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UNIVERSIT DEGLI STUDI DI TRIESTE ____________________________________________________________ FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIA

TESI DI LAUREA IN LETTERE MODERNE

STREGONERIA E POSSESSIONE DIABOLICA A MANIAGO, FRISANCO, ANDREIS, BARCIS E SPILIMBERGO TRA 1625 E 1663.

Relatore: prof. ANDREA DEL COL

Laureando: FABIO DELLA PIETRA

______________________________________________________________________ Anno Accademico 1996/1997

INDICE
INTRODUZIONE 1. La spiegazione attuale della caccia alle streghe 2. Un modello interpretativo pluridisciplinare 3. I procedimenti giudiziari analizzati nella presente ricerca 4. Scopi della presente ricerca I. STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DELL'INQUISIZIONE ROMANA IN FRIULI II. I PROCEDIMENTI GIUDIZIARI UTILIZZATI NELLA RICERCA III. LA STREGONERIA 1. La credenza nella stregoneria spiega le disgrazie 2. La credenza nella stregoneria spiega l'antagonismo tra individui 3. L'ambiente sociale del villaggio: la variabilit della reputazione di stregoneria 4. La dinamica della stregoneria: il veicolo del maleficio 5. La tipologia del rito magico 6. L'identikit della strega IV. LA POSSESSIONE 1. Possessione e disgrazia 2. Possessione e stregoneria, possedute e streghe 3. Un caso di possessione singola: la vicenda di Maniago, 1655 4. Due casi di possessione collettiva: le vicende di Andreis e Barcis, 1663 V. LA CONTROSTREGONERIA 1. La molteplicit delle spiegazioni causali 2. La controstregoneria: procedura attiva di reazione e risoluzione della disgrazia 3. Controstregoneria e medicina popolare 4. L'intervento degli ecclesiastici 5. La funzione controstregonica-devozionale della Madonna 6. Simbologia della guarigione e protezione magico-religiosa 7. La pratica esorcistica: la terapia della possessione e del maleficio APPENDICE 1. Descrizione degli atti giudiziari del Sant'Ufficio friulano sui fatti di Spilimbergo (1625, 1644) e Maniago (1655) 2. Norme di trascrizione PROCESSO PER STREGONERIA CONTRO ANNA SGUMA DA SPILIMBERGO (1625) PROCESSO PER STREGONERIA CONTRO MARCOLINA STELLA DA SPILIMBERGO (1644) PRIMA DENUNCIA PER POSSESSIONE DIABOLICA TRAMITE STREGONERIA CONTRO PIRINA RAMPON, DETTA TAIER, MARIA FABBRUZZI, DETTA TAVANA, E SUA FIGLIA DOMENICA, TUTTE DA MANIAGO (1655) SECONDA DENUNCIA PER POSSESSIONE DIABOLICA TRAMITE STREGONERIA CONTRO PIRINA RAMPON, MARIA FABBRUZZI E SUA FIGLIA DOMENICA (1655) PROCEDIMENTO CIVILE PER DIFFAMAZIONE PRESSO I CONSORTI DI MANIAGO INTENTATO DA MARIA FABBRUZZI CONTRO PIRINA RAMPON (1655)

BIBLIOGRAFIA

INTRODUZIONE
Tra il 1450 e il 1750 circa si svilupp in Europa quella che viene comunemente chiamata caccia alle streghe. Si tratta di un fenomeno di ampia portata, sia dal punto di vista temporale che geografico e sociale, particolarmente cruento grossomodo tra il 1580 ed il 1650. Anche se le migliaia di singoli procedimenti penali e di denunce informali contro streghe, stregoni o presunti tali delineano una distribuzione cronospaziale irregolare, possibile rintracciare caratteristiche comuni, nonostante le varie circostanze storiche e le differenti credenze locali in materia costituiscano un'ostacolo di cui tenere conto1. Il processo, sociale e giudiziario, che port alla ricerca, persecuzione e repressione della stregoneria era strettamente collegato con l'idea di un'organizzazione occulta, di cui le streghe e gli stregoni sarebbero stati i membri, che tramava una congiura contro l'ordine costituito con il fine ultimo di un vero e proprio sovvertimento sociale. Per arginare e distruggere la minaccia rappresentata da questa setta segreta, capeggiata dal diavolo in persona, scoperta grazie all'intervento combinato di giudici, filosofi, teologi e intellettuali in senso ampio, la classe colta dell'Europa dell'et moderna procedette ad una metodica persecuzione sociale. Per mezzo di accuse informali o delazioni ufficiali, pettegolezzi o voci di paese, le autorit giudiziarie, ecclesiastiche o secolari, spesso incriminarono e arrestarono le persone segnalate, le interrogarono, a volte con l'utilizzo della tortura o sotto la minaccia della stessa, per ottenerne la confessione e con essa i nomi dei complici, giungendo a far condannare ed anche a far morire, nelle carceri, sul rogo, o impiccate come in Inghilterra, svariate migliaia di individui2. Oltre che di caccia alle streghe si parla anche di ossessione delle streghe. Con questa terminologia meno usata si pone l'accento sullo stato di angoscia collettiva indiscriminata che le autorit e le societ dell'Europa moderna contribuirono a generare e fomentare. La caccia alle streghe o ossessione per le streghe3, intesa come operazione giudiziaria e di repressione sociale, fu un fenomeno estremamente rilevante: perch abbia raggiunto il culmine tra la fine del XVI secolo e la met del successivo, perch sia stata maggiormente violenta e sistematica in alcune aree piuttosto che in altre, perch infine sia progressivamente scomparsa entro la fine del XVIII secolo, sono solo alcuni degli interrogativi cui gli studiosi non hanno trovato una risposta unanime. Oggi si adotta normalmente una prospettiva interdisciplinare, che tenga conto di interpretazioni diverse in questa materia cos complessa. Da un punto di vista sociale ad esempio la stregoneria come credenza, repressione e persecuzione sistematica coinvolge sia le classi colte sia le classi popolari, rappresentandone il diretto riflesso dei vicendevoli rapporti intercorsi4. L'analisi del
In relazione al tentativo di definire un modello cronologico e spaziale della caccia alle streghe nell'Europa dell'et moderna: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe in Europa agli inizi dell'et moderna, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 208-256. 2 Per un tentativo di definire numericamente l'ampiezza della persecuzione (la cifra proposta riguardante le persone processate realmente per stregoneria in Europa di circa 110.000 unit, le condanne a morte 60.000): B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 24-28. 3 Sulle locuzioni caccia alle streghe o epidemie di stregomania collettiva, o ossessione per le streghe: G. HENNINGSEN, L'Avvocato delle streghe. Stregoneria basca e Inquisizione spagnola, Milano, Garzanti, 1990, in particolare pp. 303-311; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., in particolare pp. 3-5; P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo. Il repertorio dei malefizi. La repressione, Bolzano, Praxis 3, 1988, in particolare pp. XXIVXXVII; H. R. TREVOR ROPER, La caccia alle streghe in Europa nel Cinquecento e nel Seicento, in ID., Protestantesimo e trasformazione sociale, Roma-Bari, Laterza, 1977, in particolare pp. 133-144. Sul sentimento di angoscia collettiva e di ansia psicologica ossessiva (paura dei fantasmi, della notte, della peste, di morire di fame, del fisco, delle donne, della sovversione, dell'apocalisse, di Dio, di Satana, dei mussulmani, della stregoneria e cos via): J. DELUMEAU, La paura in Occidente (secoli XIV-XVII). La citt assediata, Torino, Sei, 1980; P. PRETO, Epidemia, paura e politica nell'Italia moderna (secoli XIV-XVIII), Bari, 1987; ID., Peste e societ a Venezia nel 1576, Vicenza, Neri Pozza, 1978. 4 Riguardo alla dialettica di reciproco interscambio tra cultura popolare e cultura alta, tra classi subalterne e classi dominanti, tra periferia e centro, nonch sul conseguente processo di influenza culturale, penetrazione e diffusione sia in senso spaziale che sociale, ricordo per tutti: P. BURKE, Cultura popolare nell'Europa moderna, Milano, Mondadori, 1980; A. M. CIRESE, Cultura egemonica e culture subalterne. Rassegna degli studi sul mondo popolare tradizionale, Palermo, Palumbo, 1973; G. HENNINGSEN - B. ANKARLOO, Introduction, in B. ANKARLOO G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft. Centres and Peripheries, Oxford, Clarendon Press, 1990, cit., pp. 7-15; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.
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meccanismo repressivo contro le streghe deve necessariamente seguire la via dell'interdipendenza fra le varie ipotesi esplicative, per giungere all'elaborazione di un modello analitico comune alle varie discipline. La credenza nella stregoneria affonda le radici in tempi remoti. Alcuni degli elementi che la compongono, come le tematiche del volo notturno e della metamorfosi animale, che nella seconda met del XIV secolo si cristallizzarono nel tema del sabba5, rimandano alla protostoria6, pi precisamente al tema sciamanico del viaggio nell'aldil7. Lo scenario del cammino nell'oltretomba un soggetto mitico antico, proprio perch ha a che fare con l'esperienza esistenziale pi intensa vissuta dall'uomo, la morte. Il tema del volo notturno di streghe e stregoni, a cavallo di scope e altri mezzi animali o naturali, rappresenta un mito che permetteva agli uomini di essere turbati ma non travolti dall'esperienza della morte, propria e delle persone con le quali erano in relazione. Gli sciamani hanno vissuto tale esperienza del viaggio nell'oltretomba e poi sono tornati, capaci di offrire agli uomini gli strumenti per sopravvivere di fronte alla morte, la questione precipua contro cui tutte le culture, di ogni tempo e luogo, devono rapportarsi.

1. La spiegazione attuale della caccia alle streghe


Combattendo la stregoneria il potere in realt combatteva tutta l'ideologia di cui essa era parte e quindi anche l'universo scientifico naturalistico nel quale si collocavano le scienze occulte. Sorge allora la fondata ipotesi che con la caccia alle streghe si intendesse fronteggiare non soltanto gli agenti segreti del diavolo, ma anche tutta una cultura alternativa, non soltanto popolare, giudicata pericolosa dalle classi che detenevano il potere ... Quindi era una cultura, quella che accomunava maghi rinascimentali e povere streghe di campagna, che dovette soccombere non perch popolare e quindi dotata di strumenti inadeguati per sopravvivere (come il fatto, ad esempio, di essere solo orale), ma essenzialmente perch all'interno della cultura dotta nel XVII secolo avviene quella grande separazione del razionalismo che risulter vincente, da tutto il filone di discipline, anche disomogenee tra loro, che al razionalismo si opponevano: P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo, cit., pp. XXIX-XXXI. 5 La nascita dello stereotipo del sabba, inteso come cristallizzazione e fusione di elementi popolari e colti (una "formazione culturale di compromesso": l'ibrido risultato di un conflitto tra cultura folklorica e cultura dotta), collocabile geograficamente nelle Alpi occidentali tra Spagna, Francia, Svizzera e Italia, e cronologicamente a met circa del '300, viene fatta risalire a specifiche congiunture di crisi sociale, al successivo processo di emarginazione e di persecuzione di determinate categorie di individui, all'esistenza nella zona alpina occidentale di eresie dualiste e infine alla rielaborazione di componenti folkloriche di origine pagana: C. GINZBURG, Le Alpi e le origini del Sabba, in C. OSSOLA (a c. di), La frontiera da stato a nazione, Roma, 1987; ID., Deciphering the Sabbath, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft, cit., pp. 121-138; ID., Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Torino, Einaudi, 1989, in particolare pp. 5-61 (la citazione a p. XXV); G. HENNINGSEN - B. ANKARLOO, Introduction, cit., pp. 5-7; G. HENNINGSEN, "The Ladies from Outside": An Archaic Pattern on the Witches' Sabbath, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft, cit., pp. 191-217; R. MUCHEMBLED, Satanic Miths and Cultural Reality, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft, cit., pp. 139-160; R. ROWLAND, Fantasticall and Devilshe Persons: European Witchbeliefs in Comparative perspective, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed), Early Modern European Witchcraft, cit., pp. 161190. Sulla tematica della nascita della stregoneria nelle regioni alpine occidentali e pirenaiche, e sulla connessione con i residui ereticali, si veda anche: P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo, cit., pp. IX-XXXI; J. DELUMEAU, La paura in Occidente, cit., p. 551; H. R. TREVOR ROPER, La caccia alle streghe, cit., pp. 146-147. 6 In relazione alla connessione di credenze sulla stregoneria con credenze dell'antichit greco-romana o di epoca precristiana, proprie delle trib celtiche e germaniche: C. GINZBURG, Storia notturna, cit.; P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo, cit. Nei testi classici, la strix, onde strega, un uccello notturno con grande testa, occhi fissi, becco ed artigli da rapace, simile al gufo, che cerca i bambini lattanti nelle culle e ne succhia il sangue e le viscere. La strix in Ovidio, una creatura umana che, per arte magica, stata trasformata in animale nocivo notturno. Queste credenze passano, attraverso Plinio, nel patrimonio popolare del medioevo. La strega comunemente subito accusata di uccidere gli uomini e di nutrirsi di carne umana. A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, la storia, le vicende di Satana e la sua universale e malefica presenza presso tutti i popoli, dall'antichit ai nostri giorni, Roma, Newton Compton, 1987, pp. 266, 268. Riguardo all'etimologia greco-latina del termine (strx, strigs; strix, strigis): M. DOGLIOTTI - L. ROSIELLO (a c. di), Lo Zingarelli 1996. Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli. Dodicesima edizione, Zanichelli, Bologna, 1996, pp. 1760-1761. 7 Sugli sciamani e sul loro rapporto con le streghe, ricordo indicativamente: C. CORRADI MUSI, Sciamanesimo ugrofinnico e magia europea. Proposte per una ricerca comparata, in Quaderni di filologia Germanica della Facolt di Lettere e Filosofia dell'Universit di Bologna, III, 1984, pp. 57-69; M. ELIADE, Lo sciamanismo e le tecniche dell'estasi, Roma, Edizioni Mediterranee, 1974; ID., Occultismo, stregoneria e mode culturali. Saggi di religioni comparate, Firenze, Sansoni, 1982, in particolare pp. 77-104. Inoltre sulla connessione tra benandanti e sciamani eurasiatici e viaggio nel mondo dei morti: C. GINZBURG, Storia notturna, cit., pp. XXXVII-XXXVIII, 187-205.

Le persecuzioni contro le presunte streghe ebbero luogo non esclusivamente in piccole comunit8 ma anche in centri di dimensioni pi ampie ed a carattere urbano, le citt9. Nei villaggi, sospetti e addebiti di stregoneria erano strettamente legati alla vita quotidiana, fornendo spiegazioni plausibili a disgrazie non eccezionali e a conflitti ordinari. Si trattava di villaggi agricoli a prevalente economia contadina, all'interno dei quali avvenivano frequenti contatti, scambi e contrasti tra gli abitanti. Nelle citt esistevano elementi aggiuntivi con caratteristiche distintamente urbane, cos che a venire accusati di stregoneria potevano essere uomini politici10, untori11 o monache ritenute possedute dal diavolo12, specialmente in seguito a persecuzioni che si diffondevano tramite reazioni a catena incontrollate. Numerose furono infatti le repressioni localizzate in varie citt europee, soprattutto della Germania e della Francia, anche se a volte gran parte delle persone accusate provenivano dalle zone agresti circonvicine ed erano state trasportate appositamente per il processo nei centri
8 Per la stregoneria come fenomeno specificamente rurale: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 140-141; R. MANDROU, Una nuova presa di coscienza sul problema della stregoneria, in M. ROMANELLO, La stregoneria in Europa (1450-1650), Bologna, Il Mulino, 1975, pp. 311-314; E. W. MONTER, La stregoneria a Ginevra (1537-1662), Ivi, pp. 284-285. 9 Si tenga conto che nell'Europa dell'et moderna la popolazione dei centri urbani pi piccoli e di dimensioni medie poteva variare all'incirca dai 500 ai 2000 abitanti, mentre quella minima stimata per i centri urbani maggiori era di 5000 individui: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 142, 175 n. 9. 10 In relazione all'accusa di stregoneria strettamente connessa al potere politico e ad interessi politici: R. BRAIN, Bambini-streghe, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria. Confessioni e accuse nell'analisi di storici e antropologi, Torino, Einaudi, 1980, pp. 209-210; P. BROWN, Magia, demoni e ascesa del cristianesimo dalla tarda antichit al medioevo, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 55-62; M. DOUGLAS, Introduzion. Trent'anni dopo Witchcraft, Oracles and Magic, in EAD. (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 16, 19-22; A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 321-323, 336-342; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 267-272, 278-288, 291-294, 296, 301, 303; G. I. JONES, Un limite alle accuse, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 391, 393, 395; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 142-143; G. LIENHARDT, Il ruolo della morte: un aspetto della filosofia Anuak, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 359; I. M. LEWIS, Un approccio strutturale alla stregoneria e alla possessione spiritica, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 367-369; A. REDMAYNE, Chikanga: un indovino africano, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 157-158, 163-164; P. RIVIRE, Fazioni ed esclusioni, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 314-317, 319; M. ROMANELLO, Introduzione, in EAD. (a c. di), La stregoneria in Europa, cit., p. 14; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., p. 93; ID., Problemi sociali, conflitti individuali e stregoneria, Ivi, pp. 221-223. 11 Sulla connessione tra peste e stregoneria nelle citt e sul panico legato alla persecuzione degli untori associati alla setta delle streghe: A. FRANCIA, Storia minima. Streghe, inquisitori, peste e guerra in un episodio di violenza collettiva del XVII secolo, Genova, 1990; M. GOTTARDI, La situazione socio-sanitaria nel Friuli Occidentale durante la peste del 1630, in Studi veneziani, VI, 1982, pp. 175-182; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 142-143, 184-186, 188; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex in epoca Tudor e Stuart, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 131; E. W. MONTER La stregoneria a Ginevra, cit., pp. 267-271, 273; ID., Riti, mitologia e magia, cit., p. 72; ID., Witchcraft in France and Switzerland, cit., pp. 44-45; A. PASTORE, Crimine e giustizia in tempo di peste nell'Europa moderna, Roma-Bari, Laterza, 1991; P. PRETO, Epidemia, paura, cit.; ID., Peste e societ a Venezia, cit.; K. THOMAS, Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 205-207. In relazione alle epidemie, in specie di peste, in Friuli mi limito a ricordare, oltre alla bibliografia citata nel saggio F. METZ, Santi Rocco e Sebastiano: devozione ed immagini, in P. GOI (a c. di), Religiosit popolare nel Friuli Occidentale, Pordenone, Biblioteca dell'Immagine, 1992, pp. 186-187, i seguenti contributi: M. GOTTARDI, La situazione socio-sanitaria nel Friuli Occidentale, cit.; ID., Le guardie alla gran porta d'Italia: strutture sanitarie in Friuli tra Cinque e Settecento, in M. PASTORE (a c. di), Sanit e societ. I. Friuli-Venezia-Giulia (secoli XVII-XX), Udine, Casamassima, 1986, pp. 63-114; B. NOBILE, Pratiche religiose in Friuli durante le epidemie del XVI e XVII secolo, in M. PASTORE (a c. di), Sanit e societ, cit., pp. 117139; R. PALMER, Sanit pubblica e pestilenza: la politica veneziana nel Friuli all'inizio dell'epoca moderna, in M. PASTORE (a c. di), Sanit e societ, cit., pp. 32-56. 12 A proposito delle epidemie di possessione: M. BERGAMO (a c. di), J. Des Anges. Autobiografia: Il punto di vista dell'indemoniata, Venezia, Marsilio, 1986; C. DESSI, Medicina e possessione demoniaca nel Seicento francese. Pierre Yvelin e le possedute di Louviers, in P. ROSSI - L. BOSELLI - C. POLI - G. CARABELLI, Cultura popolare e cultura dotta nel Seicento, Milano, 1983, pp. 190-198; R. MANDROU, Magistrati e streghe nella Francia del Seicento. Un'analisi di psicologia storica, Roma-Bari, Laterza, 1979; M. MILANI, L'ossessione secolare di suor Mansueta. Un esorcismo a Venezia nel 1574, in Quaderni veneti, 7, 1988, pp. 129-53; A. MORINO (a c. di), J. Des Anges. Storia della mia possessione, Palermo, Sellerio, 1986; M. PETROCCHI, Esorcismi e magia nell'Italia del Cinquecento e del Seicento, Napoli, 1957; D. P. WALKER, Demonic Possession used as Propaganda in the Later 16th Century, in P. ZAMBELLI (a c. di), Scienze, credenze occulte, livelli di cultura, Firenze, 1982, pp. 237-248; ID., Possessione ed esorcismo. Francia e Inghilterra fra Cinque e Seicento, Torino, Einaudi, 1984 (e relativa ampia bibliografia).

maggiori13. La persecuzione contro le streghe necessit per la sua realizzazione ed evoluzione di specifiche precondizioni, diffuse in maniera simile in tutta l'Europa del periodo, individuabili secondo un modello tripartito in componenti intellettuali, giudiziarie e psicologiche14. Innanzitutto fu necessario che tutta la popolazione, sia nelle citt che nelle campagne, credesse nella stregoneria e nelle attivit malefiche delle streghe. Ci si verific generalmente senza particolari difficolt, grazie ad un substrato di credenze popolari tradizionali, antecedenti la formazione del concetto cumulativo di stregoneria ad opera delle lite intellettuali e giuridiche. Ma affinch la persecuzione potesse dispiegare il suo potere distruttivo fu necessario che le classi dominanti credessero a loro volta nell'esistenza della stregoneria e conoscessero le basi della teoria demonologica15. In secondo luogo fu indispensabile che il sistema processuale vigente fosse dotato di una competenza giurisdizionale specifica per il reato di stregoneria, nonch dei mezzi normativi legali necessari al processo delle presunte streghe. Inoltre fu grazie all'introduzione del sistema inquisitorio, in sostituzione del procedimento accusatorio, che i giudici dell'epoca furono in grado di processare direttamente gli individui sospetti e avvalersi di procedure adatte ad acquisirne la confessione, come la tortura o a volte solo la sua minaccia16. Infine fu essenziale che lo stato d'animo emotivo prevalente nella comunit fosse di ansia e panico, tale da incrementare cos il terrore della stregoneria. Spesso un generale sentimento di angoscia venne generato da particolari condizioni di crisi17 sociale, economica, politica, morale o religiosa, amplificato dalla diffusione pubblica dell'assillo per le streghe attraverso le prediche ed i sermoni pronunciati dal pulpito oppure scritti e diffusi per mezzo della stampa dal clero, cattolico o protestante. Nelle comunit all'interno delle quali le precondizioni intellettuali, giudiziarie e psicologiche necessarie erano presenti, furono poi alcuni fattori scatenanti specifici a dare l'avvio alla persecuzione stregonesca, individuale o collettiva. I motivi che solitamente portarono all'accusa originaria potevano essere diversi: sospetti o azioni malefiche reali e patti col diavolo, confessioni volontarie di attivit sataniche, possessioni diaboliche multiple, tensioni sociali collettive, disgrazie individuali, conflitti tra vicini, dubbi e pettegolezzi uniti ad una cattiva fama18. In taluni casi solamente il sospetto19 che alcuni individui avessero effettuato atti di

A Ginevra, ad esempio, tra XVI e XVII secolo ebbero luogo molteplici persecuzioni contro streghe ed indemoniate, e una gran parte delle persone accusate proveniva dalle campagne circostanti, soprattutto dai confinanti villaggi del ducato di Savoia: E. W. MONTER, La stregoneria a Ginevra, in M. ROMANELLO (a c. di), La stregoneria in Europa, cit., pp. 263-285; ID., Riti, mitologia e magia in Europa all'inizio dell'et moderna, Bologna, Il Mulino, 1987, pp. 65-88; ID., Witchcraft in France and Switzerland: The Borderlands during the Reformation, New York, Ithaca, 1976. Su credenze e accuse di stregoneria o possessione diabolica nelle citt: R. MANDROU, Magistrati e streghe, cit., in particolare pp. 133-481; ID., Una nuova presa di coscienza, cit., pp. 310-314; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale per lo studio storico della stregoneria inglese, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 113-114. 14 Riprendo tale impostazione da: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit. 15 Sul concetto cumulativo di stregoneria e le basi intellettuali della caccia: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., in particolare pp. 31-55, 180-181. 16 In riferimento all'introduzione di nuove procedure giudiziarie e al passaggio dal sistema accusatorio al sistema inquisitorio ricordo: B. LENMAN - G. PARKER, The State, the Community and Criminal Law in Early Modern Europe, in V. A. C. GATRELL - B. LENMAN - G. PARKER (ed.), Crime and the Law, London, 1980, pp. 11-48; M. R. WEISSER, Criminalit e repressione nell'Europa moderna, Bologna, Il Mulino, 1989, in particolare pp. 49-63, 81-94. 17 Sulla rilevanza di specifiche congiunture critiche, quali carestie, cattivi raccolti, malattie endemiche ed epidemiche, pestilenze, mutamenti religiosi, millenarismo, disordini, guerre, conflitti politici e sociali, calamit naturali: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.. 18 Per una medesima impostazione: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.. 19 Uno dei caratteri della procedura inquisitoria consiste nella metodica ricerca della verit, della inquisitio come ricerca del male nascosto, da svelare e possibilmente da far confessare al colpevole. Il metodo per raggiungere la verit il sospetto. Il metodo inquisitorio che ha caratterizzato il sistema processuale non solo ecclesiastico per i lunghi secoli dell'et medievale e di quella moderna si basa appunto sulla regola del sospetto come strumento per arrivare alla verit. A. PROSPERI, Per la storia dell'Inquisizione romana, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana in Italia nell'et moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche, Atti del seminario internazionale. Trieste, 18-20 maggio 1988, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1991, pp. 42-43.

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stregoneria ai danni di terzi, oppure avessero adorato il diavolo stipulando il patto, pot facilmente portare all'accusa degli stessi. Tuttavia vi furono certamente persone che realmente tentarono di attuare malefici e credettero di sottoscrivere patti con il diavolo, e che forse vennero individuate nell'atto di praticarli e successivamente denunciate, altre che volontariamente confessarono tali pratiche. A testimoniare la realt di alcuni malefici, o perlomeno il fatto che vi furono individui che li praticarono o confezionarono, sono i non rari ritrovamenti di fatture concrete20 nelle case di sospetti e/o accusati di stregoneria. Durante le perquisizioni ordinate dalle autorit laiche o ecclesiastiche, o semplicemente grazie allo zelo di alcuni sacerdoti che suggerivano alle presunte vittime di disfare i propri materassi e cuscini, oppure lo facevano essi stessi, vennero recuperati vari oggetti: viluppi dalle forme differenti composti di materiali diversi, stoffe, penne, piume, code d'animali, o ancora statuette di cera, bambole di pezza infilzate con aghi, documenti comprovanti l'avvenuto patto diabolico e compilati a volte con il sangue del contraente. Diversi sono i rinvenimenti documentati nelle vicende processuali qui prese in esame. Per ricordarne solo alcuni, Giacomo Balzaro da Spilimbergo trov qualcosa di sospetto nel letto del figlio Orazio e dubit che Anna Sguma lo avesse stregato21. La funzione sociale di corroborante di sospetti preesistenti, o perlomeno di una fama non positiva, venne ribadita dal comportamento dello stesso dello stesso Balzaro, che, rinvenuta la presunta fattura, la and mostrando a tutto il villaggio22. Il pievano di Spilimbergo pre Carlo Rossetis rifer di aver fatto disfare un cuscino ad Aurizia Patavina, all'interno del quale aveva trovato uno strano viluppo, formato da panno di colore grigio, pezzi di stoffa, filo intrecciato in foggia di croce, una coda d'animale ignoto, penne di animali avvolte a forma di occhi23. Anche nella documentazione relativa alla vicenda di Andreis vi sono tali riferimenti24. Tali ritrovamenti poterono, una volta rivelatane l'esistenza e mostrati agli abitanti della comunit, non solo convincere la vittima o chi le stava vicino della realt della fattura, ma creare o anche ribadire a livello sociale la cattiva reputazione della persona accusata o solo sospettata. Inoltre, una volta acquisiti a livello giudiziario, vennero utilizzati come prove a carico degli imputati per dimostrarne la colpevolezza e chiederne la condanna.

20 Tali fenomeni sono documentati anche in epoche pi recenti: La fattura a nodi si ricollega con una particolarissima forma rappresentata da quelle corone o nastri di piume fittamente intrecciati che si ritrovano nei cuscini o nei trapunti dei letti di coloro che sono fatti segno a fattura. Tali formazioni, controllate da persone degne di fede, riescono in molti casi, se non misteriose, certo difficilmente spiegabili. Esse sono cos fittamente intrecciate da costituire un cerchio in cui non si scorge alcuna giuntura, tutto liscio al dritto, e al rovescio presentante tutte le punte delle nervature mediane. Queste corone, interpretate come le corone da morto, hanno costituito il punto di studio di parecchi studiosi appassionati di occultismo. Si trovano da un giorno all'altro in materassi e trapunti esternamente intatti, senza che si possa trovare una ragione plausibile della loro presenza. Queste formazioni sono fra i pi temuti segni di fattura. A. PAZZINI, La medicina popolare in Italia, Trieste, Zigiotti, 1949, p. 82; ID., Storia, tradizioni e leggende nella medicina popolare, Dr. Recordati - Laboratorio Farmacologico S. A. - Correggio, 1940, pp. 47-48, 107-109. Il reperimento del corpo del delitto uno dei punti cardine della Instructio pro formandis processibus in causis strigum, sortilegiorum et maleficiorum, manoscritto che circol per lungo tempo prima di essere dato alle stampe ufficialmente nel 1657 a Roma. A tale proposito: J. TEDESCHI, Appunti sulla Instructio pro formandis processibus in causis strigum, sortilegiorum et maleficiorum, in Annuario dell'Istituto Storico Italiano per l'et moderna e contemporanea, XXXVII-XXXVIII, 1985-1986, pp. 219-241. 21 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, Spilimbergo, 12 settembre 1625, cc. [7v-8r]. 22 Ivi, Deposizione di Giacomo Balzaro, Spilimbergo, 18 settembre 1625, c. [13r]. 23 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Carlo Rossetis, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c. 7r.; Deposizione di Aurizia Patavina, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 25v. Si noti la simbologia in particolare del filo a forma di croce, connessa a tutta una serie di credenze magico-religiose, e dell'intelaiatura delle penne a forma di occhio, chiaro richiamo all'occhio cattivo, malefico, in gradi di vedere tutto e di colpire le sue vittime, il malocchio. 24 Ivi, b. 42, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini da Ravenna, Andreis, 23 agosto 1663, c. 2r.; Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini da Ravenna, Andreis, 26 agosto 1663, cit., c. 5r.

2. Un modello interpretativo pluridisciplinare25


Uno dei problemi fondamentali all'interno della credenza e persecuzione della stregoneria quello di identificare la strega. L'ambiguit che ne qualifica la figura, strega al contempo la persona che fa del male ma anche chi risolve situazioni critiche, introduce la questione della definizione preliminare di un modello, per mezzo del quale interpretare la documentazione che la riguarda su due versanti: da un lato quello scritto, storico, ufficiale, colto26; dall'altro quello orale contemporaneo, tradizionale, popolare, folklorico, etnologico e
In relazione all'attuale prospettiva multidisciplinare degli studi sulla interpretazione della stregoneria (e della malattia e della sventura) ricordo i seguenti contributi: M. AUG, Stregoneria, in Enciclopedia Einaudi, Torino, Einaudi, 1981, pp. 671-697; M. AUG e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male. Antropologia, storia e sociologia della malattia, Milano, Saggiatore, 1986; M. BERTOLOTTI, Le ossa e la pelle dei buoi. Un mito popolare tra agiografia e stregoneria, in Religione delle classi popolari, numero speciale di Quaderni storici, XLI, II, 1979-81, pp. 470-499; P. BOYER - S. NISSENBAUM, La citt indemoniata. Salem e le origini sociali di una caccia alle streghe, Torino, Einaudi, 1986; P. BURKE, L'antropologia storica nell'Italia dell'et moderna. Saggi sulla percezione e comunicazione, Roma-Bari, Laterza, 1988; ID., The Comparative Approach to European Witchcraft, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft. Centres and Peripheries, Oxford, Clarendon Press, 1990, pp. 435-441; ID., Cultura popolare nell'Europa moderna, Milano, Mondadori, 1980; ID., A Question of Acculturation?, in P. ZAMBELLI (a c. di), Scienze, credenze occulte, livelli di cultura, Convegno Internazionale di Studi (Firenze, 2630 giugno 1980), Firenze, Olschki, 1982, pp. 197-204; F. CARDINI (a c. di), Gostanza, la strega di San Miniato, Roma-Bari, Laterza, 1990; E. DE MARTINO, Il mondo magico. Prolegomeni ad una storia del magismo, Torino, Boringhieri, 1948; ID., La terra del rimorso. Contributo ad una storia religiosa del Sud, Milano, Saggiatore, 1961; ID., Magia e civilt, Milano, Garzanti, 1962; ID., Mondo popolare e magia in Lucania, Bari, 1958; ID., Morte e pianto rituale nel mondo antico. Dal lamento pagano al pianto di Maria, Torino, Boringhieri, 1958; ID., Sud e magia, Milano, Feltrinelli, 1976; M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit.; M. ELIADE, Occultismo, stregoneria e mode culturali, cit.; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande, Milano, Angeli, 1976; C. GINZBURG, L'inquisitore come antropologo, in R. POZZI - A. PROSPERI (a c. di), Studi in onore di Armando Saitta dei suoi allievi pisani, Pisa, Giardini, 1989, pp. 23-33; ID., Storia notturna, cit.; G. HENNINGSEN, L'Avvocato delle streghe, cit.; G. HENNINGSEN - B. ANKARLOO, Introduction, cit., pp. 1-15; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit.; ID., Witchcraft in Tudor and Stuart England: a Regional and Comparative Study, London, Routledge and Kegan Paul, 1970; R. MUCHEMBLED, Cultura popolare e cultura delle lites nella Francia moderna (XV-XVI secolo), Bologna, Il Mulino, 1991; J. L. PEARL, Folklore and Witchcraft in the Sixteenth and Seventeenth Century, in Studies in Religion, 5, 1975-76; A. PROSPERI, Per la storia dell'Inquisizione, cit., pp. 30-31; R. ROWLAND, Fantasticall and Devilshe Persons, cit., pp. 161-190; K. THOMAS, La religione e il declino della magia. Le credenze popolari nell'Inghilterra del Cinquecento e del Seicento, Milano, Mondadori, 1985. 26 Mi limito a segnalare soltanto alcuni dei principali studi storici sulla stregoneria: S. ABBIATI - A. AGNOLETTO M. R. LAZZATI (a c. di), La stregoneria. Diavoli, streghe, inquisitori dal Trecento al Settecento, Milano, Mondadori, 1984; B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft, cit.; A. BIONDI, La "Nuova Inquisizione" a Modena. Tre inquisitori (1598-1607), in Citt italiane del '500 tra Riforma e Controriforma, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Lucca 13-15 ottobre 1983, Lucca, Pacini Fazzi, 1988, pp. 61-76; ID., Lunga durata e microarticolazione nel territorio di un Ufficio dell'Inquisizione: il "Sacro Tribunale" a Modena (1292-1785), in Annali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento, VIII, 1982, pp. 73-90; G. BONOMO, Caccia alle streghe. Le credenze relative alle streghe dal secolo XIII al XIX con particolare riferimento all'Italia, Palermo, Palumbo, 1959; P. BOYER - S. NISSENBAUM, La citt indemoniata, cit.; F. CARDINI (a c. di), Gostanza, cit.; J. CARO BAROJA, Le streghe e il loro mondo, in M. ROMANELLO (a c. di), La stregoneria in Europa, cit., pp. 345-367; ID., Le streghe e il loro mondo, Parma, Pratiche Editrice, 1994; N. COHN, I demoni dentro: le origini del sabba e la grande caccia alle streghe, Milano, Unicopli, 1994; ID., I fanatici dell'Apocalisse, Milano, Edizioni di Comunit, 1965; ID., Il mito di Satana e degli uomini al suo servizio, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 35-49; J. DELUMEAU, La paura in Occidente, cit.; P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo, cit.; G. FARINELLI - E. PACCAGNINI, Processo per stregoneria a Caterina de Medici 1616-1617, Milano, Rusconi, 1989; A. FRANCIA, Storia minima, cit.; C. GINZBURG, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Torino, Einaudi, 1966; ID., Storia notturna, cit.; ID., Stregoneria, magia e superstizione in Europa fra medioevo ed et moderna, in Ricerche di storia
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antropologico27. Deve trattarsi per di un modello flessibile, dato che la categoria stregoneria riunisce in s fenomeni alquanto dissimili, che hanno avuto una diffusione grandissima nello spazio e una larghissima profondit nel tempo. Il problema principale dunque trovare un modello che tenga in considerazione questa variet, locale e temporale e tematica. Storici, antropologi, etnologi, studiosi di tradizioni popolari e folkloristi, in altre parole gli intellettuali che attraverso la lente delle loro discipline studiano il fenomeno stregonesco e la sua persecuzione, concordano in maniera sufficientemente uniforme nell'interpretare la stregoneria secondo un'ottica interculturale28, che valga per contesti differenti, tanto per i materiali europei e occidentali quanto per quelli extraeuropei ed extraoccidentali, tanto per quelli collocati in un'epoca storica datata (moderni, medioevali, antichi o tardoantichi) quanto per quelli raccolti in periodi, ed ambiti spaziali, pi vicini a noi (contemporanei)29. La
sociale e religiosa, VI, 1977, pp. 119-133; G. HENNINGSEN, L'Avvocato delle streghe, cit.; ID., The European Witch Persecution, Copenaghen, 1973; R. KIECKHEFER, European Witch Trials. Their Foundation in Popular and Learned Culture 1300-1500, London, 1976; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.; A. MACFARLANE, Witchcraft in Tudor, cit.; R. MANDROU, Magistrati e streghe, cit.; R. MARTIN, Witchcraft and the Inquisition in Venice 1550-1650, Abingdon, Blackwell, 1989; T. MAZZALI, Il martirio delle streghe. Una nuova drammatica testimonianza dell'Inquisizione laica del Seicento, Milano, Xenia, 1988; I. MEREU, Storia dell'intolleranza in Europa. Sospettare e punire. Il sospetto e l'Inquisizione romana nell'epoca di Galilei, Milano, Mondadori, 1979; H. C. E. MIDELFORT, Recent Witch Hunting or where do we go from here?, in Papers of the Bibliographical Society of America, LXII, 1968, pp. 373-420; ID., Witch Hunting in Southwestern Germany 1562-1684, Stanford, 1972; E. W. 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COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina e popolare, Firenze, 1983; J. CONTRERAS - J. FAVRET SAADA, La terapia senza sapere, in Antropologia medica, 4, luglio 1988, pp. 100-107; A. M. di NOLA, Il diavolo, la sindrome demoniaca sovrasta l'umanit, Roma, Scipione Editori, 1980; ID., Il diavolo. Le forme, cit.; C. GATTO TROCCHI, Magia e medicina popolare in Italia, Roma, Newton Compton, 1983; J. LUSSU (a c. di), L'erba delle donne. Maghe, streghe, guaritrici: la riscoperta di un'altra medicina, Roma, Napoleone, 1979; G. OLMI, Farmacopea antica e medicina moderna. La disputa sulla teriaca nel Cinquecento bolognese, in Physis. Rivista internazionale di storia della scienza, XIX, 1977, pp. 197-246; A. PAZZINI, La medicina popolare in Italia (storia, tradizioni, leggende), Trieste, 1948; ID., La medicina popolare. Sue origini magiche, dogmatiche ed empiriche, in Medicina internazionale, XLVII, 1939, pp. 95-100; G. 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Lo studio deve pertanto indirizzarsi all'elaborazione di una antropologia storica e non europeista rivolta in particolare verso l'Africa, da un lato che studi i fenomeni culturali sia da un punto di vista sincronico che diacronico, che ne indaghi la articolazione in rapporto ai fatti contemporanei e, quando si tratta di rappresentazione, i meccanismi e le modalit della loro efficacia; dall'altro, nel caso specifico della stregoneria, che stabilisca la pertinenza dei fatti studiati in altre aree rispetto ai fatti studiati e ai problemi posti dagli storici dell'Europa. M. AUG, Stregoneria, cit., pp. 672-674. Riguardo al dibattito tra discipline storiche e discipline sociologiche-etnologiche-antropologiche: P. BURKE, Storia e teoria sociale, Bologna, Il Mulino, 1995 (e ampia bibliografia). 29 Sulla tradizione di studi storico-antropologici che ha come oggetto il Friuli: L. ACCATI - LEVI, Lo spirito della fornicazione: virt dell'anima e virt del corpo in Friuli, fra '600 e'700, in Quaderni Storici, 41, 1979, pp. 644-672; S. BIGATTON - O. LAZZARO (a c. di), Questo l'offitio de la Santa Inquisition...Materiali per una storia sociale di San Quirino: i processi del Sant'Uffizio, Fiume Veneto, Mascherin, 1994; L. BORSATTI, Verzegnis 1878-79. Un caso di isteria collettiva in Carnia alla fine dell'Ottocento, Tolmezzo, 1989; S. CAVAZZA, Inquisizione e libri proibiti in Friuli e a Gorizia tra Cinquecento e Seicento, in Studi goriziani, XLIII, 1976, pp. 29-80; ID.., La doppia morte: resurrezione e battesimo in un rito del Seicento, in Quaderni Storici, 50, 1982, pp. 551-582; CESCHIA C. - COZZI D., Las Indias de por ac. Contributo per un'analisi comparata dell'isterodemonopatia nel XIX secolo, in Metodi e ricerche, n.s., VII, 1, gennaio-giugno 1988, pp. 51-60; EAD., Possessione e isterodemonopatia. Due diagnosi a confronto nell'Italia post unitaria. Il caso di Verzegnis, in Sanit, Scienza e Storia, I, 1987, pp. 81-109; D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtz di Clauzetto, in M. MICHELUTTI (a c. di), s. Int e Cjere. Il territorio dell'antica pieve d'Asio, Numero unico per il 69

credenza nella stregoneria cos un'interpretazione, fatta propria da ogni societ attraverso opinioni, comportamenti, racconti, che attribuisce l'evento negativo (disgrazia, malattia, morte, possessione) all'azione nociva di individui reali (o esseri mitici) dotati di poteri extraordinari, arcani, prodigiosi, innati oppure acquisiti. La credenza nella presenza concreta e nella condotta dannosa di individui di questo genere determina in ogni cultura la necessit di identificare tali soggetti, per osteggiarli e vanificarne l'azione. Tuttavia lo studioso della stregoneria europea dell'et moderna incontra una

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TULLIO-ALTAN (a c. di), La sagra degli ossessi, cit.; A. VON MAILLY, Leggende del Friuli e delle Alpi Giulie, Gorizia, Editrice Goriziana, 1993.

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problematica ulteriore, trovandosi costretto ad introdurre un elemento aggiuntivo: la formulazione teorica elaborata tra XIV e XVIII secolo in Europa dalla cultura dominante ecclesiastica e laica, in relazione all'origine di questi poteri, un'origine diabolica. Streghe e stregoni hanno la possibilit di fare del male grazie ad una forza che sarebbe stata concessa loro da Satana attraverso una convenzione di vicendevole scambio, l'anima dell'essere umano per la potenza malefica del diavolo. Attraverso l'elemento specifico e caratterizzante del contratto diabolico, a partire dal medioevo fino in qualche caso all'era contemporanea, si venuto elaborando un modello, uno schema di stregoneria organico e metodico. Esso fondato sul concetto di patto satanico, sull'idea di una congiura allestita da Lucifero contro la cristianit attraverso una reale setta delle streghe e degli stregoni, sulla congettura di rituali specifici attraverso i quali il diavolo ed i suoi seguaci entrerebbero in relazione, anche sessuale, fra di loro, alleandosi ed apprestando i loro progetti, in particolare attraverso il rito della riunione notturna, il sabba delle streghe. Da questo modello colto e artificioso deriv la persecuzione sociale e giudiziaria contro le streghe30. La stregoneria in Europa nell'et moderna, letta come credenza e persecuzione, va interpretata dunque tenendo conto di due polarit differenti ma interconnesse. Da un lato il polo tradizionale, popolare, folklorico, etnoantropologico, contemporaneo, contraddistinto da una interpretazione di stregoneria intesa in termini esclusivi di maleficium. Tale concezione presume l'esistenza di due immagini potenti, la strega e la controstrega, la presenza della persona capace di offendere pretende l'esistenza di soggetti dotati di poteri contrari che neutralizzino l'azione negativa. Questo tipo di definizione lega tra loro culture diverse, europee ed extraeuropee, dell'epoca passata e contemporanea31. L'altro versante quello del polo ufficiale, colto, ecclesiastico-laico, storico, contrassegnato dal rapporto di dipendenza instaurato fra stregoneria e demonologia, con la presenza di quell'elemento nuovo che nell'altra concezione non presente, Satana. Questa seconda interpretazione postula il carattere diabolico di ambedue le figure potenti, strega e controstrega: sia l'una che l'altra hanno acquisito la loro forza tramite il patto. Una siffatta concezione rivendicava alla sola Chiesa istituzionale, nel mondo cattolico, la possibilit, il diritto ed il compito di contrastare streghe e stregoni. Tutte le persone che possedevano una potenzialit extraordinaria la avevano ottenuta in virt del contratto diabolico; solamente il clero ufficiale gerarchicamente ordinato poteva rivendicare un potere benigno, perch derivante da Dio, tutto ci che era al di fuori, che era esterno a tale origine divina, era malvagio e satanico. Tuttavia questo aspetto della rappresentazione dotta della stregoneria, l'affermazione che gli antistregoni avessero carattere negativo e satanico al pari delle streghe, non si imposto in maniera
Alla azione persecutoria contro streghe e stregoni pu aver concorso l'energica campagna moralizzatrice intrapresa dai governanti, sia cattolici che protestanti, nei confronti di una situazione da loro vista come degradata e pericolosa per i principi religiosi professati, e che gradatamente si spostata dall'ottica di deviazione sessuale a quella che vede la "strega" come elemento centrale dell'intervento normalizzatore: E. PACCAGNINI, In materia de stregharie, in G. FARINELLI - E. PACCAGNINI, Processo per stregoneria, cit., p. 122. 31 A. Macfarlane e K. Thomas si posero il problema se la stregoneria inglese dell'et moderna fosse comparabile o meno alla stregoneria africana contemporanea, la loro conclusione fu affermativa, con l'aggiunta che entrambe erano differenti dalla stregoneria europea dell'et moderna. G. Henningsen e B. Ankarloo hanno recentemente riproposto la questione, spostandone leggermente i termini: non tanto stregoneria inglese uguale alla stregoneria africana, quanto stregoneria inglese diversa dalla stregoneria europea continentale. Tuttavia con un accorgimento, vale a dire stregoneria inglese dell'et moderna paragonabile alla stregoneria dell'Europa del Nord (Ungheria, Estonia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Norvegia, Islanda) e soprattutto in riferimento ad alcuni tribunali continentali (ad esempio in Italia ed in Friuli, in Spagna e Portogallo), dove gli accusati furono processati non tanto per crimini connessi al satanismo, quanto per maleficio. Secondo R. Rowland inoltre sia Macfarlane che Thomas, come altri studiosi che utilizzarono tale modello, furono fuorviati dalle indubitabili somiglianze tra la situazione generale della credenza nella stregoneria propria delle societ africane e quella che nel contesto europeo fu un caso specifico e problematico. Infatti il paragone era stato facilitato dal fatto che la maggior parte degli elementi che distinguevano la stregoneria europea da quella africana non erano presenti in Inghilterra. Ma la situazione della credenza nella stregoneria nell'Inghilterra dell'epoca moderna era particolare, poich non era presente di solito l'elemento demonologico. Questo fattore la rendeva, cos, diversa dalla credenza diffusa nel resto del continente, anche se con le dovute limitazioni (numerosi furono infatti i procedimenti contro persone accusate di maleficio in Europa, in Italia e anche in Friuli). Pertanto l'attenzione va rivolta al motivo per cui all'interno dell'Europa dell'et moderna la sola Inghilterra era paragonabile all'Africa odierna, partendo dal presupposto che tutte codeste forme diverse di stregoneria appartengono ad una medesima categoria generale. Sull'intreccio di queste problematiche: G. HENNINGSEN - B. ANKARLOO, Introduction, cit., pp. 1-2; R. ROWLAND, Fantasticall and Devilshe Persons, cit., pp. 171-181.
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uniforme a livello popolare32. All'interno di questi due poli esiste una variet di livelli intermedi, che rende ogni forma di stregoneria potenzialmente diversa33: a seconda del mutare dei rapporti di forza interni ad una comunit, pu cambiare anche la maniera di valutare ci che male34. La distinzione di carattere generale tra polo popolare e polo istituzionale a livello di stregoneria si riconduce ad una differenza di gradualit, valida da un punto di vista essenzialmente pratico.35

3. I procedimenti giudiziari analizzati nella presente ricerca


I fascicoli processuali analizzati in questa ricerca, come del resto gran parte della documentazione giudiziaria a disposizione degli studiosi, mostrano una pi o meno forte interazione tra i due poli. Nel 1625 una donna di Spilimbergo, Anna Sguma, venne accusata da pi persone di aver attuato malefici ai danni di terzi, ma la sua fama era anche quella di saper guarire le malattie. Parallelamente, nel medesimo villaggio, nel 1644 un'altra donna fu incriminata per stregoneria, Marcolina Stella, della quale inoltre si vociferava in paese che fosse in grado di sanare le infermit. Nel 1648 a Frisanco un bimbo, Mattia di Bernardon, rivel di essere stato condotto al sabba dall'anziana nonna paterna. Il fanciullo, che si autodefiniva benandante, fece il nome di numerosi individui di Frisanco, Cavasso, Fanna e dell'isontino, soprattutto di sesso femminile, che avrebbero partecipato, a differenza di lui, attivamente a quei riti diabolici notturni. Un altro esempio della commistione tra le due interpretazioni quello della vicenda maniaghese, dove i temi della stregoneria popolare si fondono con gli elementi istituzionali della possessione diabolica, della presenza del diavolo e dei santuari mariani. Nel 1655 tre donne di Maniago, Pirina Rampon, Maria Fabbruzzi e sua figlia Domenica, vennero accusate da una giovane sposa del luogo, la quale, per voce delle entit maligne che la possedevano, dopo un pellegrinaggio al santuario della Madonna di Rosa presso San Vito al Tagliamento, le incolp di averla fatta possedere dagli spiriti. Una prima commistione gi riscontrabile, la strega tacciata di causare la possessione attraverso il maleficio. Un ultimo esempio costituito dalla vicenda che nel 1663 coinvolse due comunit della Val Cellina. Ad Andreis due bambine, Osvalda Salvador e Ursula Vittorello, mentre stavano pulendo la chiesa, videro la statua della Vergine cominciare a muoversi; la Madonna parl e rivel loro che molti dei malanni che si stavano verificando nel villaggio a quel tempo dipendevano dal fatto che alcune donne del paese erano streghe, le quali di pi avevano fatto possedere dal diavolo altre persone. Nei giorni successivi venne coinvolto anche il paese di Barcis, dove parimenti una statua della Madonna inizi a muoversi e a parlare. Le effigi mariane rivelatrici cos si moltiplicarono, ma aument soprattutto il numero delle donne che
Il tentativo compiuto dai teologi di cancellare la distinzione tra maghi bianchi e maghi neri, imponendo agli uni e agli altri il marchio diabolico, non fu mai accolto dalla gente che a questi maghi si rivolgeva; al contrario, uomini e donne erano pi pronti a credere che i "sapienti" fossero istruiti da Dio o aiutati dagli angeli, o addirittura che possedessero una qualche loro divinit: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 283. 33 La stregoneria, in tutte le cosmologie, associata all'idea di un potere malefico che si ritiene all'origine di tutte le sventure misteriose ed imprevedibili. Ma i simboli di questo fluido maligno attribuito alle facolt soprannaturali variano a seconda delle diverse organizzazioni sociali e dei loro codici morali e culturali. P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo, cit., p. XXIII. Sul maleficio: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 33, 92-94, 99, 143, 254-258, 270. 34 Per ci che concerne il carattere malefico e nocivo della stregoneria, in molte societ i poteri attribuiti allo stregone e al controstregone, all'aggressore e al difensore, non vengono considerati differenti nella loro sostanza, e la frontiera tra i poteri cosiddetti illegittimi dello stregone e il potere legittimo dell'uomo forte resta incerta perch la nozione di legittimit ha valore retrospettivo e i giudizi che la concernono spesso sanciscono un dato di fatto e dei rapporti di forza: M. AUG, Stregoneria, cit., p. 676. 35 In una societ traversata da conflitti (ossia, presumibilmente, qualunque societ) ci che male per un individuo pu essere considerato un bene dal suo nemico: chi decide che cosa "il male"? Chi decideva, allorch in Europa si dava la caccia alle streghe, che determinati individui erano "streghe" o "stregoni"? La loro identificazione era sempre il risultato di un rapporto di forza, tanto pi efficace quanto pi i suoi risultati si diffondevano in maniera capillare. C. GINZBURG, Storia notturna, cit., p. XXVI.
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si sentivano possedute da entit malvagie. Si origin una sorta di nevrosi collettiva, le donne che stavano male iniziarono ad attribuire la causa del loro stato alla possessione e accusarono altre di essere streghe e di averle fatte invasare dal diavolo per mezzo di malefici. Il clima di ansia e tensione sal a livelli tali che due delle donne incriminate ad Andreis vennero inseguite e linciate a forza di calci, pugni, bastonate e sassate, mentre una terza si salv solo perch posta al sicuro in carcere. Streghe, sabba notturni, controstreghe, benandanti, apparizioni e rivelazioni della Madonna, diavoli e spiriti maligni, una sequela che combina insieme, fonde e confonde i motivi della stregoneria popolare e di quella colta, accomunandoli in una stretta concatenazione.

4. Scopi della presente ricerca


Nella serie di atti processuali del Sant'Ufficio friulano, conservati nell'archivio arcivescovile di Udine, ho esaminato in questa ricerca nove fascicoli relativi al reato di stregoneria nel senso pi ampio del termine, riguardanti alcuni villaggi pedemontani e prealpini del Friuli occidentale tra 1625 e 1663: Spilimbergo, Frisanco, Cavasso, Fanna, Maniago, Andreis e Barcis36. Tali fascicoli processuali, alcuni veri e propri procedimenti penali, altri semplici denunce, sono differenziabili per comodit in due gruppi concatenati strettamente tra loro, a seconda del presupposto crimine di fede: da un lato l'imputazione di stregoneria, intesa e come maleficio e come adorazione diabolica, dall'altro quella di possessione diabolica attraverso maleficio. Il XVII secolo vede la diffusione progressiva di un atteggiamento relativamente nuovo da parte della Chiesa nei confronti di tali pratiche, indirizzato verso un recupero del deviante all'interno della dottrina cattolica, seguendo una prassi di particolare cautela e benevolenza gi attiva dal settimo-ottavo decennio del secolo precedente37. Questo si verifica anche nei procedimenti da me considerati: alcuni non giungono alla sentenza, dopo una fase informativa a volte anche piuttosto ampia; altri si concludono con pene alquanto miti, semplici ammonizioni verbali oppure penitenze salutari. Parallelamente nel corso del '600 si assiste ad un'evoluzione interna alla credenza nella stregoneria: la commistione tra stregoneria e possessione. Uno degli elementi pi diffusi diviene il supposto potere da parte di streghe e stregoni di inviare diavoli o spiriti all'interno del corpo di una persona. La strega non pi una semplice serva del diavolo, utilizzata da questi attraverso il patto e il sabba per sovvertire l'ordine costituito. Essa sembra poter manipolare alcune entit malvagie, inviandole a possedere i corpi di individui precisi38. Di contro le persone possedute, o ritenute tali, sembrano acquisire valenze particolari. Cos se da un lato esse sono in grado di identificare le streghe responsabili della
Processo per stregoneria contro Anna Sguma da Spilimbergo, 1625 (AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, cit.); processo per stregoneria contro Marcolina Stella da Spilimbergo, 1644 (Ivi, b. 27, fasc. 939, cit.); processo per stregoneria, partecipazione al sabba e adorazione del diavolo contro Lorenzo Doz e Agnese, moglie di Giovanni di Franceschina, da Frisanco, e contro altre persone da Frisanco, Cavasso e Fanna, 1648 (Ivi, b. 31, fasc. 28); denuncia presso l'Inquisizione per possessione diabolica tramite stregoneria contro Pirina, vedova di Bernardino Rampon, detta Taier, Maria, moglie di Domenico Fabbruzzi, detta Tavana, e sua figlia Domenica, tutte da Maniago, 1655, procedimento civile per diffamazione da parte dei consorti di Maniago intentato da Maria Fabbruzzi contro Pirina Rampon, 1655 (Ivi, b. 39, fascc. 293, 299 e Querela civile); denuncia per stregoneria e possessione diabolica tramite stregoneria contro Margherita, moglie di Giuseppe Tavani, Lucia, figlia del fu Salvatore di Bucco, e altre persone da Andreis, 1663 (Ivi, b. 42, fasc. 392, cc. 1r-12v; b. 73, fasc. 44, cc. 1r-12v); denuncia per stregoneria e possessione diabolica tramite stregoneria contro Maddalena, moglie di Daniele Corradini, Cecilia, figlia di Daniele Bozzi, e altre persone da Barcis, 1663 (Ivi, b. 42, fasc. 395, cc. 1r-12v). 37 In relazione all'atteggiamento di mitezza e reinserimento del dissenziente all'interno della societ civile e religiosa attuato da parte dell'Inquisizione (romana in particolare, per quanto attiene a codesto studio, ma anche spagnola), ricordo: C. GINZBURG, I benandanti, cit; G. HENNINGSEN, L'avvocato delle streghe, cit.; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., in particolare pp. 244-250; J. MARTIN, Per un'analisi quantitativa dell'Inquisizione veneziana, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 143-157; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit.; J. TEDESCHI, Preliminary Observations on Writings a History of the Roman Inquisition, in H. A. OBERMAN (ed.), Continuity and Discontinuity in Church History, Leiden, 1979, pp. 232-49. 38 G. P. GRI, Val Colvera, cit., pp. 207-208.
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possessione attraverso maleficio, dall'altro assolvono la funzione primaria di difesa della comunit, un tempo elementi costitutivi dei benandanti. Le confessioni delle possedute risultano comparabili alle confessioni dei benandanti e rapportabili in maniera esclusiva al livello di integrazione sociale della comunit. In quanto entit collettiva le possedute promuovono la coesione e rinsaldano al contempo il senso di identit del gruppo sociale, in quanto invece individui singoli esse danno rilievo e forniscono risoluzione ai conflitti interni dei membri della comunit39. All'interno della prospettiva multidisciplinare odierna adottata per una lettura storica della stregoneria e della sua persecuzione, la ricerca mette in evidenza due temi: la connessione della credenza nella stregoneria e nella possessione diabolica attraverso maleficio con la sventura, la connessione di tale credenza con la conflittualit all'interno delle comunit di piccola scala. Questi casi inquisitoriali pongono una serie di interrogativi inerenti l'organizzazione, la struttura e il funzionamento del tribunale inquisitoriale friulano, la natura dei reati per i quali queste persone vennero imputate, la dinamica dei rapporti all'interno delle comunit di villaggio tra accusati ed accusatori, le funzioni della credenza nella stregoneria, permettendo in altre parole lo studio delle diversit culturali, della cultura popolare, attraverso i fenomeni dei delitti in materia di fede durante l'et moderna. La coerenza temporale e l'omogeneit geografica all'interno delle quali queste vicende giudiziarie ed umane sono collocate, pur considerando e salvaguardando l'indipendenza e la peculiarit di ogni singolo caso40, consentono il confronto documentario, evidenziando affinit che lasciano trasparire qualche informazione in pi riguardo all'Inquisizione in Friuli, alla natura della credenza nella stregoneria e nella possessione attraverso stregoneria, al funzionamento delle relazioni sociali all'interno dei villaggi di Maniago, Frisanco, Andreis, Barcis, Spilimbergo e comunit circonvicine nel Friuli del XVII secolo41.

R. ROWLAND, Fantasticall and Devilshe, cit., pp. 181-190. Sull'importanza della storia per casi, sul controllo severo delle fonti e parimenti sul non rifiuto aprioristico della storia per grandi numeri: A. PROSPERI, Per la storia, cit., pp. 30-31; S. PEYRONEL RAMBALDI, Podest e inquisitori nella montagna modenese. Riorganizzazione inquisitoriale e resistenze locali (1570-1590), in A. DEL COL G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 203-231. 41 Ricordo indicativamente solo alcuni degli studi pi recenti sulle comunit in esame: F. BIANCO, Contadini, sbirri e contrabbandieri nel Friuli del '700. Le comunit di villaggio tra conservazione e rivolta (Valcellina e Valcolvera), Pordenone, Biblioteca dell'Immagine, 1989-90; N. CANTARUTTI (a c. di), "Commun di Frisanco". Frisanco - Poffabro Casasola, edito dal Comune di Frisanco, 1995; N. CANTARUTTI - G. BERGAMINI (a c. di), Spilimbrc, 61 Congresso - 23 settembre 1984 Societ Filologica Friulana, Udine, Societ Filologica Friulana, 1984; R. DELLA VALENTINA, Storia e origini di Cavasso Nuovo (in origine Fanna di Sopra o Cavasso), Maniago, 1988; P. GOI (a c. di), Meduno. Memorie e appunti di storia, arte, vita sociale e religiosa, Meduno, 1991; C. G. MOR (a c. di), Maniago. Pieve, Feudo, Comune, Maniago, Comitato per il Millenario 981-1981, 1981; G. ROSA, La villa e la valle di Andreis. Cenni storici e documenti inediti di storia locale spesso collegati alla storia dei paesi vicini, Pordenone, Cosarini, 1966.
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I STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DELL'INQUISIZIONE ROMANA IN FRIULI


L'Inquisizione venne riorganizzata in Italia poco prima del Concilio di Trento. Il 21 luglio 1542 Paolo III istitu la Sacra Congregazione dell'Inquisizione romana e universale, altrimenti detta Sant'Ufficio, tramite la bolla Licet ab Initio1. Tale Congregazione assunse una forma pi completa nel
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Sebbene la nomina papale sia datata 4 luglio, essa venne formalizzata ufficialmente soltanto il 21 dello stesso mese: L. VON PASTOR, Storia dei papi, Roma, Descle, 1914, pp. 673-674. Tuttavia anteriormente alla bolla di Paolo III vi erano stati numerosi documenti pontifici che avevano evidenziato la necessit di rivitalizzare l'Inquisizione e di adeguarla al compito della lotta contro l'emergenza luterana. Tali sono per esempio le bolle di nomina di commissari speciali forniti di pieni poteri e incaricati di percorrere l'Italia per combattere la diffusione di idee ereticali: A. PROSPERI, Per la storia dell'Inquisizione romana, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana in Italia nell'et moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche, Atti del seminario internazionale. Trieste, 18-20 maggio 1988, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1991, p. 51. Per alcuni degli studi pi rilevanti sull'Inquisizione romana: A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit.; A. BORROMEO, Contributo allo studio dell'Inquisizione e dei suoi rapporti con il potere episcopale nell'Italia spagnola del Cinquecento, in Annuario dell'Istituto storico italiano per l'et moderna e contemporanea, XXIXXXX, 1977-1978, pp. 219-76; ID., The Inquisition and Inquisitorial Censorship, in Catholicism in Early Modern History: A Guide to Research, St. Louis, Center for Reformation Research, 1988, pp. 253-272; R. CANOSA, Storia dell'Inquisizione in Italia dalla met del Cinquecento alla fine del Settecento, Roma, Sapere 2000, 1986-1990; N. S. DAVIDSON, Chiesa di Roma ed Inquisizione veneziana, in Citt italiane del '500 tra Riforma e Controriforma, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Lucca 13-15 ottobre 1983, Lucca, Pacini Fazzi, 1988, pp. 283-292; ID., Il Sant'Uffizio e la tutela del culto a Venezia nel '500, in Studi veneziani, VI, 1982, pp. 87-101; ID., Rome and the Venetian Inquisition in the Sixteenth Century, in Journal of Ecclesiastical History, 39, 1988, pp. 16-36; ID., Training and Power: the Careers of Italian Inquisitors in the Sixteenth Century, in A. NOVINSKY (ed.), Proceedings of the International Congress on the Inquisition (So Paulo); J. P. DEDIEU, L'Inquisizione, Cinisello Balsamo, Edizioni Paoline, 1990; A. DEL COL, L'Inquisizione romana e il potere politico nella Repubblica di Venezia (1540-1560), in Critica storica, XXVIII, 1991, pp. 189-250; ID., Organizzazione, composizione e giurisdizione dei tribunali dell'Inquisizione romana nella Repubblica di Venezia (1500-1550), in Critica storica, XXV, 1988, pp. 244-294; L. FUMI, L'Inquisizione romana e lo Stato di Milano. L'et della Riforma cattolica (1559-1630), in Archivio storico lombardo, XII, 1910, pp. 5-24, 285-414; XIV, 1911, pp. 142-220; P. F. GRENDLER, L'Inquisizione romana e l'editoria a Venezia (1540-1605), Roma, Il Veltro, 1983; S. HALICZER (ed.), Inquisition and Society in early modern Europe, London, Croom Helm, 1987; S. HALICZER - J. TEDESCHI, Faith, Law and Dissent: The Inquisition in the Early Modern World, An Exhibit Co-sponsored by the Northern Illinois University Libraries and the Newberry Library. October 10 - December 7, 1985, Chicago, The Newberry Library, 1985; A. JACOBSON SCHUTTE, Un inquisitore al lavoro: fra Marino da Venezia e l'Inquisizione veneziana, in I francescani in Europa tra Riforma e Controriforma. Atti del XIII Convegno della Societ internazionale di studi francescani (Assisi, 17-19 ottobre 1985), Napoli, Edizioni Scientifiche, 1987, pp. 165-196; H. C. LEA, Materials toward a history of witchcraft, New YorkLondon, Yoseloff, 1957; ID., Storia dell'Inquisizione. Origine e organizzazione, Milano, Feltrinelli-Bocca, 1974; J. MARTIN, L'Inquisizione romana e la criminalizzazione del dissenso religioso a Venezia all'inizio dell'et moderna, in Quaderni storici, n.s., XXII, 1987, pp. 777-802; R. MARTIN, Witchcraft and the Inquisition in Venice 1550-1650, Abingdon, Blackwell, 1989; I. MEREU, Storia dell'intolleranza in Europa. Sospettare e punire. Il sospetto e l'Inquisizione romana nell'epoca di Galilei, Milano, Mondadori, 1979; E. W. MONTER - J. 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1588 per opera di Sisto V, il quale, con la costituzione Immensa aeterni Dei, articol la Curia in quindici stabili commissioni cardinalizie, ristrutturando anche il governo centrale della Chiesa2. La Congregazione inquisitoriale, concepita come misura straordinaria e pertanto dotata di poteri eccezionali, era un consesso permanente composto da un gruppo di sei cardinali con a capo il papa in persona e aveva giurisdizione su tutti i crimini connessi con la fede. Essa venne ricostituita in Italia con lo scopo principale di individuare, contrastare e reprimere la diffusione delle eresie protestanti. Tale organo, che ben presto si inser nella realt della penisola, si propose inoltre di ridefinire le competenze in materia di delitti contro la fede e sottrasse il potere giurisdizionale ai tribunali laici e vescovili che fino a quel tempo, a vario titolo, se ne erano occupati3. Le competenze territoriali del rinnovato tribunale ecclesiastico riguardavano tutta la cristianit, esclusi il Portogallo, la Spagna e il continente americano, in cui operavano Inquisizioni specifiche. Il Sant'Ufficio non si install in tutti gli Stati italiani ma soprattutto non oper alla stessa maniera. Non pertanto corretto parlare di una storia univoca dell'Inquisizione romana, bens preferibile uno studio delle varie Inquisizioni presenti in Italia4, a Udine, Venezia, Parma, Bologna, Milano, Napoli e cos via, un'indagine Stato per Stato che indaghi i rapporti ed i conflitti tra le autorit politiche e quelle ecclesiastiche, locali e centrali5.
Annuario dell'Istituto Storico Italiano per l'et moderna e contemporanea, XXXVII-XXXVIII, 1985-1986, pp. 219-241; ID., Inquisitorial Law and the Witches, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft. Centres and Peripheries, Oxford, Clarendon Press, 1990, pp. 87-88; ID., Preliminary Observations on Writings a History of the Roman Inquisition, in H. A. OBERMAN (ed.), Continuity and Discontinuity in Church History, Leiden, 1979, pp. 232-249; ID., The Organization and Procedures of the Roman Inquisition: A Sketch, in A. ALCAL (ed.), The Spanish Inquisition and the Inquisition Mind, Highland Lakes, N. J., 1987, pp. 187-215; ID., The Prosecution of Heresy. Collected Studies on the Inquisition in Early Modern Italy, Binghamton, New York, Medieval and Renaissance Texts and Studies, 1991. 2 La preoccupazione repressiva della gerarchia ecclesiastica si era espressa due anni prima, tramite la bolla papale del medesimo Sisto V Coeli et terrae Creator, contro coloro che esercitano l'arte dell'astrologia giudiciaria e qualunque altra sorta di divinazioni, sortilegi, strigarie, incanti, non solo con l'ampliamento delle competenze inquisitoriali in materia di astrologia e magia colta e con il connesso aggravamento delle pene contro quei crimini, ma anche con l'attribuzione di tutte le cause di superstizioni (semplici ed ereticali) ai tribunali inquisitoriali e la relativa perdita di competenze e delegittimazione dei tribunali vescovili in materia di superstizioni semplici: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 96, 176, 185, 250-252; P. ZAMBELLI, L'ambigua natura della magia. Filosofi, streghe, riti nel Rinascimento, Milano, Il Saggiatore, 1991, pp. 158-159. Riguardo alle ampie problematiche della magia rinascimentale (astrologia, magia, alchimia, medicina umanistica, divinazione, stregoneria, ermetismo) ed al suo statuto ambiguo, si veda lo studio (e la relativa bibliografia) dell'autrice appena citata. 3 La Congregazione romana del Sant'Ufficio divenne cos al tempo medesimo un nucleo e un mezzo di forza ed autorit. Ora la questione se il riassetto dell'Inquisizione e la sua crescita furono dovute all'efficacia di quella battaglia antiereticale o se il rapporto non vada rovesciato: l'Inquisizione romana pot svolgere una vasta azione di controllo antiereticale perch aveva acquisito per conto suo un potere straordinario radicandosi durevolmente nel sistema di governo ecclesiastico ... fu proprio all'interno e al vertice della Chiesa che il Sant'Ufficio si rivel strumento versatile di potere. ... La costituzione di un centro di potere sottratto alle istituzioni del governo ordinario e coperto dal segreto modific sostanzialmente le regole del gioco. [...] Che la Congregazione del Sant'Ufficio si vedesse riconosciuta la preminenza su tutte le altre sanciva la funzione duplice di quell'organismo: supremo controllore della fede da un lato, strumento privilegiato del potere accentratore del papato dall'altro. A. PROSPERI, Per la storia, cit., pp. 19, 53, e n. 37 a p. 19. 4 A. DEL COL, L'Inquisizione romana, cit., p. 190; A. PROSPERI, Per la storia, cit., pp. 36-40. A testimonianza di ci il fatto che nella Repubblica di Lucca, ad esempio, non ci fu un tribunale dell'Inquisizione: S. ADORNI BRACCESI, Una citt infetta. La Repubblica di Lucca nella crisi religiosa del '500, Firenze, Olschki, 1994 (e la bibliografia ivi citata); EAD., La Repubblica di Lucca e l'aborrita Inquisizione: istituzioni e societ, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 233-62. 5 La grande variet formale delle istituzioni giudiziarie che vanno sotto il nome di Inquisizione romana mostra quanto fosse difficile, anche nei deboli Stati italiani, imporre un tribunale sovrastatale ed ecclesiastico della fede

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Nei tribunali italiani del Sant'Ufficio agiva un inquisitore, ossia un giudice pontificio con autorit delegata dal papa. L'inquisitore, pur essendo dotato di una relativa autonomia, era tuttavia tenuto a riferire alla Congregazione romana i casi controversi e importanti. Venne cos ad instaurarsi un intenso rapporto tra la Congregazione e i tribunali delle sedi decentrate sotto forma di corrispondenza epistolare, che mostra come fu costituita una vera e propria rete di controllo da parte di Roma6. La riorganizzazione dei tribunali inquisitoriali si ebbe nelle due diocesi della Patria del Friuli intorno alla met del XVI secolo7. Solo nel 1575 la Congregazione romana decise di attribuire ad un unico inquisitore la giurisdizione sulle due diocesi di Aquileia e di Concordia8. Le zone del Patriarcato sotto l'Austria, la Carinzia, la Stiria, Gorizia, la Carniola, riuscirono tuttavia ad evitare tale sorveglianza9. L'inquisitore aveva sede a Udine, nel convento di San Francesco interiore. Nonostante l'esistenza di una dimora fissa spesso egli si muoveva per andare nei villaggi ad interrogare sospetti e testimoni, in maniera tale da agevolare le indagini e stringere i tempi. In sua assenza era il vicario generale del Sant'Ufficio a farne le veci. Il primo atto ufficiale, successivo all'insediamento dell'inquisitore, consisteva nell'emanazione di un editto, attraverso il quale invitava la popolazione a denunciare, nel termine perentorio di sei giorni, eventuali crimini o atti contrari alla fede cristiana dei quali chiunque fosse venuto a conoscenza, o che fossero stati commessi in prima persona. Tale documento, affisso sulle porte di tutte le chiese della
costruito secondo un modello unico. EAD. (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., p. 64. 6 Tra il 1570 ed il 1580 il Sant'Ufficio organizz al meglio una rete di rigorosi controlli sulle attivit dei tribunali locali e perfezion il sistema definitivo di relazioni fra tribunale centrale e giudici ecclesiastici locali, anche se il controllo centrale si fece pi stringente ed efficace a partire dagli anni '90, successivamente alla pubblicazione della bolla Coeli et terrae di Sisto V nel 1586: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., particolarmente le pp. 27-32, 35-37, 176-183. A partire dal 1578 inoltre il Sant'Ufficio friulano mantenne una fitta e costante corrispondenza epistolare con la Congregazione centrale di Roma: AAUD, S. Officio, b. 64, Copia Epistolarum S. C. S. Officii 1578-1750; Ivi, b. 65, Copia Epistolarum P. P. Inquisitorum ad S. C. S. Officii 1629-1767. 7 Oltre ai gi citati studi sull'azione dell'Inquisizione romana in Friuli: A. BATTISTELLA, Brevi note sul Sant'Officio e sulla Riforma in Friuli, Udine, 1903; ID., Il Sant'Officio e la riforma religiosa in Friuli. Appunti storici documentati, Udine, Gambierasi, 1895; L. DE BIASIO - M. R. FACILE (a c. di), 1000 processi dell'Inquisizione in Friuli dal 1551 al 1647, Villa Manin di Passariano (UD), Centro Regionale di Catalogazione dei Beni Culturali del Friuli Venezia Giulia, 1976; ID., I processi dell'Inquisizione in Friuli dal 1648 al 1798, Villa Manin di Passariano (UD), Centro Regionale di Catalogazione dei Beni Culturali del Friuli Venezia Giulia, 1978; A. DEL COL, L'abiura trasformata in propaganda ereticale nel duomo di Udine (15 aprile 1544), in Metodi e ricerche, n.s., II, 2-3, 1981, pp. 57-72; ID., Shifting Attitudes in the Social Environment toward Heretics. The Inquisition in Friuli in the Sixteenth Century, in Ketzerverfolgung im XVI. und im frhen XVII. Jahrhundert, Vortrge gehalten anlsslich eines Arbeitsgesprchs von 1. bis 5. Oktober 1989 in der Herzog August Bibliothek Wolfenbttel, in Gemeinschaft mit H. R. Guggisberg und B. Moeller herausgegeben von S. Seidel Menchi, Wiesbaden 1992, pp. 65-86; G. PAOLIN, Inquisizione e confessori nel Seicento in Friuli: analisi di un rapporto, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 17587; P. PASCHINI, I vicari generali della diocesi di Aquileia e poi di Udine, Vittorio Veneto, 1958, pp. 23-25; M. SARRA, Distribuzione statistica dei dati processuali dell'Inquisizione in Friuli dal 1557 al 1786. Tecniche di ricerca e risultati, in Metodi e ricerche, n.s., VII, 1, 1988, pp. 5-31. 8 A. DEL COL, La storia religiosa del Friuli nel Cinquecento. Orientamenti e fonti, I, Metodi e ricerche, n.s., I, 1982, 1, p. 72. 9 Principalmente per questo motivo il papa nomin dapprima il servita Francesco Berni come informatore dell'Inquisizione centrale su quei territori, per creare successivamente un vero e proprio tribunale con giurisdizione sui territori di Trieste, Gorizia e Gradisca: L. DE BIASIO - M. R. FACILE (a c. di), 1000 processi, cit., p. 91. Ancora su questo aspetto: L. DE BIASIO, Esecuzioni capitali contro le streghe nel Friuli orientale, Memorie Storiche Forogiuliesi, LVIII, 1979, pp. 147-158; M. ROMANELLO, Culti magici e stregoneria del clero friulano (16701700), Lares, 3-4, 1970, pp. 341-371.

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citt e reso noto attraverso la diocesi, aveva il fine di spingere gli abitanti alla delazione. La promulgazione dell'editto divenne una delle maniere per mezzo delle quali poteva avere inizio l'attivit inquisitoriale. La procedura inquisitoria10 consent non solo ai membri di una comunit di denunciare un sospetto all'autorit giudiziaria, ma anche e soprattutto ai giudici di fede di citare in giudizio essi stessi un potenziale reo, sull'unica base delle informazioni che essi avevano raccolto dalla gente comune. Il nuovo sistema dunque non escluse affatto che l'azione penale fosse iniziata da un accusatore privato11, la procedura inquisitoria elimin unicamente l'obbligo per l'accusatore di dimostrare le accuse e l'azione penale divenne cos appannaggio esclusivo del giudice inquisitoriale. Le maniere per dare inizio ad una causa legale erano sostanzialmente due: per iniziativa diretta degli stessi giudici, sulla base della fama comunemente diffusa o per mezzo delle informazioni raccolte grazie alla promulgazione di un editto, oppure per iniziativa di privati, tramite denunce dirette e circostanziate12. Una novit ulteriore consistette nella ufficializzazione del procedimento penale in tutti i suoi gradi. Il giudice di fede ebbe il compito di indagare e stabilire la colpevolezza o meno dell'imputato. L'interrogatorio, sia della persona incriminata che dei testimoni, assunse un carattere di segretezza, mentre le deposizioni vennero verbalizzate per iscritto sul momento e rilette all'imputato affinch le confermasse. Il procedimento da privato divenne ufficiale, evolvendosi verso una razionalizzazione soprattutto dell'apparato legale. Il passaggio dal sistema accusatorio a quello inquisitorio, se da un lato increment non solo il numero dei procedimenti ma anche quello delle delazioni13, non solo per delitti contro la fede, dall'altro espose gli individui ad accuse fraudolente, false e precostruite per fini essenzialmente politici o
Diversi erano i testi ecclesiastici medioevali che fondavano il diritto canonico e con esso la procedura inquisitoria. Per ricordarne solo alcuni: 1234, le Decretali di Gregorio IX; 1298, il Libro VI di Bonifacio VIII, nonch le Estravaganti, vale a dire le decretali non rientranti nelle raccolte note; 1326, la bolla Super illius specula di Giovanni XXII. Sulle innovazioni giuridiche e legali ed in particolare sul passaggio dal sistema accusatorio alla procedura inquisitoria si vedano, per tutti, i seguenti studi: B. LENMAN - G. PARKER, The State, the Community and Criminal Law in Early Modern Europe, in V. A. C. GATRELL - B. LENMAN - G. PARKER (ed.), Crime and the Law, London, 1980, pp. 11-48; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 74-109; M. R. WEISSER, Criminalit e repressione nell'Europa moderna, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 49-63, 81-94. L'intensit elevata dei procedimenti per stregoneria nell'Europa moderna, o anche solo delle denunce, va connessa ad una serie di innovazioni giuridiche introdotte fra il XIII e il XVI secolo: l'adozione del sistema inquisitorio, l'uso indiscriminato della tortura, la giurisdizione dei tribunali laici in materia di stregoneria, l'indipendenza operativa dei tribunali periferici. Tuttavia in Italia, cos come in Spagna e Portogallo seppure in maniera differente, l'utilizzo della tortura fu particolarmente limitato, cos come lo fu anche la giurisdizione civile di tale crimine; inoltre i tribunali inquisitoriali locali non godettero di una grande autonomia, bens furono costretti a sottostare al controllo centrale romano. B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit. In relazione all'assenza di studi specifici sull'utilizzo e la frequenza della tortura nei procedimenti giudiziari dell'Inquisizione romana: A. DEL COL (a c. di), Domenico Scandella detto Menocchio. I processi dell'Inquisizione (1583-1599), Pordenone, Biblioteca dell'Immagine, 1990, pp. XCIX, CXXI n. 197. 11 Nella Repubblica di Lucca, dopo che il 12 maggio 1545 venne istituita una magistratura chiamata Offizio sopra la religione al fine di evitare ingerenze inquisitoriali, la legge prevedeva che il delatore, il cui nome doveva rimanere segreto, guadagnasse la quarta parte dei beni confiscati al reo: S. ADORNI BRACCESI, La Repubblica di Lucca, cit., pp. 244-245. 12 Non solo la denuncia si rivel il mezzo pi efficace per denunciare i rei sospetti, ma addirittura nella grande maggioranza dei casi fu proprio la delazione altrui a costituire il motore primo dell'azione giudiziaria: I. MEREU, Storia dell'intolleranza, cit., pp. 194-200. 13 Cos a tutti i cristiani si insegnava che non solo era loro stretto dovere contribuire allo sterminio degli eretici, ma venivano spinti senza scrupolo alcuno a denunziarli alle autorit, non badando a considerazioni n umane n divine: H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione, cit., p. 118.
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comunque di interesse personale. Tuttavia un dato concreto che la Chiesa romana adott in et moderna queste nuove procedure giudiziarie per reprimere principalmente le eresie protestanti. Il crimine di eresia non danneggi direttamente nessun individuo, non vi furono soggetti lesi di persona e nessuno chiese la condanna di un eretico allo scopo di essere risarcito per eventuali danni subiti concretamente. L'unica maniera efficace dunque per ottenere la punizione di tali criminali fu stimolare la denuncia oppure l'iniziativa d'ufficio. Streghe e stregoni, al pari degli eretici, godettero molto spesso di una reputazione pessima datata e consolidata all'interno della comunit di villaggio, in tal senso essi poterono venire accusati direttamente dalle proprie vittime o da qualcuno che stava loro vicino. In quest'ottica il sistema inquisitorio tese a deresponsabilizzare il delatore, il quale non faceva altro che accusare chi lo aveva ingiustamente danneggiato in maniera tangibile o comunque verificabile. Il precedente sistema accusatorio invece si era rivelato pericoloso da questo punto di vista, dal momento che chi incriminava indebitamente qualcuno per un qualsiasi reato poteva subirne le conseguenze, rischiando di venire punito per l'accusa infondata14. Ma la nuova procedura, oltre ad aumentare il numero di denunce, processi e imputati, e cos di condanne potenziali, d'altro canto tese a salvaguardare l'incolumit degli accusati. Il procedimento penale infatti sub un decremento della propria efficacia, strettamente connessa soprattutto al criterio probatorio. Il sistema inquisitorio assunse un principio di valutazione piuttosto rigoroso e selettivo, che tese ad acquisire ed esaminare le prove con estrema attenzione e severit15. Il criterio probatorio adottato derivava direttamente dalla normativa del diritto romano-canonico e consisteva in due componenti fondamentali: la deposizione di due testimoni diretti e la confessione dell'imputato stesso16. Queste erano le uniche prove che potevano portare alla condanna dell'imputato. Ora per non tutti i tribunali, laici17 o ecclesiastici, si attesero scrupolosamente a tali direttive. Il
Il reato di falsa testimonianza veniva di solito perseguito con durezza, in alcune situazioni addirittura con la pena di morte. La severit della sanzione era maggiore se la testimonianza avveniva all'interno di un procedimento criminale ed il teste mendace poteva essere assogettato alla medesima pena dell'imputato. Da tale rischio tuttavia non fu esente nemmeno la procedura inquisitoria, come attestano le punizioni di chi testimoni il falso collocate temporalmente tra 1567 e 1594: F. ALBIZZI, Risposta all'historia della Sacra Inquisitione composta gi dal R. P. Paolo Servita... Edizione seconda corretta... [Roma, 1678], p. 336. 15 L'Inquisizione romana era un tribunale particolarmente severo, come sostengono alcuni, o era invece un modello di moderazione?. A questa domanda J. Martin risponde che allo stato odierno delle ricerche non si pu dare una risposta complessiva; essa era "policentrica", con tribunali non soltanto nelle citt dello Stato della Chiesa, ma anche altrove, nelle repubbliche e nei ducati, al sud e al nord della penisola [...] gli studiosi di oggi sono in disaccordo: alcuni scrivono di "ondate di repressione", mentre altri sottolineano la moderazione del Sant'Ufficio a Venezia e nelle terre del Dominio. J. MARTIN, Per un'analisi quantitativa dell'Inquisizione veneziana, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 145-146, e n. 8 p. 146. 16 La verit nascosta; deve essere rivelata. Riconoscere la verit della propria colpa un passaggio necessario per la redenzione del colpevole. La sua confessione, pubblica e solenne se necessario, il risarcimento indispensabile alla verit offesa dall'eresia; grazie a questo risarcimento, si adempie all'obbligo della restitutio di ci che stato leso e si agevola il ritorno alla vera fede di coloro che sono stati indotti nell'errore. Ecco perch la confessione del reo necessaria. A. PROSPERI, Per la storia, cit., p. 43. 17 B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 91-100. L'obbligo del potere temporale a reprimere l'eresia, sotto pena per il funzionario che non obbedisse a essere perseguito per il medesimo crimine, obbedendo cos alle direttive ecclesiastiche, venne stabilito a partire fin dall'epoca medioevale: H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione, cit., pp. 115-118.
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crimine di stregoneria fu per definizione un reato che comportava una serie di difficolt: raramente infatti vi erano testimoni oculari che potevano affermare di avere visto un individuo attuare concretamente un maleficio, ancora pi complicato il caso del delitto di stregoneria strettamente connesso con l'eresia. Gli unici individui che potevano testimoniare sulla realt delle attivit malefiche o diaboliche di streghe e stregoni erano i presunti complici dei sabba, anche se in Italia gi dagli ultimi decenni del XVI secolo la validit probatoria di tali confessioni and via via diminuendo18. Inoltre in molte zone dell'Europa la tortura giudiziaria, o la minaccia della stessa, vennero utilizzate per estorcere confessioni o informazioni. Tuttavia in Italia ed in Friuli si fece pochissimo uso di tali strumenti coercitivi, questo grazie al controllo ed alla supervisione della Congregazione romana da un lato e del governo di Venezia dall'altro. L'inquisitore delle diocesi di Aquileia e Concordia, come del resto quelli delle altre sedi periferiche19 sparse sul territorio italiano, espletava la propria
Riguardo all'atteggiamento dei tribunali laici nella persecuzione del crimine di stregoneria: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 74-107; R. MANDROU, Magistrati e streghe nella Francia del Seicento. Un'analisi di psicologia storica, Roma-Bari, Laterza, 1979, pp. 133-135, 202-203; E. W. MONTER, Riti, mitologia e magia in Europa all'inizio dell'et moderna, Bologna, Il Mulino, 1987, pp. 71-72; H. R. TREVOR ROPER, La caccia alle streghe in Europa nel Cinquecento e nel Seicento, in ID., Protestantesimo e trasformazione sociale, Roma-Bari, Laterza, 1977. 18 G. Romeo rileva che fu solo a partire dal 1588 che l'atteggiamento della Congregazione del Sant'Ufficio, per mezzo di pi precisi contenuti giuridici e di un orizzonte di sensibilit pi decisamente scettico condusse ad una parziale depenalizzazione del sabba, in particolare per quanto riguardava le confessioni di persone presenti alle conventicole diaboliche considerate inattendibili contro terzi, perch riguardanti crimini dubbi e potenzialmente illusori. Per quanto concerne la specificit della situazione italiana non vanno applicati schemi validi altrove. Infatti le nuove testimonianze invitano a scavare anzitutto negli aspetti giuridico-procedurali della moderazione del Sant'Ufficio romano. A cominciare dal divieto di procedere contro i complici del sabba, che appare, ancor pi dell'uso moderato della tortura e della riluttanza alle esecuzioni capitali, la misura pi specifica e pi gravida di conseguenze tra tutte quelle adottate nel tardo '500 per arginare gli abusi nella repressione della stregoneria. Di pi Romeo fa riferimento ad un ipotetico accordo complessivo sul processo di stregoneria raggiunto nel 1588, affermando che nel 1588 l'introduzione del divieto di procedere contro i complici del sabba era stata controbilanciata da un ampliamento della giurisdizione inquisitoriale in ambito di maleficio, ivi compresa la facolt per i tribunali di fede di disporre la pena capitale, in caso di morte dell'affatturato. Infine, partendo da un confronto con la situazione inglese, dove la progressiva distruzione dell'apparato protettivo medioevale aveva causato un incremento delle denunce per stregoneria, l'autore ipotizza che in Italia possa essere avvenuto proprio l'opposto. Le autorit dell'Inquisizione romana evitarono una persecuzione sanguinosa della stregoneria, non solo perch non erano convinte sino in fondo della realt della setta delle streghe e dei loro crimini, ma anche perch, soprattutto nel tardo '500, sapevano di poter contare sulla rinnovata presenza di un sofisticato apparato protettivo, a cominciare ... dall'attivit antidiabolica per eccellenza, l'esorcismo. La moderazione dell'Inquisizione romana verso le streghe sarebbe figlia, oltre che della centralizzazione, delle incertezze teoriche e del garantismo procedurale, della Controriforma che avanza, esaltando gli aspetti protettivi pi tradizionali della vita religiosa. Inoltre la scarsa aggressivit della Chiesa contro le streghe un dato preesistente agli interventi moderatori delle massime autorit dell'Inquisizione ... Si trattava di una tradizione di scetticismo radicata, che non era mai venuta meno. La situazione italiana pertanto specifica e propone un sofisticato, flessibile modello di repressione delle pratiche magico-diaboliche. G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 3-108, 166-168, 247-274, in particolare le pp. 60, 65, 95-96, 167, 271-272. 19 Il pi delle volte la persecuzione di streghe e stregoni venne condotta da parte di magistrati, laici o ecclesiastici, appartenenti a giurisdizioni locali, a tribunali subordinati di regioni, contee, province, citt, vescovadi, diocesi, villaggi. La repressione risult in tali casi pi cruda, nel senso che i giudici delegati operarono con una solerzia per lo pi direttamente proporzionale all'autonomia ed indipendenza giudiziaria che avevano nei confronti del potere politico centrale. Essi si mostravano solitamente molto pi zelanti nel processare le streghe di quanto non fossero le autorit centrali, e nei casi in cui erano lasciati liberi di agire, in generale, condannavano a morte pi streghe di quando non erano strettamente sottoposti al controllo dei loro superiori gerarchici. Se in Germania il decentramento politico e giudiziario favor una tendenza alla nascita di entit politiche relativamente autonome, sia laiche che ecclesiastiche, ciascuna delle quali con i propri tribunali, che non dovevano sottostare ad alcun controllo giudiziario centrale, favorendo cosi una persecuzione sistematica del crimine di stregoneria, in Spagna la situazione fu differente. Se anche lo Stato iberico, come quello germanico, part da una posizione parzialmente simile, di decentramento politico, tuttavia a livello giudiziario le cose furono nettamente differenti. La Spagna infatti era dotata di un'istituzione giudiziaria altamente centralizzata, vale a dire l'Inquisizione spagnola, la quale

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attivit con la collaborazione di altri giudici e funzionari. Per ci che concerne il tribunale friulano, esso risultava composto20, in seduta plenaria, dall'inquisitore, dal vescovo della diocesi o dal patriarca, in alcuni casi quest'ultimo veniva sostituito dal suo vicario, da un funzionario laico in rappresentanza del governo veneziano (il luogotenente oppure un suo sostituto21, o ancora il rettore locale). Il magistrato veneziano assisteva a ogni stadio del processo penale, assicurava con la propria presenza la regolarit della procedura contro il presunto reo ed aveva inoltre il dovere di inviare a Venezia i verbali delle cause pi importanti. Nonostante la Congregazione romana si opponesse a tale normativa, all'interno dei tribunali inquisitoriali collocati nel Dominio di Venezia, la Serenissima esigeva la presenza di un proprio rappresentante appositamente richiesto dal Consiglio dei Dieci, la cui presenza venne accettata dalla Santa Sede solo dopo una lunga diatriba22.
esercitava il controllo sopra la maggior parte dei processi per stregoneria. Organizzata in ventuno tribunali subordinati alla Corte Suprema, il tribunale centrale con sede a Madrid, essa applicava con rigore un serie di norme procedurali che tendevano a salvaguardare l'incolumit degli imputati. In Italia, dove la penisola risultava frammentata politicamente dalla presenza di una moltitidine di Stati, Staterelli, Ducati e cos via, i vari tribunali inquisitorali sparsi all'interno di essi risultavano sottoposti alla Congregazione centrale di Roma, pur nella variabile autonomia di ciascuno Stato ospitante, dipendente di volta in volta dai diversi rapporti di forza. Tuttavia non sempre le autorit centrali esercitarono un'influenza moderatrice sul fenomeno della caccia alle streghe ... Ma nella maggior parte dei casi le autorit centrali agirono come agenti neutrali rispetto al fenomeno della caccia alle streghe, ovvero addirittura vi imposero qualche limitazione ... L'impulso reale alla persecuzione veniva dalla periferia, non dal governo centrale. Sulla struttura in tribunali locali: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 100-107. Sull'Inquisizione spagnola mi limito ad indicare: B. BENNASSAR, Storia dell'Inquisizione spagnola dal XV al XIX secolo, Milano, 1980. 20 A. BATTISTELLA, Il S. Officio, cit., p. 45; L. DE BIASIO - M. R. FACILE (a c. di), 1000 processi, cit., pp. 86-88; L. DE BIASIO, L'eresia protestante in Friuli nella seconda met del secolo XVI, Memorie Storiche Forogiuliesi, LII, 1972, p. 82; M. ROMANELLO, Culti magici, cit., p. 345. 21 Cos nel procedimento inquisitoriale che nel 1644 si apre a Spilimbergo contro Marcolina Stella, l'allora luogotenente generale della Patria del Friuli Andrea Bragadino, per mezzo di una lettera datata 13 settembre 1644, ordin ad uno dei consorti del luogo di assistere in sua vece al processo a carico della donna e di riferire ogni notizia in proposito. Da quel giorno in poi infatti il conte Enea di Spilimbergo fu parte integrante della commissione inquisitoriale volta all'escussione dei testi. AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Andrea Bragadino ai consorti di Spilimbergo, Udine, 23 settembre 1644, c. 5r. 22 Il 22 aprile 1547 il Consiglio dei Dieci, vale a dire il massimo organo di governo della Serenissima, stabil che a Venezia al procedimento assistessero anche tre magistrati secolari, i Tre Savi sopra eresia. Contro tale normativa, contraria al diritto canonico, il quale stabiliva l'obbligo dell'assenza di funzionari laici dalle proprie cause legali, si scagli il Sant'Ufficio richiedendo la stretta osservanza del proprio ordinamento, che inoltre disponeva la presenza di tali funzionari esclusivamente all'esecuzione della sentenza. Il contrasto di competenze e giurisdizione nato cos tra lo Stato Pontificio e Venezia trov la sua soluzione mediante un compromesso, attraverso il quale la Congregazione centrale accett la presenza dei tre magistrati laici ma solamente quali assistenti dell'inquisitore, del nunzio pontificio e del patriarca, senza dunque alcun intervento diretto nel procedimento inquisitoriale. Tuttavia queste parole non corrispondono precisamente n alle intenzioni veneziane n ai termini da queste usati, che affidano ai deputati il compito di "inquirere contra gli heretici", di ammettere le denunce e di sollecitare gli ecclesiastici alla formazione dei processi, ai quali saranno assistenti, "procurando che siano fatte le sentenze debite" (termini terribilmente ambigui) e avvisando di ogni cosa il governo. I magistrati laici sono quindi un po' inquisitori, un po' assistenti, un po' controllori. [...] L'Inquisizione venne ad avere cos una struttura mista, rispecchiante questo tipo di accordo-scontro: da una parte i giudici ecclesiastici, che rispondevano in ultima istanza alla Santa Sede e dall'altra i tre deputati, che rispondevano al Consiglio dei Dieci. A. DEL COL, Organizzazione, composizione e giurisdizione, cit., pp. 269-270. Sull'istituzione della magistratura laica dei Tre Savi sopra eresia si vedano per tutti i seguenti studi: ID., L'Inquisizione romana, cit., pp. 194, 203-206; P. F. GRENDLER, L'Inquisizione romana, cit., pp. 68-70; ID., The Tre Savi sopra eresia, 1547-1605: a prosopographical study, in Studi veneziani, n. s., 3, 1979, pp. 283-340; A. PROSPERI, Per la storia, cit., pp. 61-62; B. PULLAN, The Jews of Europe, cit., p. 3. Sulla convivenza e i contrasti interni tra inquisitore, nunzio e patriarca, e con i tre funzionari laici contro l'eresia e, ancora in seguito, con l'auditore, si veda in particolare per Venezia: A. DEL COL, Organizzazione, composizione e giurisdizione, cit., pp. 247-279. Tuttavia il provvedimento in base al quale il governo veneto istitu a Venezia una magistratura laica formata da tre senatori non costitu la prima decisione di inserire magistrati veneziani nel Sant'Ufficio, ma l'applicazione di una prassi che si stava consolidando nella terraferma e il tentativo di concentrare il controllo a Venezia direttamente sotto l'autorit del Consiglio dei Dieci. Quest'ultimo infatti controllava l'attivit inquisitoriale che si svolgeva nel

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Alle sedute plenarie partecipavano un notaio, che trascriveva i verbali del procedimento, inoltre potevano venir chiamati dai giudici due dottori in legge della citt, e uno o pi canonisti, esperti in diritto canonico, i quali seguivano il processo e potevano dare il loro parere. La procedura seguita era quella canonica. Se la denuncia veniva ritenuta valida l'inquisitore dava il via al primo livello della causa, vale a dire al procedimento informativo. Esso consisteva nella raccolta di notizie ed indicazioni effettuata mediante l'interrogatorio di una serie di testimoni. Se gli indizi risultavano sufficienti, si passava alla fase offensiva del processo. Il reo veniva citato ed interrogato, a volte posto in carcere per evitarne la fuga o per indurlo a riconoscere i propri errori. Dopo uno o pi costituti dell'imputato23, si procedeva con la fase difensiva del procedimento giudiziario. Il sospetto poteva servirsi di un avvocato, nominato dal tribunale, che tentava di dimostrarne la rettitudine morale, la buona reputazione oppure cercava di intaccare la credibilit delle testimonianze. Il tribunale consegnava al difensore copia dei verbali processuali, mondati da indicazioni che avrebbero potuto portare all'identificazione dei testi. In alcuni
dominio di terraferma attraverso i rettori, vale a dire i provveditori della citt in cui il procedimento penale si svolgeva. Essi, coadiuvati da due dottori in legge, avevano disposizioni ben precise, vale a dire partecipare attivamente alle cause giudiziarie conducendo i procedimenti penali e non assistendovi semplicemente, nonch fare in modo tale che i processi pi importanti venissero direttamente traslati a Venezia. ID, Organizzazione, composizione e giurisdizione, cit., p. 280; ID., L'Inquisizione romana, cit., pp. 201-206, 208, 211, 213. La disposizione del 1551 stabil una normativa secondo cui i rettori potevano partecipare ai processi come assistenti e dovevano trovarsi almeno un giorno alla settimana con i giudici ecclesiastici; i vicari, inquisitori e rettori potevano chiamare all'occorrenza dei dottori; i processi dovevano essere conclusi tutti nelle citt principali. [...] I veneziani cos ancora una volta imposero l'aspetto pi rilevante delle loro scelte, la presenza diretta cio dei loro magistrati, pur cedendo sulla questione dei dottori e dell'invio delle cause al governo. Tuttavia il Consiglio dei Dieci, oltre agli accordi ufficiali, sped ai rettori una lettera segretissima ribadendo istruzioni riservate gi impartite ... che comportavano il rinvio a Venezia dei processi pi importanti e ordinando inoltre che, quando fossero richiesti i dottori, i magistrati chiamassero come per proprio conto dei laici ed accettassero pure i dottori ecclesiastici eventualmente nominati da vescovi e inquisitori (A. DEL COL, Organizzazione, composizione e giurisdizione, cit., p. 294). Con questa decisione, che considerava i rettori come giudici inquisitoriali di pieno diritto e il vicario generale e l'inquisitore come assistenti o giudici collaterali, il Consiglio dei Dieci, per nulla preoccupato di rispettare le norme canoniche, non creava una nuova prassi, ma riprendeva di fatto la prassi medievale. Fin dal 1249 era esistita infatti a Venezia, in analogia con altre citt italiane, una Inquisizione ducale, che aveva il diritto di procedere d'ufficio conto l'eresia, considerata un crimine pubblico, e questo sistema "misto di secolare e d'ecclesiastico" continu anche in seguito (ID., L'Inquisizione romana, cit., pp. 202-203). Tuttavia dopo un primo periodo in cui i magistrati civili agirono in parte sullo stesso piano dei giudici ecclesiastici, emettendo anche sentenze, la loro presenza ai processi si precis come assistenza (ID., L'Inquisizione romana, cit., p. 231). Quella della presenza di laici la questione che la pi tarda ottica giurisdizionalista del conflitto Stato-Chiesa ha caricato di implicazioni non giustificate. Non si trattava di opporre una legislazione statale in materia processuale a una legislazione ecclesiastica n di evitare che i membri di uno Stato venissero giudicati da autorit di un altro potere esterno a quello. Si trattava pi semplicemente di garantire ogni informazione al governo su quel che emergeva dall'attivit di quei tribunali. Per questo, i governi repubblicani ricorsero alla presenza di delegati laici, espressi dagli organi consiliari di governo cittadino. ... La presenza di membri laici caratterizzava le Inquisizioni di Venezia e di Genova ... Non era certo una variante di poco conto rispetto al modello romano di procedura. Ne venivano lese due caratteristiche fondamentali del processo inquisitoriale, la segretezza e l'esclusiva competenza ecclesiastica. Purtuttavia a Roma si erano accettate queste variazioni rispetto allo schema fondamentale per poter contare sulla collaborazione di quei governi. [...] La questione fondamentale era quella del rapporto tra l'autorit centrale del papa e le autorit costituite dei singoli corpi politici, all'interno dei quali la prima doveva farsi riconoscere. Era inevitabile che si procedesse per compromessi. A. PROSPERI, Per la storia, cit., pp. 61, 63. 23 I costituti degli imputati hanno una funzione primaria e insostituibile nella delimitazione della gravit del crimine commesso. A questo scopo essi risultano di gran lunga pi rilevanti rispetto alle deposizioni dei testi, proprio perch determinanti e decisivi per stabilire la portata ed entit del delitto. In realt i giudici agiscono con l'unico fine di acquisire la confessione circostanziata dell'imputato, compresa l'indicazione dei complici, prova principale di colpevolezza nel procedimento legale e giuridico. Per la differenza di funzione legale e procedurale tra le deposizioni dei testimoni e i costituti degli imputati si veda: A. DEL COL (a c. di), Domenico Scandella detto Menocchio, cit., p. XVI.

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casi l'accusato poteva decidere di difendersi da solo, magari per mezzo di un memoriale, o ancora di rimettersi alla misericordia divina e alla clemenza del tribunale. Alla fine c'era la proclamazione della sentenza e l'eventuale abiura. Le pene comminate potevano essere salutari (preghiere, digiuni, pellegrinaggi, penitenze varie), pecuniarie, il bando, temporaneo o perpetuo da tutto o parte del territorio della Patria del Friuli, il carcere, temporaneo o perpetuo, la galera, vale a dire il remo sulle galere veneziane, la condanna a morte, riservata ai recidivi o relapsi. Uno dei modi attraverso cui i fedeli furono spinti a recarsi direttamente dall'inquisitore per riceverne l'assoluzione, oppure per rivelare ci di cui erano venuti a conoscenza, fu l'ordine del proprio confessore. La comparizione spontanea24 un tipo di procedimento giudiziario che si incontra con una certa frequenza specie negli atti inquisitoriali del '60025. Si tratta di una tipologia estremamente diversa da quella formale, con la quale tuttavia a volte pu venire confusa26: i processi formali infatti risultano diffusi soprattutto nel corso del '500 e sono generalmente pi cospicui, per ci che concerne il numero delle carte, rispetto a quelli del periodo successivo. Con la terminologia di spontanea comparitio si definisce una duplice metodologia adottata dall'Inquisizione: la comparizione spontanea davanti all'inquisitore del reo, che accusava se stesso per i delitti di fede commessi27; la comparizione spontanea di testimoni in processi formali, che deponevano contro altri. In questo secondo caso si tratta per di un processo formale, mentre solo nel primo caso si ha un processo sommario. Caratteristica di questa procedura era la comparsa dell'imputato in prima persona, in maniera individuale e praticabile in qualsiasi momento e luogo, a meno che il comparente non fosse stato in precedenza denunciato per i medesimi crimini28, ma non erano escluse altre forme, come ad esempio l'invio di un parente o di lettere accompagnatorie29. La presentazione inoltre doveva assumere una natura particolare, ossia un carattere di volontariet, la scelta
24 A. DEL COL, Alcune osservazioni sui processi inquisitoriali come fonti storiche, in Metodi e ricerche, n.s., XIII, 1-2, 1994, pp. 85-105; G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 175-187; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., pp. 39, 190-199. 25 Romeo colloca tra 1570 e 1590 la connessione organica tra pratica della confessione sacramentale e pratica della delazione inquisitoriale, sebbene i trattati inquisitoriali ed i manuali per i confessori non prevedessero tale binomio: ID., Inquisitori, esorcisti, cit., pp. 195-196. 26 Il processo formale nella sua forma completa comprendeva la denuncia oppure l'avvio d'ufficio, le deposizioni dei testimoni, l'interrogatorio o i costituti dell'imputato, la difesa dello stesso, la sentenza finale con l'eventuale abiura. Tuttavia non fu raro che i processi formali si concludessero a livelli anteriori, a volte anche senza sentenza. E fu proprio a causa della brevit di alcuni di questi incartamenti che le due forme processuali rischiavano di essere confuse. Pertanto seguir l'uso proposto da A. Del Col che, al fine di evitare ambiguit ed equivoci, preferisce adottare una terminologia chiara e attuale, definendo questo particolare tipo di procedimento inquisitoriale come processo sommario: A. DEL COL, Alcune osservazioni, cit., p. 87. 27 Si confrontino a questo proposito, per fare solo alcuni esempi, la denuncia per sortilegio e negromanzia contro Aurora Fabris, Anzola Guartarola e Bevegnuda Prosdocima da Meduno, e contro la Longa da Pasiano del 1605 (AAUD, S. Officio, b. 46, fasc. 587) e la denuncia per sortilegio d'amore contro un illirico, tale Mattia Mosic di non fissa dimora, del 1657 (Ivi, b. 41, fasc. 328). 28 Romeo considera la necessariet di questo requisito per poter godere dei benefici della nuova procedura: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., p. 196. Tuttavia esiste almeno un caso documentato in base al quale l'imputato si present dopo aver saputo di esser stato gi denunciato e usufru ugualmente dei benefici citati: ASVE, S. Officio, b. 107, fasc. Pedrini Domenico (si veda: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 184, n. 36). 29 G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 181.

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doveva essere frutto della sola convinzione e libera decisione dell'imputato. Si noti come a questo proposito sembri venire escluso a priori, perlomeno teoricamente, l'aspetto coatto della comparizione30. Il processo sommario incarnava una tipologia processuale particolare e specifica31 con caratteristiche peculiari. Dal punto di vista giuridico presentava propriet diverse da quelle del processo formale. 1. Il meccanismo che conduceva al processo sommario era in un certo senso interno allo stesso procedimento, dato che era necessaria proprio la comparizione volontaria dell'imputato32. Nel caso invece del processo formale era la denuncia33, da parte di terzi oppure d'ufficio da parte dello stesso tribunale inquisitoriale, a far partire l'azione giudiziaria. 2. Il comparente, proprio per essersi presentato di propria volont, non poteva essere messo in carcere, n essere torturato o sottoposto a pene di altro genere. Veniva in tal caso esclusa a priori qualsiasi coercizione o
Vedremo invece come questa libera scelta fosse incanalata dall'Inquisizione mediante specifici accorgimenti: il rifiuto dell'assoluzione sacramentale da parte dei confessori agli sponte comparentes e la promessa di processi brevi con pene miti. La spontaneit e volontariet di questa pratica era soltanto relativa ed intimamente connessa alla confessione sacramentale e al rifiuto dell'assoluzione che questa poteva comportare. In alcuni casi fu lo stesso confessore ad invitare esplicitamente il penitente a recarsi dall'inquisitore, rifiutando, come del resto suo diritto, l'assoluzione dai crimini di fede commessi. Lea rammenta che l'Inquisizione fin dal medioevo era solita proibire ai sacerdoti di ricevere le confessioni degli eretici, essendo esse riservate ai vescovi ed agli inquisitori: H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione, cit., p. 249. 31 N. EYMERICH, Directorium inquisitorum..., Romae, in aedibus Pop. Rom. MDLXXVIII, pp. 281-282; E. MASINI, Sacro arsenale, overo prattica dell'officio della S. Inquisitione..., Roma, Stamperia della Rev. Cam. Apost., 1705, pp. 174-180, 317-323. 32 Il meccanismo da cui spesso scaturiva il processo sommario, in quanto forma procedurale, era interrelato al rifiuto da parte del confessore ad assolvere i penitenti, invitandoli e in un certo senso costringendoli a presentarsi come imputati innanzi all'inquisitore, unico ecclesiastico in grado di assolverli sacramentalmente dai crimini di fede commessi: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 195-196. 33 La denuncia era il mezzo di controllo utilizzato dall'Inquisizione per eccellenza, usato da secoli per identificare, isolare e separare il deviante religioso dalla societ, o il solo sospetto tale, lo strumento per controllare il consenso ed eliminare l'anticonformismo religioso, per ridefinire i confini della comunit e i rapporti sociali, morali e religiosi. Fin dagli ultimi decenni del '500 e per tutto il '600, la procedura della comparizione spontanea ebbe come conseguenza l'aumento delle denunce e delle cause processuali. Proprio nel corso di questo periodo la pratica della delazione inquisitoriale sub un mutamento, divenendo uno strumento maggiormente articolato ed efficace. Nella citata ricerca Paolin analizza tre decenni successivi dell'azione dell'Inquisizione friulana e osserva un aumento non solo delle denunce, ma soprattutto delle comparizioni spontanee. Per ci che concerne il periodo 1630-1648, utilizzando il numero dei procedimenti giudiziari (239) e non quello dei fascicoli archivistici, l'autrice rileva che 128 sono denunce (53.55%), 59 sono comparizioni spontanee (24.68%); inoltre all'interno di queste ultime 35 sono anche denunce contro terzi come complici (59.32%), 18 sono i casi in cui si fa riferimento esplicito ad una coercizione da parte del confessore (30.50%), 5 i casi in cui presente lo stesso confessore (8.47%), 36 i casi di comparizione volontaria, senza coercizione (61.01)%. Per il periodo 1648-1659 l'autrice analizza invece i procedimenti per lettura e possesso di libri proibiti, notando un elevato incremento dell'attivit inquisitoriale in Friuli. I dati sono i seguenti: su 113 procedimenti ben 87 sono le comparizioni spontanee (77%), di queste 24 su spinta del confessore (21.23%), 2 per denuncia (1.77%); 6 superano le dieci carte (5.30%), mentre i restanti 107 sono compresi tra una e quattro carte (94.70)%. Seppur fosse confermato un aumento della quantit di procedimenti e comparizioni spontanee, che in entrambe le serie numeriche paiono discrete, ci non vuol dire assolutamente che sia per forza collegato ad un reale incremento dei crimini commessi, bens potrebbe essere connesso semplicemente con un periodo di intensa attivit pastorale tramite editti, prediche, confessioni. Tuttavia una tale crescita, come suggerito dalla stessa autrice, non strettamente dovuta ad un rapporto di causa-effetto tra comparizioni spontanee e denunce, ma ad una azione combinata di queste con gli editti o proclami inquisitoriali e vescovili. Inoltre viene notato nelle denunce un carattere ciclico, a cadenze precise. Difatti queste sembrano infittirsi in determinati periodi, dopo la Pasqua, dopo l'intervento di un prete nuovo e particolarmente energico (a questo proposito si noti ad esempio come la denuncia contro le tre donne di Maniago fosse avvenuta subito dopo un pellegrinaggio di gran parte della cittadinanza al santuario di Madonna di Rosa presso San Vito al Tagliamento). Per i dati statistici della comparizione spontanea in Friuli tra 1630-1659: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 183, 185-186. Per un'analisi statistica generale dei procedimenti inquisitoriali friulani: M. SARRA, Distribuzione statistica, cit.. Per il cambiamento della pratica della delazione inquisitoriale: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 175.
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sofferenza di tipo fisico e psicologico ai suoi danni. La procedura formale invece consentiva sia l'incarcerazione sia la tortura. Da questo punto di vista la comparizione spontanea offriva un trattamento pi mite e benevolo. 3. Il comparente confidava all'inquisitore i propri crimini di fede, similmente ad una confessione34. Al giudice era vietato qualsiasi intervento di tipo suggestivo, non poteva fare alcuna domanda su eventuali eresie professate dall'imputato, n suggerire le risposte o minacciare il penitente in alcun modo. L'unica intromissione consentitagli era di natura ausiliaria, per aiutarlo in caso avesse difficolt di espressione35. Nel processo formale invece era diritto del giudice interrogare l'imputato con tutte le sottigliezze e arguzie del caso, compreso l'uso o la minaccia della tortura, in base alle regole dettate dai manuali inquisitoriali36. 4. L'esclusione assoluta di testimoni, oltre al comparente nessun altro teste veniva sentito, avvicinava ulteriormente il processo sommario al sacramento della confessione. La procedura formale consentiva e anzi richiedeva l'ausilio dei testimoni. 5. L'esclusione di ogni forma di difesa per l'imputato. La procedura formale diversamente consentiva all'imputato di avvalersi della difesa e nel caso non potesse permettersela gli assegnava un avvocato d'ufficio. 6. Il processo sommario si concludeva con una sentenza particolarmente mite, non pronunciata in forma solenne e in pubblico come nei processi formali, ma all'interno dello stesso tribunale in forma privata, alla sola presenza del comparente-reo confesso e dell'inquisitoreconfessore37, oltre al cancelliere. Le punizioni severe erano escluse, essendo la penitenza salutare l'unica pena ammessa38. Seguiva la sottoscrizione
Sulla comparizione spontanea come equivalente giudiziario della confessione auricolare (al contempo mezzo di controllo delle coscienze e strumento di propaganda religiosa): A. DEL COL, Alcune osservazioni, cit., p. 88; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., pp. 194-195. In generale sulla connessione tra pratica inquisitoria e confessione: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 175-187, particolarmente le pp. 178, 183, 185-186. In relazione alla duplice funzione dell'inquisitore, di confessore e giudice, secondo Lea necessario ci facciamo, prima di tutto, un'idea il pi possibile esatta di come l'inquisitore concepiva le relazioni che passavano fra lui e gli accusati che venivano deferiti al suo tribunale. Come giudice, difendeva il Vangelo, ossia la fede com'egli la concepiva, e vendicava le ingiurie fatte a Dio dai cattivi col delitto d'eresia o di miscredenza. Ma egli era ancor pi d'un giudice, era anche un padre confessore che lottava per salvare quelle anime che l'errore si sforzava di mandare in perdizione. In ambedue queste sue qualit, egli agiva rivestito di un'autorit di gran lunga superiore a quella di qualunque altro giudice terreno. H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione, cit., p. 211. 35 Affermare che l'inquisitore non potesse porre domande corrisponde solo in parte a verit, dato che esistevano vere e proprie istruzioni redatte dagli inquisitori stessi per aiutare i vicari ad interrogare gli sponte comparentes. 36 Sull'uso e l'abuso della tortura giudiziaria per tutti: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 82-91. 37 Il rapporto tra inquisitore e confessore ... fu soggetto a periodiche revisioni e discussioni. Ma solo nel XVI secolo, con il concilio di Trento e con la nascita dell'Inquisizione romana, le condizioni del rapporto vennero profondamente modificate: l'obbligo della confessione annuale divenne concreto con l'istituzione di un controllo efficace da parte della struttura parrocchiale e con le visite vescovili ... Ma la contemporanea crescita dell'istituzione inquisitoriale ... pose il problema di quale dei due giudici avesse pi potere, se quello preposto al foro interno o quello che si occupava del foro esterno. A. PROSPERI, Per la storia, cit., p. 43. 38 Lea individua tale tendenza alla penitenza, e non alla punizione, anche nella procedura inquisitoriale medioevale: La funzione penale dell'Inquisizione ... teoricamente parlando ... non aveva lo scopo di infliggere delle pene. La sua missione consisteva nel salvare delle anime, nel rimetterle sulla via della salvezza, e nell'infliggere delle penitenze salutari a coloro che cercassero questa via, come fa un confessore con i suoi penitenti. Le sue sentenze, perci, non erano, come quelle di tutti gli altri tribunali temporali, delle vendette esercitate dalla societ civile sui colpevoli, oppure degli esempi destinati ad impedire, col terrore che ispiravano, la diffusione del delitto; esse venivano imposte semplicemente per il bene delle anime fuorviate, perch fossero cancellati o riscattati i peccati. [...] Teoricamente parlando dunque, il numero delle pene che l'inquisitore poteva infliggere era assai limitato ... Il suo tribunale era essenzialmente un tribunale spirituale che giudicava esclusivamente i peccati e
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dell'eventuale abiura e l'assoluzione dalla scomunica in cui era incorso l'imputato per i suoi crimini.39 Come si pu notare la comparizione spontanea presenta una difformit piuttosto rilevante rispetto alla causa formale. Di fronte ad una maggiore complessit della seconda, che concedeva al giudice di fede una larga autonomia procedurale nonch decisionale, dai tempi pi dilatati e maggiormente rischiosa per l'imputato, essa si presentava invece come un procedimento tendenzialmente favorevole al comparente. Il processo sommario appare istituito pi per il recupero e il reinserimento nella comunit cristiana e sociale del dissenziente religioso, che per una punizione e repressione severa dei suoi crimini di fede40. Nel corso del '600 il processo sommario divenne cos il procedimento pi diffuso dell'Inquisizione romana, rovesciando la prassi in corso durante il secolo precedente che vedeva invece il processo formale come tipologia procedurale maggiormente utilizzata dai giudici. L'atteggiamento del tribunale inquisitoriale cambi nel corso del tempo, come cambi anche la considerazione stessa data alla gravit dei crimini di fede considerati41. Tuttavia era distinguibile una costante all'interno dei procedimenti inquisitoriali del XVII secolo, vale a dire una relativa serenit e fiducia da

stabiliva quali fossero i rimedi dello spirito pi convenienti a guarirli. [...] Ma questa dottrina che faceva della Chiesa una madre amorosa, che castigava con dispiacere e nel solo interesse dell'anima dei suoi figli disordinati, non serviva che a rendere pi implacabili le operazioni del Sant'Uffizio. Coloro che facessero opposizione ai suoi sforzi benefici si rendevano colpevoli di ingratitudine e di disobbedienza, che erano quanto di peggio potesse esistere ... e i loro peccati non si potevano espiare che colle pi dure penitenze. H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione, cit., pp. 247-249. 39 Romeo ricorda come le altre Inquisizioni moderne assicurassero un trattamento altrettanto benevolo tramite gli Editti di Grazia, pratiche per a carattere collettivo; inoltre fa riferimento agli editti vescovili, che venivano utilizzati come mezzo similare: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., pp. 195-196. Io mi limito a ricordare l'esistenza degli editti inquisitoriali, a carattere periodico, che venivano pubblicizzati ogniqualvolta un nuovo inquisitore si stabiliva in una nuova sede. Essi davano la possibilit a tutti, purch come ricordato non gi denunciati in precedenza, di presentarsi all'inquisitore entro un determinato lasso di tempo e godere di un trattamento pi mite. 40 Riguardo alla correttezza procedurale dei tribunali del Sant'Ufficio in Italia, Venezia in particolare viene da numerosi studiosi ritenuta un esempio in tal senso. Tuttavia, come sostiene J. Martin, quest'immagine cambia se si osserva pi da vicino il tipo delle sentenze e le pene irrogate. Egli infatti individua una prassi ... relativamente dura, specie se la si paragona con quella degli altri tribunali inquisitoriali del periodo. Il 5.5% delle sentenze, in particolare, furono condanne a morte, tale dato si discosta notevolmente dall'1% proposto da altri autori per quanto riguarda la percentuale delle persone giustiziate. Ci infatti pi o meno vero se si prendono in considerazione tutti gli imputati, non lo pi in rapporto ai processati veri e propri. Inoltre il 5.5% una percentuale elevata anche in rapporto alla prassi dell'Inquisizione spagnola di quell'epoca, in cui la proporzione dei giustiziati variava, tra il 1540 e il 1614, dall'1.4% al 2.5%. E con ci ci troviamo davanti ad un paradosso. L'Inquisizione veneziana, in una repubblica ritenuta tollerante, fu pi dura o almeno altrettanto dura che in Spagna. La spiegazione avanzata da Martin di quest'anomalia riguarda la severit procedurale dell'istituzione giudiziaria veneta, che non indagava su tutte le denunce ma, una volta avviato il processo vero e proprio, procedeva con rigore. J. MARTIN, Per un'analisi, cit., pp. 150-157. Per quanto concerne invece il numero limitato delle sentenze a morte a Venezia: P. F. GRENDLER, L'Inquisizione romana, cit., pp. 85-88; E. W. MONTER - J. TEDESCHI, Towards a Statistical Profile, cit., p. 142. 41 Ma la funzione pi durevole di questi organismi (i tribunali inquisitoriali, n. d. l.) sembra esser stata pi che altro quella di controllare e migliorare la fede dei cristiani normali o di cristianizzare ulteriormente le popolazioni rurali dell'Europa occidentale. Molti degli uomini e delle donne sottoposti a processo erano dissidenti, molti altri per erano semplicemente contadini o lavoratori urbani che, forse senza pertinacia, avevano un po' deviato in materia di dottrina o di moralit. In quest'ultimo senso allora l'Inquisizione pare aver svolto funzioni "pastorali" o "catechistiche" pi che repressive. [...] Il quadro che sta emergendo non pi quello di un tribunale che fu unicamente repressivo, ma piuttosto quello di un'istituzione che cerc di sviluppare, anche con mezzi non repressivi, un certo consenso intorno a questioni religiose e morali negli Stati italiani. Da questa nuova prospettiva l'Inquisizione romana del Cinquecento emerge come un'istituzione ben pi flessibile di quanto non lo sia stata per generazioni di ricercatori. J. MARTIN, Per un'analisi, cit., pp. 143-144.

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parte degli sponte comparentes nei confronti del tribunale42. Gli stessi inquisitori inoltre erano consapevoli del fatto che le condizioni oggettive dei delitti di fede e i pericoli effettivi di questi si erano decisamente affievoliti, ragion per cui era inutile continuare con un atteggiamento di ostilit che non favoriva n invogliava i dissenzienti a presentarsi volontariamente. Pertanto l'Inquisizione decise di adottare un atteggiamento meno rigoroso e severo, ma non per questo meno attento43. La comparizione spontanea divenne uno strumento aggiuntivo, in grado di consentire un controllo capillare delle coscienze e dell'ortodossia religiosa. Anche in Friuli l'Inquisizione segu tali tendenze e ci ravvisabile soprattutto a livello organizzativo44. Proprio nel corso del '600 venne istituita nelle comunit pi vaste ed importanti una nuova figura, quella del vicario foraneo dell'Inquisizione45, al fine di aumentare la penetrazione ed il controllo del territorio da parte della struttura inquisitoriale. I vicari foranei, sulla presenza dei quali in Friuli il primo accenno risale al 163446, erano nominati direttamente dall'inquisitore delegato e a lui dovevano rispondere inviando dei resoconti scritti. Questo rapporto epistolare si verificava anche nel caso delle comparizioni spontanee, come appare da alcune serie di istruzioni inviate dall'inquisitore ai vicari, le quali dimostravano tra l'altro la elevata diffusione di tale procedura47. Generalmente essi appartenevano al clero
Si vedano a tale proposito i casi di individui presentatisi pi volte magari per lo stesso delitto e poi regolarmente assolti: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 183-184, 186. Significativo il caso di Tommaso di Filippo da Claut (1657), il quale si present spontaneamente al cospetto dell'inquisitore per ben due volte, dal momento che la precedente il giudice di fede aveva altro da fare: Si raccordar vostra signoria reverendissima che il gioved santo passato io et il signor David Polo, nativo da Forno, habitante hora in monte Reale, diocese credo di Concordia,. fossimo unitamente da lei per esprimerle un tal particolare, il quale inteso da noi succintamente, ne comand tornassimo, perch lei voleva allora andarsi a communicare. Risulta evidente qui l'atteggiamento tranquillo e non timoroso dei due comparenti, in ci aiutati sicuramente anche dal comportamento dell'inquisitore: AAUD, S. Officio, b. 41, fasc. 328. 43 A cavallo dei secoli XVI e XVII si diffuse una notevole riluttanza, fra gli avvocati e i giudici ecclesiastici, a tollerare gli abusi procedurali da cui dipendeva il buon esito della caccia alle streghe. Inoltre i magistrati di fede dimostrarono crescente riluttanza a impartire sentenze severe, denunciando un ritorno alle tradizionali funzioni penitenziali e ammonitrici che la giustizia ecclesiastica aveva assolto in origine. Se l'assunzione del controllo secolare sul crimine di stregoneria ebbe un impatto profondo sul fenomeno della caccia alle streghe in molti paesi europei, comportando un incremento dei procedimenti giudiziari e delle denunce (Scozia, Transilvania e Polonia solo per citarne alcuni), in altri non si rilev affatto un declino dell'Inquisizione o comunque dei tribunali ecclesiastici a favore di quelli laici. Cos in Italia e Spagna la persistenza della giurisdizione ecclesiastica in ordine a quel crimine contribuiva a contenere al minimo il numero dei processi. B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 95-96. 44 Come Italia e Spagna segnarono un'anomalia rispetto alle linee di tendenza repressive di una parte dell'Europa, tra fine XVI e prima met del XVII secolo anche il Friuli segu tale orientamento alla moderazione. Indicativamente: L. ACCATI - LEVI., Lo spirito della fornicazione: virt dell'anima e virt del corpo in Friuli, fra '600 e'700, in Quaderni Storici, 41, 1979, p. 660; C. GINZBURG, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Torino, Einaudi, 1966, p. 81; G. P. GRI, Spiritz a Clauset, Relazione ufficiale al 69 Congresso della S.F.F., in Sot la Nape, XLIV, 4, 1992, p. 6. 45 Con la restaurazione post-tridentina la struttura istituzionale della Chiesa mut profondamente, le diocesi vennero riorganizzate e fu inserita la nuova figura del vicario foraneo: L. DE BIASIO, Note storiche sul S. Officio di Aquileia e Concordia durante i secoli XVII e XVIII, in L. DE BIASIO - M. R. FACILE (a c. di), I processi dell'Inquisizione, cit., pp. 107-111; G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 177-178; A. PROSPERI, Le istituzioni ecclesiastiche e le idee religiose, in Il Rinascimento nelle corti padane. Societ e cultura, Bari, De Donato, 1977, p. 161. 46 L. DE BIASIO, Note storiche, cit., p. 108. 47 Si trattava di vere e proprie direttive su come i vicari del Sant'Ufficio dovevano procedere nei casi di comparizioni spontanee. Come attestava una di esse, che qui di seguito menziono in parte, oltre all'elenco dei crimini di fede che rientravano nell'utilizzo di tale procedura, poteva essere presente un questionario simulato e potenziale, in base al quale il vicario foraneo era tenuto a procedere all'interrogatorio degli sponte comparentes, dove erano indicate le diverse domande da porre anche a seconda delle possibili risposte. Inoltre vi potevano essere indicazioni precise riguardo la penitenza salutare e l'abiura, e infine l'invito esplicito a non inviare all'inquisitore simili denunce di
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secolare, raramente ad ordini religiosi, ed avevano il compito di accettare le denunce, raccogliere informazioni, fare interrogatori, riferendo poi all'inquisitore i nominativi degli imputati. Dal momento che i vicari foranei operavano su una limitata giurisdizione territoriale ed evitavano che i testimoni si dovessero spostare fino a Udine, la loro presenza agevol un'azione repressiva pi estesa del tribunale, nonch consent di capillarizzare il controllo. Purtuttavia neanche con il loro ausilio l'indagine attuata dall'Inquisizione risult uniforme ed organica. La comparizione spontanea pertanto risult un metodo innovativo per il controllo delle devianze in materia di religione, che, applicato in maniera capillare, fu finalizzato al recupero dei dissenzienti. Esso si avvalse del timore di ci che sarebbe potuto accadere, come mezzo che spingeva alla presentazione volontaria, e fu proprio la paura suscitata nei fedeli che costitu una delle novit di questa procedura. Non fu pi necessario per l'Inquisizione dover attendere le denunce di terzi per procedere, grazie a questo sistema i colpevoli si presentavano da soli, spinti da un processo di sollecitazione occulto che li faceva sentire intimamente responsabili di qualche delitto48. L'Inquisizione, tramite l'avocazione a s dell'assoluzione, verific direttamente le coscienze dei fedeli, assumendo un compito che prima spettava esclusivamente al clero locale tramite la confessione e l'assoluzione sacramentale. Il meccanismo del processo sommario divenne abituale all'interno dei tribunali inquisitoriali friulani nel corso del '600, tanto da costituire un vero e proprio sistema elaborato per il controllo religioso, strettamente legato al rifiuto dell'assoluzione. Di fronte a tale rifiuto unica soluzione per il peccatore era quella di presentarsi davanti all'inquisitore, confessando i propri errori e denunciando eventuali complici, al fine di ottenere l'assoluzione49. A volte era lo stesso pievano del paese a suggerire verbalmente questa soluzione50, altre volte scriveva una lettera accompagnatoria nella quale presentava il peccatore, non ritenendosi

casi leggeri, bens a conservarle in luogo sicuro presso gli archivi parrocchiali: Se alcuno comparir avanti il vicario del Sant'Officio di Concordia e volontariamente si accusar [...] De quali casi il vicario del Sant'Officio prender sempre in scritto la denuntia o volontaria comparsa, secondo lo stile del Sacro Arsenale. Ma de quattro ultimi casi per essere gravi, cio de sacramenti come della santa messa a fine di cagionar la morte e dell'oglio santo per eccitare ad amore impudico e vi siano complici e testimonii, mandar esso vicario copia della denuntia o volontaria comparsa all'inquisitore, dal quale ne attender ci che dover operare, mutando il nome del denuntiante o sponte comparso acci, in caso si perdesse, niuno possa venire in cognitione di esso denunciante o sponte comparso e terminar le denuntia o sponte comparsa come segue [...] Di poi il vicario far il suo rogito cos [...]. AAUD, S. Officio, b. 78, fasc. Miscellaneo G, fasc. B 7, Modo di regolarsi per li sponte comparenti o denuntianti per cose leggiere, cc. 1-6. Nel documento non appare alcun accenno esplicito al nome dell'inquisitore e alla data in cui l'istruzione fu scritta, tuttavia nel medesimo fascicolo interno presente un riferimento all'inquisitore fra Bartolomeo Procaccioli da Terni, sempre riguardante la comparizione spontanea, situato sul retro di una stampa anch'essa non datata ma a suo nome. Tale indicazione mostra la data del 22 aprile 1638, ed essendo l'inquisitore morto il 3 dicembre 1635 deve verosimilmente essere anteriore a quest'ultimo periodo. Ibidem. 48 A. DEL COL, Alcune osservazioni, cit., p. 88; G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 177. 49 G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., pp. 195-196. 50 Un fatto analogo, ad esempio, verosimilmente accadde nella vicenda della possessione di Nicolosa Campolino da Maniago: il pievano del paese consigli ai parenti della vittima di andare direttamente dall'inquisitore ed esporre il caso al suo giudizio. AAUD, S. Officio, b. 39, fascc. 293 e 299.

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autorizzato ad assolverlo da simili crimini e eresie51. Infine in alcuni casi era lo stesso sacerdote a presentarsi accanto all'interessato, o a volte addirittura in sua sostituzione52. Dal punto di vista formale il meccanismo del rifiuto dell'assoluzione da parte del confessore rispettava, almeno in linea teorica, l'obbligo del segreto del sacramento. Il sacerdote infatti non doveva divulgare i peccati di cui era venuto a conoscenza tramite la confessione, semplicemente rifiutava l'assoluzione al penitente demandandola ad altra autorit, in questo caso quella dell'inquisitore53. Era compito ed interesse del dissenziente agire in maniera tale da essere assolto e, come si visto, l'unico modo era quello di recarsi personalmente presso il tribunale inquisitoriale. Ancora non appare ben definita l'evoluzione che port a questo stretto rapporto tra confessione sacramentale e processo sommario, tuttavia le due pratiche risultavano tanto connesse ed interrelate da poter definire la comparizione spontanea come trasposizione e complemento sul piano giudiziario del sacramento della confessione54. Risulta fondamentale da questo punto di vista il ruolo svolto dai confessori di paese, intermediari tra dissenzienti e autorit giudicanti. Il rapporto tra confessori e penitenti sub un'alterazione. Il fatto che la confessione non fosse pi obbligatoria solo a Pasqua ma venisse invece richiesta con maggiore frequenza pi volte nell'arco dell'anno, e che fosse legata a sacerdoti determinati e fissi, non interscambiabili, condusse gli individui ad instaurare un rapporto consuetudinario con i propri confessori. Il carattere periodico di una confessione cos strutturata instaur un legame abitudinario, che regol in maniera quasi automatica le relazioni tra confessore e penitente55. Il ruolo del confessore fu pertanto quello di conoscere e controllare il consenso religioso dei suoi fedeli e in caso di dissenso rifiutare l'assoluzione sacramentale56; fu proprio questo reciproco accordo tra confessori e Inquisizione a permettere un'azione di verifica
51 Si veda a questo proposito il caso gi citato di David Polo da Montereale Valcellina e Tommaso di Filippo da Claut, ai quali venne rifiutata l'assoluzione sacramentale e per i quali il confessore scrisse una lettera dove spiegava anche i motivi di quel rifiuto: Ivi, b. 41, fasc. 328, cit. Lo stesso pievano di Maniago scrisse due lettere accompagnatorie, la prima per presentare il caso e il denunciante Osvaldo Campolino, la seconda per il padre di questi, Giacomo Campolino: Ivi, b. 39, fascc. 293 e 299, citt. 52 G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 181 e n. 26. 53 La violazione del segreto confessionale e l'utilizzo della confessione come strumento delatorio non era una novit nella prassi ecclesiastica ed inquisitoriale. Fin dal medioevo infatti negli sforzi fanatici fatti dagli inquisitori per ottenere tutte le informazioni possibili sul conto degli eretici, non veniva rispettato neppure il segreto del confessionale. Il sigillo sacramentale della confessione non si poteva violare apertamente, ma si giungeva al medesimo risultato per via indiretta. Quando un confessore apprendeva in confessione qualche cosa che riguardasse l'eresia, doveva prenderne nota e sforzarsi di indurre il suo penitente a rivelare tutto alle competenti autorit. Qualora non riuscisse a convincerlo, doveva, senza far nomi, consultare uomini "sperimentati e timorati di Dio", per sapere che cosa fare. Si indovina facilmente dove andassero a finire tali consultazioni, poich il solo fatto di chiedere consiglio in simili frangenti dimostra che l'obbligo stesso del segreto non veniva considerato un obbligo assoluto. H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione, cit., p. 233. 54 A. DEL COL, Alcune osservazioni, cit., p. 88; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., p. 195. 55 Con ogni probabilit fu questa evoluzione nel rapporto tra confessori e penitenti la causa della conseguente metamorfosi del tribunale inquisitoriale nel corso del '600: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 181-182. 56 I confessori vennero educati al rifiuto dell'assoluzione sacramentale dai casi dubbi o riservati per mezzo di ammonizioni, interventi disclipinari punitivi, manuali confessionali: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 187.

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attenta ed efficace57. In questo senso l'Inquisizione si appropri di peculiarit proprie del sacramento confessionale, estendendo la propria influenza in un campo prima ad essa estraneo. Parallelamente i confessori acquisirono un ruolo nuovo58, diverso, infatti divennero causa dei procedimenti inquisitoriali, proprio per mezzo di quel rifiuto dell'assoluzione e dell'obbligo formulato ai penitenti della comparizione spontanea59.
Si veda a tale proposito il confronto istituito da Romeo con le prediche. Seppur ne dichiari la limitata influenza diretta sulle denunce inquisitoriali, tuttavia ne ipotizza la funzione di stimolo alla pratica confessionale, riconoscendo l'opera di canalizzazione del dissenso religioso e di recupero dei dissenzienti svolta principalmente dalla connessione organica tra confessione sacramentale e processo sommario: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., pp. 197-198 e n. 65 a p.197. Pi decisamente invece Paolin, oltre al ruolo di formazione spirituale, di rafforzamento della devozione e di educazione della coscienza individuale, riconosce alle prediche una funzione di stimolo ad utilizzare la denuncia come deterrente morale obbligatorio: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 176. S. Peyronel Rambaldi infine riconosce nelle prediche del clero locale modenese alla fine del XVI secolo una relativa multifunzionalit. Da un lato strumento per criticare apertamente e pubblicamente le autorit laiche, i podest, che in quel periodo tentavano di proporsi alla comunit in un ruolo alternativo a quello del parroco, che da secoli esercitava funzione di guida e di controllo sulle coscienze contadine, fatto corroborato dallo stesso uso di citazioni bibliche in funzione polemica; addirittura si intravvede perfino qualche tentativo da parte dei podest di soppiantare i parroci nel loro ruolo tradizionale di mediatori religiosi all'interno della comunit ... una sorda resistenza da parte di uomini che intendono invece esercitare una leadership alternativa a quella ecclesiastica, anche dal punto di vista culturale. Dall'altro un mezzo educativo di massa: Il prete che minaccia dal pulpito domenicale per costringere i propri parrocchiani ad andare in chiesa, che critica gli ufficiali laici perch concedono di lavorare durante le feste, o peggio che stigmatizza il loro comportamento privato, accusandoli ... di adulterio e concubinato, appare sempre pi come il depositario di regole di un comportamento definito "cristiano", che stanno divenendo il metro con cui si giudica la legittimit o meno di appartenere alla comunit di villaggio. I podest, come anche certo tipo di nobilt locale, che si considera indipendente dal potere ecclesiastico, e in certa misura anche da quello estense, sono recalcitranti di fronte a questo sforzo educativo e coercitivo di massa e rifiutano di riconoscere legittimit al prete locale. Il tutto inserito all'interno di un conflitto non solo giurisdizionale ma anche politico, con riflessi economici e sociali, che riguarda la struttura stessa dello Stato estense, un conflitto tra duca e potere ecclesiastico relativo soprattutto al godimento di benefici ecclesiastici. S. PEYRONEL RAMBALDI, Podest e inquisitori nella montagna modenese. Riorganizzazione inquisitoriale e resistenze locali (1570-1590), in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 214, 219, 221-223, 228. Pertanto gli interventi dal pulpito paiono assumere valenze molteplici: formazione spirituale generale e strumento educativo delle coscienze individuali, rinsaldamento del sentimento devozionale, stimolo alla confessione e alla denuncia, critica delle autorit laiche. In tal senso per le prediche possono essere considerate in senso oppressivo, come mezzo di esasperata propaganda religiosa e di controllo delle coscienze. Tuttavia esse agiscono insieme alle pressioni e al rifiuto dell'assoluzione da parte dei confessori, stimolato dai superiori, e al senso di colpa provato dai penitenti, in maniera tale da indurli a comparire spontaneamente dinanzi all'inquisitore. 58 Secondo Paolin furono proprio la maggiore presenza del clero e l'uso pi attento ed efficace del confessionale, unitamente alla crescita del confornismo laico, a limitare gradatamente il potere inquisitoriale, preparando cos il terreno ad un ridimensionamento progressivo della funzione della stessa Inquisizione: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 187. Infatti gi al termine del XVI secolo la struttura dell'Inquisizione romana ormai soltanto marginalmente uno strumento per risolvere il conflitto tra ortodossia e dissenso religioso, anche se apparentemente le categorie interpretative degli inquisitori appaiono sempre le stesse; l'Inquisizione piuttosto divenuta un mezzo sia per adeguare la realt morale e religiosa dei fedeli ad un pi vasto programma educativo, sia anche per intervenire nei microconflitti locali in difesa delle prerogative ecclesiastiche: S. PEYRONEL RAMBALDI, Podest e inquisitori, cit., p. 230. 59. G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 186. In una serie di procedimenti giudiziari che videro come imputati, tra 1570 e 1590, i podest di alcuni villaggi situati nella montagna modenese, all'interno di un aspro conflitto tra questi ed i parroci locali, S. Peyronel Rambaldi evidenzia una funzione simile nel ruolo dei predicatori quaresimali, funzionari ecclesiastici che venivano utilizzati dall'Inquisizione dello Stato estense come mezzo per penetrare capillarmente all'interno della comunit. A loro volta questi predicatori agirono come dei veri e propri investigatori, utilizzando la confessione auricolare da un lato come strumento per estorcere dichiarazioni che andranno inserite successivamente nella fase processuale, dall'altro come mezzo di controllo sociale. In questa maniera essi non rispettavano la norma della segretezza prevista per la confessione, tentando di utilizzarla al pari di una denuncia vera e propria. In questi processi, dunque, entrano come parte attiva e come inquisitori anzitutto i predicatori quaresimali, che sono sempre frati domenicani (in un caso si tratta addirittura del notaio dell'Inquisizione), e che sono presenti nei villaggi durante i tempi liturgici pi significativi, a Quaresima, a Pasqua, durante l'Avvento (anche se ormai frequentemente parecchi parroci predicano durante la messa). Essi fanno uso del loro ruolo, che continua ad essere centrale nella vita religiosa delle comunit, per svolgere delle vere e proprie indagini nel villaggio, usando come informatori anzitutto i rettori locali. E per di pi sfruttano il loro potere di confessori per estorcere dichiarazioni, che dovrebbero poi
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Lo stretto rapporto tra confessione sacramentale e comparizione spontanea, dagli ultimi decenni del '50060 in poi e per tutto il corso del '600, ebbe in conclusione un ruolo di primaria importanza nel programma di recupero, riconciliazione e reinserimento all'interno della Chiesa e della societ dei dissenzienti religiosi61.
entrare nell'istruttoria dei processi [...] Alla fine del Cinquecento, dunque, l'Inquisizione dello Stato estense ... mostrava di riuscire a penetrare nel tessuto delle comunit in modo pi capillare, servendosi dei frati predicatori, ma soprattutto ... del clero locale, e si andava ormai strettamente legando alla riorganizzazione diocesana e parrocchiale che il Concilio aveva promosso. per questo motivo che l'autrice fa riferimento ad un unico programma di riforma e repressione, di incentivazione di pratiche religiose come la confessione e di uso di queste pratiche anche per scopi repressivi, di valorizzazione della figura del parroco e, nello stesso tempo, di suo inquadramento in un pi ampio programma di controllo: S. PEYRONEL RAMBALDI, Podest e inquisitori, cit., pp. 213-215. L'aspetto pi importante dell'impegno antimagico di Chiesa e Inquisizione nell'Italia del tardo '500 la mobilitazione dei confessori. Non era uno strumento nuovo nella storia dei tribunali inquisitoriali. Le connessioni e le interferenze tra pratica della confessione e repressione dell'eresia ne accompagnano l'operato sin dai primordi ... Ma anche a voler restringere il discorso all'Inquisizione romana, l'uso della confessione dei peccati in chiave di delazione era stato presto individuato come uno degli strumenti pi efficaci per la lotta all'eresia e alla diffusione dei libri proibiti. G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 190-191 (e la bibliografia citata alla n. 56 p. 191). 60 Numerosi sono gli autori che individuano negli ultimi due o tre decenni del XVI secolo un punto focale, un cambiamento di fase negli obiettivi della repressione inquisitoriale: dalla lotta contro le eresie protestanti, l'Inquisizione romana passa alla lotta contro le credenze e pratiche superstiziose. La fine del '500 e gli inizi del '600 segnarono questo deciso mutamento di rotta, ad essere perseguiti furono stregoni e streghe, divinatori e negromanti, maghi e guaritori, praticone di paese, donne e uomini posseduti, o ritenuti tali, da diavoli o spiriti maligni: J. MARTIN, Per un'analisi, cit., pp. 145-147; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., in particolare le pp. 169274. Nel caso della stregoneria ... il convincimento che alla radice del suo fascino vi sia l'abbandono della pratica religiosa - e che un paziente lavoro di recupero delle pecorelle smarrite sia da parte della Chiesa la pi appropriata risposta alle sue insidie, affiora spesso, soprattutto negli interventi romani. [...] Un'accorta integrazione tra interventi giudiziari e tecniche di liberazione dagli influssi diabolici avrebbe dovuto allentare le tensioni persecutorie contro le streghe e ricondurre queste ultime nell'alveo dell'ortodossia. Al bagno di sangue purificatore si preferiva l'itinerario edificante della conversione; alla punizione dei presunti complici del diavolo la protezione delle sue vittime (ID., Inquisitori, esorcisti, cit, pp. 260-261). 61 Come in Italia, a differenza della maggior parte dei tribunali secolari, in cui la confessione si traduceva di solito nella condanna e nell'esecuzione, in Spagna essa conduceva solitamente alla riconciliazione con la Chiesa. Lo scopo originario della giustizia ecclesiastica era esattamente quella riconciliazione e in Spagna l'Inquisizione fece in modo che persino nei processi per stregoneria soltanto chi non si pentiva avesse a soffrire. B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., p. 99. L'andamento complessivo della repressione inquisitoriale della stregoneria nell'Italia degli ultimi decenni del '500 insomma largamente anomalo rispetto alle linee di tendenza europee. ... In Italia, invece, la spinta prevalente, gi nel corso del settimo decennio del secolo, va decisamente nella direzione opposta. E sono proprio i tribunali inquisitoriali ad esprimere questi orientamenti, spesso in netta contrapposizione, anche nel merito delle dinamiche repressive, con autorit secolari intenzionate a usare la maniera forte, allineate in questo alle tendenze di gran parte dei tribunali europei, secolari e non. G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., p. 62. In relazione all'atteggiamento pi moderato dell'Italia rispetto ad altre zone dell'Europa: A. PROSPERI, Per la storia, cit., p. 42. Lo stesso Romeo istituisce poi un eloquente parallelismo tra le situazioni italiana e spagnola sulla moderazione e lo scetticismo delle rispettive Inquisizioni. L'andamento della repressione della stregoneria nei tribunali inquisitoriali italiani del tardo '500 rivela evidenti affinit. senz'altro vero che la radicata incredulit dei massimi esponenti delle due inquisizioni nei poteri delle streghe e l'attenta centralizzazione di quelle cause ebbero un peso decisivo nel tener lontane Italia e Spagna dalle grandi epidemie persecutorie. Cos come indubbio che in entrambi i casi lo scetticismo non metteva in discussione i presupposti teorici che a suo tempo avevano reso possibile l'invenzione della setta delle streghe, non si esprimeva in documenti ufficiali, n tantomeno si impegnava in una campagna di delegittimazione delle persecuzioni, l dove esse fossero praticate. [...] D'altronde, anche il confronto con le scelte dell'Inquisizione spagnola fa vedere con una certa chiarezza i limiti specifici della sistemazione raggiunta nel tardo '500 dalla Congregazione del Sant'Ufficio. C' una sostanziale differenza, accanto alle tante cose comuni, tra le decisioni adottate nei due tribunali. A Madrid le nuove istruzioni regolamentarono con accuratezza e precisione tutti gli aspetti del processo di stregoneria (il 29 agosto 1614 vengono emanate delle istruzioni da parte del Consiglio Supremo alle quali i tribunali locali si dovettero adeguare, n. d. l.); a Roma fu risolto soltanto il problema dei complici del sabba. Altre importanti questioni, come quella della valutazione del maleficio, restarono nel vago, affidate alla cautela dei giudici e alla supervisione centrale. Di istruzioni, di un organico complesso normativo che regolasse anche ufficiosamente la repressione della stregoneria, non c' traccia. [...] il fatto che la Congregazione del Sant'Ufficio, pur richiamandosi a una tradizionale, diffusa tendenza all'incredulit e pur mostrando un'attenzione seria e non occasionale al problema, non riesce a tradurla, presumibilmente per spaccature interne, nell'adozione di misure adeguate alla sua complessit. E pertanto insistere troppo su una centralizzazione moderata delle cause di stregoneria significherebbe sottovalutare sia i

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II I PROCEDIMENTI GIUDIZIARI UTILIZZATI NELLA RICERCA


I casi che ho esaminato nella mia ricerca sono denunce o processi formali iniziati con una denuncia. Non rientrano quindi nella tipologia procedurale pi in uso nel Seicento, quella sommaria, che veniva applicata nei casi di presentazione spontanea dell'imputato, ma nella tipologia processuale che prevedeva l'azione d'ufficio o in seguito a denuncia. Intendo esporre sommariamente le vicende giudiziarie per dare conto dei giudici che condussero i processi, dei motivi per cui furono iniziati, delle persone che testimoniarono e dell'andamento complessivo delle cause, tutti elementi che fanno capire caratteristiche e limiti di questi documenti come fonti storiche.

Processo per stregoneria contro Anna Sguma da Spilimbergo, 1625.62


Il caso giudiziario di Anna Sguma si snoda all'interno di un arco temporale avente come estremi il 12 agosto 1625 ed il 20 ottobre 1626, relativamente breve se si pensa che i procedimenti potevano durare degli anni senza giungere ad alcuna conclusione ufficiale, e termin dopo poco pi di quattordici mesi con la condanna dell'imputata alla penitenza salutare. La vicenda si apr il 12 agosto 1625, quando un certo Giacomo Molinaro denunci la donna davanti a pre Carlo Rossetis, pievano della chiesa parrocchiale di Santa Maria di Spilimbergo, per avere minacciato lui e i componenti della propria famiglia di morte. Un mese dopo nel convento di San Pantaleone, sito in Spilimbergo, alla presenza di fra Bernardino Fortuna, vicario dell'Inquisizione delle diocesi di Aquileia e Concordia, del signor Fantino dei Conpiedi, assistente per i consorti di Spilimbergo e del pievano, il tribunale inquisitoriale inizi l'escussione dei testimoni in relazione alle accuse di stregoneria contro la Sguma. Per primo comparve lo stesso Molinaro, che conferm quanto gi esposto nella denuncia; nella medesima giornata vennero ascoltati altri cinque testi, tre il giorno seguente ed infine due il giorno 18. La donna al termine fu incriminata, poich sospettata di aver provocato molteplici disturbi, malattie di vario genere e decessi. Terminata l'escussione testimoniale, il 20 settembre il tribunale friulano si riun a Portogruaro dove, esaminato l'incartamento processuale, stabil che l'imputata venisse
limiti oggettivi di quella moderazione, sia le forti resistenze di una autorevole minoranza all'adozione definitiva di una linea improntata a scetticismo e incredulit. Ed erano proprio queste resistenze, forse, la grande novit dell'ultimo ventennio del '500, non solo a livello centrale. Da questo punto di vista, l'irriducibilit della situazione italiana alle linee di tendenza europee appare molto meno netta. G. ROMEO. Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 107-108. A tale proposito si veda anche: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 208-214. 62 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830.

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convocata per l'interrogatorio. Tuttavia la Sguma non fu ascoltata che a ottobre dell'anno successivo, dopo che il 12 dello stesso mese il tribunale inquisitoriale ne ebbe deciso il rinvio a giudizio. L'interrogatorio della Sguma si svolse in tre sedute successive presso la sede di Portogruaro, il 16, 17 e 19 ottobre. Il procedimento termin il 20 ottobre 1626, giorno seguente la conclusione dell'ultimo costituto. Il tribunale, dopo aver esaminato il complesso della causa, decise il rilascio della Sguma, previa condanna alla penitenza salutare.

Processo per stregoneria contro Marcolina Stella da Spilimbergo, 1644.63


La vicenda giudiziaria che vede coinvolta Marcolina Stella si muove in un periodo compreso tra il 6 settembre64 e il 28 ottobre 1644, poco meno di due mesi, un intervallo temporale oltremodo breve, e si concluse con il proscioglimento della donna. Il 6 di settembre tale Leonardo Cisternini si rec dall'inquisitore al quale consegn un memoriale, una sorta di accusa contro la Stella. Il 23 dello stesso mese alla presenza di fra Lodovico Sillani da Gualdo, inquisitore generale nelle diocesi di Aquileia e Concordia, di fra Pietro de Vareschi, vicario dell'Inquisizione della diocesi di Concordia, e di Enea di Spilimbergo, giusdicente del medesimo luogo nonch delegato dal luogotenente della Patria del Friuli Andrea Bragadino in sua vece, venne convocato presso il convento di San Pantaleone il pievano pre Carlo Rossetis, il primo dei testimoni ascoltati nell'arco di quattro giornate, fino al giorno 26. Terminata l'escussione dei testi, nel corso della medesima giornata Marcolina Stella comparve spontaneamente dinanzi all'inquisitore, per difendersi dalle accuse. L'azione giudiziaria nei confronti della Stella si concluse nella seconda met del mese di ottobre, periodo durante il quale il tribunale decise di non procedere oltre. Il 15 ottobre il primo dei consultori nominati dal Sant'Ufficio giudic gli indizi e le testimonianze raccolti nel corso del processo non sufficienti per decretare la colpevolezza dell'imputata e ne ordin cos solamente l'ammonizione. Il 19 ottobre Agostino Diana, secondo consultore, espresse parere favorevole all'imputata, considerando le accuse contro di lei niente altro che invenzioni menzognere e senza alcun fondamento, organizzate a fini esclusivi di interesse personale da parte dell'attore. L'ultima delibera in ordine di tempo datata 28 ottobre, giorno in cui il terzo consultore in questione reput Marcolina Stella non colpevole.

Processo per stregoneria contro Lorenzo Doz e Agnese, moglie di Giovanni di Franceschina, da Frisanco, e contro altre persone da Frisanco, Cavasso e Fanna, 1648.65
La documentazione giudiziaria riguardante Lorenzo Doz, Agnese di Franceschina e altre persone abitanti a Frisanco, Cavasso e Fanna66, si colloca all'interno di un periodo che va dal 30 giugno 164867 al 19 settembre 1650, un intervallo piuttosto ampio nel quale
Ivi, b. 27, fasc. 939. In realt vi un documento anteriore, datato Spilimbergo, 1 maggio 1644: si tratta di un memoriale autografo ad opera di Leonardo Cisternini. 65 Ivi, b. 31, fasc. 28. 66 Le persone accusate di stregoneria in questa vicenda furono complessivamente quattordici, in prevalenza di sesso femminile: Lorenzo Doz, Giacoma, moglie di Andrea del Longo, Ursula, vedova di Filippo Barcian e il figlio Lorenzo, Ursula, moglie di Giovanni Daniele del Sottile, Caterina del Vescovo, vedova di Battista di Bernardon, Agnese, moglie di Giovanni di Franceschina, Giacoma Fanella, moglie di Mattia d'Angelo (abitanti a Frisanco); Pascutta, moglie di Giacomo Covas, Daniele d'Olivo Covas, Domenica, vedova di Daniele Biasatto, detta la Chiarandola, Maddalena la Barciana, Daniele della Marmotta (abitanti a Cavasso); Giovanna di Placcia (abitante a Fanna). 67 In realt sono presenti due documenti anteriori, entrambi datati Fanna, 29 giugno 1648: una lettera scritta da pre Domenico Segala, pievano di Fanna e Cavasso, all'inquisitore fra Giulio Missini ed un memoriale del medesimo pievano.
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tuttavia non si pervenne ad alcuna conclusione ufficiale. La vicenda vede accusati a vario titolo di sospette attivit stregonesche e diaboliche ben quattordici individui di tre comunit differenti ma adiacenti, maschi e femmine, per la precisione otto abitanti a Frisanco, cinque a Cavasso e uno a Fanna. Il 30 giugno 1648 Osvaldo di Bernardon si present assieme al figlio Mattia di nove anni davanti all'inquisitore, temporaneamente in Spilimbergo, al quale consegn una lettera accompagnatoria del medesimo pievano68, al fine di ottenere l'assoluzione sacramentale del piccolo, rifiutata dal confessore pre Domenico Segala. Dopo avere ascoltato il genitore, l'inquisitore prosegu con il piccolo Mattia. I due, padre e figlio, vennero indi congedati previo giuramento del silenzio, di pi il bimbo fu allontanato con una penitenza salutare ed assolto. Il 23 settembre il tribunale, dopo aver esaminato le tre lettere ed il memoriale fatti pervenire dal pievano all'inquisitore69, si riun in seduta plenaria a Portogruaro e decise di avviare processo informativo contro alcuni degli imputati: Lorenzo Doz, Agnese, vedova di Giovanni di Franceschina e sorella del Doz, Ursula, moglie di Giovanni Daniele del Sottile, tutti abitanti a Frisanco, e Domenica, vedova di Daniele Biasatto, detta la Chiarandola abitante a Cavasso. All'interno del palazzo episcopale erano presenti l'arcivescovo Benedetto Cappello, l'inquisitore fra Giulio Missini, il canonico penitenziario pre Giovanni Battista Marignano, il canonico e canonista di Concordia pre Giovanni Battista Morandino, il cancelliere del provveditore Giacomo Zabbarella in luogo del podest di Portogruaro Donato Barbaro, il cancelliere inquisitoriale fra Alessandro Sudante da Orvieto. Successivamente trascorsero oltre otto mesi prima che il tribunale compisse altri atti70. Il 9 giugno del 1649 venne citato a deporre pre Salvatore Reggio, parroco di Frisanco. L'ultimo documento noto sulla vicenda risale al 19 settembre 1650, oltre quindici mesi dopo il precedente, quando l'inquisitore ordin, per mezzo di un mandato di comparizione, che venisse rintracciato e convocato pre Domenico Segala. Lo stesso giorno il pievano si present a Pordenone, dove venne interrogato in relazione all'autenticit delle lettere e dei memoriali inviati, che fu confermata alla presenza di Filippo Salomonio, provveditore e capitano in
La lettera di cui si riferisce datata Fanna, 30 giugno 1648. Il 29 giugno pre Domenico Segala scrive all'inquisitore facendo riferimento alle dichiarazioni di Mattia, che ha accusato numerose persone di stregoneria; accenna inoltre ad un precedente colloquio intercorso tra l'inquisitore ed il conte Elia di Polcenigo, durante il quale fra Giulio Missini aveva espresso la volont di ascoltare di persona il pievano stesso, ma quest'ultimo, affermando di non avere avuto modo di recarsi dal suo superiore, dichiara che quella missiva lo avrebbe comunque soddisfatto, anche per il fatto che ad essa aveva accluso un preciso memoriale redatto tempo prima.. Nel memoriale citato il pievano espone i propri timori in relazione ad una serie di eventi che si erano verificati nei paesi della sua cura. Da molto tempo infatti erano diffusi sospetti sulla presenza di streghe e stregoni nel villaggio di Frisanco. Alla presenza di questi individui infatti gli abitanti del villaggio attribuivano numerose disgrazie, disastri meteorologici, malattie al bestiame ed alle persone. Le rivelazioni del fanciullo non avevano fatto altro che confermare e rafforzare queste voci, indirizzandole su soggetti determinati. Nello specifico il sacerdote riferisce che il bimbo di nove anni gli aveva riferito di essere uscito pi volte di notte insieme alla nonna paterna Caterina e di essersi recato al sabba delle streghe, ci era avvenuto un gioved all'inizio del mese di maggio. A tali attivit aveva partecipato attivamente la nonna del bimbo, mentre Mattia se ne era restato in disparte, senza partecipare, osservando con attenzione ed ascoltando ogni cosa. Inoltre questi aveva riferito al sacerdote di non essere uno stregone bens un benandante e di essersi recato al sabba in pi occasioni, dove aveva incontrato due altri individui come lui, uno originario di un villaggio nei pressi del fiume Isonzo, l'altro di Ronchi di Monfalcone (oggi Ronchi dei Legionari). Il 30 giugno, ad accompagnare la comparizione spontanea di Mattia e del genitore Osvaldo, il pievano scrive un'ulteriore missiva all'inquisitore, nella quale aggiunge altre informazioni. Tutto il paese mormorava intorno alle rivelazioni di Mattia e per questo motivo il pievano si era rivolto al conte Marzio di Polcenigo, prospettando la necessit di interrogare il piccolo, il giusdicente aveva dato il suo assenso e cos era stato ordinato che la madre del bimbo venisse invitata a comparire. Madre e figlio si erano allora presentati dal pievano in data 4 giugno.. 69 Il 9 agosto pre Domenico Segala aveva inviato all'inquisitore una lettera con la quale accompagnava un nuovo memoriale, recante la medesima data. Il secondo memoriale di pre Segala, decisamente pi corposo del precedente, risultava suddiviso in ventuno sottoparagrafi, ordinati progressivamente seguendo la numerazione romana, ognuno dei quali riferiva informazioni su episodi specifici, a volte in maniera piuttosto dettagliata. Alcune delle notizie venivano raccontate al pievano da un altro religioso, pre Salvatore Reggio, curato di Frisanco. Tra il 9 e il 23 agosto pare collocarsi inoltre una lettera non datata, che pre Domenico Segala scrive all'inquisitore (per la datazione incerta: G. P. GRI, Val Colvera, nel "nido particolar delle strege". 1648-1650, in N. CANTARUTTI (a c. di), "Commun di Frisanco". Frisanco - Poffabro - Casasola, edito dal Comune di Frisanco, 1995, p. 189). Il 23 agosto pre Segala aveva infine inviato una nuova epistola all'inquisitore. 70 In realt il 14 gennaio 1649, dopo circa tre mesi e mezzo di silenzio, pre Domenico Segala aveva scritto una nuova missiva a fra Giulio Missini.
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Pordenone per la Repubblica veneta. Pre Domenico Segala non aggiunse altro, se non la notizia che nel frattempo una delle donne accusate era deceduta, Domenica detta la Chiarandola.

Denunce presso l'Inquisizione per possessione diabolica tramite stregoneria contro Pirina Rampon, detta Taier, Maria Fabbruzzi, detta Tavana, e sua figlia Domenica, tutte da Maniago, 1655; procedimento civile per diffamazione da parte dei consorti di Maniago intentato da Maria Fabbruzzi contro Pirina Rampon, 1655.71
All'interno di un arco temporale avente come estremi il 15 giugno ed il 6 novembre 1655, sono inseriti i documenti rinvenuti sul caso di Maniago72. La vicenda giudiziaria si apr il 16 giugno 1655, quando un certo Osvaldo Campolino, contadino di Maniago, si present a Udine presso la sede del tribunale dell'Inquisizione, recando con s due lettere entrambe indirizzate al giudice di fede73. Consegnate le due missive, venne invitato ad esporre i motivi che lo avevano condotto innanzi all'inquisitore fra Bonaventura Ripa da Ferrara. Il 28 agosto, portando con s una nuova lettera74, si present a Udine Giacomo Campolino ma, assente l'inquisitore, espose le sue ragioni al vicario dell'Inquisizione della diocesi di Aquileia, fra Cornelio Navarro da Ferrara. Il 10 settembre il tribunale si riun in seduta plenaria nel convento di San Francesco a Pordenone, presenti l'inquisitore fra Bonaventura Ripa, pre Dioniso Vulpino, vicario dell'arcivescovo Benedetto Cappello, vescovo di Concordia, il provveditore Nicol Minio, assistente per la Repubblica Serenissima, inoltre pre Giovanni Battista Morandino, canonico e canonista di Concordia, pre Giovanni Battista Marignano, canonico penitenziario, fra Oliverio Tieghi, vicario del Sant'Ufficio di Concordia, fra Cornelio Navarro, vicario del Sant'Ufficio di Aquileia e in questo caso anche cancelliere. Costoro decisero all'unanimit che non esistevano indizi sufficienti per promuovere un processo informativo e ordinarono che le denunce fossero custodite, cos come altri eventuali indizi, in modo da procedere eventualmente in futuro. Con questo atto termin l'indagine inquisitoriale a carico delle donne di Maniago, in una maniera alquanto rapida, tenuto in considerazione che tutto era iniziato neppure tre mesi prima. Il 6 novembre si presentarono a Udine dall'inquisitore il conte Bartolomeo di Maniago, in qualit di giusdicente di quel luogo, ed il suo cancelliere Giovanni Battista Fannio. Essi esibirono una serie di documenti formati nel foro civile maniaghese, che vennero presi in consegna dall'inquisitore e messi agli atti del Sant'Ufficio come allegato D, vale a dire la denuncia per diffamazione promossa da Maria Tavana contro Pirina Taier e la successiva inchiesta giudiziaria dei conti. Il 18 giugno del medesimo anno, pressoch contemporaneamente all'inizio dell'indagine inquisitoriale, Maria Fabbruzzi si era presentata al conte Bartolomeo di Maniago ed aveva querelato Pirina Taier per averla calunniata di stregoneria. Tra il 24 di giugno e il 10 di settembre erano state chiamate a deporre sette persone, tutte di Maniago, tanto che il giorno 13 il tribunale dei consorti aveva emanato un ordine di comparizione per Pirina Taier. La donna si era presentata quello stesso giorno, era stata ascoltata e tratta in arresto. Una settimana dopo, il 20 ottobre, la Taier aveva fatto chiamare il cancelliere consortile e gli aveva dettato una supplica indirizzata al tribunale dei giusdicenti. Si trattava di una fideiussione per mezzo della quale Pirina prometteva di osservare le norme che le sarebbero state imposte, lasciando il possesso e l'amministrazione di tutti i suoi beni ai consorti di Maniago75. Dopo aver esaminato il documento, le autorit
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AAUD, S.Officio, b. 39, fascc. 293, 299 e Querela civile. In realt le persone incriminate furono due, dal momento che Domenica venne nominata soltanto perch figlia di una presunta strega, Maria Fabbruzzi. 73 La prima, inviata da parte del padre Giacomo Campolino e datata Maniago, 15 giugno 1655, viene messa agli atti con la lettera A; la seconda, scritta da pre Bernardino Vittori, vicario foraneo di Maniago, porta la medesima data della precedente e viene allegata come lettera B. 74 La missiva datata Maniago, 26 agosto 1655 e viene messa agli atti come allegato C. 75 Si ricordi quanto successe il 19 gennaio 1586 a Menocchio. Per essere liberato dal carcere un suo conoscente, Daniele di Biasio, si impegn a pagare una fideiussione di 200 ducati, da corrispondere in caso Menocchio non avesse rispettato il confino nel villaggio di Montereale, oppure nell'eventualit avesse trasgredito gli altri obblighi

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civili avevano ordinato di scarcerare la Taier, che aveva riacquistato cos la libert. La vicenda, eccetto che per due successive deposizioni testimoniali, rispettivamente del 28 ottobre e del 2 novembre, giunse cos a conclusione.

Denuncia per stregoneria e possessione diabolica tramite stregoneria contro Margherita, moglie di Giuseppe Tavani, Lucia, figlia del defunto Salvatore di Bucco, e altre donne da Andreis, 1663.76
La documentazione giudiziaria riguardante Margherita Tavani, Lucia di Bucco e le altre persone abitanti ad Andreis77, si colloca all'interno di un periodo che va dal 3 al 29 agosto 1663, intervallo nel quale non si pervenne ad alcuna conclusione ufficiale. Il 3 agosto 1663 un tale Osvaldo della Stella comparve personalmente a Portogruaro, inviato dal proprio comune per denunciare alcuni eventi misteriosi che in quel periodo si erano verificati nel villaggio. Cos, assente l'inquisitore fra Angelo Gherardini da Ravenna, egli espose le sue ragioni a fra Antonio Dall'Occhio, vicario del Sant'Ufficio della diocesi di Concordia. Il 19 agosto l'inquisitore scrisse una lettera al suo vicario, informandolo dell'invio dei verbali originali della denuncia del 3 agosto, conservati per s in copia; inoltre accenn ad un proprio possibile trasferimento in loco per dare inizio al procedimento giudiziario contro Margherita Tavani e Lucia di Bucco, oppure in via subordinata il processo sarebbe stato aperto dallo stesso vicario sotto i consigli e la propria personale direzione. Il 23 agosto pre Lucio d'Alberto scrisse all'inquisitore, informandolo di nuovi eventi che erano capitati nel villaggio. Tre soli giorni dopo, pre Lucio d'Alberto invi all'inquisitore un'altra lettera, che al contempo assunse la funzione di memoriale delle vicende in oggetto. Il 29 agosto venne citato Osvaldo della Stella, che si present a Portogruaro al fine di ratificare la denuncia del giorno 3 dello stesso mese contro Margherita Tavani e Lucia di Bucco, come una decina di giorni prima aveva ordinato lo stesso inquisitore. Furono presenti fra Antonio Dall'Occhio e Ippolito Zaffarino, in vece del podest del luogo.

Denuncia per stregoneria e possessione diabolica tramite stregoneria contro Maddalena, moglie di Daniele Corradini, Cecilia, figlia di Daniele Bozzi, e altre donne da Barcis, 1663.78
La documentazione riguardante le donne accusate a Barcis79, si inserisce all'interno di un periodo che va dal 18 settembre al 19 ottobre 1663, durante il quale non vi fu alcuna conclusione ufficiale. La vicenda vede accusate a vario titolo di attivit stregonesche e diaboliche sei donne abitanti a Barcis. Il 27 settembre un certo Sebastiano Corradini venne inviato da Domenico Malattia, podest del Comune di Barcis, a Udine per conferire direttamente con l'inquisitore fra Angelo Gherardini. Tuttavia questi era assente e il Corradini espose le sue ragioni al vicario del Sant'Ufficio della diocesi di Concordia fra Antonio Dall'Occhio. Il comparente spieg al vicario di essere stato mandato dal Comune di Andreis, nel quale egli viveva, unitamente a quello di Barcis, al fine di denunciare alcuni
imposti dal tribunale inquisitoriale. In tale maniera la giustizia si assicur che le sue decisioni venissero rispettate. Un procedimento analogo avvenne nella vicenda di Maniago. Per il caso di Menocchio si vedano: A. DEL COL (a c. di), Domenico Scandella detto Menocchio. I processi dell'Inquisizione (1583-1599), Pordenone, Biblioteca dell'Immagine, 1990, pp. LXXXVIII, 143; C. GINZBURG, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500, Torino, Einaudi, 1976, pp. 111, 118. 76 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 392, cc. 1r-12v; Ivi, b. 73, fasc. 44, cc. 1r-12v. 77 In realt sono cinque le persone, tutte di sesso femminile, accusate ad Andreis: Lucia di Bucco e la sorella Maddalena, moglie di Domenico di Traina, entrambe assassinate; Giacoma, vedova, messa agli arresti in prigione; Margherita Tavani e Giacoma, moglie di Daniele de Modestis, entrambe fuggite. 78 Ivi, b. 42, fasc. 395, cc. 1r-12v. 79 Le persone accusate di stregoneria a Barcis furono sei e tutte di sesso femminile: Maria Rosa, Maddalena, moglie di Daniele Corradini, Pasqua di Salvadore e sua figlia Maria, Cecilia, figlia di Daniele Bozzi, Domenica, moglie di Domenico Traina. Tuttavia all'interno del fascicolo si fa il nome anche di un uomo, tale Giacomo, figlio di Battista Fantini, da Andreis, capo delle streghe di Andreis e Barcis.

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avvenimenti misteriosi che stavano capitando nei due villaggi. In parte tali episodi erano stati gi riferiti tra il 3 ed il 29 di agosto da Osvaldo della Stella da Andreis e dalle missive scritte dal parroco del luogo pre Lucio d'Alberto. In tal senso la vicenda di Andreis si intrecciava a quello che contemporaneamente pareva si stesse verificando a Barcis. In precedenza pre Tommaso Biasi, rettore80 di Tesis, era stato inviato ad Andreis, su ordine diretto del vicario generale di Concordia, al fine di investigare sulla vicenda e per questo motivo aveva redatto un primo memoriale datato 18 settembre, poi inviato a Portogruaro all'attenzione dell'inquisitore. L'11 ottobre Federico Zenalin, cancelliere della curia, invi a fra Angelo Gherardini alcuni documenti che l'inquisitore aveva richiesto a pre Tommaso Biasi. Il 19 ottobre pre Biasi complet un nuovo memoriale e lo invi da Andreis al vicario. Si tratta dell'ultimo atto ufficiale che si possiede sulla vicenda. Il numero dei testimoni ascoltati di volta in volta dai giudici inquisitoriali appare piuttosto limitato, tranne nel caso della spilimberghese Marcolina Stella, dove le autorit in meno di due mesi ascoltarono ventotto persone. Per quanto concerne gli altri procedimenti, undici furono i testi nella causa contro Anna Sguma da Spilimbergo, quattro in quella contro Lorenzo Doz da Frisanco ed altre persone anche dei paesi vicini, uno, lo stesso delatore, nei casi rispettivamente di Andreis e Barcis. Quattro furono le persone ascoltate per l'accusa di stregoneria a carico di Pirina Rampon e Maria Fabbruzzi, entrambe da Maniago. Raramente le imputate vennero interrogate: nei processi inquisitoriali qui esaminati tre volte lo fu la Sguma ed una la Stella. Parimenti solo la met delle vicende giudiziarie giunse ad una conclusione ufficiale: Anna Sguma venne condannata a penitenza salutare; la denuncia per stregoneria a carico di Marcolina Stella venne lasciata cadere e l'imputata fu prosciolta dalle accuse, considerate artefatte e precostruite da terzi per interessi personali (anche se uno dei consultori inquisitoriali propose di ammonirla come avvertimento); in relazione a Pirina Rampon e Maria Fabbruzzi il tribunale deliber il non luogo a procedere, considerando insufficienti gli indizi raccolti a loro carico per un processo informativo; per le vicende di Frisanco e paesi limitrofi, nonch per Andreis e Barcis, per quanto noto, non fu raggiunta alcuna conclusione ufficiale. La procedura fu quella che pare abitualmente in uso nell'Inquisizione romana: non risulta che la tortura sia stata utilizzata su alcuno degli accusati qui nominati, tantomeno evidenti e forzate pressioni psicologiche o interrogatori apertamente suggestivi. Connessa al criterio probatorio, alquanto rigido e selettivo, fu la mitezza delle sentenze: lo evidenziano in questo studio la benevolenza e cautela dei giudici di fede, che nel solo caso di Anna Sguma, il pi antico di quelli esaminati, giunsero alla condanna dell'imputata, peraltro con pene alquanto miti, la penitenza salutare, mentre in almeno altre due circostanze le imputate vennero di fatto prosciolte dopo indagini accurate e meticolose, Marcolina Stella, Pirina Rampon e Domenica Tavana, in un caso perch gli addebiti si erano rivelati artificiosi, nell'altro perch gli indizi erano stati reputati insufficienti. Marcolina Stella tra l'altro present un memoriale a difesa. Rilevante appare, nell'economia della vicenda maniaghese, la denuncia presentata presso il tribunale civile dei consorti di Maniago da parte di Maria Fabbruzzi, che querel Pirina Rampon per averle levato il buon nome, per averla infamata e screditata agli occhi dei compaesani. Nove furono i testi convocati ed ascoltati dal tribunale dei giusdicenti, la medesima Pirina fu interrogata, posta in carcere ed in seguito rilasciata dietro fideiussione. Tutte le vicende esaminate in questo studio ebbero inizio dalla denuncia presentata all'inquisitore e attestano come il sistema inquisitorio non escludesse affatto che l'azione penale avvenisse tramite delazione esplicita di terzi. L'altra maniera per iniziare una causa penale era un intervento diretto da parte degli stessi inquisitori, sulla scorta della fama universalmente diffusa, oppure grazie a notizie ricavate da delazioni e comunicazioni confidenziali. Generalmente la causa si svolgeva in una delle sedi del tribunale, la residenza dell'inquisitore nel convento di San Francesco interiore a Udine, ma altre sedi decentrate erano Pordenone e Portogruaro. Alle sedute potevano essere presenti, oltre all'inquisitore o al suo vicario, il vicario vescovile ed un rappresentante del potere civile, in vece rispettivamente del vescovo della diocesi e del rettore veneziano, rappresentante della Serenissima, e altri
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In diritto canonico, l'ecclesiastico che regge una chiesa non parrocchiale con titolo di rettoria.

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membri: canonici e teologi come consultori, due dottori in legge della citt. Per Anna Sguma ad esempio a Portogruaro furono presenti tra gli altri il vicario inquisitoriale fra Bernardino Fortuna e Donato Casella, vicario generale del vescovo di Concordia Matteo Sanudo; per la vicenda maniaghese a Pordenone vi furono l'inquisitore fra Bonaventura Ripa, Dioniso Vulpino, vicario del vescovo di Concordia Benedetto Cappello, e il provveditore Nicola Minio in rappresentanza di Venezia; mentre per la vicenda di Frisanco, a Portogruaro fu presente assieme all'inquisitore fra Giulio Missini il vescovo Benedetto Cappello in persona. Cos ai costituti della Sguma a Portogruaro fu presente tra gli altri Giovanni Duodo, podest veneziano; in quella maniaghese invece gli interrogatori furono condotti dal solo inquisitore fra Bonaventura Ripa da Ferrara in un caso, dal solo vicario inquisitoriale della diocesi di Aquileia fra Cornelio Navarro nell'altro, ambedue assistiti dal cancelliere inquisitoriale Giovanni Battista Castellano. Medesimo discorso per la vicenda di Frisanco, dove l'inquisitore fra Giulio Missini oper con il solo ausilio di un cancelliere; cos come fece fra Antonio Dall'Occhio, in qualit di vicario inquisitoriale della diocesi di Concordia, che condusse gli interrogatori relativi ai fatti di Andreis a Portogruaro con l'ausilio del solo cancelliere in un caso, del rettore di Concordia Ippolito Zaffarino nell'altro, quelli relativi ai fatti di Barcis a Udine coadiuvato dal solo cancelliere. In altre situazioni era l'inquisitore medesimo, o il vicario generale del Sant'Ufficio, a recarsi nel paese dell'imputato, al fine di accelerare i tempi e favorire l'inchiesta. Cos avvenne che parte degli interrogatori inerenti i casi di Anna Sguma e Marcolina Stella si svolgessero a Spilimbergo: nel primo il vicario inquisitoriale delle diocesi di Aquileia e Concordia pre Bernardino Fortuna era assistito dal pievano del luogo e da un rappresentante civile in funzione dei giusdicenti; nel secondo erano presenti l'inquisitore fra Lodovico Sillani da Gualdo, il vicario inquisitoriale della diocesi di Concordia fra Pietro de Vareschi ed il conte Enea di Spilimbergo, giusdicente in vece del luogotenente della Patria del Friuli. Per quanto concerne il procedimento civile per diffamazione a Maniago, gli interrogatori furono condotti dal conte Bartolomeo di Maniago, coadiuvato dal suo cancelliere Giovanni Battista Fannio, alla presenza almeno in un caso del consorte Silvio di Maniago.

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III LA STREGONERIA
Etnologi ed antropologi studiano societ diverse da quella europea dell'et medioevale e moderna, lavorano sul campo, entrano in culture contemporanee altre da quella occidentale, vi si inseriscono e le osservano dal vivo, direttamente, grazie ad una metodologia partecipante. Parallelamente studiosi di tradizioni popolari e folkloristi studiano la credenza nella stregoneria europea contemporanea a livello orale come stata tramandata e poi trascritta nelle fiabe e nei racconti popolari di magia. Etnologi e antropologi, studiosi di tradizioni popolari e folkloristi hanno incontrato, incontrano e descrivono la stregoneria anche nella sua accezione pi stretta, in un polo folklorico-antropologico non contaminato dall'elemento diabolico, dagli schemi dotti. Necessaria sotto quest'ottica ed imprescindibile appare la comparazione pertanto tra le differenti fonti documentarie: quella sulla stregoneria storica (popolare e colta) europea scritta, medioevale e moderna; quella sulla stregoneria etnoantropologica extraeuropea, orale contemporanea; quella sulla stregoneria popolarefolklorica europea, orale contemporanea. Due sono le facce della medesima credenza, gli aspetti interdipendenti della tradizione di questi studi rilevanti per uno studio storico della stregoneria europea, popolare e inquisitoriale: la connessione della credenza nell'universo della stregoneria con la questione dell'attribuzione di senso all'esperienza dell'evento negativo, dello stare male quotidiano e particolare (la sventura allo stesso tempo spiega la credenza nella stregoneria ed uno degli agenti scatenanti principali dei sospetti, delle accuse e della persecuzione contro le streghe); la connessione della credenza nella stregoneria con il problema dei rapporti interpersonali di natura conflittuale all'interno di comunit di piccola scala, nel caso del Friuli dell'et moderna della comunit di villaggio (l'antagonismo tra i membri di un medesimo gruppo spiega la credenza nella stregoneria, inoltre uno dei catalizzatori primari di sospetti, accuse informali, denunce e della persecuzione giudiziaria ed extragiudiziaria). La denuncia per stregoneria, come anche l'accusa informale, assume, all'interno della sfera spaziale e relazionale condivisa dai membri di una comunit, una funzione polidimensionale: da un lato agisce da valvola di sfogo di tensioni sociali accumulatesi gradualmente nel corso degli anni tra vicini, o comunque tra membri di un medesimo gruppo; dall'altro lato opera come mezzo per troncare definitivamente o per ridefinire relazioni sociali indesiderate, o per sanzionare ufficialmente situazioni altrimenti ambigue in una maniera socialmente e moralmente approvata dalla collettivit. Tuttavia l'accusa informale di stregoneria ha la funzione non secondaria di trasferire il senso di colpa provato dall'accusatore sulla presunta responsabile del torto. La strega il pi delle volte riteneva di aver subito un danno qualificabile come ingiusto, le era stato negato un aiuto, una cortesia, azioni che comunque andavano contro il dovere sociale-morale della reciprocit o della solidariet nei confronti di individui che si trovavano in una posizione di difficolt economica e debolezza sociale1. La persona che riteneva di avere commesso il torto provava rimorso per non aver osservato quelle norme e il meccanismo adottato non faceva altro che invertire i ruoli: il presunto colpevole della non osservanza delle regole si liberava del proprio senso di colpa trasferendolo sull'individuo che aveva subito il danno2. In questa
Riguardo al conflitto tra la solidariet reciproca tradizionale e l'individualismo nascente, tra il dovere sociale comunemente accettato e l'interesse personale moderno, sull'accusa di stregoneria come risposta a tali comportamenti individualisti: A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex in epoca Tudor e Stuart, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria. Confessioni e accuse nell'analisi di storici e antropologi, Torino, Einaudi, 1980, pp. 134-137; ID., Stregoneria in Inghilterra tra il '500 e il '600, in M. ROMANELLO (a c. di), La stregoneria in Europa (1450-1650), Bologna, Il Mulino, 1975, pp. 247-248, 252-255; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale per lo studio storico della stregoneria inglese, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 102-104; ID., Problemi sociali, conflitti individuali e stregoneria, in M. ROMANELLO (a c. di), La stregoneria in Europa, cit., pp. 227-234. 2 Nella prima et moderna, cos come in epoca medioevale, gli indigenti erano a carico della comunit, che doveva provvedere al loro sostentamento. Tuttavia con l'avvento delle prime trasformazioni economiche e sociali questa norma venne sovente ignorata e denunciare il povero per il crimine di stregoneria risult una comoda via d'uscita
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maniera la vittima reale veniva trasformata nella strega responsabile dell'evento negativo, mentre la colpevole del cattivo comportamento si riteneva il bersaglio della sventura causata dalla strega3. La credenza nella stregoneria opera all'interno di un villaggio non omogeneo, ma attraversato oltre che dai piccoli conflitti interpersonali da contraddizioni strutturali. L'ideologia del malocchio4, l'occhio bieco che provoca la sventura, strettamente connessa all'ideologia dell'invidia: era l'invidia a causare la disgrazia5. L'invidia nasceva dalla disparit, dal fatto che un individuo aveva quello che un altro non aveva. Il male avveniva proprio perch tutti avevano in maniera diversa. Nella vita della societ preindustriale si assisteva a volte ad una contraddizione profonda: la concezione popolare della parit teorica conviveva con la disparit reale, tale convivenza portava ad un contrasto, ad una incongruenza fra la presunta idea contadina che tutti avrebbero dovuto avere in maniera uguale e la realt dei fatti, che era ben differente6. Questa incongruenza si rifletteva nella vita quotidiana: comunque fosse un campo poteva essere pi fertile di un altro, un giovane ed un anziano potevano avere problemi differenti, un marito che voleva bene alla propria moglie era preferibile ad uno che andava con altre donne, avere un figlio in buona salute era meglio che averne uno malato, cos come una figlia sposata era preferita ad una zitella o abbandonata dal marito7. L'interpretazione dei mali e delle disparit per mezzo della stregoneria interviene a mediare questa incongruenza. Ecco perch all'interno della credenza nelle streghe ritroviamo tante donne, soprattutto anziane e nubili: innanzitutto perch le donne avevano avuto meno degli uomini e in secondo luogo perch una zitella non aveva avuto quello che avrebbe dovuto avere, vale a dire un marito e dei figli come tutte le altre.
per discolpare se stessi dal non aver osservato le leggi tradizionali: A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 252-254; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 102-110, 115-116; ID., Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 229-232. 3 Per il transfert del senso di colpa si veda anche: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, la storia, le vicende di Satana e la sua universale e malefica presenza presso tutti i popoli, dall'antichit ai nostri giorni, Roma, Newton Compton, 1987, p. 362; C. GALLINI, Dono e malocchio, Palermo, Flaccovio, 1973, pp. 123-125. 4 Riguardo all'ideologia del malocchio: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 140, 157, 160, 162-163, 319; E. DE MARTINO, Sud e magia, Milano, Feltrinelli, 1976; C. GALLINI, Dono e malocchio, cit.; M. DOUGLAS, Introduzione. Trent'anni dopo Witchcraft, Oracles and Magic, in EAD. (a c. di), La stregoneria, cit., p. 23; B. SPOONER, Il malocchio in Medio Oriente, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 379-388. 5 Riguardo a gelosia e invidia connesse o meno al malocchio: R. BRAIN, Bambini-streghe, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 216-217; M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 22-23; C. GALLINI, Dono e malocchio, cit., in special modo le pp. 81-138; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime in uno stato dell'Africa occidentale, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 300-301; G. I. JONES, Un limite alle accuse, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 398-399; I. M. LEWIS, Un approccio strutturale alla stregoneria e alla possessione spiritica, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 369; B. SPOONER, Il malocchio, cit., pp. 379388. 6 La ricchezza un dato, non un prodotto, un qualcosa di attribuito una volta per sempre, non qualcosa che aumenta, pertanto non giusto che un individuo abbia o prenda pi di quanto gli altri hanno. Si tratta del concetto della quantit limitata e immutabile, riferito alle risorse disponibili in una data societ, per mezzo del quale si pu porre la descrizione della cultura popolare. Secondo Levi inammissibile la crescita economica e ogni atto di ridistribuzione di ricchezze necessariamente accompagnato dall'impoverimento di qualcuno di fronte all'arricchimento di qualcun'altro. Ne nasce una paralizzante guerra di tutti contro tutti, una continua tensione e una diffidenza generalizzata. G. LEVI, L'eredit immateriale. La carriera di un esorcista nel Piemonte del '600, Torino, Einaudi, 1985, pp. 4, 10 n. 2. Il modello "di profitto limitato" (per cui il bene esiste in quantit limitata e data, non rinnovabile e incrementabile: e quel che prende uno automaticamente sottratto alle possibilit degli altri) viene considerato come uno dei fondamenti della cultura contadina tradizionale, responsabile in particolare dell'ambiguo oscillare del mondo contadino fra un'etica solidaristica e una conflittualit latente segnata dall'invidia e dall'ostilit verso chi emerge. G. P. GRI, "...E ce mai sarae di me?". Pratiche di divinazione nel Tarcentino per San Giovanni Battista, in G. ELLERO (a c. di), Tarcint e valadis de tr, 73 Congresso - 22 settembre 1996 - Societ Filologica Friulana, Udine, Societ Filologica Friulana, 1996, p. 188 e n. 9 a p. 191. 7 Il problema del male riguarda le minacce alla nostra capacit di formulare giudizi morali integri. Nel problema del male non viene messa in discussione l'adeguatezza delle nostre risorse simboliche a governare la nostra vita affettiva, ma l'adeguatezza di tali risorse a fornire un insieme efficace di criteri etici, di guide normative che governino la nostra azione. La frustrazione qui sta nel divario tra le cose come sono e come dovrebbero essere se le nostre concezioni del giusto e dell'ingiusto avessero un senso, il divario tra quello che secondo noi meritano i vari individui e quello che vediamo che ottengono ... lo sfasamento tra le prescrizioni morali e le remunerazioni materiali, l'apparente incoerenza tra "" e "dovrebbe". Per quanto concerne la preoccupazione per l'intrattabile paradosso etico, la sensazione inquietante che la propria concezione morale inadeguata all'esperienza morale: C. GEERTZ, Interpretazione di culture, Bologna, Il Mulino, 1987, pp. 159-161.

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1. La credenza nella stregoneria spiega le disgrazie


Per quanto riguarda lo scenario dell'evento negativo, da un punto di vista antropologico esso comprende sia l'episodio in s, che avviene sul piano di realt (malattia, morte, disgrazia generica, possessione), sia il quadro di emozioni ed interpretazioni ad esso correlate, che lo accompagnano sul piano percettivo8. Tale prospettiva considera la sventura come rappresentazione collettiva da parte di un gruppo sociale definito, ad esempio la malattia viene intesa in rapporto ad una determinata organizzazione sociale, religiosa, politica, economica, morale e simbolica. Ogni avvenimento nocivo va considerato in un contesto pi ampio: l'azione combinata all'interno della societ tra elemento immaginario individuale ed elemento simbolico collettivo a definirne la dimensione sociale. Ogni episodio sfavorevole richiede una chiave interpretativa, necessitando da una parte di una spiegazione e dall'altra di una soluzione; nel caso della malattia una causa ed un rimedio terapeutico. Venire colpiti dalla sventura un avvenimento profondamente iniquo per chi lo subisce, soprattutto quando iterato, che richiede la necessit di trovare un senso e di essere incluso in una concatenazione di cause ed effetti specificamente esplicativa, riconducibile ed inseribile in uno schema conosciuto. La distinzione tra malattia e sventura non rigida, infatti i termini male, malattia, infortunio, disgrazia non definiscono concetti necessariamente identici ed omogenei a priori. Basti pensare all'ambiguit del vocabolo male, definibile sia in senso psicologico-biologico, che in senso morale-religioso. Malattia, morte, possessione e sventura indicano tutte una transizione da una fase ad un'altra, dalla normalit all'anormalit e proprio per questo motivo sono difficilmente distinguibili l'una dall'altra a livello interpretativo. La malattia, cos come il concetto polivalente di disgrazia, ha una dimensione sociale9. La concezione specifica di malattia definibile da due punti di vista interrelati: la componente biologica-fisiologica da un lato, la componente sociale-simbolica dall'altro. La prima la considera come una realt biofisiologica inscritta nel corpo dell'individuo e decifrata dalla medicina, la seconda comprende l'insieme dei fattori collettivi e simbolici che riguardano l'avvenimento strettamente biologico, che va interpretato sia a livello individuale che a livello collettivo10. Dal punto di vista strettamente biofisiologico la malattia va considerata come il deterioramento del corpo e/o dell'intelletto di un soggetto, dovuto ad un procedimento
Per un'interpretazione antropologica del concetto pi ampio di evento negativo e di quello specifico di malattia: M. AUG e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male. Antropologia, storia e sociologia della malattia, Milano, Saggiatore, 1986 (e la bibliografia ivi indicata). 9 Nel corso del XVI secolo la scienza medica ufficiale registr novit importanti sotto questo punto di vista, la malattia venne considerata come rottura dell'equilibrio corporeo individuale, strettamente connessa alla componente sociale e cosmica: P. BARTOLI - P. FALTERI, Il corpo conteso. Medicina ufficiale e medicina popolare a Magione, in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, in La Ricerca Folklorica. Contributi allo studio della cultura delle classi popolari, 8, Brescia, Grafo, ottobre 1983, pp. 57-66; G. B. BRONZINI, Antropologia e medicina popolare. Note sugli studi dei positivisti italiani, in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., pp. 13-16; C. CESCHIA - D. COZZI, Las Indias de por ac. Contributo per un'analisi comparata dell'isterodemonopatia nel XIX secolo, Metodi e ricerche, n.s., VII, 1, gennaio-giugno 1988, pp. 51-60; S. DE RENZI, Storia della medicina in Italia, Bologna, 1988; A. M. DI NOLA, La medicina popolare: questioni di metodo, in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., pp. 7-12; ID., Le terapie magico-religiose, in T. SEPPILLI (a c. di), Medicine e magie, Milano, Electa, 1989, pp. 91-100; F. FERRANDO, L'assistenza sanitaria, in L. MORASSI (a c. di), Ospitalit sanitaria in Udine - dalle origini all'ospedale della citt. Secoli XIV-XVIII, Udine, 1989, pp. 174-175; V. LANTERNARI, Le terapie carismatiche. Medicina popolare e scienza moderna, in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., pp. 83-90; A. PAZZINI, Storia della medicina, Milano, Vallardi, 1947; L. PREMUDA, Storia della medicina, Padova, 1960; T. SEPPILLI, La medicina popolare in Italia: avvio ad una nuova fase della ricerca e del dibattito, in ID. (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., pp. 3-6. 10 Tuttavia non in tutte le societ studiate da antropologi ed etnologi ogni malattia aveva ed ha sempre una causa sociale. Alcune culture individuano in esse delle cause naturali e le curano per mezzo di trattamenti non rituali e simbolici, utilizzando invece sostanze ricavate dalle piante. M. AUG, Ordine biologico, ordine sociale. La malattia, forma elementare dell'avvenimento, in M. AUG e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male, cit., pp. 33-85.
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biochimico. Essa indica una trasformazione dell'organismo da una fase di stabilit ad una di instabilit, definibile a livello biologico, fisico, chimico, naturale e oggettivo. Essere malati significa cos subire una transizione di stato e in questa direzione gli esempi nei documenti da me esaminati sono numerosi: la puerpera che non aveva pi il latte necessario per alimentare il neonato, la persona che non mangiava con lo stesso appetito di prima, il figlio che non era pi in salute, il marito che diventava sterile, il contadino che non riusciva a lavorare come un tempo, la persona che non si comportava pi come prima, non si recava a messa con la medesima frequenza oppure non parlava affatto con i compaesani11. Salute e malattia sono allora definibili rispettivamente l'una come uno stato produttivo, attivo, funzionante, di partecipazione alla vita collettiva12, l'altra come una condizione improduttiva, inattiva, non funzionante, di esclusione dalla vita sociale13. L'evento negativo significa patimento ed strettamente connesso ad altre due questioni: da un lato la ricerca di strumenti utili a neutralizzare ed evitare la sofferenza, mezzi che non facciano patire, e dall'altro il problema di come soffrire, di come fare dell'esperienza del negativo qualcosa di sostenibile14. Il rapporto tra stregoneria e sofferenza indaga proprio questa tematica, come trasformare l'afflizione dovuta ad un episodio sfavorevole in qualche cosa di tollerabile, senza che l'esperienza negativa travolga l'individuo. Questo procedimento di salvataggio emozionale della propria soggettivit all'interno dell'avvenimento nocivo possibile solamente rivestendo di senso l'esperienza dell'infortunio. L'attribuzione di valore alla sventura permette quel processo di autosalvazione individuale che consente di recuperare se stessi all'interno dell'avvenimento. Non altro che un sistema interpretativo carico di percezioni, che funziona dando un nome innanzitutto alla sventura, successivamente alla causa responsabile dell'evento sfavorevole15. La credenza nell'esistenza delle streghe va considerata all'interno di un siffatto orizzonte di questioni esistenziali. Una parte dei documenti che possediamo su di essa, europei dell'et moderna (popolari e colti, laici ed ecclesiastici) o contemporanea (tradizione folklorica), extraeuropei del periodo contemporaneo (etnoantropologici), fa riferimento ad un ambito familiare e domestico, vale a dire alla definizione popolare e antropologica di stregoneria, non a quella storica e inquisitoriale di stregoneria diabolica: la mucca che non produceva pi latte, la tempesta che distruggeva il raccolto, la donna che non era pi in grado di allattare il bimbo, la malattia della figlia, la morte del marito. Si trattava delle consuete sventure che potevano accadere giornalmente ad ogni individuo, non di eventi a carattere eccezionale16. Tuttavia non tutte le disgrazie venivano attribuite all'intervento
Pi terribili per, e presentate al fondo come la vera infirmitas, sono le conseguenze sulle attivit della persona e sul quadro delle relazioni sociali. Il malato, prigioniero del suo male ... giace nel letto, talvolta per anni, non pu mangiare, bere o dormire, non pu alzarsi talora neppure per soddisfare i suoi bisogni corporali; oppure non pu camminare eretto, non pu muoversi, cieco o zoppo, senza l'aiuto di qualcuno; non pu, infine, ... svolgere l'attivit che gli compete nel quadro dell'economia familiare e sociale. ... traspare, fondamentale, lo spettro non solo della povert, ma anche dell'emarginazione che ad essa si affianca, la produce e a un tempo ne prodotta e potenziata. I. A. GALLETTI, Infirmitas e terapia sacra in una citta medievale (Orvieto, 1240), in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., p. 22. 12 Per una definizione di salute come assenza di malattia: J. PIERRET, I significati sociali della salute: Paris, l'Essonne, l'Hrault, in M. AUG e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male, cit., pp. 203-238, in particolare le pp. 214-219. 13 Religione e salute si trovano a tal punto associate nelle pratiche e nelle credenze tradizionali, che nella ricerca della guarigione pu essere colto uno dei tratti caratterizzanti della religiosit popolare. Che la salute costituisca la grazia per eccellenza da richiedersi alla divinit, non stupisce: la forza fisica rappresenta il cardine della societ contadina tradizionale, ed anche in ambito urbano essa era in passato condizione fondamentale della sopravvivenza: la salute viene cos a identificarsi, in ultima analisi, con la capacit di lavorare; la malattia, per contro porta con s disgrazie, povert ed emarginazione. R. LIONETTI, Religione e guarigione. Il contributo dell'etnologua francese (1972-1982), in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., p. 137. In una tale visione, legata all'economia, in cui l'uomo si definisce come produttore, il malato sar considerato come deviante perch improduttivo: C. HERZLICH, Medicina moderna e ricerca di senso: la malattia come significante sociale, in M. AUG e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male, cit., pp. 177-201 (la citazione a p. 181). 14 In relazione alla problematica della sofferenza connessa alla maniera di come sopportare l'afflizione: C. GEERTZ, Interpretazione di culture, cit., pp. 155-162. 15 Thomas definisce questo procedimento come una necessit emotiva: K. THOMAS, Problemi sociali, conflitti, cit., p. 219. 16 A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 248-252; K. THOMAS, Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 203, 217-226.
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intenzionale e volontario di agenti esogeni17, di qualche soggetto malvagio reale. Grandinate, correnti d'aria, sbadataggini, negligenze e malattie naturali facevano parte del comune bagaglio di conoscenze del buonsenso popolare18. L'interpretazione in termini di stregoneria veniva utilizzata in casi di disavventure quotidiane, particolari, soprattutto iterate, inattese, fuori dagli schemi, di solito individuali, raramente per spiegare i fenomeni pi generali19.
Per un'interpretazione della stregoneria come spiegazione della sventura: E. ARDENER, Stregoneria, economia e continuit di credenze, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 196; R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., pp. 210, 212, 227, 229; P. BROWN, Magia, demoni e ascesa del cristianesimo dalla tarda antichit al medioevo, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 52, 54, 65-69; N. COHN, Il mito di Satana e degli uomini al suo servizio, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 44; M. DOUGLAS, Introduzione, cit., p. 26; E. E. EVANSPRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande, Milano, Angeli, 1976, pp. 101-122 A. FORGE, Prestigio, influenza e magia: l'esempio della Nuova Guinea, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 335; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., p. 289 A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 122, 125, 129-130, 132-134; J. PITT-RIVERS, Il potere spirituale nell'America centrale: i nagual del Chiapas, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 238, 248-249; A. REDMAYNE, Chikanga: un indovino africano di fama internazionale, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 156-159, 161, 170; P. RIVIRE, Fazioni ed esclusioni in due sistemi di villaggio dell'America del sud, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 311; M. RUEL, Gli uomini-animali e la strega introversa, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 403-404, 419; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 84-85, 87, 92, 94-97, 99, 102-104, 108, 111; R. G. WILLIS, Il millennio attuato: sociologia dei culti africani di purificazione delle streghe, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 173. Sulla stregoneria come spiegazione della malattia: E. ARDENER, Stregoneria, economia e continuit, cit., p. 191; R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., pp. 211-212, 217-220, 226-227; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 104, 497-500, 584; A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 337, 339; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., pp. 268, 287, 295; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 125, 129-132, 136; J. PITT-RIVERS, Il potere spirituale, cit., pp. 245-249; A. REDMAYNE, Chikanga: un indovino africano, cit., pp. 151, 159-161, 165-166; P. RIVIRE, Fazioni ed esclusioni, cit., p. 311; M. RUEL, Gli uomini-animali, cit., pp. 404, 417; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 93, 96, 100-101, 113116. Per la stregoneria come interpretazione della morte: E. ARDENER, Stregoneria, economia e continuit, cit., pp. 193194, 197-198; R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., pp. 211, 215; P. BROWN, Magia, demoni e ascesa, cit., pp. 68; M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 7, 20-21; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 62-65, 649-654; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., pp. 267-268, 272, 275-279, 286-288, 292293, 300, 303; A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 322-324, 327-328, 332-333, 335-337, 339-342; G. I. JONES, Un limite alle accuse, cit., pp. 392-393; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 123, 128131, 133; J. PITT-RIVERS, Il potere spirituale, cit., pp. 236-237, 249; A. REDMAYNE, Chikanga: un indovino africano, cit., pp. 151, 159, 161, 165-166; P. RIVIRE, Fazioni ed esclusioni, cit., pp. 311, 313, 317; M. RUEL, Gli uomini-animali, cit., pp. 404, 411-412, 415; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 92, 113114; 17 Lo stato di malattia (e di disgrazia in genere, n. d. l.) mette cos in moto un procedimento per allontanare da s la responsabilit dell'individuo vittima (exculpation), tramite cui provare che la sventura che lo ha colpito non dipende dalla sua volont ... D'altra parte l'attribuire la causa ad un fatto esterno non equivale alla totale discolpa o al riconoscimento della passivit del soggetto dell'infortunio nella concatenazione causale. Egli pu essere all'origine del suo scatenarsi, all'origine dell'attivit delle istanze esogene, a causa per esempio di un comportamento non conforme alle regole sociali. Spesso la vittima dell'attacco di stregoneria si distingue fin dall'inizio in virt di tratti e condotte, socialmente riprovate (troppa fortuna, troppe disgrazie, ecc...). A volte si ha l'impressione che il trasgressore di un divieto, sancito da una malattia, avrebbe dovuto essere meno negligente (capita d'altronde che esso sia trasgredito pi o meno inconsciamente). Tuttavia ci non rimette in questione la presenza di legami, esterni al soggetto, nella causalit. N. SINDZINGRE, La necessit del senso: la spiegazione della sventura presso i Senufo, in M. AUG e C. HERZLICH (a c. di), Il senso del male, cit., pp. 90-91. 18 Thomas suggerisce che in alcuni casi la vittima poteva, volontariamente o involontariamente, tacere la spiegazione naturale che poteva fornire, preferendone una soprannaturale: era infatti pi allettante attribuire alla malevolenza o alle arti magiche del proprio nemico sciagure provocate dalla propria semplice negligenza o incompetenza. In questo senso egli individua nella credenza stregonesca la funzione di salvare la faccia, a tutela della reputazione di chi aveva commesso l'errore o l'omissione. K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 93-94; ID., Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 221-224. 19 Nella concezione della stregoneria essenzialmente intesa come maleficium, sebbene fosse infrequente che disastri di vaste proporzioni, come carestie, epidemie o incendi, venissero attribuiti all'opera di una strega, tuttavia in alcune situazioni ci si poteva verificare. La persona sospettata era infatti di solito implicata in un rapporto di ostilit, vera o presunta, con la vittima, laddove a restar colpita da un'epidemia o da un'inondazione era, non gi un individuo o una famiglia, bens l'intera comunit. Per essere plausibilmente sospettati di un disastro del genere, sarebbe occorso avere un rapporto di ostilit, non nei confronti di questo o quell'individuo, ma della comunit tutta quanta; il colpevole sarebbe potuto essere soltanto un individuo che tutti fossero consapevoli di aver maltrattato. Era concepibile che una vecchia potesse avercela con una piccola comunit, come comprovato da certi casi di incendio doloso; ma ben difficilmente poteva essere la nemica di una citt o dell'intera nazione. Cos in Inghilterra il capro espiatorio era individuato a volte nei francesi, nei cattolici oppure in altri

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Una tale definizione convenzionale e ordinaria dell'evento negativo si ritrova all'interno delle carte processuali da me esaminate. La sventura viene definita come una serie di particolari avenimenti che provocavano danni, infermit incognite et stravaganti, a persone e animali, di creature humane, di armenti et pecore, nonch come una serie improvvisa di disastri meteorologici, tempi inaspetatti tempestosi, che rovinavano i campi ed i loro prodotti, di grandissimo nocumento alle biave, agli arbori et alle piante20. L'evento negativo causato da intervento malefico della strega pu essere cos distinto in tre settori interconnessi21: tipologia dell'episodio (malattia, morte, possessione, disgrazia generica); oggetto della disgrazia (persone, animali, beni immobili); caratteristiche della sventura (evento quotidiano, individuale, particolare, iterato, inatteso, fuori dagli schemi). Per facilit di esposizione terr come punto fermo il primo di questi aspetti. La malattia poteva assumere varianti e sfumature molteplici. Si andava da una semplice perdita dell'appetito22 a casi pi articolati, in cui da una condizione di salute si passava improvvisamente ad una di malattia, caratterizzata da disturbi di vario genere. Cos accadde a Osvaldo di Luisa, che venne improvvisamente colpito da un male caratterizzato da deperimento organico e perdita delle energie, infermit cos ricordata da alcuni testimoni: il qual subito rest senza forze, debile et languente, et si consuma23; il qual putto subito perd le forze e languido and in letto [...] languente, dove prima era sano24. Vi furono poi situazioni in cui il malato accusava emorragie esterne di sangue25, dolori al collo con febbre26, impedimento a svolgere le basilari funzioni corporali (stipsi)27, casi di sciatica28, di idropisia29, di malesseri connessi allo stato di gravidanza30. A Daniele Romano31 apparvero
avversari della nazione, ma di solito consisteva nei peccati della gente, nel suo cattivo comportamento, non gi nei confronti di un singolo mendicante, ma verso Dio stesso. [...] Neppure gli incendi venivano accollati a streghe, eccezion fatta per quei casi in cui il fuoco distruggeva la propriet di un singolo, non per quelle dell'intera comunit. ... La tempesta marina da cui era colpita un'unica nave poteva a volte essere attribuita a stregoneria, ma in terraferma le conseguenze di un temporale avevano di solito carattere troppo indiscriminato perch un'interpretazione simile apparisse plausibile. Tuttavia se le streghe venivano reputate, come all'interno del concetto cumulativo di stregoneria, membri di una setta di adoratrici del diavolo, diventava possibile considerarle nemiche della societ in generale, alla stregua dei cattolici in Inghilterra, pertanto attribuendo loro tempeste o pestilenze. K. THOMAS, La religione e il declino della magia. Le credenze popolari nell'Inghilterra del Cinquecento e del Seicento, Milano, Mondadori, 1985, pp. 607-609. 20 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Primo memoriale di pre Domenico Segala, [Fanna], 29 giugno 1648, in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria nel Friuli del XVII secolo, in Quaderni utinensi, 1-2, 1983, p. 121. La sventura venne definita come evento meteorologico, nella fattispecie un violento turbine di vento, anche nel procedimento a carico di Marcolina Stella da Spilimbergo: Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 19v. 21 Per una casistica dei malefici: P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo. Il repertorio dei malefizi. La repressione, Bolzano, Praxis 3, 1988, pp. 305-320. 22 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, [Fanna], 9 agosto 1648, in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 124; Ivi, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, Deposizione di Domenico del Bertolo, Maniago, 24 giugno 1655, c. [1r]. 23 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit., c. 19v. 24 Ivi, Deposizione di pre Salvatore Reggio, Udine, 9 giugno 1649, in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 136. 25 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Antonia Gutti, Spilimbergo, 12 settembre 1625, cc. [8r-8v]. 26 Ivi, Deposizione di Giovanni Maria Pelizzaro, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [9r]. 27 Ivi, Deposizione di Domenica Andea, Spilimbergo, 13 settembre 1625, cc. [10v-11r]; Deposizione di Antonia di Vittorio da Barbeano, Spilimbergo, 18 settembre 1625, c. [13v]. 28 Ivi, Deposizione di Daniele Romano, Spilimbergo, 23 settembre 1644, cc. 9r, 11v. 29 In alcune societ extraeuropee vi erano malattie, tra cui l'idropisia (patologia consistente nell'accumulo di liquido nella cute, nelle cavit sierose o in organi cavi), che venivano automaticamente attribuite alla stregoneria; in questi casi spiegazioni soprannaturali si aggiungono a quelle naturali nel determinare le cause della malattia di un bambino: R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., pp. 214-215. 30 A questo proposito ricordo indicativamente il solo caso di Marta Mazzolenis: AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Marta Mazzolenis, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 15v. Sulla credenza nella stregoneria connessa alla gravidanza e al parto: G. I. JONES, Un limite alle accuse, cit., pp. 392-393; M. RUEL, Gli uominianimali, cit., pp. 412-413. 31 Quella dei Romano un'antica famiglia che nella prima met del Cinquecento si trasfer da Arba a Spilimbergo. Per la notoriet acquistata da alcuni suoi membri nelle professioni liberali e negli impegni pubblici e per i legami di parentela stretti con i casati pi in vista, come quello dei Fannio, dei Balzaro e dei Cisternini, ... questa famiglia ebbe una posizione di tutto rispetto nella vita cittadina. ... I Romano, che dovevano abitare in una casa del Borgo interiore, esercitarono per lo pi la professione di notai, ma il personaggio pi interessante il dott. Gio. Giacomo, appartenente ad un ramo collaterale. [...] Scelta, infatti, la carriera di medico-fisico, merit cos larga fama da

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sul corpo delle macchie, che sembravano formare uno strano disegno a forma di cerchio: la note mi veniva fato un circolo, come si vedr qui sotto. La matina mi sentiva un poco machiato, come assai volte l'ho mostrato al signor Giuliano Cleiano, cirugico di Spilimbergo. Tal circolo mi veniva fatto qualche volta su un brazzo et alle volte su una cossa32. Pi complesse e strutturate invece potevano risultare altre situazioni, all'interno delle quali i sintomi si accumulavano uno sull'altro e potevano perdurare molto a lungo. Claudia Romano venne colpita da un male che le impediva di mangiare, unito a forti sensazioni di calore: Io son stata undeci mesi amaliata perci che non potevo mangiare et se mangiavo haveva dalla parte destra nel petto et nella gola come una fiamma di focco che m'abbruggiava et mi durava sin tanto che vomitavo il cibo. Et stavo come morta, senza parlare, et si parlavo pareva che la lingua mi s'abrugiasse33. Ancora pi complicata la circostanza di una figlia di Cecilia Cenerina; all'ottavo mese di gravidanza la giovane venne colpita da una serie di problemi di salute, che sembrarono accanirsi su di lei. In primo luogo perse l'appetito e il buonumore, divent triste e un po' depressa, non mangiava pi come in precedenza. Giunto il momento del parto, questo venne ritardato per tre giorni a causa di motivi non meglio precisati, non essendo la giovane in condizioni di portarlo a termine. Infine nacqe una bambina, che per dopo tre giorni mor, mentre la giovane contemporaneamente si ristabil. Tuttavia, lo stesso giorno in cui si svolse il funerale della neonata, immobilizzata a letto, la donna perse nuovamente l'appetito. Questa situazione perdur per altri otto giorni, durante i quali costei inger solamente uova fresche e qualche altro cibo piuttosto leggero, finch un giorno si sforz di mangiare una zuppa, ma i risultati non furono buoni, infatti venne colpita da vomito con forti dolori. La situazione giunse a conclusione definitiva in capo a quattro mesi, con la morte della giovane34. In altri casi si potevano riscontrare sintomi differenti: indebolimento generale del corpo aggravato da dolori fisici a volte anche piuttosto violenti35, svenimenti accompagnati da perdita della memoria36. Una specifica tipologia di sventure ebbe come sfondo il villaggio di Frisanco e come denominatore comune il fatto che diverse coppie fossero sterili e riconducessero la loro mancanza di fecondit e capacit riproduttiva ad un intervento stregonesco37. Cos due nipoti di Lorenzo Doz, noto stregone, entrambi sposati, erano senza figli. Anche l'unione tra
essere chiamato alla Corte di Varsavia, dove, nel 1669, rivestiva l'incarico di medico stipendiato dalla Regina di Polonia. L. SERENI, Cenni storici su alcune famiglie "ragguardevoli" di Spilimbergo, in N. CANTARUTTI - G. BERGAMINI (a c. di), Spilimbrc, 61 Congresso della S.F.F. - 23 settembre 1984, Udine, Societ Filologica Friulana, 1984, pp. 129-130. 32 Sul manoscritto riportato uno schizzo di tale circolo: AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, Spilimbergo, 16 settembre 1644, c. [50r]. Riguardo al motivo del cerchio magico tracciato sul terreno da streghe e maghi nel corso delle loro pratiche, mi limito a menzionare: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 164, 254. 33 Ivi, Deposizione di Claudia Romano, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 20v. 34 Ivi, Deposizione di Cecilia Cenerina, Spilimbergo, 24 settembre 1644, cc. 16v-17v. 35 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 126. 36 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., pp. 123124; Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Camilla Cisilatti, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [6r]. 37 Il tema della sterilit del corpo, e la sua rappresentazione, va connesso a tre ordini di considerazioni: alla pratica sociale ed alle regole di condotta che a questa si rapportano; al rapporto sociale fra i sessi (di fronte ad una prevalenza ideologica per la responsabilit femminile, sia a livello poplare che dotto, di recente stato introdotto non solo il concetto di responsabilit maschile, impotenza, ma anche quello di sterilit di coppia, riferito alla impossibilit di fusione, alla "incompatibilit" dei sangui); all'omologia tra il mondo, il corpo individuale e la societ. Attraverso lo studio della sterilit del corpo e di come essa sia percepita in alcune societ senza scrittura extraoccidentali contemporanee, F. Heritier giunta alla conclusione che l'infecondit, affare femminile come obbliga a pensare l'evidenza oggettiva dei fatti biologici apparenti, dunque percepita prima di tutto come la sanzione sociale, iscritta nel corpo, di atti che infrangono la legge, che allontanano dalla norma, e oltrepassano dei limiti sempre strettamente circoscritti. ... Ma piuttosto che di sanzione, concetto che implica in primo luogo l'idea della punizione, forse meglio parlare di conseguenza, di trascrizione immediata. Questa conseguenza diretta pu toccare colui che ha infranto la legge, o un altro, o un gruppo; essa pu trasporre i suoi effetti anche in altri registri ...: degli atti di trasgressione dello stesso ordine hanno effetti climatologici, meteorologici, per una sorta di trasferimento diretto metaforico da una sfera all'altra. Si tratta per sempre di manifestare, e soprattutto di compensare, delle rotture di ordine dell'equilibrio del mondo. Questi tre dominii: l'ambiente biologico, quello sociale e quello naturale (meteorologico o altro), sono percepiti come intimamente legati. F. HERITIER, Sterilit, aridit, siccit. Qualche invariante del pensiero simbolico, in M. AUG e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male, cit., pp. 115-144 (la citazione finale alle pp. 143-144).

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Agnese, sorella del Doz e sospetta strega essa stessa, e il marito Giovanni di Franceschina era infeconda. Angelo Covasso spos una giovane donna, tuttavia fatto et contrato il matrimonio, rest Agnolo inhabile et impotente all'esercitarlo, et statto languido et infermo molti mesi [...] et passorno anni avanti che avesse figlioli. Oltre alla sterilit, dunque, il giovane viene colpito da una ulteriore sventura, che gli provoca una condizione prolungata di debolezza e fiacchezza generale.38 Altre volte accadeva che l'infermit avesse come conseguenza l'impossibilit dello svolgimento di alcune normali attivit quotidiane: mangiare, bere, dormire, riposare, camminare, andare a messa, confessarsi, lavorare39. Il non essere in grado di lavorare non identificava solamente una mancanza di salute, ma anche la perdita della potenzialit produttiva40. Cos avvenne a Daniele di Giorgio de Filippo e a Michele Covasso, o ancora a due giovani che dubitano esser ammalati perch non possono lavorare41. Connesso alla concezione di sventura intesa come incapacit e impossibilit di portare a termine il proprio lavoro, anche se inserito in uno specifico contesto di interessi economici per la propriet di beni immobili, era inoltre un episodio che vedeva coinvolto Daniele Romano. Costui lament che i suoi avvocati non lo sostenessero sufficientemente nella causa civile per la propriet di una casa e present la questione attribuendola ad un intervento stregonesco, semplicemente perch i giudici non gli diedero ragione42. Le puerpere potevano perdere il latte e con esso la capacit e possibilit di nutrire i propri figli43, altre volte lo stato di malattia poteva essere cos grave da far temere per la vita dell'infermo44. Il malessere fisico poteva avere inoltre riflessi anche sul piano intellettivo, con conseguente deperimento delle facolt mentali e dialogiche. Cos accadde a Daniele, figlio di Giorgio de Filippo, che sembr soffrire pi di un'inquietudine psicologica con risvolti comportamentali che di un disturbo organico. Era divenuto inquieto, non lavorava pi, evitava i rapporti sociali, non parlava e si isolava nascondendosi nei boschi, preferendo una vita da eremita, lontano dalla gente, rifiutava persino di andare a messa, cose che invece in precedenza faceva regolarmente. Il giovane venne ritrovato solamente un mese e mezzo pi tardi, mentre vagava errabondo in una selva, dove era sopravissuto nutrendosi con nocciole e more di rovo, in preda ad evidenti problemi di tipo psicologico e mentale, nonch in uno stato fisico profondamente debilitato45. Qualcosa di simile colp Michele Covasso, un malessere di tipo interiore, esistenziale, caratterizzato da una diminuzione della voglia di vivere, esternata pubblicamente con urla disperate46. In altre situazioni la malattia assumeva, o comunque cos veniva descritta, connotati non ben definiti. Cos, per citare solo alcuni esempi, capit a Francesco General, al qual subito mangiato li sucesse cativi accidenti, e a Giacomo di Giovanni di Cesco, che aveva sofferto di sinistri accidenti47. A volte accadeva che l'infermit fosse ricondotta esplicitamente a maleficio, senza che venisse fornita alcuna descrizione sintomatologica, come nel caso di Angelica Cleano
38 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 123. 39 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [7r]; Deposizione di Giacomo Balzaro, Spilimbergo, 18 settembre 1625, c. [11v]; Ivi, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., cc. [48r-53v]; Deposizione di Giacoma di Bastiano, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 22r; Ivi, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, Deposizione di Domenico del Bertolo, cit., c. [1r]. 40 Ivi, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [49v].; Ivi, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, Portogruaro, 3 agosto 1663, c. 8v. 41 Ivi, b. 31, fasc. 28, Pre Domenico Segala a fra Giulio Missini, [Fanna], senza data, in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 134. 42 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Agrippa Cisternini, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 23v; Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [48r]. 43 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Giuseppe Cisternini, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [5r]; Deposizione di Giacomo Balzaro, cit., c. [12v]; Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 125. 44 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Camilla Cisilatti, cit., cc. [6r-6v]; Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7v]. 45 Ivi, b. 31, fasc. 28, Pre Domenico Segala a fra Giulio Missini, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 134. 46 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 126. 47 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., pp. 125126.

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Barbiero, anche se ci poteva essere dovuto al fatto che venissero riferite testimonianze indirette48. In altre situazioni il disturbo assumeva caratteristiche simili alla possessione, come accadde con Lucrezia, figlia del conte Alfonso di Spilimbergo, la quale si sent poco bene quando il pievano la bened: li vene fastidio, che bisogn se sentasse et stasse sentata una meza hora49. Spesso erano gli animali a venire colpiti. Cos a Frisanco le capre e le mucche di Piero di Luisa di Ronchis persero il latte e stessa cosa successe alle armente di Pietro del Sottile, cos come alle pecore di Battista Doz; ancora accadde alle mucche di Giovanni di Beltrame, sventura che assunse caratteri iterati e quasi ciclici, dato che addirittura le bestie persero il latte pi volte nel corso di tre o quattro anni.50 La morte poteva colpire sia persone giovani che vecchie, sia maschi che femmine, indiscriminatamente, a volte anche animali; non sempre lo stato di malattia si risolveva e a volte conduceva al decesso. Cos mor Tommaso di Lena Pinzana, dopo una lunga agonia: se ne and in letto et in quello stete lambicandosi circa mesi undeci et poi mor51. In altre situazioni invece la morte sopravveniva senza che in precedenza l'individuo deceduto avesse sofferto alcuna infermit. Una crudele serie di sventure colp Maria, moglie di Pietro Biasato, contro cui la malasorte parve accanirsi: le morirono ben tre figli uno dopo l'altro. Inoltre la morte del pi grande fu particolarmente dolorosa, dato che il bimbo aveva sofferto per oltre due giorni52. Ancora poteva capitare che a morire fossero gli animali appartenenti a qualcuno, come successe ai maiali di Aurizia Patavina, dei quali uno mor quasi subito, mentre l'altro non rese come sperato53. La sventura non era solo sinonimo di malattia o morte, vi erano altri tipi di disgrazie che potevano colpire le persone, dovute o meno a disturbi di origine patologica e descritte a volte in maniera generica, ma comunque ricondotte dagli accusatori a eventuali malefici. Cos Daniele Romano, a suo dire, sub una serie di infortuni piuttosto vari: una volta era caduto da cavallo, dopo che questo si era improvvisamente imbizzarrito; in altre occasioni dei semplici viaggi non si erano realizzati, nel senso che il Romano partiva da Spilimbergo per recarsia San Martino di Campagna o in altri luoghi, dove per non era in grado di giungere mai a causa di difficolt nel trovare la strada, oppure si ritrovava proprio da chi non voleva andare; in altri casi ancora dei buoni affari praticamente gi conclusi erano andati a monte all'improvviso, nello specifico alcune compravendite di vino, per le quali era stato gi definito l'accordo54. Rare erano invece le disgrazie di origine atmosferica e meteorologica, anche se un esempio con potenziali conseguenze contro le persone venne riferito dal medesimo Romano: si levete un tempo s cativo che le tole dil coperto fatto di tolle, per le brente della aqua della setta, in parte si levorno et andavano per sora le mie creature, che erano nel cortivo. Ma per gratia di Idio non sucesse male, se non un poco di tempesta nella mia braida55. L'evento negativo, disgrazia, malattia o morte che fosse, si verificava in un intervallo temporale rispetto al conflitto, incontro o maledizione della strega di solito piuttosto breve. Le persone che si ritenevano oggetto di un intervento malefico si ammalavano generalmente subito dopo essere entrate in contatto con la strega, a volte immediatamente o subito dopo essere rientrate a casa, dopo qualche ora o all'indomani. Cos Andrea Balzaro si sent male lo stesso giorno in cui aveva schiaffeggiato la figlia di Anna Sguma (anche se il di lui figlio Giacomo dichiar otto giorni dopo), Dorotea Bordona e il marito invece subito dopo, mentre Lucrezia Lorenzino l'indomani56.
48 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Marsilia Forgarini, Spilimbergo, 13 settembre 1625, c. [10r]; Deposizione di Domenica Andea, cit., cc. [10v-11r]; Ivi, Deposizione di Antonia di Vittorio da Barbeano, cit., c. [13v]. 49 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Carlo Rossetis, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c. 6v. 50 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 124; Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., pp. 136-137. 51 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7r]. 52 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 126. 53 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 24v. 54 Ivi, Memoriale di Daniele Romano, cit., cc. [49v-52v]. 55 Ivi, c. [52r]; Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit., c. 19v. 56 Ivi, Deposizione di Antonia Gutti, Spilimbergo, 12 settembre 1625, cc. [8r-8v]; Deposizione di Giacomo Balzaro, cit.,

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In altri casi, soprattutto quando una serie di sventure andavano a colpire una persona in particolare, esse potevano verificarsi anche ad una distanza di tempo piuttosto consistente, mesi o addirittura anni, ed essere ricondotte ugualmente ad un intervento maligno esogeno: esemplare in tal senso la morte di pi neonati ad Aurizia Patavina57. La situazione di agonia che a volte dalla malattia conduceva al decesso, o la sola patologia, poteva anch'essa avere una durata variabile, assai brevi o piuttosto lunghe, pochi giorni, mesi o anni, che connotavano la disgrazia rapportandola in ogni modo all'ambito stregonesco, nell'un caso spiegando la rapidit dell'evento con un intervento malvagio esterno, nell'altro addossando la responsabilit per il prolungarsi eccessivamente tormentoso della sofferenza comunque ad un agente esogeno maligno.58

2. La credenza nella stregoneria spiega l'antagonismo tra individui


Un altro punto da analizzare quello relativo allo scenario della vita di villaggio all'interno del quale viene collocato l'evento negativo, dell'insieme dei rapporti, spesso conflittuali, tra i suoi abitanti59. Vi erano situazioni in cui la strega era un elemento che non apparteneva alla comunit, un'estranea60. In questi casi non veniva sempre identificata, anche per il fatto che non intratteneva rapporti sociali, o quantomeno non abbastanza intensi e costanti, con i membri del paese dove era avvenuta la sventura che le veniva imputata. Per forza di cose dunque doveva agire dall'esterno, colpendo la vittima da distanze ragguardevoli. L'attenzione era in questi casi trasferita su un membro della comunit che proveniva dall'esterno e che, dopo essere stato identificato, era poi allontanato. Generalmente per si trattava di individui del medesimo villaggio61, con i quali un tempo si erano intrattenute o si intrattenevano ancora relazioni sociali, motivo per il quale il potere della strega risultava strettamente circoscritto ad un'area non eccessivamente ampia ma ben delimitata, che coincideva in maniera approssimativa con l'ambiente dei contatti

c. [12r]; Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 21v. 57 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., cc. 24r-28r. 58 In relazione ai tempi della stregoneria: E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 74-75. 59 Sovente coloro che subivano disgrazie ne cercavano i presunti responsabili tra i loro nemici: ID., Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 139-158. 60 Secondo M. Douglas una siffatta credenza nella stregoneria si ritrova generalmente in comunit non complesse e limitate dal punto di vista del sistema sociale, dove la delazione ha la funzione di riaffermazione dei confini, della concordia e compattezza collettivi. Per la strega come individuo esterno, non appartenente alla comunit della vittima, e/o per l'accusa in assenza di rapporti sociali intensi si veda: M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 18-23; A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 326-330, 334-342; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., p. 289 (il pettegolezzo attribuito ad estranei serve ad addebitare la minaccia dell'attacco ad estranei, ad evitare di addossarlo ad un membro del gruppo); I. M. LEWIS, Un approccio strutturale, cit., p. 361 (possessione spiritica come strategia indiretta che attribuisce la responsabilit al di fuori della societ); A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., p. 241; P. RIVIRE, Fazioni ed esclusioni, cit., pp. 311-312 (la strega come membro interno di una fazione rivale, intruso proveniente dall'esterno). 61 Per la strega come individuo appartenente alla medesima comunit di villaggio del suo accusatore: E. ARDENER, Stregoneria, economia e continuit, cit., p. 202 (la strega come deviante interno pericoloso); T. O. BEIDELMAN, Verso interpretazioni teoriche pi aperte, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 424, 427428; R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., pp. 210, 216-217, 225-226; P. BROWN, Magia, demoni e ascesa, cit., pp. 52, 56-62, 64, 68-69; M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 8-10; A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 339341; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., pp. 261-305 (la strega come nemico interno con legami all'esterno); G. I. JONES, Un limite alle accuse, cit., pp. 392, 396-400; I. M. LEWIS, Un approccio strutturale, cit., pp. 361, 369-370; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 122-123, 132-140; ID., Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 235-262, in specie 241-248, 252-255; A. REDMAYNE, Chikanga: un indovino africano, cit., p. 163; P. RIVIRE, Fazioni ed esclusioni, cit., pp. 310-312, 317-319 (la strega come membro interno di una fazione rivale); K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 98-99, 101-102, 107-109, 114-116; ID., Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 203-234, in particolare le pp. 221-224, 227-234; ID., La religione e il declino della magia, cit., p. 596; R. G. WILLIS, Il millennio attuato, cit., pp. 173-183.

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sociali pi intensi, vale a dire di vicinato, parentado o lavoro62. Dalla documentazione possibile ricavare che i sospetti e le accuse di stregoneria difficilmente uscivano dall'ambito della comunit di villaggio, colpendo in maggioranza persone, vive o morte, che facevano o avevano fatto parte del sistema di rapporti sociali del soggetto che riteneva di essere stato aggredito dalla fattura o colpito dalla disgrazia63, individui del medesimo paese, quartiere, borgo, raggruppamento di case, abitanti porta a porta64. I legami sociali reciproci pertanto non solo avevano a volte la caratteristica di essere intervicinali, ma spesso anzi erano definiti da una relativa intensit e assiduit del rapporto.65
Per una quantificazione della distanza spaziale, generalmente piuttosto limitata, e sociale tra strega e vittima: M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 18-20; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 73-74; G. I. JONES, Un limite alle accuse, cit., pp. 391, 394-395; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 128129; ID., Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 241-242. 63 Giudici laici ed ecclesiastici considerarono l'ereditariet dei poteri magici dai genitori ai figli, senza alcuna discriminazione prettamente sessuale, come prova indiziaria negli interrogatori, soprattutto se l'accusato aveva decantato i propri trascorsi familiari: R. MANDROU, Magistrati e streghe nella Francia del Seicento. Un'analisi di psicologia storica, Roma-Bari, Laterza, 1979, p. 126. 64 M. Douglas individua una struttura tripartita nella concezione della strega come nemico interno in quanto appartenente a una societ organizzata in maniera pi complessa, suddivisa in alcuni casi in pi fazioni intestine: 1) la strega pu essere un membro di una fazione rivale in lotta per il potere interno e l'accusa assolve allora la funzione di una nuova formulazione dei confini del sottogruppo, di ripristino della gerarchia interna, o ancora di disgregazione della comunit; 2) la strega un deviante pericoloso che non si adatta alle norme del gruppo dominante, la delazione ha una funzione di controllo dei devianti per salvaguardare i valori comunitari; 3) la strega un elemento interno con legami all'esterno, l'accusa ha il compito di incoraggiare la competizione tra le fazioni della comunit, dividere il gruppo, ridelimitare i rapporti di potere gerarchico. M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 17, 19-23, 26. Parallelamente R. Rowland distingue all'interno di una medesima societ da una parte le streghe notturne, dall'altra le streghe convenzionali e quotidiane, definendo le prime come simbolo generale dei sentimenti antisociali, le seconde come rappresentazione a livello individuale di soggetti reali malvagi ed abominevoli. Alcune societ determinano a livello speculativo una disgiunzione, seppur articolata e interrelata in maniere diverse, tra queste due tipologie di streghe, rapportata alla duplice funzione della credenza nella stregoneria: da un lato spiegazione del male ad un livello globale, dall'altro interpretazione delle sventure personali. At one level these beliefs constitute a form of theodicy, an explanation for the existence of evil. Witches are thought of collectively: they are enemies of society and, as such, embody whatever in that society is considered to be anti-social. At the second level, witches are real, antisocial individuals present within society. They are real or potential enemies of individuals, and their socially disruptive malevolence (provided the charge of witchcraft can be made to stick) provides a plausible explanation for individual misfortunes. Some societies recognize this conceptual distinction by positing the existence of two different kinds of witches: the night-witches, who are elaborate, improbable, the embodiment of antisocial malevolence, and enemies of the community in general; and everyday witches, whose attributes are more "normal", who exist within society, and whose enemies are individuals: R. ROWLAND, Fantasticall and Devilshe Persons: European Witchbeliefs in Comparative perspective, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft. Centres and Peripheries, Oxford, Clarendon Press, 1990, pp. 169-171. 65 La figura della strega era caratterizzata da una relativa ambiguit: da un lato membro appartenente alla medesima comunit di vittime ed accusatori; dall'altro individuo contro quella comunit, appartenente al contempo ad un mondo diverso ed antitetico. Rowland individua questa ambiguit nella confessione (definita come struttura sincronica, narrazione di una sequenza di eventi assemblati e ordinati insieme cronologicamente), composta da tre elementi interdipendenti: apostasia, sabba e maleficio. Egli parte dalla considerazione in base alla quale nota una generale tendenza delle confessioni di stregoneria a divenire stereotipate nel corso del Cinquecento e Seicento, nonch maggiormente elaborate. L'apostasia indica la rottura sia con la societ che con la religione, attraverso gli elementi simbolici dell'incontro della strega con il diavolo, della copulazione, del patto, essa esprime l'attraversamento dei confini morali della comunit. La strega cos una figura ambigua, al contempo essere umano e membro della comunit, nonch essere compromesso moralmente e sessualmente con il nemico della comunit e della societ pi in generale. La strega, attraverso la natura antisociale degli atti diabolici che compie, si pone contro/fuori la societ e comunit di appartenenza. L'apostasia, civile e religiosa, ha la funzione di rito di iniziazione della strega in un mondo diverso ed opposto rispetto a quello precedente. Il secondo elemento, il sabba, ha al pari del primo una duplice componente, civile (e sociale) e religiosa. Il sabba rappresenta in manirea elaborata l'inversione dell'ordine religioso della societ e delle normali forme di rapporti sociali, si riferisce ad un mondo differente, opposto a quello normale, un anti-mondo dove le regole non vengono osservate.. La preponderanza dell'inversione sessuale riflette il ruolo preminente svolto dalle regole e convenzioni sessuali all'interno della societ. Il terzo ed ultimo elemento, il maleficio, caratterizzato dalla medesima ambiguit riscontrata per gli altri due. La strega appartiene e al mondo normale, quotidiano e all'anti-mondo diabolico. L'interdipendenza tra questi tre elementi della struttura concettuale spiega l'uniformit spazio-temporale delle confessioni. La strega, attraverso l'apostasia, assume il ruolo di mediatrice a due livelli: da un lato tra comunit e sabba, dall'altro tra comunit e maleficio. Ivi, pp. 161-169.
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Una questione fondamentale cui necessaria una spiegazione riguarda il perch la denuncia, informale o ufficiale, contro le persone ritenute responsabili della disgrazia restasse a volte per tanto tempo inespressa e venisse in alcuni casi formulata invece improvvisamente e con una violenza inaudita a distanza anche di numerosi anni66. In base alle dichiarazioni testimoniali da me utilizzate, quasi tutte le persone accusate di stregoneria possedevano tale reputazione da diverso tempo. Solo per fare alcuni esempi, a Spilimbergo le malefatte attribuite ad Anna Sguma risalgono ad almeno dodici anni prima, quelle di Marcolina Stella a dieci, a Maniago la fama di Pirina Rampon a venti, a Frisanco quella di Lorenzo Doz a trenta, mentre a Cavasso quella della Chiarandola addirittura a quarant'anni prima. Ma perch queste persone furono accettate dalla collettivit per cos tanto tempo e dopo all'improvviso invece vennero denunciate, ed in un certo senso rifiutate, dalla comunit, che cosa accadde, quali elementi vennero a sconvolgere quell'equilibrio che, seppure precario, era durato fino a quel momento?67 La consuetudine tradizionale stabiliva che eventuali contese tra compaesani68 si risolvessero all'interno del gruppo, ma con la denuncia formale presso l'autorit inquisitoriale questa norma veniva di fatto abbandonata69 e con essa anche il vincolo di solidariet reciproca70. La vicenda che nel 1625 vide accusata di stregoneria Anna Sguma, abitante a Spilimbergo, ebbe inizio grazie alla denuncia presentata il 12 agosto di quell'anno da parte di Giacomo Molinaro, che si present in quel luogo davanti a fra Bernardino Fortuna, vicario inquisitoriale delle diocesi di Aquileia e Concordia, ivi presente in vece dell'inquisitore fra Domenico Vico da Osimo. Il denunciante era un abitante di quello stesso villaggio ed una delle persone, in base alle dichiarazioni raccolte nei verbali, offese dalla presunta strega. L'azione giudiziaria che nel 1644 si apr contro Marcolina Stella, anch'essa da Spilimbergo, prese il via da una denuncia da parte di Leonardo Cisternini, che il 6 settembre si present spontaneamente a Udine dinanzi all'inquisitore fra Lodovico da Gualdo. Anch'egli apparteneva alla medesima comunit dell'accusata, tuttavia non era una delle persone che si ritenevano danneggiate dalla Stella. Come rifer, era stato convinto a presentarsi dai coniugi Daniele e Claudia Romano, i principali accusatori e diffamatori di Marcolina Stella, e pertanto riportava notizie indirette. Il 16 giugno 1655 Osvaldo Campolino, un contadino ventisettenne di Maniago sposato con Nicolosa, comparve spontaneamente a Udine presso il convento di San Francesco interiore per denunciare davanti all'inquisitore fra Bonaventura Ripa da Ferrara tre donne del suo stesso villaggio, ree secondo lui di avere causato per mezzo di un maleficio la possessione diabolica della moglie: Pirina Rampon, detta Taier, Maria Fabbruzzi, detta Tavana, e sua figlia Domenica.
Sul rapporto tra le presunte streghe ed i loro accusatori, indicativamente: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., in particolare pp. 595-609. 67 Attraverso la chiacchiera e il sussurro, forme di comunicazione pensate al femminile, non sempre si palesava un atteggiamento di complicit ... a favore di consimili, di pi spesso per mezzo della delazione si manifestava una chiara aderenza alle norme e agli interessi collettivi. A. COMUZZI, Fu nel mese di Ravador.... Indagine intorno ad alcuni casi d'infanticidio nella Carnia tra XVI e XVIII secolo, in Ce fastu?, LXXI, 1, 1995, pp. 37-38. 68 Tuttavia non sempre antagonismi erano presenti all'interno dei rapporti: capitava infatti che tra persone ci fosse un normale rapporto di lavoro o dipendenza (tipo artigiano-tessitore, serva-padrona), oppure una semplice conoscenza (tra vicini di casa o membri di un medesimo villaggio) senza livori particolari, e che fosse un avvenimento nuovo, spiacevole e imprevisto (maleficio presunto) a rovinare quel rapporto. 69 In effetti le norme consuetudinarie stabilivano che la comunit risolvesse autonomamente i contrasti tra i propri membri senza ricorrere a poteri o autorit esterne ed estranee; chi non seguiva siffatte regole andava contro la tradizione e poteva essere punito dal villaggio: J. MARTIN, L'Inquisizione romana e la criminalizzazione del dissenso religioso a Venezia all'inizio dell'et moderna, in Quaderni storici, XXII, 1987, pp. 777-802. 70 Denunce e credenze di stregoneria rivelano, se messe in relazione alle norme tradizionali della vita di villaggio in epoca moderna, una duplice funzione di conservazione e/o infrazione delle regole. Da un lato riaffermavano e conservavano le consuetudini di solidariet e reciprocit tra vicini o membri di una medesima comunit, accettate per costume da un punto di vista morale e sociale dalla collettivit. In tal senso la denuncia o credenza nella stregoneria assumerebbe una funzione di profilassi contro gli impulsi non caritatevoli, divenendo una forma sociale di difesa, mantenimento e rafforzamento della normativa consuetudinaria. Dall'altra parte esprimevano la rottura, il conflitto etico e sociale tra il modello della carit tradizionale di origine medioevale ed il rifiuto moderno della solidariet e della reciprocit. Su tale ambivalente funzione assolta dalle credenze di stregoneria: M. DOUGLAS, Introduzione, cit., p. 10; A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 247, 254-255; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 108-109; ID., Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 222, 227, 231-232.
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Il 30 giugno 1648 Osvaldo di Bernardon, un contadino di circa quarantadue anni abitante a Cavasso ma originario di Frisanco, si present spontaneamente in compagnia del figlioletto Mattia di nove anni davanti all'inquisitore fra Giulio Missini da Orvieto, di passaggio a Spilimbergo. Osvaldo apparteneva alla comunit di Cavasso, dove lavorava e abitava con la famiglia, anche se manteneva stretti rapporti con quella di Frisanco, dove era nato e vissuto con i genitori per lungo tempo, e dove abitava ancora la madre vedova ed aveva risieduto per alcuni anni lo stesso suo figlio Mattia. Questi primi quattro casi hanno un denominatore comune: sia a Spilimbergo che a Maniago che a Frisanco, le persone che causarono l'apertura del procedimento giudiziario appartenevano al villaggio delle persone accusate, seppure con qualche lieve differenza. Cos Giacomo Molinaro, vittima della strega, aveva accusato Anna Sguma; alla stessa maniera si erano comportati Osvaldo Campolino, la cui moglie era stata colpita, il quale aveva denunciato le responsabili, e Osvaldo di Bernardon che, conducendo il figlio Mattia al cospetto dell'inquisitore, aveva fatto in maniera tale che questi indagasse contro le persone accusate dal bimbo. L'unico a non essere coinvolto in alcun modo era Leonardo Cisternini che, seppure appartenendo alla comunit spilimberghese come Marcolina Stella, l'aveva denunciata perch spinto a ci da altri. Tutti i denuncianti dunque avevano un legame profondo e con la comunit in cui vivevano e con i suoi abitanti, non erano degli estranei bens dei membri appartenenti al gruppo di cui anche gli accusati facevano parte. Essi intrattenevano con le imputate e gli imputati di stregoneria dei rapporti alquanto stretti e radicati nel tempo, in alcuni casi addirittura di parentela, Osvaldo e Mattia di Bernardon erano rispettivamente figlio e nipote di Caterina del Vescovo, una delle presunte streghe. Differenti i casi di Andreis e Barcis. Il 3 agosto 1663 nel convento di San Francesco a Portogruaro si present un uomo di cinquantasei anni, un tale Osvaldo, figlio di Nicola della Stella. Questi, inviato su decisione della comunit di Andreis, denunci alcune donne di quel luogo, principalmente Margherita Tavani e Lucia di Bucco, ritenute colpevoli di aver compiuto negli ultimi mesi dei malefici, provocando in alcuni casi delle possessioni diaboliche. Lo stesso comparente spieg i motivi per i quali la scelta fosse caduta proprio su di lui, rivelando come negli ultimi anni fosse stato assente da Andreis per motivi di lavoro piuttosto spesso, e aggiungendo infine come quei fatti si fossero verificati durante la sua lontananza. Egli dunque non aveva intrattenuto per lungo tempo stretti rapporti sociali con le imputate ed era proprio grazie a questa sostanziale estraneit o comunque scarsa coesione con il gruppo, dovuta all'incostanza e lontananza di quei legami, che si era prestato alla delazione formale. Il trentaduenne Sebastiano, figlio di Domenico Corradini, il 27 settembre del 1663 si rec a Udine, inviato dai comuni di Barcis ed Andreis, per denunciare le streghe nominate dagli spiriti, che possedevano molte donne soprattutto di Barcis ma anche di Andreis. Costui, alla stessa maniera dei primi quattro casi sopra citati, era un membro di quella comunit, con la quale aveva degli stretti legami sociali. Tuttavia il podest del suo villaggio, unito al comune di Andreis, lo aveva inviato a compiere quel delicato atto formale. Da questo secondo punto di vista sembra esistere un punto di contatto con il caso di Andreis: sia Osvaldo della Stella che Sebastiano Corradini vennero prescelti dai rispettivi paesi per denunciare le streghe, in tale maniera essi furono scelti e proprio per questo motivo poterono sentirsi al sicuro da eventuali azioni di rappresaglia da parte delle accusate nei loro confronti. Infatti essi non decisero di propria volont di denunciare le streghe, ma furono spinti ad agire in questa maniera, il che fece s che essi si sentissero e fossero agli occhi della comunit deresponsabilizzati, non avevano alcuna colpa in quanto avevano solo eseguito un ordine. Tutti i testi che possediamo sulla stregoneria, inquisitoriali, popolari ed antropologici, mostrano come la richiesta di senso si traducesse sempre in una richiesta di nomi, da un lato della malattia o dell'evento negativo in senso pi ampio o del presunto maleficio, dall'altro della persona ritenuta responsabile dell'infortunio71. Spesso la strega aveva delle
Tuttavia, come ho potuto constatare nei documenti che ho esaminato in base alle dichiarazioni di testimoni e accusatori, non sempre la presunta strega agiva di propria volont. Strettamente collegato con l'origine dei poteri magici infatti il problema relativo alla responsabilit della strega. La concezione demonologica elaborata dalle classi colte dominanti considerava il potere magico acquisito per mezzo di un patto con il diavolo. Il patto in questo senso definiva il carattere consapevole di tutte le azioni successive della strega. Ma la pretesa del carattere
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ragioni giustificabili per odiare e fare del male, connesse ad opposizioni latenti o manifeste72. I contrasti si sviluppavano nel villaggio per motivi diversi non solo all'interno delle relazioni sociali tra vicini di casa o comunque membri di una medesima comunit, ma anche dentro la cerchia parentale intesa nel senso pi ampio del termine. Attriti potevano coinvolgere una o pi famiglie, fratelli, sorelle, nipoti, zii, cugini, parenti acquisiti, individui che vivevano per conto loro in nuclei familiari indipendenti e distinti anche da un punto di vista spaziale, oppure che avevano legami di sangue indiretti. Ma conflitti si potevano verificare anche all'interno di una medesima famiglia, tra soggetti che appartenevano allo stesso ristretto gruppo famigliare e spaziale, con relazioni di sangue dirette, padre, madre, figli. Il rapporto conflittuale poteva nascere per i motivi pi disparati: per gelosia, invidia, per questioni di interesse73 economico, eredit, propriet o affitto di terreni, case, beni immobili, oppure ancora per opposizioni derivanti da controversie matrimoniali, per un impegno preso ma non rispettato, da una richiesta insoddisfatta di un prestito, per il rifiuto dell'elemosina, per uno sgarbo subito dalla sospetta strega o da un suo familiare74.
satanico e perci volontario, collettivo e organizzato dell'azione nociva delle streghe, l'idea che esse costituissero realmente un gruppo che si incontrava, una setta che si organizzava contro l'ordine costituito, non ha lasciato tracce profonde a livello popolare, dove la forza della strega viene presentata come involontaria e strettamente legata alla natura predestinata del suo potere di nuocere alle persone. La strega veniva infatti prospettata come una persona costretta a comportarsi in una determinata maniera per necessit, che doveva fare del male perch vi era predisposta per una qualche ragione, generalmente connessa con l'origine biologica ed ereditaria del potere. Sebbene si ritenesse che vi fossero alcune streghe che facevano del male perch lo volevano, ci nonostante si pensava che non tutte avessero l'intenzione di nuocere deliberatamente. In questo senso conducono le parole pronunciate da Aurizia Patavina all'indirizzo di Marcolina Stella: un libro di Sant'Antonio di Padova, che sono tanti miracoli, se non potete far di meno di far stregamenti, fatte a nota l e avanti la Madonna del Carmine! (AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 26r). Alla stessa idea rapportabile l'autodifesa di Ursula del Sottile: Io non so d'esser stregha, che s'io fosse bisognerebbe pur che lo sapessi (Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 125). Parimenti si credeva che talune riversassero il loro potere malefico sui sassi, facendo seccare gli alberi, sbattere i cancelli del cimitero, suonare le campane, o su altre cose inanimate, o ancora direttamente su loro stesse, evitando in questa maniera di danneggiare le altre persone. Sul carattere necessario del potere, involontario, inconsapevole, o comunque non controllabile dalla coscienza: M. DOUGLAS, Introduzione, cit, pp. 2223, 28; M. RUEL, Gli uomini-animali, cit., p. 403; B. SPOONER, Il malocchio, cit., p. 380; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 87-88; A. PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende nella medicina popolare, Dr. Recordati - Laboratorio Farmacologico S. A. - Correggio, 1940, p. 28 (stregoneria interpretata anche come una malattia da cui una persona colpita involontariamente). Ancora in relazione al tema della responsabilit o non responsabilit strettamente connesso all'intenzionalit o involontariet del potere di nuocere: E. E. EVANSPRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 159-174. La comunit crea ed inventa la strega come strumento liberatorio, che permette di sfogare l'aggressivit e le frustrazioni del gruppo, purificandolo in una sorta di catarsi da tutta una serie di elementi negativi. Si tratta di un vero e proprio meccanismo di costruzione della strega: il villaggio accusando una persona di stregoneria, non si aspetta che questa si discolpi, bens che riconosca il suo ruolo di strega, confermando in tal modo l'ordine sociale. Medesimo discorso si pu fare per i giudici, che non prevedono che l'imputato neghi, ma esigono che egli corrobori e confermi il sistema di cui essi detengono solo un frammento e di cui vogliono che la strega ricostruisca il resto in maniera appropriata. In tal senso chi esterna sentimenti o atteggiamenti anche fisicamente violenti contro le streghe, come Giacomo Campolino che bastona la Tavana (AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, Deposizione di Giacomo Campolino, [Udine], 28 agosto 1655, c. [3v]), non fa altro che aderire a un procedimento ritualizzato per ottenere lo scioglimento della fattura, un processo volto allo slegamento del maleficio. In altre parole la comunit di villaggio e i giudici, ecclesiastici o civili che siano, compartecipano alla creazione e sopravvivenza della figura sociale della strega, aspettandosi che questa ratifichi il suo ruolo e consolidi cos il sistema e l'ordine sociale costituito. C. LVI-STRAUSS, Lo stregone e la sua magia, in ID., Antropologia strutturale, Milano, Saggiatore, 1980, pp. 189-209. Sulla questione generale della stregoneria connessa alla reazione aggressiva di gruppi e di margini sociali che, per motivi vari, non sono integrati o sono parzialmente integrati nei modelli propri della cultura dalla quale dipendono, o anche respingono tali modelli: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 231-236. 72 Due erano le componenti essenziali: il verificarsi di un evento sfortunato per una persona che non riuscisse a trovare immediatamente una spiegazione naturale, e la consapevolezza, da parte della vittima, di aver offeso un vicino o una vicina, di solito venendo meno a un obbligo sociale in precedenza consuetudinario. Molto spesso, il nesso tra l'evento sfortunato e l'obbligo trascurato era costituito dallo sfogo malevolo della sospetta strega. K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., pp. 605-606. 73 A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., p. 242. In relazione alle accuse dolose di stregoneria utilizzate come strumenti privati al fine di eliminare un avversario: K. THOMAS, Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 223-224. 74 La credenza nella stregoneria si fonda ... su una sostanziale unicit di schemi delle varie espressioni del pensiero magico e si propone in genere come "risposta" a situazioni e sentimenti primari - odio, invidia, gelosia, desiderio, ... - che pur nella specificit delle singole vicende manifestano, tutto sommato, tratti abbastanza costanti: T. SEPPILLI, La fattura, in ID. (a c. di), Medicine e magie, cit., pp. 49-50.

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Cos la sciagura che colp Andrea, figlio di Leonardo del Longo, venne ascritta alla disputa che il padre aveva con Lorenzo Doz per l'affitto di un prato e di una stalla. Il Doz, affittuario di quei beni immobili di propriet dei conti di Polcenigo, aveva tentato di incrementare le sue entrate giocando sul prezzo e facendo credere di voler rigettare le proposte che gli erano state fatte, ma Leonardo del Longo lo aveva anticipato sul tempo accettando un'offerta verosimilmente inferiore alle richieste del Doz, il quale si era ritrovato improvvisamente senza pi nulla75. Alla stessa maniera l'antagonismo che oppose Anna Sguma ad alcune delle sue presunte vittime in particolare, venne ricondotto dai testimoni a questioni relative all'affitto di una casa. Giovanni Antonio Balzaro, proprietario dell'abitazione nella quale la donna aveva vissuto per tanto tempo, decise di scacciarla. A questo danno subito vennero riportate le sventure che colpirono la cerchia parentale dei Balzaro76. L'affittuario successivo fu Alessandro Carbo77, che occup quella casa facendo un ulteriore torto alla Sguma, la conseguenza fu il decesso del Carbo. Similmente accadde poi a Giacomo Molinaro, ritenuto colpevole del medesimo sgarbo nei confronti della donna, il quale affitt l'abitazione dopo la morte del precedente inquilino: la sua famiglia venne colpita cos da gravissimi problemi di salute78. Tutte le sventure che capitarono a Daniele Romano e a sua moglie Claudia, oppure alle persone che con loro avevano avuto a che fare in passato o che svolgevano tuttora mansioni a loro favore, domestici o avvocati, vennero fatte risalire dai due coniugi alla disputa che ormai da molto tempo li opponeva a Marcolina Stella79 in relazione alla propriet di una casa80. Costei spieg81 al giudice di fede come la disputa fosse in origine tra lei e la sua matrigna, solo successivamente era intervenuto il Romano, che con false promesse aveva raggirato l'avversaria della Stella nella questione. Inoltre aggiunse che a suo parere era in atto un complotto ai suoi danni, ordito dal Romano. Cos, durante un tentativo di compromesso extragiudiziale, egli aveva suggerito alla contessa Impolice Savorgnan che Marcolina avesse stregato sua figlia Lucrezia. Questo fatto, dal momento che Giovanni Savorgnan era il suo rappresentante, avrebbe dovuto fomentare desiderio di vendetta ai
75 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 124. 76 Il capostipite di questa famiglia, che nei documenti spilimberghesi fa la sua prima comparsa verso il principio del Cinquecento, arrivava da molto lontano, dall'Engladina, in Svizzera. I Balzaro, o Balzero, per quasi due secoli ricoprirono un ruolo notevole nella vita della comunit e sin dal secolo XVI sembra avessero dei beni feudali senza giurisdizione. [...] Ebbero a che fare con il S. Ufficio ... il notaio Gaspare, ed ... Andrea, denunciati nel 1594 per aver tenuto in casa propria libri proibiti, ma l'Inquisizione decise di non procedere oltre. Nel 1613 troviamo un Antonio iscritto all'Accademia Parteniana, segno dunque che i Balzaro avevano a cuore l'istruzione di loro rampolli e inoltre che la frequenza dei corsi dell'Accademia conferiva prestigio alle famiglie del luogo. L. SERENI, Cenni storici, cit., pp. 131-133 (le citazioni sono alle pp. 131-132). 77 Un Alessandro Carbo, deputato popolare di Spilimbergo nel 1606, viene ricordato in: A. STEFANUTTI, Consorti feudali, "cittadini" e "popolani" a Spilimbergo. Spunti per la storia di una societ tra XVI e XVII secolo, in N. CANTARUTTI - G. BERGAMINI (a c. di), Spilimbrc, cit., p. 103. 78 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Camilla Cisilatti, Spilimbergo, cit., c. [6v]. 79 Di questa famiglia si conoscono vari rami residenti in Friuli. Quello spilimberghese era di origine bergamasca e risaliva ... alla prima met del Cinquecento. ... Per quanto non apparissero inizialmente come figure di grande rilievo nella storia spilimberghese, gli Stella si trovarono tuttavia invischiati pi di una volta in questioni con il S. Ufficio. A cominciare fu un Lodovico, il quale nel 1595 fu incriminato per aver affermato che le elemosine, le preghiere e tutte le altre opere di piet fatte a suffragio dei defunti, non recavano loro alcun beneficio. Ma poich nessun teste conferm tali sue presunte dichiarazioni, fu deciso di lasciar cadere la cosa. Venne poi la volta di Marcolina Stella (le cui disavventure giudiziarie sono illustrate in questo lavoro, n. d. l.) e poi, nel 1687 di Santo Stella comparso davanti al S. Uffizio sotto la consueta accusa di aver letto dei libri proibiti. Per quanto concerne la battagliera Marcolina merita rilevare che stato di recente accertato un errore nell'albero genealogico, peraltro assai frammentario, degli Stella. Marcolina Bortolussi, sposata a Faustino, non fu infatti ... la madre bens la zia di uno dei personaggi pi noti della famiglia, quell'Eusebio Simone, il quale, pi che per la sua attivit di cancelliere presso i signori di Spilimbergo, viene ricordato per quella di poeta, non alieno dal comporre versi amorosi di una estrema licenziosit. L. SERENI, Cenni storici, cit., pp. 133-134. 80 Numerosi furono i testimoni a menzionare la controversia nel corso delle loro deposizioni: AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Leonardo Cisternini, Udine, 6 settembre 1644, c. 4r; Ivi, Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit., cc. 19v-20r; Deposizione di Agrippa Cisternini, cit., c. 23r; Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [50r].; Deposizione di Marcolina Stella, Spilimbergo, 26 settembre 1644, cc. 30v-31r; Memoriale di Marcolina Stella, Spilimbergo, senza data, cc. [60r-61v]; Deposizione di Daniele Romano, cit., cc. 8v, 10r. 81 Ivi, Deposizione di Marcolina Stella, cit., cc. 30v-31v.

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danni della Stella, o quantomeno far s che il nobile la guardasse con sospetto. Nonostante molteplici sentenze a favore della Stella, sia presso l'autorit civile locale sia davanti al luogotenente generale della Patria del Friuli, come da lei stessa dichiarato, i Romano viste le sconfitte legali avevano deciso di operare un'azione diffamatoria nei confronti dell'avversaria, accusandola apertamente di stregoneria e persuadendo alcune persone tra i loro dipendenti, amici o parenti, a sostenerli in tale operazione82. Il conflitto interpersonale che oppose Lorenzo Doz ad Angelo Covasso era dovuto invece a questioni matrimoniali. La disgrazia del Covasso venne imputata al fatto che egli avesse sposato la donna che il Doz avrebbe voluto per suo figlio, intralciandone cos i piani matrimoniali: in Frisanco eran, gi 10 anni in circa, duoi giovani sorelle hereditevoli. Una di esse si marit, et passorno anni avanti che havesse figlioli perch il Doz pretendeva che l'altra sorella, chiamata Sabbata, pigliasse per marito suo figliolo. Non lo volle Sabbada, ma si marit in Agnolo Covasso83. Alla categoria dell'impegno preso ma non rispettato venne fatta risalire la sventura che colp Angelica Barbiero, la quale aveva un debito di 30 soldi con la Sguma che non aveva ancora provveduto a saldare: una volta mia madre questo estate mi disse andando io a casa sua: "Tu non sai che quella poltrona della Barbiera va dicendo che io l'habbi strigata, ma non dice la verit. M'ha mandata a chiamare pi volte, ma io mai non son andata con dire che fin tanto che non mi dia li miei 30 soldi che io habbia detto che non possi caccare n pisciare!"84. In altre situazioni il conflitto poteva aver origine dalla richiesta insoddisfatta di un prestito, di latte, zucchero, denaro, attrezzi da lavoro85. Cos Camilla Cisilatti rifiut ad Anna Sguma un prestito di pane e ricotta, le conseguenze furono deleterie: al tempo delle puine, stando alla mia porta facendo il filo, mi furono portate due ricotte. In questo tempo pass di l via detta Anna, addimandandomi un poco di ricotta et anco un poco di pane, dicendomi se io l'havevo nella sacchetta. Risposi de no. Lei non volendo credere mi fece voltare la sacchetta86. A volte era il torto, lo sgarbo subito dalla strega, o da un suo familiare, a scatenarne la reazione, come nel caso di una figlia della Sguma che venne schiaffeggiata da Andrea Balzaro87. Giulia Segata ritenne di essere stata colpita da una disgrazia poich non aveva rispettato una delle pi elementari regole sociali, non avendo risposto ad una domanda di Marcolina Stella88. Non sempre era la strega a gettare lo sguardo cattivo, cos Daniele Romano guard in malo modo la Stella e il risultato fu una caduta da cavallo89. Aurizia Patavina, dopo essersi avvalsa della collaborazione di Marcolina per il parto, rifiut che la Stella cercasse una nutrice, la conseguenza fu la sventura: Costei dappo mi ricerc se volevo che essa trovasse chi lo latasse, io li dissi di no et che si contentase d'havermi levata dal parto et di esser pagata. Et per senza sua saputa diedi detto mio figlio a latare alla moglie di messer Simon del Negro, di questo loco90.
La funzione di accusatore principale della Stella assunta dal Romano venne ribadita anche da altre testimonianze: Ivi, Deposizione di pre Carlo Rossetis, cit., cc. 6r-6v; Deposizione di pre Nicola Andriolico, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c. 10v; Deposizione di pre Tommaso Fannio, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 12v; Deposizione di Giacomo Calligariis, Spilimbergo, 24 settembre 1644, cit., c. 14r; Deposizione di Rosanna Romano, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 18r; Deposizione di Lorenzo Varente, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 18v; Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit., c. 19r; Deposizione di Agrippa Cisternini, cit., c. 23r; Deposizione di Pergonio di Spilimbergo, Spilimbergo, 26 settembre 1644, c. 29r; Deposizione di Caterina Cleiano, Spilimbergo, 26 settembre 1644, c. 29r; Pronunzia di Agostino Diana, Udine, 19 ottobre 1644, c. [63r]; Deposizione di Marcolina Stella, cit., c. 31v. 83 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 123. 84 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Domenica Andea, cit., c. [10v]. La questione del debito venne meglio specificata da Antonia di Vittorio di Barbeano, la quale precis: doveva detta donna Angelica dare alla Sguma soldi 30, perch il suo infante havea mangiato alla sua hosteria. Deposizione di Antonia di Vittorio da Barbeano, cit., c. [13v]. 85 Riguardo alla tematica del prestito, del dono e del controdono: M. MAUSS, Saggio sul dono, in ID., Teoria generale della magia e altri saggi, Torino, Einaudi, 1972, pp. 155-292. 86 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Camilla Cisilatti, cit., c. [5v]. 87 Ivi, Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7r]; Deposizione di Giacomo Balzaro, cit., cc. [12r]. 88 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 27v. 89 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 26v. 90 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 24v.
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Non sempre per il torto ingiusto veniva commesso ai danni della strega, a volte era la stessa vittima a sentirsi danneggiata ingiustamente dalla sua ira. Cos capit a Giovanni Maria Pelizzaro che ritenne di essere stato colpito per qualcosa che non aveva commesso: essendo io infermo, gi tre mesi sono, di male al collo et febre, venne messer Cecco Murador, mio compadre, a visitarmi et mi addimand quello che io havevo fatto a Anna Sguma, al cui risposi che io non li havea fatto alcun torto. Et egli, repplicandomi, disse che Anna sudetta li havea detto che la mi voleva far marzire sul letto, per il che mi messi in spavento, sapendo di non haverli fatto alcun dispiacere91. Per ci che concerne la conflittualit tra parenti, nonni o zii e nipoti, marito e moglie, genitori e figli, fratello e sorella, raramente vi erano stretti vincoli di sangue tra sospetta strega e presunta vittima, anche se sono documentati casi in cui dei bambini accusarono di stregoneria i propri familiari pi stretti, genitori, fratelli o sorelle, oppure i membri della cerchia parentale pi ampia, nonni, zii, cugini92. Situazioni di conflitto nella parentela pi ampia, con esplicite accuse da parte delle persone danneggiate dalla strega presunta, per motivi di interesse economico e/o di eredit si evidenziano in special modo nella vicenda di Frisanco. L'opposizione tra Lorenzo Doz e i figli maschi di due suoi fratelli venne ricondotta a motivi economici legati a questioni di eredit: Lorenzo ha due fratelli, et di questi duoi fratelli ciascuno ha un figliolo maritatto. Essendo statti questi alquanti anni senza poter haver figliuoli, sono entratti in sospeto [che] Lorenzo Doz, lor zio, con le sue malie impedisca loro la generazione, acci la sol disendenza di suo figliolo restasse herede93. L'uomo aveva inoltre anche una sorella, ora vedova, Agnese, che era stata sposata con Giovanni di Franceschina, unione dalla quale non erano mai nati figli, automaticamente esclusa cos da eventuali pretese di eredit. La sterilit della coppia venne collegata dal marito ad un intervento malefico del fratello di lei94. Il contrasto che oppose il Doz al cognato Giorgio de Filippo riguardava l'eredit di alcuni beni immobili, che spettavano al secondo per diritto legittimo95. Tuttavia relazioni conflittuali erano anche quelle che si esplicavano all'interno del nucleo famigliare propriamente detto. Cos il contrasto che sembr affiorare tra Giovanni Daniele del Sottile e la moglie Ursula, giovane donna di bell'aspetto. Costei venne accusata da pi persone, tra cui il fanciullo Mattia, di causare molteplici disgrazie sia agli esseri umani che ai loro animali. Condotta dal marito in canonica a Frisanco davanti a pre Salvatore Reggio, neg ogni addebito. La rottura interna nel rapporto tra marito e moglie ravvisabile proprio nell'atteggiamento dell'uomo, il quale non difese la donna in alcun modo da quelle accuse false ed ingiuriose, n reag contro i suoi accusatori rimproverandoli per la diffamazione, anzi si scagli aggressivamente contro la moglie minacciando di ucciderla egli stesso o di farla ardere sul rogo se si fosse provato che era realmente una strega96. Una crisi nel rapporto si evidenzia anche tra Anna Sguma e la figlia Domenica. Alle domande insistenti del giudice di fede relative al fatto che quest'ultima avesse accusato pubblicamente la madre di stregoneria, la giovane rispose che ci non corrispondeva al vero,
91 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Giovanni Maria Pelizzaro, cit., c. [9r]. Un Giovanni Pelizzaro viene menzionato in: A. STEFANUTTI, Consorti feudali, "cittadini" e "popolani", cit., p. 98. 92 Nella vicenda che poco prima della met del Seicento coinvolse i paesi di Frisanco e Cavasso, e solo in minima parte di Fanna, un bimbo di nove anni accus di stregoneria e partecipazione al sabba numerose persone di quei villaggi, tra cui la nonna paterna Caterina: AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, cit. Riguardo a rapporti di parentela tra strega e vittima: A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 332-334; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggresioni illegittime, cit., pp. 291, 294, 297; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., p. 128; ID., Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 242-244; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., p. 107; ID., Problemi sociali, conflitti, cit., p. 227. Sui bambini accusatori di familiari: A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 243-244. Per una vicenda nella quale numerosi furono anche i bimbi, ricordo indicativamente: G. HENNINGSEN, L'avvocato delle streghe. Stregoneria basca e Inquisizione spagnola, Milano, Garzanti, 1990. Riguardo alla connessione bambini-diavolo-stregoneria: A. M.di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 80, 242, 244, 256, 262-264, 266, 315-334. 93 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 123. 94 Ibidem. 95 Ibidem. 96 Apparentemente non ravvisabile dai documenti alcun antagonismo tra accusatori e accusata, tuttavia una situazione conflittuale si evidenzia proprio nel rapporto coniugale: Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 125; G. P. GRI, Val Colvera, nel "nido particolar delle strege". 1648-1650, in N. CANTARUTTI (a c. di), "Commun di Frisanco". Frisanco - Poffabro - Casasola, edito dal comune di Frisanco, 1995, cit., p. 214.

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perch non si sarebbe mai permessa di farlo davanti a tutti, altrimenti la madre l'avrebbe certamente presa a schiaffi. Tuttavia nella testimonianza era presente un lieve accenno ad un contrasto tra le due, quando Domenica conferm di avere detto, lamentandosi con la gente, di ritenere la madre responsabile di averle stregato i figli97. Tuttavia vi erano situazioni in cui era difficile risalire alla natura primaria del conflitto, qualora esso vi fosse, che non permettevano una ricostruzione dei motivi scatenanti l'antagonismo, anche a causa della natura parziale dei documenti. Cos potevano esservi legami di sangue tra strega e vittima, o tra accusatore e accusata, indipendenti da situazioni di contrasto evidente ed esplicito, perlomeno nelle fonti, in questi casi era possibile solamente supporre la presenza di relazioni conflittuali preesistenti, sia a livello comunitario o vicinale che parentale o famigliare. Nella vicenda di Frisanco, ad esempio, la disgrazia che capit a Battista Doz, cugino di Lorenzo Doz, vale a dire la perdita del latte da parte delle sue pecore, non era riconducibile, almeno per quanto ne sappiamo dai documenti, ad alcun conflitto manifesto98. Medesimo discorso pu farsi per una serie di morti improvvise, che colpirono la famiglia di Maria, moglie di Pietro Biasato, nipote di Domenica di Daniele Biasato detta la Chiarandola: nel corso di poco tempo tre erano stati i figli della donna deceduti in successione, una bimba qualche anno prima e poi due altri fanciulli a poca distanza l'uno dall'altro99. Un discorso a parte merita il rapporto relativo al bimbo Mattia, che accus di stregoneria e partecipazione al sabba la nonna Caterina. Mattia abitava a Frisanco ormai da parecchi anni, precisamente cinque, da quando, nel 1644, all'et di quattro anni si era trasferito dalla nonna, la quale aveva provveduto alla sua educazione e crescita. I genitori, Osvaldo e Maddalena, vivevano con altri quattro figli, tre femmine e un maschio, a Cavasso, dove facevano i contadini lavorando la terra del conte Elia di Polcenigo. Essendo Mattia il pi grande e il meno bisognoso delle cure dei genitori, lo avevano affidato alla nonna, pratica non inusuale a quel tempo e che consentiva maggiore respiro ai genitori, anche da un punto di vista economico. Con il trasferimento definitivo di Mattia nella casa dei genitori, avvenuto presumibilmente tra il marzo e l'aprile del 1648, era mutato anche il quadro del suo rapporto con la nonna e di conseguenza con gli abitanti di Frisanco, oramai il bimbo non faceva pi parte del nucleo familiare dell'anziana parente. Da questo cambiamento forse traumatico per il bambino la denuncia di stregoneria contro la nonna100. L'interdipendenza tra disgrazia e rapporto conflittuale101 viene indirettamente confermata dal fatto che in assenza di relazioni sociali costanti e consolidate, tra presunta vittima e strega sospetta, si tendesse ad escludere un intervento maligno. Cos dichiar Giulia Segata: Io non so che li miei cavalieri siano andati di male per causa di Marcolina Stella come m'interrogate, perch mai ho present fede a questa cosa, non essendomi mai praticata per casa et non salutata in strada102. In mancanza di un conflitto scatenante
AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Domenica Andea, cit., c. [11r]. Il fatto era stato confermato da pi persone: Ivi, Memoriale di Giovanni Battista Cleano, Spilimbergo, 23 agosto 1625, c. [20r]; Deposizione di Giacomo Balzaro, cit., c. [11v]. Tuttavia il diretto interessato non ne fece alcuna menzione: Deposizione di Giovanni Maria Pelizzaro, cit., c. [9r]. 98 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 124; Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., p. 137. 99 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 126. 100 Ivi, b. 31, fasc. 28, cit., in particolare: Pre Domenico Segala a fra Giulio Missini, [Fanna], 30 giugno 1648, pp. 127-128; Deposizione di Osvaldo e Mattia di Bernardon, Spilimbergo, 30 giugno 1648, pp. 128-131; Primo memoriale di pre Domenico Segala, cit., pp. 121-122. Riguardo alla partecipazione al sabba del piccolo Mattia, autodefinitosi benandante, ed alle implicazioni insite nel rapporto stregoneria-sabba-benandanti nell'area friulana occidentale in epoca moderna: G. P. GRI, Val Colvera, cit., in particolare pp. 190-198. 101 Gli individui usano l'accusa di stregoneria come arma di offesa quando le relazioni sono ambigue, e questo pu avvenire per una delle due ragioni seguenti. Pu essere che le relazioni siano normalmente competitive e non regolate ... l'accusa solo un'ulteriore forma di attacco e di contrattacco tra fazioni rivali. Oppure pu accadere che una categoria di persone si trovi in una posizione di vantaggio o di svantaggio del tutto anomala, tanto da essere privata dell'"ombrello" della protezione della comunit ... le vedove prive di mezzi di sussistenza che chiedevano l'elemosina ai loro vicini si trovavano in questa posizione nei villaggi dell'Essex nel Cinquecento: sospettarle di stregoneria era un mezzo per giustificare il rifiuto dell'elemosina. M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 16-17. Riguardo all'accusa come arma di attacco all'interno di rapporti non ben definiti: P. BROWN, Magia, demoni e ascesa, cit., pp. 58-61. 102 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giulia Segata, Spilimbergo, 26 settembre 1644, cc. 28r-28v. Numerosi sono nei documenti che ho esaminato i termini tradotti dal friulano nel corso degli interrogatori, spie
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determinato e in presenza di un rapporto disteso, la sventura poteva non venire attribuita all'intervento malefico di un agente esogeno. Cos Marsilia del Horologiero fece risalire la morte delle sue galline non a Marcolina Stella, bens ad una causa per nulla soprannaturale, vale a dire a degli insetti parassiti, le cimici103. La strega poteva provare sentimenti di invidia contro gli altri perch costoro avevano qualcosa che lei non aveva, una famiglia serena, un figlio in buona salute, una figlia sposata, un marito sincero, una casa dignitosa, campi e bestiame che rendevano bene, un'occupazione remunerativa quanto bastava104, e che invece sarebbe stato giusto che avesse come tutti. La delazione, ufficiale ma anche espressa in maniera informale nei rapporti all'interno della comunit, diventava cos uno strumento per esprimere sentimenti negativi in maniera accettabile contro altre persone, in modo tale da spiegare che la strega di solito veniva accusata di aver attuato un maleficio perch si riteneva provasse invidia, si volesse vendicare di una tale persona che aveva pi di lei, dalla quale aveva subito un'offesa o un danno. Talvolta per a reputarsi danneggiato non era l'individuo con il quale la donna era in attrito, bens qualc