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La
contrapposizione fra sinistra e destra non riguarda pi la realt economica e
sociale, ma si concentra su questioni limitate e su giochi di apparenze. La
rappresentazione spettacolare del contrasto di sinistra e destra non ha pi nulla a
che fare con la realt in cui viviamo e con i pericoli che sentiamo avvicinarsi:
instabilit sociale, degrado ecologico, perdita dei diritti dei ceti subalterni, guerre.
Questo libro dedicato allanalisi di tale inedita situazione storica che
permette di rivelare le contraddizioni e i nodi problematici insiti in ci che stata
la sinistra. Lambizione non solo quella di comprendere meglio il passato, ma di
fornire strumenti per pensare lucidamente il presente e per immaginare un futuro
diverso da quello, mortifero, che lattuale capitalismo assoluto ci sta
preparando.
Quaderni di Utopia rossa .2
Marino Badiale-Massimo Bontempelli
La sinistra rivelata
Introduzione
Discorsi da bar (7) - Primo: non votare (9) - Il Buon Elettore di Sinistra e la
dignit personale (12) - Il BES e la disinformazione politica (17) - Il BES e lalibi del
male minore (21) - Il BES e la congruenza tra il suo voto e gli scopi che dichiara di
volere (29)
Conclusioni
Sinistra e destra, due categorie politiche divenute fuorvianti (325) -
Ancora discorsi da bar (331)
INTRODUZIONE
Discorsi da bar
Da molto tempo la voce del popolo non pi la voce di Dio. Da molto tempo la
conversazione casuale, al bar, in autobus, in una sala daspetto, non pi in grado di
sorprenderci o di aiutarci a capire. Spazzata via ogni cultura popolare autonoma,
invasa la vita quotidiana dallindustria culturale, distrutta la scuola, quello che circola
nel senso comune una informe e confusa babele, saturata dai linguaggi degradati e
servili di giornali e televisioni, un minestrone dove si pu trovare tutto e il contrario
di tutto.
Dire che nel senso comune si trova di tutto non vuol per dire che sia tutto
sbagliato. I luoghi comuni del linguaggio diffuso sono sempre superficiali, ma non
sono sempre erronei. In mezzo a un dialogo da bar possono emergere spezzoni di una
coscienza non scorretta della realt. Per esempio, si possono sentire frammenti di
conversazione come questo: il mondo sta andando alla rovina, s, e nessuno fa
nulla, n a destra n a sinistra!, bisognerebbe inventarsi qualcosa di nuovo.
Ebbene, nostra convinzione che frasi di questo tipo descrivano in modo
sostanzialmente corretto la realt storica attuale: siamo cio convinti che il modello di
vita basato sullaumento illimitato di produzione e consumi, modello che a partire
dalle nostre societ occidentali si esteso allintero pianeta, sia profondamente
distruttivo e stia trascinando il mondo alla rovina. Siamo convinti che destra e sinistra
non sappiano e non vogliano fare nulla per contrastare questa rovina, e che sia
necessario inventare qualcosa di nuovo sul piano culturale e politico.
La scommessa che abbiamo fatto scrivendo questo libro quella di dare a
queste tesi il necessario spessore intellettuale e argomentativo. Speriamo in tal
modo di fornire, a quelle persone che confusamente intuiscono le verit cui accennano
i discorsi da bar, la possibilit di confrontarsi con un ragionamento che tenta di
tradurre in spiegazioni teoriche e in indicazioni pratiche le loro intuizioni.
Occorre precisare che, volendo mantenere le dimensioni di questo libro entro
limiti ragionevoli, non possiamo approfondire come meriterebbero tutte le questioni
implicate nelle tesi sopra enunciate. Ci concentreremo invece sullesame critico della
sinistra, e gi solo per questo sar necessario un viaggio non breve nella storia
politica, economica, culturale del Novecento. In particolare cercheremo di chiarire
quello che appare come un autentico paradosso: il fatto cio che i ceti politici di
sinistra, mentre operano scelte economiche e sociali in totale contraddizione con gli
ideali storici della sinistra (giustizia sociale, solidariet, difesa dei ceti subalterni),
continuano ad essere votati, in grande maggioranza, da persone che affermano di
ispirarsi a quei valori.
Lanalisi di questo paradosso ci porter, come abbiamo detto, ad occuparci di
varie questioni. Vorremmo per, in questa introduzione, porgere subito al lettore
alcune conclusioni pratiche, la cui piena giustificazione razionale sar chiara,
speriamo, una volta ultimata la lettura di questo libro.
Se vero che il mondo sta andando in rovina, che destra e sinistra non sanno e
non vogliono farci nulla, e che occorre inventarsi qualcosa di nuovo, allora chi si
sente legato agli ideali storici della sinistra sopra citati, deve necessariamente
rompere ogni legame poltico e culturale con quello che oggi la sinistra, e questa
rottura deve concretizzarsi anche nelle scelte elettorali. In particolare, data la
situazione italiana attuale, nella quale le uniche possibilit di voto sono per uno dei
due schieramenti opposti, ma in realt speculari, la scelta necessaria secondo noi
quella di non votare.
Alla vigilia di ogni nuova elezione popolare, i due schieramenti che si contendono
il governo dello Stato e degli enti locali, quello di centrodestra e quello di
centrosinistra, si lanciano reciprocamente pesantissime accuse, e indicano luno
nellaltro il massimo pericolo per gli interessi collettivi. Tutti i pesci dei loro
rispettivi bacini elettorali abboccano allamo, e ciascun elettore toma a votare, non
importa se pi o meno convinto, non importa se pi o meno deluso, il proprio
schieramento di appartenenza. Ci accade perch lelettore di uno schieramento
conosce le malefatte dello schieramento contrapposto, mentre ignora, o sfuma, o
minimizza, o rielabora sofisticamente, quelle del proprio, o comunque ne prende
emotivamente le distanze al momento del voto. Le competizioni elettorali si ripetono
in tal modo sotto le false sembianze di scelte importanti, gli eccessi di malcontento
eventualmente suscitati da uno dei due schieramenti riversano aspettative di
miglioramento nellaltro, e il paese sprofonda sempre pi, non ad opera della destra o
della sinistra, ma ad opera delle sue malsane dinamiche sociali, che la pendolarit di
destra e sinistra perpetua.
Non vogliamo con questo dire, sia ben chiaro, che destra e sinistra siano eguali
come due gocce dacqua. Hanno memorie differenti, per cui soltanto una giunta di
destra avrebbe potuto intitolare, come avvenuto, una strada a Pavolini, mentre una
giunta di sinistra non lavrebbe mai fatto. Hanno modalit comunicative un po
diverse, per cui, poniamo, una Anna Finocchiaro riconoscibile come persona di
sinistra. Si dividono su questioni come aborto, coppie di fatto, droghe, eutanasia,
fecondazione assistita, uso degli embrioni, rispetto alle quali la tendenza della destra
pi restrittiva nei confronti delle opzioni individuali, la tendenza della sinistra pi
favorevole ad accettarle.
Detto questo, le sorti del paese non cambiano se lo governa la destra oppure la
sinistra, perch le questioni sopra elencate sono le sole rispetto alle quali il sistema
politico ammetta scelte alternative. Perci nel piccolissimo ring di tali questioni si
affollano moltitudini di contendenti che fanno valere le loro contrapposte ideologie.
Ma per quanto destra e sinistra si scontrino riguardo a quanta dose di droga possa
essere considerata di lecito uso personale, o quanti embrioni non utilizzati prodotti
dalle tecniche di fecondazione siano accettabili, le malsane dinamiche sociali che
stanno devastando lItalia procedono prescindendo totalmente dai bisticci scatenati
nel piccolo ambito di tali questioni.
Vale a dire che lampiezza dei divari di reddito tra i diversi strati sociali,
lincidenza della disoccupazione, lestensione del lavoro senza diritti, il grado di
penetrazione istituzionale e territoriale delle organizzazioni malavitose, i livelli di
inquinamento atmosferico, acquifero e acustico, la partecipazione italiana a guerre
contrarie agli interessi del popolo italiano, e questioni simili, sono determinate da
processi che si svolgono identici e indisturbati sia sotto il cielo della sinistra che
sotto quello della destra.
La politica che si svolge dentro le istituzioni, con il suo club esclusivo di partiti,
non pi, dunque, una cosa seria, perch, anche se continua a chiamarsi politica, non
d pi alcun indirizzo alla vita della polis, ma ne amministra i contenuti plasmati
esclusivamente dalleconomia del profitto.
Con questo non vogliamo dire, sia ben chiaro, che lastensionismo elettorale
risolva qualcosa. Non risolve proprio niente. Per cominciare a invertire la tendenza
storica attuale alla decomposizione sociale e morale occorrerebbe che emergesse una
forza politica capace per prima cosa di collocarsi completamente al di fuori della
contrapposizione tra destra e sinistra, e poi di rifiutare le guerre imperiali in cui la
sinistra e la destra hanno coinvolto il nostro paese, di perseguire i valori della tutela
ambientale, della coesione sociale e della civilt della cittadinanza, sistematicamente
calpestati, sia dalla sinistra sia dalla destra, in funzione delle esigenze esclusive di
crescita illimitata del prodotto interno lordo. In mancanza di una tale forza politica, il
rifiuto del voto alla destra ed alla sinistra privo di effetti politici.
I due schieramenti, infatti, non essendo pi basati sulla partecipazione militante,
misurano soltanto le percentuali di consenso rispettivamente ottenute tra i votanti, e
possono tollerare, al di l delle finte preoccupazioni di circostanza, dosi massicce di
non-voto. Lastensionismo elettorale, semmai, quando pi consistente in uno dei due
schieramenti, ha leffetto di determinare la vittoria dellaltro. Ma questo non un
reale effetto politico, perch la polis non cambia se cambia lo schieramento in essa
vincente. Il cambio della guardia prodotto dal risultato elettorale incide solo sulla
distribuzione delle cariche e delle prebende tra le cordate clientelari, per le quali
soltanto lo scontro tra i due schieramenti cos aspro.
Che significato ha, allora, lauspicabilit del non-voto, se cos stanno le cose? Se
voto e non-voto sono ininfluenti sul destino della polis, perch mai lelettore di
tradizionale appartenenza alla sinistra non dovrebbe continuare a votare, senza
nessuna illusione di migliorare le cose, ma per evitare che esse siano gestite da un
personale di governo ancora peggiore di quello del centrosinistra?
Poich, come abbiamo detto, la scelta di votare oppure no non ha nessuna reale
incidenza politica, le ragioni a favore della scelta di non votare, finch il men
elettorale non offra alternativa diversa dalle coalizioni di centrosinistra o di
centrodestra, sono ovviamente ragioni che non toccano direttamente la sfera della
politica. Si tratta di ragioni incardinate su altre sfere, che rispetto alla politica hanno
per valore basilare e fondativo.
Consideriamo la figura astratta di chi dia il proprio voto ad uno dei partiti della
coalizione di centrosinistra senza essere n un magnate della finanza, n un manager
dellindustria, n un dirigente di banca, ma appartenendo al ceto medio inferiore o al
ceto popolare, e senza avere un interesse particolare -come ad esempio quello di
mantenere un incarico pubblico o un beneficio clientelare - alla vittoria della
coalizione, ma aderendo per tradizione o sentimento a unimmagine antica della
sinistra. Denominiamo questo idealtipo Buon Elettore di Sinistra. Ebbene, un simile
individuo manifesta, nel suo appassionato coinvolgimento nella sorte elettorale del
centrosinistra, uninconscia rinuncia alla propria dignit personale.
Si perde dignit, infatti, quando si vuol partecipare a qualcosa che ci esclude.
Pensiamo a coloro che si appassionano alle vicende personali dei divi dello
spettacolo. Perch li sentiamo privi di dignit? Perch quei divi, vivendo la propria
vita, si occupano, com ovvio, solo dei fatti propri, senza la minima considerazione
di costoro, i quali, ci nonostante, si sentono coinvolti in ogni notizia che riguardi tali
divi.
Il Buon Elettore di Sinistra ha lo stesso atteggiamento verso i dirigenti dei propri
partiti. Questi dirigenti, come quelli dei partiti di centrodestra, si occupano solo dei
fatti loro, cio delle reciproche mosse nella grande scacchiera del potere. Pu il Buon
elettore di Sinistra ottenere il loro ascolto per le sue esigenze?
Non pi di quanto lo possano gli ammiratori dei divi dai propri idoli. Qualche
esempio.
Al Buon Elettore di Sinistra certamente non piace la rispettosa considerazione in
cui i suoi dirigenti tengono ogni invadente pretesa delle gerarchie vaticane. Pu far
valere presso di loro la sua esigenza di un comportamento pi laico da parte dei
partiti per i quali vota? Non pu, perch nella loro scacchiera del potere lintesa con
il potere ecclesiastico essenziale, e impone quindi una ossequiosa deferenza verso
di esso.
Al Buon Elettore di Sinistra certamente piacerebbe che il mondo della scuola,
delluniversit e della ricerca fosse pi seriamente organizzato, meno abbandonato a
se stesso e a rapporti corrotti, con pi riconoscimento e maggiori prospettive per il
lavoro e il merito. Pu egli farsi ascoltare dai propri partiti e spingerli a impegnarsi
in questa direzione? Non pu, perch i partiti non possono schiodarsi dalle loro
pratiche corruttive n fare qualcosa che non li ripaghi in termini di potere.
Al Buon Elettore di Sinistra risulta sgradevole che ci siano stranieri schiavizzati
dai loro datori di lavoro, anziani umiliati da pensioni di fame dopo una vita di lavoro,
bambini allevati nella miseria e nel degrado, famiglie senza casa, giovani senza
prospettive. Pu ottenere dalla coalizione che governa il paese - grazie anche al suo
voto - che essa assuma come suo obiettivo primario una rapida eliminazione di queste
infamie sociali? Non pu, perch il centrosinistra, come il centrodestra, costituito da
un ceto politico che risponde soltanto alle pressioni interne al suo mondo, e che
quindi favorisce prima di tutto gli interessi forti che lo rafforzano, e che non lasciano
per mai risorse per affrontare la sofferenza sociale.
Come fa allora il Buon Elettore di Sinistra a rimanere tale? Semplice: abituato
ormai alla societ dello spettacolo, sidentifica con le vicende del teatro della
politica, mettendo da parte le proprie domande lasciate inevase, e assumendo, come
fossero proprie, parti in cui le sue esigenze non trovano posto. la stessa psicologia
che, ulteriormente sviluppata, porta ad appassionarsi alle vicende del Grande Fratello
o dellisola dei Famosi. Una tale psicologia rappresenta lestrema perdita della
dignit dello spettatore nella societ dello spettacolo.
Il senso della propria dignit condurrebbe a ben altro. Vedo in televisione
Veltroni e Bassolino che ascoltano compunti una filippica di papa Ratzinger contro il
riconoscimento delle coppie di fatto? Sento che non meritano il mio voto.
Vedo ministri preposti alluniversit che non provano neppure ad eliminare
lindecenza di concorsi universitari dei quali si sa in anticipo che la vittoria non
spetter al pi meritevole ma al pi raccomandato? Sento che non sarebbe decente
votarli.
Vedo passare anno dopo anno leggi finanziarie che non hanno mai risorse per le
urgenze sociali, ma le trovano sempre per aumentare le spese militari, per inviare
armi e soldati l dove i Clinton e i Bush chiedono, per mantenere la tassazione pi
bassa dellUnione Europea per le rendite finanziarie, per foraggiare il ceto politico?
Non posso accettare coloro che le confezionano e le approvano, di destra o di sinistra
che siano.
Ma se non voto pi per Prodi, non favorisco il ritorno al potere di Berlusconi?
Se il Buon Elettore di Sinistra tornasse a dare valore alle proprie esigenze morali
e alla propria seriet intellettuale, improvvisamente sentirebbe tutta linconsistenza
spirituale e lestrema banalit di pensiero, infarcita di luoghi comuni e di chiusure
mentali, di uomini come Berlusconi e Prodi, e non mancherebbe pi di rispetto a se
stesso parteggiando per luno o per laltro (o per qualunque altra figura vincolata
allautoreferenzialit del ceto politico). La dignit della propria persona un bene
prezioso. La necessit di non perderla basta e avanza, prima ancora di ogni
considerazione strettamente politica, come ragione per sottrarsi alla scelta bloccata
che la scheda elettorale per ora ci impone, senza alternative.
La sinistra cosiddetta radicale interna al centrosinistra non unalternativa.
Essa indica talvolta ci che la politica dovrebbe fare per migliorare la societ. La
sinistra che conta, per, quando si trova al governo assieme alla sinistra radicale, non
permette mai che le belle parole di questultima diventino realt. Ci nonostante, la
sinistra radicale rimane nella maggioranza che sostiene quei governi, mostrando cos
che non le interessa niente di ci che propone, ma le interessa solo che lo
schieramento cui appartiene rimanga unito per poter continuare ad occupare il potere.
Votare per la sinistra cosiddetta radicale, perci, significa ridursi alla condizione,
priva anchessa di dignit, di chi si accontenta che le cose per le quali ha votato
vengano non fatte, ma dette.
Vogliamo la tutela dellambiente? I verdi dicono continuamente che quello
lobiettivo giusto. Sono addirittura nati per quellobiettivo. Hanno per occupato per
anni poltrone e poltroncine di governi nazionali e locali di centrosinistra sotto i quali
il degrado ambientale continuato come prima. Lelettore verde che continua a votarli
allora preda di un evidente autoinganno.
Vogliamo aumentare i redditi pi bassi e la spesa sociale, andando a prendere le
necessarie risorse, una volta tanto, dalle enormi ricchezze patrimoniali accumulate dai
profittatori della grande festa neoliberista, globalizzatrice, speculativa? I sedicenti
comunisti del centrosinistra propagandano continuamente questo tipo di idee. Fanno
per parte organica di governi di centrosinistra nei quali le scelte economiche e
sociali sono saldamente in mano alla cosiddetta sinistra moderata, governi che al
pi possono redistribuire ricchezza entro il mondo del lavoro, degli impieghi, del
commercio e delle professioni (colpendo di pi il lavoro autonomo e meno il lavoro
dipendente, per esempio), senza minimamente toccare le gigantesche fortune della
finanza, delle assicurazioni, delle banche e via dicendo. Lelettore comunista che
continua a votare per questi partiti pu farlo solo mentendo a se stesso.
La dignit personale importante, anche se non tangibilmente, anche se non
visibilmente, a prescindere da tutto il resto, perch non politica ma fonda la
politica: chi se ne spoglia si impoverisce interiormente e perde inconsciamente
autostima, diventando incapace di cogliere nella loro totalit gli aspetti di degrado e
di disumanit del nostro mondo, e quindi di lottare contro di essi. Il Buon Elettore di
Sinistra deve spogliarsi della propria dignit per farsi coinvolgere in un giuoco le cui
poste non sono quelle che vengono fatte credere, e i cui giocatori sono tutti cos
squallidi che diventa degradante impegnarsi, anche solo a livello emotivo, anche solo
con un voto, per la vittoria delluno o dellaltro.
La partecipazione al cimento elettorale sempre pi antropologicamente simile al
tifo calcistico. Per le contrapposte tifoserie, poniamo, dellInter e del Milan, la gara
tra le due squadre appare importantissima, e la vittoria della squadra avversa a quella
per cui si tifa rattristante, anche se nulla cambia, nella vita reale, se vince lInter o il
Milan. O meglio, cambia realmente qualcosa solo per chi abbia eventualmente fatto
una scommessa sullesito della gara e tragga un guadagno o una perdita a seconda di
quale sia la squadra vincente.
Ugualmente, per quelle centinaia di migliaia di persone che vivono dei minori
ruoli istituzionali che ricoprono (assessorati, presidenza di consorzi, enti,
municipalizzate, seggi comunali, provinciali, regionali eccetera), anche nel senso di
trame unimmagine e un impegno che coprano la loro insignificanza intellettuale, c
un buon motivo per tifare per il proprio schieramento: i suoi dirigenti sono i loro
capi-cordata, le cui vittorie elettorali estendono le loro opportunit e ricompense. Ma
per il semplice elettore che non abbia le mani in pasta, tifare per uno dei due
contrapposti schieramenti una automortificazione senza senso: a che pro dare credito
politico a personaggi squallidi, pensare come alternative politiche quelli che sono
meri scontri di potere, raccontarsi, insomma, storie non plausibili e perdere cos la
propria dignit intellettuale?
Quella di non perdere la propria dignit non lunica ragione per cui giusto
sottrarsi ad ogni partecipazione allo scontro di potere tra centrodestra e centrosinistra.
C anche una ragione di prospettiva politica. Se vero che voto e non-voto non
hanno alcuna incidenza sulla realt economica e sociale, anche vero che il non-voto
un presupposto perch in futuro qualcosa cambi in meglio. Infatti, lemergere di una
nuova forza politica capace di contrastare guerre imperiali, distruzioni ambientali e
ingiustizie sociali - e per ci stesso estranea alla destra, alla sinistra e alla loro
competizione - presuppone lesistenza e la vitalit di unarea sociale, magari molto
minoritaria, fatta di persone capaci di speranza, intellettualmente lucide e
politicamente informate. Da dove, se non da qui, potrebbe emergere una tale nuova
forza politica?
Ma la permanenza dellattuale vastissimo bacino elettorale della sinistra soffoca
larea sociale adatta a far emergere una tale forza politica. Il Buon Elettore di Sinistra
infatti la negazione puntuale della persona che potrebbe dare vita a questa nuova
forza politica. Infatti, il Buon Elettore di Sinistra, per essere tale, deve aver perso sia
la capacit di reagire verso il malaffare in politica, da qualunque parte esso venga, sia
ogni capacit di autentico sdegno morale (che per essere autentico deve valere contro
tutti, non solo contro la parte avversa). Ma lo sdegno morale laltra faccia della
speranza: solo chi spera veramente in un mondo migliore, e ne sente dentro di s il
bisogno e lesigenza, pu sdegnarsi contro tutto ci che va nella direzione opposta,
tutto ci che nega quella speranza e quellesigenza, perch tale negazione avvertita
come unoffesa a ci che di migliore, di pi vero e autentico si ha dentro di s.
Ne segue che chi incapace di autentico sdegno morale incapace di autentica
speranza. Inoltre, il Buon Elettore di Sinistra deve rinunciare alla propria lucidit
intellettuale, perch deve mantenere la confusione tra la sinistra emancipatoria e
statalista di alcuni decenni fa e la sinistra privatizzatrice e de-emancipatoria di oggi,
vietandosi di vedere ci che la sinistra oggi diventata e creandosi lallucinazione di
un ceto politico di sinistra che cerca in buona fede, magari sbagliando, di realizzare
gli ideali storici della sinistra1.
Infine, il Buon Elettore di Sinistra non pu essere politicamente informato, n pu
provare un autentico desiderio di informazione. Se fosse informato, infatti, lo
schieramento di centrosinistra gli ispirerebbe lo stesso ribrezzo dello schieramento
opposto. Per poter continuare a votare a sinistra, deve voltare la testa di fronte alle
informazioni capaci di suscitare quel genere di ribrezzo. Le informazioni rilevanti per
giudicare i partiti di sinistra sono o ignorate o trascurate.
Per fare un solo esempio relativo al governo Prodi, prodotto dalle elezioni della
primavera del 2006, possiamo ricordare che la prima Legge Finanziaria di questo
governo prevede un aumento delle spese militari tale da portare lItalia al settimo
posto nel mondo.2 Ma, ovviamente, il Buon Elettore di Sinistra - il BES - non pu
sapere questo dato o, se lo sa, non pu riflettere su cosa esso significhi in relazione
allattuale situazione internazionale e al coinvolgimento italiano nelle guerre imperiali
degli Usa.
Nel capitolo seguente esamineremo pi in dettaglio alcune delle decisioni prese
dal governo Prodi nei suoi primi mesi di vita. Se vogliamo invece ricordare questioni
di qualche tempo fa, basta riflettere su quanto sappia il BES a proposito delle grandi
privatizzazioni che allinizio degli anni 90 hanno radicalmente cambiato la struttura
economica e sociale dellItalia. Chiediamoci quanto siano diffuse, fra i BES, le
seguenti informazioni:
1. Durante la sua presidenza dellIri, Prodi ha svenduto a privati, e in certi casi a
privati amici, aziende Iri a prezzi molto inferiori a quelli di mercato3.
2. Prodi ricorso a trucchi contabili per far apparire come risanamento dellIri
ci che in realt era una voragine di perdite4.
3. Prodi stato coinvolto in due processi per consulenze ordinate da aziende
dellIri alla societ Nomisma, di cui egli presiedeva il comitato scientifico. In
entrambi i processi risult che la sua condotta non aveva rilevanza penale, ma nelle
motivazioni delle sentenze i giudici dichiararono che essa era tale da far pensare a un
favoritismo verso un interesse privato5.
4. Quando Prodi divent presidente della Commissione Europea, la stampa
straniera rilev un serio conflitto di interessi per il suo ruolo di consulente della
multinazionale finanziaria Goldman Sachs (che tra laltro, lui consulente, aveva
partecipato alla speculazione che condusse nel 1992 alla svalutazione della lira, e che
cost migliaia di miliardi di lire al contribuente italiano).
E se non vogliamo parlare solo di Prodi, chiediamoci quanto i BES abbiano chiaro
il fatto che laggressione alla Jugoslavia del 1999, con DAlema presidente del
consiglio, abbia rappresentato una delle pi gravi ed esplicite eversioni costituzionali
di questi anni6; oppure siano a conoscenza del fatto che nellaprile del 99, mentre la
guerra alla Jugoslavia era ancora in corso, durante le celebrazioni per il
cinquantenario della Nato, i capi di governo dei vari paesi aderenti hanno deciso un
cambiamento dello statuto della Nato che ne rende possibile lintervento militare
anche in mancanza di unaggressione militare a un paese membro7.
Possiamo concludere che, come dicevamo sopra, il BES, per rimanere tale, deve
negarsi alla speranza, alla lucidit intellettuale, allinformazione politica, ed quindi
la negazione precisa e puntuale del tipo di persone di cui c bisogno per far nascere
unautentica forza di opposizione alle devastazioni dellattuale sistema
socioeconomico.
Il Bes, quando sente affiorare dentro di s la percezione del male che fa al paese
lo schieramento al quale egli ha dato il proprio voto, se ne difende sempre con lo
stesso argomento: quello del male minore. Il centrosinistra, egli ammette in questi
casi, fa molte cose sbagliate, ma, per quante ne faccia, rappresenta sempre un male
minore rispetto ai catastrofici danni di cui portatore il centrodestra. E non forse
irresponsabile sottrarsi alla scelta fra due mali, quando uno minore dellaltro? Il
rifiuto di scegliere il male minore non equivale forse a una rinuncia a contrastare il
male maggiore? Vediamo.
Possiamo anche ammettere che il centrosinistra sia un male minore rispetto al
centrodestra. Ma ci non risolve, di per s, la questione della scelta. Solo il contesto
al quale i due mali appartengono, infatti, decide se abbia un significato sceglierne uno
come minore.
Tra una polmonite e un tumore incurabile, ad esempio, chiaro che la polmonite
un male minore. Ma se, per assurdo, si potesse scegliere se prendere luno o laltro
male, la scelta non sarebbe significativa per un anziano gi gravemente debilitato che
vivesse in unepoca precedente alla scoperta degli antibiotici, perch per lui la
polmonite sarebbe incurabile e mortale come il tumore, e semmai ancor meno
preferibile, dato il decorso lento dei tumori negli anziani. Ebbene: la societ attuale
gravemente debilitata dalla decomposizione dei suoi elementi coesivi.
Sarebbe allora da chiedersi se un governo di centrosinistra, ancorch male minore
rispetto ad uno di centrodestra, sia in grado, a differenza di questultimo, di bloccare
lo sfacelo sociale o se non occorra invece, perch si produca qualche effetto
realmente benefico, uninversione di rotta rispetto alle pratiche di mera
amministrazione tanto del centrodestra che del centrosinistra.
Consideriamo gli effetti sociali di uneconomia del plusvalore che, in quanto tale,
si mantiene esclusivamente mediante la continua e illimitata crescita del prodotto
interno lordo, entro la cui produzione soltanto viene distribuita la ricchezza collettiva,
sotto forma di redditi monetari spendibili nellacquisto delle merci costitutive
appunto del prodotto interno lordo. Giunta allattuale livello d sviluppo, questa
economia non pu che generare quegli effetti socialmente devastanti che abbiamo
sotto gli occhi: diminuzione continua dellofferta statale di servizi gratuiti ai cittadini,
per destinare sempre maggiori risorse pubbliche a vantaggio delle aziende private;
degradazione progressiva del territorio per farvi insistere produzione e circolazione
di merci su scala sempre pi ampia; collasso delletica collettiva conseguente alla
privatizzazione del pubblico, alla finanziarizzazione delleconomia e alla
flessibilizzazione del lavoro; distribuzione sempre pi ineguale della ricchezza, a
vantaggio delle rendite patrimoniali, finanziarie e speculative, e a svantaggio dei
redditi da lavoro dipendente.
Consideriamo ora come un centrosinistra potrebbe incidere su questi effetti in
maniera diversa dal centrodestra. Esso potrebbe - entro il quadro dellaziendalismo e
della mercificazione, del pubblico privatizzato e delleconomia finanziarizzata, che
esso incapace anche solo di pensare di mettere in discussione (e questo il male di
cui portatore), promuovere una redistribuzione dallalto verso il basso dei redditi
monetari allinterno dei ceti medi e popolari (e questo renderebbe minore il suo male,
tanto pi quanto maggiore fosse la crescita del prodotto interno lordo).
Si faccia attenzione: il centrosinistra potrebbe far questo nella migliore delle
ipotesi, ma al momento in cui scriviamo non lo ha ancora fatto. La rimodulazione
delle aliquote Irpef disposta dalla legge finanziaria per il 2007, infatti, ha comportato
spostamenti di reddito a favore dei ceti pi bassi di consistenza minima, oltre tutto
compensati dallaumento delle addizionali locali (conseguente ai minori trasferimenti
previsti dalla finanziaria stessa) e dei ticket sanitari. Nulla di diverso dalla
precedente finanziaria berlusconiana.
Non tuttavia inimmaginabile una politica di centrosinistra un po diversa, con
qualche vantaggio effettivo di reddito per i ceti pi bassi. Cosa succederebbe in tal
caso?
Senza un forte prelievo statale sulle grandi concentrazioni di ricchezza (attraverso
unimposta patrimoniale), sui guadagni speculativi (attraverso una tassa sulle
transazioni puramente finanziarie) e sugli investimenti socialmente dilapidatori
(attraverso una tassa sui messaggi pubblicitari e imposte di consumo sui beni di
lusso), non potranno essere ristabiliti ed estesi servizi pubblici gratuiti (ai quali,
comunque, la sinistra attuale non mira affatto).
Senza una rete di servizi pubblici gratuiti, che migliori la vita quotidiana delle
persone e aumenti i posti di lavoro, qualche maggiore reddito monetario di individui e
famiglie (posto che un centrosinistra giunga a realizzarlo) non renderebbe meno
faticosa e difficile lesistenza nella societ determinata dallattuale capitalismo. Con
le difficolt della vita dovute a servizi scadenti e costosi, e alle inerzie e sordit
burocratiche ad ogni problema, con la corruzione insita nellattuale rapporto tra
economia e politica, e con lattuale costante privilegiamento del privato rispetto al
pubblico, rimarrebbero tutti gli ingredienti che rendono oggi selvagge le relazioni tra
gli individui, che espongono ognuno ai raggiri e agli imbrogli degli altri, che non
consentono di fidarsi delle pattuizioni, che determinano, insomma, lassenza di ogni
etica collettiva, fonte ulteriore della difficolt di vivere ai nostri giorni.
Oggi la vita , per i non-privilegiati, davvero faticosa e difficile, persino pi di
quanto non lo fosse quando cera molta pi povert. La distorsione mentale comune a
tutta la sinistra, di tutte le gradazioni, di pensare che lelemento decisivo sia il
reddito monetario individuale e famigliare (a prescindere dal fatto che i governi di
centrosinistra, come quelli di centrodestra, non garantiscono neppure quello a
unampia fascia della popolazione). Persino una persona onesta come Marco
Ferrando, uscito da Rifondazionne per non avallare il sostegno a Prodi di quel partito,
in una trasmissione televisiva ha indicato come misura favorevole ai ceti subalterni la
riduzione del prelievo fiscale sulla benzina, in modo che i suddetti ceti possano
comprarne di pi con minore compromissione dei loro salari.
Tale prelievo, invece, dovrebbe rimanere alto, come mezzo, insieme ad altri
(primo fra tutti la completa chiusura dei centri urbani storici al traffico privato) per
promuovere il trasporto pubblico. Occorre uscire sia dalla destra che dalla sinistra
per indicare, come vie di civilt, la gratuit e la qualit dei servizi pubblici. Il salario
potrebbe anche rimanere basso, se il lavoratore potesse disporre di buone cure
mediche, buoni trasporti, una buona scuola per i figli, una buona soluzione abitativa
per la propria famiglia, senza dover comprare nulla di tutto ci. Senza questo, la
societ odierna un inferno. Ed un inferno perch tutto complicato e costoso.
E allora, Buon Elettore di Sinistra, a che serve scegliere il male minore (posto che
sia tale), se neanchesso arresta lodierna discesa allinferno?
In un romanzo di J.Verne, Dalla Terra alla Luna, due piloti di una navicella
spaziale alla deriva discutono animosamente su quale traiettoria prender la
navicella, con due idee molto diverse. Un terzo astronauta, chiedendosi dove
andrebbe labitacolo se prendesse luna o laltra delle traiettorie difese dai due
disputanti, viene a sapere che nellun caso e nellaltro si perderebbe, sia pure per vie
diverse, nel vuoto siderale, con morte certa di tutti i suoi abitanti. Per noi le traiettorie
della sinistra e della destra, anche se diverse, ci portano entrambe, come nel romanzo
di Verne, alla morte certa, una morte civile, naturalmente, nei torbidi mulinelli della
mafie, degli illegalismi, delle abissali ingiustizie.
Questo non vuol dire che la tesi del male minore sia sempre da rifiutare. certo
che si danno talvolta situazioni storiche nelle quali occorre scegliere fra due mali
contrapposti e si riesce a stabilire con fondatezza che uno dei due davvero il male
minore8. chiaro per che in ogni caso concreto occorrono degli argomenti seri per
capire in quale situazione ci si trovi, e occorre inoltre che laccettazione del male
minore, che rappresenta sempre una sconfitta, si coniughi a una strategia chiara e
convincente per trasformare la sconfitta in vittoria. In mancanza di queste condizioni,
la tesi del male minore diventa un passepartout buono per ogni occasione.
I fenomeni storici non si presentano mai, nella realt, in forma pura e univoca, ma
presentano sempre un arco, pi o meno vasto, di differenziazioni. Ci significa che
ogni fenomeno storico, anche molto negativo, ha sempre un lato un po meno negativo
degli altri. Il fascismo di Bottai era un male minore rispetto al fascismo di Starace, il
nazismo di Speer era un male minore rispetto a quello di Himmler, lo stalinismo del
Togliatti degli anni 30 era meno peggio di quello di Vysinskij o di Ezov.
In altre parole, di fronte a un grande male storico esiste sempre un suo aspetto che
si pu considerare un male minore. Si pu sempre, quindi, giustificare la propria
collaborazione con un male storico con largomento del male minore. In base a tale
argomento si pu quindi accettare qualsiasi realt storica, anche la pi orribile.
Cosa penseremmo oggi di un collaboratore di Speer che giustificasse la propria
adesione al nazismo motivandola col fatto che il colto e intelligente architetto di
Hitler era certamente un male minore rispetto ai volgari e violenti Himmler e
Goering? Penseremmo che si tratta o di un mentitore o, se crediamo alla sua buona
fede, di una persona che ha bisogno di giustificare in qualche modo il proprio
conformismo e la propria mancanza di coraggio e onest intellettuali.
Che pensare allora del popolo di sinistra che giustifica il proprio voto a forze
politiche che, nella loro attivit di governo, distruggono lo stato sociale e si mettono
al servizio delle guerre imperiali Usa con largomento che tali forze politiche
rappresentano il male minore rispetto a Berlusconi? Non abbiamo, evidentemente, che
da ripetere il giudizio appena espresso.
Per chiarire ulteriormente questo concetto, facciamo un esempio immaginario e un
po scherzoso (ma non troppo). Prendiamo in considerazione il fenomeno storico
della schiavit. Non c dubbio, verrebbe da pensare, che essere di sinistra significa
essere contro la schiavit, che la sinistra ha lottato e lotter sempre contro il
fenomeno della schiavit. Ma davvero non c nessun dubbio?
Dopotutto, fino a trentanni fa tutti avremmo pensato che, senza nessun dubbio,
essere di sinistra significava essere a favore di un sistema pensionistico pubblico e
delle pi ampie garanzie per la sicurezza del posto di lavoro. Poi abbiamo visto la
sinistra fare tutto il contrario. Immaginiamo allora che levoluzione economica del
nostro mondo globalizzato porti a riscoprire i vantaggi economici della schiavit.
Dopotutto anche nella quotidiana comunicazione mediatica si parla di tratta e di
mercanti di esseri umani, riferendosi al traffico di immigranti clandestini; e non c
bisogno di ricordare che c, nelle nostre societ, traffico di clandestini perch c
domanda di quel tipo di forza-lavoro priva di diritti. Non quindi del tutto assurdo
pensare che tale domanda di forza-lavoro quasi-servile possa diventare sempre pi
pressante e importante, e che di fronte a questa necessit economica si mobilitino le
stesse forze che abbiamo visto in questi anni premere per la flessibilit e la
riforma delle pensioni.
Si pu quindi immaginare una lunga campagna mediatica condotta a suon di
dichiarazioni del Fmi, di interviste a professori di economia sempre pronti a
ricordare le sfide della globalizzazione, di pensosi articoli di fondo sul fatto che
siamo in Europa e dobbiamo rimanerci. Si pu cio pensare a una campagna
mediatica tesa a rendere a poco a poco accettabile e condivisa lidea della schiavit,
del tutto analoga a quelle che negli anni passati hanno reso accettabili la rinuncia al
sistema pensionistico pubblico e alla difesa dei diritti dei lavoratori.
A quel punto, una sinistra responsabile, che accetta le sfide della globalizzazione
e della competizione internazionale, che vuole far diventare finalmente lItalia un
paese moderno ed europeo, si far carico delle necessit dello sviluppo, che si sa
comporta sempre dei prezzi, e formuler le proprie proposte legislative
sullintroduzione della schiavit. Ci sar allora una ribellione unanime del popolo di
sinistra di fronte allevidenza scandalosa di una proposta in totale contrasto con quelli
che sono sempre stati gli ideali della sinistra?
Ovviamente no, poich nel contempo la destra avr presentato le proprie proposte
che saranno, concediamolo, leggermente peggiori di quelle della sinistra. Cos la
destra avanzer una proposta secondo la quale il padrone pu frustare il proprio
schiavo come e quando gli pare, mentre la sinistra proporr che le frustate allo
schiavo non possano superare un certa quantit giornaliera da fissarsi a un tavolo di
trattative fra governo, padroni di schiavi e sindacati di schiavi. E chi pu dubitare che
fra queste due proposte quella della sinistra rappresenti il male minore? Il popolo di
sinistra, magari sbuffando e col mal di pancia, come si dice, voter quindi compatto
per la sinistra e per la schiavit, convinto di votare per il male minore.
Le svolte migliori della storia si sono avute quando si rifiutata la logica del
male minore. Pensiamo alla Francia del giugno 1940, con le armate naziste in casa. Il
regime di Ptain venne allora ossessivamente presentato, e generalmente creduto,
come il male minore, e aveva tutta lapparenza di esserlo. Schierava infatti la Francia
entro lEuropa hitleriana, ma in uno stato di neutralit, con il duplice vantaggio, a
quanto allora sembrava, di portarla fuori dalla guerra e di non consegnarla ai gruppi
nazifascisti francesi di Dat, Deloncle, Doriot. Il male maggiore sarebbe stato quello
di una Francia belligerante con la Germania sotto il governo di Doriot. Ptain,
gestendo la resa francese alla Germania nazista, evitava questo male maggiore,
lasciando Doriot in una rabbiosa opposizione.
Possiamo immaginare, in quel contesto, gli opportunisti politicanti odierni, di
destra e di sinistra. Sarebbero ovviamente stati tutti ptainisti, avrebbero detto che
con Ptain si aveva lacqua alla gola, ma si evitava di essere affogati da Doriot, e da
Hitler. Per la verit anche i politici francesi di allora ragionarono cos. Non per un
certo De Gaulle, per il quale la sottomissione di Ptain alla Germania nazista era
comunque, male minore o maggiore che fosse, disonore e sciagura per la Francia,
contro cui chiam i patrioti alla Resistenza.
Ma in quel giugno 1940 pochi francesi lo seguirono, perch lidea del regime
ptainista da accettare come male minore era condivisa dalla maggioranza di francesi.
E, contro ogni evidenza, si continu a parlare di male minore anche quando il regime
ptainista mostr il massimo zelo nella persecuzione degli ebrei.
Questa storia insegna che quando ci si piegati ad accettare una forza politica,
qualsiasi cosa faccia, solo perch si vuol credere che ci ripari dal peggio, si finisce
inevitabilmente con il non vedere il baratro verso cui ci porta. Ed infatti Ptain,
accettato nel 1940 come riparo dal peggio, port nel 1942 a Laval e alloccupazione
militare nazista di tutta la Francia, cio proprio a quel peggio da cui avrebbe dovuto
riparare.
La salvezza del paese venne da De Gaulle e dal suo rifiuto della logica del male
minore.
Dopo queste considerazioni generali sulla tesi del male minore, torniamo alle
argomentazioni del BES. Assumiamo il suo punto di vista, il punto di vista di chi vota
per il centrosinistra allo scopo di proteggere il Paese dalla sciagura di essere
governato da una destra rozza, affaristica e priva del senso della legalit. Assumiamo
che ci sia una differenza significativa tra centrodestra e centrosinistra, per cui il
centrosinistra, per quanto bruttino e deludente possa essere, non arriva mai
allillegalismo affaristico del centrodestra. In questottica, soltanto la destra sarebbe
una sciagura per la legalit democratica del paese, e lo scopo di tener lontana questa
sciagura dal potere di governo renderebbe accettabile qualsiasi altra situazione9.
Ammesso tutto questo, chiediamoci per, in maniera ragionata, se il voto a sinistra
concorra a conseguire tale scopo.
Si visto che, se anche il centrosinistra un male minore rispetto al centrodestra,
male maggiore, si tratta comunque di due mali di tale consistenza, e incidenti su una
situazione sociale e morale talmente deteriorata, da essere entrambi una rovina per il
paese.
Facciamo, per, ora un diverso esperimento mentale. Supponiamo, anche se non
affatto vero, che nellattuale vicenda politica soltanto il male maggiore porti alla
catastrofe, mentre quello minore faccia danni non-catastrofici, e chiediamoci se,
scegliendo il male minore, ci si protegga con esso dal male maggiore, secondo lo
scopo che si prefigge il BES, oppure si realizzi un famoso enunciato di Hannah Arendt:
Lungi dal proteggerci dai mali maggiori, i mali minori ci hanno invariabilmente
portato ad essi10.
Mezza Italia sua, di Sua Emittenza. Anche se se ne andato dal governo. Loro
sono ancora l, ancora suoi sudditi. Televedenti e telepazienti. Un gregge16.
un quadro condivisibile, salvo per che nella credenza (essa stessa pensiero
corto) che vi stia dentro solo il popolo di centrodestra. Infatti, appena mezza pagina
dopo aver fatto questo quadro, la stessa Ravera scrive che il governo Prodi si
comportato bene con la legge finanziaria del 2007, perch
Credo che DAlema abbia () una storia di tutto rispetto e una caratura
intellettuale che gli avventizi del precedente governo non raggiungeranno mai21.
Possiamo tirare qualche conclusione da questo esame delle tesi che vengono
espresse da intellettuali di sinistra come Lidia Ravera o Furio Colombo. Appare
evidente come la scelta di votare sempre e comunque la sinistra, vista come il male
minore, rende il Buon Elettore di Sinistra sempre pi simile ai portatori di quel male
maggiore che egli crede di combattere, lo rende membro di un gregge contrapposto a
un altro gregge, persona che le beve tutte da una fonte contrapposta a chi le beve tutte
dalla fonte opposta, persona che interiorizza unimmagine costruita dalla societ delle
apparenze (per esempio DAlema come figura politicamente seria) contrapposto a chi
interiorizza altre apparenze (per esempio Berlusconi come imprenditore che deve i
suoi successi al suo lavoro).
Naturalmente, il Buon Elettore di Sinistra del quale finora abbiamo parlato
unastrazione idealtipica, che non esiste come tale nella realt: le persone reali
sono sempre pi complesse e imprevedibili di queste astrazioni. Le persone reali
possono avvicinarsi sempre di pi agli schemi, o al contrario allontanarsene, e sono
le scelte concrete che ciascuno fa a decidere in che direzione ci si muove.
Continuare a votare per le coalizioni di centrosinistra, mantenere un rapporto di
partecipazione emotiva rispetto alle loro vicende, significa, per linesorabile forza
delle cose, avvicinarsi sempre pi allo schema qui delineato di BES, di Buon Elettore
di Sinistra.
Se vogliamo cominciare a pensare a una forza politica che faccia vivere ci che
rimane valido degli ideali storici della sinistra, occorre rompere ogni legame,
organizzativo, elettorale, culturale, emotivo, con le coalizioni di centrosinistra.
Note
Non si propone, dunque, labrogazione della legge 30 del 2003 (legge Biagi o
Maroni che dir si voglia) - un passo indispensabile se si volesse davvero fare del
lavoro a tempo indeterminato la forma normale di occupazione - ma si propone
soltanto di eliminarvi le tipologie pi precarizzanti. Tale proposta rivela la sua
natura truffaldina nella precisazione di quali siano le tipologie di contratto da
eliminare perch troppo precarizzanti: vengono indicati infatti proprio i tre tipi di
contratto che le aziende non hanno trovato conveniente utilizzare (la loro
denominazione in inglese aiuta a non far capire di cosa si tratti)23.
La grande riforma legislativa proposta dal centrosinistra per contrastare la
precariet del lavoro si risolve dunque nel mantenimento della legge-madre della
precarizzazione, la legge 30 varata nel 2003 dal centrodestra (in barba alla presunta
alternativit programmatica fra destra e sinistra), eliminandovi, fra le numerosissime
possibilit che essa offre ai padroni di precarizzare il lavoro, quelle di cui i padroni
non si sono quasi avvalsi, e che dunque, di fatto, gi non esistono.
Per quanto riguarda il lavoro a progetto, che rappresenta il modello archetipo
della trasformazione della realt di un lavoro dipendente continuativo nellapparenza
giuridica di un lavoro indipendente a termine, molto pi conveniente per le aziende
(come si vede nei call-center), il programma dellUnione propone, come si visto, di
eliminarne luso distorto. Si tratta di una delle tante fumisterie verbali con le quali
il ceto politico di centrosinistra maschera la propria totale acquiescenza ai dettami
del capitalismo assoluto. Infatti, il contratto di lavoro a progetto concepito apposta
per non riconoscere, mascherandolo, il rapporto di lavoro continuativo, ovvero per
essere utilizzato in modo distorto.
Se dunque lUnione avesse voluto veramente eliminare lutilizzo distorto del
lavoro a progetto, avrebbe dovuto semplicemente prevedere la soppressione di questa
tipologia. Prevedendone invece il mantenimento mostra, a chi vuole intendere, che le
parole sulleliminazione del suo utilizzo distorto sono parole ingannatrici, che non
mirano ad alcun superamento della precariet.
Fin qui il programma dellUnione. Se dal programma passiamo a considerare i
fatti del suo governo, emergono altri elementi a conferma del postulato cui anche il
centrosinistra, come il centrodestra, si attiene, e cio che la tutela pubblica oggi non
riguarda pi un nucleo di diritti minimi del lavoro, ma esclusivamente il potere
dellazienda di utilizzare il lavoro in funzione del proprio profitto.
Nel periodo iniziale del governo Prodi, ispettori ministeriali rilevano che Atesia,
la pi grande azienda italiana di call-center, tiene sotto contratto di lavoro a progetto
lavoratori che si trovano nella realt delle cose in una condizione di lavoro
subordinato continuativo. Nulla di cui stupirsi, perch, come gi si detto, quella di
lavoro a progetto una tipologia contrattuale la cui ragion dessere proprio di
mascherare il lavoro subordinato continuativo per togliere alle aziende gli oneri che
ne deriverebbero. Dal punto di vista giuridico, per, non trattare come lavoro
subordinato quello di individui che stanno ai telefoni nellorario stabilito
dallazienda e secondo le indicazioni dellazienda, configura una violazione di legge.
Lazienda, dunque, sarebbe tenuta, secondo il diritto civile, a farsi carico, nei
confronti dei lavoratori utilizzati contra le gem, degli oneri ai quali si illecitamente
sottratta, tanto pi che la legge violata la legge stessa che consente contratti di
lavoro precario, e che la violazione non stata denunciata da forze politiche o
sindacali ostili alleconomia di mercato, ma formalmente constatata da un organo
dello Stato nellesercizio della sua specifica funzione. Succede invece unenormit: in
cambio della trasformazione dei contratti di lavoro a progetto (non di tutti, perch
alcuni, distinti secondo un criterio risibile, rimangono a progetto) in contratti di
lavoro subordinato, cio in cambio di nulla pi di quanto richiesto dalla pura e
semplice legalit, lazienda si vede concessa la sanatoria integrale per tutti gli
obblighi pregressi non adempiuti, sia dal ministro Damiano, per decreto, sia dai
sindacati confederali per accordo contrattuale.
come se un cittadino, avendo usato per anni energia elettrica ottenuta da un
allacciamento abusivo, senza pagare alcuna bolletta, si vedesse condonato ogni debito
alla sola condizione dimpegnarsi a pagare regolarmente, da allora in poi, il proprio
consumo di energia elettrica. chiaro che una simile decisione sarebbe un invito
sostanziale a non pagare le bollette: se non rischio niente a non pagarle, e il peggio
che mi pu capitare se mi scoprono di iniziare a pagarle, mi conviene ovviamente
non pagarle. Allo stesso modo, una risoluzione come quella adottata nel caso
dellAtesia un chiaro invito ai padroni a infrangere la legge, in totale contraddizione
con le chiacchiere sul contrasto agli usi distorti della legge stessa.
Fare paragoni come questo del pagamento delle bollette importante, perch aiuta
a capire come ci che (giustamente) impensabile concedere a un normale cittadino
viene normalmente concesso a quel cittadino speciale che il padrone o lazionista di
unazienda privata. Il signor Tripi, padrone di Atesia, pu ottenere esenzioni da
obblighi di legge che sono obblighi non-eludibili per il cittadino normale.
Perch succede questo? Perch ci che la nostra organizzazione sociale rispetta al
di sopra di ogni altra istanza la convenienza aziendale, alla quale sono subordinati i
diritti del lavoro e della persona umana. Si dir che ci inerente alla sostanza
sociale del capitalismo, e che sempre stato cos nella storia del capitalismo. Ma ci
non vero, o meglio, non lo in questa forma estrema. Il modo di produzione
capitalistico ha certamente una sua logica precisa, e le varie formazioni sociali
concretamente esistenti nella storia che lo hanno come propria base non possono
sfuggire a tale logica. Ma sono diversi i gradi nei quali il modo di produzione
capitalistico riesce a pervadere le varie concrete formazioni sociali capitalistiche.
Nella fase key-nesiano-fordistica, la fase del Welfare State, mercato e nazione,
azienda e Stato, hanno mantenuto almeno una reciproca autonomia funzionale. Ci ha
significato che la legislazione statuale, pur corrispondendo, nel suo complesso e in
ultima istanza, alle esigenze fondamentali dellaccumulazione di plusvalore, ha
mantenuto almeno la forma, che in certe sue specificazioni particolari stata anche
sostanza, delluniversalismo della cittadinanza.
Si costituito in tal modo il diritto del lavoro, connesso, in Italia, al dettato
costituzionale. Per capire questa connessione, leggiamo alcuni articoli della
Costituzione.
Un governo che volesse davvero spezzare la tragica catena delle morti sul lavoro
potrebbe dunque farlo con pochi e rapidi provvedimenti: limiti drastici alle
esternalizzazioni e ai subappalti, divieto di stipulazione di contratti di lavoro a
scadenza breve, aumento immediato e consistente degli ispettori e dei controlli.
Sullo stesso giornale dello stesso giorno in cui Gallino spiega queste cose
elementari, compare unintervista in cui si chiede al Ministro del Lavoro Damiano
cosa intenda fare perch sul lavoro non si continui a morire. Egli risponde:
Poi stiamo pensando a un numero verde del Ministero del lavoro dedicato
esclusivamente ai problemi della sicurezza.
E, alludendo a una sua visita ad un liceo artistico di Firenze i cui studenti avevano
disegnato materiali sul lavoro che uccide, aggiunge:
Ecco, credo che quelliniziativa debba essere estesa a tutti i licei artistici
italiani. I manifesti e gli spot realizzati dagli allievi dovrebbero essere stampati e
trasmessi anche in Tv.
Finora abbiamo parlato della politica della destra verso limmigrazione, politica
volta a generare paura, attraverso lassociazione tra immigrazione e minaccia alla
sicurezza dei cittadini, per ottenerne un vantaggio propagandistico. Dobbiamo ora
esaminare la politica della sinistra. La domanda cruciale questo proposito : pu la
sinistra fare, a differenza della destra, almeno una parte delle cose che dovrebbero
essere fatte?
Intendiamo mostrare prima come una semplice deduzione razionale consenta di
escluderlo, e poi come ci che la sinistra ha concretamente fatto nellultimo decennio
non sia in nessun modo ci che si sarebbe dovuto fare.
La sinistra detta (impropriamente) riformista avendo accettato da decenni il
nuovo contesto della libert senza freni, contraria al dettato costituzionale, del
capitalismo globalizzato, non pu che subordinare tutela del lavoro e presenza dello
Stato alla convenienza aziendale. Non pu perci mettere in questione il lavoro senza
diritti e senza protezione della persona, e lassenza di qualsiasi ruolo strategico dello
Stato rispetto alle dinamiche socioeconomiche.
Ci significa che la sinistra cosiddetta riformista non pu compiere nei paesi
poveri investimenti ricostitutivi di un tessuto sociale adatto a rallentare lesodo di
molte loro popolazioni verso i paesi ricchi, E tanto meno pu garantire al lavoro i
suoi diritti.
I fatti accaduti non fanno che manifestare questa situazione. Prendiamo una delle
massime vergogne dellItalia, i cosiddetti Cpt (Centri di permanenza temporanea),
dove gli immigrati scoperti come clandestini vengono inviati e temporaneamente
detenuti, per essere identificati e schedati prima di essere (nelle intenzioni) rispediti
ai loro pesi dorigine.
I Cpt sono stati giustamente definiti buchi neri della legalit e della civilt,
perch sono del tutto al di fuori della Costituzione, della legge e del senso di umanit.
Essi violano come minimo due articoli della Costituzione. Leggiamone, infatti,
larticolo 10, terzo comma:
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese leffettivo esercizio delle
libert democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto dasilo nel
territorio della Repubblica.
Bene: gli immigrati vengono in molti casi da paesi che non garantiscono loro
alcuna libert, e avrebbero dunque diritto dasilo nella nostra terra. Ma i Cpt sono,
proprio in base al compito ufficialmente loro assegnato, la negazione di questo diritto.
Leggiamo ora larticolo 13, secondo comma:
Abbiamo qui una dizione assolutamente inequivoca, per i rafforzativi che usa. Non
viene infatti detto soltanto che, senza un provvedimento giudiziario, non ammessa
detenzione, ma viene precisato che non ammessa forma alcuna di detenzione, o
ispezione, o perquisizione. Inoltre il provvedimento devessere motivato, come una
sentenza di condanna. Non basta ancora: esso devessere conforme a una casistica
tassativa della legge. Limmigrato che entra in un Cpt viene invece assoggettato prima
a ispezione e perquisizione personale, poi a detenzione, per semplice provvedimento
di polizia. Si tratta dunque di una violazione plateale e sfacciata dellarticolo 13 della
Costituzione.
Ma persino se non ci fosse la Costituzione i Cpt sarebbero fuori dalla legalit. I
nostri Codici, infatti, prevedono la detenzione soltanto per reati penali, e poich la
clandestinit, cio la presenza senza permesso dello straniero sul territorio dello
Stato, considerata dalla nostra legislazione uninfrazione amministrativa, non un
reato penale, pu legalmente essere punita con lespulsione, ed eventualmente (se si
volesse sfidare il ridicolo) con una contravvenzione, ma neppure con un solo giorno
di detenzione. I Cpt, perci, per il fatto di detenere persone non imputabili daltro che
di immigrazione clandestina, sono completamente fuori dalla legalit.
Peggio ancora: sono fuori da ogni senso di umanit. Nel settembre 2005 un
valoroso giornalista, Fabrizio Gatti, si gettato nel mare di Lampedusa, e, raccolto
quattro ore dopo, si spacciato per tale Bilal Habib, immigrato curdo. Ha scelto
questo camuffamento sapendo che non cerano interpreti della lingua curda, per cui
nessuno avrebbe potuto smascherarlo, e che, dicendo in inglese di conoscere anche
linglese, avrebbe potuto comunicare con qualcuno delle forze dellordine. Trattato
come un immigrato quale si era fatto credere, stato detenuto per otto giorni nel Cpt
di Lampedusa, che ha cos potuto conoscere dallinterno.
Qualcuno penser: non cera una maniera pi semplice e diretta di conoscerlo?
Ebbene: non cera. Nei Cpt non sono ammessi osservatori esterni, neanche avvocati
che vogliano tutelare gli immigrati, figuriamoci i giornalisti. Ma non tutto illegale?
Certo che lo . Ma i nostri governi, di destra e di sinistra, lo fanno egualmente. Cos
in basso caduta la nostra Italia.
La testimonianza che ha reso Fabrizio Gatti agghiacciante. Al suo ingresso erano
detenuti, nel Cpt di Lampedusa, 447 immigrati. Per tutti costoro cerano 13 gabinetti,
senza luce, senza porte o altri ripari, senza carta igienica, perennemente intasati, tanto
che da essi un fetido liquame si spandeva nel pavimento antistante. Su quel pavimento
venivano pi volte al giorno radunati, per controlli o distribuzioni di cibo, gli
immmigrati, che i carabinieri pretendevano sadicamente far sedere a terra, in modo
che si inzuppassero del liquame dei gabinetti (anche il giornalista in incognito ha
dovuto sedersi su quel liquame). Chi tardava a farlo, veniva frustato su un orecchio da
un carabiniere particolarmente cattivo. Tutti gli ordini erano urlati, e chiunque non
capisse subito cosa gli era ordinato di fare veniva picchiato.
Fermiamoci qui34 . Un marziano penserebbe: dopo una simile testimonianza il
Ministro degli interni, da cui i Cpt dipendono, avr sicuramente aperto uninchiesta,
punito i carabinieri sadici, migliorato le condizioni della detenzione. Non andata
cos. Il Ministro, il democristiano ora forzitaliota Pisanu, non ha fatto assolutamente
nulla. La stampa, vigliaccamente, non ha sollevato alcuno scandalo, segno di unItalia
che ha ormai perso ogni bussola morale. Da segnalare LAvvenire, il giornale dei
vescovi, che, sempre cos pronto a difendere i diritti della persona quando si tratta di
embrioni, arriva al punto di non dare neppure la notizia della vicenda.
Poi, nella primavera, del 2006, al governo di centrodestra di Berlusconi
subentrato quello di centrosinistra di Prodi. Il solito marziano penserebbe: su questo
tema almeno il nuovo governo avr sicuramente rovesciato lindirizzo del precedente,
dato che non si tratta di compiere unazione emancipativa o redistributiva di cui la
sinistra non pi capace, ma si tratta semplicemente del ristabilimento della decenza
e della legalit quale anche un liberale di destra davvero liberale, se ce ne fossero,
auspicherebbe. Questo, abbiamo detto, quello che penserebbe un marziano. Quello
che fanno, invece, i terrestri del centrosinistra ben diverso: lintero 2006 passato
senza nessun intervento su questa vergogna.
I Cpt, del resto, sono stati creati non da Berlusconi, ma da una delle tre pi infami
leggi del primo periodo, quello 19962001, del centrosinistra al governo (le altre due
sono la legge Treu istitutiva del lavoro precario e la legge Amato modificativa del
Titolo V della Costituzione). Si tratta della legge nota come legge Turco-Napolitano
(dagli allora ministri proponenti Giorgio Napolitano, lattuale presidente della
Repubblica, e Livia Turco), asse portante del testo unico sullimmigrazione del 1998.
Il nuovo governo di centrosinistra costituitosi nel 2006 si mosso, riguardo
allimmigrazione, nel solco delle leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini (questultima
varata nel 2002 dal governo Berlusconi e non abrogata da quello successivo di
Prodi). Il suo ministro dellinterno, Giuliano Amato, ha pi volte energicamente
ribadito, di fronte alle lamentazioni impotenti della sinistra ridicolmente chiamata
radicale, che i Cpt debbono rimanere35.
C per una domanda da farsi: perch Amato, che, certo, non persona di grande
statura morale, ma non un sadico, e tanto meno uno sprovveduto, ed anzi un uomo
che ragiona e che abile, vuole i Cpt? E perch il centrosinistra lo segue?
La domanda simpone in quanto questi centri da un lato sono costosi, per cui il
loro mantenimento contraddice lossessione del centrosinistra per la riduzione della
spesa pubblica, e dallaltro, soprattutto, non fanno conseguire neanche parzialmente i
risultati per i quali sulla carta sono stati creati. Dovrebbero servire, infatti, a
preparare lespulsione dei clandestini. In realt, al termine della detenzione, a ogni
immigrato consegnato un ordine di allontanamento con viaggio di ritorno gratuito nei
paesi di provenienza, di cui egli ovviamente non si serve. Il giornalista Gatti ha
constatato di persona ci che gi si sapeva: quelli usciti insieme a lui da Lampedusa
con lordine di allontanamento avevano gi lindirizzo di un parente, di un conoscente
o di un reclutatore, dove recarsi per cominciare la vita da lavoratore clandestino che
chi li aveva preceduti gi stava facendo.
I Cpt, insomma, sono stati istituiti per rispedire indietro gli immigrati clandestini,
ma in realt sono lanticamera del lavoro clandestino in Italia. Daltra parte, la legge
Turco-Napolitano stata istituita per far entrare regolarmente in Italia determinate
quote di immigrati, ma in realt ha generato immigrazione clandestina, perch ha
posto, per lingresso regolare di un immigrato in Italia, condizioni quasi impossibili
da praticare concretamente (limmigrato dovrebbe essere chiamato nominativamente
dal datore di lavoro italiano quando ancora si trova nel paese dorigine), cosicch gli
immigrati stessi di cui leconomia italiana ha bisogno non possono entrare in Italia
che clandestinamente . Dopo qualche anno dinferno saranno poi regolarizzati in una
delle periodiche sanatorie che i governi compiono.
Riassumiamo: una legge del centrosinistra rende inevitabili gli ingressi
clandestini, i Cpt istituiti dal centrosinistra trattengono in condizioni brutalizzanti gli
immigrati costituiti come clandestini dalla legge per poi consegnarli al lavoro da
clandestini, e infine una parte di questi lavoratori clandestini diventeranno lavoratori
regolari. Poich questo regolarmente succede e non viene mai corretto, evidente che
questo ci che si vuole succeda, lo scopo effettivo delle leggi fatte dal
centrosinistra e dellazione dei suoi governi. E lo si capisce bene. Lavoratori costretti
a percorrere questo calvario sono lavoratori costretti ad accettare pessime condizioni
di lavoro, che il capitalismo esige sia per disporre, per certe mansioni, di
manodopera quasi schiavile, sia per schiacciare al ribasso le condizioni generali
della classe lavoratrice ordinaria, in cui rientrano gli immigrati regolarizzati.
Concludiamo: di tutte queste infamie, di tutte queste sfacciate illegalit, di tutta
questa generale perdita di diritti del lavoro, altra faccia delle ricchezze spropositate
dei manager, banchieri, assicuratori, finanzieri, chi ha votato centrosinistra
moralmente e politicamente responsabile come chi ha votato centrodestra. Si poteva,
volendo, sapere.
La legge eguale per tutti, si dice in ogni paese civile dalla Rivoluzione francese
in poi. Nella Costituzione della Repubblica italiana si trova la pi luminosa
enunciazione di questo principio, nel suo articolo 3, che dice:
Tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, d
condizioni personale e sociali. compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libert e luguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
chiaro, per ovvie ragioni, che supponiamo noto almeno intuitivamente, che dal
1948 ad oggi questo principio non stato mai realizzato, n lo si sarebbe potuto
realizzare. La vita concreta, infatti, non pu che esserne lontana, a volte pi a volte
meno. Oggi viviamo, per, in un momento reso peculiare non solo dal fatto che si
alla massima distanza, sul piano pratico, dallattuazione di tale principio, ma anche
dal fatto che questa distanza non neppure avvertita come una macchia da cancellare,
almeno in linea ideale.
Ci molto grave perch luniversalismo il contrassegno di tutti i valori, non
soltanto nella sfera giuridica, per cui il suo venir meno perverte gli individui e la
societ intera. Luniversalismo il contrassegno del valore effettivamente etico
delletica: un principio etico che non venga fatto valere universalmente si converte in
un principio diabolico, per esempio nelletica della inferiorit razziale di alcuni
gruppi umani su cui si basata la Germania nazista.
Luniversalismo del campo di applicazione degli indirizzi politici condizione
indispensabile alla convivenza pacifica: in campo internazionale, ad esempio, un
clima di tensioni, guerre e terrorismi creato dal sistematico non-universalismo della
politica imperiale degli Usa, che attaccano paesi che violano risoluzioni dellOnu, e
sostengono con tutti i mezzi Israele che ha violato pi risoluzioni Onu di qualsiasi
altro paese, e che condannano alcuni regimi dittatoriali perch ostili e ne sostengono
altri perch alleati, e cos via. Luniversalismo il contrassegno del valore
effettivamente veritativo della verit e del bene, come ha scoperto ai suoi esordi la
filosofia greca: una verit che non abbia significato per tutti gli esseri umani non
vera verit, ma semplice opinione personale o di gruppo, e un bene che non sia bene
collettivo della societ non vero bene, ma semplice interesse.
Nella sfera del diritto, il pensiero giuridico ha fissato la propria necessaria
universalit nel principio della generalit della legge: la legge, cio, per essere tale
secondo il suo concetto, deve essere generale, cio valevole per tutti coloro i cui
comportamenti concreti rientrino nei casi da essa astrattamente definiti, e non
indirizzata a persone determinate, o differenziata per gruppi etnici e religiosi.
Questo principio della generalit della legge risale al lilluminismo e alla
Rivoluzione francese, e costituisce quindi unacquisizione propria della civilt
occidentale. Esso un principio non soltanto giuridico, ma di grande valore etico. La
legge valevole per la generalit delle persone che rientrano nella sua casistica astratta
presuppone infatti che ogni persona, per il solo fatto di essere persona, meriti lo
stesso rispetto formale di ogni altra. Non a caso il citato articolo 3 fa precedere
lenunciazione della legge eguale per tutti da quella della pari dignit sociale di
ognuno, e aggiunge che la legge debba valere indipendentemente non solo dal sesso,
dalla razza, dalla lingua, dalla religione e dalle opinioni politiche delle persone, ma
anche dalle loro condizioni di vita personale e sociale.
Si spesso rilevato come il principio della generalit della legge, costituendo
uneguaglianza solo formale delle persone, ed esigendo un rispetto solo formale della
loro dignit sociale, non escluda diseguaglianze sostanziali anche molto pesanti, e
perdite di fatto della dignit sociale per effetto di condizioni economiche di miseria o
di condizioni sociali di precariet ed emarginazione36.
Questo rilievo profondamente vero, ma diventa ingannevole senza le necessarie
integrazioni.
La prima integrazione da farvi il riconoscimento degli effetti positivi, anche se
certo insufficienti, che il principio della generalit della legge anche da solo produce.
Vogliamo dire che persino per chi vive una condizione economica e sociale di perdita
sostanziale della propria dignit sociale, meno peggio soggiacere a una legge
formalmente eguale per tutti che a una diseguaglianza anche nella forma della legge.
Senza leguaglianza formale di fronte alla legge, infatti, cade lunica cintura protettiva
esistente dei pi elementari diritti. Basti pensare a come labbandono del principio
delleguaglianza formale -avvenuto con listituzione, da parte del primo governo
Prodi, dei Cpt - abbia paurosamente aggravato la condizione di mancanza di dignit
sociale degli immigrati, gi creata dalla loro situazione economica e sociale.
Il principio delluniversalit del diritto va dunque difeso in quanto tale. Non un
caso che la tradizione comunista, che ha educato generazioni di militanti al disprezzo
delle garanzie formali del diritto in nome delleguaglianza sostanziale, economi-co-
sociale, abbia in questo modo a suo tempo avallato gli enormi crimini dei regimi
staliniani e la repressione sanguinosa di ogni dissidenza politica, anche di ispirazione
genuinamente comunista, e abbia lasciato in eredit ai suoi successori postcomunisti
una non-con si derazione delle garanzie formali non pi al servizio di ideali di
trasformazione del mondo e di maggiore giustizia ed eguaglianza, ma al servizio
meschino dei pi gretti interessi mercantili. LItalia avrebbe da guadagnare se i
postcomunisti fossero, non diciamo socialdemocratici, ma almeno genuinamente
liberali, come non sono.
La seconda integrazione da fare alla difettivit del principio delluniversalit del
diritto in quanto solo formale, la constatazione che nelle attuali condizioni storiche
una battaglia per la legalit formale ha una profonda incidenza anche sostanziale. Il
capitalismo assoluto oggi dominante nel mondo, infatti, non sopporta alcun limite
legale alla propria accumulazione di plusvalore, neppure un limite posto da un
legislatore che rappresenti i suoi interessi. Come scrive uno studioso dei
comportamenti devianti
Ne consegue che, nelle concrete condizioni delloggi, una rigorosa politica della
legalit ha di per se stessa una valenza antiliberistica e di contrasto del processo di
progressiva amplificazione delle diseguaglianze sociali. Bastano semplici esperimenti
mentali per capire quanto ci sia vero.
Immaginiamo che sia rigorosamente applicata lattuale legislazione del lavoro,
che certamente non favorevole ai lavoratori: sparirebbero almeno le forme pi gravi
di supersfruttamento e sottoretribuzione, senza le quali lintera condizione media del
lavoro tenderebbe a migliorare. Oppure immaginiamo che siano rigorosamente
applicate le leggi esistenti, anchesse certamente non favorevoli ai lavoratori, su
fiscalit e contribuzioni: le grandi ricchezze, pur restando favorite, pagherebbero
molto di pi di quanto paghino ora, e laumento dei contributi toglierebbe ogni alibi ai
progetti di Controriforma pensionistica. E gli esempi si potrebbero moltiplicare.
In ragione di tutto questo i poteri forti consolidatisi sul terreno del capitalismo
assoluto non possono accettare luniversalismo del diritto, rispetto al quale
sfacciatamente rivendicano un principio di esenzione. Perci, se vera la tesi qui
sostenuta che la sinistra, tutta la sinistra, si muove di fatto, a prescindere da quel che
dice, integralmente dentro le coordinate fissate dal capitalismo assoluto, dobbiamo
aspettarci che essa non faccia valere, di fatto, neppure la legalit formale. E questo
infatti ci che si pu constatare nella vicenda politica.
Cominciamo dalle elezioni del 2006. Nel Parlamento uscito da tali elezioni si
sono costituite, come di norma, le commissioni, tra le quali la Commissione antimafia,
di cui stato eletto presidente Forgione, di Rifondazione comunista. Si posto il
problema delle eventuali condizioni di non-eleggibilit a membro di tale
commissione, ed stata adottata, con un voto che ha trovato concordi Forza Italia e
Margherita, Udc e Ds, Verdi e Rifondazione comunista, una soluzione che ha
dellincredibile, persino per chi consapevole del degrado dellintero ceto politico.
Si cio stabilito che possono far parte della commissione antimafia anche gli
indagati per mafia.
E non si ancora detto tutto. Possono far parte della Commissione antimafia non
solo gli indagati per mafia, non solo i rinviati a giudizio per mafia, ma addirittura i
condannati per mafia38. Questa decisione non consente che due spiegazioni. Una che
i rappresentanti dei partiti siano tutti compieta-mente dementi, siano cio individui
che potrebbero convincersi che il miglior guardiano di un gregge di pecore sia il lupo
o che la qualifica pi adatta per fare il maestro dasilo sia la pedofilia. Si converr
che questa non pu essere la spiegazione giusta, perch i rappresentanti dei partiti
sono ben capaci di intendere, specie per quanto riguarda la tutela degli interessi
propri e dei propri partiti, cosa in cui sono abilissimi. Rimane allora laltra
spiegazione, che n a destra n a sinistra n al centro si vogliano recidere i legami fra
mafia e politica. Se si adotta questa spiegazione, diventa ovvio che una commissione
parlamentare che si occupa di mafia ospiti i rappresentanti della mafia.
La mafia, intendendo questo termine in senso lato39, trae il suo potere, in ultima
istanza, da niente altro che dalla ricchezza economica. Lattenzione si concentra
solitamente sui mezzi di violenza, di pressione e di condizionamento con cui le mafie
si accaparrano ricchezza, mentre non si pone attenzione su ci che pi fondamentale,
e cio che la costruzione e luso di tali mezzi violenti esigono la disponibilit di una
ricchezza preesistente. Le mafie devono infatti pagare il numeroso personale che a
vari livelli lavora per loro: per estorcere i pizzi ci vogliono molti estorsori, per
punire i recalcitranti ci vogliono squadre di picchiatori, per trasportare merci ci
vogliono conducenti, per ottenere informazioni ci vogliono informatori, per uccidere
ci vogliono killer. Tutti costoro devono ricevere retribuzioni sufficientemente
appetibili per indurli a correre i rischi dell illegalit.
La mafie devono poi pagare pingui tangenti a quanti abbiano il potere di favorirle,
e a quanti, potendo colpirle, vi rinuncino: nel loro libro paga vi devono essere
poliziotti, guardie di finanza, prefetti, funzionari amministrativi, giornalisti, e perfino,
purtroppo, giudici. Devono avere grossi depositi bancari e grossi investimenti
finanziari per ottenere coperture, opportunit e sostegni dal capitalismo legale.
Senza ricchezze con cui pagare dipendenti, tangenti, attivit corruttive, investimenti, e
anche cospicue spese di rappresentanza, le mafie non avrebbero alcun mezzo per
agire. Sconfggerle, quindi, sarebbe in fondo semplice: basterebbe sottrarre loro la
ricchezza economica mediante lapplicazione della legge.
Succede invece qualcosa di apparentemente paradossale. Se qualcuno sorpreso
in un supermercato a rubare merce, non pu certo trattenere per s la refurtiva. Se
qualcuno ha rapinato una banca e viene catturato, gli viene ovviamente sottratto il
frutto della rapina. Ma quando si tratta di beni illecitamente acquisiti dalle mafie, il
loro sequestro difficile e raro, perch sono previste molte scappatoie allesecuzione
delle sentenze, e perch gli organi amministrativi che dovrebbero farle eseguire non si
attivano. Tutto congegnato perch luniversalit della legge, secondo cui il furto e
lestorsione non consentono lacquisizione di beni, cada di fronte al potere delle
mafie, in modo tale che questo potere si autoriproduca senza mai essere sconfitto.
Nellambito del capitalismo assoluto normale che luniversalit della legge cada
di fronte ai poteri forti, perch questi poteri hanno reso la trasgressione delle leggi un
mercato di cui si alimentano. Nella specifica situazione dellItalia e di sempre pi
numerosi altri paesi, le mafie sono poteri forti. La loro economia illegale non
separata dalla sfera delleconomia legale, ma strettamente intrecciata con essa, e
quindi con le istituzioni statali, per cui essa stessa, e le stesse istituzioni statali,
operano normalmente fuori dalla legalit. La mafie perci sono, come tutti poteri
forti, legate alla politica, e questo legame condizione indispensabile al
mantenimento del loro potere, perch la politica legata alle mafie che impedisce sia
loro sottratta quella ricchezza senza cui non avrebbero alcun potere.
Immaginiamo che ogni partito espella dalla sua organizzazione ogni suo membro,
che sia non diciamo condannato per mafia, non diciamo rinviato a giudizio, non
diciamo neppure indagato, ma anche soltanto chiacchierato per le sue frequentazioni
di mafiosi. Cosa ne conseguirebbe? Che la politica sarebbe svincolata da ogni tipo di
condizionamento mafioso, e non avrebbe difficolt a sequestrare le ricchezze
economiche delle mafie, sicch le mafie, private delle loro ricchezze, deperirebbero.
Perch tale immaginazione completamente irrealistica? Perch le mafie
costituiscono una delle cerniere che connettono la sfera economica a quella politica,
in grado di canalizzare nella sfera politica voti, risorse e relazioni con altri potentati.
Un partito il cui scopo sia di guadagnare spazio dentro le istituzioni, o comunque
esservi presente, deve accettare lodierna economia (che un meccanismo asociale
autoreferenziale) e lodierna politica (che non politica, ma attivit gestionale che
non indirizza in alcun modo la societ), e quindi tutelare le mafie, traendone forza
(dato che per le mafie tale tutela assolutamente indispensabile, e devono quindi
pagarla bene), o comunque convivervi.
La sinistra, accettando questa economia e questa politica, non importa se
direttamente oppure indirettamente, non pu non essere complice delle mafie.
Un caso emblematico quello della Campania. La regione, le province e le
principali municipalit, a partire da quella di Napoli, sono da lustri in mano al
centrosinistra. La camorra vi fiorisce rigogliosa come sempre. La deduzione logica da
fare assolutamente elementare40.
Siamo arrivati al punto, in tutta evidenza, che la sinistra non soltanto non pi
comunista (il fatto che in Italia due suoi partiti si denominino comunisti
semplicemente ridicolo), non soltanto non pi socialdemocratica (tanto da aver
capovolto il senso della parola riformismo, portatrice di una sua dignit storica),
ma non pi n democratica (a dispetto di nomi come democratici di sinistra o
partito democratico), n liberale, n legalitaria. Che cos allora? E una delle
articolazioni di collegamento tra Stato e poteri forti delleconomia e, in quanto tale,
non pu che operare la negazione delluniversalit del diritto, e perci della legalit,
che non devono valere per i poteri forti.
Destra e sinistra convergono, sia pure in modi e atteggiamenti diversi; e al di l
delle apparenze colludono nel depotenziare al massimo il controllo di legalit della
magistratura sui poteri forti. La vicenda dellindulto votato dal Parlamento nel 2006
stata, a questo proposito, chiarissima. Si avuta linfamia di usare lesigenza civile e
morale, davvero sacrosanta e indifferibile, di porre fine a un sovraffollamento delle
carceri che le rende luoghi anticostituzionali di brutalizzazione, per raggiungere il
vero scopo, quello di sottrarre alla condanna penale la criminalit economica.
Lindulto stato previsto infatti anche per bancarottieri, inquinatori, frodatori di
risparmiatori e consumatori, stragisti di lavoratori nei cantieri, cio per quanti
compiano i reati tipici dellattuale fase di capitalismo assoluto. I responsabili di tali
reati non finiscono quasi mai in carcere, e lestensione dellindulto ad essi non ha
quindi nulla a che fare con lesigenza di porre fine al sovraffollamento carcerario.
Come giustificarla, quindi, senza dire la verit indicibile, cio che il suo scopo era
quello di evitare ai protagonisti delliniziativa economica, privata e libera (anche
dalla legge), condanne che comportassero risarcimenti pecuniari, interdizioni, esempi
dissuasivi?
Si ricorsi allespediente di dire al popolo di sinistra che per far uscire i poveri
cristi dalle carceri era necessario ottenere il voto della destra, esigendo lindulto una
maggioranza dei due terzi, e che per ottenere il voto della destra era necessario
estendere lindulto a qualche reato dei ricchi. Si contato, in questo modo, sulla
credulit e sulla distrazione usuali nel popolo di sinistra verso i propri dirigenti. Ci
sarebbe stato infatti un modo pi semplice e diretto, peraltro segnalato e suggerito a
Prodi, per far uscire i poveri cristi dalle carceri senza bisogno di beneficiare i
criminali delleconomia, e cio quello di depenalizzare i piccoli reati che portano
migliaia di persone in carcere, prevedendo per essi soltanto sanzioni amministrative.
Una simile strada sarebbe stata non soltanto unalternativa politicamente pi facile
da realizzare dellindulto, bastando per il relativo provvedimento la maggioranza
semplice, e non essendo quindi necessario il voto favorevole della destra, ma avrebbe
anche costituito lunico mezzo realmente atto a conseguire lo scopo dichiarato. Molti
di coloro che sono usciti dal carcere per lindulto, infatti, vi ritorneranno in tempi non
lunghi, essendo i loro reati connessi al loro modo di vivere, e dunque replicati (ad
esempio, chi andato in carcere perch trovato in possesso di una quantit non-
modica di droga, una volta libero torner alla droga e quindi, prima o poi, in carcere),
cosicch il problema del sovraffollamento carcerario si riproporr tale quale. Con la
depenalizzazione di quei reati, invece, il minore affollamento delle carceri sarebbe
stato durevole.
Rifutando di percorrere questa strada, e percorrendo invece quella dellindulto
esteso, il centrosinistra ha rivelato, a chiunque voglia guardare in faccia la realt
delle cose, che lestensione dellindulto alla criminalit economica era per esso non
un mezzo sgradito per raggiungere lo scopo dichiarato, ma il suo vero scopo. Scopo
direttamente voluto dalla sinistra cosiddetta riformista, dati i suoi legami con il
modo economico41, ma indirettamente condiviso dalla sinistra cosiddetta radicale.
Se infatti questultima subordina sistematicamente alla sua permanenza nel governo e
nella maggioranza governativo persino il rifiuto di provvedimenti abnormi quali
Berlusconi non potrebbe fare di peggiori, ci vuol dire che, sia pure strumentalmente
rispetto ad obiettivi politici generali, tali provvedimenti abnormi li vuole.
Per rendersi conto di come Berlusconi non avrebbe potuto fare di peggio rispetto
allindulto approntato dal centrosinistra nel 2006, basti pensare che uno dei suoi primi
effetti stato linterruzione di ogni risarcimento monetario ai parenti delle vittime
dellamianto42. I responsabili delle morti per tumore erano infatti disposti a pagare e
avevano gi iniziato i pagamenti, perch i risarcimenti erano, per legge, condizione
per evitare il carcere. Non appena sono stati sicuri di evitare il carcere grazie
allindulto, hanno ovviamente cessato di pagare.
Un altro esempio di convergenza e collusione di destra e sinistra nel sottrarre alla
validit generale della legge i poteri forti si rende visibile ogni volta che compaiono
sulla stampa resoconti di intercettazioni telefoniche. In ogni caso del genere - anche
quando vengono rivelati, senza ombra di dubbio, comportamenti molto gravi, e
socialmente molto nocivi, di personaggi potenti - destra e sinistra scattano allunisono
nel denunciare, ad alta voce e con ossessiva ripetitivit, linaccettabilit della
pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, e addirittura luso eccessivo e troppo
costoso delle intercettazioni da parte della magistratura, senza far nulla a proposito di
ci che le intercettazioni rivelano e spesso senza neppure parlarne.
Un esempio di questo atteggiamento si ebbe, nel 2005, col caso di Antonio Fazio.
Si scopr, dalle intercettazioni telefoniche, che questuomo, che ricopriva un incarico
delicatissimo e tale da esigere la pi alta imparzialit nei confronti degli attori
delleconomia, come quello di governatore della Banca dItalia, non soltanto si
lasciava guidare nelle sue scelte da simpatie e ostilit del tutto personali, ma
addirittura favoriva le scalate finanziarie, in assenza dei requisiti di legge per
compierle, dellamico di famiglia Fiorani, dirigente della Banca Popolare di Lodi,
autore di autentici imbrogli ai danni dei clienti.
Quando venne alla luce questo marciume incredibile (persino sotto il fascismo la
Banca dItalia aveva avuto dirigenti corretti), il nostro ceto politico ribad in
maggioranza la necessit di non dare pubblicit alle intercettazioni, come se i cittadini
italiani non avessero il diritto di essere informati su come venivano di fatto gestiti i
poteri, di enorme importanza per il paese, della Banca dItalia.
Successivamente c stato lo scandalo delle intercettazioni Telecom. Qui si
trattava, a differenza del caso di Fazio, di intercettazioni non ordinate dalla
magistratura a scopo di indagine giudiziaria, ma compiute da spioni professionali, per
conto di interessi privati, per ottenere informazioni, a scopo di ricatto o comunque di
condizionamento, su personaggi della politica, delleconomia e dello spettacolo.
Giusto, dunque, in questo caso, condannare le intercettazioni e chiedere la punizione
degli intercettatori, e ovvio ricordare la loro inutilizzabilit in un processo penale. Il
centrosinistra, per, ha fatto di pi, in pieno accordo con il centrodestra: ha disposto
la distruzione fisica di tutto il materiale intercettato, che si sapeva contenere notizie di
reati, e di reati reiterabili.
Sarebbe stato perci importantissimo sapere quali potenti delleconomia e della
politica avessero compiuto quali malefatte, non per processarli, cosa legalmente
impossibile per reati conosciuti con mezzi illegali, ma per impedire la continuazione
di quelle malefatte, e per allontanare i loro autori da ogni posto di responsabilit. Il
ceto politico si invece comportato come se, potendosi sapere da informazioni
illegalmente acquisite, ma ormai acquisite, che in qualche asilo infantile c un
maestro pedofilo, non si volesse sapere chi e dove insegna quel maestro, quanto
meno per salvaguardare i bambini a lui affidati. Eppure, in un caso simile chiunque
troverebbe giusto accedere alle informazioni gi disponibili.
Se per i crimini sono crimini delleconomia e della politica, limpulso spontaneo
di sinistra e destra di coprirli. Per la verit c stato chi, nel centrosinistra, si
opposto alla distruzione, senza acquisizione delle informazioni rilevanti, delle
intercettazioni Telecom. Si tratta, come si ricorder, di Di Pietro. Ma a che vale la
sua opposizione se poi continua a sostenere il governo qualsiasi cosa faccia? Se lo ha
sostenuto anche dopo lindulto?
Un controllo di legalit volto a contrastare la criminalit economica e politica
sarebbe reso facile dalla nostra Costituzione, come risulta chiaro leggendo alcuni
degli articoli che essa dedica alla magistratura.
Larticolo 104, comma primo, dice:
Dunque, a differenza di quanto accade nella maggior parte degli altri paesi, i
magistrati in Italia non sono subordinati al potere politico, ed hanno quindi le mani
slegate per poter colpire anche la criminalit dei potenti. Ci in quanto lautonomia e
lindipendenza della magistratura non sono soltanto enunciate in linea di principio.
Il successivo articolo 105 dice infatti:
I poteri del ministro della giustizia non sono dunque giudiziari, ma esclusivamente
amministrativi: egli ha solo il compito di fornire alla magistratura i mezzi che le sono
necessari per svolgere le sue funzioni. Non pu punire, promuovere o trasferire
giudici, e, se ritiene di dover avviare unazione disciplinare contro qualcuno di loro,
non pu far altro che proporla al Consiglio Superiore della magistratura, al quale
soltanto spetta il potere decisionale. La magistratura, grazie al dettato costituzionale,
non quindi condizionabile dal governo, e, tramite il governo, dai poteri forti
delleconomia. Questo, naturalmente, solo sul piano formale. Sul piano sostanziale, la
provenienza sociale dei magistrati, la loro collocazione nelle gerarchie della
ricchezza e del prestigio, e la mentalit acquisita nel loro ambiente, creano
ovviamente canali informali di connessione con i poteri forti, o addirittura
condizionamenti interiorizzati anche senza esplicite pressioni.
Negli anni 70 c stata una trasformazione nella mentalit dei magistrati, legata al
contesto politico di quegli anni, che ha orientato non pochi di loro ad applicare la
legge anche contro i poteri forti. La reazione del sistema di potere stata, in mancanza
di strumenti formali con cui piegare i giudici indipendenti, quella di lasciare che il
processo penale diventasse di fatto inefficiente nei confronti dei potenti. bastato non
mantenere lorganico della magistratura numericamente al passo con laumento delle
cause, non fornirle via via i mezzi tecnici necessari ad operare, e non ascoltare le
proposte correttive, perch la durata dei processi si allungasse sempre di pi. A
questo punto sono bastati i meccanismi fortemente garantisti assicurati a chi sia in
grado di pagarsi per lungo tempo costosi avvocati, per sottrarre di fatto i potenti alla
giustizia penale.
Il danno sociale di tutto questo enorme: oltre allimpunit dei potenti per reati
che lo sviluppo economico rende sempre pi devastanti (inquinamento, frodi
commerciali, disastri, bancarotte, attentati alla salute), il ricorso alla giustizia diventa
sempre pi costoso e improduttivo anche tra comuni cittadini, la corruzione si
diffonde, le mafie diventano inattaccabili.
Per rimediare a questa rovinosa situazione basterebbe fare tre semplici cose.
Primo: dotare la magistratura degli uomini e dei mezzi di cui manca (e potrebbe
essere fatto a costo zero sequestrando i beni della malavita). Secondo: potenziare le
garanzie del cittadino comune, specie di quello con avvocato dufficio, ma ridurre
quelle utilizzate dai potenti, specie quando si tratta di aspetti del tutto formalistici del
processo43. Terzo: abolire la regola, inesistente negli altri paesi europei, per la quale
i tempi della prescrizione dei reati continuano a decorrere anche nel corso del
processo, regola che rende conveniente per gli avvocati dei potenti il ricorso a tutti i
mezzi dilatori possibili per allungare i processi e guadagnare le prescrizioni.
Ha fatto la sinistra, nella sua azione di governo, queste semplici cose? Non le ha
fatte. La statistiche dicono che durante i governi di centrosinistra del periodo 1996-
2001 la durata dei processi penali e civili aumentata. Questo semplice dato
statistico basterebbe da solo a dimostrare, senza bisogno di alcun altro ragionamento,
che la sinistra al servizio dei poteri forti contro il bene collettivo, proprio come la
destra.
Per chiarire quanto tale postulato sia pervasivo del discorso pubblico italiano (e
non solo), proponiamo un piccolo esperimento. Proviamo a svolgere il tema della
politica estera basandoci su semplici principi di normale razionalit, realismo
politico e prudente attenzione agli interessi nazionali.
La politica mondiale oggi dominata dal tema della guerra al terrorismo.
noto che gli Usa propongono uninterpretazione della guerra al terrorismo in termini
di difesa ed estensione della democrazia, dei diritti umani, della libert. La semplice
razionalit mostra che si tratta di coperture ideologiche. I diritti umani e la
democrazia sono valori universali, che devono essere fatti valere sempre e dovunque.
Gli Usa praticano una sistematica politica dei due pesi e due misure, per cui le
violazioni di libert e diritti umani se fatte da Usa ed alleati sono in sostanza
accettate, se fatte dal nemico di turno vengono usate per giustificare guerre ed
aggressioni44. Un normale atteggiamento di realismo politico impone di superare il
livello delle giustificazioni ideologiche per capire ci che realmente vogliono gli
Stati Uniti. Non si tratta peraltro di una ricerca molto difficile. Non occorre penetrare
nel Pentagono a caccia di documenti segreti. Basta leggere alcuni testi ufficiali,
prodotti dalle amministrazioni Usa a partire dalla caduta dellUrss, e pubblicati in
Italia45.
Fin dai primi anni 90, in testi di questi tipo si trova lindicazione che lobiettivo
della politica deve essere quello di fare degli Stati Uniti lunica nazione con la
capacit militare di influenzare gli eventi globalmente, fino ad esercitare la leadership
globale46. Gli Usa devono quindi controllare le zone chiave del globo dal punto di
vista delle risorse. La rete di circa 800 basi militari Usa sparse nel mondo ha quindi
questo preciso significato. Ora, ovvio che un piano di controllo globale di questo
tipo ha un significato aggressivo. I problemi delleconomia degli Stati Uniti rendono
daltra parte molto chiare le motivazioni di fondo della loro politica aggressiva.
Incapaci di mantenere la loro egemonia mondiale basandosi, come stato negli anni
del dopoguerra, sulla superiorit della loro economia, gli Usa in questi anni stanno
davvero gettando la spada sul piatto della bilancia: sfruttano cio la loro enorme e
inarrivabile potenza militare per acquisire le aree cruciali per il controllo delle
risorse, in particolare energetiche. Controllare le risorse significa oggi controllare le
economie e poter imporre la propria egemonia, non solo politica e militare, ma anche
economica.
del tutto ovvio che questo piano di controllo globale da parte degli Usa
foriero di guerra, perch porta direttamente allo scontro con le potenze emergenti.
Tutto questo chiaro per le amministrazioni Usa, che infatti dopo l11 settembre
hanno teorizzato il diritto alla guerra preventiva, cio in sostanza alla guerra di
aggressione47. Questo diritto giustificato come difesa dal terrorismo, ma le
vicende della guerra allIraq hanno mostrato con chiarezza come le guerre Usa non
possano essere comprese come guerra al terrorismo, ma solo come guerre per il
controllo geopolitico delle risorse. Ricordiamo solo, a questo proposito, che non si
mai potuto dimostrare un collegamento fra il regime iracheno di Saddam Hussein e
Al-Qaeda48, e che stato invece provato come le guerre scatenate dagli Usa dopo
lattacco di Al-Qaeda a New York erano gi state pianificate prima di esso, mentre
documenti ufficiali statunitensi hanno sollevato il dubbio che linvasione dellIraq
abbia favorito lo sviluppo del terrorismo jihadista anzich combatterlo49.
Laffermazione di Bush sul fatto che gli Usa non permetteranno loccupazione dello
spazio da parte di potenze ostili non che un altro passo nella direzione del controllo
globale, e unulteriore sfida alle potenze emergenti50.
Dobbiamo ora chiederci in che modo sia possibile difendere, in questo contesto,
gli interessi del popolo italiano. La fase storica attuale vede il tentativo di dominio
globale della superpotenza Usa scontrarsi con la crescita di realt che conservano una
propria indipendenza e che in prospettiva potrebbero sfidarne legemonia (Cina,
India, Iran, forse una Russia ricostruita e risanata). Uno dei terreni principali sui quali
si giuocano queste tensioni ovviamente quello delle risorse naturali, visto che per
aspirare al potere oggi occorre vincere nella competizione economica, nella corsa
alla crescita del Pii, e che questa competizione divora quantit sempre crescenti di
risorse, in particolare energetiche. Abbiamo quindi un quadro di tensioni e conflitti
sulle risorse, attualmente pi freddi che caldi, e una prospettiva di conflitti futuri,
pi caldi che freddi. In questa situazione, qual linteresse della popolazione
italiana?
Non evidentemente quello della difesa dellItalia da unaggressione
fondamentalista. Non esiste nessuna aggressione fondamentalista allItalia o
allOccidente. Lidea, che viene sostenuta da chi sostiene la guerra al terrorismo, di
un tentativo di conquista di egemonia mondiale da parte del fondamentalismo islamico
non ha nessuna base politica, economica, militare. Le affermazioni in tal senso da
parte dei teorici di Al-Qaeda sono pura ideologia. Ma quali sono invece le
affermazioni, nei testi di Al-Qaeda 51, che si agganciano a potenzialit reali e si
traducono in azione?
Sono tutte quelle legate alla resistenza armata contro la penetrazione e gli
interventi di paesi del Nord del mondo in paesi storicamente musulmani. su questo
che si dilungano i testi di Al-Qaeda, ed su questo che i leader dellorganizzazione
investono le loro energie e mettono in gioco le loro vite, fino alla morte. Levento
storico che catalizza le energie dei combattenti islamici, segnando la nascita,
sostanziale se non formale, di Al-Qaeda, rappresentato dallinvasione sovietica
dellAfghanistan. Pi recentemente i punti nodali su cui insistono i leader jihadisti
sono il sostegno alla lotta dei palestinesi contro Israele (visto come il prodotto di
unaggressione occidentale, come uno stato crociato), laggressione allIraq (prima
guerra del Golfo, embargo decennale, seconda guerra del Golfo), la presenza di
truppe Usa in Arabia Saudita, e poi vari altri casi di aggressioni a popoli musulmani
(dalla Cecenia al Libano).
Possiamo concludere che linterpretazione storica pi adeguata del jihadismo di
Al-Qaeda quella di una risposta alle aggressioni subite dal mondo islamico negli
ultimi decenni.
Ma qual allora linteresse del popolo italiano nella guerra al terrorismo?
LItalia un paese privo di risorse energetiche e sovrappopolato, che dipende per
lenergia in maniera quasi totale dallestero. In questa situazione, si potrebbe pensare
che laccodarsi alla guerra Usa abbia il senso di acquisire una posizione significativa
nello scontro sul controllo delle fonti energetiche, scontro che in qualche modo gi
in corso e si acuir in futuro. La nostra entrata in guerra al fianco degli Usa avrebbe
allora non il significato della difesa da una minaccia terroristica e fondamentalista,
ma quello di consentire allItalia di avere voce in capitolo nel controllo delle risorse
energetiche: questione che allo stato attuale della nostra struttura produttiva vitale
per il nostro paese.
Questa interpretazione dei fatti (siamo l per il petrolio, non per il terrorismo o
la democrazia!) viene considerata come una critica alle nostre missioni militari, con
particolare riferimento a quella in Iraq, per cui essa sostenuta dai critici delle
missioni militari (in genere di sinistra) e avversata da chi difende le missioni stesse
(in genere di destra). Tutto ci curioso, perch tale interpretazione dei fatti, lungi
dal dare fondamento a una critica alle nostre missioni militari, rappresenterebbe
piuttosto il principale argomento in loro favore: dato il nostro modello di sviluppo
(che nessuno mette seriamente in discussione, n a destra n a sinistra), data la
carenza di risorse del nostro paese, data la lotta che sulle fonti energetiche si sta
scatenando, potrebbe apparire del tutto sensato che il nostro paese cercasse di
assicurarsi in qualche modo laccesso a fonti energetiche che diventeranno sempre pi
scarse e sempre pi vitali.
Possiamo per superare questa apparenza con una riflessione pi approfondita.
Abbiamo detto che si stanno preparando scontri immani per legemonia sul pianeta.
Saranno scontri di grandi paesi, di potenze ricche e bene armate. Non sappiamo se
assumeranno la forma di guerre mondiali come nel XX secolo, ma di certo saranno
altrettanto duri. In uno scontro di questo tipo, che speranze ci sono per un paese come
lItalia, un paese piccolo, poco importante, con uneconomia che sta continuamente
perdendo terreno nella competizione mondiale?
Basta pensare, per capirlo, allesperienza delle due guerre mondiali. Esse ci
hanno portato lutti e distruzioni. La prima ci ha poi dato come conseguenza non
lontana il fascismo, la seconda uno stato di sovranit limitata. I prossimi scontri
epocali che ci attendono potrebbero avere conseguenze altrettanto negative, se
commettiamo lerrore di farci coinvolgere in essi. Se vogliamo dire finalmente quale
sia lautentico interesse del popolo italiano, esso evidentemente quello di sottrarsi a
scontri e guerre, di evitare sofferenze inutili e rischi gravissimi.
E se la crescita economica ha bisogno di risorse energetiche crescenti che bisogna
andare a controllare con guerre in altri paesi, allora occorre abbandonare
uneconomia basata sulla crescita continua e iniziare a creare un modo di produrre e
consumare che non richieda risorse energetiche crescenti. Occorre entrare in una
societ della decrescita, che ci permetta di vivere senza dipendere dal petrolio estero.
a questo tema, quello della fuoriuscita dallattuale realt economica incentrata sullo
sviluppo, che occorre dedicare le nostre risorse e la nostra intelligenza, non certo a
fare guerre in giro per il pianeta.
Laltro punto fondamentale, se vogliamo evitare di rimanere invischiati in conflitti
potenzialmente pericolosissimi per il nostro Paese, il rispetto del diritto
internazionale e dellassioma fondamentale che ha retto i rapporti internazionali nel
secondo dopoguerra: il rifiuto della guerra di aggressione.
Infine, un paese che desidera rimanere in pace deve avere buoni rapporti con i
propri vicini. Per un paese in mezzo al Mediterraneo come lItalia ci significa
ovviamente mantenere buoni rapporti con il mondo arabo e islamico. In particolare
lItalia, che uno dei principali partner commerciali dellIran, ha tutto linteresse a
rafforzare i propri rapporti con questo paese, ricchissimo di risorse energetiche e che
si avvia a diventare una delle potenze principali del Medio Oriente.
Se questi sono gli aspetti fondamentali di una politica che curi gli autentici
interessi del popolo italiano, evidente come il sostegno alla guerra al terrorismo
vada in direzione esattamente opposta: andando a caccia di petrolio rimaniamo
alinterno di un modello di sviluppo alla lunga insostenibile, e particolarmente
insostenibile nel nostro paese. Dando man forte alle guerre di aggressione Usa
contribuiamo allo smantellamento di un sistema delle relazioni internazionali che dava
qualche garanzia di protezione ai paesi pi deboli. Partecipando allaggressione
contro paesi arabi o islamici come Iraq e Afghanistan, ci inimichiamo milioni di
esseri umani che vivono a poche centinaia di chilometri dalla nostre coste.
Da tutto ci si deduce che la posizione pi sensata per lItalia, rispetto alla
guerra al terrorismo, quella della pi stretta neutralit. LItalia in primo luogo non
dovrebbe in nessun modo partecipare alle avventure militari Usa, e in secondo luogo
dovrebbe mantenere buoni rapporti con il mondo arabo e islamico.
Possiamo allora concludere il nostro esperimento: ragionando a partire da
premesse di semplice realismo politico siamo arrivati alla conclusione che la difesa
degli interessi del popolo italiano richiederebbe la nostra neutralit nella cosiddetta
guerra al terrorismo. Siamo cio arrivati a una conclusione che oggi indicibile
per ogni forza politica, di destra o di sinistra, che aspiri al governo dellItalia (o di
qualsiasi paese occidentale). E questo il punto cui volevamo arrivare. Se un
ragionamento come quello che abbiamo svolto nelle pagine precedenti, ispirato a
moderazione, realismo politico e semplice buon senso nella difesa degli interessi del
popolo italiano, porta a conclusioni che sono totalmente al di fuori di ci che oggi
possibile dire o fare in politica, significa evidentemente che i confini di ci che
possibile dire o fare in politica sono stabiliti da un postulato che contraddice
moderazione, buon senso, difesa degli interessi del popolo italiano. Se il fare
ragionamenti semplici e moderati come quelli svolti nelle pagine precedenti porta ad
essere visti come pericolosi estremisti, significa evidentemente che sono le posizioni
della politica ufficiale ad essere schiacciate su un estremismo filoamericano che non
ammette il confronto razionale.
In sostanza, questo nostro pccolo esperimento ci mostra come lo spazio del
discorso politico ufficiale, in Italia e altrove, sia lo spazio in cui si esprime un
postulato di totale subalternit agli Usa. Chi lo accetta non ha in realt nessuna
possibilit di contestare le tendenze di fondo della realt attuale. Chi accetta lidea di
guerra al terrorismo, magari chiedendo multilatera-lismo Onu al posto di
unilateralismo Usa, e intelligence invece di invasioni militari, in realt totalmente
subalterno alla strategia Usa di dominio globale.
Cerchiamo adesso di mostrare questa subalternit esaminando alcune delle scelte
politiche concrete prese dal governo Prodi nei primi mesi di vita. Le scelte
fondamentali in politica estera tra lestate 2006 e linverno 2007 sono state sei: ritiro
del contingente militare italiano dallIraq; mantenimento del contingente militare
italiano in Afghanistan; adesione italiana alle sanzioni di Stati Uniti e Unione Europea
contro il governo palestinese; partecipazione a una nuova missione militare in Libano;
atteggiamento assunto sui servizi segreti riguardo al rapimento di Abu Omar a Milano;
autorizzazione allampliamento della base militare statunitense a Vicenza.
Il ritiro dallIraq non ha rappresentato un cambiamento di rotta dellItalia. vero
che la partecipazione italiana alla missione stata a suo tempo decisa dal
centrodestra, con il voto contrario del centrosinistra che ha poi posto il ritiro nel suo
programma elettorale. Prima, tuttavia, che il centrosinistra avesse redatto il suo
programma, Berlusconi era approdato alla decisione di un ritiro italiano. Il governo
Prodi si limitato ad applicare tale decisione, nelle forme e nei tempi previsti dal
governo Berlusconi. Ci tanto vero che Diliberto ha ripetutamente e vanamente
chiesto, nella primavera 2006, un ritiro entro lestate52, perch se si fosse aspettato
lautunno, egli disse allora, il ritiro sarebbe avvenuto nei tempi previsti da
Berlusconi, e secondo le richieste degli Stati Uniti, e il centrosinistra non avrebbe
trasmesso limmagine nuova auspicata da Diliberto stesso.
Per quanto riguarda la guerra in Afghanistan, il suo significato geopolitico appare
del tutto ovvio, se si riflette su quanto detto sopra. Mantenere il controllo
dellAfghanistan grazie a un governo amico, installare basi militari in quel paese e
nella zona dellAsia centrale ex sovietica significa per gli Usa, da una parte, tenere
sotto controllo e sotto pressione Russia e Cina -cio due fra i possibili futuri sfidanti
dellegemonia globale Usa - e, dallaltra, tentare dottenere il controllo delle risorse
energetiche dei paesi della zona. altrettanto ovvio che il popolo italiano non ha il
minimo interesse alla guerra in Afghanistan e che la permanenza del nostro esercito in
quel lontano paese un autentico tributo imperiale, un tributo in denaro e sangue che i
paesi sudditi devono fornire al paese dominante. Il fatto di mantenere la nostra
partecipazione in una guerra contraria ai nostri interessi chiaro segno della
sudditanza del governo Prodi agli ordini della potenza dominante, in perfetta
continuit con la politica del governo Berlusconi.
La questione della guerra in Afghanistan ci permette di fare un digressione sul
ruolo della sinistra cosiddetta radicale allinterno del goveno Prodi. Si potrebbe
infatti pensare che questa radicale subalternit ai piani di dominio globale Usa sia
specifica della sinistra moderata, mentre la sinistra radicale intenda esprimere
tuttaltre posizioni. La dura realt delle scelte politiche concrete mostra, a chi la vuol
vedere, una verit ben diversa.
Poco prima delle elezioni della primavera del 2006 scoppia in Rifondazione il
caso Ferrando. Marco Ferrando in quel momento il leader di una delle correnti di
minoranza del partito, ed candidato del partito, e quindi dellUnione di
centrosinistra, per un seggio di senatore (di sicura elezione). Il caso nasce quando
un giornalista scopre, in un libro pubblicato da Ferrando tempo addietro, alcune frasi
su Medio Oriente e Israele che superano i confini di ci che per il pensiero unico
ammissibile. Inoltre, in unintervista concessa in seguito alle prime polemiche,
Ferrando parla di Resistenza irachena.
Tutto ci sufficiente a creare una campagna mediatica tesa a screditare Ferrando
e lintera coalizione di centrosinistra. Il gruppo dirigente di Rifondazione reagisce
non con la difesa di Ferrando e dellautonomia delle proprie scelte politiche, ma
revocando la decisione, gi presa, di candidare Ferrando alle elezioni, spingendo in
questo modo Ferrando e la sua corrente alla rottura col partito (che avverr poco
dopo).
Ci sarebbero vari punti da analizzare in questo episodio (per esempio la mancanza
di dignit di un gruppo dirigente che si fa condizionare in questo modo da una
campagna mediatica), ma adesso ci preme sottolineare come largomento principale
usato da Bertinotti, in quel momento segretario del partito, sia stata lincompatibilit
fra le posizioni di Ferrando e la scelta strategica delle non-violenza fatta dal partito al
congresso di Venezia del 2005.
Ora, spostiamoci di pochi mesi in avanti, al giugno-luglio dello stesso 2006. Le
elezioni sono state vinte, di poco, dal centrosinistra, che ha al Senato una maggioranza
risicatissima. Si discute del rifinanziamento della missione militare italiana in
Afghanistan. Qual la posizione di Rifondazione? Visti i precedenti, visto che in
nome della non-violenza si arrivati a revocare una candidatura gi decisa e a
rischiare una scissione (poi di fatto avvenuta), dovrebbe essere ovvio che il partito
voti compatto contro il rifinanziamento della missione, ben contento di avere
finalmente unoccasione concreta per mettere in pratica la propria scelta di non-
violenza. In questo caso infatti non si tratta di parole, di dichiarazioni, del solito bla
bla mediatico: si tratta di una guerra vera, alla quale lItalia sta partecipando con
propri soldati che combattono e muoiono. Quale migliore occasione per mettere in
pratica il principio della non-violenza, votando contro il finanziamento della missione
e ponendo cos termine al coinvolgimento italiano in questa guerra?
Ma invece di fare quello che sarebbe logico aspettarsi a partire dai princpi
sbandierati quando si trattava di far fuori Ferrando, Rifondazione vota compatta a
favore del rifinanziamento della missione, e i pochi senatori del partito che avevano
esternato la loro contrariet vengono minacciati di espulsione.
evidente che tutto questo assurdo, se ci basiamo sulle dichiarazioni dei
dirigenti di Rifondazione e sulla logica. Ma tutta questa assurdit diventa chiarissima
se disponiamo della chiave di lettura giusta: Rifondazione ha fatto la scelta di andare
al governo, alleandosi col centrosinistra, e questo implica laccettazione dei postulati
del capitalismo assoluto, e quindi laccodarsi alle guerre imperiali. Tutti i
comportamenti di Rifondazione appaiono, in questottica, comprensibili e coerenti.
Certo, nel caso di Rifondazione, come in quello dei cugini del Partito dei comunisti
italiani, colpisce il fatto che questa totale sudditanza possa convivere con lo scialo di
pugni chiusi, falci, martelli e bandiere rosse. Ma questo tema lo approfondiremo pi
avanti.
Riprendiamo lesame delle scelte di politica estera del governo Prodi. Ladesione
dellItalia del centrosinistra alle sanzioni contro il governo palestinese, e la sua
partecipazione, addirittura da prima protagonista, alla nuova missione militare in
Libano, sono state due scelte tipiche di subalternit alla politica imperiale
statunitense, di cui parliamo per nel prossimo paragrafo, per la loro connessione con
il filosionismo.
Basti qui accennare soltanto, a proposito di tali scelte, alla grossolana, impudente
e prevaricante esibizione del criterio imperiale dei due pesi e delle due misure. Si
dice di andare in Libano da mediatori, ma si chiede il disarmo di Hezbollah, che ha
difeso il paese dallinvasione israeliana, e non si toglie nemmeno unarma a Israele,
che ha aggredito e martoriato quel paese. Si dice di andare a fare interposizione di
pace, ma si protegge gratis Israele sul confine libanese, consentendole di martoriare i
territori occupati, senza proteggere i palestinesi di tali territori con unanaloga
interposizione. Si dice di voler promuovere la democrazia in Medio Oriente, ma si
puniscono i palestinesi per aver votato in maggioranza Hamas. Si vuole schiacciare
Hamas, adducendo come motivo che non riconosce lo Stato di Israele, ma non si
sanziona in alcun modo Israele che, prima ancora di non riconoscere uno Stato
palestinese, ne impedisce la nascita con la violenza.
DAlema ha sfacciatamente rovesciato ogni logica, nellesibizione del criterio dei
due pesi e due misure, vantando ladesione allembargo del governo di Hamas, dopo
aver riconosciuto che era stato democraticamente eletto, e accusando Hezbollah di
atteggiamento eversivo per aver chiesto nuove elezioni come mezzo per dirimere il
conflitto tra i partiti libanesi, dopo aver accusato Hamas per aver rifiutato la
ripetizione delle elezioni appena vinte.
Gli Stati Uniti hanno progettato, al tempo del governo Berlusconi, un ampliamento
della loro base militare a Vicenza, piena di inconvenienti per la citt e per i suoi
abitanti, e Berlusconi, naturalmente, ha dato la sua piena disponibilit. Cambiato il
governo nel 2006, si pensato a un referendum consultivo tra i cittadini di Vicenza.
Questa via avrebbe potuto essere vantaggiosa per Prodi: se i vicentini avessero detto
s allampliamento, egli avrebbe potuto opporre ai pacifisti largomento della
democrazia per concederla; se i vicentini avessero detto no, il loro rifiuto gli sarebbe
servito per allungare i tempi e migliorare i modi dellampliamento della base,
calmando lopposizione della cittadinanza, con buone ragioni presso gli Stati Uniti.
Ma quando il padrone esige unobbedienza pi rapida, la cupidigia di servilismo
induce ad affrettare i tempi dellobbedienza. Gli Stati Uniti vogliono avere
lautorizzazione allampliamento della loro base entro il 31 gennaio 2007, perch
hanno progettato di far partire i lavori in marzo. Prodi, di fronte a questa volont,
manifestatagli allinizio del nuovo anno, lascia cadere il referendum e qualsiasi
genere di contrattazione con gli Stati Uniti, e mette in agenda la decisione di
autorizzare lampliamento nel consiglio dei ministri previsto per il 26 gennaio 2007.
Perci, interrogato a Bucarest il 14 gennaio sulla sua decisione a proposito
dellampliamento della base, risponde che la domanda prematura, e che la decisione
verr presa al suo ritorno in Italia, perch non c fretta. Ma i suoi padroni
statunitensi, invece, hanno fretta, e allora lui, smentendo se stesso, non aspetta n il
consiglio dei ministri, e neppure il suo ritorno in Italia, e rilascia appena due giorni
dopo la dichiarazione che abbiamo sopra riferito.
Almeno si fosse assunto la responsabilit della sua scelta, dicendo chiaramente
che la sua linea di politica estera di pieno allineamento al potere imperiale e alle
sue guerre, e che la concessione di Vicenza non che un corollario obbligato. Invece
no. Si copre dietro la decisione del precedente governo (che, non essendosi tradotta in
nessun impegno sottoscritto, o comunque formalmente deliberato, non ha alcun valore
vincolante), e dietro quella del comune di Vicenza (che una decisione degli apparati
di partito, e comunque semplicemente amministrativa), e dice, facendo ridere tutti, che
la questione della concessione della base di natura urbanistica, non politica. Poi,
ricalcando il comportamento di Berlusconi al tempo della guerra a Saddam Hussein,
mentre militarizza il paese dichiara che la sua politica di promozione della pace:
pura e semplice inconsistenza umana.
La questione di Vicenza rivelatrice di quel che abbiamo prima detto, e cio che
scelte di semplice buon senso e moderazione, volte esclusivaemtne alla tutela degli
interessi del popolo italiano, sono al di fuori di ci che possibile fare, e finanche
dire, nella sfera della politica istituzionale e dei suoi canali di trasmissione delle
informazioni.
Dire, infatti, che non si deve autorizzare lampliamento della base, diventa
antiamericanismo estremista della sinistra radicale. (Una sinistra radicale che,
peraltro, non ha minimamente pensato di sfiduciare Prodi dopo il suo editto balcanico,
n ha dichiarato di subordinare la propria partecipazione al governo alla richiesta che
si chiudano tutte le basi statunitensi sul territorio italiano.)
Eppure, se prescindiamo dal postulato della sudditanza costantemente accettata da
tutti i governi del nostro paese nei confronti degli obiettivi internazionali degli Stati
Uniti, e ci basiamo esclusivamente sul buon senso e sullinteresse del popolo italiano,
non si capisce perch mai lItalia, a pi di sessantanni dalla fine della Seconda
guerra mondiale, e a pi di quindici anni dalla caduta del Muro di Berlino, debba
cedere pezzi del proprio territorio alle Forze armate degli Usa.
Le basi statunitensi non hanno neanche pi lapparenza di difendere il territorio
italiano da unipotetica invasione sovietica, e accentuano invece la nostra esposizione
come piattaforme di attacco del potere imperiale, e quindi la nostra insicurezza per
lintero territorio nazionale.
Un popolo sovrano, inoltre, compromette la propria sovranit e la propria dignit
nel momento in cui accetta una presenza militare straniera al di fuori del proprio
controllo sul proprio territorio.
Nel caso, poi, dellampliamento della base militare di Vicenza, lumiliazione
accentuata dal fatto che la base praticamente interna alla citt, ed tale da creare
disagi di ogni genere ai suoi abitanti, compromettendone le risorse idriche. Non
sarebbe la cosa pi di buon senso applicare la regola ognuno se ne stia a casa sua?.
Certo, una regola fortemente irrealistica nel contesto attuale. Ma quel contesto,
accettato da destra e sinistra, di vergognosa sudditanza al potere imperiale Usa e di
compromissione della sicurezza del popolo italiano.
Possiamo concludere questa discussione sulle concrete azioni di politica estera
dei primi mesi del governo Prodi: i fatti ci mostrano che su questi temi le differenze
fra destra e sinistra sono del tutto marginali. Di fronte alla richiesta Usa d appoggio
italiano alle guerre imperiali, la risposta dei governi italiani, senza differenza fra
destra e sinistra, sempre signors!.
Israele ha a tutti gli effetti legalizzato la tortura () in tre modi: primo, luso da
parte dello Shn Bet (Servizio di Sicurezza) di quantitativi moderati di pressioni
fsiche (sui detenuti) fu permesso dal rapporto della commissione Landau del 1987 e
approvato dal governo () secondo, nellottobre 1994 il Comitato Ministeriale di
Controllo dello Shin Bet, organo del governo di Israele, ha rinnovato il diritto di
praticare (sui detenuti) un uso ancor maggiore della forza fisica () e terzo, nel 1996
la Corte Suprema di Israele ha emesso una sentenza che permette a Israele di
continuare nelluso della forza fsica contro specifici detenuti64.
Fu solo nel 1999 che lAlta Corte di Giustizia dIsraele mise un freno alluso
della tortura,
Note
Lultimo dei postulati del capitalismo assoluto che vogliamo discutere quello
relativo allo sviluppo, inteso come crescita indefinita del Prodotto Interno Lordo. Il
postulato pu essere formulato nel modo seguente.
Sinistra e sviluppo
Sinistra e competitivit
Ogni anno, dunque, un flusso enorme di dollari fuoriesce dagli Stati Uniti verso il
resto del mondo, e, se non ne deriva la polverizzazione del valore del dollaro e la
mancanza di investimenti per lo sviluppo nordamericano, ci dipende sia dal ruolo
del dollaro come moneta imperiale - che non presentata allincasso nella stessa
misura delle altre monete, ma rimane in larga misura giacente nelle casse delle banche
e degli istituti finanziari in quanto moneta di riserva internazionale - sia dalle
politiche monetarie restrittive delle province dellimpero, a fronte di quella
iperespansiva del centro. LEuropa di Maastricht, tenendo ristretti il credito e la
domanda, e sacrificando cos lo sviluppo produttivo, ha tenuto alto rispetto al dollaro
il valore della propria moneta, consentendo cos allindustria statunitense un certo
livello di esportazioni che non avrebbe altrimenti raggiunto, e ha dirottato i propri
investimenti dalla produzione alla finanza, favorendo cos investimenti finanziari
europei nel pi redditizio mercato statunitense. In tal modo i dollari che escono dagli
Stati Uniti sotto forma di saldi commerciali passivi vi rientrano, persino maggiorati,
sotto forma di investimenti finanziari in attivit, azioni e obbligazioni, garantendo
alleconomia degli Usa, pur in presenza di un enorme e crescente deficit commerciale,
equilibrio monetario e finanziamento degli investimenti nello sviluppo110.
Tutto quello che abbiamo fin qui detto conferma che c una crisi mondiale dello
sviluppo. Leconomia statunitense continua bens a svilupparsi, ma meno che
nellepoca keynesiana-fordistica, e attraverso una spesa pubblica abnorme resa
possibile da unimposizione imperiale. Lo sviluppo delleconomia degli Usa non ha
perci un proprio interno motore, ma lo finanziamo noi europei (insieme ai giapponesi
e ai cinesi), a detrimento del nostro sviluppo. Se non lo finanziassimo, daltra parte, il
nostro sviluppo addirittura si fermerebbe, per il collasso della domanda statunitense,
la pi grande domanda del mondo, che assicura sbocchi indispensabili di mercato alle
produzioni di tutto il mondo, proprio perch leconomia degli Usa pu tollerare, nella
situazione esistente, deficit commerciali giganteschi.
La crisi dello sviluppo universalmente considerata un male, a destra come a
sinistra, dalla sinistra moderata come da quella radicale, dai capitalisti come dai
sindacati dei lavoratori, perch riduce gli affari, le opere, le retribuzioni e soprattutto
loccupazione, e, nellottica della sinistra radicale, perch riduce, oltre che
loccupazione, la spesa sociale, i servizi, le possibilit redistributive.
Poich non si comprende la natura della crisi dello sviluppo, le si contrappone
soltanto una marea di banalit. Si dice che per superare la mancanza di sviluppo ci
vogliono investimenti per lo sviluppo, senza vedere che quegli investimenti sono lo
sviluppo e mancano appunto perch manca lo sviluppo: invocarli per evitare la
mancanza di sviluppo ha la stessa logica che dire che per evitare di morire occorre
rimanere vivi. Si dice che per rilanciare lo sviluppo occorre comprimere il costo del
lavoro, e poi gli stessi che lo dicono lamentano che i consumi sono inferiori a quanto
sarebbe necessario per lo sviluppo: la logica la stessa che ridurre al proprio figlio
la paghetta per le sue spese personali, e poi lamentarsi perch non si compra pi libri
da leggere.
La sinistra cosiddetta radicale in genere non indulge in simili vuotaggini.
Capisce infatti il ruolo della domanda per lo sviluppo, e propone quindi il
superamento della politica monetaria restrittiva di Maastricht, e laumento
generalizzato dei redditi da lavoro. Pensa cos, per, che lEuropa possa
autonomizzarsi dagli Stati Uniti e promuovere autonomamente il proprio sviluppo, e
non si rende quindi conto che, senza il mercato di sbocco costituito dallelevata
domanda statunitense di importazioni, garantita proprio dalla politica restrittiva
europea, lo sviluppo dellEuropa si fermerebbe. Inoltre, uno sviluppo europeo che
contrastasse lafflusso di capitali europei verso gli Stati Uniti si porrebbe in diretto
contrasto con la struttura economica statunitense, e dovrebbe quindi prevedere un
grado di conflittualit altissimo fra Europa e Stati Uniti, situazione che nessuna forza
politica europea sembra oggi preparata ad affrontare.
La crisi dello sviluppo ancora pi grave in Italia, la cui economia ha
praticamente cessato di crescere dal 2001, al punto da conoscere in certi momenti
addirittura una flessione del prodotto interno lordo, e da mantenere attualmente un
tasso d crescita dell1%, inferiore al gi basso livello medio europeo del 2%, e di
livello quasi africano. C anche una descrizione condivisa da molti analisti degli
aspetti del mancato sviluppo italiano. Si osserva, prima di tutto, come i dati statistici
segnalino sotto tutti gli aspetti dello sviluppo tassi di crescita italiani inferiori a quelli
medi europei, gi molto pi bassi di quelli nordamericani.
Dal 1991 al 2001 la domanda interna italiana cresce ad una media annua
dell1,5% a fronte dell1,7% europeo; la produzione industriale dello 0,8% a fronte
dell1,6% europeo; il progresso tecnico dello 0,6% a fronte dello 0,8% europeo; la
partecipazione delleconomia italiana al commercio mondiale si riduce in dieci anni
complessivamente del 25%, contro una riduzione media europea del 9%111. Si tratta
di dati considerati da tutti gli osservatori come catastrofici, tanto pi che sono
ulteriormente peggiorati, discostandosi ancora pi verso il basso da una media
europea pur essa stessa declinante, dopo il 2004. Si osserva, poi, come questi dati
dipendano da un lato dallinsufficienza della domanda a sostenere lo sviluppo della
produzione, a causa di una spesa pubblica complessiva pi bassa di quella europea, e
dallaltro dallinsufficienza stessa dellofferta produttiva, dovuta al
sottodimensionamento delle aziende italiane rispetto a quelle europee e al loro
conseguente scarso impegno nella ricerca e nellinnovazione di prodotto112.
Il risultato che la produzione italiana diventata sempre pi debole e addirittura
assente nei settori ad alta intensit tecnologica (computeristica, elettronica,
telecomunicazioni, trasporti aerei e marittimi, metallurgia, petrolchimica,
biotecnologie), e si concentrata invece nei settori protagonisti del miracolo italiano
degli anni 50 e 60, vale a dire, per fare qualche esempio, quelli degli
elettrodomestici (frigoriferi, lavatrici, tostapane, ventilatori), dei tessuti,
dellabbigliamento, delle calzature, dei mobili, dei lavandini, delle piastrelle, delle
cucine, delle vasche da bagno e delle caldaie, dei materassi e dei piumoni. Le merci
di questi settori, incorporando poca tecnologia, sono facilmente riproducibili in molti
paesi, per cui subiscono una concorrenza sempre pi diffusa sul mercato mondiale, di
cui perci perdono quote rilevanti, anche nelle regioni italiane.
Nellambito della cultura di sinistra la deindustrializzazione del paese e il declino
del suo sviluppo sono le massime sciagure, perch loccupazione lavorativa, i redditi
operai, gli affari dei commercianti e la stessa identit culturale di un territorio non si
possono difendere se non mantenendovi lindustria che storicamente ne organizza il
tessuto produttivo, come la fabbrica automobilistica in Piemonte, la cantieristica in
Liguria, la conceria in Valdarno, loreficeria nel casentino, la tessitura in Veneto, la
cartiera nelle Marche, e perch le prospettive di maggiore benessere popolare e di
progresso sociale dipendono dallo sviluppo.
Questa cultura, finch mantenuta, incatena le menti e la societ a situazioni
socialmente dannose, allinarrestabilit della rovina ecologica, al perseguimento di
obiettivi del tutto illusori d soluzione dei problemi. Bisogna perci lasciarci alle
spalle la cultura della sinistra, di tutto quanto lo spettro delle diverse sinistre. Come
si fa? Cominciando col dire quello che la sinistra sembra incapace di dire e di
pensare: non la crisi dello sviluppo, ma lo sviluppo come tale una sciagura, mentre
la crisi dello sviluppo un momento pericoloso che apre per una nuova opportunit
per gli esseri umani. Se infatti lo sviluppo ecologicamente insostenibile, il fatto che
abbia ora elementi interni che lo frenano, e che non sia rilanciabile se non
illusoriamente con mezzi di politica economica, crea lopportunit di considerare le
compatibilit ecologiche delleconomia.
Stiamo allItalia. Le industrie maggiormente promotrici di sviluppo, come quella
petrolchimica e quella nucleare, quella della telefonia mobile e quella delle
biotecnologie, non le abbiamo quasi pi. Invece di lamentare gli svantaggi di questa
perdita, e cercare di colmarla, come fa la sinistra, dovremmo imparare, andando oltre
la sinistra, a vederne i potenziali vantaggi, riassumibili nella possibilit di avere
unindustria meno rovinosa per il nostro ambiente e per la nostra salute.
Guardiamo al tipo di industrie funzionanti che ci sono rimaste, e che abbiamo
prima elencato. Non sono certo prive di dannosit ambientale, ma i danni che fanno
sono minori di quelli delle industrie a pi alto contenuto tecnologico, sono danni che
potrebbero venire ulteriormente ridotti, anche se non eliminati, e inoltre, cosa molto
importante, si tratta di industrie che producono in genere beni realmente utili alla
nostra popolazione. Dovremmo quindi puntare a tenerci proprio le industrie che
abbiamo e che non ci danno sviluppo, e aiutarle a sottrarsi agli urti distruttivi del
mercato internazionale. Il fatto che la nostra produzione industriale sia cresciuta
appena dello 0,8% medio annuo dal 1991 al 2001, ed abbia cessato di crescere dopo
quella data, ci offre unaltra opportunit, lopportunit di far coincidere leconomia un
po meno con lindustria e un po di pi con i servzi e con la valorizzazione del
patrimonio artistico e culturale.
Dobbiamo puntare, semplicemente perch lunica alternativa che ci rimasta
alla catastrofe ecologica e antropologica, a fermare lo sviluppo e a dare avvio ad un
percorso inverso di graduale riduzione del prodotto interno lordo. Dobbiamo
cominciare a farlo anche da noi soli in Italia, dove le opportunit sono maggiori,
proprio in virt della nostra crisi pi grave.
Abbandonare la via dello sviluppo, per, pone il problema dei danni che
automaticamente fa lattuale meccanismo economico privato dello sviluppo. Senza
sviluppo diminuiscono i redditi da lavoro. Diminuisce quindi la domanda interna,
procurando minori guadagni a coloro che vivono di commercio. Aumenta la
disoccupazione. La spesa pubblica dovrebbe aumentare per ammortizzare questi danni
sociali, ma, anche se rimanesse costante, a prodotto lordo decrescente scatenerebbe
linflazione.
Per affrontare queste gravi emergenze sarebbe indispensabile ripristinare elementi
istituzionali presenti e funzionanti nel nostro paese fino agli anni 70 compresi, e poi
travolti dalla successiva barbarica ondata di neoliberismo, e cio una estesa propriet
pubblica (rinazionalizzando imprese sconsideratamente privatizzate), strumenti di
intervento statale strategico nelleconomia, ed infine il principio che compito
istituzionale dello Stato promuovere la piena occupazione 113 . Gli espulsi dai loro
posti di lavoro dalleconomia del plusvalore in conseguenza del regresso dello
sviluppo dovrebbero venire subito ripresi al lavoro in nuove aree di intervento
pubblico a fini di pubblica utilit. Queste aree di lavoro, capaci di occupare qualche
milione di lavoratori, dovrebbero riguardare progetti di disinquinamento di acque e
suoli, il riassetto urbano volto a rendere vivibili le citt, la riorganizzazione dei
trasporti urbani e interurbani, un programma di assegnazione permanente di case di
abitazione a tutti coloro che ne sono privi, un programma di ripopolamento di zone
collinari e montane abbandonate, la creazione di una rete capillare di nidi per bambini
e di assistenza domiciliare per gli anziani. Ma come finanziare queste aree di lavoro
di pubblica utilit? Sarebbe certamente indispensabile un prelievo fiscale permanente
di tipo patrimoniale sulle grandi ricchezze, e poi le spese dei nuovi occupati
farebbero crescere altri gettiti tributari. Ci non basterebbe, tuttavia, ad evitare
linnesco di un forte processo inflazionistico. Come evitarlo?
Oggi si culturalmente attardati a una vecchia concezione dellinflazione, non pi
corrispondente alla realt. Si crede che lindicatore di inflazione sia la variazione del
prezzo della singola merce posta in vendita, e ci si meraviglia quando si constata che
linflazione percepita supera di gran lunga le effettive variazioni dei prezzi. Ci
accade, per, perch linflazione percepita non fa che percepire quella che oggi
realmente linflazione, e cio laumento di prezzo non del singolo bene, ma di un
insieme di beni omogenei volti a soddisfare lo stesso bisogno. Se ad esempio il
prezzo di acquisto dellautomobile rimane stabile, ma lautomobilista indotto a
usarla di pi dal peggioramento dei servizi pubblici e dalla mancanza di mezzi
alternativi, e si trova cos a consumare pi benzina e magari a pagare il parcheggio
nella localit di arrivo, lautomobile ha creato inflazione, anche se il suo prezzo
rimasto stabile. Per sconfggere linflazione, dunque, occorre sostituire laumento dei
salari con una drastica riduzione di costi del soddisfacimento di bisogni, sia creando
le condizioni per cui i bisogni possano essere soddisfatti con una minore quantit di
consumi, e quindi con un prodotto lordo decrescente, sia soddisfacendo in maniera
gratuita, attraverso le nuove aree di intervento pubblico di cui si detto, i bisogni pi
elementari. Se un lavoratore avesse la casa gratuita, il trasporto gratuito sul luogo di
lavoro, il nido gratuito per i suoi bambini e lassistenza gratuita per i suoi anziani, e
se gli si offrisse una gamma pi ristretta ma soddisfacente di beni di consumo da
comprare, potrebbe vivere meglio senza aumenti salariali, in un quadro complessivo
di prodotto interno lordo decrescente.
Conclusione
Se esistesse (ma non esiste) un partito politico con questi obiettivi, non sarebbe n
di sinistra n di destra, ma sarebbe oltre la sinistra e la destra. Il suo compito
esclusivo sarebbe quello di far uscire gli uomini e le donne dalla degradazione del
capitalismo assoluto, e perci avrebbe superato tutti i tab della sinistra, dallo
sviluppo allindustrialismo.
Non c bisogno di molta riflessione per rendersi conto che, anche su questi temi,
la sinistra lontanissima dal tentare una qualsiasi azione che vada nella direzione di
un superamento del capitalismo assoluto. I suoi esponenti sedicenti moderati non si
differenziano in nulla, neppure nelle parole, dagli esaltatori neoliberistici dello
sviluppo e della crescita del Pil. La cosiddetta sinistra radicale si limita, come
sempre, a enunciazioni di principio che non hanno mai nessuna rilevanza al momento
delle scelte vere.
Anche in questo caso, dunque, la sinistra appare totalmente interna a una realt
sociale che nega tutti gli ideali emancipativi della sinistra.
Note
80 Per una breve ed efficace analisi degli svantaggi e dei costi del progetto Tav si
veda: A. Santisi, No Tav e interessi nazionali. Le ragioni di una protesta, in
Indipendenza, n.19/20, febbraio/maggio 2006, pp. 15-18. Si veda anche G. Guastini,
Tav in Val di Susa. Le ragioni di una lotta, Massari ed., Bolsena 2006.
81 Per una prima introduzione alle tematiche della decrescita si vedano: M.
Pallante, La decrescita felice, Editori Riuniti, Roma 2006, oppure Aa.Vv, Obiettivo
decrescita, Emi, Bologna 2005. Si possono trovare informazioni, notizie e
bibliografia nel sitohttp://www.decrescita.it/.
82 A. Ricci, Oltre il liberismo, Fazi, Roma 2004.
83 Ibid., pp. 101-3.
84 Ibid., p. 104.
85 Tra il 1991 e il 2001 la quota di partecipazione dellUnione europea al
commercio mondiale passa da circa il 35% a poco meno del 32%.
86 Ibid., p.162
87 Ibid., p. 234.
88 E. Todd, Lillusione economica, M. Tropea, Milano 2004, p.163.
89 II passaggio storico dal capitalismo keynesiano al capitalismo neoliberistico
viene analizzato in maniera pi approfondita nel capitolo quarto.
90 J. Stiglitz, I ruggenti anni Novanta, Einaudi, Torino 2004, p. 179.
91 Come laraba fenice dello sviluppo sostenibile: oggi lo sviluppo come tale
ad essere insostenibile.
92 Sport, esplorazioni, alcuni settori delleconomia, alcune professioni, e anche
qui non senza grossi rischi, ove la competitivit non sia convenientemente regolata e
limitata: si pensi solo alla diffusione delle sostanze dopanti nello sport.
93 E. Scalfari In viaggio sul treno pi lento del mondo, La Repubblica, 13
marzo 2005, articolo di fondo.
94 La previdenza affidata ai contributi nella realt odierna a rischio, e lIrap
penalizza proprio le imprese che non dovrebbero essere penalizzate, quelle cio a
bassa capitalizzazione o indebitate.
95 Su questo punto Andrea Ricci a comprendere meglio le cose.
96 Galapagos, Un paese povero, il manifesto, 11 marzo 2005, articolo di
fondo.
97 A. Ricci, Dopo il liberismo, cit., p. 183.
98 Ibidem, pp. 192-6, dove gli effetti deprimenti e distorsivi della liquidazione
dellindustria pubblica sulla nostra economia sono magistralmente rivelati, evitando
pudicamente di sottolineare il ruolo preminente della sinistra e del suo attuale capo di
governo, Prodi, nellopera.
99 Si vede da qui quanto sia improprio definire lattuale sistema di competizione
commerciale come liberismo, con un termine, cio, nato per indicare il non-
intervento statale nelleconomia. uno de motivi per i quali preferiamo lespressione
capitalismo assoluto.
100 I dati qui elencati sono tratti dallAnnual Report del Wto, Ginevra 2003. Si
tratta naturalmente di dati ai quali non pu essere attribuita una precisione assoluta, a
causa della relativa arbitrariet dei criteri di rilevazione e di calcolo di grandezze
come quelle del prodotto lordo, ma che risultano tuttavia egualmente molto indicativi.
I valori annui fomiti non sono ovviamente quelli effettivi di ogni anno, ma
rappresentano la media annua dei valori del decennio.
101 Che in questo caso sono, paradossalmente, vendite negli stessi Stati Uniti, a
riprova di come luomo, ridotto a mero consumatore, si fa inintelligentemente
condizionare da pubblicit, immagini e false apparenze al punto da arrivare
facilmente a comprare un prodotto straniero di cui esiste un equivalente locale di pari
qualit e prezzo.
102 Annuario statistico delle Nazioni Unite, New York 2004.
103 La mancanza oggi generale di una cultura economica non-aziendalistica, ma
sistemicamente e storicamente consapevole, rende incomprensibile come la non-
competivitiv mercantile della singola impresa non sia di per se stessa un difetto
economico e sociale.
104 A. Ricci, op. cit., p. 87.
105 K. Polanyi, La grande trasformazione, Einaudi, Torino 1976.
106 Anche se inferiore, ricordiamolo, al 5,6% del periodo keynesiano
postbellico.
107 I dati globali a partire dal 1961 sono riportati da E. Todd, Lillusione
economica, cit., p. 157, e rivelano un declino dello sviluppo a partire dal 1969, e pi
accentuato dopo il 1979.
108 Cfr. P. Krugman, Il ritorno delleconomia della depressione, Garzanti,
Milano 1999, pp. 43-52. Qui, e pi analiticamente in saggi pubblicati su diverse
riviste, Krugman distingue tra uno sviluppo intensivo, prodotto da un uso pi
efficiente di fattori di produzione dati, e uno sviluppo estensivo, prodotto dalluso di
nuovi fattori di produzione prima inutilizzati. Ci che caratterizza lo sviluppo
estensivo, mostra Krugman, un ritmo molto sostenuto nel suo primo periodo, quando
pu alimentarsi di unestensione crescente dei fattori di produzione utilizzati (nuovi
lavoratori prima inattivi, nuove risorse minerarie fino ad allora non estratte, nuovi
spazi insediativi ecc.), e il suo rapido declino nel periodo successivo, quando non ci
sono pi nuovi fattori. Krugman corrobora le sue distinzioni analitiche con i dati
empirici dei casi storici di sviluppo estensivo, a partire da quello, che lui giudica
tale, dellUnione Sovietica. I dati empirici mostrano sempre la stessa tendenza, prima
sviluppo sostenuto, poi rallentamento, Poich lo sviluppo della Cina attuale un
tipico sviluppo estensivo, prevedibile un suo futuro, netto rallentamento.
109 E. Todd, Dopo limpero, M. Tropea, Milano 2003, p. 64. La lista non finita.
Hanno un attivo commerciale con la superpotenza nordamericana persino paesi
economicamente deboli come il Messico, il Venezuela, lArgentina, lIndonesia e
addirittura lUcraina. Per vedere in attivo gli Usa bisogna andare in Egitto, a Cipro, in
Uzbekistan, in Kirghisia, nelle Filippine, nellAfrica subsahariana, e questi attivi non
sono certo il massimo, sia qualitativamente che quantitativamente. Questo quadro
della bilancia commerciale per Todd la prova irrefutabile della non-competitivit
complessiva del sistema industriale statunitense.
110 Ulteriori considerazioni su questi temi si possono trovare in M. Dolfini,
Debito e impero, in Limes n.l, 2005, pp. 23-43.
111 Cfr. G. Fu, Lo sviluppo economico in Italia, F. Angeli, Milano 2003.
112 Si omette in genere losservazione che fino agli anni 80 esisteva in Italia
unindustria di dimensioni europee capace di convogliare risorse nella ricerca e
nellinnovazione, e che questa industria stata distrutta dalle privatizzazioni della
sinistra, che lhanno smembrata e ne hanno consegnato i pezzi ora a monopolisti, ora a
speculatori, ora a padroni stranieri.
113 Labbandono generalizzato di questo principio, assunto da tutti gli Stati civili
dopo la loro vittoria sul nazifascismo, si avuto a partire dal 1979, come vedremo
meglio nel capitolo quarto. In Italia avvenuto sotto i governi di Amato e Ciampi del
1992-94, in maniera illegale ed eversiva perch larticolo 4 della Costituzione, che
rientra nei princpi fondamentali, non modificabili neppure con la procedura d
revisione dellarticolo 138, dice testualmente: La Repubblica riconosce a tutti i
cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo
diritto. N la Costituzione allude a un lavoro qualsivoglia, e comunque sfruttato,
perch larticolo 36 dice che in ogni caso il lavoratore ha diritto ad una
retribuzione sufficiente ad assicurare a s e alla sua famiglia unesistenza libera e
dignitosa. Sia larticolo 4 che larticolo 36 sono giuridicamente ancora vigenti. Il
capitalismo assoluto, che ne costituisce la radicale negazione fattuale, quindi
unimposizione del tutto fuori legge.
3. ANTROPOLOGIA DELLA SINISTRA: UNIDENTIT
VUOTA
Abbiamo fin qui descritto i postulati comuni a tutte le forze politiche abilitate a
governare un paese occidentale nellattuale contesto storico. Descrivere qualcosa cos
come i fatti univocamente ce lo mostrano non significa tuttavia spiegarlo. Per spiegare
qualcosa, infatti, non basta comprovarne lesistenza, ma occorre chiarire il perch
della sua esistenza, ovvero il processo reale che lha resa necessaria. Nel nostro caso
si tratta di trovare un perch al fatto che la sinistra, soltanto alcuni decenni fa forza di
emancipazione delle classi lavoratrici e di riduzione delle ingiustizie sociali, agisca
oggi a partire da postulati che ha in comune con la destra e che comportano
lapprofondimento delle diseguaglianze, dello sfruttamento, dellinsicurezza e
dellirrazionalit.
Lanalisi sociale mostra come quei postulati siano richiesti da quel contesto
storico che viene comunemente chiamato globalizzazione, talvolta neoliberismo,
oppure, pi raramente, postmodernit.
Riguardo a questi termini c una babele di definizioni e interpretazioni. Leggiamo
questo resoconto:
Per molti studiosi la globalizzazione un fenomeno che ha origine negli anni 70,
precisamente nellagosto 1971, quando il governo degli Stati Uniti decret la fine
della convertibilit aurea del dollaro (). Per altri essa si sprigionata dalla caduta
del Muro di Berlino e dalla fine del mondo bipolare, come universalizzazione di un
modello economico, quello capitalistico (). Ma non mancano studiosi che vedono la
globalizzazione come un fenomeno niente affatto nuovo, che nasce con il capitalismo e
con la sua concezione di estensione illimitata del mercato. Leconomista argentino
Aldo Ferrer e il professore dellUniversit di Washington David Felix ritengono che
la globalizzazione abbia avuto inizio con lespansione coloniale del XV secolo().
Per alcuni la globalizzazione lomologazione dei modelli di consumo e degli
stili di vita attraverso la circolazione universale di comunicazioni e immagini ().
Per altri lunica globalizzazione realmente esistente quella finanziaria114.
La stessa confusione si ha riguardo al cosiddetto neoliberismo, che per alcuni
altro non che la politica economica conforme alle esigenze del mondo globalizzato,
per altri la causa della globalizzazione, per altri ancora il suo effetto. C chi lo
intende come riedizione del liberismo ottocentesco, vale a dire come libero scambio e
non-intervento dello Stato nelleconomia, e chi fa notare che mai come nellepoca
cosiddetta neoliberistica lo Sato intervenuto cos massicciamente a sostegno delle
imprese private.
Il contesto economico attuale talvolta inquadrato nella nozione di postmodernit,
intesa, in questo ambito, ora come flessibilit del lavoro, ora come mobilit degli
investimenti, ora come fine delleconomia regolata dallo Stato. Scrive U. Beck:
Un identit vuota
Riassumiamo quanto fin qui detto: in questa inedita realt economica e sociale,
che abbiamo denominato capitalismo assoluto, qualsiasi forza politica che voglia
avere una speranza fondata di arrivare al governo di un paese europeo per vie
ordinarie e in tempi non storici, deve accettare - e senza difficolt accetta - i vari
postulati di cui abbiamo discusso nei capitoli precedenti. In particolare deve accettare
di non identificarsi con alcun reale programma di governo, per poter gestire la societ
in funzione delle esigenze del mercato. Ci dipende dal fatto che, come si visto, il
capitalismo assoluto continuamente innovativo, cambia cio in maniera incessante i
beni consumati, le tecniche per produrli e lorganizzazione del lavoro. Una forza
politica che accetti questo sistema economico deve quindi accettare di gestire
innovazioni continue, non decise in sede politica. In questo modo la politica cessa di
esistere e ci che continua a chiamarsi con questo nome in realt amministrazione
delle ricadute sociali delleconomia del plusvalore. In questo sta, tra laltro, la radice
della corruzione delle forze politiche che, non essendo pi politiche, ma soltanto
gestionali, devono sopportare tutti i costi del professionismo dei loro aderenti e della
lotta per la conquista delle cariche.
Destra e sinistra, intesi come opposti schieramenti parlamentari ed elettorali che
si alternano al governo, e come correlative culture d appartenenza, appaiono allora
modulazioni diverse quella medesima realt sociale, economica e culturale.
Cerchiamo adesso di capire cosa tutto questo significhi per lanalisi di ci che
oggi la sinistra. Se quanto abbiamo fin qui detto sensato, quali comportamenti
dovremmo aspettarci da parte delle persone di sinistra?
Se essere di sinistra significasse qualcosa di minimamente autentico e radicato
nella storia, dovrebbe significare il riferimento a valori di solidariet e giustizia, e
il rifiuto del profitto e della competizione come fondamenti della realt sociale.
Essere di sinistra dovrebbe quindi implicare una forte presa di posizione contraria
alla realt del capitalismo assoluto e il conseguente distacco netto da tutte quelle forze
politiche che in un modo o nellaltro appaiono espressione di questa realt.
Da quanto abbiamo fin qui detto appare allora chiara la nostra conclusione: le
persone di sinistra non dovrebbero aver pi nulla a che fare con le forze politiche
di centrosinistra. Dovrebbero considerarle nemiche al pari di quelle di destra.
Sappiamo bene che il popolo di sinistra non si comporta affatto in questo modo.
Invece di quel distacco che a noi sembra la conseguenza logica di unanalisi
spassionata della realt e del riferimento ad alcuni dei valori storici della sinistra,
quel che succede che, quanto pi il centrosinistra si fa indistinguibile dal
centrodestra riguardo alla sostanza socioeconomica della sua politica, tanto pi le
persone di sinistra vi si identificano, fino a sentire la contrapposizione fra destra e
sinistra come laspetto cruciale e decisivo della nostra realt politica.
noto che in Italia questa contrapposizione ha assunto aspetti parossistici: ognuno
dei due schieramenti lancia allaltro accuse pesantissime, presentando se stesso come
il difensore nientemeno che della libert e della civilt messe in pericolo dalla
barbarie dellaltro schieramento. Tutto ci risponde naturalmente a interessi precisi
del ceto politico di destra e di sinistra. Infatti in un sistema elettorale maggioritario,
con due schieramenti dalla consistenza elettorale simile, piccoli spostamenti di voti
possono creare grandi spostamenti di potere, e ciascuno dei due poli teme fortemente
la disaffezione di una parte anche piccola del proprio elettorato. Ma dire la verit sul
fatto che nella sostanza le politiche dei due poli sono indistinguibili porterebbe
proprio a tale disaffezione, ed occorre allora rilanciare le pi disparate polemiche,
occorre ribadire limmagine d due schieramenti lun contro laltro armati, e
presentare la scelta fra di essi come la scelta della civilt contro la barbarie.
Se chiaro linteresse a mantenere alto questo tipo di tensione, da parte dei ceti
politici di destra e di sinistra, appare invece diffcile capire perch le persone di
sinistra aderiscano a queste mistificazioni. interessante notare come in questo modo
siano costrette ad adottare il criterio dei due pesi e due misure che non fa onore
alla loro intelligenza. Facciamo un esempio.
Gli eventi del luglio 2001 a Genova (contestazione del G8, scontri con la polizia,
uccisione di Carlo Giuliani, pestaggi notturni) hanno avuto grande risonanza nel
popolo di sinistra e sono stati seguiti con passione e interesse, cos come le varie
vicende giudiziarie ad essi seguite. Linterpretazione che ne stata data, a sinistra,
chiara e semplice: in quei giorni vi stata, da parte del governo e delle forze
dellordine, unazione premeditata di aggressione alla maggioranza di manifestanti
pacifici e di mancata repressione della minoranza di manifestanti violenti, allo scopo
di reprimere con la forza il movimento no global e di gettare su di esso discredito.
Molte persone a sinistra hanno visto in questi fatti la prova provata del carattere
repressivo e antidemocratico del governo Berlusconi. In questo modo hanno
rinsaldato le loro convinzioni sulla necessit di votare il centrosinistra che, con tutti i
suoi difetti, rappresenta comunque una difesa della democrazia contro il pericolo di
questa destra.
A leggere alcuni resoconti si rimane, in effetti, colpiti. Riportiamo il brano
seguente, tratto da una delle molte pubblicazioni apparse poco dopo i fatti di Genova:
Racconti come questi inducono certo gravi sospetti nei confronti del governo che
tollera smili comportamenti da parte delle forze dellordine. Ma in questo caso non si
tratta del governo Berlusconi, bens del governo di centrosinistra che lo ha preceduto.
Il racconto sopra citato, infatti, si riferisce ai fatti di Napoli del marzo 2001, quando
trentamila persone manifestarono contro il Global Forum che si teneva nella citt
partenopea. Il libro che abbiamo citato dedicato ai fatti di Genova, ma inizia con un
breve resoconto di quelli di Napoli, considerandoli, giustamente a nostro avviso, un
antefatto di quelli di Genova,
chiaro che se si pensa ai fatti di Genova nel modo in cui s detto, come
esempio di una strategia tesa a reprimere e delegittimare il movimento no-global,
allora gli eventi di Napoli e quelli di Genova, avvenuti a cos breve distanza di tempo
e con un copione cos simile, non possono non apparire come passi successivi della
medesima strategia, e i governi sotto i quali sono avvenuti non possono non apparire,
dal punto di vista dal quale ci stiamo mettendo, perfettamente analoghi.
Si tratta naturalmente di una conclusione sgradita al popolo di sinistra, e si sa che
le verit sgradite vengono rimosse: cos, mentre i fatti di Genova si sono incisi nella
memoria del popolo di sinistra, sono stati fissati in racconti, immagini, libri,
documentari, sono stati al centro di dibattiti e discussioni, niente di paragonabile
successo per i fatti di Napoli. Tanto che gli avvisi di garanzia che hanno colpito i
poliziotti indagati dalla magistratura per questi eventi hanno colto del tutto di sorpresa
il popolo di sinistra. Il fatto che parlare, come fanno le persone di sinistra, di
strategia repressiva nei confronti del movimento, magari elaborata a livello
internazionale, o parlare addirittura di fascismo, significa andare oltre la superficie
dei fatti e cercare di cogliere il filo che lega eventi fra loro diversi come quelli di
Seattle, di Porto Aiegre, di Gteborg e appunto di Genova. Ma questo filo non pu
saltare il nodo di Napoli, che in questottica appare semplicemente un antefatto di
Genova. La rimozione che il popolo di sinistra ha effettuato nei confronti dei fatti di
Napoli appare allora come la mossa necessaria per evitare di scontrarsi con
linevitabile conclusione che destra e sinistra appaiono, una volta di pi, del tutto
indistinguibili.
chiaro allora che questa valutazione secondo due pesi e due misure la stessa
che vediamo allopera in tante altre reazioni del popolo di sinistra rispetto ai temi
trattati in precedenza.
Da quanto fin qui detto ci sembra di poter trarre una prima conclusione su cosa
significhi oggi essere di sinistra. Lidentit di sinistra ci appare unidentit vuota.
Con questo intendiamo dire che lidentit di sinistra non sembra legata a nessun
contenuto specifico. Se le persone di sinistra protestano contro i governi di destra
quando questi attaccano il sistema pensionistico pubblico, fiancheggiano le guerre
Usa, fanno pestare i manifestanti no-global, ma non protestano quando cose simili le
fanno i governi di centrosinistra, significa che contenuti come il sistema pensionistico
pubblico, il rifiuto della guerra, il rifiuto della repressione poliziesca non fanno pi
parte dellidentit di sinistra. Se questi contenuti fossero parte costitutiva
dellidentit di sinistra, il popolo di sinistra non potrebbe ovviamente accettare da
parte dei governi di centrosinistra un comportamento in totale contraddizione con tali
contenuti.
Il punto che sembra difficile individuare dei contenuti che siano costitutivi
dellidentit di sinistra. Il popolo di sinistra ha dato prova di essere disposto ad
accettare qualsiasi cosa, purch la faccia un governo d sinistra. Ma dire questo
significa appunto dire che lidentit di sinistra non ha un contenuto preciso ed quindi
vuota.
Facili confutazioni
Di fronte al tipo di critiche che abbiamo fin qui espresso, la persona di sinistra
replica in genere con alcune argomentazioni abbbastanza standardizzate e nella
sostanza facilmente confutabili. Una di queste tipiche argomentazioni quella del
male minore, della quale abbiamo discusso a lungo nellintroduzione. Ne
esaminiamo adesso qualcunaltra. Questo esame servir a ribadire il carattere
sostanzialmente irrazionale della/orma mentis della sinistra contemporanea, e quindi
la necessit di cercare una spiegazione sociologica e antropologica della sua
permanenza.
Bisogna innovare
Queste semplice formula esprime lideologia del mondo contemporaneo, diffusa
in tutto il ceto politico, a destra e a sinistra, nel mondo dei media, nel senso comune.
Essa viene usata per bloccare in anticipo qualsiasi critica a una particolare novit
storica, per rendere tale critica impossibile o intellettualmente screditata. Ci che si
intende dire, con questa formula, che bisogna accettare qualsiasi novit storica. Ma
evidente che si tratta di unideologia povera e sciocca, la cui sciocchezza anche
assai facile da vedere. E sensato pensare che ogni innovazione sia un bene?
Ovviamente no, perch sappiamo tutti che i cambiamenti possono essere dei
miglioramenti ma possono anche essere dei peggioramenti. Con il criterio che ogni
innovazione sia un bene, le leggi istitutive del Terzo Reich dovrebbero essere
considerate positive, perch esse furono certamente innovative. Con lo stesso criterio,
potremmo introdurre delle simpatiche novit nella vita di tutti i giorni, per esempio
potremmo stabilire che la lingua ufficiale della sanit pubblica italiana sa
lungherese, per cui chi va dal medico deve descrivergli i propri sintomi in ungherese.
Si tratterebbe indubbiamente di una notevole innovazione, e dunque di qualcosa di
positivo, secondo lo sciocco criterio che stiamo esaminando.
Come mai unidea tanto sciocca cos radicata nello spirito del tempo? Perch
essa sottintende in realt qualcosa di molto meno sciocco, ma che non pu essere
detto esplicitamente. Ci che questa formula realmente sottintende, per lo pi in
maniera neppure cosciente, che, per gestire il potere (esclusiva aspirazione del ceto
politico contemporaneo di destra e di sinistra), bisogna andare a rimorchio di tutte le
novit prodotte o richieste dal sistema economico.
Esaminiamo ora il secondo aspetto essenziale della sinistra. Oltre alla fede nella
modernizzazione, la cultura di sinistra ci sembra presentare unaltra caratteristica
decisiva, lessere cio segnata, sul piano antropologico, da un forte bisogno di
appartenenza: la persona di sinistra vuole sentirsi parte del popolo di sinistra.
Per comprendere lappartenenza comunitaria della sinistra, conviene esaminare
brevemente quella che stata, a nostro parere, la sua forma esemplare nel Novecento,
cio lappartenenza al movimento comunista.
Si trattava sicuramente di una appartenenza forte, che plasmava in profondit gli
individui, sino a formare un tipo umano particolare, il militante comunista, cos
tipico del secolo appena trascorso. Eppure, se guardiamo ai contenuti intellettuali e
politici, il carattere forte di questa identit sembra stemperarsi. E vero che i partiti
comunisti nascono, negli anni 20, con idee estremamente forti e decise sulla storia,
sulla politica, sulla societ. Succede per, col passare degli anni, che questi contenuti
si ammorbidiscono e sbiadiscono in un eclettismo sempre pi marcato. Mentre i
contenuti dottrinali e politici originari vengono a poco a poco abbandonati, non viene
per abbandonata lappartenenza al partito come componente forte dellidentit del
militante. Ma dunque questa appartenenza non fondata, come appare
nellautorappresentazione del militante, su un contenuto dottrinale (il marxismo) o
politico, ma sul partito in quanto tale, in quanto organizzazione.
I fondamenti etici dei partiti comunisti - partiti che erano nati dal rifiuto del
compromesso del movimento operaio europeo con lorrore della Prima guerra
mondiale - vengono dimenticati e rimossi nellaccettazione degli orrori dello
stalinismo prima della Seconda guerra mondiale, e nelladesione alla politica
imperiale dellUnione Sovietica, mistificata come politica socialista, nel
dopoguerra.
Appare allora chiaro che il comunista del Novecento non fedele n a valori etici
n a un contenuto di pensiero n a una linea politica: fedele al partito, e si riconosce
in quanto appartenente al partito a prescindere da qualsiasi contenuto118. Questa
mancanza di fondamenti ideali stabili, che mina lidentit comunista (e di sinistra) fin
dalle sue origini, viene coperta da costruzioni mitiche e illusorie: il carattere
progressista ed emancipato-rio della natura dei regimi del socialismo reale, da una
parte, il carattere rivoluzionario della classe operaia, dallaltro.
Si tratta di illusioni che la realt alla fine ha clamorosamente smentito, e che
potevano essere mantenute, anche nel passato, solo con inganni e autoinganni, solo a
costo di una rigida chiusura mentale rispetto a tutti i fatti e le argomentazioni che le
potevano mettere in crisi. Per mantenere quelle illusioni il militante comunista deve
vietarsi la comprensione della realt, e il dirigente deve farsi attivo propagatore di
menzogne. Ma allora gli ideali di giustizia ed emancipazione umana si riducono a
frasi vuote. Il contenuto reale sia della politica del partito, sia della vita dei militanti
e dei dirigenti, non fatto di quelle illusioni, ma della concretezza della lotta politica
per la crescita di potere della propria organizzazione. Una volta che le dure repliche
della storia avranno ineludibilmente spazzato via quelle illusioni, militanti e
dirigenti non avranno in realt problemi a riadattarsi alla nuova situazione, a
rinunciare alla fraseologia emancipatoria e rivoluzionaria, e a continuare a lottare per
il potere della propria organizzazione, perch questo ci che in realt hanno sempre
fatto.
Naturalmente non intendiamo qui affermare la necessit ineluttabile di questa
evoluzione, vogliamo solo mostrare come essa fosse una potenzialit presenta nella
natura del comuniSmo del Novecento, una potenzialit che le circostanze storiche si
sono incaricate di rendere attuale.
interessante osservare che lo stesso schema permette di capire levoluzione dei
giovani rivoluzionari del 68 in maturi uomini (e donne) di potere. In effetti il giovane
rivoluzionario sessantottino si racconta storie totalmente assurde sulla rivoluzione,
la classe operaia, la Cina - storie che non possono dare sostanza alla sua personalit
proprio per il loro carattere illusorio. La sua personalit viene invece riempita e
strutturata da ci che egli concretamente fa: lotte per il potere nelle piccole
organizzazioni dellultrasinistra, sviluppo della capacit retorica di convincere i
militanti, creazione di rapporti preferenziali con gruppi di potere nel mondo
intellettuale (editoria, universit, giornalismo).
Quando, passata la tempesta contestatrice del 68, la realt sincarica di smentire
le illusioni rivoluzionarie, il giovane contestatore se ne libera senza grossi traumi,
perch esse in realt non avevano mai costituito fondamenti effettivi della sua vita, e
si ritrova con una vita strutturata dalla capacit di gestire fette di potere in determinati
ambiti (in genere di tipo intellettuale). Continuer dunque a gestire queste fette di
potere, perch in realt questo ci che aveva sempre fatto.
Nella storia della sinistra, dunque, la forma esemplare di appartenenza, quella del
militante comunista, si rivela a un certo punto come appartenenza vuota di contenuti,
come fedelt non a un valore, a un pensiero o a una politica, ma allorganizzazione
in s e per s.
Naturalmente la storia della sinistra assai pi ampia di quella del comuniSmo
del Novecento, ma ci sembra che il tipo di appartenenza che appare nella sua forma
pi pura nel caso del movimento comunista, possa caratterizzare una realt
antropologica diffusa in tutta la sinistra119. Infatti, il legame di appartenenza
dellindividuo allorganizzazione, come elemento essenziale che prescinde dalle
finalit dellorganizzazione stessa, coinvolge oggi tutte le forze della sinistra, non
soltanto quelle che discendono dalla tradizione comunista.
Il senso di appartenenza, in se stesso, non affatto qualcosa di negativo, perch
corrisponde a un bisogno e a una necessit fondamentali dellessere umano. Esiste
tuttavia una gerarchia etica dei livelli di appartenenza. Il primo dovere
dellindividuo umano quello di appartenere alla verit. Uno degli aspetti pi
negativi della tradizione comunista stato quello di ritenere doveroso sacrificare la
verit alla rivoluzione, che poi era in realt il partito, che poi era in realt la
dirigenza del partito.
A un livello etico immediatamente sottostante c lappartenenza a indirizzi
politici che incarnino nella storia lansia di verit e di giustizia. Poi c
lappartenenza allorganizzazione che si faccia portatrice di tali indirizzi. Ci che
caratterizza il nostro tempo la scomparsa dellappartenenza alla verit o a un vero
progetto politico. Quel che rimane lappartenenza allorganizzazione come guscio
vuoto di ogni contenuto, ovvero come contenitore di qualsiasi contenuto.
Questo tipo di appartenenza creato dalla logica del capitalismo assoluto che,
promuovendo, come si pi volte detto, innovazioni continue, elimina ogni coordinata
stabile di appartenenza, per cui ci che rimane lappartenenza allapparato
organizzativo in cui si inseriti. Tale appartenenza assume inevitabilmente caratteri
opportunistici, clientelari, flessibili, per cui si pu passare da unorganizzazione
politica allaltra come un calciatore passa da una squadra allaltra. La sinistra ha
manifestato compiutamente il suo nichilismo quando si strutturata su questo tipo di
appartenenza puramente organizzativa.
Perch partiti e ceti politici di sinistra si adattano cos facilmente a una prassi
politica che in piena contraddizione con gli ideali storici della sinistra?
Da una parte, perch il dogma della modernizzazione li rende disposti ad accettare
qualsiasi cambiamento appaia in linea con le tendenze di fondo del tempo e,
dallaltra, perch hanno costruito la propria identit politica e personale
sullappartenenza a unorganizzazione, e sono quindi disposti a tutto ci che accresce
potere e influenza della propria organizzazione. Il dogma della modernizzazione
svuota lindividuo di ogni valore e ogni contenuto etico; lappartenenza riempie
questo vuoto con lunico contenuto rimasto disponibile, la ricerca di potere e
influenza per la propria organizzazione politica, al di fuori di qualsiasi aggancio
ideale.
I ceti politici di sinistra sono in sostanza ceti di esperti nella manipolazione dei
simboli e delle parole della tradizione della sinistra. Tale tradizione rappresenta per
essi una risorsa da sfruttare. Chi si appella alla giustizia sociale e alla solidariet sa
d poter intercettare il voto di una parte della popolazione e, quindi, di poter
conquistare in questo modo potere e risorse, senza che ci debba implicare in nessun
modo limpegno a una politica realmente ispirata a giustizia sociale e solidariet.
interessante notare che osservazioni del tutto simili possono esser fatte nei
confronti dei partiti di centrodestra. Nei giorni di campagna elettorale per le elezioni
amministrative del 2005, sono comparsi manifesti elettorali che celebravano i dieci
anni dalla fondazione del partito di Alleanza Nazionale. Fra i vari slogan spiccava il
seguente:
uno slogan molto azzeccato, e denota nei dirigenti di quel partito una notevole
capacit di capire gli umori d una parte degli italiani. Ma che rapporto ha quello
slogan con la politica del governo di centrodestra della legislatura 2001-2006,
governo di cui ha fatto parte Alleanza Nazionale?
La politica di quel governo ci ha dato, tramite le cartolarizzazioni, una
potenziale cessione dei beni dello Stato a investitori finanziari, per lo pi stranieri120,
zone sempre pi rilevanti delleconomia sono finite sotto il controllo di imprese
straniere, la sovranit nazionale stata lesa in settori delicatissimi (quello monetario,
ad esempio), la cultura nazionale ha continuato ad agonizzare nel suo luogo pi
fondamentale (la scuola), i soldati italiani sono stati mandati a uccidere e morire sotto
gli ordini di militari stranieri e per la protezione di interessi stranieri, e un funzionario
italiano stato ucciso da militari statunitensi mentre svolgeva la sua missione di
salvare la vita a cittadini italiani, senza che la giustizia italiana abbia potuto
perseguire i responsabili.
evidente che il ceto politico di centrodestra ha le stesse caratteristiche di quello
di centrosinistra: si tratta di un ceto di manipolatori dei simboli della tradizione della
cultura di destra. Come il politico di centrosinistra sa che parlare di giustizia sociale
e solidariet pu accrescergli i consensi, cos quello di centrodestra sa che, per la
stessa ragione, deve parlare di Patria e di Libert. La politica che andranno a fare una
volta al governo non avr, in entrambi i casi, nulla a che spartire con le loro parole.
Cosa sono allora questi ceti politici, di centrosinistra e di centrodestra? Si tratta,
per sintetizzare, di cordate contrapposte di specialisti dellamministrazione del
consenso, il cui ruolo quello di gestire, nel modo pi soffice possibile, le
conseguenze generate dai meccanismi, non soggetti a discussione, delleconomia
odierna. La politica in senso proprio, intesa come contrapposizione di opzioni diverse
sulle scelte fondamentali della societ, non esiste pi. Nessun gruppo politico decide
pi nulla sullevoluzione delle nostre societ, essa il risultato del meccanismo
anonimo e impersonale delleconomia, e la politica chiamata semplicemente ad
adeguare la societ alle necessit di tale meccanismo.
Ma perch in tale situazione continua a mantenersi la contrapposizione di destra e
sinistra? Venendo a mancare ogni seria divisione sulle questioni di fondo, non si
dovrebbe formare un ceto politico sostanzialmente unificato, che gestisca la societ
senza gli scontri e le polemiche continue che il mondo dei media ci rimanda?
Si tratta di una domanda seria, alla quale per abbiamo a questo punto gli
strumenti per rispondere. La risposta che occorre distinguere fra sostanza e
apparenza.
Se si guarda alla sostanza delle cose, questa unificazione dei ceti politici di
destra e di sinistra c gi stata, non nel senso che fra i due tipi di ceto politico non vi
siano distinzioni estetiche e di costume, ma nel senso che tali distinzioni non
influiscono in nessun modo sulla realt economica e sociale. Abbiamo mostrato in
precedenza come i governi di centrosinistra e di centrodestra in Italia abbiano gestito
le stesse politiche, e approfondiremo questi aspetti, in riferimento alle sinistre del
mondo occidentale, nel capitolo quinto.
Se invece si guarda allapparenza, alla superficie della realt sociale, chiaramente
non cos, e vediamo contrapposizioni e scontri aspri. Come si spiega questa
dissonanza fra sostanza e apparenza? Con due ordini di ragioni, uno, diciamo,
soggettivo e uno oggettivo.
Sul piano oggettivo, che quello decisivo, la rappresentazione spettacolare della
contrapposizione fra destra e sinistra una necessit sistemica. Siamo infatti in una
fase in cui le esigenze sistemiche del capitale generano scontento, perch si tratta di
togliere alla maggioranza delle persone i diritti e i redditi ai quali avevano avuto
accesso nella fase precedente, key-nesiano-fordistica. Il rischio che questo
scontento si coaguli in un una contestazione di fondo del capitalismo contemporaneo.
La contrapposizione fra destra e sinistra ha il fondamentale scopo di impedire questa
eventualit. tale contrapposizione che permette di incanalare il rifiuto che le attuali
politiche economiche e sociali generano lungo direzioni che non mettano in questione
legemonia neoliberistica. Quando al governo il centrosinistra, la protesta viene
capitalizzata dal centrodestra; quando questultimo al governo, il centrosinistra
organizza spettacolari manifestazioni che scaldano il cuore dei militanti.
In ogni caso il massimo effetto possibile di queste proteste semplicemente, alle
successive elezioni, il passaggio da un governo di un colore al governo del colore
contrapposto, senza che vengano messi minimamente in questione gli indirizzi
fondamentali delle politiche economiche e sociali. Se non vi fosse questo tipo di
contrapposizione, chiaro che le politiche di distruzione di diritti e redditi
genererebbero pi facilmente un rifiuto di chiunque le abbia gestite. E quello che
accaduto, in una diversa situazione sociale ed economica, nei paesi del cosiddetto
socialismo reale: il carattere omogeneo del potere ha leffetto di coagulare contro
di esso tutte le insoddisfazioni.
Al contrario, il potere conflittuale e apparentemente eterogeneo dei paesi
occidentali ha una capacit molto maggiore di impedire il sorgere di unopposizione
radicale. Si pensi allesempio semischerzoso, che abbiamo fatto nel capitolo
precedente, a proposito della schiavit. chiaro che il meccanismo del consenso
funziona proprio grazie allesistenza di due schieramenti contrapposti. Se si vedesse
un ceto politico omogeneo dichiarare allopinione pubblica abbiamo unanimemente
deciso di reintrodurre la schiavit (o di ridurre le pensioni o di togliere diritti ai
lavoratori), contro tale ceto politico potrebbe formarsi una opposione radicale e
determinata. Invece, lo spettacolo dellopposizione di destra e sinistra distrae
lopinione pubblica dal guardare alla sostanza delle cose e convoglia il dissenso sui
canali predeterminati e politicamente sterili di contrasti di costumi, di immagini, di
persone.
Sul piano soggettivo, le ragioni della contrapposizione stanno innanzitutto nel fatto
che, come abbiamo gi detto, i posti di amministratore della societ del capitale sono
posti ambiti e la lotta per accedervi fortemente concorrenziale. Laspirante uomo (o
donna) di potere ha assoluto bisogno di alleanze e appoggi, e le trova gi organizzate
attorno allopposizione di destra e sinistra. Nella sua biografia c, daltra parte, una
storia famigliare, una certa impostazione delleducazione ricevuta, lacquisizione di
una determinata estetica di vita, che sono inscrivibili in una tradizione di destra o di
sinistra, e che motivano la sua scelta delluna o dellaltra cordata di potere, di cui
cos rimarcata la distinzione.
A partire da queste considerazioni sulle ragioni sia oggettive sia soggettive del
permanere della contrapposizione di destra e sinistra, si pu comprendere il ruolo
della sinistra cosiddetta radicale. Tale ruolo perfettamente chiarito da uno slogan
dei Comunisti Italiani (Pdci) con il quale essi si definivano la sinistra della
sinistra. Se si ricorda quanto dicevamo sul fatto che la sinistra ha oggi
semplicemente il ruolo di convogliare linsoddisfazione popolare, quando c al
governo la destra, verso lelezione di un governo di colore opposto - che non far
nulla di diverso sul piano della sostanza socioeconomica delle cose - si capisce
benissimo il ruolo della sinistra della sinistra: assorbire linsoddisfazione delle
persone rimaste legate a unidea di sinistra non del tutto vuota, per impedire che
questa insoddisfazione si traduca nel distacco di chi ancora conserva seriamente gli
ideali storici della sinistra da forze politiche che ne rappresentano la negazione
puntuale121.
Come abbiamo ricordato nel capitolo primo, Prodi ha descritto la sinistra radicale
come innocua e folkloristica. Ora, folkloristica lo di certo, ma non innocua, se
non dal punto di vista di Prodi. Il ruolo che essa svolge, e che abbiamo appena
descritto, ha infatti una funzione precisa. Agitando i simboli della tradizione
comunista (bandiere rosse, pugni chiusi ecc.) essa si pone come rappresentazione
spettacolare (e folkloristica, appunto) di unopposizione radicale che si guarda bene
dal costruire nella realt. In questo modo cattura una parte dellinsoddisfazione e
dellinquietudine che serpeggia nella realt sociale, d ad essa una soddisfazione
puramente immaginaria, e impedisce che insoddisfazione e inquietudine si traducano
in una contestazione effettiva del capitalismo assoluto.
Riassumendo, come larco complessivo delle forze pseudopolitiche attuali pi
efficace nel suo ruolo di servizio agli imperativi sistemici delleconomia asociale se
differenziato e (superficialmente) conflittuale al suo interno, cos larco delle forze
di centrosinistra pi efficace nel suo ruolo di servizio se anchesso
differenziato.
Se tutto questo chiaro, pure chiaro come uno dei principali compiti intellettuali
di chi intenda realmente opporsi al capitalismo assoluto e alla rovina che esso ci
prepara , oggi, proprio quello di spezzare lincantesimo della contrapposizione
destra/sinistra, che tiene incatenate le (gi scarse) forze di autentica opposizione.
Sappiamo bene come queste tesi, che a noi sembrano quasi banali, siano oggi
controintuitive. Cercheremo di spiegare nel seguito perch il popolo di sinistra
abbia bisogno di credere alla contrapposizione di destra e sinistra. Facciamo ora
qualche osservazione sui motivi per quali tale contrapposizione viene presentata
come decisiva dalla quasi totalit del mondo intellettuale e mediatico. Questo tema si
collega al fatto che, nella nostra ricostruzione, la politica italiana appare una cosa
piuttosto semplice: bande contrapposte, divise da superficiali differenze di stile, di
origini famigliari, di costume, che lottano per il potere, senza nessuna idea, se non
puramente gestionale, su cosa farne. Al contrario, se si seguono giornali e televisioni,
la politica italiana appare una vicenda complicatissima, ricca di intrecci, trame e
colpi di scena. Qual la verit?
Si tratta ovviamente della stessa realt vista da due diversi punti di osservazione.
Quello da noi adottato un punto di vista esterno alla politica italiana contemporanea:
la guardiamo dal di fuori cercando di capire cosa essa significhi nella storia del
nostro paese e nella vita della nostra nazione.
Se ci mettiamo invece dal punto di vista di chi immerso in questa politica, e al
suo interno cerca di costruirsi la propria camera e il proprio potere, chiaro che ne
ricavereremo unimmagine completamente diversa: una persona in questa situazione
deve stare bene attenta a tutti gli intrecci e le trame possibili e immaginabili, perch
da essi possono dipendere la sua fortuna o le sue disgrazie. Ed chiaro che per una
persona di questo tipo la contrapposizione di destra e sinistra sar una cosa molto
importante, visto che essa effettivamente un fattore molto importante nella
spartizione di posti e prebende.
Limmagine della vita politica italiana come di una trama di vicende molto
complicate dominate dallopposizione di destra e sinistra dunque il punto di vista
di chi dipende dalla politica per la propria carriera.
E perch giornalisti e intellettuali ci rimandano, in genere, questa immagine?
Evidentemente perch oggi giornali e televisioni non sono una realt indipendente
dalla politica, ma sono una componente delle trame e degli intrecci di cui fatta la
lotta per il potere politico-economico. La vita e la carriera del giornalista sono
anchesse legate alle mille complicazioni della lotta per il potere, e quindi il suo
sguardo sar quello d chi vi immerso, e non potr essere lo sguardo dallesterno
che noi abbiamo cercato di adottare.
I voltagabbana
Lanalisi fin qui svolta ci permette di chiarire una altro tema sul quale capita oggi
di discutere, quello dei voltagabbana, intellettuali e politici che passano dalla
sinistra alla destra o viceversa. Un libro di Giulietto Chiesa e Vauro 122 presenta
alcuni personaggi di questo tipo, riassumendone le biografie e ironizzando sulle loro
scelte. Il libro parla solo di personaggi passati dalla sinistra alla destra, ma
naturalmente esistono esempi del percorso opposto (da Dini a Mastella). Ci sembra
interessante discutere alcuni punti del libro di Chiesa e Vauro.
Premettiamo che, ovviamente, ognuno ha il diritto di cambiare le proprie idee e
non un peccato mortale passare da una parte politica allaltra. Quello che un po
pi strano, e che rende il fenomeno interessante, che ci avvenga in genere senza la
minima spiegazione: trattandosi di personaggi che hanno una dimensione pubblica, e
che spesso sono o dovrebbero essere dotati di adeguati strumenti intellettuali, ci si
aspetterebbe da loro una trattazione un po seria del percorso politico e intellettuale
che li ha portati da una parte alla parte opposta.
Questo specialmente in considerazione del fatto che lintero mondo mediatico e
intellettuale, come abbiamo detto, ci presenta lopposizione fra destra e sinistra come
uno scontro di culture, di modi di vedere il mondo, addirittura come una opposizione
antropologica. Se cos, allora il passaggio da uno di questi mondi in conflitto a
quello opposto dovrebbe comportare un travaglio di coscienza, una profonda
meditazione intellettuale, una drammatica inquietudine, che difficile associare ai
volti di Lamberto Dini, Clemente Mastella, Giuliano Ferrara, Maria Giovanna Maglie
ecc. E si potrebbero poi citare Tiziano Treu, Rocco Buttiglione, Fabrizio Cicchitto,
Ferdinando Adornato e tanti altri.
Il voltare la gabbana insomma un fenomeno abbastanza diffuso e non comporta
nessun profondo cambiamento negli individui, ma rimane alla superfcie della loro
personalit: ciascuno continua nel nuovo campo a fare quello che faceva prima, senza
che nessuno, n i suoi nuovi compari n quelli vecchi, pensi che abbia senso chiedere
qualche spiegazione. E questo, ripetiamo, mentre lopposizione fra destra e sinistra ci
viene presentata come qualcosa di profondo e decisivo.
Tutto questo pu sembrare strano, ma se si accetta la nostra interpretazione della
realt contemporanea, ogni stranezza scompare e il fenomeno dei voltagabbana
appare del tutto naturale: essendo destra e sinistra semplici cordate in lotta per
accedere al potere e sfruttarlo per interessi personali, divise da superficiali differenze
di stile e di gusti individuali, pu ovviamente succedere che unaffiliato a una cordata
scopra di avere la possibilit di meglio garantire la propria carriera entrando a far
parte della cordata opposta.
Possibile la cosa, e naturale, come dice il Figaro di Mozart e Da Ponte123.
Integralismo di sinistra?
Ci sembra che le analisi fin qui svolte rispondano alla prima delle domande che ci
siamo posti, quella relativa alla natura dei ceti politici di sinistra.
Ci resta ora da affrontare unaltra questione: come mai la gran massa delle
persone che dice di ispirarsi ai valori storici della sinistra continua a votare per
partiti le cui politiche negano recisamente quegli ideali? Come mai queste persone si
rifiutano di vedere la sostanziale omogeneit fra i ceti politici di destra e di sinistra, e
danno credito allo spettacolo, pirotecnico e superficiale, dei loro scontri?
Abbiamo gi evidenziato tutti gli elementi che servono a dare la risposta: forte
senso di appartenenza del popolo di sinistra alla sue organizzazioni, criterio dei due
pesi e due misure nellesame della realt politica, forte coinvolgimento emotivo
nelle discussioni su destra e sinistra. Queste caratteristiche ricordano molto quelle dei
vari movimenti integralistici che in questi decenni si sono imposti allattenzione un
po ovunque nel mondo. ovvio, daltra parte, che il popolo di sinistra europeo sia
molto diverso dal popolo dellintegralismo islamico, per fare solo un esempio. Per
capire se questa analogia con lintegralismo abbia qualche valore, dobbiamo
discutere brevemente alcuni aspetti essenziali dellintegralismo contemporaneo.
Il fatto che vi sia un legame stretto fra processi di globalizzazione capitalistica e
crescita di movimenti e realt di tipo integralistico (nelle forme pi diverse)
rilevato da numerose analisi. Riassumiamo brevemente questo tipo di analisi.
Il dato di partenza consiste nel fatto che i processi di penetrazione globale del
capitale124 sono accompagnati da un ritmo sempre pi rapido di mutamenti
tecnologici, economici e sociali, mutamenti che distruggono forme di vita e di
relazioni sociali che fornivano alle persone garanzie e sicurezze di vario tipo,
sostituendole con una competizione globale nella quale per chi sconfitto vi la
minaccia dellemarginazione. Questa situazione crea insicurezza, mancanza di punti di
riferimento, angoscia per il futuro. Si tratta naturalmente di uninsicurezza che assume
aspetti assai diversi nelle diverse realt sociali: se nei paesi industrializzati (Usa,
Europa, Giappone) si tratta soprattutto della perdita delle sicurezze e delle garanzie
sociali ottenute dalle classi popolari nella fase storica del Welfare State, nei paesi di
quello che una volta si chiamava Terzo Mondo si assiste alla distruzione di
rapporti sociali ed economici di tipo pi o meno tradizionale e statico, che
assicuravano qualche possibilit di sopravvivenza, eliminati i quali intere
popolazioni si trovano gettate dentro la competizione economica mondiale in
posizione fortemente svantaggiata e senza alcun tipo di reti di sicurezza sociale. Nel
caso dei paesi dellex socialismo reale assistiamo invece alla crisi di organizzazioni
statali che, per controbilanciare la mancanza di libert e lautoritarismo nella vita
pubblica, avevano in passato assicurato una serie di servizi sociali la cui scomparsa
lascia milioni di persone in balia di un capitalismo sregolato e, spesso, inquinato
dalle organizzazioni criminali.
A partire da queste analisi facile ricavare il nesso con la diffusione di
integralismi di vario tipo: lintegralismo (religioso, etnico, culturale in senso lato)
una ovvia risposta allinsicurezza. Si sceglie di aderire a identit totalizzanti e magari
intolleranti verso laltro quando si sentono messe in pericolo le basi (ideali o
materiali) della propria vita. Questo tipo di analisi pu essere riferito, con gli
opportuni adattamenti, sia alla crescita di movimenti neopopulistici in Europa (da
Haider a Le Pen), sia alla diffusione dellintegralismo nel mondo islamico.
Facciamo qualche ulteriore osservazioni. In primo luogo, la particolare forma di
reazione integralistica allinsicurezza generata dal capitalismo assoluto varia da
societ a societ. Entro ciascuna differente realt sociale ci si rivolger, nella
costruzione di unidentit forte, alle tradizioni culturali ancora vive e significative,
che saranno appunto diverse da societ a societ. Ogni integralismo sfrutta le risorse
identitarie della societ in cui nato.
In secondo luogo lazione dellintegralismo non puramente culturale, ma ha
anche una dimensione sociale ed economica. E noto, per esempio, che in molti paesi
lintegralismo islamico si diffuso grazie anche a risorse economiche, provenienti da
varie fonti, che permettevano unazione di tipo assistenziale verso gli strati pi
svantaggiati della popolazione. Questa forma di assistenza non ha naturalmente
carattere radicale, non rivolta a cambiare realmente la condizione di vita della
maggioranza della popolazione. Essa genera per una struttura a tre strati
nellarticolazione sociale dei movimenti integralistici: da una parte abbiamo le masse
che costituiscono la base materiale di tali movimenti, e che, gettate nella competizione
selvaggia e globale dellattuale capitalismo, cercano identit forti per poter reggere le
tensioni e le angosce che tale situazione genera. Dallaltra abbiamo le lites che usano
i bisogni identitari delle prime per acquisire posizioni di potere. Fra le due lo strato
intermedio di chi, senza far parte delllite, riesce a ricavare vantaggi materiali dal
potere di queste ultime, e rappresenta quindi la cerniera fra masse ed lites.
Di questo strato intermedio fanno parte, nel caso dellintegralismo islamico, i
giovani di bassa condizione sociale che riescono a studiare grazie alappoggio
finanziario dei movimenti integralistici e diventano in questo modo fedeli sostenitori e
divulgatori dellintegralismo stesso125.
La rivolta deviata
Dopo queste discussioni sul capitalismo assoluto e sui suoi rapporti con
lintegralismo, torniamo ora al tema principale di questo saggio: la sinistra e le sue
ideologie. Cominciamo col porci una domanda: fra i vari gruppi sociali che oggi si
riconoscono nella sinistra, quale giudichiamo pi significativo, pi rappresentativo,
quale ci sembra che pi di ogni altro informi della propria cultura e della propria
visione del mondo il sentire comune della sinistra? In poche parole, usando il
vecchio termine gramsciano, ci stiamo chiedendo quale sia il gruppo sociale
egemone allinterno della sinistra.
Si noti che cercare il gruppo sociale egemone non significa cercare il gruppo
sociale numericamente maggioritario fra gli elettori o i militanti di sinistra, ma
significa, come dicevamo sopra, cercare il gruppo sociale la cui cultura e visione del
mondo siano dominanti allinterno della sinistra.
Ci sembra evidente che non si tratta della tradizionale classe operaia di fabbrica, i
cui problemi e la cui realt di vita sembrano assai poco significativi per la sinistra
contemporanea: basti ricordare il fatto che nei periodi di governo del centrosinistra le
retribuzioni procapite rimangono invariate, a fronte di un aumento della produttivit
dei lavoratori, e che rimangono invariate le percentuali di infortuni sul lavoro128, per
capire quanto poco la condizione degli operai sia centrale e decisiva per la sinistra.
Non ci sembra neppure che, alla domanda che stiamo ponendo, si possa indicare
come risposta il lavoro dipendente, semplicemente perch tale categoria troppo
generica e ci sembra non riesca a individuare un gruppo sociale preciso.
Vogliamo proporre unipotesi che ci sembra plausibile, almeno considerando
alcuni dei fenomeni sociali e culturali espressi in questi anni dalla sinistra (dal
movimento dei girotondi al successo di un quotidiano come il manifesto): il ceto
sociale egemone allinterno della sinistra ci sembra rappresentato dal lavoro
intellettuale subalterno.
Cosa intendiamo con questa espressione? Parlando di lavoro intellettuale ci
riferiamo a figure la cui professionalit richiede un periodo di formazione e studi
abbastanza lungo, parlando di lavoro intellettuale subalterno intendiamo riferirci a
quei tipi di lavoro intellettuale che, nellattuale organizzazione sociale, non arrivano
ai vertici direttivi della politica o delleconomia.
In concreto, per fare degli esempi, pensiamo ai docenti di scuola di ogni ordine e
grado (dai maestri ai docenti universitari), alle varie figure del settore che
genericamente indichiamo come assistenza sociale (appunto assistenti sociali,
educatori, psicologi di servizi pubblici), a operatori culturali di vario tipo, in
particolare operatori dellinformazione e dei media, a vari tipi di figure intellettuali
nel settore pubblico (medici, amministratori). Non intendiamo naturalmente dire che
questi ceti sociali siano, completamente o anche solo in maggioranza, di sinistra.
Intendiamo dire invece che le idee e la visione del mondo dominanti a sinistra ci
sembrano essere quelle espresse da figure sociali di questo tipo.
Nel mondo attuale questi ceti si trovano in una oggettiva situazione di marginalit
rispetto alle sfere sociali dominanti. Superata la fase storica del Welfare State, le
varie societ capitalistiche sono dominate da una competizione, divenuta assoluta, per
il profitto. In tale situazione le figure sociali dominanti sono quelle dotate di
competenze di tipo tecnico o economico-amministrativo, direttamente utilizzabili nella
feroce competizione per il profitto, mentre le competenze tipiche delle figure
intellettuali sopra elencate appaiono laterali e marginali: la figura sociale oggi
decisiva e dominante il Chief executive offcer, non certo lassistente sociale o
linsegnante.
Certo, questo era in parte vero anche nella fase del Welfare State, ma allora lo
sviluppo economico diffuso permetteva di compensare lesclusione dai centri del
potere politico ed economico con il benessere e le varie possibilit di crescita
personale e collettiva. Oggi non pi cos. Queste figure sociali, che abbiamo
ipotizzato come i ceti sociali egemoni nella sinistra, sono colpite dai processi di
globalizzazione che ne mettono in pericolo sicurezze, garanzie, prospettive per il
futuro, e proprio per la loro subalternit e la loro distanza dal potere reale non sono in
grado di difendersi efficacemente, vivendo quindi in prima persona gli effetti di
insicurezza, perdita di prospettive, abbassamento sociale che sono tipici del mondo
attuale.
Lipotesi che suggeriamo allora che lideologia di sinistra rappresenti una forma
di difesa da queste tensioni: affidandosi a un gruppo dotato di potere amministrativo,
una parte del popolo di sinistra accede a piccole garanze e piccoli privilegi di ruolo,
mentre lintero popolo di sinistra vive la propria appartenenza come un importante
supporto identitario, un rinforzo psicologico che permette di resistere alla potenziale
disgregazione della personalit che lattuale dinamica sociale implica.
Questa reazione simile a quella che sta alla base dellintegralismo islamico o
del neopopulismo europeo.
Queste considerazioni suggeriscono che si possa vedere la cultura della sinistra
come una macchina ideologica analoga alle varie forme di integralismo, cio come
una reazione difensiva di fronte alle ansie indotte dalla globalizzazione. Questa
intuizione va naturalmente approfondita e precisata. E evidente che un intellettuale,
anche subalterno, europeo vive una situazione completamente diversa da quella di
un proletario di Karachi, ed quindi del tutto logico che siano ben diverse le loro
ideologie di riferimento. In particolare, se si vuole utilizzare questa intuizione,
occorre spiegare la profonda differenza fra il carattere vuoto dellidentit di
sinistra, del quale abbiamo parlato, e il carattere invece ben pieno di contenuti
determinati e precisi, tipico dellintegralismo in senso stretto.
Abbiamo visto come una delle caratteristiche fondamentali del moderno
integralismo sia la contraddizione fra laccettazione dei meccanismi della
globalizzazione capitalistica e il rifiuto di alcune conseguenze culturali della
globalizzazione stessa, e come la radice di tali contraddizioni stia nellincapacit di
pensare una seria alternativa al capitalismo diventato assoluto.
Ci sembra che il lavoratore intellettuale subalterno nei paesi europei viva una
situazione simile. Si potrebbe pensare che gli strumenti culturali avanzati di cui
dispone gli permettano di elaborare meglio il suo rifiuto e la sua critica nei confronti
del mondo contemporaneo, ma di fatto non cos. Al contrario, alcuni dei caratteri
decisivi del sapere e della cultura nel mondo contemporaneo rendono gli strati sociali
di tipo intellettuale particolarmente indifesi nei confronti delle ideologie dominanti.
Ci riferiamo a due aspetti fondamentali del sapere contemporaneo: lideologia del
progresso e la frammentazione della cultura in saperi specializzati.
Per quanto riguarda il primo punto, la cultura contemporanea ci sembra avere
completamente assimilato lidea che lessenza del sapere consista in una continua
innovazione, in una produzione serrata di risultati sempre nuovi. unidea che si pu
far derivare da vari modelli (quello delle scienze matematiche, fisiche e naturali,
oppure quello delle avanguardie artistiche della prima met del Novecento), e che in
ogni caso si accorda perfettamente con la realt del capitalismo contemporaneo, teso
alla continua innovazione nella ricerca del profitto.
I ceti intellettuali che assorbono questa ideologia del progresso e dellinnovazione
come componente della propria identit intellettuale sono quindi particolarmente
indifesi di fronte a un capitalismo che si presenta appunto come motore di innovazione
continua.
Per quanto riguarda il secondo punto, la cultura contemporanea appare come un
insieme di linguaggi e saperi frammentati e specializzati, incapaci di comunicazione
reciproca e di autentico dialogo culturale. questo in particolare il modello del
sapere universitario. Un sapere cos frammentato non permette di combattere
legemonia culturale planetaria che il capitalismo ha conquistato.
Per contrastare tale egemonia occorre quello sguardo che abbiamo indicato con la
formula del presente come storia: occorre cio cogliere, sintetizzare e giudicare gli
aspetti di fondo della realt contemporanea. Il sapere che permette questo sguardo non
rientra per in nessuna delle discipline specializzate nelle quali si divide oggi il
mondo accademico. Il sapere specializzato e frammentato tipico della cultura odierna
esclude lo sguardo critico che noi abbiamo messo al centro di questo saggio.
Lintellettuale contemporaneo, chiuso nelle sue competenze settoriali e devoto al
mito del progresso e dellinnovazione, non ha quindi gli strumenti culturali per
elaborare con fondamento razionale un pensiero critico nei confronti del capitalismo e
della globalizzazione. Subisce gli effetti negativi della globalizzazione senza riuscire
a pensare seriamente di poterla combattere e si trova quindi in condizioni analoghe,
da questo punto di vista, a quelle del contadino arabo o del sottoproletario europeo
(attirati rispettivamente da Bin Laden o da Le Pen). logico quindi aspettarsi che gli
strati di intellettuali subalterni europei elaborino unideologia analoga a quella degli
integralismi classici.
Per capire il ruolo della cultura di sinistra in questa elaborazione, ci basta
ricordare le caratteristiche dellidentit di sinistra che abbiamo analizzato nei
paragrafi precedenti: da una parte la fede nella modernizzazione, dallaltra la
rassicurazione dellappartenenza. Sono proprio queste le caratteristiche che rendono
lideologia della sinistra contemporanea la pi congeniale al lavoro intellettuale
subalterno.
Sinistra e cultura
nei consumatori la dimensione del tempo, sostituendo alla durata temporale, che
fatta di passato, presente e futuro, la precariet di un assoluto presente132.
Un integralismo vuoto
Note
Dopo il 1979
Rimozioni e mistificazioni
Che il superamento del modello keynesiano sia stato necessario alla crescita della
produttivit una leggenda diffusa anche dalla sinistra, ma contraddetta dai fatti. Tale
superamento stato necessario soltanto per la crescita di profitti attraverso crescenti
disuguaglianze sociali e crescenti deprivazioni di diritti per il lavoro.
La cosiddetta modernizzazione, presentata dalla sinistra come ineludibile per
dinamicizzare leconomia, ha dinamicizzato la de-emancipazione del lavoro e la
tecnologizzazione del consumo, non la produttivit economica.
Che una gestione di sinistra dellabbattimento dello Stato keynesiano sia
auspicabile per evitare pi pesanti costi sociali che si avrebbero nel caso di una sua
gestione da parte della destra, unaltra mistificazione, non soltanto perch si tratta
del solito trito discorso del meno peggio che, come si visto, porta ad accettare
qualsiasi orrore, ma anche perch i fatti ci dicono che la modernizzazione
antikeynesiana, quando viene compiuta, egualmente feroce verso i ceti pi
svantaggiati ed egualmente distruttiva della coesione sociale sia che venga compiuta
dalla destra sia che venga compiuta dalla sinistra.
Le politiche di privatizzazione di aziende pubbliche, deregolamentazione dei
mercati, rinuncia ad ogni intervento statale di protezione sociale nelleconomia, ed
apertura totale agli investimenti esteri, compiute da governi nettamente di sinistra,
come quelli eletti in Spagna nel 1982 e in Nuova Zelanda nel 1984, hanno avuto effetti
sulla distribuzione del reddito, sui livelli di occupazione, sui processi di
emarginazione di sottoclassi e sui tassi di criminalit straordinariamente omologhi a
quelli delle analoghe politiche compiute a partire dal 1981 nel Cile di Pinochet e dal
1983 nellInghilterra della Thatcher.
Fuori dalle mistificazioni, la verit che, a partire dagli anni 80, un meccanismo
economico comunemente accettato impone la stessa prassi gestionale alla destra e alla
sinistra.
Non tanto questa situazione che ci mette in pericolo, perch potrebbe anche
essere modificata, quanto la cieca acquiescenza ad essa che deriva dalla nostra
indifferenza rassegnata che ce la fa apparire in blocco come ineluttabile. Certo, le
conseguenze di questa situazione globale cominciano ad inquietare; si tratta per di
una paura vaga della quale coloro che la provano ignorano la fonte164.
Ebbene: lidentit vuota della sinistra non altro che questa sua indifferenza e
cieca acquiescenza allorrore economico. Essa non si per ancora generalizzata
allinizio degli anni 80, quando sopravvivono aree e figure della sinistra, anche
moderata, dotate ancora di unanima politica (questo a prescindere dalla qualit e
dallefficacia, spesso molto scarse, delle loro linee politiche). Per completare il
disvelamento di ci che oggi la sinistra occorre perci ricostruire anche il percorso
attraverso il quale essa, entro il quadro socioeconomico creato dalla svolta del 1979
di cui si detto, andata a perdere definitivamente lanima, sia nei suoi gruppi
dirigenti che nel suo popolo di militanti e di elettori.
Se guardiamo alla sinistra italiana del 1980 unanima ce lha certamente lallora
segretario del Partito comunista Enrico Berlinguer. La sua politica del famoso
compromesso storico perseguita tra il 1973 e il 1979 stata certamente espressione
di gravi limiti di moderatismo e di insufficienza programmatica, ed stata dannosa
per il Paese e per lo stesso Partito comunista, perch ha privilegiato il rapporto con la
Dc, consolidandone cos il potere quando stava per disgregarsi, ha emarginato il Psi,
consegnandolo al craxismo, ha appoggiato governi incapaci di rispondere alle attese
di maggiore lavoro e di maggiore giustizia allora diffuse, lasciando cos degradare la
situazione economica, e infine ha ridotto il consenso elettorale del Pci dal 34% del
1976 al 30% del 1979.
E tuttavia, la politica del compromesso storico non riducibile
allopportunistica ricerca di poteri ministeriali, sottogo-vernativi e locali, per
amministrare lesistente, che verr poi. Essa una strategia ancora autenticamente
politica (anche se politicamente sbagliata e dannosa, infatti motivata da unidea
politica, e non da una tattica di potere), mirata al raggiungimento di un certo governo
della societ. Quando diventa infatti chiaro che la maggioranza non intende realizzare
quel tipo di governo, Berlinguer ne esce. Loccasione di questa uscita dalla
maggioranza un ultimo grave dissenso su una questione di sostanza, quella
dellingresso della lira italiana nello Sme (Sistema monetario europeo).
Nellultima riunione dei partiti di maggioranza (che in quel momento sono i partiti
democristiano, liberale, socialdemocratico, socialista, repubblicano e comunista) del
26 gennaio 1979, egli osserva, con piena comprensione dei fatti, che laggancio del
valore della lira a quello di una moneta forte come il marco, obbligherebbe lItalia a
forti restrizioni della spesa pubblica, che danneggerebbero la coesione sociale con
inevitabili riduzioni delloccupazione e delle prestazioni del Welfare.
Per gli eredi odierni dei comunisti di allora non sarebbe un problema subordinare
la gestione delleconomia a esigenze monetarie di restrizione della spesa, anzi
sarebbe considerato inevitabile farlo, ma per Berlinguer non era ancora cos. Egli,
dopo la svolta a destra seguita alle elezioni del giugno 1979, con lascesa al governo
di Cossiga appoggiato dal nuovo capo socialista Craxi, cambia linea politica,
lanciando, in una conferenza stampa tenuta a Salerno il 28 novembre di quellanno, la
linea dell alternativa democratica, per un governo cui partecipino tutte le forze
democratiche avanzate, compresi i comunisti.
In questa fase, dunque, si pu cogliere ancora qualche differenza reale tra le destre
e la sinistra-destra craxiana da un lato, e dallaltro le sinistre (quella berlingueriana,
quella della minoranza anticraxiana nel partito socialista, quella magriana alla sinistra
del Partito comunista).
Lanima di sinistra di Berlinguer emerge nel durissimo scontro alla Fiat
dellautunno 1980, quando egli si schiera apertamente dalla parte degli operai in lotta
contro la politica di repressioni e di licenziamenti adottata con estrema durezza da
Romiti, fino ad andare in mezzo a loro a Torino a promettere che il Partito sar con
loro anche nel caso di una loro occupazione degli stabilimenti.
Berlinguer sviluppa poi, sia pur in maniera politicamente astratta e ineffettuale,
temi che sarebbero stati particolarmente idonei a ripensare e ricostruire unidentit di
sinistra, se la sinistra non fosse poi caduta in un pragmatismo opportunistico e senza
princpi che ne ha reso vuota lidentit. Un primo tema quello dellausterit, da lui
richiesta sin dalla met degli anni 70. Lausterit, intesa come sobriet di consumi,
concepita come leva per migliorare la qualit etica e la giustizia sociale del paese, e
per contribuire ad affrontare seriamente problemi come la fame nel mondo, le malattie
epidemiche nelle regioni povere, linquinamento ambientale.
Un altro tema, proposto nel 1981, quello della cosiddetta questione morale,
intesa come necessit di ristabilire il rispetto delle norme giuridiche, la correttezza
dei comportamenti e la trasparenza degli atti della vita pubblica. Secondo Berlinguer
la questione morale in realt la pi importante questione politica e nazionale,
perch lillegalismo e la corruzione diffusi nella vita pubblica deprimono la
produttivit economica, compromettono lefficienza amministrativa, indeboliscono il
ruolo della politica. I partiti sono ormai diventati, nellanalisi critica di Berlinguer,
gruppi che curano interessi particolari, a volte illegali, senza alcun pensiero del bene
comune.
In quello stesso 1981, in Francia, conferma di aver unanima di sinistra,
traducendola in programma di governo, Franois Mitterand. Questi, dieci anni prima,
dissoltasi la vecchia Sfio, al congresso di Epinay aveva rifondato il Partito socialista
francese, chiamato non pi Sfio, ma appunto Psf, e lo aveva rifondato in modo
originale, riunendo tutta una serie di associazioni spontaneamente formatesi nella
societ civile. Lo aveva inoltre vincolato a unalleanza e a un Programma comune di
tutte le sinistre, chiamate a battersi per arrivare al governo tutte insieme e da sole.
Candidato alle elezioni presidenziali della coalizione delle sinistre, Mitterand era
stato sconfitto da Giscard dEstaing nel 1974, ma lo aveva poi sconfitto nelle elezioni
successive, nella memorabile giornata del 10 maggio 1981.
Una volta presidente (con gli ampi poteri che la costituzione della Quinta
Repubblica, voluta a suo tempo da De Gaulle, attribuisce alla carica), Mitterand
affida a Pierre Mauroy lincarico di formare un governo monocolore socialista al solo
scopo di gestire nuove elezioni legislative. Nel giugno 1981 da queste elezioni esce
(grazie al sistema elettorale a collegi uninominali della Quinta Repubblica) un
Parlamento a maggioranza assoluta socialista. Mauroy, tuttavia, dintesa con
Mitterand, non replica il monocolore elettorale, ma forma un governo di coalizione di
sinistra, in cui entrano, per la prima volta dal 1947, sfidando il veto del presidente
statunitense Reagan, ministri comunisti.
Questo governo, trovandosi ad operare nel bel mezzo della crisi recessiva
mondiale del 1980-82, generata dalla manovra di Volcker del 1979, la affronta con
una politica keynesiana di investimenti pubblici finanziati in deficit, attraverso anche
la nazionalizzazione di alcune banche e di alcune imprese di trasporto. Si noti che il
governo di sinistra voluto in Francia da Mitterand lultimo che abbia proceduto a
nazionalizzazioni, e il penultimo per il quale essere di sinistra comportava una
qualche differenza di sostanza rispetto allazione di un governo di destra. Lultimo
governo di sinistra di questo tipo quello socialdemocratico insediatosi lanno dopo
in Svezia sotto la guida di Olaf Palme.
Questi, uomo di rara limpidezza morale, impone una pi penetrante tassazione
delle rendite finanziarie, con i cui proventi finanzia unulteriore estensione del
Welfare svedese. Si impegna, insieme con Mitterand, nella protezione degli esuli
argentini e cileni sfuggiti alle repressioni delle orribili dittature dei loro paesi, e
mette a carico del bilancio svedese consistenti stanziamenti per la lotta alla fame nel
mondo. Sul piano internazionale si oppone alla frenetica corsa al riarmo promossa da
Reagan, e svolge una intensa attivit diplomatica per il disarmo, specie nucleare.
Nel 1983 il governo Palme presenta e fa approvare al parlamento svedese lultima
legge realmente emancipativa promossa da una sinistra che la storia ricordi. Si tratta
di una legge sul controllo operaio delle industrie, che prevede la partecipazione ai
consigli di amministrazione delle societ proprietarie di industrie di rappresentanti
dei lavoratori di quelle industrie. Questi rappresentanti devono essere
obbligatoriamente informati sullesatto ammontare degli utili aziendali e sulle
percentuali secondo cui sono distribuiti tra reinvestimenti, dividendi e monte-salari.
Essi hanno diritto di voto sulle relative scelte, e, anche se non possono condizionare
pi di tanto, essendo minoranza rispetto ai detentori della propriet, tuttavia il loro
diritto di essere informati e di fare le loro proposte, che sono di pubblico dominio,
di per s un potere condizionante.
Come e perch questa sinistra scompare del tutto di l a pochissimo?
In Italia uno dei passaggi fondamentali la liquidazione della sinistra interna del
Psi. Dopo il risultato, deludente per tale Partito, delle elezioni del 1979, la sinistra
interna al Psi, guidata da Claudio Signorile, tenta un attacco alla segreteria di Craxi,
accusato di non riuscire a far crescere potere e seguito elettorale del partito. Craxi
reagisce in maniera estremamente abile e determinata. Costruisce unalleanza con
alcuni capicorrente democristiani contrari alla politica di alleanze col Pci, offrendo
loro, in nome della sua nuova teoria della governabilit come obbiettivo prioritario
da garantire allItalia, la disponibilit del Psi a governare solo con la Dc, chiudendosi
a ogni intesa con il Pci. In cambio chiede sostanziose posizioni di potere, e ottiene la
promessa di averle, perch quei capicorrente (Piccoli, Fanfani, Forlani e Donat-
Cattin) si illudono di eliminare la causa dellindebolimento della De eliminando la
possibilit di unintesa tra le forze di sinistra.
Offrendo agli uomini del suo partito le nuove prospettive di potere aperte dalle
promesse dei capicorrente democristiani, Craxi sottrae consensi a Signorile. Il
principale collaboratore di questultimo, Gianni De Michelis, attratto dalle offerte di
Craxi165, abbandona improvvisamente la sinistra socialista, e passa armi e bagagli a
Craxi, assicurando la maggioranza alla sua segreteria. Signorile, una volta perso De
Michelis con tutta la sua clientela, non ha pi i numeri per sperare di capovolgere la
situazione nel Psi.
Sconfitta nel suo tentativo di scalzare Craxi, la sinistra socialista viene poi
definitivamente liquidata dallo scandalo delle tangenti allEni166.
Nel frattempo, forti dellalleanza con Craxi, le correnti democristiane contrarie
alla politica di compromesso storico conquistano la maggioranza al XIV congresso
della Dc che si tiene a Roma nel febbraio 1980. La nuova maggioranza congressuale,
scalzato Zaccagnini, elegge a nuovo segretario della Dc Flaminio Piccoli, il quale il
mese dopo, marzo 1980, favorisce la nascita di un secondo governo di Francesco
Cossiga, da cui escono i liberali, che passano allopposizione, e in cui entrano i
socialisti, con un peso senza precedenti, cio con ben nove ministeri importanti, tra i
quali spiccano le Partecipazioni statali e la Cassa del Mezzogiorno, due formidabili
fonti di danaro e di corruzione, affidati rispettivamente a Gianni De Michelis e a Rino
Formica, e la Difesa, che consente di mettere radici nelle forze armate, di cui fatto
titolare Lelio Lagorio.
In questo quadro i socialisti si ritrovano quasi tutti sul piano inclinato che li
sospinge a diventare craxiani. Luscita di scena politica di Signorile rappresenta, per
quanto si tratti di un personaggio corrotto (che non regge il suo ruolo di puntello di
una sinistra di progresso proprio perch corrotto), la scomparsa di tutta una tradizione
di sinistra nel Partito socialista. Rimane, di quella che era stata la Sinistra socialista,
la sola nobilissima figura di Riccardo Lombardi, ormai abbandonato da tutti i suoi
seguaci e privato di ogni influenza politica.
La strada su cui tutti gli altri si avviano quella di una intesa, guidata per il
momento da Cossiga, ma a partire dal 1983 direttamente da Craxi, tra Psi e Dc, in una
maniera per molto diversa dal passato. Questa diversit ben colta da Simona
Colarizi quando scrive:
Lalleanza politica che nasce allinizio degli anni 80 tra De e Psi, dunque
unalleanza svuotata di ogni significato politico, perch la sua politica non pi
politica, ma mera amministrazione, certo aspramente conflittuale, ma soltanto sul
piano della spartizione dei centri di potere amministrativo e delle corrispondenti
rendite finanziarie. A questo punto il partito socialista , in quanto sinistra, una
sinistra senzanima.
Per quanto riguarda il Partito comunista, Berlinguer vi esprime ancora, in quel
periodo, come si visto, unidentit di sinistra, certamente autentica, ma gestita
politicamente in maniera tale da votarla alla scomparsa. Di fronte alia solitaria
lucidit di Lombardi, che indica nellalternativa di sinistra su una base programmatica
penetrantemente riformatrice168 lunica via per restituire ai cittadini fiducia nei partiti
e nello Stato, e per arrestare la crisi economica e politica, egli rimane arroccato nel
rifiuto, su cui stata costruita lidea del compromesso storico, di ogni scontro
aperto e deciso con la Dc e con i poteri forti. Lopposizione su cui si attesta il Pci
sostanzialmente priva di iniziativa e attendista, e non incalza n offre prospettive alle
forze intermedie tra Dc e Pci. Favorisce cos involontariamente il dominio di Craxi
sul Psi, facendo mancare ogni sponda ai suoi oppositori, cos come ne aveva
involontariamente favorito lascesa, negli anni 70, emarginando il Psi con la sua
politica di intesa privilegiata con la Dc.
Berlinguer coglie lucidamente la degenerazione del Psi con il craxismo, e agita la
questione morale come questione politica, ma sulla base di una presunta diversit
del Pci come partito etico-politico, a fronte dei partiti degli interessi, che non
corrisponde alla realt delle cose. Cos, quando alle elezioni del 1983 la Dc registra
un forte calo, e Craxi ne approfitta abilissimamente per metterla alle corde giocando
sulle sue rivalit interne, fino ad ottenere la guida del governo, nel Pci crescono i
malumori contro un segretario che allontana sempre pi il partito dal potere, mentre il
segretario del Psi riesce a dare al suo partito tutto il potere possibile.
Craxi sar capo del governo italiano dal 1983 al 1987, infettando moralmente il
Paese in maniera irreversibile. Nonostante la fortuna di assumere il potere quando
leconomia mondiale, uscita dalla crisi recessiva 1980-82, entrata in un nuovo ciclo
di sviluppo, e quando il prezzo del petrolio in una fase di continua discesa, la sua
politica riesce ugualmente a produrre milioni di disoccupati 169 . Si tratta di una
politica di modernizzazione intesa come comando senza pi intralci del capitale sul
lavoro, come valorizzazione degli affari d qualsiasi genere al di fuori delle regole, e
come riduzione e in pratica annullamento dei controlli di legalit sulle attivit
amministrative, che genera facili e rapidi arricchimenti, crescenti diseguaglianze di
reddito e corruzione generalizzata. Una politica di tipo thatcheriano, con in pi la
corruzione partitocratica che in Inghilterra non c, e con in meno le privatizzazioni
che la Thatcher avvia dal 1983, e che Craxi non pu fare, perch le estese propriet
statali sono fonti di finanziamento dei partiti.
Lindirizzo di tipo thatcheriano conduce Craxi al famoso decreto di San
Valentino del 14 febbraio 1984, con cui abolisce la scala mobile per i lavoratori
dipendenti, scaricando cos il costo del contenimento dellinflazione interamente sui
salari, senza intaccare i maggiori profitti ottenuti con il rialzo dei prezzi, cui non
segue pi alcuna compensazione salariale.
Di fronte a questa enormit Berlinguer ha un guizzo di iniziativa politica di
sinistra, promuovendo un referendum popolare per labolizione del decreto craxiano.
Ma proprio la vicenda di questo referendum, tenuto quando Berlinguer gi morto,
mostra la fine, in Italia, di unanima di sinistra. I dirigenti locali del partito, come
Fassino a Torino, i suoi parlamentari di maggior spicco, come Napolitano, e persino i
vertici del sindacato comunista, con Luciano Lama in testa, reagiscono con fastidio
alliniziativa del loro segretario, che sembra loro vanamente diretta contro una
modernizzazione ineluttabile, e che, accentuando la rottura fra Psi e Pci, appare tale
da mettere sempre pi i comunisti ai margini del potere, anche negli enti locali.
Il referendum, condotto in un contesto in cui il lavoro dipendente contrattualmente
garantito socialmente minoritario, in cui linfezione egoistica della societ italiana
tale che i non interessati alla scala mobile (commercianti, artigiani, liberi
professionisti, piccoli proprietari, lavoratori non garantiti, studenti, disoccupati)
voltano le spalle agli interessati, e in cui il partito di Berlinguer conduce di
malavoglia la battaglia intrapresa dal suo segretario, d tuttavia il 45% dei voti alla
proposta abrogativa del decreto craxiano. Sarebbe questo un patrimonio enorme di
potenzialit emancipative (certo soltanto potenzialit, trattandosi non di un impegno,
ma di un voto, e di un voto dato in larga parte non per rigore ideale, ma per
appartenenza), che per vanno disperse, perch nessuna sinistra le raccoglie cercando
di fare qualcosa con esse.
La morte di Berlinguer per un malore durante un comizio a Padova, per lelezione
del Parlamento europeo, nel giugno 1984, suscita una grande emozione collettiva, e
accentua il suo carisma al punto da fare del Pci, in quella elezione, il primo partito
italiano (grazie per anche a una minore partecipazione al voto degli elettori
democristiani, non interessati ad elezioni non-nazionali), ma rappresenta anche la
morte della sinistra italiana tradizionalmente intesa.
La rinuncia del Pei a dirigere, sulle orme dellultimo Berlinguer, una seria lotta in
difesa del reddito delle classi lavoratrici, significa, nel contesto dato,
unomologazione al capitalismo post-keynesiano, che non consente pi differenze
politiche.
A sinistra del Pci, il piccolo Partito di unit proletaria (Pdup) decide in quel
momento di confluire nel Pci. Una simile scelta, operata proprio nella fase di
omologazione del Pci al capitalismo post-keynesiano, dimostra che neanche alla
sinistra del Pci cera una sinistra capace di conservare la propria anima. Il discorso
politico di tipo emancipativo, e per certi versi addirittura rivoluzionario, che svolge il
gruppo dirigente del Pdup, rappresenta una pura autoillusione, come anche la
prospettiva che esso si attribuisce di condizionare dallinterno il Pci: andando a
confluire in un partito che va a confluire in un sistema senza pi spazi politici, il
gruppo dirigente del Pdup si preelude ogni spazio di reale e non illusoria agibilit
politica, e contribuisce a far scomparire una sinistra emancipativa, lasciando allo
sbando larea militante che aveva organizzato.
A fronte dellautoscioglimento del Pdup va ricordata la sopravvivenza
organizzativa, senza alcuna rappresentanza parlamentare e perci senza alcun
finanziamento istituzionale, di Democrazia proletaria, la quale poi rientra in
Parlamento con le elezioni del 1983, nelle quali ottiene l1,5% dei voti.
Democrazia proletaria, peraltro, per quanto abbia preservato un prezioso nucleo
di militanza politica su basi ideali, troppo poco consistente, e troppo in ritardo sui
tempi, per far davvero vivere unanima di sinistra in Italia.
Quel che rimane, in Italia, una sinistra particolarmente malefica, come il Psi, o
comunque una sinistra senzanima, come il Pci postberlingueriano, che dalla met
degli anni 80 subisce la suggestione della modernizzazione craxiana, non rappresenta
pi alcuna alternativa di programma, e viene di conseguenza pi che lambito dalla
corruzione del sistema partitocratico.
La sinistra senzanima prende la guida del governo in Spagna con la vittoria alle
elezioni del 1982 di Felipe Gonzales, un cinico uomo di potere senza princpi, alla
testa del Psoe, un partito di lunga e gloriosa tradizione della sinistra spagnola,
gradualmente ridottosi, per ottenere prima lappoggio statunitense per la fuoriuscita
dal franchismo, e poi il governo in tempi brevi, a macchina di organizzazione
opportunistica e affaristica del consenso.
In Francia la politica keynesiana e nazionalizzatrice di Mitterand si esaurisce nel
biennio 1981-82 (vero canto del cigno della sinistra emancipativa), travolta dalla
reazione del capitale, attraverso lo sciopero degli investimenti interni e la fuga
allestero del danaro, che sospinge il franco sulla china di una svalutazione rovinosa.
Per tamponare la crisi, il primo ministro di Mitterand, Pierre Mauroy, passa nel 1983,
dintesa con il presidente, da una politica keynesiana della spesa ad una opposta
politica, indistinguibile da quella che avrebbe fatto un governo di destra, di
restrizione monetaria e di crescita della disoccupazione. Questa linea esige un nuovo
governo, e infatti nel 1984 Mitterand licenzia Mauroy e lo sostituisce con il pi
opportunista Fabius, che estromette dal governo i comunisti, i quali si chiudono in un
isolamento senza programma. Cos anche in Francia muore la sinistra novecentesca.
Queste vicende europee nascono da un progressivo adattamento alle imposizioni
senza alternative del capitalismo postkeynesiano, lanciato nel 1979 da Volcker, da
parte di sinistre i cui precedenti miti le rendono disarmate nella comprensione
dellevoluzione socioeconomica.
Lultima sinistra emancipativa che rimane a met degli anni 80 quella svedese
di Olaf Palme, che esce di nuovo vittoriosa dalle elezioni del 1985. Essa viene
liquidata dallassassinio, nel 1986, dello stesso Palme, assassinio sul quale non mai
stata fatta piena luce, ma che non assurdo pensare proprio come una conseguenza
della sua libera politica, fortemente osteggiata, pi che in Svezia, allestero,
soprattutto dagli Stati Uniti di Reagan.
Note
I sette anni sono quelli dallinizio del 1986 al 31 dicembre 1992, la data fatidica
entro la quale il mercato unico deve essere completato. Il Libro bianco elenca ben
282 disposizioni necessarie per completare il mercato unico europeo, disposizioni
che si sarebbero dovute tradurre in direttive europee e quindi recepite nelle
legislazioni nazionali. Queste disposizioni prevedono larmonizzazione dei sistemi
fiscali, la parificazione degli standard tecnici, il riconoscimento in ogni paese dei
titoli di studio e di specializzazione ottenuti in ogni altro paese, leliminazione delle
barriere geografiche allesercizio delle professioni, la circolazione dei capitali senza
pi regole restrittive, il libero investimento privato, senza pi barriere geografiche,
nei servizi, non soltanto in quelli pi tradizionali come assicurazioni, banche e
trasporti, ma anche nei nuovi come quelli audiovisivi, informatici e di marketing, e il
libero commercio dei prodotti finanziari, non solo azioni e obbligazioni, ma anche
derivati.
Il Libro bianco viene presentato dalla Commissione al Consiglio europeo che si
tiene alla fine di giugno del 1985 a Milano, perch il primo semestre del 1985 il
semestre della presidenza italiana del consiglio. Il capo del governo italiano Craxi
dunque anche Presidente del consiglio europeo, coadiuvato dal suo ministro degli
esteri Andreotti. Ma il vero protagonista delle riunione il capo del governo tedesco
Helmut Kohl che, forte della potenza delleconomia del suo paese, trascina tutti,
grazie anche allappoggio francese e italiano, allapprovazione del Libro bianco.
Delors a questo punto fa valere la necessit di una riforma dei trattati istitutivi
delle comunit europee che crei le condizioni istituzionali di quello che viene ormai
battezzato obiettivo 92 del cosiddetto Grande mercato. La presidenza
lussemburghese del Consiglio europeo, subentrata a quella italiana nel secondo
semestre del 1985, simpegna a dare attuazione alla richiesta di Delors, che porta
allapprovazione, nel Consiglio europeo di Lussemburgo del dicembre 1985, del
cosiddetto Atto unico europeo, che viene poi ratificato il 17 febbraio 1986.
LAtto unico europeo una riforma complessiva, definita in un unico documento,
dei trattati istitutivi delle comunit europee. Esso, detto in poche parole, prevede che
la Commissione, oltre alla sua tradizionale competenza di esecutrice delle decisioni
del Consiglio europeo, abbia, rispetto ad esso, un ruolo direttivo e propositivo di
norme notevolmente rafforzato, e che la regola dellunanimit, per le decisioni del
Consiglio europeo, venga sostituita, riguardo ad alcune materie, dalla regola della
maggioranza qualificata.
Che cosa ha a che fare tutto questo con il nostro discorso sulla sinistra?
Lintera vicenda mostra come le sinistre europee, nel cruciale periodo 1985-86,
oramai gi completamente trasformate rispetto ai loro valori storici, creano per
lEuropa un binario di scorrimento automatico dellevoluzione economica, al di fuori
di ogni esigenza sociale e di ogni progettualit politica, e con questo binario rendono
irreversibile la propria trasformazione, riducendosi definitivamente da forze politiche
di emancipazione sociale a forze puramente amministrative, indifferenti alle
conseguenze sociali degli automatismi delleconomia.
La disposizione del Libro bianco di Delors e Cockfield, ad esempio, secondo la
quale i capitali possono liberamente muoversi in Europa senza la bench minima
restrizione, entrata compiutamente in vigore il 1 luglio 1990, elimina la possibilit
stessa di qualsiasi politica di controllo dei flussi finanziari e dei valori di cambio
delle monete. Costruendo questo binario, quindi, le sinistre si sono autoobbligate a
rinunciare a una politica economica nientemeno che sugli spostamenti e sui valori
delle masse monetarie. Eppure, mentre il capo socialista Craxi e quello comunista
Natta appoggiano lazione di Delors, appena sei anni prima il comunista Berlinguer e
il socialista Lombardi si erano opposti, proprio con la giustificazione che avrebbe
tolto libert alla politica economica, al cosiddetto sistema monetario europeo, che
rappresentava un vincolo alla politica molto meno decisivo rispetto alla libera
circolazione dei capitali.
Unaltra disposizione del Libro bianco di Delors, quella che prevede il libero
investimento privato, senza alcun monopolio pubblico, nellofferta di servizi di
qualsiasi genere, entrata compiutamente in vigore il 1 novembre 1991, instrada
irreversibilmente le sinistre verso lirresponsabilit sociale, proprio perch promossa
da un uomo di sinistra e dalle sinistre accettata. Lo Stato, infatti, nel momento in cui
lascia i servizi di pubblica utilit alla gestione aziendalistica dei privati, si priva
degli strumenti stessi di possibili interventi nelleconomia a fini sociali.
LAtto unico europeo, inoltre, modificando larticolo 100 del trattato di Roma del
1957 che esigeva lunanimit per qualsiasi decisione comunitaria, e introducendo il
voto di maggioranza per tutte le misure relative alluniformazione delle legislazioni
nazionali allo scopo di garantire linstaurazione ed il funzionamento del mercato unico
interno, consente di imporre a un paese membro recalcitrante una liberalizzazione
economica capace di provocare al suo interno danni sociali. Da notare che, secondo
lAtto unico europeo, esplicitamente escluso il principio di maggioranza per far
valere tutele ambientali, limiti allo sfruttamento del lavoro, politiche estere e di difesa
comuni: in pratica, se la legislazione di un paese vietasse la speculazione sui pi
sofisticati derivati finanziari, lEuropa potrebbe costringerlo a modificare in senso
pi liberistico la sua legislazione, mentre se la stessa legislazione consentisse di far
lavorare i fanciulli dodici ore al giorno, oppure di utilizzare liberamente a scopi
produttivi sostanze di sicura e alta cancerogenicit, lEuropa non potrebbe fargliela
modificare a meno che il paese stesso non fosse daccordo.
evidente che lEuropa del Grande mercato scandalosamente asociale. E non
neppure organizzata in modo democratico. Il suo organo elettivo, cio il Parlamento
europeo, non pu sfiduciare la Commissione e sostituirla con unaltra, essendone la
nomina spettanza dei governi. Pu esprimere mozioni di censura, che per non
possono essere approvate se non con maggioranza dei due terzi, e non hanno altro
effetto che una sospensione temporanea della Commissione dalle sue funzioni.
Rispetto alla Commissione, il Parlamento ha soltanto un generico potere di controllo.
Soprattutto, il Parlamento europeo privo della funzione essenziale dei parlamenti nei
sistemi democratici, o anche semplicemente liberali, quella cio di proporre e
approvare le leggi. Il potere di proposta legislativa concentrato nella Commissione,
i cui poteri sono stati rafforzati dallAtto unico, ed estesi appunto alla sfera della
legislazione, ben al di l di quelli originari di raccomandazione ai governi e di
esecuzione delle norme europee.
Lapprovazione delle proposte formulate dalla Commissione, e la loro traduzione
in norme, spetta al Consiglio, che organo degli Stati membri. Il Parlamento ha,
rispetto alla stretta cooperazione di Commissione e Consiglio in ambito normativo, un
potere soltanto consultivo. Cos, mentre negli Stati nazionali un parlamento privo
della piena competenza legislativa sempre stato unanimemente considerato segno di
un carattere antidemocratico e preliberale del sistema politico, per lEuropa non si
dice niente di tutto questo. Perch? Perch lEuropa solo un mercato e la sinistra non
vi si oppone.
La prima riunione del Consiglio europeo che si svolge secondo le nuove regole
dellAtto unico quella tenutasi a Bruxelles nei giorni 11 e 12 febbraio 1988.
Approfittando del fatto che non pi necessaria lunanimit dei consensi degli Stati
membri per ci che concerne il Grande mercato da instaurare, linfaticabile
presidente della Commissione europea presenta un insieme di misure che dal suo
nome saranno comunemente indicate come pacchetto Delors. Si tratta di misure che
prevedono maggiori e pi regolari entrate per le istituzioni europee, e un nuovo
orientamento delle corrispondenti spese, da concentrare nella promozione del mercato
unico.
Delors, scaduto il suo mandato nel gennaio 1989, il primo presidente della
Commissione europea che si vede conferire un secondo mandato, sulla base di una
maggioranza di centrosinistra, rivelatrice dellidentificazione ormai piena delle
sinistre europee con il progetto di costruzione dellEuropa come Grande mercato
173 . Egli presenta perci al Consiglio europeo di Madrid della fine di giugno del
1989 un ambizioso progetto di trasformazione delle tre comunit economiche europee
e del suo segretariato politico in una Unione europea. LUnione europea significa, per
Delors, una politica comune conforme alle necessit di gestione istituzionale del
Grande mercato che sar compiuto il 31 dicembre 1992: essa si dovr realizzare in
tre tappe successive, di cui la prima sar una semplice coordinazione pi stretta delle
politiche economiche dei diversi paesi, la seconda la stipulazione di un nuovo trattato,
istitutivo di una vera e propria Unione, e la terza la creazione di una moneta europea
sostitutiva di quelle nazionali.
Il Consiglio europeo di Madrid approva allunanimit la proposta di Delors, e
mostra anche, verso di essa, una convinta accettazione e una forte determinazione ad
attuarla174. Il successivo Consiglio europeo di Dublino dellaprile 1990 quello di
avallo dellunificazione tedesca che si compie, come noto, il 3 ottobre dello stesso
anno. Nel frattempo si compie anche la prima tappa del progetto Delors, cosicch la
presidenza italiana del Consiglio europeo del secondo semestre 1990 avvia, specie
nel Consiglio europeo di Roma di dicembre, le trattative per il trattato dellUnione di
cui consiste la seconda tappa.
La presidenza lussemburghese, subentrata a quella italiana nel primo semestre
1991, presenta al Consiglio europeo di Lussemburgo di aprile uno schema di trattato
basato sui cosiddetti tre pilastri: la Uem (Unione economica e monetaria), la Pesc
(Politica estera e di sicurezza comune), e la Paig (Politica sugli affari interni e la
giustizia). Questa proposta, frutto delliniziativa e dellintelligenza del capo del
governo lussemburghese Jacques Santer, dopo varie controproposte e vicissitudini,
diventa, durante il successivo semestre di presidenza olandese, la base del
famosissimo trattato sottoscritto a Maastricht dal Consiglio europeo che l tiene la sua
sessione il 10 e l11 dicembre 1991, e viene poi ratificato, sempre a Maastricht,
bench la presidenza olandese sia scaduta, il 7 febbraio 1992.
Il trattato di Maastricht istituisce un nuovo ente internazionale, lUnione europea,
di cui fanno parte, allepoca della stipulazione, Francia, Germania, Italia, Belgio,
Olanda, Lussemburgo, Inghilterra, Irlanda, Danimarca, Spagna, Portogallo e Grecia, ai
cui abitanti viene conferita una doppia cittadinanza, nazionale ed europea. Le monete
dei paesi avranno, secondo il trattato, reciproci tassi di cambio fissi e irrevocabili a
partire dal 1 gennaio 1999, in maniera tale da non essere altro, da quel momento, che
espressioni diverse di una medesima unit contabile, chiamata euro175. Ladozione
delleuro per fatta dipendere, dal trattato di Maastricht, dalla convergenza
economica dei paesi che lo adottano, definita da alcuni parametri, i famosi parametri
di Maastricht, relativi allammontare del deficit di bilancio, al volume dei debiti
pubblici, ai livelli di inflazione, ai tassi di interesse.
La politica economica degli Stati, gi ridotta alla quasi totale impotenza dalla
libera circolazione dei capitali sanciti nel 1990 e dal libero investimento privato nei
servizi sancito nel 1991, perde in Europa ogni residuo spazio di azione con i vincoli
imposti dai parametri di Maastricht. Come reagire a crisi recessive delleconomia
con una adeguata politica della spesa, se il deficit del bilancio statale , secondo i
livelli normali dellepoca, prossimo al 3% e se uno dei parametri di Maastricht
proibisce di superare questa percentuale? Come svolgere una politica di difesa dei
redditi di lavoro se non si pu incidere sullaccumulazione di capitale, e nello stesso
tempo non si pu convivere con un tasso dinflazione superiore a quello massimo
prescritto dai parametri di Maastricht? Come si pu fare una manovra economica
senza poter manovrare i tassi dinteresse?
Cos, mentre gli Stati Uniti dAmerica, non essendo soggetti a vincoli
sovranazionali e avendo nella loro moneta nazionale la moneta di riserva
internazionale, hanno ancora qualche libert di politica economica, soprattutto di una
politica economica di potenza, i cui effetti negativi ricadono sul resto del mondo,
lEuropa si mette una camicia di forza che le toglie ogni libert politica e la riduce a
puro spazio commerciale per il capitalismo transnazionale, soprattutto quello
statunitense.
Perch questo suicidio politico dellEuropa? E come lo assumono le sinistre
europee?
La risposta alla prima domanda sta nella mancanza di qualsiasi idea-forza come
guida allunificazione europea. A tale unificazione mancato completamente ci che,
per fare un esempio, fu lidea del costituzionalismo liberale nel processo
dellunificazione italiana, ai tempi del Risorgimento. un fatto storico che il processo
dintegrazione europea stato avviato, negli anni 50, per impulso esterno, e
precisamente degli Stati Uniti dAmerica, ai quali unEuropa non-frammen-tata
serviva come antemurale rispetto allo potenza del campo sovietico176. Le differenze
nazionali, forti soprattutto in campo linguistico e in quello del temperamento
collettivo, non potendo essere trascese in nessuna idea-guida, perch non ce n stata
nessuna, i sono potute neutralizzare solo affidando i popoli allunica legge del denaro
e del suo libero movimento 177 .
Quanto alla seconda domanda, le sinistre europee non possono opporsi allEuropa
di Maastricht, perch per farlo dovrebbero avere unidea di societ alternativa alla
societ di mercato che si sta imponendo, e dovrebbero avere obiettivi e progetti di
costruzione di unaltra Europa. Ma non hanno e non possono avere nulla di tutto
questo, ridotte come sono dal processo trasformativo che abbiamo ricostruito nei
precedenti paragrafi. La sinistre non possono, per, neppure assumere come valori gli
obiettivi e i criteri regolatori di Maastricht, che si pongono soltanto come obblighi
sociali non nascondibili sotto altre vesti e non distanziabili dalla percezione
collettiva, come erano state le direttive del Libro bianco di Delors. La scappatoia
intellettuale delle sinistre allora quella di illudersi di poter indirizzare le
prescrizioni antisociali di Maastricht verso finalit politiche e sociali positive.
Le sinistre europee, quindi, si lasciano irreggimentare nella gestione
amministrativa dellEuropa asociale attraverso lassunzione dei parametri e degli
obiettivi di Maastricht come necessit esterne ineludibili, e attraverso la
rappresentazione mistificatoria di quelle supposte necessit come orientabili nel
tempo verso positive finalit politiche e sociali.
La necessit assoluta, esterna ed obiettiva, di seguire le prescrizioni sancite a
Maastricht, viene ripetuta ossessivamente dalle sinistre europee a partire dal 1992.
Prima del 92, chi chiedeva un minimo di giustizia sociale era zittito ricordando la
necessit di arrivare pronti allappuntamento del mercato interno europeo; dopo il
92, intimando che non possiamo rimanere fuori dallEuropa. Come se, fra laltro,
lEuropa coincidesse con gli eurocrati, la sua civilt con le regole di Maastricht e
lunica sua economia possibile fosse leconomia asociale di mercato dominata da un
meccanismo autoreferenziale di accumulazione del plusvalore.
La politica delle entrate e delle spese condotta dal governo Prodi dal 1996 al
1998 non stata politica, ma esecuzione amministrativa delle prescrizioni di
Maastricht che, secondo le stesse statistiche ufficiali dellepoca, ha accresciuto in
Italia larea della povert e le disuguaglianze di reddito. Ma, si giustificava la
sinistra, i sacrifici, anche se peggiorativi della qualit della vita e non equi, dovevano
essere accettati, perch bisognava, per evitare che il paese cadesse in un terribile
baratro, entrare in Europa178.
Quella che un tempo era stata la sinistra delle emancipazioni e delle opportunit -
dopo essersi resa politicamente impotente, allinizio degli anni 80, accettando la
nuova forma postkeynesiana, intrinsecamente de-emancipatrice, dellaccumulazione
del capitale - allinizio degli anni 90 si autoirreggimenta nella pura gestione degli
effetti sociali del nuovo capitalismo in nome di una Europa presentata come dura
necessit.
Tale necessit viene per mistificatoriamente rivestita di pure illusioni riguardo
alla sua natura e ai suoi esiti. Nei primi anni 90, a chi parla dellEuropa di
Maastricht come unEuropa di banche senza diritti sociali e senza democrazia, si
risponde sprezzantemente che dei 252 articoli del trattato la maggioranza non riguarda
neppure leconomia, la finanza e la moneta, ma si occupa dei poteri del Parlamento
europeo, ampliandoli, delle istituzioni europee, della cittadinanza, delle persone,
della difesa comune, della politica estera comune, della giustizia, e, quanto ai diritti
sociali, lintroduzione al trattato definisce la dimensione sociale come elemento
costitutivo essenziale dellUnione europea.
Ebbene: tutte queste informazioni sono date in maniera altamente mistificatoria.
Non si pu dire, infatti, che il maggior numero degli articoli del trattato di Maastricht
si occupa di materie diverse da quella economico-monetario-bancaria-finanziaria,
senza aggiungere che per tali materie non-economiche sono previste procedure di
normazione completamente diverse da quelle predisposte nellambito dellUnione
economica e monetaria (Uem): procedure, cio, di carattere intergovernativo anzich
di dialettica di organi europei, e basate sul principio dellunanimit anzich su quello
della maggioranza. Avrebbe dovuto essere ben chiaro che, stanti queste differenze
procedurali, lintegrazione si sarebbe sviluppata soltanto nellambito della Uem. Il
secondo e il terzo dei cosiddetti pilastri - cio la Pesc (Politica estera e di
sicurezza comune) e la Paig (Politica sugli affari interni e la giustizia) - pur
formalmente integrati nellUnione europea, rimangono dunque nella sostanza oggetto
di semplice consultazione intergovernativa.
Non era dunque affatto imprevedibile che lUnione sarebbe diventata lo spazio
comune delleconomia asociale e di una moneta gestita soltanto dalla Banca centrale
europea, a vantaggio delle esigenze del capitale finanziario e al di fuori di qualsiasi
controllo democratico. N il Parlamento europeo, e neppure la Commissione, hanno
infatti il bench minimo potere direttivo sui tecnocrati della Banca, di formazione
esclusivamente finanziaria.
Rispetto allAtto unico, il trattato di Maastricht amplia effettivamente i poteri del
Parlamento europeo, dandogli per la prima volta una competenza legislativa, ma solo
su otto materie che non sono quelle fondamentali (ad esempio sui titoli di studio, sulle
libere professioni, sui sistemi elettorali), e anche su queste in codecisione con la
Commissione. I diritti di cittadinanza sono limitati allelettorato attivo e passivo e
alla protezione, fuori dEuropa, di tutte le ambasciate europee, in totale assenza di
diritti sociali.
Quando perci lintroduzione al trattato attribuisce allUnione una dimensione
sociale, si tratta di unastratta affermazione di principio contraddetta da fatti concreti,
e contraddetta anche sul piano formale della normativa. Larticolo 105 del trattato
dichiara infatti che lunico scopo della gestione della moneta unica europea quello
di garantire la stabilit dei prezzi. ci che soltanto vuole il capitale finanziario una
volta che ne stata garantita la libera circolazione e la possibilit universale
dinvestimento, mentre ai lavoratori servirebbe una gestione finalizzata anche ai
livelli di occupazione e alle garanzie sociali, che invece formalmente esclusa.
Bill Clinton viene candidato dal Partito democratico a sfidante di George Bush
nelle elezioni presidenziali statunitensi del 3 novembre 1992 appunto come
espressione dei new democrats. Una volta diventato presidente degli Stati Uniti,
infatti, modula tutte le proprie scelte sul piano interno e internazionale esclusivamente
in base alle esigenze di profitto del mondo economico, in una maniera cos
totalizzante come mai avvenuto in passato.
Clinton stato il presidente che negli Stati Uniti ha smantellato la legislazione
rooseveltiana. Con il Rubin Act del 1996 stato abrogato il Glass Steagall Act del
1933, cio la legislazione bancaria voluta da Roosevelt per limitare la speculazione
finanziaria ed evitare il ripetersi di una crisi borsistica traumatica come quella del
1929187. Con il Tlcommunications Act, sempre del 1996, stato eliminato ogni
principio regolatore nel campo delle telecomunicazioni stabilito nellepoca
rooseveltiana. I controlli governativi sulle societ per azioni stabiliti dalla
legislazione rooseveltiana sono stati smantellati. Stiglitz, che stato protagonista, poi
parzialmente pentito, della politica clintonana di quel periodo, ha scritto che nella
corsa sfrenata alla deregulation [noi democratici] abbiamo premuto
sulacceleratore ancora di pi di quanto avesse fatto lamministrazione Reagan188.
In Europa si abituati ad associare alle politiche di Reagan e Bush i vantaggi
fiscali concessi ai pi ricchi, ma lo stesso Stiglitz a definire addirittura imponente
la riduzione delle imposte sui redditi da capitale varata nel 1997 da Clinton189.
I profitti del mondo economico nordamericano sono sempre pi dipendenti, negli
anni 90, da una presenza imperiale degli Stati Uniti nelle aree strategiche del mondo.
In primo luogo, infatti, leconomia statunitense organizzata in modo da divorare
enormi quantit di energia, per cui le occorre il controllo politico delle regioni dove
sono situate le sorgenti di approvvigionamento energetico. In secondo luogo
leconomia degli Usa meno competitiva, ad eccezione di tre o quattro settori ad alta
tecnologia connessa con la tecnologia degli armamenti, di quella dei paesi europei e
dei pi avanzati paesi asiatici190, per cui deve giocare la carta compensatoria della
potenza militare e politica statuale degli Stati Uniti. Nella potenza politica degli Stati
Uniti incluso il ruolo del dollaro come moneta di riserva internazionale, che
permette la sterilizzazione di gran parte dei saldi passivi della bilancia dei pagamenti.
Clinton ha giuocato con particolare determinazione la carta dellimperialismo
statuale, coniugandolo con liperliberismo economico, in modo da garantire i profitti
capitalistici nel suo paese. Figura chiave stata su questo piano Mickey Kantor.
Kantor lesperto in materie commerciali che Clinton sceglie come negoziatore degli
Stati Uniti nella formazione del Wto, lorganizzazione mondiale del commercio
entrata in vigore il 1 gennaio 1995. Kantor conduce con successo questi negoziati,
dispiegando unaggressivit imperiale particolarmente accentuata.
Gli Stati Uniti ottengono infatti, in barba al liberismo tanto conclamato, di poter
massicciamente sussidiare la loro agricoltura (i sussidi al cotone hanno un valore
addirittura superiore a quello dellintera produzione di cotone) e di bloccare
laccesso nel paese di alcune produzioni straniere191. Il Wto, inoltre, per la forte
determinazione di Kantor, clintoniano e di sinistra, proibisce limiti di ordine
ecologico, sanitario e di tutela del lavoro alla circolazione internazionale delle merci.
Queste disposizioni costringono anche gli Stati Uniti a modificare la loro legislazione
e a consentire limportazione di prodotti prima vietati perch inquinanti e nocivi.
Ma Clinton vuole proprio un simile esito che, smantellando le tutele ecologiche e
sanitarie degli Stati Uniti (senza che lui ne appaia responsabile, perch lo
smantellamento sembra impostogli dallesterno, dal Wto), accresce la competitivit
mercantile della sua economia. La necessit di unaggressiva politica imperiale
spinge Clinton a predisporre lespansione statunitense in Asia centrale, poi realizzata
da Bush192, a compiere criminali bombardamenti in Sudan e in Iraq, ad assumersi la
responsabilit dellaggressione alla Jugoslavia del 99.
La sinistra al capolinea
Una volta collocatasi nello spazio stesso del capitalismo neoliberistico e della
sua politica imperiale, la sinistra ha chiuso il ciclo delle proprie metamorfosi
storiche novecentesche.
Non si vuol con questo dire che destra e sinistra siano diventate indistinguibili da
ogni punto di vista. Ci sono ancora, tra esse, differenze visibili, almeno come
tendenze. Ad esempio, la destra tende ad essere pi limitante nelle scelte dei costumi
di vita individuali, la sinistra pi accettante. La sinistra tende ad avere una fiducia pi
indiscriminata nel progresso scientifico, la destra manifesta qualche remora. La destra
tende ad essere pi religiosa, la sinistra pi laica. La sinistra tende ad essere
politicamente pi professionale (nella politica, naturalmente, che non pi politica,
ma amministrazione), e pi sorvegliata nel linguaggio politico, la destra pi aperta
allimprovvisazione e pi becera.
Queste differenze non riguardano per levoluzione socioeconomica, che rimane
identica in ogni paese sia che governi la destra sia che governi la sinistra, perch
entrambe, avendo abdicato alla politica, la lasciano interamente determinare dal
meccanismo autoreferenziale delleconomia asociale. In altre parole: destra e
sinistra hanno ancora caratteri distintivi, che sono per irrilevanti sul piano dei
livelli di occupazione, della distribuzione della ricchezza, delle tutele sociali, degli
assetti proprietari, della produttivit del lavoro, della natura dei beni prodotti,
dellimpatto ambientale della loro produzione, delle condizioni sanitarie e d
istruzione della popolazione, delle scelte di guerra o di pace nel campo
internazionale. Queste cose, che sono anche le pi importanti per la vita sociale, e
che non a caso la sinistra ha sempre considerato decisive nel giudizio sulla politica,
non cambiano minimamente al cambiare della parte politica che governa.
Il ceto politico di sinistra ha scelto come unico scopo quello di accedere al
potere governativo, e a questo scopo ha accettato di usare tale potere unicamente per
amministrare la societ di mercato prodotta dal meccanismo puramente economico di
accumulazione privata di valori monetari.
In questottica ci che fa la sinistra, ci che fanno i suoi dirigenti quando vanno al
governo, appare come logica conseguenza dellevoluzione storica che abbiamo fin qui
esaminato. Ricordiamole, le azioni dei governi di sinistra pi recenti.
Tony Blair avalla la demolizione thatcheriana del Welfare, lasciando i ceti pi
deboli indifesi e senza diritti. Invade un paese come lIraq, che non aveva mai
rappresentato un pericolo per lInghilterra, violando le norme pi elementari del
diritto internazionale. Quando viene fuori che i soldati del corpo di invasione
praticano abitualmente sequestri arbitrari e torture dei prigionieri, se ne dispiace
come se queste non fossero conseguenze logiche della guerra dinvasione da lui
preparata e operata assieme ai suoi complici Usa.
Gerard Schroeder ha abolito il modello sociale renano come nessuna destra in
Germania avrebbe osato fare, e come Kohl certamente non aveva fatto. Guardiamo ai
risultati del suo governo di sinistra. Secondo un rapporto ufficiale,
Alla fine di questo lungo percorso, dovrebbe esser chiaro il senso in cui
intendiamo i discorsi da bar coi quali avevamo iniziato. Proviamo ad offrirne una
traduzione che rappresenti una sintesi di quanto abbiamo fin qui sostenuto.
Note
197 Basti pensare ai consumi di lusso di tale ceto politico, di cui qualche volta
arriva notizia sui mezzi dinformazione, oppure a come esso accetti con naturalezza lo
scandalo degli stipendi dorati, e degli altri privilegi, di consiglieri regionali,
parlamentari, europarlamentari.
198 C. Castoriadis, La monte de linsignifiance, Seuil, Paris 1996, p. 68.