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INTRODUZIONE + FILOSOFIA

Da sempre l’uomo cerca di indagare sulla natura e cerca di dare una spiegazione a quei fenomeni


catastrofici che condizionano e cambiano la nostra vita. Il rapporto tra uomo e natura è sempre
stato condizionato dalla continua ricerca di una interpretazione sempre più precisa e accurata del
mondo che ci circonda. Il rapporto tra l’uomo e la natura è una realtà dinamica, noi esseri umani
siamo parte di essa e dipendiamo dagli altri esseri viventi che ci circondano. Proprio analizzando
tale affermazione andremo a verificare il pensiero e le azioni dell’uomo nel corso del tempo e nel
presente stesso.

Quando parliamo di domande che l’uomo si pone per un’interpretazione del mondo che lo
circonda, facciamo riferimenti filosofici al 19esimo secolo:

Partendo dall’idealismo tedesco, diciamo che è un movimento in cui vige il superamento della
ragione Illuministica e l’affermazione di una nuova visione del mondo che esalta il sentimento e la
tradizione, e il rapporto con la natura è uno degli argomenti trattati dai filosofi di questo periodo.
Prima di andare ad analizzare la visione della natura di alcuni filosofi, cerchiamo di capire perché
tali movimenti rappresentano il superamento della ragione illuministica, diciamo che gli
intellettuali si erano resi conto che la ragione non poteva dare risposta a tutte le domande, per cui
non poteva essere il centro della società, affermazione con la quale posso solo che trovarmi
d’accordo se considerata in un mondo odierno. Il maggior esponente del movimento è sicuramente
Hegel, che in uno dei suoi trattati pone l’attenzione sulla questione natura. Quando egli infatti
descrive i tre momenti dell’idea, afferma che quest’ultima è caratterizzata di 3 fasi:

1) L'idea "in sé e per sé , assimilabile a Dio, entità infinita immanente, che non crea il mondo, ma è
il mondo.

2) L'idea "fuori di sé", nel suo esser altro, la natura appunto

3) Come ultimo momento, in cui la dialettica risulta positiva, troviamo l'idea che "ritorna in sé"

La filosofia della natura di Hegel viene esposta nella seconda parte dell’Enciclopedia delle scienze
filosofiche. La natura viene definita come l’idea che esce fuori di sé, che si aliena per diventare
altro da sé. La filosofia della natura si divide in: meccanica, fisica e fisica organica.

L’Idea, alienandosi nella natura si spazializza, per cui i diversi momenti che la caratterizzano si
presentano come esterni, separati l’uno dall’altro; le forme reali che la natura assume risultano
fisse, non si evolvono le une nelle altre. Alla base della filosofia della natura di Hegel c’è quindi
l’idea. Ma l’idea di oggi ha cambiato significato? Hegel intendeva per idea l’oggetto su cui il
pensiero giunge a dedurre tutta la realtà, quindi come prodotto della ragione. Oggi per idea si
intende la rappresentazione di un oggetto alla mente, la nozione che la mente si forma o riceve di
una cosa reale o immaginaria (esempi Dio , universo, tempo, spazio, bontà, bellezza etc…) Vediamo
quindi come l’uomo, crescendo grazie al progresso, cambia anche la sua mentalità e cambia i fini
dei suoi ragionamenti.
La natura presenta però con Hegel un carattere positivo anche se svalutato, essa infatti
rappresenta un momento fondamentale dello sviluppo dell’Idea in quanto attraverso i vari gradi
essa produce organismi sempre più complessi, fino all’uomo, mediante il quale l’Idea ritorna in sé
diventando spirito cioè la verità e lo scopo finale della natura, e la vera realtà dell’Idea. Possiamo
quindi fare riferimento ad uno dei capisaldi di Hegel secondo cui affermava che “ciò che è
razionale è reale e ciò che è reale è razionale”. Identificava quindi la natura intesa come qualsiasi
cosa di razionale. Ma veramente tutto ciò che ci circonda è qualcosa di razionale? Secondo me no,
perché il mondo è fatto di emozioni e sentimenti che rappresentano una parte irrazionale e cade
subito in contraddizione questa affermazione con quella di Hegel.

Sotto un punto di vista critico, la filosofia della natura è la parte del suo sistema filosofico più
criticata. Egli concepisce la nature come “morte” dell’idea, momento della sua “estraneazione”, la
cui unica funzione è quella di preparare il passaggio alla fase successiva, una simile definizione
comporta la svalutazione delle scienze della natura. Proprio nella svalutazione della natura si
arriva fino al paradosso di considerare qualsiasi azione umana come superiore rispetto ai fenomeni
naturali, affermando quindi una sorta di concezione secondo cui l’uomo vuole rendersi superiore
rispetto alla natura, cosa che accade comunque ancora oggi.

Un altro filosofo che parlò del rapporto tra uomo e natura fu schopenauer secondo cui

l’individuo non ha alcun valore rispetto alla natura, che invece rappresenta un tempo e uno spazio
infinito, dove sono possibili un numero infinito di individui. Per questo motivo la natura è sempre
pronta a sacrificare l’individuo, il quale non soltanto è esposto al pericolo di morte, ma è
originariamente destinato e guidato dalla natura verso la morte.

Secondo Schopenhauer una volta fatto tutto ciò che è destinato alla procreazione e alla
conservazione della specie, gli uomini diventano irrilevanti. Tutto ciò è ovviamente legato alla
filosofia di quest’ultimo, che pone al centro della sua argomentazione la volontà: una forza che
spinge gli uomini a vivere e a riprodursi nonostante la tragicità del rapporto con la natura, essa è
priva di scopo e razionalità e allo stesso tempo appare libera e alla base del mondo stesso. Quindi
in fin dei conti la natura in relazione all’uomo per il filosofo è oggettivazione della volontà, la quale
avviene per gradi. La natura è quindi una lotta per l’affermazione dei gradi più elevati che tolgono
all’altro per evolversi. Una concezione un po’ ambigua se così possiamo definirla, nel senso che
ritengo sbagliato considerare l’uomo irrilevante dopo aver procreato e quindi conservato la specie,
l’uomo è comunque artefice di ogni cosa, ed è il Mondo ad essere governato dall’uomo, anche se
con qualche esagerazione abbiamo visto ribellioni da parte della natura.

Mill, invece ha un’altra visione della natura, basata sul concetto di induzione (procedimento logico
che, partendo da una serie di osservazioni particolari, ne inferisce una legge generale. A differenza
della deduzione, che consente di giungere a conclusioni necessarie, l’induzione perviene a
conclusioni probabili). L’induzione che noi operiamo a partire dall’esperienza è garantita
dall’uniformità dell’ordine naturale, secondo cui a un determinato fenomeno ne segue
immancabilmente un altro secondo una connessione causale. Il riconoscimento della regolarità e
dell’uniformità delle leggi della natura ha come conseguenza immediata la possibilità di prevedere
eventi futuri in base a quelli passati. Mill parla di probabilità. Ma veramente esiste la prevedibilità
degli eventi? Bene, se consideriamo gli eventi in ambito scientifico si, in quanto si ritorna al
concetto di induzione, se invece si tratta un campo irrazionale non è possibile prevedere alcun
evento.

INGLESE
In inghilterra, così come Mill si affermava in campo filosofico, altri intellettuali si affermavano in
ambito letterario facendo maturare una concezione della natura differente dagli antecedenti e dai
successori stessi.

So to understand this sentence in a better way, we can image a sort of voyage during the time,
arriving at the English Romanticism, where the nature was seen as a living force and, in a
pantheistic vein, as the expression of God in thje universe. Nature became a main source of
inspiration, a stimulus to tough, a source of comfort and joy, and means to convey moral truths.

An important writer of this period was Mery Shelley, who described nature in its sublime form and
she infers that nature can be beneficial to humans only if the humans respect nature in return.
This theme of nature is explained in “Frankestein”: there the nature is used as a calming and
restorative influence in Victor Frankestein’s life, it is a therapeutic remedy that seeks out when he
needs escape and regeneration. Another important theme is the conflict of man’s dominance over
nature.

The voyage may continue with others romantic writers like Coleridge or Byron or modernist
writers like Virginia Woolf. Let’s analyze each one:

Samuel Taylor Coleridge as we have already said was a poet of the first Romantic wave, he did not
view nature as a moral guide or a source of consolation and happiness, his contemplation of
nature was always accompanied by the awareness of the presence of the ideal in the real. His
strong Christian faith, however did not allow him to identify nature with de divine, like other
romantic writers. For Coleridge nature had an essential role in poetic creativity because it
stimulated the poet to find natural symbols that could reflect his emotions and feelings. We can
see this view in all his works , in particular in his masterpiece “The Rime of the Ancient Mariner”.
Cast into the world, the Mariner must contend with nature in the form of violent storms and the
dangerous sea, and he must survive the perils of the natural world. In this light, the Mariner’s
killing of the albatross can be seen as an attempt to master nature, to assert the power of man
over the power of nature.
Talking about George Gordon Byron, he had another view of nature: this one was a powerful
complement to human emotion and civilization; he saw nature more as a companion to humanity.
Certainly, natural beauty was oftern preferable to human evil and the problems attendant upon
civilization, but Byron also recognizes Nature’s dangerous and harsh elements. In some works he
connects Nature to freedom, while at the same time showing Nature’s potentially deadly aspects
in the harsh waves that seem to threaten to flood the dungeon; in other works he looks to nature
as a refuge from human conflict, but sees there the seething fury of the natural world. In other
words, nature does not embody any theory and it has no message to convey, it is the wildest and
most exotic natural landscapes reflect the poet’s mood and feelings.

Changing our destination, we can arrive to talk about the modernism, when the nature completely
changed his conception: from a view where the nature was in everything, to a view where nature
was regarded as symbol of chaotic, random existence, it becomes irrelevant and passed, for the
city supersedes nature as the life force but Why would the modernists shift their interest from
nature and unto the city? The first reason is an obvious one. This is the time when so many left the
countryside to make their fortunes in the city, the new capital of culture and technology, the new
artificial paradise. But more importantly, the city is the place where man is dehumanized by so
many degenerate forces. Thus, the city becomes the locus where modern man is focused on.

Virginia Woolf reflected the modernist fascination with science, so her representations of nature
are informed by a wide-ranging interest in contemporary developments in the life sciences. In
other words we can say that Woolf made an important contribution to the understanding of
modernist exchanges between literature and science.

So we can see as with such a small time difference, the conception of several people can be said to
be based on completely different columns.

But we have to make a question, did nature really have this power that was attributed to it?

I think no, because in my opinion, anything is the result of how we want to place it in our eyes and
in the eyes of others, so the historical period with the associated social changes has meant that
nature is placed at the center of thought.

ITALIANO
Trattando ancora di rapporto tra uomo e natura in ambito letterario, possiamo rifarci a scrittori
italiani.

Quando parliamo di natura, l’autore che ci viene in mente prima di tutti è Giacomo Leopardi
seguito da Gabriele D’Annunzio, Pirandello, Pascoli e Montale.

Giacomo Leopardi fu uno scrittore romantico che basò la sua concezione pessimistica sul
meccanicismo del mondo, secondo cui l’uomo, essendo materia è in continuo divenire ed è
soggetto alle leggi di trasformazione della materia imposte dalla natura. Questa concezione,
rappresenta per il Leopardi fonte di tristezza e pessimismo in quanto comprende i limiti della
natura umana, chiusa nella prigione della materia. Bisogna poi affermare che il pessimismo
leopardiano è diviso in 3 aspetti: individuale, storico e cosmico.

Gli aspetti che più rappresentano il rapporto che l’uomo ebbe con la natura sono gli ultimi due,
quindi storico e cosmico. Nel primo egli sostiene che gli uomini furono felici soltanto nell’età
primitiva, quando vivevano allo stato di natura; ma poi essi vollero uscire da questa beata
ignoranza e innocenza istintiva e , servendosi della ragione si misero alla ricerca del vero. Con la
ragione essi caddero nell’angoscia, in quanto l’uomo scoprì tutto il male e l’angoscia esistenziale.
Ciò è avvenuto nella storia dell’umanità e si ripete nella storia di ciascun individuo. In altre parole
la natura ci dona la ragione ed è motivo di infelicità.

Dal pessimismo storico si passa poi a quello cosmico, in cui il poeta sostiene che l’uomo è stato
creato con un profondo desiderio di felicità, pur sapendo che egli non l’avrebbe mai raggiunta.
Così la natura passa da essere benigna a maligna e sono quindi tutti gli oggetti, insieme a tutti gli
uomini a soffrire.
Esempio di pessimismo esistenziale (Alla Luna)
Individuale (Il passero solitario)
Cosmico (L’infinito, A Silvia, il sabato del villaggio)
Storico (Gli idilli)

D'Annunzio, rispetto alla visione Leopardiana, mantiene una concezione superomista di fusione
panica con la natura. La natura dannunziana tutto comprende e tutto attira ed è ammantata da un
mistero ancestrale in cui non ci si può che immergere. Grazie alla fusione panica con la natura il
poeta si identifica e fonde con essa, attinge dalle sue più recondite energie in un senso molto
affine al superomismo nietzscheiano. La visione del superuomo di D’Annunzio la si può notare nei
“Romanzi del giglio”, fiore simbolo della passione che si purifica. Il superuomo, infatti, non è più
schiavo delle passioni, ma si serve di esse per realizzare pienamente la propria volontà di potenza.
Differenza tra superuomo di Nietzsche e di D’Annunzio: Nietzsche non auspicava l’avvento di un
uomo superiore agli altri al quale tutto fosse permesso, bensì l’avvento di un’umanità rinnovata,
che per poter sviluppare tutte le sue potenzialità doveva liberarsi da ogni soggezione alla
trascendenza e alla morale tradizionale, fatta di ipocrisie e finzioni. D’Annunzio ignorò il significato
profondo del niccianesimo e fece del superuomo un individuo d’eccezione destinato a dominare
sugli altri.

Opere in cui si nota il panismo (Pioggia nel pineto)

Pirandello, ha una visione della natura del tutto diversa, fondata sul rapporto tra Vita e Forma. La
vita, pur essendo continuamente in movimento, tende a calarsi in una forma, in cui resta
prigioniera e dalla quale cerca di uscire per assumere nuove forme, cadendo nell’infelicità.

Pascoli, a differenza degli altri poeti, ebbe una concezione positiva della natura, in quanto la
definisce “madre dolcissima e previdente”. Egli vede la natura come un insieme di cose piccole e
insignificante che tendono a diventare simboli di un universo misterioso e affascinante che solo
Pascoli può conoscere ed indagare. La natura veniva vista con un senso di mistero e a dover
esplorare questo mistero doveva essere proprio il poeta. Da qui si può parlare della poetica del
fanciullino. (cioè quella poetica secondo cui ogni uomo ha un fanciullino, ma in alcuni uomini tace,
in altri invece, ovvero le persone più sensibili, il fanciullino fa sentire continuamente la sua voce di
stupore davanti alla bellezza della natura e al fascino del mistero. Fanciullino come simbolo
dell’irrazionale in quanto vede e sente le emozioni del poeta in un senso più profondo).

La poesia di Montale ruota intorno al tema dell’infelicità della condizione umana e inospitabilità
della natura a lui circostante. Tale concezione può ruotare attorno ad una metafora secondo cui
vivere, per lui, è come andare lungo una muraglia che impedisce di vedere cosa c’è al di là, ossia lo
scopo ed il significato dell’esistenza. Nulla poteva consolare l’uomo dall’angoscia esistenziale
creatagli dalla natura, l’unica cosa certa era la definizione di tutti gli aspetti negativi della vita. (Di
fronte al “male di vivere” non c’è altro bene che la divina indifferenza, ossia il distacco dignitoso
dalla realtà. Questa indifferenza non è sempre concessa al poeta ).

Ma la visione della natura odierna è la stessa? Al giorno d'oggi l'uomo vuole dominare
sull'ambiente, ma niente può fare alle forze della natura. Dobbiamo prestare molte più attenzioni
di quanto non abbiamo fatto in passato alla salute della natura, che è indispensabile per la nostra
vita. In passato, infatti l'aria, corsi d'acqua, mare, montagne e foreste non potevano essere
danneggiate gravemente o addirittura eliminate, perché in seguito a vari eventi e catastrofi, hanno
dimostrato che la conquista di questi territori si può riversare contro l'uomo, portando gravi
conseguenze quando è la natura stessa a ribellarsi.  L'unica soluzione potrebbe essere che egli
deve imparare a convivere con la natura senza danneggiarla e ad organizzarsi l'ambiente nel quale
vive nel modo più razionale possibile.

STORIA
D’Annunzio fu uno degli scrittori che partecipò apertamente al movimento interventista italiano,
per cui fece parte del primo conflitto mondiale.

Quando parliamo di conflitti mondiali, le prime cose che ci vengono in mente sono le terribili
conseguenze che hanno portato, ma concentrandoci sul percorso in questione possiamo dire che i
paesaggi delle regioni interessate subirono radicali trasformazioni. Le scoperte tecnologiche, lo
sviluppo degli armamenti portò a degli effetti sull’ambiente più devastanti rispetto alle guerre
passate. Si può dire che l’uomo ha modificato la natura spianando colline, minarono le acque
marine, inquinarono il cielo con gli aerei bellici etc. Il risultato fu una progressiva artificializzazione
del paesaggio in cui i soldati si trovarono a combattere, per cui si creò uno scenario dominato da
soldati che combatterono per anni rinchiusi nelle trincee, che possiamo comunque definire una
modifica della natura stessa a scopo bellico. Passata la guerra, al territorio sconvolto dalle
esplosioni servivano anni prima di tornare ad essere produttivo in ambito agricolo. A quasi un
secolo di distanza, ancora alcuni campi agricoli emanano prodotti arrugginiti e con un forte odore,
e negli stessi campi spuntano residui di armi della guerra. L’avvenimento più conosciuto che ha
avuto ricadute veramente gravi è stato l’utilizzo di armi nucleari da parte degli Stati Uniti contro il
Giappone allo scopo di terminare in fretta la guerra.

Ma alla base di tutto questo c’era la consapevolezza da parte dell’uomo di tutte le conseguenze? A
mio avviso no, perché avendo utilizzato la bomba atomica solo due volte (Hiroshima e Nagasaki),
l’uomo ha capito delle gravissimi conseguenze e non ha avuto modo di creare altri conflitti bellici,
d’altronde sganciare una bomba del genere significa danneggiare milioni di famiglie oltre
all’infinita quantità di terreno e oggi quale uomo sano di mente distruggerebbe la propria casa ed
il proprio futuro ? Razionalmente parlando nessuno, anche se abbiamo sentito anni fa del
presidente nord coreano Kim Jong-un che, con i suoi test nucleari, ha messo in guardia il mondo ed
era vicino a creare altri conflitti e conflitti vuol dire ancora altri morti e distruzione.

Quando parliamo di bomba nucleare ci riferiamo all’uranio 235. Per ottenere un’esplosione nucleare
è necessaria una quantità di uranio 235 o di plutonio tale da produrre tanti neutroni quanti sono
necessari per dare il via alla reazione a catena (massa critica). Nella bomba lanciata su Hiroshima
c’erano circa 20 chili di uranio e altrettanto plutonio in quella lanciata su Nagasaki.
Perché una bomba atomica esploda solo al momento voluto, la carica viene sistemata al suo interno
divisa in più parti, ognuna delle quali è detta sottocritica, cioè insufficiente da sola a dare il via alla
reazione a catena. L’innesco perciò è costituito da un meccanismo che riunisce istantaneamente e con
energia le diverse parti della carica. L’uranio, come abbiamo già detto, è alla base del processo nucleare
sia delle bombe, sia delle centrali stesse che sfruttano tale elemento per produrre energia elettrica. La
reazione cardine di tali processi viene detta fissione dell’uranio, questa è un processo fisico-
nucleare in cui il nucleo atomico di un elemento chimico pesante (ad esempio uranio-
235 o plutonio-239) decade in frammenti di minori dimensioni, ovvero in nuclei di atomi a numero
atomico inferiore, con emissione di una grande quantità di energia e di calore, per cui erano
necessari imponenti sistemi di raffreddamento.

SCIENZE
Ricordiamo eventi storici come il disastro di Cernobyl, evento in cui, allo scopo di simulare un
blackout elettrico al fine di elaborare una soluzione per mantenere freddo tale reattore per il
tempo necessario a ristabilire l’alimentazione d’emergenza. Ci fu una grande instabilità che
innescò un incendio con una conseguente esplosione.

Tuttavia ci furono effetti di varia valenza:

-effetti istantanei, cioè la vaporizzazione del tessuto umano su un’ampia area;

-effetti quasi istantanei: il collasso degli edifici e di tutti i materiali infiammabili che esploderanno,
con l’aumentare del calore l’aria viene aspirata a livello del suolo o in prossimità di esso, ne
conseguono venti fortissimi, uragani letali e un incendio permanente. Chi subirà effetti del genere
soffrirà di ustioni mortali, rimarrà cieco ed avrà gravi lesioni interne;
-effetti a breve termine: piogge radioattive con effetti quali perdita dei capelli, emorragie dalla
bocca e dalle gengive, emorragie interne e diarrea emorragica, ulcere gangrenose, vomito, febbre,
delirio e coma terminale;

-effetti a lungo termine: tumori indotti dalle radiazioni, trasmissibili anche ai figli.

Evincono quindi conseguenze sull’inquinamento ambientale e sulla trasmissione di malattie da


genitore a figlio. Analizziamo ciascun punto:

Riguardo la trasmissione delle malattie da genitore a figlio facciamo riferimento al DNA che è alla
base della riproduzione umana. Come prima cosa diciamo cos’è il DNA? E’ una struttura a doppio
filamento, ciascuno dei quali è formato da una catena di nucleotidi, cioè un insieme di una
molecola di zucchero pentoso, un gruppo fosfato e una base azotata (Adenina e guanina purine)
(citosina e timina pirimidine). Prima ancora della trasmissione ereditaria, considerando sempre il
caso dell’esplosione nucleare, il DNA subisce una cosiddetta mutazione, che è scientificamente la
causa di quella che noi chiamiamo malattia. Generalmente una mutazione è un cambiamento nel
DNA, ovvero un errore nella sequenza degli amminoacidi durante il processo di traduzione. Nel
nostro caso, il tipo di mutazione è indotta, cioè provocata da un fattore esterno chiamato agente
mutageno. Vi sono anche altri tipi di mutazione quali: puntiformi, cioè mutazioni che riguardano
l’alterazione di un solo gene, cromosomiche, cioè alterazioni di un intero segmento di DNA,
mutazioni del cariotipo, che riguardano il numero dei cromosomi presenti in un individuo.

Passando ora a trattare dell’inquinamento atmosferico, è un fenomeno molto trattato al giorno


d’oggi, basti pensare allo smog, allo spreco di materie prime che ingenuamente facciamo o basti
pensare agli incidenti passati. Per ridimensionare l’inquinamento, l’ONU ha organizzato l’agenda
2030, esso è un programma di 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile che vanno appunto portati a
termine entro il 2030. Tali obiettivi rappresentano obiettivi comuni , cioè che riguardano tutti i
paesi e gli individui. La sostenibilità non è una questione puramente ambientale, ma ha un
coinvolgimento di tutte le componenti della società. Ogni Paese del pianeta è tenuto a fornire il
suo contributo per affrontare queste grandi sfide verso un sentiero sostenibile, sviluppando una
propria Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile. In Italia è stata istituita la Cabina di regia
“Benessere Italia”, l’organo della Presidenza del Consiglio cui spetta il compito di “coordinare,
monitorare, misurare e migliorare le politiche di tutti i Ministeri nel segno del benessere dei
cittadini”. Un passo avanti per dotare l’Italia di una governance per l’Agenda 2030, uno strumento
che permetterà al Governo di promuovere un benessere equo e sostenibile attraverso la
definizione di nuovi approcci e nuove politiche. In particolare abbiamo trattato dell’obiettivo 12,
“Consumo e produzione responsabili”, il quale promuove norme per dimezzare lo spreco
ambientale, per riciclare e riutilizzare i rifiuti, per incoraggiare le multinazionali ad adottare
pratiche ecosostenibili e per avere una gestione eco-compatibile di sostanze chimiche e rifiuti.
Conoscendo la situazione odierna dovuta al covid-19, bisogna trovare dei riscontri positivi nelle
varie fasi di lockdown che abbiamo trascorso: visto che nessuno poteva uscire e che le fabbriche
erano chiuse l’inquinamento si è ridotto notevolmente e il buco nell’ozono si stava man mano
ripristinando.

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