12√2 = 1,059) il rosso
(circa 658 nm) muta nel rosso/arancione (621 nm), allo stesso modo, nel verso opposto,
non può che mutare, coerentemente, nel rosso/viola (696 nm).

136
Si noti che gli intervalli musicali di quarta: Do-Fa, Re-Sol e Mi-La ricalcano (almeno
in parte) i rapporti cromatici complementari del rosso-ciano, giallo-blu e verde-viola;
mentre negli accordi armonici: Do-Mi-Sol e Re-Fa-La si possono riconoscere le triadi
dei rosso-verde-blu (RGB) e dei giallo-ciano-viola (CMY).
Tra le dieci ottave di estensione dell’udito dell’uomo (mediamente tra i 16 e i 16.000
Hz) e le quattro della sua voce (tra i 60 e i 1000 Hz circa)3, si inserisce la tessitura del
parlato colloquiale: intorno ai 125 Hz per gli uomini e ai 210 Hz per le donne (circa 300
Hz per i bambini); cioè nell’ambito dell’ottava del Do2, intorno alla quale si sviluppa la
scala dei colori sopra illustrata4, o lo spazio “S”. Proseguendo, in relazione alle quattro
ottave del monocordo dell’Uomo di Vitruvio e della voce umana, ai pentagrammi5 nelle
chiavi di Fa e di Sol (note reciproche) si collegano simbolicamente le due fondamentali
dimensioni della creazione, la dimensione terrena e quella celeste; tra le quali abbiamo
il Do3, il Do centrale, la chiave di mezzo, il cuore che congiunge e armonizza ciò che
sta in alto con ciò che sta in basso. La dimensione edenica tra terra e cielo (tra il Fa2 e il
Sol3) dell’uomo nuovo divenuto puro come un bambino6.

Do 3 Do 4 Do 5
Do 1 Do 2

Scala musicale che parte dal Do1 (65 Hz), passa per il Do3 centrale (262 Hz) e arriva al Do5 (1046 Hz).

La frequenza di un fenomeno periodico corrisponde al numero di oscillazioni nell’unità


di tempo: il secondo. Ma se si utilizza, al posto del secondo (definito storicamente, in
termini di rotazione terrestre, come 1/86.400 del giorno solare medio), una unità di
misura ottenuta dal frazionamento del giorno attraverso il principio di suddivisione per

3. La voce umana, tra la più bassa degli uomini e la più alta delle donne, è suddivisa, in
particolare nella Lirica, secondo i seguenti registri vocali: basso, baritono, tenore, contralto,
mezzosoprano e soprano. Termine, quest’ultimo, riferito anche alle voci bianche, ovvero alle voci
dei bambini fino alla preadolescenza, indipendentemente dal sesso. Infatti, la pubertà,
insieme all’adolescenza, segna la fase di individualizzazione dell’età adulta caratterizzata
dalla maturazione sessuale e dalla muta della voce, per cui quella maschile scende di circa
un’ottava, mentre quella femminile di due o tre toni.
4. L’ordine di altezza frequenziale del parlato e dello spettro della luce visibile corrisponde
alle frequenze date da due potenze di due, rispettivamente 27 (128 Hz) e 249 (563 THz), e
dove l’esponente della seconda potenza (49) equivale al quadrato della prima (7); il tutto
traducibile in termini di innalzamento per ottave.
5. Una curiosità: l’attuale rigo musicale deriva dal tetragramma adottato da Guido d’Arezzo
nell’XI secolo, utilizzato con la notazione quadrata e la cui lettera greca “Γ” gamma, a forma
di squadra, indicava la nota più grave (Sol1). Un tetragramma composto da quattro linee,
come i lati del quadrato, e un’estensione sonora di sei note, quella dell’esacordo, dal Do al
La, corrispondente a quella dei colori dal rosso al viola, la stessa dello spazio S (1,71).
6. Si cfr. la multidimensionalità dell’uomo con il Canto Sacro, Corale, A Tenore e Armonico.

137
ottave musicali, si ha alla 16a (24) ottava, cioè attraverso sedici dimezzamenti del
giorno7, un’unità temporale di 1/65.536, pari a “1,318” secondi, ovvero un valore poco
più lungo del secondo ma perfettamente consonante con il periodo di rotazione della
Terra e con la legge periodica universale delle ottave: il “secondo assoluto”8.
Ora, assumendo il valore di partenza di una oscillazione nell’unità di tempo di 1,318
secondi, per la determinazione dell’altezza assoluta delle note della scala musicale,
attraverso una serie di innalzamenti per ottave, abbiamo alla “7a ottava” la frequenza di
128 cicli a cui corrisponde un nuovo “Do2” (meno acuto) pari a 97,1 Hz (128/1,318)9.
Allo stesso modo, attraverso invece una serie di innalzamenti per ottave delle vibrazioni
elettromagnetiche, fino alla 49a (72) ottava, abbiamo una frequenza di 563 “Tcicli”,
ovvero 427,2 THz ordinari (563/1,318), circa 700 nm, a cui corrisponde il colore
rosso/viola, ovvero l’inizio del range della luce visibile. Ottenendo con questo
l’allineamento delle due scale grazie a un’affine unità temporale.
In rapporto alla voce umana e al Monocordo cosmico, il “Do3”, a 256 cicli o 194,2 Hz,
è in relazione con il cuore; il “Do2” con il “terreno” chakra basale; mentre il “Do1”,
l’ottava base, a 64 cicli (82) o 48,5 Hz, riflette l’unitario suono divino, il basso profondo
nel canto sacro o nei mantra dei monaci tibetani. Inoltre il “Do3” è dato dalla
oscillazione di un quarto del monocordo (la 4a armonica, vd. p. 115), corrispondente
alla lunghezza di un cubito, e a una frequenza la cui relativa lunghezza d’onda è di 1,78
metri, una misura pari a quattro cubiti, ovvero l’altezza dell’Uomo di Vitruvio10.
A questo riguardo, applicando il dimezzamento per ottave anche alla circonferenza
equatoriale della Terra, pari a 40.075 km, si ottiene alla 27a (33) ottava il valore di 29,8
cm: l’antica unità di misura del piede (egizio); certamente la misura più rappresentativa
della percorrenza della superficie terrestre11. Misura che moltiplicata per 3/2 (rapporto
piede/cubito) dà 44,7 cm, il cubito12. Cubito ricavabile anche tramite la formula: √5/5.

7. Cfr. la durata delle note: semibreve, minima, semiminima, croma … cioè 1; 1/2; 1/4; 1/8 …
8. Un singolo battito del cuore, un “cuore sportivo”; di un giorno diviso in 16 ore di 64 minuti, di
64 secondi assoluti. E un’ora (di 90 minuti ordinari) rapportabile ai ritmi ultradiani dell’uomo,
quali la durata media del sonno REM e l’alternanza dell’attività degli emisferi cerebrali.
9. Due ottave sopra abbiamo invece la frequenza di 388,4 Hz con funzione di “Do4
campione” (512 cicli, 83), circa un tono più basso del La3 campione attuale di 440 Hz.
Si cfr. con il diapason scientifico, il La3 con valore di 432 Hz (da un Do3 di 256 Hz, ottenuto
con cinque innalzamenti per ottave da una frequenza base di 8 Hz, più una 6a pitagorica),
diapason approvato all’unanimità al Congresso dei musicisti italiani, tra cui Giuseppe Verdi, nel
1881 per le sue “qualità armoniche”, ma mai ufficializzato. Si cfr. anche, nella musica sacra
o rituale dell’antica Cina, ritenuta l’espressione diretta delle leggi che governano l’universo,
lo Huangzhong, la “Campana gialla”, il diapason o suono assoluto, correlato al Gong, il 1° grado
della scala pentatonica, in rispondenza con l’elemento terra, seguito dai gradi Shang, Jiao, Zhi e
Yu (metallo, legno, fuoco e acqua) rapportabili, nell’ordine, alle note Do, Re, Mi, Sol e La.
10. La velocità del suono nell’aria, a 25 gradi, è di 347,2 m/s; da cui 347,2/194,2 = 1,788.
11. Numero non casuale: il 27 (33) riflette la dimensione terrena, come il 16 (24), vd. sopra;
24 come ottava di 23, corrispondente implicito di 33 nell’Anima Mundi; cfr. 27/16 a p. 122.
12. O piccolo cubito; mentre il grande, o cubito reale, di 0,523 metri, è dato da “π/6” cioè 1/6
di circonferenza con il diametro pari a un metro! E da “ϕ2/5” o dai 7/6 del piccolo; da ciò
la correlazione tra cubito, m, π e ϕ, per cui ϕ ≈ √(π/6)x5; mentre π ≈ ϕ2 x 6/5.
Mentre, dal rapporto dei due cubiti abbiamo 52,3/44,7=1,17! Cfr. 2/1,71= 1,17 a p. 112.

138
La forma del cerchio
Il sapere perduto II
Io ero là, quando tracciava un cerchio sull’abisso;
… quando disponeva le fondamenta della terra,
allora io ero al suo fianco come architetto.
Proverbi 8,27-30

La coscienza cosmica e l’universo fisico costituiscono le due facce di


una stessa realtà, l’Infinito.

Come un raggio di sole, attraverso una goccia di rugiada,

si schiude nell’iridescenza, così l’amore si rifrange nella vita.

Poiché tutto è uno, l’essenza di ciascuno di noi, la propria anima, è


parte integrante della coscienza cosmica di cui ogni cosa è espressione.
Un’essenza mediante la quale ci siamo manifestati per darci la
possibilità, attraverso l’illusione della separazione delle parti, di poterci
conoscere, sperimentare e confrontare nell’infinita varietà e relatività
delle espressioni del creato.

Quando l’Uno riflette su se stesso genera

l'oggetto riflesso come altro da sé e

il pensiero come elemento di riflessione.

Il pensiero può dunque riflettersi nel mondo in quanto

il pensiero, l’oggetto del pensiero e l’autore del pensiero

sono, in fondo, un’unica cosa.

Cosicché la compenetrazione e l’interazione tra le parti

è possibile proprio in virtù del fatto che tutto è uno.

Ogni forma racchiude in sé segretamente e, forse, inconsapevolmente


questa perfetta intelligenza ed energia universale. Pertanto, se noi siamo
l’espressione di questa perfezione, perché ci percepiamo invece come
imperfetti o limitati? Perché abbiamo dimenticato. E questo, in una
certa misura, fa parte del “gioco”. Tutti partecipiamo a un’immensa
rappresentazione dove siamo, a un tempo, autori, attori e spettatori.
Una rappresentazione universale in cui ogni singola esistenza e tutte le
infinite esperienze insieme, nell’eternità, concorrono a realizzare.

139
I mattoni fondamentali dell’universo fisico, le particelle atomiche, sono
i costituenti elementari interfaccia tra questa realtà e quella sottile.
Costituenti che, in virtù dell’essere più vicini all’essenza energetica
spirituale, sono verosimilmente più intimamente legati alla coscienza
universale di quanto lo siano le cose e gli esseri a cui danno forma.
Queste poche particelle, quali gli elettroni, i protoni e i neutroni1, sono i
costituenti comuni di tutte le infinite espressioni della realtà fisica: dalla
roccia dei continenti al fuoco del sole, dalle distese d’acqua oceaniche
ai venti del cielo; dalle innumerevoli forme viventi dei regni minerale,
vegetale e animale, del meraviglioso scenario naturale, fino all’uomo.
Così, una parte della coscienza cosmica si è manifestata nella terra, il
nostro corpo collettivo; un’altra si è manifestata nel sole, nell’acqua e
nell’aria che ci nutrono, e nelle piante e negli animali, i nostri vitali
compagni, e così via. Un mondo, questo, di cui siamo parte e che è
parte di noi. Ma l’oblio ha steso il suo velo. Così viviamo
nell’incosciente ignoranza, nella mancanza di riguardi per la natura,
nella sopraffazione dell’uomo sull’uomo, nel folle egoismo depredatore
e distruttore, nella violenza, nell’inganno, nel conflitto, nella
disarmonia interiore ed esteriore, nella malattia e nella morte.
Abbiamo così dimenticato ciò che è fondamentale: riconoscere la verità
e la sacralità di ciò che siamo profondamente e provare rispetto per il
creato. Perché tutto possiede un’anima, un cuore. Un tutto di cui siamo
parte, parte che manifesta il proprio amore limitando se stessa per espri­
mere, ciascuna, il proprio colore nella vita. E in tutto questo, una parte
importante la ricopre la nostra Madre Terra. Terra con la quale siamo
intimamente legati, siamo una cosa sola; in quanto condividiamo con
essa la stessa sostanza, lo stesso quadrato, la stessa sacra geometria.

Una terra quadratura del cielo.

Poli opposti da cui principia la vita.

Un pianeta azzurro con un cuore2.

HEARTH

1. Nell’atomo, i protoni e i neutroni sono formati dai quark, e quest’ultimi, a loro volta,
insieme agli elettroni, secondo una moderna teoria quantistica, da corde di energia
oscillanti, estremamente piccole, chiamate stringhe.
2. In inglese, cuore è heart e terra earth, parole che, combinate insieme, ampliano il
significato della parola hearth: “focolare”. Cfr. health: “salute” e la nota a p. 74.
140
La geometria sacra è il linguaggio rappresentativo della struttura
simbolica dell’universo, linguaggio composto da geometrie e numeri
attraverso i quali è possibile comprendere i misteri della creazione.
Della geometria sacra, la quadratura del cerchio, quella “filosofica” o
simbolica, costituisce una delle più importanti espressioni. Essa
rappresenta il processo di creazione dell’universo come attuazione del
disegno della sapienza divina. Disegno il quale racchiude i principi
della forma del corpo cosmico vivente.

Segue, in questo senso, l’illustrazione di due costruzioni: una


quadratura del cerchio e una cerchiatura del quadrato, ovvero la
trasformazione del cerchio in quadrato e del quadrato in cerchio3.

La prima costruzione si basa sulla Genesi biblica. Essa ha inizio dal


cerchio, simbolo dell’origine di ogni cosa, lo stato in potenza che
precede l’atto della creazione. Stato a cui seguono i sei giorni della
Genesi, i quali sono rappresentati dalla figura geometrica a sei lati
dell’esagono inscritto nel cerchio originario, e ai quali segue il settimo
giorno, il giorno del compimento, rappresentato dalla figura a sette lati
dell’ettagono, anch’esso inscritto nel cerchio, come sopra raffigurato.
3. Un rilevante aspetto della quadratura del cerchio, in riferimento alla sua proverbiale
difficoltà, è legato all’intento, fin dall’antichità, di determinare con rigore, cioè non con
una semplice approssimazione, il valore del pi greco, valore un tempo conosciuto come
costante di Archimede (ricavata col metodo di esaustione e poligoni di 96 lati), ben
approssimata con 3,1419 e utilizzata fino all’età moderna. Pi greco che nel 1882 il
matematico tedesco Ferdinand von Lindemann dimostrò essere un numero trascendente
(cioè non algebrico, un numero decimale illimitato non periodico, inesprimibile da
frazioni e da radici) e pertanto impossibile da determinare con solo riga e compasso.

141
Questa costituisce la base della costruzione geometrica attraverso la
quale è possibile determinare e tracciare il quadrato della stessa
superficie del cerchio dato. Quadrato che rappresenta il piano di
manifestazione dell’in-forma-zione che lo sottende, il cerchio,
attraverso “l’intonazione delle superfici” delle medesime figure4.
La suddetta determinazione del quadrato è dunque resa possibile
semplicemente compassando, cioè ricavando con il compasso, la misura
diametrale del “determinante”, ovvero quella del cerchietto inscrivibile
nello spazio compreso tra il secondo angolo dell’ettagono e il secondo
lato dell’esagono, a partire dall’alto, (e/o dalla parte opposta sim­
metrica), e con il centro del suddetto cerchietto poggiante sul raggio del
cerchio che circoscrive le due figure, e che biseca il medesimo angolo.

Risoluzione della quadratura con il determinante.

4. Così come due membranofoni possono consonare a parità di superficie vibrante.


– La materia rappresenta l’indeterminatezza, l’informe, il caos, l’impurità, l’opacità.
Indeterminatezza che si evidenzia, semplicemente, anche nell’impossibilità di rilevare o
riportare con assoluta precisione una misura metrica di una grandezza, di un oggetto;
ciò per un limite insito nell’atto stesso di misurare, e nello strumento utilizzato a tale
scopo. Infatti, il mondo dei numeri riflette un mondo delle idee, teorico o astratto, che
può essere colto, nella sua purezza, solo al livello dell’intelletto, e trasmissibile nella
realtà sensibile solo imperfettamente, se pur attraverso la funzione mediatrice degli
stessi numeri. Che differenza c’è, pertanto, tra i numeri interi, pensabili come decimali
con innumerevoli zeri dopo la virgola, e i numeri decimali veri e propri, e quelli
irrazionali con infiniti decimali, quando, nel comune impiego pratico, vengono
comunque tutti approssimati o arrotondati? Si consideri inoltre che gli infiniti decimali
trovano, in ogni modo, un limite fisico nella lunghezza di Planck, pari a 10−35 metri.
– Sull’utilizzo del solo compasso nelle costruzioni geometriche vd. L. Mascheroni.

142
4 2

3
5 1

Costruzione di un esagono, un ettagono e un quadrato circoscritto/inscritto nel cerchio.

Questa particolare misura costituisce quella del determinante che,


riportata con il compasso, va sottratta alla lunghezza del raggio del
cerchio originario, così da ottenere un nuovo raggio utile per tracciare
un secondo cerchio, più piccolo e centrato con il primo, sul quale ora è
possibile costruire o, meglio, circoscrivere il quadrato di pari superficie
del cerchio originario, ovvero realizzare la quadratura del cerchio5.
Ora, è interessante osservare che se si sovrappone questa costruzione
(il primo disegno della pagina precedente), equiparandone la misura, al
cerchio dell’Uomo di Vitruvio, i due determinanti simmetrici si col­
locano esattamente nelle mani dello stesso Vitruviano disposto a “X”.
Mani le quali rappresentano gli elementi della creazione, il fondamento
della mani-festazione: la mano destra e sinistra di Dio, emanazione
della Sapienza e della Potenza, come la strutturazione e la vivificazione
del cosmo. E, nell’uomo, quale riflesso, la conoscenza e la capacità di
creare sul piano terreno. Mani, del Vitruviano, si noti, i cui pollici,
anziché essere naturalmente distesi a lato delle altre dita, sono opposti e
ravvicinati a queste come se reggessero gli stessi determinanti.

5. Dalla quadratura di superficie, vista sopra, si può ottenere quella di estensione


sommando al determinante bilaterale quello singolo compassabile nel 1° angolo/lato
dell’ettagono/esagono, cioè disponendo l’uno allineato sopra l’altro nel 2° disegno.
Il relativo valore di “π”, determinato graficamente, è 3,1227 (con π = l2/r2), il quale può
variare leggermente secondo il metodo usato per costruire l’ettagono regolare (sopra
metodo Dürer); ettagono, in ogni modo, non costruibile perfettamente con solo riga e
compasso. Curiosamente 3,1227 corregge, facendo la media, il π egizio, di cui diremo.
– Nel cerchio è insito l’esagono – la base del Fiore della vita – infatti l’apertura del
compasso, o sesto, che serve a tracciare una circonferenza, corrisponde al lato
dell’esagono inscritto in questa. Non a caso, quando si è in un buon stato psicofisico, si
usa dire di essere “in sesto”. Un riferimento, questo, a una realtà nascosta riscontrabile
anche in espressioni come: compassato, in forma, fuori tono, scombussolato, sfasato.

143
Sovrapposizione della prima fase di costruzione della quadratura del cerchio
al cerchio dell’Uomo vitruviano, e relativa collocazione dei determinanti.

L’Uomo vitruviano tondo è inscritto in un ettagono circoscritto dal cerchio della stessa
opera, mentre l’Uomo quadrato è inscritto in un esagono (sopra tratteggiato e poggiante
su un proprio angolo) circoscritto dal cerchio di quadratura (non raffigurato); vd. p. 94.
– La quadratura del cerchio simbolica, al di là dell’impossibilità teorica, deve essere
realizzata, nel rispetto della tradizione, solo con riga non graduata e compasso (anche se
virtualmente attraverso la computer grafica vettoriale), deve avere un significato, essere
sufficientemente precisa e, possibilmente, semplice. L’uso della riga e del compasso fu
stabilito, dalla scuola di Platone, per il suo rigore costruttivo e perché rifletteva il moto
circolare degli astri, la loro forma e le linee immaginarie che li collegano, a rappresen­
tazione delle geometrie celesti. In tal senso, la comprensione della geometria sacra e,
con essa, delle leggi del numero e della musica, consente di avvicinarci per affinità alla
mente di Dio. Con un compasso, una riga e una matita si può sperimentare, nel piccolo,
la creazione; una forma di meditazione, anche questa, che permette di comprendere
meglio l’aspetto teorico, portandolo sul piano pratico, e di cogliere profonde risonanze.

144
Rapporto tra il cerchio di quadratura e la testa dell’Uomo vitruviano,
e corrispondenza tra la misura del determinante e l’iride degli occhi.

È sorprendente inoltre osservare che se si equipara, riducendolo, il


cerchio originario di quadratura alla misura della testa dell’Uomo
vitruviano, ora i due relativi determinanti, anch’essi ridotti proporzio­
nalmente, vanno ad assumere la stessa misura dell’iride degli occhi6.
Occhi i quali, come le mani, sono gli elementi polari della creazione,
qui anteriore alla manifestazione, data dalla proiezione immaginativa.
La testa costituisce, del corpo umano, la parte che meglio simbolizza il
cerchio, nella parte superiore, la volta cranica; e il quadrato, in quella
inferiore, nel corpo mandibolare. Testa in cui, a livello centrale, tra le
due estremità considerate, si trovano gli occhi: il punto di vista duale
che divide o, al contrario, la visione sintetica che unisce.

L’uomo possiede le chiavi attraverso le quali può


trasformare ogni cosa. Aprendo gli occhi: la mente e il cuore.
6. Nella quadratura, cerchio e quadrato hanno la stessa superficie (r2·π = l2). Quindi con
un diametro pari a “1”, l’area del cerchio (r2·π) è data da (1/2)2·π = 0,785, la cui radice
quadrata corrispondente al lato del quadrato, 0,886. Quindi 1-0,886 = 0,113, che diviso
per 2 dà il valore del determinante pari a 0,0568. Con il quale dal rapporto
diametro/determinante (1/0,0568) abbiamo “1/17,6”. Rapporto che corrisponde a quello
tra l’iride e l’altezza della testa di un uomo di statura media (e un’iride di circa 11 mm).
– Tra occhio (o coscienza) e mano è riconosciuto da sempre un particolare rapporto:
cfr. Aton, il dio sole egizio, i cui raggi sono dotati di mani (talvolta reggenti l’Ankh);
l’amuleto Hamsa o la mano con l’occhio; i Mudra, i “gesti sacri” o posture delle mani.
– Dal termine greco symbállein, “unire”, da cui sýmbolon, deriva la parola simbolo,
termine che si contrappone a diabállein, “disunire”, da cui diábolos, ovvero diavolo.

145
Cerchiatura del quadrato attraverso lo schema simbolico (2D) a sedici cellule
(otto visibili), o la 4a suddivisione della 1a cellula uovo. Il Cubo di Metatron.

La seconda costruzione, quella relativa alla cerchiatura del quadrato, è


data attraverso lo Schema geometrico universale della creazione, o il
Cubo di Metatron (Serafino della Kabbalah), ovvero lo schema
completo del Fiore della vita, ma con una differente prospettiva.
Si parte, questa volta, dal quadrato sul quale si disegnano quattro cerchi
con il diametro pari a metà del lato del quadrato dato, centrati nei suoi
angoli, e che intersecano un cerchio inscritto nello stesso quadrato. Da
qui, attraverso una o più linee che collegano i suddetti punti
d’intersezione, e il loro prolungamento, s’individuano sul quadrato i
punti d’intersezione di un nuovo cerchio, quello da tracciare a
compimento della cerchiatura7. Questa elegante e precisa costruzione è
ottenuta attraverso il Cubo di Metatron con vista frontale, una figura
piana (2D), cioè non in prospettiva cosiddetta isometrica, di una figura
in realtà tridimensionale (3D), da cui origina il Fiore della vita, quella
illustrata a pagina 149. Una costruzione che simbolizza lo sviluppo
della prima cellula uovo dell’uomo, e di ogni creatura vivente: quattro
cellule, quelle visibili delle otto della quarta suddivisione, esterne al
quadrato (cubo), la prima differenziata (cioè non totipotente) della
stessa cellula uovo, congiunte con quest’ultima (vedi a pagina 124).

7. Da questa cerchiatura di superficie, ripetendola, si può ottenere quella di estensione.

146
E, in una visione cosmogonica, una costruzione che simbolizza il piano
fisico, il quattro – le colonne della terra – e, a sommità, il principio
celeste, l’uno – la volta stellata – a immagine del tempio del mondo8.

8. In larga parte del mondo antico, e nella visione biblica, il cosmo era concepito come
una grande volta celeste poggiante su quattro colonne agli angoli della terra.
Cfr. Giobbe 38, 4-7; e Nut e Geb nel mito egizio. Una concezione che ha lasciato celata
testimonianza di sé in opere quali, ad esempio, le chiese in stile bizantino (le 5 cupole)
come San Marco a Venezia, la Cattolica di Stilo in Calabria, il Sacro Cuore a Parigi e
la Trinità a San Pietroburgo. I motivi cosmateschi di San Giovanni in Laterano a Roma.
Il Baldacchino di San Pietro in Vaticano. La Moschea Blu (e le sue 9x8 cupole minori)
a Istanbul, il Taj Mahal e i Mandala in India, Angkor in Cambogia. Il particolare
castello di Chambord in Francia. I nuraghe quadrilobati e i loro “modelli” in Sardegna.
– Con la costruzione appena vista, con una buona approssimazione di π, pari a 3,1405!
è possibile cerchiare il quadrato in maniera anche più semplice, sebbene con una
precisione inferiore, individuando i punti di intersezione per la cerchiatura direttamente
con i cerchi centrati negli angoli del quadrato; da cui un π risultante pari a 3,198.
Costruzioni anche queste, come quella nella nota a p. 145, rapportabili simbolicamente
all’occhio umano. Da cui la proprietà dell’occhio di quadrare. Infatti, i due cerchi qui
utilizzati per la cerchiatura sono tra loro in rapporto di 2:1, come tra il globo oculare e
la sua iride. Mentre invece, se si sostituisce l’iride con la pupilla, con un rapporto di 1:8
rispetto al globo oculare, si può ottenere un’altra costruzione, come sotto illustrato, con
un π pari a 3,1605. Ciò rimanda all’antico metodo egizio con il quale è possibile sia
quadrare il cerchio che cerchiare il quadrato. Il papiro di Ahmes (dal nome dello scriba
che lo trascrisse verso il 1650 a.C.) afferma infatti che: la superficie di un cerchio con
un diametro di 9 unità equivale alla superficie di un quadrato con un lato di 8 unità.

Cerchiatura con la sola “iride”, 1/2 del diametro del “globo oculare” (o 1/4 della sua
superficie: il valore frazionario dell’egizio Occhio di Horus). Con la “pupilla”, 1/8 del
diametro. E ricostruzione dello schema per la quadratura secondo il papiro di Ahmes:
con 1/8 +1= 1,125 (9/8 o “32/23”), cioè il diametro del cerchio in rapporto al lato del
quadrato pari a 1 (8/8); da cui (in base a π = l2/r2) si ha 1/0,3164 = 3,1605, il π egizio;
(cfr. √10). Da ciò un determinante con valore di 1/8 del lato del quadrato (o 1/16), e di
1/9 del diametro del cerchio (o 1/18); cfr. con 1/17,6 dato con il preciso π a p. 145.

147

Nuragico Gigante di Mont’e Prama. Efis, particolare.

– Nella matematica egizia le parti costituenti l’Occhio di Horus rappresentavano le


frazioni e, insieme, i sensi dell’uomo: il canto interno dell’occhio valeva 1/2 (olfatto),
l’iride 1/4 (vista), il sopracciglio 1/8 (mente, centro dove si raccolgono i sensi), il canto
esterno 1/16 (udito), la linea curva 1/32 (gusto) e quella dritta 1/64 (tatto). L’olfatto era
considerato il senso più elevato, ciò in relazione al profumo, metafora dell’anima (vd. la
spagiria) che, come l’incenso (incendere), s’innalza nel cielo; e all’odore di santità.
La vista e l’udito sottintendono la luce e il suono, il gusto è in relazione con la lingua, la
parola, mentre il tatto con la fisicità. Da ciò abbiamo un simbolo creazionale; o, nei due
occhi insieme, la dualità trascesa. Cfr. il Testo di Teologia di Menphi, in cui si legge:
“Ciò che gli occhi vedono, le orecchie odono, il naso annusa, informano il cuore.
La coscienza da cui emerge ogni pensiero. Così … si ha la creazione, viene in esistenza
ogni parola divina, secondo ciò che il cuore aveva pensato e la lingua ordinato”.

Frazioni di superficie del quadrato o del cerchio tradotte in lunghezze lato o diametro:
Superficie 1/2 1/4 1/8 1/16 1/32 1/64
1
Lunghezza 1/√2 1/2 1/2 : √2 1/4 1/4 : √2 1/8
La somma delle frazioni di superficie dell’Occhio di Horus (1/2, 1/4, 1/8, 1/16, 1/32 e
1/64) dà 63⁄64, risultato da cui manca 1⁄64 per raggiungere l’unità, 1/64 che tradotto in
lunghezza dà 1/8, che corrisponde al determinante da aggiungere al lato del quadrato di
8/8 per ottenere la cerchiatura del quadrato, cioè un diametro di 9/8! Come visto sopra.
– Nei Giganti di Mont’e Prama, i loro occhi, formati ciascuno da due cerchi concentrici
in rapporto di 2:1 (cfr. con i ciclopi, dal gr. kýklops, “dall’occhio rotondo”; e con la
“Dea di Sardara”), evidenziano il rapporto che, universalmente, gli eroi dell’antichità
avevano col divino, un rapporto che conferiva loro una forza di natura soprannaturale.
– Per dividere un segmento in un dato numero di parti uguali vd. il teorema di Talete.

148
E vero frutto verrà dopo ’l fiore.
Pd XXVII, 148

Cubo di Metatron
Schema geometrico universale della creazione

I solidi platonici: il tetraedro, l’ottaedro, l’icosaedro, l’esaedro (cubo) e il dodecaedro,


cioè i quattro elementi, nell’ordine: il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra, più un quinto,
“l’ornamento”, sono tutti contenuti nello schema (3D) del Cubo di Metatron. Cubo la
cui base (2D) è il Fiore della vita (i 19 cerchi interni) con fiore/i a sei petali al centro.
149
Tenendo sospesa con la testa la nostra radice,

proprio là da dove l’anima ha tratto la sua prima origine,

la divinità erige tutto quanto il nostro corpo.

Platone, Timeo 90a/b

Infine, una singolarità: la quadratura del cerchio e la cerchiatura del


quadrato, ambedue a un tempo e con la massima semplicità, attraverso
la proprietà segreta del famoso triangolo pitagorico, quello
dell’omonimo teorema, e la sua terna: la sacra triade.
In un triangolo rettangolo, con i lati di 3, 4 e 5 unità, il quadrato, la cui
diagonale coincide con l’ipotenusa, corrisponde alla quadratura del
cerchio il cui diametro coincide con il cateto maggiore, e viceversa9.

Triangolo sacro
Ipotenusa: prima materia
Cateti: logos e creazione

2
(5/ 2) 4π

9. Attraverso (5/√2)·√4/π = 4 si ricava il valore approssimato di π che rispetta le precise


proporzioni del triangolo, cioè π = 25/8 = 3,125: l’antico valore babilonese! Oppure è
possibile approssimare √4/π e √2 come segue: (4/1,128)·1,41=5; infatti: 1,41/1,128=5/4.
Si considerino anche i reciproci 1,002 · 0,998 = 1; cioè [(4/√4/π)·√2]/5 · [(5/√2·)√4/π]/4.
– Il valore 3,125 di π era anche quello usato da Vitruvio; vd. il De Architectura X, 9, 1.
– Il senso della quadratura del cerchio non è tanto quello di trovare il perfetto valore di
π (cosa che non ha impedito agli antichi la realizzazione di grandi opere di architettura),
quanto quello di rappresentare l’“intonazione” tra le stesse due figure geometriche.
Ora, il triangolo pitagorico sembra indicare il valore del margine di tolleranza per una
giusta intonazione, oltre il quale questa è percettibilmente fuori tono. Il limite di imper­
fezione non invalidante la perfezione, ma che la rende solo meno ideale e più terrena.
Questo valore, con i suoni, è quello dato dall’intervallo più piccolo che il normale udito
umano possa distinguere, cioè circa 1/10 di semitono: “1,0058” o 10 cent (1 cent è la
più piccola unità di misura degli intervalli musicali, pari a 1200√2 = 1,00058). Questo

150
valore di tolleranza o di “soglia” è rapportabile a π / 3,125 = “1,0052” = “9 cent”, pro­
prio il rapporto tra il preciso valore di π e quello ottenibile dalla quadratura pitagorica!
Imprecisione raffrontabile agli intervalli della scala temperata: un compromesso tra la
purezza teorica e le ragioni pratiche, così da offrire una “perfetta” soluzione ai proble­
mi d’intonazione, trasposizione ed esecuzione con più strumenti musicali; o alla serie di
imperfette quinte temperate che si chiudono così perfettamente nel cerchio (vd. p. 134).

1,692

1,128

(1,41)
2

Triangolo pitagorico e i relativi cerchi dimensionali.


(Misure rapportate al valore del lato del quadrato pari a “1”.)

– I tre lati del triangolo sono riferibili alla sacra triade: “ciò che riceve conviene

paragonarlo alla madre [ipotenusa, o diag. quadrato], ciò da cui riceve al padre [cateto

minore] e la natura che è di mezzo al figlio [cateto maggiore, o diam. cerchio]”;

vd. Timeo 50d, e la nota p. 157. Cfr. Plutarco in Iside e Osiride, 56, sul triangolo sacro.

Dal triangolo con i lati di 3, 4 e 5 unità si ricava il lato del quadrato: 5/1,41 = “3,546”;

▪ 3,546/3,546 = 1 (lato quadrato reso unitario e diametro cerchio inscritto nello stesso);

▪ (3x2)/3,546 = 1,692; simbolizza il cerchio medio animico; vd. scala quadraturale p.

158 (1,8+1,595)/2; cfr. (1,128+1,273)/2 = 1,2005 cerchio medio psichico pp. 90 e 100;

▪ 4/3,546 = 1,128 (diametro cerchio di quadratura);

▪ 5/3,546 = 1,41 (spazio S o centro scala quadraturale; cerchio non disegnato, sopra);

▪ 1 x 2 = 2 (diametro “cerchio onnicomprensivo”).

Da ciò, nell’ordine, i seguenti piani dimensionali: 1 - 1,128 - 1,41 - 1,692 - 2; cfr. p. 94.

– Anche gli angoli del triangolo (90°, 53,1° e 36,9°) ci confermano quanto già visto:

90/53,1 ≈ 1,692; 53,1/36,9 ≈ 1,436 = 1,1283 op. ≈ 1,41; e 4√90/36,9 ≈ 1,25 = 5/4.

– Cfr. la quadratura del cerchio di A. Dürer: «Disegna un quadrato e dividi la sua dia­
gonale in dieci parti e poi disegna un cerchio con un diametro di otto di queste parti.»
151
Dunque, la cerchiatura del quadrato simbolizza, in generale, la risalita
verso l’origine della manifestazione. Mentre la quadratura del cerchio,
oltre a quanto già visto, il modo in cui si osserva il mondo, in cui
s’inquadra la realtà, attraverso l’atteggiamento sotteso, sottrattivo o
additivo; o l’unione dei due, cioè attraverso la purezza senza ingenuità,
i frutti dell’“Albero dell’esperienza” e dell’Albero della vita10.
In ultimo, questa consiste nel potere del pensiero, delle emozioni e della
volontà, il “determinante mentale”, di manifestare, di quadrare, nel
bene o nel male, nel proprio corpo fisico, attraverso la salute o la
malattia; e nel mondo, attraverso le azioni e gli eventi riflessi nel corpo
cosmico della realtà specchio esteriore, la propria realtà interiore.

Quadratura del cerchio (e manifestazione del bene e del male), Giordano Bruno.

10. Cfr. il V. di Matteo 10, 16: “… prudenti come i serpenti e puri come le colombe”.
La prudenza, una delle quattro virtù cardinali, è ciò che fa discernere il bene dal male,
la retta ragione (ma anche comprendere, in una visione più ampia, la loro relatività);
seguono la giustizia, la volontà di difendere i propri e gli altrui diritti; la fortezza, la
costanza e la fermezza nel perseguire il bene resistendo alle difficoltà; e la temperanza,
ciò che modera l’attrattiva dei piaceri dei sensi e dei beni materiali.
– Un problema di salute può veramente essere risolto solo attraverso un rimedio a “pari
livello” di ciò che ha originato il problema stesso, o a un livello superiore. Un’origine
emozionale, ad esempio, non può essere risolta da rimedi sul piano fisico (sintomatici
in questo caso), a meno che questi non influiscano sulla causa emotiva, ma agendo sullo
stesso piano emozionale, o mentale o spirituale, in relazione con la causa originaria.
– Un metodo noto per calcolare la quadratura di estensione si basa sul rapporto
diametrale Terra/Luna, le cui misure (12.745,6 e 3.476 km) in proporzione sono 11 e 3;
per cui: (11+3)/11 = 1,273. Un rapporto utile anche per approssimare π: 11x4/(11+3).
– Nel V secolo d.C. l’astronomo cinese Zu Chongzhi scoprì il valore di pi greco più
preciso ottenibile da un semplice rapporto: 355/113 = 3,141592. Sei decimali corretti!
152
Per mezzo dell’informazione la potenza si fa atto, la materia si fa
espressione. Attraverso un processo per gradi che, dapprima
a somiglianza e, infine, a immagine divina, accompagna l’uomo al
compimento della propria perfezione ancora in nuce. Mediante
l’incarnazione di armoniche via via di ordine superiore, di cerchiature
quadraturali sempre più ampie. Attraverso la quadratura filosofale11.

Da ciò, l’espansione della coscienza è data, per affinità con la luce, da:

compassione, superamento del giudizio o della dualità, gratitudine,

perdono, bellezza, gioiosità, armonia, altruismo, creatività, etica, virtù,

giustizia, fede, unione, pace.

La contrazione invece è data, per affinità con l’oscurità, da:

odio, rabbia, invidia, giudizi venefici, preoccupazioni, pessimismo,

paura, infelicità, vizi, egoismo, prevaricazione, divisione.

11. Il significato della transustanziazione, la trasformazione di una sostanza in un’altra.


La quadratura del cerchio è, nell’essenza, un’equazione geometrica. Essa rappresenta
un’affinità, una sintonia o “consonanza capacitiva” tra due figure geometriche, o ciò
che queste simbolizzano. Ciò in quanto una pari superficie capacitiva (capacitivo da
“capacità”) permette un mutuo scambio informativo, così come due bicchieri di pari
capacità, o riempiti allo stesso livello, emettono la stessa nota, cioè possono risonare.
Si pensi all’accordatura e alla risonanza “per simpatia” negli strumenti musicali, o alla
sintonia radio (sintonia data dalla variazione, tramite una manopola, della superficie
capacitiva di un condensatore variabile, cioè la sua variabile capacità di contenere
cariche elettriche). In questo senso, una forma di sintonia o collegamento tra la dimen­
sione celeste e quella terrena è data dal simbolo: matematico, geometrico e musicale.
– Il valore dell’area del cerchio della quadratura di estensione è pari a quello del pro­
prio diametro (1,273), e all’inverso dell’area del cerchio inscritto nel relativo quadrato.
– Un esempio sul rapporto determinato/indeterminato (p. 127) è dato dai livelli della
Tetraktys, linea, piano e solido (p. 123), in relazione agli strumenti musicali a corda e a
fiato (linea) con suono determinato, che producono cioè precise note; e quelli a percus­
sione (piano) con suono determinato, timpano, e indeterminato, tamburo, gong …
– Con la fisica quantistica, la scienza si è affacciata alla comprensione di una visione
del mondo che si avvicina sempre più a quella delle tradizioni spirituali. Un importante
contributo, in questo senso, è stato dato dal fisico e filosofo americano David Bohm.
Nella sua visione, la realtà manifesta soggiace a un ordine nascosto, l’ordine implicito
(o implicato, da “implicate order”), un oceano di energia (vuoto quantistico) aspaziale e
atemporale (vd. il principio di “non località” o entanglement quantistico*), che permea
l’intero universo fenomenico spazio temporale, l’ordine esplicito (“esplicate order”).
Un ordine implicito spiegato principalmente attraverso la nota metafora
dell’ologramma, un modello della realtà la cui struttura informativa complessiva è
racchiusa in ogni sua parte, fino alla sua più piccola singola particella.
* Entanglement, “correlazione, intreccio”: interazione istantanea a distanza, anche
astronomica, tra due particelle atomiche in fase tra loro, inizialmente unite poi separate.

153
Il primo giorno della Genesi, nella prima fondamentale divisione
dell’Uno indifferenziato – attraverso la creazione del cielo e della terra,
della luce disgiunta dalle tenebre – si apre lo scenario dell’ordinamento
e dell’ornamento del mondo. Dove, in principio, l’Occhio di Dio si
schiude: il creatore si fa creazione, l’osservatore si distingue
dall’osservato, la luce origina la visione. Ciò che è così rappresentato:
dal primo cerchio, tracciato sull’abisso, il kaos, si disgiungono la terra
e il cielo, così da formare la mandorla primordiale; e, parallelamente,
un cerchio concentrico, l’iride, in rapporto di due a uno, o di ottava, con
il primo cerchio, il globo oculare, origina l’Occhio, il kósmos.

L’Occhio cosmico, come raffigurato anche nel rosone di Notre Dame,


ha al suo centro un cerchio più piccolo, in rapporto di tre a uno, o di
quinta, con l’iride: la pupilla, il centro in cui è riflesso l’intero universo.

Rosone – Occhio di Dio – di Notre Dame, Parigi.

E Diagramma della coscienza e della creazione.

154
Occhio della saggezza.
Manoscritto islamico,
XV secolo.

Indubbiamente, la rappresentazione simbolica dell’occhio cosmico più


grandiosa è data dal maestoso Pantheon a Roma. Un’opera architet­
tonica che Michelangelo stesso aveva definito non umana ma angelica.

Pantheon: tempio circolare cupolato in cui è inscrivibile una sfera di ben 43,3 metri di
diametro (il globo oculare); con un’unica apertura alla sommità per la luce, l’oculus, di
8,8 metri di diametro (la pupilla); circondata da una cornice posta in evidenza
dall’ultimo dei cinque ordini di ventotto cassettoni concentrici (l’iride).

155
Il cielo e la terra, e tutto ciò che sta in mezzo, costituiscono i differenti
aspetti di un’unica realtà; ciò che la geometria sacra simbolizza attra­
verso una successione di cerchi e quadrati inscritti gli uni negli altri.
Il Diagramma della coscienza e della creazione, sopra raffigurato, che
costituisce lo sviluppo di quanto già introdotto nel capitolo precedente,
rappresenta i livelli di coscienza dell’universo e la sua struttura. Esso è
composto da quattro corone circolari (dal gr. korònē, “ogni cosa”) con
progressione geometrica in ragione di “√2”, cioè definite ciascuna da un
quadrato inscritto; più il centro, a completamento. Questi livelli, a
partire da quello più ampio – dal regno celeste al regno terreno –
nell’uomo rappresentano, nell’ordine: la dimensione animica, quella
spirituale, quella fisico-biologica, base strutturale organica di quella
spirituale, e infine quella fisica (inorganica). Gli stessi livelli
simbolizzano i quattro elementi: il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra, più
un quinto, tra aria e acqua, come vedremo; quindi la Tetraktys, di cui il
Diagramma (cosmogramma) costituisce una rappresentazione parallela.
Diagramma che, il ridursi o l’ampliarsi delle superfici circolari, riman­
da simbolicamente alle variazioni della pupilla dell’occhio umano12.
Ciascuna delle quattro corone, infine, anch’esse raffigurabili nello stato
decentrato, racchiudono al loro interno due cerchi, o livelli intermedi,
con funzioni “connettive” o mediatrici tra i livelli stessi e le corone.

12. Il dilatarsi o restringersi della pupilla è in rapporto all’intensità della luce a cui essa
è esposta; o al focus dell’attenzione, l’interesse suscitato in base a ciò che essa osserva.
Nel pensiero platonico, la vista è assimilata al processo cognitivo dell’intelletto, alla sua
capacità di cogliere l’essenza delle cose: la “vista della mente” (Simposio, 219a).
Nel Timeo, l’intelletto è considerato come una struttura a cerchi concentrici affine a
quella del cosmo, con il quale può entrare in sintonia traendone conoscenza e retta com­
prensione (47b-c; 90d). La creazione del cosmo è realizzata a partire dai quattro
elementi (31b-c); i quali sono “proporzionali tra di loro nella medesima proporzione”,
per cui, se le proporzioni sono le stesse “tutti sono una unità” (32a-b). Cfr. i quattro
elementi nella Genesi biblica. L’occhio umano si presenta formato da un globo oculare
bianco del diametro di circa 23 mm; un’iride colorata che misura tra i 10 e i 12 mm, 1/2
del globo oculare; e una pupilla nera il cui diametro, non fisso, può variare tra i 2 e gli 8
mm, e mediamente tra i 3 e 4 mm, cioè 1/3 dell’iride. Variazioni estreme della pupilla
(diminutivo di pupa perché riflette rimpicciolito ciò che osserva) a cui corrisponde un
rapporto diametrale di 1:4 e areale di 1:16. Parallelamente, nel Diagramma della
creazione a ogni passaggio da cerchio a cerchio, o da quadrato a quadrato, corrisponde
un raddoppio o un dimezzamento delle relative superfici; e, ogni due passaggi, delle
dimensioni. Cfr. l’Occhio di Horus (frazionario); Kore kosmou, “Pupilla (o Fanciulla)
del mondo” in Stobeo, Antologia, I 49, 44; la struttura di Atlantide in Crizia, 113 D; e il
Gilgal Refaim, in ebraico “Ruota dei giganti”, un’opera in pietra nelle Alture del Golan.

156
Detti livelli intermedi – come anelli dell’Aurea Catena Homeri –
spiegabili come “campi in-formanti”, sono dati dalla quadratura del
cerchio di estensione (4/π) e dalla quadratura del cerchio di superficie
(√4/π, valore vicino alla 6√2).

Rapporti dei livelli interni ai cerchi


circoscritto e inscritto al quadrato di lato 1
1,414 Cerchio
Sostrato √2
Diam. = Diag. circoscritto
1,273 Quadratura
Forma 4/π
(= 1,1282) di estensione
1,128 Quadratura
Sostanza √4/π (≈ 6√2 = 1,122) di superficie
Cerchio
Sostrato 1 Diam. = Lato
inscritto

“Elementi” negli elementi

Dei suddetti livelli, o “valori quadraturali”, la quadratura di estensione


corrisponde alla forma, l’informazione che guida l’intero processo
creazionale. La quadratura di superficie, in posizione intermedia,
corrisponde alla sostanza, l’insieme di forma e sostrato. Il quadrato,
con i relativi cerchi inscritto e circoscritto, corrisponde infine al sostrato
(dal lat. substernere, “stendere sotto”), ossia alla forma in potenza che
diviene forma in atto; ciò attraverso i diversi livelli creazionali, di cui
quello fisico, o della manifestazione, è l’ultimo13.
Il cerchio è potenza e il quadrato è atto. In una catena, tra cielo e terra,
in cui ciò che è atto diviene potenza rispetto a un livello inferiore.
I valori √4/π e √2, in particolare, nello spazio della seconda corona del
Diagramma della creazione, quella spirituale, corrispondono ai già noti
centro di quadratura (chakra sacrale) e il livello di soglia dello spazio S
in cui è delimitato lo spazio psichico (vedi le note a pagina 94 e 98).
Forma, sostanza e sostrato, sempre nella seconda corona, corrispondono
dunque al mentale, all’emozionale e al vitale; alla coscienza dell’uomo
che, seppur appartenente al piano spirituale, nasce a questo mondo e ha
esperienza della realtà attraverso il proprio corpo e la propria mente,
con i quali è interfacciata e con cui s’identifica.
13. Cfr. Timeo 50c/d, i tre generi: ciò che è generato, ciò in cui è generato, e ciò … da
cui è generato; Dante, Pd XXIX, 19-36: Forma e materia … e sustanze (e XXXIII, 88);
e Aristotele, Metafisica VII, 1042: Sostanza è … il composto di materia e di forma.

157

D'oro al cielo appendete una catena …


o Divi e voi Dive … ed alto tutte da
quella penderan le cose.
Omero, Iliade
Fuoco

Aria

Φ
ϕ

Acqua

Terra

Concatenazione geometrica quadraturale (visione generale e particolare).

Nell’immagine sopra, sono illustrate le quattro corone decentrate14, di


cui solo le prime due raffiguranti gli intervalli dei livelli intermedi
(i cerchi tratteggiati). Nella stessa immagine, i centri dei suddetti livelli
formano come una catena, la parte superiore, composta da determinanti
di misura de/crescente. I quali, comprese le corone, danno forma a una
concatenazione di sei quadrature, o a una “scala quadraturale”15.
Tale schema geometrico riprende e completa quello in relazione allo
spazio S introdotto nel capitolo precedente; schema il quale integra i
livelli dimensionali e informanti del monocordo cosmico.

14. Si noti come il 5° elemento, indicato con “Φ”, come vedremo più avanti, incorpora
il rapporto aureo “ϕ” come parte di un segmento; vd. a p. 28. Cfr. Windsor, RL 19132r.
15. Scala la quale, espressa in numeri, è così data: 1-1,128-1,273-1,414-1,595-1,8-2.
– Le rappresentazioni geometrica e musicale del mondo si integrano reciprocamente: il
solo elemento fuoco comprende tutte le ottave animiche del monocordo, dalla 3a in su;
viceversa, la 1a ottava tutti gli elementi terreni; e la 2a ottava, spirituale, l’elemento aria.
– Alle ginocchia corrispondono tradizionalmente la terra e l’investitura (genuflessione).

158
Il Diagramma della coscienza e della creazione – emblema dell’Imago
Mundi – l’essere il simbolo della pupilla e, parallelamente, dell’occhio
nella sua totalità, rimanda alla visione del mondo, il modo in cui lo si
concepisce e, pertanto, lo si crea e trasforma; e così noi stessi.
La quadratura del cerchio rappresenta, quindi, la proiezione
manifestante delle immagini mentali ed emozionali, individuali e
collettive, in rapporto all’ampiezza della stessa visione. Per cui, tanto
più questa è grande, quanto maggiore è il potere dell’uomo di realizzare
il proprio potenziale divino – la Sovranità dell’anima – e, dunque, di
co-creare con l’universo. Di determinare liberamente la propria realtà.

Visione umana dissonante e, tramite “capovolgimento”, consonante con quella animica.

L’apertura visuale, o l’elevazione della coscienza, è data dall’universalità e dall’amore,

mentre la chiusura visuale dal materialismo, dall’ignoranza e dall’egoismo.

Il rapporto diametrale di 1:4 tra il 1° e il 5° cerchio del Diagramma della creazione può

essere dato, come sopra illustrato, da soli due triangoli equilateri, uno inscritto

nell’altro; e con interposto tra questi un 3° cerchio, il demarcatore tra spirito e corpo.

– La stella a cinque punte (pentagramma), figura geometrica con in sé insito il rapporto


aureo (ϕ), simbolizza la perfezione dell’uomo: l’armonia dei quattro elementi, i quali,
insieme a ϕ, sono rappresentati dalle sue cinque punte. Armonia, in particolare, data
dalla stella rivolta verso l’alto, verso il principio celeste, origine e significato della vera
bellezza. Stella che se, invece, è rivolta verso il basso è svuotata dello stesso principio.
– In oriente, la tradizionale pratica taoista comprende tre stadi di sviluppo spirituale:
al 1° stadio corrisponde l’unione di mente, corpo ed energia; nel 2° la mente conscia si
lega a quella inconscia; nel 3° la coscienza individuale si fonde con quella cosmica.
Stadi, questi, riferibili a tre sensi della presenza (dello spirituale), o livelli di coscienza.
– La Purezza del cuore, attributo dell’anima, è ciò che costituisce il principio e il fine di
ogni disciplina spirituale. Ciò che, espresso nell’armoniosa identificazione con il tutto,
rende possibile ogni cosa. Cfr. con l’evangelico: “Cercate prima il Regno dei cieli
[interiore] … e ogni altra cosa vi sarà data in sovrappiù”; V. di Matteo 6, 33.
– Nell’antica Gnosi (dal gr. gnosis, “conoscenza”) erano contemplati tre tipi di uomini;
ciò in relazione a hyle (“terra, corpo”), psiche (“mente”) e pneuma (“soffio, spirito”).

159
Ora, rispetto al divino che è in noi, sono movimenti affini i pensieri
(delle armonie) dell’universo e i movimenti di rotazione circolare16.
Perciò ciascuno in accordo con questi … bisogna che renda simile,
secondo la natura originaria, il pensante e il pensato, e, dopo averli
fatti simili, raggiunga il fine della vita più bella che gli dèi hanno
proposto agli uomini per il tempo presente e per l’avvenire.
Platone, Timeo 90d.

***
L’uomo sta all’infinito

come una cellula alla Via Lattea,

un elettrone all’orbita terrestre

e l’infinitesimo all’uomo.

TUTTO È UNO

LA SCALA ASSOLUTA17

Nella chiusura a cerchio di una corda, i suoi capi cessano di essere l’inizio e la fine,
perché ogni punto nel cerchio è, allo stesso tempo, inizio e fine. Allo stesso modo, ogni
cosa è solo in apparenza superiore o inferiore a un’altra, come i gradini di una scala.

Il caos sorge quando si prende il relativo


per assoluto e l’assoluto per relativo.

16. Affinché l’uomo, contemplando le circolazioni dell’Intelligenza cosmica, l’armonia


divina che tutto abbraccia, corregga le proprie circolazioni del pensiero, a esse affini;
cioè traendo insegnamento dall’armonia cosmica possa divenire egli stesso armonioso.
Cfr. p. 32; vd. Timeo 33-4, 47a/c; Plotino, Enneadi II, 2, 1; e cfr. Pd XXXIII, 144-5.
17. Cfr. Salita e Discesa di Escher - Penrose, e la musicale Scala di Shepard.

160
Le cose tutte quante

hanno ordine tra loro, e questo è forma

che l’universo a Dio fa simigliante.

Paradiso I, 103-5

Giungiamo ora al Fiore della vita o, in particolare, al Cubo di Metatron.


Esso è strutturato secondo cinque livelli, cioè quattro ordini circolari di
sei cerchi ciascuno intorno a un unico cerchio centrale18. Livelli ai quali
corrispondono i cinque solidi platonici (vedi di seguito) e, a loro volta, i
quattro elementi, più il quinto. Dall’interno all’esterno, racchiusi gli uni
negli altri, abbiamo: il tetraedro, l’ottaedro, il dodecaedro, l’icosaedro
e l’esaedro; corrispondenti rispettivamente al fuoco, l’aria, l’ornamento
(intermedio), l’acqua e la terra. Al tetraedro, il fuoco, corrisponde la
dimensione divina o animica; all’ottaedro, l’aria, il mentale; all’ico­
saedro, l’acqua, l’emozionale; mentre al cubo, la terra, il sensoriale e il
fisico19. Il quinto elemento (Φ), “l’ordine” 20, in greco kósmos, è il nome
dato dai Greci all’universo: un insieme di armonia, eleganza e bellezza.
Bellezza, tralucere del divino, di cui l’uomo, quale microcosmo, ne è la
più alta espressione; nonché l’attributo a lui più vicino capace di
conquistargli la mente e ridestargli le ali21. Come la bellezza riflessa
nel mondo o quella a cui l’arte umana ha dato sublime corporeità.
Da ciò, come la matrice numerica a X dell’Anima del mondo è basata
sulla reciprocità delle sue parti, così, nella rappresentazione geometrica
del mondo, la struttura del Diagramma della creazione è inversa rispetto
a quella del Cubo di Metatron. Cioè, nel Cubo c’è un movimento, dal
celeste al terreno, dall’interno verso l’esterno; nel Diagramma,
viceversa, dall’esterno verso l’interno; poli opposti, interno/esterno,
entrambi sede del divino, “inchiuso da quel ch’elli ’nchiude”.
In questo sviluppo dei due ordini – dove il dodecaedro è presente anche
nel Diagramma della creazione – i solidi platonici (o poliedri regolari)
s’incrociano secondo il “rapporto duale”, come illustrato di seguito.
18. Cerchi i cui centri sono circoscrivibili dai valori: “centro”, 1, √3 (op. √5 -1/2), 2 e 4.
19. Ogni espressione psichica dell’uomo, sensitiva, emozionale e mentale nella seconda
corona (vd. p. 157) riflette l’elemento della stessa corona e delle altre. Ovvero, nel
sensitivo si riflette la fisicità corporea in relazione con il centro corone, corrispondente
alla terra; nell’emozionale e immaginativo la sfera della quarta, l’acqua; nel mentale la
chiara intelligenza della seconda, l’aria; nella intuitività l’animico della prima, il fuoco.
20. Vd. Timeo 55c. Identificato anche con l’etere che, in realtà, è “aria purissima”, 58d.
21. Vd. “pigliare occhi, per aver la mente”, Pd XXVII 92; e Plotino, Enneadi VI, 7, 22.
– C’è una curiosa affinità tra il 2 e il 5: 1/[(√5x10)/10]= √2; e 1/[(√23x10)/10]= ϕ -1/2!
161
Rispondenza tra i livelli
del Cubo di Metatron e
i cinque solidi platonici.

– Un poliedro è duale di
un altro poliedro quando
a ogni vertice del primo
corrisponde il centro
della faccia del secondo,
e viceversa. Nei cinque
solidi platonici, il
tetraedro è il duale di se
stesso (autoduale),
Poliedri reciproci (duali) con mentre sono reciproca­
successione inversa tra loro, mente duali il cubo con
nel Cubo di Metatron e nel l’ottaedro e l’icosaedro
Diagramma della Creazione. con il dodecaedro.
162
A lato, abbiamo quattro configurazioni circolari di sei cerchi ciascuna.
Quella terra, in cui i cerchi sono separati tra loro, che corrisponde alla
realtà terrena, dove ogni cosa appare separata l’una dall’altra. Quella
acqua, in cui i cerchi si toccano, che corrisponde al piano emozionale
attraverso il quale si ha una prima e superficiale forma di contatto con
l’altro22. Quella aria, in cui i cerchi si compenetrano per metà, e che
corrisponde al piano mentale attraverso il quale la realtà può essere
compresa più profondamente; e qui ci ricolleghiamo alla visione addi­
tiva del mondo o, al contrario, a quella sottrattiva, ovvero alla visione
unitaria o a quella duale. E, infine, abbiamo un unico cerchio centrale,
il fuoco, che corrisponde al piano animico. L’ordine (Φ), invece, non è
propriamente un elemento ma una “funzione”, mediante la quale gli
elementi si strutturano e danno forma a un mondo bello e armonioso.
Esso è simbolizzato dal dodecaedro, sotteso dal rapporto aureo Phi (ϕ),
contenuto sia nel Cubo di Metatron che nel Diagramma della creazione,
e in quest’ultimo espresso dalla forma come radice di Phi (4/π ≈ √ϕ).
Nel Cubo e nel Diagramma, in relazione alla poliedricità duale, la
sensibilità per la bellezza (riferita al dodecaedro) si accompagna a
quella per le emozioni (icosaedro); la mente razionale (ottaedro), di chi,
come si usa dire, è “quadrato”, si relaziona al senso pratico (esaedro o
cubo), e viceversa23. L’amore (tetraedro), invece, risponde a se stesso24.

22. Superficiale, perché le emozioni non consentono una comprensione profonda della
realtà, pertanto si prestano a veicolare qualsiasi contenuto, vero o falso, indistintamente.
Il simile conosce il simile, così come la coscienza di superficie (sfera emozionale)
conosce la realtà di superficie (realtà apparente, opinabile). Le emozioni appartengono,
nei livelli della Tetraktys, al “piano”, cioè la superficie; di cui quella naturale più
perfetta è l’acqua, cioè l’elemento di appartenenza delle stesse emozioni: la superficie
speculare (se non “agitata”) in cui si riflette il mondo esteriore. Emozioni la cui visione
di superficie si contrappone alla “linea”, cioè al filo logico e chiaro del pensiero.
Cfr. Repubblica, VI 510a e VII 515a-c: “l’immagine (ombre, riflessi) sta al modello
(ciò che ci circonda), come l’oggetto dell’opinione sta all’oggetto della conoscenza”.
23. Cfr. con gli attributi degli emisferi cerebrali emozionale (intuizione, creatività,
capacità di apprezzare l’arte) e razionale (logica, concretezza, linguaggio); vd. pp. 52-3.
24. Non si può non rimandare, a tal proposito, al verso tra i più celebri della
Commedia dantesca: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona” (If V, 103), il cui
significato è: “l’amore che a nessun amato risparmia di riamare (a sua volta)”.
– La sfera emozionale corrisponde anche al “bambino interiore”, nel senso simbolico di
bambino puro, non corrotto dall’educazione e dalle esperienze negative della vita; i cui
attributi universali sono l’allegria, la voglia di giocare, di scoprire, di immaginare e
inventare, senza limiti; per cui tutto è possibile, perché privo di credenze limitanti. Una
qualità, un’energia che andrebbe appropriatamente incanalata. Cfr. V. di Matteo 18, 3.

163
POLIEDRI ELEMENTI e condensazioni PIANI O Matrici
Tetraedro FUOCO Animico
Ottaedro ARIA (fuoco) Spirituale
Icosaedro ACQUA (aria e fuoco) Medium universale
Esaedro TERRA (acqua, aria e fuoco) Manifestazione

– Tabella con schema elementale, secondo la visione alchemica tradizionale,


corrispondente al Diagramma della coscienza e della creazione. Ogni elemento,
dall’aria in giù, contiene in sé “condensato” l’elemento-i che lo precedono.
– Un esempio di compenetrazione dei livelli dimensionali è dato dalla mente umana:
essa è di natura fisica (cervello e cervello addominale), spirituale (Sé) e divina (anima);
e ciò in relazione anche alla posizione centrale del cuore e apicale del cervello/pineale.
– Si riportano di seguito alcune relazioni con la divina Matrice numerica creazionale:
il “Triplo sei più uno”. Con il prodotto dei numeri dell’Anima Mundi a forma di “Λ”
(vd. pp. 122-3), abbiamo: 2x3=6, 22x32=62 e 23x33=63, dunque tre volte il numero sei; i
cui esponenti indicano i livelli dimensionali della Tetraktys: linea, piano e solido [unità,
decine e centinaia, in relazione con la X, chi, la 24a (2+4=6) lettera greca (vd. p. 126),
con valore numerico 600; derivante dalla Ξ, csi, la 15a (1+5=6), valore 60; che rimanda
alla 6a, digamma, valore 6]; e con i suoi numeri medi proporzionali: 2x3, 22x3, 2x32
pari a 6, 6x2 e 6x3, anch’essi un richiamo al triplo sei. In posizione apicale al triplo 6,
la matrice del mondo, la cui somma dà 18, c’è il punto, la centralità di Dio, a
coronamento della perfetta Tetraktys, il numero uno – l’Alpha – che sommato a 18 dà
19, e di nuovo uno (1+9=10=1+0=1). Inoltre, se della Tetraktys sommiamo i primi nove
numeri della decade (cioè il sistema numerico decimale) in gruppi di tre, abbiamo:
1+2+3=6; 4+5+6=15 e 1+5=6; 7+8+9=24 e 2+4=6; dai quali otteniamo il triplo sei, e
dalla cui somma con il dieci e riduzione ci dà di nuovo l’unità (cfr. livelli triadici p. 18).
Cfr. i cicli (Sole/Luna) di Saros e metonico, di 18 e 19 anni. La chimica organica basata
sul carbonio: un atomo formato da 6 neutroni, 6 protoni e 6 elettroni. I cromosomi (a X)
del DNA umano: 23 x 2 = 46, da cui 4+6=10 = 1 op. “4 volte 6”, che insieme danno i 5
livelli del Cubo di Metatron (p. 162); con Φ come 23a lettera greca! e insito nel 5 = 2+3
(vd. p. 28). La Stella di Betlemme, un piccolo fiore bianco con una speciale signatura:
6 petali, 6 stami, un ovario di 6 celle, con al centro uno stilo; uno dei trentotto (19x2)
fiori di Bach, il fiore dell’armonizzazione. La struttura della Commedia dantesca, non a
caso, composta di 33 canti per 3 cantiche, cioè (3+3)x3 = 6x3 + 1, il prologo. Infine,
una curiosità: i numeri 355 e 113 del “rapporto di Zu” (vd. p. 152), se sommati insieme,
rivoltando il 2° (da cui 311), danno il triplo sei. Come il quadrato magico del sole.
– Nell’Apocalisse 12-3, i tre piani della creazione, simbolizzati dagli elementi “cielo”
(aria), “mare” (acqua) e terra, ne costituiscono la chiave d’interpretazione allegorica.
Ovvero, il controllo “bestiale” da parte di uomini senza amore, da cui l’elemento fuoco
mancante, di ogni aspetto della realtà. Con il soggiogare cioè l’umanità attraverso il
controllo delle menti (aria), mantenendole ignoranti nell’essenza; dividendo emozional­
mente (acqua) i popoli con l’odio e la paura; e con il controllo delle risorse economiche
(terra). Facendo così della vita dei popoli un inferno. Fino al “tempo compiuto” (21-2).
Si cfr. Genesi 1, 26-8, dove il sesto giorno Dio crea l’uomo a propria immagine, e al
quale concede di dominare sui regni-elementi aria, acqua e terra, in armonia edenica.
– L’umanità, come entità spirituale (Sol2) affine a quella angelica e più vicina a Dio
(Do1), è “caduta” per adempiere al proprio destino e conseguire il suo regale retaggio.

164
Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché

di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi

nella forma che avresti prescelto.

Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai,

secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine.

Pico della Mirandola

La libera scelta pone l’uomo tra la luce e l’oscurità, il bene e il male, la


sacralizzazione e la profanazione della vita. Tra chi, negato Dio, è
arrivato a soggiogare i regni terreni del creato, l’aria, l’acqua e la terra,
i propri simili. E chi, radicato il proprio cuore nell’unico baluardo
inespugnabile, il regno del sacro fuoco, si prefigge invece di ricondurre
i tre regni sotto il legittimo dominio del Dio-Uomo creatore.

Un paradigma universale di vita edenico è quello fondato sulla bellezza.


La bellezza al centro della creazione. La bellezza come amore visibile.
Quella che può nascere come gesto, parola, lavoro, creazione o sorriso.
Quella bellezza che, mediante la forza dell’eros, può condurre dalla
bellezza terrena all'estatica bellezza in sé. Non una vuota estetica, ma
una bellezza con un cuore. Quella simbolizzata dal fiore che può
sbocciare in ogni uomo, la più grande opera d’arte, quando giunge a
concepire in sé il divino. Il Fiore dell’eden, il Fiore dell’Albero della
vita, la Rosa dai mille petali, mille angeliche ali, mille splendidi colori.

Nel ventre tuo si raccese l’amore,


per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Paradiso XXXIII, 7,8 e 9.

Rosone della basilica di S. Chiara ad Assisi, i cui numeri (6, 15 e 30x50/25, cioè il triplo
sei più uno, il centro), con quelli di S. Francesco (12, 14, 46 e 44, cioè 1/2, 1/4, 2/3 e 1),
vd. pp. 107 e 132, simbolizzano la creazione geometrico floreale e musicale del mondo.

165
Mano di Dio e Creazione.
San Clemente, Tahull, Spagna.

(Cfr. con i valori quadraturali, p. 157)

Studio di chiesa a pianta centrale e


cinque cupole di Leonardo da Vinci.
Biblioteca dell’Institut de France.

Motivo geometrico cosmatesco (vd. p. 147)


con circonvoluzioni delle energie elementali.
Cattedrale di S. Maria Annunziata ad Anagni.

166
L’architettura del mondo
Acqua e fuoco
La gloria di colui che tutto move
Per l’universo penetra, e risplende
In una parte più, e meno altrove.
Dante, Paradiso I, 1-3

L’acqua e il fuoco sono due principi cosmici dalle cui forze e


interazione si genera e dipende la vita.

Un fiore ha solo bisogno di un poco


d’acqua e di sole per sbocciare.

Questi due elementi, l’acqua e il fuoco, racchiudono diversi significati.


L’acqua e il fuoco comuni si combattono reciprocamente e per poter
agire tra loro, senza dissolversi a vicenda, devono essere tenuti separati,
come l’acqua nella caldaia sul fuoco. A livello chimico invece possono
originarsi a vicenda. Acqua e fuoco sono opposti ma, a un tempo, inti­
mamente affini. Dall’acqua, scindendola, abbiamo idrogeno e ossigeno,
e da questi, riuniti con il fuoco, abbiamo nuovamente l’acqua1.

Ogni cosa è acqua e fuoco allo stesso tempo. L’anima universale,


oceano di luce, è un’acqua e un fuoco sottilissimi in perfetta armonia.
Da questi, per gradi discendenti e differenti specificazioni, si arriva alla
materia e agli uomini, gocce d’acqua più grossolane con in sé fuochi di
varia intensità e differente natura. La vita è dunque espressione di
infinite forme di cui l’acqua, come un mare cosmico2, è matrice ma
anche, come gocce, singole realtà. Mentre, grazie al fuoco la vita si
genera, attiva e muta costantemente.

1. Tale fenomeno si può facilmente sperimentare tramite una comune candela: basta
infatti tenere per qualche minuto un bicchiere freddo capovolto sopra una candela
accesa per poter osservare la formazione di una condensa d’acqua al suo interno.
Questo avviene perché nella cera della candela è presente idrogeno che, bruciando con
l’ossigeno contenuto nell’aria, produce acqua.
Secondo le antiche teorie dei quattro e dei cinque elementi, nelle culture occidentali e
orientali, l’acqua e il fuoco sono energie contrapposte in grado di trasmutarsi
reciprocamente, l’una nell’altra, in maniera analoga al succedersi ciclico delle stagioni.
2. Acqua cosmica come lato femminile di Dio. Vd. Asheràh, regina del cielo, in
Geremia 44, 18; e gli uomini a immagine di Dio, maschio e femmina, in Genesi 1, 27.

167
Per orientarti nell’Infinito, distinguer devi e dopo unire.
J.W. Goethe

Non bisogna confondere la luce visibile con la vera luce sottile del
fuoco cosmico; perché, paradossalmente, è proprio la luce visibile,
quella solare che illumina la terra, a creare l’illusoria rappresentazione
della realtà: dove tutto si manifesta attraverso il contrasto di colori e di
forme che appaiono le une separate dalle altre. Solo invece attraverso
l’invisibile luce del fuoco spirituale, anche nell’oscurità, è possibile
riconoscere l’unità delle stesse cose3. La luce del giorno, espressione
dell’esteriorità, rende invisibile l’immensità del cielo notturno – dove
“s’annega il pensier” – simbolo della vastità dell’anima.

Purificando e armonizzando l’acqua e il fuoco interiori, risuoniamo


con il fuoco e l’acqua cosmici, oceano di stelle, dai quali originiamo.

Nell’asse sacro coronale, monocordo di luce, nella radice del quale è


celato un mistero4, lì attende di ridestarsi, a uno scotimento della
coscienza, l’essenza divina dormiente, la Sposa promessa al suo Sposo.
Allora, ascendendo come un dolce suono verso la corolla fiorente,
“ardendo in sé, dispiega le bellezze eterne”, lo schiudersi dei fiori
eterei e l’intonarsi del canto degli armonici.

3. Il simbolismo dell’acqua e del fuoco trova espressione in molte forme differenti.


Ad esempio, nella favola di Apuleio, Eros e Psiche, si può cogliere lo stesso significato
nella passione che coinvolge gli amanti protagonisti del racconto. Eros, il fuoco, è il
simbolo dell’amore misterioso, invisibile ma percepibile, avvolto nel “buio”; Psiche,
l’acqua, è la coscienza corporea, basata sulla ragione e quindi sul dubbio, cioè la realtà
visibile che necessita della “lampada”. La separazione dei due amanti, il periodo di
lontananza e le prove che Psiche deve affrontare, prima che si possano di nuovo
ritrovare, rappresenta il percorso di crescita dell’uomo e l’integrazione in se stesso dei
suddetti principi in apparenza inconciliabili. Un significato che consuona, nell’essenza,
con il motto latino: Per aspera ad astra, “attraverso le asperità sino alle stelle”.
Si consideri, in questo senso, anche l’espressione “a occhi chiusi”, che richiama, in un
certo qual modo, un senso di “unione” come, ad esempio, il riporre la fiducia in altri, la
padronanza dei propri mezzi o il raccogliersi in se stessi.
4. Il chakra Muladhara e la Kundalini dormiente. Vd. anche il Luz nella Kabbalah.
– In principio, da un oceano cosmico originarono i mari della terra (Genesi 1, 9-10). Un
oceano oggi interpretato come costituito da infinite molecole d’acqua disperse nello
spazio interstellare. Cfr. H2O di Philip Ball.
– L’acqua e il fuoco si riferiscono, simbolicamente, anche alla rinascita/risveglio
spirituale, ciò in relazione al battesimo con l’acqua e con lo spirito (mediante il crisma).

168
Riprendendo la cosmogonia biblica, del capitolo precedente, il secondo
giorno della Genesi, dopo l’opera di ordinamento del cielo e della terra,
del giorno e della notte, avviene l’opera di separazione delle acque che
sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento.
Firmamento che, in ultimo, il quarto giorno, Dio orna con i luminari,
sole e luna, e le stelle. È raffigurata così, nell’essenza, la creazione
biblica del cosmo. Creazione con analogie in altre antiche cosmogonie.
Dunque, dalla primeva Acqua delle acque, antecedente alla creazione,
origine di tutti gli elementi, abbiamo con la prima separazione, nella
formazione dell’Occhio divino, il globo oculare e l’iride. Suddivisi
ciascuno negli elementi fuoco e aria per il globo, e acqua e terra per
l’iride. E dove l’elemento aria è rappresentato dal firmamento, cioè il
cielo, il cui sopra e sotto è simbolizzato dalle acque.
Ora, le acque superiori rappresentano la verginea materia primordiale,
l’Acqua della vita in cui è radicato “l’Albero che vive della cima”
(Pd XVIII, 29). Mentre, lo Spirito divino che aleggia sulle acque,
simbolizzato dal fuoco, corrisponde al Logos, il Suono, l’energia
informante che impronta di sé la prima materia.
Da ciò, un’acqua ignea o un fuoco acqueo che come onde concentriche,
come scie circumpolari, si propagano attraverso l’abisso.
Acqua e fuoco, corpo e forma quali sacri principi sempiterni,
femminile e maschile, all’origine dell’intero creato.

Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro

movesi l'acqua in un ritondo vaso,

secondo ch'è percosso fuori o dentro.

Paradiso XIV, 1-3

Come abbiamo visto precedentemente, ogni livello dimensionale del


Diagramma della coscienza e della creazione, cioè le corone
rappresentanti i quattro elementi, è suddiviso a sua volta in tre livelli
intermedi indicati come forma, sostanza e sostrato. Livelli questi,
nell’insieme, raffigurabili come cerchi concentrici simili a quelli
prodotti da una goccia che cade in uno specchio d’acqua. I cerchi
concentrici, infatti, ma anche le linee ondulate o a zig-zag, sono antichi
simboli dell’acqua diffusi in tutto il mondo. Il cui significato si può
racchiudere, essenzialmente, nella propagazione dello spirito divino
attraverso i diversi livelli della realtà; così come il suono si propaga
nell’aria. Una rappresentazione, questa, che ha origine nel simbolismo

169
dell’Occhio divino, o di entrambi i suoi occhi. Dei quali, in particolare,
l’occhio sinistro è rappresentato dal Diagramma della creazione e dal
Cubo di Metatron (reciproci); mentre l’occhio destro dal Monocordo
cosmico, cioè dai suoi cerchi dimensionali (autoreciproci, pagina 122).
Rappresentazioni analitiche, di entrambi gli occhi, sovrapponibili in
una visione di sintesi unitaria: l’Oculus Dei.

MONOCORDO DIAGRAMMA OCCHIO


Struttura matematica base: COSMICO CREAZIONE DIVINO
1, :2, :2, :2, : 2 e 1, : 2, : 2, : 2, : 2. Occhio destro Occhio sinistro unitario

L’aria è l’unico elemento, tra i livelli dimensionali del Diagramma, ad avere un


rapporto di circa uno a uno con un’ottava del monocordo, cioè con la seconda, quella
psichica. Nell’aria, infatti, troviamo i livelli quadraturali forma, sostanza e sostrato in
corrispondenza pressoché simmetrica con gli attributi psichici mentale, emozionale e
vitale del monocordo. Aria la quale può essere definita come il “regno della luce”, in
quanto la luce può diffondersi liberamente in essa, nell’atmosfera e nello spazio
cosmico, cioè nel firmamento. Luce nella cui rifrazione cromatica possiamo riconoscere
una corrispondenza tra le triadi dei rosso-verde-blu e quelle psichiche della seconda
ottava, da una parte, e dei giallo-azzurro-viola, con i livelli quadraturali, dall’altra.
170
Occhio divino come sintesi dei sottostanti schemi creazionali

“Occhio di Horus”
Circoli frazionari dell’Occhio di
Horus (sinistro); vd. p. 148.

Tabella delle corrispondenze propor­


zionali tra i diversi schemi creazionali
attraverso i loro basilari valori nume­
rici frazionari rapportati tutti all’unità.

OD MC DC CM OH
1 1 1 1 1
15/16
7/8
3/4
1/√2 1/√2
1/2 1/2 1/2 1/2 1/2
√3 /4
1/2:√2 1/2:√2
1/4 1/4 1/4 1/4 1/4
1/4:√2
1/8 1/8
1/16
– – – CENTRO –

– Cfr. anche con il Cubo di Metatron


come figura piana (2D), pp. 146-7.
– Vd. anche le note a p.156 e in quella
seguente.

171
“La nostra effige” al centro dell’Occhio di Dio.

Cattedrale di Anagni (cripta), XII - XIII secolo.

L’HOMO come riflesso del cosmo nelle rispondenze con gli elementi.

Al vivente che deve comprendere in sé tutti i viventi è conveniente quella forma


che comprende in sé tutte quante le forme … la sfera … ossia la più perfetta.
“Occhio cosmico”, Timeo 33b.

– Per Platone le idee sono l’essenza, la forma archetipica delle cose, conoscibili
attraverso il puro intelletto, l’occhio della mente (dal greco idéa “aspetto, forma”, dalla
stessa radice di idêin “vedere”). Una mente concepita come una struttura a cerchi con­
centrici simile alla struttura del cosmo, con il suo cielo stellato, e con il quale essa può
per affinità consonare; vd. nota a p. 160. Cfr. “l’occhio de la mente” in Pd X, 121.
– Quella dell’occhio divino è un’antica concezione diffusa globalmente. La cultura
hawaiana, la cui origine si perde nella notte dei tempi, comprende l’Occhio di Kanaloa
(“dio del mare”), il quale simbolizza l’uomo che ha integrato in sé gli aspetti polari,
materiali e spirituali, dell’esistenza. Esso è formato da quattro cerchi concentrici che
rappresentano i livelli dimensionali dell’universo, dal cui centro s’irradiano otto linee
(dritte o ondulate) o “corde” che collegano, come in una ragnatela, i suddetti livelli.
– Il simbolo del Tao (vd. nota a p. 126), posto anche orizzontale, richiama anch’esso,
con le sue parti costitutive, la struttura dell’occhio. Abbiamo, infatti, all’interno di un
cerchio, due cerchi minori in rapporto di 1/2 con il primo e, all’interno di questi, ancora
un cerchietto più piccolo in rapporto di 1/8 circa. Nell’insieme a simbolizzare la visione
duale dei principi yin e yang, acqua e fuoco, terra e cielo, e un lungo elenco di rispon­
denze. Cerchi minori, infine, sovrapponibili sinteticamente nella forma di un occhio.

172
L’Architetto del mondo, Bibbia Moralizzata, XIII sec.

L’acqua e il fuoco sono anche i simbolici strumenti architettonici nella creazione del
mondo: l’acqua, da cui la livella ad acqua, quindi il regolo e la riga; e il fuoco, la
fiamma i cui raggi (cfr. il raggio del cerchio) s’irradiano uniformemente tutt’intorno,
come nel Sole, il cui simbolo è un cerchio con un punto al centro, da cui il compasso.

– Secondo il fisico Emilio Del Giudice, l’acqua, l’unica sostanza con la proprietà di
risonare con qualunque cosa, è il mediatore che permette il collegamento tra molecole
(energie) con pari frequenza attraverso uno stato o fase di coerenza. In modo analogo di
ciò che accade nel vuoto quantistico [universo animico] che, in quanto al di là dello
spazio-tempo, collega tutti i corpi, mai isolabili dal vuoto, in uno stato di fase tra loro.
– Un bell’esempio di uno stato di fase (visibile nel Web) è dato dalla sincronizzazione
spontanea di alcune decine di metronomi, oscillanti con pari frequenza, se posti sopra
una base mobile in grado di fare da mezzo di oscillazione o di “dialogo” comune.
– L’occhio, oltre alla sua geometria e alla visione triadica, simbolicamente, rimanda
anche a: l’essere d’acqua (umor acqueo e vitreo) e l’avere un “Axis” (canale ialoideo).
– Tra i simboli alchemici indicanti l’acqua e il fuoco abbiamo il triangolo rivolto in su e
il triangolo rivolto in giù, i quali posti l’uno sull’altro formano la nota stella a sei punte.

173
174
La chiusura del cerchio
Il fine ultimo di ogni cammino spirituale è il consapevole ricono­
scimento, da parte dell’uomo, della propria natura divina. Natura che
egli non può conseguire solo attraverso un percorso di crescita ma, a un
certo punto, solo riconoscere già in se stesso. Ovvero, spostando la
coscienza dallo stato del divenire a quello dell’essere, cioè elevando il
proprio livello di identificazione dal piano psichico a quello animico.
Infatti, come sosteneva Platone, ricollegandosi al pensiero di
Empedocle: “Il simile conosce il simile”. Con ciò a significare che se
nell’uomo non fosse insita la natura divina gli sarebbe impossibile
riconoscerla in Dio e, tanto meno, riconoscerla in se stesso.
Tuttavia, come già considerato precedentemente, dato che ogni visione
soggettiva è resa, in ogni modo, assoluta dal credere in essa; se si crede
di non possedere una natura divina, tale credenza si concretizza nella
nostra realtà personale che, pertanto, si conforma a tale visione renden­
doci pressoché impossibile, di conseguenza, riconoscerla davvero in noi
stessi; ovvero, rendendo interminabile il cammino della scoperta del Sé.
In questo senso, diviene significativa l’espressione che racchiude in sé
il pieno potenziale del Logos: “Io Sono”. Ciò in riferimento alla nostra
anima. Espressione che si può sviluppare in differenti affermazioni
come: Io sono un essere di luce divina. Io sono in Dio e Dio è in me.1

I AM… Alpha and Omega.2

1. “Io Sono” è un’espressione chiave che, in ambito spirituale, indica l’unione/identità


con la dimensione divina. L’opera forse più rappresentativa, in relazione a tale
significato, è quella omonima del conte di Saint Germain (o a lui attribuita).
2. In inglese “I AM” (io sono) suona come un mantra – in particolare nella forma
contratta “I’m” – da cui la grafica simbolica sopra illustrata: la sintesi delle sintesi.
Il mantra è una parola sanscrita che indica un particolare tipo di suono, una formula, ma
anche un’affermazione, attraverso la cui ripetizione è possibile ottenere un certo effetto
sulla mente e sul corpo: generalmente per liberarsi dai pensieri, acquietare la mente e
acquisire nuove facoltà. Il mantra più importante e conosciuto è Om, Aum o Amen.

175
Pensa che anche a te niente è impossibile; ritieniti anche tu immortale
e pensa che puoi col pensiero afferrare tutte le cose, conoscere ogni
arte e scienza; cerca la tua casa nella dimora di ogni creatura vivente;
sii più elevato di ogni sommità e più basso di ogni abisso, unisci in te
stesso tutte le qualità contrarie, il caldo e il freddo, il secco e il liquido;
pensa che sei nello stesso tempo in ogni luogo, in terra, in mare e nei
cieli; pensa di non essere ancora stato generato, di essere nel grembo,
di essere giovane, di essere vecchio, di essere morto e di essere nel
mondo dell’oltretomba; comprendi tutto questo nel tuo pensiero a un
tempo: tutti i luoghi e tutti i tempi, tutte le sostanze, le proprietà e le
grandezze; allora comprenderai Dio. Ma se rinchiudi la tua anima nel
corpo e svilisci te stesso e dici: “Non so niente, non so fare niente; ho
paura della terra e del mare, non posso arrivare al cielo; non so cosa
sono stato né cosa sarò”, allora cosa hai a che fare con Dio?
Corpus Hermeticum XI

In conclusione del nostro viaggio, attraverso i suoni e le geometrie


celesti, giungiamo in fine a ciò in cui esso ha avuto inizio, il colore.
Dunque, come il rosso, il verde e il blu, fondendosi insieme, creano la
luce (vedi pagina 73), così gli attributi psichici vitale, sentimentale e
mentale, insieme, creano la vita, manifestano la realtà; ogni realtà
venga nutrita con il pensiero e attuata con l’azione.
Nella triade cromatica della creazione il blu rappresenta il mentale, la
coscienza, il pensiero, ciò che impronta di sé, attraverso l’emozionale e
il vitale, ovvero il verde e il rosso, la realtà. È il colore che ha un ruolo
determinante nel processo creativo, che dà la direzione. È, dei tre, il
campo informante primario. È l’idea-pensiero che deve essere definito,
coerente e costante nel tempo affinché possa manifestarsi. Il verde,
invece, rappresenta il sentimento, la spinta emozionale che, come
l’acqua, è il medium, il tramite, l’espressione dell’informazione tra la
mente e il corpo, il mondo. Poiché un pensiero senza emozioni manca
di una parte dell’energia necessaria per avere un’azione sentita, piena e
fruttuosa. Il rosso, infine, è l’energia concretizzante nella realtà
materiale attraverso l’azione, la volontà e il desiderio.
Ora, i colori psichici dell’ego, in quanto espressione della fisicità,
possono solo imitare i colori spirituali, la loro luce, come il vero amore.
Così come i colori materiali possono essere solo una parvenza dei
colori rifratti della luce solare. Pertanto, affinché la coscienza umana
possa autenticamente elevarsi spiritualmente occorre che scopra la
176
propria luce interiore, sviluppi la consapevolezza della sua presenza e
ne divenga la sua espressione.
Quindi, per creare, manifestare, scoprire l’armonia, la bellezza nella
nostra vita e nel mondo, il nostro pensiero, la nostra psiche deve
elevarsi, risonare con gli attributi dell’anima; cioè, superando il
dualismo, trovare il senso di comunione con il tutto. Con ciò, se da una
parte è necessario fare proprie certe qualità per accordare la propria
struttura mentale alla sfera animica, dall’altra serve poter entrare in
risonanza con la stessa per accoglierne lo splendore, contemplandola.
Il significato della meditazione: sintonia e ricezione.

Considerate la vostra semenza:


fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza3.
If XXVI, 118-120

Il cosmo, cioè l’armonia e la bellezza, necessita di ordine e regole per


essere così com’è e poter funzionare. Lo stesso ordine, di natura divina,
deve potersi riflettere in ogni aspetto della vita umana perché questa
possa essere altrettanto bella, armoniosa e nobile. Da ciò il fine
dell’uomo: quello cioè di manifestare la bellezza nel mondo, non solo
estetica ma soprattutto etica, riconoscendo la propria essenza divina4.

3. Ciò rimanda ai versi chiave finali del Purgatorio dantesco, quelli relativi alla bella e
aggraziata Matelda: allegoria della felicità terrena raggiungibile con la consapevolezza
spirituale e la virtù. Felicità, quella vera, che non è data tanto dal fare solo ciò che si
vuole o solo ciò che si ama, del resto non sempre fattibile, quanto, soprattutto, nel
vivere con entusiasmo e nel fare ogni cosa con il cuore: “Come anima gentil, che non fa
scusa, ma fa sua voglia de la voglia altrui” (Pg XXXIII, 130-1). Cioè nel farsi parte e
tramite degli attributi dell’anima, quali la bellezza, la gentilezza, la grazia (impersonate
da Beatrice, “la voglia altrui”) per diffonderle nel mondo. Vd. anche le pp. 58 e 128.
Cfr. in K. Gibran, Il Profeta (sul lavoro): “E' tessere un panno con fili del vostro cuore,
come se quel panno fosse per chi voi amate. È costruire una casa, come se ad abitarvi
dovesse entrarci chi voi amate. È spargere i semi con tenerezza e poi raccogliere nella
gioia, come se a mangiare di quei frutti dovesse essere chi voi amate.”
4. La bellezza etica corrisponde alla nobiltà, alla dignità, alla virtù (dal lat. virtus
“carattere, valore, pregi”; e da vir, “uomo forte, eroico, virtuoso”, contrapposto a homo,
“essere umano di sesso maschile”). Qualità, queste, sulle quali sono stati fondati gli
universali (e fonte di forza) valori cavallereschi. La via, con un cuore, del guerriero.
Non a caso, il coro angelico delle Virtù è in relazione con il cielo di Marte, un pianeta
di natura marziale. Goethe scriveva: “L’animo nobile aspira a un ordine e a una legge”.
Ciò nel senso di autodisciplina e uno scopo superiore al fine di elevare spiritualmente se
stesso. Cfr. con le usuali espressioni come: “bel gesto”, “impeccabile”, “bella persona”.

177
Fiore della creazione e dell’armonia edenica.

L’unione, nella luce, degli opposti complementari.

La nostra mente è un universo di cui, normalmente, si è consapevoli


solo in piccola parte. Questo, generalmente, è dovuto al fatto che si vive
consciamente solo la sfera mentale, emotiva e sensoriale. L’inconscio, i
sogni lucidi, le intuizioni e le facoltà spirituali sono tutti aspetti che non
sembrano nemmeno appartenerci, per quanto fugaci e non soggetti alla
nostra volontà, se non del tutto sconosciuti5.

5. Quando il sistema nervoso del cervello umano è soggetto a uno stimolo, si hanno due
fondamentali reazioni: l’eccitazione dei centri nervosi interessati e l’inibizione di tutti
quelli non direttamente coinvolti; con torpore e inattività delle relative funzioni
connesse con questi ultimi. Il processo del pensiero, in questo senso, può essere inteso
come una variabile distribuzione di aree o circuiti di eccitazione nervosa che si
configurano in base al procedere e al mutare del pensiero stesso. Aree che si
restringono in maniera proporzionale al livello di attenzione o concentrazione;
cosicché, a un aumento della concentrazione corrisponde, inversamente, un aumento
dell’area nervosa inibita. È noto a tutti, infatti, che quando si è concentrati nello
svolgere un’attività, che richiede appunto una certa attenzione, si assopisce o
diminuisce la percezione del mondo esterno, ovvero quanto accade tutto intorno a noi.
Questo è ciò che avviene, normalmente, anche quando si è immersi in continuazione
nei dialoghi interiori o, in particolare, quando si alimentano le proprie idee fisse, le
ansie o gli stati d’animo negativi. Da cui un conseguente costante stato di coscienza
ridotta e una relativa dispersione di energia mentale. Ciò che ostacola, quindi, la
percezione del “non ordinario” è l’attenzione e l’ancoraggio nell’ordinario, perché
questo costituisce e fissa i limiti della realtà percepita.

178
Così ci s’identifica con una mente intesa principalmente come pensiero,
ovvero, con quel processo conoscitivo alla base del nostro modo di
intendere e di essere. Ma esistono limiti del nostro pensiero di cui non
ci si rende conto, e per questo s’incorre nell’errore, non di rado, di voler
cogliere con esso più di quanto sia possibile fare, ovvero comprendere
ciò che trascende il pensiero stesso e dunque la nostra realtà. Non si
possono, ad esempio, concepire o esprimere mentalmente o a parole
due concetti contemporaneamente come il rosso e il blu, poiché l’uno
esclude l’altro, o si esprime il rosso o il blu, oppure prima l’uno e poi
l’altro. Per poterli concepire nello stesso istante è necessario prima
ricorrere a un’altra facoltà: in questo caso quella della vista, la sola in
grado di darci la soluzione. Solo attraverso la vista, infatti, possiamo
conoscere il bianco, la somma dei suddetti colori. Bianco il quale, ora,
può quindi essere concepito o essere oggetto di analisi da parte del
pensiero e dunque di espressione. Questo è, analogamente, lo scopo
della meditazione.

Ogni visione o realtà personale è vera, così come è vero ogni specifico
colore; ma, come una luce sempre più chiara racchiude in sé un
numero sempre maggiore di colori, così una verità sempre più grande
racchiude in sé un numero sempre maggiore di più piccole verità.

La meditazione (dal latino meditatio6) riveste, normalmente, il


significato di una profonda riflessione volta a ricercare il contenuto, le
ragioni e le verità di un determinato tema, esperienza, fatto o problema,
per analizzarlo, comprenderlo o risolverlo (meditazione riflessiva). Ha
anche il significato della ricerca, più o meno consapevole, di uno stato
di quiete attraverso l’essere assorti in un’attività; oppure, più
specificamente, si tratta di una pratica in cui si porta l’attenzione in
modo stabile su un punto al fine di calmare la mente, acquietando il
pensiero, per accedere a uno stato di coscienza superiore (meditazione
intuitiva; dal latino intueri, “guardare dentro”). Forme meditative,
queste, che possono anche integrarsi inconsapevolmente; per cui,
quando la mente si concentra su uno specifico tema, questa può arrivare
ad avere una coscienza sempre più profonda dell’oggetto in esame
attraverso il concorso di riflessione e spontanea intuizione.
6. La consonanza etimologica di meditatio con mediatio (“mediazione”) e medicatio
(“curare”), ma anche con medicatus (“rimedio magico”), ne rivela le intime proprietà.

179
Meditazione è quella dell’artigiano intento a svolgere il lavoro che ama,
del pescatore nell’attesa che il pesce abbocchi o quella dello scienziato
assorto nelle proprie appassionanti ricerche o, ancora, la toccante
contemplazione di uno stupendo tramonto. È un senso di appagamento
e di pace che si prova quando la mente è piacevolmente concentrata su
una sola cosa, ed è assorta e silenziosa, dimentica di tutto il resto.
È meditazione anche quando siamo collegati con la natura, quando
viviamo consciamente la sincronicità degli eventi7 o quando perce­
piamo i flussi di energia sottile lungo il corpo durante l’esecuzione
della forma del Taiji. O, ancora, è una forma di contatto, attraverso
delle visualizzazioni simboliche, con il nostro lato (e inconscio)
emozionale – il bambino interiore8 – per meglio disporci all’esperienza
della meditazione stessa. È uno stato contemplativo che coinvolge tutto
l’essere o, semplicemente, un modo di vivere più aperto e ricettivo.
Essa assume, dunque, un ampio significato con differenti possibilità di
utilizzo e sviluppo secondo le attitudini e le finalità di ognuno9.
La meditazione ricettiva, propria delle discipline spirituali, è uno stato
naturale poiché affine alla natura animica dell’uomo, ma è divenuto uno
stato pressoché sconosciuto alla nostra coscienza ordinaria, avvezza,
oggi più che mai, alla sola vita superficiale, frenetica e materialistica.
Lo scopo della meditazione consiste, dunque, essenzialmente in una
nuova disposizione, quella di placare il proprio pensiero e sviluppare

7. Sincronicità: termine dello psicologo svizzero C.G. Jung, secondo cui la coincidenza
degli eventi, qualcosa che va oltre ciò che altrimenti è definito come semplice caso, per
l’importante particolare significato personale o simbolico che tale coincidenza
racchiude, chiamalo destino, magia o fortuna, rappresenta in realtà un’interdipendenza
di natura multidimensionale tra gli eventi stessi e chi n’è coinvolto. Ad esempio, un
importante incontro, una risposta o una soluzione insperata. Cfr. con la provvidenza.
8. L’eterno bambino che con “l’adulta coscienza” le due parti insieme possono
integrarsi e arricchirsi reciprocamente. Dando una bella forma all’acqua.
9. Non è sempre facile perseguire l’intento di non pensare o esprimersi negativamente.
Si può allora utilizzare un metodo semplice che può essere d’aiuto. Secondo il principio
del “chiodo scaccia chiodo” è più facile sostituire pensieri indesiderati con altri
pensieri, nel nostro caso positivi. Si tratta, in pratica, di occupare la mente ripetendo
sentitamente, in qualunque momento, una formula mentale (mantra). Poiché tutto è uno,
il mondo quale ci appare, bello o brutto, è un riflesso dei nostri pensieri; con questa
formula possiamo pertanto cambiare tale visione, se negativa, elevando e purificando
noi stessi e, allo stesso tempo, il mondo esterno. L’amore è la più importante medicina
e forza risolutiva universale, insieme all’energia vitale; mentre la luce rappresenta ciò
che illumina l’intelletto e dissolve l’ignoranza; per cui la formula più semplice e,
insieme, compiuta è forse proprio: Luce, Vita e Amore.

180
la calma della mente attraverso la concentrazione in un unico punto, al
fine di poter accedere al proprio centro, ovvero acquisire la capacità di
ampliare la facoltà ricettiva o contemplativa, cioè sviluppare una
facoltà affine a quella della vista fisica: la percezione interiore.
Per ottenere tale distacco è bene porsi in ascolto o in osservazione,
immergendoci nel silenzio – placando il caos armonico – o in ciò che
per il Buddha consisteva: nell’essere testimoni. Senza fare nient’altro.
Rendersi totalmente percettivi (additivi) senza essere ora il rosso ora il
blu, o qualsiasi altro colore, attraverso il pensiero/filtro. Annullando
credenze, dogmi, regole, dialogo interiore, analisi, tensioni, aspettative
e impazienza verso i risultati della meditazione stessa, per permettere
che la chiarezza possa manifestarsi liberamente senza impedimenti.

L’anima racchiude, in un eterno attimo,


il perenne fluire dell’esistenza.

Nell’uomo, la mente vive mediante il pensiero, la sfera emotiva


attraverso le emozioni e il corpo per mezzo dell’attività. Sono energie
differenti che insieme concorrono a produrre una vita equilibrata e sana.
Naturalmente, ciò che è determinante è soprattutto il tipo di pensieri ed
emozioni che, in particolare, si vivono e alimentano. Se si coltivano
interessi, idee e stati d’animo positivi, la nostra vita non può che
beneficiarne, e questa si può considerare la condizione base per il
benessere. Ma la ricerca di una più profonda crescita spirituale
necessita normalmente di qualcosa in più, un qualcosa che si può
definire come la ricerca della consapevolezza interiore.
All’inizio, la pratica può essere rivolta verso l’incremento e la
sperimentazione dell’energia vitale: energia che conduce a una
maggiore forza e a una migliore salute fisica. Un sostegno importante
per poter crescere, ma non sufficiente per riuscire a superare i limiti del
proprio ego, soprattutto se c’è un legame ancora troppo forte con esso.
Quindi è essenziale coltivare la purezza del cuore e della mente, la
sensibilità verso gli altri e la consapevolezza spirituale, l’intuito e il
pensiero, in una sintesi unitaria degli stessi. Per poter espandere i propri
limiti e arrivare a collegarci alla fonte; entrare in contatto con il divino,
la parte infinita di noi stessi. In modo da realizzare l’unità triadica
consapevole di anima (coscienza universale), spirito (coscienza
individuale) e corpo (unione di entrambe).

181
Una mente in meditazione è come una superficie speculare d’acqua.
Un delicato equilibrio dato dall’assenza di – acquee e aeree – correnti
al di sotto e al di sopra di essa. Quando regna la calma, l’armonia
degli elementi. Quando, attraverso l’immerso e l’emerso, giù dalle
radici affondate nella terra, viene su nel silenzio un loto. Che, al
rifulgere del sole, schiude il proprio colore, anelante di chiara luce.

Nella meditazione, la concentrazione assume un ruolo basilare (opposto


a quello abituale) che consiste nel far convergere l’attenzione verso un
centro focale che, col tempo, ha l’effetto di far espandere la coscienza.
I principali supporti, normalmente, sono il respiro e il centro sacrale,
propedeutici per la concentrazione, il raccoglimento e il rilassamento;
oltre che essere utili per un’energizzazione generale. Mentre, il centro
fondamentale per la meditazione, vera e propria, è il centro frontale.
Quando arriviamo a distaccarci, ad abbandonarci, ovvero cessiamo di
identificarci con tutto ciò che crediamo di essere, pensieri ed emozioni,
un piccolo punto antitetico nella Sfera Omnicomprensiva dell’Essere,
comincia a espandersi, e a centrarsi naturalmente, la nostra coscienza
che, in un certo momento, riconoscendo se stessa come qualcos’altro
da sé, arriva allora a chiedersi chi essa sia veramente.
Ciò che costituisce, quindi, l’essenza della consapevolezza è lo spostare
l’attenzione nell’hic et nunc, nel qui e adesso.
Se però non ci si distacca prima dalla nostra sfera psichica, si fa l’errore
di voler cogliere con essa – per i suoi limiti intrinseci e l’azione filtrante
delle sue strutture cognitive e gli ampi substrati esperienziali
sedimentati e cristallizzati divenuti inconsci in cui s’intesse la nostra
stessa attività cosciente – ciò che non è possibile cogliere.

La meditazione non è un arido vuoto emozionale o un asfissiante silen­


zio mentale ma una forma di collegamento con qualcosa di più grande.
Così, come non si possono provare emozioni con i sensi (terra), e
ragionare con le emozioni (acqua), allo stesso modo non è possibile
meditare con la ragione (aria), ma è necessario focalizzarsi su un’altra
facoltà, quella simbolizzata dal fuoco. Anche se ciascuna di queste
facoltà è sempre in ogni modo parte integrante. In particolare il corpo
(terra), perché le racchiude tutte: come un seme la pianta, il suo fiore.
Una cosa che si può fare con il mentale (aria) è concentrarsi su ciò che
gli è affine, la respirazione, e condensare attraverso questa ciò che in
essa è nascosto, il fuoco vitale, e raccoglierlo come acqua in un bacino.
182
Lo scopo della meditazione è, dunque, quello di liberare la percezione
di una realtà più profonda attraverso il naturale essere testimoni del
proprio mondo interiore, nel silenzio. Volgendo lo sguardo al centro di
noi stessi. Nel centro, il vuoto da cui tutto origina.
Nella meditazione – uno stato da riscoprire, il cui fine è divenire un
continuum con la vita – è importante assumere una nuova disposizione
mentale: quella di essere collegati con l’universo e quindi di essere in
armonia con ogni sua espressione; ovvero, nel pensiero illimitato di
essere già il tutto, di essere il cosmo, la sua energia, la sua sapienza.
Universo-anima sulla quale, a un tempo, non si può non far affidamento
per ricevere guida e aiuto, e per ricordare la nostra origine. L’io sono.

La luce è l’assoluto, la totalità, l’essere.

I colori sono il relativo, la singolarità, il divenire.

Luce e colori sono uno.

In conclusione, la realtà non può essere cambiata dalla stessa forma


mentale che l’ha originata. È necessario un nuovo modo di pensare
attraverso il quale proiettare all’esterno una differente visione, crearne
una nuova. Occorre pertanto sapere cosa fare e, soprattutto, come
accordarci per non disperderci in mille egoiche divergenti direzioni.
L’anima, o mente unitaria, è ciò che ci accomuna e collega tutti gli uni
agli altri in un’unica grande entità, ed è questo che ci permette di sapere
cosa fare intuitivamente. In ciascuno di noi c’è già la risposta che non

– Nella cultura greca esistono tre differenti termini per definire l’amore:
Eros è l’amore inteso come passione sensuale, come tensione, è l’attrazione istintiva
data da un senso di separazione, di diversità e di mancanza della propria controparte.
Nella mitologia greca, secondo alcune fonti, Eros (il dio fanciullo ribelle che, volando
qua e là, scoccava frecce che infiammavano i cuori) sarebbe sorto come luce dal suo
complemento, la notte, dall’uovo cosmico primordiale; secondo altre fonti, Eros sarebbe
figlio di Iris – la dea dell’arcobaleno, messaggera degli dèi – e del Vento dell’ovest.
Philia è l’amore in forma di amicizia o la passione, il vivo interesse per qualcosa.
Àgape è invece l’amore che si prova per un senso di identificazione, di unione con
l’altro da sé. Il culmine di questo tipo di amore è rappresentato dall’estasi.
Esiste una diffusa concezione che vede eros e agape come contrapposti, in un
inconciliabile rapporto tra passionalità e spiritualità. Ma tale inconciliabilità, in realtà, è
solo apparente poiché, al contrario, entrambe le forze possono essere orientate sia al
divino sia all’amore sensuale, come desiderio della controparte e abban-dono di sé. Ed
è questo che può condurre all’amore puro e a un profondo senso di unione. Il rapporto
eros/agape esprime, dunque, il congiungimento tra la forza attrattiva e quella di
identificazione o delle due parti in una. L’una nell’altra ed entrambe nel tutto.
183
aspetta che di essere trovata. Essa è celata nella nostra essenza,
consuona con i nostri più profondi valori: è il nostro vero colore, la
nostra capacità, il nostro talento, la nostra autenticità; la quale, come un
tassello di un mosaico, come un frammento olografico, contiene già in
sé il disegno, il progetto globale e quello personale in divenire10.

Una corda tesa racchiude, tra le sue estremità, tutte le note di una
musica scritta su un endecagramma. D’essenza regale e consci del
nostro retaggio, possiamo condividere il potere del cielo – il cerchio a
cui il quadrato si inchina – di parlare agli animali, placare i terremoti
e trasformare le armi in fiori. Siamo, olograficamente, una parte in
grado di trasmutare l’intero. Siamo la verità che risponde al credere,
alla fiducia e all’amore, a una riacquistata libertà. A un nuovo pensare
illuminato, a un intimo stato di grazia che fa di noi esseri che possono
creare una nuova individualità, una nuova umanità, una nuova terra.

E ciò che serve, fondamentalmente, è un lavoro con cui sia possibile


giungere a differenti livelli di benessere psico-fisico; e che, se sostenuto
dal fermo intento (desiderio e volontà) di conoscere profondamente se
stessi, possa condurre al congiungimento consapevole con la propria
anima: l’obiettivo cardine di ogni pratica spirituale. E ciò attraverso:
– un innalzamento del proprio livello energetico-vibrazionale, grazie
anche a una dieta equilibrata, sana e vitale e all’esercizio fisico;
– una fondamentale calma e positività emotiva;
– una consapevole armonizzazione del proprio modo di pensare e di
porsi in relazione con il tutto;
– una meditazione rigeneratrice, un attivo abbandono; l’identificazione
con l’infinito, il rivolgimento verso i cieli, le coscienze più elevate, le
più vaste realtà, verso l’eterna fonte, la radice del mondo; affinché
l’informazione della perfetta idea, la prima forma, si trasfonda nelle
cellule del corpo e nello spirito, attivi sconosciute funzioni del DNA,
produca alchimie interiori e sacre equazioni geometriche, nobiliti la
chimica e la biologia umana e ripristini l’originale schema divino,
autentica essenza vibrante del nostro essere.
Polarizzando la propria attenzione, accordando la propria mente, nella
Mente Cosmica Omnicreatrice, con la fede, la speranza e l’amore;
la volontà e il desiderio mossi dall’intelligenza del cuore.

10. Cfr. l’espressione buddista: “Tanti corpi, una sola mente” [cuore].

184
L’uomo ha perso una parte fondamentale di sé. Ha escluso il divino
dalla propria vita: la parte più autentica di se stesso.
Ma solo riscoprendo la propria autenticità, l’uomo può riacquistare
quella totalità che costituisce lo scopo centrale della sua esistenza, e la
soluzione ai sempre più pressanti mali del nostro tempo.
Perché una vera trasformazione del mondo non potrà mai avvenire
cercando di cambiare il mondo ma solo cambiando noi stessi.
Attraverso l’autentica visione a colori della realtà. Attraverso occhi
nuovi, gli occhi dell’amore.

L’amore è luce

È bellezza

È un’alata libertà

185
La bellezza è la vita quando la vita svela il suo santo volto.

Ma voi siete la vita e voi siete il velo.

Gibran

186
SECONDA PARTE

187
Se vuoi scoprire i segreti dell’universo,

pensa in termini di energia, frequenza e vibrazione.

Nikola Tesla

188
Il colore
Il fenomeno della luce e del colore può essere considerato da tre punti
di vista: fisico, fisiologico e psichico.

Dal punto di vista fisico, la luce è una forma di energia


elettromagnetica, l’unica visibile per l’uomo, le cui radiazioni sono
individuabili in una ristretta gamma di lunghezze d’onda comprese
indicativamente tra i 400 e i 700 nanometri e situate a metà strada tra le
onde radio e i raggi gamma. Queste radiazioni si propagano con
andamento ondulatorio sotto forma di particelle di energia o fotoni, e
originano da qualunque sostanza materiale in cui sia presente o sia
indotta una certa agitazione a livello molecolare, come ad esempio
nell’incandescenza. Fonti di luce sono il sole, le lampadine elettriche o
una semplice fiamma; le quali ci permettono di osservare tutto ciò che
ci circonda, e questo grazie alla proprietà della luce che ha di interagire
con la materia in un’infinità di combinazioni diverse date dalla qualità e
dall’intensità della luce stessa, nonché dalle diverse proprietà che i
materiali hanno di assorbirla, rifletterla, lasciarsi in parte attraversare da
questa e poterla quindi trasformare.

Le luci e i colori sono, a un tempo, un fenomeno fisiologico e psichico;


non appartengono, in realtà, alle radiazioni o alle cose in sé: queste
suscitano in noi la sensazione del colore ma non lo possiedono
“materialmente”. Quando le radiazioni luminose entrano in contatto con
i nostri occhi sono tradotte da particolari recettori, situati nella retina, in
segnali nervosi che, una volta raggiunto il cervello, la mente interpreta
come sensazione visiva, una sensazione che per noi costituisce la
rappresentazione del mondo così come lo conosciamo, attraverso le sue
forme, luci e colori.

Come abbiamo già introdotto, i fenomeni della luce e della visione


possono essere analizzati sotto diversi punti di vista, ma non è lo scopo
di questo lavoro svilupparli e prenderli tutti in esame. Può essere invece
utile esporre, almeno brevemente, gli elementi fondamentali, in
particolare di natura fisica, di tali affascinanti fenomeni.

189
La luce bianca è composta da vari colori: i colori dell’iride. Essa si può
scomporre, come nel classico esperimento di Isaac Newton (1642­
1727), tramite un prisma di vetro. In esso la luce bianca che lo
attraversa si rifrange, deviando con angoli differenti, in una successione
di brillanti colori che sfumano l’uno nell’altro; conosciuta
comunemente come spettro cromatico (dal latino spectrum, “visione” e
da specere, “guardare”), nome attribuitogli dallo stesso Newton.

Per motivi simbolici e in relazione al numero delle note musicali,


sempre Newton indicò nello spettro cromatico sette colori: il rosso,
l’arancione, il giallo, il verde, l’azzurro, l’indaco e il violetto.

I colori sono sensazioni suscitate in noi dalle radiazioni luminose.


Queste rientrano nell’ampia gamma delle onde elettromagnetiche, a cui
appartengono, in ordine crescente di frequenza, le onde radio, le
microonde, gli infrarossi, la luce, gli ultravioletti, i raggi X e i raggi
gamma. Le onde elettromagnetiche (costituite da campi elettrici e
magnetici accoppiati tra loro, generati comunemente da rapide
oscillazioni di cariche elettriche) si possono immaginare come flussi
oscillanti di energia che si propagano nello spazio. La loro natura oltre
che ondulatoria è, allo stesso tempo, particellare; in particolar modo per
le alte frequenze, quali quelle della luce. Per cui, fluendo, si presentano
sotto forma di “pacchetti” di energia o quanti (da cui il termine
meccanica quantistica), ai quali è stato assegnato il nome di fotoni.

190
Le radiazioni si possono raffigurare essenzialmente mediante un’onda
sinusoidale, le cui caratteristiche basilari sono la frequenza e
l’ampiezza.

La frequenza (f) è il numero di onde complete nell’unità di tempo e si


misura in hertz (Hz), il quale corrisponde a un’oscillazione al secondo.
L’ampiezza (A) è la differenza tra un massimo e un minimo dell’onda
(rispetto alla linea dello zero) ed è ciò che esprime l’intensità della
radiazione. La frequenza, inoltre, è in relazione con la lunghezza
d’onda (λ: lambda), ovvero con la distanza tra due punti equivalenti
della stessa onda – la cui unità di misura è il nanomètro “nm” = un
miliardesimo di metro – nonché con la sua velocità (v), variabile
secondo il mezzo di propagazione e massima nel vuoto, circa 300.000
km al secondo1. Lunghezza d’onda e frequenza sono inversamente
proporzionali e attraverso la velocità sono unite dalla seguente semplice
relazione: λ = v/f.

L’energia delle radiazioni si esprime attraverso l’intensità e la


frequenza: l’aumento dell’intensità corrisponde a un aumento del
numero dei fotoni, mentre l’aumento della frequenza è in relazione a un
aumento delle singole energie fotoniche2.

1. La luce subisce un rallentamento, oltre a una deviazione della sua direzione, quando
dal vuoto si propaga nella materia, ciò secondo un relativo indice di rifrazione:
nell’acqua, ad esempio (con indice uguale a 1,33), la velocità si riduce a 225.000 km/s.
2. L’intensità delle radiazioni è proporzionale al quadrato dell’ampiezza: se l’ampiezza
raddoppia, l’intensità quadruplica; mentre l’energia del fotone è proporzionale alla
frequenza: se raddoppia una, raddoppia anche l’altra. Un’unità di misura per l’energia
fotonica è l’elettronvolt (eV) che, nell’ambito del visibile, corrisponde per ogni singolo
fotone a 1,77 eV per i 700 nm e 3,1 eV per i 400 nm, nell’ordine, il rosso e il violetto.

191
Per rendere il tutto più chiaro può essere utile ricorrere a un’analogia.
La frequenza può essere paragonata al dislivello di una cascata
d’acqua, l’ampiezza alla sua portata, mentre i fotoni alle singole gocce
d’acqua. Per cui, l’energia di ogni singola goccia d’acqua cresce in
base all’altezza della cascata mentre la sua portata cresce in base al
numero di gocce, cioè alla massa d’acqua che cade nello stesso istante.

Ora, in pratica, l’ampiezza definisce l’intensità della luce, vale a dire la


sua luminosità; mentre la frequenza, o la lunghezza d’onda,
definiscono le sue qualità cromatiche, la tonalità o la tinta, in altre
parole i diversi colori che possiamo percepire.

Generalmente, come misura della luce visibile s’impiega la lunghezza


d’onda nel vuoto che, come abbiamo già indicato, è compresa tra i 400
e i 700 nm; estremi che vanno considerati come un valore medio delle
normali capacità visive dell’uomo. Questo significa che i nostri occhi
non riescono a percepire, e la mente di conseguenza a visualizzare,
radiazioni esterne a questi valori. Per questo motivo le radiazioni o i
raggi al di fuori del campo del visibile sono chiamati infrarossi e
ultravioletti, ovvero, al di sotto del rosso e oltre il violetto.

La luce e i colori sono generati, assorbiti o trasformati nell’intimità


della materia, attraverso le vibrazioni degli elettroni o l’interazione
con essi; e il colore, in questo senso, può essere considerato come
l’espressione visibile dei meccanismi profondi della realtà fisica.

L’immagine illustra l’intera gamma dello spettro visibile con i


caratteristici colori che sfumano l’uno nell’altro attraverso tutte le
gradazioni intermedie, alle quali sono associate anche le corrispondenti
lunghezze d’onda. Ogni singola tonalità o gradazione di colore (dettagli
che si possono cogliere e apprezzare a fondo solo attraverso la visione
diretta della dispersione della luce e non con le riproduzioni a video e,
192
tanto meno, a stampa) rappresenta il cosiddetto colore spettrale3, la cui
caratteristica è di essere un colore puro, cioè non composto da altri
colori; proprietà, questa, definita saturazione. Dalla combinazione di
due o più colori puri si ha come risultato, invece, un colore impuro o
insaturo e dall’aspetto apparentemente uguale a una tonalità
(generalmente) intermedia ai colori miscelati ma meno intensa e vivace,
un po’ più “scolorita”. Nell’insieme, la tonalità, la luminosità e la
saturazione costituiscono i tre principali attributi del colore4.

L’immagine sopra raffigura l’unione di due diversi colori saturi o


monocromatici, il rosso e il blu; rappresentati attraverso le loro relative
lunghezze d’onda, e delle quali il blu ha un’intensità minore. Il risultato
è la percezione di un unico colore insaturo, in questo caso un rosso
violaceo, che è anche un colore non spettrale, dato che non appartiene
alla serie dell’iride5. Non spettrali, infatti, sono tutti quei colori che, pur
potendosi osservare nella realtà, non sono presenti nello spettro della
luce; come, ad esempio, le diverse gradazioni di viola, rosa, beige e
tante altre.
Rivediamo il tutto con alcuni semplici esempi.
Nell’immagine che segue sono illustrate una sotto l’altra, rispetto a uno
spettro cromatico di riferimento, le tre possibili variabili (combinabili
tra loro) in relazione agli attributi fondamentali del colore. Con la prima
variabile, la tonalità (se ne possono distinguere nello spettro, senza
confonderle l’una con l’altra, circa duecento), ci possiamo spostare
3. Un modo semplicissimo per produrre uno spettro cromatico consiste nell’utilizzare
un compact disc: in pratica, osservando direttamente una luce che si rispecchia sulla sua
superficie; oppure riflettendo con esso un raggio solare, proveniente da uno spiraglio di
una finestra oscurata, su una superficie bianca. (Vd. il reticolo di diffrazione).
4. Per tonalità s’intende comunemente una sfumatura di colore che sottintende anche la
luminosità e la saturazione: ad esempio, le tonalità blu oltremare e acquamarina.
5. La gamma dei colori non spettrali, dati dalla somma di rosso e blu, può essere
genericamente rappresentata dai “viola” i quali comprendono, tra gli altri, le tinte
crèmisi, carminio, fucsia, bordeaux, porpora, cinabro o vermiglione e magenta.
193
orizzontalmente lungo l’intera gamma cromatica per sceglierne una
qualunque, ad esempio il verde. Con la seconda, la luminosità, abbiamo
abbassato l’intensità dell’arancione rispetto a un valore base, e
quest’arancione ora ci appare marrone.
Infine, con la terza variabile, la saturazione, anziché avere un colore
puro, come esemplificato nei primi due casi, abbiamo un colore impuro,
o insaturo, che ci appare come un normale azzurro; ma in realtà (e ciò si
può constatare con la dispersione di questo attraverso un prisma) è
formato da altri colori, in questo caso gli adiacenti verde e blu.
Quest’azzurro, se confrontato con quello saturo corrispondente, appare
più chiaro per la presenza di un superiore apporto di luce dato dalla
maggiore ampiezza della banda spettrale sottostante. Infatti, come
sappiamo, tutti i colori fusi insieme ci restituiscono il bianco, al quale
corrisponde il livello massimo di insaturazione.

Le tre variabili del colore: tonalità, luminosità e saturazione.

Ora, i colori che possiamo osservare comunemente attorno a noi,


naturali o meno, non sono costituiti da un unico colore monocromatico,
o puro, ma da una combinazione di questi; infatti, i colori comuni si
differenziano per una più ampia e variegata banda spettrale.

194
Quanto finora illustrato costituisce solo un aspetto generale; in realtà
bisogna tener conto anche di altri importanti fattori, come la distinzione
tra luci colorate (colori-luce) e i colori dati dalle sostanze materiali
(colori-sostanza); quindi tra le miscele additive e le miscele sottrattive,
come vedremo.
***

La teoria principale sulla visione dei colori, semplice ed elegante allo


stesso tempo, risale nella sua prima formulazione a Thomas Young
(1773-1829) e a Hermann von Helmholtz (1821-1894).
Secondo questa teoria, il processo della visione è reso possibile tramite
la retina, una sottile membrana nervosa all’interno dell’occhio, la cui
sensibilità agli stimoli visivi è dovuta alla presenza in essa di un gran
numero di cellule fotorecettori che, per via della loro forma, sono
chiamate bastoncelli e coni. Sono questi che trasformano gli stimoli
visivi in segnali nervosi che sono quindi trasmessi al cervello per essere
interpretati in immagini. I bastoncelli sono specializzati per la visione
notturna (scotopica: da skotos, oscurità), in quanto molto più sensibili
in condizioni di bassa luminosità, mentre reagiscono allo stesso modo
per le diverse lunghezze d’onda, rendendo così impossibile cogliere le
differenze cromatiche, e riducendo la visione, in pratica, a quella in
bianco e nero o acromatica.
I coni, al contrario, sono specializzati per la visione diurna (fotopica: da
photos, luce), e per essere attivati necessitano di luce più intensa.
Questi sono di tre tipi e ogni tipo è sensibile a una gamma differente
dello spettro: in particolare per quella del rosso, per quella del verde e
per quella del blu (mentre nel complesso la massima sensibilità si ha
nella zona giallo-verde, intorno alla lunghezza d’onda di 555 nm).
Cosicché le diverse radiazioni cromatiche vengono distinte non
attraverso una specifica sensibilità per ogni singola lunghezza d’onda,
ma per mezzo della risposta di tre soli tipi di coni per qualunque forma
di stimolo luminoso ricevuto; vale a dire attraverso la divisione delle
radiazioni in tre segnali differenti in base alla composizione spettrale
della radiazione percepita. Il campo di visibilità spettrale è così
completamente ricoperto e, allo stesso tempo, definito nei suoi limiti.
Come si può dedurre dal grafico seguente, le sensibilità dei coni per il
rosso, il verde e il blu non sono esclusive per i colori suddetti ma sono
in realtà più ampie e tendono, in parte, a sovrapporsi tra loro.

195
Lunghezze d’onda in nanometri.
Le relative curve di risposta dei tre tipi di coni della retina
e i loro picchi di massima sensibilità.

Questi tre distinti segnali, diversi per ogni radiazione percepita, sono
quindi elaborati dal cervello per offrirci quella rappresentazione di luci,
colori e forme della nostra realtà così come la conosciamo. Ma questa
realtà non si riduce solo a un triplice segnale visivo. Il colore non
possiede fisicità, per questo può essere colto con un certo grado di
soggettività. Il colore è energia e, in quanto tale, interagisce con altre
forme di energia che incontra, trasformandosi.
Sono tre le condizioni necessarie perché si possa avere l’esperienza del
colore: una fonte di luce, l’oggetto dell’osservazione e, naturalmente,
l’osservatore. Senza un’illuminazione adeguata non è possibile vedere
le cose che ci circondano. Nel vuoto, viceversa, la luce non si
manifesta, se non per osservazione diretta, in mancanza di cose su cui
risplendere, e tutto appare in ogni modo buio. Mentre, senza il ruolo
centrale ricoperto dall’osservatore, nella cui coscienza si raccoglie la
sensazione visiva, tutto questo discorso non avrebbe nemmeno luogo.
Il risultato finale sta dunque nell’interazione e nella combinazione di
queste tre variabili: l’osservatore con la sua unicità data dal suo modo
d’essere (fisico, psichico, culturale), le condizioni di illuminazione
attraverso le relative qualità (intensità, luce solare, luce artificiale) e le
caratteristiche dell’oggetto dell’osservazione (opacità, trasparenza,
colore e i suoi attributi).

196
Naturalmente tutto ciò nella quotidianità non è evidente e noi cogliamo
questa realtà soltanto per quello che appare: il rosso è rosso, il blu è blu
e la luce è luce.

Come dicevamo, l’immagine oggetto della nostra osservazione è


“vagliata” cromaticamente dai tre recettori ottici in tre distinti segnali
indicanti le “quantità” di rosso, di verde e di blu presenti nell’immagine
stessa; e i suddetti segnali sono inviati al cervello per essere interpretati
nell’immagine finale così come si manifesta nella nostra coscienza.
Nell’interpretazione dei segnali, in questo processo visivo, assume
particolare importanza il fenomeno percettivo conosciuto tecnicamente
come sintesi additiva.
È questa fondamentale proprietà che ci permette di percepire la luce
bianca come quella del sole, formata da un insieme innumerevole di
diverse lunghezze d’onda, attraverso un’unica sensazione, quella
appunto del bianco.

La sintesi o mescolanza additiva è, in particolare, un fenomeno in cui


due o più luci diversamente colorate, miscelate tra loro producono in
noi la sensazione di un unico colore. Ciò in quanto la nostra mente non
è in grado di distinguere separatamente i singoli colori miscelati ma ne
ha un’unica sensazione cromatica, in genere intermedia tra questi
(lunghezza d’onda dominante), tanto da costituire appunto una sintesi.
Così, ad esempio, proiettando sovrapposti su una superficie bianca due
fasci di luce colorata, uno azzurro e l’altro giallo, si ottiene la visione di
un unico colore intermedio tra i due: il verde.
La sintesi additiva costituisce pertanto anche un sistema per creare dei
colori a partire da altri colori.
– Per inciso, i comuni colori degli occhi umani, il marrone (cioè il rosso con una minore
luminosità), il verde e il blu, sembrano rimandare ai tre tipi di coni della retina ottica.

197
Sintesi di due colori-luce.

Sperimentalmente, si è stabilito che per riprodurre pressoché tutti i


colori esistenti in natura sono necessari almeno tre colori base, scelti
opportunamente tra tutti quelli possibili. In questa scelta è importante
che ognuno dei tre colori selezionati non si possa ottenere da una
miscela degli altri due e, in questo senso, la terna che ha dato i migliori
risultati è quella rappresentata dal rosso, dal verde e dal blu, chiamati
convenzionalmente colori primari additivi; spesso indicati con le loro
iniziali inglesi: RGB (red, green, blue).
Non è un caso, naturalmente, che sia i colori che il loro numero corri­
spondano con quelli del funzionamento della vista sopra illustrato.
Una rappresentazione classica della sintesi additiva è data attraverso la
sovrapposizione parziale di tre luci colorate: rossa, verde e blu
(prodotte, ad esempio, da tre filtri colorati applicati su altrettanti fonti di
luce bianca); dalle cui miscele bilanciate di rosso e verde si ottiene il
giallo, dal verde e il blu, l’azzurro e dal rosso e il blu, il viola; mentre
dalla sovrapposizione di tutti e tre abbiamo il bianco. Queste sono le
combinazioni principali e, come è noto, grazie a opportuni dosaggi è
possibile ottenerne infinite altre.
I tre colori ricavati dalle suddette miscele, ovvero il giallo, l’azzurro e il
viola – questi ultimi, in particolare, conosciuti anche come ciano e
magenta – costituiscono un’altra importante terna di colori che fa parte
di un sistema la cui rappresentazione tipica è complementare a quella
additiva, come vedremo tra poco.

– Una curiosità: la porpora, vanto dei Fenici, e per Plinio, in Naturalis Historia, un
“colore prezioso che splende della tonalità di una rosa scura”, è un fluido chiaro
ricavato da un mollusco, il Murice, che, esposto al sole e all’aria, da biancastro muta in
giallo chiaro, verde, blu e infine porpora. Una sequenza dalle risonanze iridee e alche­
miche. Un colore magico, forse perché suscitato dal sole, che non scolorisce alla luce.

198
Sintesi additiva di colori-luce. Sintesi sottrattiva di colori-sostanza.

Una proprietà comune del mondo fisico, per la materia che non emette
luce propria, è quella di assorbire, riflettere o lasciarsi attraversare, in
parte o totalmente, dalle componenti spettrali di una fonte di
illuminazione o, in altre parole, di esprimere un colore come il risultato
di quelle componenti spettrali restituite rispetto a quelle sottratte alla
luce stessa. Questo fenomeno è conosciuto come sintesi sottrattiva.
Ad esempio, se osserviamo una fonte di luce bianca attraverso un filtro
ottico blu, questa assume il medesimo colore del filtro; e ciò avviene
perché il filtro sottrae le componenti rosse e gialle dallo spettro
cromatico completo della luce che lo attraversa, mentre lascia passare le
restanti, con l’effetto che conosciamo.

Se nella modalità additiva si fa uso di luci colorate, in quella sottrattiva


si può ricorrere a filtri ottici, come nell’esempio precedente, oppure
semplicemente a tinte o a inchiostri colorati.
199
Nella modalità sottrattiva si è constatato che la migliore terna di colori
materiali, utile per la produzione, attraverso la loro miscelazione, del
maggior numero di altri colori, è quella che già conosciamo: il ciano, il
magenta e il giallo, i colori intermedi dei primari additivi. Il giallo,
inoltre, come vedremo, costituisce in questa seconda terna una scelta
obbligata. Questi tre colori sono chiamati convenzionalmente colori
primari sottrattivi; spesso indicati anch’essi con le loro iniziali inglesi:
CMY (cyan, magent, yellow).

Ora, possiamo vedere a cosa corrispondono i due gruppi di colori,


additivi e sottrattivi, raffigurati attraverso le loro relative bande di
emissione e di assorbimento, rispetto allo spettro completo della luce.

Ordine dei colori nei due gruppi rispetto allo spettro completo; dall’alto:
rosso, verde e blu (colori-luce); e ciano, magenta e giallo (colori-sostanza).

In entrambi i casi si ha una divisione ideale dello spettro in tre parti.


Per quanto riguarda le luci colorate rossa, verde e blu, ciascuna è
costituita dall’emissione di un terzo della gamma visibile; parti che,
200
come sappiamo, se addizionate tra loro ricompongono l’intero spettro
nella relativa luce bianca. Nel caso dei filtri, invece, bisogna notare che
le gamme dei colori emessi sono il risultato di ciò che invece è
assorbito o sottratto dalla luce; anche in questo caso un terzo: il ciano è
il risultato dell’assorbimento del rosso, il magenta del verde, e il giallo
del blu. Di conseguenza la sovrapposizione degli stessi filtri ciano,
magenta e giallo comporta il totale assorbimento di tutta la luce
osservata attraverso questi; come se costituissero un unico corpo opaco,
con il risultato quindi del suo completo oscuramento, o il colore nero.

Come specificheremo meglio in seguito, ogni colore di un gruppo


risulta anche essere un complementare dell’altro; per cui due soli colori
sono sufficienti, in questo caso, a completare in via additiva (come luci)
o sottrattiva (come filtri o tinte) l’intera gamma cromatica. Sono quindi
complementari tra loro: il rosso e il ciano, il verde e il magenta, il blu e
il giallo.
Ciò come principio generale. In realtà le distribuzioni spettrali non sono
così perfettamente delimitate come illustrato. In particolare, con i
coloranti non è possibile determinare con totale libertà le soglie di
assorbimento e di emissione degli stessi. Da qui la difficoltà, spesso, di
non riuscire a riprodurre perfettamente i colori desiderati attraverso
miscele di inchiostri CMY, nonostante questi siano appositamente
prodotti per tale scopo; e, soprattutto, con altri coloranti generici.
In sintesi, se nella prima modalità si somma luce alla luce, nella
seconda c’è una sottrazione di luce alla luce; se in una si giunge al
bianco, nell’altra al nero, ovvero a un totale assorbimento di luce
mediante l’interazione luce-materia.

La visione della realtà avviene attraverso una complessa combina­


zione di somme e differenze di luci, la cui soluzione converge nella
nostra mente, realizzando così la sintesi rappresentativa del mondo.

Nella creazione o produzione del colore, la modalità additiva è quella


che si presenta in minor misura nella comune esperienza visiva, in
rapporto a tutto ciò che ci circonda. Su questo fenomeno si basano, ad
esempio, il funzionamento degli schermi a colori dei televisori o dei
computer e, con un principio simile, una tecnica di stampa tipografica a
mezzatinta, che consiste nell’ottenere immagini variamente colorate

201
attraverso l’uso di tre soli colori, applicati in un insieme di punti
ravvicinati e molto piccoli che si fondono in un tutt’uno omogeneo se si
osservano a una sufficiente distanza. Una riprova del primo fenomeno
si può avere osservando da vicino, con una potente lente d’ingrandi­
mento, un dettaglio di un’immagine sullo schermo del computer.
Molto più comune è invece la modalità sottrattiva. In quest’ambito, un
ruolo importante lo svolgono i diversi tipi di coloranti, di vernici e di
inchiostri prodotti per ogni tipo di esigenza, come quelli per la stampa o
le arti grafiche. In tale campo, in particolare, è importante la tecnica di
stampa in tricromia, dove si fa uso di soli tre colori; i primari sottrattivi
di cui abbiamo già parlato: il giallo, il ciano e il magenta. Dei quali
l’uso del giallo, come colore base, è fondamentale. Questo per via della
sua luminosità; ciò perché nelle miscele sottrattive c’è una sottrazione
di luce, e pertanto sarebbe impossibile farlo derivare da una qualsiasi
altra mescolanza come, ad esempio, quella di rosso e verde; la quale in
additiva ci darebbe il giallo mentre in sottrattiva, secondo i rapporti
della miscela, ci darebbe un rosso o un verde più scuri o spenti.
Poiché gli inchiostri non sono perfetti, l’ottenimento del nero
(attraverso la sintesi sottrattiva) nelle immagini delle stampe in
tricromia non è soddisfacente: al posto del nero si ottiene il bistro, un
colore bruno scuro. Per ovviare a questo inconveniente, in stampa si usa
allora anche un quarto inchiostro: il nero. La tricromia (CMY) con
l’aggiunta del nero si trasforma quindi in quadricromia, a cui
corrisponde la sigla CMYK, e dove la K sta per chiave (key) di questo
sistema, nonché per la lettera finale di black (nero).

Due ingrandimenti di stampa a mezzatinta in bianco e nero e a colori.


Un caso particolare, il secondo, di sintesi additiva, da luce riflessa,
ottenuta attraverso i colori-sostanza.

– Per inciso, i colori del negativo fotografico sono complementari rispetto a quelli reali
o delle relative foto e diapositive (nello sviluppo del positivo, o inversione del colore).

202
R G B

R+G G+B R+B

C M Y

C+M M+Y C+Y

Un esempio di come un’immagine a


colori possa essere scomposta nei RGB / CMYK
singoli canali RGB o CMYK, quindi
ricostituita parzialmente e infine
ricomposta nell’immagine originale.

203
Come abbiamo visto, lo spettro dei colori è dato dalla dispersione della
luce in un insieme pressoché infinito di radiazioni monocromatiche
fittamente ravvicinate.

Ora, l’immagine dell’intera banda cromatica può essere invertita nel


suo negativo, così da ottenere una seconda immagine che, se
confrontata con la prima, ci permette di osservare i relativi colori
complementari monocromatici. Essi sono opposti, esattamente l’uno di
fronte all’altro; come evidenziato, in particolare, nella figura sottostante
attraverso il rosso e l’azzurro. Si noti che sia il rosso che l’azzurro sono
presenti in ogni banda, così come tutti gli altri colori, a parte invece il
viola e il suo complementare, il verde, presenti ciascuno in una sola
delle due bande.

Infatti, nella parte centrale dell’immagine negativa compaiono dei


colori che non sono presenti nell’immagine dello spettro originale.
Questi corrispondono ai diversi viola che, non essendo visibili nello
spettro, sono pertanto definiti colori non spettrali, colori i quali però
possiamo ottenere e osservare grazie a miscele di rosso e blu. Per
meglio evidenziarli sono stati scorporati nell’immagine sottostante.

Ora si osservi come nelle due bande precedenti poste a confronto la


successione di colori a un certo punto si ripete da una banda all’altra,
per cui possiamo togliere la parte superflua in modo da ottenere
un’immagine essenziale come la seguente.
204
Queste bande essenziali possono anche essere disposte in quest’altro
modo, a rappresentarci le “ali” dell’intera gamma dei colori. Colori che
possiamo da ora considerare come colori-luce o colori-sostanza.

Quindi, cosa succede se sovrapponiamo parte delle due bande croma­


tiche in modo che i rispettivi complementari si miscelino tra loro?
La fusione additiva di due luci colorate complementari qualsiasi
produce, a livello percettivo, un bianco relativamente meno intenso o
meno luminoso rispetto a quello ottenibile dalla fusione dell’intero
spettro (infatti, se questa prima luce viene nuovamente dispersa
attraverso un prisma non produce tutti i colori spettrali ma solo i due
originari). Come si può osservare nell’immagine successiva, la somma
dei colori complementari esterni al rettangolo, che comprende i colori
giallo e blu, produce una luce più intensa (a) rispetto a quella ottenibile
dalla somma di quelli interni (b).

a b

205
Con i coloranti, in modo inverso, l’azione sottrattiva di due porzioni
cromatiche complementari equivale a una riduzione spettralmente
equilibrata della luce riflessa e quindi a una diminuzione della
luminosità del colorante stesso. Ad esempio, se un colorante sottrae due
porzioni cromatiche complementari, come quelle interne al rettangolo
già considerato con i colori giallo e blu, la loro assenza determina lo
scurirsi del colorante in rapporto alla porzione di luce sottratta, così da
apparire, in questo caso, un grigio chiaro (a). Se invece, invertendo i
rapporti, a essere assorbite sono le porzioni cromatiche esterne al
rettangolo, la porzione di luce sottratta è maggiore di quella riflessa e in
quest’altro caso abbiamo un colorante grigio più scuro (b).
Sottrattività e additività coesistono e si integrano a vicenda: al
diminuire di una aumenta l’altra, e viceversa.
Tale fenomeno è dimostrabile, in modo sperimentale, mediante un
sistema di doppi prismi; con il quale un fascio di luce bianca, dopo
essere stato scomposto da un primo prisma nel suo spettro cromatico, è
ricomposto dal secondo nella luce di partenza; mentre per selezionare le
componenti spettrali in uscita possono essere interposte tra i due prismi
delle piccole fenditure o schermature.

Esperimenti di Newton con i prismi:


scomposizione/ricomposizione della
luce e selezione dei colori.

La situazione limite, infine, è data dai complementari veri e propri. In


questo senso per complementare s’intende ciò che completa o fa da
complemento (dal latino complere, riempire), ovvero qualunque colore
la cui composizione spettrale interagisce, in modo additivo o sottrattivo,
su altro colore al fine di ottenere uno spettro completo o la sua totale
assenza. Il che si traduce nel bianco (luce) o nel nero (oscurità) totali.
206
I colori complementari, oltre a essere osservati nel mondo esterno, possono anche
essere sperimentati come un qualcosa che è in grado di prodursi in noi, nella nostra
mente. Esiste un fenomeno visivo, conosciuto come post-immagine negativa (o inversa)
attraverso il quale, se si fissa un colore ben illuminato e si distoglie quindi lo sguardo, si
visualizza dal nulla il suo colore opposto. Per sperimentarlo basta fissare lo sguardo per
una trentina di secondi nel punto al centro della seguente figura colorata, dopo di che si
sposta lo sguardo di lato nel secondo punto e si vedrà comparire una figura simile alla
prima ma con i colori sostituiti dai rispettivi complementari.

Come già visto, il viola non è un colore spettrale ma può derivare da


una miscela dei colori alle estremità dello spettro; spettro nel quale, da
lineare se piegato circolarmente, detto colore diviene l’elemento di
congiunzione delle suddette estremità, così da poter chiudere il cerchio
e realizzare la caratteristica ruota dei colori, o la seguente variante.

207
In questa seconda ruota, lungo il suo contorno, sono distribuiti i colori
relativamente più saturi, i quali, a mano a mano che si spostano verso il
centro, la loro saturazione diminuisce, fino ad azzerarsi nel bianco
centrale. In posizione diametrale, opposti tra loro, abbiamo invece i
colori complementari.

Un’importante rappresentazione della ruota dei colori, che esprime in


maniera formalmente più corretta certe sue caratteristiche, è il
diagramma di cromaticità CIE 19316.

Questo diagramma si basa sulla sintesi additiva di luci. In esso sono


indicati lungo il contorno curvo tutti i colori spettrali con la massima
saturazione che l’occhio umano possa percepire (considerato, per
questo, spazio assoluto cromatico), mentre sul lato inferiore lineare
sono rappresentati i colori non spettrali.
In questo diagramma, il risultato di una mescolanza additiva tra due
colori qualunque, situati sulla sua superficie, si trova sulla linea retta
che li unisce, denominata linea di miscelazione. Se questa passa per il
bianco centrale, i suoi estremi rappresentano coppie complementari.
Come possiamo osservare nella successiva immagine, da miscele di
rosso e verde si possono ottenere le gradazioni intermedie
dell’arancione, del giallo o del verde giallastro; mentre dai comple­
mentari giallo e blu si ottengono il bianco, oppure i vari giallo e blu
meno saturi, via via più tenui.

6. CIE: Commission Internationale de l’Eclairage. Ente che si occupa della


standardizzazione nel campo dell’illuminazione.

208
La linea di miscelazione può essere paragonata all’asta di una
bilancia, nei cui estremi stanno i piatti su cui dosare le quantità di
colore da miscelare in rapporto alla posizione del fulcro o colore scelto
(Regola del baricentro).

Nell’esempio, per ottenere il bianco è necessaria una maggiore quantità


(intensità) di giallo rispetto al blu, se entrambi sono pienamente saturi.
Il braccio della bilancia con il fulcro nel bianco è più corto dal lato del
giallo, quindi, per avere l’equilibrio dei piatti, l’apporto del giallo deve
essere maggiore. È per via di questa proprietà che il diagramma CIE ha
la caratteristica forma a “campana”, o pressoché triangolare, anziché
quella del cerchio. I complementari diametrali, lungo il contorno, non
distano ugualmente dal bianco centrale: quelli più lontani, infatti,
entrano in minor misura nella sua formazione.
I colori puri monocromatici, come sappiamo, si possono ottenere solo
dalla dispersione della luce; per questo tutti i colori che possiamo
osservare nella comune realtà hanno sempre un minor grado di purezza.
Per cui, quando si parla di colori del diagramma CIE, generalmente ci
si riferisce a spazi interni a questo. Così, tre colori all’interno del
diagramma corrispondono a tre colori di minore saturazione, le cui
combinazioni cromatiche sono esclusivamente quelle che stanno dentro
il triangolo formato dagli stessi tre colori. Questo triangolo rappresenta
quindi la gamma (ing. gamut) dei colori che un certo sistema è in grado
di riprodurre o il loro livello di saturazione, diverso per ogni sistema.
Esistono differenti spazi colore: i più importanti sono l’RGB per gli
schermi video, il CMY o CMYK per la stampa, e lo spazio relativo agli
attributi base del colore, di impiego più universale e pratico.
209
Le proprietà del diagramma CIE, circa l’impiego delle linee di
miscelazione, valgono solo per un altro spazio cromatico conosciuto
come triangolo di Maxwell. In questo triangolo (equilatero), gli angoli
rappresentano i colori primari rosso, verde e blu, e ciascun punto in
questo spazio individua un colore che si può ottenere da una miscela
degli stessi tre primari. Questo spazio, data la sua semplicità, rende più
intuitiva la regola del baricentro: si noti, infatti, la posizione centrale
che i primari CMY occupano sui tre lati, tra gli angoli.

Purtroppo non esiste un corrispondente dello spazio CIE o del triangolo


di Maxwell per le miscele sottrattive dei coloranti. Questo perché,
quando si passa dalla luce alla materia le cose si oscurano e
complicano, cioè si evidenzia un certo grado indeterminatezza.

210
Da ciò deriva un altro interessante aspetto. Due colori che hanno
diverse composizioni spettrali, ma appaiono uguali, si chiamano
metameri. Nelle mescolanze additive, combinazioni di differenti colori
metamerici danno un risultato identico; questo significa che in una
combinazione di due luci colorate ciò che importa è l’aspetto dei colori
che si vanno a miscelare e non la loro composizione spettrale.
Con i materiali, diversamente, il risultato di una mescolanza sottrattiva
di due coloranti non è prevedibile solo attraverso il loro colore
apparente ma può variare in funzione sia della composizione spettrale
degli stessi coloranti, sia della fonte di illuminazione. Infatti, la fusione
di due luci colorate complementari qualsiasi, di adeguata intensità, può
produrre a livello percettivo un bianco apparentemente perfetto; mentre
con i coloranti l’azione sottrattiva di due complementari qualsiasi
produce il nero solo nel caso in cui l’assorbimento della gamma
spettrale della luce, da parte di questi, sia totale; oppure, può essere
totale con un certo tipo di luce con distribuzione spettrale carente di
alcune componenti cromatiche, quelle che il colorante specifico non
assorbe, ma non esserlo con un’altra luce a spettro pieno.
Sono quindi importanti, nel definire la percezione di un colore
materiale, anche le condizioni di illuminazione.
Sappiamo tutti, infatti, che il colore di un oggetto o di un vestito può
cambiare sensibilmente a seconda che questo si osservi all’aperto, al
sole, nelle diverse ore del giorno, o al chiuso in base al tipo di
illuminazione utilizzata.
Nel valutare una fonte di illuminazione viene di solito utilizzato un
parametro di riferimento chiamato temperatura di colore.
La temperatura di colore indica il colore che un corpo incandescente
mostra a seconda della temperatura raggiunta, misurata in kelvin (K)7.
L’immagine successiva illustra come cambiano i colori al variare della
temperatura: a temperature relativamente basse corrispondono i colori
rosso e giallo, il bianco solare si ha intorno ai 5500 K, mentre a
temperature superiori il colore si sposta verso il blu. Si noti che, per
consuetudine, i colori si distinguono invece in “caldi” quelli con tinte
rosso-gialle e in “freddi” quelli con tinte azzurro-violette. Quindi, luci
calde hanno una dominante rosso-gialla (temperature più basse), mentre
luci fredde una dominante azzurra (temperature più alte).

7. Nella scala kelvin lo zero assoluto (“0” kelvin) corrisponde a – 273,15°C. Per
riportarla in gradi centigradi basta sottrarre 273,15 ai gradi kelvin.

211
Ora, se osserviamo, ad esempio, un pullover blu con una luce calda,

questa, carente delle componenti spettrali blu, non può illuminare

adeguatamente l’indumento che, non essendo in grado di riflettere le

stesse componenti, perché assenti nell’illuminazione o insufficienti,

finisce per apparire nero o di un blu più scuro.

Per questo motivo, in ambienti dove è importante poter percepire in

modo preciso i colori, si ricorre a sistemi di illuminazione equilibrata o

standardizzata.

Riprendendo il discorso prima interrotto, in teoria, la sintesi sottrattiva

per mezzo dei tre inchiostri primari CMY dovrebbe produrre il nero,

ma questo in pratica non avviene perché gli inchiostri non sono “puri”:

ovvero, sono inquinati da altri colori, cioè le loro distribuzioni spettrali,

come già visto, non sono perfettamente determinabili; e per questa

ragione non si possono stabilire con precisione i risultati cromatici delle

differenti mescolanze. Naturalmente, con dei buoni coloranti CMY

coordinati tra loro e con il ricorso a vari accorgimenti tecnici, si

possono comunque ottenere degli ottimi risultati, come si può in genere

constatare nella stampa a colori oggi largamente diffusa.

Con i coloranti o i pigmenti generici le miscele sono dunque più

difficili da prevedere e il ricorso alle linee di miscelazione non sarebbe

di aiuto, poiché in questi casi non avrebbero più un andamento

rettilineo ma perlopiù curvo; quindi la via più semplice, in questo

senso, resta la sperimentazione pratica.

Un esempio è dato dalla miscela dei complementari giallo e blu, la

quale, in teoria, dovrebbe dare il nero, ma in realtà produce varie

tonalità di verde grigiastro, attraverso una linea di miscelazione curva

che aggira la zona nera centrale (vedi l’immagine successiva).

I colori materiali, per loro stessa natura, si trovano a un livello di

saturazione inferiore rispetto a quello della luce monocromatica, non

possono essere cioè altrettanto puri e allo stesso tempo altrettanto

luminosi: un colore materiale che riflette solo una ristretta banda di

212
Il triangolo di Maxwell reso “sottrattivo”, con i colori agli angoli rappresentati dai
primari sottrattivi, può dare un’idea sulla determinazione teorica delle varie miscele di
colore CMY. Il secondo triangolo riporta un esempio di linea di miscelazione curva.

lunghezze d’onda appare scuro; per questo, per apparire luminoso, deve
riflettere maggiore luce, il che significa una banda spettrale più ampia,
e ciò equivale a una minore saturazione. (Si veda, in questo senso, ciò
che è illustrato alle pagine 200 e 205-6.) In definitiva, una qualunque
sostanza illuminata, per apparire vivacemente colorata, deve riflettere
una significativa parte dello spettro luminoso, ma non tutto. Inoltre in
sottrattiva, come sappiamo, si toglie luce alla luce, di conseguenza i
colori ottenuti da miscele di questo tipo tendono a scurirsi, fino ad
arrivare al nero, o quasi. Tutti i colori permettono, dunque, di ottenere
altre tonalità dalle loro miscele, ma quelli che danno i migliori risultati,
in termini di maggiori colori riproducibili, maggiore luminosità e
regolarità o prevedibilità nei risultati ottenibili, sono i colori primari
sottrattivi CMY.
***

Ogni colore può essere scomposto in tre “ingredienti” o attributi


fondamentali: la tonalità, la saturazione e la luminosità (nessuno dei
quali riconducibile agli altri due). Attributi che possono essere
raffigurati attraverso uno “spazio tridimensionale”. In riferimento al
diagramma o spazio assoluto bidimensionale CIE visto prima, in cui
sono rappresentate solo la tonalità e la saturazione, con l’aggiunta di
una terza dimensione, ovvero la profondità, è possibile rappresentare
anche la luminosità, come di seguito raffigurato.

213
Tra gli spazi relativi di colore, l’additivo RGB e il sottrattivo CMY
rappresentano un sistema duale: nel modello RGB si parte dal nero
(buio) e mediante il variabile apporto dei primari additivi si ottengono
tutti i possibili colori fino a giungere al bianco (luce); nel modello
CMY si parte al contrario dal bianco e attraverso i primari sottrattivi si
ottengono tutti i colori fino ad arrivare al nero. Questi spazi sono rap­
presentati da un cubo nei cui vertici – secondo un sistema di coordinate
cartesiane – ogni colore della terna RGB e CMY arriva a esprimere la
sua massima intensità dopo essersi sviluppato lungo il proprio relativo
spigolo da uno dei vertici opposti tra loro, quelli bianco e nero, punti di
partenza e di arrivo delle due terne, attraverso tutte le possibili
sfumature di colore sia sulla superficie del cubo che al suo interno.

Queste immagini traducono visivamente dei modelli matematici di gestione del colore
che trovano oggi largo impiego in diversi campi, come quello della grafica digitale.

214
Ritorniamo, infine, sui tre principali attributi del colore che sono, come
abbiamo già visto: la tonalità (o colore), la luminosità (o intensità) e la
saturazione (o purezza).
Questi attributi possono anche essere espressi attraverso uno spazio del
colore di forma cilindrica (una ruota cromatica a tre dimensioni), dove
la tonalità è individuabile lungo la circonferenza, la saturazione lungo il
raggio e la luminosità lungo l’altezza. Nell’illustrazione seguente
abbiamo il cilindro rappresentato secondo sei “piani” o sezioni di
luminosità, e nel quale lungo la circonferenza sono disposte le sei
tonalità principali, relative ai colori RGB e CMY, che si individuano
rispettivamente attraverso gli angoli a 0, 120, 240 e 180, 300, 60 gradi.

I tre primari additivi e i tre


sottrattivi, disposti in cerchio,
si possono rappresentare
attraverso la classica ruota dei
colori di J. W. Goethe, come
illustrato nell’immagine a lato.

Gli attributi cromatici sono quelli con cui le persone di solito definisco­
no un colore, e questo semplicemente perché sono più intuitivi e pratici.
Il prossimo diagramma, immaginabile come una “fetta” di colore o una
sezione cromatica del cilindro precedente, mostra schematicamente in
che modo i diversi livelli di saturazione e luminosità entrano in gioco

215
nel trasformare l’aspetto di ogni singolo colore. Nell’esempio abbiamo
il rosso, la cui posizione base con massima saturazione e luminosità,
pari a un relativo 100%, corrisponde alla prima casella in alto a destra.
Ogni spostamento di una casella, dalla posizione iniziale, indica una
diminuzione del 20%: in senso verticale per la luminosità e in senso
orizzontale per la saturazione. Si noti come al rosa corrisponda un rosso
poco saturo ma luminoso, mentre al marrone, al contrario, un rosso
poco luminoso ma saturo.

Questo genere di tabella aiuta, per mezzo del confronto, a specificare


meglio un certo tipo di tonalità e a poterla riprodurre, all’occorrenza,
attraverso la relativa ricetta che ne indichi le quantità di colore e quelle
di bianco e/o di nero necessarie8.
Si propongono, di seguito, le tabelle con le combinazioni di tonalità,
saturazione e luminosità (TSL) dei sei principali colori. Inoltre, si
riportano due ruote dei colori con trentasei tinte e le relative variazioni
di saturazione (nella prima) e di luminosità (nella seconda); in cui ogni
singolo colore, in ciascuna di esse, ha il suo complementare, diametral­
mente opposto, nell’altra; come, ad esempio, il marrone con il celeste.

8. La definizione di un colore tramite le caratteristiche di tonalità, saturazione e


luminosità ha origine da un sistema ideato dal pittore americano Albert Henry Munsell
(1858-1918) e diffuso con il suo omonimo catalogo nel 1915.

216
217
218
Finora abbiamo trattato separatamente le tre modalità di
rappresentazione del colore, ossia l’additiva, la sottrattiva e quella
relativa ai tre attributi base cromatici, e ciò potrebbe fare apparire tali
modalità come distinte tra loro; in realtà tutte e tre possono essere
considerate come interconnesse e ognuna può essere tradotta nell’altra.
Infatti, ogni sfumatura di colore è rapportabile in una qualsiasi
modalità, naturalmente nei limiti della gamma esprimibile da ogni
sistema considerato: video, stampa o pittura.

Con le luci colorate, in additiva RGB, si parte dall’assenza di luce dei


tre relativi canali cromatici, condizione che rappresenta una base scura
o nera di partenza, e da qui, variando opportunamente le intensità degli
stessi tre canali, si possono ottenere tutti i colori voluti fino ad arrivare
alla luce bianca.
Con gli inchiostri, in sottrattiva CMY, si parte da una base bianca data
dalla carta (in pittura anche con il colore bianco) e con un gioco di
opportune mescolanze si ricreano tutti i colori voluti fino ad arrivare al
nero o quasi (ma in pratica impiegando direttamente anche il vero
colore nero, per le ragioni che conosciamo).

Nelle sottostanti tabelle, numerica e grafica, riportiamo, a solo titolo


esemplificativo, alcune variazioni dei livelli di saturazione (S) e
luminosità (L) del colore rosso, con i corrispondenti valori di luce
rossa, verde e blu (RGB) per la modalità additiva, e i valori di
inchiostro ciano, magenta e giallo (CMY) per quella sottrattiva.
Ad esempio, RGB 40/25/25 indica le relative intensità della tripletta
RGB: rosso 40, verde 25 e blu 25, a cui corrisponde un “marrone
grigiastro”.

Bianco Rosa Rosso Grigio Mar. gr. Mar. ros. Nero


RGB 100/100/100 100/60/60 100/0/0 40/40/40 40/25/25 40/0/0 0/0/0
CMY 0/0/0 0/40/40 0/100/100 60/60/60 60/75/75 60/100/100 100/100/100
TSL 0/100 40/100 100/100 0/40 40/40 100/40 100/0

I livelli, dal nero al bianco, vanno da 0 a 100 in additiva e da 100 a 0 in sottrattiva.

– I valori RGB e CMY sono espressi in informatica come variazioni da 0 a 255 per ogni
canale, i quali corrispondono alle possibili combinazioni esistenti in 8 bit = 28 = 256;
per cui da 24 bit (8 x 3) = 2563, derivano quasi diciassette milioni di colori.

219
Un altro esempio: il “verde oliva”, sotto, nella figura centrale, dato da
un giallo con saturazione 100 e luminosità 40, o da un giallo reso più
scuro con un valore 60 di grigio (filtro), può essere ottenuto anche da
una miscela di luci RGB con valori 40/40/0 (a sinistra) o da una miscela
di colori CMY con valori 60/60/100 (a destra).

Quattro diverse ricette, uno stesso colore.

220
Infine, per ottenere dei colori scuri si possono, come nell’esempio
precedente, anche sovrapporre ai colori di partenza dei filtri grigi di
diversa gradazione; così da avere una diminuzione della luminosità di
questi stessi colori.

La ruota dei colori è uno schema circolare in cui i colori primari e


quelli derivati sono disposti secondo i rapporti che intercorrono tra loro:
di transizione e opposizione.
A differenza delle ruote illustrate in queste pagine, basate sui colori
primari additivi RGB e sottrattivi CMY, con le tinte opposte
complementari tra loro, altre ruote comunemente diffuse, in genere di
uso artistico, sono basate su una scelta differente dei colori primari:
normalmente il rosso, il giallo e il blu, e in altri casi anche il verde.
Questi sono disposti in cerchio, insieme alle interposte miscele derivate,
in posizioni, tra loro, sensibilmente differenti; in particolare, alcuni
colori opposti non si riconoscono come complementari. La ragione di
questo è che tali ruote non sono realizzate, in genere, su un reale
principio di complementarietà ma principalmente su una pratica ed
elegante disposizione circolare dei colori, utile a indicare i risultati delle
miscele tra i colori scelti come base. Ciò nonostante, i colori opposti
possono apparire effettivamente complementari (cioè se miscelati dare
un nero/grigio) – come il giallo e il violetto nella ruota dei colori di
Johannes Itten o nella sfera di Philip Otto Runge – ma in quanto si
riferiscono all’uso di colori o pigmenti di comune impiego, cioè colori
con una non ideale distribuzione spettrale, di cui abbiamo parlato in
precedenza a proposito dei metameri.
A questo riguardo, si deve inoltre considerare che quando si parla di
colori, normalmente, si è generici nell’indicarne il nome: così un rosso,
un rosso violaceo e un rosso aranciato sono tutti semplicemente definiti
come “rosso”. Nel linguaggio pratico quotidiano ciò è del tutto
normale, ma quando si entra nello specifico e si indica come
complementare del rosso il verde, questo è fonte di equivoci, perché se
221
si parla del rosso, il complementare in realtà è l’azzurro o il ciano,
mentre se si parla del rosso violaceo o magenta allora il complementare
è il verde. Il rosso e il verde appartengono, infatti, alla terna dei colori
primari additivi RGB, pertanto non possono essere anche
complementari tra loro.

Ruota dei colori di J. Itten (1888-1967)


basata sui primari giallo, rosso e blu.

Per concludere, si può ancora osservare che l’aspetto di un colore può


cambiare in rapporto ai colori che lo circondano. Un effetto, questo,
chiamato contrasto cromatico simultaneo; come nell’esempio seguente.

I due differenti colori, centrale e sfondo, nelle due identiche immagini, sinistra e destra,
appaiono uguali nell’immagine destra, nella quale è interposto un terzo colore di
contrasto (complementare dello sfondo).

222
Due esempi storici di ruote dei colori:
I. Newton (1642-1727) e J.W. Goethe (1749-1832).

223
Sfera dei colori di P.O. Runge (1777-1810).

224
L’energy disc

225
Descrizione delle immagini:

1) Spillo di 2-3 cm fissato (con uno spessore di gomma o plastilina) su un supporto alto

circa 5 cm; ad esempio un barattolino di plastica o un tappo di sughero.

2) Disco e bilanciere di carta. Nel bilanciere le estremità vanno piegate a “elle”, lungo

le linee tratteggiate, allo scopo di sostenere il disco.

3) Bilanciere, con i bracci arcuati, disposto nella propria sede (vista del lato opposto o

inferiore del disco).

4) Il disco va delicatamente appoggiato sullo spillo nel punto di equilibrio del bilanciere

(su cui si consiglia di incollare prima, nel punto di contatto con lo spillo, un piccolo e

leggero rivestimento plastico o metallico, anche semplicemente del nastro adesivo; ciò

per diminuire l’attrito spillo/bilanciere dovuto alla rotazione). L’energy disc è così

completo e pronto all’uso.

Un buon funzionamento può richiedere una particolare attenzione ai dettagli costruttivi

e, soprattutto all’inizio, un po’ di pazienza e pratica, provando più volte, anche in

momenti diversi, per acquisire dimestichezza e per “rodare” il disco.

Il test ha solo lo scopo di dimostrare l’esistenza di qualcosa d’inesplicabile che ha la

capacità di produrre un fenomeno oggettivo. Non serve a potenziare l’energia ma solo a

prenderne coscienza. Non si può, inoltre, considerare un fenomeno di psicocinesi,

poiché il movimento si produce spontaneamente in presenza di una maggiore

concentrazione di energia vitale nel disco.

Uno strumento analogo è descritto in: Lobsang Rampa, La caverna degli antichi,

Astrolabio – Ubaldini Editore, pp. 130-131; e in Carlo Splendore, Il Bioradiometro,

Editrice Andromeda.

226
Energy disc da
ritagliare.
Stampare su carta
sufficientemente
rigida: grammatura
100-120 g/m2.

227
Soul color, a universal way to spirituality, Pythagoras, Plato, Iamblichus, Trimegistus, additive and subtractive
synthesis of colors, color wheel, color, monochord, musical acoustics, sound, sound color or timbre, chromatic
spectrum, sacred geometry, spirituality, Vitruvian man, Divine Comedy, tonality, lost knowledge, musical
octave, musical scale, quantum physics, harmonics of sound, consonance, resonance, multidimensionality, soul
of the world, matrix, squaring of the circle, sacred triangle, lambdoma, angels, egg cell, seven hermetic
principles, circle of fifths, Metatron's cube, mystical scale, Tree of life, Flower of life, substance, matter and
form, quadratural scale, platonic solids, tetrahedron, octahedron, dodecahedron, icosahedron , hexahedron,
kosmos, dual polyhedron, hell, purgatory, heaven, Empyrean, beauty, world architecture, water shape, life
energy, ethics, harmony, triad, trinitarian, waveform, language of the soul, wave and particle, Genesis, planetary
spheres, holographic, duality, hexagram, spiral, golden section or number, light, inwardness, affinity,
philosophy, truth, mind, freedom, thought, emotions, consciousness, heart, awareness , vision, psychic, thesis,
antithesis and synthesis, earth and sky, square root of two, ascension, Harmony of the spheres, center, centering,
creation of the universe, God, Creator, silence, Hinduism, Taoism, Egyptian myth, Romanesque-Gothic rose
window, alchemy, All is one, temple of the world, Eye, Horus, diagram, consciousness, Creation, four elements,
fire, air, water and earth, four columns, five domes, Byzantine art, cosmic water, firmament, meditation, love,
purity, symbol, analogy, science.

Couleur de l'âme, voie universelle vers la spiritualité, Pythagore, Platon, Léonard de Vinci, Iamblique,
Trimégiste, synthèse additive et soustractive des couleurs, roue chromatique, couleur, monocorde, acoustique
musicale, son, couleur du son ou timbre, spectre chromatique, sacré géométrie, spiritualité, Homme de Vitruve,
Divine Comédie, tonalité, savoir perdu, octave musicale, gamme musicale, physique quantique, harmoniques du
son, consonance, résonance, multidimensionnalité, âme du monde, matrice, quadrature du cercle, triangle sacré,
lambdome , anges, ovule, sept principes hermétiques, cercle des quintes, Cube de Metatron, échelle mystique,
Arbre de vie, Fleur de vie, substance, matière et forme, échelle quadrature, solides platoniques, tétraèdre,
octaèdre, dodécaèdre, icosaèdre, hexaèdre, kosmos, double polyèdre, enfer, purgatoire, paradis, Empyréen,
beauté, architecture du monde, forme de l'eau, énergie vitale, éthique, harmonie, triade, trinitaire, forme d'onde,
langue de l'âme, onde et particule, Genèse, sphères planétaires, holographique, dualité, hexagramme, spirale,
nombre ou nombre d'or, lumière, intériorité, affinité, philosophie, vérité, esprit, liberté, pensée, émotions,
conscience, cœur, conscience, vision, psychique, thèse, antithèse et synthèse, terre et ciel, racine carrée de deux,
ascension, Harmonie des sphères, centre, centrage, création de l'univers, Dieu, Créateur, silence, hindouisme,
taoïsme, mythe égyptien, roman-rosace gothique, alchimie, Tout est un, temple du monde, Oeil, Horus, schéma,
conscience, Création, quatre éléments, feu, air, eau et terre, quatre colonnes, cinq dômes, art byzantin, eau
cosmique, firmament, méditation, amour, pureté, symbole, analogie, science.

Color del alma, un camino universal hacia la espiritualidad, Pitágoras, Platón, Jámblico, Trimegisto, síntesis
aditiva y sustractiva de colores, rueda cromática, color, monocorde, acústica musical, sonido, color del sonido o
timbre, espectro cromático, sacro geometría, espiritualidad, Hombre de Vitruvio, Divina Comedia, tonalidad,
conocimiento perdido, octava musical, escala musical, física cuántica, armónicos del sonido, consonancia,
resonancia, multidimensionalidad, alma del mundo, matriz, cuadratura del círculo, triángulo sagrado, lambdoma,
ángeles, óvulo, siete principios herméticos, círculo de quintas, Cubo de Metatrón, escala mística, árbol de la
vida, flor de la vida, sustancia, materia y forma, escala cuadratura, sólidos platónicos, tetraedro, octaedro,
dodecaedro, icosaedro, hexaedro, kosmos, doble poliedro, infierno, purgatorio, cielo, Empíreo, belleza,
arquitectura del cosmos, forma de agua, energía vital, ética, armonía, tríada, trinitario, forma de onda, lenguaje
del alma, onda y partícula, Génesis, esferas planetarias, holográfica, dualidad, hexagrama, espiral, sección o
número áureo, luz, interioridad, afinidad, filosofía, verdad, mente, libertad, pensamiento, emociones, conciencia,
corazón, conciencia, visión, psíquica, tesis, antítesis y síntesis, tierra y cielo, raíz cuadrada de dos, ascensión,
Armonía de las esferas, centro, centramiento, creación del universo, Dios, Creador, silencio, hinduismo, taoísmo,
mito egipcio, románico-rosetón gótico, alquimia, Todo es uno, templo del mundo, Ojo, Horus, diagrama,
conciencia, Creación, cuatro elementos, fuego, aire, agua y tierra, cuatro columnas, cinco cúpulas, arte bizantino,
agua cósmica, firmamento, meditación, amor, pureza, símbolo, analogía, ciencia.

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Rittaud Benoit, La favolosa storia della radice quadrata di due, Bollati Boringhieri, Torino, 2010.

Runge Philipp Otto, La sfera dei colori, a cura di Carmen Flaim, Abscondita, MI, 2008.

Saint Germain, Conte di, Io Sono, L’Età dell’Acquario, Torino, 2001.

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Schiavone Valeria (a cura), Corpus Hermeticum, BUR, Milano, 2006.

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Webgrafia essenziale
www.boscarol.com
www.handprint.com (Color vision)
www.kuepperscolor.de

230
INDICE

– Prefazione
7

PRIMA PARTE

– Energetica 11

– I colori 19

– L’armonia nell’unità 27

– La matrice dei colori 33

– L’energy disc 63

– La forma dell’acqua 65

– I colori dell’animo 67

– Il punto di mezzo 81

– Tra Terra e Cielo 89

– La forma del cerchio 139

– L’architettura del mondo 167

– La chiusura del cerchio 175

SECONDA PARTE

– I l colore 189

– L
’energy disc
225

– B
ibliografia
229

231
Pietro Varaldo (1962), di origine ligure-pugliese e sardo di adozione, si
interessa da oltre trent’anni di discipline energetiche orientali e
tematiche spirituali, di scienza del suono e del colore, interessi
attraverso cui è potuto nascere il presente libro.

In copertina: Miniatura quattrocentesca di Priamo della Quercia (particolare), tratta


dalla Divina Commedia Aragonese.

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