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INDICE
pag. 7
Premessa
13
Le druide: antenate delle streghe insubriche
(R. Corbella)
38
San Massimo vescovo contro i demoni
(M. Centni)
56
La questione longobarda
(R. Corbella)
66
164
Le streghe bergamasche tra storia e folklore
(M. Centini)
181
La Valcamonica...
(M. Centini)
190
Streghe e stregoni tra Ceresio e Verbano nel XX secolo
(R. Corbella)
PREMESSA
La stregoneria, non solo quella dell'Insubria, ha tante facce:
molteplici aspetti che coinvolgono ambiti diversi, lasciando
intravedere un'ampia e diversificata struttura nella quale
sono radicati fatti storici, tradizioni, miti e leggende che ne hanno
ampiamente contrassegnato l'apparenza e un retroterra che dominio
dell'immaginario.
Prima di andare avanti per necessario riflettere brevemente
su un aspetto importante: le fonti storiche sulla stregoneria. Tralasciando
quindi tutto il patrimonio mitico-leggendario, le fonti dalle
quale possibile trarre importanti informazioni sull'argomento sono:
documenti relativi ai processi intentati contro le streghe; libri e manuali
ad uso degli inquisitori; saggi teologici e giuridici di imminenti
personaggi della Chiesa, ma anche di laici, pr e contro la persecuzione
delle streghe; immagini dell'universo della stregoneria realizzate
dagli artisti, soprattutto tra la fine del XIV e l'inizio del XVII secolo.
Inoltre sulla base delle informazioni provenienti da queste
fonti si evince che: la stregoneria una pratica antichissima; la stregoneria
presuppone un legame con il demonio; molte sono le pratiche
magico-rituali che hanno caratterizzato l'attivit delle streghe
(dalla riunione sabbatica, alla metamorfosi in animale, il volo, ecc.);
l'aggettivo stregonesco utilizzato per indicare esperienze e forme
che hanno qualcosa a che vedere con il mondo della magia, dell'incantesimo,
del male.
Se lasciamo da parte i clamori della mitologia e delle errate ricostruzioni
storiche, spesso alimentate da intenzioni falsamente populistiche,
o da dirette volont anticlericali, abbiamo quindi modo di riferirci
a fonti oggettive che ci offrono l'immagine concreta della caccia
tivo entrato a far parte della cultura, con toni anche in contrasto
con le fonti. Infatti i documenti sulla stregoneria - in particolare i
processi - propongono un'"immagine" della strega non sempre
sovrapponibile all'interpretazione iconografica.
Nelle fonti spesso ritroviamo delle streghe giovani, il cui
aspetto - stando alle sommarie descrizioni - risulta ben lontano
dallo stereotipo della "vecchia, brutta" e, di conseguenza, "cattiva"...
Come si evince da questa sommaria "carta d'identit" della
strega, i temi che possono essere oggetto di riflessione sono molteplici:
in questa occasione cercheremo, razionalmente, di offrire una
panoramica sulle stregoneria in terra d'Insubria, tenendo conto delle
tante problematiche che il tema suggerisce. Naturalmente non
tratteremo "tutti" i casi, ma riporteremo una serie di testimonianze
che possano offrire un quadro esaustivo dell'argomento.
Abbiamo quindi strutturato il libro cercando di far convivere
fonti storiche con leggende e testimonianze che ci consentono di
constatare come una certa idea di stregoneria sia rimasta impigliata
nelle credenze, in alcuni riti e soprattutto nell'immaginario della
gente dell'Insubria.
Gli autori
LE DRUIDE:
ANTENATE DELLE STREGHE INSUBRICHE
(R. Corbella)
Senza dubbio, nell'immaginario collettivo, la categoria dei
sacerdoti celti era costituita da soli uomini: maschi attempati,
con lunghi capelli e barba bianchi. Insomma figure che si cristallizzano
intorno al diffuso e romantico stereotipo del druido.
In effetti non sappiamo se tra i Celti vi fosse, in ambito religioso,
una precisa distribuzione di ruoli in relazione al sesso, come
invece si verificava in numerose altre religioni dell'antichit. Probabilmente
no: tra i popoli celti, perci anche tra i nostri antenati insubri,
la donna aveva un ruolo preminente nella societ ed era perfettamente
equiparata all'uomo. Questo quanto traspare non solo
dalle fonti letterarie antiche irlandesi e bretoni, ma soprattutto dalla
tradizione orale diligentemente trasmessaci dai monaci evangelizzatori
nei loro manoscritti agli inizi della cristianizzazione delle isole
britanniche. Va tenuto conto che anche le fonti greche e latine non
hanno nascosto il ruolo importate svolto dalle donne in seno alla
civilt celtica, dove occupavano una posizione di rilievo, usufruendo
di libert del tutto assenti in altre culture.
Le fonti storiche non consentono di stabilire con la dovuta
chiarezza se effettivamente fosse attiva una classe sacerdotale femminile
indipendente dal suo contrapposto maschile; in passato tale
credenza era diffusa, non sempre con la dovuta lucidit critica ed
esagerandone l'importanza.
Ci era probabilmente dovuto alla volont di individuare, a
tutti i costi, una connessione con l'universo mitico religioso femminile
a cui, tra Ottocento e Novecento, spesso si collegavano figure
nulla di concreto che sia nella condizione di dare ragione alle ipotesi.
Secondo i celti Leponti, Oscela, Orobi ed Insubri che abitavano
le nostre terre prima dell'invasione e della colonizzazione
romana, le pozze di acqua purissima e trasparente che si trovavano
nel fitto della foresta erano soggette ad una maledizione: chiunque
si fermava a fissarne le acque veniva irresistibilmente attratto da
esse, vi cadeva dentro e annegava.
I torrenti di montagna sono tutto un susseguirsi di vortici d'acqua
lucente che si torcono in fondo a forre di roccia generando rapide,
formando mulinelli e risucchi violenti. Questi torrenti e ruscelli
delle montagne prealpine, quali il Tinella, la Cavallizza, il Rancina, il
Torregione, il Gesone, creano aspre gole di roccia calcarea o di porfido
perse in una selva primordiale. Pietra, foresta, tenebre. Un unico
grande labirinto. Qui le trib ceke adoravano la trina dea delle acque
Belisama e nella cascata di Fermona o del Pesech i druidi gettavano le
offerte sacrificali in un turbinio di schiuma ed onde.
Secondo i celti, questi luoghi particolari erano infestati da
creature femminili dai poteri sovrumani che, in un secondo tempo,
il folklore ne trasformer il ricordo mutandole in "Fate". La tradizione
locale popolare, residuo di antichissime credenze, in Irlanda,
Bretagna e Galles, ultime regioni d'Europa dove ancora viva la lingua
celtica, vuole che questi esseri misteriosi ed ultraterreni non
siano altro che antiche sacerdotesse ceke, vissute prima della globalizzazione
religiosa provocata dal Cristianesimo, che rifiutarono di
farsi battezzare dai sacerdoti del nuovo Dio e cos furono colpite dalla
maledizione divina: trasformate in esseri fatati sarebbero state costrette
a vivere eternamente in quei luoghi. Altri autori contemporanei di
San Patrizio1, riferivano che le sacerdotesse della Dea Brigit, incapaci
di competere con San Patrizio ed il suo dio, preferirono effettuare una
trasformazione da donne terrene in esseri magici immortali, piuttosto
che scomparire dal mondo dei viventi e perdere per sempre il loro
potere magico, mistico ed esoterico.
In ogni caso, questa terra celtica di cui fa parte l'Insubria racchiu-
mi erano Belisama (Lucente Estate), consorte del dio della luce solare
Beleos e Sulevia (Acqua di Salute).
Il nome di Brigit considerato un'eredit indoeuropea e il
fatto che riporti spesso tre nomi diversi, la pone in relazione alla
triade delle Tre Madri (Matres) a cui abbiamo accennato precedentemente.
Il suo nome richiamato dai fiumi Brent nel Middlesex e
Braint ad Anglesey, mentre nella forma Brigantia era invocata dalla
trib dei Brigantes, il cui territorio copriva sei contee dell'Inghilterra
settentrionale. L'immagine di Brigit ci giunta attraverso alcune
raffigurazioni; in una, gi tarda e risalente al III secolo d.C., appare
con le vesti di una matrona romana e quindi equiparabile alla
dea Minerva. Queste Bran Dru o Bna Deruyd erano le uniche persone,
tra i celti, che possedevano l'autorit e il potere di togliere i
Geas agli uomini che ne erano afflitti. Il Geas una proibizione, un
tab che il celta doveva rispettare se voleva essere fortunato e protetto
dagli dei nella vita: per alcuni la proibizione di cibarsi delle
carni di un animale particolare, per altri l'obbligo di andare nudi in
battaglia23, o di non frequentare donne. Secondo la cultura celta,
molte persone nascono con Geas personali e non sanno di averli, in
questo caso solo la Bna Deruyd pu rivelarglieli e impedire cos che
essi li rompano inconsciamente e cadano cos in un ciclo ricorrente
di sfortuna. L'idea del tab, del Geas, collegato alla Grande Dea
Anu, la Dea della Terra, in un modo che ancora oggi non si riusciti
a svelare: parrebbe che nella mitologia celtica una persona che
anche inconsciamente rompesse o turbasse l'ordine della natura,
venisse "punito" con l'attribuzione di un tab, penitenza rituale per
ripristinare l'armonia naturale creata da Anu al momento della formazione
della Terra. A volte anche oggetti particolarmente preziosi
erano soggetti a Geas-. la lancia dell'eroe non deve toccare per terra
o egli sar sconfitto, la coppa sacra deve essere spostata solo dopo
averla avvolta in tre strati di stoffe preziose altrimenti perder il suo
magico potere24. Infrangendo il Geas si mette in pericolo l'esistenza
stessa dell'oggetto nonch le sue caratteristiche magico-esoteri-
che la sua fondazione a Kildare era basata sul valore simbolico della
quercia, essendo nota come cill-dara, la chiesa della quercia: in questo
luogo la santa mor nel 525"34.
In Inghilterra ed Irlanda sono ancora diffusi i "pozzi di Santa
Brigit": luoghi in cui il folklore ha rivisitato l'antica tradizione celtica
delle sorgenti sacre.
Cos vediamo come il culto irlandese di Brigit fu soppiantato,
con il diffondersi del Cristianesimo, da quello di Santa Brigida,
venerata a Kildare (toponimo che guarda caso significa "Tempio
della quercia") e fondatrice dell'ordine monastico delle Brigidine,
che ebbe vita fino al 1620. L'ordine aveva il compito di educare le
fanciulle; la festa della santa aveva luogo, come per Brigit, in occasione
delle calende di febbraio e a Kildare diciannove monache avevano
il compito di mantenere acceso un fuoco perenne. Questa tradizione
perdur fino al 1220.
Possiamo considerare queste druide, pi che sacerdotesse,
sciamane che ritroviamo nelle Gallie (ovvero anche in Insubria), in
Britannia, in Irlanda e praticamente in tutto il mondo celta, come
antenate e prototipi della strega presente nel nostro substrato popolare
fino a tutto il secolo ventesimo? Probabilmente s. L'idea della
donna connessa con il magico e l'inconscio in quanto madre e depositaria
dei segreti della Terra, il cui ciclo di ambedue legato alle fasi
lunari, per l'uomo guerriero e cacciatore della prima Et del Ferro
rappresentava un grande mistero insondabile ed era oggetto di timore
e soggezione per cui ecco che il profilo della druida-sciamana veniva
divinizzato e contemporaneamente temuto. Poich essa in contatto
diretto con le forze oscure della natura la guaritrice ma anche colei
che ti pu portare alla morte con un semplice malefcio, con un batter
di ciglia! Cos che il passaggio dalla divinizzazione alla demonizzazione
avviene naturalmente con il Cristianesimo, ed anche chi cristiano
non approfitta della forza travolgente del nuovo Dio per
usarlo come arma per debellare non solo lo sciamanesimo femminile,
ma soprattutto il potere occulto della donna e sottometterla al ma-
schio togliendole la magia, l'unica arma che possedeva. Nei paesi nordici
di tradizione celta, per diversi secoli, n la chiesa n lo stato
riuscirono efficacemente a perseguire le cosiddette streghe, nonostante
la spinta del clero di Roma e questo perch questa forma di sciamanesimo
era cos radicata nel costume gaelico da essere ritenuta, sia
dal popolino che dai nobili, indispensabile per la societ irlandese e
scozzese.
L'inquisitore che partecip all'unico processo per stregoneria
avvenuto in Irlanda fu accusato dal popolo che il vescovo locale
decise di processarlo per eresia e l'inquisitore fugg ad Avignone, alla
sede del papa Giovanni XXII, allora antipapa. Nel 1324, Richard de
Lendrede tent di accusare e processare Alice Kyteler per stregoneria.
Non riusc ad arrestarla e cos fece bruciare sul rogo la sua
domestica, Petronilla di Meath. Il vescovo metropolita Alexander de
Bickor in conseguenza di ci accus Richard de Lendrede di eresia.
Egli fugg ad Avignone dove Giovanni XXII gli diede un certificato
che dichiarava la sua innocenza, ma i suoi possedimenti vennero
confiscati. Egli fece ritorno in Irlanda nel 1339, ma nel 1349 fu
nuovamente accusato di eresia. Dopo questi tentativi, per fortuna
falliti sul nascere, la persecuzione contro le streghe non ebbe luogo
in Irlanda e neppure in Scozia fino alla Riforma protestante.
Fu allora che il seme della lotta contro le streghe venne gettato:
John Knox pubblic lo Squillo di tromba contro il mostruoso governo
delle donne mentre si trovava ancora a Ginevra e lo fece pubblicare
non solo in Irlanda ma anche in Scozia. In risposta Reginald
Scot scrisse La scoperta della stregoneria (1584) che negava l'esistenza
delle streghe. Tuttavia con il re Giacomo I d'Inghilterra (che fece
pubblicare la Bibbia tradotta in inglese, che utilizzata ancora oggi)
ebbe inizio la persecuzione e tra il 1590 e il 1650 furono "ritualmente"
sterminate circa 3.000 persone con l'accusa di stregoneria.
NOTE
1 II miglior testo su questi argomenti quello di Liam de Paor, Saint Patrick's
World, Dublin 1993.
2 Nei tempi antichi vi fu una grande inondazione nella zona di Sesto Calende e
l'acqua del lago sal fino a lambire le colline. Una madre e i figlioletti che fuggivano
sotto il temporale furono colpiti dal fulmine e rimasero pietrificati: questa
l'origine leggendaria del gruppo di massi erratici che in un secondo tempo furono
chiamati "Preja Buja".
3 II nome Preja buja di etimologia incerta in dialetto lombardo-occidentale
significherebbe "pietra scura" ma potrebbe anche avere il significato di "preghiera
pagana". Nel mio volume Magia e Mistero nella terra dei Celti, Macchione
Editore, Varese 2004, descrivevo cosi le incisioni presenti sul monolite: "...un cerchio
che racchiude al centro una coppella, un emiciclo con al vertice una coppella,
ed attraversato da un raggio ricurvo, un lungo canale incurvato verso l'alto.
Queste incisioni, molto grandi (20-40 cm.) si trovano a 1,30-1,60 metri dal
suolo. Verso la cima sulla gobba vi una piccola coppella. Sulla facciata che guarda
a monte vi sono due strani disegni grandi in basso che spuntano dalla base:
uno a linee curve sembrerebbe ricordare una serpe in movimento, l'altro, complesso,
formato da semicerchi, cerchi ed un elisse ricorda un idolo stilizzato tipo
le statue steli della lunigiana. Un'altra incisione simile, ma pi piccola posta alla
stessa altezza sull'estrema sinistra... A tre metri d'altezza in posizione impossibile,
in bilico sulla parete a picco inciso un cerchio! Forse le cerimonie si svolgevano
rivolti a questa facciata. Sul ripiano superiore (il "tetto" della roccia) oltre ad alcune
coppelle vi incisa una fantastica sequenza di grandi forme quadrate, circolari
ed ovoidali disposte senza ordine apparente tra cui un segno ad "8" ed un piccolo
cerchio con inscritta una croce".
4 Tempietto familiare perch facente parte di una struttura pi ampia, probabilmente
una villa i cui resti sono tuttora sepolti nel grande prato che si estende sulla
sinistra dell'attuale chiesetta
5 Un rituale propiziatorio della fertilit femminile molto comune prevedeva che
la donna si lasciasse scivolare su questi particolari massi di modo che la fertilit
della terra entrasse in lei. Proibito dalla Chiesa Cattolica, questo rito rimase segretamente
in uso nel territorio insubrico fino a met del XX secolo.
6 Cfr. E Coppiati - A. De Giuli - A. Priuli, Incisioni rupestri e Megalitismo nel
Verbano, Cusio, Ossola, Domodossola 2003.
7 La cultura di Canegrate fu una civilt dell'Italia preistorica che si svilupp a panire
dall'Et del bronzo recente (XIII secolo a.C.) fino all'Et del Ferro, nella Pianura
Padana in Lombardia occidentale, in Piemonte orientale e in Canton Ticino. Il
nome deriva dalla localit di Canegrate dove, nel XX secolo, furono rinvenute circa
e i capelli spettinati erano cos lunghi che le giungevano alle ginocchia. Le labbra
aveva contorte. Essa giunse e si appoggi con una spalla allo stipite della porta, guard
il Re e scagli il malocchio su di lui". Non sembra una descrizione della nostra
classica immagine popolare della strega?
T.P. Cross, C.H. Slover, Ancient Irish Tales, Dublin 1936.
18 Molte trib celte erano a governo matrilineare e guidate da una Regana (regina)
considerata una semidea, essa rappresentava la Madre Terra. La Regana si
accompagnava ad un famoso guerriero che diveniva il Rix (re) sacro e che a Beitane
(la festa di primavera) doveva accoppiarsi pubblicamente e cerimonialmente
con lei: il Rix simboleggiava il cielo, la Regana la terra, il pene era il fulmine e
la vagina la sorgente, la sperma dell'uomo simboleggiava la pioggia che rendeva
fertili i campi. Quando il Rix, invecchiando, non riusciva pi ad accoppiarsi egli
veniva ucciso cerimonialmente pugnalandolo nella schiena.
19 C. Matthews, King Arthur and the Goddess o f t h e land Rochester 2002.
20 C. Matthews, The Way o f t h e Celtic Tradition, Shaftesbury (Dorset) 1989.
21 C. Matthews, op. cit., 1989.
22 Dagda: divinit che in Gallia era chiamata Dagdadevos e che i romani equiparavano
a Dis Pater, con Cernunnos era una delle pi antiche divinit indoeuropee.
23 Ad esempio questo era il Geas dei guerrieri sacri, i Gaeseti degli Allobrogi, che
combatterono contro i romani a Telamone.
24 Probabilmente da questa Coppa Sacra, misterioso oggetto rituale druidico che
permetteva a chi la usava di entrare in diretta connessione con gli Dei, derivata
la leggenda cristiana del Graal.
25 Anonimo Irlandese del III sec. (J. O'Donovan traduttore), Sanas Chormaic,
Calcutta 1868.
26 Anonimo Irlandese op. cit. (Fantasiosamente ripreso in un testo di G.V. Caligari
- "Il druidismo nell'antica Gallia" Fratelli Drucker, Padova-Lipsia 1904).
27 P.W. Joyce, A social History ofAncient Ireland 1903.
28 B. Cunliffe, The Ancient Celts, Oxford, 1997.
29 Flann O'brien: "At swim two birds", Dublin, 1968 - Pubblicato in Italia da
Adelphi e Bompiani con il titolo: Una pinta di inchiostro irlandese, 1939 (P. Berresford
Ellis, 1997).
30 I Lingoni erano un popolo celtico della Gallia, stanziato tra i fiumi Senna e
Marna (Francia). Alcuni di loro migrarono attorno alle Alpi, stanziandosi nella
Gallia Cisalpina (Italia settentrionale), alla foce del Po nella zona del ferrarese
(Emilia), attorno al 400 a.C.
31 L. De Paor, Saint Patrick's World, Dublin 1993.
della luna: la luna patisce la perdita della luce, tu la perdita della salvezza
(...) Non voglio allora che tu, o fratello, sia come la luna nel
suo venir meno; voglio invece che tu sia come lei quando piena e
salda! A proposito del giusto, infatti scritto: Come la luna salda in
eterno testimone fedele nel cielo {Sai 88,38, n.d.a.)".
Nel Sermone 31, Massimo ritorna a parlare dell'eclissi e dopo
una premessa che si riallaccia a quanto gi sottolineato nel Sermone
precedente, il vescovo paragona la Chiesa alla luna attraverso l'impostazione
metaforica che caratterizza il suo linguaggio: "giorni fa, o fratelli,
abbiamo continuato a contraddire quanti ritengono che la luna
possa essere rimossa dal cielo per gli incantesimi dei maghi (...) Abbiamo
esortato costoro perch lasciato da parte l'errore pagano, ritornino
tanto prontamente alla sapienza quanto prontamente la luna perviene
alla sua pienezza (...) Se allora Cristo pi opportunamente
paragonato al sole, non paragoneremo forse la Chiesa alla luna? Di
fatto essa, come la luna, per brillare tra le genti trae luce dal sole di giustizia
attraversata dai raggi di Cristo, ovvero dalle predicazioni degli
apostoli, acquista lo splendore d'immortalit di quel sole".
Nella riflessione finale che conclude questo Sermone, ancora
l'esortazione ad abbandonare le adulazioni della magia a dominare
l'impegno pastorale di Massimo. Il riferimento ai maghi che si opposero
a Mos (2 Tim 3,8) e a Paolo (At 13,6-11) oifre ancora una volta
l'opportunit al vescovo di paragonare ogni pratica magico-simbolica
al paganesimo e quindi di demonizzarne le manifestazioni: "In realt
gi i maghi Jamnes e Mambres nel resistere ai segni e ai prodigi di
Mos desideravano distruggere la Chiesa, eppure l'incantesimo degli
stregoni non pot danneggiare le parole divine. Gli incantatori infatti
non possono nulla quando cantato l'inno di Cristo. Per questo quando
Simon Mago fece opposizione a Paolo dinanzi al proconsole Sergio
Paolo, attaccava sicuramente la barca della Chiesa e tentava di sconquassarla
con malefici artefici eppure fu confutato con tal forza da non
vederci pi oltre che per la malattia inerente alla magia anche per la
perdita degli occhi. In tal modo gli venne contemporaneamente sot-
tratto l'incantesimo e la vista. Non meritava certo d'avere gli occhi del
corpo chi non meritava d'avere gli occhi del cuore".
L'atteggiamento irrazionale della popolazione in occasione dell'eclissi
non va comunque visto come un caso isolato e sorge da tutta
una serie di credenze presenti in particolare nella cultura popolare.
ancora il vescovo a fornircene un esempio: "in effetti se alla
luna non fosse stato dato dal Creatore una sua finalit, non esisterebbe
in tutte le cose il mutamento che conosciamo. In realt quando
la luna cala, il mare si ritrae e quando essa cresce quello aumenta
(...) Inoltre, persino dei pesci si afferma che sono pi in carne
quando la luna piena mentre risultano vuoti e ridotti di peso
quando essa decresce".
Sostanzialmente, le superstizioni legate alle eclissi lunari si
basavano su credenze che collegavano tali fenomeni ai sortilegi dei
maghi e delle streghe. Si riteneva quindi necessaria la partecipazione
di tutta la collettivit, che con urla e schiamazzi avrebbe cos
"supportato" l'astro aiutandolo a non morire.
Le pratiche adottate dal popolo per "sorreggere" la luna, non
vanno interpretate solo come un'azione magica o una forma di religiosit
deviata e volutamente opposta al Cristianesimo, sono soprattutto
espressioni di un corpus quasi "comportamentale", che era parte integrante
nel rapporto tra uomo e soprannaturale (o presunto tale).
Quindi, malgrado le spiegazioni di dotti14 che avevano gi
identificato nell'eclissi lunare un fatto del tutto naturale e le azioni
demonizzanti della Chiesa, il popolo continu per molto tempo a
guardare al cielo come allo specchio dell'umore degli dei. Un universo
a parte, che confermava agli uomini la costante presenza delle divinit
nelle cose quotidiane, nelle pi semplici manifestazioni della
natura, nei segni soprannaturali difficili da comprendere con i soli
strumenti forniti dalla Chiesa.
Va comunque ricordato che l'astro ha mantenuto inalterato il
proprio simbolismo per molto tempo, creando spesso singolari legami
con l'universo del mistero e dell'occulto: "Gli egiziani pensavano che
NOTE
1 Un indicativo esempio per il Piemonte: Philiberti Pingonii Sabaudi, Augusta
Taurinorum, Taurini opud Haeredes Nicolai Bevilacquae, 1672.
2 Parte di questo capitolo proviene dal mio saggio Streghe, roghi e diavoli. Iprocessi di
stregoneria in Piemonte, Cuneo 1995, pagg. 58-71.
3 Gennadio, De viris illustribus, cap. 41, a cura di E. C. Richardson, Lipsia 1896.
4 E Gallesio, a cura, ISermoni di San Massimo, Torino 1915, pag. 14. L'autore fa
riferimento all'edizione S. Maximi Episcopi taurinensis Opera, Roma 1748. Per
un'edizione recente: San Massimo: la vita cristiana. Esperienze di comunit con Dio
e con i fratelli. Sermoni, a cura da L. Padovese, Casale Monferrato 1989; C. de
Filippis Cappai, Massimo. Vescovo di Torino, Torino 1995.
5 "Quante volte proprio Dio comand di distruggere le contaminazioni degli
idoli e mai ci siamo preoccupati di questo dovere. Abbiamo sempre dissimulato,
sempre ci siamo rifiutati! In seguito stata un'ordinanza imperiale a sollecitarci.
Rendetevi conto di come questo accrescimento dell'autorit umana rappresenti
un'offesa nei confronti di Dio" (Sermone 106).
6 "Il padre non sempre bacia il figlio. Quando si castiga chi si ama si esercita nei
suoi confronti un atto di amore. Anche l'amore ha le sue ferite che sono tanto pi
dolci quando pi amorosamente sono inferte" (Sermone 80).
7 Geenna risulta la trascrizione popolare di Ge-Hinnon, che significa "Valle dell'Hinnon":
un'area a sud-ovest di Gerusalemme, utilizzata come discarica per i
rifiuti della citt. NeW Antico Testamento, la zona chiamata "Valle dei Figli di
Hinnon", poich li si sacrificavano i bambini alle divinit pagane: "Si! I figli di
Giuda hanno agito malvagiamente ai miei occhi, oracolo del Signore! Hanno collocato
le loro abominazioni nella casa della quale stato invocato il mio nome,
contaminandola, e hanno costruito sulle alture di Tofet, nella Valle di BenHinnon, per bruciare i loro figli e le loro figlie con il fuoco (...) non si dir pi
Tofet e Valle Ben-Hinnon, bens Valle del Massacro e si seppellir in Tofet perch
non vi sar altro posto" (Grl, 30-32).
Sulla memoria di questa tradizione idolatrica, gli abitanti di Gerusalemme considerarono
la Geenna sinonimo di luogo infernale, arso dalle fiamme e invaso
dalla putrefazione (Is 66, 24; Mt 5, 22; Me 9, 47-48).
8 M. Sordi, Impero romano e cristiano, in A A . W , Problemi di storia delle chiesa,
Milano 1970. interessante ricordare che nel IV-V secolo erano attive "bande di
fanatici" che si erano arrogate il compito di rimuovere gli idoli pagani, prima
ancora di una effettiva legislazione. Tutto era condotto con spirito purificante e
con la convinzione che ci avrebbe garantito il paradiso. "E che non si trattasse
di episodi isolati e di non lievi conseguenze confermato dal canone sesto del
sinodo di Elvira, in cui si legge che non deve essere considerato martire colui che
mente ricordando che essa era assimilata alla luna, donde l'aggettivo lunticas usato
da Massimo pu valere anche come invasato da Diana, cos come cerritus significava
invasato da Cerere, cio folle", C. de Filippis Cappai, op. cit., pag. 57.
12 In questa affermazione del vescovo rintracciamo un importante elemento cronologico:
infatti dalle sue parole abbiamo modo di constatare che negli anni in
cui parlava i giochi dei gladiatori erano stati aboliti. Poich sappiamo che fu
Onorio a sopprimere definitivamente le pratiche nel 404-405, dobbiamo ovviamente
porre il Sermone oltre questo periodo.
13 Le rituali chiassate che accompagnavano le eclissi di luna, pare fossero piuttosto
diffuse: indubbiamente curiosa l'affinit tra l'episodio di San Massimo e un
caso analogo accaduto nel IX secolo in Germania e riportato da J.C. Schmitt. In
quel periodo l'arcivescovo di Magonza Rabano Mauro "una notte, tra l'imbrunire
e l'inizio della notte" fu messo in allarme da "una cos spaventosa vociferazione
del popolo che la sua irreligione sembrava dover penetrare in cielo. Quando
chiesi loro cosa volevano ottenere con quella chiassata, mi risposero che le loro
grida dovevano venire in soccorso della luna sofferente che si sforzavano di aiutare
durante la sua eclissi".
Quella gente non si contentava di far chiasso, brandendo armi, tirando frecce
verso la luna e scagliando torce accese verso il cielo gettava un vero grido di guerra
"Vinceluna" (vinca la luna).
"Mi misi a ridere e mi stupii che, nelle loro semplicit, quei cristiani andassero in
aiuto di Dio come se, malato e debole, fosse incapace, senza l'aiuto delle nostre voci,
di difendere l'astro da lui creato", Medioevo superstizioso, Roma-Bari 1982, pag. 79.
Sul legame tra la luna e i culti demoniaci e stregoneschi, va ricordato che spesso le
divinit femminili considerate la guida delle adepte di Satana, erano identificate con
la luna. Un astro "associato alla donna per la ciclicit con cui si manifesta, cme
Diana amava la notte ed incarnava, nello stesso tempo, una delle forme della triplice
Ecate, la dea della magia adorata con riti misterici, atti soprattutto ad eccitare l'immaginazione.
Ecate, onorata in Efeso, con danze di donne insieme alla schiera delle
sue seguaci, anime senza sepoltura o morte anzitempo, in cerca di pace", S. Abbiati,
A. Agnoletto, M. R. Lazzari, La stregoneria, Milano 1984, pag. 22.
14 Plinio ci offre un'importante documentazione sull'impegno, da parte degli uomini
colti e razionali dell'antichit, di interpretare scientificamente l'eclissi lunare: "fra
i romani il primo che espose al popolo la causa delle eclissi di Sole e di Luna fu
Sulpicio Gallo che, in seguito, fu console insieme a M. Marcello (166, n.d.a), ma
allora era tribuno militare. Un giorno prima della battaglia in cui Perseo fu sconfitto
da Paolo, invitato dal comandante a parlare davanti alle truppe riunite, predisse
un'edissi, liberando cos l'esercito dall'apprensione. Dell'argomento in seguito
tratt anche in un volume apposito (un trattato andato perduto, n.d.a).
Fra i greci il primo a studiare questa materia fu Tlete di Mileto ( a l f i l o s o f o ioni-
LA QUESTIONE LONGOBARDA
(R. Corbella)
N:
rello studio della stregoneria in Insubria vi un periodo
che purtroppo stato spesso volutamente ignorato: l'alto
Medioevo e pi precisamente l'epoca longobarda che va grosso modo
dal 500 al 1000 d.C., calcolando anche il periodo dei vari ducati longobardi
che furono assimilati ma non distrutti dalla colonizzazione
franca e dalla Chiesa di Roma loro alleata che li aveva guardati con
sospetto, se non apertamente avversati. Questo perch i Longobardi,
pur essendo stati convertiti al Cristianesimo, continuavano a conservare
le loro pi arcaiche usanze pagane adorando divinit che facevano
parte del loro bagaglio di antiche tradizioni norrene1.
Una parte importante nei loro antichi riti soprattutto era
occupata dalla vipera: i cronisti ci raccontano come l'adorassero sottoforma
di idolo in oro o altro metallo prezioso, inoltre, la ponevano
nelle proprie abitazioni sulla porta o al di sopra del camino a
scopo apotropaico, oppure dipingendola sugli scudi2; ancora con
un rituale che ci ricorda le loro origini nomadi: appendendo una
pelle di serpente ad un albero sacro3; il rito prevedeva che uomini e
donne passassero sotto la spoglia del serpente e gli toccassero la testa
come segno di devozione.
Vi sono diversi pareri sull'aspetto simbolico con cui veniva
rappresentato questo animale divino e totemico: secondo alcuni essa
aveva due teste, secondo altri era alata. Probabilmente ambedue
le immagini si sono sovrapposte e formavano quell'icona del drago
che tanta fortuna avr nella cultura medievale.
Sicuramente il culto longobardo della serpe avr trovato facilmente
il modo di collegarsi agli epigoni di culti precedenti romani4.
In un altro rito che univa il culto degli alberi con quello della
serpe, i Longobardi appendevano la pelle e carne di una vipera - da
' poco uccisa ed a cui era stato tolto sommariamente lo scheletro - ai
rami di un albero sacro; quindi cavalcando velocemente al rovescio
cio con la parte anteriore del corpo rivolto verso la coda dell'animale,
dovevano strappare con una lancia dei brandelli dell'animale
appeso all'albero, brandelli che poi, in un modo ricordante la comunione
cristiana, essi mangiavano tutti insieme5.
L'Historia Langobardorum, di Paolo Diacono la pi importante
fonte per la conoscenza delle tradizioni longobarde. Purtroppo
questo testo molto lacunoso e le informazioni che ci d sulle tradizioni
di questo popolo sono filtrate attraverso la tradizione storiografica
romana. Paolo Diacono, che scrive nel 700, per inserire la storia
del suo popolo nell'ambito del mondo classico a cui pensava di appartenere,
ha proceduto ad un lavoro di autocensura mediante una scelta
accurata di quegli episodi della storia longobarda, delle sue saghe e
miti, che pi si adattavano ad un pubblico cristiano-romano, eliminando
tutto ci che potesse essere troppo sfacciatamente pagano e
germanico6. Ma nonostante questo lavoro di "pulizia etnica", nel
testo di Paolo Diacono e nelle altre poche fonti dell'epoca compaiono
alcuni elementi relativi agli usi tribali di questo popolo che sono
utilissimi e importanti sotto il profilo etnografico e antropologico:
consentono infatti di scoprire attraverso essi una connessione con il
mondo della magia e sulle streghe.
In particolare alcuni capitoli dX Historia relativi alle origini
della stirpe longobarda offrono un raffronto interessante con la tradizione
indoeuropea germanico-norrena. Nei miti di fondazione e
migrazione di questi popoli indoeuropei, rivestiva sempre un ruolo
di primaria importanza una coppia di fratelli gemelli semidivini.
Uno dei due fratelli immortale e guerriero, mentre l'altro un
agricoltore ed mortale. Quest'ultimo aspetto, ammantato da una
componente pi prettamente religiosa, presente anche nella figura
femminile che si aggiunge ai due fratelli7. Questa figura di an-
simile rito avesse avuto luogo in una corte regale ormai "civilizzata".
In realt, presso i Longobardi queste pratiche rituali di tipo canni' balistico sono esplicitamente menzionate nell'Editto di Rothari nei
capitoli riguardanti le streghe (capp. 197-198); inoltre appaiono
citate come prassi normali presso altri popoli germanici e scandinavi
dai quali i longobardi infatti discendevano12. Le sciamane longobarde
e in seguito le streghe lombarde-ticinesi che da loro derivano,
effettuavano culti, per incrementare la fecondit del gregge: si trattava
di una danza molto veloce e spiritata accompagnata da un canto
strano, definito dai primi vescovi scandalizzati "nefandum". In questa
cerimonia magica veniva uccisa una capra di cui si immolava la testa
su di un palo sacro ("pertica" in longobardo) simile a quelli innalzati
sulle loro tombe13. Questo rito magico collegato al mito di
Thor/Donar: il dio con uccide due capri di cui fa conservare le ossa e
le pelli, con essi sfama se stesso e i compagni, quindi con il suo martello
sacro consacra pelli e ossa resuscitando i due animali14.
Durante le loro emigrazioni, i Longobardi, ancora pagani,
portarono seco dal nord una forma di sciamanesimo tribale istituzionalizzato
che si poneva all'interno di una tradizione norrena15
risalente al Neolitico, nella quale la strega o stregone erano al contempo
sciamani e sacerdoti, ricoprendo contemporaneamente il
ruolo di maghi, indovini, guaritori e sacerdoti custodi delle sacre
scritture e del culto.degli dei.
Nel mondo germanico a cui appartenevano i nostri antenati
longobardi, il soprannaturale e l'organizzazione magica aveva origine
in un territorio spirituale e mentale di confine, che giace in qualche
punto tra la religione, con i suoi rituali precisi, i suoi dogmi e
le sue regole ed il profondo buio del mistero e della ricerca personale
tra paure e desideri inconsci.
L'attrazione verso la magia, verso il potere che va al di l delle
normali capacit dell'uomo, oggi pu essere anche un'aspirazione
di conoscenza intellettuale, ma a quei tempi era certamente la
risposta dell'umile e del debole alle forze apparentemente invinci-
NOTE
1 Cfr. J. Misch, Die Langobarden, 1970.
2 Forse questo culto longobardo della vipera alla base della vera origine del simbolo
del "Biscione" che orna lo stemma visconteo?
3 Come i celti anche i germani credevano nella sacralit degli alberi e nel loro
potere magico. In particolare la quercia, la betulla e l'agrifoglio erano considerati
possenti conduttori di magia e tratto d'unione tra questo e gli altri mondi
paralleli metafsici.
4 Ad esempio, Iside, filtrata attraverso una revisione romano-imperiale mostrata
come divinit in grado di controllare i serpenti.
5 La comunione cristianapotrebbe derivare da antichi riti sciamanici di cannibalismo
rituale. Nell'ambito eurasiatico tuttora il rito di mangiare insieme nel corso
di cerimonie religiose, presente nei culti Shivaiti (India e Nepal) e nella cerimonia
buddista dello Tzog che il pi simile alla comunione cristiana durante il
quale ci si comunica con un pezzetto di carne e un sorso di vino (Tibet).
6 Altre informazioni possono esser tratte anche dall'Editto di Rothari del 643 col
quale si procedette, al tempo stesso, alla codificazione delle leggi e alla conservazione
dei costumi e tradizioni longobarde; ved. anche il catalogo Origo gentis
Langobardorum (VIII sec.).
7 G. Dumezil, L'idologie tripartite des Indo-Europens, Bruxelles, Collection
Latomus, voi. XXXI, 1958; ibidem, Mythes et dieux des Germains, essai d'interprtation
comparative, Parigi 1939.
8 P. Diacono, Historia Langobardorum, I, 8.
9 La raccolta di teste trofeo e susseguente esposizione dei crani quali simboli di
valore e per impadronirsi delle propriet magiche del nemico ucciso, tuttora
presente presso popolazioni quali i Naga dell'Assam, gli Jivaro dell'Amazzonia e
i Dayak del Borneo.
10 L'immolazione del teschio un rito propiziatorio tipico dei popoli cacciatori
del Nord Europa.
11 II termine "Spacona" poi passato nel dialetto lombardo e quindi all'italiano
(spaccone-a) non pi col significato di sciamana-strega, ma indicante una persona
vanagloriosa che ostenta le proprie prodezze fsiche e intellettuali.
12 Queste pratiche di cannibalismo rituale sciamanico erano prassi comune tra i
Sassoni (il popolo germanico pi affine ai Longobardi), i Visigoti, gli Alemanni
e i Vichinghi Norvegesi.
13 Le "pertiche" erano pali ornati di disegni incisi e recanti alla sommit scolpito un
corvo se posti sulla tomba di un uomo, una colomba se la sepoltura era quella di una
donna. A Velate (Varese) uno di questi cimiteri era sul monte San Francesco.
IL MALOCCHIO:
UNA FORMA DI STREGONERIA SEMPRE ATTUALE
(R. Corbella)
Dopo il 1950 si ebbe un impatto culturalmente violento
fra i modi di vita ancora arcaici delle piccole comunit
dell'Insubria, in cui si era mantenuto intatto quel tessuto di tradizioni
riguardanti la stregoneria, la magia ed il sovrannaturale, e la
forte espansione industriale verificatasi nella fascia di Pianura
Padana adiacente ai rilievi. Questa modernizzazione forzata comport
un aumentato fabbisogno di generi di consumo voluttuari,
nonch di comodit impensabili un tempo. L'abitante del territorio
rurale lombardo, fino a poco prima spinto dalla necessit di pensare
solo in termini di sopravivenza e ad accettare il distacco dalla
modernit, lavorando in fabbrica a fianco con l'operaio di citt, in
contatto con un mondo materialmente pi evoluto del suo, non si
accontent pi del necessario ma desider ottenere il superfluo per
s e la sua famiglia. Nel secondo dopoguerra, con i nuovi stimoli e
bisogni dell'era moderna, giunse anche un'ondata di scetticismo e
razionalit che port scoramento, diniego della tradizione e soprattutto
vergogna di essere ancora legato alle credenze e superstizioni
degli avi. Un altro motivo che condusse alla caduta in disuso delle
tradizioni fu dovuto all'abbandono del dialetto che venne sradicato
come vergognosa usanza di una volta. In quel periodo post-bellico
di fame e ricostruzione, anche l'emigrazione di artigiani specializzati
interna (dalla campagna alla citt) ed esterna (verso la Svizzera, la
Francia e la Germania) stagionale od annuale1 contribu pesantemente
alla confusione delle genti italiche, tanto diverse tra loro, ed
al loro sradicamento dalle tradizioni locali. Gli emigrati di quei
secca era unico nel territorio che oggi fa parte del Parco Naturale
della valle del Ticino: infatti pi si scende verso la pianura e pi si
attenua il fenomeno stregonesco. Parrebbe che per quanto riguarda
la cultura del magico e dell'esoterico, i contadini della pianura fluviale
non abbiano prodotto manifestazioni di particolare rilevanza
in rapporto a quanto si pu osservare nei comprensori montani. Rileviamo
perci il paradosso di una societ sensibile al tema della
morte, ai santi, succube dell'autorit clericale spesso in modo superstizioso,
ma che non produsse quel volume di credenze esoteriche
legate al magico che sarebbe logico attendersi dagli agricoltori, legati
come sono ai capricci del tempo e alla fertilit della terra. La spiegazione
potrebbe essere fornita da una facilit di controllo e un ruolo
sempre vigile ed attento da parte della chiesa locale, abilissima nel
ricondurre nel culto religioso cattolico dei santi delle manifestazioni
dichiaratamente pagane. Il resto deve averlo fatto il naturale scetticismo
che insorge spontaneo in una societ ancora agricola, ma
urbanizzata o perlomeno situata a ridosso di grossi centri urbani
moderni ed industrializzati. Tra questa popolazione rurale di pianura
(gallaratese, bustocca) esistono ancora manifestazioni scaramantiche
diffuse tra il popolino, ma non cos rilevanti da pesare sul
comportamento individuale e perci degne di essere citate. Per,
anche in questo contesto positivista, vi un aspetto segreto e ben
nascosto che merita attenzione: quello dell'esercizio della magia
personale, spicciola, detta "malocchio" effettuata da alcune donne
particolari, quali vedove senza figli e vecchie abbandonate dai figli
emigrati in citt. In questo caso la magia viene usata quale forma di
rivalsa verso le altre donne della comunit, le pi fortunate. Infatti,
nella pianura insubrica di estrazione agricola c'era (ed esiste tuttora)
la convinzione che alcune donne gettassero il "malocchio" o
"maldocchio"; cos come si pensava che vi fossero altre persone,
sempre di sesso femminile, capaci di levarlo. Ma c'erano anche signore
a cui veniva riconosciuta una valenza sia attiva che passiva nel
"fare malia" e "contro malia"4.
NOTE
1 In merito all'argomento si consiglia la visione di uno studio approfondito a cura di
P. Frigerio, B. Galli, A. Trapletti, Le valli varesine e l'emigrazione delle maestranze d'arte,
contenuto in Emigrazione e territorio: tra bisogno e ideale, Varese 1994.
2 I proventi derivati dall'emigrazione, che metteva in circolo nuove risorse e
soprattutto il miglioramento delle vie di comunicazione, che rendevano pi facili
i contatti con Luino, fecero s che gli abitanti dei piccoli centri montani in un
primo tempo aumentassero. Con il sopraggiungere della moderna era industriale,
si ebbe un rapido e impressionante declino della popolazione stanziale.
3 P. Astini Miravalle, L. Giampaolo, Monteviasco, storia di un paese solitario,
Varese 1974.
4 Inf. M. Franzetti - Gornate (1995).
5 Inf. E. Brugherio - Laveno (2001).
6 Queste caratteristiche variano a seconda degli informatori che abbiamo interpellato
e dei vari paesi. Informatori: G. M. di Busto Arsizio, P. Gavazzi di Somma
Lombardo, A. G. e Filomena B. di Cassano Magnano.
7 Inf A. Rossetti - Gavirate (1972).
LA "FISICA"
(R. Corbella)
La tradizione orale riferita alle streghe ed alla stregoneria
occulta nell'Insubria non omogenea: nell'area prealpina
occidentale prevaleva la credenza nell'esistenza degli "stroligh" e della
"fisica", nella pianura si credeva pi genericamente alle "strie" ed al
"malocc". La parola chiave dialettale per penetrare nei misteri del
mondo fantasticamente pauroso della magia "fisica"1. Il lettore a
questo punto deve essere come un bambino desideroso di conoscere
ma non di capire, perch la fisica non va compresa o analizzata con
metro scientifico o semplicemente razionale. La magia, di cui la fisica
solo un ramo minore, la si accetta e la si prende come una curiosit
folkloristica tipica di un mondo nordico che Celti e soprattutto
Longobardi ci hanno lasciato in retaggio2.
Con questa parola si indica tutto ci che non si comprende
ma che ha un grande potere paranormale al di l della conoscenza
umana, una forza soprannaturale inspiegabile e che travalica religione,
modernit e scienza, benevola o malefica a seconda dei casi e del
modo con cui la si utilizza. Un potere le cui radici affondano nel
passato degli dei pagani collegati alla natura e soprattutto a particolari
luoghi in situazioni che riemergono nell'anima popolare dalle
profondit dell'inconscio, del caos primordiale.
Gli "striunasc" (stroligh, strie, striur) secondo la tradizione popolare
delle Prealpi, erano quelle persone che attraverso un apprendistato
doloroso e stravolgente, avevano acquisito capacit paranormali tali
da poter interagire con forze cosmiche sconosciute, richiamando in
vita poteri ancestrali ultraterreni e utilizzandoli per i loro scopi.
Essendo questa stregoneria legata a forme metafisiche natura-
li, logico che tra i protagonisti delle storie che abbiamo registrato
vi siano gli animali. Sono parte dell'immaginario popolare, dell'ignoto,
per cui il loro ruolo e potere, molto forte e relativamente facile
da realizzare dagli adepti, per velato di mistero riguardo alla sua
sorgente. Alcuni "stroligh" parlano vagamente di un "sciur di beest"
(Dio degli animali), n dio n demonio che, se invocato in modo giusto,
concederebbe alla "stria" di trasformarsi o apparire sotto forma di
un animale innocuo, in modo da poter compiere le sue malefatte senza
destare sospetti, ritornando poi alla forma umana quando fosse sicura
di non essere osservata3.
Quasi tutti gli informatori mi hanno confermato che esisteva,
in un tempo molto remoto, un sistema di utilizzo "diverso" della
forma animale. "Entrare" con la mente nel corpo di un animale domestico,
amato dalla futura vittima del maleficio, serviva alla "stria"
per fare la fsica buja, una sorta di malocchio che qualcuno compiva
a danno di altri, grazie a rituali assolutamente misteriosi e non
rivelabili ma tramandati da "stria a stria" e, si diceva, contenuti in
un misterioso manoscritto detto semplicemente "Il libro" (ur liber
griss)^. La fisica si esplica in svariati modi e lo scopo sempre quello
di agire attraverso un "medium" provocato ad arte (animali,
rumori, apparizioni, voci, fenomeni atmosferici) per ottenere facilmente
qualcosa che danneggi l'avversario e porti fortuna e benefcio
a chi si avvale del mezzo magico. Il linguaggio della fisica, non
sempre immediatamente intelligibile, ma si incanala in passaggi
sotterranei, si muove sotto sembianze cangianti, alimenta diversi
stati d'animo. L'idea della fsica, in qualche modo, resta comunque
collegata al sacro: alcune chiese e cappellette isolate vengono citate
come luoghi maledetti dove "si sente la fisica a fior di pelle", quelli
che la sanno fare in quei luoghi possiedono un potere tanto forte
quanto misterioso. La "fsica fa stravega", cio ti fa vedere cose che
non esistono. Spesso gli animali del vicino che passavano accanto a
certe edicole di santi venivano "incantati", cio non facevano pi
latte, o dimagrivano fino alla morte. Perch la strega attraverso i ri-
NOTE
1 Cornelio Agrippa Von Nettesheim (1486-1535) uno dei primi filosofi che
trattano dell'arte della fisica stregonesca. Agrippa considerava la fisica come parte
della filosofia occulta, ovvero sinonimo di magia. Nei capitoli iniziali del suo libro
sulla Magia naturale Agrippa aveva delineato il piano dell'opera chiarendo
che l'Essere era costituito da tre mondi: quello Elementare, quello Celeste e quello
Religioso. Di essi si occupano le tre scienze della fsica (magia naturale), della
matematica (magia celeste) e della teologia (magia cerimoniale). In particolare la
mgia ha il compito di tradurre queste tre scienze in atto.
2 Per James Frazer la magia dominio su forze impersonali e si contrapporrebbe
alla religione, perch questa comporta la subordinazione a forze sovrumane ma
personali. La scuola sociologica francese vede invece nella religione un atteggiamento
positivo della comunit di fronte al sacro, mentre nella magia indica un
atteggiamento antisociale dell'individuo di fronte alla comunit.
3 E. Lot-Falck, Les rtes de chasse chez lespeuples sibriens, Parigi 1953; in questo saggio
si affronta con particolare attenzione l'interazione sciamanica uomo-animale.
4 La storia dell'occultismo conosce due tipi di "libri magici": i Grimoires e le Clavicole.
I Grimoires sono lo strumento per realizzare operazioni di magia bassa e
di magia nera, con le Clavicole operazioni di magia alta. I Grimoires sono una corruzione
del francese "grammaires" vale a dire grammatiche. I Grimoires erano
tipici della magia bassa e della magia nera ed erano quelli usati da streghe e stregoni.
Nei Grimoires si trovano le formule e i rituali legati alla fisica; il Libro Grigio
citato dalle nostre streghe, si riferisce probabilmente ad un Grimoires. Le Clavicole
invece derivano il loro nome dal latino e significano piccole chiavi. Tale nome
viene attribuito ai libri della magia alta o magia bianca. Con le Clavicole si identificano
quelle forze mistiche ma razionali espresse per mezzo di segni e simboli
che servono ad evocare gli spiriti, ma soprattutto a proteggere dalle infiltrazioni
negative durante le esperienze con le scienze occulte.
L'insieme di questi libri stato definito dalla Chiesa "Biblioteca del Diavolo" e
questo suo atteggiamento si spiega - oltre che per fatti dottrinari - anche sotto
l'aspetto pi squisitamente storico: ad esempio, per i rapporti con Io gnosticismo,
la Chiesa, ebbe fin dalle origini (II-IV sec.), il problema delle eresie e, quindi
quello dell'esistenza di libri contrari alla ortodossia, o comunque non contenuti
in un canone (non rivelati).
5 All'inizio del XX secolo, Marcel Mauss sosteneva, tra l'altro, che la magia pu
realizzare uno stretto collegamento tra iniziato ed alleati soprannaturali, a qualunque
religione essi appartengano. In altre parole, l'iniziazione magica avrebbe
lo scopo di determinare nell'adepto-iniziato una possessione virtuale ambivalente
da parte di forze sovrannaturali.
chio. Questo culto continu certamente sino agli inizi del XIX
secolo: presenza inequivocabile di un retaggio protostorico che si
perdeva nella notte dei tempi. I Benandanti erano in primo luogo
degli stregoni, benefici ma pur sempre stregoni, riuniti in una setta
vera e propria con regole e statuti tramandati oralmente. Si riunivano
per congreghe per cos dire "regionali", nel senso che vi appartenevano
tutti i Benandanti che vivevano in un dato territorio. Dai
processi che furono loro intentati a partire dal 1570, si evince che
queste singolari figure di streghe e stregoni pensavano che la prosperit
e l'abbondanza dei raccolti dell'anno successivo dipendevano
sopratutto da una cerimonia beneaugurale complessa e antichissima,
che essi dovevano compiere alla fine dell'inverno, tra febbraio
e marzo. Proprio nel periodo in cui cadeva l'antica festa celtica di
Imbolc, di cui riprendevano alcuni rituali. Il loro rito di fecondit
pi conosciuto era quello della battaglia. I Benandanti, ritenevano
di essere predestinati divinamente alla loro condizione, pensavano
che se avessero rifiutato il loro stato di stregoni sarebbero stati maledetti
per l'eternit e avrebbero rotto l'equilibrio cosmico. Sapevano di
essere stati scelti da Dio per combattere le streghe malvagie e soprattutto
per presiedere alla fertilit del suolo. Perci erano moralmente
obbligati a partecipare a quelle battaglie rituali simboliche che permettevano
di sconfiggere il malocchio e portare, mediante la loro vittoria,
l'abbondanza e la ricchezza delle messi. Tutti i Benandanti avevano
dalla nascita un elemento in comune, un segno divino caratteristico
che li marchiava: l'essere nati con la camicia, cio partoriti
ancora avvolti nella membrana amniotica. Gi agli inizi del Cristianesimo
in area culturale celtica si parlava di questa anomalia: essa era
chiamata la "lorica"3, l'armatura, e si pensava che il portatore fosse
protetto da tutti i tentativi del demonio di impadronirsi della sua
anima. Evidentemente, con il passare dei secoli questo fatto venne
trasformato dall'immaginario popolare e, non sappiamo per quale
motivo, assunse caratteristiche stregonesche e quindi diaboliche.
Quest'oggetto (la "camicia") si riteneva proteggesse magica-
teva di errare di paese in paese, senza una base fissa. Il lavoro tradizionale
per nasconde il loro vero mestiere: combattere le fatture ed il
malocchio in cambio di una manciata di denaro. In Ossola ed in
Ticino li chiameranno "matlosa", dal tedesco heimatloss i vagabondi
senza patria. Nel 1890 se ne contavano ancora parecchi.
NOTE
1 Margaret Alice Murray (1863-1963) egittologa inglese che con il suo libro
Witch Cult in Western Europe (1921) ha posto le basi per teorizzare la presenza di
una religione precristiana, collegata al culto della dea madre e comune a tutta
l'Europa, che produsse una resistenza segreta clandestina contro il Cristianesimo
protrattasi sino ai tempi moderni. Le tesi della Murray, ebbero anche il ruolo di
influenzare sia il movimento femminista che la cosidetta "New Age".
2 Nel saggio I Benandanti. Ricerche sulla stregoneria e sui culti agrari tra Cinquecento
e Seicento (Torino 1966) Carlo Ginzburg ha reperito negli archivi friulani
dell'Inquisizione veneta i documenti relativi ad una serie di processi, avviati in
seguito ad una segnalazione di un sacerdote: questi aveva rifrito di persone che
quattro volte all'anno volavano in spirito ad una battaglia con le streghe.
3 Nei testi sciamanici del nord-europa (vichinghi, irlandesi, lapponi) l'officiante
recita all'inizio la formula: "Entro nella corazza del dio...", lo stesso accade nello
sciamanesimo amerindiano e nelle formule del primitivo Cristianesimo celta
dove si parla della "lorica" o armatura di protezione dai demoni ottenuta indossando
una reliquia o un particolare abbigliamento consacrato. Ved.: R.H.
Lowie, The Crow Indians (1923); A.L. Kroeber, Handbook ofindians of California
(1919); C. Matthews, The celtic Devotional (1980); Anonimo Islandese, Nijls Saga,
Rekiyavik Archives (manoscritto).
4 Nel Buddismo Vajrayana tibetano e nella pi antica religione Bon, quest'esperienza
di uscita dal corpo della mente, viaggio spirituale con visualizzazioni ed
esperienze oniriche e rientro nel corpo, una pratica comune legata a molte divinit
Dharmapala.
5 Lo sciamano vero, sia esso asiatico, europeo o amerindiano, si sente chiamato a
ripristinare l'ordine microcosmico nel contesto del suo popolo quando l'armonia
distrutta da agenti negativi esterni o interni. Questo egli fa con appropriati
rituali, se non lo facesse il suo spirito protettore lo punirebbe. Archivio Corbella
- manoscritto A/3: intervista con il padre adottivo dell'autore, lo sciamano
Tashunka Wasichun dei Sichangu Lakota (South Dakota 1961).
6 R. Corbella, Celti e Magia e mistero nella terra dei Celti, Macchione editore.
7 W. Mannhardt, Wald und Feld eulte (1875); il Mannhardt raccolse un gran
numero di testimonianze tedesche su questo ed altri riti agrari.
8 Questo il testo: "Esistono certe donne depravate, le quali si sono volte a Satana
e si sono lasciate sviare da illusioni e seduzioni diaboliche, credono e affermano
di cavalcare la notte certune bestie al seguito di Diana, dea dei pagani, e di una
moltitudine di donne; di attraversare larghi spazi di terre grazie al silenzio della
notte e ubbidire ai suoi ordini e di essere chiamate alcune notti al suo servizio.
Ma volesse il cielo che soltanto loro fossero perite nella loro falsa credenza e non
avessero trascinato parecchi altri nella perdizione dell'anima. Moltissimi, infatti,
si sono lasciati illudere da questi inganni e credono che tutto ci sia vero, e in tal
modo si allontanano dalla vera fede e cadono nell'errore dei pagani, credendo che
vi siano altri di o divinit oltre all'unico Dio",
9 Un grande giurista della chiesa, Francesco Giovanni Graziano, nel XII secolo,
inser le tesi riguardanti le streghe del Canon Espicopi in una raccolta di documenti
ufficiali.
ni che erano con loro, et li quali non havevano in mano altro che
mazze di fnochio. Sconcertato da questi strani discorsi, il parroco si
rec subito a Cividale per confidarsi con l'inquisitore o col vicario patriarcale,
e, imbattutosi nuovamente nel Gasparutto, lo fece portare
nel convento di San Francesco per farlo inquisire. Alla presenza del
padre inquisitore, il Gasparutto conferm senza alcuna esitazione il
proprio racconto, fornendo nuovi particolari sui Benandanti di cui
faceva parte. Il Gasparutto addirittura si offr di farli assistere ai loro
misteriosi raduni notturni. Gli inquisitori conclusero che esistevano,
a quanto pareva, stregoni, come appunto il Gasparutto, che sono
boni, detti vagabondi et in loro linguaggio benandanti i quali impediscono
il male, mentre altri stregoni lo fanno. La sostanza di queste
deposizioni dello Sgabarizza viene confermata da Pietro Rotaro,
padre del fanciullo curato da Paolo Gasparutto. Sospettando che il
fanciullo fosse stato stregato, egli si era rivolto a Paolo, poich questi
ha nome d'andar con detti strigoni, et esser delli bene andanti... et...
li streghoni et le streghe quando si partano vanno a far del male, et
bisogna che sian seguitati da quelli benandanti per impedirli . Anche
a lui il Gasparutto ha parlato a lungo dei raduni notturni, aggiungendo,
su richiesta dei giudici,- particolari sul modo in cui Paolo afferma
di recarsi ai convegni, e cio in spirito e a cavallo di vari animali,
come lepri, gatti e cosi via. Il Rotaro aggiunge di aver inteso dire che
anche a Cividale vi uno di questi stregoni: un certo Battista Moduco,
che chiacchierando sulla piazza ha affermato di essere benandante
e di uscire anch'egli la notte del gioved per andare ai loro raduni.
Viene allora chiamato a testimoniare Troiano de' Attimis, nobile
cividalese. Questi conferma di aver appreso dal cognato, chiacchierando
in piazza, che in Brazzano erano di questi streghoni, et che
anco in Cividale, poco discosto da ni, ne era uno; allora Troiano,
scorgendo Battista Moduco, gli aveva chiesto se per caso fosse anche
lui uno di quegli stregoni. Il Moduco rispose che era un Benandante,
e che la notte di gioved, andava con gli altri in certi luoghi l a far
baldoria, ballare, mangiare e bere. Il Troiano non lo interroga pi,
pensando tra s, e lo dir poi agli inquisitori, che i racconti del Moduca
sono tutte fanfaronate. Di fronte a queste testimonianze, l'inquisitore
Giulio d'Assisi dovette concordare con la sprezzante conclusione
del nobile cividalese, ovvero che in fondo queste storie dei
Benandanti erano solo fole e balordaggini di menti malate. Con questa
deposizione, infatti, gli interrogatori suscitati dalle confidenze del
Gasparutto s'interrompono. Per iniziativa di un altro inquisitore, le
inchieste e gli interrogatori sui Benandanti riprenderanno cinque
anni, dopo il 27 giugno 1580; il frate inquisitore Felice da Montefalco
riprende la causa lasciata a mezzo dal suo predecessore, facendo
comparire nuovamente davanti a s Paolo Gasparutto, uno dei due
che si erano proclamati Benandanti. L'uomo dichiara subito di non
capire per quale motivo sia stato chiamato. Si sempre comportato
da buon cristiano, confessandosi e comunicandosi ogni anno dal suo
parroco; non ha mai sentito dire che nel paese ci sia alcuno che viva
da lutherano, et viva malamente quindi per si lascia andare ad alcune
mezze frasi che, in sostanza, ripetono quanto aveva dichiarato cinque
anni prima. La stessa cosa avviene con l'altro interrogato, il Moduco.
A questo punto non certo difficile immaginare lo sconcerto
dell'inquisitore che si trova davanti a questi Benandanti, persone evidentemente
in buona fede convinte di fare del bene, ma d'altro canto
per tanti versi simili a veri e propri stregoni. Eppure essi dichiarano
di battersi contro gli stregoni e si atteggiano a difensori della fede cattolica.
Di fronte a queste affermazioni degli imputati, l'inquisitore
cerca di scavare nel profondo ed esige ulteriori particolari, e sopratutto
i nomi di altri Benandanti, poich i due hanno sempre affermato
di non essere i soli rappresentanti della categoria. Il Moduco rifiuta di
rivelarli perch teme la loro vendetta, e dice che, se anche egli ormai
si staccato dal gruppo, ritiene tuttora valido il giuramento d'obbedienza
e segretezza fatto a, suo tempo. Soltanto di fronte a nuove
obbiezioni del frate cede e rivela due nomi, tra cui quello di una
donna che aveva tolto il latte a certo bestiame. A questo punto termina
l'interrogatorio del Moduco; evidentemente le sue risposte non
Pian del Roc, sul monte Soglio, al luogo detto al Porcher, nel prato
Aviglio, nella Cepegna, nel prato Lanceo, e in altri molti e diversi
luoghi, nei quali menavano danze e facevano le loro sinagoghe, al
suono ed ai canti dei demoni infernali, ballavano con essi e cogli
altri tutti della loro setta (...) D'essere le predette, andate di notte
tempo in corso presso Torino, nel prato Aviglio, ove intervenne
tanta gente della setta degli stregoni che era una moltitudine senza
fine, la quale appena si sarebbe potuta contare. E dopo di aver ballato
al modo solito, alcuni di essi andarono ivi presso in una mandria
ove presero due manzi, che furono scorticati nello stesso prato
Aviglio, e stregati ed ammaliati in modo che dovessero morire fra
breve tempo determinato. Dopoch ne ebbero mangiate le carni
uno della societ proclam che tutti quelli che avevano delle ossa le
prendessero, le quali involte nelle pelli dei manzi dissero: Sorgi,
Ranzola, ed i manzi risuscitarono (...) "'.
Nell'ambito della nostra ricerca delle tracce di rituali sciamanici
che possano essere riscontrati nelle pratiche della stregoneria, il
caso appena citato appare emblematico, poich propone lo svolgimento
di un banchetto sabbatico conclusosi con un ambiguo rituale,
contrassegnato da temi richiamanti pratiche caratteristiche del
medicine man.
Al di l del furto di alimenti da parte di pseudo congreghe
notturne, quanto risulta particolarmente interessante proprio l'aspetto
rituale che caratterizza la fine del banchetto: "due manzi, che
furono scorticati nello stesso prato Aviglio,e stregati ed ammaliati in
modo che dovessero morire fra breve tempo determinato. Dopoch
ne ebbero mangiate le carni uno della societ proclam che tutti
quelli che avevano delle ossa le prendessero, le quali involte nelle
pelli di manzi dissero: Sorgi, Ranzola, ed i manzi resuscitarono".
Il caso reperibile anche in documenti relativi a processi per
stregoneria, in particolare quelli celebrati in aree rurali: le ossa degli
animali uccisi, dopo essere state poste all'interno delle loro pelli,
formando un fagotto, erano percosse con dei bastoni dai parteci-
panti al sabba. Alla fine del rito, gli animali riprendevano vita...
Ad esempio, nel 1519 a Modena si svolse un processo per
stregoneria in cui una certa Zilia fu accusata, sulla base delle testimonianze
raccolte, di aver frequentato ad un sabba (ad cursum) in
cui i partecipanti, dopo aver mangiato un bue, ne raccolsero le ossa
nelle pelli dell'animale "et veniens ultimo domina cursus, baculo
percussit corium bovis et visus est reviviscere bos"2.
La testimonianza sulla vicenda fu rilasciata all'inquisitore
Giovanni da Rodigo, ma dietro questo nome in realt si celeva il
domenicano Bartolomeo Spina (1474-1576). L'identificazione di
questo personaggio non sarebbe in fondo determinate se nella
Quaestio de strigibus 3, scritta dallo Spina, non trovassimo una precisa
indicazione sulla magia delle ossa e delle pelli riconducibile
proprio al processo celebrato a Modena contro la Zilia.
Questi i frammenti dei due documenti che ci interessano particolarmente:
"mentre erano sul posto vide in quel luogo molti altri,
e mangiavano e bevevano e tra tutti mangiarono un intero bue
cotto le cui ossa tutti gettavano sulla pelle del bue, e giungendo infine
la signora (domina cursus), con un bastone percosse la pelle del
bue e fu visto il bue rivivere" (Processo contro Zilia);
"infatti dicono che, dopo aver mangiato qualche grasso bue
(...) quella Signora ordina che tutte le ossa del bue morto vengano
raccolte sopra la pelle stesa di quello e, rivoltandola sopra le ossa per
le quattro parti, le tocca con la bacchetta. Il bue ritorna in vita come
prima e la Signora ordina che venga ricondotto nella stalla" ( Quaestio
de strigibus).
Leggermente diversa la versione rintracciabile negli atti di un
processo per stregoneria celebrato nel 1505 in Val di Fiemme, in cui
le accusate, durante l'interrogatorio, ammisero di essersi riunite al
sabba dove mangiarono vacche e vitelli, che il diavolo richiam in
vita attraverso il rito delle pelli e delle ossa4.
A differenza delle altre testimonianze note, nel caso del processo
trentino il rituale era coordinato dal diavolo e non dalla domina
ludi, Signora Oriente o domina cursus, come risulta nelle altre fonti.
Una variante non da poco, che attribuisce ad una figura maschile il
compito di catalizzatore all'interno di un rito di tradizione nordica
r.he^come vedremo, ha nel dio Thor l'archetipo iniziale.
Anche se conosciamo alcune opere precedenti la Quaestio in
cui si fa riferimento al rito della resurrezione5, dal raffronto delle
fonti appare abbastanza chiaro che il testo dello Spina risent profondamente
della testimonianza della strega modenese.
Per inciso va detto che nelle fonti a noi note sulla resurrezione
dei buoi e dei vitelli, gli animali riportati in vita erano condannati
ad un esistenza breve, quasi la loro immagine fosse una fantasmagoria
prodotta dal diavolo e senza alcun riferimento alla realt.
In un caso anche detto che gli animali resuscitati "unquam sunt
bona pr labore".
Bartolomeo Spina rifiutava di considerare le visioni delle streghe
e i loro voli, mentre le magie erano ritenute frutto di "pr parte
quaestionis falsa"; per l'inquisitore era peccato attribuire al diavolo
i poteri delle donne datesi a Satana e "delusione omnia contingunt".
Di contro per dimostr particolare attenzione per gli episodi relativi
alle ossa e alle pelli di bue.
Questa specifica attenzione potrebbe essere dovuta al fatto
che il fenomeno della resurrezione di animali in certi casi fu interpretato
come un fatto riportabile sul piano della realt, come testimoniano
le tesi di alcuni studiosi coevi allo Spina.
Nel suo trattato De incantationibus, Pietro Pomponazzi specificava
che "se ci infatti parso veramente a qualcuno, e non fu
detto a mo' di favola, tali animali non erano realmente morti, come
volte si visto ai tempi nostri (...) se fu vera resurrezione, non fu
tuttavia opera dei demoni, ma di Dio stesso"6.
Vi era quindi, nella coscienza para-scientifica del periodo, il
bisogno di interpretare, senza rinunciare alla riflessione teologica,
come un fatto possibile anche certi fenomeni magico-stregoneschi,
quale appunto la resurrezione degli animali.
NOTE
1 Archivio Storico di Torino, Materie criminali, Mazzo 1, fascicolo 1.
2 Archivio di Stato di Modena, Inquisizione di Modena e di Reggio, Processi, b.2; 1.4.
3 Bartolomeo Spina, Quaestio de strigibus, una cum Tractatu de praeminentia Sacrae
Theologiae, et quadruplici Apologia de Lamis contra Ponzinibium, Roma 1576.
4 A. Panizza, Iprocessi contro le streghe nel Trentino, in "Archivio trentino", VII,
1888; Vili, 1889; 1890.
5 Abbiamo indicazioni in Girolamo Visconti e in Bernardo Rategno. Per entrambi
la resurrezione degli animali era un'esperienza fantastica del tutto priva di
realt. Visconti (1460): "Dopo aver mangiato, radunate le ossa, la Signora del
gioco toccando con un bastone i resti di tale animale fa in modo che sembri rivivere.
Ma ci chiaramente falso, poich secondo il pensiero teologico il diavolo
non pu risuscitare i morti, quindi sembra che siffatto gioco sia un'illusione,
anche perch tali persone al mattino hanno cos fame e sete come se non avessero
mangiato: segno manifesto di inganno, come volevasi dimostrare". Rategno
(1505): "Ma se veramente quei vitelli furono cucinati e mangiati, in nessun
modo si pu fare s che un diavolo, anzi tutti i diavoli, insieme con tutta la potenza
loro, valgano a richiamarli in vita; giacch resuscitare un corpo morto proprio
di infinita potenza, e questa spetta a Dio solo, mentre in nessun modo pu
competere al diavolo. Ne deriva che se quel pranzo fu vero e reale, necessario
convenire che la resurrezione successiva sar fantastica e illusoria; oppure che
tanto il pranzo era fittizio e immaginario quanto illusoria la resurrezione; e cos,
giacch il diavolo sottomise a s una prima volta le streghe mediante il rinnegamento
delle fede cristiana, mostra loro di volta in volta, traendole in inganno nei
sogni o con apparizioni fantastiche".
Giovan Francesco Pico della Mirandola nel dialogo Stryx sive de ludificatione daemonum
(1523) ricorda che, negli incontri sabbatici, i partecipanti mangiavano e
bevevano senza ritegno, il cibo era costituito dai buoi rubati nelle case dei contadini
ma "non manca di registrare, a tal proposito l'inganno ( p r a e s t i g i u m ) della
pelle ravvolta del bue gi mangiato che si rizza in piedi ( c o m p l i c a t a e p e l l i s comesti
iam bovis et exsurgentis in pedes). proprio Dicaste, l'inquisitore del dialogo, a
liquidare con una lapidaria sentenza la credibilit della resurrezone dei buoi: De
bobus videntur ludibrio', M. Bertolotti, Le ossa e le pelli dei buoi. Un mito popolare
tra agiografia e stregoneria, in "Quaderni storici", 1979, N. 41, pag. 473.
6 E P. Pomponazzi, De naturalium effectuum admirandorum causis, seu de incantationibus
liber, in Pomponatii Opera, Basilea 1567.
7 Probabilmente, le fonti di Bartolomeo Spina erano costituite dallo Speculum
historiae di Vincenzo di Beauvais e dalla Legenda aurea di Jacopo da Varagine.
conomia agricola, ci anche per l'importanza che gli animali continuavano a rivestire
laddove alla coltivazione si affianca l'allevamento. Non sembra casuale, al
proposito, che Thor sia ospitato nel suo viaggio da un contadino. Il particolare
va considerato alla luce di quanto sopra si diceva circa la caratterizzazione, non
esclusiva, di Thor come dio dei campi e protettore dei contadini. Al suo martello
Miolnirr sono pertinenti cospicui significati di fecondit: esso fa rinascere,
come sappiamo, i capri macellati; ma il martello di Thor veniva pure posto sul
grembo della sposa nei riti nuziali, per assicurarne la fertilit. Tali elementi
rimandano al legame simbolico tra il martello e il fulmine, quest'ultimo contenendo,
unitamente alla pioggia, l'idea di una forza fecondatrice, segno e mezzo
di rinascita", M. Bertolotti, op. cit., pag. 482.
29 La persistenza di motivi precristiani all'interno di culti di santi evangelizzatori
0 di martiri, poi diventati, ad esempio, santi patroni, abbastanza frequente nella
religiosit popolare. L'agiografia intrisa di leggenda, la fantasia e non ultimi gli
interventi delle chiese locali, intenzionate a mettere a punto certe tradizioni religiose
sulle quali si fondava il culto collettivo, hanno sicuramente favorito la formazione
di una sorta di mitologia cristiana, che a sua volta ha anche permesso a
certe manifestazioni folkloriche di ramificarsi. E cos intorno ad alcuni santi sono
sorti culti e pratiche popolari che riverberano paganesimo, rivelati un forte sincretismo
in sospensione tra l'evocazione spirituale e i rituali pi arcaici.
1 miracoli attribuiti al santo - che sul piano laico ritroviamo in leggende e fiabe, sotto
forma di fatti soprannaturali effettuati da un personaggio straordinario dotato di
poteri magici - a livello psicologico allontanano la tensione tra uomo e divino,
garantendo una possibilit di "comunicazione" privilegiata, attraverso una figura che
di fatto non ha perduto le sue connotazioni terrene, caricandosi di simbologie molteplici,
spesso condizionate dalla realt locale in cui la credenza si attestata.
30 V. Ja Propp, Edipo alla luce del folklore. Quattro studi di etnografa storico-strutturale,
Torino 1975, pag. 19. Indubbiamente interessante l'esempio rintracciabile
in una fiaba voguli, in cui il rito della resurrezione degli animali incontrato
nelle vicende di stregoneria, assume nel folklore dei popoli nordici una' valenza
pedagogica molto importante. "Nella casa c'era un vecchio con una vecchia:
Siediti, nipotino - gli dissero - sii nostro ospite.
La vecchia and fuori e ritorn con delle oche e delle anatre. Le spium e le mise
a cuocere. Quando la fragrante carne delle oche e delle anatre fu pronta, essa la
sistem in due scodelle di legno. Una scodella la diede a Mir-susne-chum.
Mangia bene nipotino - gli disse ma non rompere le ossa.
Mangiarono e bevvero. La vecchia raccolse in una sola scodella le ossa rimaste e
le port fuori. Dietro la casa c'era un lago on acqua viva. La vecchia gett le ossa
in quel lago, e dall'acqua si levarono in volo anatre vive e oche vive.
Bene disse Mir-susne-chum adesso so che tutto nel mondo rinasce, muore e
ancora rinasce... solo, non si devono rompere le ossa. Allora la nostra terra sar
sempre ricca", L. Vagge Saccorotti, Miti e leggende dei popoli siberiani, Milano
1994, pag. 140.
31 Girolamo Visconti, Lamiarum sive striarum opusculum, 1460.
32 Pierina de Bugatis conferm di partecipare al "gioco" condotto da una donna
chiamata Horiens. Ecco come il Bonomo riporta le fasi salienti della deposizione
resa dall'imputata: "all'assemblea prendono parte anche uomini vivi e morti,
eccetto per i decapitati e gli impiccati, i quali non osano levarvi il capo. Ivi si
uccidono animali le cui carni si mangiano e se ne ripongono le ossa nelle pelli: la
Signora Oriente, percuotendo con la sua bacchetta queste pelli, li risuscita.
Oriente e tutte le sue seguaci vanno per le case dei ricchi, dove mangiano e bevono,
e quando trovano abitazioni pulite e ordinate quella le benedice. Dio non
mai nominato: la Signora insegna alle sue compagne le virt delle erbe e risponde,
dicendo sempre la verit, alle loro domande sulle malattie, sui furti e i malefici,
ordinando di non dire assolutamente nulla a nessuno di quel che si fa nell'assemblea.
Ecco la ragione per cui sebbene richiesta dal confessore, non ha fatto
mai parola del giuoco dianiano. Dichiara di credere la Oriente padrona della sua
societ come Cristo padrone del mondo. La seconda deposizione, resa il 21
luglio 1390, all'inquisitore Beltramino, offre ancora qualche aggiunta. Pierina
ripete l'operazione fatta agli animali, aggiungendo che se nel riporne le ossa nelle
pelli ci si accorge che non sono tutte, al loro posto si mette legno de sambria.
Quando vuol recarsi all'assemblea chiama lo spirito Lucifelus il quale accorre
subito presentandosi in forma d'uomo, la porta al giuoco e la istruisce in quello
che lei desidera. Richiesta se si sia data al diavolo, risponde affermativamente,
precisando che in premio aveva ricevuto da esso, che se l'era cavato da una mano,
un po' di sangue, quanto pu contenerne un cucchiaio, e con questo sangue il
diavolo aveva scritto come ella gli si fosse data. Ci era avvenuto all'et di trent'anni,
ma fin da quando ne aveva sedici andava al giuoco di Diana. La prima
volta vi era andata controvoglia in luogo di una sua zia, che altrimenti non avrebbe
potuto morire. Conclude, dichiarando che dal giorno in cui si era data al diavolo
non aveva pi potuto confessarsi e pregare l'inquisitore di salvarle l'anima",
G. Bonomo, Caccia alle streghe, Palermo 1959, pag. 17; E. Verga, Intorno a due
inediti documenti di stregheria milanese del secolo XIV, in "Rendiconti del Regio
Istituto lombardo di scienze e lettere", s. II, 32, 1889.
33 C.E Coxwell, Siberian and other folk-tales, Londra 1925.
34 Sull'imbottitura di paglia dell'animale ucciso, si ha notizia anche nei
Bouphonia classici, M. Harva, Morvalaisten Muinaisuski, Parva 1942, pag. 9.
35 "Tra gli Osseti si racconta che Soslan riesce a espugnare una citt facendosi chiudere
nella pelle di un bue appositamente ucciso, e fingendosi morto. Nelle varianti
circasse della stessa leggenda Soslan viene schernito brutalmente, come se fosse
morto davvero: Ehi, mago dalle gambe storte, i vermi brulicano su di te! Soslan, che
ha le ginocchia vulnerabili in seguito a un tentativo fallito di assicurargli l'immortalit
quand'era bambino, infatti un mago, una specie di sciamano, uno che capace
di andare vivo nell'aldil e tornare. Per questo pu resuscitare dalla pelle di bue in
cui stato avvolto", C. Ginzburg, Storie notturne, Torino 1989, pag. 241.
36 "Il grande pericolo della vita che il nutrimento degli uomini fatto interamente
di anime. Tutte le creature che dobbiamo uccidere e mangiare, tutte quelle
che dobbiamo abbattere e distruggere per farci gli indumenti, hanno un'anima;
un'anima che non muore con il corpo e che deve pertanto essere pacificata
nel timore che si vendichi su di noi per averle sottratto il corpo", K. Rasmussen,
Intellectual Culture of the Hudson Bay Eskimos, Copenhagen.
37 A. Seppilli, op. cit., pag. 56.
38 V. Dioszegi, A samanthit emlkei a magyar npi muveltsghen, Budapest 1958,
pag. 142; V. Ja Propp, op. cit., 1982; A. D. Afanasjev, Antiche fiabe russe, Torino
1953; W. Denton, Serbian Folkbre, Londra 1874; G. Pitr, Fiabe, novelle e racconti
popolari siciliani, Palermo 1870; P. E. Guarnerio, Primo saggio di novelle sarde,
1883; P. Sbillot, Comes populaires de la Haute-Bretagne, Parigi 1880; Th. KochGrunberg, Favole e miti dellAmazzonia, Milano 1982; S. Thompson, La fiaba nella
tradizione popolare, Milano 1966; A. Steiner, Sciamanismo e folclore, Parma 1980.
ga al giorno. Parte del Canton Ticino nel 1431 era ancora sotto l'influenza
del Ducato di Milano ed in quell'anno che iniziarono i
processi per stregoneria in Val Leventina. Poco pi tardi inizieranno
numerosi processi anche in Valtellina. I processi si intensificheranno
all'epoca di Francesco Sforza. Papa Paolo III, nella scia
della Controriforma, per la difesa del Cattolicesimo contro i movimenti
Luterani e Calvinisti che stavano provocando la frattura e la
diaspora del Cristianesimo, il 21 luglio 1542, istitu la Congregazione
della Santa Inquisizione della Eretica Provit, per mezzo
della quale la Chiesa Cattolica inizi la caccia agli eretici. Purtroppo
l'episcopato cattolico approfitt di questa occasione per tentare di
sterminare i cosiddetti "diversi": non solo spiriti liberi e critici della
chiesa ma anche vagabondi, matti, donne di facili costumi, od
anche semplicemente malati cronici che davano fastidio alle buone
famiglie cattoliche. La bolla di Papa Paolo III sosteneva: "diamo ai
cardinali-inquisitori il potere di investigare contro quanti si allontanano
dalla via del Signore e dalla fede cattolica, o la intendano in
modo diverso, o siano in un modo qualunque sospetti di eresia, e
contro i seguaci, fiancheggiatori e difensori; come contro chi presta
loro aiuto, consiglio e favori".
In tutte le valli montane sia del futuro Canton Ticino che
dell'Ossola e del Luinese, la miseria imponeva ai valligiani di emigrare
stagionalmente al di l delle Alpi, nei cantoni tedeschi della
nascente e pi fiorente Confederazione Elvetica, dove lavoravano
come muratori, scalpellini, spazzacamini o pastori, durante il periodo
primaverile-estivo. A partire dal tardomedioevo e per molti secoli
a venire, su ordine dei rispettivi vescovi, questi lavoratori stagionali
che attraversano il Passo del San Bernardino, Gries e dell'Arbola,
furono costretti a presentare un "attestato di frequenza alla Santa
Messa" di una chiesa cattolica d'oltralpe, per dimostrare di non
avere abbracciato una nuova fede o di non essere atei. Se non adempivano
a questa regola, al ritorno a casa, rischiavano di essere inquisiti,
torturati e bruciati sul rogo. Inoltre, le loro misere propriet
roce applicazione della tortura e per la durezza delle pene che furono
sempre capitali. Parrebbe che il potere politico locale rappresentato
dal Landfogto 1, che, dopo la recente acquisizione della regione
aveva bisogno di rafforzare una dimensione istituzionale ancora in
fase di assestamento, utilizzasse la persecuzione delle streghe, con
tutta la sua ferocia, ad uso di avvertimento e controllo sociale di un
territorio ancora ostile e da domare.
All'origine dei processi per stregoneria ci sono spesso delle semplici
voci che indicano qualcuno come strega o stregone, soprattutto
a causa di alcuni atteggiamenti considerati, per l'epoca, eccentrici e
devianti dalla morale comune. Altro motivo di accusa il possesso di
una conoscenza medica superiore, tipico della guaritrice che guadagna
bene con i suoi rimedi e perci si attira l'invidia dei compaesani
sospettosi. Dai documenti processuali risulta che le imputate svolgono
le loro azioni malefiche sempre nell'ambito del villaggio natio:
niente voli a cavallo di scope o trasferimenti di anima in corpi d'animali
per raggiungere il luogo, lontano, del sabba. Tutto oltremodo
casalingo e si limita a localit "maledette" raggiungibili con una
comoda passeggiatina. Insomma il diavolo della porta accanto!
1514. Nel territorio di Lugano e Mendrisio si verifica una
grande caccia alle streghe, si parla di 300 donne arse sul rogo. E un
episodio famoso, spesso citato in seguito negli scritti contro l'Inquisizione,
ma poco documentato. Mendrisio fu il borgo che ospit i
processi per stregoneria. La condanna capitale per, rogo o decapitazione,
veniva sempre eseguita dopo una "parata" per un percorso stabilito
che toccava tra l'altro Chiasso e Balerna. Al contrario di ci che
avveniva nel resto d'Europa, l'esecuzione della sentenza non avveniva
in piazza ma in aperta campagna, spesso in un vallone sinistro e fuori
mano. Si pensava che avendo le streghe incontrato il diavolo in una
localit naturale boschiva, era logico che venissero bruciate nello stesso
contesto, quasi per negare l'appartenenza di queste poverette alla
societ paesana. La valletta di Carcera, tra Mendrisio e Rancate, era
uno dei luoghi preferiti per le esecuzioni. Il primo processo di cui si
NOTE
Per tutte le notizie di processi per stregoneria si rimanda a: ASCMi, Registro della
sentenza criminali. Cimeli, 147, f.51rss Milano.
1 Dal tedesco Landvogt. magistrato con pieni poteri incaricato dai tre Cantoni del
controllo politico e giuridico del territorio ticinese. La maggior parte dei
Landvogt provenivano da Lucerna o Zug.
2 Oggi Cantone dei Grigioni.
3 A. Marcaccioli Castiglioni, Streghe e roghi nel ducato di Milano, Milano 2000.
4 Processo a Mayneta di Castello, udienza del 2 giugno 1543.
5 A testimonianza del persistere del culto della pietra legato alla Dea Madre e alla
fertilit ancora oggi nel Canton Grigioni i massi erratici sono chiamati "Moma
velha" (Madre antica).
6 G. Beccarla, Le streghe di Baceno, Antiquarium Mergozzo 1997.
L'INQUISIZIONE A MILANO
(R. Corbella)
Secondo il Cathalogus chronologicus fi-dei questor Mediolani
nell'anno 1218 inizi a Milano l'attivit del tribunale dell'Inquisizione
contro "maghi, streghe, patari ed eretici". 22 aprile
1233 Breve di Gregorio IX che affida ai domenicani la giurisdizione
sul Nord Italia per quanto riguarda i processi penali contro gli
eretici, affiancandoli ai vescovi.
Chi sono in realt queste streghe lombarde del 1200? Sono
per lo pi donne disgraziate o vedove abbandonate da tutti. Spesso
relegate in una posizione marginale, donne che trovano nei loro poteri
una capacit di rivalsa, soprattutto se hanno subito una condanna
sociale per deformazioni, gravidanze illegittime, malattie neuropsichiche.
Vivono ai margini della comunit professando un'arte
medica di rango inferiore; sono guaritrici che si servono di una conoscenza
segreta che viene dai poteri delle sostanze naturali, ma
sono anche in grado di fornire filtri d'amore o veleni che, accompagnati
da rituali magici, possono colpire i nemici dei loro clienti.
La Chiesa afferma la presenza del demonio in tutti gli aspetti della
stregoneria e, attraverso il potente strumento teorico del Martello
delle streghe, legittima ed esige processi e roghi. del 12 giugno
1233 la bolla Vox in Roma di papa Gregorio IX, nella quale per la
prima volta vengono citate e condannate le pratiche di stregoneria,
in questo caso relative alla sola Germania. Si parla di omaggio al
demonio, profanazione dei sacramenti, balli, banchetti e orge sessuali,
metamorfosi dell'uomo in animale. Nel 1320 Bernardo Gui,
nel suo Manuale dell'Inquisitore, cita, al capitolo VI, "sortilegi, divinazioni
e invocazioni" facendo rientrare le pratiche di stregoneria
cura. Cos il suo amico capitano VaccaJlo insinua nella mente di Alvisio
il sospetto di essere stato stregato proprio dalla sua donna di
servizio, Caterina Medici. La poveretta, che aveva quarantaquattro
anni e quindi, per l'epoca, era una vecchia zitella, anni prima aveva
servito a casa del Vaccallo e lui aveva provato a farle .la corte, Caterina
per l'aveva respinto e deriso, offendendo cos il vendicativo
capitano in maniera inqualificabile. Caterina non potendo pi stare
dal Vaccallo era andata a lavorare dall'Alvisio Melzi. E cos che la
malattia misteriosa di quest'ultimo d modo al Vaccallo di vendicarsi
della donna dichiarandola strega e responsabile delle sofferenze
del suo padrone. Sotto la tortura, la poveraccia prima resiste negando
ogni addebito, quindi quando lo strazio diventa insostenibile
cede e confessa tutto: afferma che aveva firmato un patto con
Lucifero, di essere andata al sabba volando su una scopa, sparso
malefici e lanciato il malocchio; rovinato famiglie, succhiato il sangue
di infanti. Era, insomma, una vera strega. L'ultima sua impresa
era stata la malattia del padrone, ma ora si pentiva e voleva tornare
a Dio. Venne prima torturata in pubblico: le sue carni furono straziate
dalle tenaglie roventi, quindi, poich si trattava di una strega
pentita, fu strangolata prima di essere bruciata. Sulla stessa "baltresca",
nel 1620, verranno bruciate sul rogo altre due streghe: Angela
dell'Acqua e Maria de' Restelli. Il 12 novembre 1641 ebbe luogo
l'ultima esecuzione di streghe in piazza Vetra: salgono sul patibolo
Anna Maria Pamolea e la sua serva Margarita Martignona, accusate
di essere dedite alla stregoneria e al culto del diavolo. Purtroppo
di queste donne sappiamo solo i nomi, non la storia, n i dettagli
dei capi d'accusa. Di fronte ad una folla entusiasta, le due donne furono
torturate con le tenaglie roventi, invece di garrottarle il boia
decide di impiccarle ma al primo tentativo la corda si spezz e si
accese una disputa violenta fra il boia, accusato d'incapacit e alcuni
cavalieri presenti tra il pubblico. Tutto ci davanti alle due vittime
sanguinanti e con le carni straziate. Finalmente il boia si decise:
le strangola e quindi le arde sul rogo. Il palco della "baltresca" era in
NOTE
1 Cio "casa degli sporchi", che esiste ancora in via Laghetto. I "tencitt" erano i
conciatori di pelli, i facchini e i carbonai.
2 La congrega segreta delle streghe, da cui deriva il verbo dialettale "Stremire":
spaventare.
3 In realt, secondo l'uso spagnolo, si trattava di un "garrottamento" uno strangolamento
particolarmente lento e molto doloroso.
Per il testo di questo capitolo sono state utilizzate le seguenti fonti: ASCMi,
Registro della sentenze criminali. Cimeli, 147, f.53 ss - Giovanni Andrea Prato,
Storia di Milano, Milano - Michela Zucca, Streghe, diavoli e sibille - Atti del Convegno
- Como, 18-19 maggio 2001 - Comune di Como, Cultura e Musei, Biblioteca,
NODO libri.
IL "CASO MONTEVIASCO"
(R. Corbella)
Monteviasco un piccolo incantevole paese di montagna
della Val Veddasca. Per lungo tempo stato isolato
dagli altri nuclei abitati della valle a causa della sua posizione di nido
d'aquila, raggiungibile solo percorrendo sentieri impervi ed una
ripida scalinata. La difficolt dei suoi abitanti a rapportarsi coi paesi
vicini fece nascere molte leggende1. Monteviasco nel medioevo era
una terra di discordie per il possesso dei pascoli tra i locali e gli abitanti
del Malcantone (Svizzera), terra di confine quindi e chiusa in
s stessa con poche famiglie e limitato rapporto con l'esterno.
L'unico piccolo nucleo abitato con cui gli abitanti di Monteviasco potevano
interagire era Piero (praticamente una frazione del precedente),
ed in un secondo tempo il gruppo di baite edificate attorno ai
mulini situati nel vallone del torrente Giona. Dagli abitanti di Curiglia
e Dumenza la Viaschina, Monteviasco e Piero vennero considerati
in passato un covo di briganti e stregoneria e ancora pochi anni
prima dell'abbandono dei due paesi, attorno al 1950, si mormorava
sottovoce che proprio il prete era il pi potente "striun" di tutti e che
per diventare parroco di questo strano paese bisognava avere relazione
con il "Vescuv dur Bocc" (il "vescovo del caprone" ovvero il diavolo)
che avrebbe favorito il suo allievo controllando segretamente la
curia in modo sopranaturale e cos fargli avere l'incarico.
Dove non arrivava la grazia divina in Val Veddasca si usava la
magia. Una delle ultime "stroligh" di Monteviasco aveva il potere di
trasformarsi in qualunque animale volesse: un grande caprone nero
("Becc" o "Bocc") che d'improvviso si materializzava uscendo dal
folto del bosco e caricando il montanaro con cui aveva litigato e
loro nuovo corpo di cui hanno preso possesso, con tutti i vantaggi:
forza e velocit animalesche, ma soprattutto la capacit di volare.
Questa credenza fa parte probabilmente di un bagaglio inconscio di
pratiche arcaiche rimaste come retaggio popolare dell'et celtica e
romana. Apuleio, vissuto a Roma nel 170 d.C., autore di un romanzo
in latino Le metamorfosi, anche conosciuto come L'asino d'oro,
tra l'altro descrive una di queste trasformazioni che pare tratta
dai racconti popolari che mi hanno dettato i miei informatori montanari
parlando di streghe. Apuleio scriveva: "...verso le prime ore
della notte, la strega Panfila comincia con lo svestirsi di tutti gli
abiti, e aperto un armadio, ne trae numerosi vasetti. A uno di questi
leva il coperchio, ne toglie l'unguento, se ne spalma a lungo le
mani, poi si unge interamente dai piedi sino alla sommit dei capelli,
e parlando sommessamente alla lucerna, muove le membra tremando
tutta. A mano a mano che si scuote, le spuntano molli
piume poi forti penne, il naso le si indurisce e le si incurva, le
unghie diventano uncini. Panfila diventa un gufo. Poi, fatto uscire
un lamentoso strido, la strega saltella in terra e tutt'a un tratto, levatasi
in volo, fugge ad ali spiegate".
Questo il racconto di un'unzione di una strega e suo seguente
acquistare forma animale, che sembra proprio un brano di racconto
moderno. La casistica perfetta: vi l'unguento o polverina magica,
e il seguente tramutarsi in animale, guarda caso come la Lina, in
un uccello, un gufo. Ricordiamoci l'etimologia del termine "strega"
derivante proprio dal nome latino del gufo: "strix-strigis" da cui l'italiano
strega. La credenza nelle unzioni che provocano trasformazioni
animalesche erano ritenute credibili nel periodo gallo-romano e vennero
credute vere per altri 2900 anni e forse qualcuno ci crede ancora
oggi! Apuleio, per le sue asserzioni, venne a sua volta accusato di
essere un mago e dovette difendersi in tribunale.
La credenza nella magia nera e nelle streghe era molto radicata
in Val Veddasca come in tutta l'area prealpina lombarda. Cos
scriveva in Superstizioni popolari dell'alto contado milanese F.
Cherubini, nel 1843: "Il volgo crede ancora nelle streghe. Qualche
vecchia accorta fa tesoro di siffatta credenza, e ottiene ci che
le occorre da' poveri contadini...".
La tradizione orale del varesotto non omogenea, nell'area
prealpina prevale la credenza nell'esistenza degli "stroligh" e della
"fisica", nella pianura si crede pi genericamente al "malocchio". Per
tornare alla Lina, strega emblematica della Val Veddasca, gli episodi
della sua esperienza magica avvengono soprattutto in localit
"Mulini di Piero". Era molto legata a quel luogo anche perch
molte delle sue "malie" le faceva (o diceva di farle) a Indemini, paesino
svizzero in fondo alla valle dove essa diceva di avere l'amante.
La Lina era magicamente collegata agli alberi e una delle suoi incantesimi
era quello di far urlare le piante quando le si tagliava. Un
taglialegna dell'epoca rifer che quando tentava di abbattere un
albero particolarmente imponente per fare carbonella o per vendere
il legname a Luino, al primo colpo di scure la pianta urlava come
un essere umano: "Se non avessi bisogno di questa attivit per mantenere
la mia famiglia, cambierei lavoro. Questi alberi sembrano
avere un'anima e una voce. Quando la sega penetra il legno vivo, io
sento la loro sofferenza! Allora smetto e provo a tagliarne un altro
ma anche questo urla come un bimbo sgozzato e io non ce la faccio
a sopportarlo e corro a casa...".
In realt, il mattino dopo il tentato abbattimento, la Lina si
presentava a casa del malcapitato taglialegna e si offriva di togliere
la fattura al suo bosco in cambio di una piccola somma di denaro.
L'uomo accettava e dopo aver pagato era sicuro che gli alberi non
avrebbero pi urlato.
Pi recente la storia della "Pora Ghti", la povera Margherita,
che fu una strana strega: in effetti nessuno la incolpava di malefici
o di lucrare sui suoi poteri veri o presunti. Anzi essa era forse
vittima di questi strani accadimenti. Ghti frequentava poco la chiesa
e si sussurrava praticasse segretamente la "Religiun d'arbur" (il
culto degli alberi), ovvero probabilmente i resti di un antico culto
NOTE
1 Una su tutte: Monteviasco sarebbe stato fondato nel XVI secolo da un gruppo
di mercenari dediti al brigantaggio che si rifornirono di donne rapendole ai paesi
vicini. In realt, ritrovamenti archeologici hanno dimostrato che Monteviasco era
gi un importante centro religioso celta nel 300 a.C.
2 Libro Grigio: misterioso testo che si diceva contenesse tutte le formule magiche
da usare per fare la "fisica".
3 Montino: abitante di Monteviasco, "ur Feliss": il Felice.
4 Per i montanari prealpini il canto del gallo fuori orario ha significato di malaugurio
e il verso delle oche si dice che porti la malattia in casa. G. Tassoni nel libro
Tradizioni popolari nel dipartimento del Lario, scrive: "...quando sentono i contadini
ed altra gente rozza cantare le galline alla foggia dei galli, il che dicasi cantare
in gallesco, lo hanno per cattivo augurio, e perch cessi la loro mala ventura
hanno in costume di vendere una tale gallina e di correre col danaro dal Parroco
onde celebri una messa".
5 Qui abbiamo il "vento maligno" di E. De Martino in Sud e magia (Milano
1959): oscura presenza demoniaca che viene dominata dalla forza religiosa che si
sprigiona dal prete.
6 Soprannome datole a Indemini, non siamo riusciti a sapere il vero nome.
7 Si tratta del moscardino, piccolo roditore fulvo dorato che, come i ghiri, nella
credenza popolare collegato al diavolo.
8 Cascinotto dove si essiccavano le castagne.
9 II miglior testo su Monteviasco resta: G. Astini, Monteviasco, storia di un paese
solitario. Societ Storica Varesina, Varese 1974.
LE STREGHE LOMBARDE:
"STRANIERE PERICOLOSE"
(M. Centini)
Le credenze spesso si nutrono di luoghi comuni e stereotipi
che lasciano tracce profonde nella tradizione, tracimando
nel folklore e nella leggenda. Indicative, per quanto riguarda
l'idea di stregoneria che qui si analizza, alcune leggende raccolte
in Garfagnana.
Pare che in un passato ilio tempore, quello tipico della leggenda
e della fiaba, per il periodo della raccolta delle castagne si portassero
in quell'area toscana molte donne che provenivano anche da
lontano per lavorare come coglitrici. Numerose erano indicate come
"Lombarde" e non di rado guardate con un certo sospetto. Si tenga
conto che in genere la regione posta oltre l'Appennino Tosco-Emiliano
era genericamente detta "Lombardia". Una prima leggenda
locale narra che in quei tempi in localit Madonnina della Neve
lavorava presso una famiglia una Lombarda il cui comportamento
era per tale da suscitare qualche sospetto. Infatti non prendeva mai
parte alle funzioni religiose, e dopo cena era solita appartarsi. Una
sera il padrone di casa volle seguirla e la trov addormentata su una
tavola con la bocca aperta. Prov a chiamarla ma senza ottenere
alcuna risposta: la donna pareva morta!
Ad un tratto un topolino si avvicin alla Lombarda e le entr
in bocca. A quel punto la donna si svegli improvvisamente e si
stup molto vedendo l'uomo che la osservava. Il padrone le domand
dove fosse stata ed essa cerc di sorvolare sulla questione, ma
visto che l'altro incalzava divenendo aggressivo disse si essere stata
in un paese vicino a "rovinare un ragazzo".
munque ci vadano, sia a piedi, sia portate dal diavolo, cosa vera che
realmente e veracemente, e non con la fantasia o Ilusoriamente, rinnegano
la fede cattolica, adorano il diavolo, calpestano la croce, commettono
numerose e nefandissime oscenit", cos Bernardo Rategno da
Como nel De strigis (1510), commentava la pratica del "gioco".
Un "gioco" che nell'interpretazione inquisitoriale fu accomunato
al sabba, punto culminate dei rituali praticati dalle streghe per
celebrare Satana, ma la cui effettiva fisionomia ancora oggetto di
discussione tra gli studiosi.
Significativamente, in numerose delle dichiarazioni rilasciate
dalle donne accusate di stregoneria, viene indicato che il rito (/cium) era in qualche modo diretto da una Donna del gioco: una
figura che risulta totalmente priva di connotazioni diaboliche, anzi,
su pi livelli, sembrerebbe riallacciarsi all'immagine di divinit femminili
pagane e connesse alla fertilit.
Osservando le fonti medievali, si constata che le "donnae
nocturnae" in realt erano esseri generalmente considerati buoni
("bonae res"), apportatrici di benessere, in cui erano presenti i riverberi
di creature silvestri femminili assorbite nella tradizione folklrica
e diventate spesso le ben note fate e ninfe di molte leggende.
Nei primi secoli, il Cristianesimo considerava chi credeva in
queste figure vittima delle illusioni diaboliche, ma non per questo
coinvolta in alcun commercio con Satana.
In efftti, anche nella trattatistica cristiana precedente la grande
caccia alle streghe, abbiamo concrete testimonianze sul ruolo
positivo delle "buone donne", a cui, secondo una diffusa ritualit
agreste, erano richieste indicazioni e intercessioni.
Jacopo da Varagine, nella Legenda aurea (XIII secolo), ci riferisce
dell'abitudine delle popolazioni nordiche di porre offerte alimentari
propiziatrici destinate alle "bonis mulieribus" che avanzavano
di notte.
In seguito, con la pressione esercitata dalla caccia alle streghe,
la Domina ludi dei primi secoli fu associata ad una figura grondan-
loro i diavoli che "nei barlotti del Tonale eran per lo pi circa quaranta;
erano vestiti chi di turchino, chi di verde, chi di meschino et
di pelle (...) erano mascherati"7.
Emblematica la memoria del Mariani che, nel 1673, cos
descriveva quel luogo infernale: "Dal monte di Cles mi richiameria il
monte Tonai in capo a Val di Sole, e mi faria voglia di salirvi, se non
altro, per di l vagheggiar un tratto di Gallia Cisalpina, e notar il
Passo che fa per le Valli Camonica e Tellina: ma perch ha fama questo
monte di servir ad un gran numero di streghe e negromanti, per
farvi di lor diabolici tripudij, e circoli non debbo hazardarmi di porvi
piede: quando non havessi pi, che armata la mano d'essorcismi,
anco di buon legno per sgombrarne que' tanto inuqi, e perfidi prestigiatori:
se ben io non creddo in tal monte tante cose. Anzi vengo
d'intendere da chi ha visto, come nella sommit di Tonai, dove s'apre
una vasta e bella prateria, sorge nel mezzo piantatavi solennemente,
anni sono, la Santa Croce: segno manifesto che sgombrate del tutto
le parti avverse e a forza di quel nuovo trino disfatto ogni circolo d'incantesimo,
non pi v'annida e sibila l'antico Serpente"8.
La tradizione che riconosceva nel passo del Tonale il luogo
consacrato per eccellenza al sabba lombardo continu per molto
tempo: all'inizio del XX secolo lo storico Spinetti scriveva, "che la
tradizione della ridda dei demoni e delle streghe sia sparita dalla
Valle, non neppure da immaginarsi. Il Tonale ancora per il volgo
ignorante della Valtellina e Valcamonica il luogo del Congresso
degli spiriti e degli stregoni, come lo pure il Painale e la Valle del
Togno per Sondrio e per gli altri paesi di questa regione"9.
Quindi vi erano Lombardia altri luoghi che, pur essendo di
tono inferiore al Tonale, erano considerati un ricettacolo di streghe
e demoni.
In Valtellina il sabba si svolgeva al prato di Gambaro, nei
castelli di Moncucco e Grumello, sul monte Camino vicino a Sondrio,
al prato di Privilasco sopra Poschiavo e lungo l'Adda, sotto Ponte.
In questo caso a darne notizia fu padre Bernardo Rategno da Co-
mo (attivo come inquisitore all'inizio del XVI secolo): "un tale fu per
caso visto e riconosciuto poco prima del sorgere del giorno in un
certo luogo da due persone fededegne, nei pressi di alcuni vigneti non
lontani da Ponte, verso l'Adda, partecipare al gioco delle streghe".
Malgrado tutto, chiss per quale strana alchimia della fantasia,
ai 1883 metri del passo del Tonale toccato il primato destinato
a trasformare questo valico nel luogo deputato per streghe e diavoli.
La sua aura magica non stata cancellata neppure degli echi
della Grande Guerra, riverberando qua e l nelle leggende narrate
dai pi anziani.
Al di l della tradizione leggendaria che aleggia intorno al Tonale,
comunque importante osservare che quel luogo presente nelle
fonti storiche relative alla caccia alle streghe. Ad esempio, sappiamo
che nel 1499, tre preti camuni - Martino Raimondi di Ossimo; Ermanno
de Fostinibus di Breno; Donato de Buzolo di Paisco Loveno furono trasferiti a Brescia poich accusati di recarsi al Tonale con olio
santo e ostie consacrate, dove avrebbero effettuato una serie di riti atti
a rendere "demoniaci" quei prodotti; inoltre i tre preti erano anche
accusati di rifiutarsi si somministrare l'estrema unzione.
Gli storici, fino al XIX secolo, offrivano del Tonale una visione
fortemente travolta dalla leggenda: nei testi coevi si trovano
infatti descrizioni di chiara impostazione romantica, con numeri
strepitosi: ad esempio, 2.500 streghe che ogni notte si riunivano al
passo per celebrare il sabba. La tradizione si basava ed enfatizzava
testimonianze gi esasperate ab origine: nel XVI secolo, Carlo
Miani, scriveva che al Tonale gli "stregoni" mangiavano e bevevano
ed erano intrattenuti da bellissime ragazze.
Significativo il mezzo adottato da una donna bergamasca per
raggiungere il Tonale in breve tempo: "meteva le gambe in spalla al
me Zulian, et in una Ave Maria el me aveva gi port, at alcune
volte veniva un demonio in forma odi cavallo o di cavra e s me portava
e cussi li altri"10.
Il Tonale ricorre anche nei processi celebrati a Sondrio nel
da' parenti che poi, inteso il fatto, scrissero a Bergamo ove la maliarda
vecchia riport dalla Santa Inquisizione la ben meritata pena".
Il racconto di padre Calvi trova una corrispondenza nella letteratura
giuridico-teologica del XV-XVI secolo, che indicava nel
volo della streghe una pratica diffusa e variabilmente interpretata,
ma sempre considerata effetto dell'azione diabolica.
La credenza confermata in un'altra testimonianza del Calvi
(riferita a fatti accaduti nel 1533) e riguardante una certa "Spadona",
indicata come strega e artefice di una serie di fenomeni
soprannaturali, anche dopo la sua morte.
"Mor in Foipiano di Vall'Imania una donna chiamata Spadona,
comunemente creduta e praticata strega. Segu la sua morte
alla sette della notte, e in quel punto che mor fu udito uno scoppio
terribile che pareva rovinasse la casa; corsero genti e gittata in
terra la porta (perch sola abitata e niuno al batter rispondeva), trovarono
la rea femmina ignuda morta per distesa, ma nera come un
carbone e co' denti inchiavati. Li aprirono per forza la bocca, in cui
pareva sentirsi qualche moto, e n'usc un serpe lungo mezzo braccio,
che trasse seco horribil puzzo e in un tratto svan. Fu in un
bosco sepolta e in casa le fur trovate sette calvarie di piccoli fanciulli,
con ossa infinite de morti, gruppi di capelli, un crocefisso di cera
con aghi trapunto, et aktri magici arnesi. Il tempo s'oscur e tutto
il giorno seguente fu come notte tenebrosa".
L'immagine che scaturisce dalla precedente descrizione risulta
contrassegnata da un'aura contesa tra la fiaba e l'horror, vi sono
infatti tutti gli ingredienti per assegnare alla Spadona il ruolo di
strega secondo un modello pi letterario che storico. Nell'ambiente
in cui viveva vi erano crocifissi trafitti con spilli secondo un modus
operandi caratteristico della magia nera; crani (calvarie) di bambini,
ossa umane, ecc. Questa donna, comunque, condusse la propria
esistenza con una certa libert, visto che fin i suoi giorni presumibilmente
per cause naturali nella propria casa.
Non risultano azioni legali a suo carico, quindi vi la possi-
bilit che la vicenda descritta dal Calvi fosse influenzata dalle tradizioni
e dalle leggende locali.
In realt, nell'area bergamasca, si ha notizia di condanne a
morte comminate a streghe dalla met del XV secolo alla met del
XVIII, anche se la mancanza di documenti costituisce un'importante
ipoteca allo studio15.
Come sempre, la mancanza di fonti processuali non rappresenta
la prova che la stregoneria non sia stata perseguita, ma rende
comunque diffcile il compito del ricercatore, ansimante nel suo
instancabile tentativo di reperire indizi e tracce. In qualche caso la
ricerca d i suoi frutti proponendo fonti indirette, non legate alla
pratica giuridica, ma comunque di rilevante valore documentario.
Uno di questi frutti stato raccolto da Tomaso Ghigliazza che, oltre
vent anni fa, aveva pubblicato la "letera data a Clusun a d 17 dezembrio
1518, scrita per uno da Francesco Rovello, drizata a Ser
Hironimo Querini f di Ser Pietro".
Si tratta di un documento di notevole interesse che vale la
pena di rileggere:
"Magnifico Signor mio! Dominica passata, de imposition dil
Magnifico podest Domino Vetor Querini essendomi transferito a
Gromo, loca dila valle distante di Clusn miglia 6 in circa, dove si ritrovava
il reverendo Inquisitor nominato missir Fra Zuan Batista di
l'ordine di San Domenego, da Brexa, persona in vero molto docta et
maxime in theologia, per caxon di prozeder contro alcune stige di quel
loco, et gi cinque erano state retenute, et essendo st presente al costituto
di una di quella, mi ha parso satisfaction del debito di particolar
notitia far partecipe Vostra magnificentia acci quella di meraviglia si
stupefza. Et invero dir cussi, che se io cum li propri occhi et orecchie
non avesse udito et visto, dubioso seria di prestargli fede.
Dunque, gionto che fui al dito loco di Gromo, e verso sua paternit
usate le debite cerimonie, mi disse: Sete opportuno venuto, et ne
ho piazr, ch sarete testimonio al costituto di questa scelleratissima
femina. Et voltando li occhi vidi una di et di anni 50 in circa, di
NOTE
1 M. Prevideprato, Tu hai reneg la fede. Stregoneria e Inquisizione in Valcamonica
e nelle Prealpi lombarde dal XVal XVIII secolo, Nadro di Ceto 1992, pag. 38.
2 II Canon Episcopi una breve istruzione ai vescovi sull'atteggiamento da assumere
nei riguardi della stregoneria. Originariamente fu attribuito al concilio di
Andra (314), in realt un testo pi tardo, risalente presumibilmente all'867.
3 C. Traini, Leggende bergamasche, Bergamo 1979, pag. 69. Nelle varie tradizioni la
Dona del zoch descritta in modo diverso: fantasma, scheletro, cacciatrice, filatrice o
lavandaia; in alcuni casi avrebbe un'altezza rilevante. Certe tradizioni la descrivono
coma una ragazza molto bella che viveva nel bosco, coperta solo dei lunghi capelli.
Si diceva inoltre che avesse il potere di ammaliare con il solo sguardo.
4 G. Gambara, Geste de' Bresciani durante a Lega di Cambrai, Brescia 1821, pag. 67.
5 V. Spinetti, Le streghe in Valtellina, Sondrio 1903, pag. 51.
6 F. Odorici, Storie bresciane, Brescia 1860, voi. IX, pagg. 94-106.
7 In numerosi documenti dell'Inquisizione che si riferiscono ai presunti riti diabolici
praticati dalle streghe al Tonale, si fa riferimento ai cosiddetti "barilotti".
Un sinonimo di sabba, cio la cerimonia satanica che si svolgeva in luoghi isolati
e lontani da occhi indiscreti.
Nelle prediche di San Bernardino, streghe e stregoni sono infatti detti "quelli del
barilotto", in particolare perch il "barilotto" avrebbe svolto una funzione pratica
molto specifica nell'ambito del rito: "Chiamansi quelli del barilotto. E questo
nome si perch eglino pigliaranno un tempo dell'anno uno fanciullino, e tanto
il gittano de mano in mano che elli si muore. Poi che morto, ne fanno polvare
e mettono la polvare in uno barilotto, e danno poi bere di questo barilotto a
ognuno; e questo fanno perch dicono che poi non possono manifestar niuna
cosa che ellino faccino. Noi aviamo uno frate del nostro Ordine, in quale fu di
loro, e hamme detto ogni cosa, che tengono pure pi disonesti modi ch'io creda
che si possino tenere".
8 M. Mariani, Trento con il Sacro Concilio et altri notabili, Trento 1673 (rist.
1970), pag. 319.
9 V. Spinetti, op. cit., pag. 48.
10 M. Marin Sanudo, I Diari, v. XXV, col. 62. Nello studio dei processi della
Valcamonica il contributo di Marin Sanudo (1466 -1536), noto anche con il
nome italianizzato di Marino Sanuto il giovane) particolarmente importante.
Quest'autore, storico e politico veneziano, raccoglie le formazioni dei suoi Diari:
un'opera composta di 58 volumi che abbraccia un arco cronologico compreso tra
la fine del XV secolo e i primi trentasei anni del successivo.
11 G. Odorici, Le streghe della Valtellina e la Santa Inquisizione, Milano-Venezia
1862, pagg. 94-106.
LA VALCAMONICA
(M. Centini)
Nella storia della caccia alle streghe, la Valcamonica occupa
un ruolo rilevante poich fu teatro di vicende che
hanno rappresentato una traccia importante nel quadro della persecuzione
della donne di Satana.
Purtroppo sappiamo che al nutrito corpus di studi e ricerche
sull'argomento, non si affianca per una corrispondente documentazione
archivistica, che possa cos descrive l'attivit inquisitoria
praticata in quei territori in cui si diceva fossero attive le streghe. In
effetti, chi ha condotto indagini sui processi del 1510-1518 ha dovuto
fare i conti con una quasi assente documentazione originale: ab
origine i documenti avrebbero avuto la loro sede nelle parrocchie ma
poi, verso la fine del XIX secolo, un parroco della valle avrebbe raccolto
tutta la documentazione processuale per bruciarla... Un'azione
condotta con la volont di eliminare tracce che rappresentavano un
utile contributo agli attacchi degli anticlericali. Ad oggi, per quanto
sappiamo, vi ancora del materiale relativo ai processi del 1518
nell'Archivio di Stato di Venezia.
Pi cospicue informazioni provengono dai documenti relativi ai
processi contro streghe e stregoni celebrati dal 1518 a cui fecero seguito
altri casi, susseguitisi fino alla seconda met del XVIII secolo1.
"Signori miei, son stato in Valcamonica per consultare le streghe
di quel locose mi saprebbon di Turpin la cronica mostrar per
forza d'incantato foco;una vecchiarda in volto malinconicarispose
allor con un vocione roco: - Gnaffe, che s tu lo vedrai di botto; entra
qui tosto meco e non far motto"... Cos, Teofilo Folengo (14951544)2, pur nel tracciato dissacrante caratterizzante la sua linea poe-
NOTE
1 II primo processo di cui c' giunta documentazione risale al 1455, anche se gi
in precedenza si svolsero vicende analoghe.
2 T. Folengo, Orlandino, I, stanza 12.
3 Archivio di Stato di Venezia, Reg. Senato Terra, n. 9, f. 164; cfr. R. Putelli,
Miscellanea di Storia e d'Arte Camuna da inediti documenti, Breno 1929, pag. 30.
4 C. Cocchetti, Brescia e sua provincia, Milano 1856.
5 M. Marin Sanudo, I Diari, v. XXV, pag. 586. Nello studio dei processi della
Valcamonica il contributo di Marin Sanudo (1466-1536), noto anche con il
nome italianizzato di Marino Sanuto il giovane), particolarmente importante.
Quest'autore, storico e politico veneziano, raccoglie le formazioni dei suoi Diari:
un'opera composta di 58 volumi che abbraccia un arco cronologico compreso tra
la fine del XV secolo e i primi trentasei anni del successivo.
6 F. Murachelli, Cemmo, storia di una pieve camuna, Esine 1978, pagg. 386-387.
7 M. Prevideprato, Tu hai reneg la fede. Stregoneria e Inquisizione in Valcamonica
e nelle Prealpi lombarde dalXValXVIII secolo, Nadro di Ceto 1992, pag. 77.
8 R.A. Lorenzi, Medioevo camuno. Propriet classi societ, Brescia 1979, pag. 80.
9 Per un'analisi dettagliata sull'argomento si rimanda ai gi citati studi di M. Prevideprato
e di R.A. Lorenzi.
10 G. Tartarotti, Del congresso notturno delle Lammie, Rovereto-Venezia 1749, Lib.
LXXX, pag. 570.
11 R.A. Lorenzi, op. cit., pag. 17512 Nella realizzazione di questa cronologia ci siamo avvalsi dei seguenti studi: M.
Bernardelli Curuz, Streghe bresciane: confessioni, persecuzioni e roghi fra il XV e il
XVIsecolo, Desenzano, 1988; M. Prevideprato, op. cit.-, R.A. Lorenzi, Sante medichesse
e streghe nell'arco alpino, Bolzano, 1994; P.L. Milani, a cura, Ci chiamavano
streghe, Bari 2009.
il ponte sull'Agogna, in mezzo alla strada trov dei rovi tanto ftti e
con lunghe spine aguzze, tali da non permettergli il passaggio.
Estrasse il coltello e tagli il rovo che bloccava la strada. Il giorno
dopo si vide una donna, sospettata di essere "stria", tutta tagliuzzata
malamente. Costei, che odiava il ragazzo, non paga della punizione,
tent ancora di fermarlo cambiando sembianze: infatti la sera
dopo, il giovane nello stesso posto si trov di fronte a un asino che
bloccava il ponte. Il ragazzo colp l'asino con una forte bastonata e
improvvisamente l'asino spar; il giorno dopo la stessa "stria" di prima
fu ricoverata in ospedale con una spalla rotta. Un'informatrice mi raccontava
che c'era uno di Colazza che aveva la fidanzata all'alpeggio,
ma per due o tre sere non aveva potuto andarla a trovare perch trovava
il sentiero sbarrato da una enorme siepe spinosa. Infuriato and
a prendere la roncola e le tagli. Il giorno dopo, trov sua sorella maggiore,
che non vedeva di buon occhio quella relazione, con un braccio
tagliato.
A Carona, negli anni '30, la perpetua del prete era una vecchiaccia
sporcacciona e "stroliga", che si diceva si accoppiasse con i
giovani dopo averli ammaliati con arti magiche; quando doveva fare
la fisica ai bei ragazzi per stupidirli e attirarli a s, con una scusa saliva
sul campanile della chiesa e da l lanciava il maleficio. L'incantesimo
si spandeva nell'aria e penetrava nell'orecchio del giovinetto
prescelto che sentiva un desiderio irrefrenabile di recarsi in canonica
quando il prete era via e la perpetua tutta sola. L si diceva che la strega
si mostrava al ragazzo con un ingannevole aspetto di fanciulla bellissima
e solo a accoppiamento concluso riprendeva le sembianze
poco invitanti della vecchia perpetua.
Si era negli anni '50 a Magognino, e un uomo che andava a
trovare l'amante percorrendo il vecchio sentiero nel bosco, quando
arrivava alla cappella di San Grato incontrava un tacchino che gli
camminava davanti per tutto il tragitto e poi, giunti a Carona, a casa
della donna amata, faceva il suo verso e cercava di aggredirlo, ogni
volta l'uomo gli tirava un sasso e il tacchino scompariva. Questo fatto
ortiche per lei. Cominci a correre voce che per invaghire i giovani
di s ed approfittarsi di loro, soprattutto quando fu un poco avanti
negli anni, la contessa usasse la magia e soprattutto la fisica, tramite
la quale non solo legava a s e faceva impazzire d'amore gli uomini, ma
anche si trasformava in una volpe (da qui il sopranome) per raggiungere
l'amato velocemente ed in incognito. A conferma di ci le donnette
pettegole facevano notare come il colore del pelo della bestia corrispondeva
al colore dei suoi capelli! Si mormorava che essa usasse
anche la magia nera per colpire terribilmente chi gli si rifiutava, facendogli
capitare qualche disgrazia che lo rendesse menomato o addirittura
lo conducesse alla morte. Questa strana donna lasci il paese allo
scoppio della Prima Guerra Mondiale ed emigr in Argentina.
Streghe del Ceresio - Della "stroliga" di Arcisate pi importante
e della quale si conosce a sommi capi la storia non ci rimasto
il cognome, sappiamo solo che era detta "Maria la sperlusciona"
(Maria la spettinata). Abitava nella cascina a ridosso della montagna
detta appunto "C di stroligh"20. Come strega era celebre in tutta la
Valceresio. Praticamente faceva l'erborista e i suoi rimedi erano
molto efficaci. Purtroppo non si limitava a guarire la gente: si proclamava
una "Donna di Mammone" e forniva a pagamento filtri
d'amore e malefici per far star male uomini e bestie. Leggeva il futuro
nei fondi di caff e proclamava di essere anche capace di far grandinare
a comando sui campi coltivati di chi voleva lei. Venne bastonata
crudelmente da qualche ignorante paesano inferocito che credeva
di essere stato da lei "fatturato" perch il fulmine gli aveva incendiato
il fienile o la grandine gli aveva rovinato il raccolto; il malcapitato
pagava per questa bastonatura con inspiegabili gravi incidenti:
uno impazz e si suicid, altri divennero ciechi o paralitici. Si
dice che, nelle notti senza luna, alla Maria piacesse andare a danzare
nuda nel vecchio cimitero abbandonato di Viggi e che l cogliesse
l'erba "Pirimpina" che usava nei suoi malefci. La storia di questa
donna esemplare: nata da un connubio illegale venne affidata
NOTE
* Le informazioni orali provengono dall'"Archivio Roberto Corbella" o dalT'Archivio Orienteoccidente". Gli informatori vengono elencati con l'iniziale del
nome ed il cognome completo oppure solo con le iniziali, segue il nome del paese
dove stata registrata la testimonianza, l'anno di registrazione.
1 II "Segno" una particolare situazione in cui viene a trovarsi una persona, o un
luogo, scelti da esseri sopranaturali per divenire di loro dominio e dove l'influenza
benefica del Cristianesimo non pu nulla.
2 15 maggio 1811: circolare della Pubblica Istruzione ai professori di liceo del
Regno Italico "Sulle diverse costumanze, pregiudizi e superstizioni che si mantengono
nelle Campagne".
3 Civilt di Golasecca: importante cultura celta che si svilupp in Insubria dal
1000 al 300 a.C.
4 Ved. capitolo "La fisica".
5 Queste interviste servivano a raccogliere materiale per i miei volumi sul folklore
insubrico Creature del mistero e Fantasmi nostri.
6 In Islanda e Norvegia, come evidenziato da racconti e leggende popolari, si
pensa che i preti (in questo caso pastori protestanti), dopo il seminario, vadano
segretamente a lezione di magia nera da qualche celebre sciamano locale.
7 Molti uomini di mezz'et da noi interrogati ci hanno descritto in termini schiettamente
erotici in tutti i particolari questi "incontri" stregoneschi, aggiungendo
di aver agito come in un sogno: capivano esattamente ci che stava succedendogli
ma non potevano reagire.
8 Questo bassorilievo, fino a qualche anno fa, era ancora visibile alla Colma di
Craveggia presso la cappella di San Rocco.
9 Archivio R. Corbella conversazione con Caterina Steyt Dorf (1976).
10 Ricordiamo che questi fatti o supposti tali avvennero tra il 1950 e il 1980.
AA.W., L'albero del tempo, Angera 2003.
11 Gli Abolic sono degli spiritelli minuscoli, tipo di folletti della tradizione verbanese,
che si cibano di frutta. Dotati di grandi poteri paranormali essi si mostrano
agli uomini solo durante i temporali estivi.
12 Imbastardimento, ticinese da Heimat-loss. Senza patria. Erano chiamati cos in
Svizzera i vagabondi e i non appartenenti alla Confederazione Elvetica.
13 La strega Agnese di Altanca (Poschiavo) confessa nel 1432 che Lucifero le
apparso in forma di becco, offrendole pane e formaggio in cambio di un terzo del
raccolto di fieno di tutta la valle. Per questo motivo venne giustiziata. Certo che
a quei tempi diavoli e streghe si accontentavano proprio di poco!
14 Ovvero: "questa donna e le sue capre sono le prime parenti del Diavolo".
Evidentemente la carit cristiana non era molto seguita da quel sacerdote!
15 II sistema di trasporto pubblico svizzero con corriere si chiama "Postale" perch
collegato alle Poste Elvetiche.
16 Inf. A. Rossetti - Gavirate (1972).
17 Inf. A. Rossetti, D. Binda, G. Peregalli - Gavirate, Cuveglio (1972).
18 Paolo Diacono, Histora Longobardorum.
19 C. Ranci, La sponda magra, Milano 1931.
20 La C di stroligh si trovava subito sopra Arcisate all'inizio della vecchia mulattiera
che conduce al "Passo del Vescovo". Ora stata abbattuta.
21 Su questo misterioso e singolare personaggio non si riusciti ad avere notizie
precise. Alcuni dicono fosse un ex-medico radiato dall'albo che per campare si era
adattato a fare l'erborista. Per altri era una specie di "guru" legato a pratiche sataniche.
22 Inf. L.M. - Brusimpiano (2008).
23 Gavirate - Archivio Orienteoccidente; inf. L. Lazzari, L. Derla - Fascicolo 31 b
anno 1996.
24 Inf. C. Sailer - Como (1939).
25 Molti casi di ritorno al paganesimo puro e semplice si sono avuti tra il 1959
ed il 1980 nella zona di Laveno Mombello e della Valtravaglia. Si tratta in genere
di persone con una buona istruzione, esperienze alternative e una fierezza anticlericale
di libert anarchica. Generalmente sono simpatizzanti di movimenti autonomisti
e si riconoscono nella cultura tradizionale celta irlandese.