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Gli Indiani «hindu» ritengono che, all' origine della loro fede , vi
sia più che una particolare rivelazione di Dio all' umanità, una specie
di automanifestazione del pleroma divino, detto brahman (v. infra) ,
la cui espressione è contenuta nei sacri testi detti i Veda. Di per sé la
parola veda significa «conoscenza» (cfr. lat . video e il ted. ich weiss, io
so) con una sfumatura di «intuizione visionaria». Il fondamento vedi
co che le religioni indiane ortodosse rivendicano è in gran parte con
venzionale e ciò per due motivi. Innanzi tutto dette religioni ruotano
attorno a figure divine che i Veda o ignoravano (in particolare le
Grandi Dee dell ' Hinduismo) o concepivano in subordine; in secondo
luogo, i Veda non appaiono essere tanto opera della civiltà «indiana»
in senso stretto, quanto il retaggio spirituale delle genti ario-indiane ,
branca orientale dei popoli di linguaggio indoeuropeo, che probabil
mente in un' epoca compresa fra il 2 500 e il 1 500 a. C. , essendosi di
staccate - in una zona compresa nell'arco fra l ' Asia Centrale e l ' Iran
orientale - agli apparentati popoli ario-iranici (i futuri Persiani , Me
di e Sciti) , discendevano a ondate successive nelle terre nord
occidentali dell'India storica. A pane qualsiasi giudi zio circa i proba
bili movimenti degli Indo-ari protostorici dalle supposte sedi centro
asiatiche fino entro il subcontinente indiano , che non sono oggetto
di questo studio, resta il fatto irrefragabile che il mondo divino dei
Veda , i culti e riti della gente vedica , l'organizzazione della loro so
cietà , per non parlare della lingua stessa , che resta il più amico idio
ma indo-europeo letterariamente documentato , presentano una fa
cies infinitamente più «europea» (per intenderci: greco-italico-celto
germanico-slava-ecc. ) che non «indiana». Si ha, anzi , la netta impres
sione che lo sviluppo post-vedico della religione e della religiosità in
diane, psicologicamente orientate verso un'esperienza estatico
magica del mondo divino, rappresenti una risorgenza spirituale di
quel mondo indigenamente «indiano», o forse «indo-mediterraneo»,
che le invasioni etniche e culturali degli Arii in India avevano respin
to in un' area, che possiamo definire di substrato religioso e sociale .
Difatti, l ' iconografia documentataci dai sigilli ed altri simulacri delle
civiltà pre-vediche di Harappa e Mohen-jo daro (XX-XV seco!o a. C. )
recan_o immagini ide9 � ificabili ai_ tiei divini _ «post-ved� ci> di Siva K�
pardtn (S. asceta) e Szva Na{ara1a (S . re dei danzaton) , oltre a vane
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lui nascono ruue le realtà . dacché. rnme dice un verso vedico di forte
sapore metafisico . « i l nobile dio pensb l'impensabile,. ( .icetJ_yùd ùctlo
devo ùrJ6 . . . RV vii . 86 . ì ). La sua omn iscienza . denotata dal fatto
che egl i" è «dotato di molti occhi ( le stelle ? )» . dei quali è ornato il suo
cupo mantello . è un altro dei suoi caratter i . che valse a rnnfigurarlo
quale dio un ico «sapiente» i n Iran . capo delle schiere angeliche
( Amesa Spenta) e delle entità luminose (.yùZùlù) del la teologia zoroa
striana. Nel la sua qualità di Legislatore . egli è soprattuu o un dio pu
nitore . che avvicina nel suo laccio (p:Jfù) ineludibile chiu nque viol i
l'Ordine ( rta) che è la verità (sa/) per cui si regge tutto l'esistente (sùl
ya) . Se , però . il peccatore si mostra pentito e ricorre alla sua grazia .
egl i lo libera dal le conseguenze del la sua azione . allo stesso modo in
cui si sciolgono i nodi di una corda ; egualmente restitu isre alla vita
chi sta per perderla . come avven ne a Sunahsepa Ajfgan i . gi� vi u ima
designata di un sacrificio umano (p11r111a-medha) (v. infrù). E in rap
porto di amicizia ( mitra"", l'altra sua faccia rappresentata dal l ' omo
n imo dio , v. infra) con i Giusti che lo venerano rispettando i suoi pre
cetti: per suo tramite possono comunicare con il re del l'aldilà , Yamù
(v. infra) , figl io di Viva-svan e progen itore degli uomi n i , già diventato
Signore dei Trapassati , dato che fu il primo a «scegl iere» di abbando
nare il corpo ed aprire la strada del l ' Oltretomba. Il Rg-veda, nella
dozzina di i n n i dedicati a Varuna solo ( senza , cioè i l compagno Mi
tra) , ne menziona il volto , l'occhio (cioè i l Sole , Siirya, a parte le im
pl icazion i di ordine magico implicite , al fatto di essere monomio). le
mani ed i piedi. Egl i siede sulla zona erbosa distesa per acrngliere il
sacrificio, porta un mantello aureo ed è ricoperto di una veste splen
dente . Il Rg-veda cita spesso il suo carro trascinato da stal loni bene ag
giogati con il quale egli va dovunque .
Caratteri diversi ha, invece . i l dio Mitra al quale V:iru!la è quasi co
stantemente associato, s) da formare secolui una coppia onomastica
(mitravaruna) . Questi è una divinità eminentemente solare e lumi
nosa ( «ch iara» e patente , quanto Vdruria è «oscuro» ed arcano) , talché
in Iran (Mitra) fu consideraro ii gen io o l' alleato dell'astro diurno
( xvare. xsaeta): attorno a questo nume , probabilmente in ambiente
anatol ico , fu creata una vera e propria rel igione , i cui misteri - come
è noto - si diffusero fino agl i estremi l imiti dell'Impero Romano.
Strabone , parlando dei Persian i , diceva che essi «adorano i l Sole, che
ch iamano Mitra» ( XV, 3, 1 3) . Come si vedrà in seguito , la figura del
MilJra i ranico eserciterà un notevole influsso su un insieme di conce
zioni messianiche ed escarologiche che verran no elaborate dal Bud
dh ismo mahaylina ( figura di Maitreya, il Buddha venturo) e dal Vi
�i;iuismo (figura del Kalkì avatara) ( v. jnfra). Torn iamo ora al Mi{}ra
vedico . Questi incarna , in un ceno modo , la forza suscitatrice di vita
ed i ntel ligenza: risveglia gli uomini e li stimola (yiitayaj-jana «anima
tore degli uomini»). E i l buon amico ( mitra'!l , a� neutro, quasi fosse
una funzione ! ) che li difende e tiene lontano da loro ogni malanno
LA RELIGIONE DEI VEDA 31
Dall ' O rdine alla Sovran icà il passo è breve ed ecco M i r ra e Varuna
invocac i nei complessi rie i dell · incoronazione regale . il rJ_1".i-siiy,1 suac
cennaco. che successivamente doveva divemare la consanazione di un
sovrano universale . il c.ikr.1- 11.irtù, . «Volgicore di ruota». In quesw so
lenne atto, che per molc i versi è collegaw alla «conquista dei punt i
cardinali» ( dig - v�1".i.}'.1 ; da nocare che dig significa anche «spazio») ed
al sacrificio del cavallo ( .i.rvamedha) ( v. infr.i) . il re ( rJi. r;J_1".in) viene
invest ico delle due funz ioni proprie ai due Iddi i Sovrani . il potere sa
cerdocale . proiezione dello rta. e quello militare e civile . lo kl.1l1.1
(che in un ambico giuridico sembrerebbero corrispondere al /js e allo
ius dei Romani ) , mentre il suo seggio . in questo caso il c rono ricoper
to d:i,lla pelle di t igre , viene ident ificato al «centro del mondo» (i vari
ùmbilicus od 6nphalos dell' antichità dassica); cioè il monte
Sumeru , residenza degli dèi .
N itra e Varu1_1a fanno parte di una schiera di dèi dal numern e dalk
funzioni oscillanti ( da cinque a sette) , i nomi dei q uali i ndicano piuc
cosco funzioni divine . che personalità .soncrete. Queste divinità ven
gono collettivamente denotate come A dil_y a. cioè i figli di A - diti, la
«non-legata» , la «sconfinata» . simbolo della pienezza di vita , di cono
scenza , svincolate queste da qualsiasi limite. Oppost i a quest i , ma or
mai sfumati nella nebbia di un miro dimenticato , vi erano i Dlinav.i
(sing. Diinu) , i «Leganti» ( rad . da!dz) , simbolo dell'offuscamenw
mentale , come del limite vitale . Non dimentich iamo che , per gli In
diani , gli dèi sono emblemi cosmici di �ndiz ioni ed esperienze inte
riori! ). Oltre a Mitra ed a Varur:ia , gli Aditya sono i seguent i: A rya
man, il «Camerata» , signore della casa , dell'ospitalità e del matrimo
nio (raie e quale l'Airyaman avestico e l' antico irlandese Eramon) , in
origine forse patrono solamente della nazionalità «arya» , qu indi delle
forze che la mantenevano feconda , prospera e sana; Bhaga , il «Disrri
bucore» , o la «Sorte Distributiva» ( in antico persiano baga significava
«dio» e cosi pure lo slavo Bogu) ; A f!Zfa, la «Porzione» (di sorte o di
fortuna , il «lotto» che tocca a ciascheduno) ; Daksa, «Destrezza» , «Vo
lontà» od «Abilità» e, infine , dopo queste evanescent i deità della sor
te , un dio estremamente concreto, specie in India ( ! ) Sù rya, il Sole .
Questi è figlio di :i\diti e di Dyaus , il cielo , che ogni giorno attraver
sa , misurando il tempo agli uomini , nel suo carro fiammeggiante �ra
scinato da sette cavalli baj (han"ta) , ora da una sola cavalla detta 'Eta
Ja. Talvolta , invece , egli è raffigurato come un'aquila, o un toro (sim
bolo di virilità e fecondità) , o una gemma variegata , o una ruota
( cakra) che percorre la volta celeste. Egli è l'occh io di Mùrd- Varur,ia
ed allo stesso tempo la loro arma (ày udha), sorveglia gli uomini e , si
mile al greco Apollo , allontana debolezza, malattia e cattivi sogni ,
allo stesso modo che «ogni mattina discaccia le tenebre ravvolgendole
come un tappeto» . Talvolta i Veda lo chiamano «Creatore del Tutto»
(ch e , poi , a sua volta , è una deità distinta) , talvolta invece «Sacerdote
degli Dèi» (asurya pur6hùa) , poiché egli - sorgente di luce - è lo
LA RELIGIONE DEI VEDA 33
zando ogni ostacolo limitatore . impelle l' uomo alla conquista sensi
bile ed interiore - allo stesso tempo - del mondo dell' esperienza.
La consacrazione di questo spirito di Luce avviene mediante la parte
cipazione alle avventure di lndra di personalità sacerdotali e sai.:rifira
li, come gli Ang ir.is. già menzionati quali sacerdoti semidei. Brh.i
spati, il «Signore dell'Immensità» precerrore degli dèi. e Ag ni. non
ché Soma, il dio-bevanda celeste. posteriormente divenuto il nume
della Luna .
Il cararrere più popolarmente guerriero del dio Indra è anche mes
so in rilievo da avventure in rni esso appare non come difensore
dell' Ordine ma, al contrario, come spregiatore della morale e pecrn
tore. Con questi cararreri titanici abbiamo numerose avventure che
iniziano con il furto del medesimo soma al padre Tvagar. la seduzio
ne di Ahalya, la casta moglie del brahmana Gautama . del quale il
dio assume le sembianze, e la violazione dell ' amkizia sancita con lo
asura Namuci che egli uccide con un tranello magico. Per questi ulti
mi peccati (parricidio, stupro e tradimento) , i massimi che rnnoscesse
la società brahmanica, Indra perde la maestà luminosa ( teja.r) , la for
za e la bellezza, i rre attributi che poi, sorto altra forma, dovrà riassu
mere per difendere la Terra madre dall' assalto dei demoni .
Come hanno osservato recentemente alcuni studiosi (Vikander,
Dumézil), i tre peccati di Indra sono i tre «peccati-tipo» che in tutte
le mitologie indo-europee l' eroe compie ad un cerro punto della sua
carriera (i tre tradimenti del nordico Starkadhr, l' uccisione dei tre
Curiatii da parte dei tre Horatii, il tradimento e la morre per squarta
mento inflitta da Tullo Hostilio a Merrio Fufetio già suo alleato -
questi ultimi sorpre'ndentemente simili al trattamento riservato da
Indra al già suo amico Namuci). L' asperro dinamico del guerriero,
che continuamente infrange ogni schema ed il pristino equilibrio del
mondo, è simboleggiato dal farro che egli si trova frequentemente
fuori delle regole di una società sacerdotale come era quella brah f!l a
nica. Fra gli esseri che circondano il dio, oltre alla sposa Indranio Saci
(«Energia»), abbiamo la fedele consorteria dei Marut, numi del vento
e della tempesta, figli di Rudra (v. infra) e della vacca celeste Ph'!i
( «la Variegata») ; è derro pure che sono stati generati dal Vento ( Vàta)
nella matrice del cielo. Essi sono rappresentati come una schiera (ga
�a) di giovani maschi (marya) , dorati, scintillanti, dalle lance lam
peggianti fulmini (rf!i- vidy ut), coperti «come donne» da collane e
braccialetti (khiidi), col capo celato in aurei elmi, montati su carri tra
scinati da giumente screziate veloci come il pensiero. Il fracasso pro
vocato dal loro avvicinarsi è quello della tempesta e del tuono, che fa
tremare le montagne. Ovunque arrivano sradicano alberi e foreste,
spargendo pioggia vivificatrice, che i Veda paragonano al miele od al
burro sacrificale (ghrta). Compagni assidui di Indra, sono divinità ora
benefiche, che gli uomini invocano come guaritrici e fecondatrici, ora
sinistre e malefiche, come il loro padre Rudra. Una specie di «dop-
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pio» minore di Indra, che già nei Veda appare respinto nella dimenti
canza dai miti di quest'ultimo (non si dimentichi che i Veda sono il
prodotto , in _pane , terminale di una cultura epico-religiosa) , è Tnta
(«il Terzo») Xpty a («posto nelle Acque») , al quale si è già• accennato
(p. 2 5 ). Come Indra, anche questi combatte e vince Vrtra, Vala e il
demone tricefalo Vtfva-rupa («che assume Tutte le Forme») figlio di
Tva!_tar. Egli mesce il soma, che ha conquistato ad un drago , lo Ahir
Budhny a/.J («la Serpe delle Profondità») , e si associa ad Agni , il Fuo
co. Nei Veda esso è ridotto ad una divinità luscratoria e purificatrice,
il capro espiatorio inviato dagli dèi che assume su di sé i mali della co
munità Arya. Nella preistoria doveva rivestire ben maggiore impor
tanza . Il suo nome già lo fa ritenere membro di un'antica triade divi
na e le «Acque» , che , al pari di Agni , sono la sua sede, altre non pos
sono essere che quelle del grande Oceano celeste, il Maho 'an:ias o
Brhad- dyau/J («l'ampio Cielo») ove vige l' immensa distesa della Luce
Indivisa. Presso gli Arii iranici , come si è accennato , il mito sembra
essersi conservato meglio. Lo Horn Yast dell'Avesti!: ne scinde la figu
ra in due persone distinte: {},cataona (np. Ferey dii'n) , figlio di h1-
wy a che uccide il drago Azi Dahàka, Serpe Bruciante , e i}rita, padre
di Keresaspa (il Gar'1i1sp persiano , sere. Kffilfva) , altro uccisore di
drago.
Una divinità molto importante, che nei Veda compare con caratte
ri misteriosi e terribili, è Rudra, il «Rosso» o I' «Urlante» secondo due
etimologie egualmente valide, la cui posizione nel complesso degli
dèi è piuttosto ambigua , anche perché nei Veda non esiste la rappre
sentazione di un consesso divino con posizioni gerarchiche ben defi
nite. Rudra, il padre dei Marut, è una deità che ispir.a spavento: i tre
inni che gli sono dedicati sono pervasi di un sentimento di terrore .
Esso simboleggia l'inesorabilità delle forze della Natura , le quali pos
sono essere ciecamente distruttrici, come risanatrici. Diversamente
dalla tempesta che si annuncia da lontano con il cielo coperto di nubi
e con il rombo ammonitore del tuono , Rudra è il classico fulmine a
ciel sereno , che inaspettatamente folgora colui che ha deciso di puni
re. Esso , difatti , è il fuoco celeste che piomba fra gli uomini , distrut
tore di impurità , terribile quindi e mortifero , ma anche risanatore e
medico. Questa sua funzione lo appaia ali' Apollo greco , ora medico ,
ora seminatore di arsura e pesce fra uomini e bestiame. Le sue armi ,
c9me qùelle del dio greco , sono l'arco e le frecce (è detto, per ciò,
Sarva, «saec catore»: in campo iranico il suo parallelo Saurva è un arci
demone): talvolta , invece, brandisce il fulmine al pari di lndra. Di
versamente, però, da Apollo , . è rappresentato con spaventoso e fiero
sembiante, rosso di carnagione (forse per giustificarne il nome) , CO!:) i
capelli accorti a conchiglia (nell'acconciatura che sarà poi tipica di Si
va «h indu» e degli asceti) , dalla forma guizzante e lampeggiante , co
me l' aurea collana (nzjka) che gli cinge il collo. La sua forza distruttri
ce è allusa "dall'epiceto di «rossiccio cinghiale del cielo» o «rallegrante
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divora l' oblazione non per sé, ma per gli dèi. Lo si paragona anche a
diversi animali : al bue, quando muggisce; al vitello. quando è appena
nato; al cavallo, quando avvampa recando l' offerta agli dèi. Esso è an
che detto il Divino Uccello, aquila nel cielo ed anatra sull' acqua. La
sua luminosità è sempre celebrata, non solo perché essa lo rende simi
le ad un sole sulla terra , ma anche perché è l' unico fra gli dèi ad esse
re desto e splendente nella oscura notte, dispensando lume e calore
consolante ai suoi fedeli. I suoi miti sono relativamente scarsi e, so
prattutto, lo celebrano in unione con altre divinita: essi trattano prin
cipalmente la sua _triplice nascita, che diverrà l' argomento di nume
rosissime elucubrazioni mistiche e filosofiche. Dice il J¼-veda: «Dal
cielo la prima volta è nato come Agni ; da noi, una seconda volta, co
mejiita-vedas ( " Colui che conosce gli esseri"); lui / nato / una terza
volta dalle acque ( = come fulmine dalle nubi) , lui inestinguibil
mente risveglia attentamente / il sacerdote / , che pensa agli uomini,
accendendolo» (RV, x , 45, 1 ). Agni, in altri termini, si manifesta in
tre modi distinti : in Cielo come il Sole ( Su rya) , in Terra come il Fuo
co sacrificale , detto ]iltavedas, nelle acque, cioè nelle nubi, come la
invisibile energia che repentina balena nella folgore. Poiché nasce dal
soffregamento delle due arani ( le due asticciole di legno, la più sotti
le delle quali gira entro il foro praticato nell'altra), esso viene chia
mato «figlio della forza» (sahasa/J-sunub) , poiché è la forza dell'uo
mo che lo risveglia nei due legni in cui giace assopito e, appena nato,
divora i due genitori , cioè le asticciole. La nascita di Agni dalle acque
aeree, donde l'epiteto di «figlio delle Acque», Apam Napàt, dà luo
go ali ' omonima divinità, che venne separatamente venerata, sia in
India che in Iran : simile origine sembra aver avuto la divinità hindu
Niiriiyana, da niiriih (le Acque), successivamente identificata al dio
Krsna , incarnazione di Vi�ou (v. infra m «Hinduismo»). Simile origi
ne sembra avere Narafamsa ( approssimativamente «Ciò che comanda
gli uomini») , che in Iran, sotto il nome di Nairy o. sanha, viene
considerato come deità «che risiede nell'ombelico dei re» ( Yast 1 7,
1 1 , ( 62)) , forma del Fuoco inerente allo splendore regale (xvarenah)
ed alla sua possanza seminale ( ir . iitre. ci{}a). Nella successiva specu
laz ione upanisadica si ritroverà una figura affine a questa, Agni Vai
Jviinara, cioè il «Fuoco comune a tutti gli uomini», proiezione di Pra
jiipati. il creatore universale, entro il corpo umano, ove si individua
come calore fisico, il cui centro irradiante è concepito proprio nell' ad
dome . Dal cielo Agni è condotto sulla terra dal misterioso Mlitarifvan
(«Colui che si sviluppa entro la madre»! ) , il Prometeo indiano, ed i
Bhrgu ( «gli Splendenti», altro nome degli Angiras) lo distribuiscono
nelle case degli uomini . Come tale è detto «Signore della casa» ( grha
patt) . «ospite» (athitt) per eccellenza, «messaggero» (duta) degli uo
mini agli dèi e viceversa , «sacerdote domestico» (purohita), «invoca
tore» ( h6tar) , «offician te» (adhvary u) . Questi ultimi termini si riferi
scono alla funzione sacerdotale che, come si è visto, ha il fuoco come
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centro . tanto più che tutta la ritualistica vedica sembra essersi svilup
pata dal culto domestico rivolto al fuoco . In tale caso esso è unico e
triplice: nel primo caso si t ratta del solo fuoco di casa ( giirh.ipatya) .
acceso in un focolare rotondo : nel secondo caso . oltre a questo . vi è il
fuoco «oblatorio» (ahavaniya) acceso ad est in un focolare quadrato, e
il «fuoco meridionale» (dakriria) acceso in un focolare a forma di mez
zaluna per tener lontani i cattivi influssi.
Ciò che . però. più interessa è l' aspetto mistico del fuorn sanificale .
il cui straordinario sviluppo ci è già documentato dai cesti ermeneuti
ci dei Veda, per poi assumere carattere dogmaticamente definito nel
le Upani�ad. In questo ambito esso rappresenta la volontà umana -
immortale ospite (atith1) nella nostra mortalità - che pienament e
s'ispira alla Saggezza divina: è detto , perciò, «forza intelligente del
vate» (kavi-kratu), dacché è la volontà illuminata che conduce l'uo
mo al suo compimento divino. Le Sette Madri, delle quali è procla
mato Figlio, sono i sette principi sui quali si fonda l'esistenza coscien
te dell'uomo (tre spirituali ed infiniti, ere temporal i e finiti, uno in
termedio) , cioè: corpo . fisico ( anna-maya-kofa, «corpo fatto di cibo»),
«corpo fatto di energia vitale» (prana-maya-kofa), «corpo mentale»
(mano-m. -k. ) , «corpo fatto di coscienza» ( vzjlliina-m. -k. , il vz/Pliina
corrispondendo al mahas, la realtà delle cose che fluisce dall' Ordine
cosmico , (rta) ; vengono quindi i tre elementi superiori, che sono la
beatifica pienezza { iinanda), l'essere di pura consapevolezza (cit) e
l'essere in sé (sat). Detti principi corrispondono ai sette mondi vedici ,
di tre dei quali ( bhur- bhuval/ -svar) si è già parlato; altri tre sono spi
rituali e trascendenti , preceduti da uno interpolato ( brhat I rta'fJZ /)
che rappresenta la consapevolezza propria alla Verita. Questi ultimi
quattro sono : brhat mahas , jana , tapas, che approssimativamente
possono interpretarsi (nel senso delle gerarchie dantesche «. . . princi
pati, virtù , dominazioni . . . »!) come «consapevolezza, vastità , beatitu
dine e volontà». Questi sono complessivamente i Sette Raggi (sapta
arczjalJ) , le Sette Fiamme (sapta jviilii{l), i Sette Principi del Pensiero
(sapta dhitayalJ) o le Sette Forme della Vacca Aditi (sapta gaval/) , la
cui sintesi è Agni, quale Deva supremo ed universale: «Tu , o Agni ,
sei Varui:ia allorché nasci, diventi Mitra quando sei perfettamente acceso,
in te sono Tutti-gli-dèi ( VifvedeviilJ, v. infra). I O Figlio della Forza, tu
sei Indra per il mortale che offre il sacrificio. / Tu diventi Aryaman,
quando porti il segreto nome delle Vergini. / Essi ti fanno splendere con
i raggi di luce ( = con le Vacche, gobhil-;) con Mitra il ben-stabilito, al
lorché rendi uniti in una sola intenzione il signore della casa e la sua con
sone. / Per tua gloria, o Rudra, i Manu scintillano al loro urgere, che è la
splendente e variegata nascita cua. / Quella che è la suprema sede di Vi
SIJ U , mediante essa tu hai protetto il nome segreto dei raggi ( = delle
Vacche, goniif!Z). I Mediante la tua gloria, o Deva, gli dèi assurgono alla
giusta visione e, mantenendo in sé tutta la molteplicità / della vasta ma
nifestazione / , assaporano Immonalita ... » (RV, v, 3 7).
46 RELIGIONI E MITI DEll' INDIA
[ n a,que] da quello / i l n o n - essere / d1e 1c.-nna « i piedi ,-., h i i n su• [ ull,m.if'J.I, du· si
gn ifi,a and1c.- « i n a 1 w d i parwrin.-• a l l u si,·,, a l i,, spazi,, .,·u,1 1 <» ] . La Terra na,·quc.- da
queg l i che reneva i piedi vol m i i n su . Dalla Terra n a,quero gli spaz i . Da 'Aditi nac
que.- D.ik[J [ = \'olom à . a b i l i r à ) . d a D.ik [J ·.i .liti [ l a rinas, i 1 a del geniwrt· d a l fig l i,, i'
rnmunc.- anche nei m isreri d e l l a Grt·,ù a111 ic,1 t· m·l l ' Ortìsmo . ,· . il rn i w di Phanes ) . l n
fa u i nacque ·.i .liti. o D.ik,1J . che.- è s u a fig l i a . Dopo d i k i nacquew g l i dè i . bt·a1 i . pa
re m i de l l ' i m morta l i 1 a .
Quan d o . o dèi . s1 re1 1 a mc.-mc.- a bbra,, i a1 i . là n c.- l l e Acqut· s1 a\'a 1 c.- . u n ' a.:rc.- polvere s i
levò d a voi ,·i a . rn m c.- da danz atori .
Quando . o dè i . [ co m e.- ) ord i n atori ( ? ) fa,c.-s1e g,,nfiart· i mund i . i l Sok . n asn>sto nd
mare.- . qua portast e .
O t to furono i fi g l i d i ·,i .lit, . c h e.- s,,no n a 1 i d a l su,, wrp,, : wn sc.-1 1 t· t·ssa and,ì dag l i
dè i : ca,, ib via l ' un·c.-llu [ i l Sole.- ] .
Con sc.- u e fi g l i 'A diti e11 1 r11 n e l l a prima e i a [ deg l i dè i ] . Essa port {> d i n uovo l ' un-e l i o
o r a p c.- r la pronc.-az io n c.- . o r a p c.- r la mort e.- [ a l lude.- pro h a h i l m c.- m e a l k ript· 1 u 1 t· v i 1 t· uma
n e.- . a l le.- q u a l i i l Sule sovra i m c.-nde) ( R V . x. 7 2 . 1 rad . Papc.-ssu ) .
L' inno al Puru!a e l ' inno all ' Uno di Prajapati Parame�fhin costitui
scono l ' acme del pensiero vedico , anche per le implicazioni metafisi
che e mistiche che ci danno ad intendere l ' esistenza di un ambiente
LA RELIGIONE DEI VEDA 53
Afvin. Delle tre pigiature, che venivano eseguite secondo una com
plicata liturgia, la prima, mattutina (pratar), veniva offerta a Vayu ed
Indra, la seconda , meridiana (madhyaf'!Zdzna), ad Indra ed ai Marut,
la terza (trtiya) . serale, agli l!-bhu. Nel corso della liturgia venivano
invocare le divinità separatamente o come consesso celeste (Vifve
devaf.1) mentre loro si offrivano libazioni della mistica bevanda, con
l' aggiunta di lane dolce, o acido e farina d' orzo. Al simposio divino
partecipavano gli officianti.
L' Agnzj/oma, in realtà, costituisce il modello particolareggiato per
le sette varietà deljyotzi/oma, «Inno di lode alla Luce». Fra i numero
si riti frauta, alcuni dei quali duravano da alcuni giorni ad anni inte
ri, si possono ricordare, come i più caratteristici della società vedica,
quelli tipicamente guerrieri, del viija-peya, «bevuta della vittoria»,
del ràja-sùya, «consaçrazione regale» e quello dello afva-medha, «sa
crificio del cavallo» . E da notare che, nell' antichità indiana, i riti so
len ni non rivestivano come presso Greci e Romani valore sociale e po
litico, bensl erano compiuti per iniziativa e benificio privato, anche
se si supponeva che il loro risultato si sarebbe esteso beneficamente a
tutta la collettività. Il vajapeya consisteva in un insieme di fasi succes
sive caratterizzate da riti singolari. Una corsa di 1 7 carri su un percor
so segnato da 1 7 frecce veniva vinta dal sacrificante. Al centro della
pista un brahmana, faceva girare una ruota su un palo, evidente sim
bolo del sole . Avveniva poi una specie di iniziazione battesimale ed
infine l'«ascesa al sole», compiuta dal sacrificante con sua moglie ver
so la ruota fissata in cima al palo sacro. Questo rito, che durava dai 1 7
giorni ad u n anno, era il preludio al ràjasuya. I n questo, il re, assiso
su un crono di legno udumbara coperto da pelle di tigre, al centro del
terreno consacrato (che misticamente riproduceva l' Universo), veniva
battezzato per aspersione (abhzjek.a) da tutti i rappresentanti del suo
popolo mediante liquidi diversi: acqua , burro, miele,eccetera, conte
nuti in una coppa di legno udumbara. Venivano invocati, o meglio,
evocati nel re i due principi della sovranità, il potere (k.fatra) e l' ordi
ne (rJa) personificati da Varuna e Mirra, ai quali il re veniva identifi
cato , assieme ad Indra . Durante raie rito si verificavano alcune scene
curiose simboleggianti la funzione regia nel suo esercizio quotidiano:
rivalità con vicini, pacificazione, mantenimento della fortuna nella
comunità, eccetera . Ad esempio, il re compiva un simulacro di ratto
di una mandria di vacche appartenenti ad un vicino, al quale ne resti
tuiva solo una pane; seduto sul suo crono giocava una partita a dadi
con l'adhvaryii, che batteva ; beveva assieme a nove partecipanti in
dieci coppe. eccetera. Gli onorari che doveva pagare ai preti per il rito
erano fantastici: fino a 240 .000 vacche!
L' Afva- medha, il «sacrificio del cavallo» era il più famoso rito vedi
co , risalente all'antichità indoeuropea e forse oltre (ne è il parallelo
l' omonimo sacrificio compiuto dai re irlandesi di Tara di cui dà noti
zia Goffredo di Monmouth nella sua Historia Regum Bn'tanniae) :
60 RELI GIONI E M ITI DELL' INDIA
simboleggiava il trionfo del re sui qua u ro punr i cud i n ali della t erra .
per m i assumeva la dign ità di Re U n iversale ( ,\IJ/.1:i- 1;11:1. o C.1kr,1-
11.zrtin . «Volg i rore della Ruor a» . v . in/i·, 1) . l i ri w . che dur a v a a p pena
r re gior n i nel periodo febbra io-marzo . rich iedeva una preparazione
di uno o due an n i . durante i quali un cavallo rnrsiero era lasc i a w li
bero di vagare assieme ad altri cen to cavalli . segui w d al re rnn le sue
quamo spose . da i quattro offi c i a n r i e da una snm a d i 400 giova n i ar
maci. olr re alla folla degli spettatori . Tutte k t erre c h e il cavallo ama
versava diven tavano domi n io del re . essendo rn nside ra t e sua rnnqui
sra . In capo ad un anno il cavallo era soffocato per st roz z amrn w . i n d i
s i compivano r i t i diversi e rnmplicare cerimo n i e a potro p a iche. ro m
p resi e re g iorn i di sacrific io del s6111,1 . Al cavallo si faceva no vnkrc- al
cun e giume n t e . i ndi lo si a t tacrava ad un rarro di guerra doraw ( i
guerrieri i ndian i . rnme quelli i ra n ic i . g rec i a n t i c h i e brit a n n ici rom
bat t evano sul carro) e lo si co nduceva ad uno scagno . dove ven iva !a
varo. unto ed ornato nella crin iera da 10 I perle . Seguiva un grande
sacrific io cruento: un gran numero di best ie ( 609 sern ndo i t t·sr i ritua
li) ven iva riun ito a t torno al cavallo. quelle domest iche ven ivano ucr i
se , l e alt re messe i n libe-rrà . I ndi i l cavallo st esso ven iva mt·sso a morte
per soffocamento con un pan n o : le spose del re gi ravano at t o rn o
ali ' an imale mono, men t re la sposa prinripale gli g iaceva acca n t o fi n
gendo l' accoppiamen t o ; i n t a n t o si svolgeva un dialogo osceno fra i
sace rdoti e le don ne presen t i , al quale seguiva uno scambio d i enigmi
fra gli offician t i ed il re ( pa n icolari , se è possibile. anco r p i ù indecen
t i carat terizzavano lo stesso sacrificio nell ' ambito celt irn, se dobbi a
mo credere a Goffredo di Monmout h ) . Concludeva la giornata
l'oblazione del soma, lo squartamento rituale delle bestie e l' offerta
sacrificale del loro sangue . Questo strano rito , che si ric h i ama alle ori
gin i pastorali e ce n t roasi at iche delle sch i a t t e arie è st ato abbondant e
men t e descri t to e spiegato dai t rat t a t i r i t uali ed ermeneutici. Il caval
lo è il simbolo con temporaneamente dell ' an no qui ndi dello spazio
tempo , e di tut te le funzion i ed esseri che vi si t rovano ( il ragguaglia
memo mist ico è abbonda n t eme n t e desc r i t t o dalla Brhad
aranyakopan isad , i , I ss.) . nonché del potere regale e la capaci tà di
«movimen to»· che gli è con nessa : a questo si deve la li ber r à , o man
canza di confin i , conse n t i t agli per u n an no, l' esaltazione i n esso del
pot e re masch ile ( esibizione delle giume n t e ) e simulato accop p i amen
to di lui con l a regi n a . I l suo sacrificio è , i n u n certo modo, i l sost ituto
del sacrificio del Maha-puru!a (v. p. xy ss . ) , i n t eso a creare fecondità,
felicità ed abbondanza per i suddit i, assicurando sovran i tà perenne al
re c h e lo fa eseguire. Il Re , anche i n questo caso , si ident ifica all ' Uo
mo (od An imale) Un iversale, unità spirituale e vitale del tut to e n t ro
il tutto. Il sacrificio ricorda pure , a parte il caso accen nato degli a n t i
c h i Irlandesi , r i t i analogh i presso culture boreali, dagli A i n u a i Paleo
siberian i , presso i quali un an imale sacro , l'orso , viene nut rito e vez
zeggiato dalla stessa comun i t à che poi l'uccide soffocandolo ( il cosid-
LA RELIGIONE DEI VEDA 61
sto in grembo un bambino nato da una donna che avesse sempre par
torito figli viventi . quindi essa consumava assieme al marito una fo.
caccia sacrificale (ciò che ricorda la con_f.z"e.ztio dei Romani). La sera i
due sposi recitavano una giaculatoria dedicata alla stella polare ed al
la stella Ar11ndh1111. che il marito mostrava alla moglie (Amndhatl.
una delle figlie del Prajàpati K.zrd.111111, moglie dello r�i V.zsisth.z, è
per gli Indiani simbolo di virtù coniugale . talché è tenuta in �-oiiside
razione maggiore degli stessi sette ,rJi! ). Seguivano, poi . tre giorni di
castità rigidamente osservati dagli sposi (simile uso. a11estato dallo
studio di A. Pagliaro , esisteva anche in Persia): nel loro letto. per di
viderli , veniva posto un bastone allo scopo d'impedire che quakhe
dèmone, Gandharva od altri , diventasse il fruitore del primo rappor
to fra gli sposi . al posto del marito (simile uso è a11estato fra gli altri
popoli indo-europei , oltre che fra gli lndoiranic i : cfr. la saga relativa
alla spada messa fra SigurdhR e Sig rdrfa nella loro none di matrimo
nio). Durante le nozze vengono recitate numerose formule e giacula
torie in parte tolte dal grande inno nuziale di Siiryà, la dea-Sole. spo
sa di Soma, il dio- Luna :
. . . Lu i l'he se ne è andato l ungo i grandi decli n i , che per molti ha scopeno la via, il fi
glio di Vivasvam , l ' adunacore dei popo l i , Yama re , onora con l ' offe n a .
Y a m a a noi ha c rovaco p e r p r i m o il c a m m i n o / p e r I ' A l d i la / : non p u 6 esserc i portato
via q uesto pascolo. Per dove i nomi amichi padri se ne sono andat i , per d i là / se ne so
no andat i / i nati / dopo / , ciascuno per l a sua via .
. . . Avanzac i , avan zaci per le amiche vie, per dove i nomi amichi padri se ne so·no an
dat i . Vedrai Yama e il dio Va.ru n a . entrambi i re che gioiscono a loro voglia .
. . . U n isr i c i rnn i padri . con Yama: con ci6 che hai offerto e donaco, nel cielo supremo .
Avendo lasriato ogni dife110 , va' di nuovo a casa : unisciti. pieno di splendore , con il
lnurJ 110 ! corpo .
[ ai demon i ] Andatevene . al lomanacevi , misciace via . A costu i i padri hanno prepa
rarn quel luogo: Yama gli da un sico d i riposo discinto per i giorn i , acq ue, non i .
[ al mono] Corri per la v i a dirina a l d i là dei d u e cani figli di Sarama , d a i quattro oc
chi [ proba b. «con due macchie sui due occh i • . ident ica espressione si ri t rova nel Maz
deismo per denotare can i con funzioni purificatorie ecc . ] , maculat i . E va' dai padri ,
buoni donatori . che godono di comune banche110 con Yama.
[a Yama] A quei c uoi due can i , o Y am a . guardian i , dai q uattro occ h i , custodi della
\·i a . che osservano g l i uom i n i . affida cost u i . o re Yam a : a lui concedi benessere e sant i
ca . . . ( RV . x . 1 4 . c rad . Papesso , op . cit. ) .
66 RELIGIONI E M ITI DELL' INDIA
Indi il morto viene collocato sulla pira . fra i due fuochi sacri . La ve
dove gli si colloca al fianco , ma viene subito invitata a rialzarsi e ad
unirsi al cognato (ricordo dell'uso del levirato) . sostituto del defunto.
Se questi è uno k!11lny11, gli viene posto accanto l' arco spezzato , se è ,
invece , un brahmar,11, gli strumenti del sacrificio bruciabili, mentre
gli altri vengono donati . Secondo il Rg-veda il mono viene arso assie
me ad un capro, simbolo di Agni; nel rituale è invece il corpo di una
vacca che viene sovrapposto , membro su membro, a quello del mor
to. Nell'arsione vengono pronunciate preghiere apotropaiche, per
scongiurare la Morte:
O Mort e , va11ene via per u n ' a h ra st rada , quella d1t' 1i è propria . d ivt·rsa dal u m m i
no deg l i dè i . A ce (he hai on-hi e (he i,d i . io dirn: non n u,,(t'rt' a l l a noma progt·nit· 111:
ai nost ri mas( h i .
Quando voi ven i 1 e . (an,·el lando l ' impru m a d e l l a mortt· . più l u n g a pru i rat·ndo l a vo
stra v i c a . fiorenti di prolt" e di ricchezza . sialt' puri e mun d i . o voi d egni d i I partt·, ipa
re) al sacrificio .
Questi vivi si sono separac i dai mon i ; faust a è s1a1a oggi per noi l ' t"vo(aziom· deg l i
dè i . � vant i siamo pro,ed u 1 i . verso la d a n z a e lo sd1erzu . più lunga proi raendo la n o -
se ra v11 a .
Questa barriera i o pongo per i viv i . Non ragg iunga u n a h ro di rnswro u n a tait· mè c a .
Vivano cento autunni pien i ; coprano col monte l rnn l a pietra) la mon e .
Come i giorni tengono dietro al preceden t e . come lt· scagioni s i aht"rnano regolar
mente con le stagioni . come i l susseguente non lascia i l precedent e . rnsf . o Creawrt· .
ordina le vite di costoro .
Salite nel l a vi t a , avendo sceh o la vecrh iaia , me1 1 endovi in fila dopo il prt"ceden t c .
quant i siet e . Q u i Tvagar . d a l l e belle rreaz ion i . v i faccia . conrnrdt' rnn voi . una lunga
v i t a , perché viviat e .
Queste donne n o n vedove . aventi u n buon marito , s i adorn ino rnn unguento e bur
ro stru 1 1 0 . Senza lacrime , sen za mala1 1 i a . con bei gioiel l i , le donne salgano per prime
sul posto .
! al l a vedova) Lèvac i , o don n a , al mondo de, vivi ' Sei gia,·iuca vicino a rnsc ui il cui
spirito vitale se ne è andato: vien i ' sei entrata nella rnndizione d i moglie dello sposo
! cognato ) , che ti ha preso la destra e desidera aven i .
l ai mono) Prendo dalla mano del mono l ' arrn , d i dom inio, d i splendort· , d i poten
za per noi . Là t u se i , qui noi , rin·hi di bravi fig l i : possiamo vi ncere 1u11e le ini micizie e
k i nsidie 1 • • • ( R V , x, 1 8 ) .
dell ' India . Abbiamo , quindi , in questa nuova fase la concezione dei
successivi ava!ilra, o «discese» del principio divino (specificatamente
V1�i:iu) , che liberano l ' Umanita dai particolari flagelli di ogni partico
lare epoca , rivelandole al contempo una nuova norma liberatrice ( ti
pico è il caso di Kcf�a- Viisudeva-Nizriiyana) . Queste nuove rivelazioni
sono , ad esempio , quelle contenute nei testi detti sa,rzhitii dei vig1ui
ti , iigama degli sivaiti e tantra degli sakta ( v . infra) , che intendono
tout court sostituirsi ai Veda , con il pretesto che le ascesi implicite in
questi sono impossibili a praticarsi nella umanità attuale , indebolita
moralmente e fisicamente , la cui durata vitale non consente prolun
gate penitenze e meditazioni e che , soprattutto , è priva della natura
le percezione del mondo divino , propria ai Saggi del mondo antico .
Questa coscienza evolutiva , o involutiva , riguardante i rapporti fra
l ' uomo ed il mondo divino , che assunse veste filosofica e logica con il
Brahmanesimo , divenne in seguito retaggio comune di tutti i sistemi
religiosi indiani , per diffondersi poi in tutta l' Asia orientale tramite
il Buddhismo .
L' idea del karman , a)la quale, si è alluso nelle pagine precedenti , è
uno dei dogmi centrali del Brahmanesimo e tale diventerà nel Bud
dhismo , poiché su di esso si regge la concezione delle ripetute vite
terrene o preter-terrene di ogni uomo , cioè il sa,rzsiira a cui si è già ac
cennato. Essa nasce da una «secolarizzazione» dell ' omonima nozione
vedica ( v . infra) , secondo la quale sarebbe la forza inerente all'«atto»
rituale che lo conduce ad effetto . La Mimamsa lo definisce a-drsta,
cioè «il non-visto» , in quanto tramite impercèttibile ai sensi fra u·� ·ri
to ed i suoi effetti . Per il Brahmanesimo esso diventa ogni «atto nato
dal pensiero , dalla parola o dall' azione immateriale» : i testi lo com
parano all' ombra che segue l' uomo , ad un cibo indigesto , al fiume
che , irremeabile , scorre verso la foce . Qualunque azione che l ' uomo
compia , essa comporta , di là dall' effetto materiale immediato , una
«maturazione» ( vip4ka) che avviluppa l ' anima e la rende propensa ad
un destino particolare che si verificherà in un determinato momento ,
come punizione o come ricompensa . Poiché il Brahmanesimo am
mette per ogni essere una serie indefinita di vite successive , fino alla
sua liberazione ( mukti, mok!a) in seguito ad ascesi, ne risulta che , al
termine di un' esistenza intermedia (antara- bhiiva) immediatamente
dopo la morte , durante la quale l' anima del trapassato viene messa
faccia a faccia all ' effetto delle azioni compiute durante la vita , suben
done un primo contrappasso , l ' uomo ritorna sulla terra con un «resi
duo» (anufaya) che è la sintesi dinamica del suo karman passato , il
quale determina per lui una nuova forma di esistenza. L' uomo è ,
quindi , direttamente responsabile della particolare esistenza in cui è
venuto a nascere , dato che questa è stata determinata dalle azioni da
lui compiute in una vita anteriore .
Lo strumento mediante il quale l' uomo si libera da questa impla
cabile ruota dell ' esistenza è la Conoscenza ( vidya, jfiana, prajiia) ,
CONCEZIONI GENERALI 77
I . L ' A g 11i-hu1r.1 [ l ' oblazione al fuorn] è . i n \'m> . la nan· d1c nl('n.l al Ciel,, : di 1 a k
nave c h e wnduce al Cielo . i fuor h i Jh.11·,111r)'.1 t' gJrh.1p.11.1·.1 s.,n,, k dut· tianra1 t· t·d i l
pilo1a è rnlui che offre i l la1 1 e . Quand,, egl i s i i rasp,,n a \'erso J ' Es1 . s p i n g e la n ave verso
J ' Es1 . in d i rezione del mondo relest e : wn q uest a nave t·g l i w n q u ist a il nwnd,, rdt·s t t· .
Mom andovi d a l Nord . essa l o fa arredere a l mondo relt·s1 t· : m a . st· v i soggiorna g i u n
ge ndovi dal Sud . è rnme s e q u a k u n o arrivasse q u a n d , , la n avt· 11.1 gia preso i l l argo : rt·
sterebbe i ndietro . si 1 roverebbe fuori di rna ( I l , 3 . 3 . 1 5 ) .
Naturalmente qui i punti cardinali Est , Ovest , Nord. Sud , sono re
lativi alle deambulazioni compiute dal sacrificante («il pilota») attor
no ai fuochi ed hanno sempre un riferimento cosmirn preciso. Cosi ,
ad esempio , la «Via del Nord» (uttara-yana) indica la liberazione
(mukti, mok!a) la via verso gli dèi (deva-yana) ; la «Via del Sud»
(dak1i1Ja-yana) simboléggia , invece , il ritorno entro il genere umano
in un'altra vita, è la via lunare degli antenati (pitry ana) ; l'Est è, inve
ce , la conoscenza aurorale, l' intuizione di ciò che comporta il simbo
lo; l'Ovest indica , invece, la conoscenza degli element i mediante la
percezione sensibile , eccetera .
Vediamo ora la narrazione mitica:
2 . Un mauino portarono a Manu l ' arqua per k abluzion i . t a i t· t· qualt· wmt· anwr
oggi si porta l ' acqua per lavarsi le man i . Mentre egli si l avav a . elTo . un pesn· gli vennt·
fra le m an i . Il pesce g l i i n d i rizzo la paro l a . d icendog l i : «abbi cura di m e . io t i salver6• .
«E da che rnsa mi salvera i ? » . «Dal d i l uvio rhe ingh io1 1 i ra t u m· le c reat ure : è da quesw
che t i salverò• . «Come de bbo ave r rura d i te ? • . I l pem: d isse : «Finrhf noi peSt·i siamo
picrn l i n i , dobbiamo affront are mohi riSt·hi : i l pesre mangia i l pesce. M i dovra i . q u i n
d i . conservare i n u n a pen tola. poi . quando sar6 troppo grande . scavare una fossa e ser
barmi là; poi q uando sar6 ancora più grand e . m i dovrai t rasportare nel mare: i n quel
momento io avr6 superato i perico l i della m,orte . Sappi rhe l ' an n o raie e t ale verra u n
d i luvio: prepara una n ave e veglia s u d i m e . io ri sal ver6• . Manu e b b e c u r a del pes,:e e
piu rardi lo porro in mare . Nel l ' anno predetw dal pesce. Manu prepar6 una n ave e vi
gilo: quando i l d i l uvio crebbe. egli sali sul l a n ave . I l pesce accorse : l eg6 alla sua pinna
la gomena della nave e cosi sorpasso la momagna del Nord . Disse al lora a M a n u : «Ecco
che ti ho salvato: anacca la rua nave al l ' a l bero , ma srai auento che l ' acqua non t i spez
z i mentre srai sulla montagn a . A misura che l ' acqua si rir i rer:i , r u scenderai • . E rnsi ,
poco per vol r a , Manu discese a rerra. La montagna del Nord si chiama ancora la discesa
d i Manu• (1 , 8, 1 ) .
A l l ' origine quaggiu nullà vi t'ra . Tu1 t o queslll un ivt"rso t'ra ravvollll in lllr1.v11. ndb
Fame . pen·hé la fame è m1m t' . Al lora rnnrepì il pt'nsit"ro : « Possa io esserm i ' • I J1111.;111•i
s.viim . le1 t . «aven t e se-st esso io mi sia ' • I . l'. mt"nm· prqiava . si m ist' in mol l i . Da l u i rht·
pregava n al'quero le a!'que ed t"gli si disst" : «Si prega i .Jr<'I presso di mt· t· la frlirità i .é.;]
ne venne• . Donde il nome di A rk,; ! al Sok ] . In Vt"rit a la fd i,ità t ona a rnlui il quak
rosi ronosre per!'hé il sole si rhiami A rk,;. ! Come: appart· nei passi segumt i , lo sperula
mre upani�adiro intende per .;r.é.i l ' «exsis1ert'• del mondo ddlt· neat u n· di qua dal Pri
mo Essere che. di per sé . è puro Vuol ll ] .
Le Acque ! Jpas, !'ioè l a vita universale , i l sanifi,·io] sono .irk.i. Ci<Ì d1t· t·ra l a panna
delle al'que si ronsol id6 e divenne la Terra . Su di essa Mrt.vu si affa1 il'ù i: . mt'lll rt' t·gli si
adoprava e si scaldava, si sprigionò l ' essenza del tejas , il Fuorn . I Te1a.r è la sost anza di
fuoco- l uce irraggiante da ogn i nea t u ra viven t e . mentrt' il tapa.,· è il !'alort·-volon t a di
mi è ma1eriaw ogni essere : si veda piu avan t i ] .
Egli divise s e stesS<> in i re part i , delle quali il fuorn è l a prima, il sc,le la sernnda, i l
ven to la terz a . Questo è l o spiriw vitale IPrJra] , i n m: part i diviso . D i essc , , l ' Orir:n te è
il t·apo , questo e quello I = i due pu n t i in termedi . sc·irotTo e grern] sono le sue zampe
an teriori , il suo O!'cidente è la roda; questo e quello I = i due punti intermedi , maest ro
e l ibe!'cio] sono le sue zampe pos1eriori , il Sud ed il Nord sono i suoi fiam-h i , il Cielo il
suo dorso , l ' atmosfera il suo ven t re . la terra il suo pet to ed è fondato sulle acque .
Ovunque proceda , colui !'he rosi rnnosc·e avra sol ido appoggio.
Egli desider6 : «Possa io avere un sernndo I a me stesso ] • . Mrtyu- Fame si a!'rnppi6 al
lora in ispirito con la Voce I VJc] e quello l'he era i l suo seme divenne l ' anno. Pri ma, in
fal l i , non vi era l ' an n o. Egl i resto gravido tulio il tempo ,·he è un anno ed alla fint' di
questo periodo si sgravo . Verso i l nato spalanco la bocca ! per divorarlo ] . Quest i fece :
«bhar• e cosi nacque la parola . I la radice bhar significa, per l ' appunto, «favel lare• ,
«parlare• ] .
Al lora considero : «Se m e ne c i bo , ben piccolo sara i l m i o al imento• . Con quest a Vo
ce , con q uesto essere ( altro da l u i ] . egli genero tulio quanto esiste e cioè le fc, gli ya111s ,
i sJman , i chandas, i sacrifici , gli uomi n i e gli animali . E tulio c i ò c h e m a n m a n o anda
va generando egl i si mise a d ivorarlo. In verit a , l ' essenza di Aditi risiede nel fallo che
mangia tulio ( alli, dalla rad . ad, lat . edere] . Col u i i l quale in tale modo conosce l ' es
senza di Aditi, di tulio si ciba e tulio d iventa il suo alimento l anna, dalla rad . ad. Cfr.
i l m ito greco di Kronos che divora le sue creature ] .
84 RELIGIONI E MITI DEll'INDIA
Egli desidero: «Possa io grandemente sacrificare con grande sacrificio» . Egli si adope
ro e si scaldo ndl' ascesi [ 1.ipa.r) . Da lui che si era adoperato, da lui che si era scaldato , si
sprigiono gloria,{ya.fas) cd energia [ vlry11) . In verita gli spiriti vitali [prinl9) sono gloria
ed energia. Partiti gli spiriti vital i , i l suo corpo comincio a gonfiarsi : nel suo corpo, pe
ro , era il m.inas [ spirito pensante) .
Egli desidero : «Possa questo corpo essere per me sacrificando [ mea'hy11) : mediante
lui possa io avere un essere» . A llora [ il suo corpo) divenne cavallo [ a.f1111) : ciò che si era
gonfiato [ .if11111) divenne ano al sacrificio [ mea'hy11) . Questa è la ragione per la quale il
sacrificio del cavallo si chiama a.f1111-mea'h11. Conosce realmente I ' a.f1111mea'h11 colui il
quale cosi conosca. Egl i penso di non tranenerlo [ il cavallo ) . In capo ad un anno lo sa
crifico per se stesso . Le altre bestie destino agli dèi . Questa è la ragione per la quale si
sacrifica come proprio a Pr11jip111i cio che è dato consacrato agli dèi tutt i . Ciò che lassù
arde (il sole) è 11sii11-mea'h11. Di lii a'11 essi [ 11if11e a'e11ll/] , in fondo, non 11i è che 11n11 a'i11i
ni1à: Mrty11. [ Colui il quale cosi conosce) trionfa sulla cri-morte» [p11n11r-m(ty11) , l a
morte n o n lo raggiunge , nella morte trova il suo essere , diventa u n o con queste dcita
(trad . Filippan i , ib. 22-2 5 ) .
A l l ' origine esisteva solo lo JtmJ11 , sot to la forma di P11r11;<J ! Uomo rnsmirn primor
diale ) . Guardandosi at torno eg l i non vide a l t ri che se st esso . I n primo l uogo pronunri6
le parole: «lo sono q uest i I JO 'hJ111 J • . donde venne ad essere i l nome d i « io• (JhJ'!I ) . Da
questo deriva che, anrnr ogg i , se si rhiama qualcuno , rnst u i risponde i n primo l uogo :
«sono io, . I n d i dich iara un a l t ro nom e . che è il proprio . Dato rhe egl i , anteriore ad
og n i cosa [p1irVJ) , ha arso 1 111) t u t t i i m a l i , per questo mot ivo eg l i è P11r11;<J. In veri c a ,
colu i i l q u a l e cosi conosce a rde c h i u n q u e desideri porsi p r i m a d i l u i . ( V i e n e . pertanto ,
affermato i l principio mec afisirn per r u i l ' « Io» è iden t i t a u n i versale) .
Egli ebbe paura : perché colui rhe è solo ha paura . I n d i ronsider,, : «Di rhe rosa deb
bo io avere paura , se n u l l a esiste fuori d i m e ? » . A l lora la sua paura svani. Di rhe rosa .
infat t i , avrebbe dovuto avere paura ) Si ha paura di un a l t ro .
Eg l i non aveva piacere : pe_rché i l piarere non appart iene a c h i sia sol o . Desiderò ,
q u i n d i , un secondo . Fino ad a l lora , la sua estensione era cale q u anti> un uomo ed una
don na abbraccia r i . Li d ivise i n due esseri ; q uest i fu rono lo sposo e la sposa . Tak è la ra
gione per l a quale Yàjnavalkya ha detto : «Noi due siamo / ognuno per sé / una meta• .
Per q uesto motivo l o spazio / l asciato vuoto / viene riem p i ro dalla don n a . Con essa si
congiunse: da rio n acquero gli uom i n i .
Ma al lora essa considero : «Come mai egl i . avendomi generato , si è u n i ro a me ) Suv
via, voglio n asconderm i ' • · Essa si fece vacr a , toro si fece l u i ed a lei si rnngiunse . Nar
q uero i bov i n i . Essa si fece giumen t a , lui sr allone; essa asi n a . lui asino: a ki si uni.
Donde n a.quero i sol i ped i . Essa divenne rapra , egl i berrn; essa si fere perora , lui ari e
re: egl i si uni ad essa , donde narquero rapre e monton i . I n tal modo produsse t u t to riò
rhe va per coppie , fino alle formirh e .
A l lora eg l i conobbe: « I n verira i o sono l a creaz ione, i o ho generato t u t to r i6 r h e esi
sre» . Da questo I evento) venne ad essere la c reazione [ J!"!(t] . Col ui i l quale rnsi rnnosce,
cosrui è presente a l l a creazione d i se medesimo.
I n d i soffrego in cale modo [ i l cesto presuppone un gesrn signi faar i vo ), e d a l l a sua
bocca come mar rire e dalle sue mani egli generò i l fuorn . Quest a è l a ragione per la
quale borea e m a n i sono senza peli ali' i n terno: perchè l a matrice è i n ternamente senza
pel i . [ Qu i n d i ] a l lorché si dice: «Sacrifica a raie divin i c a , sacrifica a raie a l t ra d i v i n i t a 1 , e
cosi per rutte le d i v i n i c a singolarme n t e , si i n d ica u n a creaz ione particolare di l u i : egl i
è , in ver i r a , r u t t i g l i dèi . . . I n d i , tutto ci6 che vi è di u m ido egli lo produsse dal suo se
me: raie è il mma. Tu ero ci6 che esist e , i n vero , o è nutrimento, o è mangiatore: il mma
è l ' a l i mento, il fuoco il mangiatore. Questa è una «super-creazione• [ ati- Jf!(t] del
Brahma11: supercreazion e , dato che egli , mort ale I ? - i n quanto i nrarnato nel l ' uomo ,
sperimenta mort e ? ) ha prodotto dèi i m mortal i . Col u i il quale cosi conosre , rnsc u i ap
partiene a quesra super-creaz ione .
Tut t o questo mondo era ancora i m man ifesto l a- vyakrta] . Egl i lo rese man ifesto co
me nome e form a : «Questo si chiama cosi ; q uesto ha tale forma, . Egualmente ancor
ogg i , con il nome e con l a forma si determ i n a ogni cosa: «Questo h a u n cal nome; que
sto h a una tale forma• .
In q uesto mondo egli sresso è penet rato fi no a l l a punta delle ungh i e , e, come il ra
soio racc h iuso n e l l a sua guai n a , o il viivambhara nel suo n ido , non lo si vede: allorché
respira lo si chiama respi ro , a l lorché parla lo si chiama voce, a l lorché guarda lo si chia
ma occhio, al lorché ode , orecchio, allorché pensa lo si chiama mente. Quesc i , pero , so
no soltanto i nomi dei suoi a r t i [ karma-naman1] . Col u i i l quale l i consideri isolatamen
te, cost u i non conosce , perché egli manifesta soltanto i n modo parziale se stesso con
86 RELIGIONI E MITI DELL' INDIA
menti che egli assume stando in piedi , o sdraiato (caso unico fra gli
dèi indiani) , oppure a cavallo di un animale (il cosiddetto vahana , o
veicolo) , generalmente l'uomo-aquila Garut/a , il figlio dello r�i Ka
fyapa e di Vinata. Secondo la leggenda epica , Garuf/a, il cui culto è
giunto fino all'Oriente buddhista, è l'aquila dal volto umano che ra
pi l'ambrosia (amrta , corrispondente al soma vedico) agli dèi per li
berare la madre prigioniera del dèmone Kadru . In seguito Garuda ,
con l'aiuto di Indra , inganna ed assoggetta magicamente i serpenti
(naga) , divenendo il loro nemico irriducibile . I Naga talvolta assumo
no le funzioni del Vrtra vedico, come nei miei di Garufla, talvolta in
vece rappresentano la Saggezza Primordiale e proteggono dèi ed asce
ti in medicazione , come lo stesso Visnu dormiente. Difatti Visnu è
raffigurato sdraiato o in atteggiament� meditativo (asana) sul seèpen
te Ranganatha , o Se!a , o Ananta («Infinito») dalle mille teste , una
delle quali gli serve da nicchia , navigante sull'infinita distesa delle
Acque cosmiche. In questo stato di sonno mistico, il dio medita il
mondo; indi, al suo risveglio , emette dall'ombelico un loto dorato,
dal quale sorge Brahma, che creera un nuovo universo. Iniziera, cosi ,
un altro «giorno del Brahman». Spesso Vi�r;iu è rappresentato in com
pagnia della sua fakti Lak,rmi («Fortuna») , o della dea Terra , Bhumi;
dai suoi piedi sgorga il fiume celeste Gange ( Ganga) e, talvolta , il suo
sonno è personificato dalla terribile dea Durga (la «Inaccessibile») ,
propriamente sposa di Siva. Vigm è fondamentalmente il Dio con
servatore , stabilizzatore; personifica l'amore , sia nell'aspetto di tene
rezza affettiva, che in quello di piacere erotico, senza , però , quelle
note di cupa violenza che caratterizzano, invece , Siva : un'atmosfera
di amorevolezza lo circonda ed i suoi fedeli gli rendono omaggio te
stimoniandogli i diversi gradi della loro bhakti, che è entusiastica de
vozione , fino all'estasi unitiva con lui. Nelle sue incarnazioni umane ,
però , manifesta in alto grado la virtù guerriera e la sollecitudine pro
tettrice degli uomini, fra i quali queste sue ipostasi assumono la fun
zione sovrana. Vzjr1u , come elemento di vita solare attiva , presente in
ogni atomo dell'Universo, conosce molte incarnazioni maggiori, mi
nori , parziali , tante quanti sono gli esseri sovrumani o umani che , di
tempo in tempo, compaiono sulla terra con una missione salvatrice
ed illuminatrice . In generale si noverano da 10 a 28 avatara, o «disce
se» , del principio- Vzj�u , fra gli uomini. Il Purai:ia che meglio riassu
me le principali 10 incarnazioni del dio è il Bhagavata-pura�a . che ci
servirà da guida per illustrare l' argomento. Esso contiene un antefat
to che giustifica la sacra rivelazione.
Il re Parik!it, ultimo re del dvapara-yuga, avendo offeso un brah
mai:ia , è stato maledetto dal figlio di costui e condannato a venire
morso dal serpente Tak1aka. Essendo imminente la sua morte, egli
lascia la vita mondana e si dà ad austere medicazioni. Sette giorni pri
ma del termine mortale fissato dalla maledizione incontra il saggio
Suka , figlio del grande vate Vyasa (parziale incarnazione di Hari (il
94 RELIGIONI E MITI DELL' INDIA
«Fulvo», appellativo vedico del dio Ag ni - Vif!J tl, mitico autore del
Mahabharata) e lo prega di fargli conoscere ciò che è essenziale sapere
per un uomo che stia per lasciare la vita terrena. È così che Suka inizia
il racconto, che comprende una parte mitica, una morale, una asceti
ca, innumerevoli norme religiose, eccetera. Tutta la storia, compresa
questa introduzione, viene narrata dall'auriga del re (Suta, per anto
nomasia : l'auriga, generalmente un mezzo brahmano, riveste
nell'epica come nel dramma la funzione del narratore), di fronte ad
un'assemblea di Saggi raccolti nella foresta di Naimisa .
A l l ' i n i zio vi era solo q ues1,! Bh.zg,m.ml , spiriw pervaderne t u l l i gli esseri . Vi era al-
1resi i l mis1irn pot ere I l a sua 5.zk//] di Lu i . il q,uale è mero speuawre ! poiché non è af
frrraw dal l ' azione da lui provocal a) . Questa 5.zkti è anrhe deua MJ_yJ I «Illusione• ) . la
mi essenza è l U l lO ci(, rhe vi è e anrhe rhe non vi i': per mezzo d i Lei il Signore omni
pervader n e ne(, lUllo quesw Un iverso .
Segue la d�scrizione di Vif!Jtl dormiente nelle Acque primordiali
sul serpente Sefa (od Ananta) e l'emanazione, dal suo ombelico, del
principio creatore Brahmii che rigenera i mondi che, alla fine del pre
cedente ciclo, erano stati riassorbiti dal Signore . La lista degli Avatàra
non è scrupolosamente seguìta da questo Pura1;1a, che attribuisce
grande rilievo a quello di Km1a, il cui verbo propaga . Diamo , di se
guito, un riassunto dei I O principali avatiira :
1 . Matsya, il «Pesce» che salvò Manu dal diluvio universale, il cui
mito è stato già integralmente citato dallo Satapathabrahmarya (v. in
fra) .
2. Kurma (o Kafyapa) , la «Tartaruga», già prefigurata nel medesi
mo testo, ove si narra che Prajiipati adotto la figura di una tartaruga
allo scopo di creare gli esseri . Nella mitologia vig1uita la tartaruga ha
il fine di permettere agli dèi di ritrovare l'ambrosia ed altri tesori
smarriti in fondo al mare in seguito al diluvio. La Tartaruga-Vi�pu è
raffigurata in fondo al «mare di latte», ove serve da piedistallo al
monte Mandara, attorno al quale dèi e demoni hanno arrotolato il
serpe Viisuki. Col sistema della trottola essi frullano l'oceano
(samudra-manthana) , per ottenerne la riemersione di numerosi og
getti meravigliosi, ognuno simbolo di poteri divini, beatifici od illu
minativi: l'ambrosia ( amrta) , il medico degli dèi Dhanvantari, la dea
della Bellezza e della Fortuna Lakimz', il liquore inebriante Sura , la
luna, le ninfe Apsaras , il cavallo divino Uccai/.Jfravas , il gioiello Kau
.rtubha , l'albero celeste Piinjiita ( in cinque esemplari venuti in posses
so di Indra, successivamente rapiti da Km1a per ornarne il giardino di
una sua amata), la vacca dell'abbondanza Surabhi, l'elefante regale
Airiivata , la conca, l'arco e infine il veleno Haliihala, che Siva in
ghiott) immediatamente per preservarne l'umanità. A questa impre
sa ne seguono altre . imperniate su mot ivi tipici della mitologia dei
popoli indoeuropei : il ratto dell'Amrta da parte degli Asura e la sua
riconquista da parte di Visnu trasformato in donna ( Mohini, la «Per-
TESTI MITICI, FILOSOFICI E LETTERARI 95
amate dal dio) e che. att raverso og n i si ngola anima umana (simbo
leggiata dalla sua fakti R.idhJ) . realizza il miracolo della sua i n i nt er
rotta presenza fra gli uomin i . la quale fluisce auraverso le medesime
azioni che essi rnm piono . Egl i simboleggia . in sint esi . la presenza di
vina incessante e totale nella Uman i t à . Dice infat t i la religione
krg1aita che l ' uomo il quale . smz.i rimmci.irt' .il/ '.iziont' ed ai god i
menti o sofferenze che essa comport a . si d istacc h i i n t eriormente ( lyJ
g a) dai frut t i del l ' azione medesima . permeu e al pri ncipio- Km1a d i
man ifestarsi entro lui stesso . il quale princi pio è l ' essenza fondamen
tale ed il sign ificato ocrn lto dell ' un iverso .
Questa morale cavalleresca è rnnsarra t a . come- si ved rà appresso
dalla Bhag avad-g ÌIJ. « i l Canto del Beato » , che non a torto è s t a to det
to recentemente «il Vangelo del l ' I n d ia» . l i m i to eroirn di Kmu ha
molti pu nti in comune con quello del grern Herakles e. difat t i . gli
scrit tori greci che ebbero quakhe nozione dell ' I ndia assimi larono il
dio ora ad Ercole ora a Dioniso . I l posto d i Eu ryst eus è ocrnpato i n
questo mito d a l rngino Ka,.nsa. crudel issimo r e che . alla fine della
terza eta, regnava sugli Yiidava. A lui il devar�i NJrad11 ( messaggero
degli dèi , uno dei dieci ·esseri sovrannaturali nati dalla coscia di Brah
ma) aveva predetto che sarebbe perito per mano di un figlio d i Deva
ki, sorella di suo padre e moglie di Vasudeva. Ka,,1.ra. al lora , trattie
ne prigioniera Devaki uccidendole i primi sei figl i . I l settimo , Bala
�iima («R . dalla forza» ) , incarnazione del serpente cosm ico A nanta o
Seta, riesce a sfuggi re al triste dest ino rnl ven ir trasportato magica
men t e , dopo essere stato concepi t o in seno a Devaki, nel grem bo di
Yafodà, moglie del pastore Nanda.
Cosi pure si salva l ' ottavo bam bino di Devaki. Kmz a. che viene
scambiato con la figlia del pastore Nanda, che lo alleva segretamente
in mezzo ad altri pastori . Kaf!1sa, però , avved utosi del l ' i ngan n o , or
dina di uccidere tutti i bambini dotati di forza eccezionale , ma Nan
da fugge assieme a Balariima e Kmza nel Go -kula o Vraja («recinto» ) ,
territorio sacro presso Math ura , indi , dopo sette ann i , n e l relebre
V.mdii- vana («Foresta del basi lico») , dove Kmza compie una serie di
imprese mi racolose , consisten t i nel l ' uccidere numerosi demoni ( il
demone Baka, trasformato i n gigan tesca gru ; il serpente Ag ha, il re
dei serpen t i Kiiliya, che avvelenava le acq ue dello Yamunà ed aveva
invano tentato di stringere fra le sue spire Krnza: l ' eroe lo cost ringe a
dan zare con lui una danza sfi bran t e , al termine della quale lo
uccide) . A queste imprese vi era già stato un preludio quando Krnza,
ancora lattan t e , aveva ucciso i l demone femminile Piitanii - manife
staz ione della terribile Sita/ii o Miiryammei, aspetto· mortifero della
Grande Dea - che gli aveva porto il seno ricolmo di veleno : Krnza lo
succ h iò fino all ' ultima goccia, stremando mortalmen te la terri bile
diayolessa ( l ' impresa ricorda la bevuta del veleno Haliihala da parte
di Siva dopo i l frullamento del l ' Oceano) .
Sono anche d a riferirsi ali ' epoca della sua adolescenza l e imprese
100 RELIGIONI E MITI DELL' INDIA
gii del!' azione , anzi , della «metafisica dell'atto», riuniti «in nuce» gli
insegnamenti di tre fra le mas�ime scuole filosofiche indiane: il Ve
diinta, di cui si è parlato a proposito delle Upam'.fad, lo Yoga ed il
Siif!l,khya, che tratta dello sviluppo l'uno dall'altro (pan·,:1ama) , a
partire dalla sostanza universale (prakrtz) , di tutti i componenti della
psiche (buddhi, coscienza riflessa, ahaf!l,-kiira, senso dell'io, manas,
mentale , indi gli jffana-indriya, facoltà di percezione, e karma
indnya, facoltà di azione, correlati ai tan-miitra, «quiddità• fisiche,
da cui derivano i bhuta, elementi fisici esteriorizzati . Lo Yoga, dice la
Bhagavad-gitii, apre la via ad una forma di esperienza superiore che è
la bhakti, cioè la devozione totale verso il dio , il quale è intuito pre
sente ed agente in ogni momento della nostra esperienza del mondo .
Questo della bhakti è l' insegnamento fondamentale di Ktr'la che,
immediatamente dopo avergli conferito, appare allo sbalordito A rju
na sotto forma di tutti gli esseri divini e non divini esistenti nel tri
mundio.
Questa straordinaria epifania , di cui Kr�'!a è il centro e, in certo
modo , l'Io cosmico, segna l'apice della Bhagavad-gita. Si può anche
osservare un elemento etimologico molto significativo , che ci pone
sulla traccia della funzione dei due principi incarnati rispettivamente
da Arjuna e da Kr�'la nell'economia divina. Arjuna, «il Chiaro» o «lo
Splendente• , è l'io umano che opera allo stato di veglia regolandosi
secondo punti di riferimento - morali o materiali - esteriori , o rice
vuti da fuori , dal mondo. Kn'!a, «il Nero» o «l'Oscuro», è l'io spiri
tuale , la parte della personalità che non appare allo stato di veglia ,
nella quale opera la volontà divina secondo intenzioni che trascendo
no la necessità materiale. L'assoggettamento di quello a questo è , in
sostanza , il fine della bhakti.
Il mito di Krsna . ha una conclusione catastrofica , da «fine di
epoca» , dato ché èssa coincide con l'inizio del Kali-yuga. Tutti gli
Yiidava periscono in seguito ad una guerra civile , compreso Baia
Rama. Sconfortato dal massacro che non era riuscito a prevenire,
Kr!1Ja si ritira in una foresta , ove il cacciatore Jaras, «Vecchiaia» , lo
uccide prendendolo per un ' antilope. Particolare interessante , che lo
ravvicina alla figura di Achille , KnrJa muore colpito al tallone , unico
punto vulnerabile, «umano» , del suo corpo.
�e
Krsna. oltre che essere un dio amoroso , è fondamentalmente un nu
guerriero , le leggende eroiche costituiscono buona parte del cor
pus religioso km1aita, oltre a rappresentare il tessuto immaginativo di
infinite opere sia sanscrite che vernacole , nelle quali si è espresso il
sentimento religioso degli Indiani degli ultimi venticinque secoli.
Del Riimiiya7Ja si è già parlato (pp. 96 ss. ) . ; quanto al Mahabhiirata,
TESTI MITICI. FILOSOFICI E LETTERARI 10 3
l' altro le sale dove essi si trovavano, dalle quali invece fuggirono ser
vendosi di un passaggio segreto. Per allontanarsi dai cugini , i Pii1Jt/a
va si rifugiano nella foresta (tema classico in tutta la letteratura india
na! ) e là compiono ogni genere di imprese, uccidendo demoni, pro
teggendo asceti meditami , raddrizzando torti, eccetera. Un giorno
vengono a sapere che la bellissima figlia del re Drupada, cioè Drau
padz� doveva scegliersi un marito secondo il rito · kfatnya dello
svaya1J1- vara («scelta da sé»); sarebbe divenuto suo sposo colui che fos
se riuscito a tendere il solito arco divino ed a scoccare cinque frecce
colpendo il bersaglio fissato . Travestiti da brahmaQa , i cinque eroi as
sistono al rito e vi partecipano: Ar_iuna riesce a compiere l' impresa,
conquistandosi così la bellissima sposa .
Immediatamente scoppia una contesa fra i Pii,:zt/ava ed alcuni Kau
rava, che avevano anch'esJi partecipato alla competizione sperando
di conquistare Draupadz: E allora che avviene il primo duello fra Ar
_iuna e Kar,:za (suo sconosciuto fratello , in quanto figlio avuto da
Kuntz- prima del matrimonio , mediante invocazione del dio Siirya;
Kar,:za, però, era diventato - in seguito a varie avven,ture - il capo
militare dei Kaurava) ed un altro combattimento fra Saly a e BMma.
Nel corso di questo episodio compare la misteriosa figura del dio-eroe
Km:ia, capo del clan Yiidava, che da quel momento in poi aiuterà i
cinque Pii11t/ava.
Usciti illesi da questa avventura, i cinque Pii,:zt/ava si presentano al
la madre, la quale, alludendo ai doveri inerenti alla condizione di
brahmar:ia, da loro temporaneamente assuma , pronuncia le fatali pa
role: «Di quanto avete acquistato , godete assieme! » , naturalmente
accennando al frutto delle elemosine eventualmente ricevute. Ciò co
stringe sacralmente i cinque fratelli a divenire tutti sposi di Draupa
dr: Questo particolare poliandrico , unito al carattere fisico della
«pallidità» - pa,:zt/u significa «pallido» - ha fatto supporre a qual
che studioso che si trattasse di un clan tibetoide arianizzato , sostitui
tosi storicamente alla legittima dinastia Kaurava, già dominante
nell' India centro-settentrionale. Per mettere fine alle continue conte
se dei propri figli con i cugini , Dhrtariif(ra decide di abbandonare ai
Parit/ava la metà del regno: essi fondano la capitale Jndraprastha
(nella zona dell'attuale Delhi) e vi dimorano felicemente con il loro
amico Kr,nza. Nel frattempo , però, in seguito all'involontaria infrazio
ne ad un voto , Arjuna deve esiliarsi per ben dodici anni, durame i
quali compie innumerevoli imprese: fra queste, vi è quella d'appren
dere l'arte magica delle armi da Parafu-Riima, quella di sposare una
principessa Naga, dalla quale ha il figlio Iravat, quella di sposare Ci
tra,:zgadii. figlia del re di Ma,:zipura, dalla quale ha il figlio Babhruvii
hana. quella di visitare la città di Dviirakii, dove,t,on l' aiuto di Km'!a,
sposa Subhadra, dalla quale ha un altro figlio , Abhimanyu, che diver
rà celebre eroe. Consegue inoltre dal dio Agni, come premio di averlo
aiutato a bruciare la foresta Kha,:zt/ava, il magico arco Ga,:zt/iva.
TESTI MITICI. FILOSOFICI E LETTERARI 105
a
sul rrono: si ha di nuovo . rnme rnn la KJikt' )'I del R,1111,Ì}',IIIJ. l' ele
mento femm inile aborigeno . rhe i n t erviene t urbare l' ordi n a m e n w
ariano di smwssione regale) . Bh'iJ·11u inr a rn a l' ideale indiano di pietà
filiale, di asresi e obbedienz a al DhJrtl/J. Egli è. i n rerw modo . il
rn11 1rapposro morale - pur appart enendo . pn dovert· . al rampo dt·i
«malvagi» K.i111i1/IJ - all' ambiguo dio KrV!J c a quegli st rani P:iti(Ù·
va errant i che , rn n t ro ogni sano princ ipio et i rn . h anno la moglit' in
romune e che. per un-iderlo . si giovano dell ' a i u w det ermina n t t' di
una ex-donna, SikhJndin . rnme per superare le rnndi z ion i « i mpossi
bili» di un miro rn11 1ra1 1 uale .
Il poema si dilunga, po i. a narrare l' .ifr.i1111•dh.i rnmpiuw da ) '11-
dhrj/hira nella sua quali t à di Sovra no U n iversale . ment re ad Ar/1111.i è
affidato il diffa ile compito di gu ard iano del cavallo sarrifirak ( rnmt'
tale, egli deve sot to me.uere t u f l i i regni per i quali passa la sacra be
st i a nel corso di un anno ) ; narra pure la morte di Dhrt.irJ.f/rJ, la di
struzione del clan Yiidava e la morte del suo rapo KrpyJ, k rui on(J
ranze funebri vengono compi u t e da A riuna st esso . Alla finl' i cinque
PIJndava vengono assu 11 1 i in cielo, dopo aver inst allato sul tron(J di
Hastinapura, l'a11 1 ica capit ale del Bharat avar�a ( Indi a ), Parik,rit, uni
co figlio sopravvissuto di A bhiman_y11. Il mito di Parik,rit, mml' si è
v isco, è I' or<:asione per la narrazione, nel Bhiig avata-puriif!a, degli
avatara di Vi.f'! u .
Come si è det to, i n questo gigantesrn poema son() incastonatt' va
rie leggende, che divennero più t ardi argomenw di infinite opere let
terarie. Una è quella di Savitri', _che strappa il mariw al regno dei
mort i, un'altra è l'episodio di Sakuntalii, che ispirerà l'immortale
dramma omonimo di Kalidasa, altre sono la celebre storia di Naia e
Damayanti, la leggenda di 8..fyafn"r,ga e diverse favole, miti, parabo
le . A parte il m i to di Savitri, che verrà trattato più avant i a proposito
di Yama, il re dei morti, diamo un rapido sguardo alle principali leg
gende summenzionate.
Sakuntalii era figli a dello r�i Viiviimitra, che la ebbe dalla apsaras
Menaka, a lu i mandata da lndra allarmato dall'intensità con m i pra
ticava l'ascesi, sì da mettere in pericolo il mondo degli dè i. La bimba
crebbe solitaria nella foresta, ove si presero cura di le i gli uccelli ( scrt .
iakuntas, donde il suo nome). In seguito , trovata dal saggio Ka1') va ,
fu d a costu i allevata come una s u a figlia. Una volta r e Dusyanta, nel
corso di una cacc i a, giunse all'eremo del saggio, dove vide la meravi
gliosa fanci ulla : nato reciproco amore , i due si unirono secondo i l
connubio detto «dei Gandharva» ( cioè i l muro moto affettivo senza
ostacoli né cerimoni e). Du!.'y anta , poi, ritornò alla sua capitale , la-
108 RELIGIONI E MITI DELL' INDIA
Fino ad ora si è trattato della figura di Vis�11 come appare nei P11-
rdfJa, e nell' epica indiana. Precedentemente (v. s11pra) si è alluso
at d1vers1 strau dt esperienza rel tg1osa d1t" hanno port a w . pt·r esem
pio . alla rnncezione del la figura di Kr.r�1.1. cioè l ' ipostasi più i mpor
tante di Vi:r1111 . la mi cristallizzaz ione in senso devoz ionak è (_lpera
della smula BhJg.11 1.11.1. Già nella sez ione NJrJniy.1 dello SJnti
pamm del MahJbhJr.1/.1 si ha l ' i m-fragabile testimonianza del l ' t'si
stenza . almeno tre secol i pri m a dell ' Era Volgare . di una religiom·
avente VJsudeva rnme fi g ura cent rale. I n essa si rappresen t a NJr.1d.1,
i l devarfi ( vate divino) nat o dalla coscia di Brah111J. messaggero cele
ste . andato ali ' eremo Badarik.a per rendere omaggio a Nara t· Naraya-
1'}'1 i quali assime a Han· e Kn,ia, rnstituisrnno le quattro forme del
Supremo. NJrada incontra NJrJ_va'!a immerso nel m i to e g l i doman
da a rhi sia diretta la sua devozione dat o che egl i stesso è l ' essenza del
Dio Supremo: NJra_va11a risponde che venera la propria forma pri
mordiale , cioè la Prakrti, «sorgente di tutto ciò che vi fu , vi è: e vi
sarà). Trasportatosi sul monte Mt'ru , l ' asse de) mondo , per rnnt em
plare questa Prak.rti. Narada passa nel mitirn Sveta-dvipa. «rnnt inen
te bianco» . sito nel l ' Estremo Nord popolato da uom i n i «bianch i»,
rhe non si nut rono, sono privi di sensi ed hanno «la t esta come om
brel l i» ( cioè non percepisrnno, att raverso i sensi ed il mentale, un
mondo esteriorizzato) eccetera, i m mersi nell ' adorazione del Bhaxa
vant («i l Beato», aggettivo di Kr.r,:1a ed altre ipostasi sue pari). In quel
luogo, nel corso di vari eventi mit ici, si menz iona per pri m a volta
l ' insegnamento della domina Palicariitra (presum. «rivelata in cinque
notti»), promulgata dai cosiddetti Citra-.fik.ha1'!t/in («dal cam me va
riegato»), sette ni e personaggi vediri, che portano i nomi, rispettiva
mente di Manci, Atn·, Angiras, Pulastya, Pulaha. Kratu, Va.rii/ha.
Questo insegnamento «boreale», trasmesso ai tre figli di Prajiipati ,
nominati con i siombolici indicativi numerici Ek.a-ta, Dvi-ta e Tri-ta (si
r icordi i l vedico Trita Aptya) e da questi trasmesso a B,:haspati, infu
riat o perché non riusriva a vedere i l Supremo, è conrepito in un ceno
modo come l 'essenza arcana dello stesso insegnamento vedico, ma
distinto da questo ! In realtà si t ratta di un ' altra religione, originaria
mente esoterica e magica che più tardi confluirà proprio nell'India
non-ariana, nella sintesi vi�i:iuita. I princìpi rnlturali di questo dhar-
1 12 RELIGIONI E MITI DELL' INDIA
(K. - Vasudeva) è l ' anima suprema, lo spirito immortale che vive in
contaminato in tutte le anime, creatore di tutta la realtà, Samkarsa
'!a, forma di Viisudeva. rappresenta tutti gli esseri viventi: da qu�sti
viene emanato Pradyumna, che è la mente, e, da Prady umna. Ani
ruddha, che è la consapevolezza. Così è sul piano dell' esperienza in
dividuale. Per quanto riguarda il processo soteriologico. la Liberazio
ne (mokJ·a, muktz) insomma , il Mahabharata stesso (al cap. 344 del
kha,_u/a citato) , ci dà una curiosa indicazione: il Sole (come realizza
zione della più intima consapevolezza) è la porca di entrata per coloro
che sono privi di peccato, le cui impurità vengono arse dalla vampa
dell' ascesi, finch' essi restano meri atomi spirituali, monadi, abitanti
in esso: da qui, penetrano nella forma di pura coscienzialità propria
ad Aniruddha, indi, tra�format1si in mente assoluta, passano alla for
ma di Pradyumna. Trascendendo anche questa, entrano nella forma
di Sa,rzkarsa'!a, che è l' archetipo celeste dell' anima vivente (jìva), per
trapassare, finalmente liberi dai tre guna, in Vlisudeva, che è lo Spiri
to Supremo. Vi è da notare - come fenomeno tipicamente indiano
- che questa specie di gnosi, che sembra estremamente culta e raffi
nata, è, invece, la base concreta di una potente religione devoziona
le, profondamente radicata a tutti i livelli sociali.
4. S cuole mistico-filosofiche visnuite : l a sintesi s p ecula
_
uva
no, dal Kasmir al Bhutan . Nella sua cenrralirà . Siz,,1 è concepito come
l'origine di runi i movimenti e . quindi . si ha la sua immagine di
Na/a-riija, «Re della Danza» . sovrano della musica . della poesia e
dell' ispirazione drammatica . i cui orco «sentimenti» principali . i ri1sa,
sono immaginati come sue emanazioni. Il ritmo della sua danza segna
l'alternarsi dei suoi cinque poteri cosmici (pi1nci1-krt_va) : produzione,
conservazione . distruzione , incarnazione e liberazione ( oppure grazia
e gnosi) . Il tempio di Cidambaram, a sud di Pondirhery . ove si ese
gue ritualmente la danza orgiastica tii,;t/av,1, da lui inventata , è rnnsi
deraro un «centro del mondo» e . per un' assimilazione comune a qua
si tutte le tradizioni sapienziali . immagine del ruore umano. L' altare
è omaro con cinque tinga (membro virile) . ognuno rnmposro di cin
que elel}lenti (il cinque è il numero sacro alle reologie sivaire) , sim
boli di Siva medesimo . Ciò perché egli riveste il principio ambivalen
te di procreatore e di distruttore, significandosi rhe è lo stesso princi
pio a -generare la vita e a condurre alla morte . Il tinga che lo simbo
leggia (probabilmente da tempi pre-ari, se i cosiddetti fifna-deva,
«coloro che hanno il fallo per dio», nemiri d�gli Ari vediri sono da
considerarsi indigeni a.dpratori• di un «loro» Siva) non è considerat o
osceno in India, come non lo era in Grecia ; così pure lo yoni ( vagina),
i,due rappresentat i assieme come immagini della bipolarità cosmica.
Siva benefico, già noto ai Veda come mit/hviif!ZS, «elargitore»), è ado
rato con i suoi sinonimi di Samkara («Benefattore»), Sambhu, eccete
ra. Già nell' Atharva-veda ( xv, 5, 1 - 7 ) la sua molreplire personalità si
proietta nello spazio come un cosmogramma per cui, (preludend<1· a
quello che sarà lo sviluppo del ma11dala (v. infra) nel T�ntrismo bud
dhista duemila an!)i più tardi) si ha ad Est Bhava , lo Siva protettore
dei Vratya , a Sud Sarva, ad Ovest Pafu-pati, a Nord Ug ra, allo Zenith
Maha-deva e nello spazio intermedio (antarikfa) !sana ; le funzioni di
Siva creano così nello spazio l'archetipo piramidale del futuro tempio
indiano.
Siva è anche rappresentato androgino (ardhanansvara) , talvolta
con la parre femminile con le sembianze di Vi.r1_1u: lo si ch iama , allo
ra , Han·- hara. La sintesi di due divinità così diverse è riassunta dal
poeta � mistico Tukaram con il verso: «Han· ( Vz°I1tu) è nel cuore di
Hara ( Siva) , come la dolcezza è nello zucchero: la sola differenza fra i
due consiste in una " i " » .
La doppia valenza d i Siva suaccennata non è un'elaborazione tarda
dell'Hinduismo , bensì risale ai tempi più remoti, a parre la presumi
bile origine pre-aria dei miti riferiti a questa divinità , che riconoscia
mo in qualche immagine scultorea della civiltà di Mohenjo-Oaro. Es
sa è stata già acçolta in alcuni Brahmaf)a, che si presumono tardo
vedici, come lo Satapatha ed il Kauf{aki- br. , ove si narra come Praja
pati attribuisse sette nomi, oltre a quello di Afani, «fulmine» , a Ru
dra allorch� nacque da Ufas , I'«Aurora» , dividendoli in due gruppi, a
seconda della funzione benefica o distruttiva che essi impersonavano.
LA FIGURA DI SIV A SECONDO GLI AGAMA E I T ANTRA 121
tut t i gli altri sistemi set t ari , è fondato su una forma estrema di ideali
smo , p e r la quale «essere» e «conoscere» si identificano ( « n o n esiste il
mondo , né aku na altra cosa , diversa dalla coscienza» - nanu jagad api
cito bhinnaf!l naiva kiffcit, Praty-abht/nàh,:daya l , 1 . 5 . ) : in ogn i atti
mo della conoscenza umana , i ndipendentemente dal l ' oggetto che
essa si pone , balena l ' essenza indefettibile di Siva . Questa si può an
che man ifestare come grazia (anugraha, prasàda) improvvisa , la qua
le, assieme ai poteri di creare , mantenere , riassorbire ed oscurare ,
rappresenta la quinta attività di Siva. Tale grazia , che si attua come
«discesa della fakti» (fakti-piita) la quale l i bera l ' uomo senza l ' in ter
vento di alcun mezzo , è una caratteristica di tutti i sistemi gnostici in
dian i .
Particolarmente svil uppata nello Sivaismo è l a speculazione riguar
dan te la Parola, sulla base di problemi già posti dalla Mimaiftsà post
vedica.: La forma suprema del Verbo (para-vak) è identica alla poten
za di Siva , sicché tutta quan ta la Realta n u l l ' altro è che Suono (fab
da, nada) . Questo suono , nel processo di creazione del mondo e ,
quindi , di estroversione di Siva, s i attua secondo quattro l ivell i . I l
primo , supremo , è quello i n c u i il Suon o , realtà assoluta, è tutto rac
colto in se stesso , in un silenzio ineffabile . Il secondo è quello detto
della «Voce contemplan te» (pafyanti) , in quanto essa contempla il ri
frangersi del la propria potenza (ka/a) nelle vocali ( vanJa) , che sono
gli archetipi di tutta la Realtà: a questo livello suono , oggetto e signi
ficato sono una cosa sola. Il terzo livello è quello detto della Voce me
dia ( madhyamii) , in quanto mediatrice- idea fra una categoria del rea
le ( tattva) ed il suo significato: a questo l ivello la Voce è pensiero
suon o , mantra, che è la segreta realtà del l ' oggetto , magicamente
evocabile dallo yogin . Il quarto l ivello è quello della parola auditiva
men te articolata ( vaikhanJ in suon i singoli ed in frasi (pada) che de
notano l ' ogget to, ma non lo posseggono: a questo livello si è attuata,
entro il tempo uman o , la triplice frattura fra parola, significato ed
oggetto .
Questa teoria è molto importan te. Essa è correlata a quella degli
stati molteplici della coscienza, cardine di tutte le discipline yoghi
che. l quattro livelli della Parola sono, infatti , riferiti ai quattro stati
di coscienza: catalessi , son no profondo , sogno e veglia. Per intender
si : allo stato abituale di vegl ia, la parola ha una relazione puramente
mentale- intel lettuale rispetto agli oggetti che essa designa. In questa
condizione «si sogna» rispetto al tramare delle forze eteree che edifi
cano il corpo sott ile ( siik1ma-farfra) umano , ani mate segretamente
dai mantra, e si dorme di «sonno profondo» rispetto al mondo della
volontà che opera nel cosiddetto corpo causante (kara,:,a-farira) , fatto
di pura vocalità; si è, infi n e , in istato catalett ico , di morte apparente ,
rispet to alla Potenza pura , para fakti, il Verbo di cui è essen ziato
l ' Un iverso . Per questa ragione il mondo appare rappreso in una con
dizione fisica , minerale ( dhàr71, «terra») all ' uomo comune sveglio ,
1 30 RELIGIONI E MITI DELL'INDIA
anziché risuonare della Parola che ne costituisce l' essenza, come av
viene p�r il Liberato, mukta, il mahi!i-yogin, che, secondo questa for
ma di Sivaismo, si è identificato al medesimo Siva.
Strettamente connessi alle teorie fonematiche sono i sistemi sivaiti
del Sud, detti Saiva-siddhanta («Domina di Siva»), anche essi fonda
ti sugli iigma, dei quali si distinguono le quattro parti (piida): domi
na (vidyii), rituale (kriyii), ascesi (yoga) e condotta (caryi!i) . Per il mo
mento ci limitiamo alla parte dottrinaria ed a quanto si può arguire
della storia della setta. Il fatto che la dottrina di queste scuole abbia
ampia diffusione fra le popolazioni non ariane dell' India meridiona
le, specialmente Tami/, e che sia esposta in gran parte - salvo na
turalmente gli iigama, sempre in sanscrito - in linguaggi dravida,
nonché la presenza di caratteri arcaici nella sua metafisica, tutto ciò
ha indotto molti studiosi a ritenere che lo Sivaismo, nel suo comples
so, sia una religione ed un sistema filosofico di origine non ariana e
indiano-meridionale, successiva,rnente emigrato nell' India settentrio
nale: difatti ci sono maestri di Saiva siddhànta anche nel KasmTr, co
me NarayanaKa1J(ha, Ramakar.t{ha ( IX-V secolo E. U. ) che possono
aver diffuso colà un insegnamento trasmesso dal Sud. Vi è però, da
osservare che le scuole più antiche derivate da Lakulifa e dai suoi quat
tro discepoli (v . più avanti) ebbero sede ed origine nell' India centro
settentrionale o nord-occidentale, così come le scuole dei siddha (v.
infra) derivate da Matsyendraniitha e Gorak1ani!itha ( VI I secolo), mas
simi maestri di Yoga, ebbero diffusione soprattutto nell'area setten
trionale.
Tutto ciò serve a dimostrare che le varie religioni dell' Hinduismo ed
i sistemi filosofici da esse derivati non appartengono ad una sola clas
se o razza del sub-continente, bensì sono il risultato di esperienze di
sparate avvenute in epoche diversissime, alle quali hanno collaborato
tutti gli elementi etnici che popolano l' India. Difatti i grandi poeti
sivaiti meridionali furono, al pari degli Alvar vi�r;iuiti (v. infra), gen
te di lingua tamil che si espresse nel proprio idioma: si ricordano i
nomi dei poeti ed asceti insigni Tirumula, �undara, Miinikkaviicakar
( I X sernlo): la prima ope!a dogmatica, lo Siva-jniina- bodha («Risve
glio della conoscenza di Siva,,) fu opera dello fudra MeyKa,p/a, la cui
opera fu proseguita da altri Tamil : Arulnadi, Manaviicakam, Kadan
dàn, Umi!ipati ( X IV secolo). Questa corrente sivaita è caratterizzata da
una forte componente devozionale , la bhakti, che, come si è già vi
sto, è l'elemento tipico delle sette vi�i:iuite. Tale elemento, unito ad
una tendenza anti-castale ed ami-brahmanica, conferisce alla setta
un carattere ben diverso dal distaccato atteggiamento della scuola set
tentrionale.
La metafisica e la psicologia dello Saiva-siddhiinta può essere consi
derata come una specie di monismo differenziato (viftjfa-advaita),
nel senso che, contrariamente alla scuola del Kasmir emette I ' esisten
za eterna di tre enti distinti: Siz,.i, «il Signore», (patr), le Anime o cii
FILOSOFIA E METAFISICA DEllE SETTE SIV AITE 131
esisten za» da una delle cinque Sakti, nelle quali si riflette la Suprema
Sposa (para faktip) del Signore .
I pri ncipi ascetici della setta rich iamano q uelli dei Piincariitra vi
:,puit i : la meditazione yoga e i diversi esercizi psico-fisici sono anima
t i da una ferven te bhakti diretta a Siva, concepito come unico dio,
immanente e trascendente tutte le cose al tempo stesso. I principi
liturgico-sociali sembrano nat i da una mai sopita polemica contro la
società brahman ica. La set ta ripudia teoricamente la subordinazione
della don na (poiché essa simboleggia, sul piano umano individuale,
l'apparizione, sul piano divino, del principio-fak.ti che è la potenza
creat rice del Tut to), la cremazione dei morti, l'organizzazione castale
tramandata dai tempi vedici, i pellegrinaggi, che costituiscono il più
diffuso «sport religioso» degli Hindu, eccetera. La parificazione tem
perata dei due sessi sembra essere il carattere esteriore più appariscen
te di una setta che, poi, è caratterizzata da denominazion i molto «vi
rili». La consacrazione (dik.Jii) viene conferita anche alle fanciulle (in
vest itura del sacro lù:,ga) , corrispondendo all'upanayana (investitura
del cordone sacrificale) fatta ai maschi delle t re prime caste iirya della
società indo-iirya. Invece della sacra giiyatrf ti sacerdote pronunciando
ti mantra « O"? namaf-Siviiya» (« Om! » Adorazione a Siva! ) , solleva il
finga nella sua mano sinistra, lo venera sedici volte con le usate giacu
latorie e lo mostra al discepolo, nella cui mano sinistra lo pone, in
giungendogli di considerare la propria anima come la cosa suprema al
mondo, indi glielo lega al collo con un laccio di seta, ripetendo gli
stessi mantra pronunciati dai Brahmar;ia nel conferire lo yajnopavita
ai fanciulli . Questa iniziazione è detta Lingasviiyatta-diksa. Teorica
mente la setta è anticastale ma, in realtà, le caste si sono immediata
mente riformate al suo interno e sono ben quattro, di cui due laiche e
due formate da religiosi . Quella superiore è quella costituita dai co
s/�detti Lingi"-brahmarJa, suddivisi , alla loro volta in due classi: gli
Acii!Y a, i «Maestri», supposti discendenti da altrettante incarnazioni
di Siva, Vì"ra, Nandin, Vrsabha, Brngin e Skanda, ed i Pancama, i
«Quinti», anche l2ro discendenti da cinque personificazioni delle al
trettante facce di /fana « Ga�efvara» (il «Signore delle Schiere>). Tutte
queste classi , nate probabilmente da mescolanze fra bràhmar:ia e �a
triya, costituiscono gruppi esogamici , per cui non è ammesso il matri
monio fra coloro che appartengono al medesimo gotra, «grande fami
glia». Dal punto di vista più strettamente gerarchico, i Lingiiyat sono
ripartiti in quattro classi , la più alta della quali è quella ereditaria dei
jangama, preti «ambulanti». Le loro congregazioni risalgono ai sup
posti Mahan!as , i «Grandi», coloro cioè che personificavano i cinque
principi di Siva, fondatori del monastero di Varanasi (Benares), di
Kedarn ath , nella contrada himalayana , di Srisaila presso Nandyal, di
Balehalli nel Maisiir e di Ujjayini.
Per quanto riguarda strettamente i Lingayat, costoro conoscono an
che una specie di battesimo detto af!avarna, «degli otto colori», che
ALTRE SETTE SIV AITE 1 37
lizzata i n un palazzo fatto della «pietra che sodd isfa i desideri» ( cintii
ma1J1) , galleggiante su un oceano di nettare da cui �ascono i cinque
al beri celesti : essa è reclinata su un giaciglio che è Siva. Quest ' ulti
mo , detto A nanda- bhairava «lo Spaventevole fatto di Beatitudine» , è
sost a n z iato d e l l ' e l e m e n t o s p a z i o - t e m po - fo r m a ( kàla- vy iiha) ,
del l ' elemento-energia ( kula- vyuha) , del l ' elemento- nome , cioè ar
chetipo ideale ( niima- vyuha) , del l ' elemento-conoscenza (jtliina
vyuha) , del l ' elemento- intelletto (citta- vyuha) comprendente consa
pevolezza , «cuore» , volontà, intelligenz a e mente . I due costituiscono
un ' unità, come quella esistente fra potenza ed atto . La loro unione
intima (siimarasya, «con-sapore») è tutta l a Realtà. Vediamone i mo
gienti metafisici . Siva, nella specie di Luce (prakafa) penetra nella
Sakti, che è Coscienza ( Vimarsa o Sphiirtz) , assumendo l a forma di
Bindu ( punto o goccia) . Dalla prevalenza dell ' elemen to-fakti i n que
sta un ione si svil uppa il Niida («risonanza» , d i cui si è parlato a pro
posito della teoria fonetica nello Saiva-siddhanta) . L ' u n ione fra i due
(bindu-niida) che assumono rispettivamente l ' aspetto di bindu bian
co ( m asch ile) e rosso (femmin ile) , si attua come Bija «germe» d i tutte
le realtà, le quali -- omologate alle sedici vocali del l ' alfabeto sanscri
to, van:ia - sono denomi n ate Kalii, potenze seminal i , le sedici cogi
tazioni che «abitano i nsieme» (amii- viisya) come la luna ed i l sole nel
l a sedicesima notte del mese lunare . La loro efficienza creatrice è sin
tetizzata nella cosiddetta Kama-kalii, «il Triangolo del Desiderio» (un
triangolo equilatero con la puma i n giù) simbolicamente i n d icato
dalle lettere A - Ka - Tha, che rappresentano rispettivamente i fone
m i , gli dèi ed il mondo empirico . Questa potenza cosmogonica è pre
sente i n ogni uomo: egli la porta rappresa come ku1Jr/alin1 fakti al la
base del suo essere psico-fisico ( il Laya-yoga, v . , ne dà una precisa lo
cal izzazione) , assopita finché egli non decide d i risvegliarl a , liberan
dos i . Il processo d i l i berazione è, i n un certo modo , all ' inverso , il me
desimo gesto creatore da cui nascono tutte le cose . La sua attuazione
è,, di nuovo , simboleggiata foneticamente d al l ' unione del principio
Siva, rappresen tato dalla lettera A , e del principio Sakti, rappresenta
to dalla Ha, ultima lettera del l ' alfabeto sanscrito , consonamiz zazio
ne della spirante pura /:I ( rappresen tata da due pun t i , : , i due bindu
masch io e femmina) , detta visarga, «emissione» . I due principi sono a
loro volta trascesi dal bindu , elemento d i consistenza della realtà ,
simboleggiato dalla spirante n asale .t}f. I t re , AHAM, sign ificano « io» ,
l ' i n izio e la fine dei suo n i compresi nel l ' alfabeto , quindi , la denomi
nazione di tutte le cose reali e possibi l i . Sintesi ne è la Tripura
sundari venerata dagli fiikta sotto forma dello yoni (vulva) di una gjo
vane don n a vivente o, più astrattamente, come il cosiddetto Sri
cakra, simbolo cost ituito dal l ' in tersecazione di nove triangoli di di
mension i calanti , cinque con la punta i n basso e quattro con la punta
in alto.
L ' i n i z iazione alla Dea assu me svariare forme, che comprendono
146 RELIGIONI E MITI DELL' INDIA
sce ogn i adepto panecipante a detto «cerch io» , viene sorteggiata se
condo criteri che , in teoria, escludono qualunque moto di preferen za
egoist irn , i n modo che , nelle coppie degli attori del gioco , si incarn i
no impersonalmente i principi Radha e Krnza.
La sin tesi fakta- bhakta perviene all'acme com il mistico-filosofo
bengalese Caitanya ( 1 4 8 5 - 1 5 3 3 ) , visionario estatico che cantò la cop
pia Radha-KnrJa con i famosi i n n i i n vernacolo bengalese, cantati i n
rnro (saf!tkirta17a) , rhe ancor oggi dan no luogo a danze e processioni
can tan t i ( nagakirtaria) . La bhakti domina tutto il comportamento re
ligioso degli adepti di Caitanya. Essa si sviluppa attraverso sei tappe ,
rhe rappresentano altettante purificazion i dell' essere umano: la più
bassa è data dal rito, la più alta dall' amore , priti o preman , che cul
mina rnn il raga, passion e . (Riiga, sia detto per inciso, i ndica anche il
«modo» nella teoria melodica i ndiana, ciò che dà luogo ad i nteressan
ti paralleli mistico-poetici , nel caso della scelta di determinati raga
nell'esecuzione musicale relativa ad una particolare liturgia). Secon
do la scuola di Caitanya, at traverso forme sempre più perfette di
bhakti s'i nvera nel discepolo una liberazione progressiva dei vari
«corpi» , grosso, sottile , causante, finché a lui resta un «corpo essen
ziale» ( bhava- deha) , la cui esperienza si traduce nel cosiddetto rasa,
«emozione gustativo-drammatica» , che forse potrebbe tradursi , i n
questo caso , come «sentire puro» svi ncolato , cioè , dai limiti egoici.
Nella cosmologia di Caitanya la concezione vi$,;iuita del Beato ,
Bhagavant , si con iuga secondo schemi fakta. L'Assoluto , l'inesprimi
bile , si estrovene secondo tre forme: Brahman , spirito universale ,
Parama-atman , sé supremo ; Bhagavant, il Beato (Kn'!a). Presso
quest'ultimo la fakti si attualizza in tre modi: uno inferiore , che è la
Maya, agent e della creazione del mondo , uno «misto» , che è l'anima
individuale , JÌva, ed uno superiore , che costituisce la stessa dimensio
ne interiore del Beato , cioè la medesima Laksmi-Radha, . «fakti
beatitudine» ( hladini-fakll) , della cui presen za i n tutte le cose il ;iva
si acquista un'esperienza diretta i n seguito all'ascesi .
Queste concezioni sincretiche diverranno la base per la teoria e la
pratica delle sette a ten denza innovatrice (vedi omonimo capitolo) .
Tornando, ora , ad una mera classificazione tipologica, vediamo
quali sono le principali persone divin e che, dopo Vtj�u, Siva e le Sak
ti, caratterizzano l' Olimpo i ndiano post-vedico, dai tempi più anti
chi alle soglie dcli ' epoca attuale.
9 . Altre divinità e sette
dra vedico , psr l'aspetto bellicoso e protet t ivo degli dèi , di Sitrya, il
Sole , a parte Siva del quale è prat icamente una specie di avatiira. Nel
Sud dravida , infatt i , Skanda è identificato alla divinità solare Su
brahma,:,ya, dio d'elezione della dinast ia Ciilukya, ed a varie divinità
portant i i nomi del genere di MurungaN, «il R !'-gazzo» (cfr . Kumiira) ,
VélaN,,«q uegli della Lancia» , o, addirittura, SeyyoN, «il Rosso» , no
me di Siva medesimo . In tempo antico , quando il culto di Skandha,
era molto più diffuso, se ne conosceva uno sdoppiamento di nome
Vtfiikha, nato dal fianco destro del dio colpito dalla folgore di lndra.
Tale nome in caratteri greci («Bizago») compare spesso sul retro delle
monete indo-scitiche dei Ku1ana) (in particolare di Kanzjka) accanto
ai nomi di Skando, Mahaseno (Mahii-sena, «dal Grande Esercito») , e
Komaro . In genere è raffigurato come un giovane uomo, con una o
sei teste, due o dodici braccia , armato di arco, cavalcante il pavone
Paravii1Ji: suo simbolo, nei testi epici, è il gallo. Il suo culto era inter
detto alle donne, data la sua funzione esclusivamente guerresca e non
fecondante. Oltre alla funzione principale di dio della guerra è anche
protettore dei ladri .
Kiima, il dio dell'amore sessuale , già noto ai Veda, acquista
nell'epoca successiva, grande importanza , data la funzione da lui
esp�etata di indurre Siva ad amare Piirvati. Folgorato dal terzo occhio
di Siva, rimase «senza corpo» (An-anga) termine che divenne il suo
soprannome, come per indicare che l'amore, anche nella forma più
sensuale, ha il corpo fisico come mero strumento dell'unione fra i
due sessi , non certo come attore, dato che l ' eros, è una vicenda pura
mente animica . Un mito successivo narra come Siva, impietosito dal
le suppliche della dea Rati, «il Piacere» , sposa di Kiima, gli diede un
corpo novello, resuscitandolo sotto le specie di Pradyumna, che nel
km1aismo ulteriore rappresenta il principio- Mente ( manas) e che, nel
mito fondamentale, è il figlio di Krn1a e di Rukmi1Ji. Si tratta, �vi
dentemente, della confluenza fra due religioni diverse, quella di Siva
e quella di Kr!1Ja- Viisudeva- Vif1J U, di cui l'epopea indiana offre ab
bondante testimonianza. Come replica della figura di Kr,:,fa, Kiima
compie un insieme di azioni guerresche ed erotiche, come i suoi amo
ri segresi con Prabhiivati, figlia di un Asura , i suoi combattimenti
contro Sambhara, che lo aveva rapito fanciullo, eccetera, narrati nel
famoso poema Hari- va'!lfa, «la Stirpe di Han·» ( Vzj1J u) . La sua origine
è misteriosa: lo si chiama iitmabhu, «il Nascente da Sé» , o iitmayoni
«Colui che è la propria matrice» . Lo si rappresenta come un bell'ado
lescente, a due oppure otto braccia , a cavallo d'un pappagallo, arma
to di un arco di canna da zucchero, la cui corda è fatta di una fila di
api , con cinque frecce, ognuna fatta di un fiore differente, che sim
boleggiano i cinque sensi . Di tanto in tanto, esso è considerato come
dio supremo , con funzioni simili a quelle di Agni. Nella tradizione
buddhista egli è identificato a Mara, il dio della Morte, dacché l'at
taccamento al mondo dei sensi , di cui egli è la prima cagione, è anche
ALTRE DIVINITA E SETTE 161
ed il saggio Agastya . Gli Rp. sono i principali esseri divini della «mito
logia minore», in quant; gli Indiani ravvisano in loro le fonti della
Scienz� Rivelata: portatori della Parola, energia creatrice di ogni cosa,
non d1 rado assurgono ad importanza maggiore che gli dèi stessi.
Ognuno di loro ha dato luogo a numerose leggende, di origine vedi
ca, che tuttavia nel Brahmanesimo hanno acquistato importanza di
miti divini . Fra tali leggende vi è quella dell'ostilità dello rii Vasi
!fha, il prototipo della dignità e delle prerogative brahmaniche, con
tro il re Vifviimitra (o Kaufika), che voleva ascendere al rango di bràh
ma!la, pur essendo egli uno kiatriya, e possedere la Vacca che soddi
sfa ad ogni desiderio (Kiimadhuk), da lui vista un giorno mentre an
dava a caccia, nell'eremo di un santo. Nella lunga contesa con costui,
il re fu ripetutamente vinto: una volta, perfino, allo scopo di suscita
re l'ira dello r!z", Vifviimitra gli uccise i suoi cento figli, senza peraltro
riuscire nel suo intento. Alla fine, impressionato dal potere inerente
alla condizione di brahmai;ia, Vifviimitra si diede a tale rigorosa asce
si, da meritare successivamente i titoli di Riijar1i (R. regale), '/J.#, Ma
hiirJi (Grande R . , denominazione attribuita ai dieci Prajiipati, pa
triarchi dell'Umanità), Brahmar1i e non fu contento finché Vasi!{ha
stesso non l'ebbe chiamato con quest'ultimo titolo. Vifviimitra
divenne, poi, famoso per numerose imprese, come que!la di da
re a Tnsanku la ben meritata punizione, di salvare Sunal;fepa
dalle mani di Indra, di consigliare ed istruire Rama giovinetto. a cui
trasmise i miracolosi missìli «che fanno sbadigliare>, i"!Zbha-astra, ec
cetera.
La lista dei sette ni vedici è accresciuta, nella tradizione posteriore,
di altri tre nomi, sì da assimilarla a quella dei dieci Prajapati dei Pu
rii!la, non solo, ma anche di altri numeri variabili, in modo da rag
giungere la cifra, non già di sette persone, bensì di sette classi di
Creatori secondari. Fra costoro Kafyapa («la Tartaruga>) è uno dei più
ragguardevoli. Figlio dello r!i Manci, disceso lui stesso da Brahma,
raggiunse il grado di un Prajapati minore, genitore di dèi, uomini e
démoni, in seguito al suo matrimonio con altre 1 3 figlie dell'aditya
Dak/a, oppure, secondo altri testi, con la stessa Aditi, «l'Infinita».
Narada, altro ui, è il messaggero degli dèi, musico celeste ed inven
tore del liuto indiano (la vif!ii); nelle teogonie e nei poemi bhagavata
riveste una funzione molto importante. E lui che ha rivelato la teoria
bhagavata agli esseri del Brahmà-loka (la sfera sopraterrena di Brah
mà), sì che da là potesse discendere agli esseri umani. Egli stesso è in
carnazione del Bhagavant, cioè del dio socco!revole per eccellenza,
Vijf!U, sotto forma del cigno-respiro haf!lStZ? - E, evide_nt�m�nte, una
persona divina che in sé assomma le funzioni «mercuriali> d1 messag
gero, conoscitore di segreti divini e di mediatore della medesima vita
universale (il cigno). In Brhaspati, invece, abbiamo il caso c�mtrario,
quello di un dio creatore discesò al livello di uno tri. Il suo mito brah
manico, però, ci riporta a concezioni antichissime, forse pre-vediche,
172 RELIGIONI E MITI DELL'INDIA
Nella folla degli esseri, non tutti totalmente divini, che gli Indiani
venerano o adorano , abbiamo in primo luogo le sorgenti di quasi tut
t i i fiumi dell'India , specialmente il Gange, Ganga, nata dai piedi di
ViJ�U e trattenuta nella sua discesa da Siva, affin ché il suo peso non
schiacci la Terra. Si dice che questa dea abbia un triplice corso, per
ché fluisce in cielo , sul suolo e sotto terra. Fra gli animali è sacra prin
cipalmente la Vacca (g o , gauh), sulla cui simbologia ci siamo già di
lungati a proposito dei Veda. La vacca per eccellenza è la Kama
dhuk, cioè la Vacca di Prthu, detta anche Surabhi («la Ben Profuma
ta»), nata dal frullamento del mare. La espressione Go-loka, «Mondo
delle Vacche», indica uno dei cieli brahmanici o la regione ove Kn�a
si dilettava con le pastorelle di vacche (g opz), detta anche Go-kula. Il
dono della vacca è la ricompensa, menzionata più volte nelle Upani
�ad e nei testi della smrti, che si dava ai bràhmal)a e i cinque prodotti
della vacca (panca-gavya, cioè latte, burro, quaglio , urina e sterco)
sono ritenuti essere gli ingredienti rituali purificatori e medicamento
si per eccellenza. Il culto popolare della vacca è invero uno degli ele
menti più impressionanti della religiosità indiana popolare, nonché
uno dei problemi igienico-sociali più gravi nell'India moderna, dato
il pullulare nelle cit tà di queste bestie assolutamente incoercibili alle
quali non si può recare offesa né morte misericordiosa, allorché sono
vecchie e malate.
che questa pietra, sotto i raggi del pallido pianeta notturno, essudi
gocce d'acqua. Simbolo di Durga è la svaT?Ja- rekha (specie di pepita
aurea, che si trova nel Sud), quello di Ga1'_1efa è una pietra analoga, lo
svaT?Ja- bhadra che si rinviene nella regione di Patna.
La pietra, specialmente per sette alchemiche indiane (rasayana si
vaita), è considerata come una forma spirituale, un suono, rappresa
che, pur nella fisicità non abbia perduto la virtu delle potenze celesti
che in essa si riflettono, che il tapas dell'asceta può far rivivere com
pletamente. Come «memento» quotidiano di questi poteri, occulti
reggitori del destino umano, della forza, salute, fecondità ed alimen
to, in quasi tutti i villaggi indiani si trovano alcune pietre sacre, di
fo,ma generalmente fallica, nelle quali si concentra un potere magi
co, oppure una sacertà indeterminata. Ad esse si collega in genere il
culto dei serpenti.
Al culto reso alla terra, ai fiumi ed agli astri, è connessa la venera
zione con cui gli Indiani riguardano parecchie montagne, non solo
per il fatto generico che, in tutte le culture, la montagna è simbolo di
«polarità» ed «altezza», quindi sorgente di ispirazione estatica, ma
anche, per la stessa origtne geografica e storica, di alcune fra le mag
giori divinità indiane ( Siva, originariamente adorato sullo Jaguifa e
nella zona montuosa nord-ovest dell'India; Visnu-Krsna venerato sul
Govardhana, eccetera). Il monte per eccelleni� è ii "già citato Meru,
che si eleva sotto la stella polare Dhruva, che probabilmente al tem
po dei Veda doveva corrispondere, piuttosto che alla stella attuale,
all'«alfa» ( Thuban) del Draco, o alla «beta» dell' Orsa Minore, asse
dell'Universo, attorno al quale sono disposte le residenze divine, fra
le quali il paradiso di Brahma, quello di Indra, quello di Vi[1'}U ( Vai
kuf!/ha) , il Katlasa di Siva,eccetera. Il Meru, o Su-meru, è la base del
le rappresentazioni mistico-cosmologiche degli Indiani che, poi, si
sono diffuse in tutta l'Asia orientale compreso il Tibet. Per i Purlir;ia,
la Terra è un loto, di cui il Meru forma il pericarpo; attorno a questo
monte sono ripartiti i quattro continenti (dvipa, «isole», circondati a
loro volta dall'Oceano vedico il fiume Rasa (la Ranha avestica), o
sam- udra, «insieme delle acque», oppure sagara, dal nome del re di
Ayodhya, Sagara, al quale Indra aveva rubato il cavallo sacrificale,
sicché i suoi 60 mila figli, scavando la terra per cercarlo, allargarono
smisuratamente il letto del mare, che finì per prendere il nome del
loro padre).
Un'altra concezione, di probabile origine iranica, se non sumero
babilonese, vuole che attorno al monte Meru siano disposti concen
tricamente sette paralleli detti var[a ( «pioggia», nel senso di clima
naturale) . La prima di queste regioni è, naturalmente, l'India detta
Jambu-dvipa («Isola» dijambu, l'albero Eugenia jumbolana Lambk. )
o Bharata- var-!a («Clima di Bharata» dal nome del mitico antenato
della tribu omonima protagonista del Maha-bharata). A sud del Me
ru, dal quale s'immagina che sgorghi il Brahmaputra, l'Indo e il Su-
LUOGHI ED ENTITÀ NUMINOSE 18 1
citato dagli appartenenti alle caste arya, sia nella modalità invocato
ria, che in quella interiorizzata di tipo tantrico,(v. più avanti il rito
siindhya) è la celebre e bella giiyatrf ( o siivitrf, perchè diretta a
Savitar) , il cui testo sanscrito suona: «tat savitur vare1'}ya,rt bhargo de
vasya dhimahi - dhiyo yo nal; pracodayiJt» ( «Questo di Savitar desi
derabile splendore meditiamo! possa le nostre menti impèllere ! »).
Gli appartenenti alle diverse sette sogliono sostituire , nel caso geniti
vo, il nome della propria divinità a quello di Savitar. Occorre anche
ricordare che vengono abitualmente recitati o cantati o bisbigliati a
mo' di preghiere , le lodi o gli inni di amore composti dai fondatori
delle diverse sette , dedicati alle varie divinità, nelle quali essi ravvisa
vano la potenza o la gloria dell'Uno , come i kirta1}a di Caitanya,
Tulasi-das, Kabir eccetera. Essi costituiscono il nocciolo della liturgia
vocale dei vari gruppi religiosi.
Connessi ai mantra sono i bi'ja, «semi» dei vari aspetti della realtà,
identificati a varie divinità, ed i nyasa, o «imposizioni» del bija sul
corpo dell'adorante o su quello della divinità esteriormente rappre
sentata, le mudra, o gesti rituali che evocano particolari funzioni del
nume , gli asana, o posture del corpo, già accennate a proposito del ri
tuale tantrico fakta. Poiché tutto l'Universo è suono e, così pure , il
corpo dell'uomo è suono «rappreso» nello spazio e nel tempo, così
pure il bija costituisce il corpo del dio. È generalmente formato da
una o più corsonanti articolate con una vocale e finenti nella sonante
nasale � o M, che ne designa l'efficienza, la fakti. Noti sono hrirp , il
maya-bija, che evoca per colui che lo pronunci la sakti quale causa
della creazione , kli1ft , il kama-bija che designa la kama-kalà, cioè il
triangolo del desiderio divino, hii'l?l , il kiirca-bija, kro'/?l , lo ankufa
bfja, eccetera.
Prima di parlare della puja, cioè dell'adorazione dell'immagine
del dio o di qualsiasi oggetto che lo rappresenti, occorre spendere due
parole su quest'ultimo. Non si hanno per l'epoca vedica precise indi
cazioni circa il culto delle immagini (pratimii) o di statue che , invece ,
rappresentano un elemento caratteristico della religiosità hindu. Nel
periodo epico e, ancor di più , all'epoca dei PuraQa , tale culto appare
perfettamente stabilito, non solo , ma molti testi settari , puri!t1'_1a,
samhita, agama, fi/pa-fiistra, eccetera, contengono veri e propri ma
nuali di iconografia sacra, con regole minuziose circa la fabbricazione
delle statue , la loro dipintura e , soprattutto, circa il metodo di «ani
mazione» delle icone , del quale si tratta in seguito. Le immagini sono
considerate vere e proprie incarnazioni divine , magicamente proiet
tate nell'idolo che le rappresenta; la loro importanza è denotata dal
termine medesimo che le indica, arca, cioè «omaggio» (dalla rad. re,
che significa contemporaneamente: lodare, ascondere , splendere ir
raggiando). Come nell'Occidente medievale cristiano, vi �ono imma
gini dipinte o scolpite da santi o da creature sovrannaturali; a queste
si aggiun·gono idoli di provenienza divina, improvvisamente apparsi
188 RELIGIONI E M ITI DELL' INDIA
Allora la sposa offre come sacrificio al fuoco i grani versati nella sua
mano dal fratello e mentre sta in piedi sulla pietra e dopo altri riti, lo
sposo rectta:
Questo sono io
questa sei tu;
- infatti quello che sei tu sono io -
lo il cielo,
tu la terra ;
Io il saman ( musica , canzone , verso) ,
Tu , allora, il ]:lk ( la poesia, il verso),
sposiamoci dunque,
sposiamoci qui.
uniamoci e generiamo i nostri piccoli .
Amandoci l ' u n l ' altro
desiderosi di grandezza morale con le menti e i cuori felici ;
così , sì così , noi
si possa vivere attraverso cento autunn i .
RITI E PRATICHE LITURGICHE 195
. Il sari della sposa legato alla fascia girata intorno alla spalla, la cop
pia fa i sette passi della felicità intorno al fuoco.
Preghiamo insieme
- per la linfa della vita, mentre facciamo il primo passo
- per il potere della vita mentre facciamo il secondo passo
- per la ricchezza più abbondante, mentre facciamo il terzo passo
- per la felicità nella vita, mentre facciamo il quarto passo
- per i figl i , mentre rinnoviamo i nsieme il quinto passo
- per una lunga vita mentre facciamo il sesto passo insieme
- Sii tu la mia compagna per la vita mentre facciamo il settimo passo .
- Così camminerai sempre i nsieme a me per sempre e per sempre
- Preghiamo di potere avere molti e molti figl i , e che essi possano vivere a
lungo .
6 . I sette passi
7. Le sette promesse
a. richiesta dello sposo di venire al suo lato sinistro (fino al quando la ragazza non
accetta questo rimane fanciulla)
b. le sette promesse richieste dalla sposa
c. le condizioni per l ' accettazione
Altri riti vedici conservati fino ai giorni nostri sono i cinque «grandi
sacrifici» (mahii-yajna) quotidiani: il deva-yajna, «sacrificio agli dèi»,
detto anche .vaifva-deva, «a tutti gli dèi», consistente in un'oblazione
di particelle di cibo al fuoco, prima del pasto del mezzogiorno, dedi
candole alle varie divinità: (Agni, Soma, Ag ni-e-Soma assieme, Vifve
deva/; («Tutti-gli-dèi», v. infra), Dhanvantari Kuhu, Anumati, Pra
japati, Dyavà-prthivi, Ag ni (Svistakan) ; il bhuta-yajna, o bali,«sacri
fìcio agli esseri elementari»; il pitr-yajna, «sacrificio ai mani• ; il
brahma-yajna, o recitazione dei Veda, attualmente compreso ed assi
milato all'importante rito della sa,fftdhvà. Quest'ultimo è, forse, il
bianche (di luna crescente) , nere (di luna calante). I due periodi fon
damentali per le celebrazion i festive, sono naturalmente quello della
luna piena (punJima) e dell'estrema luna calante (amavasya) . In que
st i due periodi han no luogo le festività pubbliche fisse ( nitya) e quel
le occasionali ( naimittika) , queste ultime celebrate , di regola , in casa
dal sacerdote domestico o dal padre di famiglia. Esistono , però , feste
e riti riservati alle don ne, come nella Roma antica, uno dei quali è la
cosiddetta Àrati, che viene compiuta accendendo al vespero una lam
pada che viene agitata verso i quattro punti cardinali.
Dalle innumerevoli feste religiose trascegliamo alcune fra le più
importanti , di carattere pan- indiano, prescritte da testi fondamentali
come il Bhavzjya-pura1Ja:
1 604 dal quinto guru A rjan , costruttore del tempio della setta ad
Am�tsar (Hari- mandira o Darbàr �àf?ib) , con il quale la carica di guru
divenne ereditaria. La raccolta degli inni e delle parti liturgiche fu
completata dal decimo guru, Govind Rai, che guidò la comunità dal
1 6 7 5 al 1 708 .
Il credo religioso dei Sikh non si allontana molto, almeno ali ' ini
zio , da quello dei Kabir-panthi. Se ne differenzia da questo solo per
la maggiore importanza attribuita al guru , il quale , come accade
nel l ' ambito tantrico , è concepito q uale trasmettitore carismatico
dell ' in iziazione, mediante il quale l ' insegnamento tradizionale viene
reso viven te ed attivo . Si aggiunga il fatto ignoto ai Kabir-panti, del
la crescente ostilità verso l ' Islam , giustificata del resto dalle persecu
zioni a cui i Sikh vennero sottoposti da alcuni imperatori moghiil
particolarmente bigott i , che divenne la ragion d ' essere del l ' Ordine.
Govind Rai accelerò la trasformazione della setta in una confraternita
militare , caratterizzata da costumi e abiti particolari , dominata da
un ' aristocrazia detta, con termine islamico , Khalsa, «la Purezza» , i
cui appartenenti ricevono, all ' atto della loro coopt�zion e , assieme al
le insegne e ad uno speciale abito , il soprannome di Singh (scrt .Ìùp
ha, «leone») . Non tutti accettarono le riforme di Govind; ad esse si
opposero i Niinak-panti ( «Seguenti la via di Nàn ak») o Sahzjdhari
(«Seguen ti la via facile» ) , ma ormai la via futura dei Szkh era segnata .
Govind proscrisse la maggior parte delle pratiche hindu , sostituendo
le col culto del Granth ( al i ' opposto di Kabir , che aveva proscritto
qualsiasi libro sacro ! ) e della spada ( krpan) , che ogni Sikh praticante
deve portare addosso , oltre ad una chioma fluente (kef) , un pettine
per tenerla in ordine ( usi che contrastano con la rasatura del capo e la
depilazione abituali fra i M ussulmani del tempo antico), le brache
(kacch), eccetera. Govind istituì anche una specie di battesimo , me
diante l ' aspersione con acqua zuccherata agitata dalla spada, detta
amr:ta, quindi , riten uta conferire immortalità spirituale . Di tendenze
rigorosamente ascetiche , prescrisse la pratica della castità anche nel
matrimonio. Il suo successore Banda (Bahiidur, 1 708) non assunse il
rango di guru , ma in cambio stimolò le tendenze ascetico-guerresche
propagate dal suo predecessore , scatenando una guerra spietata con
tro i Mussulmani in generale ed il governo moghiil in particolare ( ret
to allora dal severo imperatore Aurangzeb , m. 1 70 7 ) . A partire da
quest ' epoca (Banda morì nel 1 7 1 6 decapitato per ordine di Fazzukh
siyàr: fu così il secondo guru martire dei Sikh , il primo essendo stato
Arjun , torturato e fatto uccidere nel 1 606 dall ' imperatore Jahllngir) ,
l ' ordine sikh cessa di avere importanza come innovazione religiosa ,
acquistando , in cambio , crescente peso politico . Con Govind Singh ,
il decimo guru, la khlilfa diventa l ' istituzione centrale dell ' ordine e
dello stato sikh , che riunita in sessione plenaria, detta guru-matti,
«opinione del guru» , assume potere dogmatico in fatto di religione e
legislati.vo-esecut ivo nell' ambito giuridico ; simbolo ufficiale dello
2 10 RELIGIONI E MITI DELL'INDIA
stato sikh diven nero le due scimitarre, il pugnale a due cagli e l' anel
lo di ferro ( kara) dal bordo taglien te portato al braccio da ogn i singh,
che furono assun t i come emblema della virtù guerriera e dei poteri
temporale e spirituale. Govind Singh morì sulle rive della Goda.vari
nel 1 708 assassinato da due afghani a pugnalate. Con lui si conclude
lo sviluppo religioso del Sikh ismo. Accenn iamo soltanto al fatto che,
nel corso del secolo X VIII i Sikh s'impadronirono gradualmente del
Panjab , i n cui il capo Ranjit Singh ( 1797- 1839) creò uno stato organi
co difeso da un formidabile esercito istruito da generali già napoleo
n ici, fra i quali il modenese Giambattista Ventura e il napoletano
Paolo Avitabile, il cui severo rigore è ancora ricordato nelle provincie
nord-ovest dell'India e del Pakistan! Lo stato sikh venne poi distrutto
defin itivamente dagli Inglesi nel 1849. Attualmente i Sikh ammon
tano a circa 8 milioni.
Una pleiade di altre scuole tuttora esisten ti derivò dalla set ta di
Kabir.
Fra queste si possono citare i Diidit-panti, discepoli di un cardatore
di lana, certo Diidii, vissuto ad Ahmad-abab (Gujrat) verso la fine
del secolo XVI, che venerano con la pitjii hindu il manoscritto dei
messaggi (bar/i) del suo fondatore , comprendenti circa 5000 versi , i
Liildiisi, i Satniimi, i Biibiiliili e infine i Siidh (scrt. siidhu, «buono»,
«yogin») , questi ultimi monoteisti di tendenze puritane, fondati da
Birbhiin nel 1 6 58, attualmente diffusi attorno a Delhi. Essi furono
gli eroi della rivolta hindu contro l'imperatore Aurangzeb nel 167 2 .
Quello che appare curioso è che, in tutto questo fervore d i rinnova
mento e, fino a un certo punto, di unificazione religiosa, gli Sivaiti
non abbiano preso alcuna parte . Il fatto è dovuto. con ogni probabili
tà , al carattere essenzialmente esoterico delle loro dottrine, che le
rende poco accessibili alle masse. facilmente attirate. invece,
dall'emotività bhakta dei Vi�Quiti. Si può , al massimo , citare la setta
fondata dal raj put Siva-niiriiya1Ja, che professa la credenza nel solo
nirgu1Ja Brahman . Cosa notevole, gli adepti di questa scuola, pur ve
nerando la persona del loro fondatore come incarnazione del Brah
man, non hanno riconosciuto dopo di lui alcun guru . Nelle loro pra
tiche si fanno guidare dagli scritti lasciat i dal fondatore, circa 16 ope
re in lingua hindi.
1 3 . Correnti spirituali moderne
l ' investitura del titolo di rajà, ciò che non gli impedì di dedicarsi alla
propaganda etico- religiosa ; com batté il culto delle immagi n i , l ' uso
della sati ed il politeismo idolatra, men tre per iscritto diffuse idee ri
formatrici ispirate al li beralismo occidentale . Maestro di prosa benga
li , scrisse anche in i nglese e persiano , lingua di corte presso i Moghiil .
l n Jotta con gli ambien ti tradizion ali , fondò nel 1 8 14 a Calcutta,
I' A tmfya-sabhà («Assem blea spirituale») che, nel 1 8 28 si trasformò in
Bràhma-sàbha, detta più tardi Bràhma-samàj («Società dei fedeli al
Brah man» , cioè «al Dio unico») . Pur restando un brah ma1_1a in rap
porti amichevoli con l e varie confessioni hindu ( nel suo samàj vi era
una sala riservata ai brahma,:ia per la lettura dei Veda) , conferì alla
sua società un carattere fortemente cristianizzan t e . Riteneva che il
Cristianesimo , epurato dai dogmi che lo frantumano in molteplici
confession i , fosse la migliore base per una religione universale , tanto
che propon e di istituire il «Pater noster» come preghiera comun e . La
sua personalità non è tanto in teressante per l e sue teorie , evidente
mente impregnate dell ' etica religiosa e sociale europea dell ' inizio del
secolo XIX , quanto perché fu il primo a voler ricercare fuori dell ' India
qualcosa che potesse rinnovare spiritualmente e praticamente la tra
dizione sociale e religiosa indian a , che egli non rinnegò mai . Ràm
mohan Riiy morl nel 1 8 3 3 durante u n viaggio in Inghilterra , ove si
era fatto mandare come inviato straordinario del Gran Moghiil ma,
in effett i , per prendere con tatto con le personalità rel igiose del l ' Occi
dente.
Dopo la sua morte, la sua setta subì diverse vicende: Devendranàth
Tagore ( padre del poeta bengalese Rabindranàth) , che n e assunse la
direzione, cercò di riformarl a su basi puramente hindu creando , nel
1839, la Tattva-bodhini-sabha, la quale però dopo una ventina d ' an
n i , tornò a fondersi con la società originaria. Personalità preminente
del Brahma-samàj fu Kefab Candra Sen , n ato nel 1 8 3 8 , che entrò a
f�rne pane nel 1 8 5 7 . Sotto il suo impulso , la società si scisse i n u n
A di-samhj ( Società originaria) e nel n uovo Bràhma-samàj, c h e adottò
le idee radicali di Kefab . Questi si proclamò ispirato messaggero di
una nuova rivelazion e , nella quale l ' elemento cristiano prevaleva
ideal mente su quello hindu . La sua morte, avvenuta nel 1 884 , portò
al decadimento e, prat icamen te, al i ' estinzione della Società .
Mentre il Brahma-samàj cercava di riunire gli appartenenti a fedi
diverse sul fondamento di un denominatore comune di aspira�ioni
spirituali e di convin zioni accettabil i , un altro movimento, I' Arya
samaj ( «Società degli Ariani») muoveva in direzione opposta, cercan
do di spogliare l ' Hinduismo e l ' organ izzazione sociale che gli è pro
pria di tutte le credenze, usi e costumi assunti dal tramon to del l ' epo
ca vedica in poi . Il fondatore di questo movimento ( nel 1 8 7 5 , a Bom
bay) fu un brahmai:ia del Kaçh iyavar, Mùlfankar, noto col nome di
Dayananda Sarasvati ( 1 8 24- 1 88 3 ) , già discepolo di un guru adepto
del Veda.ma di Sankara, Viraiànanda Sarasvati, al quale dovette alcu-
2 14 RELIGIONI E MITI DELL ' I NDIA
versale del proprio Sé, non come indefinita e vaga spiritualità, bensì
come il significato attivo dell'essere del mondo, il suo concreto farsi,
che si articola nella infinita varietà e diversità dei karman personali. Il
mondo, quindi, non è la negatività da superare per raggiungere I' im
mota sfera del Brahman, bensì la funzione perpetuamente variabile
di un Sé che è presente (come insegna la Bhagavad-gita) in ogni cuo
re umano, «più sottile dell'atomo», il quale si attua nella vita di ogni
essere, senza però venir implicato oppure affetto. A questo Sé, quin
di, il meditante deve slanciarsi con un moto totale dello spirito, libe
ro da riflessi mentali, razionali o «mistici», per afferrare finalmente
ciò che egli stesso è. La rivelazione di questa nuova via, tanto simile a
quella allusa dallo Zen giapponese, giunse a Riimat1a in seguito ad
un'angoscia mortale, per cui egli dovette costringersi a «forzare la so-
glia» e sfociare nell'espe.r ienza centrale dell' Io.
Questa stessa esperienza, in termini diversi, è quella di sn· Auro
bindo personalità, anche fuori della sfera mistica, interessantissima.
Dotato di cultura varia, profonda e raffinata, sia indiana che occiden
tale, fornito di una robusta preparazione scientifica e filosofica, egli
era, anche sul piano esteriore, l'uomo destinato a rappresentare il
ponte fra l'India e l' Occidente. Nato a Calcutta nel 1 87 2 da una ricca
famiglia brahmar;ia completò senza pregiudizi la sua formazione nel
le università inglesi e tedesche ottenendo brillanti risultati. Tornato
in India, si dedicò alla causa nazionale, soffrendo anche persecuzioni
da parte delle autorità britanniche. Nel 1 9 1 0, in seguito ad un' illu
minazione improvvisa, decise di abbandonare la vita politica, ritiran
dosi nell'établissement francese di Pondichéry, ove fondò quello ii
frama meditativo, la cui fama attirò anche l'attenzione di studiosi
europei, desiderosi di superare il limite accademico-filologico con cui
viene affrontato in Europa lo studio della scienza delle religioni com
parate. Aurobindo condusse a termine una vasta sintesi di tutto il
pensiero indiano, interpretando in chiave psicologica i suoi simboli
filosofici e religiosi, secondo, però, il linguaggio preciso ed obiettivo
della scienza occidentale. Le sue opere si estendono dai memorabili
commenti alla Bhagavad-gitii, agli Yoga-sutra, alle Upamjad, ad una
singolare reinterpretazione del [¼-veda, retaggio, secondo lui, di un
antichissimo sapere cosmico che i Vati primordiali, gli [!.st'; trasmisero
ad una élite dell'umanità, rivestito dei simboli e del linguaggio adat
to ai loro tempi . L'essenza di questo sapere vedico è una specie di
esperienza aurorale, illuminativa: l'intuizione, cioè dell'Ordine in
cui si rinnovano tutte le cose, lo l,lta. Entro quest'ordine, gli «dèi», i
deva, sono contemporaneamente interiori (nell' uomo) ed esteriori
(nel cosmo) della Universale Natura. Intuizione già esplicitamente
annunciata dalla Chat1tfogya upanzjad, iii, 1 3, 1 - 8 e 8- 1 8, e dalla Ka
tha upamjad, ii, 6, 1 1 .
Il Veda, quindi, è inteso primariamente per l'illuminazione e la
cultura del Sé : questo è il senso degli articoli da lui scritti per la rivista
CORRENTI SPIRITUALI MODERNE 22 1
Movimenti contemporanei.
La meditazione filosofico-religiosa i., diana, di là da queste nuove
sue form 1:1lazioni di ordine dottrinario, esercita ai nostri giorni un
crescente influsso su correnti spirituali occidentali e ciò per due moti
vi apparentemente diversi. In primo luogo, l'Hinduismo tende ad af
fermarsi come una tradizione che trascende le diverse religioni rivela
te. I suoi Maestri, dei quali si è fatto cenno, da Ramananda in poi,
non pretendono dai propri seguaci di altre religioni e costumi una
«conversione» all'Hinduismo, cosa del resto impossibile, per il fatto
che si nasce hindu appartenente ad una casta determinata, secondo
gli Indiani, in seguito al frutto delle azioni compiute in una vita pre
cedente, nella quale si poteva essere dei «barbari», mleccha. In secon
do luogo, la medesima tradizione hindu offre ai suoi seguaci, hindu,
mussulmani o Occidentali che siano, una ricchissima metodologia
per la propria realizzazione interiore e ciò seguendo due linee, fra lo
ro complementari: le precise tecniche dell'ascesi yoga, oppure la via
de�ozionale-entusiastica della bhakti. In questo senso molti Occiden
tali hanno accolto la tradizione filosofico-religiosa dell'India nel sen
so di u_na traditio perennis (sanatano dharmab) ; altri, perfino appar
tenenti ad ambienti religiosi cattolici (Mariazell), ne seguono le disci-
CORRENTI SPIRITUALI MODERNE 223
ljaqq» («oh Egli, o h i l Vero! »). Essi ritengono che l'estasi così ottenu
ta sia il samadhi (v. infra) dello Yoga.
Aspetto apparentemente più semplice, se possibile, sembra carat
terizzare l'insegnamento dispensato dallo swamin Rajnish nei pressi
di Patna. Nel suo aframa si predica la più assoluta spontaneità di
comportamento, ciò che provoca nei discepoli meno accorti un certo
rilassamento di costumi . Le riunioni di costoro sono caratterizzate da
numerosi fenomeni di estasi e rapimenti collettivi, come del resto si
verificano anche nei luoghi di pellegrinaggio dell'Europa mediterra
nea, alla festa del Santo o del wali locale. La sua forma di insegna
mento sembra essere una specie di yoga drasticamente ridotto all'es
senziale, tendente a svuotare lo spirito di chi lo pratica di qualsiasi re
siduo di trascorsa eperienza psicologica o mentale (afaya) , sì da per
mettergli di cogliere l'essenza delle cose e realizzare il significato del
la propria esistenza . Si tratta di una forma di quiete interiore conse
guita paradossalmente attraverso un trauma emotivo.
L'India attuale , come del resto quella antica , sembra abbondare di
questi asceti stabili o itineranti, alcuni dei quali dotati di stupefacen
ti poteri taumaturgici, come il noto Baba SayT , i quali, più che inse
gnare qualche sistema coerente dotato di una originale cosmologia o
di un'antropologia ordinata, come quello di Aurobindo , si limitano
a dispensare insegnamenti spiccioli adatti alle singole persone dei lo
ro adepti o a conferire loro semplicemente le «grazie» di cui hanno bi
sogno. Ciò attira un enorme numero di europei ed americani devoti,
frustrati o semplicemente curiosi , il livello dei quali non raggiunge
nella maggior parte dei casi quello di una suora Nivedita , al secolo
Margaret Noble , che si fece monaca hinduista seguendo la parola di
Vivekananda. Il loro caso sembra essere quello di un'«evasione» col
lettiva , piuttosto che di una realizzazione interiore di qualche consi
stenza.
Tutti questi movimenti esercitano una suggestione profonda, spe
cialmente sull'adepto occidentale il quale, praticamente , tende a sca
ricarsi del marasma delle forze psichiche e degli stati di animo che lo
opprimono, semplicemente sottraendo loro l'appoggio dato dall'at
tività dell'Io cosciente. Questa viene semplicemente rimossa e il pre
teso «iniziato> occidentale , abbandonandosi alla volontà del guru , re
gredisce ad una condizione prepersonale, in cui la volontà imprigio
nata negli istinti e negli psichismi, abitualmente condizionati e raf
frenati dall'Io , si libera dando luogo ad una effimera felicità . Natu
ralmente si tratta di esperienze ben lungi dalla severità dello Yoga ,
come pure dal profondo slancio emotivo della Bhakti, anche come
sono stati insegnati da moderni meditatoci del genere di Ramai:ia Ma
har�i. Il motivo di questo errore è dato dalla mediazione cerebrale_ di
cui l'Occidentale non riesce a liberarsi, per cui ogni esperienza «m
diana., da una parte diventa rappresentazione astratta e , dall'altra,
potenzia, di converso, l'istintualità animale di cui il «discepolo» pre-
226 RELIGIONI E MITI DEll'INDIA
I l panorama dell a Bibl iografia indologica, specialmente per la parte at tinente allo
studio dei Miti e delle Religio n i , è di sterminaca vastità. Occorre , pertanto , distinguere
quel le che sono le opere di esposizione generale , d a quelle che si occupano di un og
getto o di un periodo particolare ; non solo, ma anche d iversamente c lassificare i l avori
diretti ad un auditorio specializzato di studiosi e que l l i destinati ad un pubblico colto,
ma non specializzato, come è i l caso più generale . Nell ' e lenco seguente si cercherà di
tenere distinti i due criteri .
In iziamo con l ' in dicare le principali riviste orientalistiche nelle quali periodicamen
ce vengono pubblicati articoli d ' interesse indologico :
Si denrano a segu ito una serie di opere generali su l le rel igioni - e le filosofie -
del l ' India rhiare, sni tce in l ingue abbastanza note (francese , inglese . tedesco) e faci l
mente reperibil i . Pc-r u n · informazione generale. è consigliabile la Stona delle Religio
ni a rnra di Hen ri-Charles Puerh . voi . 1 3 ( Religione vedzea e induismo , di Jean Varc-n
nes e Anne M arie Esnou l ) , Bari. 1 97 8 ( t it . orig. Histoire des Religions. Paris , 1 970) .
Carat t ere em·icloped ico riveste, invece , L '/nde Classique. 3 vol i . a cura di L. Renou e ) .
Fi l l iozat , Han,o'i- Paris, 1 94 7 - � 3 . nella quale i divT:'rsi argomen t i , d isposti sistemat ica
mT:'nt e , sono trattati in man iT:'ra sin rc-1 ira ma di gradevole IT:'t tura . Scient ificamente ben
228 G U I D A BIBLIOGRATTCA
docu mentata e di piana let t ura è l ' opera di J GON D A . les Rel1gions de l'Inde, Paris ,
1 96 2 , recenteniente uscita anche in tedesco in due volumi ( Die Rel1gionen Indiens,
voi . I Veda und iilterer Hinduismus, voi . Il Der fungere Hinduismus, Sruttgart , 1 960-
63 ). La più aggiorn ata t rattazione delle religioni chindù• dell ' India antica resta l ' opera
del sansai tista francese I.. RENOU . Religions ofAncienl India, London , 1 9 5 3 , come pure
lo Hinduism di R . e 7.AEHNER . Lon don , 1 966 , . reperibile anche nella traduzione italia
n a , l 'Induismo , Bologn a , 1 9 7 2 . Come i n t roduzione filosofica al pensiero religioso in
diano è particolarmente consigl iabile G . TUCC I . Storia della Filosofia Indiana, Bari .
1 9 5 7 , il cui svi l uppo completo può venir seguito nella classica opera di s. DAS GUPT A . A
History of Indian Philosophy, 5 vol i . , London , 1 9 2 2 - 2 6 . Una breve sin tesi delle rel i
gion i del l ' India classica è q u e l l a d i C L . BALLI N I . l e religioni dell'India, i n Storia delle
Religioni direua d a G . Castell an i , voi . I . p p . 5 9 5 - 8 3 9 . Tori no, 1 96 2 . Per penet rare nel
la particol are mentalità mito-poietica indian a , sono di grande ausilio le opere: Mito e
Filosofia nella Tradizione Indiana, Milano, 1 9 74 , di CATER I N A CONIO. e l 'India antica e
la sua tradizione, Milano, 1 97 5 , di STEFANO PIANO. come pure l ' opera di A D A NIELOU.
Hindu Polytheism , London , 1 964 , e quella d i M. ELIADE. Images et Symboles, Paris ,
1 9 5 2 . Nonostante che si tratti di opere scritte molto tempo fa, possono essere consulta
te con frutto: Il pensiero religioso e filosofico dell 'India, Firenze.- 1 9 1 0 , di F BELLONI e
FILIPPI. e i classici M . MONIER WILLI A M S . Hinduism. Calcutta, 1 8 7 7 , e J N. FARQU H A R . A
Primier o/Hinduism, Lon don , 1 9 1 2 . Opere di indiani credenti e prat icanti sono D. s .
S H A R M A . A Primier of Hinduism, M ad ras , 1929 e l a raccolta d i saggi d i ricercatori h i n
dù The Religion of the Hindus, New York , 1 9 5 3 . curato d a K . w . MORGA N .
I VEDA . B R A H M A � A ED UPANl�AD
Per u n a conoscenza sintetica dei Veda e del mondo ved ico , i n rapporto , anche, alle
più recen t i ricerche conviene consultare la religione vedica d i JEAN V A RENNES , incluso
nella già menzionata Religione vedica e induismo ( v . supra) , che, però contiene anche
una t rattazione delle speculazioni dei Brlih mar:ia e ddle Upan i�ad , da noi assegnate .
invece , al successivo periodo di passaggio convenzionalmente designato come Brahma
nesimo. I l medesimo autore ha pubblicato vari sagg i . fra i quali quello Di alcuni miti
cosmogonici del }J.gveda ( Istituto di I ndologia della Università di Torino, 1 969 ) . che
delinea elemen t i stru t t u rali e storici d i grande importanza . Eccellenti per rigore scien
t ifico e ch iarezza sono gli Inni del R1g- Veda, 2 vol i . , Bologna , 1 929 e gli Inni
dell'Atharva- Veda, ibidem 1 9 3 3 , di VALENTINO PAPESSO: si raccomandano le ampie in
troduzion i , ancorché influenzate da criteri estremamente posit ivistici. Guida indi
spensabile alla conoscenza della mitologia vedica è l ' opera , t u t t ' altro che i nvecchiata.
del M A C DONEL ( A RTHU R A . ). Vedic Mythology. Strasbourg, 1 89 7 , al quale si debbono
egregi saggi grammaticali ed an tologici ( A Vedic Reader /or Students, London . 1 9 1 7
ecc . ) . U n a visione più «gnostica> dei Veda è q uella dello S R I AUROBINDO. O n The Veda.
Pon dicherry , 1 9 5 6 , che ricollega più stret tamente i l mondo vedico alla successiva spe
culazione mistica indiana. A giudizio dello Zaehner (v. supra) , la migl iore analisi
dcl i ' A t h arva-Veda è quella del BLOOMFIELD ( M . ) . The Atharva- Veda, Strasbourg . 1 899 .
rist ampata a Del h i nel 1 96 5 come TheHy m n s ofthe A . V. G l i srudi vedici sono stati
particolarmente coltivati nello scorcio u l timo del secolo XIX e i primi de,e n n i del pre
sen te. A parte le opere succitate, si ha A. BERGAIGNE. la Religion Védique. 3 voli . , Pa
ris, 1 8 78-83 , L. DE LA VALLÉE POUSSJ N . le Védisme, K. F. GELDNER . Der f!.gveda. Gottin
gen , 1923 ( ripu bbl icato nel 1 9 5 1 a Cam bridge , USA ) , A . H I LLEBR A N DT. Vedische Mytho
logie , Breslau , 1 9 1 2 e 1 9 2 7 - 2 9 . Part icolarment e i m portante, ancorché arduo , resta A .
B . KEITH . The Rel,gion and Philosophy of the Veda and Upanishads, Cambridge , LISA
1 92 5 , a cui si deve , nel medesimo anno, The Veda of the 8/ack Yajur School. Una
buona guida alla conoscenza della religione vedica è H . OLDENBERG. la Re/1gion du Vé
da, Paris , 1905 . A l l a scuola francese più recente si debbono molti studi sui Veda e sul
Vedismo. Molto import a n t i son o quelli linguistici e critici del RENOU. Hymnes spécu"1-
tift du Véda, Paris , 1 9 5 6 , Vocabulaire du rituel védique, Etudes védiques et paninée'!
nes, vol i . I-XVI , 1 9 5 5 -66, ecc . , queste ult ime opere di carattere linguist ico e gram mati-
GUIDA BIBL IOG RAF IC A 229
cale. Traduzioni dassichc_. sulle quali s i fondarono più O meno c ut t e le successive , sono
quella del MAX M{JI.I.ER . R1g- Veda SaT?Zhitii, the sacred hymm 0/ the Brahmans together
with the co mmentary o/ Sayana�harya, Lindo n , 1 890 -92 (6 vol i . ) e lo Atharva- Veda
Sa1f1ht�a, 1 rado1 10 da W . D. Wh aney nel 1 905 ( Cambridge , USA ) ristampato nel 1 962
a Delh i . �dmone fondamentale del � g-veda è 9 uella dell 'AUfRECHT (THEOD OR) apparsa
per la prima voh a nel 1 86 1 -63 (lndtsche Stud,en , voli . v1.v11 ) , indi Bonn , 1 8 7 7 . Per
condudere si possono ci1 are i discussi ma interessantissimi studi di B. G. TILAK sulla cro
nologia e topologia dei Veda, fra i quali il noto The Arctic Home in the Vedas ristam
pato a Poona nel 1 97 1 , che attribuisce una sede boreale al i ' amico popolo indo-ario nel
IV-V millennio a . C . , in base a concordanze astronomiche documentate dal l,l.g-veda .
Per rnndudere , si può affermare che conserva validità documentaria e critica l ' imer
pre1 azione alquanto hegeliana, a dire il vero , di P. DEUSSEN sui Veda e sulle Upani�ad
com enu1a nella Allgemeine Geschichte der Philosophie, vol i . 2 , Leipzig, 1 920 ( i l pri
mo dei quali è dedicaw ai Veda , il secondo alle Upani�ad ) .
U n a guida alla considerevole letteratura d e i Brahmar;ia la s i può trarre dal l ' egregia
opera di o sono , lellertzture antiche dell'India, Torino 1 969 , (pp. 3 1 ss. ) . Fra le varie
opere l·he c rat tano l ' argomento si può raccomandare la traduzione di J. Eggeling,
Shatapatha-Briihmal')a compresa nei Sacred Books of the F.ast, vol i . 1 2 , 2 6 , 4 1 , 43, 44
rist ampat i � Del h i , 1 96 3 . e A . · Minard , Trois Enigmes sur /es Cenls Chemins (Recher
ches sur le Satapatha-Briimal')a} , voi . I , Paris, 1 949. voi . 1 1 , 1 9 5 6 . Trattati sulla pratica ri
t uale sono quelli di A . HILDEBRANDT. Ritual-Literatur, Scrasbourg, 1 897 , e SYLVAIN I.EVI .
La Doctrine du Sacnfice dans /es Briihm�as. U n ' opera classica sull ' argomento, che
rnnserva validità att uale è di H 0LDENBERG . Vorwissenschaftliche Wissenschaft. Die
Weltanschauung der Br!tmarza- Texle, Giittingen , 1 9 1 9 . Più recen t i sono le traduzioni
di ) . Varen ne, Mytht> e/ Légendes dans /es Briihmarza, Paris , 1 967 , e A . C. Banerjea,
Studies in the Briihmal')as, Del h i , 1 96 3 .
Una guida, anche s e sommaria , della letteratura upani�adica potrebbe contenere
qualche centinaio di titol i . Basterà qualche indicazione circa le Upani�ad «classiche•
tradot te e commentate in lingue europee , oltre agli studl migliori sulle medesime .
Un ' eccellente disamina di questa letteratura si trova nel l ' opera di CARLO DELLA CASA .
Upamjad, Torino, 1976. con la traduzione di trema di esse distinte in «vediche• e
«pose -vediche , settarie e yoga• ; questa medesima letteratura è esaminata secondo il
contenmo ideale e specifico nelle nostre (P. FILIPPANI-R0NC0NI). Upamjad antiche e me
die. Torino, 3 vol i . , 1 960-6 1 , 2 ed . , 1 voi . , 1 968, e nelle introduzioni ad esse . Tradu
zioni classiche sono, a part ire da quelle di E . Riier ( 1 8 5 3 ) , di E . B . Cowel l ( 1 86 1 ) e di
Mitra ( 1 862) nella «Bibl iot heca Indica• di Calcutta, le seguem i : M ax Miiller, The Upa
nishads, nei Sacred Books of 1he Easl. vol i . I e xv. London , 1 879, 1 884 ( rise .
Delh i , 1 96 5 ) ; P. Deussen , Sechzig Upanischad's des Veda. Leipzig, 1 89 7 , rise . Darm
stad t , 1 96 3 , opera fondamentale di riferimento e studio; R. E. Hume, The Thirteen
Pn.ncipal Upanishads, Oxford , 1 92 1 , rist . Madras , 1963 ; Swami Nikhilananda, The
Upanùhads, rnmeneme le 1 1 upan i�ad commentate da San kara , New York , 1 949- 5 8 ,
Lindon , 1 95 1 - 5 9 ; S . Radhakrish nan , The Principal Upanishads. ed. with . . . Traslation
by R . . Lindon 1 5 3 . 1 968; J . Varennes, Upanishads du Yoga; P . Lebail , Six Upani
.rhadr majeur!, Paris, 1 97 1 . Fra le edizioni più prariche del l ' Upanisad , vi sono quelle
di W. L. Shastri Pa\lslkar, One hundred and eighl Upanishads, Bombay , 1 895 (4 ed .
1 9 .� 2 ) , quella citata di Radhakrishnan , i 5 vol i_. di Upan . minori pubblicate dalla
Adyar Library , Madras, a cura di A. Mahlideva Sast ri, dal 1920 al 1929. e l ' ediz . da
pane della medesima Adyar Library delle Unp11blished Upam°fhads, a cura di C. Kun
han Raja, Madras , 1 9 3 3 . Sono la direzione di L. Renou ( Paris . 1 943 e sgg . ) sono state
pubblicate olt re ven ti Upan . in volumetti separaci, con la traduzione in francese e note
nitirhe. È il caso anche di citare per la cura e la praticità della pubblicazi ? ne, )_ ' edizio
ne della Chli\lc;logya-up. e della Brhadllrany�ka-up. , Paris, 1930 e 1 934 ns p emvame � -
1 e . Sulle Upan i�ad sono stati effettuati molti studt critici, dato che esse temmomano m
modo ineguagliabile un t ipo di pensiero «am ico• confortato da una co � cr�ta esp_ene �
za mist ica , ,·iò che le rirnllega al mondo dello Yoga . A parte le ope �e g1.i. _ rn � te ? I o �d1-
llt" generale , che rnntengono importami sezion i dedicate alle Upam�ad , 1 prmopah la
vori rri1 i,·i sono i seguen t i (in ordine alfabetiro ) :
230 GUIDA BIBLIOGRAFICA
SI I K i fll/K0III N l >0, L 'Jsh11 Upm,ish11d, Paris, 1 9 39: importante per l ' interpretazione gno
st Ìl'a e sot eriulugil'a del testo;
<. DEI.I.A LASA , «Sukr1am in Tai t t iriya Upani�ad• , in A . G. J. , LV. 1 970;
<. Dlii.I.A CASA , «Di akune l'aratterist iche delle Up. più amiche•. in lndologic11 T1111ri
nens11, 1. pp. 3 3-46 , Torino 1 9 7 3 ;
c . DEU.fl CASA , «Minima Upanisadica. , in St11di in onore di G . T11cà, p p . 3 7 1 - 37 8 ,
Napol i , 1978 ;
c .. l>l·. 1.1.fl LASA . Up11mj11d (v. s11pr11)
l'K . 1cm ;EKT0N. «The Upan i�ads: what do 1hey seek , and why?•. in JA OS, 49, 1929,
pp. 97- 1 2 1
l'K . EDGEKT0N , «Dumin:mt ldeas in the formation of lndian Culture• , in JAOS , 6 2 ,
1 94 2 , p p . 1 5 1 - 1 56
M . l'fl l.K . «Il Mito Psicologico nell ' India amica. , in Memorie de/111 Rellle AcctZdemifl
N11z. dei Lincei, V I . voi . VIII. 1 939. opera di estrema importanza per intendere
l ' orient amento psicologico del l ' am ica speculazione indiana.
K . c;AKHE. «Die Weisheit des Brahmanen oder des Kriegers?• in Beitr. zur /ndis,hen
Kulturges,hi,hte, Berlin 1 90 3 .
P FI I.I PPII NI-R0NC0N I . Up11n1't11d flntiche e medie, (v . suprlZ)
P. FILIPPANI-R0NCONI. Lfl Spe,ulflzione lndùmfl Pre-811ddhist1Z, Napoli , 1 939
J. M. VAN GEWER . Der J.1m11n in der grossen Wllld- Geheim-Lehre. psy,hologis,h gedeu
lel, Den Haag, 1 9 5 7
H . D E GLASENAPP. Histoire de lfl Philosophie /ndienne. Paris, 1 948
e. HEIMANI\. «Die Tiefschlafspekula1 ion der alten Upanishaden• , in Z.fB. , IV. 1 9 2 2 ,
pp. 2 5 5-274
P THIEME. «Brahman• in ZDMG, 1 0 2 , 1 95 2 , pp. 9 1 - 102 , Wiesbaden , 1 97 1
Il . SflNNIN0 PELI.EGRINI. «Apas i n isa U p . • . . i n A/ON, 34 , pp. 1 2 3- 1 3 3 . Napoli
Per i rapport i fra il movimento speculat ivo delle Up. e gli inizi del Buddh ismo , rive
ste part icolart importanza:
Il. OI.DENBERG. Die Lehre der Up1Znish11den und die Anfange des Buddhismus. Gottin
gen , 1 9 1 5
Per le due opere fondamentali dell' epica e della religione bhakta indiana, le edizio
ni fondamentali accessjbili (a coloro che conoscono il sanscrito! ) restano:
The M1Zhàbhàr1Zt1Z /or the first time criticlllly edited by V. S. Suk.th11nur - S. K. Bel
vlllkflr, Poona , 1 927 e sgg .
Ràmày11n1Z, 1·ri1 . edit ion ( gen . ediror G. H . Bhatt), 4 vol i . Baroda , 1 960-65
G . UlRRESI0 . R11mt1JIRIIZ poema i,rdi1Z,ro di Va/miei. Te.rio .rfl'1scrito secondo i mm,o-
GUIDA BIBLIOGRAFICA 231
sentii della scuola Gaudana, voli . I-V e X l '"' " · VI-X e Xli crad . , Parigi, 1 848- 1 86 8 ,
1 867 - 1 8 70.
U n a guida all ' i m ril�• documentario e crit ico d i questa letterat ura, c h e praticamente
rns1i1uisce l a massa del l ' Hinduismo , può trarsi dai 1 es1 i e dalle bibl iografie d i alcune
opere , che si menzionano a seguiw:
Sir R.B. BHANDA R K A R . Vai1r,a11ism. 5aivism and Minor Relig ious Systems, Varanasi
( Ben ares ) , 1 9 1 3 . ris1 . 1 965 ( /ndolog ical &ok House) , che i n sole 1 60 pagine riassume
e sis1ema1izza un materiale i mmenso. È u n ' opera fondamentale di consultazione . Il
già ci1aco H . v . GLASE!I.APP ( Philosophie lndienne) forn isce solidi criteri per avvicinarsi
alla filosofia delle sene . U n ' eccel lente bibl iografia. anche delle fonti indiane si trova
i n due opere rel·en t i di diversa apert ura e orientamen to: CATERINA CONIO. Mito e Filoso
fia nella Tradizione Indiana. Milano, 1 974 , e WENDY DONIGER O'FLA HERTY . Ascetism
and Eroticism in the M_ylholog_y ofSiva, Oxford Un iversi1y Press , 1 97 3 , 1 97 5 , che con
t iene un i n t eressante studio mut turale dei miii relativi a Siva ed a ParvatT, abbraccian
do, quind i , l ' ambi10 sllkt a . Una buona i n t roduzione antologica è quella curata da Ste
fano Piano , L 'India antica e la .rua tradizione, M essin a-Firenze, 1 9 7 5 . Un i nsieme pa
noramiw di monografie sul fenomeno del Km1aismo è quello edito da M ilton Singer,
Krùhna: Myths. Rile.r. and A11iludes, Ch icago-London , 1 968-7 1 , con tenente anche
set t e bibl iografie ed un u t ile indice . Un ' eccellente introduzione al fenomeno della
bhakt i a pan i re dalle Upan i�ad e sia nel campo visnuita, che in quello sivaita, è l ' opera
di c ;10Rc ;10 REN ATO fRANCI. La Bhakti. l 'A more di Dio nell'Induismo, Fossano
( Cuneo ) . 1 970 ( Ed i t rire Esperienze) . ! rapport i fra il Vedllnta e i movimenti senari ( sa
rebbe forse meglio defi n irli «gnostici») sono c ra1tat i in due opere facilmente accessibili
in I t a l i a , M A R I O P I A NlHI.I . Sankara e la Rinascila del Brahmanesimo, Fossano (Cuneo) ,
1 974 e I . A X M A N PRASAD M I SH R A . Rizm1Jnuja e il misticismo visnuita nell'India meridio
nale, Cit t à Nuova Editrire, Roma . 1 97 8 . Per quanto riguarda il campo della gnosi
sivaita in generale e dei movimen t i del KasmTr in particolare , un ' eccellente guida te
stuale e hiografo·a, o h re ad una lu.-ida esposizione delle idee fondamen tal i . si può 1 ro
vare nel l ' ormai d assica Essenza dei Tanlra ( t raduzione e i n t roduzione al Tantra-s1Jra di
Ahhinava-gu pta) di KA N IERO G NOI.I . Torino. 1 960, nella i raduzione da parte del mede
simo indologo della Luce delle Sacre Scn'11ure (Tantr1Jloka) del medesimo autore , Tori
no, 1 9 7 2 , che nella dotta introduzione (pp . 1 - 6 3 ) contiene u n ' ampia elucidazione del
le wrrem i d i pensiero sivaite e una bibl iografia fondamentale. I Tesi� dello !ivaismo
(Torino, 1 96 2 ) , anrh ' essi t radou i da R A N I ERO GNOI.I presen tano le t re prmnpah raccolte
d i sutra e di kizrikiz ( aforism i) sulle quali si fondano i sistemi filosofico-rel igiosi suindi
nt i . L' opera' d i K .L PANIWY . A hhina1•ax11pt.2. ,m Hi.rtori,·al and Philosophical Study .
232 GUIDA BIBLIOGRAFICA
edito da Chowkhamba Sanskri1 Series Offile, Varanasi- 1 , 1 96 3 , con tiene uno studio
an-uraw, anrnrlhé prolisso , delle varie spelie del pensiero sivai t a monist ico del Kasmir
e non solo relat ivo ad A bh inavagup1a, ma abbraccia anche le diverse correnti spanda,
kula e krama e la sel l a dei Siddha più an t ich i . Numerosi st udi di COR R A DO PENSA trat-
1 ano del l ' inerenza dello Yoga , sia quello «a otto mem bra. (Qf!izng a) , che «a sei mem
bra• (1ar/anga) , ai vari sis1emi gnostici i n part icolare quell i sivai t i e quelli buddhistici
vajray/Jna: «Interdipendenza di purificazione, conoscenza e potere nello yoga i n rap
pon o alla rnntinuità della t radizione indian a. ( A/ON, Napol i , 1 969 , voi . 29); «Osser
vazioni e riferime n ti per lo studio del �ac;langa- yoga.. (ib. ) «On the Purificat ion Con
ccpt i n l ndian Tradit ion with Special Regard to Yoga, i n East and West, New Series ,
voi . X I X . March-June 1 969 IsMEO, Rome; «Il Bodhavilasa di Ksemaràj a.. , i n Rivista de
gli Studi OnentfJli, voi . X X X V I . pp. 1 26- 1 34, Roma, 1 962 e Il Terzo Bhàvanàkrama di
Kamalasì la, idem , voi . X X X I X . pp. 2 1 2-242, Roma , 1 964 . Odio saivasiddhanta si è oc
rupata in h alia M A R I A PI A VIVA NTI : citiamo l ' eccellente «Il K irar;iàgamb ( testo e t radu
zione del Vidyàpada) Suppi . al n. 3 degl i A/ON, voi . 3 3 ( 1 975) fase . 2 .
Per rhi si i n teressi del l ' a�pet to più propriamente gnostico-senario e d «arcano• della
rel igione sivaita vi sono, corredate da commen ti sistematici e da accurate t raduzioni , le
edizioni di Li l iane Silburn apparse nelle Pub/icatiuns de l'Institat de Civilisation In
d1enne ( Paris), fra le quali il Vijniina Bhairava ( 1 96 1 ) , testo essenziale per la conoscen
za dei metodi di autorealizzazione d i una serie d i scuole sivaite, lo studio «La Bhakti
dans le Sivaisme du Kash mir•. che illustra aspet t i trascurat i d i detto movimento misti
co , i l Vilti1/11nath11 sutra, corredato dal commento d i Ananta-saktipada ( 1 959). impor
tante per la rnnoscenza critica e sistematica della teoria della Parola. e. nella medesima
collana A PADOU X . Recherches sur /11 s_y mboliq ue et /'energie de la parole dfJns certains
textes lantriques. Testi che t rattino dd Mantra-naya sono mol t i , alcu n i dei qual i , re
cen t i , piuttosto soggettivi ed emotivi , che scientificamente basat i . Sono molto i m por
tanti le edizion i , t raduzioni e commen t i , pubblicat i da Arthur A valon ( SirJohn Geor
ge Wood roffe) nella collezione dei Tamrik Texts che ci i n t roducono nd mondo ddla
spernlazione sàk 1 a . I più import an t i , a t ale riguardo , sono ( pubblicati fra il 1 9 1 2 e il
1 920 a Calcutta e Londra - Luzac and Co . ) il T11ntrizbh1dhizn11, lo Shatchakranirupa,:,11
( l a desrrizione dei sei cen t ri sot t i l i ) , il Pr11p11nch11Sizr11 Tantra, il Kulachi11/izma,;zi Tan
tra, il Kuliz"Jl1Vl1 Tantra, il Kizlivilizsa e i l T11ntr11rizj11 Tantra, ai q u a l i fan n!l corona ope
re d ' int erpmazionr e ch iosa , come The Serpent Power ( London . 1 9 3 1 ) , Sakti and S?Jk
ta: Essay and A ddresses on the SiJkta Tantra.fii.rtras. Madras 1 959 . •
A pane le ed izioni indiane dei Purai:ia . delle Sa1J1hità e degli Agama che possono
t rarsi dallr •·itare opere della Sig . na Conio e della S ig . n a Virale. si possono citare ( i n or
dine alfabet i.-o) le seguenti opere crit iche più essenzial i :
v.s A < ò R A W A I . A . Matsya Puriina. A Study. Varanas i , 1 963
B H A H k A R Y A . Philo�ophy oj Srimad Bhiigavata. 2 voli . , Sant i n iketam , 1 960
BISW A S . Bhiig11v11111 P11rii1;111. A Iinguistic Study , Dibrugarh , 1 968
A . IJA N1f.1.ot 1 . Hind� Po(ytheism , London , 1 964
M. F.J.J A DE. Image.r el Sy mboles, Paris , 1 9 5 2
A < ; A n .. Bhakti im Bhiigavata Purii'!a, Wiesbaden , 1 969
.J . ( òO N D A . Aspecls o/ Early_ Vi11;1ui.rm . Ddh i , 1 969
J. 1 ;0NnA . Visnuism and Saivism, London , 1 970
v;;
:, . c;oNDA . Bhav�yapur�a. Wiesbaden , 1 967
A. I IOF.N BF.R< ò F. R . Die indische Flutsag e und das Matsapura,:,11, Wiesbade n , 1 9 30
n. l.A l l F.NSTF.I N . Erwache n des Gouesmystik in /ndien , Jen a , 1 9 1 7
Hl. SCl l R A DF.R . In1mduction lo the Piillcariilra, Adyar, 1 9 1 6
1 1 . ZI M M F. R . My ths and Sy mbols in lndian Ari and Civilizalion, New York , 1 948
Sulle recent issime correnti «indiane» o «para- indiane» venute in voga in Occidente
in seguito alla diffusione di varie forme semplificate di bhakti-yoga , vi è u n ' ampia let
temura. An·enn iamo a qualche opera reperibile in Italia:
BAGW A N SHREE R J\I N EESH . Meditazione dinamica, Mediterranee , Roma
BAGW A N SHREE R iJ N EESH . Tecniche di Liberazione. li corpo p1ichedelico al di lii della
follia: _yoga, uuualitìi, meditazione, energia creativa, La Salamandra, Milano, 1 97 5
M A R Y l.LI T Y E N S . Krishnamurti, Gli A n ni del Risveglio , Armen i a , Roma
M A ll A R I S H I M A H ESI I YOGIN. La Scienza dell'EJ1ere e l'Arte del Vivere , Astrolabio ,
Roma
SW A M I G F. ET G O V I N D . ( P I E R O V E R N l l . Vivere in In dia , id. M i l a n o , 1 9 7 7 .
Indice
69 1 . Concezioni generali
78 2 . Testi mitici , filosofici e letterari
111 3 . Le Scuole Classiche visnuite
1 14 4 . Scuole mistico-filosofiche vi�,:iuite : l a sintesi speculativa
1 19 5 . La figura di Siva secondo gli Agama e i Tantra
125 6 . Filosofia e metafisica delle sette sivaite : teorie fonetiche
135 7 . Altre sette sivaite (Vira-saiva e Lingayat ; Kapalika)
1 39 8 . Le deità femminili , gli Sakta e i Tantra . Riti iniziatici
157 9 . Altre divinità e sette
176 1 0 . Luoghi e d Entità numinose
182 1 1 . Riti e pratiche liturgiche
205 1 2 . Le sette a tendenza innovatrice
2 1 1 1 3 . Correnti spirituali moderne
227 Guida bih/ir,gr.1/ìca