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Le radici storiche della crisi ecologica: Cristianesimo e scienza moderna

Lynn White jr., nel 1967, pubblicò Le radici storiche della nostra crisi ecologica.

Secondo White, il Cristianesimo ha posto l’uomo al centro del creato ed ha legittimato un dualismo etico:
da una parte c’è l’uomo quale signore dell’universo e dall’altra la natura come suo indifferente oggetto
etico, da utilizzare e da considerare come sua risorsa.

Il Cristianesimo è dunque una religione antropocentrica in quanto considera l’uomo, quale unico essere
dotato di valore e il mondo naturale, quale deserto, privo di qualsiasi valore se non strumentale.

L’uomo è l’unica realtà biotica fatta a immagine e somiglianza di Dio e dunque è per lui che tutte le cose
sono state create.

Nella catena gerarchica degli esseri viventi, l’uomo occupa un posto privilegiato tanto da poter essere
considerato come avente un’eccedenza valoriale, un valore in più datogli dallo stesso Ente che lo ha creato.

Quest’eccedenza valoriale implicitamente comporta una avalorazione di tutto ciò che non è umano e quindi
del mondo naturale considerato solo come una risorsa utile all’uomo, alla sua vita, al suo sostentamento.

L’umano ha un valore etico, il non umano è indifferente da un punto di vista etico.

Ne consegue che un’azione può definirsi etica o non etica solo allorquando la si riferisce ad un altro
soggetto umano.

Le azioni verso il non umano non hanno connotazione né di eticità né di non eticità.

L’arroganza antropocentrica del Cristianesimo ha portato come conseguenza implicita non solo un
indifferentismo verso il non umano, ma ha determinato anche la convinzione della possibilità di una liceità
dello sfruttamento e assoggettamento del non umano alle finalità dell’uomo.

Nel mondo greco vigeva la legge dell’appartenenza, una legge di partecipazione dove il singolo elemento
della physis partecipava del valore del tutto e ne riceveva, per questo, valore.

Il tutto era inteso come senso della totalità, come essenza dell’esistenza nella varietà di forme non
gerarchizzate, ma in un rapporto di parità valoriale, come partecipazione ontologicamente non
differenziata all’esistenza.

Con il Cristianesimo il confine tra umano e naturale si allarga sempre più perché rafforzato dalla
convinzione della centralità ed esclusività del valore dell’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio, unico
tra gli esistenti, capace di spiegare il mondo e di raggiungere un’autoconsapevolezza della sua condizione
esistenziale.

Dio ha creato l’uomo e gli ha dato coscienza e ragione e questa trova la sua massima espressione nel
mondo moderno con la nascita del pensiero scientifico della modernità (Bacone, Cartesio, Galilei, Newton).

Il trionfo della razionalità moderna è ugualmente l’affermazione indiscussa della priorità valoriale
dell’umano sul resto delle creature.

Il paradigma scientifico moderno fonda, infatti, la sua potenza euristica sulla convinzione della razionalità
dell’uomo come forza per il disvelamento delle leggi fenomeniche, razionalità che Dio stesso ha consentito
e determinato.
Con la teorizzazione del metodo induttivo matematico di Newton, in grado di comprendere tutte le leggi
che regolano i fenomeni, si afferma la convinzione della potenzialità infinita dell’uomo capace di capire e
dominare il mondo naturale per i suoi scopi.

Da ciò consegue un rafforzamento del valore dell’ umano e l’ampliarsi di una frattura che si è così creata
tra umano e non umano.

Il potere della scienza dà all’uomo la convinzione di poter dominare il mondo, asservirlo ai suoi fini.

La scienza moderna si riscopre infatti non solo come possibilità di capire e scoprire le leggi dei fenomeni e
quindi di spiegare il mondo, ma anche e soprattutto come possibilità di fare, di produrre artifici, come un
mondo di strumenti utili alle finalità umane. La razionalità della scienza moderna fa del mondo un universo
macchina.

Concetto già presente nella storia delle idee, ma che solo con la scienza moderna e di Cartesio, in
particolare, si afferma e guarda al mondo nella sua interezza, lo considera come una macchina, una
macchina cosmica, un oggetto-macchina da poter spiegare, riprodurre, migliorare per scopi umani.

Ciò significa porre in atto una svalutazione etica del mondo naturale come diretta conseguenza della
metafisica cartesiana e del materialismo scientifico che, riducendo gli organismi viventi a semplici
meccanismi, perdono di vista le caratteristiche fondamentali della vita animale e organica.

La forza euristica della scienza moderna sta nell’uso del metodo induttivo matematico teorizzato da
Newton.

Con questo metodo i fenomeni erano analizzati non nella loro fisicità ma venivano portati sul piano ideale-
matematico, ridotti a enti matematici per cui la forza cogente dei rapporti matematici consentiva di
pervenire alla lettura dei rapporti esistenti tra le componenti di un fenomeno o più fenomeni e dunque a
scoprire le leggi che ne regolavano la struttura.

La matematica modern aveva scoperto la straordinaria facoltà umana di produrre, in qualche modo,
l’oggetto stesso della conoscenza il che condusse, definitivamente, all’esaltazione del fare, non solo per
raggiungere finalità utilitaristiche, ma del fare, come manipolazione e produzione dell’artificiale.

Questo permise di entrare in possesso di un metodo di indagine che aumentò a dismisura la fiducia nelle
capacità razionali dell’uomo e rafforzò la convinzione di essere, tra i viventi, l’unico in grado di conoscere il
mondo e quindi l’unico a cui era consentito di utilizzarlo per i suoi scopi.

La consapevolezza del potere della ragione oggettivante venne rafforzata dalla matematizzazione.

L’uomo moderno mira a strumentalizzare il mondo, ad aumentare la sua fiducia negli strumenti e nella
produttività del costruttore di oggetti artificiali.

Come afferma Anna Arendt, si è definitivamente sovvertito l’ordine tra il fare e il contemplare rendendo lo
stesso fare una questione relativa ai mezzi e ai processi, piuttosto che una riflessione sulle sue finalità.

Homo sapiens ha lasciato il posto a Homo faber (nascita della tecnica e della tecnologia)

Gli atteggiamenti tipici di homo faber sono:

la strumentalizzazione del mondo


la sua fiducia negli strumenti e nella produttività di costruttore di oggetti artificiali

la sua convinzione che ogni problema può essere risolto e ogni motivazione umana ridotta al principio
dell’utilità.

Note di approfondimento

Natura (slide 4): Nei primi pensatori la natura rifletteva, con il suo ordine, l’ordine metafisico universale.

Il concetto di natura subisce un mutamento forte, ma non radicale, con l’avvento del Cristianesimo: frutto
dell’opera creatrice di Dio, è la madre di tutte le creature. Con la modernità, con l’affermazione della
soggettività, si compie una svolta critica: la natura viene oggettivata e considerata come risorsa. Concezione
presente anche nell’ ’800.

Solo nella seconda metà del Novecento si registra una progressiva rivolta contro l’oggettivazione della
natura e nascono movimenti come l’ilemorfismo, l’olismo, il finalismo naturalistico o l’ecologia riformista.

Cristianesimo (slide 5): C. Amery parla di spietate conseguenze del Cristianesimo che seguono quello che è
stato definito il “quadruplice messaggio biblico”. Tra queste conseguenze, due sono particolarmente
insidiose: l’idea dell’uomo quale creatura eletta di Dio e il mandato di moltiplicarsi e di assoggettare la
terra: il mandato del dominio .

Cfr. C. Amery, Undici tesi sul materialismo ecologico, in AA. VV., Per un agire ecologico, a cura di Sergio
Dellavalle, Baldini e Castoldi, Milano 1998.

Metodo induttivo matematico (slide 9): Il metodo scientifico che si affermò come mezzo insostituibile per
decodificare il reale, fu quello induttivo-matematico teorizzato e usato da Newton.

Bernard Cohen fa un’analisi acuta del metodo newtoniano mettendone in risalto il processo di
matematizzazione quale aspetto caratterizzante e vincente.

Strutturato in tre fasi: l’osservazione, la trasposizione del piano fisico in enti idealizzati e il ritorno al
fattuale, questo metodo, che egli definisce come lo stile newtoniano, presenta una problematicità
intrinseca in quanto non consentirebbe, in realtà, un sicuro ritorno al fattuale relegando, in tal modo, la sua
forza euristica, solo all’ambito degli enti idealizzati e dunque al piano matematico.

Cfr. I. Bernard Cohen, La rivoluzione newtoniana, tr. it. di L. Sosio, Feltrinelli, Milano 1982.

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