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CENTRO ITALIANO DI STUDI

SUL BASSO MEDIOEVO - ACCADEMIA TUDERTINA

IL DIAVOLO
NEL MEDIOEVO

Atti del XLIX Convegno storico intemazionale

Todi, 14-17 ottobre 2012

FO N D A ZIO N E
C E N T R O IT A L IA N O DI S T U D I
S U L L ’A LTO M E D IO E V O
SPOLETO
2013
INDICE

Consiglio direttivo del Centro italiano di studi sul basso


medioevo - Accademia Tudertina ................................. pag. VII
Programma del X LIX Convegno storico internazionale » IX
T u ll io G rego ry, Il diavolo nell’Occidente medievale ................. » 1

A d ele M o n a c i C a s t a g n o , Nascita e sviluppo del ‘Diavolo e


i suoi angeli’ (Mt 25,41): interpretazioni dei testi bìblici
ed extrabiblici nei primi secoli del cristianesimo ............... » 29
G C r e m a s c o l i , Corpus diaboli. Sulla demonologia di
iu s e p p e

Gregorio Magno .................................................................. » 55


Il diavolo nella teologia scolastica: il caso
P a sq u a le P o r r o ,
di Tommaso d‘Aquino ........................................................ » 77
A P a r a v ic in i B a g l ia n i , Il papato e il demonio. Per una
g o s t in o

rilettura di alcune lettere pontificie del Due e Trecento ......... » 101


G F e d e r ic i V e s c o v in i , Il demonio nella magia natu­
r a z ie l l a

rale dei secoli X III e XIV: due modelli esemplari, Gu­


glielmo d’Alvernia e Nicola Oresme .................................. » 117
P ie r o B e l l in i , Della « origine del male » nella riflessione so-

teriologica della cristianità latina tardo-antica ............... » 139


F ra n cesc o S a n t i, Lucifero e Dante, ha poetica della m o r t a
poesì .................................................................................. » 195
P ao lo G o l in e l l i , Diabolus in figura: trasformazioni demo­

niache e incontri col santo nell’agiografia medievale ......... » 217


VI IN D ICE

A lessa n d raB a r t o l o m e i R o m a g n o l i , II diavolo nella lette­


ratura mistica del Duecento ............................................... pag. 265
M O s t o r e r o , Diable, démons et sorciers au sabbat: de
a r t in e

nouveaux rapports entre les mauvais esprits et les etres


humains? ............................................................................ » 307
A lv a ro C ha battaglia del “manigoldo di Dio".
a c c io t t i,

Tratti della tentazione diabolica in alcuni autori france­


scani, secoli XIII-XV ........................................................ » 343
Il « principe di questo mondo » nella demo­
L o r e n z o P a o l in i ,
nologia catara ..................................................................... » 363
G ia n L u c a P o t e s t à , Il drago, la bestia, l'Anticristo. Il con­
flitto apocalittico tra Federico II e il Papato .................... » 395
B P a s c iu t a , Il diavolo e il diritto: il Processus Sa-
e a t r ic e

tane (XIV sec.) .................................................................. » 421


R ic c a r d o P a r m e g g ia n i, Nomi e luoghi del diavolo .............. » 449
L a u r a P a s q u in i , Il diavolo nell’iconografia medievale ............... » 479
C l a u d io B u c c o l in i , Il diavolo nel Malleus maleficarum ........ » 519
L u ig i C a n e t t i , La danza dei posseduti. Mappe concettuali e

strategie di ricerca .............................................................. » 553


M a r in aF a ll a C a s t e l f r a n c h i , Il diavolo a Bisanzio. Aspetti
iconografico-iconologici e liturgici ....................................... » 605
ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

Il diavolo nella letteratura mistica del Duecento

1. Nel 1641, ad Anversa, Jean Bolland finì di trascrivere m


propria e in gran fretta gli Atti della beata Cristina di Stommeln
( f i 312), una beghina tedesca che per più di ventanni era stata ves­
sata dal demonio. Le testimonianze su questa terribile esperienza
erano state raccolte dal frate domenicano Pietro di Dacia ( f i 289),
che della donna era stato confidente e amico spirituale. Questo in­
teresse del grande erudito gesuita nei confronti del libro di Cristina
era abbastanza singolare: non si trattava infatti di un testo agiogra­
fico in senso stretto, ma soprattutto non rientrava nel canone di
scritture che i superiori dell’istituto avrebbero ritenuto conformi al­
lo “spirito” della Compagnia, e di cui anzi avrebbero sicuramente
sconsigliato la lettura nei loro collegi \ Inoltre si trattava di un
dossier eccezionalmente voluminoso, anche per gli standard dei Bol-

1 Nel 1575 il Generale della Compagnia Everardo Mercuriano aveva emanato u


istruzione relativa ai libri proibiti nelle case di formazione: un paragrafo era dedicato ai li­
bri di mistica. Tra gli autori vietati vi erano Tauler, Seuze, Ruysbroeck, Lullo. Successiva­
mente Antonio Cordeses, provinciale di Toledo, aveva allargato il canone degli autori mes­
si all’indice includendo nella lista Giovanni Climaco, Angela da Foligno, Brigida di Sve­
zia, Savonarola. Alcuni di questi libri potevano essere conservati in quattro collegi gesuiti,
ma a patto che fossero tenuti rigorosamente sotto chiave. Cfr. P. D e L e tu r ia , Lecturas ascé-
ticas y lecturas misticas entre los jesuìtas del siglo X V I, in Estudios Ignatianos, 2 (1957), pp.
269-331; Id ., Cordeses, Mercuriano, Colegio Romano y lecturas espirituales en el siglo XVI, in
Archivum historicum Societatis lesu, 23 (1954), pp. 76-118. In generale, sulla "svolta antimi­
stica” della Compagnia, da Mercuriano ad Acquaviva, cfr. M. de C e r te a u , I « piccoli santi »
d''Aquitania, in Fabula mistica. La spiritualità religiosa tra il X V I e il XV II secolo, Bologna,
1987, pp. 331-368: 340-341.
266 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

landisti: confluito nel IV tomo del mese di giugno degli Acta San­
ctorum, per le cure di Papebroch ed Henschen, vi avrebbe occupato
quasi 180 pagine della edizione a stam pa2. Sintomo delle rivalità
tra eruditi che costellano il periodo - la guerra dei manoscritti - ,
l’estensore del Commentarius praevius osserva che il padre fondatore
era riuscito a ottenere con grande fatica il Codex luliacensis, gelosa­
mente custodito dai canonici di Colonia, e aggiunge, non senza una
punta di compiacimento, che esso era stato già rifiutato al certosino
Georg Garnefelt ( f i 637), noto studioso delle Vite dei padri del de­
serto 3. Ma quali potevano essere le ragioni di un’attenzione così
urgente nei confronti di un libro notturno, inquietante, quasi bar­
baro nella sua violenza, che anche uno dei suoi pochi lettori moder­
ni, Kurt Ruh, giudica il prodotto di una mente infantile e impres­
sionabile, « un fenomeno di isteria al massimo grado » 4, un caso
patologico più che mistico?
Negli stessi anni in cui il Bolland copiava il codice di Colonia,
con grave disappunto del generale Vitelleschi, amante di un « ec­
cesso di riserbo » piuttosto che di uno « zelo indiscreto » 5, una
piccola pattuglia di gesuiti era stata inviata a Loudun a esorcizzare
le venti suore orsoline possedute dal demonio 6. La condanna al ro­
go, nel 1634, del curato Grandier, accusato di stregoneria e ricono­

2 De beata Christina Stumbelensi, in AASS, Iunii, IV, Antuerpiae 1707, pp. 270-454.
3 Commentarius praevius, ibid., p. 271. Per l’opera del Garnefelt, cfr. Ulucidationes sacrae
in quinque Libros de Imaginibus Antiquorum Eremitarum ... Autore R.P.Fr. Georgio Garnefelt ...
Accessit item Vita S. Ioann. Chrysost., Coloniae Agrippinae, apud Antonium Boètzerum,
1621.
4 K . R u h , Storia della mistica occidentale, II/3: Mistica femminile del X II e X III secolo, Mi­
lano, V ita e pensiero, 2002, p. 121. Il libro di Pietro di Dacia è stato sino ad oggi studia­
to da autori di lingua svedese, con un’ottica rivolta a valorizzare “un monumento” della
letteratura medievale scandinava. Per la bibliografia relativa, si veda infra, nota 65.
5 « Se non potessi evitare i difetti opposti né raggiungere il giusto mezzo, il mio ca­
rattere mi porterebbe a preferire l'eccesso di riserbo a uno zelo indiscreto, e preferirei esse­
re troppo timido piuttosto che troppo audace o temerario » (lettera del 12 settembre
1623; A R SJ, Gali. 41, f,125v, ed. in de C erteau , Fabula mistica cit., p. 343). De Certeau
sottolinea che le misure di cautela adottate dall’Acquaviva nei confronti dei mistici al
tempo del generalato del Vitelleschi diventano ormai lotta aperta e il nuovo generale
inaugura una vera e propria crociata contro le “devozioni straordinarie”.
6 Cfr. M. de C erteau , L a possessione di Loudun, trad. a cura di R. L ista , Bologna, 2011
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 267

sciuto colpevole di averle infettate, non era stata sufficiente a farle


“rientrare”. I carmelitani e i cappuccini avevano perduto e si erano
ritirati. Toccava ora a padre Surin (tl6 6 5 ) tentare dove gli altri
avevano fallito. Il gesuita malinconico, “piccolo santo d’Aquitania”,
apparteneva a quella nuova generazione di spirituali, allora numero­
si nelle file della Compagnia, sul cui ardore a oltranza si appunta­
vano le attenzioni preoccupate del Vitelleschi. Di sicuro, il suo arri­
vo a Loudun doveva segnare un momento forte di discontinuità ri­
spetto al passato: dopo gli esorcismi pubblici e spettacolari, Surin
avrebbe usato il metodo delle “comunicazioni spirituali”, per agire
nelle profondità del cuore 7. Avrebbe vinto, infine, ma al prezzo
del sacrificio, prendendo su di sé il male dell’anima che gli era sta­
ta affidata: Jeanne des Anges ( f i 665), la superiora delle orsoline.
L’epilogo della storia è noto. Da povera monaca posseduta Jeanne
sarebbe assurta al rango di mistica e taumaturga: venerata come la
“nuova Teresa d’Avila”, sarebbe stata portata in trionfo sino alla
corte di Francia; per Surin invece si sarebbero spalancate le porte
dell’infermeria del collegio dei gesuiti di Bordeaux.
Tre luoghi diabolici e altrettanti processi: Aix-en-Provence, Lou­
dun, Louvriers. Nella prima metà del Seicento il tema della possessio­
ne, come sua variante, prende il posto prima occupato dalla stregone­
ria. Lasciate le campagne selvagge, il diavolo si inurba, per trasferirsi
nei quartieri alti. Ennesima versione dei suoi innumerevoli trasformi­
smi, indossa panni chiericali e diventa, come dirà Michelet, « le Satan
écclesiastique » 8. Il male si installa, insomma, all’interno di quella
stessa società che aveva preteso di combatterlo e di giudicarlo.
In alcuni studi fondamentali, Michel de Certeau ha letto il tea­
tro della possessione come la messa in scena in cui si rappresenta
« la modificazione delle strutture epistemologiche politiche e reli­

(ed. orig. L a possession de Loudun, éd. revue par L. G iard , Paris, 2005). A questa edizione si
rinvia anche per la vastissima bibliografia sul caso Loudun.
7J . J . S u r in , Correspondance, ed. M. de C erteau , Paris, Desclée de Brower, 1966, p.
1 2 0 5 . Ma sul suo metodo di direzione spirituale, cfr. anche I d ., Guide spirituel, ed. M. de
C erteau , Paris, 1963.
8J . M ichelet , L a strega, trad. a cura di P. C usumano - M . P arizzi, Milano, 2011, pp.
233-247 (ed. orig. L a Sorcière, Paris 1862, pp. 269-291; rist. Paris, 1966, pp. 195-207).
268 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

giose di un’epoca ». Nel conflitto delle interpretazioni di esorcisti,


medici, giuristi, chiamati a esaminare, trattare e giudicare della ve­
ra natura del male, lo “spettacolo diabolico” di Loudun è per de
Certeau la metafora e/o la metonimia che permette di cogliere come
una ragion di Stato, una nuova razionalità, si sostituisca alla antica
ragione religiosa9. Il vecchio sistema inquisitoriale si sgretola e
implode quando una nuova generazione di magistrati sposta su un
diverso paradigma giuridico un malessere che non viene più spiega­
to in termini teologici, arcaici. Robert Mandrou vi ha dedicato il
suo saggio, ma in fondo Voltaire lo aveva già intuito: era stato l’il­
luminismo a sconfiggere la stregoneria 10. Si tratta di un passaggio
collettivo: la chiusura dei tribunali dell’inquisizione alla fine del
Seicento coincide con il crepuscolo dei mistici. La coincidenza non
è casuale. Esiste una omologia di struttura tra mistica e possessione.
Su registri diversi, il divino e il diabolico, le due esperienze funzio­
nano con regole analoghe all’interno dello stesso codice.
Questa enigmatica relazione è al centro, come vedremo, del li­
bro di Cristina di Stommeln, e in fondo il Bolland aveva visto giu­

9 M. de C erteau , II linguaggio alterato, L a parola della posseduta, in I d ., L a scrittura della


storia, ed. a cura di S. F acioni, Milano, 2006, pp. 253-278: 255 (ed. orig. L ’écriture de l'hi-
stoire, Paris, Gallimard, 1975). Se nel primo studio su Loudun de Certeau si era interessato
allo spettacolo diabolico « come fenomeno sociale, esaminando le regole cui obbediva la
recitazione dei personaggi in campo religioso, medico o politico, e le relazioni che i pro­
cessi di acculturazione sociale mantenevano con una logica deH'immaginario », l'interroga­
tivo che sottintende questo saggio riguarda lo statuto linguistico della possessione, in
quanto « discorso dell’altro ». Per i nodi epistemologici che sottendono il caso Loudun, si
veda anche M. F oucault , L a storia della follia, Milano, 1963 (ed. orig. Folie et déraison. Hi-
stoire de la folie à l'àge classique, Paris, 1961).
10 R. M a n d r o u , Magistrati e streghe nella Francia del Seicento: un'analisi di psicologia stori­
ca, trad. a cura di G. F e r r a r a , Roma-Bari, 1971 (ed. orig. Magistrats et sorciers en France au
XVIV siede, Paris, Plon, 1968). Lo studio di Mandrou, attraverso una minuziosa e ampia
indagine della documentazione processuale, registra l’evoluzione del comportamento dei
magistrati francesi del X V II secolo nei confronti dei fenomeni di stregoneria, interpretan­
dolo come un sintomo delle nuove istanze intellettuali che verranno a maturazione con
l’illuminismo. Per una critica al saggio di Mandrou, cfr. M . de C e r te a u , L a magistrature
devant la sorcellerie au X V II‘ siècle, in I d ., L ’Absent de l'histoire, Patis, Marne, 1973, pp. 13-
39: 39, secondo cui: « La cancellazione dello stregone non segna la fine della “superstizio­
ne” (quanto viene generalmente chiamato in questo modo alla fine del XV II secolo), ma
soltanto la fine di un secolo » e l’instaurazione di un nuovo potere politico e intellettuale.
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 269

sto nel mettersi sulle tracce di questa lontana antenata medievale


della superiora delle orsoline di Loudun. Si tratta effettivamente di
un’opera inaugurale, che permette di cogliere il costituirsi di un si­
stema nella sua fase formativa.
Risalendo a monte del fenomeno, è di questa preistoria spirituale
che vorrei qui occuparmi attraverso l’analisi di alcuni testi fiamminghi
e tedeschi del Duecento, alla vigilia della grande ossessione demo-
nologica che colpirà l’Occidente, la cui fase di incubazione, secondo
Alain Boureau, può essere individuata nei cinquant’anni compresi
tra il 1280 e il 1330 11. Fu allora che « la mystique visionnaire et
inspirée, qui marqua la fin du XIIIe siècle, s’installa aux confins de
la possession. Le corps et lame des individus devinrent des réceptacles
plus largement ouverts à l’influence surnaturelle. La puissance indi-
viduelle de l’étre humain le rendait fort de sa fragilité; son autono­
mie le soumettait à la sujétion satanique. C’est un nouveau christia­
nisme que préparait la venue de Satan » 12. I testi letterari che qui
si prendono in esame provengono da un’area geografica che sarà
particolarmente ricca di demoni e, inscrivendosi in una genealogia
precisa, il loro carattere seriale ci consente di seguire una evoluzio­
ne sottile, ma decisiva, nella percezione del diabolico: nel corso di
un secolo si modifica il rapporto tra il santo e il demonio. All’anti­
co schema aretalogico che assegnava al vir Dei, domatore di draghi,
una potenza sacrale in grado di trionfare sugli spiriti, magari dopo
una dura lotta, si sostituisce l’immagine del servo sofferente. Agito
nel corpo, ostaggio dei poteri spaventosi del diavolo, al santo non
resta altra via che negare il proprio consenso e fare come Giobbe
che, tormentato dal male, accetta anche il silenzio di Dio e, invece
di disperarsi, si prostra e adora.

2. Agli inizi del Duecento, il sacro suolo delle Fiandre e d


Brabante viene scosso da una ondata visionaria e profetica senza
precedenti. Secondo il frate domenicano Tommaso di Cantimpré
(fl270/72), dotto studioso di scienze della natura, che è uno degli

11 A. B o ureau , Satan hérétique. Histoire de la demonologie (1280-1330), Paris, 2004 (ed.


it., Satana eretico. Nascita della demonologia nell'Occidente medievale, Milano, 2006).
12 Ibid., p. 14.
270 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

osservatori più attenti del fenomeno, non si deve essere scettici in


linea di principio, perché chi nega questi doni disprezza la possibi­
lità delle “visite” di Cristo e pone dei limiti all’azione dello Spirito,
che invece soffia dove vuole. Tuttavia, bisogna essere cauti, e saper
distinguere le astuzie sottili del demonio, « versutias inimici » 13: la
questione del carisma appare dunque, da subito, indissociabile da
quella del riconoscimento l4. Dal focolaio brabantino, il nuovo ven­
to spirituale si sposterà presto in direzione della Germania e dell’I­
talia. Esso identifica un corpo specializzato di “amici di Dio” —ma
netto è il predominio femminile - , molto diversi dagli eroi della

13 Vita Mariae Oigniacensis, Supplementum, Auctore coaevo Fr. Nicolao, Canonico Reg
lari coenobii Cantipratani. Ex MSS et editione Arnoldi Rayssii, in AASS, Iunii, IV, An-
tuerpiae 1707, pp. 666-676:670: « Multos enim in Lotharingiae partibus, ubi maxima
sanctitatis copia est, Religiosos Religiosasque vidi atque cognovi, quorum etiam visiones
atque visitationes secretas accepi, utpote homo illis in partibus educatus; sed nullam inter
omnes personam, solum hac excepta, quam aliquando deceptam fuisse non novi. Quid er­
go? N um quid parvipendendae sunt Dei in omnibus revelationes? Minime, imo certe plu­
rimum venerandae, et qui eas spernit, Christum despicit revelantem. Sed cum versutias
inimici detegimus, audientium corda in talibus praemunimus, et ab his exceptam Christi
famulam glorianter attollimus ».
Come anche recentemente è stato ricordato, si suole ascrivere a Jean Gerson la pri­
ma compiuta elaborazione dottrinale sui criteri di un corretto discernimento spirituale.
Cfr. M. V a n n in i , L a discretio spirituum tra Gerson e la devotio moderna, in G. F iloramo
(ed.), Storia della direzione spirituale. III. L ’età moderna, a cura di G. Z a rri , Brescia, 2008,
pp. 57-83. Senza sottovalutare l’importanza decisiva della riflessione del maestro parigino
in materia, un vero e proprio snodo anche sotto il profilo ecclesiologico, bisogna tuttavia
sottolineare che le questioni da lui sollevate avevano radici antiche già nel tempo medioe­
vale. Il processo di acculturazione e di disciplinamento delle idee e dei comportamenti re­
ligiosi fu infatti lento, e le sue premesse strutturali devono essere indagate almeno dalla
fine del secolo X III. Il problema della "vera e falsa santità”, dell’origine genuinamente so­
prannaturale delle visioni, della verifica e legittimazione della parola femminile si pose as­
sai precocemente a confessori, agiografi e inquisitori medioevali sia a livello speculativo
che nella prassi concreta. E già dagli inizi del Trecento alcuni autorevoli documenti papali
si erano espressi in termini assai netti in merito ai rischi che si annidavano in esperienze
spirituali autonome dal magistero della Chiesa. Nel 1311 vi fu un primo pronunciamento
ufficiale in materia al Concilio di Vienne, mentre Benedetto X II nel 1336 emanò la costi­
tuzione Benedictus Deus, in cui veniva negata la possibilità della visione beatifica su questa
terra. Su questo, rinvio ad A. B artolomei R omagnoli, Mistica e costruzione della memoria: da
Chiara da Montefalco a Francesca Romana, in Chiesa e Storia. Rivista dell’Associazione Italiana
dei Professori di Storia della Chiesa, 2 (2012), pp. 109-135.
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 271

tradizione e un nuovo genere di scrittura agiografica che più tardi


prenderà la denominazione di mistica. Il primitivo luogo di incuba­
zione è negli ambienti canonicali, ma lo sviluppo è sotto l’egida
mendicante, con una prevalenza domenicana nelle Fiandre e in Re-
nania 15, francescana nelle regioni più densamente urbanizzate del­
l’Italia centrale l6. Il panorama è ricco, ma nel gioco delle sue va­
rianti e delle sue possibili combinazioni, il discorso si sostiene sulla
relazione tra il maschile della scrittura e il femminile della sua
enunciazione. Alla nuova stirpe di agiografi-confessori è riservato
un compito duplice: quello preliminare del discernimento e quello
di far rientrare la parola ispirata nella trama della rappresentazione
ecclesiale. Si tratta di un movimento di fondo della cultura medie­
vale. Nel corso del Duecento il potere ecclesiastico si ispessisce, il
sapere si tecnicizza, in una evoluzione non priva di tensioni, ma da
cui le donne sono certamente escluse. Il loro campo è quello dell’e­
sperienza, lì dove si ferma il lavoro analitico dell’intelligenza: nasce
così la religione delle Madri.

15 Per un census delle agiografie duecentesche nella diocesi di Liegi, cfr. A. B artolomei
R omagnoli, Vitae matrum: agiografia e mistica nel Brabante del Duecento. Proposte per una edi­
zione, relazione presentata al X Seminario di storia della mistica della Fondazione Ezio
Franceschini, su L a lìngua dei mìstici. Edizioni di nuovi testi e progetti editoriali per una ecdotica
della letteratura estatica e delle sue testimonianze (Firenze, Certosa del Galluzzo, 18 maggio
2012), in corso di stampa. Sia pure limitato al dossier cisterciense, resta sempre da vedere
il classico studio di S. R oisin , L ’hagiographie cistercienne dans le diocèse de Liège au X III‘ siede,
Louvain-Bruxelles, 1947 (Université de Louvain. Recueil de travaux d ’Histoire et de Phi-
lologie, 27).
16 Fondamentali al riguardo sono gli studi di Claudio Leonardi, adesso confluiti nella
raccolta di saggi Agiografie medievali, a cura di A. D egl ’I n no centi - F. S anti, Firenze, 2011
(Millennio Medievale, 89 - Strumenti e studi, n.s., 28). Per una rassegna delle agiografie
mistiche di area italiana, si rinvia ad A. D eg l ’I n n o c en ti , Mistica e agiografia, in II Liber di
Angela da Foligno e la mistica dei secoli X III-X IV in rapporto alle nuove culture. Atti del X L V
Convegno storico internazionale (Todi, 12-15 ottobre 2008), Spoleto, 2009, pp. 355-383;
E ad ., Modelli di santità femminile fra X III e X IV secolo, in Santa Chiara da Montefalco monaca
agostiniana (1268-1308) nel contesto socio-religioso femminile dei secoli XIII-XIV. Atti del Con­
gresso internazionale in occasione del V II centenario della morte di Chiara da Montefalco
(Montefalco - Spoleto, 25-27 settembre 2008), a cura di E. M enestò , Spoleto, 2009 (Uo­
mini e mondi medievali, 17 - Convegni, 2), pp. 123-142.
272 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

M a r ia d i O i g n i e s , l ’ e s o r c is t a

3. Il modello viene fornito dalla Vita di Maria di Oign


(fl2 1 3 ) di Giacomo da Vitry ( f i 240), testo famoso e molto ben
studiato 17, anche se finora è stata riservata scarsa attenzione agli
aspetti demonologici dell’opera, che vi occupano invece uno spazio
decisivo e configurano un sistema interpretativo coerente, fortemen­
te rappresentativo delle concezioni di un chierico degli inizi del se­
colo XIII. Scritta nel 1215, a ridosso del Concilio Lateranense IV
da un ecclesiastico di rango, convinto fautore degli ideali della vita
apostolica 1S, la biografìa di questa penitente laica è un testo ricco

17 Iaco b u s d e V itria c o ,V z *z Mariae Oigniacensis ( B H L 5516), in A A S S , Iu n ii, IV , A n -


tu e rp ia e 1707, p p . 636-666 (=Vita Mariae Oigniacensis). L 'o p e r a d i J a c q u e s d e V itry è sta ta
s t u d ia t a d a M . L a u w e rs, Expérience béguinale et récit bagiographique. A propos de la « Vita M a­
riae Oigniacensis » de Jacques de Vitry (vers 1215), in Journal des savants, (1989), p p . 61-103;
Id ., Entre béguinisme et mysticisme: la Vie de Marie d’Oignies (morte en 1213) de Jacques de Vitry
ou la définition d'une sainteté fémmine, in Ons Geestelijk Erf, 66 (1992), p p . 46-69; I. G e y e r,
Marie von Oignies. Eine hochmittelalterliche Mystikerin zwischen Ketzerei und Rechtglàubigkeit,
F ra n k fu rt a .M ., 1994. C fr. in o ltre G . G een en , s .v ., in Bibliotheca Sanctorum, V i l i , R o m a ,
1966, c o ll. 1018-1025; A . V au c h ez , s .v ., in II grande Libro dei Santi. Dizionario enciclopedi­
co, d ir. C . L e o n a rd i - A . R ic c a r d i - G . Z a r r i , C in ise llo B a ls a m o (M ila n o ), 1998, II, p p .
1331-1332.
18 Giacomo da Vitry nasce nel 1170 in una località imprecisata, probabilmente nella
diocesi di Reims. Ordinato prete e compiuti gli studi di teologia all’Università di Parigi,
nel 1211 approda nella comunità canonicale di Saint-Nicolas di Oignies, dove conosce
Maria, una penitente che vive in una cella alle dipendenze del priorato agostiniano. Dopo
la morte di lei e la stesura della Vita, Giacomo scende in Italia. Al suo arrivo, nel 1216,
viene subito nominato dal neo-eletto pontefice Onorio III vescovo di S. Giovanni d ’Acri.
Durante il soggiorno italiano difende la causa delle beghine presso la Sede Apostolica e
come si apprende dal suo epistolario ottiene dal pontefice l’approvazione del loro stile di
vita, anche se solo vivae vocis oraculo. Giacomo si interessa però anche ai nuovi movimenti
laicali dell’Italia centrale, lasciando una importantissima testimonianza sui fratres Minores.
Recatosi in Terrasanta, vi rimane sino al 1226. Nel 1229 il pontefice Gregorio IX , suo
amico personale, lo crea cardinale. Rimarrà in curia sino alla morte, nel 1240. Ma il suo
corpo viene riportato a Oignies e sepolto vicino alla tomba di Maria. Oltre alla Vita G ia­
como scrisse due opere importanti, la Historia orientalis e la Historia occidentalis, affresco as­
sai efficace della vita religiosa del suo tempo. La sua notorietà era però principalmente le­
gata alle sue doti di grandissimo oratore, impegnato nelle campagne di predicazione per la
crociata. Cfr. The Historia Occidentalis of Jacques de Vitry. A Criticai Edition, ed. J . F. H in n e -
bu sh , Fribourg, 1972. Cfr. P h . F u n k , Jacob von Vitry. Leben und Werk, Leipzig 1909; M.
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 273

di sottintesi politici - vero e proprio manifesto militante, lo si è


definito - , in cui il ruolo di direzione spirituale esercitato da Maria
viene collegato a un forte impegno missionario posto sotto l’insegna
del vexillum crucis, e in cui si mette in risalto il contributo excitato­
rius dato dalla donna nella lotta contro le eresie 19. Inscrivendosi in
un quadro cronologico preciso, le rivelazioni di Maria, che vede
centinaia di croci cadere a pioggia dal cielo sui milites pronti al
combattimento e la città di Liegi assediata dai diavoli, sono lette da
Giacomo da Vitry, predicatore della crociata, anche come una legit­
timazione sacrale dell’impegno bellico 20.

C oen s , Jacques de Vitry, in Bibliographie nationale de Belgique, 20 (1962), coll. 466-473; A.


F o r n i , Giacomo da Vitry, predicatore e sociologo, in L a Cultura, 17/1 (1980), pp. 34-89. Su
Giacomo come storico del movimento penitenziale femminile si veda ora J . D a ia r u n ,
Claire d’Assise et le mouvement féminin contemporain, in Clara claris preclara. Atti del Conve­
gno Internazionale L ’esperienza cristiana e la memoria dì Chiara d’Assisi in occasione del 750°
anniversario della morte (Assisi, 20-22 novembre 2003), numero unico di Convivium Assisien-
se, 6 (2004), pp. 381-401.
19 Cfr. A. V auchez , L a santità, un'arma contro l’eresia: la “Vita Mariae Oigniacensis" di
Giacomo di Vitry, in I d ., Santi, profeti e visionari. Il soprannaturale nel Medioevo, Bologna,
2000, pp. 191-207: 191.
20 Vita Mariae Oigniacensis, II, 82-83, p. 658: « Cum autem librum Vitae vicinius in­
spiceret, multa per spiritum intellectus in eo percipiebat. Unde tribus annis antequam ho­
mines signarentur contra haereticos Provinciales, dixit, quod videret Cruces super homi­
num multitudinem de caelo copiose descendentes. N ulla tamen adhuc in partibus nostris
fiebat mentio de illis haereticis: et tunc frequenter ei in spiritu, quasi conquerendo, D o­
minus dixerat, quod terram illam fere totam amiserat, et quod de partibus illis quasi exui
ejectus erat. Quando autem sancti Christi Martyres, qui zelo Crucifixi a longinquis parti­
bus, ut Christi dedecus vindicarent, devenerant ad locum qui dicitur Mons-gaudii, ibi-
demque ab inimicis Crucis Christi interfecti sunt; ipsa, licet per tanta terrarum spatia re­
mota esset, vidit sanctos Angelos gratulantes, et interfectorum animas absque aliquo pur­
gatorio ad superna gaudia deferentes. Unde tantum hujus peregrinationis concepit ardo­
rem, quod vix retineri posset, si sine scandalo proximorum aliquo modo id peragere vale­
ret. Cumque quasi ridendo ab ea quaereremus, quid illic si pervenisset faceret; saltem aje-
bat illa, Dominum meum honorarem, illic nomen ejus confitendo, ubi toties impii abne­
gaverunt eum blasphemando. Cum autem quidam familiaris noster et amicus domus no­
strae apud Oignies, Cruce-signatus moreretur; vidit illa daemonum multitudinem, quasi
rugientium praeparatorum ad escam. Cumque illa daemones increparet, et ut recederent a
Christi ministro, qui Crucis vexillo munitus erat, praeciperet; illi multa ei crimina mali­
tiose imponebant, et quod in veritate non processisset ei objiciebant. Cumque illa pro in­
firmo Domino supplicaret; vidit quamdam Crucem lucidam super ipsum descendentem,
274 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

L’equiparazione dei subversores fidei con i demoni incarnati era


stata elaborata dai chierici dell’XI e XII secolo che, come ha mo­
strato André Vauchez, avevano letto il fenomeno ereticale come una
forma di possessione collettiva, di follia contagiosa, indicando pro­
prio nella donna uno degli agenti principali dell’infezione 2l. Giaco­
mo da Vitry eredita questo schema ideologico, ma vi introduce una
correzione significativa: alla lotta contro Satana egli offre adesso un
corrispondente femminile. Si affida alla fecondità innominabile del­
la materialmater, negata dagli eretici, per dimostrare l’inconsistenza
dei poteri del demonio e riaffermare che Dio solo è il signore e pa­
drone del cosmo e della storia. « Manus autem Domini non est ab­
breviata » 22: è Dio, non Satana, a governare il mondo, e lo fa attra­
verso i suoi santi, per mezzo dei quali ha operato sin dall’inizio
« mirabiliter, vel manifeste vel occulte », e così continuerà sino alla
fine dei tempi. Guai quindi a coloro che « spirituales quosque, qua­
si insanos vel idiotas despiciunt; et prophetias sive Sanctorum reve­
lationes tamquam phantasmata vel somniorum illusiones repu-
tant » .
Si tratta di un cambiamento di strategia che trova la propria le­
gittimazione nelle origini stesse dell’agiografìa cristiana, sia per il
tramite della cristomimesi che del carisma della visione diretta del
sacro, elementi fondanti il modello di santità di Maria di Oignies.
Bisogna allora risalire, dopo una pausa millenaria, ai testi di un
tempo immemorabile, all’immagine potente di Perpetua, che nel
primo sogno-visione di cui era stata gratificata aveva iniziato il pro­
prio percorso ascensionale schiacciando il capo del draco mirae ma­
gnitudinis, adagiato ai piedi della scala irta di strumenti di tortura,

eum undique protegentem. Et licet homo ille morte praeventus peregrinationem suam
non perfecisset; magna pars purgatorii, eo quod voluntatem haberet, nec stetit per eum,
eidem Crucesignato dimissa est, sicut sanctae mulieri Dominus revelavit ».
21 A. V auchez , Diables et bérétiques: les réactions de l'église et de la société en Occident face
aux mouvements religieux dissidenti, de la fin du X ' au début du X II‘ siècle, in Santi e demoni
nell’alto Medioevo Occidentale (secoli V-XI), Spoleto, 1989 (Settimane del Centro italiano di
studi sull’alto Medioevo, 36), pp. 45-60.
22 Vita Mariae Oigniacensis, Prologus, p. 638.
23 Ibidem.
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 275

condizione ineliminabile per il passaggio al luogo del refrigerio 24.


Altrettanto, la forza tranquilla e imperturbata con cui la santa af­
fronta e sconfìgge il nemico sembra rievocare i tratti virili delle yu-
vouxcòv avògeicov di Palladio 25.

4. Anche per la sua "autorità” e la forza legittimante, per


chierico dotto il marchio patristico resta un riferimento imprescin­
dibile nella costruzione del personaggio, ma per quanto forte sia il
peso di alcune categorie concettuali e iconiche della demonologia
antica, l’opera di Giacomo da Vitry va riportata a un nucleo di in­
teressi che paiono immediatamente collegarsi ai problemi del rinno­
vamento conciliare, della riforma della vita religiosa e di un possi­
bile ruolo dei laici in questo disegno.
Un primo scarto riguarda la localizzazione. Da tempo ormai i
demoni hanno lasciato il deserto e sono ritornati nelle città 26. Né è

24 Passio Perpetuae et Felicitatis, ed. A. B astiaensen , in Atti e passioni dei martiri, Milano,
1998, 4, p. 120: « Et erat sub ipsa scala draco cubans mirae magnitudinis, qui ascenden­
tibus insidias praestabat et exterrebat ne ascenderent. Ascendit autem Saturus prior, qui
postea se propter nos ultro tradiderat, quia ipse nos aedificaverat et tunc, cum adducti su­
mus, praesens non fuerat. Et pervenit in caput scalae et convertit se et dixit mihi: "Perpe­
tua, sustineo te; sed vide ne te mordeat draco ille”. Et dixi ego: “N on me nocebit, in no­
mine Iesu Christi”. Et de sub ipsa scala, quasi timens me, lente eiecit caput; et quasi pri­
mum gradum calcarem, calcavi illi caput, et ascendi ».
25 Cfr. P alladio , L a storia lausiaca, ed. G . J . M. B a rtelin k , Milano, 1975: « È necessa­
rio ricordare in questo libro anche alcune donne di virile tempra ywamcòv avógeCwv, alle
quali Dio ha concesso la grazia di sostenere lotte uguali a quelle degli uomini, affinché
non si possa addurre come pretesto che esse sono troppo deboli per esercitare perfettamen­
te la virtù. Di queste ne ho vedute molte, e ho incontrato molte donne di nobile carattere,
sia vergini che vedove ». Sulla tipologia della mulier virilis resta una lettura di riferimento
E. G iannarelli, L a tipologia femminile nella biografia e nell’autobiografia cristiana del IV secolo,
Roma, Istituto storico per il Medioevo, 1980 (Studi storici, 27), ma cfr. anche C. M azzuc -
co, E fu i fatta maschio. L a donna nel cristianesimo primitivo, Firenze, 1989.
26 Sull’allontanamento dei demoni dalla città in età tardoantica, quando « propaganda
cristiana e virtus degli uomini di Dio sembrerebbero non aver lasciato loro altro spazio - e
anche questo precario - se non la solitudine delle selve e la credulità della rusticitas », cfr.
A. M. O rselli, Santi e città. Santi e demoni urbani fra Tardoantico e alto Medioevo, in Santi e
demoni nell’alto Medioevo Occidentale (secoli V-XI), Spoleto, 1989 (Settimane del Centro ita­
liano di studi sull’alto Medioevo, 36), pp. 783-835: 822. Ma si veda anche S. B oesch G a-
ja n o , Demoni e miracoli nei « Dialogi » di Gregorio Magno, in Hagiographie, culture et sociétés
276 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

consigliabile rimandarveli: è molto più sicuro risospingerli nelle


profondità tenebrose dell’inferno, dove infatti la santa li rinchiude,
incatenati, in attesa del giorno del giudizio 21. Anche sotto questo
profilo, il monacheSimo sembra aver chiuso, come direbbe Claudio
Leonardi, le sue ragioni storiche 28, mentre la psicomachia cambia
di significato e assume una valenza apostolica, missionaria, impegno
quotidiano per la salvezza delle anime.
Personalmente invulnerabile alla tentazione dei demoni, Maria,
“nuovo Antonio”, li vede circolare dappertutto, con i loro corpi ae­
rei 29. Si sono anche inciviliti, nel frattempo, hanno acquisito nuove
competenze, con un cambiamento di strategia che corrisponde alla
privatizzazione dei discorsi della pastorale contemporanea. La loro
azione è diventata di tipo “auricolare”, come la confessione. Si anni­
dano nei corpi e nei cuori, si insinuano nel dedalo delle coscienze e
le interrogano. E difficile riconoscerli: astuti e sottili, come i sofisti,
penetrano nei varchi lasciati socchiusi dalla umana fragilità, loro
grande alleata 30. In genere sono carezzevoli e seducenti, ma questo

(IV -X II‘ siècles). Actes du Colloque (Nanterre-Paris, 2-5 mai 1979), Paris, 1981, pp.
263-281.
27 Vita Mariae Oigniacensis, I, 3, p. 644. « Tunc illa, sicut nihil unquam de se praesu­
mebat, nec aliquid sine consilio facere volebat, vocavit sibi quemdam familiarem M agi­
strum de quo confidebat. Cui cum ille consuleret, ut eum in desertum mitteret, et nulli
unquam usque ad diem judicii nocere posset; supervenit alius quidam utrique satis fami­
liaris et privatus: cumque rem cognovisset; Nequaquam, inquit ille, sicut erat ex vehe­
mentis spiritus impetu ferventior, sic evadet ille proditor; praecipe illi ut statim descendat
in profundum inferni. Qua praecipiente, et eo cum ululatu descendente, tantus inferna­
lium spirituum clamor factus est, sicut illa in spiritu audivit, dum principem magnum et
potentem cerneret advenire: unde Christi ancilla graviter obstupuit, et Domino gratiarum
actiones reddidit ».
28 Molti sono gli studi di Leonardi a questo proposito, ma si veda almeno, per quanto
attiene all’evoluzione dei modelli di perfezione femminile, C. L eo n a rd i , L a santità della
donna nella storia del cristianesimo, in I d ., Agiografie medievali cit., pp. 477-492.
29 L’opera di riferimento per la demonologia antica, è quasi superfluo ricordarlo, è la
Vita Antonii, ed. G. J . M. B artelin k , Milano, Mondadori-Fondazione Lorenzo Valla, 1974.
Ma se il libro di Atanasio vescovo di Alessandria è il testo fondativo sul piano dell’imma-
ginario demoniaco, la vera sistematizzazione speculativa si avrà nel quadro della teologia
mistico-ascetica ed origenista di Evagrio Pontico. Cfr. l'introduzione di C h r . M o h rm a n n ,
ibid., pp. L X X X I-L X X X II.
30 Vita Mariae Oigniacensis, I, 3, pp. 643-644: « Quidam autem ex amicorum suorum
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 277

non impedisce che in momenti cruciali, come quello del trapasso,


ritrovino la loro violenza e si coalizzino per sferrare l’ultimo attac­
co, branco di belve inferocite e ruggenti intorno al capezzale del
morente 3l. Si trova già qui, in nuce, un tipo di racconto che cono­
scerà sviluppi imprevisti nella sua evoluzione medioevale.

praecipuis, a daemonio meridiano perambulante in tenebris, aliquando tanto periculosius,


quanto subtilius tentabatur. Callidus enim ille inimicus, transfigurans se in Angelum lu­
cis, quasi sub specie pietatis, in somnis praedicto amico suo familiariter apparebat; de qui­
busdam vitiis eum aliquando reprehendens, quaedam etiam bona ut faceret fraudulenter
admonens; promittens antitodum ut latentius subinferret venenum. Linguam mellitam
serpens prius leniter exercebat, ut postea dentem figeret, et ad ultimum caudam ut che­
lydrus stringeret. Cum vero jam sibi fides tamquam veridico adhiberetur; tunc more so­
phistae, inter aliqua vera, proditor ille falsum permiscere nitebatur, bonorum admixtione
malum fraudulenter obumbrans. Tandem vero ad hoc pervenit ejus machinatio, quod Fra­
ter ille miserabilem incurrisset confusionem, nisi Christi ancilla, Spiritu sancto revelante,
percepisset callidi sophistae simulationem. Cumque diceret illa quod non esset a Deo re­
velatio, sed nequam spiritus deceptio, ille econtra, spiritu suo, non Spiritus sancti respon­
debat: "Cum enim tot bona mihi fecerit spiritus ille, tot etiam vera et futura praedixerit,
nullo modo vult me decipere”. Tunc illa ad solita orationum arma confugiens, pedes Do­
mini fletibus rigavit, caelum precibus instanter pulsavit; nec requievit donec impius ille
cum gem itu magno et pudore, coram ea, cum oraret noctu in cella sua, adstitit. Illa vero
eum cum quodam falso splendore intuens: “T u quis es, inquit, ac quod est nomen
tuum ?”. Ille vero, elato ut erat vultu, eam torvis oculis inspiciens: “Ego sum - inquit -
quem tu, maledicta, precibus tuis compulisti venire ad te, meum enim amicum per vio­
lentiam aufers. Somnium est mihi nomen; nam et ego multis in somnis, et maxime Mo­
nachis e Religiosis, quasi Lucifer appareo; mihique obediunt, et meis consolationibus in
elationem decidunt, tamquam dignos se reputantes, ut Angelicis et Divinis visitentur al­
loquiis. Amicum quoque meum, quem mihi abstulisti, secundum voluntatem meorum ab
aliquo bono proposito deviassem. Quod ita eventu rei compertum est, nam ova aspidum
rupta sunt, et maligni fraudulenta consilia postea manifeste aperta sunt” ».
31 Ibid., II, 6, p. 650: « Super omnia vero misericordiae opera infirmis assistere, et d
functorum obitui seu sepulturae interesse consueverat, ubi multa de arcanis caelestibus
Domino revelante frequentissime percepit. Quadam autem die cum Soror Fratrum de O i­
gnies in extremis laboraret, ipsa, cum esset in cellula sua, percepit multitudinem rugien­
tium daemonum circa lectum Sororis infirmae, cum jam pro ea fieret commendatio, quam
putabant mortuam adesse. Tunc illa, consuetae gravitatis et innatae verecundiae quasi
oblita, ad lectum aegrotantis cucurrit, et immundis spiritibus se opponens, non solum
precibus pugnabat, sed etiam pallio suo tamquam muscas abigebat. Cum autem impii illi
terribiliter resisterent, et tamquam suam, animam Sororis vendicare vellent; tunc illa am­
plius non sustinens, clamabat Christum suum, sanguinemque Christi quem pro animabus
effudit, et mortem Crucifixi incessanter invocabat. Cum autem rugientes illi praeparati ad
278 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

5. L’accentuato impegno antidiabolico di Maria di Oign


sempre presente al capezzale dei moribondi, si manifesta anche nel­
la liberazione dei posseduti, ma questa richiede un trattamento spe­
ciale. Con loro non basta infatti agitare il mantello per mettere in
fuga il demonio, servono lunghe sedute di preghiera, ma l’arma più
efficace è l’autoimmolazione di un digiuno a oltranza i2. Due sono i
casi evidenti di possessione trattati dalla santa: il primo è quello di
una giovane monaca cisterciense che, sopraffatta dalla propria inade­
guatezza dinanzi alle richieste di una scelta di vita esigente, cade
nella disperazione 33, il secondo è quello di un monaco, cisterciense

escam, m ultis calumniis animam illam impeterent; ipsa tandem a Spiritu sancto fiduciam
accipiens (non ubi spiritus Dei, ibi libertas) respondit: “Domine, pro hac anima ego fide­
jubeo: licet enim peccaverit, peccata sua confessa est. Quodsi forte aliquid per negligen-
tiam vel ignorantiam in ea remansit, licet loqui non possit, adhuc tamen tempus contri­
tionis ei reliquisti”. Fratres tantum vocem ejus et gestus contra daemones percipiebant, et
Domino pro anima Sororis suae devotas orationes effundebant. Tandem victis et confusis
daemonibus, et sanctis Angelis advenientibus, illa Deo laudes reddens, ad se conversa
quievit; resumptoque pallio, quod in pugna projecerat, ad cellulam suam cum verecundia
rediens et fugiens, clauso ostio latuit ».
32 Sulla complessità e ricchezza di significati culturali del digiuno, da interpretare non
solo come opera ascetica, o percorso iniziatico all’esperienza mistica, ma talora anche come
vero e proprio impegno militante, cfr. C. W alker B y n u m , Sacro convito sacro digiuno. Il si­
gnificato religioso del cibo per le donne del Medioevo, Milano, 2001.
33 Vita Mariae Oigniacensis, I, 3, p. 644: « Erat autem quaedam juvencula in monaste­
rio quodam Cisterciensis Ordinis, inter Sanctimoniales sub habitu religionis Domino ser­
viens; cui serpens antiquus tanto magis invidebat, quanto in sexu fragili et aetate juvenili
tam arduae viae propositum eam aggredi viderat. Cumque simplicem illam virginem, ti­
moratam et humilem cognovisset, ut eam per pusillanimitatem et inordinatum timorem
in desperationem dejiceret, blasphemiis et immundis cogitationibus innocentem virguncu­
lam aggressus est. Illa vero, ut erat pavida et talibus non assueta, in primo cogitationis li­
mine credebat se fidem amisisse, et longo tempore cum magno dolore restitit; tandem ve­
ro non sustinens, nullique vulnus cordis sui, ut medicamentum reciperet, aperiens, ex pu­
sillanimitate quasi in desperationem decidit. Adeo vero inimicus mentem ejus depresserat,
quod nec Orationem Dominicam, nec Credo in Deum dicere poterat: peccata vero sua
confiteri nolebat. Quodsi aliquando blanditiis vel minis aliqua quasi coacta confiteretur,
nullo modo ad hoc induci poterat, ut indulgentiam a Domino postularet. Sacramentis ec­
clesiae interesse non poterat; Corpus Christi recipere non volebat: seipsam ex perturbatio­
ne frequenter interficere tentabat; verbum Dei, et monita salutis spernebat; omne bonum
ei in odium veniebat; multa verba blasphemiae per os ejus diabolus evomebat. Cumque a
piis ejus Sororibus multae ad clementem Dominum pro ipsa funderentur orationes, co-
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 279

anche lui, stremato dall’eccesso penitenziale, quasi impazzito nella


folle quanto vacua ricerca della condizione di impeccabilità. Una
volta liberato, vomiterà tre pietre nere, come voleva l’antica conce­
zione “digestiva” della possessione ì4.

lumbam suam a faucibus diaboli nondum poterant extorquere, nec hoc daemonii genus in
jejunio et oratione statim poterant ejicere; non quia clemens Sponsus tot sanctarum V irgi­
num pias preces sperneret, sed quia genus illud daemonii atrocissimi spirituali ancillae
suae reservaret superandum; quae suarum orationum efficacia maxillas Leviathan perfora­
ret, et ab ejus ore praedam potenter extraheret. Cum igitur ad ancillam Christi juvencula
illa adduceretur, illa, ut erat spiritu compassionis et meile spiritualis dulcedinis affluens,
eam benigne suscepit; non solum in cella sua, per liberalitatem hospitalitatis; sed in cor­
de, per spiritum caritatis. Cumque multas pro ipsa ad Dominum funderet orationes, ne­
quam ille quam firmiter se tenere putabat, nolebat relinquere. Tunc illam seipsam am­
plius Domino immolans, diebus quadraginta cum lacrymis et precibus nihil penitus man­
ducans jejunavit, interpolate tamen ut bis vel ter in hebdomada reficeretur. In fine vero
jejunii, teterrimus ille spiritus, relicta Virgine, ad ancillam Christi cum dolore et confu­
sione coactus est venire, miserabiliter ab Angelo Christi religatus et punitus; ita quod vi­
debatur, quasi visceribus evomitis, omnia interiora sua super collum suum miserabiliter
deportare: quod enim in spiritu Dominus invisibiliter operatur, quandoque per signa exte­
riora visibiliter ostendit. Tunc ille gemens et supplicans, ut ejus misereretur, et ei poeni­
tentiam injungeret, Christi amicam deprecabatur: dicebat enim se coactum esse, ut quae­
cumque ei injungeret facere oporteret. Tunc illa, sicut nihil unquam de se praesumebat,
nec aliquid sine consilio facere volebat, vocavit sibi quemdam familiarem M agistrum de
quo confidebat. Cui cum ille consuleret, ut eum in desertum mitteret, e nulli unquam
usque ad diem judicii nocere posset; supervenit alius quidam utrique satis familiaris et
privatus: cumque rem cognovisset: "Nequaquam, inquit ille, sicut erat ex vehementis spi­
ritus impetu ferventior, sic evadet ille proditor; praecipe illi ut statim descendat in pro­
fundum inferni". Qua praecipiente, et eo cum ululatu descendente, tantus infernalium spi­
rituum clamor factus est, sicut illa in spiritu audivit, dum principem magnum et poten­
tem cerneret advenire: unde Christi ancilla graviter obstupuit, et Domino gratiarum actio­
nes reddidit. Virgo praedicta eadem hora liberata, facta Confessione Christi Corpus rece­
pit, et Deo gratias agens ad domum suam remeavit. Quando vero post multas vigilias et
orationes in suo lectulo quiesceret, sub variis speciebus apparebat ei diabolus, super eam
frendens, et eam maledicens: “Malo tuo - ajebat impius ille - , requiescas; nobiscum in in­
ferno quietam habeas; non minus enim tua quiete torqueor, quam labore tuo, tuisque ora­
tionibus crucior'’. Illa vero subridens, facto Crucis signo eum recedere compellebat ».
iA Ibid., II, 6, p. 653: « Accidit aliquando quod quidam Cisterciensis Ordinis Mona­
chus, tantum zelum innocentiae et puritatis, licet non secundum scientiam haberet, quod
quasi ad statum primi parentis ex fervore spiritus pervenire nitebatur. Cumque diu labore
plurimo, sed casso, sese affligendo in abstinentia et vigiliis et orationibus et lacrymis, pri­
mum statum innocentiae recuperare non valeret, primo cecidit in taedium et acediam. Vo­
lebat enim cibaria sumere, sed nullam sensibilem delectationem dum manducaret sentire,
280 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

Due casi, dunque, simmetrici e opposti (per eccesso e per difet­


to). Ma in entrambi gli episodi, lo stato di posseduto, arreptus, è
certificato tramite una inversione dei segni comportamentali —il ri­
fiuto dei sacramenti, la bestemmia —e l’intervento della santa viene
richiesto dalle stesse comunità di appartenenza, incapaci di porre un
rimedio al male e di farlo rientrare con gli strumenti ordinari di
mediazione del gruppo. Questione delicata, in un momento segnato
da una crescente autocoscienza ecclesiastica, ma nella proposta di
Jacques da Vitry l’esorcismo ha uno statuto preciso, che poggia sul­
l’articolazione tra il potere della santa, informale, e il conferimento
della grazia sacramentale, privilegio esclusivo del prete. Se il supe-

studebat primos sensualitatis motus non solum reprimere, sed penitus extinguere, stude­
bat etiam sine aliquo veniali vitam suam in perfecta puritate custodire. Cum autem, dae­
monio meridiano instigante, aspiraret ad impossibile, nec ad id ad quod tendebat posset
aliquo modo, quantumcumque laboraret, pervenire, tandem in foveam desperationis prae
tristitia dilapsus est, adeo quod se in statu corruptionis in quo erat, nullo modo salutem
adipisci sperabat; utpote quia venialia, quibus omnino carere non possumus in hac vita,
putabat mortalia, unde nec Corpus Christi aliquo modo, etiam diebus illis, quibus institu­
tum est in Ordine, volebat recipere. Ecce ad quantum infortunium, ad quantam et quam
miserabilem ruinam, sub specie boni hostis ille antiquus simplicem illam traxerat ani­
mam; quae infirma fugiebat medicinam, et quae propriae voluntati semel renuntiaverat,
jugum obedientiae a se repulerat. U t autem fabulam non fabulose referam, nec falsa non
fallaciter interseram, Monachus iste, qui ad statum primi parentis tentabat pervenire, cui
assimilatur, nisi cuidam ranae; quae videns bovem magnae fortitudinis et pulchrae quanti­
tatis, eidem assimilari, et ad ejus quantitatem pervenire voluit. Tunc se extendere, dilata­
re, et inflari magno conamine incepit; sed frustra: quia nec, si se rupisset, bovis quantita­
tem assequi potuisset. Frater autem ille dum se supra se extollere voluit, infra se miserabi­
liter per desperationem corruit. Cum autem morbum animae ejus quidam pius et omnium
bonorum amicus Abbas cognovisset; licet ipse multique alii ad Dominum pro Monacho
preces effudissent, praevaluit tamen inimicus, qui eum, quem laqueo forti constrinxerat,
sine cessatione torquebat. Tunc Abbas, sanctae mulieris amicus, utpote qui virtutem ejus
minime ignorabat, quam in se aliquando per experientam senserat, ad ancillam Christi
Monachum fecit adduci. Cumque illa pro Monacho lacrymosis suspiriis Domino supplica­
ret; mirum in modum, dum ante Missae introitum Monachus Confiteor diceret, et illa in­
stantius pro eo preces funderet, quasi nigri lapilli ad singula verba Confessionis ex ore
Monachi cadere videbantur. Tunc illa percipiens in hoc visu quod obstinatio desperationis
et nigredo tristitiae et doloris Monachum reliquissent Domino gratias retulit, qui non
vult mortem peccatorum, sed magis ut convertantur et vivant. Monachus vero post M is­
sam, quasi de longinqua regione ad se reversus, Corpus Christi recepit, et sumpta salutari
medicina perfecte convaluit ».
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 281

ramento carismatico ha la funzione di colmare le lacune del discor­


so istituzionale, esso non si sovrappone, né si sostituisce alle prero­
gative del clero. L’amministrazione dei sacramenti è perciò il corol­
lario indispensabile del rituale, mentre sulla scena visionaria si con­
suma l’epilogo giudiziario della vicenda, con la comparizione del
diavolo, incatenato dalle sue stesse viscere, che riconosce davanti a
Maria la propria sconfìtta.
Una possibile chiave di lettura dell’opera di Giacomo da Vitry
risiede infatti nel tentativo di risolvere le difficoltà che possono
emergere sia sul piano della potestas fugandi daemones che del munus
docendi. Per non usurpare l’ufficio della predicazione la veggente si
affida alla funzione vicaria di un sacerdote quale tramite autorizzato
della parola ispirata: « ut meritum et officium praedicationis quod
in se actualiter exercere non poterat, in aliqua persona Dominus ei
recompensaret » 35. Maria di Oignies è rispettosissima delle prero­
gative del clero e sostiene un duro contraddittorio con i diavoli che
le mettono in discussione.
Il principio di sussidiarietà, mi si passi il termine acronico, è lo
snodo teorico della strategia agiografica di Giacomo da Vitry. Con
esso egli offre un paradigma esemplare, che sarà in grado di impor­
si, anche grazie all’epitome di Vincent de Beauvais 36, quale autori­
tà di riferimento dei difensori della santità carismatica 37. Nella Vi­

35 Ibid., p. 654.
36 V incentius B ellovacensis , Speculum historiale, X X X , M G H SS. X I V , pp. 165-166:
« Cui etiam illa spiritualem, ut fertur, gratiam orationibus suis impetravit, unde eloquii
suavitate et dulcedine et ipse crucem contra Albigenses in Francia praedicans, multos at-
que innumerabiles ad signum crucis accipiendum provocavit »: il domenicano esalta il po­
tere della preghiera di Maria.
37 L'auctoritas di Jacques da Vitry sarà esplicitamente invocata ancora nel Quattrocento
da Tommaso da Siena, “il Caffarini", per difendere, nel corso del Processo Castellano
(1411-1416), l’opera di direzione spirituale svolta da Caterina da Siena: « Inoltre c’era in
quella cassa una Legenda di una certa S. Maria di Oignies, ripresa dal trentunesimo Libro
dello storico Vincenzo di Beauvais e ciò perché la vita della predetta santa fu in molte co­
se simile a quella di questa vergine » [// Processo Castellano, a cura di M.H. Laurent, Mila­
no, 1942 (Fontes Vitae S. Catharinae Senensis Historici, 9). Qui si cita nella recente edi­
zione italiana, Il Processo Castellano. Santa Caterina da Siena nelle testimonianze a l Processo dì
canonizzazione a Venezia, a cura di T. S. Centi - A. B elloni, Firenze, 2009 (Biblioteca di
Memorie Domenicane, 2), p. 69]. Per l’utilizzazione della Vita di Maria di Oignies e delle
282 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

ta di Maria di Oignies i riferimenti demonologici sono perciò uti­


lizzati in un equilibrio culturale complesso, sia in funzione di una
difesa della Chiesa dai suoi nemici esterni, infedeli ed eretici, che
come strumento di denuncia e di dissuasione nei confronti dei pec­
cati e delle nequizie dei religiosi. E specialmente nei loro confronti
che si esercita infatti l’opera di materno sostegno della donna. Agli
occhi del chierico riformatore i successi del diavolo mettono a nudo
le difficoltà e i problemi di un tessuto ecclesiale che appare note­
volmente fragile e deteriorato, da riparare, ma nella sua proposta
emerge chiaramente la consapevolezza che l’opera di rinnovamento
non può affidarsi univocamente a un ripristino del corretto funzio­
namento delle strutture ecclesiastiche.

L utgarda di A y w i è r e s , la g u a r d ia n a d e l l e f r o n t ie r e

6. Se nell’opera di Giacomo da Vitry la dimensione visionari


profetica sembra integrarsi perfettamente nel grande progetto di ri­
conquista cattolica, qualche anno più tardi il già citato Tommaso
da Cantimpré, un canonico regolare passato tra le fila dei domeni­
cani 3S, propone una rilettura della esperienza di Maria di Oignies

biografie del domenicano Tommaso da Cantimpré ai fini di legittimazione del carisma ca-
teriniano, cfr. A. B artolomei R omagnoli, La maternità come gestazione in S. Caterina da Sie­
na, in L a donna negli scrìtti cateriniani. D agli stereotipi del tempo a ll’infaticabile cura della vita,
a cura di D. G iun ta , Firenze, 2011 (Quaderni del Centro Internazionale di Studi Cateri­
niani, 3), pp. 39-63.
38 II domenicano Tommaso di Cantimpré è una figura-chiave della nuova agiogra
dei Paesi Bassi. N ato nel 1201 a Bellingen, nel Brabante, da una fam iglia del ceto caval­
leresco, viene destinato dal padre alla carriera ecclesiastica e dopo gli studi a Liegi o, più
probabilmente, nella cittadina episcopale di Cambrai, nel 1217 entra nell’abbazia di Can­
timpré, appartenente alla congregazione dei canonici regolari di S. Vittore. Qui si dedica
ai suoi interessi di studio, che sono di carattere prevalentemente scientifico. Tra il 1223 e
il 1225 intraprende la sua opera più impegnativa, il De natura rerum, un trattato di scien­
ze naturali che lo terrà impegnato per una quindicina d'anni. N el 1231 una grave crisi
spirituale lo induce però a lasciare il canonicato e a entrare nel convento domenicano di
Lovanio, di recente fondazione. Determinante in questa svolta è il consiglio di una monaca
cisterciense, Lutgarda di Aywières, che lo stimola a impegnarsi non solo nello studio, ma
anche nella missione e nell'attività pastorale. Tommaso rilegge il suo rapporto con Lutgar­
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 283

che documenta come l’ideologia della crociata, con i suoi miti e i


suoi simboli, sia ormai entrata in crisi. Benché si ponga come con­
tinuatore ed erede diretto del Vitriacense, nel Supplementum alla Vi­
ta, redatto nel 1231, Tommaso esprime una consapevolezza nuova,
più problematica e complessa, dell’effettivo valore del servitium cro­
ciato ai fini della propria personale salvazione. Nella riscrittura
agiografica la metafora della militia Christi sembra ormai sganciarsi
dalle sue più immediate connotazioni politiche e storiche e anche
l’asse del combattimento si sposta: il male contro cui bisogna com­
battere si annida nel seno stesso della christianitas. Uomo di un’altra
generazione, Tommaso da Cantimpré è il testimone di una delusio­
ne storica e, rispetto a Giacomo, trasferisce altrove la verità audace
della predicazione. Nelle sue pagine Maria di Oignies conserva in­
tatta la sua statura di donna potente e dominatrice, ma ormai la
santa indica al cristiano un nemico diverso contro cui lottare: è il
demone che alberga dentro di lui. L’esito è quello di una radicale
interiorizzazione del vissuto religioso, dove le spinte profetiche e le

da attraverso il filtro della coppia M aria d i O ign ies/G iacom o da V itry. In una sorta di co­
sciente autoidentifìcazione, egli è convinto di raccogliere l’eredità del V itriacense. A que­
sta nuova fase della sua vita corrisponde anche l'inizio della sua feconda attività di agio-
grafo delle sante donne della diocesi di Liegi: dopo il Supplementum alla V ita d i M aria di
O ign ies (1 2 3 1 ), scrive la V ita di C ristin a l’A m m irabile (1 232), e quella di M argherita
d ’Y pres (ante 1244). Il florilegio si chiude con il ritratto d i Lutgarda, che è l’opera della
m aturità. M anca tuttora uno stu dio critico com plessivo su lla vita e l’opera di T om m aso da
C antim pré, per cui rinvio ad A. D eboutte, s .v ., in Dictionnaire de Spiritualité, X V , Paris
1991, coll. 7 8 4 -7 9 2 . Su lla sua opera agiografica, cfr. S. R oisin, L a méthode hagiographìque de
Thomas de Cantimpré, in Miscellanea historica in honorem A. De Meyer, voi. 1, Louvain, 1946,
pp. 5 4 6 -5 5 7 ; R . G odding, Vie apostolique et société urbaine à l ’aube du X III’ siècle. Une mwvre
inèdite de Thomas de Cantimpré, in Nouvelle Revue théologique, 104 (1 982), pp. 6 9 2 -7 2 1 ; J .
W . C oakiey , Thomas of Cantimpré and Fanale Sanctity, in History in thè Comic Mode. Medie­
val Communities and thè Matter of Person, a cura d i R. F ulton - B .W . H olsinger, N ew
Y ork, 2 0 0 7 , pp. 4 5 -5 5 ; A. B artolomei R omagnoli, Agiografìa e mistica nel Duecento: le « Vi­
tae Matrum » di Tommaso da Cantimpré, in Hagiographica, 17 (2 0 1 0 ), pp. 2 0 7 -2 5 2 ; E ad .,
Lutgarda nella mistica femminile medievale, ibid ., 19 (2 012), pp. 2 1 7 -2 7 4 . L ’opera di T o m ­
m aso deve essere anche letta in relazione alla nuova presenza dom enicana nella regione,
come un docum ento della precoce attenzione dei Frati Predicatori nella cura e direzione
spirituale d egli anim i fem m inili. Cfr. G . M eersseman, Les frères Prtcheurs et le mouvement dé-
vot en Fiandre au X III' siècle, in Archivum Fratrum Praedicatorum, 18 (1 948), pp. 6 9 -1 3 0 (in
appendice al sa g g io l’edizione d ella Vita dì Margherita d’Ypres, pp. 106-130).
284 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

urgenze riformatrici si attenuano per privilegiare l’orizzonte mistico


della contemplazione, la ricerca dell’unione con Dio, in una intimi­
tà che in definitiva conduce a svalutare ogni attività umana 39.

7. In realtà il problema che interessa Tommaso di Cantimpré


di cui si fa carico, è quello degli scambi con il soprannaturale, e in
particolare delle relazioni che i vivi intrattengono con i morti. La
sua eroina è Lutgarda di Aywières ( f i 246) 40, che non è una esor­
cista potente come Maria di Oignies, ma appartiene piuttosto al ti­
po della guardiana delle frontiere 41. Ha infatti un contatto conti­
nuo con i defunti, quegli esseri che, nella cartografia dell’aldilà, oc­
cupano un posto ambiguo, intermedio tra gli angeli {spiritus boni) e
i demoni {spiritus maligni), in una inquietante oscillazione che li at­

39 Sul Supplementum in particolare, cfr. B artolomei R om agnoli, Agiografìa e mistica nel


Duecento cit., pp. 218-227; J . D on n ad ieu , Entre sentiment at ambition: les réseaux de Jacques de
Vitry au miroir du « Supplementum a d Vitam Mariae Oigniacensis » de Thomas de Cantimpré, in
Vivre en société au Moyen Age, Occident chrétien, V F-X V siècles, a cura di C . C arozzi - D . L e
B lévec - H. T aviani C arozzi, Aix-en-Provence, 2008, pp. 133-150.
40 T homas C antipratan us , Vita Lutgardis virginis in Aquiriae Brabantia (BHL 4950), in
AASS, Iunii, III, Antuerpiae, 1701, pp. 234-263.
41 C fr. S. R o isin , Sainte Lutgarde, in Collectanea Ordinis Cisterciensium Reformatorum, 8
(1946), pp. 161-172; A. v a n R o y , Lutgardis, B r u g g e , 1946; T h . M e r t o n , What are these
Wounds? The Life of a Cistercian Mystic. Saint Lutgard of Aywières, M ilw au k ee , 1950; A. D e-
b o u tte , Lutgart als mystieke heilige, in Sint Lutgart. Tentoonstellingskataloog, B r u g e s, 1974,
pp. 52-68; Id ., Sainte Lutgarde et sa spiritualité, in Collectanea cisterciensia, 44 (1982), pp.
73-87; P. D in z e lb a c h e r, D as Christusbild der hi. Lutgard von Tongeren im Rahmen der passion-
smystik und Bildkunst des 12. und 13. Jahrhunderts, in Ons Geestelijk Erf, 56 (1982), pp.
217-276; M. C o w le y , Lutgardis of Aywières, in Benedictina, 1 (1984), pp. 21-48; E. S to lfi,
Le visioni nella « Vita Lutgardis », in Rivista cisterciense, 8 (1991), pp. 265-310; K. G le n te ,
Vite di mistiche dal punto di vista maschile e femminile. Un confronto tra Tmnmaso di Cantimpré e
Caterina di Unterdenlinden, in Movimento religioso e mistica femminile nel medioevo, a c u ra d i P.
D in z e lb a c h e r - D. R. B a u e r , C in ise llo B a ls a m o (M i), 1993, pp. 284-297 (ed. it. d i Reli­
giose Frauenbewegung und mystiche Frommigkeit im Mittelalter, K ò ln , 1988); M. K in g , The Do­
ve at thè Window: The Ascent of thè Soul in Thomas de Cantimprés Life of Lutgard of Aywières,
in Medieval Religious Women. III. Hidden Springs. Cistercians Monastic Women, K a la m a z o o ,
1995, pp. 225-253; A. B u sse is, Saint Lutgard’s Mystical Spirituality, ib id ., pp. 211-223 [ri-
st. in Cistercium, 220 (2000), pp. 777-791]; A. D e b o u tte , The Vita Lutgardis of Thomas of
Cantimpré, ib id ., pp. 255-281; M. V a n U y t fa n g e , s . v ., in II grande Libro dei Santi c it., II,
pp. 1269-1271.
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 285

tira di volta in volta verso gli uni o gli altri 42. Il tema delle so­
stanze separate acquisterà un particolare rilievo speculativo nella co­
smologia del XIII secolo anche in relazione al recupero delle cor­
renti neoplatoniche antiche e arabe, e sarà al centro della riflessione
di Tommaso d’Aquino, segnata dal tentativo di risolvere l’antino­
mia tra la trasversalità teologica della parola e la gerarchizzazione
metafìsica degli esseri 43. Sono problemi diffìcili, ma per il Tomma­
so agiografo la questione non si pone a livello teorico: davanti agli
eretici, che la negano - la polemica del resto si riproporrà nel Cin­
quecento tra cattolici e protestanti - , si tratta della possibilità stes­
sa di ricostituire l’alleanza spezzata tra il visibile e l’invisibile, di
ristabilire una comunicazione e il pathos storico di una rivelazione
in grado di attraversare gli ordini (naturale e soprannaturale).
Lutgarda di Tongres, di cui scrive la biografìa intorno alla metà
del secolo, tra il 1248 e il 1252, è la figura di questa mediazione.
Non è una laica, ma una monaca cisterciense, considerata una delle
fondatrici, con Gertrude di Helfta (ma la precede), della devozione
al cuore di Gesù 44. Ad Aywières Lutgarda conduce un’esistenza as­
solutamente priva di avvenimenti. Digiuna sempre, all’interno della
comunità non è in grado di parlare con le altre donne perché in un
ambiente vallone lei conosce soltanto il fiammingo. Nei quarant’an-
ni di vita monastica, per concessione della Vergine, non imparerà
una sola parola in francese. Infine rimane anche completamente cie­

42 J . Cl. S ch m itt , G li spettri nella società feudale, in Id., Religione, folklore e società nell’Oc-
cidente medievale, Roma-Bari, 1988, pp. 182-205.
43 Per una introduzione alla speculazione di Tommaso sugli angeli, cfr. F. S baffon i ,
San Tommaso d’Aquino e l’influsso degli angeli, Bologna, ESD, 1993; B. M o n d in , Storia della
metafisica 2, Bologna, ESD, 1998, pp. 591-602. Tommaso reagisce alle concezioni ileo-
morfìche sugli angeli diffuse nel tempo anche per influsso della filosofia araba. N e riven­
dica pertanto la sostanza esclusivamente spirituale: per l ’Aquinate gli angeli sono essenze
finite che ricevono un grado determinato della perfezione assoluta dell’essere. Svolgono a
benefìcio dell’uomo compiti di assistenza, di vigilanza, e di custodia, ma non possono pie­
garne la volontà.
44 Cfr. M. V a n n in i , Il « cuore » nella mistica femminile del medioevo, in Rivista di ascetica e
mistica, 19/1 (1994), pp. 63-82. Per uno sguardo ampio, non esclusivamente focalizzato al­
la mistica medievale, si veda G. Pozzi, 'Schola cordis’: di metafora in metonimia, in Id., Sul­
l’orlo del visibile parlare, Milano 1993, pp. 383-422. Per Lutgarda, m istica del cuore, cfr.
B artolomei R om agnoli, Lutgarda nella mìstica femminile medievale cit., pp. 262-268.
286 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

ca. Lutgarda chiude, dunque, tutti i canali sensoriali. Ha il corpo


sigillato al cibo alla parola alla vista. Ma proprio in virtù di queste
rinunce e limitazioni acquista la prerogativa di vedere gli spiriti dei
defunti e di parlare con loro. Situandosi al di fuori della natura e
del linguaggio, maestra di un grande silenzio, Lutgarda scavalca i
confini e abita uno spazio “altro”, intermedio tra quello della perce­
zione sensibile e quello divino, un mondo che è il luogo dell’espe­
rienza visionaria e della manifestazione teofanica, terra degli angeli
e dei demoni, ma anche dei morti. Li vede, di continuo, e parla con
loro.
Incorniciato nella struttura formale di una leggenda agiografica,
nella Vita Lutgardis Tommaso ripropone un piccolo dossier di rac­
conti di apparizioni, un classico della letteratura monastica. Sul pal­
coscenico visionario scorre la storia politica ed ecclesiastica del tem­
po, e lì viene giudicata: il gran papa Innocenzo III, il priore di Oi­
gnies, il famoso Baldovino di Barbengon, l’abate di Fouilly, e persi­
no Giacomo di Vitry, che deve scontare quattro giorni in purgato­
rio. Il solo Giordano di Sassonia, successore di Domenico alla guida
dell’Ordine dei frati Predicatori, si viene a sapere, è asceso diretta-
mente in paradiso senza dover attraversare le fiamme della purifìca-
zione 45 .
Apparentemente, questi racconti di apparizioni sono molto si­
mili a quelli dei revenants, gli spettri studiati da Jean Claude
Schmitt, che avevano popolato l’agiografia monastica del Medioevo
centrale 46. Con “l’invasione degli spiriti”, tra l’XI e il XII secolo,

Vita Lutgardis, pp. 244-257.


46 Nei secoli centrali del Medioevo si sviluppa un nuovo tipo di racconto, quello de
apparizioni dei morti, tanto che Jean-Claude Schmitt ha parlato di una vera e propria
« invasione degli spiriti ». Le visioni altomedievali avevano come tema i viaggi nell’aldilà
di un vivo che per una concessione particolare ottiene il permesso di visitare l’oltretomba
e ne descrive la topografia, ma abbastanza rari erano i percorsi in senso inverso, quello del
racconto di un defunto che illustra a un vivo la sua condizione nel regno dei morti. Le
condanne dottrinali delle pratiche divinatorie pagane - della negromanzia in particolare -
avevano contribuito a tenere lontani gli spiriti. Ma dopo il Mille si moltiplicano i racconti
relativi alle anime sofferenti che “tornano” allo scopo di chiedere ai vivi suffragi e opere
pie necessarie alla loro liberazione. Molteplici sono le ragioni di tale fioritura letteraria,
che va comunque messa in rapporto anche con lo sviluppo della liturgia dei defunti in
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 287

un nuovo genere di racconto aveva determinato una inversione radi­


cale delle rotte del viaggio: diversamente dalle antiche visioni del­
l’aldilà, esso parlava di ritorni, non di partenze. Si tratta, anche qui,
delle solite anime sofferenti che invocano aiuto, in realtà cambiano
radicalmente le modalità di intercessione. Nello schema tradiziona­
le, il beneficiario del sogno e dell’apparizione era sovente solo il la­
tore di un messaggio che attivava una complessa trama di relazioni
sociali. Essa vedeva coinvolte la famiglia del morto e la comunità
monastica, in quanto luogo istituzionale di mediazione degli scam­
bi simbolici tra il cielo e la terra. La soddisfazione si otteneva tra­
mite l’adempimento di una serie di procedure contrattuali in cui lo
sforzo economico dei parenti rendeva possibile lo svolgimento delle
azioni liturgiche necessarie: la famiglia pagava il monastero e que­
sto compiva il lavoro del lutto. Con l’avvento degli Ordini mendi­
canti, come ha dimostrato Schmitt, questi meccanismi si erano mo­
dificati e semplificati: alla famiglia come soggetto della richiesta di
intercessione si era sostituita la volontà del singolo testatore, al do­
no della terra una somma in denaro. Il cambiamento è specchio di
una diversa situazione sociale, ma a sorreggere entrambi i modelli
era sempre una logica economica fondata su una transazione.
Diverso è il modello proposto da Tommaso di Cantimpré. Il
rapporto di Lutgarda con le anime dei defunti è personale e diretto,
senza intermediari, ma soprattutto gratuito. Trasgredisce il princi­
pio economico dello scambio, perno del sistema, per affermare quel­
lo del dono e dell’offerta di sé, secondo la legge del sacrificio, che
richiede l’immolazione di una vittima innocente. Senza controparti­
ta, la veggente assume il giogo dell'anima e ne prende il posto, re­
plicando la figura cristologica della sostituzione. Affamandosi, sof­
frendo, Lutgarda si plasma un corpo mistico, diventa carne macera­
ta e per ciò stesso salvifica. Con il suo digiuno, nutre spiritualmen­
te i defunti, li medica e li risana, svolgendo un ruolo di materna

a m b ito clu n iacen se. C fr. J . C l . S chmitt , Spiriti e fantasmi nella società medioevale, R o m a -B a r i,
L aterza, 1995. P er la trasfo rm az io n e d i q u e s ta tip o lo g ia d i racco n to n elle a g io g r a fie m is t i­
che fe m m in ili d e l D u e c e n to , cfr. A . B artolomei R o magnoli , h a c o m m u n io san c to ru m nelle
fonti agiografiche, in C o m m u n io san c to ru m e perdonanza. A t t i d el C o n v eg n o (L 'A q u ila , 27-
28 a g o sto 2005), a c u ra d i E . P àsztor , L ’A q u ila , 2006, p p . 77-105.
288 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

intercessione che diverrà una specializzazione negli ambienti spiri­


tuali femminili.
Duplice quindi la funzione del racconto. Contro le obiezioni de­
gli eretici viene vigorosamente riaffermata la più pura dottrina cat­
tolica: permeabilità dei confini, circolarità dei meriti, efficacia delle
opere buone. Ma la variante mistica, con la violenza della carità,
cerca anche di liberare il territorio dell’oltretomba dalla pressione
colonizzatrice di una borghesia mercantile e calcolatrice che articola
in cifre la gestione dei comportamenti e dei commerci tra un mon­
do e l’altro. Introduce un elemento di critica al sistema e, offrendo
un modello alternativo, tenta di reagire al meccanicismo della com-
ptabilité de l ’au-delà 47. Anche ai fini del nostro discorso, è però im­
portante sottolineare che i revenants di Tommaso da Cantimpré re­
stano principalmente degli esseri sofferenti nei confronti dei quali è
possibile, anzi doveroso, esercitare una compassione. Non sono an­
cora gli spettri inquietanti dei briganti e degli eretici morti senza
sepoltura, che abiteranno, come ha mostrato Alain Boureau48, le
angosce dell’uomo trecentesco. Creature più pericolosamente prossi­
me ai demoni che agli angeli, sarà meglio, anche per il santo, inter­
rompere ogni relazione con loro.

B e a t r ic e d i N a z a r et h , la ‘m a g i s t r a ’

8. Nella seconda metà del Duecento, si assiste a un cambiame


to profondo del paesaggio culturale. La magistra Beatrice di Nazareth
(t 1268) insegna alle monache come vincere quella che Evagrio
chiamava “l’invidia del diavolo” verso l’uomo che prega, la j i q o l -
k t ik t i 49. La sua Vita, redatta da un anonimo cisterciense che utilizza

47 J . C hiffoleau , h a comptabilité de l ’Au-Delà: les hommes, la mort et la religion dans la ré-


gton d'Avignon à la fin du Moyen Age (vers 1320 - vers 1480), Rome, 1980.
48 Cfr. B o ureau , Satan hérétique, pp. 1 7 5 - 1 7 8 , per gli spiriti inquietanti, morti senza
confessione e sepoltura, che tornano nei processi di canonizzazione del Trecento, in Chiara
da Montefalco e N icola da Tolentino. Presenze negative e funeste, veri e propri incubi,
questi revenants sono ormai pienamente assimilabili a creature demoniache.
49 Cfr. E vagrjus P on ticus , The Praktikos. Chapters on Prayer, ed. J . E . B am berger , Kala-
mazoo, 1 9 8 1 (Cistercian Studies, 4 ). Si veda anche E vagrio P o n tico , Per conoscere lui. Esor­
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 289

un diario da lei composto in medio neerlandese 50, appartiene già al


genere dell’autoagiografìa 51. Oggettivandosi, Beatrice racconta la
sua esperienza, rileggendola con il filtro dei Padri. Ci vuole astuzia,
con il demonio, e per difendersi bisogna impararne le tecniche.
Quindi, come hanno insegnato gli antichi maestri, il punto di par­
tenza è quello di individuare bene la diversità dei demoni e saper
distinguere i loro tempi. La loro strategia all’inizio è aggressiva e
violenta, con « apertis incursibus et infestationibus » 52. Anche per
una principiante non è difficile riconoscerlo, ma poi il diavolo si raffi­

tazione a una vergine. Ai monaci. Ragione delle osservanze monastiche. Lettera ad Anatolio. Prati­
co. Gnostico, ed. a cura di P. B e t t i o lo , Bose, 1996.
50 Vita Beatricis (B H L 1062), ed. L. Reypens, Anrwerpen, 1964 (rist. a cura di R . De
G an ck , K alam azoo, 1991). Per l'edizione del Prologo, cfr. P. V. B ets, in Analectes d'histoire
ecclésiastique Belqique, 1 (1 8 7 0 ), pp. 80-82. L ’autore della V ita è rim asto anonim o. N el m s.
Bruxellensis 4 4 5 9 -4 4 7 0 , del sec. X IV , una m ano posteriore aveva ag giu n to in m argine:
« H anc vitam conscripsit dom inus W illelm u s de M echlinia monachus H affligem ensis,
quondam prior in W avria, post abbas Sancti Trudonis » , m a Reypens (ed. cit., pp. 26-40)
esclude la paternità del grande benedettino G u g lielm o di A fflighem ( f 1297), e dello stes­
so avviso era anche la R oisin (Hagiographie cistercienne cit., p. 60). M a Beatrice fu autrice
anche in proprio, la p iù grande, insiem e ad H adew ijch d ’Anversa, tra le scrittrici del Bra-
bante, anche se della sua opera è rim asto solo un com ponim ento breve, redatto in antico
dialetto fiam m ingo, Le sette maniere d'amare. L ’anonim o redattore della V ita dichiara di
aver utilizzato un Diario che lei aveva com posto in m edio neerlandese, e quasi certam ente
altri suoi scritti. N el Prologo il confessore delle monache di N azareth, loro um ile « fratel­
lo e com pagno nel servizio di D io » , dice qu in di di aver fatto solo opera d i traduttore, ap ­
portando alcuni ritocchi form ali e integrando alcune notizie con le testim onianze delle
monache di N azareth e della sorella C ristina. N e lla sezione finale dell'opera è contenuto
anche un adattam ento del trattato sulle maniere d ’am are (III, 2 4 6 -2 6 1 , pp. 157-175).
Proprio l’analogia di contenuto ha perm esso di identificare in Beatrice l’autore di q u est’o­
pera, tradita dal codice trecentesco dei Sermoni limburghesi, riscoperto nel 1895. Cfr. J . H .
K e r n , De Limburgsche Sermoenen, Leiden, 1 8 95. U no stu dio com parativo è stato com piuto
da H . Vekeman, Vita Beatricis en « Seven manieren van minnen », in Ons Geestelijk Erf, 45
(1 9 7 1 ), pp. 2 1 5 -2 3 0 . Su Beatrice di N azareth, cfr. Bibliographie zur deutschen Frauenmystik.
Mit einem Anhang zu Beatrijs van Nazarethnund Hadewijch, a cura di G . J . Lewis - F. W il-
l a e r t - M . J . G overs, Berlin, 1989.
51 A . D e g l’In n o c e n ti, L a mistica femminile tra agiografia e auto-agiografia, in L ’autobio­
grafia nel Medioevo. A tti del X X X I V C onvegno storico internazionale (T odi, 12-15 ottobre
1997), Spoleto, 1 998, pp. 1 8 7-210. R igu ard o al problem a del rapporto oralità-scrittura,
cfr. F. S a n ti, I l racconto mediato, in Lo spazio letterario del Medioevo latino. III, R om a, 1993,
pp. 68 9 -7 1 9 .
52 Vita Beatricis, p. 50.
290 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

na, si sottilizza, e l’angelo della luce comincia a versare « pro nectare


venenum in poculo » 53. Così la paura di insuperbirsi conduce a rallen­
tare l’osservanza, ma questa è solo una trappola che in realtà conduce
all’accidia e all’aridità spirituale 54. Con i progressi sulla via della perfe­
zione arrivano le allucinazioni orrende 0imagines), i sussurri importuni e
il contagio velenoso della voluttà55. I momenti di disperazione e la
notte del dubbio sono inevitabili, ed è allora che bisogna pensare ad
Antonio o a Giobbe, e restare saldi.
Testi come questo, specificamente pensati per un pubblico di
religiose, prolifereranno alla fine del Medioevo —basti pensare a Ca­
terina Vigri ("f"1463) e a Francesca Romana ( f 1440) 56 —, ma in
quello che sembra un manuale di vita devota, costruito secondo un
chiaro schema pedagogico, la conclusione è mistica: la via è quella
di una resa totale e incondizionata a Dio, di una espropriazione del
volere. E l’amore puro, “senza perché”, che già in Beatrice prende la
figura di una dannazione possibile: « In omnibus autem hijs tem­
ptationum assaltibus, instar beatissimi Iob, tam fixum manebat cor
illius in virtutis proposito, quod et si condempnandam c e rtissi­
m o se presciuisset a domino, non tamen aliquatenus a via virtutis
exorbitando, recedere voluisset » 57.

53 Ibidem.
54 Ibid., pp. 51-52: all’inizio Beatrice combatte contro il diavolo a viso aperto, offren­
dogli il suo inuincibile pectus, ma poi il tentatore cambia strategia, diventa subdolo e l’ac­
cusa di vanagloria. Poiché all’interno della comunità è venerata come una santa, la giovane
decide di mitigare ascesi e penitenze, per scansare l’ammirazione delle consorelle, ma il ri­
lassamento delle pratiche la fa sprofondare in una crisi gravissima. Si ammala di tedio e
accidia spirituale, guarendo solo con il soccorso della grazia divina.
55 Ibid., p. 93.
56 Q u e s ta le tte ra tu ra a sfo n d o d id a ttic o , p e n sa ta e sp re ssa m e n te p e r u n p u b b lic o d i reli­
g io s e c u i la ‘m a g is t r a ’ in se g n a a c o m b a tte re co n a rm i o p p o r tu n e la p sic o m a c h ia d ia b o lic a ,
si d iffo n d e nel Q u a ttr o c e n to , sp e c ia lm e n te in a m b ito o sse rv an tin o . T e s to e se m p lare , e g i u ­
sta m e n te fa m o so , è il tr a tta te llo d i C a te rin a d a B o lo g n a (C a t e r in a V ig r i, Le sette armi spiri­
tuali, ed. A. D e g l ’In n o c e n ti, F ire n ze , 2000), m a si v e d a an ch e il corpus v isio n a rio d i F ra n ­
ce sca R o m a n a , con un a sezio n e im p o rta n te d e d ic a ta ai c o n flitti so ste n u ti d a lla sa n ta co n tro
i d e m o n i (A. B a r to lo m e i R o m ag n o li, Santa Francesca Romana. Edizione crìtica dei trattati la ­
tini di Giovanni Mattiotti, C it t à d el V a tic a n o , 1994).
57 Vita Beatricis, p. 94.
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 291

Così in Beatrice di Nazareth la più alta preghiera trova queste


parole:

« O dom in e iuste et m isericors, terrib ilis et fortissim e, si q u id e m b en ep lacitu m


est in con spectu tuo, q u o d ego , fam u laru m tuaru m m iserrim a, g ra tis d em erg ar in
profu n d u m inferni, vel sine cau sa ru gien tis su b iciar p o te stati in im ici, beneplacito
q u id e m tuo spon te con sentio; sed etern aliter a te separari, su p er om n ia torm en to-
rum in fernalium horrenda su p p lic ia, grav issim e tolerabo [...] E t si tunc q u id e m
iudicaueris etern aliter p u n ie n d am , tuo iudicio paren do, consentiens h u m ilite r
58
acq uiescam »

Cambia il lavoro del perfetto: non si tratta più di una lotta


frontale dell’anima contro gli spiriti, ma solo di patirli59. Antonio
è sempre lì, sullo sfondo, ma come un grafema che indica ormai
qualcosa di diverso. Lo ritroveremo così, una figurina curva e quasi
rannicchiata nella sua santa indifferenza anche nei grandi pittori vi­
sionari fiamminghi e tedeschi del Quattro/Cinquecento recensiti nel
catalogo di Enrico Castelli 6o.

C r i s t in a d i S to m m eln, la p o ssed u t a

9. Le scritture e le esperienze fiamminghe non rimangono circ


scritte: risalendo la corrente del Reno i testi circolano oltre i confi­
ni della regione di Liegi. Le nuove agiografie sono lette e conosciu­
te nei conventi domenicani disseminati lungo il corso del fiume,

58 Ibid., pp. 100-101. Cfr. anche pp. 122-123.


59 Sulla passività come categoria strutturante l’esperienza, si veda G . Pozzi, Patire e non
potere nel discorso dei santi, in Studi medievali, s. 3, 26 (1985), pp. 1-52 (ristampato in I d .,
Altematim, Milano, 1996, pp. 391-435, a p. 397). Per la presenza della teopatia dionisina
nella mistica femminile dell’epoca, anche in area italiana, rinvio al mio 'Non tantum di­
scens sed et patiens divina’. Passività e attività dell’anima nel Memoriale di Angela da Foligno,
in II Liber di Angela da Foligno: temi spirituali e mistici. Atti del Convegno internazionale di
studio (Foligno, 13-14 novembre 2009), a cura di D. A lfonsi - M. V edova , Spoleto, 2010
(Uomini e mondi medievali. Collana del Centro italiano di studi sul basso medio evo -
Accademia Tuderdna, 22 - Convegni 3), pp. 239-270.
60 E. C astelli, Il demoniaco nell’arte, a cura di E. C astelli G attinara jr., con introduzio­
ne di C . B o lo gn a , Torino, 2007 (prima ed. Torino 1952).
292 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

che mette in comunicazione i Paesi Bassi e la Germania. Alla vigi­


lia della ondata mistica nella valle renana, una generazione prima
dei grandi maestri, Eckhart, Tauler e Suso, l’opera di Pietro di Da­
cia, quasi un testo di transito, offre testimonianza di parentele ori­
ginarie. Dopo la leggenda di Cristina l’Ammirabile ( f i 224) narrata
da Tommaso di Cantimpré, è la volta di un’altra Cristina, di Stom-
meln: il suo villaggio nei pressi di Colonia dista poche miglia dal
borgo di St. Trond dove cinquant’anni prima si era spenta la pasto­
rella delle Fiandre. Protagonista del primo racconto era una donna
cui Dio aveva concesso di tornare dal mondo dei morti per espiare i
peccati dell’um anità61, nel secondo l’eroina sperimenta l’inferno
sulla terra. Due storie estreme, ma la situazione è diversa: come il
Tommaso brabantino, anche Pietro appartiene al tipo del cacciatore
di segreti, ma non colleziona memorie, per quanto oculari, o ricordi
fissati nella distanza dei tempi, è egli stesso attore e spettatore dei
fatti che descrive 62. Sulla scena del XIII secolo irrompe una figura

61 Vita Christinae Mirabilis, in AASS, Iulii, V, Parisiis 1868, pp. 650-656. La breve le­
genda, molto originale, inizia con la morte di Cristina e la sua salita in cielo, dove Dio la
pone dinanzi a una scelta: restare in paradiso per godere il premio eterno che ha sicura­
mente meritato o ritornare sulla terra per soffrire ed espiare i peccati degli uomini. La
fanciulla accetta di rientrare per compiere sino in fondo la sua missione, che la vede prota­
gonista di una travagliata parabola esistenziale: prima eremita dei boschi, inafferrabile e
selvaggia, in seguito approda in città per condividere le piaghe e le miserie della società.
Infine si chiude nella cella-sepolcro del monastero delle benedettine di St. Trond dove tra­
scorre da reclusa gli ultimi anni di serena preparazione alla morte. Per una lettura teologi­
ca di questo racconto rinvio a B artolomei R om agnoli, Agiografia e mistica nel Duecento cit.,
pp. 227-238.
62 L ’opera di Pietro di D acia è tradita dal Codex Juliacensis, attualm ente conservato nel-
l’A rchivio diocesano di A ix-la-C hapelle (Bischòfliches Diozesanarchiv, Aachen, H S 599),
m a proveniente dall'archivio del capitolo dei canonici d i Colonia. D opo la pubblicazione
negli Acta Sanctorum è stato o g g e tto di una edizione m oderna, anche se parziale. Cfr. P e ­
trus de D acia, Vita Christinae Stumbelensis, ed. J . P aulson, G oteborg, 1894 (Scriptores L ati­
ni M edii Aeui Suecani, 1); ristam p ata per cura di A . O nnerfors, Frankfurt am M ain-Bern-
N ew Y ork, 1985 (Lateinische Sprache und L iteratur des M ittelalters, B d. 20) (=V ita Chri­
stinae Stumbelensis). Il codice riporta anche un poem a in lode d i C ristina, edito per la p rim a
volta solo in tem pi recenti: P etrus de D acia, De gratia naturam dìtante sive De virtutibus
Christinae Stumbelensis, ed. M . A sztalos, Stockh olm , 1982 (A cta universitatis Stockhol-
m iensis, Stu d ia Latina Stockh olm ien sia, 28). Per stu di sul Codex luliacensìs, si veda' anche
I. C ollijn , Vita b. Christinae Stumbelensis ex manuscriptis Vetri de Dacia et Johannìs capellani in
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 293

nuova, quella della “santa viva”, destinata a conoscere, specialmente


in casa domenicana, una lunga posterità spirituale 63. Ma il libro
detiene altri primati, offrendosi come il testo più antico scritto da
un autore svedese, che documenta peraltro l’importante ruolo di
mediazione svolto dai domenicani nel mettere in rapporto la Scan­
dinavia con la cultura continentale 64. Si delinea anche il lavoro col­
lettivo di una piccola infrastruttura di frati, una rete internazionale

Stumbel. Efter Cod. Einsidlensis 470 (SFSS ser. 2, voi. 2), Uppsala, 1936; P. N ieveler , Codex
Juliacensis. Christina voti Stommeln und Petrus von Dacien, ihr Leben und Nachleben in Geschi-
chte, Kunst und Litteratur, Mònchengladbach, 1975 (Veroffentlichungen des Bischoflichen
Diozesanarchivs Aachen, 34). Nella introduzione alla sua edizione Monika Asztalos riassu­
me e precisa i risultati di un secolo di studi redatti prevalentemente in lingua svedese. Il
Codex Juliacensis, databile alla metà del secolo XIV, era la copia di un manoscritto confe­
zionato nello scriptorium delle canonichesse di S. Cecilia, che avevano il patronato sulla par­
rocchia di Stommeln. La priora di S. Cecilia, Geva, è spesso citata nell’opera di Pietro, co­
me donna pia e colta, versata in teologia e particolarmente vicina ai domenicani, oltre che
frequentatrice asssidua del cenacolo spirituale di Cristina. Il dossier di testi fu messo insie­
me per servire alla causa di canonizzazione della mistica, promossa dopo la guarigione m i­
racolosa del conte Thierry de Clèves ( f i 347) al suo sepolcro. A gli inizi del Seicento le ca­
nonichesse di Colonia erano ancora in possesso del manoscritto originale (il codice che era
stato rifiutato al Garnefelt, vd. supra p. 266), ma al tempo della edizione degli Acta San­
ctorum esso era andato perduto, perché Papebroch non potè prenderne visione per collazio­
narlo con la trascrizione del Bolland, condotta appunto sul Codex Juliacensis'. allestito per i
canonici al tempo del loro trasferimento da Stommeln a Nigedden nel 1342, aveva tratto
la denominazione da Juliers dove il capitolo si era trasferito nel 1569-
63 Cfr. G. Z a rri, Le sante vive. Per una tipologia della santità femminile nel primo Cinque­
cento, in Annali dell’istituto storico italo-germanico in Trento, 6 (1980), pp. 371-445; E ad ., Le
sante vive. Cultura e religiosità femminile nella prima età moderna, Torino, 1990, pp. 87-163.
64 S u ll’im portanza delle m issioni dom enicane per lo sviluppo anche culturale della re­
gione, cfr. J . G a llé n , La province de Dacie de l’ordre des Frères Pricheurs. I. Histoire generale ju-
squ’au grand schisme, H elsin k i, 1946; B. U. H u c k e r , Der Pian eines christlichen Kimigreiches in
Livland, in G li inizi del cristianesimo in Livonia-Lettonia. A tti del C olloqu io Internazionale
di Storia Ecclesiastica in occasione d ell’V III centenario d ella C hiesa in Livonia (1186-
1986) (R om a, 24-25 g iu g n o 1986), C ittà del V aticano, 1989 (Pontificio C om itato di
Scienze Storiche. A tti e docum enti, 1); P. B. H alv o rsen , A u x origines de l ’Ord/rt des précheurs
dans les pays nordiques, in Fondations et missions. Les initiatives missionnaires dominicaines des
frères et des soeurs de langue fran^aise, Paris, Cerf, 1995 (M ém oire dom inicaine. H istoire, do-
cum ents, vie dom inicaine, 6), pp. 249-265; S. E. P ern ler, The Dominican Order and thè
Consolidation of thè Swedish Church Province in thè Baltic Sea Region, in Dominikaanit Suomessa
j a Itàmeren alueella Keskiajalla, C urku, 2003 (Turun M aakuntam useo. R aportteja, 18), pp.
23-35.
294 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

di corrispondenze e viaggi, di canali di comunicazione e di scambi


di informazione reciproci.

10. Dall’isola di Gotland, sul Baltico, il giovane Pietro sce


nel 1267 a Colonia, dove si trova il convento più importante della
provincia Teutoniae 65. Sede dello studium generale, fondato nel 1248
da Alberto Magno, la scuola ha una rinomanza internazionale: ogni
provincia dell’Ordine vi destina due giovani frati affinché possano
completarvi la propria formazione 66. Nell’ambiente colto e cosmo­

65 Pietro nasce intorno al 1235 nell’isola svedese di Gotland. Entra nell’Ordine dome­
nicano e dopo la prim a formazione nel convento di Visby viene inviato allo studium gene­
rale di Colonia, dove si trattiene nel triennio 1266-1269. In questo periodo entra in con­
tatto con Cristina di Stommeln, villaggio sito nei sobborghi della città. N on interrompe i
contatti con lei neppure dopo il trasferimento a Parigi, dove soggiorna tra il 1269 e il
1270. L ’anno successivo torna in Svezia in qualità di lettore nel convento di Skanningen,
importante centro culturale. Nel 1278/1279 è a Vasteras, dove si ferma un anno prima
della definitiva sistemazione a Visby nel 1280, dove diventa superiore nel 1286, e ricopre
l’incarico sino alla sua scomparsa prematura, nel 1289. La sua presenza è registrata nei ca­
pitoli provinciali di Oslo (1280), Skanninge (1281), Visby (1282), Sigtuna (1286). La no­
mina a provinciale di Dacia avviene nel corso del capitolo generale di Bordeaux del 1287.
In tutti questi anni, Pietro mantiene un fitto rapporto epistolare con gli amici di Colonia.
Rivede Cristina nel 1279, durante un breve soggiorno in Germania, e probabilmente an­
che nel 1287, nel corso del viaggio di ritorno dalla Francia. I contatti, pur in mezzo a
molte difficoltà, vengono mantenuti attraverso la rete di corrispondenza dei frati che pe­
riodicamente partecipano ai capitoli provinciali e generali. Cfr. T h . W ollersheim , D as Le-
ben der ekstatischen und stìgmatìschen Jungfrau Christina von Stommeln, wie solches von dem Au-
genzeugen Petrus von Dacien und Andern beschrieben ist, nach authentischen Quellen verfasst. Coto­
gne, 1859 H . S c h ù c k , Var f&rste forfattare. En sjàlshistoria fràn medeltiden, Stockholm, 1916;
T . L u n d é n , Petrus de Dacia. Om dm saliga jungfrun Kristina av Stommeln, Stockholm, 1965;
F. O ch sn er , Petrus de Dacia, vànskapens mystiker, Visby, 1969. I d ., Petrus de Dacia Gothensis.
Mystiker der Freundschaft, Visby, 1975; M. A sztalos , Les lettres de direction et les sermons épi-
stolaires de Pierre de Dacie, in The Editing of Theological and Philosophical Texts from thè Mid­
dle Ages, Stockholm, 1986, pp. 161-184.
66 Sullo studium di Colonia e l'importanza del magistero di Alberto Magno, che vi fa
ritorno nel 1262, dopo aver lasciato la cattedra episcopale di Regensburg, cfr. A. D e L ibe ­
ra , Philosophie et théologie chez Albert le Grand et dans l’école dominicane allemande, in Miscella­

nea Mediaevalia 20. Die Kolner Universitàt im Mittelalter, a cura di A. Z immermann , Berlin-
New York, 1988, pp. 129-168; P . P orro , Essere e essenza in Giovanni Picardi dì Lichtenberg:
note sulla prima ricezione del tomismo a Colonia, in Miscellanea Mediaevalia 30. Die Logik des
Transzedentalen. Festschrift fiir Ja n A. Aartsen, Berlin-New York, 2003, pp. 216-244. P iù in
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 295

polita dello studium Pietro lo Svedese stringe amicizie e relazioni af­


fettuose e importanti, che dureranno tutta la vita. Nel 1269 viene
mandato a Parigi, dove resta un anno per studiare la teologia. Espe­
rienza meravigliosa anche questa: i professori sono amabilissimi e
dottissimi, gli scolari diligentissimi 67, ma non è lì la verità che
cerca.
Come l’angelo ai pastori, una beghina gli indica un posto dove
accadono fatti inauditi, mai visti prima. Deve andare là, se vuole
vedere i « mirabilia quae ibi fiunt in quadam puella » 68. La povera
casa del pievano di Stommeln, un villaggio nei sobborghi di Colo­
nia, è la sua grotta di Betlemme. Lì, nel giorno della festa di Tom­
maso apostolo del 1267 - la data non è casuale —, Pietro assiste per
la prima volta al terribile spettacolo della possessione sulla scono­
sciuta, la donna velata che resta ancora anonima. E il suo roveto ar­
dente. La scena è circoscritta dal cordone sanitario di alcune anime
pietose che vigilano affinché il male non debordi, mentre la fanciul­
la, in silenzio, sopporta che la violenza cieca e feroce delle potenze
demoniache faccia scempio del suo corpo 69. L’orrore degli altri è
per lui una gioia e uno stupore incontenibile, una rivelazione e un
inizio: « solus ego gaudio quodam inusitato perfundebar, intimeque
consolabar, et in stupore mentis suspendebar » 70. Dirà in seguito
che quella era stata la felix et beata nox della sua illuminazione 71, in
cui per la prima volta aveva partorito Dio: « quod ex tunc a facie
deum conceperim et quasi parturierim spiritum salutis, vnde et per
totum festum natalis domini inmediate sequens quasi parturiens

generale, cfr. A. D e L ibera , Introduzione alla mistica renana. D a Alberto Magno a Meister Ec­
khart, Milano, 1998.
61 Vita Christinae Stumbelensis, p. 104: « in parisius sunt novicii devotissimi, studen
litteratissimi, conventuales religiosissimi et prelati benignissimi », ma poi chiede a Cristi­
na: « s i qua igitur in uobis est mentis consolacio, si qua cordis conpassio, si qua uiscera
pietatis, si quis affectus caritatis, orate deum, ut me ab hoc insensibilitatis torpore, negli-
gencie tepore, inherencie sopore dignetur sua gracia excitare, hec igitur est mea continua
dieta, cotidiana pestilencia, et dolenda nimium miseria ».
68 Ibid., p. 3.
69 La scena è organizzata sull’attesa della manifestazione diabolica: ibid., p. 3.
70 Ibid., p. 4.
71 Ibid., p. 8.
296 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

fili » 72. È la teologia dei renani: non importa che la verità si mostri
nei suoi segni invertiti e difformi, tramite il demonio, Mentitore
per eccellenza. Ciò che conta per lui è l’esplosione di una energia
spirituale che scardina la serratura delle leggi di natura, liberando
l’indefinito delle potenze nascoste.
Pietro a quel tempo era sicuramente un frate devoto, ma amma­
lato di accidia e aridità spirituale. E così che si dipinge, come un
uomo lacerato dai dubbi, alla ricerca di una evidenza e di una cer­
tezza interiore: « Avevo letto tanti libri, ma volevo fatti, non paro­
le: signa, non verba » (non solum verbis, sed factis et exemplis) 73. E qui
che si installa il dire mistico, al livello non di una organizzazione
formale degli enunciati, come fa una teologia, ma dell’attesa di una
enunciazione. Il suo campo proprio è quello di una manifestazione e
una rivelazione.

11. All’incirca negli stessi anni in cui Pietro di Dacia cono


Cristina, Tommaso d’Aquino tiene a Parigi le sue ultime lezioni
universitarie: la data di composizione del De malo, che inaugura il
grande dibattito intellettuale sulla natura del diavolo e l’estensione
dei suoi poteri, si colloca intorno al 1270 74. Il filosofo cristiano

72 Ib id ., p. 9.
73 Ib id ., p. 2: « cepique desiderare et optare, u t d om in u s me sua gracia in hac parte
dign aretur visitare, u t aliquem servorum suorum m ichi ostenderet, in quo conversacionem
sanctorum suorum non solum uerbis sed factis et exem plis secure et plane addiscerem ; cui
caritate ex corde coniungerer et consociarer; cuius m oribus inform arer; cuius devocione in­
flam m arer et ab accidia, que m e a puericia depresserat, excitarer; cuius collocucione illu ­
minarer; cuius fam iliaritate consolarer; cuius exem plis de om nibus certificarer d u biis, m a­
xim e que ad conuersacionem pertinent sanctorum ».
74 II testo critico del De Malo per 1'Editio leonina è stato fissato d a P.-M . G ils e L.-J.
B ataillon , che ne colloca la d ata di com posizione tra il 1267 e il 1 272, quindi nell’u ltim o
periodo d ella vita di T o m m aso, che tiene le sue lezioni a P arigi tra il 1268 e il 1272.
L ’argom ento era stato g ià affrontato da O . L ottin , L a date de la question disputée « De ma­
lo » de saint Thomas d’Aquin, in Revue d ’histoire ecclésiastique, 2 4 (1 9 2 8 ), pp. 373 -3 8 8 . Si ve­
da anche, con traduzione italiana, S. T ommaso d ’A quino , Le questioni disputate. V II. Il male
(De malo). Q uestioni 7 -1 6 , B olo gn a 2 0 0 3 . N el trattato la quaestio 16, su ddivisa in 12 arti­
coli, è dedicata al diavolo. La riflessione d ell’A quinate è m otivata anche dalla necessità di
dare una risposta dottrinale al problem a fondam entale dei d u alisti e apre una vivace d i­
scussione che nei suoi lineam enti fondam entali è ricostru ita da B oureau , Satan hérétique
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 297

cerca di limitarli, ma non può escluderli: vi sono dei fatti inspiega­


bili che non possono procedere da una causa naturale. Tra questi vi
è appunto quello degli arrepti, i posseduti, anche se l’Aquinate cer­
ca di ridimensionarne la portata: si tratta comunque di un caso
estremo, raro ed occasionale 75. Il primo vero trattato di demonolo­
gia scolastica documenta « le dernier moment d’une coexistence
controlée avec l’Axe du Mal, d’une guerre froide avec Satan » 7é, ma
l’ottimismo e il rigore intellettuale di Tommaso d’Aquino non sa­
ranno sufficienti a vincere il terrore dinanzi all’azione pervasiva del
demonio nel mondo.
Ai bordi della grande frontiera scolastica, nel villaggio di Stom-
meln, intorno a una scena diabolica si forma una piccola cerchia
spirituale. E anch’essa una scuola, dove si insegna un sapere, misti­
co, che comincia a ritagliarsi uno spazio proprio nell’area di diffe­
renziazione dei discorsi. Per quasi vent’anni un andirivieni ininter­
rotto di frati fa la spola tra Colonia e Stommeln per assistere al
“teatro del diavolo” e interrogarsi sui confini dei fenomeni naturali
e soprannaturali 77. Nel sottofondo si avverte già un brusio inces­
sante, tra lo scetticismo degli increduli o, all’opposto, la preoccupa­

ci!:., pp. 129-157. In quello che si presenta come un vero e proprio corpus di demonologia
scolastica, la posizione equilibrata di Tommaso appare fortemente minoritaria.
75 Quaestiones disputatae, q. 16, a. 12: « Circa ea vero quae in contrarium obiiciuntur,
considerandum est, quod Daemon dicitur ingredi posse mentem hominis, non secundum
substantiam, sed secundum effectum; in quantum scilicet instigat hominem ad aliquid co­
gitandum. Dicitur etiam, quod potest uti anima sapientis ut vult, in quantum aliquando,
Deo permittente, impedit usum rationis in homine, sicut patet in arreptitiis. Et haec qui­
dem circa quaestiones de malo dicta sufficiant ». Negare dunque l’esistenza dei demoni è,
per Tommaso, una manifesta falsità, in quanto è testimoniata una loro azione che non può
procedere da cause naturali, come avviene appunto nel caso dei posseduti.
76 B o u re a u , Satan hérétique cit., p. 141.
77 L’attenzione nei confronti di Cristina coinvolge scolari e maestri, che a turno si re­
cano nel villaggio per assistere ai fenomeni diabolici. Il priore si mantiene un po’ in di­
sparte, ma non lesina i permessi e incoraggia anzi i giovani ad andare per la propria per­
sonale edificazione. Esemplare il caso del dotto frate toscano Albrandinus, che all’inizio du­
bita (non crediderat), ma poi si converte quando vede nella mano di Cristina i segni della
Passione: « crucis figuram pulcherrimam, cum floribus adornatam ». Allora comincia a
piangere sulla sua poca fede: « heu me infidelem! heu me infidelem! qui umquam ausus
fui tante sanctitati derogare! numquam talia uidi nec narrantibus credidissem, si uidere
datum michi non fuisset [...] vere totus mundus nec scit nec potest talem facere crucem »
298 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

zione per la strega, la strix, che con la sua sola presenza attira i dia­
voli in città e la minaccia 78. Le ostilità più dure vengono dai frati
Minori. Ma sono episodi tutto sommato marginali. Non si è ancora
al tempo della grande sindrome giudiziaria: l’esperienza non ha an­
cora bisogno di difendersi. A prevalere è l’attenzione nei confronti
del miracolo.

12. Per i domenicani, grande impresa del senso, questo emp


smo spirituale risponde a esigenze conoscitive, ma anche pastorali:
scendendo dal cielo della teoria focalizza pratiche, scritture, raccon­
ti. La scuola infatti produce anche i suoi testi. Servirà a una politica
dell’Ordine, fornendo la materia prima per la predicazione79.
Quando Pietro torna in Svezia, dove diventa lettore a Skanninge e
poi priore di Dacia, continua a sollecitare dagli amici tedeschi rap­
porti dettagliatissimi sui fatti di Stommeln. Le comunicazioni sono
difficili con questo paese ai confini della terra, dove rari sono i pel­
legrini e nemmeno i mercanti osano prendere il mare. Ma i racconti
che arrivano dalla Renania nutrono la vita di devozione dei circoli
femminili di cui il teologo domenicano è animatore e direttore spi­
rituale: « quare quaedam habitum Ordinis nostri portant, quaedam
habitum secularem, et quaedam Beginarum » 80. Tra queste donne,
una eccelle per doni e carismi: ha rivelazioni e stigmate. Allieva di
Cristina di Stommeln e antesignana di Brigida, la principessa reale
Ingrid Elofsdotter ( f i 282), vedova e pellegrina, dopo una esperien­

(’y it a Christinae Stumbelensìs, p. 35). Da osservatore scettico egli si trasforma in uno dei più
fedeli e devoti amici della donna.
78 Per punire coloro che accusano Cristina di falsa santità, una pioggia di sterco fetido
si rovescia il giorno della funzione in chiesa sugli abitanti di Stommeln. Allora « fuerunt
autem qui dixerunt, quod hec defedacio ideo est a deo fieri permissa et a dyabolo admini­
strata, quia plurimi fuerunt, qui cristine detraxerunt, quasi falsum esset et fictum, quod
ipsa fuisset per defedaciones afflicta, et dicebant, quod nunc ille persone turpius fuerunt
tractate, que illi plus derogaverant » (ibid., p. 59). Per le accuse e le persecuzioni di cui
viene fatta oggetto, vd. anche ibid., p. 114.
79 Sul dovere del contemplata aliis tradere, come missione specifica dell’ordine dei Frati
Predicatori, cfr. I. G agliardi, Mistica e predicazione, in II Liber di Angela da Foligno e la mi­
stica dei secoli X III-X IV cit., pp. 423-452.
80 Vita Christinae Stumbelensis, p. 222.
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 299

za di vita beghinale fonda nel 1281 a Skànninge il primo monaste­


ro domenicano femminile in territorio svedese 81. Pietro, consiliarius,
amicus, consolator, invita Cristina a raggiungerlo a Skànninge, dove
le suore domenicane l’attendono come decoro e vanto della nuova
fondazione, ma inutilmente, perché lei non lascerà mai Colonia. Il
libro si interrompe con una lettera laconica dalla Scandinavia che
nel 1289 annuncia a Cristina la scomparsa del suo am ico82. La
donna gli sopravviverà, fino al 1312, ma con la morte di Pietro di
Dacia si chiude anche il cerchio del linguaggio.

13. Gli Acta si compongono del diario delle visite di Pietr


Stommeln, del memoriale di Cristina e di decine di lettere e testi­
monianze della cerchia degli amici spirituali 83. Testo eteroclito: al­
la pluralità incrociata dei registri narrativi si assomma una autoria­
lità incerta e disseminata. Si tratta di una conversazione a più voci:
Pietro, Cristina, che non scrive ma detta al pievano di Stommeln,
scriba della donna ma anche testimone in proprio, la staffetta dei
frati che si alternano per anni nel ruolo di osservatori. Allo schema
che mira a ricostruire una storia, si sostituisce un testo collage fatto

81 II gruppo di lettere inviate da Pietro e da Bertoldo priore di Dacia a Cristina di


Stommeln (cfr. ibid., pp. 224-227, 236-239, 240) sono anche la più antica testimonianza
relativa a santa Ingrid di Skànninge e alle prime "sorelle domenicane scandinave”. Ingrid,
rimasta vedova, parte in pellegrinaggio per la Terrasanta, quindi si reca a Roma e a San­
tiago di Compostela. Al suo ritorno a Skànninge si pone sotto la direzione spirituale di
Pietro di Dacia e dopo un periodo di vita beghinale nel 1281 riesce a fondare, grazie an­
che alla protezione del re di Svezia, un monastero femminile domenicano dedicato a S.
Martino, di cui diventa priora. Muore l’anno successivo in fama di santità. Il suo processo
di canonizzazione viene avviato agli inizi del Quattrocento su iniziativa dei monasteri bri­
gidini e degli ambienti vicini agli ideali di riforma della profetessa svedese. Gli atti del
processo di canonizzazione quattrocentesco, che non giunse al riconoscimento ufficiale del­
la santità di Ingrid sono stati editi da J . G allén , Les causes de sainte Ingrid et des saìnts sué-
dois au temps de la Reforme, in Archivum fratrum praedicatorum, 7 (1937), pp. 32-37.
82 Vita Christinae Stumbelensis, ep. 62, p. 256.
83 II libro di Cristina si articola in tre sezioni: 1. cronaca delle visite di Pietro a Stom­
meln tra il dicembre 1267 e la terza domenica dopo Pasqua del 1269 e corrispondenza
scambiata nell’anno di soggiorno a Parigi (Sita Christinae Stumbelensis, pp. 9-109); 2. auto-
biografia di Cristina contenuta nel quaderno che la donna consegna a Pietro in partenza
per la Scandinavia (ibid., pp. 109-131); 3. epistolario relativo agli anni 1270-1289 (ibid.,
pp. 132-257).
300 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

di pezzi e brandelli di scrittura, una figura smantellata. Si coglie


qui, allo stato nascente, il costituirsi di una nuova formalità lettera­
ria per un tipo di sapere alternativo. Non è più una biografìa e non
è ancora un trattato. D ’altra parte, una agiografìa è diventata ormai
impossibile. A impedirlo è lo statuto stesso dell’esperienza della
protagonista, che ne sovverte il codice. Il racconto agiografìco pre­
suppone una serie di tappe o di prove, che consentono la progressi­
va qualificazione dell’eroe. La leggenda che un tempo arricchiva il
personaggio centrale, qui si trasforma invece nel racconto della sua
progressiva degradazione. Non si tratta di conquiste, ma di perdite
successive che spogliano il soggetto di tutti quegli attributi che
ogni singolo episodio dovrebbe accreditargli.
Nel dossier è incastonato un quaderno in cui Cristina racconta
la propria storia: il ritratto che fa di se stessa serve a precisare me­
glio questa situazione 84. Esso sembra avvicinarla ad alcuni temi ti­
pici della spiritualità femminile del tempo: la decisione irrevocabi­
le, presa sin dall’infanzia, di mantenersi vergine per consumare l’u­
nione con lo Sposo celeste, la devozione al Cristo sofferente. A tre­
dici anni fugge di casa di nascosto per raggiungere le beghine di

84 Pochi i riferimenti biografici che si possono ricavare dal quaderno in cui la don
racconta a Pietro la propria storia. Cristina nasce a Stommeln, villaggio nei sobborghi di
Colonia nel 1242 da una fam iglia di agiati agricoltori. La madre, ostile alla decisione della
figlia di entrare nel beghinaggio di Colonia, cerca inutilmente di ricondurla a casa. Il suo
rientro in famiglia viene imposto dalle beghine, per la difficile convivenza con una perso­
nalità difficile e disadattata, poco incline a osservare gli adempimenti richiesti da una co­
munità operosa, salda e molto ben organizzata. Tuttavia Cristina porterà sempre l'abito
delle beghine. L’ardore penitenziale e le ascesi estreme, ai lim iti dell’umano, si accompa­
gnano ben presto a pensieri di ateismo e tentazioni al suicidio. E a questo punto che ini­
ziano anche le aggressioni diaboliche e quando le crisi diventano violente e insostenibili
per la famiglia, la fanciulla trova ospitalità nella casa del pievano di Stommeln. L’incontro
con Pietro di Dacia cade nel 1267, quando il giovane frate accompagna il padre domeni­
cano, Gerardo di Grifone, che periodicamente la confessa e la esorcizza. In seguito Cristina
deve assistere al tracollo finanziario della famiglia, che perde tutti i suoi campi, e alla
morte del padre. Ormai ridotta sul lastrico, la giovane provvede all’avvenire del fratello e
lo manda in Dacia per farlo entrare nell’Ordine domenicano. Lei invece non aderisce alle
pressanti sollecitazioni di Pietro che la invita in Svezia per trovare ricovero nel primo mo­
nastero femminile da lui fondato a Skanninge. Cristina morirà a Stommeln in odore di
santità nel 1312.
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 301

Colonia, luogo-simbolo delle conquiste del movimento femmini­


le 85. Ma non ne spartisce le glorie, non si mescola alla loro laborio­
sità devota, resta in disparte, eccentrica86. Forse cerca soltanto
quello che Enrico Suso, nella Saggezza eterna, chiamerà il restare
perfettamente « spassionati » nella solitudine 87, quella condizione
per cui « il nulla creato (l’uomo) si sprofonda nel nulla increato »
di Dio, uno stato però che secondo Tauler non si può né compren­
dere né esprimere 88. Infatti le beghine, donne sagge e concrete,
non la capiscono: « secum commorantes et non intelligentes, puta­
bant quod insaniret vel morbum caducum pateretur; unde tam­
quam fatuam eam habebant [...], et omnes Beginae deridebant ope­
ra eius: quidquid orabat, quidquid de ueniis quesiuit, omnia uili-
pendebant » 89. La rispediscono a casa, ma non sarà nemmeno que­
sto il suo posto, anzi in definitiva la reietta non avrà mai “un po­
sto”. Quando le aggressioni diaboliche diventano più forti, è co­
stretta ad affidarsi alla ospitalità pietosa del pievano: « in domo et
extra domum neminem inuenit, qui consolaretur eam » 90. Ma le
pene spirituali sono ancora più grandi, invece delle consolazioni su­
bentrano i pensieri di ateismo, i dubbi sull’eucarestia, gli impulsi
al suicidio, la ripugnanza al cibo e il terrore della dannazione. Dal­
l’amore Cristina cade nel nulla. Ma nel vuoto dell’io desertificato,
esteriore a Dio e a se stesso, si prepara il luogo per gli avventi dello

85 Sul beghinaggio di Colonia, cfr. F. M. S t e in , The Religtous Women of Cotogne: 1120-


1320, PH .D ., Yale University, 1977.
86 Vita Christinae Stumbelensis, p. I l i : « Inter beginas manens, semper sola sedit, sola
orauit, ab omni consorcio omnis consolacionis se alienauit [...] omnes sensus sui sine in­
termissione fuerunt occupati meditando quae et quanta passus est cristus ».
87 T a le c o n d iz io n e si r a g g iu n g e in E c k h a rt attra v e rso il d ista c c o ( abegeschiedenheit), in
S u so a ttra v erso l’a b b a n d o n o (gelazenheit). L a p a r o la te d e sca che d e sig n a q u e sto co n ce tto , t i ­
p ic o d i S u so , è in rea ltà in tra d u c ib ile , m a a llu d e al m o v im e n to d i esp ro p riaz io n e d e ll'io ,
c o m e co n d iz io n e n ecessaria p e r en trare n e lla v it a m istic a . C fr. H . Seuse, Deutsche Schriften,
e d. K . B ih lm e y ir, S tu ttg a r t, 1907 (rist. F ra n k fu rt a. M ., 1961). U n a o tt im a in tro d u z io n e
a lla d o ttr in a sp iritu a le n ella p iù recen te e d iz io n e ita lia n a : E n r ic o S u so , Libretto dell’eterna
sapienza, a c u ra d i G io v a n n a d e lia C r o c e , M ila n o , 1992. In g e n e rale , si v e d a Seuses reife
Spiritualitat in seiner Ulmer Zeit, a c u ra d i M . E n d e r s, M iin ster, L it-V e r la g , 2010.
88 G . T a u le r o , Il fondo dell’anima, a cura d i M. V an n in i, Casale Monferrato, 1997.
89 Vita Christinae Stumbelensis, pp. 111-112; 114.
90 Ibidem.
302 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

spirito. Dice Pietro che questo è quello stato misterioso in cui, co­
me gli ha insegnato il sommo Dionigi, suo maestro, le cose umane
tacciono e si manifestano le opere divine: « cessant humana, cum
divina tractantur [...] necesse est enim terrena subcumbere, cum ce-
lestia predicantur; naturalia silere, cum virtutes locuntur » 91. L’e­
stasi costituisce l’io attraverso le perdite del me, un Io che diventa
il significante di una esteriorità mai localizzabile. La sua alienazione
è la fuga aldilà del verisimile e dell’ordine della natura, relazione di
una singolarità con una forza impensabile e indicibile, che può tro­
vare la sua voce solo nel linguaggio del corpo.

14. Il libro di Cristina di Stommeln può essere letto come


storia dell’appropriazione di un corpo da parte del suo altro. Vi si
racconta una unica e medesima vicenda: le anamorfosi incessanti di
un corpo da diabolico a mistico, da una carne lacerata spezzata divi­
sa smembrata torturata - il diavolo ha una fantasia cubista - a una
carne restaurata ricomposta risanata dagli angeli. Quando i diavoli,
macellai con la bipenne, fanno a pezzi il suo corpo, sono gli angeli
che scendono dal cielo a rifarlo. Ormai interrotta la medievale scala
ad Deum, non c’è evoluzione né progressione, a rigore solo un movi­
mento a spirale, vorticoso, che nel suo stesso intensificarsi certifica
agli occhi di chi guarda, ma di Cristina stessa, il carattere straordi­
nario dell’esperienza. Più essa sembra assurda, tanto più è “vera”.
Specchiandosi nel volto dei suoi amici, lei si vede « mirabiliter mi­
serabilis », i tratti stravolti, sfigurati della folle Margot di Brue-
gel 92, e il diavolo dispone già di tutto l’immenso arsenale di tortu­
ra che vedremo all’opera nei grandi pittori tedeschi del Quattrocen­
to. Il catalogo iconografico è completo: spade lance chiodi spiedi
coltelli uncini zolfo strame sterco. Non ci sono limiti all’orrore.
Follia, delirio, allucinazione? I teologi dell’epoca cominciano or­
mai a porsi delle domande sui confini tra il miracoloso e l’immagi­

91 Ibid., pp. 8-9-


92 Ibid., p. 71. C fr. C astelli, II demoniaco nell’arte cit., taw . 34-35. Il quadro Dulie
GrietlMargot la Folle, della collezione Van der Bergh di Anversa, fu eseguito da Bruegel il
Vecchio nel 1564. Nel volto sfigurato della donna l’artista sim boleggia la follia devastatri­
ce e insensata dell’Eresia (ibid., p. 64).
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 303

nario. In una questione quodlibetale recensita da Alain Boureau, il


francescano Pietro Thomas (fca.1350) pone dei limiti alle possibili­
tà di trasformazione corporale provocate dall’immaginazione: essa
può influire sugli umori corporali e quindi sulla salute, ma non
può modificare una materia stabile e compatta, quietam, et termina­
tam, né perforare la carne 93. Anche senza citarla esplicitamente, il
nodo della quaestio riguarda la stimmatizzazione di Francesco, per la
quale il teologo francescano esclude ogni causalità naturale. Al ter­
mine del loro primo incontro Cristina consegna a Pietro, « prò ma­
gno munere et perpetuo memoriali », il chiodo di ferro ancora cal­
do con cui il diavolo ha trafitto i suoi piedi, da cui continuano a
sgorgare rivoli di sangue vivo 94. Altri regali di questo tipo segui­
ranno. E un apporto, ma in questa reificazione il diavolo trova il
proprio linguaggio sociale moderno e viene segnata una tappa ulte­
riore della fenomenologia storica del demoniaco in Occidente.

15. In una tradizione antica i diavoli, analogamente agli ang


erano degli esseri prevalentemente vocali. Nella Vita atanasiana il
combattimento di Antonio con gli spiriti immondi ha una densità
reale: essi percuotono l’asceta, ma non lasciano segni visibili del
proprio passaggio. Urlano sibilano gesticolano impregnano l’atmo­

93 B o u r e a u , Satan hérétique cit., pp. 233-237. L’interrogativo alla base della quaestio ri­
guarda i limiti della immaginazione come forza in grado di modificare la corporeità, indi­
pendentemente da un intervento di natura soprannaturale. Il teologo francescano non
esclude che l’immaginazione possa avere effetti anche sul piano fisico, secondo la dottrina
di Avicenna, ma sostiene che questo argomento non può essere esteso al fenomeno delle
stimmate: « sinon, il suffirait d ’imaginer et de vouloir pour se faire plus grand, pour récu-
pérer un membre perdu ou bien conquérir une perpétuelle jeunesse ou l’immortalité cor-
porelle » (ibid., p. 237).
94 Vita Christinae Stumbelensis cit., pp. 7-8: « Post modicum autem resumpto spiritu,
altera manu modo superiori ad interiora retracta, alium clauum, cruore recenti infectum et
precedentis claui caliditate accensum, sed multo horribiliori forma uestitum, protulit et in
manu socii mei posuit, dicens: “ecce quo vulnerata sum ”, omnibus autem qui aderant
clauum considerantibus et ob horrorem eius stupentibus pariter et timentibus, petiui eum
michi dari pro magno munere et perpetuo memoriali; quem impetratum usque in hodier­
num diem penes me conseruaui, inprimens in eo signum infallibile, quantum in femore
uirgineo fuisset infixus; caro enim clauo adherens et sanguis eum perfundens certissimum
huius testimonium perhibebant ».
304 ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI

sfera di odori insopportabili, ma la loro potenza e il loro dominio è


essenzialmente quello dell’aria. Quello moderno invece è un diavolo
scrittore, che lascia la sua firma sul corpo, non più solo una voce,
una imago evanescente e inafferrabile che attraversa le parti visibili e
invisibili di un medesimo mondo. La frattura che il tempo ha in­
trodotto nello spazio cosmico viene colmata da una scrittura, im­
pronta reale di una presenza. La figura del diavolo che lascia la
traccia del suo passaggio segna la vittoria della storia su uno spazio
cosmico prima attraversato da grandi flussi parlanti e il corpo è il
libro in cui resta il segno di ciò che si perde. Come ha scritto de
Certeau, l’angelico o il diabolico è nell’istante visionario, che svani­
sce (visio disparens), ma l’umano raccoglie nella sua carne il segreto
della sua scomparsa95. L’eponimo dell’angelo scritturale è il serafi­
no della Verna, mistero sconosciuto alle età precedenti, tanto da la­
sciarsi dietro dispute che si protraggono per decenni 96, ma nella
seconda metà del secolo le stigmatizzate proliferano, diventano gli
oggetti di una voracità visuale ancora del tutto assente nell’incipit
francescano: Elisabetta di Spalbeeke ( f i 304) 97, Elena d’Ungheria
(|1 2 7 0 )98, Ida di Lovanio (^"1300) In Cristina di Stommeln, le

95 M. de C erteau , Il parlare angelico. Figure per una poetica della lingua', il saggio è in­
scritto e dà il titolo a una raccolta di studi di de Certeau curati da C . O ssola , Firenze,
1989 (Saggi di « Lettere italiane, 38), pp. 195-228.
96 A. V auchez , Les stigmates de saint Francois et leurs détracteurs au Moyen Age, in Mélan­
ges d’archeologie et d’histoire, 80 (1968), pp. 595-625.
97 Vita Elisabeth (BH L 2484), ed. in Catalogus Codicum Hagiographicarum Bibliothecae re­
giae Bruxellensis, I, t. 1, Bruxelles 1886, pp. 362-378. Oltre alla testimonianza di Filippo,
abate di Chiaravalle, che certifica l’autenticità delle stimmate, su Elisabetta si possiedono
un rapporto del vescovo di Liegi e il racconto di una visita di Ricolf, abate di Eberbach.
Cfr. Vita sancti Conradi, in Analecta Bollandiana, 55 (1937), pp. 93-94. Altri particolari
biografici dà Gielemans nel 1485-87. Cfr. G. G een en , s.v., in Bibliotheca Sanctorum, IV ,
Roma, 1964, coll. 1100-1109.
98 Cfr. R. F aw tier , L a vie de la bienheureuse tìélène de Hongrie, in Mélanges d’archeologie et
d’histoire, 33 (1913), pp. 4-23; L. T ó th , Magyarorszdgi Boldog Ilona legenddjaról, in Emlékko-
nyv Domanovszky Sandor sziiletése hatvanadik fordulójdnak iinnepére, Budapest, 1937, pp. 577-
589- Sulla questione delle principesse stigmatizzate, cfr. G. K laniczay , Holy Rulers and
Blessed Princesses. Dynastic Cults in Medieval Central Europe, transi, by E. P àlmai, Cambridge,
Cambridge University Press, 2002; I d ., Le stigmate di santa Margherita d’Ungheria: immagini
e testi, in Iconographica, 1 (2002), pp. 16-31.
99 Vita Idae Lovaniensis (BH L 4145), in AASS, Aprilis, II, Parisiis 1866, pp. 156-189.
IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA MISTICA DEL DUECENTO 305

stimmate appaiono e scompaiono, cambiano di colore e di aspetto,


si fanno racconto di quello che non può più essere detto con le pa­
role 10°. Ciò che resta è solo questa reliquia: l’alterazione di volta in
volta terrificante o gloriosa prodotta da una forza che la ragione
non può riconoscere. Dopo essere stati tra i più tenaci oppositori
del privilegio di Francesco, i domenicani si fanno esegeti di questi
corpi femminili. Fra gli Ordini vi furono senz’altro rivalità, ma
questo non basta a spiegare: i fatti straordinari circoscrivono il cam­
po di applicazione di una nuova scienza spirituale chiamata a ri­
spondere al dubbio che avanza. Cristina non agisce, non combatte
con i mostri, subisce in una passività assoluta, non vuole neppure
essere esorcizzata per lasciare solo a Dio la facoltà di decidere quan­
do è venuto il momento di liberarla e di porre fine al suo patire,
« quamdiu enim Dominus voluerit oportet me ista tolerare » 101. Il
domenicano le assegna il ruolo di signaculum di una verità che si
sottrae: la carne e il sangue {caro et sanguis) ne danno testimonianza:
« deitatis ymago in te expressa; cristi similitudo tibi tam lucide
impressa; uirtutum omnium perfectio tibi concessa, et quasi in te
conpressa [...]. te ergo, ut deitatis expressum signaculum diligo; ut
cristi passionis vexillum inspicio; ut nupcialem eius thalamum re­
vereor; et ut propiciacionis tabernaculum amplector » 102.
Il diavolo di Pietro di Dacia, alle soglie della grande ossessio
demoniaca che afferrerà l’Europa nel Trecento, non è ancora il Satan
hérétique. Lo potremmo ancora chiamare un Satan theologue, un ga-
staldo di Dio, che in ultima istanza è solo il confessore della sua
potenza. Ma il richiamo alla fattualità dei suoi poteri, la sua capaci­
tà di materializzazione aprono ormai varchi pericolosi e inquietanti.
Se i diavoli di Loudun raccontano la fine di un mondo, quelli di
Colonia ne prefigurano l’inizio.

100 Vita Christinae Stumbelensis, pp. 16, 21, 49, 58.


101 Ibid., p. 45.
102 Ibid., ep. 20, pp. 143-144.
A. BARTOLOMEI ROMAGNOLI TAV. I

Fig. i - Jan Mandyn, Tentazioni di sant’Antonio, 1550. Haarlem, Halsmuseeum.

«Q u an to vero corp usculum acrius in festab atu r exteriu s, tan to sp iritu ali con sola­
tion e m en s iocu n d iu s reficiebatur in teriu s; et m iru m in m o d u m , nec illiu s du lced in em
extrin secus corpus per sensus suos experiri p o tu it, nec exteriores m olestias, rep leta s p i­
ritu alib u s d e lic ijs, intrinsecus an im a d e g u sta v it; sed m irab ili qu o dam et inconsueto
m odo, q u asi corp oralis in firm itas an im e d electatio fuerit, ita, per id tem p u s am p lio ri
so lito d u lcedin e recreata, b eatricis an im a lau dan s et exultan s in dom in o req u iev it»
(Vita Beatricis, III, p. 125).
TAV. II A. BARTOLOMEI ROMAGNOLI

Fig. 2 - Hieronymus Bosch, 11 giardinii delle delizie (pare.), olio su tavola, 1480-1490.
Madrid, Museo del Prado.

«o c to d ieb u s an te p urificacion em , cu m essem in oracione p o st con pletoriu m ante


lectu m m e u m , au diu i sonum b uffon is et presen ciam adesse in tellexi dem on is; ad cu iu s
uocem in p rim is territa fui, sed ad cor rediens m ansi in eodem loco in oracione, q u am
in ceperam , et au d iu i, quod m ich i ap ro p in q u au it; tan dem sen si, q u o d su b u estes m eas
in trau it. p o st hoc p rob au i, q u o d p a u la tim per m e m b ra m ea scan deb at et u ltim o se
in pectore m eo collocabat, erat au tem adeo m a g n u s, q u o d fere totu m p ectu s m eum
coop erieb at; adeo eciam fortiter u n gu es suos carni m ee in pressit, quod g ra v ia uuln era
p o st se reliqu it, sic ib id e m , q u o cu m q u e ib am , p e r om n es octo dies rem an sit, siue
ecclesiam frequen tarem , siue orarem , siue aliu d q u id facerem ; erat au tem hoc m ich i
pena non parua. cum au tem in uespere ante u ig ilia m p red icti festi essem in oracione
et in tellexissem , q u o d deus u ellet m e liberare a p re d ic ta tribu lacion e, m an u m m eam
traxi ad interiora per m an icam et posui d ig ito s m eos in ter p e ctu s m eum et uentrem
b u ffon is, et u iolen ter eum euu lsi, et a m e in p u im e n tu m p roieci, et so n u it, q u asi cal­
ceus a n tiq u u s fu isset p ro ie ctu s» (Vita Christinae Stumbelensis, p. 14).
A. BARTOLOMEI ROMAGNOLI TAV. Ili

Fig. 3 - Hieronymus Bosch, II giardino delle delìzie (part.), olio su tavola, 1480-1490.
Madrid, Museo del Prado.

«u e n it d y ab o lu s et sen sib ilicer ei lanceam infixit in ore, ita q u o d con tin u o, uiden -
tib u s cun ctis qu i ad erant, in m a g n a q u an titate eu o m it san g u in e m , quasi de recenti
uulnere em an an tem , in su per et q u o d sib i g rau iu s reputat om ni m alo, u id e tu r ei q u asi
om nino eam dereliq u erit d e u s, q u ia iam aliqu ocien s consuetas du lced in es in c o m m u ­
nione non se n sit» (Vita Christinae Stmnbelensis, p. 68).
TAV. IV A. BARTOLOMEI ROMAGNOLI

Fig. 4 - Hieronymus Bosch, II giardino delle delizie-, l'inferno musicale (pare.),


olio su tavola, 1480-1490. Madrid, Museo del Prado.

«v lcim a nocte, a p rim o g a lli can tu u sq u e m ane p aru m ante d ie m , fui in m iserab ili
bello, ven it dem on et ferens ferru m ig n itu m p erforau it m ichi aures, et cum teneret
ferrum in au rib u s, clam a u it, u tru m adhuc uellem negare deum m eu m ; uel ipse uellet
m e sta tim occidere, cum haberet p o te sta te m hoc facere. - cu iu s exposicion em talem
au d iu i ab hi is, q u i uuln era u id eru n t: ferrum lo n gu m erat, quo d d y ab olus non au rib u s
tan tu m in fixit, sed per tran su ersu m ab aure in au rem cap u t tran sfixit - re sp o n d i, q u ia
frustra laboraret, q u ia p arata essem m ille m o rtib u s p ro p ter cristu m su b iacere» (Vita
Christinae Stumbelensis, p. 72).
A. BARTOLOMEI ROMAGNOLI TAV. V

Fig. 5 - Scuola di Bosch, Giudizio Universale (part.), olio su tavola, 1500/1525.


Monaco di Baviera, Alce Pinakodiek.

«P o ste a d e g lu tiv it ei crura, usque ad gen u a [...] In v ig ilia N a tiv ita tis D o m in i,
cum esset in dom o p a tris sui, au d iv it vocem qu asi tauri: et cum inciperet horrere,
su b ito venit et d e g lu tiv it cap ut eius; et cum ab so rb u isse t, d im isit saliu am in faciem
su am , ita qu o d fere suffocata fuit; et recessit» (Vita Christinae Stumbelensis, p. 118).
TAV. VI A. BARTOLOMEI ROMAGNOLI

Fig. 6 - Hieronymus Bosch, Il giardino delle delizie: l ’inferno musicale (part.), olio su tavola,
1480-1490. Madrid, Museo del Prado.

«u n co s ferreos in corp us eius in figen tes, et tam d iu corp u s in uicem lacerando


attractab an t. q u o u sq u e ossa carn ibus spoliab an t, tan dem su perior tu rb a dem on um
in ferioribu s diceb at: nos d ig ito s eius firm iter seruare u o lu m u s, uos au tem trahendo
acrius in sistite , at illi cum tan ta fortitu d in e traxerun t, q u o d d ig iti d iv isi a corpore
m an serun t su rsu m in arbore; reliq u u m vero corp us in terram corruit m orib u n d u m ,
sic ergo trah endo, com m in an d o , b lasph em an d o, con d em p n an d o, p oten ciam illam ,
q u a sin g u lis n o ctib u s reform abatur, sib i asscrib en do, ad arborem su spen den do, carnes
u n g u lis laceran do, p er sin g u las noctes usque ad u ig ilia m n ativ itatis dom in i in siste­
ban t, don ec sin g u la m e m b ra eius, scilicet d ig ito s, p e d icas, brach ia et crura, m am illas,
ocu los, lin g u a m , n asu m , aures et cap u t, eo m od o , qu o ante d ig ito s, a corpore diu i-
d e b an t, ita q u o d in p rim a nocte d ig ito s, secun da ped icas et sic dein ceps, in om n ib u s
hiis ad au g m e n tu m doloris discernen di sen su m h ab ebat, ita quo d horrorem locorum ,
n u d itatem m em b roru m sim u l et tu rb am dem on ioru m co gn o sce b at» (Vite Christinae
Stumbelemis, p. 170).
A. BARTOLOMEI ROMAGNOLI TAV. VII

Fig. 7 - Matthias Grunewald, Tentazioni di sant’Antonio (pare.), olio su tavola, 1512/1516.


Colmar, Museo di Unterlinden.

« P o st hec vero m u ltitu d o dem on u m in specie uirorum uen iebat; q u i, d u m suas


n equicias m o d is uariis exercuissent, nec u irg in e m terrere nec ab oracion ibus flectere
p o tu issen t, protin u s disparueru n t, p o st hec uero d iuerse turbe d em on u m , alii in specie
catto ru m , alii in specie can um , alii in specie u rso ru m , reliqui uero in specie diuerso-
rum h orrib iliu m an im aliu m , tam u o la tiliu m q u am rep tiliu m et b estiarum uen ieban t
corn u taru m ; qui sim ili m odo, qu o su p ra de lu p is d ictu m est, suas nequicias exerce­
b an t» (Vite Christinae Stumbelensis, p. 204).
TAV. Vili A. BARTOLOMEI ROMAGNOLI

Fig. 8 - Pieter Bruegel il Vecchio, Margot la folle (pare.), olio su tela, 1562.
Anversa, Museo Mayer van den Bergh.

«tan d e m con b u sta sum extra in ore u isib ilite r ita, quo d u ideb an tur m ichi p u stu le
alb e circa m en tu m ; q u ia toto ilio tem p ore n u m q u am fui rapta. illa con bustion e per a li­
q u o t tem p u s durante et tandem san ata, a lia q u a d am nocte conbuste su n t m ichi aures,
illa cessante, conbusti su n t oculi et frons et hoc adeo m iserab iliter, quo d in oculis a m i­
corum m eorum uid eb atu r m iserab ile, cum oculi essen t ex lesione tu rg id i, et p u stu le
m agn e d esu per [...] sequenti die ap aru it facies m ea con b u sta om nino: m axillae, oculi
n asus, frons, et p u stu le m agn e, ita qu o d o m n ib u s u isa fui, qu asi non haberem faciem ,
sed apparerem quasi leprosa et percu ssa a d eo» (Vita Christinae Stumbelensis, pp. 7 1 -7 3 ).

Fig. 9 - Hieronymus Bosch, Tentazioni di sant'Antonio (sportelli del trittico, particolare),


olio su tavola, 1501 ca. Lisbona, Museo Nazionale.

« E t cu m nec sic stre p itu s p re m issu s cessaret, d ix it frater w ipertus d o m in o ple-


bano: “karissim e, scisn e aliq u as ad iu racion es, q u ib u s iste aduersariu s noster p o ssit
e x p e lli? ” et ille d ix it: “ad m in u s illam scio, q u a p u eri exorzizantur: ergo, m aledicte
dy ab ole, recognosce sentenciam tu am , et cetera” . E t ille: "L e g a tis illam , et ego eam
p o st uos cum intencione repetam , ut istu m in m u n d u m sp iritu m po ssu m u s effu g are” .
D u m hec illi inter se tractaren t, d ix it m ichi cristin a: “D e quo conferunt et q u id facere
in te n d u n t?” . R esp on d i: “dem on em v o lu n t ad iu rare, ut fu g ia t” . E t illa: “D ic ite eis,
in q u it, ut non conen tur fru stra con tra d ei p e rm issio n e s; q u am d iu enim dom in u s uo-
lu erit, op o rtet m e ista tollerare” » (Vita Christinae Stumbelensis, pp. 4 4 -4 5 ).

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