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Antropologia-soteriologia-escatologia sono tre ter-

mini sintesi, che si utilizzano nell'ambito del pen-


siero cristiano antico, per indicare la proposta
fatta dai cristiani all'uomo dei secoli I-VI sul suo
destino. I tre termini, pur potendoli considerare
distinti, hanno in effetti la loro esplicitazione e
precisazione solo se vengono considerati assieme,
quasi appartenenti a una medesima famiglia se-
nzantica. La proposta religiosa cristiana fu essen-
zialmente soteriologica e aveva come supporto
una concezione antropologica che sfociava in una
visione soteriologico-escatologica del tutto. Tale
proposta, soprattutto nei primi tre secoli, si svi-
luppò nel confronto religioso e culturale col giu-
daisrno e con l'ellenismo e inoltre col diffuso
senso religioso misterico, proprio delle religioni
orientali ma che era diventato di casa nell'im-
pero romano.

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S. Ambrogio
De fuga saeculi
Vittorino Grossi
il problema del cristiano nella città
a cura di Maria Grazia Mara lineamenti
Le Beatitudini
a cura di Pietro Meloni

Ilario di Poitiers
Trattato sui misteri
Per una lettura cristiana dell'AT
a cura di Luigi Longobardo

STUDI:

Gabriel Peters
I Padri della Chiesa (2 voll.]

Bertrand De Margerie
Introduzione alla storia dell'esegesi
I/Padri greci e orientali
2/Padri latini
3/Sant1Agostino borla I
Vincenzo Loi
Le origini del cristianesimo

Manlio Simonetti
Cristianesimo antico e cultura greca

Vittorino Grossi
lineamenti dì antropologia patristica

Carmelo Curti
Il problema d i Dio nella Chiesa antica

-
Vittorino Grossi Angelo Di Berardino
La Chiesa antica: ecclesiologia e istituzioni

1 SAN JUST'liuO i
O Edizioni Borla [S.I.L. - s.r.l.1 introduzione
Via delle Fornaci, 50 - 00165 Roma
premessa d'insieme

Antropologia-soteriologia-escatologia sono tre termini sin-


tesi, che si utilizzano nell'ambito del pensiero cristiano
antico, per indicare la proposta fatta dai cristiani all'uo-
mo dei secoli I-VI sul SUO destino. I tre termini, pur
potendoli considerare distinti, hanno in effetti la loro e-
splicitazione e pl-ecisazione solo se vengono considerati
assieme, quasi appartenenti a una medesima famiglia se-
mantica. La proposta religiosa cristiana fatta infatti al
giudeo di Palestina e a quello della Diaspora, al romano
dei tempi aurei di Augusto e a quello della caduta del-
l'Impero (sec.V), e infine ai nuovi popoli « non romani »,
fu essenzialmente soteriologica che aveva come supporto
una concezione antropologica e che sfociava in una visio-
ne soteriologico-escatologica del tutto. Tale proposta, so-
prattutto nei primi tre secoli, si sviluppò nel confronto
religioso e culturale col giudaismo e con l'ellenismo e
inoltre col diffuso senso religioso inisterico, proprio delle
religioni orientali ma che era diventato di casa nell'impe-
ro romano.
Quanto al confronto col giudaismo, le comunità cristiane
dovettero sviluppare gli elementi di continuità e allo stes-
so tempo di differenziazione. Nelle fonti a disposizione:
di natura apologetica (Aristone, Dialogo sui cristiani tra
Gissone e Pnpisco; Giustino, Dialogo con Trifone; Milzia-
de, Apollinare, Tertulliailo, Contro i giudei) e strettamen-
te religiosa (la letteratura relativa alla celebrazione della
Pasqua: le omelie I n sanctunz Pasclza di Melitone di Sardi
e di un anonimo quartodecimano; e quella sulla validità o mondo (v. 24); che non c'è bisogno di templi per onorare
meno del culto ebraico una volta subentrato quello cri- Dio essendo l'uomo stesso tempio e offerta vera a Lui (v.
stiano: ad es. la Lettera di Barnaba e il De oratione di I 25); l'origine di tutti gli uomini da un unico capostipite e
Tertulliano) emerge come problema centrale quello di ca- la loro possibilità di trovare Dio (v. 27) attestata anche
pire le Scritture Veterotestamentarie. Per i discepoli di l dalla poesia greca (v. 28); ogni rappresentazione di Dio è
Gesù di Nazareth esse non andavano più intese alla maniera falsa (v. 29); riguardo a Dio, con la nuova dottrina, il
degli Ebrei; non si poteva cioè essere cristiani e allo tempo della ignoranza è giunto alla fine (v. 30); la con-
stesso tempo giudaizzare » sia nel culto che nell'osser- versione, il giudizio e la risurrezione dei morti costitui-
vare le prescrizioni mosaiche. Scriveva in proposito Igna- scono il punto centrale della nuova dottrina (v. 31).
zio Antiocheno: C Ormai non si può più parlare di Gesù La chiarificazione circa il pensare, vivere e l'essere dei
I
Cristo e giudaizzare, perché non è il cristianesimo che ha cristizni venne fatta dagli Apologisti. Una sintesi di tale
creduto al giudaismo ma il giudaismo al cristianesimo » dialettica reciproca ci è data dal Discorso vero di Origene
(Ad Magn. 9). In riferimento alla celebrazione della Pa- in cui sono raccolte le pregiudiziali del pagano Celso, e
squa, epicentro religioso del giudaismo, si legge in un che non erano solo sue, nei riguardi dei cristiani. Vertono
testo del sec. IV attribuito falsamente a Ignazio Antio- su sei punti precisi: 1. I1 rapporto dei cristiani con lo
cheno: Se qualcuno celebra la Pasqua con i giudei, dove Stato e con i giudei (I, 1-27); 2. Le accuse dei giudei all'inse-
si ricevono i segni della loro festa, fa alleanza con coloro gnamento cristiano, in particolare riguardo alla persona di
che hanno ucciso il Signore e gli Apostoli (PG V, 939). Cristo (I, 28-11, 79); 3. La critica pagana alla persona di
La ragione di tale rifiuto ci viene indicata dall'anonimo Cristo e all'etica cristiana (111-IV); 4. La dottrina cristia-
quartodecimano nel superamento del giudaismo da parte na e la filosofia, in particolare l'escatologia (VI-VII, 58);
del cristianesimo: << Ecco che per noi, credenti in Lui, si 5. I1 politeismo e il culto di Cesare quale fondamento
apre un giorno di festa, solenne, eterno e senza tramon- dello Stato (VII, 62-VITI, 71); 6. La speranza che i cri-
to: la mistica Pasqua. Essa fu celebrata in figura sotto la stiani collaborino alla vita dello Stato (VIII, 72-75). A
Legge e ricevette efficace realizzazione a opera di Cristo ... queste opere possiamo aggiungere i 15 libri di Porfirio
Questi misteri accaddero materialmente per Israele, ma è contro i cristiani, scritti tra il 2701275 dei quali tuttavia
in noi che trovano il loro spirituale compimento » (In non si conserva quasi nulla; ancora i tre libri Contra
sanctum Pascha 1 e 7). La polemica col giudaismo portò religionem nomenque christianum che sono forse anche
il cristianesimo ad approfondire la natura del rapporto di Porfirio; e di Hierokles, Libri duo ad Christianos, un
religioso dell'uomo con Dio e quindi a dare, conseguen- opuscolo che giudica falsità l'intero cristianesimo, quello
temente, una valutazione diversa dell'essere uomo e del di Cristo come degli Apostoli, perché appartiene al mon-
suo destino.
Quanto alla dialettica col mondo pagano si sviluppò in
i do del mito. Ivi Cristo viene visto nella luce di Apollonio
di Tiana, la cui vita ha i lineamenti uguali a quella di
due direzioni: una nella linea del dialogo, l'altra in quella I Gesù descritta dai Vangeli.
di chiarificazione del cristianesimo all'ambiente pagano. Riguardo all'ambiente pagano, va tenuto presente il con-
La linea del dialogo, che fu propria degli scrittori cristia- testo filosofico coevo al cristianesimo, soprattutto quello
ni alessandrini, i quali presentano Cristo stesso che parla di estrazione stoica e medioplatonica di cui abbiamo un
ai pagani perché si convertano, ebbe il suo documento esempio classico nel De testimonio animae di Tertulliano.
base nel discorso di Paolo allJAreopago (Atti 17,22-31). In questo scritto viene esaminata parallelamente la con-
Tale discorso viene riferito da Clemente Alessandrino cezione pagana e cristiana dell'anima e della vita dopo
come fondamentale per un nuovo insegnamento nel mon- la morte. Mentre gli Orfici parlavano di andres-theioi
do dei greci (Strom. I, 19; 91s). Esso può riassumersi nei (uomini-dei) portati nella sfera del divino; i neopitagorici
seguenti punti: la demonologia (v. 22); la nostalgia del e i neoplatonici vedevano la possibilità, del dramma co-
Dio ignoto (v. 2), che è il creatore e il Signore del smico della salvezza, in uno sforzo capace di sprigionare
una forza che liberasse dalla materia. La Stoa infine de- glianza di Dio (Gn 1,26), ma anche di fango cui venne
mitizzava e sublimava allo stesso tempo l'idea dell'aner inalata la vita (Gn 2,7ss), viene toccato dall'esperienza
theios (l'uomo-Dio), concependolo come incarnazione del del bene e del male (Gn 3 ss) e quindi dall'esperienza
notls. della morte che, ponendo i confini tra Dio e l'uomo, evi-
Filostrato impersonificava in Apollonio di Tiana tale idea- denziava il « peccato » come barriera invalicabile tra il
le dell'uomo-dio. La sua vita, simile a quella di Gesù di mondo di Dio e quello umano. Nasceva a questo punto
Narareth, viene descritta da Filostrato, tra il romanzo e l'esigenza di un mediatore per riconciliare i due mondi
la biografia, intessuta di n~iracoli,di guarigioni, di libera- separati. Si sviluppò in tal senso la deinonologia e I'an-
zione d'indemoniati, di risurrezione dai morti, lui che gelologia, ma dai cristiani venne indicata, nell'aner-theos
conosceva tutti i misteri, oltre ad avere imparato tutte le
lingue, anche quella degli animali. Un terzo contesto col
quale il cristianesimo visse e dovette confrontarsi fu
~ Gesù Cristo, la soluzione clell'unico mediatore e Sal-
vatore. Nasce un rituale per la « santificazione » e la
liberazione dalla barriera del peccato; c'è il rito dello
quello misterico-ermetico. Di questo contesto fu proprio esorcismo che detronizza il diavolo a favore di un nuovo
il sincretismo religioso e tilosofico insieme, un terreno I Re e Liberatore. In tale categoria viene capito il ruolo
l
molto adatto, almeno come visione globale e come media- della casa di David, la vittoria di Javeh su Satana del
zione di linguaggio, per ospitare la religione cristiana. Le libro di Giobbe, il r ~ ~ o del
l o Messia, re e sacerdote, visto
fonti relative a tale ambiente sono le più adatte per in-
trodurre l'unità del pensiero cristiano circa l'antropologia,
la soteriologia e la escatologia, perché l'ambiente misteri-
co offriva una visione globale dell'uomo come soteria. Lo
l nel Nuovo Testamento come restauratore del regno di
Dio. I1 credo ncotestameiltario su Gesù Cristo, re-mor-
to-risorto-giudice futuro e restauratore, ha la sua categoria
sintesi in quella del liberatore-salvatore, propria del giu-
scopo stesso dell'iniziazione misterica consisteva nella sal- daismo, delle religioni misteriche (l) e del culto del <C ca-
vezza per l'iniziando. l po in genere, inteso come colui che è potenza e vittoria:
Il il re, il sacerdote, il carismatico che è il mediatore tra il
Le religioni misteriche, con i loro gradi d'iniziazione, mondo umano e potenze ultraumane. Nacquero nel mon-
prospettavano all'uomo la partecipazione alla sfera del do pagano le immagini degli andues theioi, espressioni del
divino. Esse si collocavano in quella zona autonoma del- culto degli eroi e del mito del Liberatore; nacque il culto
l'uomo, che sa di confine tra religione e filosofia, dove il del <C re morto attestatoci con la morte di Alessandro
razionale e l'irrazionale non si categorizzano nella logica Magno. I1 re morto viene invocato come dio e il culto che
ma nell'estasi, creando nell'individuo la possibilità psichi- gli si rende acquista il significato di salt~sper il popolo.
ca di una speranza di redenzione e di aspettativa del Soter diviene appellativo di Alessandro Magno (OGIS 16),
Redentore ». I riti misterici, se eludevano i dubbi della
ragione e le preoccupazioni per i problemi sociali e poli-
tici, toccavano tuttavia la sfera del privato col suo biso- (1) Ogni religione misterica, per l'aggregazione dei suoi adepti,
aveva riti d'iniziazione a forte suggestione simbolica. Questi mira-
gno di salvezza singola. In tale contesto il cristianesimo vano ad introdurre l'iniziato nel mistero soteriologico del dio cele-
trovava un suo punto di dialogo sia col tardo giudaismo brato nel rito. L'iniziato veniva detto muetos (da muein = iniziare
che col paganesimo, e poteva sviluppare un articolato in- a parlare in relazione a quel mistero) in opposizione a cmuetos (il
treccio tra antropologia-soteriologia ed escatologia. Si profano in materia e quindi l'incapace di entrare in tale dinamica
soterica, indicato anche come I'infidelis in opposizione a fidelis =
trattava di dare una soluzione al problema delle media- l'iniziato). Coevo al crisitanesiiilo era molto diffuso il culto al dio
zioni e in particolare del mediatore, tema centrale di ogni Mitra che, nel rito dell'aspersione e del bere il sangue del toro uc-
religione misterica, un problema che si portava dietro sia ciso, esprimeva tutta la sua potenza soteriologica. Nel mitreo di
S. Prisca (Aventino-Roma) è scritto lungo la parete: et nos ser-
una concezione antropologica che ima soluzione soteriolo-
vasti aeternali sanguine fuso (cfr. G. Sangiorgi, S. Prisca e il suo
gico-escatologica. Si lesse così nella Bibbia un discorso mitreo, Roma 1968; U . Bianchi (a cura di), Mysteria Mithrae, Roma
articolato sull'uomo. Questo, fatto ad immagine e somi- l 1979.
dei Tolomei Tolomeo e Berenice, di Antioco e Demetrio
(OGIS 246) tutti indicati come Theos e Soter. In riferi-
mento a Cesare si hanno iscrizioni che lo indicano come
salvatore di tutta la Grecia D, di tutta la città », di
« tutta la terra » (cfr. F. Tager, Charisma I, 55-66); e
Domiziano viene detto Soter tou kosmou (Salvatore del
mondo: IGR 111, 729). I cristiani, di fronte a tali titoli,
divenuti frequenti con Traiano e Domiziano, negarono che
essi potevano esprimere il passaggio dell'uomo a Dio.
Scriveva Tertulliano: Non dirò mai che l'imperatore sia
Dio, sia perché non so mentire sia anche perché non oso
deriderlo. E lui si accontenti di essere chiamato impera-
tore » (Apol. 33,2ss). Essi indicarono in Gesù di Nazareth
l'unico aner-theios (l'uomo-Dio) che esista. C'è pertan-
to, nella concezione cristiana, un solo Dio e gli uomini,
nel loro essere uomini n, sono tutti uguali senza distin-
zione. Quanto alla divinità l'uomo ~ u solo
ò accedervi co-
me dono che riceve nell'unico mediatore, tra il mondo
umano e divino, Gesù Cristo. I1 suo monogramma svetta,
di per sé, su tutti i monogrammi dedicati agli imperatori.
Nell'antichità ellenistica chi contava nella polis era il ca-
po che la rappresentava, e non il singolo in quanto tale.
In tal senso erano orientate la filosofia e la paideia. L'in-
dividuo, per poter esprimere il suo personale destino
quotidiano, trovava posto solo nella rappresentazione
teatrale, in particolare nella tragedia. I1 cristianesimo
significò l'emanciparsi del singolo dalla polis riguardo al
destino personale, mentre si sentiva a essa legato dalle
comuni leggi della convivenza. L'occuparsi dell'individuo
nella sua singolarità e nel privato quotidiano, dove si vivo-
no i drammi dell'esistenza, portò il cristianesimo a elabo-
rare fino in fondo la sua concezione antropologico-soterio-
logica ed escatologica. A tutto ciò va aggiunto il peso che
ebbe la riflessione gnostica e la spiritualità ermetica.
Quest'ultima nell'areté (la potenza) dell'uomo-dio poneva
la sua speranza di liberazione che si attuava in tre mo-
menti successivi: il passaggio dalla phisis (la natura in-
forme) alla creazione della psyche e al mondo visibile
(cosmo) in cui l'uomo-dio è il portatore della salvezza.
La ricerca sul terreno antropologico cristiano dei primi
l secoli c'impone qualche considerazione previa sul senso e
~ il metodo di tale ricerca.
l

1. Anzitutto va tenuto presente il senso delle domande


che noi ci poniamo riguardo al cristianesimo delle origini,
dato che la domanda è la guida nella ricerca della stessa
I risposta. Ci si chiede perché presso il gruppo religioso
cristiano dei primi sei secoli ricerchiamo indicazioni SU
l'uomo e il suo destino, la sua libertà e del perché di tale
libertà. L'antropologia culturale ritiene che tali domande
(Dio-libertà e destino dell'uomo) sono forse alla radice
stessa dei modelli culturali delle civiltà umane. Questi
cioè, benché così diversi e spesso in contrasto tra loro,
sarebbero frutto di eredità comuni a tutti gli uomini. Si
tratterebbe, in altri termini, di domande che vanno oltre
la stessa divisione dei sessi in maschio e femmina, che
sarebbero il sustrato primo di ogni forma di società u-
mana. Si costata infatti che, se da una parte i rapporti
tra uomini e donne, tra genitori e figli costituiscono il
punto cruciale delle relazioni umane di ogni civiltà e
quindi anche di quella cristiana antica; dall'altra si apre,
su tali rapporti, come una voragine, la domanda del si-

l
gnificato stesso dell'uomo, delle basi del suo ricordarsi di
Dio e delle conseguenze di tale ricordo. L'uomo moderno,
che prova fatica a K ricordarsi » di Dio, si viene a trovare
di fronte al passato cristiano avendo davanti: da un lato
1 una serie impressionante di testimonianze e, dall'altro,
una serie di riti che intendono riannodarlo a quel passato
l
che sa di saggezza, di grandiosità « romana D, di mito rapporto fede-ragione nella sua dialettica di ricerca non
dalle origini perenni(2). Lo stupore per tale passato non è può q~iindi,anche nella ricerca antropologica, non tener
stato scalfito, nelle domande essenziali, dal prevalere del- presente i presupposti linguistici utilizzati. Agostino ad
le scienze positive nel mondo moderno. L'educazione esempio, nel domandarsi cosa sia l'uomo, utilizza il mito
scientifica infatti ci ha portato a considerare il passato del centauro:« Cosa dunque diciamo che sia l'uomo? -
come avente uno scarso interesse: esso sarebbe il primi- egli si chiede - l'anima e il corpo come ... (lo diciamo)
tivo ormai superato. La sociologia e la psicologia, dal del centauro? (De mor. eccl. cath. I, 4-6).
canto loro, perseguono i loro scopi di ricerca senza porsi Fatte queste precisazioni consideriamo l'assieme del pro-
il problema etico delle impostazioni che dànno, non si blema antropologico nel cristianesimo antico:
misurano cioè con i modelli etici e quindi ignorano la 1. nelle sue radici bibliche, da considerarsi come matrici
limitatezza delle conoscenze che esse possono dare. della sua concezione dell'uomo; 2. nel contesto culturale
giudaico-ellenistico;
2. Quanto alla metodologia di ricerca, va tenuta presente 3. nello sviluppo che se ne ebbe, determinato dall'impatto
la natura del linguaggio utilizzato dal cristianesimo anti- delle Scritture sacre con la cultura antica.
co, e cioè i canali attraverso i quali ci sono giunte le
domande antropologiche di un cristiano dell'antichità. I1
linguaggio di cui esso si servì non fu soltanto quello
logico, anche il linguaggio mitico aveva la sua valoriz-
zazione. In quest'ultimo, oltre alle categorie della logi-
ca, è presente l'interloquire del simbolo che, nella anti-
chità, aveva un molo maggiore che nei tempi moderni.
I1 proprium del cristianesimo venne veicolato nelle cate-
gorie mentali giudaiche, ellenistiche e misteriche, e so-
prattutto in queste ultime, nell'ambito dell'iniziazione al
cristianesimo, il linguaggio simbolico aveva la prevalenza
su quello logico. Per tale motivo se sono importanti le
discussioni avutesi nelle chiese antiche, come anche le
decisioni conciliari al fine di cogliere i contenuti essenzia-
li del pensiero cristiano, non lo sono di meno le testimo-
nianze inerenti all'iniziazione cristiana e ai suoi riti. I1

(2) Si deve agli indirizzi della psicologia junghiana e della antro-


pologia culturale il risveglio, nell'epoca moderna, per il problema
C uomo », emerso nei rispettivi campi di ricerca: la prima relati-
vamente ai simboli utilizzati nellri storia dei popoli come coscienza
individuale e collettiva; la seconda nell'individuare, nei vari modelli
culturali, il comune biologico dell'umanita che crea tali modelli.
Per la si'mbologia di Adamo quale Uomo cosmico, vedi A. Wunsche,
Schopfung und Sunderfall des ersten Menschen, Leipzig 1906; E .
S. Drower, The Secret Adam, in A Study of Nasoraean Gnosis, Ox-
ford 1960; per una lettura junghiana dell'uomo cosmico: le sue ope-
re sul Mysterium coniunctionis e la Risposta a Giobbe; per l'an-
tropologia culturale: E. Mead, Maschio e Femmina, Milano 1962
(orig. ingl. 1949); E. Sapir, Cultura linguaggio e personalità, To-
n n o 1972 (ong. ingl. 1949).
capitolo primo riflessione patristica sull'uomo. L'uomo è posto come
le matrici bibliche completamento della creazione, che altrimenti sarebbe
rimasta incompiuta, distribuita in sei giorni per dare
dell'antropolsgia fondamento teologico al riposo del settimo giorno. Nel-
cristiana antica l'ambito della creazione viene conferita all'uomo una di-
gnità che è alla base di ogni suo valore. Per tale motivo
la vita umana non può essere inipuneinente violata e ogni
attentato ad essa costituisce sacrilegio (Gn 9,6ss). Tutto
ciò viene espresso da due termini sinonimi (sale e demut)
« immagine e somiglianza » (3). I1 primo (immagine) indi-
ca una riproduzione plastica; il secondo (somiglianza)
specifica l'immagine limitandola, vale a dire: l'uomo è
immagine di un essere divino per quel che riguarda il suo
« aspetto » (somiglianza), egli sta a Dio come la copia
all'originale. Per tale motivo l'uomo esercita sulla crea-
zione un dominio viceregale in nome del Creatore (Gn
Consideriamo a parte l'Antico Testamento e il Nuovo per 1,28; Sl 8,6).
gli apporti diversi che essi diedero all'antropologia cri- b) Gn 2,7ss: « Dio plasmò l'uomo col fango e soffiò nelle
stiana antica. La riflessione antropologica cristiana si sue narici un alito di vita D.
pose, nel periodo patristico, nell'ambito del problema re- Questo capitolo costituisce storicamente il primo grande
ligioso, nel senso che si riconosceva alla religione la racconto biblico della creazione. Rispetto al racconto del
chiave della conoscenza del mistero dell'uomo. I libri primo capitolo ne è integrativo: infatti sottolinea la natu-
sacri cristiani narrano la nascita dell'uomo al suo pri- ra terrestre dell'uomo. e cioè che tra il mondo e l'uomo
mo apparire e il suo rapportarsi col mondo circostan- esiste una parentela (l'ndaliz); così come egli ha una pa-
te, in particolare con la donna, assieme alla quale si rentela con Dio (il mondo celeste) (Gn 1,26). L'uomo è, in
rapporta a Dio. In altre parole la Bibbia rivela all'uomo altri termini, al centro della creazione, ne costituisce il
la sua identità: chi egli sia. L'uomo e la donna sono nodo. Egli infatti è un composto di due elementi: l'argilla
frutto: di un consiglio di Dio nel « crearli » a sua imma- e l'alito divino. Mentre il verbo greco plazo (plasmare) dà
gine, e di un'azione peculiare di Dio che porta a effettua- l'immagine del vasaio che modella la creta; l'« alito divino »
zione tale progetto-uomo. Nel Nuovo Testamento vi sono è espressione ebraica per indicare la vita, non potendo
poi particolari implicazioni e precisazioni riguardo all'uo- recepire la mentalità ebraica l'idea sumerica di un sangue
mo in rapporto alla cristologia. Vediamo prima separata- divino per formare l'uomo. Viene anche indicato il fine
mente gli apporti dell'Antico e del Nuovo Testamento, dell'esistenza umana: « lavorare l'Eden » (Gn 2,15) se-
quindi li riassumeremo in una possibile sintesi.
(3) La sinonimia tra « immagine e somiglianza ,> è così stretta nel-
la Genesi che il loro ordine è talvolta invertito o il secondo ter-
1 . L'Antico Testamento (Gn 1,26 e 2, 7) mine addirittura soppresso (Gn 5, l ss. e 9, l ss.). Si deve a Filone
prima e alla speculazione gnostica dopo se i due termini vennero
I testi chiave sono nel libro della Genesi (cc. 1 e 2) e nella intesi, anche presso i pensatori cristiani, con significato differente.
lettura sapienziale (Sap 2,23; Eccli 17, 1-14). Sulla lettura patristica di Gn 1,27 (maschio e femmina) vedi P.
a) Gn 1,26 <C Facciamo l'uomo a nostra immagine e so- Termes, La formacibn de Eva en 10s Padres griegos hasta S . .l. Cri-
sbstomo inclusive: Miscellanea Biblica B. Ubach, Montserrat 1953;
miglianza ». Questo testo costituisce l'inizio obbligato di Id., La formacibn de Evn en 10s Padres latinos hasta S . Agustin in-
ogni antropologia biblica e fu a base anche dell'intera clusive, Estudios Ecc1 34 (1960) 421-459.
condo l'idea comune allora nella Mesopotamia che l'uomo proclama re sulla terra, in certo qual modo Egli non ha
venne creato per lavorare al posto degli dèi. I1 terzo regalità nei cieli » (Skir ha-skir. z. 1.1). I1 valore dell'uomo
capitolo della Genesi, che narra il peccato di Adamo, fa giusto in rapporto a Dio veniva anche messo in rilievo
un tutt'uno col racconto della creazione del C. 2 e chiari- riguardo alla storia umana e all'ambiente. Gli uomini
sce in che modo il duplice legame dell'uomo (con Dio e giusti sostengono il mondo, influiscono sulla storia e sulla
col cosmo) interferiscano tra loro. Quando l'uomo dimen- natura. La loro scomparsa riporta indietro il mondo per-
tica di essere un riflesso di Dio, pensando invece di esse- ché scompare una forza che è insieme umana e cosmica.
re Dio stesso, sconvolge la sua originaria armonia tra se Così è scritto di Mosè-Aronne e Miriam: « per merito loro
stesso e il mondo. Quest'ultimo, abbandonato dall'uomo, furono dati a Israele tre bei doni: il pozzo, la nuvola e la
tenta di ritornare nel caos originario. Tra l'uomo e la manna. I1 pozzo per merito di Miriam; morì Miriam e
natura circostante c'è una solidarietà creaturale, sì che venne meno il pozzo ma tornò per merito di Mosè e
venendo meno l'uomo il mondo viene riportato indietro Aronne; morì Aronne e venne meno la nuvola ma torna-
nel caos. rono ambedue (il pozzo e la nuvola) per merito di Mosè;
La letteratura sapienziale, nella sua concezione dell'uomo, morì Mosè e tutti e tre vennero meno e non tornarono »
si riannoda a Gn 1,26 introducendo altri due concetti: (Tos. Sot, 11,lO). I1 mito di Atlante, secondo cui il mon-
quello di incorruttibilità e quindi di immortalità come do poggiava su un solo pilastro, equivale nel rabbinismo al
fine dell'uomo, e l'altro di eternità o di essenza di Dio « pio che regge il mondo per le sue virtù.
della quale I'uomo è immagine (4). L'esaltazione dell'uomo, L'antropologia veterotestamentaria è articolata su tre e-
che si ha poi nel rabbinismo antico, ha anch'essa le sue lementi base: la creazione dell'uomo (maschio-femmina)
basi su Gn 1,26 cioè dell'uomo che è immagine di Dio. Fu da parte di Dio; la sostanzialità del suo essere risiede
il rabbinismo inoltre che sviluppò la portata del legame ilell'essere immagine di Dio; la finalità dell'esistenza u-
dell'uomo con Dio e la natura. In tale visione Dio è mana è nel lavorare e custodire l'Eden al posto di Dio
bisognoso d'Israele ma anche dell'uomo perché la tra- (Gn 2,15), e l'incorruttibilità (Sap 2,23) cioè che sia im-
scendenza divina sia immanente al mondo. In conseguen- mortale, che viva.
za del peccato di Adamo l'immanenza divina, che abitava Le categorie che esprimono tale concezione antropologica,
nel mondo inferiore, salì al primo cielo e poi al secondo più che sul piano filosofico dei concetti, sono nella di-
per il peccato di Caino e così fino al settimo cielo. In con- mensione storica (la esperienza) e sociale (i rapporti co-
trasto con tali peccati sette giusti la fecero ridiscendere munitari); e inoltre, invece di una riflessione antropologi-
sulla terra (Gn r, 19,7). I1 giusto fa abitare Dio sulla ca pura (= l'autonomia umana), premettono e ricollegano
terra, egli arricchisce il suo Nome. Così è scritto a pro- sempre la dimensione religiosa. L'uomo biblico veterote-
posito di Abramo: « Fino a che non venne Abramo il stamentario perciò si ritrova nella sua categoria base che
Signore era re solo nel cielo; ma dopo che venne Abramo è l'interdipendenza, riconosce Dio come facente parte del
Egli è stato proclamato re in cielo e sopra la terra » (in suo esistere, dal quale non potrebbe mai prescindere sen-
Sifré, Dt 31 3); di Israele: Ogni volta che Israele fa la za compromettere il suo essere radicale che è rapporto
volontà del Signore aggiunge forza alla Gebhurah, alla con Dio e il mondo. Dalla Bibbia emerge, accanto alla
Potenza (titoli che nel giudaismo indicavano Dio) (Pesiq. signoria dell'uomo, anche la sua incompiutezza per cui
26); in genere dell'uomo: C Se il Signore non è glorificato egli non può pensarsi C autonomo D. Questa dimensione,
in terra non c'è il suo Nome (= presenza) sopra la terra propria della concezione antropologica veterotestamenta-
e non c'è il suo Nome nell'alto; se il suo popolo non lo ria, fu la costante di ogni riflessione antropologica poste-
riore che in essa, assegnò a Dio un proprio posto, nell'in-
tento di poter capire, definire o almeno dare delle indica-
(4) Cfr. Sap 2,23: <( Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità, lo zioni sulla comprensione del mistero uomo.
ha fatto immagine della propria eternità » (o essenza, data la pos-
sibile lezione di aidiotetos e idiotetos); Eccli 17, 1-14.
2. 11 Nuovo Testamento [il ruolo di Paolo) tato l'uomo, ed esprime lo stadio del « lasciarsi guidare
dallo Spirito D (Rom 8,14). L'anthropos di Paolo, di fron-
I1 problema antropologico è presente negli scritti neote- te a Dio, è essenzialmente limite ma, veicolato dal pneu-
stamentari in particolar modo in Paolo. I Vangeli sinotti- ma, può giungere a dialogare con Dio, il che costituisce il
ci sottolineano il valore dell'uomo in sé rispetto ad altri livello vitale del suo esistere.
beni e alle istituzioni (Mt 10,31; 12, 12; Mc 2,27) e lo Soma (1 Cor 15,44), psyclze (1 Cor 2, 14; 15,45), nous
rapportano al Regno di Dio perché egli vi trovi il suo (Rom 7,23 e 12,2; 1 Cor 14,14-15) esprimono, rispetto a
compimento (il tema delle parabole del Regno), ma non sarx e pnetlma che indicano già stadi decisionali, gli stadi
danno altro sviluppo. In Paolo si ha invece l'inizio di un intcrmedi dell'uomo, le sue potenzialità che, se sono an-
vero discorso antropologico cristiano, che si confronta e corate allo Spirito e a Cristo, possono risolversi in positi-
si integra nell'ambilo delle categorie culturali giudaiche vo (6). Si ha pertanto in Paolo l'uomo della sarx o sem-
ed ellenistiche. I testi base si hanno nella prima lettera ai plicemente l'uomo carnile (in 1 Cor 2,13-15 lo dice anche
Tessalonicesi (5,23) dove l'uoino è visto nella visione tri- l'uomo psichico n) o/e l'uomo del pizeuma o spirituale
cotomica di corpo-anima-spirito, e nella prima lettera ai (Rom cc. 7-8). Fatto qualificante dell'antropologia paolina
Corinzi (15,45-49) dove egli utilizza prevalentemente cate- è la successione dei vari stadi nell'uomo: prima viene
gorie bibliche e innesta l'antropologia nella cristologia: quello psichico e poi quello pneumatico. I n questa presa
l'uomo spirituale e carnale; il primo e l'ultimo Adamo. di posizione egli, da una parte utilizzava lo schema rab-
Va accordata anche un'attenzione particolare ai cc. 7 e 8 binico che, sulla base di Gn 2,7, distingueva e opponeva
della lettera ai Romani dove i termini antropologici non due somata (= corpi) sviluppandolo in due uomini (car-
hanno importanza in sé ma in quanto esprimono i vari nale e spirituale) e gruppi di uomini (7); dall'altra si op-
momenti attraverso i quali l'uomo giunge al suo compier- poneva alla corrente filoniana gnostica che poneva all'ini-
si.
*
zio dell'umanità l'uomo spirituale » (il proton ton
Le categorie che polarizzano il discorso antropologico di pneunzatikon), e non quello psichico. Emerge in 1 Cor 15
Paolo sono quelle della carne e dello spirito in radicale il termine base anthropos, punto di riferimento dell'ar-
opposizione tra di loro. I termini che lo esprimono sono, gomentazione cli Paolo, e il passaggio da uno schema
nel loro insieme, sarx (carne), soma (corpo), psyche (a- antropologico spaziale (v. 40 cielo-terra) a uno stori-
nima), nous (intelletto), pneuma (spirito) (5). Una descri- co-temporale (v. 45 primo-ultimo).
zione di tali termini ci delinea i tratti principali dell'an-
tropologia paolina. La prospettiva cristologica dell'antropologia paolina:
Sarx connota l'uomo nel suo concreto agire e vivere senza C L'ultimo Adaino» ( 1 Cor 15,45b)
rapportarsi a Dio. Un tale esistere, che va dalla semplice
ignoranza (la debolezza di cui parla Paolo) alla positiva La qualifica paolina di Cristo, come «ultimo o secondo
ostilità, fa sì che l'uomo, individualizzato come carne »
divenga luogo o ricettacolo dell'inimicizia con Dio (Gal (6) I mss. di Qumran hanno portato alla luce la nozione di sarx
(carne) per indicare la natura fragile dell'uomo, lo stato di pecca-
1,16; 5,19-21; 1 Cor cc. 5 e 6; Rom 8,2ss) e si opponga bilità che gli è inerente la quale, di per sé, non si oppone allo spi-
radicalmente al Pneurna (Rom 8,4-17). Questo costituisce rito bensì alla giustizia e all'alleanza divina (cfr. J. P. Hyatt, T h e
l'ambito entro cui l'uomo può entrare in dialogo con Dio View of M a n i n the Q u m r d n C Hodayot n, NTSt 2 (1955156) 276-284).
raggiungendo così la sua salvezza. I1 pneuma coincide, I1 giudaismo conosceva inoltre la dottrina dei due spiriti », uno
buono e uno cattivo (1 Q S 3, 134, 26) (cfr. Strack-Billerbeck IV,
nella visione paoliila, con la realtà essenziale cui è orien- 466-483).
(7) Paolo in 1 Cor 15 utilizza Gn 2,7 facendone il fondamento di una
triplice contrapposizione: 1. Primo Adamo-ultimo Adamo (vv. 45-47:
(5) I termini di kardia, dianoia, syneidesis, che ebbero poi molto parallelismo dei capostipiti); 2. i terreni-i celesti (vv. 48-49: paral-
s v i l ~ ~ p pnella
o riflessione antropologica cristiana, in Paolo non han- lelismo dei discendenti); 3. Dio che insuffla il sofiìo di vita-Cristo
no un particolare rilievo antropologico. N spinto vivificante D (v. 45: parallelismo dei due agenti).
Adamo », ha la sua comprensione nell'ambito dell'uomo prima creazione o il primo Adam dominato dalla psiche.
pneumatologico. Cristo Risorto è designato come « ultimo Ma egli è teso all'uomo pneumatico, all'ultimo Adam per-
Adamo » che è « spirito vivificante », è cioè divenuto ché l'uomo futuro sarà solo « pneumatico ». I1 passaggio è
l'uomo « spirituale » che dà la vita di nuovo agli altri consentito dalla mediazione del soma. Paolo, immettendo
uomini, così come Javeh aveva insufflato l'alito di vita nel nella sua concezione antropologica la categoria del Risor-
primo Adam. Dal Cristo risorto, spirito vivificante, si ha to come « spirito vivificante », acquisiva per sempre la
perciò un nuovo aggregarsi dell'umanità per un nuovo cristologia ad ogni approfondimento antropologico in
futuro dell'uomo, quello di divenire « uomo pneumatico D. ambito cristiano, tracciando allo stesso tempo le linee di
I1 ragionamento di Paolo implica la comprensione della sviluppo di tale pensiero: 1. Non si poteva accettare il
condizione umana che, da uno stadio « psichico », passa a dualismo gnostico in cui era possibile nell'uomo la coesi-
uno stadio « pneumatico » in virtù del Risorto. L'uomo è stenza di due principi ritenuti opposti (lo psichico e lo
ciò che egli diventa in forza del Risorto: « spirito vi- pneumatico in lotta di supremazia tra loro), né qual-
vificante ». L'eikon (immagine) dell'uomo e Dio secondo Gn siasi tipo di mitologia gnosticizzante che concepiva il
1,26 e 2,7 ma, in concreto, quella eikon è Cristo (Col 1,15 pneuma come dato primario e quindi naturale componen-
e 1 Cor 15,49) e, con lui, gli altri uomini divenuti te di ogni uomo; 2. non si poteva procedere secondo le
pneumatici » « secondo Lui » (8). istanze della dicotomia platonica corpo-anima, tesa alla
Nella concezione antropologica di Paolo, nella categoria dicotonia degli elementi componenti l'uomo. In Paolo,
della risurrezione c'è il superamento della concezione infatti, se lo stadio psichico dell'uomo è destinato a
antropologica giudaica ancorata all'eone (secolo) presen- scomparire, non è così per la corporeità (l'elemento soma-
te; di quella greca d'impronta spiritualista che discrimi- ticol che tende ad essere animata da parte del pneuma.
nava la materia; e di quella gnostica che privilegiava la
fase protologica dell'uomo (l'uomo originario) più che
quella escatologica (l'uomo è ciò che diventerà). 3. Conclusioni dalla Bibbia
Nell'anthropos paolino, caratterizzato dal soma pneuma-
tikon, il soma (la corporeità) costituisce il fattore di con- Dalle indicazioni bibliche, vetero e neotestamentarie, si
tinuità tra la condizione presente e futura dell'uomo, e da viene precisando e delimitando il significato del termine
esso non si può prescindere. Se, infatti, nell'uomo di Paolo antropologia in accezione cristiana. Se il tentativo di dire
scompare lo stadio psichico non ne scompare la somatici- che sia l'uomo è in sé abbastanza intuibile dal punto di
tà, tesa a essere animata dal pneuma (9). I1 soma psichikon vista biologico e storico, è tuttavia più complesso operar-
(l'uomo psichico) è per Paolo l'uomo storico, quello lega- lo dal punto di vista teologico (si parla dell'uomo in
to ali'eone presente, che riflette la condizione esistenziale rapporto a Dio tramite un suo messaggio). L'antropologia
di ogni uomo sul piano creaturale destinata a morire; è la teologica non prescinde dalla altre due (l'uomo infatti
nella sua biologia e storia è il destinatario e il responsa-
(8) Lo schema binario di 1 Cor 15 (il proton di Adam e I'epeita di bile del messaggio) tuttavia, poiché il messaggio di Dio è
Cristo = la prima condizione dell'uamo: Adam; l'ultima o la defi- legato al « numinoso » del Regno di Dio, esso orienta in
nitiva: Cristo) in Rom 7 viene sostituito da uno schema ternario misura determinante il discorso di comprensione del-
temporale fatto di tre tappe: paradiso-peccato-redenzione. Nella
polemica antropologica che si ebbe poi nel sec. V con Pelagio e l'uomo. I punti orientativi e nodali di tale ricerca pos-
Agostino, i termini Dio-natura-grazia di Cristo costituiranno l'asse siamo indicarli nel modo seguente: 1. I1 termine a uomo »
di un nuovo sviluppo della antropologia cristiana. Secondo 1 Cor 15 esprime nella Bibbia l'essere umano nella sua complessità
la risurrezione di Cristo è stata una primizia; alla pamsia, la ri- (uomo-donna, corpo-spirito). 2. La sua prima individua-
surrezione di coloro che crederanno in Lui, segnerà la fine della
stona. zione sta nell'essere « soggetto » (da non identificarsi con
(9) In Paolo la somaticità è concetto diverso da quello di carne, individuo), è cioè un essere che si comprende essenzial-
che è vista nel senso di uomo « autonomo » e che si oppone a Dio. mente come « relazione », anzi un tessuto di relazioni. I1
problema della socializzazione perciò che, nella Bibbia, si l'impostazione antropologica è organizzata attorno al-
esprime attraverso ogni forma di comunione umana (par- l'immagine biblica dell'uomo di Gn 1,26. Qui l'interazione
lare-passeggiare-mangiare insieme ecc.), costituisce il luo- del discorso teologico, che passa per quello antropologico
go della ricerca uomo ». I1 corpo stesso o la sua somati- diventa più facile e, naturalmente, dà un'altra imposta-
cita dice correlazione o. come in Paolo. mediazione obbli- zione anche al discorso soteriologico ed escatologico.
gata del passaggio dell'uomo da una comunione a livello
psichico a quella di tipo pneumatico. L'« essere sogget-
to n, per quanto riguarda la sua comprensibilità, viene
espresso nella Bibbia dalla affermazione « io sono (Eso-
do 3), che tuttavia è impronunciabile da parte dell'uomo.
L'unico che possa parlare di sé come soggetto è, nell1An-
tico Testamento, solo Dio e, nel Nuovo, solo Cristo (Gv
8,58; 13,19). L'io del credente, cioè l'io antropologico,
secondo il Nuovo Testamento o è sostituito dal soggetto
Cristo (Gal 2,20) oppure risulta fortemente problemati-
cizzato (Rom 7,7-24). Da tutto ciò emerge che l'io antro-
pologico è un incompiuto: rispetto a sé, agli altri, al Re-
gno che viene, e questo suo « non essere ancora >> esprime
il suo tendere verso una C comunione >) che lo farà essere,
quella propria dell'uomo pneumatico. I1 pensiero patristi-
co svilupperà tale dimensione attraverso la categoria del- i
l'immagine. L'uomo non è l'« Io sono », non è il Deus ma il
capax Dei (Agostino, De Trin. 14,4,5), ne è l'immagine.
Tale categoria permetteva di cogliere, accanto alla radica-
le incompiutezza dell'essere uomo, la sua capacità di so-
cializzazione come la speranza stessa del suo divenire
<C uomo », divenuta nel Cristo Risorto già una primizia,

Lui l'ultimo Adam cioè l'uomo definitivo (1 Cor 15,47).


Sulla base di Gn 1-2 e di 1 Cor 15 si svilupperanno, nel
pensiero cristiano successivo, le linee di u n a duplice im-
postazione antropologica. Ciò dipenderà dal pendere ver-
so le categorie bibliche o verso quelle ellenistiche che si
porranno, anch'esse, come chiave di lettura del testo bi-
blico. Un'impostazione sarà a dimensione dialogica (l'uo-
mo come capacità di rapporto, di parola, ancorata
soprattutto a Gn 1,26); l'altra a dimensione strutturale,
che utilizzerà di più Gn 2,7 e dove il gioco del rapporto
con Dio viene delineato sulla distinzione del comaosto
umano (dicotomico-tricotomico: corpo-anima-spirito). Per
coloro che, nella ricerca antropologica, pongono al primo
posto il composto umano di Gn 2,7, la matrice ellenistica
a carattere strutturalista è più marcata; per coloro invece
che mettono al primo posto il dia-logo o il rapporto,
capitolo secondo
produzione (plasma) del'artefice e non una creazione
le matrici culturali (gennema) » (De leg. all. 1,31-32). Così Filone ne sottoli-
extra bibliche nea le differenze: « C'è un'enorme differenza tra l'uo-
mo plasmato ora (Gn 2,7) e quello creato prima a imma-
gine di Dio (Gn 1,26). L'anthropos plasmato infatti è
sensibile e partecipa di una certa qualità, composto di
corpo e di anima, uomo o donna, di natura mortale;
I'anthropos a immagine invece (knta eikona Tkeou) è u-
n'idea o genere o sigillo, intelligibile, incorporeo, né ma-
schio né femmina, di natura immortale » (De opif. mundi
134) (10). Filone tuttavia non distingue gli uomini attuali
tra celesti e terrestri, solo il celeste precede (C platonica-
mente » quello terreno. L'uomo attuale è quello di Geriesi
2,7 la cui idea esemplare è Gn 1,26 che egli identificò col
nous (l'intelletto) che, secondo lui, propriamente definisce
Per una esauriente comprensione del pensiero di Paolo l'uomo. L'uomo vero è definito dall'intelletto e pertanto il
sull'uomo, è necessario conoscere il contesto culturale suo bene supremo non può essere che quello dell'intellet-
antropologico extrabiblico col quale egli operò una co- to; i beni corporali egli non li considera come subordina-
stante dialettica. Tale contesto costituì il punto di riferi- ti all'intelletto ma come falsi in sé (De virt. 1,187;
mento dell'antropologia cristiana antica, sia riguardo ai Quaest. in Genesim 3,16). L'intelletto viene inteso nel-
@ l'uomo attuale, come « l'uomo nell'uomo » (De cong.
contenuti che riguardo allo stesso linguaggio in cui essa
si espresse. In particolare va considerato il pensiero del 18,7), l'uomo in noi (De somn. 2,40,267) (11). Filone
giudeo alessandrino Filone, quello rabbinico, quello greco pone perciò una triplice gradazione tra gli uomini: 1.
e gnostico. l'uomo comune che ha un nous definito gumnos cioè
spoglio la cui coscienza non è organizzata, è quasi nulla
(De opif. mundi 134); 2. l'uomo vero (pros aletheian anth-
ropos) che ha il nouselenckos cioè la coscienza riflessa
1. «L'uomo celeste >> di Filone
mediata dalla ragione (Det. 22) (12); 3. l'uomo ad immagi-
La polemica di Paolo di 1 Cor 15,47, in cui si esclude che ne (kat'eikona anthropos), il modello ideale dell'uomo
l'uomo attuale sia celeste, si comprende nell'ambito del concreto, è l'uomo santo (De virt. 201). Filone ha presente
pensiero antropologico filoniano. Filone infatti distingue- il passaggio dialettico dalla coscienza immediata a quella
va nettamente (C l'uomo celeste » e « l'uomo terreno ». Egli, mediata dalla ragione e infine a quella mistica che culmi-
accostando e opponendo Gn 1,26 e 2,7, proponeva la na nella contemplazione. Se Adamo di Gn 2,7 è solo
distinzione tra due tipi di uomini in cui l'uomo celeste plasmato, il nous ha tuttavia posto nell'uomo la sua di-
precede quello terreno. <C Vi sono - egli scrive - due mora (De opif. mundi 69) costituendo la parentela del-
generi di uomini: uno infatti è celeste, l'altro è terreno. l'uomo col divino, quel pneuma divino che è immortale
I1 celeste è stato fatto secondo l'immagine di Dio, senza
aver parte a ciò che è mortale e terrestre. I1 terreno (10) A Corinto si tentava d'identificare l'uomo celeste col Cristo
risorto.
invece è stato formato con materia dispersa, che (la (11) Questo tema sarà ripreso dagli gnostici (Excerpta ex Theodoto
Scrittura) chiama terra. Perciò non dice (la Scrittura) che 51,l) e lo si ritroverà in Agostino, De vera relig. 39,72: « in inte-
il celeste sia stato plasmato (peplasthai), ma che è stato riore homine habitat veritas D.
formato ad immagine di Dio, mentre il terreno è solo (12) Altri testi sull'a uomo vero D sono in De plant. 10,42; De somm.
1,37, 215. Tale idea si avrà anche in Plotino, Enneadi 1,1,7.
(Quis rer. div. her. 259ss). I1 corpo e le sue sensazioni 3. Le dicruccioni in Grecia sull'uomo
sono considerate da Filone non in relazione alle compo-
nenti dell'uomo vero, bensì come mediazione oggettiva Benché i greci non avessero il termine antkropologia per
per conoscere se stessi (De spec. Ieg. 1,2), la quale porta indicare il discorso s~~ll'uomo, e i corrispettivi anthropo-
alla conoscenza del principio egemonico dell'universo, logein e a~zthropologosavessero solo il senso di « rappre-
cioè di Dio e delle sue opere (De nzigr. Abrah. sentare in forma umana », portarono tuttavia un grande
33,185-34). contributo all'antropologia nei trattati « sulla natura del-
l'uomo » (14). A base della loro riflessione vi fu la CO-
scienza che l'antropologia è inseparabile dalla teodicea e
2. L'Adam del tal-do-Giudaicins viceversa per cui: come esiste un rapporto costante tra
I'uomo e il cosmo sino a capire l'uomo come microco-
La svalutazione di Adamo « primo uomo », rispetto all'ul- smo; così ne esiste uno similare tra l'uomo e Dio per cui
timo Ada-mo che si ha in Paolo, va forse situata anche l'uomo è un dio in miniatura e Dio un uomo al superlati-
nella polemica con la concezione dell'Adam prelapsario di vo. I1 pensiero greco espresse l'inseparabilità tra l'antro-
natura gloriosa, che si aveva nel giudaismo ra-bbinico ed pologia e la teodicea, che poi divenne propria del cristia-
apocalittico. In tale prospettiva si comprendono gli apo- nesimo, con la categoria della syngeneia o parentela del-
crifi (cfr. Strack-Eillerbeck 11, 702; 111, 325; Ivi 887, 940, I'uomo con Dio. Questa tesi, accettata dal platonismo e
947) e la fede che si aveva a Qumran in una reintegrazio- dallo stoicismo, difese la presenza dell'elemento divino
ne degli eletti « in tutta la gloria di Adamo » (1 Qs 4,23). nell'uomo. Esso si ha nella sua parte più alta che è
Adamo aveva una statura cosmica che poi perse col suo l'anima e anzi, più precisamente, nella parte più nobile
peccato. Da allora ingloba in sé due figure: 1'Adam che 6 dell'anima che è il ~.zous(l'intelletto). La struttura stessa
non ha perso l'immagine di Dio e 1'Adain che ha coinvol- dell'uomo comporta perciò, come suo costitutivo, un ele-
to i discendenti nel suo peccato. Viene tanto esaltata la mento divino che è il suo intelletto e la cui conoscenza
dignità di Adamo in quanto immagine di Dio, da ritenere porta a Dio. Questa tesi del platonismo, che è sviluppata
che la caduta di Satana fu causata dal rifiuto di venerare la prima volta nel I Alcibiade, definisce l'uomo non in
tale immagine in Adam (Vita Adnm 12-17). Dopo Paolo il relazione al corpo ma alla sua anima. Alla domanda:
giudeo-cristianesimo assorbì tale speculazione attraverso « Cos'è dunque I'uomo? si risponde: Poiché l'uomo non è
le Pseudo-cie~7zentiu7e,nelle quali Adamo è immortale, né il corpo né corpo-anima ... non rimane che sia solo
possiede una conoscenza universale, ha già lo Spirito di l'anima (I Alcibiade 129e 130e) (15). Conoscere infatti il
Cristo (Ho~n.3,18.20; 8,lO). Se in Paolo, che insiste sugli nostro corpo come sono usi farlo i medici e i ginnasti,
stadi successivi dell'uomo per cui egli passa da uno sta- non è conoscere se stessi ma solo ciò che ci appartiene.
dio psichico a uno pneumatico, Adamo non ha grande
rilievo antropologico, in Ireiieo ne acquisterà uno parti-
(14) Di Trattati Peri physeos anthropou (sottotitolo del I Alcibiade)
colare perché Adamo sarà visto non come antitipo di si ha conoscenza di quelli di Porfirio, di Nemesio di Emesa, di uno
Cristo ma come tipo dello stesso Cristo (13). attribuito ad Aristotele, di un altro a Zenone di Cizico. In essi la
costante è che l'uomo si definisce come psyche e questa, a sua
volta, è definita dal nous. Esisteva invece, presso i greci, la voce
teologia » o discorsi su Dio (cfr. A. J. Festu,gière, Pour I'histoire
du mot Theologia, in La révélation dlHermès Trismégiste 11, Pa-
ris 1949, 598-605). L'etimologia di anthropos si ha nel Cratilo (399~).
(15) Nella Repubblica IX, 588b-589a Platone ripartisce l'anima in epi-
thymetikon, thymoeides e logistikon (sensitiva-animale-intellettiva)
(13) La linea paolina della svalutazione del primo uomo influirà in e tratta pure dell'uomo interiore ( o entos anthropos) cioè la fa-
modo particolare su Taziano, che prospetta la dottrina della danna- coltà razionale che definisce l'uomo. Va notato che la paternità
zione di Adamo. platonica del I Alcibiade è messa in dubbio da alcuni.
I1 suo studio contiene le radici stesse del pensiero antro-
Conoscere l'anima perciò è conoscere se stessi ed è co-
pologico sia greco che cristiano (17). Aristotele, pur rifiu-
noscere Dio n (ivi 133 a-C).La tesi centrale del primo Alci-
tando la teologia affermativa perché non vedeva la possi-
biade (l'uomo è la sua anima) venne recepita: nel dia-
bilità di una reciprocità tra Dio e l'uomo (Eudemo
logo pseudoplatonico Axiochos, che fu forse la fonte del
7,10,124b), professa una homoiosis con Dio nella affinità
primo libro delle Tusculane di Cicerone riguardante ap-
dell'intelletto umano con quello di Dio. Dio infatti, essen-
punto l'antropologia; da Aristotele nel Protrettico dove do movimento del tutto, lo è anche dell'anima umana,
definisce l'uomo in relazione alla sua parte pensante cioè
che può imitare Dio nella sua bontà solo contemplandolo
al nous (il supremo principio cui tutto è subalterno es- (Eudemo 8,2,1248a e Metafisica 1).
sendo la parte egemone della psyche); da Plutarco che Tale corrente antropologica, che esaltava l'uomo sino a
trasferisce all'antropologia la costituzione cosmologica
divinizzarlo e che aveva avuto il suo caposcuola in Eracli-
ternaria del Timeo (30b) (16); da Plotino (Enneadi 1,1,10); to per il quale l'uomo è un C dio corporeo e mortale »
e ancora da Porfirio e da Proclo: un intero filone antro- (Poimandres 10,25), un C prodotto celeste e non terreno »
pologico che, passato nel cristianesimo, ebbe tanta parte (Dione Cassio, Hist. fr. 28,3), ebbe nell'antichità un suo
soprattutto nella scuola alessandrina e nello stesso Ago-
oppositore in Antioco di Ascalona. Egli contestò sia la
stino. In ambito platonico l'uomo è la sua anima intellet- divinizzazione stoica dell'uomo che C congiungeva l'uomo
tuale e il nous è l'immagine dell'uomo in sé. Anche se si a Dio N (Cicerone, Lucullus 45,139), sia l'homoiosis plato-
conosce la triparlizione dell'uomo in soma-psyche-nous, il
nica che riteneva possibile congiungere la mente umana
corpo non fa veramente parte dell'uomo vero (espres-
con quella divina (Cicerone, Tuscolane 5,13,38). Alla co-
sione di Plotino, Enneadi 1,1,7; 5,1,10; 3,3).
noscenza dello spirito egli oppose quella del corpo; alla
La coscienza della parentela dell'uomo con Dio nella sua
separazione dell'anima dal corpo egli oppose il desiderio
parte intellettuale sviluppò un altro concetto antropologi-
che l'uomo ha di vivere unito al suo corpo.
co, quello della honzoiosis o della somiglianza dell'uomo
I n ambiente romano fu Cicerone ad operare un compro-
con Dio, benché nei limiti del possibile, secondo l'espres-
messo tra lo stoicismo e il platonismo e ad accogliere, in
sione del Teeteto (176b) platonico. Tale homoiosis implica
qualche modo, le richieste di Antioco di Ascalona. Egli,
lo sforzo d'assimilazione da parte dell'uomo costituendo-
nel rispondere alla domanda che sia l'uon~o,prende in
ne il suo stesso telos o fine. È il tema del ritorno a Dio
considerazione nel De finibus quale sia il suo bene som-
del divino che è nell'uomo. Esso si risveglia in lui soprat-
tutto nei momenti di preghiera e rende possibile il suo mo (De finibzns 4,lO). La vita beata risiede nella virtù
riunirsi allfAssoluto. Nel contesto della categoria dell'ho- dello spirito; la vita beatissima però richiede che si abbia
anche la vita del corpo (ivi 5,24,71). Benché quindi l'uo-
moiosis nacque la teologia antropomorfa x. I n tale am-
bito si sviluppò, soprattutto in ambiente cristiano, i'alle- mo sia essenzialmente solo la sua anima (animus-mens-
ingenium-ratio) il corpo entra, anche se al secondo po-
goria alessandrina, e la teurgia del tardo platonismo che
si pose come divinizzazione dell'uomo sul piano operativo sto, nella costituzione tripartita del suo sommo bene.
oltre che su quello dell'homoiosis. La teologia affermati-
va, rispetto a quella negativa che sosteneva la disconti- 4. Gli Gnostici
nuità tra ciò che è umano e ciò che è divino, aveva una
dimensione naturalmente antropologica. Gli gnostici, riguardo all'antropologia, nell'ambito di uno
schema culturale platonico, ponevano all'origine un an-
(16) Egli scrive: « L'uomo ha un intelletto, un'anima, un corpo for- thropos ultraterrestre che aveva la priorità sull'uomo
niti rispettivamente dal sole, la luna e la terra alla sua nascita e
resi, con la morte, a ciascuno di questi tre luoghi. M a cos'è l'uo-
mo? ciò che in lui ragiona e pensa cioè l'intelletto » (De facie in (17) I termini platonici, che espri~mevanola parentela dell'uomo con
orbe lunae 30, 944F-945A; vedi anche 28, 43A). Nel Filebo (28c) il Dio, utilizzati poi dai cristiani, furono: syngeneia-homoiosis-methe-
nous è il re del cielo e della terra. xis-Theios aner-athanasia.
terrestre, considerato l'uomo celeste decaduto, appesantito I sistemi gnostici leggevano Gn 1,26 e 2'7 nell'ambito
ormai dalla materia. Mentre in Paolo l'uomo attuale è psi- della loro speculazione. I valentiniani nell'uomo di Gn
chico e l'uomo pneumatico è solo futuro; negli gnosti- 1,26 vi vedevano l'uomo ilico di Gn 2,7 e ciò perché essi
ci si Iia una svalutazione dello << psichico n che, tuttavia, distinguevano l'uomo fatto a immagine del Demiurgo
coesiste col << pneumatico » benché si tratti di due principi (l'uomo ilico); e l'uomo fatto a somiglianza (l'uomo psi-
opposti, in lotta tra loro. I1 soma inoltre, che in ~ a o l ome- chico), 1'Adam che aveva ricevuto il soffio vitale cioè
diava il passaggio dell'uomo psichico a quello pneumatico, quel seme spirituale che, attraverso la generazione celeste
rappresenta, nel sistema gnostico, l'infimo grado di vita della gnosi, avrebbe potuto raggiungere il divino dal qua-
umana destinato a essere riassorbito dalla terra. I valen- le era caduto. Cristo ha la funzione di far raggiungere
tiniani distinguevano gli uomini in tre classi: ilici-psichi- all'uomo tale gnosi. Le tre classi di uomini (la ilica domi-
ci-spirituali dei quali solo gli ultimi erano destinati alla nata dalle passioni e dall'istinto; la psichica, che ricono-
vera vita (Excerpta ex Theodoto 56,3). Per comprendere sce il postulato etico, e quella spirituale degli gnostici)
questa concezione va tenuto presente il loro principio erano viste nella Genesi cc. 1-2 dove il Demiurgo, alitato
basilare del dualismo escatologico, che si manifestava nel- in Adaino l'elemento psichico e dopo averlo rivestito di
la trascendenza di Dio (il principio divino del tutto) e nel una tunica di pelle, cioè dell'elemento carnale e sensibile,
sistema gerarchico di potenze intermedie che separano il al momento della creazione immise in lui un seme
mondo da Dio. La emanazione è vista come caduta dal C( pneumatico che, attraverso la gnosi, lo avrebbe rian-
livello del divino: è l'origine del peccato, del male, di nodato al divino (in Ireneo, Adv. lzaer. 1,5,5).
tutto ciò che è corporeo. L'uomo, legato alla possibilità di La svalutazione dell'uomo a immagine di Dio, fatta dagli
un esistenza corporea, può avere la speranza di rianno- gnostici, provocò un confronto dialettico con i grandi
darsi al divino nella potenza mediatrice di liberazione che pensatori cristiani antichi sia della scuola asiatica che di
gli comunica la gnosi, la quale, nella visione cristiana, s'iden- quella alessandrina, dando grande sviluppo alla antropo-
tifica con Cristo. Nei cc. 12-13 del I trattato del Corpus logia cristiana.
Hermeticunz (gnosi non cristianizzata) si hanno i linea-
menti dell'antropologia del Poimandres. L'uomo attuale è
frutto di un'unione dell'uomo-archetipo con la natura.
La natura - viene spiegato - ricevette dall'etere il
soffio (pneuma in senso cosmologico) e produsse i corpi
secondo la forma dellJUomo. E così l'Uomo, da vita e luce
che era, divenne anima e intelletto (psiche e nous) (CH
1,17) ... È per questo che, unico tra i viventi che abitano
la terra, l'uomo è duplice: mortale quanto al corpo, im-
mortale quanto allJUomo essenziale D (CH 1,15). I1 Libro
dei Naasseni, che utilizza materiale giudeo-cristiano, scri-
ve a sua volta: Affinché il grande Uomo celeste (o me-
gas anthropos anothen) ... fosse completamente asservito,
gli è stata data anche un'anirna, affinché per mezzo del-
l'anima soffrisse e fosse punito in servitù l'essere creato
del grande bellissimo uomo perfetto (7,7) ... Precipitato
dall'uomo primigenio superiore Adamas ... nell'opera di
oblio, di terra (7,36), (si richiede perciò) la generazione
spirituale, celeste, superiore (8,41) (in Ippolito, Confuta-
t i V,
~ 7,2-9,9).
spettiva, non assorbe in sé l'uomo fatto dal limo, solo ne
I capitolo terzo
diventa il modello etico cui tendere, anzi è la stessa via
gli sviluppi antropologici del ritorno a ciò che egli veramente è. Questo indirizzo
di Genesi l , % ; 2 , 7 antropologico si misurò soprattutto col platonismo, deli-
e di Paolo neando un'antropologia metafisica che non dava molta
attenzione all'uomo storico e che ebbe, nel cristianesimo,
la sua ultima espressione nell'ipotesi antropologica del-
l'uomo della « natura pura » (18).
L'indirizzo antropologico asiatico-antiocheno pose invece
in primo piano l'uomo della storia fatto dal limo della
terra, il quale in tutto il suo plasma, non quindi solo in
una sua parte, è immagine di Dio. Nel Verbo incarnato
c'è non solo il modello etico dell'uomo ma l'uomo, imma-
gine di Dio. In questo schema la cristologia diventa prin-
cipio ermeneutico dell'antropologia. Ireneo lo espresse in
I questi termini: Dio sarà glorificato nel suo plasma reso
Gli sviluppi dell'antropologia biblica furono, nell'antichità conforme e simile al Figlio suo D (Adv. haer. 5,6, 1). Si-
cristiana, fondamentalmente due: uno nella linea di Gn milmente si espresse l'antiocheno Diodoro di Tarso, in
1,26 e l'altro nella linea paolina di un'antropologia anco- polemica aperta con gli alessandrini: C Alcuni hanno pen-
sato che la creazione dell'uomo, come immagine di Dio, si
rata alla cristologia.
Dalla semplice affermazione dei Padri Apostolici che riferisca all'invisibilità dell'anima. Essi non hanno com-
l'uomo di Gn 2,7, plasmato dalla terra, è il medesimo di preso che anche l'angelo e il demonio sono invisibili, In
Gn 1,26, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, si passa che senso allora l'uomo è immagine di Dio? perché ha il
ad una duplice linea di sviluppo della antropologia cri- dominio n (In Gn 1,26: PG 33,1564). L'essere ad immagine
l di Dio non coincide quindi con le facoltà intellettive del-
stiana. Se, in generale, venne recepito lo schema dicoto- I
mico greco dell'uomo corpo-anima, questo non venne tut- l'uomo. Questo, in tutto se stesso, così come si presenta
tavia a configurarsi in una netta separazione dualista, e nella sua somaticità, è immagine di Dio, dice cioè rappor-
ciò in base alla fede comune nella risurrezione dei corpi to a un principio che lo trascende (Dio). I1 dato origina-
e nell'incarnazione del Verbo. I1 pensiero cristiano perciò, rio creativo è pertanto comune a tutti gli esseri; ciò che
sulla base della fondamentale unità dell'essere umano, li distingue e li specifica è la diversa destinazione. Questa
quale si Iia nel racconto biblico della creazione, prese scuola lesse, in altri termini, Gn 1,26 sotto l'influsso della
nell'antropologia una duplice direzione: ora accentuando fede nell'incarnazione del Verbo nel contesto di Gn 2,7.
l'elemento razionale dell'uomo (la tradizione alessandrina
e occidentale); ora dando maggior rilievo alla plasis o (18) L'espressione tecnica latina fu in seguito N homo in puris na-
turalibus m e cioè un uomo senza grazia e senza peccato, affidato
alla formazione stessa del corpo umano (la tradizione I alle forze naturali-creaturali di u essere umano n.
asiatica ed antiochena). L'indirizzo antropologico ales- l Storicamente, stando al dato biblico, tale uomo m non è mai esi-
sandrino cercò di definire l'uomo in relazione al suo co- stito, viene però utilizzato come ipotesi di ricerca nell'antropologia
stitutivo essenziale, il nous, descritto per essi in Gn l, 26, per precisare, in qualche modo, il mondo della libertà dell'uomo
l'uomo cioè immagine e somiglianza di Dio che è I'uomo rapportato a quello della trascendenza divina. Questa ipotesi venne
molto utilizzata dalla tarda scolastica, dopo il periodo della Rifor-
spirituale e perfetto il quale, nell'esistenza concreta, deve ma (V. Grossi, Buio e Bellarmino interpreti di S. Agostino nelle
sperimentare il limite dell'uomo di Gn 2,7 fatto dal fan- questioni del soprannaturale, Roma 1968). I1 voler riallacciare tale
go, limite dal quale l'uomo perfetto deve affrancarsi fa- impostazione all'antichità cristiana, in particolare ad Agostino, non
cendo leva su di un'ascesi continua. Cristo, in tale pro- 1 ha fondamento storico.
L'immagine di Dio nell'uon~oè quindi da riferirsi all'uo- greci nel definire l'uomo come il microcosmo che ingloba
mo intero e perciò anche al suo corpo. A tale proposito i quattro elementi dell'universo secondo il pensiero di
Ireneo induce in Gn 1,26 una distinzione che non è origi- Empedocle (Diels I, fr. 6, 8, 9; 112-148), pongono soprat-
naria del testo biblico e intende immagine come riferi- tutto l'accento sulla presenza dello spirito nell'uomo,
ta al costitutivo naturale dell'uomo; e somiglianza » alla quello spirito divino D che rende simili a Dio (Taziano,
sua vita nello Spirito. Cristo, in prospettiva antropologica, Oratio 12, l), che si oppone allo C spirito materiale D (ivi,
rappresenta l'uomo concreto immagine-somiglianza P che 4,2). Teofilo, più che rilevare la dualtà corpo-anima, op-
diviene via al divenire dell'uomo (C immagine-somiglianza » pone al cristiano l'uomo in genere.
di Dio. Lo Spirito, benché non appartenga al costitutivo Questi può arrivare sino alla morte disobbedendo a Dio;
umano fa sì, storicamente, che egli diventi ciò che deve il cristiano invece, avendo l'anima santificata dallo spirito
essere. Per tale motivo Ireneo afferma che tre elementi di Cristo, vive (Ad Autolicum 2,13 e 24). Melitone dal
fanno l'uomo: la carne, l'anima e lo spirito (Adv. haer. canto suo, rileva che l'anima cristiana riceve il sigillo
5,9,1). Si tratta di una concezione antropologica a livello dello Spirito (Sulla Pasqua 54,397-402). I n tale contesto si
storico-dinamico. L'uomo non è il suo costitutivo creatu- comprende quanto scrivono Aristide: K L'uomo si compo-
rale, egli è ciò che diverrà, perciò egli non è solo CC opera ne di quattro elementi e consta di anima e di spirito 9
di Dio nel senso di essere creato da Dio, ma soprattutto (Apol 7 , l ) e Taziano: CC L'uomo non è, come sostengono
pegno (Tert. De resurr. carnis 6,5), anzi pegno dello quelli dalla voce di corvo (i pagani), un animale razionale
Spirito D come precisa Ireneo (Adv. haer. 5,8,2). capace di intelletto e di scienza ... l'uomo è soltanto irn-
All'interno delle grandi scuole del cristianesimo antico, in magine e somiglianza di Dio (Or 15; vedi anche Atenago-
particolare quella alessandrina e asiatica, vanno collocate ra, De resurr. 12; A Diogneto 10,2; Giustino, Dial. 4,2-3).
personalità che compendiano, praticamente, l'intero svi- Negli apologisti, l'essere a immagine di Dio non coincide
luppo dell'antropologia cristiana. Esse sono: Giustino, con la facoltà razionale dell'uomo, ma può essere com-
che fa da cerniera tra l'antropologia biblica e quella gre- preso solo in un orizzonte più vasto, quello dello spirito.
ca; Atanasio, quale erede della tradizione alessandrina e Ma vediamo più particolarmente in Giustino come ebbe
asiatica che si colloca tra l'oriente e l'Occidente cristia- inizio quella dialettica cristiana col mondo greco che por-
no; Agostino, quale ultimo grande pensatore dell'antichi- tò allo sviluppo di una nuova concezione dell'uomo.
tà, che distingue definitivamente l'antropologia dalla co-
smologia, per cui l'uomo interroga direttamente se stesso a) La Logosantropologia di Giustino
per decifrare chi egli sia e filtra, attraverso se stesso, Giustino, nella sua concezione dell'uomo, utilizza elementi
l'intera realtà che avvicina, Dio non escluso. biblico-semitici ed elementi ellenistici, stabilendo tra loro,
allo stesso tempo, rapporti di R prossimità n e di C allon-
tanamento D che costituiranno la dialettica costante del-
1. Gli Apologicti - Il filosofo Giustino l'ulteriore sviluppo della antropologia cristiana. Alla base
della speculazione antropologica giustinea vi è il Logos:
La dottrina antropologica di Giustino si pone all'interno logos spermatikos (espressione di origine stoica) che de-
dei primi apologisti cristiani. Essi contribuirono a diffe- signa la realtà divina e sperma tou logou che designa la
renziare il cristianesimo dal giudaismo e a proporlo al realtà umana (così Holte sulla base di Apol. 11, 8,3 e
mondo greco-romano, dando inizio a un vero confronto 13,3) anzi, secondo Waszink, il Logos-Cristo inteso nella
culturale con i due mondi. In loro si ha già il tentativo di categoria della Verità e il Logos spermatikos che indica
un superamento della comprensione greca dell'uomo co- la presenza di tale verità nell'uomo, come è indicato nel-
me pura razionalità, quale animale razionale mortale, 1'Apol. I, 44, 11 (19).
capace di intelletto e di scienza D come lo pensava Plato-
ne (Definit. 415B). Perciò essi, mentre si accumunano ai (19) R. Holte, Logos Spermatikos. Christianity and Ancient Philo-

37
La creazione dell'uomo va vista nello schema comune psichica non nato da Maria ma solo passato attraverso di
della creazione del tutto, dove però il Logos incarnato ha Lei, come sostenevano gli gnostici, (Apol. I, 5'4; 23'2;
un particolare rilievo per l'essere umano (Apol. 1, 20,2; 46'5; Dial. 98, l), in ogni uomo è da considerarsi sperma
26,5; 59,5; 11, 10,6). Benché quindi l'ambito dell'antropo- tou logou (seme del Logos), perché il seme del Verbo
logia di Giustino sia quello cosmologico greco, l'uomo, in in quanto principio di razionalità universale è insito rn
ragione del suo rapporto col Logos, è l'organizzatore del tutta la stirpe umana N (20).
cosmo e il suo protagonista, fino al compimento escatolo- L'uomo perciò, in virtù della creazione, ha una parentela
gico. In tale visione della realtà Giustino pone le base di col Logos divino, egli appartiene alla sfera del divino,
un'antropologia cristiana che tiene conto della libertà del- che anzi va definito come animale razionale (logikos)
I'uomo, del suo legame con Dio quale sua origine e fine, cioè in riferimento al Logos (Dial. 93,3), e può vivere
della umanità nel suo complesso legata da un comune una vita secondo ragione o secondo il Logos (Apol. I,
destino storico-escatologico. I1 legame ermeneutico della 10,4). I1 legame creaturale tra l'uomo e il Logos (Apol. 11,
sua antropologia fu quindi la sua concezione del Logos 10,l) si concretizza nel Verbo incarnato. Questi insegna
che egli assimilò dal platonismo, dallo stoicismo e dal agli uomini la vera filosofia, permettendo loro di vivere se-
giudaismo. I1 Nous platonico, infatti, s'identificava con il condo il Logos e di tornare al Padre, fine (telos) dell'essere
pneuma stoico e con la sapienza giudaica, tre termini umano. L'anthropos sarkikos prende coscienza dal Verbo
usati allora per spiegare il cosmo e I'uomo. Avendo pre- incarnato di doversi adeguare e trasformarsi secondo il
sente in Giustino tale sincretismo ne delineiamo l'antro- suo modello, il Logos incarnato.
pologia. Questi, ricapitolando in sé il cosmo realizza, mediante la
sua funzione di sacerdos, l'umanizzazione e divinizzazione
b) L'« anthropos sarkikos e la sua parentela con Dio del creato. L'uomo, nella misura in cui esercita ragione-
volmente » (secondo il Logos) tale funzione, si perfeziona
Giustino intende l'uomo, ad immagine e somiglianza del a immagine e somiglianza di Dio. Perciò egli, rispetto al
Logos e creato per mezzo di Lui, nell'ambito del principio creato, non è solo parte del tutto, anche se la più emi-
greco della trascendenza divina che non può rivelarsi di- nente così come dell'uomo pensavano gli stoici, ma all'in-
rettamente. I1 Logos come è principio operativo del crea- terno della realtà creata rimane l'unica possibilità di me-
to è anche rivelazione di tutto ciò che esiste: tutto porta diazione tra Dio e il cosmo. I1 mondo è il luogo dove
l'orma del Logos. Se nel Cristo tale rivelazione assume l'uomo può realizzare, con la sua vita virtuosa, l'imitazio-
proporzioni di Logos incarnato, cioè di vero corpo umano ne di Dio (Apol. II,4,2-3). In altri termini Dio si relaziona
e non solo di spirito umano o di un corpo di natura al cosmo mediante I'uomo che diviene perciò sacerdote
dell'universo (Apol. I, 10,2), e senza di lui rimarrebbe
sophy according St. Justin's Apologies, StTh 12 (1958) 109-168; .T. H. estraneo al creato.
Waszink, Bemerkungen zu Justinus Lehre vom Logos Spermatikos, Scrive Giustino: Dio non creò il mondo senza uno sco-
in Mullus (Fest. Th. Klauser) 1964, pp. 380-390. I1 Lopos in dimen- po, bensì per il genere umano; ... egli si compiace di colui
sione cristologica è il Logos spermatikos; in dimensione antropo-
logica è lo sperma tou logou. Lo stoicismo invece identificava il
che cerca di imitare le sue virtù ... Se ci uccidessimo
Logos divino e quello dell'uomo; per Giustino l'uomo conosce Dio tutti ... nessuno più si istruirebbe negli insegnamenti di-
perch6 partecipe del Logos divino, nell'uomo vi è il seme del vini » (Apol. 11, 4,2-3). Come il Logos è punto d'incontro
Verbo come in tutti gli uomini vi sono semi del Verbo (Apol. dialogico tra Dio e la creazione (Apol. I, 61,l); così l'uomo,
11, 8, 3, e I, 44, 10). Se nello stoicismo si vedeva una sostanziale in particolare il cristiano, che è illuminato dal Verbo incar-
identità tra la razionalità umana e quella divina, cioè tra il Logos
spermatikos e lo sperma tou logou; in Giustino si afferma che il nato (Apol. I, 62 e 65 ,l; 11, 8 , 3 ; Dial. 138,2), è il punto
Logos h a seminato negli uomini semi del Logos (Apol. 11, 13, 5 ) . d'incontro tra Dio e il cosmo, egli cioè è i'iereus del
Egli applica, in questo caso, all'essere u~manola teoria stoica dei
Iogoi spermatikoi, presenti in tutti gli esseri. (20) Apol. 11, 13, 5 .
cosmo. E perché l'uomo svolgesse tale funzione venne Due passi presi dal trattato Sulla ~ i s u r ~ e z i o npossono
e
creato diversamente dagli altri esseri: gli venne data la fare piena luce sulla sua concezione antropologica: « A
libertà (Apol. I, 43,3 e 8) e una natura interamente rap- costoro (che negano la risurrezione della carne) che
portata al Logos (Apol. II,10,1). sembrano ignorare l'opera di Dio e la plasmazione del-
In base a tale visione antropologica Giustino respinge la l'uomo alla sua origine ... Non dice I'oracolo (Gn 1,26):
duplice creazione dell'uomo proposta da Filone e dagli Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza »?.
gnostici: l'uomo a immagine e somiglianza di Gn 1,26 Quale? Allude certamente all'uomo carnale (anthropos
distinto dall'uomo dal limo terrestre di Gn 2,7. Per Giu- sarkikos). Poi dice l'oracolo (Gn 2,7): « E Dio prese il
stino Gn 2,7 va letto nell'ambito di Gn 1,23. Esiste l'uo- limo della terra e formò l'uomo P. Pare dunque chiaro
mo intero, l'anthropos sarkikos che è immagine di Dio ed che l'uomo modellato a immagine di Dio era carnale (C.
è opera sua e noil quindi di angeli come voleva il giu- 7). N Non è forse l'uomo, l'anima razionale (loghikos),
daismo; né il frutto di una caduta dell'uomo originario composto di anima e di corpo? L'anima è di per sé l'uo-
come volevano gli gnostici (21). Su questa esegesi di Gn mo? No, essa è l'anima dell'uomo. Ma chiameremo uomo
2,7 Giustino fondò la sua tesi della parentela dell'uomo il corpo? No, solo corpo dell'uomo. Dunque nessuno dei
con Dio (Dial. 4,l-2) di cui Platone aveva parlato nel due è, di per sé, I'uomo ... che risulta dalla composizione
Protagora (3.22a) e che poi sarà tradotta da Tertulliano di ambedue. Dio infatti chiamò I'uomo alla vita e alla
nell'anima naturaliter christiana di ogni uomo (Apolog. risurrezione, non quindi una sua parte ma il tutto forma-
18,6; De testimonio animae 1,5ss). Per Platone tuttavia to dall'anima e dal corpo » (C. 8; vedi pure C. 10 e Dial.
tale connaturalità si limitava al nous in quanto particella 6 1 ) (23).
del nous sovrano; per Giustino invece si tratta di una Nell'anthropos sarkikos di Giustino non si ha: l'opposi-
« connaturalità con la Ragione divina disseminata nel zione platonico-stoica del corpo carnale al nous scintilla
mondo (Apol. 11, 13,3) che consente, in forza di una vita
virtuosa e giusta, di poter conseguire l'imitazione di Dio menta aveva la connotazione cosmolo~gicadel rapporto t r a la realtà
(Dial. 4,3) (22). terrestre e il mondo delle idee, così il tempo (C imita » l'eternità,
il visibile D l'invisibile; era sinonimo di immagine (eikon). Quin-
(
,

di si passò a una eticizzazione di tale concetto anche negli autori


(21) Tale distinzione, che alcuni ricavavano anche dai verbi diffe- cristiani. L'uomo, ricevuto dal Logos u n <C seme razionale n, è chia-
renti usati nella Genesi, Poiein (Gn 1,26 = l'uomo fatto o creato) mato a realizzarsi sino alla visione di Dio. Vengono immesse in
e plassein (Gn 2,7 = l'uomo plasmato dal fango), oltre che da lui physikai ennoiai (nozioni naturali) perché gli siano da guida
Giustino (Dial. 40,l; 61,2) non è accolta nel sec. I1 da altri autori (Dial. 93,l; 141,l). L'uomo, dotato così di libertà e di retta ragione,
(ad es. Clemente Romano, 1Cor 33,4 ss.; A Diogneto 10,2; Ireneo). può costruire la sua storia imitando il Verbo incarnato (Apol. I,
Essi rilevano come il corpo dell'uomo sia opera creatrice di Dio 10,4; 12,7; 47,2; 11, 2,4; 7,8-9). I1 cristiano, rispetto agli altri uo-
alla pari dell'anima, privo quindi di qualsiasi connotazione negativa. mini. sul uiano della ricerca della verità che auesti conoscono uar-
(22) L'imitazione di Dio è espressa da Giustino con la categoria zialmente-(apb merous) e oscuramente (amuoros), può conoscere
stoica dell'apatheia (impassibilità, attributo di Dio per connotarne uienamente il Logos rivelato nel Cristo. Giustino precisa così il
la trascendenza) nel significato di vivere secondo il Logos (Apol. Suo pensiero: a ~ u t t igli autori, mediante il seme innato del Lo-
I, 13,4; 20,2; 25,2; 11, 8 , l ; 13,3; Dial. 88,5; 1242). Esprimeva nei gos, insito i n loro, hanno potuto intravedere oscuramente la realtà.
platonici e in Filone il dominio del nous sulla sensibilità (De vita Ma una cosa è il seme (sperma) e l'imitazione concessa secondo la
Moisis 1,48; 2,211 ; Leg. Alleg. 3,129) e, nei valentiniani, indicava capacità (mimema), un'altra cosa è l'oggetto della sua partecipazio-
l'applicazione della Krasis stoica alla deificazione dell'uomo, che ne e della sua imitazione elargito per pura grazia (Apol. 11, 13,6).
comportava una trasformazione sia nell'anima che nel corpo. Giu- (23) Giustino per indicare l'uomo usa due espressioni: [« L'anima
stino, nella partecipazione dell'uomo al Logos usa due termini: (psyche) è nel corpo(soma) m: Dial. 4,4) ; « nella forma d'uomo »
sperma tou logou (la partecipazione che il Logos fa di sé allo spi- (en anthropou eidei): Dial. 5,l) 1 che indicano la totalità dell'uomo
rito umano non a livello di sostanza bensi di coscienza interiore, (anima-corpo) la cui forma (eidos), cioè la parte esterna che si
di capacità umana di conoscere Dio, come nous); minzema che, vede, indica allo stesso tempo l'anima razionale che è in lui.
come orientarsi verso un modello da imitare, specifica in Giustino Notiamo che il trattato Sulla risurrezione è di dubbia attribuzione
sperma tou logou quale impulso che sollecita I'uomo a d aderire a Giustino.
a Dio a imitazione del Cristo, il Logos incarnato. I n Platone mi-
divina, ma la distinzione di uno C( sperma carnale da va capito come un tutt'uno e non una sua parte, perciò:
uno sperma tou Zogou e non per indicare una svalorizza- « L'anima e lo spirito possono essere una parte dell'uomo
zione dell'elemento materiale bensì una diversa animazio- ma mai l'uomo D (Adv. haer. 5,6, 1). L'uomo perfetto si
ne possibile del vivere dell'uomo; né la concezione plato- compone di tre parti: carne-anima-spirito » (ivi 5,9,1). Se
nica dell'anima bidimensionale: una sensibile ed inferio- quindi il corpo è parte dell'uomo, anzi la più esposta a
re, l'altra intellettiva e superiore, sede del nous. Nella essere salvata perché la più debole, esso va considerato
stessa visione tricotomica dell'uomo (corpo-anima-spirito) come parte integrante per capire e definire l'uomo. Se,
vengono solo sottolineate le peculiarità del composto u- nell'ambito di Giustino in polemica col platonismo, si era
mano, in particolare del nous che, potendo essere in for- acquisita l'idea che tutto ciò che è corporeo non è un
za del Logos mediazione per la presenza dello Spirito, dà disvalore rispetto allo spirito davanti all'unico creato-
all'uomo la possibilità della comunione-visione di Dio. Ta- re (25); con Ireneo si apre la questione in che senso
le momento è chiamato da Giustino anche Charis, quel l'uomo, anche con la componente corpo, possa dirsi im-
dono cioè che, ricevuto nel battesimo, consente all'uomo di magine di Dio. Nella soluzione di questa questione si
passare dallo stato di figli nati CC dalla necessità e dall'i- diversificarono nella antichità cristiana specialmente la
gnoranza » a « figli di elezione e di scienza » (Apol. I, tradizione asiatica-antiochena cui bisogna aggiungere an-
61, 10; Dial. 6,2; 58, 1; 64,2). che Tertulliano, e la tradizione alessandrina.

La somatoaiztropologia di Ireneo
2. La tradizione asiatica - Ireneo La comprensione antropologica di Ireneo, che si pone
La riflessione antropologica delle comunità cristiane asia- come unica alternativa a quella alessandrina, ci è data
tiche si muove nell'ambito della loro riflessione soteriolo- dalla sua lettura di Genesi 1,26. Egli si chiede chi sia
gica. L'uomo e la liberazione dalla sua sofferenza sono la quell'uomo concreto creato a immagine e somiglianza di
visuale della sofferenza di Cristo, culminata nella sua Dio e lo individua nel Verbo incarnato. Questi, a sua
morte come compimento dell'antica Pasqua giudaica. volta, diviene immagine dell'uomo che è pertanto imma-
N Che cos'è l'uomo - si chiede lo pseudo-Barnaba -: gine dell'immagine. Per capire il ragionamento di Ireneo
L'uon~oè una terra che soffre (6,2); K Che cos'è la Pa- va tenuto presente sia il contesto culturale greco che
squa - si chiede Melitone -: il nome le deriva da ciò quello polemico antignostico secondo i quali Dio è l'invi-
che è accaduto. Celebrare la Pasqua viene infatti da pa- sibile. Qualora Egli voglia manifestarsi può farlo solo ve-
thein (patire) D (In Sancttlm Pascha 46,326-327) (24). Nel landosi, nascondendosi », il che è avvenuto nell'incarna-
patire di Cristo c'è la liberazione del patire dell'uomo; zione del Verbo nel quale si è rivelato celandosi sotto
anzi, nella sofferenza dell'uomo, c'è la necessità di quella spoglie umane. L'immagine di Dio, di cui parla Gn 1,26, è
di Cristo. In tale prospettiva Ireneo, nella linea di Paolo perciò da intendersi in relazione a una realtà che sia
(1 Tess 5,23), comprende la soteriologia per tutto l'essere essenzialmente visibile, la quale non può essere che il
dell'uomo e quindi anche per il suo corpo. L'uomo infatti
(25) Vedi Ps.-Giustino, De resurr. 7 (ed. Holl, TU 20,2, p. 44 ss.):
(24) Le comunità asiatiche quartodecimane - chiamate così per- C È dunque chiaro che l'uomo, modellato a immagine di Dio, era
ché celebravano Pasqua il 14 Nisan, giorno della morte di Gesù, ri- carnale. È poi assurdo dire che la carne plasmata da Dio a sua
tenuto la vera Pasqua che gli ebrei celebravano con l'uccisione immagine sia vile e senza valore. E infatti evidente che davanti a
dell'agnello pasquale- utilizzarono, per esprimere la loro idea, Dio la carne sia cosa preziosa primo (perché) fu plasmata da lui,
una falsa etimologia della parola Pasqua: Pascha da paschein come immagine che nasce grata a chi l'ha modellata e dipinta; e,
(patire), mentre nel linguaggio originano ebraico Pesah significa (secondo, perché) così dà a compiere l'opera che rimane da fare.
« passare oltre» passaggio (Ch. Mohrmann, Pasca, Passio, Transi- Colui infatti, a causa del quale sono state fatte le altre cose, è per
tus, Eph. Liturgicae 66 (1952) 37-52). il Creatore più prezioso di tutte loro n.
Verbo fatto carne (Ireneo, Epideixis 71; Tert. De resurr. tutti coloro che erano ancorati al platonismo. Nelle ma-
6,3-4). L'imago Dei dell'uomo perciò non può limitarsi ni di Dio » di Gn 2,7 che plasmano l'uomo, Ireneo vi vede
solo al suo intelletto ma va vista nella sua stessa somati- il Verbo e lo Spirito: il primo vi forma l'immagine, il
cità. I1 significato vero di Gn 1,26 era pertanto rimasto secondo la somiglianza, in rapporto non tanto di natu-
nascosto alla umanità finché il Verbo non si è incarnato. ra-soprannatura come più tardi dirà la teologia occidenta-
Da tale momento si è capita la funzione della visibilità l le, ma di elemento esterno (il Verbo incarnato) e interno
dell'immagine di Gn 1,26. Ci si è resi conto che il sogget- (lo Spirito) al modo platonico di vedere la realtà. In tal
to proprio in quella immagine era Cristo e quindi si è modo viene posto nell'essere umano e, sin dall'inizio, non
percepita la connessione tra l'accezione cristologica (Cri- una divisione ma un divenire, nell'immagine e nella so-
sto immagine di Dio) e antropologica (l'uomo immagine miglianza. Ireneo si esprime così: « L'uomo plasmato al-
di Cristo). Simile lettura tendeva a liberare la componen- l'inizio dalle mani di Dio, cioè dal Figlio e dallo Spirito,
te somatica dell'uomo della ipoteca negativa platonico- diviene a immagine e somiglianza di Dio » (Adv. haer.
gnostica secondo cui « ciò che è materiale non è capace 5,28,4). E guardando il risultato finale della somiglianza
di salvezza (adagio gnostico riportatoci da Ireneo, Adv. egli scrive: Alla fine il Verbo del Padre e lo Spirito di
haev. 1,6,1; Tert., Adv. Valent. 26,2). I n tale contesto l Dio, uniti all'antica sostanza del plasma di Adamo, hanno
cristologico e antignostico vanno intese anche le afferma- fatto l'uomo vivo e completo che accoglie il Padre per-
zioni antropologiche di Tertulliano: « L'uomo può essere fetto ... hanno completato l'uomo vivente, in modo che
definito propriamente come carne ... affinché tu sappia 1 Adamo sia a immagine e somiglianza di Dio n (Adv. haer.
che tutto ciò che Dio ha profetato e promesso all'uomo 5,1,3) (26).
non riguarda solo l'anima ma anche la carne (De resurr. Concludendo vogliamo sottolineare che se l'idea dell'uo-
5,8-9); La carne è il cardine della salvezza (Ivi 8,2). mo, fatto a immagine e somiglianza (Gn 1,26), era stata
La parentela dell'uomo con Dio non andava quindi ri- associata a Cristo già prima di Ireneo (Giustino, Dial.
stretta alla sua razionalità o, come dirà poi Origene, al- 6,l-2; Ps.-Barnaba 5,5; Teofilo, Ad Autolycuin 2, 18), si
la parte più sottile dell'anima » cioè al nous. deve tuttavia a lui l'aver fatto rientrare nel concetto
Con tale posizione Ireneo non intendeva dare una spiega- d'immagine la componente corpo. Egli, nella plasis di
zione antropomorfa di Dio né voleva attribuire alla carne Genesi 2,7, vede come immagine il futuro Verbo incarna-
qualità divine negandone la corruttibilità. Egli voleva solo
affermare: 1. che la carne non ha quell'intrinseco negati-
(26) Nel medesimo contesto, dell'uomo in tensione tra l'immagine
vo che le riconoscevano gli gnostici per cui essa si trova (la temporalità) e la somiglianza (il suo futuro definitivo), Tertul-
fuori dal raggio della sapienza e salvezza divina (Adv. liano scriveva: Imago in effigie, similitudo in aeternitate cense-
haer. 5,3,3) e 2. che non la carne in sé è immagine di Dio t u r » (De bapt. 5). Ireneo, benché non sia sempre del tutto co-
ma la carne dell'uomo e questa vista nell'orizzonte della stante nella terminologia di imago (eikon) e sfmilitudo (homoio-
sis) (in Epideixis 11 a d es. sembrano sinonimi) e aggiunga a simi-
carne del Verbo incarnato. litudo anche homoiotes, una terza nozione non sempre discerni-
Ireneo, per spiegare tutto ciò, introdusse nella lettura di bile nelle traduzioni latine, riserva iinago-eikon all'uomo empirico
Gn 1,26 la distinzione non originaria tra immagine e di corpo e di anima; e similitudo-homoiosis alla somiglianza con

1
somiglianza: l'« immagine è da riferirsi all'essere crea- Dio che si ha per opera dello Spirito. Ancora più precisamente egli
turale dell'uomo, alla sua temporalità, al tempo della sua parla dell'eikon in riferimento all'immagine plastica del Logos in-
carnato di cui l'uomo, a sua volta, è immagine. Immagine dell'uo-
storia terrena; la somiglianza n al suo divenire che si mo non è quindi il Logos in sé, asarkos, il suo modello è sempre il
realizza in forza dello Spirito, alla sua definitiva destina- Verbo incarnato. L'immagine spirituale, che invece si ricostruisce
zione. L'uomo si viene a trovare, sin dall'inizio della sua in lui come homoiotes, è I'homoiosis, l'assimilazione alla filiazione
plasis, in un processo evolutivo che porta a compimento di Dio operata in lui dallo Spirito. Questa realizza nell'uomo un
l legame organico col corpo e con l'anima, conducendolo all'incor-
il suo intero essere, senza lasciare lungo la via nessuna ruttibilità (aphtharsia) che, punto finale del destino umano, è in
componente, cioè il corpo come volevano gli gnostici e
l relazione diretta con I'homoiosis.
to, facendo sì che l'uomo stesso diventi a sua volta imma- na, rigettando ogni possibilità di porla in tutto l'uomo e
gine del Verbo incarnato. L'incarnazione ha reso manifesto quindi anche nella componente corporale perché, per essi,
sia il modello dell'uomo nella sua creazione e, quasi per ciò avrebbe significato non distinguere più l'uomo dagli
paradosso, il modello dello stesso Logos incarnato. Un altri esseri. « A questa opinione (che l'anima umana non
sia diversa da quella degli animali), scriveva Origene, i
rapporto tanto concreto di interdipendenza tra Dio e
l'uomo la riflessione teologica dopo Ireneo non lo cono- cristiani non crederanno mai, poiché essi sanno che l'a-
l
scerà più, né tanto meno l'antropologia in particolare. nima umana è stata creata a immagine di Dio » (C. CeZ-
Cristo, che nella letteratura antica è stato sempre visto surn 4,83) e perché si arriverebbe anche a un Dio com-
come l'antitipo di ogni evento, in rapporto all'uomo, pur posto e antropomorfo quale modello dell'immagine. Nella
essendo sempre il suo antitipo, diventa tipo e cioè: im- linea filoniana del Logos, archetipo dei logoi intermedi
magine di Cristo è l'uomo. Spiegava Tertulliano: «Nel tra Dio e l'universo e sola immagine divina, essi intesero
limo che prendeva forma si pensava a Cristo che sarebbe l'uomo come immagine del Logos, vale a dire come im-
divenuto uomo » (De resurr. 6,3); « I1 Figlio, destinato a magine dell'immagine (kata eikona quindi e non eikon di
divenire uomo più certo e più vero, aveva fatto sì che Dio: Quis rer. div. 230; Spec. Leg. 3,83). Individuarono
fosse detto a sua immagine quell'uomo che allora veniva poi, ancora nella linea dottrinale di Filone (Quis rer. div.
formato col fango, immagine e somiglianza del vero uo- 231), che tale essere a immagine dell'uomo si ha nella
mo » (Adv. Prax. 12,4). Ireneo, dal canto suo, sintetizzava parte superiore della sua anima, nel logos umano che è il
così il tutto: « Nei tempi passati si diceva che l'uomo era nous. L'uomo viene visto immagine di Dio non in senso
fatto a immagine di Dio, ma ciò non era ancora svelato. biblico ma in quello greco platonico. Origene tuttavia
Allora infatti il Verbo, a immagine del quale l'uomo era introdusse il concetto di immagine invisibile rispetto a
stato fatto, era ancora invisibile. Per questo l'uomo per- , quella platonica, la quale essendo legata al cosmo visibile
dette facilmente anche la somiglianza. Ma quando il Ver- era, come minzesis della verità invisibile del mondo delle
bo di Dio si è fatto carne ha confermato l'una e l'altra: idee, rapportata al sensibile e quindi visibile. Tale eikon
mostrò veramente l'immagine, divenendo egli stesso ciò era infatti per Platone il cosmo. Con Filone si arrivò a
che era la sua immagine, e ristabilì saldamente la somi- pensare che immagine di Dio non è il cosmo bensì le
glianza, rendendo l'uomo simile al Padre invisibile attra- idee, pensieri di Dio (De op. mundi 20 ss); non quindi il
cosmo sensibile ma il mondo intelligibile (kosmos noe-
verso il Verbo che si vede » (Adv. haer. 5,16,2).
tos = il mondo delle idee platoniche) che s'identifica con il
Logos (De op. mundi 24). Questa nuova idea spirituale di
immagine, propria della scuola alessandrina, portò nell'u-
3. La scuola alessandrina: Clemente e Origene niverso cristiano il fascino congenito alla vita dello spiri-
to: l'attività intellettuale e mistica nella sequela del Lo-
La eikonantropologia gos, immagine di Dio e paradigma dell'anima umana.
Gli alessandrini si muovono nell'ambito del platonismo e
propriamente del medioplatonismo filoniano che dava I a) Clenzente Alessandrino
come acquisiti tre assiomi: 1. La parentela dell'anima con In Clemente l'uomo di Gn 2,7 è l'uomo concreto in pe-
Dio; 2. la divinità dell'anima (psyche theia); 3. l'attitudine renne tensione verso l'uomo vero, quello di Gn 1,26 fatto
dell'intelletto umano a rapportarsi a Dio. La conoscenza a immagine e somiglianza di Dio. Nel precisare tale ten-
di sé include la conoscenza di Dio e il risultato di tale sione egli distingue tra immagine e somiglianza: la prima
conoscere è l'assimilazione a Dio della creatura umana è la possibilità, la seconda è la strada per essere l'uomo
(Cl. Aless., Pedagogo 3,1,1). di Gn 1,26. Nel Cristo vi è l'uomo di cui parla la Genesi
Gli alessandrini, ponendo così nell'anima razionale lo al C. 1 che si pone come modello, pedagogo, didaskalos
specifico dell'uomo, ne fecero la sede dell'immagine divi- i
del cammino dell'uomo verso la sua vera identità. I1 Lo- somiglianza, le opere del Pedagogo, affinché si compia il
gos rimane la vera immagine di Dio - ed essa si è detto: "a immagine e somiglianzan »: Ped. 1,9,1) In
rivelata in Cristo -; l'uomo, come immagine di Dio, può questa imitazione, che si traduce in divenire simile a Dio,
essere quindi solo immagine dell'immagine. Clemente si Clemente traduceva il pensiero di Platone del Teeteto
esprime così: Il Cristo attuò pienamente questa parola, (176B): « La fuga (dal sensibile) è l'assimilazione (ho-
fu pienamente qiiello che Dio disse (in Gn 1,26); ogni moiosis) a Dio nella misura del possibile; questa assimi-
v
altro uomo lo è solo secondo l'immagine » (Ped. 1,98,3). lazione consiste nel divenire giusto e pio con saggezza ».
L'alessandrino precisa poi che tale immagine della im- L'ideale del filosofo pagano veniva additato da Clemente
magine o secondo l'immagine » è nel nous, nella sua nel cristiano che si adopera nel fare il bene, come una
parte razionale, che egli chiama anche l'uomo interiore » possibilità aperta a tutti che così possono ricuperare la
(Ped. 3,1,1). Scrive pertanto: « Con immagine e somi- vera immagine di uomo ( C Vera immagine di Dio è l'uo-
glianza, non s'indica come abbiamo già detto, ciò che mo che fa il bene », Strom. 2,102,2).
concerne il corpo - infatti non è possibile che il mortale Per il conseguimento di tale fine lJAlessandrino aggiunge
sia simile all'immortale - ma ciò che concerne la mente il dono dello Spirito, che rende possibile l'accesso alla
e la razionalità » (Strom. 2,102,6), e vede nello sforzo somiglianza con Dio (Strom. 5,88, 1-3). Con ciò Clemente
etico la possibilità per l'uomo di realizzarsi, per quanto proponeva uno gnosticismo cristiano che non è riservato
possibile, secondo l'uomo di Genesi 1,26. L'etica si trova a pochi (gli gnostici) ma è aperto a tutti e che inoltre
in Clemente tra l'immagine in cui si è creati e la somi- poneva al primo posto, nella vita umana, il dono divino
glianza cui si tende: l'imitazione del Dio impassibile, in- dello Spirito, non potendo l'uomo contare sulle sue sole
corruttibile, immortale; l'assimilazione dell'apatheia che è forze per tanto cammino. Benché Clemente riservi al
propria di Dio (Strom. 4,95,5; 7,84,2). Fondamento del L
nous l'immagine divina nell'uomo, egli non disprezza il
cammino spirituale dell'uomo è quindi l'etica o lo sforzo corpo come principio di male, lo recupera come dimora
della pratica delle virtù, che consente all'uomo di distac- dello Spirito Santo. Esso non entra nel costitutivo umano
carsi dal sensibile e di ritrovare la sua vera immagine. In l della immagine, ne è tuttavia la casa (Strom. 4,163,l-2).
Clemente si ha una valorizzazione della prassi che egli, da I1 Verbo incarnato si pone come modello concreto, nel-
cristiano, identifica con l'osservanza del secondo coman- l'ambito del sensibile, del cammino dell'uomo verso la
damento del Signore, l'amore del prossimo. Questo con- sua immagine-somiglianza: è la via della possibilità del
sente all'uomo di poter ricostruire la propria identità e, i
ritorno a Dio. I1 Logos, rivolgendosi a tutti, dice: Rad-
di conseguenza, riconoscerla. A tale proposito egli propo- drizzatevi secondo il modello affinché diventiate simili a
ne Cristo come il modello da imitare che si trova tra me (Protr. 12,120,4) e i discepoli del Logos pregano:
l'immagine e la somiglianza dell'uomo, come l'uomo vero Fa' che noi seguiamo i tuoi precetti affinché diamo com-
da realizzare nella « misura del possibile » (Strom. pimento in noi alla somiglianza della tua immagine »
2,97,1). Clemente traduce cristianamente diversi elementi (Ped. 3,101,l).
di antropologia platonica: 1. il nous è nell'uomo il san- Clemente sintetizza il suo pensiero antropologico nei se-
tuario della divinità, perché immagine del Logos (« im- guenti termini: « Questo è l'uomo "a immagine e somi-
magine di Dio è il suo Logos ... immagine del Logos è h
glianza", lo gnostico, che imita Dio nella misura del pos-
l'uomo vero, la mente che è nell'uomo il quale ... fatto sibile senza nulla trascurare in vista di assumere la so-
simile al Logos divino è perciò razionale (loghikos) » miglianza, che è temperante, paziente, giusto, dominatore
(Protr. 10,98,4); Immagine dell'immagine è il ~zousdel-
l'uomo » (Strom. 5,94,5); 2. Questo Logos è Cristo che si
propone all'uomo come modello senza macchia D da imi-
I delle passioni, che condivide ciò che ha e, per quel che
può, f a il bene in pensieri e opere (Strom. 2,97,1).
tare perché l'uomo, concretamente, ritrovi se stesso,
l'uomo di Genesi C. 1 (« È nostro dovere compiere, a sua
b) Origene
taciuto della somiglianza indica che l'uomo sin dalla pri-
Origene, in polemica con gli gnostici che proponevano ma creazione ha ottenuto la dignità dell'immagine, men-
un'antropologia già delineata per natura dalla nascita di tre la perfezione della somiglianza gli è stata riservata
ognuno, articola il discorso sull'uomo, nell'ambito del pla- per la fine, nel senso che egli la deve conseguire imitando
tonismo, ponendovi a base la libertà che si àncora al Dio con la propria operosità (Princ. 3,6,1).
Verbo incarnato per ritrovare la sua somiglianza con Dio. Stabilito che l'uomo è la sua anima e non il suo corpo,
Ogni uomo è la sua anima, dotata di una libertà che perché solo l'anima può essere sede dell'immagine di Dio,
destina diversamente, nel bene come nel male, tutte le Origene approfondisce tale realtà dell'uomo, in se stessa e
anime (Princ. 2,9,6). Queste, da una comune origine ad in relazione a Cristo, detto Egli pure immagine di Dio ».
opera di Dio, sono cadute nella materia e, allontanandosi Questa può essere intesa nell'uomo solo come una realtà
da Lui, sono diventate anima (psyche) cioè freddo incorporea, il notls o l'anima o l'uomo interiore comu-
(psychos). Per poter ritornare a essere nous, cioè allo que si voglia chiamare. Dio infatti essendo incorporeo,
stadio di intelligenza non decaduta, dovranno liberarsi una sua immagine può collocarsi solo su tale piano, ed
dal corpo e ritornare a Dio, il loro punto iniziale (Princ. essendovi una parentela tra la realtà di Dio e una sua
3,6,1). All'interno di questo schema generale Origene svi- immagine, questa può essere ravvisata nell'uomo solo nel-
luppa metafisicamente la tradizione filoniana di una dupli- la sua anima. « In questo (l'uomo a immagine) i segni
ce creazione dell'uomo ravvisata in Gn 1,26. L'uomo vero è della immagine divina, sottolinea Origene, si riconoscono
quello di Gn 1,26; l'uomo del limo della terra di Gn 2,7 non nella figura del corpo che è corruttibile ma ... in
è solo l'uomo decaduto e quindi non quello originario tutto quel complesso di virtù che in Dio sono presenti in
fatto a immagine e somiglianza. Egli scrive: « La nostra maniera sostanziale e che possono trovarsi nell'uomo gra-
principale sostanza ci è stata data in quanto siamo stati zie alla sua operosità e all'imitazione di Dio » (Princ.
formati a immagine del creatore; non quella che ci viene 4,4,10). Per giungere a questa conclusione llAlessandrino
dalla caduta per il corpo che abbiamo ricevuto, plasmato rivoluzionò l'epistemologia platonica dell'immagine, legata
dal fango della terra (In Io. 20,22). Ed è questo l'uo- al mondo visibile e quindi del vedere sensibile. Egli di-
mo nostro interiore, invisibile, incorporeo, incorrotto e stinse tra vedere e conoscere. Se vedere è degli occhi e
immortale » (In Gn. hom. 1,13). Di conseguenza, conclude conoscere della mente, egli concluse, come vi può essere
Origene, in Genesi 2,7 si parla del corpo derivato all'uo- , un'immagine visibile così può aversi un'immagine visibile e
mo dalla caduta della sua anima che non può contenere conoscibile. I1 concetto di invisibilità, propria di Dio per-
l'immagine di Dio (In Rom. 1,19) perché ciò postulereb- ché incorporeo, poteva in tal modo essere applicato anche
be, tra l'altro, un essere composto nel modello dell'imma- all'uomo e propriamente al suo essere immagine di Dio.
gine dell'uomo, Dio l'assolutamente semplice. Se egli in- Dire di Cristo che è l'immagine del Dio invisibile significa
troduce una distinzione nell'uomo lo fa nella stessa Gn pertanto che, per suo tramite, si può conoscere il Padre
1,26 dove l'uomo è creato solo a immagine di Dio; quan- anche se non lo si può vedere visibilmente; allo stesso
to alla sua somiglianza con Lui questa ne rappresenta il modo dire dell'uomo che è immagine di Dio non significa
traguardo finale da raggiungersi con il retto uso della che la si possa vedere nel suo corpo ma che la sua anima
libertà. C I1 sommo bene - egli scrive - cui tende tutta può, guardando in se stessa, conoscere la sua immagine.
la natura razionale e che è detto anche fine di tutte le L'immagine pertanto è tramite di un rapporto di cono-
cose, secondo la definizione anche di molti filosofi, consi- scenza intellettuale e non di visione sensibile. Origene,
ste nel diventare, per quanto è possibile, simili a Dio. precisando poi i contorni dell'immagine di Dio nell'uomo,
Questo concetto ... prima di tutti lo ha formulato Mosè, fa riferimento all'immagine celeste del Cristo e non quin-
di direttamente a quella di Dio. I1 Verbo è per l'uomo
quando ha descritto la prima creazione dell'uomo ... I1
fatto che ha detto: "Lo fece a immagine di Dio" e ha l'immagine divina intermediaria, e perciò il pittore in lui
della sua stessa immagine divina. I1 Logos immagine di
Dio » è, in Origene, il Figlio che, nella sua qualità di suo nous K la parte più sottile dell'anima n, dava, in cam-
Logos eterno, rappresenta il dispiegamento dell'essere di- po cristiano, il più grande apprezzamento al pensiero pla-
vino di eternità in eternità. Mentre in Ireneo il Logos tonico sfruttandone le grandi risorse morali, ascetiche e
incarnato costituiva interamente per l'uomo l'eikon di mistiche. Ciò spiega perché la scuola alessandrina abbia
Dio; in Origene l'uomo si divide in due: in un'anima che penetrato ogni strato del cristianesimo antico e non solo
diviene immagine dell'Immagine D, e in un corpo. I due quello intellettuale. I1 corpo poi benché non venisse rece-
elementi solo con un'azione riconciliatrice rendono possi- pito come parte fondante dell'uomo, evitava la connota-
bile di sopportare la luce dell'lmago. Mentre in Clemente zione negativa propria al platonismo perché veniva visto
l'immagine era limitata alla facoltà superiore dell'anima, come il tempio dell'immagine di Dio, che è l'anima.
che egli divide in inferiore e superiore; in Origene esiste In questa concezione dell'uomo che cioè l'anima sola è
solo l'anima (psyche Zoghike) la cui facoltà superiore (Io- immagine di Dio, Origene non solo non s'incontrò con
gos o nous) localizza l'immagine ed è l'origine dell'agire Ireneo, ma per alcune conseguenze che lui stesso tirò da
libero e morale dell'uomo. L'anima, creata originariamen- tale discorso si scontrò con l'ortodossia cattolica. La re-
te solo come MOUS, anche se in seguito alla caduta acqui- staurazione escatologica venne infatti pensata da lui non
sì, per raffreddamento, una parte emotiva, rimane in sé come reintegrazione di tutto l'uomo, ma a livello di spi-
solo nous quale immagine propria dell'uomo, mai passibi- rito o di a angelo ». Inoltre dato che il nous, nonostante
le di corruzione. In forza di quel nous l'uomo ha in sé la l'offuscamento dovuto alla tunica di pelle (27) cioè al cor-
capacità di avviare quel processo di somiglianza che lo po, rimane sostanzialmente inalterato, alla fine la restau-
porterà alla natura propria dell'immagine che è in lui: razione si avrà per tutti. Tali deduzioni non potevano
cioè la deificazione e il recupero dell'incorruttibilità ori- essere evitate nel pensiero origeniano e forse lui, nel suo
ginaria. Origene lo chiama, come già Clemente, il proces- I continuo confrontarsi con gli gnostici, pagò un tributo
so dell'homoiosis che si realizza attraverso il paradigma alla loro concezione dell'uomo il cui destino è determina-
Cristo, perché questi è il modello della immagine del- to da come si nasce e non da un'ulteriore possibilità di
l'uomo. Egli si chiede: « Quale altra è dunque l'immagine costruirsi un destino, anche se con l'aiuto dello Spirito.
di Dio, a somiglianza della quale I'uomo è stato fatto, se La cesura infine, operata da lui tra teologia e incarnazio-
non il nostro Salvatore? Abbiamo dunque gli occhi rivolti ne del Verbo, lo portò in campo antropologico, a porsi in
sempre a questa immagine di Dio, per poter essere di una visuale del tutto opposta a quella di Ireneo e della
nuovo formati a sua somiglianza (In Gen. hom. 1,13). E tradizione asiatica in genere.
questo il concetto dell'imitazione di Cristo, propria della
scuola alessandrina, che opera nell'uomo il passaggio da
seme (sperma) a figlio (teknon). Cristo diviene fonte e prin-
cipio di ogni filiazione divina. La parentela, esistente tra il
4. Atanasio - L'anthropos loghikos
modello e l'immagine, fa sì che quest'ultima tenda al suo Con Atanasio l'antropologia cristiana acquista l'articola-
modello per divenirne simile (homoiosis). Dire homoiosis zione essenziale cui rimarrà sempre fedele, anche se i
(assimilazione) o imitazione di Cristo è dire la medesima medesimi elementi verranno sviluppati diversamente nelle
cosa e, quando tale processo giungerà alla fìne, l'uomo
sarà allora svelato a se stesso nel suo costitutivo di im- (27) Origene pare abbia sempre oscillato tra cristianesimo e pla-
magine di Dio. I1 concetto d'immagine è, in Origene come tonismo, vale a dire tra una concezione di spirituale rispetto a un
corpo spirituale. I1 suo nous pertanto non attingerebbe la sfera
per Clemente, I'uomo che si dispiega nella storia legato al dell'incorporeo, e ciò apparirebbe da quanto espone su Gn 3,21
tempo ma teso al suo futuro, cioè alla rivelazione del- (la tunica di pelle). Benché il suo commento alla Genesi sia andato
l'immagine secondo il suo modello. perduto, scritto da lui in concomitanza al De principiis, gli ele-
Una tale impostazione antropologica, fondata completa- menti a disposizione dal De principiis 2 , 3 e da altre indicazioni
portano in tal senso [M. Simonetti, Alcune osservazioni sull'inter-
mente sulla eikon di Dio nell'uomo che può essere solo il prefazione origeniana di Genesi 2,7 e 3,21, Aevum 36 (1962) 370-3811.
varie aree cristiane. Da Origene egli deriva il ruolo del Lui il Padre (CG 2, SA), conosce cioè il Verbo e il Padre
Logos nella comprensione dell'uomo, tanto che l'anthro- vivendo, di conseguenza, in alto e non nel sensibile (CG
pos atanasiano può essere definito come Ioghikos; da 2,5D). Atanasio parla così di una forza dell'anima
Ireneo la valenza storica, per cui in Atanasio l'antropolo- (dynamis tes psyches) che è in relazione alla <c forza del
gia si muove tra il peccato di Adamo-discendenti e la Logos o di Dio (dynamis tou Logou o tou Theou) e che
restaurazione postlapsaria dell'umanità per mezzo del consente all'uomo di conoscere Dio. L'anima tutta pertan-
Verbo incarnato. L'elemento peccato viene così definiti- to, e non solo il suo nous come in Origene, è lo specchio
vamente e, storicamente, acquisito alla riflessione antro- del Verbo (CG 2,8A) e quindi l'organo della conoscenza
pologica. Atanasio inoltre, con la sua Vita Antonii, contri- di Dio. Egli scrive: L'anima è stata fatta per vedere Dio
buì a portare nell'ambito del monachesimo, che rappre- e per essere illuminata da Lui » (CG 7,16B). Atanasio
sentò gran parte della comprensione cristiana dell'uomo attribuisce tutto il valore possibile alla conoscenza di Dio.
dal sec. IV in poi, gli elementi della riflessione antropolo- L'uomo, partecipando in tal modo alla vita del Verbo,
gica origeniana e ireneana. C'è da rilevare infine come il può aspirare alla vita, all'aphtharsia (28), egli che, rispetto
vescovo di Alessandria, vivendo nel tempo delle contro- agli altri esseri, creati irrazionali (tu aloga), ha ricevuto
versie trinitarie, in cui l'espressione imago Dei venne le- un supplemento di grazia che lo ha posto nella linea del
gata nel concilio di Nicea del 325 a quella di homoousios Logos: l'uoino è loghikos (CG 46,93BC; De inc. 13,7;
(= Cristo è cioè immagine consostanziale del Padre), ab- C.Arr. 3,10,344A).
bia avviato in senso ontologico la comprensione di cc im- In questa prospettiva dell'uomo loghikos si iscrive, nella
magine D. Questo termine che aveva il ruolo funzionale di antropologia di Atanasio, la comprensione del peccato e
rappresentare, diventa categoria ontologica parallela a della redenzione.
homoousios. L'essere immagine non qualifica più il Verbo I
I1 peccato non deriva la sua individualità da una colpa
incarnato come per Ireneo ma, primieramente, il Verbo preesistente dell'anima che, come in Origene, si manifesta
nella sua vita trinitaria (C. Arr. 1,41): Cristo è cc immagi- storicamente in una caduta nella materia, ma in un acce-
ne della sostanza del Padre P (De decr. 20; C. Arr. 3,ll). camento dell'uomo per cui egli, perdendo la relazione col
Nella linea origeniana dell'uomo cc immagine dell'immagi- Logos, rientra negli alogi cioè tra gli esseri irrazionali che
ne » Atanasio vede nell'anima l'immagine del Verbo; ab- non conoscono Dio. Scrive Atanasio: L'uomo, creato lo-
bandona tuttavia la distinzione tra immagine e somiglian- ghikos e kat'eikona, scompare » (De inc. 6, 1). Egli tutta-
za perché per lui come il Verbo è, sin dall'inizio, Figlio e via non intende tale scomparsa come distruzione. Fedele
quindi immagine per natura, così gli uomini sono figli e alla scuola alessandrina ritiene che il peccato non possa
immagine per grazia, e ciò sul piano ontologico (C. Arr. raggiungere l'uomo nel suo essere kat'eikona (CG 8,16),
3,lO). La sua difesa dell'homoousios ha una motivazione può tuttavia insozzarne l'immagine sino a renderla pres-
soteriologica: se infatti Cristo non fosse immagine con- socché introvabile. 11 ruolo del Verbo incarnato si viene a
sostanziale del Padre si dovrebbe negare, di conseguenza, porre nella possibilità, da parte dell'uomo, di poter ri-
la realtà della salvezza e della rigenerazione dell'uomo.
L'uomo, immagine del Verbo, trova nella sua relazione di (28) L'aphtharsia è qualità propriamente divina, per indicare la
partecipazione al Verbo, la sua identità di << essere loghi- vita che non cessa mai; è espressione sinonima anche per com-
prendere Dio quale Egli è. La partecipazione al Verbo è la possi-
kos ». Essere stato creato a immagine di Dio significa bilità per l'uomo di poter sfuggire alle forze distruttrici insite nel-
pertanto l'avere in sé la djlnamis stessa del Verbo (De la sua natura: thanatos (l'inizio della corruttibilità) e phthora (il
inc. 3,3), l'uomo cioè è razionale (Ioghikos). Lo spirito processo stesso di decomposizione, il ritorno al nulla). Come la
(nous) umano così, nella scia del Verbo e simile a Lui, è morte sta alla corruttibilità, così I'athanasia sta all'incorruttibilit8,
proprietà esclusivamente divina. L'immortalità ne è il ,risultato
capace di contemplare le realtà divine e intelligibili ( D e inc. 5,2). I1 termine physis natura non è in Atanasio termine
(ta onta e noeta in opposizione a quelle sensibili e umane, filosofico, ma empirico che la distingue da Dio in quanto essa è
tu aistheta e anthropina), anzi contempla il Verbo e con di natura K corruttibile n, è phthora e thanatos (De inc. 3,4).
prendere la sua relazione col Verbo (29), riacquistare cioè coincide con la sua visione della divinizzazione in cui la
il suo essere-loghikos. L'uomo peccatore è un essere ato- salus hominis è resa possibile dall'accettazione del Verbo
gos non nel senso di uno spogliamento ontologico del suo di una sarx umana; accettazione che rende parenti gli
essere-loghikos, bensì di una inversione della sua funzione uomini con Cristo (la syngeneia thes sarkos che rende
in cui la sua anima non impegna più se stessa in rela- syssomoi con Cristo: 3 CArr. 34,397B). E la Theopoiesis
zione al Logos. Scrive Atanasio: « Gli uomini, da come si (la divinizzazione come partecipazione da parte di Dio)
comportavano, non sembravano più loghikoi ma alogoi » che si risolve in uiopoiesis (l'adozione a figli) portando
(De inc. 12, l), essi erano stati spogliati della contem- alla aphtharsin (immortalità) il compimento della salus
plazione di Dio D (CG 3,9A). I1 Verbo incarnato si pone dell'uomo. Atanasio, nella linea della scuola alessandrina
come l'unica strada possibile all'uomo per ritrovare la dell'apatheia (impassibilità) di Dio e di quella asiatica del
sua immagine e la conoscenza di Dio. « D i chi aveva pathein (patire) di Cristo sintetizza la salus dell'uomo e,
bisogno (I'uomo denudato) - si chiede il Vescovo di di conseguenza, la sua concezione dell'antropologia. Dio
Alessandria - per la restaurazione in lui della sua imma- - egli scrive - essendo per natura incapace di soffrire e
gine se non del Verbo incarnato? ... I1 Verbo di Dio è di essere contaminato dalle debolezze e dalle sofferenze
venuto Lui stesso perché, essendo l'immagine del Padre, che, al contrario, fa scomparire sterminandole, resta qua-
potesse ricreare I'uomo secondo l'Immagine » (De inc. le è. Gli uomini dal canto loro, per il fatto che i loro
13,7 e 20,l). I suoi scritti antiariani (337-359), che hanno pathe (sofferenze), trasferiti su di Lui vengono eliminati
come tema centrale la divinità di Cristo (consostanziale al da Colui che è al di sopra della sofferenza, sono nel
Padre) e la realtà della salvezza dell'uomo nel restaurare contempo essi stessi apagheis e vengono resi liberi per
la sua immagine per mezzo dell'incarnazione del Verbo, tutta l'eternità (3 CArr. 34,396-397).
approfondiscono in modo particolare la correlazione che Per quanto riguarda il suo influsso sul monachesimo va
egli pone tra l'antropologia e la cristologia. Se Cristo è rilevato come la vita ascetica, che segna la vita del mona-
l'eikon e il Logos, l'uomo è a immagine (kat' eikona) e co, non sia dettata tanto dal dualismo platonico, presente
loghikos. in Clemente e Origene (30), quanto dal fatto di essere una
I due elementi della relazione dell'uomo con Dio, l'incor- riproduzione della vita di Cristo nell'uomo, vita libera
ruttibilità e la conoscenza, vengono indicati da Atanasio dalle passioni proprie cui è soggetto ogni uomo. La vita
come lo scopo medesimo dell'opera redentrice di Cristo, del monaco è una demonstratio evangelica della ri-creatio
resa possibile dalla mediazione del Verbo. A tale proposi- apportata da Cristo all'umanità. In ciò gli uomini ritro-
to il vescovo di Alessandria parla di una « verbificazione » vano il loro essere loghikoi, quello creato a immagine del
degli uomini da parte del Verbo, nella linea della a reca- Logos secondo Gn 1,26.
pitulatio » di Ireneo, vista come inabitazione del Verbo
nell'uomo grazie all'incarnazione. Questo modo di pensare

(29) $3 propria di Atanasio I'inabitazione del Verbo nell'uomo, con-


seguenza dell'inabitazione in lui dello Spirito Santo in seguito alla
consacrazione battesimale (2CArr. 41, 263A). L'opera interiore del-
lo Spirito egli non la sottolinea nel CG o nel De incarnatione ma
nelle Lettere Festali (ad es. Ep. fest. syr 6,l).
Lo Spirito è 1'Eikon del Verbo e ciò implica un'identità di sostanza (30) L'apatheia infatti, ideale della Stoa, che aveva un ampio po-
sto in Clemente, nella Vita Antonii è assente. In Atanasio più che
( l Ser. 24,588B), ma in Atanasio I'uomo kat'eikona non è messo
in relazione allo Spirito così come si aveva in Origene e Ireneo. l'ideale dell'apatheia si ha quello dell'ataraxia. La scuola alessan-
LO Spirito, si~gillandonegli uomini I'inabitazione in Cristo, li fa drina, nella discussione delle virtù possibili all'uomo, aveva due
partecipi del Logos trasformandoli secondo l'esempio dell'uma- indirizzi: I'uomo può aspirare al controllo completo delle sue
nità storica del Savatore e, in tal senso, l'uomo è divinizzato dallo K passioni sino a non sentirle più -. e in questo indirizzo troviamo
Spirito ( I Ser. 24, 585B-588A). Atanasio -; l'uomo può aspirare al controllo delle sue passioni
nel senso che può regolarle, era la tesi della metriopatheia.
5. 1 Padri Cappadoci te stesso (n. 3). Quest'ultima omelia divenne nota in Oc-
cidente per la rielaborazione che ne fece Ambrogio nel-
I1 pensiero antropologico dei Padri Cappadoci si ha so- I'Esamerone (31).
prattutto in Basilio e in Gregorio Nisseno. Di Basilio si Per il Nisseno l'immagine divina si riflette nell'anima CO-
hanno nove omelie su Genesi 1,l-26 (1'Esamerone). L'ul- me in uno specchio. Nell'incontro che si opera l'anima
tima omelia, sull'uomo a immagine di Dio, pare non l'ab- conosce se stessa e Dio, nella linea naturalmente di ciò
bia mai pronunziata e, d'altra parte, il Nisseno scrisse il che appartiene al mondo immateriale e intellettuale. La
suo De hominis opificio per completare l'opera del fratel- possibilità di poter conoscere Dio da parte dell'uomo,
lo. In questo scritto si ha una lettura antropologica, fisio- tramite l'immagine divina, conosce il suo momento più
logica e teologica di Genesi 1,26 che costituisce la miglio- immediato di avvicinamento nell'ora della separazione
re trattazione del tempo sul problema uomo. Merita ri- dell'anima dal corpo. L'anima infatti, abbandonando la
cordare anche una sua lettera ad Armonio (PG sua dimora corporale, raggiunge la sua dimora naturale.
46,237-249) dove, a base della sua dottrina spirituale, po- Anche in questa vita tuttavia, data la somiglianza dell'a-
ne la creazione dell'uomo a immagine di Dio. nima con Dio, l'uomo benché limitato dalle capacità della
L'immagine divina nell'uomo è una delle sue idee fonda- ragione, è capace di intuire Dio e di esprimerlo nell'areté
mentali che ne permea l'intera opera, in particolare La cioè nella virtù, vale a dire nel suo sforzo etico di rasso-
preghiera del Signore; il Sermone sulle beatitudini e, na- migliare a Dio. G.N. non utilizza la distinzione tra « im-
turalmente, Sulla creazione dell'uomo. I1 Nisseno, preso magine » e « somiglianza » della scuola alessandrina, am-
dallo stupore di tale realtà, scrive all'inizio del suo tratta- bedue esprimono l'areté cioè « la purezza, l'affrancarsi
to Sulla creazione dell'uomo: « Non si tratta qui di qual- dalla passione, la santità, il rifiuto di ogni male e simili,
che meraviglia del mondo che ha interesse secondario, si che contribuiscono a formare nell'uomo la somiglianza di
tratta di una realtà che senza alcun dubbio supera in Dio » (Sulla creazione dell'uomo 5 , l ) . I1 Nisseno pone la
grandezza tutto ciò che conosciamo, poiché l'umanità sola conoscenza di Dio nell'ambito della dialettica tra la ca-
è, fra gli esseri, simile a Dio » (PG 44,128). I Cappadoci tarsi (purificazione) e I'apatheia, lo stadio dell'impassibili-
furono gli ultimi grandi continuatori della scuola ales- tà di fronte alle passioni.
sandrina, anche riguardo all'antropologia. Essi articolaro- Lo sforzo ascetico rientra come componente fondamenta-
no il loro discorso attorno al precetto del libro del Deu- le nella possibilità per l'uomo di poter conoscere la sua
teronomio: « Fa' attenzione a te stesso » (Adtende tibi) immagine creativa e Dio stesso. « Il male - scrive Grego-
(4,9) che, letto in versione platonica, divenne in ambiente rio di Nissa nel Sermone sulle beatitudini - che si è
cristiano l'equivalente del precetto pagano « conosci te riversato sopra l'impronta divina ha reso inutilizzabile
stesso ». Tale precetto, già presente in Clemente alessan- per voi la qualità che rimane nascosta sotto indegni ri-
drino e in Origene in riferimento all'uomo in quanto vestimenti. Se voi, con lo zelo della vostra condotta, can-
« anima D, viene utilizzato dai Cappadoci per determinare cellate la sporcizia che si è sparsa sul vostro cuore, tor-
in concreto chi sia l'uon~o. I1 monito, essi rilevano, è nerà a brillare in voi la bellezza creata a immagine di
rivolto: all'anima, la quale essendo immagine di Dio è un
bene propriamente detto dell'uomo; al corpo quale stru- (31) VI, 7, 42: « Adtende inquit tibi soli. Aliud enim sumus nos,
mento dell'anima, bene che si utilizza in riferimento alle ...
aliud sunt nostra, alia quae circa nos sunt Tibi igitur adtende ...
qualem animam ac mentem ». I Cappadoci ci hanno lasciato una
sensazioni e che si deporrà con la morte biologica; e infine sintesi dell'antropologia cristiana di estrazione platonica in due
alle altre cose che sono esterne all'uomo, le quali gli omelie su Gn 1,26 « Faciamus hominem ». In esse si sviluppa la
appartengono perciò come non proprie. Nel contesto di concezione dell'uomo come mens, homo interior e del corpo come
strumento dell'anima. Benché l'attribuzione non sia sicura né per
una tale prospettiva il Nisseno distingue nell'uomo un Basilio né per il Nisseno, nella Patrologia Greca si hanno dopo il
triplice ordine: dell'anima, del corpo e dei beni este- De hominis opificio del Nisseno (PG 44,257-298) e 1'Esamerone di
riori; similmente fa Basilio nell'omelia Fa' attenzione a Basilio (PG 30,61-72).
Dio ... La divinità è purezza, affrancamento dalle passioni Fu questo l'impiego che ne fece in antropologia il cristia-
e rimozione di ogni male » (PG 44,1263). nesimo occidentale dal sec. IV in poi.
L'apporto dei Cappadoci alla dottrina dell'immagine di
Dio fu duplice: 1. L'immagine esprime la distinzione in
Dio delle ipostasi, all'interno di una più precisa definizio- 6. La scuola antiochena
ne che si andava configurando anche in ambito greco di
ciò che è essenza (ousia) e persona (hyposfasis). Se a La scuola antiochena, nella linea dell'antropologia di Ire-
Nicea « immagine », applicata a Cristo, esprimeva l'unità neo, riassumeva il suo pensiero nel leggere l'imago del-
consostanziale del Verbo col Padre (homoousios), ora ne I'uomo di Gn 1,26 all'interno di Gn 2,7. L'uomo « imma-
esprime la distinzione dal Padre. I1 Verbo « immagine » è gine e somiglianza di Dio » è cioè l'uomo fatto dal limo
figura dell'ipostasi del Padre ed è Egli stesso ipostasi. 2. della terra. Un'ulteriore precisazione a questa esegesi ve-
L'uomo, mediante la catarsi, ascende verso la contempla- niva data dalla lettura di Colossesi 1,15 dove si parla di
zione del Verbo « immagine » e, in Lui, dell'archetipo che Cristo quale immagine di Dio. Mentre gli alessandrini
indicavano con imago il Logos preesistente gli antiocheni,
è il Padre. In tale ascesa purificatrice viene restituita
nella tradizione ireneana, indicavano invece l'umanità as-
all'uomo l'immagine primigenia di cui parla la Genesi al C.
1,26, resasi nascosta per il peccato caduto sull'anima. sunta dal Verbo. La cristologia cioè veniva a incontrarsi
con l'antropologia, guidata da una preoccupazione soterio-
Basilio assegna allo Spirito Santo il ruolo di mostrare logica. Questa tesi, c'informa Epifanio, era stata fatta
all'anima la sua immagine e quella dell'Ii~visibile. propria anche dalla setta eretica degli Audiani, per i quali
Con i Cappadoci la scuola alessandrina conobbe il suo in Gn 1,26 e 2,7 viene affermato che immagine di Dio è il
ultimo grande splendore nell'utilizzazione del tema del- corpo. Epifanio faceva loro rilevare che Dio non è corpo
I'« immagine », applicata a Cristo e all'anima umana. Poi, e che lì corpo e alito di vita stanno per indicare solo
la diffidenza sempre più crescente verso l'ortodossia di l'uomo in quanto tale. Egli stesso, d'altra parte, non ve-
Origene e teorie sempre più anguste nel determinare la deva chiara su ciò l'interpretazione platonico-alessandrina
portata dell'immagine di Dio nell'uomo, costrinsero molti e si rimetteva a Dio stesso per una retta interpretazione
ad abbandonare tale linea di speculazione antropologica. della Genesi (Panarion 70,2-3; Ancoratus 55,4-8). La scuo-
Già Gregorio Nisseno evitava costantemente di dire che la antiochena aveva come contesto la polemica cristolo-
I'uomo è immagine del Verbo e, per quanto riguardava gica di tipo eustaziano e apollinarista. Eustazio di Antio-
ulteriori precisazioni, si rimetteva nel suo scritto De ho- chia, pur insistendo contro gli Ariani sulla anima umana
minis opificio (in particolare C. 30) ai dati scientifici che di Cristo, delimitava il Verbo incarnato a dimensione di
allora offriva la scienza di Galeno. Egli si accontentava di un anthropos fheophoros, un uomo cioè che portava Dio;
affermare che la struttura costitutiva di ogni uomo « a Apollinare poi negava un'anima e un nous umano in Cri-
immagine di Dio » sta nella sua partecipazione all'intelli- sto, perché questi venivano sostituti dal Logos salvatore.
genza e al pensiero, che sono propri del Creatore, e che si Se tra i due Atanasio aveva cercato quasi un compromes-
realizzano nella libertà concessa anche all'uomo. I1 termi- so col suo T O ~ L Iagli
S antiocheni; la scuola antiochena
ne eikon, d'altra parte, che aveva assolto un grande ruolo vedeva nell'imago di Colossesi 1,15 l'uomo assunto dal
nella scuola alessandrina in riferimento al Logos sino alle Verbo e, quindi, indicava nell'uomo del limo della terra
controversie trinitarie, ora non ne trovava un altro nelle di Gn 2,7, l'uomo a immagine e somiglianza di Dio di Gn
nuove e pressanti questioni cristologiche che s'imposero 1,26 (Eus. C. Marc. 3,3-4). Gli antiocheni ponevano perciò
dal sec. IV in poi e, di conseguenza, anche nelle questioni nella stessa somaticità dell'uomo l'immagine divina.
antropologiche. I Cappadoci portarono il termine « ima- L'« immagine » di Gn 1,26 andava quindi interpretata del-
go D, a conclusione delle questioni trinitarie, a significare I l'uomo in quanto tale così come ci appare nella sua cor-
antropologicamente che I'uomo è immagine della Trinità. poreità, senza alcuna discriminazione nei suoi confronti
da parte dell'anima o del nous. Questa tesi, sposata e
approfondita dal più grande esegeta della scuola antio-
7. Gli scrittori latini - S. Agostino
chena, Teodoro di Mopsuestia, non venne tuttavia accet- I1 cristianesimo latino si mosse, nel campo dell'antropo-
tata da Giovanni Crisostomo. Quest'ultimo può ritenersi logia, ad eccezione di Tertulliano che era ancorato alla
un antiocheno dissidente. Egli infatti ripropose, nel tradizione asiatica, nell'ambito del platonismo, vale a dire
commento alla lettera di Paolo ai Colossesi, i contenuti considerò l'uomo per la sua razionalità, la sua anima e
essenziali della tradizione alessandrina riguardante l'im- non quindi per la totalità del suo essere corpo-anima.
magine di Dio nell'uomo (Ad Col. hom. 3,l-2). Teodoro di L'uomo vero, scriveva Claudiano Mamerto nel V secolo,
Mopsuestia, rispetto a un'esegesi di Gn 1,26 in prospettiva è l'anima razionale D (De statu a~ziinae1,24: ed Engelbre-
futura come quella di Ireneo in quanto rivolta al vero cht p. 85). Inoltre il contesto ellenistico-romano favoriva
uomo C immagine di Dio e cioè al Cristo, propose una la deificazione dell'uomo quasi quotidianamente, sia per
lettura storica di tale passo nel senso che il Cristo di cause politiche (l'espansioriismo romano) sia per cause
Colossesi (1,15) viene creato secondo Gn 1,26 e non vice- religiose che facevano da supporto alle glorificazioni poli-
versa come spiegava Ireneo. L'esegesi di Col 1,15, già tiche. Tema centrale ad es. dello scritto sincretista il
fissata perciò da Gn 1,26, è per il Mopsuesteno solo cri- Corpus Hermeticum era la glorificazione dell'uomo:
stologica e non quindi trinitaria. Teodoro di Mopsuestia u quel grande miracolo (l'uomo ») (Asclepius 6) che deve
ridava, in tal modo, significato antropologico a un testo rendersi uguale agli dei e stimarsi immortale (Poimon-
cristologico. Accantonata la distinzione origeniana di im- dres 9,201. Ippolito, dal canto suo, aveva utilizzato in
magine (visibile agli occhi della mente ma invisibile a chiave cristiana il detto di Eraclito sull'uomo: a Immor-
quelli del corpo) egli ripropose per Cristo la visibilità tali mortali, mortali immortali » (Elenchos 9,10,6). La
dell'immagine platonica nell'ambito del sensibile e quindi teologia latina tuttavia, d'istanza monarchiana, non si
la sua imitazione. I1 Mopsucsteno, come aveva già fatto prestava a un approfondimento antropologico nella linea
Ireneo, ricollega Col 1,15 a 1 Cor. 15,45-49 dove Cristo della categoria dell'immagine riferita al solo Logos. Essa,
immagine di Dio D è il Nuovo Adamo n, quello visibile, più che la distii~zionein Dio delle ipostasi, recepiva l'uni-
l'homo assumptus. Imitandolo, ogni uomo ricupera in sé tà delle tre persone nel loro comune costitutivo di essere
l'immagine di Dio nella quale è creato. Fu attraverso tale natura divina. La creazione, di conseguenza, in particolare
approfondimento che la linea di Ireneo sull'uomo imma- quella dell'uomo, veniva intesa come comunicazione del-
gine di Dio (Gn 1,261, vista in prospettiva del Verbo che
l'immagine di Dio in quanto tale, non limitata a una sola
serebbe diventato carne, giunse a Nestorio per il quale
persona. L'accentuazione della teologia greca sul Verbo,
l'immagine è legata direttamente alla carne del Verbo. E quale unica mediazione possibile di rivelazione divina nel-
da imago qua Verbum-caro di Ireneo, che nel Verbo in- l'uomo, non si ha nella teologia latina. Per questa fu
carnato esprimeva l'immagine vera dell'uomo di Genesi sufficiente riferirsi a Dio come creatore e redentore del-
1,26, si passò a imago qua caro-Verbi della cristologia l'uomo. Quando infatti le controversie trinitarie portaro-
nestoriana in cui immagine dell'uomo è la stessa carne no alla coscientizzazioi~eteologica di tre ipostasi in Dio,
del Verbo. Un passaggio semantico di C immagine » che
uguali ma distinte, i latini ne fecero un'immediata appli-
non ebbe tuttavia, nella patristica posteriore, un suo svi-
cazione antropologica: l'uomo è cioè immagine della Tri-
luppo antropologico. nità. I1 plurale di Gn 1,26 andava capito come riferito a
tutte e tre le persone della Trinità e non solo al Verbo in
particolare. I n tal modo si rompeva naturalmente il le-
game tra antropologia e cristologia che, in diverso modo,
era stato pressocché sempre presente nella riflessione
greca. Si era arrivati alla conclusione che le opere ad
extra di Dio, cioè la creazione tutta, sono comuni a tutta
la Trinità. Se la riflessione greca sul come l'uomo sia religione del 390 e del De utilitate credenti del 391). Fatto
immagine di Dio era giunta a tale punto critico da con- culturale importante di tale conversione fu la mediazione
sigliarne l'abbandono (32); quella latina occidentale apriva del platonismo attraverso gli scritti di Plotino e Porfirio
con Ilario di Poitiers e Agostino dlIppona un nuovo cam- tradotti in latino dal retore romano Mario Vittorino. I1
po d'indagine antropologica nel pensiero cristiano. Am- platonismo consentì ad Agostino il superamento della let-
brogio invece, nella scia di Origene e dei Cappadoci, in tura dualistica della Bibbia da lui assimilata alla scuola
particolare di Basilio, nel suo commento a Genesi 1 si dei manichei romani. Testimoni di tale momento si-
limitò a considerare nell'uomo l'anima quale sua parte gnificativo, della sua vita come del suo pensiero, sono i
propria, il corpo come strumento dell'anima e le altre suoi Dialoghi scritti dal 386 al 391 (data della sua ordina-
cose, che si dicono di appartenere all'uomo in quanto zione a presbitero) cui possiamo aggiungere, per quanto
gravitano attorno a lui, come suoi beni esteriori (Exam. riguarda il pensiero antropologico: gli scritti antimani-
6,7,42; per l'anima vedi Exanz. 6,6,39 e I n ps. 118,10,10). chei; il De fide et siymbolo del 393; il Commento al
In Ilario la creazione dell'uomo è opera dell'intera Trinità Genesi da lui intrapreso quattro volte: il primo del 393
(De trin. 4, 17-20). Cristo immagine di Col 1,15 è ter. giunge fino a Gn 1,26, l'ultimo (De Genesi ad litteram
mine equivalente di FiZius in relazione al Padre e non libri 12) fino al cap. 3,24. I primi 9 libri e forse i primi
all'uomo (De trin. 2 , l l ) : Immagine D cioè riferita non 11 vanno datati al 401; il 12" non oltre il 415 (di essi i
all'ipostasi Figlio ma alla sua natura divina che è invisibi- libri 6, 7, 10 costituiscono un vero trattato di antropolo-
le e, in quanto tale, è immagine di Dio. Anche quindi gia); il De quantitate animae del 387188; il De libero
quando Ilario legge imago nella tradizione ireneana del arbitrio del 391-395.
Verbo incarnato, egli la intende di Gesù Cristo in quanto
Dio e non più nell'ambito della visibilità dell'immagine, 2. L'elezione a vescovo (a. 396). Questa circostanza, se
che era propria di Ireneo (cfr. De trin. 8,50-51). privò Agostino di molto tempo da dedicare allo studio, lo
portò a una familiarità più accentuata con la Bibbia e con
a ) La questione uomo D: metodo di approccio il cristianesimo così come era proposto dalla Chiesa cat-
tolica nelle sue formulazioni di fede e di riti. Ciò deter-
Nel delineare il pensiero antropologico di Agostino, dal minò un cambiamento metodologico nella sua ricerca del-
punto di vista dell'impostazione come di quello dei con- la verità, testimoniatoci dalla nuova articolazione struttu-
tenuti, vanno tenuti presenti due momenti della sua vita rale assunta dai suoi scritti dopo il 396, anche se gra-
che per lui furono molto significativi sia culturalmente dualmente. Nei Dialoghi le domande sono rivolte all'uomo
che cristianamente. Essi furono la conversione al cristia- e da lui si hanno le risposte. È l'uomo che cerca: Quale
nesimo e l'elezione a vescovo. 1. La conversione al cri- l'oggetto della mia ricerca? - Che io conosca me e cono-
stianesimo, avvenuta a Milano nella Pasqua del 386 (data sca te » (Soiiloquia 2, 1, 1). Altrettanto si ha nei primi 9
del battesimo), costituì per Agostino un nuovo punto di libri delle Confessioni: Cosa io sono? - una profondità
orientamento nella ricerca della verità, tema tanto pre- abissale io sono » (Conf. 4, 12,22). Poi le domande si ri-
sente nella sua esistenza. Il battesimo nella Chesa cattoli- volgono a Dio e solo da Lui si aspettano le risposte (i
ca gli fece superare lo stadio dello scetticismo dal punto libri 10-12 delle Confessioni). L'uomo domanda ancora
di vista della ricerca: la verità poteva essere non solo ma, per sapere chi egli sia, interroga primieramente la
cercata ma anche trovata nella Cattolica lei la custo- rivelazione contenuta nelle Scritture divine e custodita
de integrale della verità (il tema degli scritti De vera nella Chiesa cattolica. Infine non vi sono più domande, il
punto di partenza non è piìi la domanda dell'uomo: al
(32) Epifanio riporta in proposito la raccomandazione di un mo- primo posto vi sono le affermazioni delle Scritture sacre,
naco: q Non si deve assolutamente cercare di definire dove si rea-
lizzi l'immagine, ma solo confessarne l'esistenza nell'uomo, se non le decisioni della Chiesa e i suoi riti capiti e spiegati, a
si vuole far torto alla grazia di Dio (Pan. 70, 2, 7). loro volta. dalle Scritture, dalla Tradizione e dai riti della

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Chiesa (così è articolato il De trinitate e l'intera opera
antipelagiana). nei campo deil'antropoiogia, che ormai verrà inteso sem-
Dal punto di vista del suo pensiero antropologico tutto pre in tale direzione. Sul particolare rapporto che esiste
ciò significò una attenzione maggiore, per non dire asso- tra Dio e l'uomo o, come dirà l'antropologia teologica, tra
luta, a quanto dicono le Scritture e a quel che crede e la libertà dell'uomo e la grazia di Dio, vanno ricordati gli
vive la tradizione della Chiesa. scritti: De peccatorum meritis et remissione deque ba-
I1 suo famoso principio epistemologico: (crede ut intel- ptismo parvulorum (4111412) che fu la sua prima opera
legas (S. 43,9) che cioè nella ricerca è la fede che cerca apertamente antipelagiana; gli scritti indirizzati dal 425 in
I
l'intelletto, come tradusse poi S. Anselmo (Proslogion, prol. poi ai monaci di Adrumeto e a quelli di Marsiglia, in
I, 1) e proprio sul terreno antropologico. Affrontare la particolare il De correptione et gratia che rappresenta,
1 « grande questione dell'uomo » (Conf. 4,4,9): « una vita
varia, multiforme, di un'immensità poderosa (ivi
pur nella sua brevità, lo scritto antropologico più impor-
tante del cristianesimo antico.
10,8,15), è per Agostino non tanto risolvere delle questio- Sulle questioni relative all'anima scrisse due lettere a
ni, perché l'uomo sfugge alla propria come all'altrui Girolamo (epp. 166 e 167) nel 415 e, nel 420, dedicò quat-
comprensione (ivi; 10,8,15: In realtà io non riesco a tro libri alla questione dell'origine dell'anima (De anima
comprendere tutto ciò che sono D), quanto la possibilità di et eius origine).
gettarvi sopra una certa luce per poter capire la natura e Prima di considerare più da vicino la sua antropologia
la portata delle questioni in gioco nonché l'autorità capa- indichiamo il suo apporto alla ricerca antropologica nella
ce di darne delle indicazioni (De correptione et gratia storia del pensiero dando, in qualche modo, la chiave di
1,l). Le argomentazioni pertanto che si fanno sull'uomo, lettura di tanti suoi testi riguardanti l'uomo che, per
in particolare circa la sua libertà e la grazia di Dio capa- alcuni studiosi, risentono di una grossa ambiguità plato-
ce di aiutarla (ep. 194,7,33), non possono nascere dalla nizzante.
ragione quale loro fonte primaria, così come sostenevano
i pelagiani e in particolare Giuliano (Opus imp. C. Julia- b) Antropologia biblica o platonica?
num 2,16). Sulla comprensione dell'uomo più che filosofi,
sottolinea Agostino, è necessario essere esegeti delle Con Agostino l'antropologia, che aveva un posto rilevante
Scritture ed esegeti attenti alla prassi concreta della nella riflessione cristiana nell'ambito della dottrina della
Chiesa (ep. 194,9,41-42). creazione e della cristologia, diventa filtro di ogni altro
Gli scritti antropologici nei quali è più evidenziata questa discorso: tutto passa attraverso l'uomo. Questi non è in-
metodologia sono: Le Confessioni (libri 10-12 dell'anno serito in uno schema spazio-temporale, accanto alle altre
400); il De civitate Dei (413-426) che, sottolineando la cose e agli altri esseri per cui può essere capito all'inter-
capacità che l'uomo ha di Dio, ne mette in rilievo il no dello schema cosmologico; l'uomo è, secondo Gn 1'26
bisogno che ha di Lui; il De trinitate (399-420) che spe- dominus del creato e nessuno può attentare mai alla sua
cifica l'uomo capax Dei, come immagine della Trinità (in signoria. Ogni uomo è, secondo Agostino, il suo amore e
particolare i libri 9-14). Agostino pensa l'uomo immagine su tale scelta interiore nessuno può mettere le mani,
del Dio Trino e non solo del Verbo, come aveva sempre nessun tiranno potrà mai giungere a tanto. La signoria
esplicitato la scuola alessandrina. I1 testo di Paolo ai dell'uomo è un costitutivo del suo essere, del suo essere

l Colossesi 1,15 su Cristo Imago Dei, viene inteso dallJIp-


ponate in senso trinitario e non antropologico. Cristo è
immagine all'interno della Trinità in quanto Verbo e Fi-
glio (trin. 6,2,3; 7,2,3 e 3,5) e non in relazione all'uomo
che è solo ad immagine. Questa ricerca trinitaria di Ago-
personale; è il suo rassomigliare a Dio. Perciò l'uomo,
simile a Dio, si estende nel passato, nel presente e nel
futuro non secondo il ritmo di un tempo astronomico,
segnato dalle ore in archi di spazio, ma secondo la natura
della memoria. I1 tempo infatti, nella visione agostiniana,
stino costituirà la novità del tema teologico dell'immagine è la distentio animae come memoria e non come succes-
1 sione esterna a lui (Confessioni 11-12). L'uomo, considera-
to prima di Agostino microcosmo dell'universo, acquista gnificato di coscienza psicologica, quale oggi si ha, muo-
con lui una precisa valenza antropologica, superando il vendosi nell'ambito di struttura dell'essere umano che,
significato di riassunto del tutto ». Per conoscere l'uomo concretamente, è determinato dall'essere o meno rappor-
e per conoscere il cosmo bisogna perciò prima interroga- tato a Dio, suo fine. L'uomo perciò, se in qualche modo è
re l'uomo direttamente. Anche per arrivare a Dio la stra- definibile - meglio dire descrivibile - non può con-
da da percorrere rimane ancora l'uomo. Fu questa la siderarsi solo nell'essere composto di anima e di corpo,
grande svolta antropologica del pensiero antico, e non ma soprattutto' nell'essere relazionato a Dio, il suo fine.
solo cristiano, recepita nei manuali come C l'interiorità Nella visione agostiniana l'uomo e Dio non sono pertanto
agostiniana D. separabili in una ricerca antropologica. I1 desiderio di
Termini equivalenti di K uomo sono in Agostino anche Agostino, espresso nei Soliloqui (1,2,7), di voler conosce-
« cuore e coscienza D. Con tali espressioni egli, che si re solo Dio e l'anima, va letto nella linea di una regola da
poneva sempre le domande essenziali, risponde al quesito rispettare, anzi come la regola basilare per affrontare la
di cosa sia l'uomo non in sé, in senso aristotelico, ma in ricerca del mistero dell'uomo.
relazione al suo fine. L'uomo è ciò che è secondo la sua Più tardi, nel periodo della polemica pelagiana che, in
situazione concreta: il suo cuore, la sua coscienza, vale a qualche modo, si protrasse sino alla fine della sua vita,
dire ciò a cui è rapportato nel momento in cui ci ponia- egli prese in considerazione il problema dell'uomo nella
mo la domanda su di lui. « Cuore » « coscienza » non stessa linea, anche se si servì prevalentemente dei termini
hanno quindi il nostro significato di autocoscienza ma di libertà umana e grazia di Dio, quali equivalenti di uomo e
uomo secondo i1 suo fine. L'uomo, di cui parla Agostino, Dio.
non è perciò necessariamente l'adulto, per il quale si C'è chi, pur riconoscendo il binomio uomo-Dio quale pun-
pongono i problemi della coscienza come imperativo etico to di partenza in Agostino per il problema antropologico,
e quindi l'uso della libertà secondo la percezione coscien- ravvisa in lui una certa ambiguità nel definire l'uomo,
ziale, ma la creatura umana in quanto tale, che è tale in avendo egli voluto contemperare assieme sia il platonismo
tutti gli stadi del suo esistere. Essa nasce libera cioè che l'aristotelismo. In Agostino infatti l'elemento corpo
domina e non allo stato neutro di destinazione in attesa non sarebbe del tutto equiparabile all'elemento anima.
che, crescendo, poi si situi. Ad ogni età di un'esistenza Egli cioè non negherebbe al corpo di far parte del com-
umana corrispondono responsabilità diverse, ma non vi posto umano, ma l'anima sarebbe sempre la parte mi-
sono per essa stati neutri indecisionali riguardo alla sua gliore o principale dell'uomo (De civ. Dei 13,24: « homo
destinazione concreta, anche se i livelli di coscienza per- non est corpus solum ve1 anima sola ... non totus homo,
cepiscono talvolta « a quale città si appartenga » (il tema sed pars melior l-iominis anima est; nec totus ho-
della citta di Dio). Nella visione di tale antropologia A- mo corpus, sed inferior hominis pars est; sed cum est
gostino difese i diritti del bambino, che vanno posti sul utrumque coniunctum simul, habet hominis nomen »). I1
medesimo livello di quelli dell'adulto, particolarmente sul quod est optimum in homine (espressione del De agone
piano religioso (33). clzristiano 19,21) rimarrebbe sempre l'anima, secondo la
A lui ad es. non è precluso il dono della fede cristiana, versione platonica già data dal Nisseno. A questo riguar-
quasi fosse privilegio solo di coscienze mature. La seman- do alcuni studiosi ravvisano in Agostino una trasforma-
tica di libertà, coscienza ecc. supera nelllIpponate il si- zione dell'antropologia platonica in quella biblica paolina,
che tuttavia si portò dietro un'ambiguità mai risolta nella
(33) Fu anche questa la ragione che spinse Agostino a difendere il sua antropoogia (34). Noi pensiamo che convenga forse
battesimo dei bambini, alla cui questione egli dedicò un'opera rima-
sta classica nella storia della teologia: De peccatorum meritis et re-
missione deque baptismo parvulorum (vedi il nostro articolo, Bat- (34) Per altri testi agostiniani, riguardanti la terminologia antropo-
tesimo dei bambini e peccalo originale: storia, teologia, prassi ed logica di anima, corpo, natura dell'uomo, wedi: De mor. eccl. cath.
ecumenismo, Rassegna di teologia 21 (1980) 430-443). 1, 27, 52; De quant. animae 13, 22; De cura pro rnortuis gerenda
mente e che nella carne non è l'uonlo » (Serm. 154,10,15)
tener presente, che le categorie mentali agostiniane erano e benché C I1 corpo sia di natura diversa da quella dello
quelle platoniche, ed esse costituirono la mediazione del spirito, non è però estraneo alla natura dell'uomo. Benché
suo pensiero cristiano. Le mediazioni di linguaggio hanno poi lo spirito non abbia niente di corporeo l'uomo è
anch'esse la loro incidenza sui contenuti e talvolta ne tuttavia composto di uno spirito e di un corpo » (De
costituiscono anche il frutto, ma non è il caso di parlare continentia 12,26). La loro unione è una grande mera-
di platonismo nell'antropologia di Agostino. Quanto al viglia, incomprensibile all'uomo: è l'uomo » (De civ. Dei
composto umano in quanto tale, che egli ritiene un caso 21,lO).
particolare del mistero dell'uomo, riguardo all'anima re- L'unità del corpo e dell'anima, argomento per lui a favore
spinge la preesistenza platonica e, riguardo al corpo, di- dell'unità in Dio del Padre e del Figlio (ep. 238,2,12), gli
stingue il corpo corruttibile, cui si è sottomessi per dete- serve per determinare il sentire D dell'anima che avviene
rioramento in seguito al peccato dei progenitori nel quale attraverso il corpo ma non ne dipende (De gen. ad litt.
tutti si è coinvolti, dal corpo umano in quanto tale che 11,24,51). L'anima cioè è di natura incorporea, è spiritua-
non dice di per sé corruzione, proprio perché umano (De le, può conoscere se stessa come tale, può riannodarsi a
civ. Dei 13,16; In ps. 141, 18-19: De gen. ad litterbm
A

Dio Trinità (la radice del suo essere a immagine divina),


7,27,38). è immortale (può quindi soprawivere senza il corpo), è
A. accetta la diversificazione degli elementi del composto relazionata alla verità che, presente in essa, determina
umano, ne sottolinea le differenze e i ruoli (così l'anima è l'unione tra la mente che la contempla e la verità con-
il principio vitale del corpo e non il contrario) ma non templata. In questa con-presenza della verità nell'anima,
definisce l'uomo dal suo composto in sé. Egli perciò ri- che è possibile sperimentare, c'è la radice teocentrica del-
tiene superfluo discutere sugli elementi che compongono l'antropologia agostiniana (De ordine 2,11,30; Soliloquia
l'uomo - questo infatti è tale in virtù di tali elementi -; 1,6, 13; De div. quaest. 2,2,3; De civ. Dei 11,2).
occorre invece ricercare quale sia il bene dell'uomo nella
sua globalità. I1 suo bene principale coincide con il suo
fine ed è ciò che definisce l'uomo. Egli si esprime come C) L'uomo come libertà
segue: C Come definiremo l'uomo? Diremo che è anima e I1 problema della libertà dell'uomo è, accanto a quello
corpo a guisa di un carro a due cavalli o di un centauro? della verità, uno dei temi dominanti dell'intera opera a-
Lo chiameremo soltanto un corpo che è al servizio di gostiniana. Egli aveva alle spalle un problema personale,
un'anima padrona di se stessa ...? Lo chiameremo soltanto I quello di essere stato manicheo. Tale setta accantonava
un'anima, ma sottintendendo il corpo che essa regge ...? l'esigenza della libertà riducendo il tutto, e quindi anche
Sarebbe forse difficile e, in ogni caso, lungo discutere tale l'operato umano, a essere frutto dei principi che reg-
questione che, d'altra parte, sarebbe superflua. Sia infatti gono il mondo: il bene e il male. Fu l'acuirsi in lui di
che l'uomo si definisca un'anima e un corpo, sia che si tale problema che lo portò a uscire da tale movimento e,
riservi all'anima sola il nome di uomo, il bene principale sulla riconquista interiore della libertà ritrovata, scrisse il
dell'uomo non è il bene principale del corpo ma ciò che è De libero arbitrio (a. 391195). Quando, più tardi, lo si
bene principale dell'anima e del corpo insieme, oppure volle accusare di essere ritornato al manicheismo, data la
che il bene principale dell'anima sola sia anche il bene

1
sua difesa del peccato originale, egli rispose che sulla
principale dell'uomo (De moribus eccl. cath. 1,4). Sa- esistenza della libertà nell'uomo non aveva mai dovuto
rebbe falso dire - precisa ancora - che l'uomo è nella cambiare pensiero (Retr. 1,15); si era solo sbagliato nel
credere che la libertà umana potesse rivolgersi a Dio
3, 5 ; De fide et syrnbolo 10, 23; De trin. 15, 7, 11; De civ. Dei 7, 23, prima che questi la chiamasse.
1 ; 11,2. Sulla questione vedi, V. Grossi, L'antropologia agostinia.
l
La libertà umana infatti, coinvolta nel peccato dell'uma-
na. Note previe, Augustinianum 12 (1982) 457-467, in particolare nità, nel suo rapporto con Dio sperimenta, secondo Ago-
nota 6. 1
stino, prima di essere sanata dalla grazia del Salvatore, barca e dei rematori che, insieme, raggiungono la r h a ;
una difficoltà che sa di malattia, infermità, una debolezza dell'innamorata che, nel Cantico dei Cantici (8, S), vuole
che la blocca sul piano del desiderio come su quello del camminare solo se si appoggia sulla spalla del suo diletto
volere. Egli la chiama, con termine generico, concupi- (De gr. lib. arb. 6, 13). La libertà umana, appoggiandosi
scenza i cili connotati sono: « ostacolo-disordine-forza sulla grazia di Dio, si appoggia su colui che è il suo
alienante della libertà D. I1 vivere esistenziale, sotto que- amore. L'uomo perciò, nella visione agostiniana, può fare
st'aspetto, è nostalgia di una libertà perduta e, grazie al il suo viaggio umano solo con Dio. L'obiezione che, la-
Salvatore, speranza di poterla recuperare. Agostino ap sciando interferire Dio nell'ambito delle scelte della liber-
profondì il problema della libertà umana in alcuni punti tà umana, è volersi sostituire ad essa e quindi alienarla,
chiave: 1. La libertà dell'uomo non può porsi in discus- per Agostino è solo una pseudo-difficoltà. la volontà uma-
sione perché tale dato ci viene dalle stesse Scritture (De na infatti, muovendosi nell'ambito dell'amore, quando o-
gr. Iib. arb. 2,4: Nei passi (delle Scritture) dove viene pera necessita sempre di un punto di appoggio. Qualora
detto: "Non volere questo non volere quello, e quando nel rapportarsi a Dio venisse lasciata sola, essa girerebbe
negli ammonimenti divini vine richiesto l'agire della vo- a vuoto (ep. 194,2,3). I pelagiani non negavano nell'uomo
lontà, è dimostrato sufficientemente il libero arbitrion D); l'immagine di Dio né escludevano un aiuto della grazia
l ma lo intendevano come aiuto esterno alle decisioni dalla
2. È proprio della volontà acconsentire o meno al dono
stesso della grazia di Dio (De spiritu et littera 34,60: La libertà, ad esempio la rivelazione, una legge data, un e-
sua misericordia ci previene in tutto, ma consentire o sempio come quello di Cristo che aiutava la volontà a
meno alla chiamata divina spetta, come dissi, alla volontà smuoversi dal suo letargo e ad agire in conseguenza.
del singolo n); 3. La libertà co-agisce con la grazia. Se essa La liljcità umana si trova, nella visione pelagiana, di
da sola non può portarsi al livello divino la grazia, da fronte alle esigenze di Dio. Non si tratta più come in
parte sua, si adatta alla graduale crescita della libertà Agostino di due « amici 2 che camminano insieme, i quali
che, da una possibilità di volere (desiderare) si porta ad non si fanno problemi di diritti-doveri perché pensano
una scelta effettiva (De gr. Iib. arb. cc. 15-17). Nello spiega- solo come aiutarsi. I pelagiani, forse senza rendersene
re il coagire della libertà con la grazia Agostino spiega la conto, gettarono le basi dell'antropologia umanistica, ba-
sua concezione dell'antropologia e in essa vi è la grande sata sulla autonomia dell'uomo, in cui l'uomo e Dio vivo-
distanza da altri tentativi a lui contemporanei, in partico- no separatamente e ogni interferenza non richiesta sa di
lare quello pelagiano e, dopo di lui, del predestinazioni- violazione, sostituzione, annullamento della libertà uma-
smo. na, almeno di non-rispetto. Per Agostino si trattava di
Agostino concepisce la libertà e la grazia (Dio e l'uomo) una visione antropologica diversa. L'adiutorium della gra-
come due amici. Dio è l'amico dell'uomo e questi senza zia è detto così perché aiuta, mette in condizione di, non
Dio non sarebbe più se stesso, si manifesterebbe come un si sostituisce quindi alla libertà né svalorizza l'uomo e i
l suoi sforzi ma solo li rende possibili (35). Ciò era vero
essere al limite irrequieto, alienato D. Nel rapporto della
libertà umana con la grazia non si tratta perciò di una per Adamo innocente cui era sufficiente l'adiutorium sine
invadenza di Dio nell'autonomia umana, ma di un auxilium quo non (= quella grazia senza la quale non si agisce sul
alla libertà perché possa essere tale e agire non condizio- piano di Dio); ed è vero per ogni uomo dopo il peccato
nata dalla concupiscenza. La libertà poi non solo ha asso- dei progenitori che necessita dell'auditorium quo (=
luto bisogno di tale aiuto ma brama di averlo perché ciò la grazia di Cristo necessaria a tutti per consentire alla
corrisponde al suo stesso bene, anzi all'unico suo bene.
La libertà e la grazia insieme producono quelle opera
(35) Questo aspetto, appena accennato nell'ep. 194 scritta al pre-
pietatis il cui frutto è il raggiungimento di Dio nel suo sbitero romano Sisto nel 418, viene poi ampiamente sviluppato nel
ultimo destino (Conf. 9,21; De gr. Zib. arb. 4, 17). Per De grafia et libero arbitrio del 425-427 [ V . Grossi, La crisi antropo-
spiegare il suo pensiero Agostino usa le immagini della l logica nel monastero di Adrilmeto, Augustinianum 19 (1979) 103-1331.
L'immagine di Dio nell'uomo viene ad essere cercata
libertà di superare anzitutto lo scoglio della « concupi- C trinitariamente », in relazione cioè al Padre, al Figlio e
scenza » che Adamo non aveva) (36). Porre il problema allo Spirito Santo. Agostino che, col suo De Trinitate,
Dio-uomo nei termini di confronto tra volontà divina e contribuì all'intclligere dei rapporti intratrinitari; in cam-
volontà umana, come vollero i pelagiani, era per Agostino l
po antropologico recuperò il senso origeniano di imma-
una questione falsa in sé per due motivi: a) la volontà gine come tendenza verso lo archetipo che poi precisò
divina non può non prevalere su quella umana; b) Dio, nei trinitariamente: l'uomo è immagine di Dio Trino nel SUO
riguardi dell'uomo, non si pone come suo tiranno, bensi essere costitutivo di mens (come memoria sui)-notitia
come suo creatore e redentore. La questione perciò, con- (come intelligenza)-amor o memoria-intelligentia-voluntas.
cludeva Agostino, dovrà porsi diversamente e cioè come La mens dice relazione al Padre; l'intelligenza al Fi-
capire alla radice il rapporto uomo-Dio, dato che l'uomo glio-Verbo-Verità; l'amore allo Spirito (De trin. 15,3,5).
può essere in qualche modo decifrato solo tenendo in Nell'essere immagine del Figlio - e qui Agostino utilizza
considerazione ambedue i termini. Tutto ciò, espresso in
termini di C libertà D, venne sintetizzato da lui nel modo
la funzione rivelatrice del Verbo (Conf. 3-8) - v'è nel-
l'uomo la possibilità costante della conoscenza di Dio e di
seguente: «Alla volontà umana resa malata (dalla con- sé; nell'essere immagine dello Spirito che, avendo come
cupiscenza) è stata quindi data in aiuto la grazia divi- costitutivo personale l'amore, dice relazione alla volontà,
na affinché potesse agire senza deviare e senza venire
sopraffatta. E così, benché malata essa non venisse me- 1 vi è in lui l'appetitus del bene, anzi del sommo bene.
Dall'essere immagine di Dio, concetto tradotto da Agosti-
no » (De correptione et gratia 12,38 (37). no con capax Dei (De trin. 14,8.11: « è immagine di Dio
in quanto è capace di Dio ») si ha la grandezza dell'uomo
d) L'uomo immagine della Trinità che è somma (Ivi 14,4,6: CC (L'uomo) è una grande natura
perché capace di essere partecipe della somma natura D);
Prima di Agostino si era già giunti, nella comprensione ma anche la sua indigenza che è altrettanto somma per-
del mistero trinitario, all'uso di categorie semantiche on- ché il desiderio risulta sproporzionato alle possibilità rea-
tologiche non più bibliche, anche se si intendeva spiegare li (De civ. Dei 12,1,3). Da tale tensione esistenziale I'uo-
il Dio della Bibbia. Si volevano offrire schemi linguistici mo viene a trovarsi in una irrequietezza che appartiene al
adatti ad esprimere, contemporaneamente, l'unità e la suo essere e che solo Dio potrà placare (Conf. 1,1,1: «. Ci
distinzione delle tre ipostasi divine. Tale processo non hai fatti per te e il nostro cuore (cioè noi uomini) è
poteva non avere la sua incidenza nella riflessione antro- l inquieto finché non riposa in te »). Dio e l'uomo vengono
pologica, che conobbe questa volta una lettura « trinita- l
a trovarsi in una continua tensione di ricerca, che s'in-
ria n di Genesi 1,26. l
crociano e quindi s'incontrano nella conoscenza che I'uo-
mo percepisce di Dio quale immagine di se stesso.
(36) E questa una famosa distinzione di Agostino del De correp- 1 I1 normale processo di autorivelazione di Dio e quindi di
tione et gratia 12, 34, che segnò per sempre ogni studio posteriore comunicazione all'uomo venne turbato, nella visione ago-
dell'antropologia cristiana. Vedi, V. Grossi, L'antropologia cristia- I ' stiniana letta nelle sacre Scritture, dal peccato di A-
na negli scritti di Agostino: De gratia et libero arbitrio, De cor- damo. Per riequilibrare tale rapporto si ebbe l'incarna-
reptione et gratia, Studi StorReliQosi 1980, 89-113.
(37) Riportiamo l'intero testo latino, date le vicissitudini che han- zione del Verbo, la cui mediazione è ancora una volta,
no avuto nella stona della teologia, in particolare i termini inde- come già nella scuola alessandrina, il punto d'incrocio tra
clinabiliter-insuperabiliter-invictissime riferiti dai lettori di Ago- Dio e l'uomo. Scoprire in sé l'immagine divina e seguir-
stino alla grazia di Dio, mentre egli li riferisce alla libertà umana: ne le orme è recuperare la propria libertà perduta per la
Subventum est igitur infirmitati voluntatis humanae, ut divina
gratia indeclinabiliter et insuperabiliter ageretur ... neque vince- grazia del Salvatore o del mediatore Gesù Cristo. La cri-
retur. Ita factum est ut voluntas hominis invalida et imbecilla ... stologia f a così da sutura tra l'antropologia, la soteriolo-
ipso donante invictissime quod bonum est (homines) vellent, et gia e la teologia. L'uomo, immagine del Dio Trino, secon-
hoc deserere invictissime nollent ».
do Genesi 1,26, ritrova tale suo essere costitutivo origina- che diedero una priorità a Dio nell'agire, nel decidere
rio, recuperando in Gesù Cristo la sua dimensione di sull'uomo, furono chiamati « predestinazionisti ». Si trat-
libertà che può portarsi ai livelli del divino. Fu questa tava di una esemplificazione del problema, che Agostino
l'ultima grande utilizzazione del tema dell'immagine (in aveva accettato di affrontare in quei termini negli anni
connessione con la libertà) nel pensiero antropologico 425-427 del cap. 14,27 de De gratia et libero arbitrio. Per
dell'antichità cristiana. lui porre il problema antropologico come un rapporto a
t
fronte tra l'uomo e Dio (l'istanza pelagiana) era una falsa
lettura delle Scritture; così come il porsi la questione di
8. L'antropologia post-agostiniana una volontà divina, più forte rispetto a quella umana, era
un non-senso. Per Agostino si trattava di capire come la
La riflessione antropologica ebbe dopo Agostino due O- grazia, che sola può consentire alla libertà di essere tale
rientamenti precisi: uno riguardo all'immagine di Dio dopo la caduta di tutti nel peccato di Adamo, sia un
nell'uomo; un altro riguardo all'uomo come libertà auto- aiuto all'uomo. Egli entrò nella difficoltà dell'avversario
noma o meno di fronte a Dio. Riguardo al tema dell'im- per rilevarne l'inconsistenza. Dopo di lui ci si fermò su
magine trinitaria nell'uomo, tale filone trovò spazio, più quella difficoltà e sulle risposte date da Agostino, con la
che in una riflessione antropologica vera e propria, nel conseguenza che il problema antropologico venne ad es-
campo della spiritualità e della mistica. Si dava per scon- 1 sere trattato sul piano delle reciproche autonomie, del-
l'uomo come di Dio. Anzi, più che la riflessione sull'aiito-
tata la presenza della Trinità nell'anima (il tema dell'ina-
bitazione di Dio nell'uomo), come dato reale e quindi non nomia umana, si sviluppò la concezione della potenza
metaforico, tramite la grazia santificante che introduce della grazia di Dio. Lo schema agostiniano della grazia:
l'uomo nell'intimità divina attraverso, e soprattutto, la auxilium della libertà umana ferita, fu sostituito dallo
conoscenza e l'amore. Vivere tale realtà è vivere in qual- schema pelagiano libertà e grazia: l'una di fronte all'altra.
che modo il mistero della comunicazione di Dio all'uorno, Le conseguenze di tale trasposizione d'impostazione, pur
e ciò viene ritenuto essenziale; approfondirne il linguag- conservando gli stessi termini, portarono a una discus-
gio e i contenuti sulla base di nuove istanze culturali non sione perenne dei testi agostiniani che avevano affrontato
interessò tanto, ci si fermò a ripetere le formulazioni ago- il problema dell'antropologia cristiana nella sua globalità.
stiniane. I1 tema antropologico fu invece più vivo in rela- Nacquero gli « agostiniani » anche nel campo dell'antro-
zione all'approfondimento della libertà umana. La que- pologia. Da una parte si avevano le contestazioni soprat-
stione pelagiana, sul modo di capire le possibilità della tutto dei monaci provenziali; dall'altra si avevano le letture
libertà in relazione alla grazia ricevuta da Dio, si tra- di coloro che si ritenevano più propriamente amici di
sformò negli anni 425-427 (quando sorse ad Adrumeto la Agostino, come Prospero di Aquitania che, accanto a flori-
questione dei presupposti antropologici della vita ascetica legi agostiniani si adoperò a scrivere le Responsiones
in monastero) in problema antropologico. Non si trattava pro Augustino (38).
più di leggere la grazia di Dio, come era avvenuto nella
discussione con i pelagiani, nella linea di legge-natura-re-
missione dei peccati, ma di comprendere come l'uomo 1 (38) Le Pro Augustino respolzsiones di Prospero si hanno nella Pa-
potesse essere ancora libero, conservare cioè la sua auto- trologia Latina: Ad capitula gallorum (51, 155-174); Ad capitula
obiectionum Vincentianarum (51, 176-186) ; Ad excerpta Genuensium
nomia, qualora venga aiutato dalla grazia. Si poneva il (51, 187-202). Furono soprattutto gli scrittori della Gallia legati al
problema della priorità d'iniziativa, se accordarla prima a movimento monastico di derivazione orientale che, secondo Prospe-
Dio o prima all'uomo. Quelli che diedero all'uomo le ro, contestarono Agostino. Tra i più noti c'era Cassiano, Fausto di
priorità almeno di desiderio, di richiesta, di preghiera Riez ecc. La natura tuttavia e la stessa portata reale di tali obie-
zioni è ancora soggetta a studio. Agostino prevalse attraverso i
rispetto a Dio, sono stati definiti col nome, « forse » sto- Capitula coelestina (PL 51, 211-212) e definitivamente con papa Or-
ricamente improprio, di « semipelagiani »; quelli invece
i misda (PG 86, 91-94).
A concl~~sione possiamo dire che l'insicurezza generale,
cui fu sottoposto l'Occidente nel secolo V, dovuta al rias- INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
setto strutturale di popoli nuovi che s'incontravano in
clima di belligeranza, di paura e, quel che più incideva, di
disfacimento della civitas romana, non solo mise a nudo
l'assoluta fragilità dell'uomo K pelagiano D ma creò anche
- Di contesto:
un'accentuata sfiducia nell'umanità del secolo V. Essa, al L. A. M. Dineen, Titles of Adress in Christian Greek Epistologra-
phy t o 527, A.D. (PS 18), Washington 1929; M. O'Brien, Titles of
credere in se stessa aiutata da Dio, sostituì l'appoggiarsi Adress in Latin Epistolography to 543 A.D. (PS 21), Washington
a Dio, il rimettersi a lui e alla sua grazia come ad un 1930; M. Segre, L'asilia di Smirne e le soterie di Delfi, Hist. 5 (1931)
fatum inevitabile: nacque il predestinazionismo (= Dio 2 4 1 s ; P. Boyancé, Les deux démons personnels dans l'antiquité
decide il destino dell'uomo nel bene come nel male). La grecque et latine, Rev. de Philos. 9 (1935) 189 ss.; L. Bieler, Theios
Aner. Das Bild des « gottlichen Menschenn i m Spatantike und
grazia, quale datrice di libertà e quale sua compagna Friihchristentum, Wien 1935 (I), 1936 (11); M. P. Nilsson, Geschichte
amorosa, così come Agostino l'aveva spiegata nella visione der griechischen Religion, Munchen 1941 (I), 1950 (11); K. Gross,
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libero arbitrio, rimase nella mente di pochi. Bisognerà Hellenische Mysterien und Orakel, Stuttgart 1948; G. Misch, Ge-
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capitolo primo
dal Dio salvatore
veterotesamentario
al Cristo salvatore del NT

Quale testo cerniera del passaggio soteriologico dalllAnti-


co al Nuovo Testamento, possiamo considerare il passo
della prima lettera a Timoteo (2,3-6): K Dio, nostro salva-
tore, vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino
alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno
solo il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù
che ha dato se stesso in riscatto per tutti ».
L'idea centrale di questo testo su Dio salvatore, che ma-
nifesta tale volontà nell'inviare il Cristo salvatore, si
mantiene pressocché inalterata nella letteratura subapo-
stolica. Essa riflette il teocentrismo soteriologico delllAn-
tic0 Testamento, mentre non tarderà a porsi l'idea di una
nuova creazione per l'uomo, che si avrà appunto grazie a
Gesù Cristo stesso, Lui il salvatore dell'uomo. Se da una
parte Cristo viene visto come la suprema prova della
volontà salvifica di Dio nei riguardi dell'umanità, inco-
mincia a porsi la domanda sul valore intrinseco di tale
mediazione. Cristo viene visto come la fonte stessa della
I punti nodali del pensiero cristiano sulla soteriologia salvezza umana: Egli, oltre a essere il rivelatore ne costi-
possono ridursi a quattro momenti principali: 1. il pas- tuisce lo stesso punto nodale, che anzi è il solo a poterla
saggio dalla comprensione di Dio salvatore delllAntico comunicare. In tale contesto la 1 Clemente (34,3; 50,4ss)
Testamento al Cristo salvatore; 2. lo sviluppo del tema di fa coincidere la risurrezione della carne con la parusia di
Cristo salvatore sino al concilio di Nicea; 3. lo svilup- Cristo salvatore; Ignazio di Antiochia presenta Cristo o-
po post-niceno sino alla definizione di Calcedonia su Cri- perante nel presente degli uomini e per la loro salvezza:
sto (due nature-una persona); 4. la sosteriologia post-cal- nell'eucaristia, nel ministero dei diaconi, nel martirio che
cedonese. unisce i credenti a Lui crocifisso. I1 modulo giudaico di
lettura di Cristo, come rivelatore e inviato della salvezza
di Dio d'Israele, viene ad essere tradotto nello schema di perciò capace di liberare. Negli Apologeti cristiani i de-
Cristo, fondatore del Nuovo Patto e quindi salvatore di moni vengono identificati con gli dèi del paganesimo; u-
coloro che abbracciano la Nuova Legge del Vangelo (ad n'equiparazione derivata dalla demonologia del tardo giu-
es. Barnaba 5,7; 7,5; 14,4; 2 Clem. 15,l; 17,2). La valenza daismo, che riteneva i demoni angeli decaduti (Giustino,
soteriologica di tale schema viene ad avere una sua preci- ZApol. 5; Dial. 30,79). I1 Salvatore, dal canto suo, acqui-
sazione nella valorizzazione data a ciò che Cristo ha fatto sta la sua configurazione all'interno dello schema disce-
per noi: Egli è morto e risorto per noi (Ign. R o m 6,l). sa-ascesa (viene nel mondo-compie la sua opera di reden-
Inizia a usarsi la formula che diverrà poi abituale, del zione-ritorna al cielo).
« sangue sparso per la nostra salvezza » (1 Clem. 7,2). In ambito cristiano si fa strada la coscienza del valore
Essa connota il valore della morte redentrice di Cristo, soteriologico dell'intera vita di Cristo, dalla nascita al suo
legata alla comprensione della Pasqua quartodecimana e ritorno: Egli vince sui demoni, dai quali proviene ogni
alla partecipazione dell'eucaristia, intesa quale celebra- errore (Giustino, Z Apol. 13-14; Ireneo, Adv. haer.
zione della Pasqua del Signore. Per capire il passaggio 4,41,1-3), e la sua morte è vista come il prezzo pagato
che si ebbe dalla concezione di Dio salvatore a Cristo per tale vittoria (2). L'uomo esce così dal suo asservimen-
salvatore, accennato ma non sviluppato nei Padri Aposto- to. Inizia a prendere consistenza, nella riflessione teologi-
lici, e già più personalizzato negli scrittori apologetici, ca, la voce oiko~zomiarispetto a quella di Theologia. Con
vanno tenuti presenti altri elementi che contribuirono a oikonomia si intende la storia della salvezza dell'uomo
dare un volto ben preciso alla comprensione di Gesu di operata da Dio (Giustino, Dial. 107,3; 120, l), che ha il
Nazareth. Essi furono l'lzumus delle religioni misteriche, le suo epicentro nella vita di Cristo. Nelle comunità giovan-
cui finalità erano la partecipazione dell'uomo al mistero nee, che erano di estrazione giudaica, prese particolare
del dio celebrato ottenendone salvezza; l'idea allora cor- rilievo la morte di Cristo, quale momento di vita per
rente di un salvatore extraterrestre, che liberasse l'uomo l'umanità. Ciò fu dovuto al contesto della loro celebrazio-
dalla sua perdizione scendendo fin negli inferi; ed infine ne della Pasqua, il 14 Nisan, giorno della morte del Si-
la larga diffusione dell'aretalogia cioè inni religiosi che gnore, in corrispondenza dell'immolazione dell'agnello
celebravano le virtutes degli dèi, i loro benefici che, so- della Pasqua ebraica. I cristiani videro nell'agnello pa-
prattutto nelle comunità giovannee delllAsia Minore, tro- squale ebraico solo un simbolo del vero agnello, Gesù
varono accoglienza negli inni a Cristo-Pasqua (l). Cristo. Tutti i contenuti soteriologici, propri dell'agnello
La figura di un Salvatore celeste, extraterrestre, si svi- pasquale, vennero applicati a Gesù Cristo. Si sviluppò
luppò nel contesto di un generale pessimismo che avvolse particolarmente il tema del valore soteriologico della
il mondo romano nel I1 secolo. A un mondo popolato di sofferenza: Cristo patì per noi e ci diede la vita; ed
demoni e assoggettato ad essi, si contrappose la soterio- inoltre Egli patì per liberare l'uomo dalla sofferenza, per-
logia extraterrestre come liberazione dalle potenze demo- ché l'uomo - secondo lo Pseudo-Barnaba 6.2 - è terra
((

niache. I1 liberatore, all'interno di una tensione dualistica, che soffre ». Fu questa la tesi antropologico-soteriologica
si configura con i caratteri di colui che è il più forte e dei cristiani quartodecimani che, nel patire di Cristo vi-
dero la liberazione del patire dell'uomo e nella sofferenza
dell'uomo la necessità di quella di Cristo. Scrive lo Pseu-
(1) Si hanno tali inni nelle omelie Sulla Pasqua di Melitone di
Sardi e di un anonimo quartodecimano [il testo originale in Sour-
ces chrétiennes 123 (ed. O. Perler) 27 (ed. P. Nautin); in tr. it. R. (2) Nell'antichità si ebbe l'idea di un reale diritto del diavolo sul-
Cantalamessa, I più antichi testi pasquali della Chiesa. Le omelie l'uomo, per cui bisognava pagare un prezzo (Ireneo, Adv. haer.
di Melitone di Sardi e deli'anonimo quartodecimano e altri testi 1, 24, 4), e questo fu, secondo Origene, l'offerta dell'anima di Gesù.
del I I secolo, Roma 19721. Ma poiché Gesu era innocente, egli tolse al diavolo tale diritto
Essi sono costruiti sulla falsariga degli inni religiosi del tempo, il (Origene, Hom. in Ex. 6, 9; I n M t 16, 8). Simile concezione si svi-
cui fine era narrare le aretai o virtù del dio celebrato come bene- luppò poi nella teoria della « giustizia dovuta nel Nisseno e, nel-
fattore-salvatore. l'occidente latino, dell'abusus potestatis da parte del diavolo.
do-Barnaba: I1 Figlio di Dio ... ha sofferto affinché le sue Y
ferite ci dessero la vita, crediamo che il Figlio di Dio non
avrebbe potuto soffrire se non per noi n (7,2); e l'anoni-
i capitolo secondo
la coteriologia
mo quartodecimano: « Dalla (sua) passione la (nostra)
impassibilità, dalla sua morte la nostra immortalità, dalla antignostica
sua morte la nostra vita, dalla sua piaga la nostra guari-
gione, dalla sua caduta la nostra risurrezione, dalla sua
discesa la nostra risalita » (In sanctum Pascha, 1).
K Questa era la Pasqua che Gesù desiderava patire per
noi. Con la passione ci ha liberati dalla passione » (ivi
49).
I1 passaggio orinai avvenuto, dal teocentrismo soteriologi-
co veterotestamentario a Cristo salvatore, visto come il
Salvatore universale dell'umanità, possiamo verificarlo ri-
portando direttamente tre testi: uno dai Salmi delllAT e
due dall'ambiente cristiano quartodecimano. Nel salmo
68,19-20 si benedice Dio salvatore in questi termini:
C Benedetto il Signore sempre; ha cura di noi il Dio della La soteriologia antignostica, sia asiana che alessandrina,
sasvezza. I1 nostro Dio è un Dio che salva; il Signore Dio ebbe come movente principale il superamento della visio-
libera dalla morte ». In Melirone di Sardi (Omelia sulla ne greca della realtà di natura dualistica. Spirito e mate-
Pasqua 101,775-103,800) si mettono in bocca a Cristo le ria platonici si configuravano come due principii irriduci-
seguei-iti parole: 4 Io ho liberato il condannato. Io ho bili l'uno all'altro. Legati insieme da una colpa da sconta-
reso la vita al morto. Io risuscito il sepolto. Io il Cristo ... re e non per natura, essi tendono a separarsi e, più
Io sono la vostra remissione, Io la Pasqua della salvezza, precisamente, lo spirito tende a liberarsi dalla materia.
Io l'agnello immolato per voi, Io il vostro lavacro, Io la Tale visione, applicata unitariamente al cosmo, in partico-
vostra vita, Io la vostra risurrezione, Io la vostra luce, Io lare all'uomo, fu utilizzata come chiave di lettura delle
la vostra salvezza, Io il vostro re. Io vi conduco alla sacre Scritture e cioè: di come capire Dio; il Salvatore
sommità dei cieli. Io vi mostrerò l'eterno Padre. Io vi Gesù Cristo; l'uomo nella sua origine e nel suo destino.
risusciterò con la mia destra ». Nell'In sanctum Pascha Vi fu un vero ripensare, in una visione unitaria,
dell'anonimo quartodecimano si celebra Cristo, redentore Dio-l'uomo-il cosmo (3). Dall'irriducibilità dello spirito con
universale, attraverso la sua morte in croce, che è Pasqua
per tutti: « O Pasqua divina! ... O solennità di tutto il (3) Sul problema globale Dio-uomo-cosmo negli gnostici si può ve-
cosmo! O gioia dell'universo ... Per te la Vita si è diffusa dere un famoso frammento di Teodoto, conservatoci da Clemente
Alessandrino (Exc. ex Theodoto 78,2) che sintetizza le domande cui
su tutti gli esseri ... O Pasqua ... per te più non si spengo- la gnosi voleva dare una risposta: a Chi eravamo, chi diventeremo;
no le lampade delle anime ... Te dunque noi invochiamo dove eravamo; dove siamo stati gettati; verso dove ci affrettiamo;
in spirito, o Cristo ..., sovrano Dio, Re eterno. Stendi le da che siamo liberati, cos'è la nascita e la rinascita D; e Tert. De
tue mani immense sopra la tua Chiesa e sopra il popolo praescr. 7. Le sette gnostiche, fiorite nei secoli I1 e 111, ci erano
note attraverso Ireneo, Ippolito ed Epifanio. Le uniche testimo-
santo eternamente tuo » (ivi 56; 62 e 63). nianze dirette erano la Lettera a Flora di Tolomeo, conservataci
da Epifanio; gli Excerpta di Teodoto, conservatici da Clemente
Alessandrino; frammenti del commento a Giovanni di Eracleone,
conservatici da Origene. La scoperta della biblioteca gnostica di
Nag Hammadi, avvenuta durante la seconda guerra mondiale, ha
portato alla luce una ventina di trattati gnostici in lingua copta
tradotti dal greco e ha accresciuto enormemente la conoscenza de-
gli gnostici. Sul tema della luce quale fecondazione e generazione
la materia gli gnostici derivavano una particolare valuta- salvezza, senza dubbio il Signore non ci ha riscattati con
zione sia degli uomini che ritenevano alcuni « spirituali » il suo sangue, e il calice dell'eucaristia non è la comunio-
per natura ed altri no, sia dell'elemento corpo-materia. ne del suo sangue né i1 pane che spezziamo è la comu-
L'uomo è solo il suo spirito, il suo corpo non ha un nione del suo corpo » (ivi 5,2,2). Ireneo propose perciò la
avvenire, costituisce solo un carcere per lo spirito. Gli necessità di una soteria per tutto l'uomo, divenuto ormai
gnostici misero l'accento sul valore della conoscenza, la incapace di sviluppare le radici del suo essere avute
gnosi, il cui opposto è l'ignoranza. I1 Redentore perciò nella creazione. L'uomo creato a immagine e somiglianza di
viene visto nella categoria di colui che libera dall'igno- Dio, deve crescere nel divenire simile a lui, così come un
ranza, e si fa consistere la soteria nella conoscenza delle bambino diventa a poco a poco adulto. C'è una storia di
proprie origini' e del proprio destino. Tale gnosi, che por- salvezza in ogni uomo perché si è plasmati dalle mani di
tava alla coscienza che la redenzione è liberarsi dal mon- Dio (il Verbo e lo Spirito), secondo un progetto di cresci-
do sensibile, incrementava una forte tensione verso il ta che, rendendo l'uomo partecipe della divinità, lo assi-
rnondo che esiste oltre la morte e, di conseguenza, verso mila ad essa. Gli uomini perciò non nascono buoni O
il momento della separazione da questo mondo. In tale cattivi per natura, ma diventano simili a Dio nell'esple-
prospettiva alcuni di essi conobbero anche una stima del tarsi della loro libertà (Adv. haer. 4,4,6; 37,2; 39,l). Con
martirio, quale mezzo di raggiungimento dell'al di là, pri- tale impostazione antropologica Ireneo voleva convincere
vo della materia. Gli gnostici poi intesero la soteria come gli gnostici a rigettare una concezione fatalistica del
preservazione della scintilla divina negli uomini « pneu- mondo umano, con un destino già segnato dalla nascita,
matici »; come possibilità di salvarsi negli uomini « psi- ed a leggere positivamente l'uomo della Bibbia di Genesi
chici », raggiungendo lo stadio « spirituale » altrimenti, 2,7 (« fatto dal limo della terra D), il medesimo uomo, per
regredendo allo stato ilico, periscono anch'essi come gli lui, di Genesi 1,26 ( N fatto a immagine e somiglianza di
uomini ilici D. Dio »). I due racconti del Genesi parlano quindi di un uomo
solo e non di due uomini: uno a somiglianza divina, e un
altro decaduto nella materia da cui bisogna liberarsi.
1 . La scuola asiatica L'uomo è corpo-anima-spirito il quale, persa la comunione
con Dio in seguito al peccato dei progenitori (Adv. haer.
a) La scuola asiatica ebbe in Ireneo e in Tertulliano le 3,21, lo), trova tuttavia nel Cristo il suo salvatore. I1 Ver-
due più grandi voci del cristianesimo più antico. Essi, bo diventa uomo per ri-unire l'uomo a Dio, ridonandogli
partendo dalla realtà dell'incarnazione del Verbo, propo- la libertà di svilupparsi secondo la somiglianza divina.
sero una concezione unitaria dell'uomo insistendo su ciò Ireneo si esprime così: « I1 Mediatore di Dio e degli
che principalmente gli gnostici deprezzavano, cioè sulla uomini, grazie alla sua parentela con tutti e due, doveva
salus carnis. La morte di Gesù raggiunge, dell'uomo, non ricondurli ambedue all'amicizia e alla concordia e fare in
solo la parte spirituale ma anche il corpo, e allo stesso modo che Dio assumesse l'uomo e l'uomo si offrisse a
modo avviene nel partecipare all'eucaristia. Scrive Ire- Dio. Infatti, come avremmo potuto divenire partecipi del-
neo: « I1 Signore ... ha dato la sua anima per la nostra la adozione filiale, se mediante il Figlio non avessimo
anima e la sua carne per la nostra carne » (Adv haer. ricevuto da Lui la comunione con Lui; se non fosse en-
5,1,1). « Vani sono in ogni modo quanti rifiutano tutta trato in comunione con noi i1 suo Verbo facendosi carne?
l'economia di Dio, negano la salvezza della carne e di- Egli è passato attraverso ogni età, restituendo così
sprezzano la sua rigenerazione, dicendo che non è capace a tutti la comunione con Dio » (Adv. haer. 3,18,7). E così
di accogliere l'incorruttibilità. Ora se essa non riceve la chiude 1'Adv. haer. 5,36,3: « C'è un solo Figlio che ha
compiuto la volontà del Padre, ed una sola umanità, nella
di un uomo dall'alto, vedi G. Filoramo, Luce e Gnosi: Saggio sul- quale si compiono i misteri di Dio « nei quali gli angeli
I'illunzinazione nello gnosticismo, Roma 1980. desiderano fissare lo sguardo », pur non potendo scrutare

92
conoscenza, è rivelazione, è guida dell'anima umana nella
la Sapienza di Dio, grazie alla quale l'opera da lui pla- sua ascesa verso Dio, nell'espletarsi della sua libertà
smata diviene conforme e concorporea al Figlio di Dio, (Cl.Al., Strom. 6 e 7; Origene, Princ. 2,11,6). L'eredità
affinché la sua Progenia, il Verbo Primogenito, discenda giudaica viene ellenizzata, l'incarnazione e la morte di
verso la sua creatura, cioè verso l'opera plasmata, e sia Gesù come pure la risurrezione della carne acquistano
accolta da questa, e a sua volta la creatura accolga il un ruolo funzionale nell'ambito del Logos che crea, rivela,
Verbo e salga a lui oltrepassando gli angeli e divenendo si unisce all'anima. I1 rapporto Antico-Nuovo Testamento
a immagine e somiglianza di Dio D. trova una linea unificante di rivelazione nel Logos, men-
tre il Nuovo Testamento acquista la dimensione di una
b) Tertulliano, nella linea di Ireneo, mise un accento par- vera novità rispetto alllAntico. A i pagani che rinfacciava-
ticolare, nella concezione della soteriologia cristiana, sulla no al cristianesimo la sua data di nascita recente, gli
salvezza della carne dell'uomo. I n lui ha perciò valore alessandrini rispondevano che con la rivelazione-mediazione
assoluto l'incarnazione del Verbo, vale a dire l'assunzione del Logos, esso era già noto al mondo greco. Il Logos è il
della carne umana che, in Lui, diviene fondamento stesso creatore e, come tale, creando era apparso sempre. La crea-
di salvezza (Res. 8 , l : « Caro salutis est cardo n), L'uomo, zione costituisce la sua parola, che si trova tra il creato e
creato a immagine di Dio, cioè di Cristo incarnato, e il primo principio del tutto; nell'incarnazione si ha la
ricevuta nell'alito vitale dello Spirito Santo la somiglian- sua apparizione in forma umana; nelle Scritture si ha
za con Dio (Herm. 45,l; Res. 5,6; 6,3 e 9, l), per l'incar- ancora Lui come parola che, in iscritto, si rivolge agli
nazione del Verbo porta a compimento l'imago e la simi- uomini. I1 rivelarsi del Logos nella creazione, nella Scrit-
Zitudo di Gn 1,26. Egli, caduto nel peccato, necessitava di tura, nell'incarnazione, e nelle sue apparizioni da risorto
un uomo innocente per potersi di nuovo sviluppare se- costituiscono il mysterion del Logos che si rivela all'uo-
condo il progetto unitario della creazione, e il Verbo, mo. Tale rivelazione è per lui gnosi che salva. L'uo-
incarnandosi, offre tale mediazione per l'intera umanità e mo che ne viene in possesso è l'uomo spirituale (lo gno-
non solo per una classe di uomini, secondo la teoria stico). Questi, attraverso il Logos, educa la sua anima
soteriologica gnostica. I1 Verbo infatti ha assunto carne e nell'ascesa alla visione di Dio (Cl. Al. Strom. 3 , 1 3 4 ' 2 ~ ~ ;
anima perché ambedue venissero salvati (Res. 10) ed è Paed. 1,9,1-4). L'anima, immagine del Logos suo creatore
morto per tutti perché tutti siano liberati dalla morte e suo Didaskalos, ritorna così attraverso Lui al Padre.
(Pudic. 22,4). La partecipazione dell'uomo a Cristo salva- Qui gli Alessandrini parlano del Logos come Logos incar-
tore è la sua salvezza, ed in ciò c'è una ascesa non nato, che diviene il vero Maestro, la via, la luce del ritor-
naturale e non determinata dalla nascita. Essa è data no a Dio. La storia della salvezza ha il suo punto d'inser-
dall'espletarsi della libertà umana nel contesto della re- zione nell'incarnazione, vista come paideia. Allo stesso
denzione apportata da Cristo. modo si ha, per Origene, nella morte di Cristo il punto
iniziale della risurrezione, che verrà poi concessa alla
Chiesa (In lo. 6,57,293; 10,35,229). La K soteria » cristia-
2. La scuola alessandrina na non ha negli alessandrini la preoccupazione di valoriz-
zare la carne, come negli asiatici. Essa tenta di dare
Con la scuola alessandrina si passa dall'opposizione radi- all'individuo, nel suo essere immagine di Dio », la co-
cale allo gnosticimo (Ireneo e Tertulliano in particolare) scienza del rapporto che lo lega al Logos. Questi, grada-
al dialogare in polemica con esso. Lo scontro culturale si tamente, attraverso una gnosi sempre più affascinante, lo
traduce in confronto e il comune terreno d'intesa sarà il porterà al Padre, principio e telos dell'uomo che, nell'a-
Logos, che è alla radice di ogni esplicitazione del pensiero nima e particolarmente nel nous, è u immagine dell'im-
cristiano alessandrino: su Dio, Cristo, l'uomo, il cosmo. magine » di Lui. La scuola alessandrina aprì un capi-
Con Clemente e Origene si affaccia la possibilità di una tolo nuovo nella comprensione di Cristo exemplum del-
gnosi cristiana all'interno della Grande Chiesa. La gnosi è
l'uomo e quindi della imitazione di Lui, nel cui raggiun- vita dei cristiani; sotto la sua guida si giunge alla salvez-
gimento si compendia la salvezza del credente. za (ep. 15,l). Prende molto sviluppo, nell'ambito di tale
prospettiva, la categoria di Cristo « esempio »: seguire
Cristo, imitare Cristo è l'ideale stesso del cristiano che,
3. La soteriologia latina prima di Nicea per Cipriano, può attuarsi solo nell'unità della Chiesa.
(Cipriano-Lattanzio) L'imitare Cristo tuttavia non si esaurisce nella normale
linea di comprensione del rapporto maestro-discepolo, ma
La soteriologia latina, se si prescinde da Tertulliano che va inteso nella comprensione platonica di tale categoria.
era molto ancorato al pensiero di Ireneo, ha la sua e- Per il platonismo è il modello stesso che crea l'impronta,
spressione peculiare derivatale dall'humus romana che l'immagine corrispondente. Con Lattanzio, che chiude il
dava molta accentuazione al valore delle istituzioni. Ac- periodo preniceno, si ha ancora una accentuazione di
canto al rapporto Cristo-Logos con la creatura, propria de- Cristo, quale modello religioso dell'uomo. Nell'ambito di
gli alessandrini, si viene a creare un nuovo binomio, quello un contesto istituzionale etico, egli pone nella conoscenza
di Cristo con la Chiesa. Egli è il redentore della Chiesa, ad della verità la salvezza dell'uomo. Conoscere Dio è cono-
essa viene donato lo Spirito e perciò: al di fuori della scere la verità, vale a dire acquistare quella scienza che
Chiesa non si ha uno spazio di salvezza D. In tale contesto libera l'uomo dalla ignoranza (Inst. 4,26,4). Lattanzio le
la Chiesa come istituzione diviene, negli scrittori latini, il dà il nome di « sapienza ». Dio la manifesta in Cristo
luogo della salus ed essa stessa è pensata come utilitas quale disponibilità di partecipare a tutti la « sapienza
salutaris (Cipriano, ep. 75,4). La ben nota espressione salvatrice », che consiste nel conoscere e adorare Dio (ar-
romana della salus populi romani viene fatta propria dal- gomento del l . IV delle Institutiones).
le comunità cristiane latine. La Chiesa è compresa nella Cristo è così il magister iustitiae, il doctor della religione
categoria della salus: in se stessa, nei suoi capi, nei sa- vera e perciò il doctor iustitiae (Inst. 4,11,7; 14,17;
cramenti e nelle attività che svolge, nel vivere secondo la 1,7,2). Egli, venuto a organizzare la religione vera, isti-
Chiesa che diviene via salutaris (Cipr. Unitate eccl. 2). In tuisce un nuovo tempio cioè un nuovo culto, diventando
Cipriano si ha il primo traduttore della salvezza cristiana il sacerdote che guida l'umanità intera al vero culto di
in categorie culturali romane. Si devono a lui gli elementi Dio (Inst. 4,14,1-3). Vivere nell'unità della fede cristiana
e la terminologia soteriologica, che influirono poi sull'ec- e partecipare al culto della Chiesa, diventa perciò la stra-
clesiologia e la sacramentaria latina posteriore. I sacra- da obbligata della salvezza dell'uomo che, in tale assolvi-
menti infatti, sono visti, in tale contesto, come instituta mento, trova ora, nel tempo della storia, la liberazione
salutaria: il battesimo è aqua salutaris (ep. 7 3 , l l ) ; dal regno delle tenebre (Inst. 4, 14,2 e 30, 1-2) e, alla fine
l'eucaristia è cibus salutis (De oratione 18); la penitenza è dei tempi, la trasformazione dei giusti in angeli (Epitome
indulgentia salutaris (Ad Demetr. 25). I capi della Chiesa, 67,s).
soprattutto il vescovo, diventano mediatori di salvezza,
sono essi gli amministratori degli instituta salutaria (il
De unitate ecclesiae è scritto in tal senso). Cristo natural-
mente è « l'autore della salvezza n (Idol. 15), a il salvatore
del genere umano » (Ad Quir. 2,7); ma Egli vive nella
Chiesa e comunica la salvezza attraverso i sacramenti.
Egli è perciò K via della salvezza (Patientia 8) nel senso
che è presente salutarmente nella Chiesa, nel tempo che
intercorre tra la sua prima venuta (come maestro e mo-
dello) e la seconda quando verrà come giudice (De Zapsis
7 ; Idol. 12; Pat. 23). I n Cipriano Cristo è il maestro della
;
I capitolo terzo
t
(Dio in relazione alla salvezza umana). Quanto alle opere
di Dio si distingue in esse ciò che è comune alle tre
persone, e sono le opere ad extra, come la creazione; e le
opere appartenenti alle tre persone prese singolarmente,
che vengono considerate opere di salvezza. Contro Ario,
b Cristo è il consostanziale col Padre, in lui perciò valino
i distinte la generazione eterna dal Padre e quella avvenuta
nel tempo da Maria. La questione che ora preme è so-
prattutto la divinità di Cristo. La sua anima umana che,
in Origene, aveva avuto il suo peso, ora viene subordinata,
in autori come Apollinare e Nestorio, a schemi non cor-
! rispondenti alla comune fede nicena, e perciò vengono
messi al bando della fede.
Nell'ambito delle categorie della pax romana e della salus
generis humani, portata da Roma a tutti i popoli, si viene
configurando una nuova immagine del Redentore e quindi
I1 concilio di Nicea del 325, convocato e presieduto dallo della soteriologia. Egli è il Soter dell'anima e del corpo
imperatore Costantino, diede una svolta diversa alla con- nella loro singolarità ed unità, e dell'intero genere uma-
cezione di Chiesa e, conseguentemente, tutta la teologia no. I titoli di irnperator e di rex gloriae dati a Cristo se,
fu soggetta a un nuovo ripensamento. Cambiavano le ca- da una parte, continuano la tradizione di Tertulliano che
tegorie semantiche anche in ambito cristiano e la stessa lo chiamava a Legislatore D, dall'altra applicano a Lui tut-
soteriologia si aprì ad angolazioni ed accentuazioni di- ti i titoli imperiali. Nasce il Cristo della gloria il cui
verse. I fatti determinanti furono due: la Chiesa si trofeo è la croce invicta. Fu Eusebio a teorizzare, nel-
modellò, con la pace costantiniana, secondo molti para- l'immagine di Cristo imperatore, l'accordo avvenuto tra
metri della società civile; si ebbe poi la controversia ariana. l'impero e la cristianità. Egli propose la categoria di im-
Questi due fattori attraversarono l'intera cristianità, nelle perator come unica immagine, per rappresentare il regno
sue istituzioni come nel suo pensiero. A Nicea si registrò, celeste invisibile dove tutto viene sottomesso al Padre da
a livello di pensiero, la crisi del cristianesimo asiatico e Cristo, e il regno terrestre dove Cesare sottomette tutto a
di quello alessandrino. A livello istituzionale si ebbe lo Cristo. I1 modello di Cesare è il Logos nell'annunciare e
scontro e il compromesso tra le grandi sedi episcopali promuovere la vera pietas e la giustizia; Cristo, d'altra
dell'antichità cristiana. Si volle infine porre un fondamento parte, riceve i connotati dell'immagine di Cesare, portato-
comune per l'ortodossia delle chiese sia delllOriente che re di salvezza a tutte le genti. Nascono in questo contesto
dell'occidente. le feste liturgiche di Natale, delllEpifania e dell'Ascensio-
Nicea, se in cristologia segnava la fine della Logos-cristo- ne; nasce l'immagine di Cristo Pantocrator. Ci si muove
logia di Origene, evidenziava anche le difficoltà della teo- evidentemente in termini di soteriologia politica.
logia asiatica di impostazione monarchiana a ritrovarsi
nella speculazione alessandrina sulle tre ipostasi. A Nicea
Cristo viene visto come Dio a livello di Dio Padre. Egli 1. La soteriologia antiariana
non è più soltanto in rapporto al Padre, è komoousios col Atanasio di Alessandria e Ilario di Poitiers
Padre, è cioè consostanziale a Lui. Si definisce prima
l'essere di Cristo e poi si passa a considerarlo come re- La soteriologia antiariana ha, come presupposto base, la
dentore. Inizia ad aver credito la possibile reale distin- piena divinità del Verbo incarnato. Accanto alla conside-
zione tra teologia (Dio in sé) e redenzione o K economia razione del Logos, caratteristica propria della scuola' ales-

99
sandrina, si aggiunge quella di Logos incarnato, che porta
all'approfondimento del perché il Logos si sia incarnato.
Tale delimitazione della questione significò, nella polemi- Se Atanasio, nell'ambito della fede nicena, portò a com-
ca antiariana, porsi direttamente la domanda soteriologi- pimento la soteriologia di Ireneo, Ilario vi sviluppò la
ca: perché Dio si è fatto uomo. dottrina della salus carnis nella categoria della glorifica-
zione dell'uomo. Egli vede Dio come fonte della gloria. Ad
essa partecipa, totalmente e fin dall'eternità, il Figlio (De
a) Atanasio di Alessandria trin. 11,17). Attraverso Lui essa viene comunicata al di
Atanasio fu il primo alessandrino a porre la sua attenzio- fuori di Dio: nelle teofanie dell'Antico Testamento, nel-
ne non direttamente sul Logos creatore, bensì sul Logos l'incarnazione, nella trasfigurazione, nella risurrezione,
incarnato quale redentore dell'uomo. I1 Logos è Dio ed è nella gloria dei santi. La storia della salvezza è vista da
divenuto uomo per l'uomo. La redenzione quindi viene Ilario come glorificazione D, avendo presente che essa,
intesa, nella visione atanasiana, nella linea di poter ripor- originariamente, si ha solo in Dio e che solo attraverso il
tare l'uomo nell'ambito del divino in tutto se stesso. Egli Figlio può essere comunicata al di fuori di Lui. Nella
parla di un processo di divinizzazione che si muove tra la prospettiva unitaria della glorificazione, Ilario opera una
sarkosis (incarnazione) del Verbo e la theopoiesis (divi- stretta connessione tra teologia-antropologia-cristologia e
nizzazione) dell'uomo, e si concretizza nella vittoria sulla soteriologia. L'assumptio carnis, da parte del Verbo, non
morte e la restaurazione nell'incorruttibilità (aphtharsia) è perciò un mero divenire umano ma segna anche l'inizio
e nella conoscenza di Dio (C. arr. 1,38; ep. ad Adelph. 4 ) . della glorificazione dell'uomo. L'incarnazione coinvolge
L'anima umana infatti, persa la capacità di conoscere Cristo con tutti gli uomini ed essi, per divenire corpus
Dio, cadde nella mutabilità del creato. L'uomo ritrova Dio Christi teso alla glorificazione finale, devono accogliere
per il dono dello Spirito fatto agli uomini dal Verbo. Già tale offerta di comunione con Lui attraverso la fede e i sa-
prima d'incarnarsi Egli l'aveva donato ai santi delllAntica cramenti della Chiesa (De trin. 8,lO-17; I n ps. 51, 16; 53, 12;
Alleanza; nel battesimo al Giordano ricevette poi quel- 91,9).
l'unzione (= lo Spirito) che, dopo la sua risurrezione, Lo sviluppo del cristocentrismo, avutosi in seguito alle
donerà a tutti gli uomini. I1 dono dello Spirito è vitale controversie ariane, portò una nuova riflessione in rela-
per Atanasio, perché è nello Spirito che l'uomo rinnova il zione a Cristo e alla sua azione salvifica.
suo essere a immagine di Dio e partecipa alla Chiesa, La teologia sacramentale ad es., che era incentrata sulla
corpo di Cristo. (C. arr. 1,47; 3,25). remissione dei peccati e il dono dello Spirito, ora si
L'alessandrino sviluppa il suo discorso soteriologico arti- ferma su Rom 6, sviluppandosi prevalentemente come
colandolo su due presupposti: la fede nella divinità del partecipazione alla morte e risurrezione di Cristo. I sa-
Logos, e nella sua incarnazione come solidarietà con l'u- cramenti diventano il tramite della redenzione e costi-
manità. I1 suo scritto De incarnatione pone perciò l'ac- tuiscono l'angolazione delle catechesi mistagogiche.
cento sulla duplice consostanzialità del Cristo (con Dio e
con gli uomini). Essa vuole spiegare la restaurazione del-
l'uomo nella conoscenza di Dio e nella sua immortalità.
L'uomo così, ch'era divenuto estraneo alle cose spirituali,
2. 1 cappadoci - Gregorio di Nissa
a causa del peccato, vi ritorna come familiare grazie al Gregorio di Nissa rappresenta, per lo stretto legame che
Cristo redentore. Con Atanasio si inizia infine a conside- la sua riflessione cristiana ha col mondo culturale greco,
rare il monaco quale tramite della vittora di Cristo sui la figura sintesi più eminente del cristianesimo antico
demoni e sulla morte, rispetto ad Eusebio di Cesarea che prima di Agostino.
aveva accentuato in tal senso il ruolo dell'imperatore. La sua soteriologia che, polemicamente, ha di fronte la
cristologia di Eunomio e di Apollinare, ha come punto
centrale l'incarnazione di Cristo, che si colloca tra la mistagogiche nella medesima angolazione. Riguardo al
protologia e l'escatologia. battesimo, ad esempio, egli scrive:
Nel Nisseno l'incarnazione può considerarsi sinonimo di Chi non riceve il battesimo non riceve la salvezza (Ad
oikonomia, vale a dire di storia della salvezza in cui, data ill. 3,lO). Le espressioni di Ambrogio e di altri Padri, come
la solidarietà che lega Cristo e l'uomo ad una medesima anche dei simboli di fede, quali dominus salvator, Chri-
umanità, i due sono ormai coinvolti in uno stesso destino. stus pro nobis, propter nos homines esprimono che la
L'incarnazione del Verbo rappresenta così l'inizio di una redenzione si ha nella fede la quale, concretamente, viene
divinizzazione da portare a compimento, e si esplica ren- partecipata all'uomo nei sacramenti.
dendo possibile il recupero di quella unità che esisteva
alle origini tra Dio e l'uomo e gli esseri tra loro. L'incar-
nazione del Logos ha perciò, davanti a sé, la prospettiva
escatologica della riconciliazione universale e costituisce,
allo stesso tempo, la via del ritorno all'unità originaria Agostino ci dà, nel pensiero soteriologico, gli ultimi svi-
della creazione. I1 Logos incarnato è la strada, anzi l'ini- luppi della fede nicena (Cristo consostanziale al Padre e
zio, di ogni strada umana per ritornare a Dio perché in agli uomini). C Cristo, egli sintetizza, in tanto (è) mediato-
Lui la dynamis del Verbo inizia ad essere partecipata agli re in quanto uomo; in quanto Verbo invece non (è) me-
uomini. Tale inizio trovò nella vita del Redentore (pas- dio, perché uguale a Dio e Dio presso Dio e insieme con
sione-morte, risurrezione e ascensione) (Or. cat. 33,3) il lo Spirito Santo (è) un solo Dio (Conf. 10,67-69). « Per-
suo compimento e, pertanto, il mistero pasquale di Cristo ciò Cristo è detto Mediatore di Dio e degli uomini, tra il
avvolge anche il mistero della redenzione umana. Cristo è Dio immortale e l'uomo mortale, Dio e uomo, che riconci-
il Redentore perché Egli è stato solidale con l'umanità, lia l'uomo a Dio, rimanendo quello che era, fatto quello
interamente, in tutte le sue fasi di sviluppo biologico e che non era. Lo stesso è per noi: fede nelle realtà tempo-
storico; Egli cioè ha preso tutto dell'uomo senza rifiutar- rali e nelle verità eterne » (De COMS. evang. 1,53; cfr. un
ne alcuna fase, ma anche senza lasciarsi irretire da tali testo simile nel De trin. 13,24). Accanto al dato comune
limiti. I1 Nisseno, superando lo schema soteriologico del della fede nicena bisogna aver pure presente, nel traccia-
descensus-nscensus che era legato a schemi gnostici, uti- re qualche linea del pensiero soteriologico agostiniano,
lizza in prevalenza l'idea gnostica di corpo dell'umani- altri due elementi e cioè: la sua esperienza religiosa che,
tà per indicare la solidarietà che lega Cristo agli uomini nel Cristo Salvatore, trovò la grande speranza di non di-
ma, più che precisarla, ne mette in rilievo l'efficacia e sperare di continuare a vivere (Conf. 10,43,69) e l'entro-
l'universalità. terra delle categorie platoniche nelle quali egli tradusse
la fede abbracciata.
Cristo salvatore è un po' il filo conduttore dell'intera
3. Sviluppi misterici della soteriologia antiariana opera agostiniana: Cristo è il salvatore dell'uomo, di ogni
uomo e a tutte le età (4). La teologia e il polemizzare di
La soteriologia antiariana ebbe ancora sviluppi in Ambro- Agostino hanno come oggetto proprio l'approfondimento
gio, che approfondì la categoria della solidarietà sul pia- di tale dato irrinunciabile. Cristo salvatore è agli esordi
no sacramentale. Attraverso l'anamnesi (ricordo di un dell'umaiiità e di ogni uomo in particolare: ognuno ha in
passato che si rende presente attraverso il rito) gli even- Lui la strada obbligata della propria salvezza (5). Le istitu-
ti di salvezza di Cristo diventano soteriologici (De sacr.
4,5,21-25). Giovanni Crisostomo portò avanti il medesimo (4) Agostino, nell'anno 411-412, ricordava ai pelagiani l'uso africano
d'indicare il battesimo col nome di salus (De peccatorum meritis
discorso nella categoria del mistero: è nei misteri che et remissione 1) anche per i bambini.
l'uomo sperimenta la salvezza. E già prima di lui, Cirillo (5) R da ascrivere dopo Costantino l'uso di dare al vescovo l'ap-
di Gerusalemme aveva composto una serie di catechesi pellativo di sacerdos, nel significato di mediatore, titolo riservato
zioni religiose cristiane, come la Chiesa e i sacramenti, zione finale di ogni uomo, è ancora Cristo il primo dei
vanno viste perciò solo come mediazioni di Cristo salva- predestinati (De dono persev. 24,67). Agostino intende per
tore e non come esclusive nel dare salvezza. Rileva Ago- predestinazione il raggiungimento, da parte dell'uomo, del
stino in tale contesto che la promessa del Redentore, suo destino che coincide col pervenire a Dio dopo la
alla caduta di Adamo, venne fatta ad ogni uomo (ep. morte biologica. La predestinazione pertanto non riguar-
102,12) e la Chiesa va intesa dal primo giusto all'ultimo da il tempo di un'esistenza umana ma la sua fine nell'ar-
che raggiungerà il Regno di Dio. La città di Dio raccoglie co del tempo. Agostino chiama tale momento, quando si
pertanto cittadini di ogni epoca, che in Cristo trovano il risolve in positivo, dono o bene della perseveranza (De
loro « salvatore ». Egli scrive: N Nessuno, proprio nessuno dono o bono perseverantiae è il titolo di una delle sue
è stato liberato, viene liberato o sarà liberato al di fuori ultime opere che tratta appunto il problema della prede-
della grazia del Redentore » (De gr. Christi 2,29,34). stinazione) dove « perseveranza » non dice relazione ad
Nei suoi scritti dopo la conversione è Cristo incarnato la una perseveranza nel bene nell'arco del tempo, ma quel
chiave di soluzione della sua ricerca; nella polemica do- perseverare nel bene per sempre, dal momento del transi-
natista sull'unità dei cristiani, è Cristo « che battezza » ed to oltre la morte fisica (7).
unisce tutti i battezzati al di là di ogni loro indegnità; La categoria principale in cui egli esprime Cristo come
nella susseguente polemica pelagiana, è Cristo l'esempio salvatore è quella di « mediatore », precisata in Cristo
da seguire e l'aiuto alla libertà dell'uomo perché ci si via-patria (categoria di origine neoplatonica: Plotino,
possa salvare (6); e, nel raggiungimento di Dio, destina- Enn. 1,6-8 citato nel De civ. Dei 9,17).
Alla mediazione di Cristo Agostino annette, come catego-
ria essenziale, l'incarnazione. È per essa che Cristo viene
solo a Cristo nel Nuovo Testamento. Prima invece, nella linea di
un servizio da prestare, si veniva chiamati vescovi n (sorveglianti) costituito mediatore tra Dio e gli uomini, secondo l'indi-
o presbiteri » (anziani). cazione di 1 Tim 2,s (K Uno è il mediatore fra Dio e gli
(6) L'esemplarismo cristiano africano era nella linea platonica di uomini, l'uomo Cristo Gesù D) (Conf. 10,42,67). L'umanità
ecserc immagine, che riceve dal modello tale impronta. Già Ter- del Verbo è in grado di richiamare l'uomo, reso incapa-
tulliano, commentando la domanda del Padre nostro Sia fatta la
tua volontà nei cieli e in terra D ( M t 6,lO) aveva spiegato cristolo- ce di farlo da sé, alle realtà eterne dimenticate in seguito
gicamente il « fare la volontà di Dio m. Cristo infatti è espressione alla caduta di Adamo (C. academicos 3,42), di riportarlo
della volontà salvifica del Padre ed è esempio del compiersi in noi a Dio suo fine e suo sommo bene (De doctr. chr. 1,38).
di tale volontà salvifica, perché ci dà la sostanza e l'attuarsi della Per compiere tale risalita Cristo è via benché Egli mede-
sua volontà. Egli scrive: M Perciò preghiamo che ci dia la sostanza
e l'attuarsi della sua volontà, per essere salvi in cielo come in simo, allo stato glorioso, costituisca anche un punto di
terra, perché l'oggetto principale della sua volontà è la salvezza arrivo dell'uomo. Cristo è così via e patria dell'esistenza
di quelli che Egli ha adottato » (De oratione 4 , 2). Più tardi Atgo- umana. Egli rimprovera ai platonici la non accettazione
stino, nel solco di tale tradizione, dirà che Dio ci dona la grazia di Cristo come via, cioè la sua incarnazione: si espongono
non solo nell'ordine conoscitivo ma anche in quello dell'effettua-
zione. Invece Pelagio, nell'appellarsi a Cristo esempio, lo capì infatti a intravedere il fine senza poterlo raggiungere (Conf.
solo sul piano dell'imitazione dipendente dallo sforzo della libertà. 7,26-27; De cons. evang. 1,53). La categoria di « mediato-
Tale lettura costituì una deviazione, nella dottrina tradizionale del- re » designa in Agostino soprattutto l'umanità di Cristo,
I'esemplarismo africano, e gli venne fatto sempre notare da Ago- ed è l'equivalente di redernptor e di reconciliator (De
stino. Tertulliano nel cap. 8 del De oratione, a proposito dell'esem-
pio di Abramo, che diede solo un precetto o esempio da imitare ma
non la possibilità di realizzarlo, aveva fatto rilevare la differenza (7) La concezione di una predestinazione al bene e al male fu un'idca
che si ha nell'imitazione di Cristo rispctto a quella di un altro che si sviluppò dopo la morte di Agostino. La si ha chiaramente ad
uomo. Cipriano aveva seguito la medesima impostazione. G. Plin- es, nello scritto, noto col titolo di Praedestinatus (PL 53,587-627).
va1 vede nella fedeltà degli africani a Cipriano il fondamento della Per il vescovo dlIppona «predestinazione» dice sempre relazione
loro reazione al pelagianesimo (Pélage ..., p. 92). Cfr. anche B. Stu- al bene, anzi a quel bene sommo o al grande dono di Dio » come
der, u Sacramenturn et exemplurn P che2 saint Augustin, RechAug 10 lui lo chiama nel De dono perseverantiae, che consente all'uomo
(1975) 87-141. di raggiungere la sua destinazione di vita eterna.
4,13, 16) e per amore (il tema del 1. 10 del De civ. Dei),
triiz. 1,7, 14) per la Chiesa costituendo con essa il Chri- diventa per l'uomo redenzione, cioè liberazione da quel
stus totus (8), e per l'intero genere umano (Ench. 61). fondo « irrequieto, ingiusto, senza pace », che la tradizio-
L'umanità e la divinità di Cristo sono categorizzate in ne biblico-cristiana indica col nome di « peccato B.
Agostino nella dialettica storia-eternità, in molti binomi: Peccatum è in Agostino nozione molto complessa, certa-
Cristo è scienza e sapienza (scienza nella vita presente, mente un termine non univoco. Le principali accezioni,
sapienza in quella futura); via e patria; tempo ed eterni- utili al discorso sosteriologico che egli fa, sono: 1. Peccato
tà. Nell'arco della storia Cristo è scientia-via-tempus, è come quel fondo « ingiusto » in cui Adamo, peccando,
medicus humilis (S. 87, 13; 88,l; en. in ps. 58,II, 11 ecc.) coinvolse tutti i suoi discendenti, che si trova alla radice
della umanità ammalata: dalla sua superbia (S. 77,ll; De stessa di ogni nuova esistenza umana: è il peccato origi-
ag. chr. 11,12), dalla corruttibilità del corpo, dal male del nale. I1 Verbo s'incarna per liberarci da quel fondo ini-
tempo che corrode ogni speranza umana. La guarigione quo che ha rovinato il tessuto fondamentale della rela-
da tali mali comporta una riconciliazione da apportare a zione umana con Dio e i suoi simili. L'incarnazione è
tutto l'uomo, nel suo essere personale come nel tessuto perciò un mistero di riconciliazione dell'uomo con se
dei suoi rapporti con Dio e il creato. L'uomo è l'essere stesso, e in relazione a Dio e agli altri. Cristo è così il
che ha perso la pace, che è stato incrinato nelle profondi- liberatore del peccato che è nell'uomo, è il suo Redento-
tà di se stesso in quanto lasciato nella situazione di re. 2. Peccato come crinzen che nasce da un cattivo uso
un « irrequieto, un irriconciliato, un essere senza pace » della propria libertà, come lo fu per Adamo. Cristo libera
(Conf. 1, 1, 1). Per quest'uomo il Logos s'incarna, l'eterno l'uomo dai crimini che la sua libertà commette, è il Re-
scende nel tempo, si fa temporalità e diviene, oltre che dentore della sua stessa libertà, in quanto può riacquista-
medicus humilis, sacrificio di riconciliazione, iustificatio re la libertà caduta sotto la schiavitù del peccato. 3.
che riequilibra quel fondo dell'uomo, il cui tessuto di Peccato come « difetto n, « vizio D: in senso fisico, ad es.,
relazioni non funziona più perché carente di giustizia un occhio che non vede è difettoso, è viziato; in senso di
fondamentale. È il significato in Agostino, della morte di incompletezza, ad es. le virtù dei pagani che, mancando
Cristo e della sua risurrezione, intese quali transitus e del rapporto col fine (Dio), erano « viziate », manchevoli
victoria dell'uomo stesso e cioè possibilità di operare il cioè dell'elemento religioso che le avrebbe rese degne non
passaggio dallo stato di ingiusto-irriconciliato a quello di solo di stima umana ma anche di vita eterna. Allo stesso
« giustificato-riconciliato » (De trin. 4, 13,17; De pecc. mer.
modo Agostino chiama vizio la corruzione insita nel cor-
1,28,56; 32,61; De pecc. orig. 32,37; 39,44). È la vittoria
po umano (De lib. arb. 3,13,36), nel significato cioè di
della Pasqua di Cristo, Pasqua dell'uomo (De trin. difetto in un determinato ordine. I1 vescovo dlIppona
4,3,5-6; I n Io. ev. 23,6) che, nell'eucaristia (sacramentum
riassume il rapporto tra Cristo salvatore e l'uomo pecca-
sacrificii), diviene presente (De civ. Dei 10,Sss; En. in ps.
tore nel modo seguente; « Cristo, fattosi peccato, diviene
33, I, 5; 74, 12). Così la morte di Cristo, sacrificio di ricon-
nostra giustizia » (9).
ciliazione offerto liberamente (In Io. ev. 47, 11; De trin.

(8) E un'espressione tecnica, sviluppata da Agostino in modo am-


pio nel Commento ai Salmi. Essa dà equilibrio alla difficoltà po-
sta dagli ariani che affermavano Cristo inferiore al Padre, proprio
perché è Lui che prega il Padre. Nel Christus totus, che richiama
l'immagine paolina capo-membra del corpo umano, Agostino pone
Cristo come orante (= le membra = la Chiesa) e come Colui che
è pregato (come capo del corpo). Cristo è perciò il caput Ecclesiae (9) Ench. 41. Vedi anche De trin. 12, 16-15, 19; 13, 6, 9; De corr. gr.
(En. in P.S. 148, 8), la vox capitis, la vox corporis, la vox totius 12,37. [ M . Strohm, Der Begriff der natura vitiata bei Augustin, Th.
Christi, capo e membra (cfr. ad es. En. in ps. 85; 100, 3; 30 11, 1, Quartalschr 35 (1955) 184-203; B. Studer, Le Christ notre justice
4; 58 I, 2). selon saint Augustin, RechAug 15 (1980) 99-1431.
I capitolo quarto scuola antiochena che spiegava la soteriologia nella linea
dell'obbedienza e dell'amore). Lo schema Logos-sarx si
la soteriologia era venuto trasformando nello schema Logos-anthropos,
calcedonese con tutte Ie conseguenze di un nuovo ripensamento sote-
riologico e del compromesso calcedonese. Ma vediamo le
questioni più da vicino.
ii
i 1. Teodoro di Mopsuestia, amico di Giovanni Crisostomo,
fu un grande esegeta, la sua soteriologia trae perciò vita-
i lità dalle fonti bibljche, alle quali egli aggiunse la catego-
ria liturgica del senso della presenza di Cristo nelle ce-
lebrazioni della Chiesa. I1 mopsuesteno articolò la soterio-
I
logia nella individuazione di quello che egli chiama l'ho-
mo assumptus. In polemica e in dipendenza della cristo-
logia di Apollinare, che aveva posto il Verbo al posto
dell'anima di Gesù, egli lo pone come principio vitale
La soteriologia calcedonese, derivata dal Concilio di Cal- della sua umanità. Essendo infatti, per Teodoro, nell'ani-
cedonia del 451 convocato dall'imperatore Marciano per ma dell'uomo la radice del peccato (la morte del corpo
esaminare l'eresia di Eutiche, precisò i presupposti per ne è solo conseguenza), egli vede la necessità, da parte
cui Cristo è salvatore dell'uomo. Per la fede di Calcedonia del Verbo, di assumere un'anima umana, oltre che un
in Cristo, Dio-uomo (due nature unite nella persona del corpo, per liberare l'anima di ogni uomo dal peccato e il
Verbo), v'è il fondamento della salvezza dell'uomo. Tale corpo dalla corruzione (Hom. cat. 5,9; 19).
concilio rappresentò il raggiungimento di un compromes- L'homo assumpfus è la mediazione del Verbo per salvare
so teologico di tre tradizioni: di quella antiochena di l'uomo. Essa si articola in due stadi: quello della morta-
Teodoro di Mopsuestia, di quella alessandrina di Cirillo lità, legato alla fase temporale; e quello della risurrezione
di Alessandria e di quella occidentale di Leone Magno. legato all'immortalità, all'incorruttibilità, alla libertà dello
Prima di Calcedonia si era acquisito che Ia salus dell'uo- Spirito. Nell'komo assumptus, nel suo passare dalla rnor-
mo è posta nella divinità e nell'umanità di Cristo, ma ora talità all'età della risurrezione, c'è l'iter del cammino re-
si poneva la domanda di come nel Cristo siano unite la dentivo dell'uomo che, da una fase di mortalità e di
divinità e l'umanità. Lo schema antico Logos-sarx, nella necessità di peccato in Adamo, è chiamato a realizzare
lettura della fede nicena per cui Cristo è consostanziale al quel processo spirituale raggiunto dal Cristo della risur-
Padre e agli uomini (contro Apollinare che negava in Cri- rezione (Hom. cat. 5,20; 7,9; 12,8; 16,30). La possibilità
sto la presenza dell'anima umana), aveva ricevuto dal Na- reale, di tale cammino, è data all'uomo dalla partecipa-
zianzeno una formulazione soteriologica rimasta classica: zione alla liturgia della Chiesa, nella quale Cristo presen-
K Ciò che non è stato assunto non è stato salvato, ciò che te si partecipa aI cristiano. Questa comunione col SaIva-
è stato unito a Dio, questo è stato anche salvato D (ep. tore è vista dal mopsuesteno nella categoria del mistero
101: PG 37,181). Ma quel consostanziale al Padre e al pasquale, come dono dello Spirito Santo. L'homo assum-
Figlio di Maria aveva posto per Cristo la questione del ptus è, in altre parole, l'incarnazione del Verbo, comuni-
modo di essere lui unito a Dio e agli uomini. Si erano fatte cando alla quale l'uomo raggiunge la possibilità della sua
le ipotesi di un'unione solo morale cioè non a livello so- salvezza, di riportarsi cioè a quello stadio che sa di vita e
stanziale; l'ipotesi di una inabitazione del Verbo nell'ani- non di morte, nel quale era stato creato originariamen-
ma umana di Cristo; l'ipotesi infine di due figli, il figlio di te.
Dio e il figlio di Maria (la polemica antiapollinarista della
2. Cirillo alessandrino è rimasto alla storia soprattutto riguardo all'unità Dio-uomo in Cristo. I1 suo contenuto
per la sua polemica con Nestorio, della cui cristologia venne fatto proprio dal Concilio di Calcedonia del 451. In
rilevò le conseguenze negative. A Nestorio che, nella linea esso si afferma che in Cristo vi sono due nature e una
della teologia antiochena, insisteva nell'affermare in Cri- persona. Tale dottrina non accettava la tesi di Eutiche
sto due nature e due soggetti uniti tra loro solo in modo che ammetteva in Cristo una duplicità di natura solo
estrinseco, per cui alla madre di Gesù poteva essere con- prima dell'incarnazione, in quanto dopo ne sarebbe ri-
testato il titolo di Theotokos (madre di Dio), Cirillo o- masta una sola. Leone Magno propose così una duplice
biettò che il Verbo, grazie all'incarnazione, è legato a consostanzialità di nature in Cristo, che nella persona
tutti gli uomini in un'inseparabile unità (In Lc 5,19): divina trovano la loro unità, per cui è possibile predicare
infatti il Verbo è legato all'umanità con unione sostanzia- di Lui allo stesso tempo ciò che è divino ed umano,
le di natura e, grazie ad essa, il male viene eliminato da attribuendolo ad un medesimo soggetto. Le implicanze
essa. In Cristo l'umanità ha ricevuto per prima il dono soteriologiche di tale cristologia erano per Leone Magno
dello Spirito Santo e, in Lui, gli uomini possono ottenere che « i l Redentore dell'uomo è divenuto uomo perché
per grazia ciò che Cristo possiede per natura. In forza questi potesse diventare figlio di Dio n (ser. 26,2), essen-
dell'incarnazione del Verbo gli uomini sono legati a Cri- dosi stabilito nel Cristo un commercit~msalutare tra Dio
sto katà physin (per solidarità naturale); in forza poi e l'uomo (ser. 54,4).
dell'immagine umana impregnata dello Spirito Santo, si Cristo è consostanziale a Dio come agli uomini, è cioè
partecipa katà charin alla figliolanza divina che Cristo ha simile, uguale, del loro stesso livello. Comunicare a Lui è
in proprio. Cirillo distingue una parentela dell'umanità perciò rinascere in Lui; è avviarsi alla comunione nella
con Cristo, che si ha in radice in forza dell'incarnazione del gloria (consortium gloriae: ser. 72,2). Concorporati » a
Verbo; e un'altra spirituale, che si ha nel battesimo, nella Cristo il mistero dell'ascensione del Figlio di Dio diventa
fede e si rafforza nell'eucaristia. La figliolanza divina egli proprio degli uomini (ll).
la esprime col termine di « grazia di Cristo n. Cirillo poi,
dopo aver posto il fondamento che il Verbo non è venu- 4. La tradizione teologica post-calcedonese conobbe, per
to in un uomo ma Lui stesso è divenuto uomo n, parla la soteriologia, ancora un suo sviluppo, grazie allo pseu-
molto della redenzione umana in relazione al sacerdozio do-Dionigi che utilizzò il pensiero della scuola alessandri-
di Cristo. Gli ariani limitavano tale sacerdozio al Verbo na tramite Evagrio e Gregorio Nisseno. Massimo Confes-
eterno e gli antiocheni all'homo assumptus. Cirillo, nella sore ne fu la figura più eminente. Egli rappresentò la
tradizione di Atanasio, annette il proprium del sacerdozio confluenza delle tradizioni orientali ed occidentali nel-
nel Verbo incarnato, la cui morte costituisce il punto l'approfondimento soteriologico e spirituale delle posizio-
centrale della redenzione nell'ambito di una soteriologia ni di Calcedonia. I1 Concilio di Calcedonia, d'altra parte,
dell'incarnazione. Dato che i punti focali della teologia di se aveva distinto le nature umano-divina in Cristo, unite
Cirillo sono l'incarnazione e la morte redentiva, in lui è nella persona del Verbo, non aveva precisato come si
invece poco presente il discorso escatologico. L'angolazio- distinguano e trovino l'unità in un'unica persona.
ne soteriologica rimane quella legata alla comunione con Dopo Calcedonia si tentò di precisare tale modo. Ne nac-
Cristo nel tempo, quando già si viene liberati dalla male- quero tuttavia speculazioni cristologiche più che appro-
dizione del peccato e si riceve la figliolanza divina. fondimenti soteriologici. Finite le grandi controversie teo-
logiche, assoggettate ormai ad equilibri politici (gli impe-
3. Leone Magno scrisse nel 448 il Tomus ad Flavia- ratori saranno infatti favorevoli a Calcedonia o ai mo-
num (10) per indicare agli Orientali la fede da tenere nofisiti secondo il prevalere delle linee politiche), la do-

(10) E l'ep. 28 (PL 54, 755-782; ed. critica C. Silva-Tarouca, Roma (11) Leone Magno sviluppa molto la mediazione della liturgia, che
19595). è di natura « misterica » cioè partecipativa del mistero di Cristo.

110
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parte terza
I'escatologia
capitolo primo 1

Premessa
I1 termine eschnton (ciò che è ultimo) espresse, nell'anti-
chità cristiana, il compiersi della storia dell'uomo e del
cosmo legata al tempo. Si parlò così degli ultimi tem-
pi » di cui potevano disporre sia l'uomo singolo come
l'intera collettività, per maturare positivamente o meno la
propria storia.
Un altro elemento, connaturale alla semantica di escha-
ton, fu quello dell'irripetibilità di tale compiersi o meno
e, quindi, di un destino che veniva fissato per sempre a
quel dato momento. Mettendo insieme i due elementi,
l'escatologia significò la fine di una possibilità, sia cosmi-
ca secondo la concezione stoica della conflagrazione uni-
versale ciclica, sia della vita umana sulla terra. L'escato-
logia veniva a coincidere col problema della morte davan-
ti alla quale, per l'incertezza più assoluta in cui si viene a
trovare l'uomo, anche il filosofo stoico aveva paura. Sene-
ca aiutava nel modo seguente i suoi contemporanei, a
liberarsi dalla paura della morte cui nessuno può sottrar-
si: << La morte è una realtà che non è un male, ne ha
tuttavia l'apparenza; l'amore di sé e la voglia di durare e
di continuare ad esistere sono inerenti all'uomo, come lo
è anche la ripugnanza di fronte alla dissoluzione, perché
abbiamo l'impressione che la morte ci tolga molti beni e
ci porti via da una vita piena di conforti cui eravamo
abituati. C'e poi un altro aspetto che ci rende odiosa la
morte: il mondo in cui viviamo ormai lo conosciamo, ma tempo prima della morte, da parte delle creature raziona-
non sappiamo assolutamcnte nulla sul dove ci conduca il li (uomini-angeli e diavoli nel pensiero di Giustino). 4. I1
passaggio della morte. Come sarà l'al di là? L'ignoto ci fa giudizio sull'intera umanità alla parusia O seconda venuta
paura. D'altronde anche la paura del buio è naturale e , di Cristo che, venuto come a misericordia » e redentore
normalmente, si crede che la morte ci porti proprio nelle nell'incarnazione (la prima venuta), alla fine della storia
tenebre » (Ep. 82,15). verrà come giudice unico. I1 dopo-giudizio si prospetta
I cristiani, dal canto loro, all'escatologia come fine di un come vita in comunione con Dio oppure lontana da Lui.
tempo, unirono sempre il momento della futura venuta Come chiave ermeneutica dell'escatologia cristiana va
del Figlio dell'uomo. In tal modo proposero la concezione considerato il Logos incarnato.
di un tempo » che è sempre aperto su di un futuro cui Se questo elemento viene disatteso c'è il pericolo di con-
si è destinati, che non sfocia nell'incerto della credenza siderare l'intera problematica da un'angolazione platoniz-
pagana dell'al di là, ma in un incontro col Figlio dell'uo-
zante (la dicotomia corpo-anima), omettendo di verificare
mo. il tutto dal punto peculiare del cristianesimo. Infatti l'in-
Entro questa precisazione generale si mosse la compren- carnazione del Logos ripropose, nel quadro culturale del-
sione dell'escatologia antica dei cristiani, di cui ora tente- l'antichità, non solo un apprezzamento per i valori della
remo di dare le linee p i ì ~significative. I1 problema coin- storia (quelli temporali), ma un ripensamento dell'ele-
volgeva, di pcr sé, le grandi domande sul senso della mento materia D. Questa, di per sé soggetta a corruzio-
storia e della vita stessa che si vive, sulla destinazione ne, venne infatti pensata in chiave di possibilità di passa-
dell'esisienza umana e del tutto. Vale la pena, al di là di re da uno stato corruttibile a uno non soggetto a corru-
precisazioni particolari dovute a uomini e ad aree cultu- zione. L'adam (= terra) in quanto tale può quindi rag-
rali diverse, vedere in uno sguardo d'assieme l'impostazio- giungere, in questa prospettiva, la condizione di « risor-
ne di base che diede al problema il cristianesimo anti- to a. I1 prototipo di tale adam fu naturalmente considera-
co. to Gesù Cristo e, in tale prospettiva, venne ripensato
In tale problematica erano anzitutto coinvolti, e lo si l'intero destino dell'umanità. I1 <C risorto (reale e possi-
comprende, i presupposti antropologici e soteriologici. Da bile) divenne chiave ermeneutica dell'intera questione e-
come infatti si intende che cosa sia l'uomo si spiega pure scatologica, e propose una diversa valutazione delle realtà
la sua soteria e, di conseguenza, il suo destino. I presup- presenti e della intera storia dell'uomo. La stessa escato-
posti antropologici [il costitutivo dell'essere umano, pen- logia venne così ad essere compresa all'interno della sto-
sato in senso tricotomico (corpo-anima-spirito), dualista ria umana legata al tempo. Essa, ponendosi tra il plasma
(corpo-anima o nous) o monista (l'essere umano corpo-a- iniziale (la creazione) e la homoiosis finale (la somiglianza
nima è tale a livello di un'unità inscindibile] precisano con Dio), fu intesa come un processo storico o come
se l'escatologia sia da realizzarsi a livello di un elemento compimento finale dell'iniziale processo creativo. Questa
rispetto all'altro (I'anima, il nous per i platonici), oppure considerazione, accanto alla fede nella risurrezione dei
di tutti gli elementi che costituiscono l'uomo (la soluzione corpi e nella definitiva parusia di Cristo, poneva l'escha-
cristiana ancorata alla fede nella risurrezione di Cristo e ton all'interno stesso della storia umana e non solo alla
dei corpi). fine della storia. Si sviluppò così un'escatologia nell'ambi-
I problemi relativi all'escatologia furono, nell'antichità to della vita presente, con particolare attenzione al Regno
cristiana, in particolare quattro: 1. I1 presupposto del- di Dio presente nella storia e nelle realtà umane in quan-
l'immortalità dell'anima nel pensare la condizioile delle to tali, soprattutto in relazione all'uomo in quanto soma-
anime separate dal corpo, dopo la morte fisica. 2. La tico, legato cioè al corpo, nella linea cristologica del « Ri-
risurrezione dei corpi, attesa dalle anime da essi separate.
sorto D. Fatte queste premesse, che riteniamo essenziali e
Qui s'inserisce tra l'altro il movimento millenarista, tanto
diffuso nell'antichiti. 3. I1 giudizio sul modo di vivere il quindi non solo orientative per il pensiero escatologico
cristiano antico, ne vediamo ora i principali sviluppi e Giustino
accentuazioni.
In Giustino, che può considerarsi il portavoce degli scrit-
tori cristiani apologisti del I1 secolo, si hanno gli elemen-
l . Apologisti - Giuctino ti di sintesi dell'intera questione escatologica. Egli, tra
i dati della morte comune a tutti (Apol. I, 11,2;18, 1;
I1 dibattito culturale sull'escatologia, già nei primi secoli 57,2; 11, 11, 1; Dial. 6,2) e della seconda parusia di Cristo,
cristiani ci è testimoniato, oltre che dalla problematica in articola l'escatologia su due punti nodali: l'immortalità
sé, sparsa un po' dovunque nelle fonti antiche, da trattati dell'anima e !a risurrezione del corpo. La parusia di Cri-
specifici sulla risurrezione (l). Tali trattati hanno di fron- sto rappresenta lo sbocco finale della storia (Dial. 45,4);
te soprattutto la concezione platonica, valorizzata dagli la risurrezione dei corpi è la speranza dell'uomo resa
gnostici. Essa si occupava del destino dell'uomo singolo possibile della potenza di Dio; e l'immortalità dell'anima
senza porsi neppure il problema di una possibile risurre- è il dono che Dio fa all'uomo. Essa vive perché Dio le dà
zione dei corpi, dato il presupposto che il corpo è un'en- vita divenendo, in tal modo, affine alla divinità. Infatti al
tità composta soggetta a dissolversi; e anche la concezio- pari del corpo anche l'anima è soggetta, di per sé, alla
ne stoica del ritorno ciclico del tutto. Gli Apologisti cri- morte ma Dio la conserva in vita nella linea della risur-
stiani trattano la questione dell'uomo, corpo-anima, pro- rezione di Cristo in cui si realizza un futuro immortale
prio in relazione alla risurrezione. Questa è vista come per l'anima e per il corpo (Apol. I, 18,3 e Dial. 6,2). Sulla
soluzione di vita di fronte al problema della morte, da possibilità della risurrezione dei corpi egli scrive: « Noi
loro considerata solo separazione temporale tra l'anima e attendiamo di rivestire nuovamente i nostri corpi benché
il corpo (Atenagora, De ves. 16,5). Per tale motivo vengo- essi siano rimasti abbandonati nella terra, dal momento
no considerate come aberranti, presso di loro, le soluzioni che nulla è impossibile a Dio (Apol. I, 18,3-6)... Dovete
di coloro che propongono o un totale dissolversi dell'uo- ammettere come non sia impossibile che i corpi umani,
mo o il solo sopravvivere dell'anima (ivi 20, 1-2). Atenago- andati in dissoluzione e in decomposizione, a guisa di
ra appoggia il suo argomentare su ragioni di natura an- semi sotterrati, giunto il tempo opportuno, per ordine di
tropologico-filosofica, non cita infatti testi delle sacre Dio risorgano e si vestano di incorruttibilità » (ivi
Scritture né si appella alla risurrezione di Cristo. 19,4).
Tuttavia la concezione delle anime N separate » e la loro Le anime poi, dopo la morte, rimangono in attesa della
rimunerazione dopo la morte, sono il substrato della sua risurrezione. La durata è data dal completarsi del numero
antropologia dicotomica e della sua escatologia sia indi- degli eletti (Dial. 36,s). Giustino riflette l'idea di un'esca-
viduale che universale. Nel contesto della giustizia, che tologia che avrà il suo compimento alla seconda parusia
sarà rispettata alla fine della storia, si colloca poi la di Cristo, che avverrà dopo uno spazio di tempo indeter-
parusia gloriosa di Cristo (Aristide, Apol. 17,7) e la rein- minato. Tale idea conglobava la concezione giudaica che
tegrazione dell'uomo nel suo costitutivo di corpo-anima Dio, in vista della venuta del Messia, avrebbe creato un
dopo il giudizio finale (Saziano, Oratio 6 , l ) determinato numero di anime. A numero ultimato esse
avrebbero assunto un corpo (Apol. I, 28,3; 45,l; Dial.
32,3). In tale prospettiva va capito quanto dice Giustino
nelllApologia: C Dio si trattiene dal compiere la catastrofe
(1) Vedi a d es. Clemente Romano, Ad Cor. 24,l-5. Quanto ai trat- e il dissolvimento di tutto il mondo con la distruzione
tati sulla risurrezione il primo che ci è giunto è di Atenagora, Sulla degli angeli malvagi, dei demoni e degli uomini, in grazia
risurrezione dei morti (ed. E . Schwartz, TU 4/2, Leipzig 1891); un
altro dello Pseudo-Giustino (da datarsi prima del 190), di esso po- del seme dei cristiani, nei quali trova i1 motivo di questo
chi frammenti ci sono stati conservati nei Sacra Parallela di Gio- differimento » (Apol. I1,7, 1).
vanni Damasceno. Giustino stabilisce così un legame tra i cristiani (sperma
christianon) e la conservazione della natura, presente in gnamenti bizzarri, e altre cose del tutto favolose. Dice ad
tutti gli uomini: grazie alla presenza dei cristiani il tutto esempio che, dopo la risurrezione dei morti, vi sarà un
viene conservato in vita. La venuta di Cristo, che rappre- periodo di mille anni nel quale il regno di Cristo avrà
senterà il giudizio sul destino di tutti, avrà esito favore- luogo corporalmente su questa terra » (HE 3,39,11-12).
vole o meno a seconda le scelte della libertà di ognuno,
compresi i demoni (Dial. 141,l-2). La libertà è legata di-
rettamente al destino personale, che sarà definitivo alla 2. La scuola asiatica - Ireneo di Lione
parusia di Cristo: momento della manifestazione della
giustizia di Dio (Dial. 46, 1) e ricompensa di una vita La cultura asiatica rappresentò, in seno al cristianesimo
vissuta secondo il Logos. dei primi secoli, la più grande reazione culturale al pla-
I1 giudizio finale, che segna la fine della storia e la in- tonismo di tipo gnostico, che si misurò con esso soprat-
staurazione di un nuovo ordine (quello dei « cieli nuovi e tutto sul terreno dell'escatologia. Ireneo ne fu la voce
terra nuova ») e coincide con la risurrezione e il dono ai sintesi. Egli articolò uno schema che rimase poi classico
buoni dell'incorruttibilità e dell'immortalità [(Apol. I, in tutti gli autori posteriori: risurrezione dei morti-paru-
52,3): K quando (Cristo) apparirà ... e ravviverà i corpi di sia-giudizio finale. Ciò che in Giustino e negli Apologisti
tutti gli uomini che furono, rivestirà quelli dei meritevoli anteriori erano state affermazioni, in Ireneo trovano il
della incorruttibilità D; Dial. 117,3: « (alcuni saranno) in- loro sviluppo teologico con punti precisi di riferimento.
corruttibili, immortali e senza dolori »)], sarà preceduto, Si può dire che la sua antropologia, relativa al valore
per Giustino, da un periodo di mille anni (da qui il deII'uomo in quanto corpo, venne da lui articolata proprio
millenarismo) durante il quale solo i giusti risorgerebbe- in vista della domanda escatologica, cui bisognava dare la
ro e vivrebbero col Messia. Egli, in polemica con i cri- risposta di fondo. Senza tale domanda non si comprende
stiani che « negano la risurrezione dei morti e affermano infatti, in tutta la sua interezza, l'antropologia del martire
che , nell'atto stesso di morire, le loro anime sono assunte lionese. In particolar modo egli evidenzia l'unità di fondo
in cielo » (Dial. 80,4), dà come fede comune tale creden- del composto umano che, per lui, è di natura tricotomica
za. « Noi sappiamo - egli scrive - che una risurrezione ( M Perfectus homo constat carne, anima, spiritus » Adv.

della carne si verificherà durante mille anni » (Dial. 80,5), haer. 5,9,1) e, come tale, va mantenuta sempre perché
alludendo ad Apocalisse 20,3. Le anime perciò, dopo la l'uomo sia uomo. Ireneo, preso atto che dei tre elementi
morte, attendono in un luogo particolare, per alcune mi- del composto umano, quello mortale è il corpo (ivi
gliore e per altre peggiore, il giudizio finale (Dial. 5,3). 5,13,3), pone il problema della risurrezione riguardo al
Per Giustino tuttavia, prima di tale giudizio, vi sarà un corpo, perché esso possa riprendere la sua anima e il suo
millennio vissuto, sulla terra « purificata D, assieme al Re- spirito (ivi 2,44) e così tutto I'uoino avere la salvezza (ivi
dentore; poi tutto sarà sottomesso a Dio. L'idea di un 5, 19,2). Nella visione ireneana l'uomo è il corpo, l'anima
mondo rinnovato, guarito dalle sue ferite e quindi non ha una funzione strumentale a favore del corpo; perciò il
distrutto, soggiace all'idea di tale millenarismo che, nel giudizio dopo la morte si avrà per l'uomo, tutto l'uomo e
cristianesimo antico, ebbe tra i primi sostenitori Papia di non solo per uno dei suoi componenti, cioè la sola anima
Gerapoli. Egli ebbe molto influsso perché, secondo Ireneo, come sosteneva il platonismo e il cristianesimo gnostico,
era stato discepolo dell'apostolo Giovanni e amico di Po- contro cui scriveva Ireneo. I1 vescovo di Lione distingue
licarpo di Smirne (Adv. haer. 5,33,4). Nel suo scritto la morte fisica (la separazione dell'anima dal corpo) da
« Spiegazione delle parole del Signore » (dell'anno 130 al- quella morale causata dal peccato, che tocca l'intero com-
l'incirca) parla del millenarismo, giudicato da Eusebio posto umano. La prima è destinata ad essere annullata da
molto severamente. Egli scrive: « Lo stesso Papia aggiun- Dio con la risurrezione dei corpi che otterranno la condi-
ge altre cose che sarebbero arrivate a lui per tradizione zione dei corpora spiritualia (ivi 5,7,1-2); la seconda
orale, certe parabole strane del Salvatore e certi inse- coinvolge l'uomo in un destino di privazione di comunio-
ne con Dio. I momenti della escatologia ireneana sono: lo lica (ivi 2,33-34). Ireneo, nella sua concezione dell'anima
stato delle anime dopo la loro separazione dai corpi o che non è immortale di per sé, riflette una diffusa conce-
escatologia intermedia, come la si suole indicare; la ri- zione prenicena al riguardo per cui, nell'uomo si conside-
surrezione dei corpi che avverrà per tutti; il dopo-risur- rava allora immortale solo lo Spirito; l'anima lo era di
rezione che ha, come termine, la visione di Dio o meno. I1 fatto per dono di Dio. Le discussioni quindi, più che
punto finale di tale escatologia è la visione di Dio desti- sull'immortalità dell'anirna, vertevano sulla sua impassibi-
nata a tutto l'uomo e non solo al nous o all'anima. In lità o meno prima del giudizio (un dormire da non iden-
base a tale punto di riferimento, che coincide col fine tificare né con l'incoscienza assoluta né con uno stato di
dell'uomo, Ireneo sviluppa la sua antropologia strettamen- passibilità vera e propria) e, in prevalenza, con gli gnosti-
te legata con la soteriologia e l'escatologia. La sua con- ci valentiniani che concedevano la partecipazione all'a-
cezione dell'anima dà unità al discorso escatologico che thanasia solo agli uomini spirituali, in base all'esistenza
egli contrappone a ogni forma di proposta platonica circa di un premio distinto per gli spirituali e gli psichici (ivi,
la preesistenza delle anime e la loro transmigrazione da 1,25,4 e 27,3).
un corpo all'altro (Adv. haer. 2,33,1). Per Ireneo l'essere La risurrezione della carne rappresenta, in Ireneo, il mo-
un'anima quella di un uomo determinato e non di uno mento di restaurazione della plasis paradisiaca, il mo-
qualsiasi, dipende dal fatto che viene creata per un corpo mento della glorificazione dell'uomo (è il tema dei primi
determinato e non che provenga da una esistenza anterio- l 5 capitoli del libro V dell'Adv. haerescs) quando la sua
re al suo essere in quel corpo (ivi 1,1,10; 20,l; 2,28-29; carne, interamente posseduta dallo Spirito, sarà « spiri-
44). L'anima perciò, allo stato di condizione separata, at- tuale », simile cioè a quella del Verbo incarnato: la risur-
tende di essere resa al suo corpo (ivi 5,31,2; fr. 12), essa rezione di Cristo è stata la primizia della risurrezione di
che, anche in tale stato, conserva una certa qual forma tutti in quanto ha dato a tutti la possibilità di avere,
del corpo per riconoscersi e ricordare (ivi 2,34; 5,7,1). come Lui, una carne « spirituale » non più soggetta alla
La sua funzione è di animare il corpo e di consentire allo corruzione (ivi 5,6-9).
spirito che la carne venga trasformata da esso: è la me- Tra la risurrezione della carne e il giudizio finale, l'ultimo
diazione stessa dell'immortalità dell'uomo (ivi 4,38,4). In atto dell'opera redentrice di Cristo (ad es. Epideixis 44;
sé l'anima non è immortale, essendo soggetta come ogni 48) nel contesto degli « ultimi tempi » (Epid. 56), anche
creatura alla legge di una fine, tuttavia, non nascendo per Ireneo pone il millennio di soggiorno dei giusti sulla ter-
generazione può evitare la legge della corruzione rice- ra. Egli, nella linea di Papia e Giustino, che lessero in tal
vendo il dono dell'immortalità (2). L'uomo così, benché senso i testi di Apocalisse 20, 1-10 e della 2 Pt 2,3-13,
creato mortale, è orientato all'immortalità (Adv. haer. postula una vittoria su questo mondo reso, dal male,
3,31,1; 5,12,2) che riceve in dono da Dio tramite la ostile all'uomo. I1 sesto giorno, in cui fu creato l'uomo,
mediazione dell'anima (ivi 2,34). D'altra parte la situazio- diventa tipo dei seimila anni della sua esistenza sulla
ne dell'anima separata, di essere in un'attesa beata o terra: al sesto millennio egli da « formato » (creato) sarà
meno, dipende dal come si è vissuta la propria esistenza; « riformato (Adv. haer. 5,33,1-2), dando inizio al settimo
come pure la possibilità di godere Dio o meno, senza la millennio, l'ultimo (ivi, 5,32, 1; 33,4). Nella concezione
paura di poterlo ancora perdere dopo la risurrezione, pii1 antica e di Ireneo tale millennio rappresenta il ripri-
dipende dall'essere vissuti secondo la rettitudine evange- stino di una terra abitabile, non più assoggettata all'in-
giustizia del peccato: si abiteranno cieli nuovi e su una
(2) Seguendo il Principio che solo Dio è immortale (Adv. haer. 3, terra nuova dove l'uomo, non più « sempre trasgressore
8, 3) Ireneo non fa la correlazione, che si ebbe dopo Nicea, tra (ivi, 3,23,2), vivrà su una terra non più maledetta (ivi,
immortalità dell'anima e risurrezione della carne, né vede l'anima 2,23,3), che darà frutti privi di pericolo per lui (ivi
im'mortale perché non composta cioè semplice (ivi 2, 34, 2-3; 5, 7,
2). Già Taziano aveva negato all'anima il carattere di semplicità 5,33,2). E il periodo in cui egli si esercita a vivere nel-
(Oratio 15). l'incorruttibilità, per poter poi essere capace di conversare

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sempre con Dio. Quando questa "figura" sarà passata, 3. Escatologia di Tertmlliano
scrive Ireneo, e l'uonlo sarà stato rinnovato e sarà matu-
ro per l'incorruttibilità, così da non poter più invecchiare, Tertulliano continua, nella linea di Ireneo, l'approfondi-
"ci sarà il cielo nuovo e la terra nuovan (Isaia 65,17), nei mento di una antropologia e quindi di un'escatologia an-
quali dimorerà l'uomo nuovo, che conversa con Dio in tiplatonica. Egli, nel suo stile insieme tacitiano ed asiati-
una maniera sempre nuova D (ivi, 5,36,1). C'è in questa co, si serve di una serie di binomi similari (corpo-anima;
visione una concezione della storia umana, che non va carne-spirito; carne-anima; corpo-spirito) che precisano
verso la catastrofe ma verso il compiersi delle potenzialità l'uomo cristiano opponendolo a quello platonico. Al pla-
umane. Essendo reali gli uomini, precisa il vescovo di tonismo, che riteneva il corpo carcere dell'anima, per cui
Lione, reale deve essere il loro trasferimento; non vanno la suprema speranza di quest'ultima era liberarsene e non
verso il nulla, ma progrediscono nell'essere. Infatti non riaverlo più dopo la separazione, causata dalla morte fisi-
viene annientata né la sostanza né la materia della crea- ca, Tertulliano rispondeva: « Offriamo (a Dio) la pazienza
zione » (ivi). I1 mondo non viene perciò distrutto, bensì dello spirito e della carne, noi che crediamo nella risur-
rinnovato, secondo i piani originari di Dio nel crearlo. rezione dello spirito e della carne D (De palientia 16,s). I
L'inizio di tale momento sarà preceduto dal dissolversi cristiani credono in un loro futuro; tale fede fa parte
dell'Impero e dall'apostasia provocata dalllAnticristo della Regola di fede di un credente: K Gesù Cristo ... ri-
(Adv. haev. 5,25-30). tornerà nello splendore della gloria: per prendere i santi
I1 millennio è una tappa del cammino umano verso il giu- e portarli alla vita eterna concedendo loro il frutto delle
dizio finale, visto come i1 giorno del rendimento a cia- promesse celesti; per giudicare gli altri condannandoli al
scuno secondo il proprio operato (ivi, 2,32,1) in cui Cri- fuoco cterno, dopo la risurrezione della carne dei buoni e
sto sarà Salvatore e giudice (ivi, 3,4,2). Per coloro che si dei cattivi (De praescviptione 13, 1-6).
salvano c'è la visione di Dio: un partecipare alla sua vita, La fede in un futuro pieno di speranza, per il cristiano e
che costituisce lo stesso vivere dell'uomo (ivi, 4,20,5-7). per l'umanità veniva resa pubblica, al tempo di Tertullia-
La visione di Dio è presentata nella categoria della com- ni, dai martiri cristiani che offrivano, con l'accettare la
munio alla vita e alla luce che, di per sé, danno godimen- morte accompagnata spesso da pubbliche confessioni di
to; e la separazione da Lui, nella categoria della morte. fede nella vita futura, uno spettacolo di speranza quoti-
Rimane fissato, in tale giudizio, il destino degli uni e degli diana oltre il visibile della luce. Tertulliano esprime il
altri, per sempre. Se dunque la venuta del Figlio, con- suo pensiero particolarmente nel De resurrectione carnis,
clude Ireneo, raggiunge bensì tutti gli uomini, ma com- nel De anima (del periodo montanista) e nel De testimo-
porta il giudizio e la separazione dei credenti dai non nio animae (del periodo prima di passare al montani-
credenti - perché i credenti fanno la sua volontà per smo) (3). La radice della sua escatologia è nella concezio-
loro propria scelta e i non credenti per loro propria ne unitaria del composto umano. In tale prospettiva la
scelta non seguono il suo insegnamento - è chiaro che il morte è vista come rottura dello stato di comunione del-
Padre ha creato tutti allo stesso modo, ciascuno con una l'anima col corpo; e la risurrezione, nella categoria della
propria capacità di decidere e un animo libero ... A tutti vita come unione, il ricondurre cioè l'anima al corpo,
gli esseri che custodiscono l'amore per lui Egli dà la sua distaccatosi (resurr. 28,6) e separatosi da lei (De un.
propria comunione. Ora la comunione con Dio è la vita, 52, 1). I cristiani perciò, - è la conclusione di Tertulliano
la luce e il godimento dei suoi beni. Ma su quanti si
separano da lui per loro libera decisione, fa cadere la (3) Nel De testimonio animae Tertulliano aveva sostenuto l'imma-
separazione scelta da loro. Ora la separazione da Dio è la terialità dell'anima ( 4 , l ) ; nel De anima, accanto alla simplicitas
morte e la separazione dalla luce è la tenebra e la sepa- per cui l'anima non è decomponibile e perciò è immortale, ne so-
stiene anche la corporeità (Definimus animarn Dei flatu naturam
razione da Dio è la perdita di tutti i beni che provengono immortalem, corporalem, effigiatam, substantiam simplicem: De un.
da lui D (Adv. haer. 5,27, 1-2). 22,2).
- sulla base di tale speranza nella risurrezione, non te-
mono la morte come i pagani (Apol. 41,5). L'uomo è il dopo la morte. Tale giudizio situa le anime o nel senò
corpo e l'anima insieme (resurr. 40,3; 45,2), in cui nessu- di Abramo D (luogo intermedio di transito al cielo, il pa-
na delle due componenti nasce prima dell'altra (ivi 45, radiso) o nella geenna (nel fuoco dell'inferno). Diretta-
4-5) (4), né vige tra di loro un rapporto di sudditanza o mente al cielo vanno solo le anime dei martiri (un. 50,5;
strumentale. Si tratta di due valori diversi (Adv. Marc. resurr. 43,4), come viene confermato dalla visione di
5,15,8; resurr. 35,5) che formano un'unità in communione Perpetua (un. 54, 1-4; 55,l-5); le altre passano tutte, se
naturae, la medesima che si avrà poi nella risurrezione buone, per il « seno di Abramo D, escludendo qualsiasi
(resurr. 15,lO-12; 46,5-7; poen. 3,6). Tertulliano, commen- genere di transmigrazione in altri corpi (un. cc. 31-35). Le
tando Luca (19, lo), scrive: « Non c'è dubbio che si tratti anime sono quindi immortali per natura (anima immorta-
dell'uomo, il quale formato da due sostanze, corpo e lis natura, resurr. 35,2 e 34,s-6), non soggette cioè a un
anima, è cercato in tutte e due le sostanze perché nessu- destino di distruzione. In ciò Tertulliano va oltre Ireneo
na perisca » (Adv. Marc. 4,37,3). Tutte e due risuscite- per il quale l'anima è immortale per dono di Dio e che
ranno (resurr. 36,3). Corpo e anima non sono, nella visio- legava pure, nella visione del cristianesimo antico, l'im-
ne di Tertulliano, due nemici ma due compagni differen- mortalità alla risurrezione della carne (resurr. 1,5-6).
ziati e dialettici, in cui la carne è per i'anima « la sua Questa, negata dai filosofi, ma rivelata da Cristo (resurr.
compagna » (resurr. 16,l). Essa costituisce la proprie- 3,4-5) ha in Lui stesso l'esempio e la sua speranza (Adv
tas generalis dell'uomo, mentre l'anima ne è una partiti0 Marc. 4,25,15-18). Ogni uomo riavrà il suo corpo (un.
specialis (resurr. 53,8-14). Come in Ireneo anche nel cate- 56,s-6) simile a quello che aveva in vita.
cheta di Cartagine l'uomo quindi si definisce dal suo cor- Questa tesi dell'identità materiale del corpo risuscitato,
po. Quanto alla situazione delle anime separate dal corpo, verrà poi ripresa da Cipriano (un. 26-27; ad Donatum 15).
Tertulliano ne accetta l'allora credenza normale della Dopo la risurrezione anche Tertulliano accetta il millena-
sopravvivenza e su di essa egli appoggia la preghiera per i rismo come tappa intermedia, in particolare per i giusti,
defunti (oratione 29,2; monog. 10,4), riconoscendo una che si situa tra la fine della storia e l'ultimo giudizio
duplice esistenza dopo la morte: una provvisoria e una sulla storia umana (Adv. Marc. 1,3-6). Egli prospetta una
finale. Al di là delle discussioni degli studiosi sulle pecu- risurrezione dislocata lungo il millennio, secondo la ma-
liarità dei due stadi, si ammette nel pensiero di Tertul- turità raggiunta da ognuno. 11 significato del millennio è
liano che le anime siano soggette, data la loro corporei- dato dal senso della giustizia per cui le promesse di Dio
tà (5), anche prima della risurrezione della carne, a pas- saranno appagate anche sulla terra, una terra divenuta
saggi graduali di gioia e di sofferenza. Anzi, data tale finalmente « umana n, priva della maledizione incorsa col
concezione della corporeità delle anime, egli più che altri peccato. L'idea del millenarismo creava un ponte tra
autori, sviluppa particolarmente il giudizio delle anime mondo storico e mondo oltre la storia. Scomparendo tale
idea venne a crearsi una cesura tra i due mondi, configu-
randosi il mondo escatologico come alienazione dalla
(4) L'anima perciò non preesiste al corpo ma nasce simultanea- realtà temporale della storia.
mente con esso (De un. 27, l), testo da cui si dedusse il traduciane- I1 giudizio finale, cui è legata la venuta finale di Cristo,
simo di Tertulliano (vedi in Agostino, De haeresibus 1,86; De ani- chiude e stabilizza definitivamente la vicenda umana (re-
ma et eius origine 4,12,17; De gen. ad litt. 10,25,41). surr. 14, 8; 15, 1-6). I1 cielo, come visione di Dio e incontro
(5) La tesi della corporeità dell'anima veniva a Tertulliano dallo
stoicismo. Serviva per spiegare la sorte delle anime separate dal con Cristo, è sinonimo di vita eterna ed è il destino dei
corpo prima della risurrezione, perché la corporeità comporta giusti e la meta di ogni esistenza umana (mon. 10,6; pat.
una certa sensitività. Egli spiega in tal senso la parabola del ricco 9,5; ux. 1,5, 1; resurr. 24,6). Tertulliano si muove, nel-
Epulone (De an. cc. 5-9; resurr. 17,l-2), applicandola anche ali'ani- l'ambito dell'escatologia, nella comprensione del problema
ma di Cristo, perché u l'anima dell'anima è il sentire D (De Carne
Christi 12,Z). che ne dànno i Vangeli. I Sinottici accentuano lo stadio
definitivo del Regno di Dio; l'evangelista Giovanni, con i
termini Vita eterna » o semplicemente vita N, indica anime, ma i corpi: la risposta di Gesù è dunque SU
una realtà (il Regno di Dio) che, tramite la fede in Cristo quest'altro piano. 11 morto risusciterà quando l'anima si
ha già nel presente della storia il suo inizio (exh. cast. riunirà al corpo; nel tempo intermedio l'anima non si
10,5: bapt. 5,7; restlrr. 47,s-6). discioglie, ma è come inerte e privata di tutto ciò che è
proprio della vita di cui godeva quando era unita al
corpo. Le due realtà, unite insieme, formano una cosa
4. La critica di Origene all'escatologia asiatica sola, l'uonlo cioè e la vita comune, e ci vogliono entrambe
perché la vita, uscita dalla morte, nuovamente ritorni (fr.
L'escatologia di Origene, di contesto ellenistico rispetto a 91: ed. Rauer n. 242).
quella giudaica di coloro che lo precedettero o che erano Sarebbe forse eccessivo intendere in Origene la risurre-
ancorati alla scuola asiatica, deve essere compresa nel- zione dei morti solo come immortalità dell'anima (6); in
l'ampio contesto in cui egli la pose. Le sue posizioni lui si ha piuttosto il dato di fede comune che, in molti
influirono definitivamente, tranne quella dell'apocatastasi autori antichi, non faceva difficoltà ad essere accettato
finale del tutto. sull'intero cristianesimo d o ~ odi lui. O- come tale. Uno sguardo retrospettivo su tale problema ci
rigene, ritenendo che l'uomo è la sua anima, perché solo potrà aiutare a cogliere il suo pensiero. I1 momento esca-
in un secondo momento essa sarebbe stata unita al corpo, tologico era, nel millenarismo di Giustino, una vera ap-
parla di una restaurazione dell'uomo a livello di anima, pendice e come concessione all'interlocutore Trifone, cioè
immagine di Dio, e non di uomo composto di anima e di all'apocalittica giudaica in senso antignostico. In Ireneo il
corpo. La reintegrazione dell'uomo, postulata dall'ales- « regno millenario D era il (C regno dei giusti » (Adv. haer.
sandrino, non è perciò quella dell'uomo storico bensì del- 5,31-32), visto come primo stadio del riavvicinamento a
l'uomo originario (= l'anima), privo del corpo pesante e Dio della creatura, e costituiva il tentativo antignostico di
materiale. « Dobbiamo scegliere - egli precisa - fra portare tutto l'uomo storico alla salvezza. Infatti negli
queste due alternative: o disperare di-diventare simili a gnostici valentiniani il dualismo si risolveva, escatologi-
Dio se avremo sempre i corpi o, se ci è promessa la camente, in una logica di tipo monistico. I1 cosmo e la
beatitudine della stessa vita con Dio, vivere nella condi- storia sono il momento di recupero dei K semi divini di-
zione in cui vive Dio (Princ. 3,6, 1). (C In che senso - spersi », del loro liberarsi, con la gnosi, dal cosmo (= il
egli si chiede nel commento al Levitico (16,17) - "non visibile, il materiale) per una salvezza che consisterà nella
sarà uomo?". Io lo intendo così: chi avrà potuto seguire reintegrazione di tutto il divino decaduto nella materia e
Cristo e penetrare con lui all'interno del santuario e a- che, al momento escatologico, si rivelerà in tutta la sua
scendere ai cieli dei cieli, non sarà più uomo ma, secondo perfezione e purezza. Termini, indicanti tale processo av-
la parola di Cristo stesso, sarà "come angelo di Dio" (Mt venuto, erano quelli simbolici di a nozze celesti-riposo-a-
22,30) ... Sia dunque che, divenuto spirituale in unione col pocastasi ». L'apocastasi consisteva nel ristabilimento del
Signore, si faccia spirito, sia che per la gloria della risur- tutto nella situazione originaria; era la fine del pro-
rezione acceda alla categoria degli angeli, in ogni caso, cesso salvifico come ricostituzione delle membra sparse
"non sarà uomon D (In Lev. hom. 9.11)., ,
Avendo presente questa chiave di comprensione di fondo (6) Era questa la versione platonica del cristianesimo che coinci-
del pensiero di Origene, si possono capire sia le sue con- deva anche con la visione dei marcioniti i quali, ritenendo vera
clusioni articolate sul destino dell'uomo, sia le sue affer- solo la salvezza delle anime, incitavano al martirio per l'abban-
mazioni sulla fede nella risurrezione dei corpi. Riguardo dono del corpo. Per tudi sull'interpretazione della risurrezione
a quest'ultima egli scrive nel commento a ~ u c a :« La della carne come immortalità dell'anima, vedi: A. Bea, Lucrari
mundum-perdere animam, Biblica 14 (1933) 435.147; A. Orbe, Los
risurrezione dei giusti è quella che Giovanni, nelllApoca- primeros herejes ante la persecucibn, Madrid 1956; H . Rondet, Zm-
lisce, chiama la prima risurrezione » (fu. 83: ed. ~ a u e n.
r mortalité de l'&e ou résurrection de la chair, Bulletin de Litt.
202). C L'opposizione dei Sadducei non aveva di mira le Eccl. 74 (1975) 53-62.
processo della storia, che si apre sull'escatologia. Questa
di Dio (Evangelium veritatis 41,28-29); il superamento visione di Ireneo, come quella di Giustino e di Ippolito,
della bipolarità e delle antitesi che sono proprie dell'uo- si collocava nella scia dell'apocalittica tardo-giudaica
mo nel tempo della storia, anzi dell'anima nel senso di (credenza del millennio-fine del mondo come tragedia
psiche, di fenzina nel senso di manchevolezza, di incom- cosmica; fine dell'iinpero e apparizione dell'bnticristo); la
piutezza. Gli psichici, secondo lo gnostico Tolomeo, sa- visione degli gnostici e quella di Origene si collocava
ranno nelllOgdoade (= ottavo cielo) ma non nel mondo invece sul piano dell'uomo interiore, dell'uomo spirituale.
divino del Pleroma, dove avverrà la fusione del Salvatore Origene perciò rompe con la tradizione della fede nel
con le sue membra (= la chiesa degli spirituali o pneu- millennio (Priizc. 2, 11,2), nella fine del mondo e nello
matici). Nella epistola a Regino del I1 secolo (7) la ri- scatenarsi degli eventi. Per lui i temi apocalittici sono
surrezione è la gnosi, il risveglio cioè dell'io spirituale d'interesse marginale. Egli evita di parlare di predizioni
nello gnostico; il momento del risorgere dalla morte per simboliche dei tempi della fine, come di descrivere le
salire al regno della luce, quello originario dell'esistenza sofferenze umane che la precederanno, e polarizza il di-
pleromatica. C'è in questa visione una dialettica tra pre- scorso intorno all'angelologia (ogni chiesa è custodita da
sente storico e futuro pneumatico senza il peso della un angelo così come lo è ogni uomo. Mediatori tra Dio e
materia mediata dalla gnosi. I1 presente della storia è gli uomini essi svolgono quel compito che, a livello co-
attesa della gnosi, cioè della conoscenza di se stessi, vista smico, è svolto dal Verbo); alla martirologia (le anime dei
come risurrezione, per cui già si realizza in questa vita. martiri assolvono in cielo, intercedendo presso Dio, il
L'anonimo autore gnostico respinge la risurrezione psi- compito che i ministri sacri assolvono sulla terra, Num.
chica, cioè dell'anima, e la risurrezione della carne come hom. 10,2); alla cristologia (Cristo, il Figlio come Logos,
continuità biologica della carne esterna, visibile e corrut- Primo e Ultimo, Alfa e Omega); alle immagini del Vange-
tibile. La sola realtà è la risurrezione spirituale delle lo eterno (cui nulla può essere aggiunto e che s'identifica
membra vive, cioè del pensiero-della mente-dello pneuma. con Cristo stesso, Comm. Rom. 1,14), e della Gerusalem-
L'ignoto autore dice a Regino: Non ragionare in modo me celeste (luogo provvisorio finché sia completato il
parziale, Regino, né comportarsi in conformità di questa numero dei giusti, che non è più il luogo di beatitudine
carne per amore dell'umanità. Piuttosto vieni fuori dalle materiale delle credenze millenaristiche, ma prova costan-
divisioni e dai vincoli e tu sei già in possesso della risur- te di continuare a progredire nella conoscenza di Dio).
rezione ... Perché non consideri te stesso come risorto e Per Origene, dal momento che Cristo K è stato ucciso,
già condotto a questo punto (la morte)? Se tu possiedi la riacquistandoci a Dio » (Apoc. 5,9), si vive già ora il
risurrezione ... perché lascio andare la tua inesperienza? » tempo della fine, segnato da quel processo lento e conti-
(Ep. Rheg. 14). nuo di ascesa e di ritorno a Dio, che è regolato dal
I1 rapporto tra storia ed escatologia nello gnostico è di progresso morale delle creature. È il rinnovamento del
liberazione dalla storia; in Ireneo antignostico è di inizio tutto che tende alla sua completezza, alla sua apocatasta-
e compimento; però non c'è anticipazione della escatolo- si segnata dalla novità del Verbo. L'escatologia origeniana
gia nella storia (essa è l'ultima fase della storia della si muove nell'ambito di un contesto platonico, già cristia-
salvezza), né tanto meno identificazione ma solo dissocia- nizzato dagli gnostici, in cui l'idea di progresso, di asce-
zione. Questa tuttavia non ha il significato di cesura tra i sa, di recupero dell'uomo spirituale costituiva l'essenza di
due mondi perché la redenzione è cosmica, che integra una nuova visione del cristianesimo, più personale che
pertanto ogni realtà terrena, abolendo qualsiasi disconti- collettivo, più operante che timoroso di catastrofi, più
nuità tra storia profana e storia della salvezza. I1 mondo? stimolante la libertà che in attesa di eventi. Il libro del-
la carne, le istituzioni umane vengono tutti ricuperati nel 1'Apocalisse nelle diverse letture, che ne diedero gli asia-
tici (Ireneo) e i romani (in particolare Ippolito) da una
(7) È stata .rinvenuta nei testi copti di Nag Hammadi (Testo in parte e Origene dall'altra, segnano i due diversi indirizzi
italiano in M. Erbetta, Gli apocrifi del NT. 111, Torino 1975, 244-248).
dell'escatologia nell'antichità cristiana. La lettura ancora- si viene svolgendo. Da una filosofia della storia, terreno
ta all'apocalittica giudaica tentò di leggerlo unitariamente naturale dell'escatologia, si era passati ad una filosofia
nella teoria della recapitulatio, come successione di eventi politica.
reali per lo più negativi (8).
In Oriente l'apocatastasi di Origene vedeva la fine del
mondo come piena realizzazione delle creature razionali e 5. L'apporto di Agostino alla questione escatologica
non quindi nella linea negativa di una catastrofe; si pre-
ferì perciò una lettura senza preoccupazioni di vederne Nella concezione dell'eschaton Agostino vide l'idea del
un'unità e, quindi, ci si orientò su immagini e versetti compiuto, del perfetto, di ciò che non soffre più manche-
isolati, letti allegoricamente. La prospettiva escatologica volezza di sorta. A tale destino è chiamato ogni uomo e
di tale libro acquistò perciò tonalità diverse: storico-co- l'intero uomo, nella sua componente totale di anima-cor-
smologica in ambiente asiatico-romano; antropologica nel- po. Egli, ponendosi come sintesi del pensiero cristiano
I'angolazione origeniana. Dopo Origene I'Apocalisse diven- antico che, praticamente, oscillava tra il cristianesimo a-
ne, in Oriente, sempre più un libro al limite del proble- siatico e quello alessaiidrino, da una parte utilizzò le
matico; ne venne contestata la stessa attribuzione alllA- categorie platoniche di Origene, dall'altra diede una base di
postolo Giovanni (Eus. HE 8,24-25). Bisognerà aspettare pensiero ali'acquisjto della fede sulla risurrezione dei
il secolo V I per avere, in quell'area, un commento siste- corpi e l'immortalità dell'anima. Per ottenere tali risultati
matico a tale libro (l'opera di Andrea di Cesarea). Dopo il vescovo di Ippona dovette superare il radicale spiritua-
Origene, in Oriente la realtà escatologica, in particolare la lismo antropologico del neoplatonismo, per il quale il
immortalità dell'anima, è accettata ma senza preoccupazio- raggiungimento della beatitudine era legato alla liberazio-
ni ulteriori; la seconda venuta di Cristo e la risurrezione ne dal corporeo e considerava, di conseguenza, la morte
dei corpi passano nel novero delle verità che si trasmet- un bene e la risurrezione un male. Agostino non solo
tono, senza che per questo costituiscano un problema in rigettò tale tesi (Ep. 166,9,27) ma, a Porfirio e seguaci
sé né un punto utopico per un discorso teologico sulla che deridevano il cristianesimo appunto per la risurrezio-
realtà della storia. La pace costantiniana, immettendo i ne della carne (De. civ. Dei 13, 16, l), rispose: « Queste
cristiani nel tessuto della civitas come responsabili in cose le dicono i filosofi, ma sbagliano, anzi delirano »
prima persona, accentua il discorso dell'impegno nella (Ser. 241,l). La motivazione che ne diede è che il corpo
storia. Ciò che interessa non è l'al di là ma l'arco della non può essere considerato un ostacolo alla felicità in
storia, il tempo da Adamo a Costantino. In Eusebio di quanto corpo, ma in quanto esso si trova, a causa della
Cesarea, l'autore classico di simile concezione, ciò che nel- penalità incorsa alle origini dell'umanità, nella situazione
l'Antico Testamento era profezia, con la venuta di Cristo di corpo mortale e corruttibile (De Civ. Dei 13,16,1, in
è diventato storia. La corte celeste non è il termine dove particolare il n. 24 sulla bontà del corporeo; En. in ps.
giungere, ma costituisce l'archetipo stesso della storia che 141,17-19). L'anima, dal canto suo, viene creata per Ago-
stino quale principio vitale del corpo umano e non vi
(8) In tale linea sono in Occidente anche Vittorino di Petovio e Ti- cade dentro a causa di una colpa (De gen. ad litt.
conio. I1 commento di Ticonio all'Apocalisse viene ricostruito in 7,27,38; De immort. un. 15,24); ed inoltre, anche nello
particolar modo attraverso il Beato di Liebana. Ticonio che aveva stato di separazione dal corpo, dopo la morte, rimane in
già scritto un compendio di ermeneutica biblica (Liber regularum essa l'appetito naturale a reggere il corpo che la ritarda,
ca. 380), rinuncia al millenarismo, ormai caduto in disuso dopo la
critica di Origene alla teologia asiatica, e dà un'interpretazione in qualche modo, e le impedisce di tendere con tutte le
spiritualistica dell'Apocalisse, che ebbe molto influsso negli autori forze verso il cielo supremo (De gen. ad Zitt. 12,35,68).
a lui posteriori (Th. Zahn, Forsckungen zur Gesckichte des neutest. Prima della risurrezione le anime infatti, secondo Agosti-
kanons, IV, Erlangen 1891). Per Vittorino di Petovio: C. Curti, Il no, proprio perché ancora prive del corpo, non godono la
regno millenarìo in Vittorino di Petovio, Augustinianum 18 (1978)
419-433. visione di Dio ma si trovano in un solatium dilationis
tende. Che esso ci sia ne siamo sicuri perché, al di là
(Ser. 280,5; Ench. 109; Retr. I, 14,2). La ragione di tutto delle spiegazioni, ci è garantito dalla fede. Ciò che costi-
ciò sta nel fatto che l'uomo è « sostanza razionale com- tuisce il dramma vero dell'uomo è, per lJIpponate, il tem-
posta di anima e di corpo » (De trin. 15,7,11; De civ. Dei po della storia. L'uomo, legato alla temporalità, manifesta
13,24,2). Egli supera lo scoglio platonico della compren- una sua inquietudine perenne che è psicologica e ontolo-
sione della carne quale carcere dell'anima, ponendo la gica insieme; esprime il suo essere incompiuto, per cui
categoria della gerarchia tra corpo-anima-Dio. L'anima egli si pone sempre come desiderio che non ha possibilità
può realizzare se stessa solo a contatto con il corpo che, di appagamento entro i limiti storici spazio-temporali. « Si
nella scala degli esseri, ha una sua dignità. Essa, pertan- tratta di un desiderio, egli spiega, che va oltre il sole e
to, non si realizza ripudiando il corpo ma restaurandone che non è possibile rinvenire sotto il sole » (10). La tem-
l'ordine distrutto, restaurazione che si avrà dopo la risur- poralità, essendo mutevole, porta in sé la mortalità. Ini-
rezione della carne (De musica 6,5,13). Se la situazione ziare a vivere è perciò per l'uomo entrare nella tempora-
attuale di infermità impedisce all'anima di contemplare lità, cioè nella mortalità. Egli vive ma di vita mortale,
l'intelligibile, e il sensibile rappresenta per essa la possibi- vale a dire la morte non è alla fine della vita ma dentro
lità di essere sedotta da una turpis delectatio, dopo la di essa (Conf. 1,6,7; 11,7,9). I1 nodo principale del vivere
risurrezione potrà invece, nella condizione di firma et dell'uomo non è pertanto costituito dall'eschaton ma dal-
perfetta, contemplare l'intelligibile senza che la turbino i lo stadio di esistenza penultimo ad esso. L'eschaton è
numeri corporales (Retr. I, 10,2). Questi infatti, nei corpi possibile solo al di fuori della sfera della temporalità e
risuscitati, sono allo stato di incorruptibilia et spiritalia. quindi della mortalità, e consiste nel partecipare all'im-
Egli scrive nel De musica (6, 15,49): « Dopo la risurrezio- mortalità di Dio, Lui l'immutabile (Conf. 12,15,18; De
ne l'anima godrà liberamente della contemplazione dell'e- civ. Dei 8,6; 13,lO; en. in ps. 101, 11, 10-11). In questo
terna ed indefettibile verità, a meno che non si ritenga, stadio penultimo l'uomo. può trovare la strada, per rag-
per assurdo, ch'essa possa godere solo delle cose che giungere l'eschaton, nel Figlio di Dio che si è incarnato
sono buone per suo merito (numeri corporales) e non nel mondo degli uomini, simile a loro.
delle cose dalle quali l'anima stessa attinge la sua bon-
tà ». I1 corpo risorto riavrà perciò la sanitas. Lo stato
reale del corpo risorto si conoscerà, d'altra parte, quando 6. Conclusione
lo si potrà sperimentare; ora, perché ci si possa salvare,
ci viene chiesto di credere (9). Agostino vide la percezione A conclusione di questo breve profilo dell'escatologia cri-
dell'immortalità dell'anima nel nesso delle categorie pla- stiana antica possiamo rilevare come in Oriente, nella
toniche, che ponevano un rapporto di similarità tra verità scia di Origene che sottolineava l'aspetto personale indi-
eterne e il soggetto cui ineriscono (Sol. 2,12,22 e 19,33). viduale della salvezza cristiana, si pose l'accento sul valo-
Se l'anima è soggetto di percezione di verità eterne, essa re etico dell'eschaton per ben comportarsi nella vita pre-
è eterna e quindi immortale come loro (De immortalitate sente.
animae 1,l). Egli ne dà anche la dimostrazione poggiandola La preghiera quotidiana dei Salmi, ad esempio, spiegava
sulla categoria dell'astrazione matematica. « La ragione, Basilio, è un'ottima occasione per ricordare a tutti: « la
egli dice, attinto il numero puro, ha osato provare l'im- minaccia del giudizio, la speranza della risurrezione, la
mortalità dell'anima ... colui infatti che avrà capito i rivelazione dei misteri » (11).
"numeri" semplici e intelligibili, più facilmente potrà co- In Occidente la componente morale dell'escatologia fu
noscere (Dio e l'anima) » (De ordine 2,15-16). una sua nota particolare, ma venne collegata all'universa-
I1 pensiero di Agostino non è in realtà assillato dall'e-
schaton che, per lui, rappresenta il compiuto verso cui si (10) En. in p s . 38,lO.
(11) In ps. 1 , 2 : PG 29,213,
( 9 ) D e m u s i c a 6 , 5 , 1 3 ; vedi anche Ser. 362,25; De c i v . Dei 22,29.

138
lità di una catastrofe che incombe su tutti a livello co- INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
smico. In tale ottica non si poneva in primo piano l'at-
tenzione sul giudizio futuro, bensì sul tempo della prepa-
razione a quel momento insistendo, di conseguenza, sul - in genere:
retto agire durante la vita presente. Nell'ambito di questa L. Atzberger, Gesckickte der christlichen Eschatologie, Freiburg
prospettiva ogni corruzione morale venne vista come se- i.B. 1896; L. Gry, Le millénarisme dans ses origines et son dévelop-
gno di decadenza, dell'approssimarsi della fine. Le visioni pement, Paris 1904; P. Volz, Die Eschatologie der judischen Ge-
meinde i n neutestamentlichen Zeitalter nack den Quellen der rabbi-
millenaristiche di estrazione giudeo-cristiana cedevano il nischen, apokalyptischen und apokryphen Literatur, Tubingen 1934;
posto alla riflessione sulla corruzione della società cri- J. Daniélou, La typologie millénariste de la Semaine, Vig Chr. 2 (1948)
stiana, quale segnale della fine prossima. Lo schema cro- 1-16; AA.VV.,La venue du Messie. Messianisme et eschatologie, Bru-
nologico dei sei millenni lasciò adito ad una tensione ges 1962; J. Coman, L'immortalité de l'&ne dans le Phedon et la
résurrection des morts dans la littérature chrétienne des detnx pre-
escatologica che non interessava in quanto tale, bensì nei miers siècles, Helikon 3 (1963) 17-40; A. P. Orbin, Les dénominations
riflessi dell'agire etico dell'uomo prima del momento e- du monde chez Ies prenziers auteurs chrétiens, Nijmegen 1970; D.
scatologico. Questa nota dell'escatologia occidentale venne E. Aune, The Cultic Setting of Realized Eschatology i n Early
legata al libro di Daniele, in particolare al C. 2,40, dove si Christianity, Leiden 1972; S . Zedda, L'escatologia biblica, Brescia
parla del IV regno. In Ippolito (In Danielem), in Agostino 1972; L'escatologia nei Padri della Chiesa (numero speciale di Au-
gustinianum 18 (1978) 7-278); A. Fernandez, La escalologia en e1
(De Civitate Dei) e nei Chronica di Sulpicio Severo la siglo I l , Burgos 1979; J. Janssens, Vita e morte del cristiano negli
corruzione dei costumi è legata alla caduta delllImpero epitafli di Roma anteriori al sec. V I I . Roma 1981.
romano. In talc prospettiva l'escatologia conobbe, nell'an-
tichità, una triplice linea evolutiva: 1. La prima fase, - su Giustino:
quella ebraica rappresentata dal Libro di Daniele, colle- G. Archambault, Le témoignage de l'ancienne littérature chrétienne
gava il futuro regno messianico alla caduta dei Seleucidi; sur l'athenticité d'un perì anastkseos attribué à Justin l'apologiste,
RvPh 29 (1905) 73-93; H. I. Marrou, La résurrection des morts et
2. La seconda fase, romano-cristiana, legò in un solo de- les Apologistes des premiers siècles, Lumière e t Vie 3 (1952) 83-92;
stino Roma e la cristianità, collegando i l dramma della L. W. Barnard, Justin Martyr's Eschatology, VigChr 19 (1965) 86-98.
loro fine e della fine universale alla corruzione politi-
co-morale; 3. La terza fase, gollo-romano-cristiana (quella - su Ireneo-Tertulliano-Cipriano:
di Sulpicio Severo), vide la rovina morale della cristianità C. Masson, L'évangile éternel de 1'Apocalypse (14,6-7), (Rectleil K.
come segno premonitore della fine della storia. Barth), Neuchiitel 1946, 63-67; A. Fischer, Studien z u m Todesgedan-
ken i n der alten Kirche, Munchen 1954; P. Courcelle, Les Pbres de
Nella medesima prospettiva, di una fine della storia con- Z'Eglise devant les Enfers virgiliens, Arch. Hist. Doctr. Litt. d u
trassegnata da eventi catastrofici, venne letto il « giorno Moyen A'ge 30 (1955) 5-70; G. Lazzati, Sviluppi della letteratura sui
del Signore » di cui si parla nell'Ecclesiaste 12, 1-7 (12). martiri nei primi quattro secoli, Tonno 1956; G. Florovsky, Escha-
Nel Medioevo, Riccardo da S. Vittore raccolse tutta que- tology in the Patristic Age: un Introduction, StPatr 2 (TU 64),
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st'ottica nel suo scritto Plagae quae circa finem mundi lungen bei Tertt~llian,Bonn 1958; C . Masson, Immortalité de l'bme
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1,l), Maia 10 (1958) 209-219; C. Tibiletti, S. Ireneo e I'escatologia
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thisthemi nella tradizione della Grande Chiesa fino ad Ireneo,
StPatr 3 (1961) 380-396; W. C. Van Unnik, Der Ausdruck << in den
(12) Cfr. Gregorio Taumaturgo, Metaphrasis i n Eccl., 2,l-3: PG letzten Zeiten » bei Zrenaus, Neotestamentica e t Patristica (Fest.
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140
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nella Chiesa dei primi tre secoli, Bologna 1969; H . I . Marrou, La Indici
théologie de I'histoire dans la gnose valentinienne, i n Origini dello
gnosticismo, Leiden 1970, 215-225; V . Loi, La tipologia dell'agnello
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a) Scritturistico

AT: NT:
Genesi 1,215: 9, 16, 17, 18, 21, 24, Mt IO, 31: 20.
25. 26. 27. 33, 34. 35. D 12,12: 20.
» 22,30: 132.
Mc 2,27: 20.
Lc 19,lO: 130.
Gv 8,58: 24.
13,19: 24.
Atti 17,22-31: 6-7.
R o m 7-8: 20,21.
CC 7: 22.
« 7,23: 21.
N 7, 7-24: 24.
J> 2,15: 17. C< 8,2-17: 20.
3: 9, 18, 82. M 8,14: 21.
P 3,21: 53. 12,2: 21.
3,24: 65. l COV5-6: 20.
» 5,1: 17. 2 14,14-15: 21.
» 9,1 e 6: 17. n 15: 21, 22, 24,80.
Esodo 3: 24. n 15,45b: 21.
Levitico 16,17: 132. D 15,44-46: 80.
Isaia 65,17: 128.
n 15, 47: 24, 26.
Daniele 2,40: 140.
Salmi 8,6: 17. n 15,4549: 20-23, 62, 80.
n 68,19-20: 90. 15,49: 22.
Sapienza 2,23: 16,18. Gai 1,16: 20.
Ecclesiastico 17,l-4: 16, 18. D 2,ZO: 24.

Ecclesiaste 12,l-7: 140. 5,19-21: 20.


Cantico dei Cantici 8,s: 73. Col 1,15: 22, 61, 64, 66, 82, 83
1Tess 5,23: 20, 42, 80. Isidoro di Siviglia: 84. 96, 99, 104, 112, 113, 129-132 (e-
1Tim 2,3-6: 87. Lattanzio: 83, 96, 97, 113. scatologia), 141, 142.
» 2,5: 105. Leone Magno: 108, 110-111, 115. Ticonio: 136.
2 P t 2, 3,13: 127. Marciano (imperatore) : 108: Tolomeo: 10.
Mario Vittorino: 65. Tolomeo (gnostico): 91, 134.
Massimo confessore: 111. Tommaso d'Aquino (S.): 84.
Melitone di Sardi: 5, 37, 42, 82, Traiano: 10.
b l Onomastico 88, 90. Trifone: 5, 133.
Metodio di Olimuo: 142. Vittorino di Petovio: 136.
Antichi Demetrio: 10. Milziade: 5. Zenone di Cizico: 29.
Diodoro di Tarso: 35. Nemesio di Emesa: 29, 80.
Agostino (S.): 15, 17, 22, 24, 27, Diogneto: 37, 40. Nestorio: 99, 110.
30, 35, 36, 63-78 (antropologia), Dione Cassio: 31. Origene: 7, 44, 46, 47, 50-53 (an- Moderni
83, 84, 101, 103-107 (soteriolo- Domiziano: 10. tropologia), 54, 57, 58, 60, 64,
gia), 114, 115, 130, 137-139 (esca- Empedocle: 37. 82, 84, 89, 91, 94-96 (soteriolo- Adam K.: 114.
tologia), 142. Epifanio: 61, 64, 91. gia), 98, 99, 113, 132-136 (esca- Alfiildi A.: 113.
Aicibiade: 29, 30, 80. Eracleone: 91, 113. tologia), 137, 139, 142. Alfonsi L.: 80.
Alessandro di Alessandria: 82. Eraclito: 31, 63, 83. Ormisda (papa): 77. Alici L.: 84.
Alessandro Magno: 9. Eunomio: 101. Papia: 124, 127. Althaus H.: 114.
Ambrogio (S.): 59, 64, 83, 102, Eusebio di Cesarea: 99, 100. 113, Papisco: 5. Andresen C,: 81.
103, 114. 124, 136. Pela~io: 22. 84.. 104.. 114. Arbesmann R.: 114.
Andrea di Cesarea: 136. Eustazio di Antiochia: 61. perpetua: 1'31. Archambault G.: 141.
Anselmo di Aosta: 66. Eutiche: 108, 111. Platone: 29, 36, 40, 47, 49, 80, 81, Armstrong A. H.: 82.
82. Armstrong G. T.: 81.
Antioco: 10. Evagrio: 111.
Antioco di Ascalona: 31. Fausto di Riez: 77, 84. ~ l i i i n o :27, 29, 30, 65, 80, 82, 83, Atzberger L.: 141.
Apollinare: 5. 61, 99, 101, 108, Filone alessandrino: 17, 26, 27, 105. Aubin P.: 82.
109. 28, 40, 47, 82. Plutarco: 30. Aubineau M.: 81, 112.
Apollonio di Tiana: 7,s. Filostrato: 8. Policarpo: 124. Aune E.: 141.
Ario: 99. Flaviano: 110. Poriirio: 7, 65, 84, 137. Bacht H.: 115.
Aristide: 37, 122. Galeno: 60. Prisca: 9. Bailleur E.: 114.
Anstone: 5. Gennadio di Marsiglia: 84. Priscilliano: 83. Balthasar H. U. von: 113.
Aristotele: 29, 30, 31. Gissone: 5. Proclo: 30. Bardy G.: 81.
Ataiiasio (S.): 36, 53-57, 61, 82, 99- Giustino (S.): 5,36-42 (antropo- Prospero di Aquitania: 77. Barnard L. W.: 82, 141.
Pseudo-Barnaba: 42, 45, 88, 89, Barr J.: 79.
100, 101, 110, 113, 114. logia), 43, 45, 81, 121, 122-125
Atenagora: 37, 122. (escatologia), 127, 135, 141. 90. Barth K.: 141.
Augusto: 5. Giovanni Crisostomo: 17, 83, 102, Pseudo-Clementine: 28. Baus K.: 113.
Pseudo-Dionigi: 83, 111. Bea A.: 133.
Basilide: 113. 109, 114.
Pseudo-Giustino: 43, 122. Béranger J.: 79.
Basilio (S.): 58, 59, 64, 139. Giovanni Damasceno: 122. Pseudo-lppolito: 81, 112.
Beato di Liebana: 136. Gregorio di Nazianzo: 108, 114. Bernard R.: 82.
Kegino (gnostico): 134. Bertsch L.: 113.
Boezio Severino: 78. Gregorio di Nissa: 58, 59, 60, 69, lGccardo da S. Vittore: 140.
Cassiano: 77. 80, 82, 89, 101-102, 111, 114. Bianchi U.: 9, 79, 80, 81, 82.
Scoto Duns: 78; Eriugena: 84. Bieler L.: 79.
Celso: 7,47. Gregorio Taumaturgo: 140.
Seneca: 120. Bierbaum W.: 113.
Cicerone: 30, 31. Hierccles: 7.
Cipriano (S.): 96-97 (soteriolo- Ignazio di Antiochia: 6, 87, 88. Sisto (presbitero romano): 73. Bigg Ch.: 82.
gia), 104, 113, 131, 141. Ilario di Poitiers (S.): 64, 83, 99, Sulpicio Severo: 140. Billerbeck P.: 21, 28.
Cinllo alessandrino (S.): 93, 108, 101, 114. Taziano: 28, 37, 81, 122, 126. Blanchette 0.: 115.
110. Ippolito: 32, 63, 83, 91, 113, 135, Teodoreto di Ciro: 115. Bocher 0.: 112.
Cirillo di Gerusalemme (S.): 102. 140. Teodoro di Mopsuestia: 62, 83, Borresen K. E.: 84.
Claudiano Mamerto: 63. Ireneo (S.): 28, 33, 35, 36, 40, 42, 108, 109, 115. Bouchet J. R.: 114.
Clemente alessandrino: 6, 46-49, 43-46, 52, 53, 54, 61, 62, 64, 81, Teofilo antiocheno: 37, 45. Boyancé P.: 79.
52, 57, 58, 82, 91, 94-96, 113, 115. 82, 89, 91, 92-94, 96, 101, 112, 113, Teodoto: 27, 32, 81, 91. Brandenburger E.: 80.
Clemente romano: 40, 122. 124, 125-128 (escatologia), 129, Tertulliano: 5, 6, 7, 10, 35, 40, Brezzi P.: 112.
Costantino: 98, 103, 113, 136. 130, 131, 133, 134, 135, 141. 43, 44, 45, 46, 63, 83, 91, 92, 94, Brontesi A.: 113.
Krause W.: 79. Puente Santidrian P.: 142.
Brox N.: 113. Festugière A. J.: 29, 80. Ladner G. B.: 83. Quacquarelli A.: 83.
Bsteh A.: 112. Feuerstein J.: 81. Lauati G.: 141. Quispel G.: 81.
Buonaiuti E.: 83. Fierro A.: 114. Light J.: 80. Rahner H.: 82.
Burghardt W. J.: 83. Figueiredo A.: 81. Lilla S.: 82. Raifer F.: 114.
Busse H.: 113. Filoramo G.: 92, 113. Leys R.: 82. Rauch A.: 115.
Campenhausen H. von: 112. Finé H.: 141. Loi V.: 113, 142. Rauer: 132, 133.
Contalamessa R.: 81, 82, 88, 112. Fischer A,: 141. Lys D.: 80. Recheis A.: 82.
Caphnaga V.: 114. Fittkau G.: 114. Luneau A.: 112. Ricker F.: 113.
Carcopino J.: 79. Flore2 R.: 84. Madec G.: 84. Rivière J.: 114.
Cavalletti S.: 80. Florovsky G.: 141. Malingrey A. M.: 79. Roldanus J.: 82.
Ciarlantini P.: 114. Fortin E.: 84. Mara J. A.: 114. Roques R.: 83. .
Clarke T. M.: 114. ~ & & k eH.: 113. Marcovich M.: 83. Rondeau M. J.: 83.
Clerici A. M.: 113. Frai'eneau-Julien B.: 115. Marrou H. I.: 141, 142. Rondet H.: 133.
Coman J.: 141. ~ a i t r hJ.: 114. Masson C.: 141. Saak H.: 113.
Congar Y.: 114. Giannini G.: 84. Mathon G.: 84. Saenz de Argandoiia P. M.: 83.
Cornelis H.: 142. Giblet J.: 80. Maxsein A.: 84. Sand A.: 80.
Courcelle P.: 83, 141. Gillet R.: 83. ~ e a dE.: 14. Sangiorgi G.: 9.
Couturier Ch.: 84. Geerlings W.: 114. Mehl-Kohnlein H.: 80. Sapir E.: 14.
Crouzel H.: 82. Goldbrunner J.: 83. Mendoza Ruiz F.: 112. Schauf W.: 80.
Cullmann 0.: 141. Gonzhlez F.: 112. Merki H.: 80, 82. Scheffer Th. von: 79.
Curti C,: 136. Graef H. G.: 82. Meyer A.: 82. Schneemelcher W.: 82.
Dahl A.: 83. Grant R. M.: 81. Miller J. M.: 79. Schenke A. M.: 81.
Dalmau J. M.: 84. Greer R. A.: 115. Misch G.: 79. Schmidt H.: 79.
Daniélou J.: 141. Gregg R. C.: 114. Mohrmann Ch.: 42, 114. Schomann J. B.: 82.
Davids E.A.: 82. Grillmeier A.: 115. Mondolfo R.: 80. Schwartz E.: 122.
Davies W. D.: 80. Groh D. E.: 114. Montagnini F.: 80. Scroggs R.: 80.
De Boer S.: 83. Gross J.: 82. Morissette R.: 80. Segre M.: 79.
De Faye E.: 81. Gross K.: 79. Muhlenberg E.: 112, 113. Seibel W.: 83.
De Pauly W. C.: 82. Grossi V.: 35, 70, 73, 74, 79. 84. Muccioli M.: 142. Silva-Tarouca G.: 110.
Dekkers E.: 142. Gry L.: 141. Nautin P.: 88. Simon M.: 80.
Des Places E.: 81. Harl M.: 113. Nedoncelle M.: 84. Simonetti M.: 81, 83, 113, 142.
Diepen H. M.: 83, 113, 115. Hiebel F.: 79. Nilsson M. P.: 79. Siniscalco P.: 112, 141.
Dinkler E.: 83. Hilt F.: 82. Norris R. A.: 83. Soggin A.: 79.
Dineen L. A. M.: 79. Hirschberger J.: 84. O'Brien M.: 79. Somers H.: 84.
Dodds E. R.: 80, 112. Holl: 43. Orbin A. P.: 141. Spindeler A.: 113.
Doignon J.: 114. Holte R.: 37, 81, 84. Orbe A.: 81, 112, 113, 133. Stacey W.D.: 80.
Drower S.: 14. Hvatt J. P.: 21. Otto S.: 83, 112. Staniloae D.: 114.
Dupuis J.: 82. ~ i d a N.: l 81. Pagels E.: 81. Stenzelberger J.: 84.
Durant W.: 79. Ivanka (von) E.: 80, 82, 83. Patout Burns J.: 114. Stenberger G.: 80.
Du Roy 0.: 84. Ibafiez J.: 112. Pelleg-n&M.: 114, 115. Strack H. L.: 21, 28.
Eife B.: 81. Jay P.: 141. Peiiamaria A.: 114. Strohm M.: 84, 107.
Eger K.: 113. Janssens J.: 141. Penna R.: 80. Struker A.: 81.
Eijkenboom C. J.: 114. Jervell J.: 80. Pépin J.: 80, 81, 84. Studer B.: 104, 107, 112, 113, 114.
Elert W.: 112. Jewett R.: 80. Perler 0.: 88. Taager F.: 10, 79.
Ellverson A. S.: 83. Joly R.: 81. Perrin M.: 83. Theiler W.: 84.
Engelbrecht: 63. Joppich G.: 112. Peterson E.: 113. Termes P.: 17.
Erbetta M.: 134. Josserand Ch.: 80. Pettorelli J. P.: 114. Tibiletti G.: 84, 113, 141.
Ewig E.: 113. Jouassard G.: 83. Plagnieux J.: 114. Tremblay R.: 82.
Fabrega V.: 113. Kannengiesser C.: 113. Plinval (de) G.: 104. Turner H. E. W.: 112.
Faller 0.: 81. Karpp H.: 80. Prete S.: 141. Ubach B.: 17.
Fernhndez Fernindez A.: 141. Klauser Th.: 38. Pncoco S.: 84. Unger D.: 113.
Ferraro G.: 115. Koch G.: 115. P6que S,: 114, Vaiero J. B.: 84.
Festorazzi F.: 79. Kramer H. J.: 80.
Van Bavel T.: 84. Widengren G.: 81.
Van Unnik W. C.: 141. Wlodarczyk S.: 83.
Verbeke G.: 81, 83, 84. Wyller E. A.: 80.
Vicastillo S.: 83, 142. Wunsche A.: 14.
Volz P.: 141. Zahn Th.: 136.
Waszink J. H.: 37. Zedda S.: 141.
Wedderbum J. M.: 80. Zekiyan B. L.: 84.
Wild P. T.: 83. Zell R. L.: 113.
Willms H.: 79, 82. Zempf P.: 114.
Wilson R. McL.: 81. Zitnik M.: 83.

C) Cose notevoli

anima corporeità (?): 129, 130. - gnostica: 92-94.


- immortalità: 123, 126, 127, 130. - politica: 99.
- separata dal corpo: 122-126, syngeneia (parentela): 29, 31, 38,
129, 130, 133, 137, 138, 141. 39. 40, 46, 51, 52, 57, 81, 110.
antropologia: 13-84, 120. teologia: 29-31, 75, 89, 98, 102. Introduzione
- e cristologia: 34, 44, 56, 61, theopoiesis (divinizzazione) : 57, Premessa d'insieme antropologia-soteriologia-escatologia Pag. 5
62, 63, 75, 101. 81-83, 100, 102, 112, 114.
- e soteriologia: 89, 101. uiopoiesis (adozione a figli): 57,
- sotenologia e escatologia: 5- 110, 111. parte prima
10, 126. uomo come anima: 31, 50, 58, 59, L'ANTROPOLOGIA
apatheia (impassibilità): 57, 59. 63.. 64.. 69., 70.. 71., 134.
aphtharsia (incorruttibilità): 55, - celeste e terreno (Filone): 26, capitolo primo
57, 81, 92, 123, 124, 127, 128. 27.. 31,. 32. Le matrici bibliche dell'antropologia cristiana antica » 16
apocatastasi: 127, 133, 135, 136, - corpo: 31, 33, 53, 58, 61, 69,
141. 70, 71, 120-138 (C. risuscitato). 1. L'Antico Testamento (Gn 1,26 e 2,7) W 16
athanasia (immortalità): 55, 123, - e Dio: 69, 72-77, 81. 2. I1 Nuovo Testamento (il ruolo di Paolo) 20
124, 126, 127, 138. - fine (destino): 70, 120, 128, 131,
Calcedonia (concilio) : 108, 111, 132, 136. La prospettiva cristologica dell'antropologia paolina: « L'ul-
113, 115. - come homoiosis (somigl.): 30, timo Adamo n (1 Cor 15,45b), 21
escatologia: 53, 117-142. 31, 45, 51, 52, 59, 67, 80-82, 121. 3. Conclusioni dalla Bibbia » 23
libertà: 38, 60, 66, 67, 68, 71-74, - immagine di Dio: 16-19, 33.
75, 76, 82, 93, 94, 109, 114, 124, 44-46, 50-52, 58-60, 76, 82, 100.
- immagine e somiglianza: 37, capitolo secondo
128, 135.
39, 44-46.. 48.. 49., 61., 79.
, 93.
, 94. Le matrici culturali extra bibliche
Nicea (concilio): 98, 113, 126.
nzillenarismo: 120, 124, 127, 128, - immagine dell'immagine: 47, 1. L'uomo celeste » di Filone
131, 133, 135, 136, 140, 141, 142. 48, 54, 95.
- immagine della Trinità: 60, 2. L'Adam del tardo Giudaismo
oikonomia: 89, 98. 63, 66, 71. 74-76. 3. Le discussioni in Grecia sull'uomo
predestinazione: 105.
sacramenti (sotenologia): 96,101,
- ilico-psichico-penumatico o
4. Gli gnostici
spirituale: 21-23, 32-33, 92, 127,
103, 104. 134.
soteria (di tutto l'uomo): 92-95, - come nous: 27, 29, 30, 34, 38, capitolo terzo
120. 40, 42, 44, 48, 50-53, 120. Gli sviluppi antropologici di Genesi, 1,26; 2,7 e di Paolo W 34
soteriologia: 61, 75, 85-115. - pelagiano: 76-78.
1. Gli Apologisti - I1 filosofo Giustino » 36
-
La Logosantropologia di Giustino, 37 L'«aitthropos sar-
kikos D e la sua parentela con Dio, 38
2. La tradizione asiatica - Ireneo
capitolo quarto
La somatoantropologia di Ireneo, 43 108
La soteriologia calcedonese
3. La scuola alessandrina: Clemente e Origene n 46
La eikonantropologia, 46 - Clemente alessandrino, 47 - Ori- Teodoro di Mopsuestia, 109 - Cirillo Alessandrino, l10 -
gene, 50 Leone Magno, 110 - La tradizione post-calcedonese, 111
4. Atanasio - L'anthropos loghikos » 53 Indicazioni bibliografiche » 112
5. I Padri Cappadoci » 58
6. La scuola antiochena 61
parte terza
7. Gli scrittori latini - S. Agostino 63 L'ESCATOLOGIA
La questione a uomo D; metodo di approccio, 64 Antro- -
pologia biblica o platonica?, 67 -L'uomo come libertù, capitolo primo
71 - L'uomo immagine della Trinità, 74
Escatologia cristiana: l'ultimo destino
8. L'antropologia post-agostiniana » 76
Premessa
Indicazioni bibliografiche n 79
1. Apologisti - Giustino
Giustino, 123
parte seconda -
2. La scuola asiatica Ireneo di Lione
LA SOTERIOLOGIA: DAL TEOCENTRISMO 3. Escatologia di Tertulliano
VETEROTESTAMENTARIO A CALCEDONIA 4. La critica di Origene all'escatologia asiatica
5. L'apporto di Agostino alla questione escatologica
capitolo primo
6 . Conclusione
Dal Dio salvatore veterotestamentario al Cristo salvatore
del NT m 87 indicazioni bibliografiche

capitolo secondo
La soteriologia antignostica INDICI
1. La scuola asiatica 92 Indice biblico
2. La scuola alessandrina n 94
Indice onomastico
3. La soteriologia latina prima di Nicea (Cipriano-Lat-
tanzio) » 96 Indice di cose notevoli
Indice generale
capitolo terzo
La soteriologia dopo Nicea
1. La soteriologia antiariana - Atanasio di Alessandria e
Ilario di Poitiers » 99
Atanasio di Alessandria, 100 - IIario di Poitiers, 101
2. I cappadoci - Gregorio di Nissa 101
3. Sviluppi misterici della soteriologia antiariana 102
4. S. Agostino 103

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