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Ilario di Poitiers
Trattato sui misteri
Per una lettura cristiana dell'AT
a cura di Luigi Longobardo
STUDI:
Gabriel Peters
I Padri della Chiesa (2 voll.]
Bertrand De Margerie
Introduzione alla storia dell'esegesi
I/Padri greci e orientali
2/Padri latini
3/Sant1Agostino borla I
Vincenzo Loi
Le origini del cristianesimo
Manlio Simonetti
Cristianesimo antico e cultura greca
Vittorino Grossi
lineamenti dì antropologia patristica
Carmelo Curti
Il problema d i Dio nella Chiesa antica
-
Vittorino Grossi Angelo Di Berardino
La Chiesa antica: ecclesiologia e istituzioni
1 SAN JUST'liuO i
O Edizioni Borla [S.I.L. - s.r.l.1 introduzione
Via delle Fornaci, 50 - 00165 Roma
premessa d'insieme
l
gnificato stesso dell'uomo, delle basi del suo ricordarsi di
Dio e delle conseguenze di tale ricordo. L'uomo moderno,
che prova fatica a K ricordarsi » di Dio, si viene a trovare
di fronte al passato cristiano avendo davanti: da un lato
1 una serie impressionante di testimonianze e, dall'altro,
una serie di riti che intendono riannodarlo a quel passato
l
che sa di saggezza, di grandiosità « romana D, di mito rapporto fede-ragione nella sua dialettica di ricerca non
dalle origini perenni(2). Lo stupore per tale passato non è può q~iindi,anche nella ricerca antropologica, non tener
stato scalfito, nelle domande essenziali, dal prevalere del- presente i presupposti linguistici utilizzati. Agostino ad
le scienze positive nel mondo moderno. L'educazione esempio, nel domandarsi cosa sia l'uomo, utilizza il mito
scientifica infatti ci ha portato a considerare il passato del centauro:« Cosa dunque diciamo che sia l'uomo? -
come avente uno scarso interesse: esso sarebbe il primi- egli si chiede - l'anima e il corpo come ... (lo diciamo)
tivo ormai superato. La sociologia e la psicologia, dal del centauro? (De mor. eccl. cath. I, 4-6).
canto loro, perseguono i loro scopi di ricerca senza porsi Fatte queste precisazioni consideriamo l'assieme del pro-
il problema etico delle impostazioni che dànno, non si blema antropologico nel cristianesimo antico:
misurano cioè con i modelli etici e quindi ignorano la 1. nelle sue radici bibliche, da considerarsi come matrici
limitatezza delle conoscenze che esse possono dare. della sua concezione dell'uomo; 2. nel contesto culturale
giudaico-ellenistico;
2. Quanto alla metodologia di ricerca, va tenuta presente 3. nello sviluppo che se ne ebbe, determinato dall'impatto
la natura del linguaggio utilizzato dal cristianesimo anti- delle Scritture sacre con la cultura antica.
co, e cioè i canali attraverso i quali ci sono giunte le
domande antropologiche di un cristiano dell'antichità. I1
linguaggio di cui esso si servì non fu soltanto quello
logico, anche il linguaggio mitico aveva la sua valoriz-
zazione. In quest'ultimo, oltre alle categorie della logi-
ca, è presente l'interloquire del simbolo che, nella anti-
chità, aveva un molo maggiore che nei tempi moderni.
I1 proprium del cristianesimo venne veicolato nelle cate-
gorie mentali giudaiche, ellenistiche e misteriche, e so-
prattutto in queste ultime, nell'ambito dell'iniziazione al
cristianesimo, il linguaggio simbolico aveva la prevalenza
su quello logico. Per tale motivo se sono importanti le
discussioni avutesi nelle chiese antiche, come anche le
decisioni conciliari al fine di cogliere i contenuti essenzia-
li del pensiero cristiano, non lo sono di meno le testimo-
nianze inerenti all'iniziazione cristiana e ai suoi riti. I1
37
La creazione dell'uomo va vista nello schema comune psichica non nato da Maria ma solo passato attraverso di
della creazione del tutto, dove però il Logos incarnato ha Lei, come sostenevano gli gnostici, (Apol. I, 5'4; 23'2;
un particolare rilievo per l'essere umano (Apol. 1, 20,2; 46'5; Dial. 98, l), in ogni uomo è da considerarsi sperma
26,5; 59,5; 11, 10,6). Benché quindi l'ambito dell'antropo- tou logou (seme del Logos), perché il seme del Verbo
logia di Giustino sia quello cosmologico greco, l'uomo, in in quanto principio di razionalità universale è insito rn
ragione del suo rapporto col Logos, è l'organizzatore del tutta la stirpe umana N (20).
cosmo e il suo protagonista, fino al compimento escatolo- L'uomo perciò, in virtù della creazione, ha una parentela
gico. In tale visione della realtà Giustino pone le base di col Logos divino, egli appartiene alla sfera del divino,
un'antropologia cristiana che tiene conto della libertà del- che anzi va definito come animale razionale (logikos)
I'uomo, del suo legame con Dio quale sua origine e fine, cioè in riferimento al Logos (Dial. 93,3), e può vivere
della umanità nel suo complesso legata da un comune una vita secondo ragione o secondo il Logos (Apol. I,
destino storico-escatologico. I1 legame ermeneutico della 10,4). I1 legame creaturale tra l'uomo e il Logos (Apol. 11,
sua antropologia fu quindi la sua concezione del Logos 10,l) si concretizza nel Verbo incarnato. Questi insegna
che egli assimilò dal platonismo, dallo stoicismo e dal agli uomini la vera filosofia, permettendo loro di vivere se-
giudaismo. I1 Nous platonico, infatti, s'identificava con il condo il Logos e di tornare al Padre, fine (telos) dell'essere
pneuma stoico e con la sapienza giudaica, tre termini umano. L'anthropos sarkikos prende coscienza dal Verbo
usati allora per spiegare il cosmo e I'uomo. Avendo pre- incarnato di doversi adeguare e trasformarsi secondo il
sente in Giustino tale sincretismo ne delineiamo l'antro- suo modello, il Logos incarnato.
pologia. Questi, ricapitolando in sé il cosmo realizza, mediante la
sua funzione di sacerdos, l'umanizzazione e divinizzazione
b) L'« anthropos sarkikos e la sua parentela con Dio del creato. L'uomo, nella misura in cui esercita ragione-
volmente » (secondo il Logos) tale funzione, si perfeziona
Giustino intende l'uomo, ad immagine e somiglianza del a immagine e somiglianza di Dio. Perciò egli, rispetto al
Logos e creato per mezzo di Lui, nell'ambito del principio creato, non è solo parte del tutto, anche se la più emi-
greco della trascendenza divina che non può rivelarsi di- nente così come dell'uomo pensavano gli stoici, ma all'in-
rettamente. I1 Logos come è principio operativo del crea- terno della realtà creata rimane l'unica possibilità di me-
to è anche rivelazione di tutto ciò che esiste: tutto porta diazione tra Dio e il cosmo. I1 mondo è il luogo dove
l'orma del Logos. Se nel Cristo tale rivelazione assume l'uomo può realizzare, con la sua vita virtuosa, l'imitazio-
proporzioni di Logos incarnato, cioè di vero corpo umano ne di Dio (Apol. II,4,2-3). In altri termini Dio si relaziona
e non solo di spirito umano o di un corpo di natura al cosmo mediante I'uomo che diviene perciò sacerdote
dell'universo (Apol. I, 10,2), e senza di lui rimarrebbe
sophy according St. Justin's Apologies, StTh 12 (1958) 109-168; .T. H. estraneo al creato.
Waszink, Bemerkungen zu Justinus Lehre vom Logos Spermatikos, Scrive Giustino: Dio non creò il mondo senza uno sco-
in Mullus (Fest. Th. Klauser) 1964, pp. 380-390. I1 Lopos in dimen- po, bensì per il genere umano; ... egli si compiace di colui
sione cristologica è il Logos spermatikos; in dimensione antropo-
logica è lo sperma tou logou. Lo stoicismo invece identificava il
che cerca di imitare le sue virtù ... Se ci uccidessimo
Logos divino e quello dell'uomo; per Giustino l'uomo conosce Dio tutti ... nessuno più si istruirebbe negli insegnamenti di-
perch6 partecipe del Logos divino, nell'uomo vi è il seme del vini » (Apol. 11, 4,2-3). Come il Logos è punto d'incontro
Verbo come in tutti gli uomini vi sono semi del Verbo (Apol. dialogico tra Dio e la creazione (Apol. I, 61,l); così l'uomo,
11, 8, 3, e I, 44, 10). Se nello stoicismo si vedeva una sostanziale in particolare il cristiano, che è illuminato dal Verbo incar-
identità tra la razionalità umana e quella divina, cioè tra il Logos
spermatikos e lo sperma tou logou; in Giustino si afferma che il nato (Apol. I, 62 e 65 ,l; 11, 8 , 3 ; Dial. 138,2), è il punto
Logos h a seminato negli uomini semi del Logos (Apol. 11, 13, 5 ) . d'incontro tra Dio e il cosmo, egli cioè è i'iereus del
Egli applica, in questo caso, all'essere u~manola teoria stoica dei
Iogoi spermatikoi, presenti in tutti gli esseri. (20) Apol. 11, 13, 5 .
cosmo. E perché l'uomo svolgesse tale funzione venne Due passi presi dal trattato Sulla ~ i s u r ~ e z i o npossono
e
creato diversamente dagli altri esseri: gli venne data la fare piena luce sulla sua concezione antropologica: « A
libertà (Apol. I, 43,3 e 8) e una natura interamente rap- costoro (che negano la risurrezione della carne) che
portata al Logos (Apol. II,10,1). sembrano ignorare l'opera di Dio e la plasmazione del-
In base a tale visione antropologica Giustino respinge la l'uomo alla sua origine ... Non dice I'oracolo (Gn 1,26):
duplice creazione dell'uomo proposta da Filone e dagli Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza »?.
gnostici: l'uomo a immagine e somiglianza di Gn 1,26 Quale? Allude certamente all'uomo carnale (anthropos
distinto dall'uomo dal limo terrestre di Gn 2,7. Per Giu- sarkikos). Poi dice l'oracolo (Gn 2,7): « E Dio prese il
stino Gn 2,7 va letto nell'ambito di Gn 1,23. Esiste l'uo- limo della terra e formò l'uomo P. Pare dunque chiaro
mo intero, l'anthropos sarkikos che è immagine di Dio ed che l'uomo modellato a immagine di Dio era carnale (C.
è opera sua e noil quindi di angeli come voleva il giu- 7). N Non è forse l'uomo, l'anima razionale (loghikos),
daismo; né il frutto di una caduta dell'uomo originario composto di anima e di corpo? L'anima è di per sé l'uo-
come volevano gli gnostici (21). Su questa esegesi di Gn mo? No, essa è l'anima dell'uomo. Ma chiameremo uomo
2,7 Giustino fondò la sua tesi della parentela dell'uomo il corpo? No, solo corpo dell'uomo. Dunque nessuno dei
con Dio (Dial. 4,l-2) di cui Platone aveva parlato nel due è, di per sé, I'uomo ... che risulta dalla composizione
Protagora (3.22a) e che poi sarà tradotta da Tertulliano di ambedue. Dio infatti chiamò I'uomo alla vita e alla
nell'anima naturaliter christiana di ogni uomo (Apolog. risurrezione, non quindi una sua parte ma il tutto forma-
18,6; De testimonio animae 1,5ss). Per Platone tuttavia to dall'anima e dal corpo » (C. 8; vedi pure C. 10 e Dial.
tale connaturalità si limitava al nous in quanto particella 6 1 ) (23).
del nous sovrano; per Giustino invece si tratta di una Nell'anthropos sarkikos di Giustino non si ha: l'opposi-
« connaturalità con la Ragione divina disseminata nel zione platonico-stoica del corpo carnale al nous scintilla
mondo (Apol. 11, 13,3) che consente, in forza di una vita
virtuosa e giusta, di poter conseguire l'imitazione di Dio menta aveva la connotazione cosmolo~gicadel rapporto t r a la realtà
(Dial. 4,3) (22). terrestre e il mondo delle idee, così il tempo (C imita » l'eternità,
il visibile D l'invisibile; era sinonimo di immagine (eikon). Quin-
(
,
La somatoaiztropologia di Ireneo
2. La tradizione asiatica - Ireneo La comprensione antropologica di Ireneo, che si pone
La riflessione antropologica delle comunità cristiane asia- come unica alternativa a quella alessandrina, ci è data
tiche si muove nell'ambito della loro riflessione soteriolo- dalla sua lettura di Genesi 1,26. Egli si chiede chi sia
gica. L'uomo e la liberazione dalla sua sofferenza sono la quell'uomo concreto creato a immagine e somiglianza di
visuale della sofferenza di Cristo, culminata nella sua Dio e lo individua nel Verbo incarnato. Questi, a sua
morte come compimento dell'antica Pasqua giudaica. volta, diviene immagine dell'uomo che è pertanto imma-
N Che cos'è l'uomo - si chiede lo pseudo-Barnaba -: gine dell'immagine. Per capire il ragionamento di Ireneo
L'uon~oè una terra che soffre (6,2); K Che cos'è la Pa- va tenuto presente sia il contesto culturale greco che
squa - si chiede Melitone -: il nome le deriva da ciò quello polemico antignostico secondo i quali Dio è l'invi-
che è accaduto. Celebrare la Pasqua viene infatti da pa- sibile. Qualora Egli voglia manifestarsi può farlo solo ve-
thein (patire) D (In Sancttlm Pascha 46,326-327) (24). Nel landosi, nascondendosi », il che è avvenuto nell'incarna-
patire di Cristo c'è la liberazione del patire dell'uomo; zione del Verbo nel quale si è rivelato celandosi sotto
anzi, nella sofferenza dell'uomo, c'è la necessità di quella spoglie umane. L'immagine di Dio, di cui parla Gn 1,26, è
di Cristo. In tale prospettiva Ireneo, nella linea di Paolo perciò da intendersi in relazione a una realtà che sia
(1 Tess 5,23), comprende la soteriologia per tutto l'essere essenzialmente visibile, la quale non può essere che il
dell'uomo e quindi anche per il suo corpo. L'uomo infatti
(25) Vedi Ps.-Giustino, De resurr. 7 (ed. Holl, TU 20,2, p. 44 ss.):
(24) Le comunità asiatiche quartodecimane - chiamate così per- C È dunque chiaro che l'uomo, modellato a immagine di Dio, era
ché celebravano Pasqua il 14 Nisan, giorno della morte di Gesù, ri- carnale. È poi assurdo dire che la carne plasmata da Dio a sua
tenuto la vera Pasqua che gli ebrei celebravano con l'uccisione immagine sia vile e senza valore. E infatti evidente che davanti a
dell'agnello pasquale- utilizzarono, per esprimere la loro idea, Dio la carne sia cosa preziosa primo (perché) fu plasmata da lui,
una falsa etimologia della parola Pasqua: Pascha da paschein come immagine che nasce grata a chi l'ha modellata e dipinta; e,
(patire), mentre nel linguaggio originano ebraico Pesah significa (secondo, perché) così dà a compiere l'opera che rimane da fare.
« passare oltre» passaggio (Ch. Mohrmann, Pasca, Passio, Transi- Colui infatti, a causa del quale sono state fatte le altre cose, è per
tus, Eph. Liturgicae 66 (1952) 37-52). il Creatore più prezioso di tutte loro n.
Verbo fatto carne (Ireneo, Epideixis 71; Tert. De resurr. tutti coloro che erano ancorati al platonismo. Nelle ma-
6,3-4). L'imago Dei dell'uomo perciò non può limitarsi ni di Dio » di Gn 2,7 che plasmano l'uomo, Ireneo vi vede
solo al suo intelletto ma va vista nella sua stessa somati- il Verbo e lo Spirito: il primo vi forma l'immagine, il
cità. I1 significato vero di Gn 1,26 era pertanto rimasto secondo la somiglianza, in rapporto non tanto di natu-
nascosto alla umanità finché il Verbo non si è incarnato. ra-soprannatura come più tardi dirà la teologia occidenta-
Da tale momento si è capita la funzione della visibilità l le, ma di elemento esterno (il Verbo incarnato) e interno
dell'immagine di Gn 1,26. Ci si è resi conto che il sogget- (lo Spirito) al modo platonico di vedere la realtà. In tal
to proprio in quella immagine era Cristo e quindi si è modo viene posto nell'essere umano e, sin dall'inizio, non
percepita la connessione tra l'accezione cristologica (Cri- una divisione ma un divenire, nell'immagine e nella so-
sto immagine di Dio) e antropologica (l'uomo immagine miglianza. Ireneo si esprime così: « L'uomo plasmato al-
di Cristo). Simile lettura tendeva a liberare la componen- l'inizio dalle mani di Dio, cioè dal Figlio e dallo Spirito,
te somatica dell'uomo della ipoteca negativa platonico- diviene a immagine e somiglianza di Dio » (Adv. haer.
gnostica secondo cui « ciò che è materiale non è capace 5,28,4). E guardando il risultato finale della somiglianza
di salvezza (adagio gnostico riportatoci da Ireneo, Adv. egli scrive: Alla fine il Verbo del Padre e lo Spirito di
haev. 1,6,1; Tert., Adv. Valent. 26,2). I n tale contesto l Dio, uniti all'antica sostanza del plasma di Adamo, hanno
cristologico e antignostico vanno intese anche le afferma- fatto l'uomo vivo e completo che accoglie il Padre per-
zioni antropologiche di Tertulliano: « L'uomo può essere fetto ... hanno completato l'uomo vivente, in modo che
definito propriamente come carne ... affinché tu sappia 1 Adamo sia a immagine e somiglianza di Dio n (Adv. haer.
che tutto ciò che Dio ha profetato e promesso all'uomo 5,1,3) (26).
non riguarda solo l'anima ma anche la carne (De resurr. Concludendo vogliamo sottolineare che se l'idea dell'uo-
5,8-9); La carne è il cardine della salvezza (Ivi 8,2). mo, fatto a immagine e somiglianza (Gn 1,26), era stata
La parentela dell'uomo con Dio non andava quindi ri- associata a Cristo già prima di Ireneo (Giustino, Dial.
stretta alla sua razionalità o, come dirà poi Origene, al- 6,l-2; Ps.-Barnaba 5,5; Teofilo, Ad Autolycuin 2, 18), si
la parte più sottile dell'anima » cioè al nous. deve tuttavia a lui l'aver fatto rientrare nel concetto
Con tale posizione Ireneo non intendeva dare una spiega- d'immagine la componente corpo. Egli, nella plasis di
zione antropomorfa di Dio né voleva attribuire alla carne Genesi 2,7, vede come immagine il futuro Verbo incarna-
qualità divine negandone la corruttibilità. Egli voleva solo
affermare: 1. che la carne non ha quell'intrinseco negati-
(26) Nel medesimo contesto, dell'uomo in tensione tra l'immagine
vo che le riconoscevano gli gnostici per cui essa si trova (la temporalità) e la somiglianza (il suo futuro definitivo), Tertul-
fuori dal raggio della sapienza e salvezza divina (Adv. liano scriveva: Imago in effigie, similitudo in aeternitate cense-
haer. 5,3,3) e 2. che non la carne in sé è immagine di Dio t u r » (De bapt. 5). Ireneo, benché non sia sempre del tutto co-
ma la carne dell'uomo e questa vista nell'orizzonte della stante nella terminologia di imago (eikon) e sfmilitudo (homoio-
sis) (in Epideixis 11 a d es. sembrano sinonimi) e aggiunga a simi-
carne del Verbo incarnato. litudo anche homoiotes, una terza nozione non sempre discerni-
Ireneo, per spiegare tutto ciò, introdusse nella lettura di bile nelle traduzioni latine, riserva iinago-eikon all'uomo empirico
Gn 1,26 la distinzione non originaria tra immagine e di corpo e di anima; e similitudo-homoiosis alla somiglianza con
1
somiglianza: l'« immagine è da riferirsi all'essere crea- Dio che si ha per opera dello Spirito. Ancora più precisamente egli
turale dell'uomo, alla sua temporalità, al tempo della sua parla dell'eikon in riferimento all'immagine plastica del Logos in-
carnato di cui l'uomo, a sua volta, è immagine. Immagine dell'uo-
storia terrena; la somiglianza n al suo divenire che si mo non è quindi il Logos in sé, asarkos, il suo modello è sempre il
realizza in forza dello Spirito, alla sua definitiva destina- Verbo incarnato. L'immagine spirituale, che invece si ricostruisce
zione. L'uomo si viene a trovare, sin dall'inizio della sua in lui come homoiotes, è I'homoiosis, l'assimilazione alla filiazione
plasis, in un processo evolutivo che porta a compimento di Dio operata in lui dallo Spirito. Questa realizza nell'uomo un
l legame organico col corpo e con l'anima, conducendolo all'incor-
il suo intero essere, senza lasciare lungo la via nessuna ruttibilità (aphtharsia) che, punto finale del destino umano, è in
componente, cioè il corpo come volevano gli gnostici e
l relazione diretta con I'homoiosis.
to, facendo sì che l'uomo stesso diventi a sua volta imma- na, rigettando ogni possibilità di porla in tutto l'uomo e
gine del Verbo incarnato. L'incarnazione ha reso manifesto quindi anche nella componente corporale perché, per essi,
sia il modello dell'uomo nella sua creazione e, quasi per ciò avrebbe significato non distinguere più l'uomo dagli
paradosso, il modello dello stesso Logos incarnato. Un altri esseri. « A questa opinione (che l'anima umana non
sia diversa da quella degli animali), scriveva Origene, i
rapporto tanto concreto di interdipendenza tra Dio e
l'uomo la riflessione teologica dopo Ireneo non lo cono- cristiani non crederanno mai, poiché essi sanno che l'a-
l
scerà più, né tanto meno l'antropologia in particolare. nima umana è stata creata a immagine di Dio » (C. CeZ-
Cristo, che nella letteratura antica è stato sempre visto surn 4,83) e perché si arriverebbe anche a un Dio com-
come l'antitipo di ogni evento, in rapporto all'uomo, pur posto e antropomorfo quale modello dell'immagine. Nella
essendo sempre il suo antitipo, diventa tipo e cioè: im- linea filoniana del Logos, archetipo dei logoi intermedi
magine di Cristo è l'uomo. Spiegava Tertulliano: «Nel tra Dio e l'universo e sola immagine divina, essi intesero
limo che prendeva forma si pensava a Cristo che sarebbe l'uomo come immagine del Logos, vale a dire come im-
divenuto uomo » (De resurr. 6,3); « I1 Figlio, destinato a magine dell'immagine (kata eikona quindi e non eikon di
divenire uomo più certo e più vero, aveva fatto sì che Dio: Quis rer. div. 230; Spec. Leg. 3,83). Individuarono
fosse detto a sua immagine quell'uomo che allora veniva poi, ancora nella linea dottrinale di Filone (Quis rer. div.
formato col fango, immagine e somiglianza del vero uo- 231), che tale essere a immagine dell'uomo si ha nella
mo » (Adv. Prax. 12,4). Ireneo, dal canto suo, sintetizzava parte superiore della sua anima, nel logos umano che è il
così il tutto: « Nei tempi passati si diceva che l'uomo era nous. L'uomo viene visto immagine di Dio non in senso
fatto a immagine di Dio, ma ciò non era ancora svelato. biblico ma in quello greco platonico. Origene tuttavia
Allora infatti il Verbo, a immagine del quale l'uomo era introdusse il concetto di immagine invisibile rispetto a
stato fatto, era ancora invisibile. Per questo l'uomo per- , quella platonica, la quale essendo legata al cosmo visibile
dette facilmente anche la somiglianza. Ma quando il Ver- era, come minzesis della verità invisibile del mondo delle
bo di Dio si è fatto carne ha confermato l'una e l'altra: idee, rapportata al sensibile e quindi visibile. Tale eikon
mostrò veramente l'immagine, divenendo egli stesso ciò era infatti per Platone il cosmo. Con Filone si arrivò a
che era la sua immagine, e ristabilì saldamente la somi- pensare che immagine di Dio non è il cosmo bensì le
glianza, rendendo l'uomo simile al Padre invisibile attra- idee, pensieri di Dio (De op. mundi 20 ss); non quindi il
cosmo sensibile ma il mondo intelligibile (kosmos noe-
verso il Verbo che si vede » (Adv. haer. 5,16,2).
tos = il mondo delle idee platoniche) che s'identifica con il
Logos (De op. mundi 24). Questa nuova idea spirituale di
immagine, propria della scuola alessandrina, portò nell'u-
3. La scuola alessandrina: Clemente e Origene niverso cristiano il fascino congenito alla vita dello spiri-
to: l'attività intellettuale e mistica nella sequela del Lo-
La eikonantropologia gos, immagine di Dio e paradigma dell'anima umana.
Gli alessandrini si muovono nell'ambito del platonismo e
propriamente del medioplatonismo filoniano che dava I a) Clenzente Alessandrino
come acquisiti tre assiomi: 1. La parentela dell'anima con In Clemente l'uomo di Gn 2,7 è l'uomo concreto in pe-
Dio; 2. la divinità dell'anima (psyche theia); 3. l'attitudine renne tensione verso l'uomo vero, quello di Gn 1,26 fatto
dell'intelletto umano a rapportarsi a Dio. La conoscenza a immagine e somiglianza di Dio. Nel precisare tale ten-
di sé include la conoscenza di Dio e il risultato di tale sione egli distingue tra immagine e somiglianza: la prima
conoscere è l'assimilazione a Dio della creatura umana è la possibilità, la seconda è la strada per essere l'uomo
(Cl. Aless., Pedagogo 3,1,1). di Gn 1,26. Nel Cristo vi è l'uomo di cui parla la Genesi
Gli alessandrini, ponendo così nell'anima razionale lo al C. 1 che si pone come modello, pedagogo, didaskalos
specifico dell'uomo, ne fecero la sede dell'immagine divi- i
del cammino dell'uomo verso la sua vera identità. I1 Lo- somiglianza, le opere del Pedagogo, affinché si compia il
gos rimane la vera immagine di Dio - ed essa si è detto: "a immagine e somiglianzan »: Ped. 1,9,1) In
rivelata in Cristo -; l'uomo, come immagine di Dio, può questa imitazione, che si traduce in divenire simile a Dio,
essere quindi solo immagine dell'immagine. Clemente si Clemente traduceva il pensiero di Platone del Teeteto
esprime così: Il Cristo attuò pienamente questa parola, (176B): « La fuga (dal sensibile) è l'assimilazione (ho-
fu pienamente qiiello che Dio disse (in Gn 1,26); ogni moiosis) a Dio nella misura del possibile; questa assimi-
v
altro uomo lo è solo secondo l'immagine » (Ped. 1,98,3). lazione consiste nel divenire giusto e pio con saggezza ».
L'alessandrino precisa poi che tale immagine della im- L'ideale del filosofo pagano veniva additato da Clemente
magine o secondo l'immagine » è nel nous, nella sua nel cristiano che si adopera nel fare il bene, come una
parte razionale, che egli chiama anche l'uomo interiore » possibilità aperta a tutti che così possono ricuperare la
(Ped. 3,1,1). Scrive pertanto: « Con immagine e somi- vera immagine di uomo ( C Vera immagine di Dio è l'uo-
glianza, non s'indica come abbiamo già detto, ciò che mo che fa il bene », Strom. 2,102,2).
concerne il corpo - infatti non è possibile che il mortale Per il conseguimento di tale fine lJAlessandrino aggiunge
sia simile all'immortale - ma ciò che concerne la mente il dono dello Spirito, che rende possibile l'accesso alla
e la razionalità » (Strom. 2,102,6), e vede nello sforzo somiglianza con Dio (Strom. 5,88, 1-3). Con ciò Clemente
etico la possibilità per l'uomo di realizzarsi, per quanto proponeva uno gnosticismo cristiano che non è riservato
possibile, secondo l'uomo di Genesi 1,26. L'etica si trova a pochi (gli gnostici) ma è aperto a tutti e che inoltre
in Clemente tra l'immagine in cui si è creati e la somi- poneva al primo posto, nella vita umana, il dono divino
glianza cui si tende: l'imitazione del Dio impassibile, in- dello Spirito, non potendo l'uomo contare sulle sue sole
corruttibile, immortale; l'assimilazione dell'apatheia che è forze per tanto cammino. Benché Clemente riservi al
propria di Dio (Strom. 4,95,5; 7,84,2). Fondamento del L
nous l'immagine divina nell'uomo, egli non disprezza il
cammino spirituale dell'uomo è quindi l'etica o lo sforzo corpo come principio di male, lo recupera come dimora
della pratica delle virtù, che consente all'uomo di distac- dello Spirito Santo. Esso non entra nel costitutivo umano
carsi dal sensibile e di ritrovare la sua vera immagine. In l della immagine, ne è tuttavia la casa (Strom. 4,163,l-2).
Clemente si ha una valorizzazione della prassi che egli, da I1 Verbo incarnato si pone come modello concreto, nel-
cristiano, identifica con l'osservanza del secondo coman- l'ambito del sensibile, del cammino dell'uomo verso la
damento del Signore, l'amore del prossimo. Questo con- sua immagine-somiglianza: è la via della possibilità del
sente all'uomo di poter ricostruire la propria identità e, i
ritorno a Dio. I1 Logos, rivolgendosi a tutti, dice: Rad-
di conseguenza, riconoscerla. A tale proposito egli propo- drizzatevi secondo il modello affinché diventiate simili a
ne Cristo come il modello da imitare che si trova tra me (Protr. 12,120,4) e i discepoli del Logos pregano:
l'immagine e la somiglianza dell'uomo, come l'uomo vero Fa' che noi seguiamo i tuoi precetti affinché diamo com-
da realizzare nella « misura del possibile » (Strom. pimento in noi alla somiglianza della tua immagine »
2,97,1). Clemente traduce cristianamente diversi elementi (Ped. 3,101,l).
di antropologia platonica: 1. il nous è nell'uomo il san- Clemente sintetizza il suo pensiero antropologico nei se-
tuario della divinità, perché immagine del Logos (« im- guenti termini: « Questo è l'uomo "a immagine e somi-
magine di Dio è il suo Logos ... immagine del Logos è h
glianza", lo gnostico, che imita Dio nella misura del pos-
l'uomo vero, la mente che è nell'uomo il quale ... fatto sibile senza nulla trascurare in vista di assumere la so-
simile al Logos divino è perciò razionale (loghikos) » miglianza, che è temperante, paziente, giusto, dominatore
(Protr. 10,98,4); Immagine dell'immagine è il ~zousdel-
l'uomo » (Strom. 5,94,5); 2. Questo Logos è Cristo che si
propone all'uomo come modello senza macchia D da imi-
I delle passioni, che condivide ciò che ha e, per quel che
può, f a il bene in pensieri e opere (Strom. 2,97,1).
tare perché l'uomo, concretamente, ritrovi se stesso,
l'uomo di Genesi C. 1 (« È nostro dovere compiere, a sua
b) Origene
taciuto della somiglianza indica che l'uomo sin dalla pri-
Origene, in polemica con gli gnostici che proponevano ma creazione ha ottenuto la dignità dell'immagine, men-
un'antropologia già delineata per natura dalla nascita di tre la perfezione della somiglianza gli è stata riservata
ognuno, articola il discorso sull'uomo, nell'ambito del pla- per la fine, nel senso che egli la deve conseguire imitando
tonismo, ponendovi a base la libertà che si àncora al Dio con la propria operosità (Princ. 3,6,1).
Verbo incarnato per ritrovare la sua somiglianza con Dio. Stabilito che l'uomo è la sua anima e non il suo corpo,
Ogni uomo è la sua anima, dotata di una libertà che perché solo l'anima può essere sede dell'immagine di Dio,
destina diversamente, nel bene come nel male, tutte le Origene approfondisce tale realtà dell'uomo, in se stessa e
anime (Princ. 2,9,6). Queste, da una comune origine ad in relazione a Cristo, detto Egli pure immagine di Dio ».
opera di Dio, sono cadute nella materia e, allontanandosi Questa può essere intesa nell'uomo solo come una realtà
da Lui, sono diventate anima (psyche) cioè freddo incorporea, il notls o l'anima o l'uomo interiore comu-
(psychos). Per poter ritornare a essere nous, cioè allo que si voglia chiamare. Dio infatti essendo incorporeo,
stadio di intelligenza non decaduta, dovranno liberarsi una sua immagine può collocarsi solo su tale piano, ed
dal corpo e ritornare a Dio, il loro punto iniziale (Princ. essendovi una parentela tra la realtà di Dio e una sua
3,6,1). All'interno di questo schema generale Origene svi- immagine, questa può essere ravvisata nell'uomo solo nel-
luppa metafisicamente la tradizione filoniana di una dupli- la sua anima. « In questo (l'uomo a immagine) i segni
ce creazione dell'uomo ravvisata in Gn 1,26. L'uomo vero è della immagine divina, sottolinea Origene, si riconoscono
quello di Gn 1,26; l'uomo del limo della terra di Gn 2,7 non nella figura del corpo che è corruttibile ma ... in
è solo l'uomo decaduto e quindi non quello originario tutto quel complesso di virtù che in Dio sono presenti in
fatto a immagine e somiglianza. Egli scrive: « La nostra maniera sostanziale e che possono trovarsi nell'uomo gra-
principale sostanza ci è stata data in quanto siamo stati zie alla sua operosità e all'imitazione di Dio » (Princ.
formati a immagine del creatore; non quella che ci viene 4,4,10). Per giungere a questa conclusione llAlessandrino
dalla caduta per il corpo che abbiamo ricevuto, plasmato rivoluzionò l'epistemologia platonica dell'immagine, legata
dal fango della terra (In Io. 20,22). Ed è questo l'uo- al mondo visibile e quindi del vedere sensibile. Egli di-
mo nostro interiore, invisibile, incorporeo, incorrotto e stinse tra vedere e conoscere. Se vedere è degli occhi e
immortale » (In Gn. hom. 1,13). Di conseguenza, conclude conoscere della mente, egli concluse, come vi può essere
Origene, in Genesi 2,7 si parla del corpo derivato all'uo- , un'immagine visibile così può aversi un'immagine visibile e
mo dalla caduta della sua anima che non può contenere conoscibile. I1 concetto di invisibilità, propria di Dio per-
l'immagine di Dio (In Rom. 1,19) perché ciò postulereb- ché incorporeo, poteva in tal modo essere applicato anche
be, tra l'altro, un essere composto nel modello dell'imma- all'uomo e propriamente al suo essere immagine di Dio.
gine dell'uomo, Dio l'assolutamente semplice. Se egli in- Dire di Cristo che è l'immagine del Dio invisibile significa
troduce una distinzione nell'uomo lo fa nella stessa Gn pertanto che, per suo tramite, si può conoscere il Padre
1,26 dove l'uomo è creato solo a immagine di Dio; quan- anche se non lo si può vedere visibilmente; allo stesso
to alla sua somiglianza con Lui questa ne rappresenta il modo dire dell'uomo che è immagine di Dio non significa
traguardo finale da raggiungersi con il retto uso della che la si possa vedere nel suo corpo ma che la sua anima
libertà. C I1 sommo bene - egli scrive - cui tende tutta può, guardando in se stessa, conoscere la sua immagine.
la natura razionale e che è detto anche fine di tutte le L'immagine pertanto è tramite di un rapporto di cono-
cose, secondo la definizione anche di molti filosofi, consi- scenza intellettuale e non di visione sensibile. Origene,
ste nel diventare, per quanto è possibile, simili a Dio. precisando poi i contorni dell'immagine di Dio nell'uomo,
Questo concetto ... prima di tutti lo ha formulato Mosè, fa riferimento all'immagine celeste del Cristo e non quin-
di direttamente a quella di Dio. I1 Verbo è per l'uomo
quando ha descritto la prima creazione dell'uomo ... I1
fatto che ha detto: "Lo fece a immagine di Dio" e ha l'immagine divina intermediaria, e perciò il pittore in lui
della sua stessa immagine divina. I1 Logos immagine di
Dio » è, in Origene, il Figlio che, nella sua qualità di suo nous K la parte più sottile dell'anima n, dava, in cam-
Logos eterno, rappresenta il dispiegamento dell'essere di- po cristiano, il più grande apprezzamento al pensiero pla-
vino di eternità in eternità. Mentre in Ireneo il Logos tonico sfruttandone le grandi risorse morali, ascetiche e
incarnato costituiva interamente per l'uomo l'eikon di mistiche. Ciò spiega perché la scuola alessandrina abbia
Dio; in Origene l'uomo si divide in due: in un'anima che penetrato ogni strato del cristianesimo antico e non solo
diviene immagine dell'Immagine D, e in un corpo. I due quello intellettuale. I1 corpo poi benché non venisse rece-
elementi solo con un'azione riconciliatrice rendono possi- pito come parte fondante dell'uomo, evitava la connota-
bile di sopportare la luce dell'lmago. Mentre in Clemente zione negativa propria al platonismo perché veniva visto
l'immagine era limitata alla facoltà superiore dell'anima, come il tempio dell'immagine di Dio, che è l'anima.
che egli divide in inferiore e superiore; in Origene esiste In questa concezione dell'uomo che cioè l'anima sola è
solo l'anima (psyche Zoghike) la cui facoltà superiore (Io- immagine di Dio, Origene non solo non s'incontrò con
gos o nous) localizza l'immagine ed è l'origine dell'agire Ireneo, ma per alcune conseguenze che lui stesso tirò da
libero e morale dell'uomo. L'anima, creata originariamen- tale discorso si scontrò con l'ortodossia cattolica. La re-
te solo come MOUS, anche se in seguito alla caduta acqui- staurazione escatologica venne infatti pensata da lui non
sì, per raffreddamento, una parte emotiva, rimane in sé come reintegrazione di tutto l'uomo, ma a livello di spi-
solo nous quale immagine propria dell'uomo, mai passibi- rito o di a angelo ». Inoltre dato che il nous, nonostante
le di corruzione. In forza di quel nous l'uomo ha in sé la l'offuscamento dovuto alla tunica di pelle (27) cioè al cor-
capacità di avviare quel processo di somiglianza che lo po, rimane sostanzialmente inalterato, alla fine la restau-
porterà alla natura propria dell'immagine che è in lui: razione si avrà per tutti. Tali deduzioni non potevano
cioè la deificazione e il recupero dell'incorruttibilità ori- essere evitate nel pensiero origeniano e forse lui, nel suo
ginaria. Origene lo chiama, come già Clemente, il proces- I continuo confrontarsi con gli gnostici, pagò un tributo
so dell'homoiosis che si realizza attraverso il paradigma alla loro concezione dell'uomo il cui destino è determina-
Cristo, perché questi è il modello della immagine del- to da come si nasce e non da un'ulteriore possibilità di
l'uomo. Egli si chiede: « Quale altra è dunque l'immagine costruirsi un destino, anche se con l'aiuto dello Spirito.
di Dio, a somiglianza della quale I'uomo è stato fatto, se La cesura infine, operata da lui tra teologia e incarnazio-
non il nostro Salvatore? Abbiamo dunque gli occhi rivolti ne del Verbo, lo portò in campo antropologico, a porsi in
sempre a questa immagine di Dio, per poter essere di una visuale del tutto opposta a quella di Ireneo e della
nuovo formati a sua somiglianza (In Gen. hom. 1,13). E tradizione asiatica in genere.
questo il concetto dell'imitazione di Cristo, propria della
scuola alessandrina, che opera nell'uomo il passaggio da
seme (sperma) a figlio (teknon). Cristo diviene fonte e prin-
cipio di ogni filiazione divina. La parentela, esistente tra il
4. Atanasio - L'anthropos loghikos
modello e l'immagine, fa sì che quest'ultima tenda al suo Con Atanasio l'antropologia cristiana acquista l'articola-
modello per divenirne simile (homoiosis). Dire homoiosis zione essenziale cui rimarrà sempre fedele, anche se i
(assimilazione) o imitazione di Cristo è dire la medesima medesimi elementi verranno sviluppati diversamente nelle
cosa e, quando tale processo giungerà alla fìne, l'uomo
sarà allora svelato a se stesso nel suo costitutivo di im- (27) Origene pare abbia sempre oscillato tra cristianesimo e pla-
magine di Dio. I1 concetto d'immagine è, in Origene come tonismo, vale a dire tra una concezione di spirituale rispetto a un
corpo spirituale. I1 suo nous pertanto non attingerebbe la sfera
per Clemente, I'uomo che si dispiega nella storia legato al dell'incorporeo, e ciò apparirebbe da quanto espone su Gn 3,21
tempo ma teso al suo futuro, cioè alla rivelazione del- (la tunica di pelle). Benché il suo commento alla Genesi sia andato
l'immagine secondo il suo modello. perduto, scritto da lui in concomitanza al De principiis, gli ele-
Una tale impostazione antropologica, fondata completa- menti a disposizione dal De principiis 2 , 3 e da altre indicazioni
portano in tal senso [M. Simonetti, Alcune osservazioni sull'inter-
mente sulla eikon di Dio nell'uomo che può essere solo il prefazione origeniana di Genesi 2,7 e 3,21, Aevum 36 (1962) 370-3811.
varie aree cristiane. Da Origene egli deriva il ruolo del Lui il Padre (CG 2, SA), conosce cioè il Verbo e il Padre
Logos nella comprensione dell'uomo, tanto che l'anthro- vivendo, di conseguenza, in alto e non nel sensibile (CG
pos atanasiano può essere definito come Ioghikos; da 2,5D). Atanasio parla così di una forza dell'anima
Ireneo la valenza storica, per cui in Atanasio l'antropolo- (dynamis tes psyches) che è in relazione alla <c forza del
gia si muove tra il peccato di Adamo-discendenti e la Logos o di Dio (dynamis tou Logou o tou Theou) e che
restaurazione postlapsaria dell'umanità per mezzo del consente all'uomo di conoscere Dio. L'anima tutta pertan-
Verbo incarnato. L'elemento peccato viene così definiti- to, e non solo il suo nous come in Origene, è lo specchio
vamente e, storicamente, acquisito alla riflessione antro- del Verbo (CG 2,8A) e quindi l'organo della conoscenza
pologica. Atanasio inoltre, con la sua Vita Antonii, contri- di Dio. Egli scrive: L'anima è stata fatta per vedere Dio
buì a portare nell'ambito del monachesimo, che rappre- e per essere illuminata da Lui » (CG 7,16B). Atanasio
sentò gran parte della comprensione cristiana dell'uomo attribuisce tutto il valore possibile alla conoscenza di Dio.
dal sec. IV in poi, gli elementi della riflessione antropolo- L'uomo, partecipando in tal modo alla vita del Verbo,
gica origeniana e ireneana. C'è da rilevare infine come il può aspirare alla vita, all'aphtharsia (28), egli che, rispetto
vescovo di Alessandria, vivendo nel tempo delle contro- agli altri esseri, creati irrazionali (tu aloga), ha ricevuto
versie trinitarie, in cui l'espressione imago Dei venne le- un supplemento di grazia che lo ha posto nella linea del
gata nel concilio di Nicea del 325 a quella di homoousios Logos: l'uoino è loghikos (CG 46,93BC; De inc. 13,7;
(= Cristo è cioè immagine consostanziale del Padre), ab- C.Arr. 3,10,344A).
bia avviato in senso ontologico la comprensione di cc im- In questa prospettiva dell'uomo loghikos si iscrive, nella
magine D. Questo termine che aveva il ruolo funzionale di antropologia di Atanasio, la comprensione del peccato e
rappresentare, diventa categoria ontologica parallela a della redenzione.
homoousios. L'essere immagine non qualifica più il Verbo I
I1 peccato non deriva la sua individualità da una colpa
incarnato come per Ireneo ma, primieramente, il Verbo preesistente dell'anima che, come in Origene, si manifesta
nella sua vita trinitaria (C. Arr. 1,41): Cristo è cc immagi- storicamente in una caduta nella materia, ma in un acce-
ne della sostanza del Padre P (De decr. 20; C. Arr. 3,ll). camento dell'uomo per cui egli, perdendo la relazione col
Nella linea origeniana dell'uomo cc immagine dell'immagi- Logos, rientra negli alogi cioè tra gli esseri irrazionali che
ne » Atanasio vede nell'anima l'immagine del Verbo; ab- non conoscono Dio. Scrive Atanasio: L'uomo, creato lo-
bandona tuttavia la distinzione tra immagine e somiglian- ghikos e kat'eikona, scompare » (De inc. 6, 1). Egli tutta-
za perché per lui come il Verbo è, sin dall'inizio, Figlio e via non intende tale scomparsa come distruzione. Fedele
quindi immagine per natura, così gli uomini sono figli e alla scuola alessandrina ritiene che il peccato non possa
immagine per grazia, e ciò sul piano ontologico (C. Arr. raggiungere l'uomo nel suo essere kat'eikona (CG 8,16),
3,lO). La sua difesa dell'homoousios ha una motivazione può tuttavia insozzarne l'immagine sino a renderla pres-
soteriologica: se infatti Cristo non fosse immagine con- socché introvabile. 11 ruolo del Verbo incarnato si viene a
sostanziale del Padre si dovrebbe negare, di conseguenza, porre nella possibilità, da parte dell'uomo, di poter ri-
la realtà della salvezza e della rigenerazione dell'uomo.
L'uomo, immagine del Verbo, trova nella sua relazione di (28) L'aphtharsia è qualità propriamente divina, per indicare la
partecipazione al Verbo, la sua identità di << essere loghi- vita che non cessa mai; è espressione sinonima anche per com-
prendere Dio quale Egli è. La partecipazione al Verbo è la possi-
kos ». Essere stato creato a immagine di Dio significa bilità per l'uomo di poter sfuggire alle forze distruttrici insite nel-
pertanto l'avere in sé la djlnamis stessa del Verbo (De la sua natura: thanatos (l'inizio della corruttibilità) e phthora (il
inc. 3,3), l'uomo cioè è razionale (Ioghikos). Lo spirito processo stesso di decomposizione, il ritorno al nulla). Come la
(nous) umano così, nella scia del Verbo e simile a Lui, è morte sta alla corruttibilità, così I'athanasia sta all'incorruttibilit8,
proprietà esclusivamente divina. L'immortalità ne è il ,risultato
capace di contemplare le realtà divine e intelligibili ( D e inc. 5,2). I1 termine physis natura non è in Atanasio termine
(ta onta e noeta in opposizione a quelle sensibili e umane, filosofico, ma empirico che la distingue da Dio in quanto essa è
tu aistheta e anthropina), anzi contempla il Verbo e con di natura K corruttibile n, è phthora e thanatos (De inc. 3,4).
prendere la sua relazione col Verbo (29), riacquistare cioè coincide con la sua visione della divinizzazione in cui la
il suo essere-loghikos. L'uomo peccatore è un essere ato- salus hominis è resa possibile dall'accettazione del Verbo
gos non nel senso di uno spogliamento ontologico del suo di una sarx umana; accettazione che rende parenti gli
essere-loghikos, bensì di una inversione della sua funzione uomini con Cristo (la syngeneia thes sarkos che rende
in cui la sua anima non impegna più se stessa in rela- syssomoi con Cristo: 3 CArr. 34,397B). E la Theopoiesis
zione al Logos. Scrive Atanasio: « Gli uomini, da come si (la divinizzazione come partecipazione da parte di Dio)
comportavano, non sembravano più loghikoi ma alogoi » che si risolve in uiopoiesis (l'adozione a figli) portando
(De inc. 12, l), essi erano stati spogliati della contem- alla aphtharsin (immortalità) il compimento della salus
plazione di Dio D (CG 3,9A). I1 Verbo incarnato si pone dell'uomo. Atanasio, nella linea della scuola alessandrina
come l'unica strada possibile all'uomo per ritrovare la dell'apatheia (impassibilità) di Dio e di quella asiatica del
sua immagine e la conoscenza di Dio. « D i chi aveva pathein (patire) di Cristo sintetizza la salus dell'uomo e,
bisogno (I'uomo denudato) - si chiede il Vescovo di di conseguenza, la sua concezione dell'antropologia. Dio
Alessandria - per la restaurazione in lui della sua imma- - egli scrive - essendo per natura incapace di soffrire e
gine se non del Verbo incarnato? ... I1 Verbo di Dio è di essere contaminato dalle debolezze e dalle sofferenze
venuto Lui stesso perché, essendo l'immagine del Padre, che, al contrario, fa scomparire sterminandole, resta qua-
potesse ricreare I'uomo secondo l'Immagine » (De inc. le è. Gli uomini dal canto loro, per il fatto che i loro
13,7 e 20,l). I suoi scritti antiariani (337-359), che hanno pathe (sofferenze), trasferiti su di Lui vengono eliminati
come tema centrale la divinità di Cristo (consostanziale al da Colui che è al di sopra della sofferenza, sono nel
Padre) e la realtà della salvezza dell'uomo nel restaurare contempo essi stessi apagheis e vengono resi liberi per
la sua immagine per mezzo dell'incarnazione del Verbo, tutta l'eternità (3 CArr. 34,396-397).
approfondiscono in modo particolare la correlazione che Per quanto riguarda il suo influsso sul monachesimo va
egli pone tra l'antropologia e la cristologia. Se Cristo è rilevato come la vita ascetica, che segna la vita del mona-
l'eikon e il Logos, l'uomo è a immagine (kat' eikona) e co, non sia dettata tanto dal dualismo platonico, presente
loghikos. in Clemente e Origene (30), quanto dal fatto di essere una
I due elementi della relazione dell'uomo con Dio, l'incor- riproduzione della vita di Cristo nell'uomo, vita libera
ruttibilità e la conoscenza, vengono indicati da Atanasio dalle passioni proprie cui è soggetto ogni uomo. La vita
come lo scopo medesimo dell'opera redentrice di Cristo, del monaco è una demonstratio evangelica della ri-creatio
resa possibile dalla mediazione del Verbo. A tale proposi- apportata da Cristo all'umanità. In ciò gli uomini ritro-
to il vescovo di Alessandria parla di una « verbificazione » vano il loro essere loghikoi, quello creato a immagine del
degli uomini da parte del Verbo, nella linea della a reca- Logos secondo Gn 1,26.
pitulatio » di Ireneo, vista come inabitazione del Verbo
nell'uomo grazie all'incarnazione. Questo modo di pensare
64
Chiesa (così è articolato il De trinitate e l'intera opera
antipelagiana). nei campo deil'antropoiogia, che ormai verrà inteso sem-
Dal punto di vista del suo pensiero antropologico tutto pre in tale direzione. Sul particolare rapporto che esiste
ciò significò una attenzione maggiore, per non dire asso- tra Dio e l'uomo o, come dirà l'antropologia teologica, tra
luta, a quanto dicono le Scritture e a quel che crede e la libertà dell'uomo e la grazia di Dio, vanno ricordati gli
vive la tradizione della Chiesa. scritti: De peccatorum meritis et remissione deque ba-
I1 suo famoso principio epistemologico: (crede ut intel- ptismo parvulorum (4111412) che fu la sua prima opera
legas (S. 43,9) che cioè nella ricerca è la fede che cerca apertamente antipelagiana; gli scritti indirizzati dal 425 in
I
l'intelletto, come tradusse poi S. Anselmo (Proslogion, prol. poi ai monaci di Adrumeto e a quelli di Marsiglia, in
I, 1) e proprio sul terreno antropologico. Affrontare la particolare il De correptione et gratia che rappresenta,
1 « grande questione dell'uomo » (Conf. 4,4,9): « una vita
varia, multiforme, di un'immensità poderosa (ivi
pur nella sua brevità, lo scritto antropologico più impor-
tante del cristianesimo antico.
10,8,15), è per Agostino non tanto risolvere delle questio- Sulle questioni relative all'anima scrisse due lettere a
ni, perché l'uomo sfugge alla propria come all'altrui Girolamo (epp. 166 e 167) nel 415 e, nel 420, dedicò quat-
comprensione (ivi; 10,8,15: In realtà io non riesco a tro libri alla questione dell'origine dell'anima (De anima
comprendere tutto ciò che sono D), quanto la possibilità di et eius origine).
gettarvi sopra una certa luce per poter capire la natura e Prima di considerare più da vicino la sua antropologia
la portata delle questioni in gioco nonché l'autorità capa- indichiamo il suo apporto alla ricerca antropologica nella
ce di darne delle indicazioni (De correptione et gratia storia del pensiero dando, in qualche modo, la chiave di
1,l). Le argomentazioni pertanto che si fanno sull'uomo, lettura di tanti suoi testi riguardanti l'uomo che, per
in particolare circa la sua libertà e la grazia di Dio capa- alcuni studiosi, risentono di una grossa ambiguità plato-
ce di aiutarla (ep. 194,7,33), non possono nascere dalla nizzante.
ragione quale loro fonte primaria, così come sostenevano
i pelagiani e in particolare Giuliano (Opus imp. C. Julia- b) Antropologia biblica o platonica?
num 2,16). Sulla comprensione dell'uomo più che filosofi,
sottolinea Agostino, è necessario essere esegeti delle Con Agostino l'antropologia, che aveva un posto rilevante
Scritture ed esegeti attenti alla prassi concreta della nella riflessione cristiana nell'ambito della dottrina della
Chiesa (ep. 194,9,41-42). creazione e della cristologia, diventa filtro di ogni altro
Gli scritti antropologici nei quali è più evidenziata questa discorso: tutto passa attraverso l'uomo. Questi non è in-
metodologia sono: Le Confessioni (libri 10-12 dell'anno serito in uno schema spazio-temporale, accanto alle altre
400); il De civitate Dei (413-426) che, sottolineando la cose e agli altri esseri per cui può essere capito all'inter-
capacità che l'uomo ha di Dio, ne mette in rilievo il no dello schema cosmologico; l'uomo è, secondo Gn 1'26
bisogno che ha di Lui; il De trinitate (399-420) che spe- dominus del creato e nessuno può attentare mai alla sua
cifica l'uomo capax Dei, come immagine della Trinità (in signoria. Ogni uomo è, secondo Agostino, il suo amore e
particolare i libri 9-14). Agostino pensa l'uomo immagine su tale scelta interiore nessuno può mettere le mani,
del Dio Trino e non solo del Verbo, come aveva sempre nessun tiranno potrà mai giungere a tanto. La signoria
esplicitato la scuola alessandrina. I1 testo di Paolo ai dell'uomo è un costitutivo del suo essere, del suo essere
1
sua difesa del peccato originale, egli rispose che sulla
principale dell'uomo (De moribus eccl. cath. 1,4). Sa- esistenza della libertà nell'uomo non aveva mai dovuto
rebbe falso dire - precisa ancora - che l'uomo è nella cambiare pensiero (Retr. 1,15); si era solo sbagliato nel
credere che la libertà umana potesse rivolgersi a Dio
3, 5 ; De fide et syrnbolo 10, 23; De trin. 15, 7, 11; De civ. Dei 7, 23, prima che questi la chiamasse.
1 ; 11,2. Sulla questione vedi, V. Grossi, L'antropologia agostinia.
l
La libertà umana infatti, coinvolta nel peccato dell'uma-
na. Note previe, Augustinianum 12 (1982) 457-467, in particolare nità, nel suo rapporto con Dio sperimenta, secondo Ago-
nota 6. 1
stino, prima di essere sanata dalla grazia del Salvatore, barca e dei rematori che, insieme, raggiungono la r h a ;
una difficoltà che sa di malattia, infermità, una debolezza dell'innamorata che, nel Cantico dei Cantici (8, S), vuole
che la blocca sul piano del desiderio come su quello del camminare solo se si appoggia sulla spalla del suo diletto
volere. Egli la chiama, con termine generico, concupi- (De gr. lib. arb. 6, 13). La libertà umana, appoggiandosi
scenza i cili connotati sono: « ostacolo-disordine-forza sulla grazia di Dio, si appoggia su colui che è il suo
alienante della libertà D. I1 vivere esistenziale, sotto que- amore. L'uomo perciò, nella visione agostiniana, può fare
st'aspetto, è nostalgia di una libertà perduta e, grazie al il suo viaggio umano solo con Dio. L'obiezione che, la-
Salvatore, speranza di poterla recuperare. Agostino ap sciando interferire Dio nell'ambito delle scelte della liber-
profondì il problema della libertà umana in alcuni punti tà umana, è volersi sostituire ad essa e quindi alienarla,
chiave: 1. La libertà dell'uomo non può porsi in discus- per Agostino è solo una pseudo-difficoltà. la volontà uma-
sione perché tale dato ci viene dalle stesse Scritture (De na infatti, muovendosi nell'ambito dell'amore, quando o-
gr. Iib. arb. 2,4: Nei passi (delle Scritture) dove viene pera necessita sempre di un punto di appoggio. Qualora
detto: "Non volere questo non volere quello, e quando nel rapportarsi a Dio venisse lasciata sola, essa girerebbe
negli ammonimenti divini vine richiesto l'agire della vo- a vuoto (ep. 194,2,3). I pelagiani non negavano nell'uomo
lontà, è dimostrato sufficientemente il libero arbitrion D); l'immagine di Dio né escludevano un aiuto della grazia
l ma lo intendevano come aiuto esterno alle decisioni dalla
2. È proprio della volontà acconsentire o meno al dono
stesso della grazia di Dio (De spiritu et littera 34,60: La libertà, ad esempio la rivelazione, una legge data, un e-
sua misericordia ci previene in tutto, ma consentire o sempio come quello di Cristo che aiutava la volontà a
meno alla chiamata divina spetta, come dissi, alla volontà smuoversi dal suo letargo e ad agire in conseguenza.
del singolo n); 3. La libertà co-agisce con la grazia. Se essa La liljcità umana si trova, nella visione pelagiana, di
da sola non può portarsi al livello divino la grazia, da fronte alle esigenze di Dio. Non si tratta più come in
parte sua, si adatta alla graduale crescita della libertà Agostino di due « amici 2 che camminano insieme, i quali
che, da una possibilità di volere (desiderare) si porta ad non si fanno problemi di diritti-doveri perché pensano
una scelta effettiva (De gr. Iib. arb. cc. 15-17). Nello spiega- solo come aiutarsi. I pelagiani, forse senza rendersene
re il coagire della libertà con la grazia Agostino spiega la conto, gettarono le basi dell'antropologia umanistica, ba-
sua concezione dell'antropologia e in essa vi è la grande sata sulla autonomia dell'uomo, in cui l'uomo e Dio vivo-
distanza da altri tentativi a lui contemporanei, in partico- no separatamente e ogni interferenza non richiesta sa di
lare quello pelagiano e, dopo di lui, del predestinazioni- violazione, sostituzione, annullamento della libertà uma-
smo. na, almeno di non-rispetto. Per Agostino si trattava di
Agostino concepisce la libertà e la grazia (Dio e l'uomo) una visione antropologica diversa. L'adiutorium della gra-
come due amici. Dio è l'amico dell'uomo e questi senza zia è detto così perché aiuta, mette in condizione di, non
Dio non sarebbe più se stesso, si manifesterebbe come un si sostituisce quindi alla libertà né svalorizza l'uomo e i
l suoi sforzi ma solo li rende possibili (35). Ciò era vero
essere al limite irrequieto, alienato D. Nel rapporto della
libertà umana con la grazia non si tratta perciò di una per Adamo innocente cui era sufficiente l'adiutorium sine
invadenza di Dio nell'autonomia umana, ma di un auxilium quo non (= quella grazia senza la quale non si agisce sul
alla libertà perché possa essere tale e agire non condizio- piano di Dio); ed è vero per ogni uomo dopo il peccato
nata dalla concupiscenza. La libertà poi non solo ha asso- dei progenitori che necessita dell'auditorium quo (=
luto bisogno di tale aiuto ma brama di averlo perché ciò la grazia di Cristo necessaria a tutti per consentire alla
corrisponde al suo stesso bene, anzi all'unico suo bene.
La libertà e la grazia insieme producono quelle opera
(35) Questo aspetto, appena accennato nell'ep. 194 scritta al pre-
pietatis il cui frutto è il raggiungimento di Dio nel suo sbitero romano Sisto nel 418, viene poi ampiamente sviluppato nel
ultimo destino (Conf. 9,21; De gr. Zib. arb. 4, 17). Per De grafia et libero arbitrio del 425-427 [ V . Grossi, La crisi antropo-
spiegare il suo pensiero Agostino usa le immagini della l logica nel monastero di Adrilmeto, Augustinianum 19 (1979) 103-1331.
L'immagine di Dio nell'uomo viene ad essere cercata
libertà di superare anzitutto lo scoglio della « concupi- C trinitariamente », in relazione cioè al Padre, al Figlio e
scenza » che Adamo non aveva) (36). Porre il problema allo Spirito Santo. Agostino che, col suo De Trinitate,
Dio-uomo nei termini di confronto tra volontà divina e contribuì all'intclligere dei rapporti intratrinitari; in cam-
volontà umana, come vollero i pelagiani, era per Agostino l
po antropologico recuperò il senso origeniano di imma-
una questione falsa in sé per due motivi: a) la volontà gine come tendenza verso lo archetipo che poi precisò
divina non può non prevalere su quella umana; b) Dio, nei trinitariamente: l'uomo è immagine di Dio Trino nel SUO
riguardi dell'uomo, non si pone come suo tiranno, bensi essere costitutivo di mens (come memoria sui)-notitia
come suo creatore e redentore. La questione perciò, con- (come intelligenza)-amor o memoria-intelligentia-voluntas.
cludeva Agostino, dovrà porsi diversamente e cioè come La mens dice relazione al Padre; l'intelligenza al Fi-
capire alla radice il rapporto uomo-Dio, dato che l'uomo glio-Verbo-Verità; l'amore allo Spirito (De trin. 15,3,5).
può essere in qualche modo decifrato solo tenendo in Nell'essere immagine del Figlio - e qui Agostino utilizza
considerazione ambedue i termini. Tutto ciò, espresso in
termini di C libertà D, venne sintetizzato da lui nel modo
la funzione rivelatrice del Verbo (Conf. 3-8) - v'è nel-
l'uomo la possibilità costante della conoscenza di Dio e di
seguente: «Alla volontà umana resa malata (dalla con- sé; nell'essere immagine dello Spirito che, avendo come
cupiscenza) è stata quindi data in aiuto la grazia divi- costitutivo personale l'amore, dice relazione alla volontà,
na affinché potesse agire senza deviare e senza venire
sopraffatta. E così, benché malata essa non venisse me- 1 vi è in lui l'appetitus del bene, anzi del sommo bene.
Dall'essere immagine di Dio, concetto tradotto da Agosti-
no » (De correptione et gratia 12,38 (37). no con capax Dei (De trin. 14,8.11: « è immagine di Dio
in quanto è capace di Dio ») si ha la grandezza dell'uomo
d) L'uomo immagine della Trinità che è somma (Ivi 14,4,6: CC (L'uomo) è una grande natura
perché capace di essere partecipe della somma natura D);
Prima di Agostino si era già giunti, nella comprensione ma anche la sua indigenza che è altrettanto somma per-
del mistero trinitario, all'uso di categorie semantiche on- ché il desiderio risulta sproporzionato alle possibilità rea-
tologiche non più bibliche, anche se si intendeva spiegare li (De civ. Dei 12,1,3). Da tale tensione esistenziale I'uo-
il Dio della Bibbia. Si volevano offrire schemi linguistici mo viene a trovarsi in una irrequietezza che appartiene al
adatti ad esprimere, contemporaneamente, l'unità e la suo essere e che solo Dio potrà placare (Conf. 1,1,1: «. Ci
distinzione delle tre ipostasi divine. Tale processo non hai fatti per te e il nostro cuore (cioè noi uomini) è
poteva non avere la sua incidenza nella riflessione antro- l inquieto finché non riposa in te »). Dio e l'uomo vengono
pologica, che conobbe questa volta una lettura « trinita- l
a trovarsi in una continua tensione di ricerca, che s'in-
ria n di Genesi 1,26. l
crociano e quindi s'incontrano nella conoscenza che I'uo-
mo percepisce di Dio quale immagine di se stesso.
(36) E questa una famosa distinzione di Agostino del De correp- 1 I1 normale processo di autorivelazione di Dio e quindi di
tione et gratia 12, 34, che segnò per sempre ogni studio posteriore comunicazione all'uomo venne turbato, nella visione ago-
dell'antropologia cristiana. Vedi, V. Grossi, L'antropologia cristia- I ' stiniana letta nelle sacre Scritture, dal peccato di A-
na negli scritti di Agostino: De gratia et libero arbitrio, De cor- damo. Per riequilibrare tale rapporto si ebbe l'incarna-
reptione et gratia, Studi StorReliQosi 1980, 89-113.
(37) Riportiamo l'intero testo latino, date le vicissitudini che han- zione del Verbo, la cui mediazione è ancora una volta,
no avuto nella stona della teologia, in particolare i termini inde- come già nella scuola alessandrina, il punto d'incrocio tra
clinabiliter-insuperabiliter-invictissime riferiti dai lettori di Ago- Dio e l'uomo. Scoprire in sé l'immagine divina e seguir-
stino alla grazia di Dio, mentre egli li riferisce alla libertà umana: ne le orme è recuperare la propria libertà perduta per la
Subventum est igitur infirmitati voluntatis humanae, ut divina
gratia indeclinabiliter et insuperabiliter ageretur ... neque vince- grazia del Salvatore o del mediatore Gesù Cristo. La cri-
retur. Ita factum est ut voluntas hominis invalida et imbecilla ... stologia f a così da sutura tra l'antropologia, la soteriolo-
ipso donante invictissime quod bonum est (homines) vellent, et gia e la teologia. L'uomo, immagine del Dio Trino, secon-
hoc deserere invictissime nollent ».
do Genesi 1,26, ritrova tale suo essere costitutivo origina- che diedero una priorità a Dio nell'agire, nel decidere
rio, recuperando in Gesù Cristo la sua dimensione di sull'uomo, furono chiamati « predestinazionisti ». Si trat-
libertà che può portarsi ai livelli del divino. Fu questa tava di una esemplificazione del problema, che Agostino
l'ultima grande utilizzazione del tema dell'immagine (in aveva accettato di affrontare in quei termini negli anni
connessione con la libertà) nel pensiero antropologico 425-427 del cap. 14,27 de De gratia et libero arbitrio. Per
dell'antichità cristiana. lui porre il problema antropologico come un rapporto a
t
fronte tra l'uomo e Dio (l'istanza pelagiana) era una falsa
lettura delle Scritture; così come il porsi la questione di
8. L'antropologia post-agostiniana una volontà divina, più forte rispetto a quella umana, era
un non-senso. Per Agostino si trattava di capire come la
La riflessione antropologica ebbe dopo Agostino due O- grazia, che sola può consentire alla libertà di essere tale
rientamenti precisi: uno riguardo all'immagine di Dio dopo la caduta di tutti nel peccato di Adamo, sia un
nell'uomo; un altro riguardo all'uomo come libertà auto- aiuto all'uomo. Egli entrò nella difficoltà dell'avversario
noma o meno di fronte a Dio. Riguardo al tema dell'im- per rilevarne l'inconsistenza. Dopo di lui ci si fermò su
magine trinitaria nell'uomo, tale filone trovò spazio, più quella difficoltà e sulle risposte date da Agostino, con la
che in una riflessione antropologica vera e propria, nel conseguenza che il problema antropologico venne ad es-
campo della spiritualità e della mistica. Si dava per scon- 1 sere trattato sul piano delle reciproche autonomie, del-
l'uomo come di Dio. Anzi, più che la riflessione sull'aiito-
tata la presenza della Trinità nell'anima (il tema dell'ina-
bitazione di Dio nell'uomo), come dato reale e quindi non nomia umana, si sviluppò la concezione della potenza
metaforico, tramite la grazia santificante che introduce della grazia di Dio. Lo schema agostiniano della grazia:
l'uomo nell'intimità divina attraverso, e soprattutto, la auxilium della libertà umana ferita, fu sostituito dallo
conoscenza e l'amore. Vivere tale realtà è vivere in qual- schema pelagiano libertà e grazia: l'una di fronte all'altra.
che modo il mistero della comunicazione di Dio all'uorno, Le conseguenze di tale trasposizione d'impostazione, pur
e ciò viene ritenuto essenziale; approfondirne il linguag- conservando gli stessi termini, portarono a una discus-
gio e i contenuti sulla base di nuove istanze culturali non sione perenne dei testi agostiniani che avevano affrontato
interessò tanto, ci si fermò a ripetere le formulazioni ago- il problema dell'antropologia cristiana nella sua globalità.
stiniane. I1 tema antropologico fu invece più vivo in rela- Nacquero gli « agostiniani » anche nel campo dell'antro-
zione all'approfondimento della libertà umana. La que- pologia. Da una parte si avevano le contestazioni soprat-
stione pelagiana, sul modo di capire le possibilità della tutto dei monaci provenziali; dall'altra si avevano le letture
libertà in relazione alla grazia ricevuta da Dio, si tra- di coloro che si ritenevano più propriamente amici di
sformò negli anni 425-427 (quando sorse ad Adrumeto la Agostino, come Prospero di Aquitania che, accanto a flori-
questione dei presupposti antropologici della vita ascetica legi agostiniani si adoperò a scrivere le Responsiones
in monastero) in problema antropologico. Non si trattava pro Augustino (38).
più di leggere la grazia di Dio, come era avvenuto nella
discussione con i pelagiani, nella linea di legge-natura-re-
missione dei peccati, ma di comprendere come l'uomo 1 (38) Le Pro Augustino respolzsiones di Prospero si hanno nella Pa-
potesse essere ancora libero, conservare cioè la sua auto- trologia Latina: Ad capitula gallorum (51, 155-174); Ad capitula
obiectionum Vincentianarum (51, 176-186) ; Ad excerpta Genuensium
nomia, qualora venga aiutato dalla grazia. Si poneva il (51, 187-202). Furono soprattutto gli scrittori della Gallia legati al
problema della priorità d'iniziativa, se accordarla prima a movimento monastico di derivazione orientale che, secondo Prospe-
Dio o prima all'uomo. Quelli che diedero all'uomo le ro, contestarono Agostino. Tra i più noti c'era Cassiano, Fausto di
priorità almeno di desiderio, di richiesta, di preghiera Riez ecc. La natura tuttavia e la stessa portata reale di tali obie-
zioni è ancora soggetta a studio. Agostino prevalse attraverso i
rispetto a Dio, sono stati definiti col nome, « forse » sto- Capitula coelestina (PL 51, 211-212) e definitivamente con papa Or-
ricamente improprio, di « semipelagiani »; quelli invece
i misda (PG 86, 91-94).
A concl~~sione possiamo dire che l'insicurezza generale,
cui fu sottoposto l'Occidente nel secolo V, dovuta al rias- INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
setto strutturale di popoli nuovi che s'incontravano in
clima di belligeranza, di paura e, quel che più incideva, di
disfacimento della civitas romana, non solo mise a nudo
l'assoluta fragilità dell'uomo K pelagiano D ma creò anche
- Di contesto:
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capitolo primo
dal Dio salvatore
veterotesamentario
al Cristo salvatore del NT
niache. I1 liberatore, all'interno di una tensione dualistica, che soffre ». Fu questa la tesi antropologico-soteriologica
si configura con i caratteri di colui che è il più forte e dei cristiani quartodecimani che, nel patire di Cristo vi-
dero la liberazione del patire dell'uomo e nella sofferenza
dell'uomo la necessità di quella di Cristo. Scrive lo Pseu-
(1) Si hanno tali inni nelle omelie Sulla Pasqua di Melitone di
Sardi e di un anonimo quartodecimano [il testo originale in Sour-
ces chrétiennes 123 (ed. O. Perler) 27 (ed. P. Nautin); in tr. it. R. (2) Nell'antichità si ebbe l'idea di un reale diritto del diavolo sul-
Cantalamessa, I più antichi testi pasquali della Chiesa. Le omelie l'uomo, per cui bisognava pagare un prezzo (Ireneo, Adv. haer.
di Melitone di Sardi e deli'anonimo quartodecimano e altri testi 1, 24, 4), e questo fu, secondo Origene, l'offerta dell'anima di Gesù.
del I I secolo, Roma 19721. Ma poiché Gesu era innocente, egli tolse al diavolo tale diritto
Essi sono costruiti sulla falsariga degli inni religiosi del tempo, il (Origene, Hom. in Ex. 6, 9; I n M t 16, 8). Simile concezione si svi-
cui fine era narrare le aretai o virtù del dio celebrato come bene- luppò poi nella teoria della « giustizia dovuta nel Nisseno e, nel-
fattore-salvatore. l'occidente latino, dell'abusus potestatis da parte del diavolo.
do-Barnaba: I1 Figlio di Dio ... ha sofferto affinché le sue Y
ferite ci dessero la vita, crediamo che il Figlio di Dio non
avrebbe potuto soffrire se non per noi n (7,2); e l'anoni-
i capitolo secondo
la coteriologia
mo quartodecimano: « Dalla (sua) passione la (nostra)
impassibilità, dalla sua morte la nostra immortalità, dalla antignostica
sua morte la nostra vita, dalla sua piaga la nostra guari-
gione, dalla sua caduta la nostra risurrezione, dalla sua
discesa la nostra risalita » (In sanctum Pascha, 1).
K Questa era la Pasqua che Gesù desiderava patire per
noi. Con la passione ci ha liberati dalla passione » (ivi
49).
I1 passaggio orinai avvenuto, dal teocentrismo soteriologi-
co veterotestamentario a Cristo salvatore, visto come il
Salvatore universale dell'umanità, possiamo verificarlo ri-
portando direttamente tre testi: uno dai Salmi delllAT e
due dall'ambiente cristiano quartodecimano. Nel salmo
68,19-20 si benedice Dio salvatore in questi termini:
C Benedetto il Signore sempre; ha cura di noi il Dio della La soteriologia antignostica, sia asiana che alessandrina,
sasvezza. I1 nostro Dio è un Dio che salva; il Signore Dio ebbe come movente principale il superamento della visio-
libera dalla morte ». In Melirone di Sardi (Omelia sulla ne greca della realtà di natura dualistica. Spirito e mate-
Pasqua 101,775-103,800) si mettono in bocca a Cristo le ria platonici si configuravano come due principii irriduci-
seguei-iti parole: 4 Io ho liberato il condannato. Io ho bili l'uno all'altro. Legati insieme da una colpa da sconta-
reso la vita al morto. Io risuscito il sepolto. Io il Cristo ... re e non per natura, essi tendono a separarsi e, più
Io sono la vostra remissione, Io la Pasqua della salvezza, precisamente, lo spirito tende a liberarsi dalla materia.
Io l'agnello immolato per voi, Io il vostro lavacro, Io la Tale visione, applicata unitariamente al cosmo, in partico-
vostra vita, Io la vostra risurrezione, Io la vostra luce, Io lare all'uomo, fu utilizzata come chiave di lettura delle
la vostra salvezza, Io il vostro re. Io vi conduco alla sacre Scritture e cioè: di come capire Dio; il Salvatore
sommità dei cieli. Io vi mostrerò l'eterno Padre. Io vi Gesù Cristo; l'uomo nella sua origine e nel suo destino.
risusciterò con la mia destra ». Nell'In sanctum Pascha Vi fu un vero ripensare, in una visione unitaria,
dell'anonimo quartodecimano si celebra Cristo, redentore Dio-l'uomo-il cosmo (3). Dall'irriducibilità dello spirito con
universale, attraverso la sua morte in croce, che è Pasqua
per tutti: « O Pasqua divina! ... O solennità di tutto il (3) Sul problema globale Dio-uomo-cosmo negli gnostici si può ve-
cosmo! O gioia dell'universo ... Per te la Vita si è diffusa dere un famoso frammento di Teodoto, conservatoci da Clemente
Alessandrino (Exc. ex Theodoto 78,2) che sintetizza le domande cui
su tutti gli esseri ... O Pasqua ... per te più non si spengo- la gnosi voleva dare una risposta: a Chi eravamo, chi diventeremo;
no le lampade delle anime ... Te dunque noi invochiamo dove eravamo; dove siamo stati gettati; verso dove ci affrettiamo;
in spirito, o Cristo ..., sovrano Dio, Re eterno. Stendi le da che siamo liberati, cos'è la nascita e la rinascita D; e Tert. De
tue mani immense sopra la tua Chiesa e sopra il popolo praescr. 7. Le sette gnostiche, fiorite nei secoli I1 e 111, ci erano
note attraverso Ireneo, Ippolito ed Epifanio. Le uniche testimo-
santo eternamente tuo » (ivi 56; 62 e 63). nianze dirette erano la Lettera a Flora di Tolomeo, conservataci
da Epifanio; gli Excerpta di Teodoto, conservatici da Clemente
Alessandrino; frammenti del commento a Giovanni di Eracleone,
conservatici da Origene. La scoperta della biblioteca gnostica di
Nag Hammadi, avvenuta durante la seconda guerra mondiale, ha
portato alla luce una ventina di trattati gnostici in lingua copta
tradotti dal greco e ha accresciuto enormemente la conoscenza de-
gli gnostici. Sul tema della luce quale fecondazione e generazione
la materia gli gnostici derivavano una particolare valuta- salvezza, senza dubbio il Signore non ci ha riscattati con
zione sia degli uomini che ritenevano alcuni « spirituali » il suo sangue, e il calice dell'eucaristia non è la comunio-
per natura ed altri no, sia dell'elemento corpo-materia. ne del suo sangue né i1 pane che spezziamo è la comu-
L'uomo è solo il suo spirito, il suo corpo non ha un nione del suo corpo » (ivi 5,2,2). Ireneo propose perciò la
avvenire, costituisce solo un carcere per lo spirito. Gli necessità di una soteria per tutto l'uomo, divenuto ormai
gnostici misero l'accento sul valore della conoscenza, la incapace di sviluppare le radici del suo essere avute
gnosi, il cui opposto è l'ignoranza. I1 Redentore perciò nella creazione. L'uomo creato a immagine e somiglianza di
viene visto nella categoria di colui che libera dall'igno- Dio, deve crescere nel divenire simile a lui, così come un
ranza, e si fa consistere la soteria nella conoscenza delle bambino diventa a poco a poco adulto. C'è una storia di
proprie origini' e del proprio destino. Tale gnosi, che por- salvezza in ogni uomo perché si è plasmati dalle mani di
tava alla coscienza che la redenzione è liberarsi dal mon- Dio (il Verbo e lo Spirito), secondo un progetto di cresci-
do sensibile, incrementava una forte tensione verso il ta che, rendendo l'uomo partecipe della divinità, lo assi-
rnondo che esiste oltre la morte e, di conseguenza, verso mila ad essa. Gli uomini perciò non nascono buoni O
il momento della separazione da questo mondo. In tale cattivi per natura, ma diventano simili a Dio nell'esple-
prospettiva alcuni di essi conobbero anche una stima del tarsi della loro libertà (Adv. haer. 4,4,6; 37,2; 39,l). Con
martirio, quale mezzo di raggiungimento dell'al di là, pri- tale impostazione antropologica Ireneo voleva convincere
vo della materia. Gli gnostici poi intesero la soteria come gli gnostici a rigettare una concezione fatalistica del
preservazione della scintilla divina negli uomini « pneu- mondo umano, con un destino già segnato dalla nascita,
matici »; come possibilità di salvarsi negli uomini « psi- ed a leggere positivamente l'uomo della Bibbia di Genesi
chici », raggiungendo lo stadio « spirituale » altrimenti, 2,7 (« fatto dal limo della terra D), il medesimo uomo, per
regredendo allo stato ilico, periscono anch'essi come gli lui, di Genesi 1,26 ( N fatto a immagine e somiglianza di
uomini ilici D. Dio »). I due racconti del Genesi parlano quindi di un uomo
solo e non di due uomini: uno a somiglianza divina, e un
altro decaduto nella materia da cui bisogna liberarsi.
1 . La scuola asiatica L'uomo è corpo-anima-spirito il quale, persa la comunione
con Dio in seguito al peccato dei progenitori (Adv. haer.
a) La scuola asiatica ebbe in Ireneo e in Tertulliano le 3,21, lo), trova tuttavia nel Cristo il suo salvatore. I1 Ver-
due più grandi voci del cristianesimo più antico. Essi, bo diventa uomo per ri-unire l'uomo a Dio, ridonandogli
partendo dalla realtà dell'incarnazione del Verbo, propo- la libertà di svilupparsi secondo la somiglianza divina.
sero una concezione unitaria dell'uomo insistendo su ciò Ireneo si esprime così: « I1 Mediatore di Dio e degli
che principalmente gli gnostici deprezzavano, cioè sulla uomini, grazie alla sua parentela con tutti e due, doveva
salus carnis. La morte di Gesù raggiunge, dell'uomo, non ricondurli ambedue all'amicizia e alla concordia e fare in
solo la parte spirituale ma anche il corpo, e allo stesso modo che Dio assumesse l'uomo e l'uomo si offrisse a
modo avviene nel partecipare all'eucaristia. Scrive Ire- Dio. Infatti, come avremmo potuto divenire partecipi del-
neo: « I1 Signore ... ha dato la sua anima per la nostra la adozione filiale, se mediante il Figlio non avessimo
anima e la sua carne per la nostra carne » (Adv haer. ricevuto da Lui la comunione con Lui; se non fosse en-
5,1,1). « Vani sono in ogni modo quanti rifiutano tutta trato in comunione con noi i1 suo Verbo facendosi carne?
l'economia di Dio, negano la salvezza della carne e di- Egli è passato attraverso ogni età, restituendo così
sprezzano la sua rigenerazione, dicendo che non è capace a tutti la comunione con Dio » (Adv. haer. 3,18,7). E così
di accogliere l'incorruttibilità. Ora se essa non riceve la chiude 1'Adv. haer. 5,36,3: « C'è un solo Figlio che ha
compiuto la volontà del Padre, ed una sola umanità, nella
di un uomo dall'alto, vedi G. Filoramo, Luce e Gnosi: Saggio sul- quale si compiono i misteri di Dio « nei quali gli angeli
I'illunzinazione nello gnosticismo, Roma 1980. desiderano fissare lo sguardo », pur non potendo scrutare
92
conoscenza, è rivelazione, è guida dell'anima umana nella
la Sapienza di Dio, grazie alla quale l'opera da lui pla- sua ascesa verso Dio, nell'espletarsi della sua libertà
smata diviene conforme e concorporea al Figlio di Dio, (Cl.Al., Strom. 6 e 7; Origene, Princ. 2,11,6). L'eredità
affinché la sua Progenia, il Verbo Primogenito, discenda giudaica viene ellenizzata, l'incarnazione e la morte di
verso la sua creatura, cioè verso l'opera plasmata, e sia Gesù come pure la risurrezione della carne acquistano
accolta da questa, e a sua volta la creatura accolga il un ruolo funzionale nell'ambito del Logos che crea, rivela,
Verbo e salga a lui oltrepassando gli angeli e divenendo si unisce all'anima. I1 rapporto Antico-Nuovo Testamento
a immagine e somiglianza di Dio D. trova una linea unificante di rivelazione nel Logos, men-
tre il Nuovo Testamento acquista la dimensione di una
b) Tertulliano, nella linea di Ireneo, mise un accento par- vera novità rispetto alllAntico. A i pagani che rinfacciava-
ticolare, nella concezione della soteriologia cristiana, sulla no al cristianesimo la sua data di nascita recente, gli
salvezza della carne dell'uomo. I n lui ha perciò valore alessandrini rispondevano che con la rivelazione-mediazione
assoluto l'incarnazione del Verbo, vale a dire l'assunzione del Logos, esso era già noto al mondo greco. Il Logos è il
della carne umana che, in Lui, diviene fondamento stesso creatore e, come tale, creando era apparso sempre. La crea-
di salvezza (Res. 8 , l : « Caro salutis est cardo n), L'uomo, zione costituisce la sua parola, che si trova tra il creato e
creato a immagine di Dio, cioè di Cristo incarnato, e il primo principio del tutto; nell'incarnazione si ha la
ricevuta nell'alito vitale dello Spirito Santo la somiglian- sua apparizione in forma umana; nelle Scritture si ha
za con Dio (Herm. 45,l; Res. 5,6; 6,3 e 9, l), per l'incar- ancora Lui come parola che, in iscritto, si rivolge agli
nazione del Verbo porta a compimento l'imago e la simi- uomini. I1 rivelarsi del Logos nella creazione, nella Scrit-
Zitudo di Gn 1,26. Egli, caduto nel peccato, necessitava di tura, nell'incarnazione, e nelle sue apparizioni da risorto
un uomo innocente per potersi di nuovo sviluppare se- costituiscono il mysterion del Logos che si rivela all'uo-
condo il progetto unitario della creazione, e il Verbo, mo. Tale rivelazione è per lui gnosi che salva. L'uo-
incarnandosi, offre tale mediazione per l'intera umanità e mo che ne viene in possesso è l'uomo spirituale (lo gno-
non solo per una classe di uomini, secondo la teoria stico). Questi, attraverso il Logos, educa la sua anima
soteriologica gnostica. I1 Verbo infatti ha assunto carne e nell'ascesa alla visione di Dio (Cl. Al. Strom. 3 , 1 3 4 ' 2 ~ ~ ;
anima perché ambedue venissero salvati (Res. 10) ed è Paed. 1,9,1-4). L'anima, immagine del Logos suo creatore
morto per tutti perché tutti siano liberati dalla morte e suo Didaskalos, ritorna così attraverso Lui al Padre.
(Pudic. 22,4). La partecipazione dell'uomo a Cristo salva- Qui gli Alessandrini parlano del Logos come Logos incar-
tore è la sua salvezza, ed in ciò c'è una ascesa non nato, che diviene il vero Maestro, la via, la luce del ritor-
naturale e non determinata dalla nascita. Essa è data no a Dio. La storia della salvezza ha il suo punto d'inser-
dall'espletarsi della libertà umana nel contesto della re- zione nell'incarnazione, vista come paideia. Allo stesso
denzione apportata da Cristo. modo si ha, per Origene, nella morte di Cristo il punto
iniziale della risurrezione, che verrà poi concessa alla
Chiesa (In lo. 6,57,293; 10,35,229). La K soteria » cristia-
2. La scuola alessandrina na non ha negli alessandrini la preoccupazione di valoriz-
zare la carne, come negli asiatici. Essa tenta di dare
Con la scuola alessandrina si passa dall'opposizione radi- all'individuo, nel suo essere immagine di Dio », la co-
cale allo gnosticimo (Ireneo e Tertulliano in particolare) scienza del rapporto che lo lega al Logos. Questi, grada-
al dialogare in polemica con esso. Lo scontro culturale si tamente, attraverso una gnosi sempre più affascinante, lo
traduce in confronto e il comune terreno d'intesa sarà il porterà al Padre, principio e telos dell'uomo che, nell'a-
Logos, che è alla radice di ogni esplicitazione del pensiero nima e particolarmente nel nous, è u immagine dell'im-
cristiano alessandrino: su Dio, Cristo, l'uomo, il cosmo. magine » di Lui. La scuola alessandrina aprì un capi-
Con Clemente e Origene si affaccia la possibilità di una tolo nuovo nella comprensione di Cristo exemplum del-
gnosi cristiana all'interno della Grande Chiesa. La gnosi è
l'uomo e quindi della imitazione di Lui, nel cui raggiun- vita dei cristiani; sotto la sua guida si giunge alla salvez-
gimento si compendia la salvezza del credente. za (ep. 15,l). Prende molto sviluppo, nell'ambito di tale
prospettiva, la categoria di Cristo « esempio »: seguire
Cristo, imitare Cristo è l'ideale stesso del cristiano che,
3. La soteriologia latina prima di Nicea per Cipriano, può attuarsi solo nell'unità della Chiesa.
(Cipriano-Lattanzio) L'imitare Cristo tuttavia non si esaurisce nella normale
linea di comprensione del rapporto maestro-discepolo, ma
La soteriologia latina, se si prescinde da Tertulliano che va inteso nella comprensione platonica di tale categoria.
era molto ancorato al pensiero di Ireneo, ha la sua e- Per il platonismo è il modello stesso che crea l'impronta,
spressione peculiare derivatale dall'humus romana che l'immagine corrispondente. Con Lattanzio, che chiude il
dava molta accentuazione al valore delle istituzioni. Ac- periodo preniceno, si ha ancora una accentuazione di
canto al rapporto Cristo-Logos con la creatura, propria de- Cristo, quale modello religioso dell'uomo. Nell'ambito di
gli alessandrini, si viene a creare un nuovo binomio, quello un contesto istituzionale etico, egli pone nella conoscenza
di Cristo con la Chiesa. Egli è il redentore della Chiesa, ad della verità la salvezza dell'uomo. Conoscere Dio è cono-
essa viene donato lo Spirito e perciò: al di fuori della scere la verità, vale a dire acquistare quella scienza che
Chiesa non si ha uno spazio di salvezza D. In tale contesto libera l'uomo dalla ignoranza (Inst. 4,26,4). Lattanzio le
la Chiesa come istituzione diviene, negli scrittori latini, il dà il nome di « sapienza ». Dio la manifesta in Cristo
luogo della salus ed essa stessa è pensata come utilitas quale disponibilità di partecipare a tutti la « sapienza
salutaris (Cipriano, ep. 75,4). La ben nota espressione salvatrice », che consiste nel conoscere e adorare Dio (ar-
romana della salus populi romani viene fatta propria dal- gomento del l . IV delle Institutiones).
le comunità cristiane latine. La Chiesa è compresa nella Cristo è così il magister iustitiae, il doctor della religione
categoria della salus: in se stessa, nei suoi capi, nei sa- vera e perciò il doctor iustitiae (Inst. 4,11,7; 14,17;
cramenti e nelle attività che svolge, nel vivere secondo la 1,7,2). Egli, venuto a organizzare la religione vera, isti-
Chiesa che diviene via salutaris (Cipr. Unitate eccl. 2). In tuisce un nuovo tempio cioè un nuovo culto, diventando
Cipriano si ha il primo traduttore della salvezza cristiana il sacerdote che guida l'umanità intera al vero culto di
in categorie culturali romane. Si devono a lui gli elementi Dio (Inst. 4,14,1-3). Vivere nell'unità della fede cristiana
e la terminologia soteriologica, che influirono poi sull'ec- e partecipare al culto della Chiesa, diventa perciò la stra-
clesiologia e la sacramentaria latina posteriore. I sacra- da obbligata della salvezza dell'uomo che, in tale assolvi-
menti infatti, sono visti, in tale contesto, come instituta mento, trova ora, nel tempo della storia, la liberazione
salutaria: il battesimo è aqua salutaris (ep. 7 3 , l l ) ; dal regno delle tenebre (Inst. 4, 14,2 e 30, 1-2) e, alla fine
l'eucaristia è cibus salutis (De oratione 18); la penitenza è dei tempi, la trasformazione dei giusti in angeli (Epitome
indulgentia salutaris (Ad Demetr. 25). I capi della Chiesa, 67,s).
soprattutto il vescovo, diventano mediatori di salvezza,
sono essi gli amministratori degli instituta salutaria (il
De unitate ecclesiae è scritto in tal senso). Cristo natural-
mente è « l'autore della salvezza n (Idol. 15), a il salvatore
del genere umano » (Ad Quir. 2,7); ma Egli vive nella
Chiesa e comunica la salvezza attraverso i sacramenti.
Egli è perciò K via della salvezza (Patientia 8) nel senso
che è presente salutarmente nella Chiesa, nel tempo che
intercorre tra la sua prima venuta (come maestro e mo-
dello) e la seconda quando verrà come giudice (De Zapsis
7 ; Idol. 12; Pat. 23). I n Cipriano Cristo è il maestro della
;
I capitolo terzo
t
(Dio in relazione alla salvezza umana). Quanto alle opere
di Dio si distingue in esse ciò che è comune alle tre
persone, e sono le opere ad extra, come la creazione; e le
opere appartenenti alle tre persone prese singolarmente,
che vengono considerate opere di salvezza. Contro Ario,
b Cristo è il consostanziale col Padre, in lui perciò valino
i distinte la generazione eterna dal Padre e quella avvenuta
nel tempo da Maria. La questione che ora preme è so-
prattutto la divinità di Cristo. La sua anima umana che,
in Origene, aveva avuto il suo peso, ora viene subordinata,
in autori come Apollinare e Nestorio, a schemi non cor-
! rispondenti alla comune fede nicena, e perciò vengono
messi al bando della fede.
Nell'ambito delle categorie della pax romana e della salus
generis humani, portata da Roma a tutti i popoli, si viene
configurando una nuova immagine del Redentore e quindi
I1 concilio di Nicea del 325, convocato e presieduto dallo della soteriologia. Egli è il Soter dell'anima e del corpo
imperatore Costantino, diede una svolta diversa alla con- nella loro singolarità ed unità, e dell'intero genere uma-
cezione di Chiesa e, conseguentemente, tutta la teologia no. I titoli di irnperator e di rex gloriae dati a Cristo se,
fu soggetta a un nuovo ripensamento. Cambiavano le ca- da una parte, continuano la tradizione di Tertulliano che
tegorie semantiche anche in ambito cristiano e la stessa lo chiamava a Legislatore D, dall'altra applicano a Lui tut-
soteriologia si aprì ad angolazioni ed accentuazioni di- ti i titoli imperiali. Nasce il Cristo della gloria il cui
verse. I fatti determinanti furono due: la Chiesa si trofeo è la croce invicta. Fu Eusebio a teorizzare, nel-
modellò, con la pace costantiniana, secondo molti para- l'immagine di Cristo imperatore, l'accordo avvenuto tra
metri della società civile; si ebbe poi la controversia ariana. l'impero e la cristianità. Egli propose la categoria di im-
Questi due fattori attraversarono l'intera cristianità, nelle perator come unica immagine, per rappresentare il regno
sue istituzioni come nel suo pensiero. A Nicea si registrò, celeste invisibile dove tutto viene sottomesso al Padre da
a livello di pensiero, la crisi del cristianesimo asiatico e Cristo, e il regno terrestre dove Cesare sottomette tutto a
di quello alessandrino. A livello istituzionale si ebbe lo Cristo. I1 modello di Cesare è il Logos nell'annunciare e
scontro e il compromesso tra le grandi sedi episcopali promuovere la vera pietas e la giustizia; Cristo, d'altra
dell'antichità cristiana. Si volle infine porre un fondamento parte, riceve i connotati dell'immagine di Cesare, portato-
comune per l'ortodossia delle chiese sia delllOriente che re di salvezza a tutte le genti. Nascono in questo contesto
dell'occidente. le feste liturgiche di Natale, delllEpifania e dell'Ascensio-
Nicea, se in cristologia segnava la fine della Logos-cristo- ne; nasce l'immagine di Cristo Pantocrator. Ci si muove
logia di Origene, evidenziava anche le difficoltà della teo- evidentemente in termini di soteriologia politica.
logia asiatica di impostazione monarchiana a ritrovarsi
nella speculazione alessandrina sulle tre ipostasi. A Nicea
Cristo viene visto come Dio a livello di Dio Padre. Egli 1. La soteriologia antiariana
non è più soltanto in rapporto al Padre, è komoousios col Atanasio di Alessandria e Ilario di Poitiers
Padre, è cioè consostanziale a Lui. Si definisce prima
l'essere di Cristo e poi si passa a considerarlo come re- La soteriologia antiariana ha, come presupposto base, la
dentore. Inizia ad aver credito la possibile reale distin- piena divinità del Verbo incarnato. Accanto alla conside-
zione tra teologia (Dio in sé) e redenzione o K economia razione del Logos, caratteristica propria della scuola' ales-
99
sandrina, si aggiunge quella di Logos incarnato, che porta
all'approfondimento del perché il Logos si sia incarnato.
Tale delimitazione della questione significò, nella polemi- Se Atanasio, nell'ambito della fede nicena, portò a com-
ca antiariana, porsi direttamente la domanda soteriologi- pimento la soteriologia di Ireneo, Ilario vi sviluppò la
ca: perché Dio si è fatto uomo. dottrina della salus carnis nella categoria della glorifica-
zione dell'uomo. Egli vede Dio come fonte della gloria. Ad
essa partecipa, totalmente e fin dall'eternità, il Figlio (De
a) Atanasio di Alessandria trin. 11,17). Attraverso Lui essa viene comunicata al di
Atanasio fu il primo alessandrino a porre la sua attenzio- fuori di Dio: nelle teofanie dell'Antico Testamento, nel-
ne non direttamente sul Logos creatore, bensì sul Logos l'incarnazione, nella trasfigurazione, nella risurrezione,
incarnato quale redentore dell'uomo. I1 Logos è Dio ed è nella gloria dei santi. La storia della salvezza è vista da
divenuto uomo per l'uomo. La redenzione quindi viene Ilario come glorificazione D, avendo presente che essa,
intesa, nella visione atanasiana, nella linea di poter ripor- originariamente, si ha solo in Dio e che solo attraverso il
tare l'uomo nell'ambito del divino in tutto se stesso. Egli Figlio può essere comunicata al di fuori di Lui. Nella
parla di un processo di divinizzazione che si muove tra la prospettiva unitaria della glorificazione, Ilario opera una
sarkosis (incarnazione) del Verbo e la theopoiesis (divi- stretta connessione tra teologia-antropologia-cristologia e
nizzazione) dell'uomo, e si concretizza nella vittoria sulla soteriologia. L'assumptio carnis, da parte del Verbo, non
morte e la restaurazione nell'incorruttibilità (aphtharsia) è perciò un mero divenire umano ma segna anche l'inizio
e nella conoscenza di Dio (C. arr. 1,38; ep. ad Adelph. 4 ) . della glorificazione dell'uomo. L'incarnazione coinvolge
L'anima umana infatti, persa la capacità di conoscere Cristo con tutti gli uomini ed essi, per divenire corpus
Dio, cadde nella mutabilità del creato. L'uomo ritrova Dio Christi teso alla glorificazione finale, devono accogliere
per il dono dello Spirito fatto agli uomini dal Verbo. Già tale offerta di comunione con Lui attraverso la fede e i sa-
prima d'incarnarsi Egli l'aveva donato ai santi delllAntica cramenti della Chiesa (De trin. 8,lO-17; I n ps. 51, 16; 53, 12;
Alleanza; nel battesimo al Giordano ricevette poi quel- 91,9).
l'unzione (= lo Spirito) che, dopo la sua risurrezione, Lo sviluppo del cristocentrismo, avutosi in seguito alle
donerà a tutti gli uomini. I1 dono dello Spirito è vitale controversie ariane, portò una nuova riflessione in rela-
per Atanasio, perché è nello Spirito che l'uomo rinnova il zione a Cristo e alla sua azione salvifica.
suo essere a immagine di Dio e partecipa alla Chiesa, La teologia sacramentale ad es., che era incentrata sulla
corpo di Cristo. (C. arr. 1,47; 3,25). remissione dei peccati e il dono dello Spirito, ora si
L'alessandrino sviluppa il suo discorso soteriologico arti- ferma su Rom 6, sviluppandosi prevalentemente come
colandolo su due presupposti: la fede nella divinità del partecipazione alla morte e risurrezione di Cristo. I sa-
Logos, e nella sua incarnazione come solidarietà con l'u- cramenti diventano il tramite della redenzione e costi-
manità. I1 suo scritto De incarnatione pone perciò l'ac- tuiscono l'angolazione delle catechesi mistagogiche.
cento sulla duplice consostanzialità del Cristo (con Dio e
con gli uomini). Essa vuole spiegare la restaurazione del-
l'uomo nella conoscenza di Dio e nella sua immortalità.
L'uomo così, ch'era divenuto estraneo alle cose spirituali,
2. 1 cappadoci - Gregorio di Nissa
a causa del peccato, vi ritorna come familiare grazie al Gregorio di Nissa rappresenta, per lo stretto legame che
Cristo redentore. Con Atanasio si inizia infine a conside- la sua riflessione cristiana ha col mondo culturale greco,
rare il monaco quale tramite della vittora di Cristo sui la figura sintesi più eminente del cristianesimo antico
demoni e sulla morte, rispetto ad Eusebio di Cesarea che prima di Agostino.
aveva accentuato in tal senso il ruolo dell'imperatore. La sua soteriologia che, polemicamente, ha di fronte la
cristologia di Eunomio e di Apollinare, ha come punto
centrale l'incarnazione di Cristo, che si colloca tra la mistagogiche nella medesima angolazione. Riguardo al
protologia e l'escatologia. battesimo, ad esempio, egli scrive:
Nel Nisseno l'incarnazione può considerarsi sinonimo di Chi non riceve il battesimo non riceve la salvezza (Ad
oikonomia, vale a dire di storia della salvezza in cui, data ill. 3,lO). Le espressioni di Ambrogio e di altri Padri, come
la solidarietà che lega Cristo e l'uomo ad una medesima anche dei simboli di fede, quali dominus salvator, Chri-
umanità, i due sono ormai coinvolti in uno stesso destino. stus pro nobis, propter nos homines esprimono che la
L'incarnazione del Verbo rappresenta così l'inizio di una redenzione si ha nella fede la quale, concretamente, viene
divinizzazione da portare a compimento, e si esplica ren- partecipata all'uomo nei sacramenti.
dendo possibile il recupero di quella unità che esisteva
alle origini tra Dio e l'uomo e gli esseri tra loro. L'incar-
nazione del Logos ha perciò, davanti a sé, la prospettiva
escatologica della riconciliazione universale e costituisce,
allo stesso tempo, la via del ritorno all'unità originaria Agostino ci dà, nel pensiero soteriologico, gli ultimi svi-
della creazione. I1 Logos incarnato è la strada, anzi l'ini- luppi della fede nicena (Cristo consostanziale al Padre e
zio, di ogni strada umana per ritornare a Dio perché in agli uomini). C Cristo, egli sintetizza, in tanto (è) mediato-
Lui la dynamis del Verbo inizia ad essere partecipata agli re in quanto uomo; in quanto Verbo invece non (è) me-
uomini. Tale inizio trovò nella vita del Redentore (pas- dio, perché uguale a Dio e Dio presso Dio e insieme con
sione-morte, risurrezione e ascensione) (Or. cat. 33,3) il lo Spirito Santo (è) un solo Dio (Conf. 10,67-69). « Per-
suo compimento e, pertanto, il mistero pasquale di Cristo ciò Cristo è detto Mediatore di Dio e degli uomini, tra il
avvolge anche il mistero della redenzione umana. Cristo è Dio immortale e l'uomo mortale, Dio e uomo, che riconci-
il Redentore perché Egli è stato solidale con l'umanità, lia l'uomo a Dio, rimanendo quello che era, fatto quello
interamente, in tutte le sue fasi di sviluppo biologico e che non era. Lo stesso è per noi: fede nelle realtà tempo-
storico; Egli cioè ha preso tutto dell'uomo senza rifiutar- rali e nelle verità eterne » (De COMS. evang. 1,53; cfr. un
ne alcuna fase, ma anche senza lasciarsi irretire da tali testo simile nel De trin. 13,24). Accanto al dato comune
limiti. I1 Nisseno, superando lo schema soteriologico del della fede nicena bisogna aver pure presente, nel traccia-
descensus-nscensus che era legato a schemi gnostici, uti- re qualche linea del pensiero soteriologico agostiniano,
lizza in prevalenza l'idea gnostica di corpo dell'umani- altri due elementi e cioè: la sua esperienza religiosa che,
tà per indicare la solidarietà che lega Cristo agli uomini nel Cristo Salvatore, trovò la grande speranza di non di-
ma, più che precisarla, ne mette in rilievo l'efficacia e sperare di continuare a vivere (Conf. 10,43,69) e l'entro-
l'universalità. terra delle categorie platoniche nelle quali egli tradusse
la fede abbracciata.
Cristo salvatore è un po' il filo conduttore dell'intera
3. Sviluppi misterici della soteriologia antiariana opera agostiniana: Cristo è il salvatore dell'uomo, di ogni
uomo e a tutte le età (4). La teologia e il polemizzare di
La soteriologia antiariana ebbe ancora sviluppi in Ambro- Agostino hanno come oggetto proprio l'approfondimento
gio, che approfondì la categoria della solidarietà sul pia- di tale dato irrinunciabile. Cristo salvatore è agli esordi
no sacramentale. Attraverso l'anamnesi (ricordo di un dell'umaiiità e di ogni uomo in particolare: ognuno ha in
passato che si rende presente attraverso il rito) gli even- Lui la strada obbligata della propria salvezza (5). Le istitu-
ti di salvezza di Cristo diventano soteriologici (De sacr.
4,5,21-25). Giovanni Crisostomo portò avanti il medesimo (4) Agostino, nell'anno 411-412, ricordava ai pelagiani l'uso africano
d'indicare il battesimo col nome di salus (De peccatorum meritis
discorso nella categoria del mistero: è nei misteri che et remissione 1) anche per i bambini.
l'uomo sperimenta la salvezza. E già prima di lui, Cirillo (5) R da ascrivere dopo Costantino l'uso di dare al vescovo l'ap-
di Gerusalemme aveva composto una serie di catechesi pellativo di sacerdos, nel significato di mediatore, titolo riservato
zioni religiose cristiane, come la Chiesa e i sacramenti, zione finale di ogni uomo, è ancora Cristo il primo dei
vanno viste perciò solo come mediazioni di Cristo salva- predestinati (De dono persev. 24,67). Agostino intende per
tore e non come esclusive nel dare salvezza. Rileva Ago- predestinazione il raggiungimento, da parte dell'uomo, del
stino in tale contesto che la promessa del Redentore, suo destino che coincide col pervenire a Dio dopo la
alla caduta di Adamo, venne fatta ad ogni uomo (ep. morte biologica. La predestinazione pertanto non riguar-
102,12) e la Chiesa va intesa dal primo giusto all'ultimo da il tempo di un'esistenza umana ma la sua fine nell'ar-
che raggiungerà il Regno di Dio. La città di Dio raccoglie co del tempo. Agostino chiama tale momento, quando si
pertanto cittadini di ogni epoca, che in Cristo trovano il risolve in positivo, dono o bene della perseveranza (De
loro « salvatore ». Egli scrive: N Nessuno, proprio nessuno dono o bono perseverantiae è il titolo di una delle sue
è stato liberato, viene liberato o sarà liberato al di fuori ultime opere che tratta appunto il problema della prede-
della grazia del Redentore » (De gr. Christi 2,29,34). stinazione) dove « perseveranza » non dice relazione ad
Nei suoi scritti dopo la conversione è Cristo incarnato la una perseveranza nel bene nell'arco del tempo, ma quel
chiave di soluzione della sua ricerca; nella polemica do- perseverare nel bene per sempre, dal momento del transi-
natista sull'unità dei cristiani, è Cristo « che battezza » ed to oltre la morte fisica (7).
unisce tutti i battezzati al di là di ogni loro indegnità; La categoria principale in cui egli esprime Cristo come
nella susseguente polemica pelagiana, è Cristo l'esempio salvatore è quella di « mediatore », precisata in Cristo
da seguire e l'aiuto alla libertà dell'uomo perché ci si via-patria (categoria di origine neoplatonica: Plotino,
possa salvare (6); e, nel raggiungimento di Dio, destina- Enn. 1,6-8 citato nel De civ. Dei 9,17).
Alla mediazione di Cristo Agostino annette, come catego-
ria essenziale, l'incarnazione. È per essa che Cristo viene
solo a Cristo nel Nuovo Testamento. Prima invece, nella linea di
un servizio da prestare, si veniva chiamati vescovi n (sorveglianti) costituito mediatore tra Dio e gli uomini, secondo l'indi-
o presbiteri » (anziani). cazione di 1 Tim 2,s (K Uno è il mediatore fra Dio e gli
(6) L'esemplarismo cristiano africano era nella linea platonica di uomini, l'uomo Cristo Gesù D) (Conf. 10,42,67). L'umanità
ecserc immagine, che riceve dal modello tale impronta. Già Ter- del Verbo è in grado di richiamare l'uomo, reso incapa-
tulliano, commentando la domanda del Padre nostro Sia fatta la
tua volontà nei cieli e in terra D ( M t 6,lO) aveva spiegato cristolo- ce di farlo da sé, alle realtà eterne dimenticate in seguito
gicamente il « fare la volontà di Dio m. Cristo infatti è espressione alla caduta di Adamo (C. academicos 3,42), di riportarlo
della volontà salvifica del Padre ed è esempio del compiersi in noi a Dio suo fine e suo sommo bene (De doctr. chr. 1,38).
di tale volontà salvifica, perché ci dà la sostanza e l'attuarsi della Per compiere tale risalita Cristo è via benché Egli mede-
sua volontà. Egli scrive: M Perciò preghiamo che ci dia la sostanza
e l'attuarsi della sua volontà, per essere salvi in cielo come in simo, allo stato glorioso, costituisca anche un punto di
terra, perché l'oggetto principale della sua volontà è la salvezza arrivo dell'uomo. Cristo è così via e patria dell'esistenza
di quelli che Egli ha adottato » (De oratione 4 , 2). Più tardi Atgo- umana. Egli rimprovera ai platonici la non accettazione
stino, nel solco di tale tradizione, dirà che Dio ci dona la grazia di Cristo come via, cioè la sua incarnazione: si espongono
non solo nell'ordine conoscitivo ma anche in quello dell'effettua-
zione. Invece Pelagio, nell'appellarsi a Cristo esempio, lo capì infatti a intravedere il fine senza poterlo raggiungere (Conf.
solo sul piano dell'imitazione dipendente dallo sforzo della libertà. 7,26-27; De cons. evang. 1,53). La categoria di « mediato-
Tale lettura costituì una deviazione, nella dottrina tradizionale del- re » designa in Agostino soprattutto l'umanità di Cristo,
I'esemplarismo africano, e gli venne fatto sempre notare da Ago- ed è l'equivalente di redernptor e di reconciliator (De
stino. Tertulliano nel cap. 8 del De oratione, a proposito dell'esem-
pio di Abramo, che diede solo un precetto o esempio da imitare ma
non la possibilità di realizzarlo, aveva fatto rilevare la differenza (7) La concezione di una predestinazione al bene e al male fu un'idca
che si ha nell'imitazione di Cristo rispctto a quella di un altro che si sviluppò dopo la morte di Agostino. La si ha chiaramente ad
uomo. Cipriano aveva seguito la medesima impostazione. G. Plin- es, nello scritto, noto col titolo di Praedestinatus (PL 53,587-627).
va1 vede nella fedeltà degli africani a Cipriano il fondamento della Per il vescovo dlIppona «predestinazione» dice sempre relazione
loro reazione al pelagianesimo (Pélage ..., p. 92). Cfr. anche B. Stu- al bene, anzi a quel bene sommo o al grande dono di Dio » come
der, u Sacramenturn et exemplurn P che2 saint Augustin, RechAug 10 lui lo chiama nel De dono perseverantiae, che consente all'uomo
(1975) 87-141. di raggiungere la sua destinazione di vita eterna.
4,13, 16) e per amore (il tema del 1. 10 del De civ. Dei),
triiz. 1,7, 14) per la Chiesa costituendo con essa il Chri- diventa per l'uomo redenzione, cioè liberazione da quel
stus totus (8), e per l'intero genere umano (Ench. 61). fondo « irrequieto, ingiusto, senza pace », che la tradizio-
L'umanità e la divinità di Cristo sono categorizzate in ne biblico-cristiana indica col nome di « peccato B.
Agostino nella dialettica storia-eternità, in molti binomi: Peccatum è in Agostino nozione molto complessa, certa-
Cristo è scienza e sapienza (scienza nella vita presente, mente un termine non univoco. Le principali accezioni,
sapienza in quella futura); via e patria; tempo ed eterni- utili al discorso sosteriologico che egli fa, sono: 1. Peccato
tà. Nell'arco della storia Cristo è scientia-via-tempus, è come quel fondo « ingiusto » in cui Adamo, peccando,
medicus humilis (S. 87, 13; 88,l; en. in ps. 58,II, 11 ecc.) coinvolse tutti i suoi discendenti, che si trova alla radice
della umanità ammalata: dalla sua superbia (S. 77,ll; De stessa di ogni nuova esistenza umana: è il peccato origi-
ag. chr. 11,12), dalla corruttibilità del corpo, dal male del nale. I1 Verbo s'incarna per liberarci da quel fondo ini-
tempo che corrode ogni speranza umana. La guarigione quo che ha rovinato il tessuto fondamentale della rela-
da tali mali comporta una riconciliazione da apportare a zione umana con Dio e i suoi simili. L'incarnazione è
tutto l'uomo, nel suo essere personale come nel tessuto perciò un mistero di riconciliazione dell'uomo con se
dei suoi rapporti con Dio e il creato. L'uomo è l'essere stesso, e in relazione a Dio e agli altri. Cristo è così il
che ha perso la pace, che è stato incrinato nelle profondi- liberatore del peccato che è nell'uomo, è il suo Redento-
tà di se stesso in quanto lasciato nella situazione di re. 2. Peccato come crinzen che nasce da un cattivo uso
un « irrequieto, un irriconciliato, un essere senza pace » della propria libertà, come lo fu per Adamo. Cristo libera
(Conf. 1, 1, 1). Per quest'uomo il Logos s'incarna, l'eterno l'uomo dai crimini che la sua libertà commette, è il Re-
scende nel tempo, si fa temporalità e diviene, oltre che dentore della sua stessa libertà, in quanto può riacquista-
medicus humilis, sacrificio di riconciliazione, iustificatio re la libertà caduta sotto la schiavitù del peccato. 3.
che riequilibra quel fondo dell'uomo, il cui tessuto di Peccato come « difetto n, « vizio D: in senso fisico, ad es.,
relazioni non funziona più perché carente di giustizia un occhio che non vede è difettoso, è viziato; in senso di
fondamentale. È il significato in Agostino, della morte di incompletezza, ad es. le virtù dei pagani che, mancando
Cristo e della sua risurrezione, intese quali transitus e del rapporto col fine (Dio), erano « viziate », manchevoli
victoria dell'uomo stesso e cioè possibilità di operare il cioè dell'elemento religioso che le avrebbe rese degne non
passaggio dallo stato di ingiusto-irriconciliato a quello di solo di stima umana ma anche di vita eterna. Allo stesso
« giustificato-riconciliato » (De trin. 4, 13,17; De pecc. mer.
modo Agostino chiama vizio la corruzione insita nel cor-
1,28,56; 32,61; De pecc. orig. 32,37; 39,44). È la vittoria
po umano (De lib. arb. 3,13,36), nel significato cioè di
della Pasqua di Cristo, Pasqua dell'uomo (De trin. difetto in un determinato ordine. I1 vescovo dlIppona
4,3,5-6; I n Io. ev. 23,6) che, nell'eucaristia (sacramentum
riassume il rapporto tra Cristo salvatore e l'uomo pecca-
sacrificii), diviene presente (De civ. Dei 10,Sss; En. in ps.
tore nel modo seguente; « Cristo, fattosi peccato, diviene
33, I, 5; 74, 12). Così la morte di Cristo, sacrificio di ricon-
nostra giustizia » (9).
ciliazione offerto liberamente (In Io. ev. 47, 11; De trin.
(10) E l'ep. 28 (PL 54, 755-782; ed. critica C. Silva-Tarouca, Roma (11) Leone Magno sviluppa molto la mediazione della liturgia, che
19595). è di natura « misterica » cioè partecipativa del mistero di Cristo.
110
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parte terza
I'escatologia
capitolo primo 1
Premessa
I1 termine eschnton (ciò che è ultimo) espresse, nell'anti-
chità cristiana, il compiersi della storia dell'uomo e del
cosmo legata al tempo. Si parlò così degli ultimi tem-
pi » di cui potevano disporre sia l'uomo singolo come
l'intera collettività, per maturare positivamente o meno la
propria storia.
Un altro elemento, connaturale alla semantica di escha-
ton, fu quello dell'irripetibilità di tale compiersi o meno
e, quindi, di un destino che veniva fissato per sempre a
quel dato momento. Mettendo insieme i due elementi,
l'escatologia significò la fine di una possibilità, sia cosmi-
ca secondo la concezione stoica della conflagrazione uni-
versale ciclica, sia della vita umana sulla terra. L'escato-
logia veniva a coincidere col problema della morte davan-
ti alla quale, per l'incertezza più assoluta in cui si viene a
trovare l'uomo, anche il filosofo stoico aveva paura. Sene-
ca aiutava nel modo seguente i suoi contemporanei, a
liberarsi dalla paura della morte cui nessuno può sottrar-
si: << La morte è una realtà che non è un male, ne ha
tuttavia l'apparenza; l'amore di sé e la voglia di durare e
di continuare ad esistere sono inerenti all'uomo, come lo
è anche la ripugnanza di fronte alla dissoluzione, perché
abbiamo l'impressione che la morte ci tolga molti beni e
ci porti via da una vita piena di conforti cui eravamo
abituati. C'e poi un altro aspetto che ci rende odiosa la
morte: il mondo in cui viviamo ormai lo conosciamo, ma tempo prima della morte, da parte delle creature raziona-
non sappiamo assolutamcnte nulla sul dove ci conduca il li (uomini-angeli e diavoli nel pensiero di Giustino). 4. I1
passaggio della morte. Come sarà l'al di là? L'ignoto ci fa giudizio sull'intera umanità alla parusia O seconda venuta
paura. D'altronde anche la paura del buio è naturale e , di Cristo che, venuto come a misericordia » e redentore
normalmente, si crede che la morte ci porti proprio nelle nell'incarnazione (la prima venuta), alla fine della storia
tenebre » (Ep. 82,15). verrà come giudice unico. I1 dopo-giudizio si prospetta
I cristiani, dal canto loro, all'escatologia come fine di un come vita in comunione con Dio oppure lontana da Lui.
tempo, unirono sempre il momento della futura venuta Come chiave ermeneutica dell'escatologia cristiana va
del Figlio dell'uomo. In tal modo proposero la concezione considerato il Logos incarnato.
di un tempo » che è sempre aperto su di un futuro cui Se questo elemento viene disatteso c'è il pericolo di con-
si è destinati, che non sfocia nell'incerto della credenza siderare l'intera problematica da un'angolazione platoniz-
pagana dell'al di là, ma in un incontro col Figlio dell'uo-
zante (la dicotomia corpo-anima), omettendo di verificare
mo. il tutto dal punto peculiare del cristianesimo. Infatti l'in-
Entro questa precisazione generale si mosse la compren- carnazione del Logos ripropose, nel quadro culturale del-
sione dell'escatologia antica dei cristiani, di cui ora tente- l'antichità, non solo un apprezzamento per i valori della
remo di dare le linee p i ì ~significative. I1 problema coin- storia (quelli temporali), ma un ripensamento dell'ele-
volgeva, di pcr sé, le grandi domande sul senso della mento materia D. Questa, di per sé soggetta a corruzio-
storia e della vita stessa che si vive, sulla destinazione ne, venne infatti pensata in chiave di possibilità di passa-
dell'esisienza umana e del tutto. Vale la pena, al di là di re da uno stato corruttibile a uno non soggetto a corru-
precisazioni particolari dovute a uomini e ad aree cultu- zione. L'adam (= terra) in quanto tale può quindi rag-
rali diverse, vedere in uno sguardo d'assieme l'impostazio- giungere, in questa prospettiva, la condizione di « risor-
ne di base che diede al problema il cristianesimo anti- to a. I1 prototipo di tale adam fu naturalmente considera-
co. to Gesù Cristo e, in tale prospettiva, venne ripensato
In tale problematica erano anzitutto coinvolti, e lo si l'intero destino dell'umanità. I1 <C risorto (reale e possi-
comprende, i presupposti antropologici e soteriologici. Da bile) divenne chiave ermeneutica dell'intera questione e-
come infatti si intende che cosa sia l'uomo si spiega pure scatologica, e propose una diversa valutazione delle realtà
la sua soteria e, di conseguenza, il suo destino. I presup- presenti e della intera storia dell'uomo. La stessa escato-
posti antropologici [il costitutivo dell'essere umano, pen- logia venne così ad essere compresa all'interno della sto-
sato in senso tricotomico (corpo-anima-spirito), dualista ria umana legata al tempo. Essa, ponendosi tra il plasma
(corpo-anima o nous) o monista (l'essere umano corpo-a- iniziale (la creazione) e la homoiosis finale (la somiglianza
nima è tale a livello di un'unità inscindibile] precisano con Dio), fu intesa come un processo storico o come
se l'escatologia sia da realizzarsi a livello di un elemento compimento finale dell'iniziale processo creativo. Questa
rispetto all'altro (I'anima, il nous per i platonici), oppure considerazione, accanto alla fede nella risurrezione dei
di tutti gli elementi che costituiscono l'uomo (la soluzione corpi e nella definitiva parusia di Cristo, poneva l'escha-
cristiana ancorata alla fede nella risurrezione di Cristo e ton all'interno stesso della storia umana e non solo alla
dei corpi). fine della storia. Si sviluppò così un'escatologia nell'ambi-
I problemi relativi all'escatologia furono, nell'antichità to della vita presente, con particolare attenzione al Regno
cristiana, in particolare quattro: 1. I1 presupposto del- di Dio presente nella storia e nelle realtà umane in quan-
l'immortalità dell'anima nel pensare la condizioile delle to tali, soprattutto in relazione all'uomo in quanto soma-
anime separate dal corpo, dopo la morte fisica. 2. La tico, legato cioè al corpo, nella linea cristologica del « Ri-
risurrezione dei corpi, attesa dalle anime da essi separate.
sorto D. Fatte queste premesse, che riteniamo essenziali e
Qui s'inserisce tra l'altro il movimento millenarista, tanto
diffuso nell'antichiti. 3. I1 giudizio sul modo di vivere il quindi non solo orientative per il pensiero escatologico
cristiano antico, ne vediamo ora i principali sviluppi e Giustino
accentuazioni.
In Giustino, che può considerarsi il portavoce degli scrit-
tori cristiani apologisti del I1 secolo, si hanno gli elemen-
l . Apologisti - Giuctino ti di sintesi dell'intera questione escatologica. Egli, tra
i dati della morte comune a tutti (Apol. I, 11,2;18, 1;
I1 dibattito culturale sull'escatologia, già nei primi secoli 57,2; 11, 11, 1; Dial. 6,2) e della seconda parusia di Cristo,
cristiani ci è testimoniato, oltre che dalla problematica in articola l'escatologia su due punti nodali: l'immortalità
sé, sparsa un po' dovunque nelle fonti antiche, da trattati dell'anima e !a risurrezione del corpo. La parusia di Cri-
specifici sulla risurrezione (l). Tali trattati hanno di fron- sto rappresenta lo sbocco finale della storia (Dial. 45,4);
te soprattutto la concezione platonica, valorizzata dagli la risurrezione dei corpi è la speranza dell'uomo resa
gnostici. Essa si occupava del destino dell'uomo singolo possibile della potenza di Dio; e l'immortalità dell'anima
senza porsi neppure il problema di una possibile risurre- è il dono che Dio fa all'uomo. Essa vive perché Dio le dà
zione dei corpi, dato il presupposto che il corpo è un'en- vita divenendo, in tal modo, affine alla divinità. Infatti al
tità composta soggetta a dissolversi; e anche la concezio- pari del corpo anche l'anima è soggetta, di per sé, alla
ne stoica del ritorno ciclico del tutto. Gli Apologisti cri- morte ma Dio la conserva in vita nella linea della risur-
stiani trattano la questione dell'uomo, corpo-anima, pro- rezione di Cristo in cui si realizza un futuro immortale
prio in relazione alla risurrezione. Questa è vista come per l'anima e per il corpo (Apol. I, 18,3 e Dial. 6,2). Sulla
soluzione di vita di fronte al problema della morte, da possibilità della risurrezione dei corpi egli scrive: « Noi
loro considerata solo separazione temporale tra l'anima e attendiamo di rivestire nuovamente i nostri corpi benché
il corpo (Atenagora, De ves. 16,5). Per tale motivo vengo- essi siano rimasti abbandonati nella terra, dal momento
no considerate come aberranti, presso di loro, le soluzioni che nulla è impossibile a Dio (Apol. I, 18,3-6)... Dovete
di coloro che propongono o un totale dissolversi dell'uo- ammettere come non sia impossibile che i corpi umani,
mo o il solo sopravvivere dell'anima (ivi 20, 1-2). Atenago- andati in dissoluzione e in decomposizione, a guisa di
ra appoggia il suo argomentare su ragioni di natura an- semi sotterrati, giunto il tempo opportuno, per ordine di
tropologico-filosofica, non cita infatti testi delle sacre Dio risorgano e si vestano di incorruttibilità » (ivi
Scritture né si appella alla risurrezione di Cristo. 19,4).
Tuttavia la concezione delle anime N separate » e la loro Le anime poi, dopo la morte, rimangono in attesa della
rimunerazione dopo la morte, sono il substrato della sua risurrezione. La durata è data dal completarsi del numero
antropologia dicotomica e della sua escatologia sia indi- degli eletti (Dial. 36,s). Giustino riflette l'idea di un'esca-
viduale che universale. Nel contesto della giustizia, che tologia che avrà il suo compimento alla seconda parusia
sarà rispettata alla fine della storia, si colloca poi la di Cristo, che avverrà dopo uno spazio di tempo indeter-
parusia gloriosa di Cristo (Aristide, Apol. 17,7) e la rein- minato. Tale idea conglobava la concezione giudaica che
tegrazione dell'uomo nel suo costitutivo di corpo-anima Dio, in vista della venuta del Messia, avrebbe creato un
dopo il giudizio finale (Saziano, Oratio 6 , l ) determinato numero di anime. A numero ultimato esse
avrebbero assunto un corpo (Apol. I, 28,3; 45,l; Dial.
32,3). In tale prospettiva va capito quanto dice Giustino
nelllApologia: C Dio si trattiene dal compiere la catastrofe
(1) Vedi a d es. Clemente Romano, Ad Cor. 24,l-5. Quanto ai trat- e il dissolvimento di tutto il mondo con la distruzione
tati sulla risurrezione il primo che ci è giunto è di Atenagora, Sulla degli angeli malvagi, dei demoni e degli uomini, in grazia
risurrezione dei morti (ed. E . Schwartz, TU 4/2, Leipzig 1891); un
altro dello Pseudo-Giustino (da datarsi prima del 190), di esso po- del seme dei cristiani, nei quali trova i1 motivo di questo
chi frammenti ci sono stati conservati nei Sacra Parallela di Gio- differimento » (Apol. I1,7, 1).
vanni Damasceno. Giustino stabilisce così un legame tra i cristiani (sperma
christianon) e la conservazione della natura, presente in gnamenti bizzarri, e altre cose del tutto favolose. Dice ad
tutti gli uomini: grazie alla presenza dei cristiani il tutto esempio che, dopo la risurrezione dei morti, vi sarà un
viene conservato in vita. La venuta di Cristo, che rappre- periodo di mille anni nel quale il regno di Cristo avrà
senterà il giudizio sul destino di tutti, avrà esito favore- luogo corporalmente su questa terra » (HE 3,39,11-12).
vole o meno a seconda le scelte della libertà di ognuno,
compresi i demoni (Dial. 141,l-2). La libertà è legata di-
rettamente al destino personale, che sarà definitivo alla 2. La scuola asiatica - Ireneo di Lione
parusia di Cristo: momento della manifestazione della
giustizia di Dio (Dial. 46, 1) e ricompensa di una vita La cultura asiatica rappresentò, in seno al cristianesimo
vissuta secondo il Logos. dei primi secoli, la più grande reazione culturale al pla-
I1 giudizio finale, che segna la fine della storia e la in- tonismo di tipo gnostico, che si misurò con esso soprat-
staurazione di un nuovo ordine (quello dei « cieli nuovi e tutto sul terreno dell'escatologia. Ireneo ne fu la voce
terra nuova ») e coincide con la risurrezione e il dono ai sintesi. Egli articolò uno schema che rimase poi classico
buoni dell'incorruttibilità e dell'immortalità [(Apol. I, in tutti gli autori posteriori: risurrezione dei morti-paru-
52,3): K quando (Cristo) apparirà ... e ravviverà i corpi di sia-giudizio finale. Ciò che in Giustino e negli Apologisti
tutti gli uomini che furono, rivestirà quelli dei meritevoli anteriori erano state affermazioni, in Ireneo trovano il
della incorruttibilità D; Dial. 117,3: « (alcuni saranno) in- loro sviluppo teologico con punti precisi di riferimento.
corruttibili, immortali e senza dolori »)], sarà preceduto, Si può dire che la sua antropologia, relativa al valore
per Giustino, da un periodo di mille anni (da qui il deII'uomo in quanto corpo, venne da lui articolata proprio
millenarismo) durante il quale solo i giusti risorgerebbe- in vista della domanda escatologica, cui bisognava dare la
ro e vivrebbero col Messia. Egli, in polemica con i cri- risposta di fondo. Senza tale domanda non si comprende
stiani che « negano la risurrezione dei morti e affermano infatti, in tutta la sua interezza, l'antropologia del martire
che , nell'atto stesso di morire, le loro anime sono assunte lionese. In particolar modo egli evidenzia l'unità di fondo
in cielo » (Dial. 80,4), dà come fede comune tale creden- del composto umano che, per lui, è di natura tricotomica
za. « Noi sappiamo - egli scrive - che una risurrezione ( M Perfectus homo constat carne, anima, spiritus » Adv.
della carne si verificherà durante mille anni » (Dial. 80,5), haer. 5,9,1) e, come tale, va mantenuta sempre perché
alludendo ad Apocalisse 20,3. Le anime perciò, dopo la l'uomo sia uomo. Ireneo, preso atto che dei tre elementi
morte, attendono in un luogo particolare, per alcune mi- del composto umano, quello mortale è il corpo (ivi
gliore e per altre peggiore, il giudizio finale (Dial. 5,3). 5,13,3), pone il problema della risurrezione riguardo al
Per Giustino tuttavia, prima di tale giudizio, vi sarà un corpo, perché esso possa riprendere la sua anima e il suo
millennio vissuto, sulla terra « purificata D, assieme al Re- spirito (ivi 2,44) e così tutto I'uoino avere la salvezza (ivi
dentore; poi tutto sarà sottomesso a Dio. L'idea di un 5, 19,2). Nella visione ireneana l'uomo è il corpo, l'anima
mondo rinnovato, guarito dalle sue ferite e quindi non ha una funzione strumentale a favore del corpo; perciò il
distrutto, soggiace all'idea di tale millenarismo che, nel giudizio dopo la morte si avrà per l'uomo, tutto l'uomo e
cristianesimo antico, ebbe tra i primi sostenitori Papia di non solo per uno dei suoi componenti, cioè la sola anima
Gerapoli. Egli ebbe molto influsso perché, secondo Ireneo, come sosteneva il platonismo e il cristianesimo gnostico,
era stato discepolo dell'apostolo Giovanni e amico di Po- contro cui scriveva Ireneo. I1 vescovo di Lione distingue
licarpo di Smirne (Adv. haer. 5,33,4). Nel suo scritto la morte fisica (la separazione dell'anima dal corpo) da
« Spiegazione delle parole del Signore » (dell'anno 130 al- quella morale causata dal peccato, che tocca l'intero com-
l'incirca) parla del millenarismo, giudicato da Eusebio posto umano. La prima è destinata ad essere annullata da
molto severamente. Egli scrive: « Lo stesso Papia aggiun- Dio con la risurrezione dei corpi che otterranno la condi-
ge altre cose che sarebbero arrivate a lui per tradizione zione dei corpora spiritualia (ivi 5,7,1-2); la seconda
orale, certe parabole strane del Salvatore e certi inse- coinvolge l'uomo in un destino di privazione di comunio-
ne con Dio. I momenti della escatologia ireneana sono: lo lica (ivi 2,33-34). Ireneo, nella sua concezione dell'anima
stato delle anime dopo la loro separazione dai corpi o che non è immortale di per sé, riflette una diffusa conce-
escatologia intermedia, come la si suole indicare; la ri- zione prenicena al riguardo per cui, nell'uomo si conside-
surrezione dei corpi che avverrà per tutti; il dopo-risur- rava allora immortale solo lo Spirito; l'anima lo era di
rezione che ha, come termine, la visione di Dio o meno. I1 fatto per dono di Dio. Le discussioni quindi, più che
punto finale di tale escatologia è la visione di Dio desti- sull'immortalità dell'anirna, vertevano sulla sua impassibi-
nata a tutto l'uomo e non solo al nous o all'anima. In lità o meno prima del giudizio (un dormire da non iden-
base a tale punto di riferimento, che coincide col fine tificare né con l'incoscienza assoluta né con uno stato di
dell'uomo, Ireneo sviluppa la sua antropologia strettamen- passibilità vera e propria) e, in prevalenza, con gli gnosti-
te legata con la soteriologia e l'escatologia. La sua con- ci valentiniani che concedevano la partecipazione all'a-
cezione dell'anima dà unità al discorso escatologico che thanasia solo agli uomini spirituali, in base all'esistenza
egli contrappone a ogni forma di proposta platonica circa di un premio distinto per gli spirituali e gli psichici (ivi,
la preesistenza delle anime e la loro transmigrazione da 1,25,4 e 27,3).
un corpo all'altro (Adv. haer. 2,33,1). Per Ireneo l'essere La risurrezione della carne rappresenta, in Ireneo, il mo-
un'anima quella di un uomo determinato e non di uno mento di restaurazione della plasis paradisiaca, il mo-
qualsiasi, dipende dal fatto che viene creata per un corpo mento della glorificazione dell'uomo (è il tema dei primi
determinato e non che provenga da una esistenza anterio- l 5 capitoli del libro V dell'Adv. haerescs) quando la sua
re al suo essere in quel corpo (ivi 1,1,10; 20,l; 2,28-29; carne, interamente posseduta dallo Spirito, sarà « spiri-
44). L'anima perciò, allo stato di condizione separata, at- tuale », simile cioè a quella del Verbo incarnato: la risur-
tende di essere resa al suo corpo (ivi 5,31,2; fr. 12), essa rezione di Cristo è stata la primizia della risurrezione di
che, anche in tale stato, conserva una certa qual forma tutti in quanto ha dato a tutti la possibilità di avere,
del corpo per riconoscersi e ricordare (ivi 2,34; 5,7,1). come Lui, una carne « spirituale » non più soggetta alla
La sua funzione è di animare il corpo e di consentire allo corruzione (ivi 5,6-9).
spirito che la carne venga trasformata da esso: è la me- Tra la risurrezione della carne e il giudizio finale, l'ultimo
diazione stessa dell'immortalità dell'uomo (ivi 4,38,4). In atto dell'opera redentrice di Cristo (ad es. Epideixis 44;
sé l'anima non è immortale, essendo soggetta come ogni 48) nel contesto degli « ultimi tempi » (Epid. 56), anche
creatura alla legge di una fine, tuttavia, non nascendo per Ireneo pone il millennio di soggiorno dei giusti sulla ter-
generazione può evitare la legge della corruzione rice- ra. Egli, nella linea di Papia e Giustino, che lessero in tal
vendo il dono dell'immortalità (2). L'uomo così, benché senso i testi di Apocalisse 20, 1-10 e della 2 Pt 2,3-13,
creato mortale, è orientato all'immortalità (Adv. haer. postula una vittoria su questo mondo reso, dal male,
3,31,1; 5,12,2) che riceve in dono da Dio tramite la ostile all'uomo. I1 sesto giorno, in cui fu creato l'uomo,
mediazione dell'anima (ivi 2,34). D'altra parte la situazio- diventa tipo dei seimila anni della sua esistenza sulla
ne dell'anima separata, di essere in un'attesa beata o terra: al sesto millennio egli da « formato » (creato) sarà
meno, dipende dal come si è vissuta la propria esistenza; « riformato (Adv. haer. 5,33,1-2), dando inizio al settimo
come pure la possibilità di godere Dio o meno, senza la millennio, l'ultimo (ivi, 5,32, 1; 33,4). Nella concezione
paura di poterlo ancora perdere dopo la risurrezione, pii1 antica e di Ireneo tale millennio rappresenta il ripri-
dipende dall'essere vissuti secondo la rettitudine evange- stino di una terra abitabile, non più assoggettata all'in-
giustizia del peccato: si abiteranno cieli nuovi e su una
(2) Seguendo il Principio che solo Dio è immortale (Adv. haer. 3, terra nuova dove l'uomo, non più « sempre trasgressore
8, 3) Ireneo non fa la correlazione, che si ebbe dopo Nicea, tra (ivi, 3,23,2), vivrà su una terra non più maledetta (ivi,
immortalità dell'anima e risurrezione della carne, né vede l'anima 2,23,3), che darà frutti privi di pericolo per lui (ivi
im'mortale perché non composta cioè semplice (ivi 2, 34, 2-3; 5, 7,
2). Già Taziano aveva negato all'anima il carattere di semplicità 5,33,2). E il periodo in cui egli si esercita a vivere nel-
(Oratio 15). l'incorruttibilità, per poter poi essere capace di conversare
126
sempre con Dio. Quando questa "figura" sarà passata, 3. Escatologia di Tertmlliano
scrive Ireneo, e l'uonlo sarà stato rinnovato e sarà matu-
ro per l'incorruttibilità, così da non poter più invecchiare, Tertulliano continua, nella linea di Ireneo, l'approfondi-
"ci sarà il cielo nuovo e la terra nuovan (Isaia 65,17), nei mento di una antropologia e quindi di un'escatologia an-
quali dimorerà l'uomo nuovo, che conversa con Dio in tiplatonica. Egli, nel suo stile insieme tacitiano ed asiati-
una maniera sempre nuova D (ivi, 5,36,1). C'è in questa co, si serve di una serie di binomi similari (corpo-anima;
visione una concezione della storia umana, che non va carne-spirito; carne-anima; corpo-spirito) che precisano
verso la catastrofe ma verso il compiersi delle potenzialità l'uomo cristiano opponendolo a quello platonico. Al pla-
umane. Essendo reali gli uomini, precisa il vescovo di tonismo, che riteneva il corpo carcere dell'anima, per cui
Lione, reale deve essere il loro trasferimento; non vanno la suprema speranza di quest'ultima era liberarsene e non
verso il nulla, ma progrediscono nell'essere. Infatti non riaverlo più dopo la separazione, causata dalla morte fisi-
viene annientata né la sostanza né la materia della crea- ca, Tertulliano rispondeva: « Offriamo (a Dio) la pazienza
zione » (ivi). I1 mondo non viene perciò distrutto, bensì dello spirito e della carne, noi che crediamo nella risur-
rinnovato, secondo i piani originari di Dio nel crearlo. rezione dello spirito e della carne D (De palientia 16,s). I
L'inizio di tale momento sarà preceduto dal dissolversi cristiani credono in un loro futuro; tale fede fa parte
dell'Impero e dall'apostasia provocata dalllAnticristo della Regola di fede di un credente: K Gesù Cristo ... ri-
(Adv. haev. 5,25-30). tornerà nello splendore della gloria: per prendere i santi
I1 millennio è una tappa del cammino umano verso il giu- e portarli alla vita eterna concedendo loro il frutto delle
dizio finale, visto come i1 giorno del rendimento a cia- promesse celesti; per giudicare gli altri condannandoli al
scuno secondo il proprio operato (ivi, 2,32,1) in cui Cri- fuoco cterno, dopo la risurrezione della carne dei buoni e
sto sarà Salvatore e giudice (ivi, 3,4,2). Per coloro che si dei cattivi (De praescviptione 13, 1-6).
salvano c'è la visione di Dio: un partecipare alla sua vita, La fede in un futuro pieno di speranza, per il cristiano e
che costituisce lo stesso vivere dell'uomo (ivi, 4,20,5-7). per l'umanità veniva resa pubblica, al tempo di Tertullia-
La visione di Dio è presentata nella categoria della com- ni, dai martiri cristiani che offrivano, con l'accettare la
munio alla vita e alla luce che, di per sé, danno godimen- morte accompagnata spesso da pubbliche confessioni di
to; e la separazione da Lui, nella categoria della morte. fede nella vita futura, uno spettacolo di speranza quoti-
Rimane fissato, in tale giudizio, il destino degli uni e degli diana oltre il visibile della luce. Tertulliano esprime il
altri, per sempre. Se dunque la venuta del Figlio, con- suo pensiero particolarmente nel De resurrectione carnis,
clude Ireneo, raggiunge bensì tutti gli uomini, ma com- nel De anima (del periodo montanista) e nel De testimo-
porta il giudizio e la separazione dei credenti dai non nio animae (del periodo prima di passare al montani-
credenti - perché i credenti fanno la sua volontà per smo) (3). La radice della sua escatologia è nella concezio-
loro propria scelta e i non credenti per loro propria ne unitaria del composto umano. In tale prospettiva la
scelta non seguono il suo insegnamento - è chiaro che il morte è vista come rottura dello stato di comunione del-
Padre ha creato tutti allo stesso modo, ciascuno con una l'anima col corpo; e la risurrezione, nella categoria della
propria capacità di decidere e un animo libero ... A tutti vita come unione, il ricondurre cioè l'anima al corpo,
gli esseri che custodiscono l'amore per lui Egli dà la sua distaccatosi (resurr. 28,6) e separatosi da lei (De un.
propria comunione. Ora la comunione con Dio è la vita, 52, 1). I cristiani perciò, - è la conclusione di Tertulliano
la luce e il godimento dei suoi beni. Ma su quanti si
separano da lui per loro libera decisione, fa cadere la (3) Nel De testimonio animae Tertulliano aveva sostenuto l'imma-
separazione scelta da loro. Ora la separazione da Dio è la terialità dell'anima ( 4 , l ) ; nel De anima, accanto alla simplicitas
morte e la separazione dalla luce è la tenebra e la sepa- per cui l'anima non è decomponibile e perciò è immortale, ne so-
stiene anche la corporeità (Definimus animarn Dei flatu naturam
razione da Dio è la perdita di tutti i beni che provengono immortalem, corporalem, effigiatam, substantiam simplicem: De un.
da lui D (Adv. haer. 5,27, 1-2). 22,2).
- sulla base di tale speranza nella risurrezione, non te-
mono la morte come i pagani (Apol. 41,5). L'uomo è il dopo la morte. Tale giudizio situa le anime o nel senò
corpo e l'anima insieme (resurr. 40,3; 45,2), in cui nessu- di Abramo D (luogo intermedio di transito al cielo, il pa-
na delle due componenti nasce prima dell'altra (ivi 45, radiso) o nella geenna (nel fuoco dell'inferno). Diretta-
4-5) (4), né vige tra di loro un rapporto di sudditanza o mente al cielo vanno solo le anime dei martiri (un. 50,5;
strumentale. Si tratta di due valori diversi (Adv. Marc. resurr. 43,4), come viene confermato dalla visione di
5,15,8; resurr. 35,5) che formano un'unità in communione Perpetua (un. 54, 1-4; 55,l-5); le altre passano tutte, se
naturae, la medesima che si avrà poi nella risurrezione buone, per il « seno di Abramo D, escludendo qualsiasi
(resurr. 15,lO-12; 46,5-7; poen. 3,6). Tertulliano, commen- genere di transmigrazione in altri corpi (un. cc. 31-35). Le
tando Luca (19, lo), scrive: « Non c'è dubbio che si tratti anime sono quindi immortali per natura (anima immorta-
dell'uomo, il quale formato da due sostanze, corpo e lis natura, resurr. 35,2 e 34,s-6), non soggette cioè a un
anima, è cercato in tutte e due le sostanze perché nessu- destino di distruzione. In ciò Tertulliano va oltre Ireneo
na perisca » (Adv. Marc. 4,37,3). Tutte e due risuscite- per il quale l'anima è immortale per dono di Dio e che
ranno (resurr. 36,3). Corpo e anima non sono, nella visio- legava pure, nella visione del cristianesimo antico, l'im-
ne di Tertulliano, due nemici ma due compagni differen- mortalità alla risurrezione della carne (resurr. 1,5-6).
ziati e dialettici, in cui la carne è per i'anima « la sua Questa, negata dai filosofi, ma rivelata da Cristo (resurr.
compagna » (resurr. 16,l). Essa costituisce la proprie- 3,4-5) ha in Lui stesso l'esempio e la sua speranza (Adv
tas generalis dell'uomo, mentre l'anima ne è una partiti0 Marc. 4,25,15-18). Ogni uomo riavrà il suo corpo (un.
specialis (resurr. 53,8-14). Come in Ireneo anche nel cate- 56,s-6) simile a quello che aveva in vita.
cheta di Cartagine l'uomo quindi si definisce dal suo cor- Questa tesi dell'identità materiale del corpo risuscitato,
po. Quanto alla situazione delle anime separate dal corpo, verrà poi ripresa da Cipriano (un. 26-27; ad Donatum 15).
Tertulliano ne accetta l'allora credenza normale della Dopo la risurrezione anche Tertulliano accetta il millena-
sopravvivenza e su di essa egli appoggia la preghiera per i rismo come tappa intermedia, in particolare per i giusti,
defunti (oratione 29,2; monog. 10,4), riconoscendo una che si situa tra la fine della storia e l'ultimo giudizio
duplice esistenza dopo la morte: una provvisoria e una sulla storia umana (Adv. Marc. 1,3-6). Egli prospetta una
finale. Al di là delle discussioni degli studiosi sulle pecu- risurrezione dislocata lungo il millennio, secondo la ma-
liarità dei due stadi, si ammette nel pensiero di Tertul- turità raggiunta da ognuno. 11 significato del millennio è
liano che le anime siano soggette, data la loro corporei- dato dal senso della giustizia per cui le promesse di Dio
tà (5), anche prima della risurrezione della carne, a pas- saranno appagate anche sulla terra, una terra divenuta
saggi graduali di gioia e di sofferenza. Anzi, data tale finalmente « umana n, priva della maledizione incorsa col
concezione della corporeità delle anime, egli più che altri peccato. L'idea del millenarismo creava un ponte tra
autori, sviluppa particolarmente il giudizio delle anime mondo storico e mondo oltre la storia. Scomparendo tale
idea venne a crearsi una cesura tra i due mondi, configu-
randosi il mondo escatologico come alienazione dalla
(4) L'anima perciò non preesiste al corpo ma nasce simultanea- realtà temporale della storia.
mente con esso (De un. 27, l), testo da cui si dedusse il traduciane- I1 giudizio finale, cui è legata la venuta finale di Cristo,
simo di Tertulliano (vedi in Agostino, De haeresibus 1,86; De ani- chiude e stabilizza definitivamente la vicenda umana (re-
ma et eius origine 4,12,17; De gen. ad litt. 10,25,41). surr. 14, 8; 15, 1-6). I1 cielo, come visione di Dio e incontro
(5) La tesi della corporeità dell'anima veniva a Tertulliano dallo
stoicismo. Serviva per spiegare la sorte delle anime separate dal con Cristo, è sinonimo di vita eterna ed è il destino dei
corpo prima della risurrezione, perché la corporeità comporta giusti e la meta di ogni esistenza umana (mon. 10,6; pat.
una certa sensitività. Egli spiega in tal senso la parabola del ricco 9,5; ux. 1,5, 1; resurr. 24,6). Tertulliano si muove, nel-
Epulone (De an. cc. 5-9; resurr. 17,l-2), applicandola anche ali'ani- l'ambito dell'escatologia, nella comprensione del problema
ma di Cristo, perché u l'anima dell'anima è il sentire D (De Carne
Christi 12,Z). che ne dànno i Vangeli. I Sinottici accentuano lo stadio
definitivo del Regno di Dio; l'evangelista Giovanni, con i
termini Vita eterna » o semplicemente vita N, indica anime, ma i corpi: la risposta di Gesù è dunque SU
una realtà (il Regno di Dio) che, tramite la fede in Cristo quest'altro piano. 11 morto risusciterà quando l'anima si
ha già nel presente della storia il suo inizio (exh. cast. riunirà al corpo; nel tempo intermedio l'anima non si
10,5: bapt. 5,7; restlrr. 47,s-6). discioglie, ma è come inerte e privata di tutto ciò che è
proprio della vita di cui godeva quando era unita al
corpo. Le due realtà, unite insieme, formano una cosa
4. La critica di Origene all'escatologia asiatica sola, l'uonlo cioè e la vita comune, e ci vogliono entrambe
perché la vita, uscita dalla morte, nuovamente ritorni (fr.
L'escatologia di Origene, di contesto ellenistico rispetto a 91: ed. Rauer n. 242).
quella giudaica di coloro che lo precedettero o che erano Sarebbe forse eccessivo intendere in Origene la risurre-
ancorati alla scuola asiatica, deve essere compresa nel- zione dei morti solo come immortalità dell'anima (6); in
l'ampio contesto in cui egli la pose. Le sue posizioni lui si ha piuttosto il dato di fede comune che, in molti
influirono definitivamente, tranne quella dell'apocatastasi autori antichi, non faceva difficoltà ad essere accettato
finale del tutto. sull'intero cristianesimo d o ~ odi lui. O- come tale. Uno sguardo retrospettivo su tale problema ci
rigene, ritenendo che l'uomo è la sua anima, perché solo potrà aiutare a cogliere il suo pensiero. I1 momento esca-
in un secondo momento essa sarebbe stata unita al corpo, tologico era, nel millenarismo di Giustino, una vera ap-
parla di una restaurazione dell'uomo a livello di anima, pendice e come concessione all'interlocutore Trifone, cioè
immagine di Dio, e non di uomo composto di anima e di all'apocalittica giudaica in senso antignostico. In Ireneo il
corpo. La reintegrazione dell'uomo, postulata dall'ales- « regno millenario D era il (C regno dei giusti » (Adv. haer.
sandrino, non è perciò quella dell'uomo storico bensì del- 5,31-32), visto come primo stadio del riavvicinamento a
l'uomo originario (= l'anima), privo del corpo pesante e Dio della creatura, e costituiva il tentativo antignostico di
materiale. « Dobbiamo scegliere - egli precisa - fra portare tutto l'uomo storico alla salvezza. Infatti negli
queste due alternative: o disperare di-diventare simili a gnostici valentiniani il dualismo si risolveva, escatologi-
Dio se avremo sempre i corpi o, se ci è promessa la camente, in una logica di tipo monistico. I1 cosmo e la
beatitudine della stessa vita con Dio, vivere nella condi- storia sono il momento di recupero dei K semi divini di-
zione in cui vive Dio (Princ. 3,6, 1). (C In che senso - spersi », del loro liberarsi, con la gnosi, dal cosmo (= il
egli si chiede nel commento al Levitico (16,17) - "non visibile, il materiale) per una salvezza che consisterà nella
sarà uomo?". Io lo intendo così: chi avrà potuto seguire reintegrazione di tutto il divino decaduto nella materia e
Cristo e penetrare con lui all'interno del santuario e a- che, al momento escatologico, si rivelerà in tutta la sua
scendere ai cieli dei cieli, non sarà più uomo ma, secondo perfezione e purezza. Termini, indicanti tale processo av-
la parola di Cristo stesso, sarà "come angelo di Dio" (Mt venuto, erano quelli simbolici di a nozze celesti-riposo-a-
22,30) ... Sia dunque che, divenuto spirituale in unione col pocastasi ». L'apocastasi consisteva nel ristabilimento del
Signore, si faccia spirito, sia che per la gloria della risur- tutto nella situazione originaria; era la fine del pro-
rezione acceda alla categoria degli angeli, in ogni caso, cesso salvifico come ricostituzione delle membra sparse
"non sarà uomon D (In Lev. hom. 9.11)., ,
Avendo presente questa chiave di comprensione di fondo (6) Era questa la versione platonica del cristianesimo che coinci-
del pensiero di Origene, si possono capire sia le sue con- deva anche con la visione dei marcioniti i quali, ritenendo vera
clusioni articolate sul destino dell'uomo, sia le sue affer- solo la salvezza delle anime, incitavano al martirio per l'abban-
mazioni sulla fede nella risurrezione dei corpi. Riguardo dono del corpo. Per tudi sull'interpretazione della risurrezione
a quest'ultima egli scrive nel commento a ~ u c a :« La della carne come immortalità dell'anima, vedi: A. Bea, Lucrari
mundum-perdere animam, Biblica 14 (1933) 435.147; A. Orbe, Los
risurrezione dei giusti è quella che Giovanni, nelllApoca- primeros herejes ante la persecucibn, Madrid 1956; H . Rondet, Zm-
lisce, chiama la prima risurrezione » (fu. 83: ed. ~ a u e n.
r mortalité de l'&e ou résurrection de la chair, Bulletin de Litt.
202). C L'opposizione dei Sadducei non aveva di mira le Eccl. 74 (1975) 53-62.
processo della storia, che si apre sull'escatologia. Questa
di Dio (Evangelium veritatis 41,28-29); il superamento visione di Ireneo, come quella di Giustino e di Ippolito,
della bipolarità e delle antitesi che sono proprie dell'uo- si collocava nella scia dell'apocalittica tardo-giudaica
mo nel tempo della storia, anzi dell'anima nel senso di (credenza del millennio-fine del mondo come tragedia
psiche, di fenzina nel senso di manchevolezza, di incom- cosmica; fine dell'iinpero e apparizione dell'bnticristo); la
piutezza. Gli psichici, secondo lo gnostico Tolomeo, sa- visione degli gnostici e quella di Origene si collocava
ranno nelllOgdoade (= ottavo cielo) ma non nel mondo invece sul piano dell'uomo interiore, dell'uomo spirituale.
divino del Pleroma, dove avverrà la fusione del Salvatore Origene perciò rompe con la tradizione della fede nel
con le sue membra (= la chiesa degli spirituali o pneu- millennio (Priizc. 2, 11,2), nella fine del mondo e nello
matici). Nella epistola a Regino del I1 secolo (7) la ri- scatenarsi degli eventi. Per lui i temi apocalittici sono
surrezione è la gnosi, il risveglio cioè dell'io spirituale d'interesse marginale. Egli evita di parlare di predizioni
nello gnostico; il momento del risorgere dalla morte per simboliche dei tempi della fine, come di descrivere le
salire al regno della luce, quello originario dell'esistenza sofferenze umane che la precederanno, e polarizza il di-
pleromatica. C'è in questa visione una dialettica tra pre- scorso intorno all'angelologia (ogni chiesa è custodita da
sente storico e futuro pneumatico senza il peso della un angelo così come lo è ogni uomo. Mediatori tra Dio e
materia mediata dalla gnosi. I1 presente della storia è gli uomini essi svolgono quel compito che, a livello co-
attesa della gnosi, cioè della conoscenza di se stessi, vista smico, è svolto dal Verbo); alla martirologia (le anime dei
come risurrezione, per cui già si realizza in questa vita. martiri assolvono in cielo, intercedendo presso Dio, il
L'anonimo autore gnostico respinge la risurrezione psi- compito che i ministri sacri assolvono sulla terra, Num.
chica, cioè dell'anima, e la risurrezione della carne come hom. 10,2); alla cristologia (Cristo, il Figlio come Logos,
continuità biologica della carne esterna, visibile e corrut- Primo e Ultimo, Alfa e Omega); alle immagini del Vange-
tibile. La sola realtà è la risurrezione spirituale delle lo eterno (cui nulla può essere aggiunto e che s'identifica
membra vive, cioè del pensiero-della mente-dello pneuma. con Cristo stesso, Comm. Rom. 1,14), e della Gerusalem-
L'ignoto autore dice a Regino: Non ragionare in modo me celeste (luogo provvisorio finché sia completato il
parziale, Regino, né comportarsi in conformità di questa numero dei giusti, che non è più il luogo di beatitudine
carne per amore dell'umanità. Piuttosto vieni fuori dalle materiale delle credenze millenaristiche, ma prova costan-
divisioni e dai vincoli e tu sei già in possesso della risur- te di continuare a progredire nella conoscenza di Dio).
rezione ... Perché non consideri te stesso come risorto e Per Origene, dal momento che Cristo K è stato ucciso,
già condotto a questo punto (la morte)? Se tu possiedi la riacquistandoci a Dio » (Apoc. 5,9), si vive già ora il
risurrezione ... perché lascio andare la tua inesperienza? » tempo della fine, segnato da quel processo lento e conti-
(Ep. Rheg. 14). nuo di ascesa e di ritorno a Dio, che è regolato dal
I1 rapporto tra storia ed escatologia nello gnostico è di progresso morale delle creature. È il rinnovamento del
liberazione dalla storia; in Ireneo antignostico è di inizio tutto che tende alla sua completezza, alla sua apocatasta-
e compimento; però non c'è anticipazione della escatolo- si segnata dalla novità del Verbo. L'escatologia origeniana
gia nella storia (essa è l'ultima fase della storia della si muove nell'ambito di un contesto platonico, già cristia-
salvezza), né tanto meno identificazione ma solo dissocia- nizzato dagli gnostici, in cui l'idea di progresso, di asce-
zione. Questa tuttavia non ha il significato di cesura tra i sa, di recupero dell'uomo spirituale costituiva l'essenza di
due mondi perché la redenzione è cosmica, che integra una nuova visione del cristianesimo, più personale che
pertanto ogni realtà terrena, abolendo qualsiasi disconti- collettivo, più operante che timoroso di catastrofi, più
nuità tra storia profana e storia della salvezza. I1 mondo? stimolante la libertà che in attesa di eventi. Il libro del-
la carne, le istituzioni umane vengono tutti ricuperati nel 1'Apocalisse nelle diverse letture, che ne diedero gli asia-
tici (Ireneo) e i romani (in particolare Ippolito) da una
(7) È stata .rinvenuta nei testi copti di Nag Hammadi (Testo in parte e Origene dall'altra, segnano i due diversi indirizzi
italiano in M. Erbetta, Gli apocrifi del NT. 111, Torino 1975, 244-248).
dell'escatologia nell'antichità cristiana. La lettura ancora- si viene svolgendo. Da una filosofia della storia, terreno
ta all'apocalittica giudaica tentò di leggerlo unitariamente naturale dell'escatologia, si era passati ad una filosofia
nella teoria della recapitulatio, come successione di eventi politica.
reali per lo più negativi (8).
In Oriente l'apocatastasi di Origene vedeva la fine del
mondo come piena realizzazione delle creature razionali e 5. L'apporto di Agostino alla questione escatologica
non quindi nella linea negativa di una catastrofe; si pre-
ferì perciò una lettura senza preoccupazioni di vederne Nella concezione dell'eschaton Agostino vide l'idea del
un'unità e, quindi, ci si orientò su immagini e versetti compiuto, del perfetto, di ciò che non soffre più manche-
isolati, letti allegoricamente. La prospettiva escatologica volezza di sorta. A tale destino è chiamato ogni uomo e
di tale libro acquistò perciò tonalità diverse: storico-co- l'intero uomo, nella sua componente totale di anima-cor-
smologica in ambiente asiatico-romano; antropologica nel- po. Egli, ponendosi come sintesi del pensiero cristiano
I'angolazione origeniana. Dopo Origene I'Apocalisse diven- antico che, praticamente, oscillava tra il cristianesimo a-
ne, in Oriente, sempre più un libro al limite del proble- siatico e quello alessaiidrino, da una parte utilizzò le
matico; ne venne contestata la stessa attribuzione alllA- categorie platoniche di Origene, dall'altra diede una base di
postolo Giovanni (Eus. HE 8,24-25). Bisognerà aspettare pensiero ali'acquisjto della fede sulla risurrezione dei
il secolo V I per avere, in quell'area, un commento siste- corpi e l'immortalità dell'anima. Per ottenere tali risultati
matico a tale libro (l'opera di Andrea di Cesarea). Dopo il vescovo di Ippona dovette superare il radicale spiritua-
Origene, in Oriente la realtà escatologica, in particolare la lismo antropologico del neoplatonismo, per il quale il
immortalità dell'anima, è accettata ma senza preoccupazio- raggiungimento della beatitudine era legato alla liberazio-
ni ulteriori; la seconda venuta di Cristo e la risurrezione ne dal corporeo e considerava, di conseguenza, la morte
dei corpi passano nel novero delle verità che si trasmet- un bene e la risurrezione un male. Agostino non solo
tono, senza che per questo costituiscano un problema in rigettò tale tesi (Ep. 166,9,27) ma, a Porfirio e seguaci
sé né un punto utopico per un discorso teologico sulla che deridevano il cristianesimo appunto per la risurrezio-
realtà della storia. La pace costantiniana, immettendo i ne della carne (De. civ. Dei 13, 16, l), rispose: « Queste
cristiani nel tessuto della civitas come responsabili in cose le dicono i filosofi, ma sbagliano, anzi delirano »
prima persona, accentua il discorso dell'impegno nella (Ser. 241,l). La motivazione che ne diede è che il corpo
storia. Ciò che interessa non è l'al di là ma l'arco della non può essere considerato un ostacolo alla felicità in
storia, il tempo da Adamo a Costantino. In Eusebio di quanto corpo, ma in quanto esso si trova, a causa della
Cesarea, l'autore classico di simile concezione, ciò che nel- penalità incorsa alle origini dell'umanità, nella situazione
l'Antico Testamento era profezia, con la venuta di Cristo di corpo mortale e corruttibile (De Civ. Dei 13,16,1, in
è diventato storia. La corte celeste non è il termine dove particolare il n. 24 sulla bontà del corporeo; En. in ps.
giungere, ma costituisce l'archetipo stesso della storia che 141,17-19). L'anima, dal canto suo, viene creata per Ago-
stino quale principio vitale del corpo umano e non vi
(8) In tale linea sono in Occidente anche Vittorino di Petovio e Ti- cade dentro a causa di una colpa (De gen. ad litt.
conio. I1 commento di Ticonio all'Apocalisse viene ricostruito in 7,27,38; De immort. un. 15,24); ed inoltre, anche nello
particolar modo attraverso il Beato di Liebana. Ticonio che aveva stato di separazione dal corpo, dopo la morte, rimane in
già scritto un compendio di ermeneutica biblica (Liber regularum essa l'appetito naturale a reggere il corpo che la ritarda,
ca. 380), rinuncia al millenarismo, ormai caduto in disuso dopo la
critica di Origene alla teologia asiatica, e dà un'interpretazione in qualche modo, e le impedisce di tendere con tutte le
spiritualistica dell'Apocalisse, che ebbe molto influsso negli autori forze verso il cielo supremo (De gen. ad Zitt. 12,35,68).
a lui posteriori (Th. Zahn, Forsckungen zur Gesckichte des neutest. Prima della risurrezione le anime infatti, secondo Agosti-
kanons, IV, Erlangen 1891). Per Vittorino di Petovio: C. Curti, Il no, proprio perché ancora prive del corpo, non godono la
regno millenarìo in Vittorino di Petovio, Augustinianum 18 (1978)
419-433. visione di Dio ma si trovano in un solatium dilationis
tende. Che esso ci sia ne siamo sicuri perché, al di là
(Ser. 280,5; Ench. 109; Retr. I, 14,2). La ragione di tutto delle spiegazioni, ci è garantito dalla fede. Ciò che costi-
ciò sta nel fatto che l'uomo è « sostanza razionale com- tuisce il dramma vero dell'uomo è, per lJIpponate, il tem-
posta di anima e di corpo » (De trin. 15,7,11; De civ. Dei po della storia. L'uomo, legato alla temporalità, manifesta
13,24,2). Egli supera lo scoglio platonico della compren- una sua inquietudine perenne che è psicologica e ontolo-
sione della carne quale carcere dell'anima, ponendo la gica insieme; esprime il suo essere incompiuto, per cui
categoria della gerarchia tra corpo-anima-Dio. L'anima egli si pone sempre come desiderio che non ha possibilità
può realizzare se stessa solo a contatto con il corpo che, di appagamento entro i limiti storici spazio-temporali. « Si
nella scala degli esseri, ha una sua dignità. Essa, pertan- tratta di un desiderio, egli spiega, che va oltre il sole e
to, non si realizza ripudiando il corpo ma restaurandone che non è possibile rinvenire sotto il sole » (10). La tem-
l'ordine distrutto, restaurazione che si avrà dopo la risur- poralità, essendo mutevole, porta in sé la mortalità. Ini-
rezione della carne (De musica 6,5,13). Se la situazione ziare a vivere è perciò per l'uomo entrare nella tempora-
attuale di infermità impedisce all'anima di contemplare lità, cioè nella mortalità. Egli vive ma di vita mortale,
l'intelligibile, e il sensibile rappresenta per essa la possibi- vale a dire la morte non è alla fine della vita ma dentro
lità di essere sedotta da una turpis delectatio, dopo la di essa (Conf. 1,6,7; 11,7,9). I1 nodo principale del vivere
risurrezione potrà invece, nella condizione di firma et dell'uomo non è pertanto costituito dall'eschaton ma dal-
perfetta, contemplare l'intelligibile senza che la turbino i lo stadio di esistenza penultimo ad esso. L'eschaton è
numeri corporales (Retr. I, 10,2). Questi infatti, nei corpi possibile solo al di fuori della sfera della temporalità e
risuscitati, sono allo stato di incorruptibilia et spiritalia. quindi della mortalità, e consiste nel partecipare all'im-
Egli scrive nel De musica (6, 15,49): « Dopo la risurrezio- mortalità di Dio, Lui l'immutabile (Conf. 12,15,18; De
ne l'anima godrà liberamente della contemplazione dell'e- civ. Dei 8,6; 13,lO; en. in ps. 101, 11, 10-11). In questo
terna ed indefettibile verità, a meno che non si ritenga, stadio penultimo l'uomo. può trovare la strada, per rag-
per assurdo, ch'essa possa godere solo delle cose che giungere l'eschaton, nel Figlio di Dio che si è incarnato
sono buone per suo merito (numeri corporales) e non nel mondo degli uomini, simile a loro.
delle cose dalle quali l'anima stessa attinge la sua bon-
tà ». I1 corpo risorto riavrà perciò la sanitas. Lo stato
reale del corpo risorto si conoscerà, d'altra parte, quando 6. Conclusione
lo si potrà sperimentare; ora, perché ci si possa salvare,
ci viene chiesto di credere (9). Agostino vide la percezione A conclusione di questo breve profilo dell'escatologia cri-
dell'immortalità dell'anima nel nesso delle categorie pla- stiana antica possiamo rilevare come in Oriente, nella
toniche, che ponevano un rapporto di similarità tra verità scia di Origene che sottolineava l'aspetto personale indi-
eterne e il soggetto cui ineriscono (Sol. 2,12,22 e 19,33). viduale della salvezza cristiana, si pose l'accento sul valo-
Se l'anima è soggetto di percezione di verità eterne, essa re etico dell'eschaton per ben comportarsi nella vita pre-
è eterna e quindi immortale come loro (De immortalitate sente.
animae 1,l). Egli ne dà anche la dimostrazione poggiandola La preghiera quotidiana dei Salmi, ad esempio, spiegava
sulla categoria dell'astrazione matematica. « La ragione, Basilio, è un'ottima occasione per ricordare a tutti: « la
egli dice, attinto il numero puro, ha osato provare l'im- minaccia del giudizio, la speranza della risurrezione, la
mortalità dell'anima ... colui infatti che avrà capito i rivelazione dei misteri » (11).
"numeri" semplici e intelligibili, più facilmente potrà co- In Occidente la componente morale dell'escatologia fu
noscere (Dio e l'anima) » (De ordine 2,15-16). una sua nota particolare, ma venne collegata all'universa-
I1 pensiero di Agostino non è in realtà assillato dall'e-
schaton che, per lui, rappresenta il compiuto verso cui si (10) En. in p s . 38,lO.
(11) In ps. 1 , 2 : PG 29,213,
( 9 ) D e m u s i c a 6 , 5 , 1 3 ; vedi anche Ser. 362,25; De c i v . Dei 22,29.
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lità di una catastrofe che incombe su tutti a livello co- INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
smico. In tale ottica non si poneva in primo piano l'at-
tenzione sul giudizio futuro, bensì sul tempo della prepa-
razione a quel momento insistendo, di conseguenza, sul - in genere:
retto agire durante la vita presente. Nell'ambito di questa L. Atzberger, Gesckickte der christlichen Eschatologie, Freiburg
prospettiva ogni corruzione morale venne vista come se- i.B. 1896; L. Gry, Le millénarisme dans ses origines et son dévelop-
gno di decadenza, dell'approssimarsi della fine. Le visioni pement, Paris 1904; P. Volz, Die Eschatologie der judischen Ge-
meinde i n neutestamentlichen Zeitalter nack den Quellen der rabbi-
millenaristiche di estrazione giudeo-cristiana cedevano il nischen, apokalyptischen und apokryphen Literatur, Tubingen 1934;
posto alla riflessione sulla corruzione della società cri- J. Daniélou, La typologie millénariste de la Semaine, Vig Chr. 2 (1948)
stiana, quale segnale della fine prossima. Lo schema cro- 1-16; AA.VV.,La venue du Messie. Messianisme et eschatologie, Bru-
nologico dei sei millenni lasciò adito ad una tensione ges 1962; J. Coman, L'immortalité de l'&ne dans le Phedon et la
résurrection des morts dans la littérature chrétienne des detnx pre-
escatologica che non interessava in quanto tale, bensì nei miers siècles, Helikon 3 (1963) 17-40; A. P. Orbin, Les dénominations
riflessi dell'agire etico dell'uomo prima del momento e- du monde chez Ies prenziers auteurs chrétiens, Nijmegen 1970; D.
scatologico. Questa nota dell'escatologia occidentale venne E. Aune, The Cultic Setting of Realized Eschatology i n Early
legata al libro di Daniele, in particolare al C. 2,40, dove si Christianity, Leiden 1972; S . Zedda, L'escatologia biblica, Brescia
parla del IV regno. In Ippolito (In Danielem), in Agostino 1972; L'escatologia nei Padri della Chiesa (numero speciale di Au-
gustinianum 18 (1978) 7-278); A. Fernandez, La escalologia en e1
(De Civitate Dei) e nei Chronica di Sulpicio Severo la siglo I l , Burgos 1979; J. Janssens, Vita e morte del cristiano negli
corruzione dei costumi è legata alla caduta delllImpero epitafli di Roma anteriori al sec. V I I . Roma 1981.
romano. In talc prospettiva l'escatologia conobbe, nell'an-
tichità, una triplice linea evolutiva: 1. La prima fase, - su Giustino:
quella ebraica rappresentata dal Libro di Daniele, colle- G. Archambault, Le témoignage de l'ancienne littérature chrétienne
gava il futuro regno messianico alla caduta dei Seleucidi; sur l'athenticité d'un perì anastkseos attribué à Justin l'apologiste,
RvPh 29 (1905) 73-93; H. I. Marrou, La résurrection des morts et
2. La seconda fase, romano-cristiana, legò in un solo de- les Apologistes des premiers siècles, Lumière e t Vie 3 (1952) 83-92;
stino Roma e la cristianità, collegando i l dramma della L. W. Barnard, Justin Martyr's Eschatology, VigChr 19 (1965) 86-98.
loro fine e della fine universale alla corruzione politi-
co-morale; 3. La terza fase, gollo-romano-cristiana (quella - su Ireneo-Tertulliano-Cipriano:
di Sulpicio Severo), vide la rovina morale della cristianità C. Masson, L'évangile éternel de 1'Apocalypse (14,6-7), (Rectleil K.
come segno premonitore della fine della storia. Barth), Neuchiitel 1946, 63-67; A. Fischer, Studien z u m Todesgedan-
ken i n der alten Kirche, Munchen 1954; P. Courcelle, Les Pbres de
Nella medesima prospettiva, di una fine della storia con- Z'Eglise devant les Enfers virgiliens, Arch. Hist. Doctr. Litt. d u
trassegnata da eventi catastrofici, venne letto il « giorno Moyen A'ge 30 (1955) 5-70; G. Lazzati, Sviluppi della letteratura sui
del Signore » di cui si parla nell'Ecclesiaste 12, 1-7 (12). martiri nei primi quattro secoli, Tonno 1956; G. Florovsky, Escha-
Nel Medioevo, Riccardo da S. Vittore raccolse tutta que- tology in the Patristic Age: un Introduction, StPatr 2 (TU 64),
Berlin 1957, 235-250; H . Finé, Die Terminologie der Jenseitsvorstel-
st'ottica nel suo scritto Plagae quae circa finem mundi lungen bei Tertt~llian,Bonn 1958; C . Masson, Immortalité de l'bme
eveniunt (PL 116, 201-212). ou résurrection des morts?, RevThPhil 8 (1958) 250-267; P. Siniscalco,
I significati di restituere » e a restitutio n in Tertulliano, Atti Acc.
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di pax e refrigeriunt D e u n passo di Tertulliano (exh. cast.
1,l), Maia 10 (1958) 209-219; C. Tibiletti, S. Ireneo e I'escatologia
nel De Testimonio aninzae di Tertulliano, Atti Acc. Sc. (Torino)
94 (1959) 1-41; P. Jay, Saint Cyprien et la doctrine du purgatoire,
Rech de Th 27 (1960) 133 ss.; P. Siniscalco, Apokatastasis e apoka-
thisthemi nella tradizione della Grande Chiesa fino ad Ireneo,
StPatr 3 (1961) 380-396; W. C. Van Unnik, Der Ausdruck << in den
(12) Cfr. Gregorio Taumaturgo, Metaphrasis i n Eccl., 2,l-3: PG letzten Zeiten » bei Zrenaus, Neotestamentica e t Patristica (Fest.
10, 1016. O. Cullmann), Leiden 1962, 292-304; S . Prete, Escatologia e parenesi
140
negli scrittori latini, Bologna 1965 ; M . Muccioli, Le esequie cristiane
nella Chiesa dei primi tre secoli, Bologna 1969; H . I . Marrou, La Indici
théologie de I'histoire dans la gnose valentinienne, i n Origini dello
gnosticismo, Leiden 1970, 215-225; V . Loi, La tipologia dell'agnello
pasquale e l'attesa escatoiogica in età patristica, Salesianum 33
(1971) 187-204; P. Puente Santidrian, La terininologia d e la resur-
recibn en Tertuliano, Burgense 19 (1978) 361-374; S . Vicastillo, Ter-
tuliano y la muerte del hombre, Madrid 1980.
- su Origene:
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gène, RSPhTh 43 (1959) 32-81; 201-248; M . Simonetti, Il millenarismo
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a) Scritturistico
AT: NT:
Genesi 1,215: 9, 16, 17, 18, 21, 24, Mt IO, 31: 20.
25. 26. 27. 33, 34. 35. D 12,12: 20.
» 22,30: 132.
Mc 2,27: 20.
Lc 19,lO: 130.
Gv 8,58: 24.
13,19: 24.
Atti 17,22-31: 6-7.
R o m 7-8: 20,21.
CC 7: 22.
« 7,23: 21.
N 7, 7-24: 24.
J> 2,15: 17. C< 8,2-17: 20.
3: 9, 18, 82. M 8,14: 21.
P 3,21: 53. 12,2: 21.
3,24: 65. l COV5-6: 20.
» 5,1: 17. 2 14,14-15: 21.
» 9,1 e 6: 17. n 15: 21, 22, 24,80.
Esodo 3: 24. n 15,45b: 21.
Levitico 16,17: 132. D 15,44-46: 80.
Isaia 65,17: 128.
n 15, 47: 24, 26.
Daniele 2,40: 140.
Salmi 8,6: 17. n 15,4549: 20-23, 62, 80.
n 68,19-20: 90. 15,49: 22.
Sapienza 2,23: 16,18. Gai 1,16: 20.
Ecclesiastico 17,l-4: 16, 18. D 2,ZO: 24.
C) Cose notevoli
capitolo secondo
La soteriologia antignostica INDICI
1. La scuola asiatica 92 Indice biblico
2. La scuola alessandrina n 94
Indice onomastico
3. La soteriologia latina prima di Nicea (Cipriano-Lat-
tanzio) » 96 Indice di cose notevoli
Indice generale
capitolo terzo
La soteriologia dopo Nicea
1. La soteriologia antiariana - Atanasio di Alessandria e
Ilario di Poitiers » 99
Atanasio di Alessandria, 100 - IIario di Poitiers, 101
2. I cappadoci - Gregorio di Nissa 101
3. Sviluppi misterici della soteriologia antiariana 102
4. S. Agostino 103