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PROGRAMMAZIONE NEURO-LINGUISTICA

Richard Bolstad

LA PNL PER FACILITARE


CAMBIAMENTI IMPORTANTI
Come utilizzare il potente modello RESOLVE della
Programmazione Neuro-Linguistica per aiutare i clienti
ad estendere le proprie scelte e a cambiare efficacemente

R E S O LV E

Introduzione all’edizione italiana di Alessio Roberti


Benvenuto
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Ti ringraziamo per l’interesse che hai dimostrato scaricando


questo e-book.

Nelle pagine che stai per leggere, oltre all’indice completo,


troverai alcuni estratti significativi del libro, che contengono
intuizioni utili da mettere subito in pratica. Potrai da un lato
farti un’idea di massima del contenuto, e dall’altro testare
immediatamente alcuni strumenti di crescita messi a tua di-
sposizione dal testo.

Siamo convinti che i libri siano come amici fidati: da loro


possiamo imparare modi per mettere a frutto il nostro talen-
to e la nostra intelligenza.
Se vuoi, aiutaci a diffonderli. Con un semplice “click”, con-
dividi questo e-book con le persone che ti stanno a cuore.
Promuovere la cultura è un atto di grande rispetto verso noi
stessi e chi ci circonda.

Buona lettura!

Il team di NLP ITALY e Alessio Roberti Editore


LA PNL PER FACILITARE
CAMBIAMENTI IMPORTANTI
Come utilizzare il potente modello RESOLVE della
Programmazione Neuro-Linguistica per aiutare i
clienti ad estendere le proprie scelte
e a cambiare efficacemente

RICHARD BOLSTAD

Alessio Roberti Editore


INDICE
Introduzione all’edizione italiana 9

L’autore 11
Prefazione 13

1. Come usare questo libro 17


La necessità di modelli nuovi ed efficaci 17
La PNL e il contesto della psicoterapia 20
Quanto bene funziona la PNL? 23
Il modello RESOLVE 27
Scegliere come usare questo libro 31

2. Istruzioni per l’uso del cervello 35


L’uso della neurologia 35
La percezione non è un processo diretto 37
Colorare il mondo 39
Modalità e submodalità 42
Livelli più elevati di analisi 45
Le immagini costruite e quelle ricordate utilizzano gli
stessi percorsi neurali delle immagini percepite 47
Correlazione tra le modalità 48
Accesso sensoriale e segnali rappresentazionali 50
Ricerche sul fenomeno dei movimenti oculari 55
Strategie 57
Il modello TOTE 59
Meta-livelli nelle strategie 61
Stati che determinano altri stati 64
Come gli stati emozionali agiscono sul cervello 65
Le reti neurali sono stato-dipendenti 67
Il cervello e le strategie stato-dipendenti: una sintesi 71
8 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

3. Scelte per il cambiamento 75


Una gamma di scelte di intervento con la PNL 75
Ancorare 78
Installare una nuova strategia 85
Cambiare le submodalità 92
Lavorare con la trance 106
Integrare delle parti 114
Cambiamenti in time-line 126
Ristrutturazione linguistica 136
Cambiare le dinamiche interpersonali 145
Cambiare il contesto fisiologico 152
Assegnare dei compiti 157

4. RESOLVE 163
Il modello RESOLVE e la relazione che si instaura
durante il cambiamento terapeutico 163
Come le persone cambiano autonomamente 167
Il modello RESOLVE 179
Sintesi del capitolo: utilizzare il modello RESOLVE 259

Conclusione 269

Bibliografia 273
Indice analitico 299

Risorse 303

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3
Scelte per il cambiamento

Una gamma di scelte di intervento con la PNL


I casi di disturbi post-traumatici su cui ho lavorato in Bosnia-
Erzegovina forniscono un buon esempio dei problemi creati da
strategie stato-dipendenti. Nelle persone con PTSD, i ricordi di
un evento traumatico, quale ad esempio un incidente automobi-
listico, sono riattivati da qualsiasi altro evento successivo che
abbia a che fare con le automobili o da qualunque altro evento
che generi un alto livello di adrenalina nel corpo. La persona,
ovviamente, ha avuto molte altre esperienze moderatamente
negative che è riuscita a superare con successo nel passato (“re-
incorniciando” – “ristrutturando” – il significato dell’evento e
prendendone le distanze quando se ne ricorda, per esempio).
Tuttavia, nel caso del ricordo dell’incidente stradale, si scopre
incapace di usare le proprie risorse positive. Questo avviene
perché appena la persona inizia a rivivere l’evento traumatico,
opera con una rete neurale che non ha connessioni adeguate
con lo stato di “benessere”. Quando rivive l’incidente, non rie-
sce a ricordare le proprie abilità consuete: è in grado quindi di
attuare soltanto le strategie che erano associate alle reti neurali
stabilitesi al momento dell’impatto.
Usando tecniche basate sulla PNL abbiamo a disposizione nu-
merose scelte per prendere le risorse là dove si trovano, in altre
reti neurali della persona, e trasferirle nelle reti neurali in cui
l’incidente è stato codificato. Il seguente elenco di questi meto-
76 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

di, organizzato in categorie, non pretende di essere completo.


La PNL è un campo vasto e in costante evoluzione, e questi so-
no solo alcuni dei modelli in uso in questo campo. Inoltre, le
tecniche spiegate in questa sezione non sono semplicemente
strumenti da prendere singolarmente e da “usare sugli esseri
umani”. Queste tecniche funzionano quando vengono utilizzate
nel contesto del modello RESOLVE, che verrà esaminato nel
prossimo capitolo.
Raggrupperò queste tecniche della PNL in dieci categorie di
intervento:

1. Ancorare (per esempio, nei PTSD, far ricordare alla per-


sona un’occasione in cui era rilassata, farle riprovare quel-
le sensazioni e associare il rilassamento con la situazione
che si vuole sanare).
2. Installare una nuova strategia (insegnare alla persona una
nuova sequenza di risposte da attivare ogni volta che pro-
va disagio legato ai PTSD.
3. Cambiare le submodalità (portare la persona a modificare
le qualità dei ricordi che provocano problemi; per esem-
pio, distanziandosi visivamente da essi).
4. Lavorare con la trance (far rilassare la persona e chiede-
re al suo inconscio di gestire gli stati legati ai PTSD con
maggiori risorse).
5. Integrare delle parti (mettere in comunicazione la parte
della persona che cerca di proteggerla da pericoli futuri at-
traverso i flashback, con la parte della persona che vuole
farla rilassare).
6. Cambiamenti in time-line (ritornare, nella memoria del-
la persona, al momento in cui per la prima volta si è ma-
nifestato il problema e cambiare il modo in cui l’evento
viene ricordato).

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 77

7. Ristrutturazione linguistica (cambiare il modo in cui la


persona ha attribuito un significato agli eventi che ha affron-
tato, in maniera tale che essi non siano più causa di panico).
8. Cambiare le dinamiche interpersonali (insegnando abi-
lità interpersonali per supportare e soddisfare i propri bi-
sogni in maniere diverse nella vita quotidiana).
9. Cambiare il contesto fisiologico (cambiando la postura
del corpo utilizzata nel ricordare gli eventi: per esempio,
facendo richiamare l’evento mentre la persona compie ra-
pidi spostamenti degli occhi da una parte all’altra, o men-
tre è impegnata in un’attività fisica piacevole ed intensa).
10. Assegnare dei compiti (assegnare al cliente un compito
che deve completare in un tempo da lui stesso stabilito, in
modo da produrre uno dei risultati sopradescritti).

Per ciascun caso fornirò una base di studio reale sull’applica-


zione della procedura e farò alcuni collegamenti tra il modello
PNL ed altri modelli terapeutici che impiegano questo tipo di
tecniche. La maggioranza delle modalità terapeutiche presenta-
no varianti di tutte e dieci le tecniche. Ricordate che la PNL
non è tanto un nuovo modello di terapia, quanto un “Meta Mo-
dello” di come la terapia, in generale, funziona.
I lettori più accorti saranno certamente in grado di riconoscere i
modi in cui già impiegano queste tecniche, e potranno inoltre im-
parare ad usare queste specifiche procedure di PNL più facilmen-
te dopo aver letto i casi studiati. Non è tuttavia mia intenzione in-
segnare qui tali procedure, che si possono apprendere durante un
corso di PNL in virtù del quale si consegue il livello di specializ-
zazione “Practitioner”. Il mio obiettivo è assicurarmi che possiate
comprendere di cosa parlo quando mi riferisco a queste procedu-
re più avanti nel libro. Nel presentare i diversi casi, fornirò degli
esempi d’uso della procedura trattata in altri modelli di psicotera-

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78 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

pia. Ancora una volta, non intendo fornire una trattazione esausti-
va: l’obiettivo è semplicemente quello di dare ai terapeuti che si
sono formati con altri sistemi le indicazioni necessarie perché co-
mincino a vedere la “PNL” in ciò che già fanno.
Noterete anche, ne sono certo, che queste dieci tecniche non
sono separate, per quanto attiene ai cambiamenti che produco-
no; sono piuttosto dieci strade che conducono allo stesso cam-
biamento. Potrei addirittura affermare che sono dieci diverse
prospettive di un unico cambiamento.

Ancorare
Nel 1890 uno scienziato russo di nome Ivan Pavlov (1849-
1936) stava studiando la digestione dei cani. Osservò che i cani
iniziavano a salivare prima che venisse dato loro il cibo: basta-
va che vedessero la persona che li nutriva, o anche solo che ne
udissero i passi. Pavlov scoprì che, suonando ogni volta un dia-
pason immediatamente prima che i cani mangiassero, dopo al-
cuni pasti gli bastava suonarlo, perché i cani cominciassero a
salivare. La salivazione avveniva perfino se non c’era cibo,
poiché era “ancorata”, nelle loro menti, all’esperienza di udire
il diapason (Pavlov, 1927).
I cani non salivavano di proposito. La loro reazione incon-
scia era, in maniera altrettanto inconscia, associata, o anco-
rata, al suono del diapason. Noi tutti abbiamo avuto espe-
rienze simili. Sentire alla radio una canzone che non sentiva-
te da anni può ancorarvi al ricordo di quando l’avete ascolta-
ta anni addietro. Cominciate a percepire le sensazioni che
avevate allora. Lo stato in cui eravate allora viene completa-
mente ri-creato dall’ancora musicale. Tutte le strategie usate
a quel tempo vengono riattivate dall’ancora (per esempio,
l’abilità che avete di eseguire un ballo e che non utilizzate
dal tempo in cui avete ascoltato la musica ad esso associata).
L’ancoraggio può avvenire per qualsiasi senso. Uno specifico

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 79

suono (auditivo), un’immagine (visivo), un sapore (gustati-


vo), un odore (olfattivo) o un contatto fisico (cinestesico)
possono ancorare lo stato originale ad essi associato. Il pro-
cesso dell’ancoraggio fu “riscoperto” da Richard Bandler e
John Grinder (1979, pp. 79-136). Si possono usare le tecni-
che di ancoraggio per prendere qualsiasi stato emozionale
che una persona abbia sperimentato nella vita e “connetterlo”
alle situazioni in cui la persona stessa vorrebbe avere accesso
a quello specifico stato. In uno studio realizzato in condizio-
ni di controllo e pubblicato in Germania (Reckert, 1994),
Horst Reckert descrive come sia riuscito a rimuovere, in una
sola seduta, l’ansia da esame di alcuni studenti, usando la
semplice tecnica illustrata di seguito. In un altro studio, John
Craldell discute l’uso dell’ancoraggio per accedere a uno
“stato del prendersi cura di sé”, utile per figli adulti di alcoli-
sti (Craldell, 1989); e in un terzo studio Mary Thalgott discu-
te l’uso delle ancore per aiutare bambini con difficoltà di ap-
prendimento (Thalgott, 1986). Perché un’ancora funzioni,
sono necessari quattro elementi:

1. Stato: quando l’ancora (diciamo il diapason) viene attiva-


ta per la prima volta, la persona deve trovarsi nello stato
che si desidera riprodurre più tardi. Se Pavlov avesse suo-
nato il diapason per la prima volta in una situazione in cui
i cani non erano realmente affamati, il suono non sarebbe
stato associato ad uno stato sufficientemente forte. Suo-
nando il diapason più tardi, sperando di ri-ancorare la sali-
vazione, anche l’effetto non sarebbe dunque stato forte.
Era necessario che Pavlov usasse l’ancora quando i cani
erano davvero affamati.
2. Tempismo: in modo analogo, Pavlov doveva suonare il
diapason per la prima volta esattamente quando i cani sta-
vano salivando, non cinque minuti prima o dopo.

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80 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

3. Specificità: l’ancora deve essere specifica. Se i cani di Pa-


vlov avessero sentito il diapason altre volte durante il
giorno, lui avrebbe dovuto trovare un suono più singolare
da utilizzare come ancora.
4. Ripetibilità: se volete riutilizzare un’ancora, dovete esse-
re in grado di ricrearla. Immaginate se Pavlov avesse usa-
to un enorme gong per produrre il suono: è un suono spe-
cifico e, per dimostrare la sua scoperta sui cani all’Acca-
demia delle Scienze russa, Pavlov avrebbe dovuto portare
con sé anche il gong.

Ancorare: case study


Poiché l’ancoraggio è un processo che ha continuamente luo-
go e non avviene in maniera conscia, molte persone hanno
creato e mantengono ancore di cui sarebbe meglio facessero
a meno. Nel mio lavoro di counselor ho assistito molte perso-
ne nel cambiamento di alcune esperienze, usando la procedu-
ra di PNL definita “sovrapposizione di ancore” (collapsing
anchors). Ecco un esempio.
Tony mi chiese se potevo aiutarlo ad entrare in uno stato miglio-
re durante le prove di matematica. Disse che la matematica lo
rendeva terribilmente ansioso: la associava a molti brutti ricordi,
a occasioni in cui era andato male in matematica da bambino.
Ciò lo confondeva, poiché sapeva che c’erano alcune materie,
come la biologia, in cui si sentiva completamente a proprio agio.
Sapeva di essere abbastanza intelligente da apprendere la mate-
matica, ma qualcosa “innescava” uno stato negativo. La mate-
matica – anche solo osservare problemi matematici scritti – an-
corava Tony ad uno stato in cui si sentiva spacciato. Tutte le sue
risorse, la sua sicurezza ed intelligenza, non erano disponibili
quando si trovava di fronte ad una prova di matematica.
Spiegai a Tony che avrei usato l’ancoraggio, facendo pressione
sulle sue nocche per risolvere questo problema. La pressione su

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 81

una nocca sarebbe diventata un’ancora per “affrontare una prova


di matematica” e la pressione esercitata su un’altra nocca avreb-
be ancorato rilassamento e sicurezza di sé. Una volta stabilite le
due ancore, applicando pressione su entrambi i punti contempo-
raneamente, avrei fatto sì che i due stati si ricollegassero nel suo
cervello. In tal modo le risorse di sicurezza e rilassamento si sa-
rebbero automaticamente e inconsciamente associate alla mate-
matica. Tony era scettico, ma pronto a provare qualsiasi cosa.
Cominciai ancorando risorse. Chiesi a Tony di ricordare una
volta in cui si era sentito davvero rilassato, ad esempio in vacan-
za. Lo feci entrare nel suo corpo al tempo dell’esperienza, come
se fosse stato lì, vedendo quello che aveva visto, ascoltando i
suoni che aveva udito e qualsiasi cosa si fosse detto internamen-
te. Lo osservai attentamente mentre riviveva l’esperienza. Quan-
do entrò nello stato di rilassamento totale (e non nello stato di
“pensare” al rilassamento), si verificarono cambiamenti nella
sua voce, postura, respirazione, colore della pelle, e così via.
Avevo bisogno di vedere e ascoltare questi cambiamenti, per sa-
pere se Tony si trovava pienamente nello stato che volevo. Ap-
pena ricordò nei particolari le cose che vedeva, feci pressione su
una delle sue nocche. Quando ricordò le cose che udiva, feci
pressione nuovamente. Quando ricordò le sensazioni del proprio
corpo, premetti ancora. Nell’esperienza ricordata, Tony non ave-
va un dialogo interno. Avevo dunque ancorato uno stato di rilas-
samento con una specifica pressione sulla sua nocca. Gli chiesi
di alzarsi e stiracchiarsi per “pulire lo schermo”. Poi seguii la
stessa procedura con un’esperienza in cui Tony si era sentito
enormemente sicuro di sé. Osservai i segnali non verbali per
confermare che fosse in uno stato di sicurezza di sé prima di an-
corare di nuovo sulla stessa nocca. Ora avevo “accumulato” due
stati di risorsa sulla nuova “ancora” posizionata sulla nocca.
Dopo aver nuovamente “ripulito lo schermo”, chiesi a Tony di
ricordare se stesso durante una prova di matematica. Tutto il

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82 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

suo corpo si tese immediatamente e la sua voce divenne tremo-


lante. Ancorai questo stato su un’altra nocca e gli dissi di puli-
re lo schermo. Ora una nocca era collegata alle sue risorse e
l’altra alla situazione problematica. Feci semplicemente pres-
sione su entrambe le nocche contemporaneamente e attesi il
cambiamento. Gli occhi di Tony si mossero e cominciai a vede-
re il suo corpo rilassarsi. Tenni attivata per qualche secondo in
più l’ancora delle risorse.
Poi chiesi a Tony: “Ora, cerca di pensare a quella prova di
matematica”.
Tony aggrottò le sopracciglia. “È buffo,” disse, “trovo difficile per-
fino ricordare come fosse. Ma sembra completamente diverso.”
“Cerca di riprovare le sensazioni che eri abituato a provare”,
suggerii.
“No, non ci riesco”, disse dopo una pausa.
“Eppure ci riuscivi così bene”, gli ricordai.
“Vero, ma ora mi sento solo rilassato.”
Chiesi a Tony di pensare alla sua prova di matematica nel futu-
ro, e chiesi cosa gli succedeva nel farlo. “Beh,” sorrise “imma-
gino che andrà bene. Ma non lo so. Te lo dirò lunedì.”
Tuttavia il giorno dopo mi comunicò alcune importanti novità.
“La notte scorsa” disse raggiante “stavo studiando per la prova
di matematica. E ho pensato, sarà una fatica, perché ho sempre
trovato difficile la matematica. Ma in qualche modo era del
tutto facile. In effetti mi sono divertito così tanto che ho stu-
diato tutti gli argomenti relativi alla prova e anche quelli relati-
vi alla prova successiva.”
Annuii. “Così ora sei convinto che venerdì la prova andrà bene.”
“Beh, aspetterò e vedrò.”
Non era una persona facile da convincere, eppure il lunedì do-
po la prova Tony era finalmente pronto ad accettare il fatto.
Annunciò con orgoglio: “Per la prima volta nella mia vita mi
sono sentito completamente rilassato durante una prova”.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 83

Per me, in quanto persona che aveva assistito Tony, la cosa più
entusiasmante era che aveva superato il suo “problema” con le
proprie risorse. Il suo cervello sapeva già come rilassarsi ed
essere sicuro di sé. Aveva solo bisogno della connessione neu-
rologica tra questo stato e la situazione della prova di matema-
tica. Nonostante la sovrapposizione di ancore sia una delle tec-
niche più semplici della PNL, io e i miei colleghi l’abbiamo
impiegata con successo per fobie, disturbi ossessivi, difficoltà
di apprendimento, insonnia, depressione e numerose altre si-
tuazioni in cui le risorse delle persone hanno bisogno di essere
riconnesse a nuove aree della loro vita.

L’ancoraggio in altri modelli di psicoterapia


L’ancoraggio, essendo un’espressione diretta dell’apprendi-
mento stato-dipendente, è alla base della maggior parte di ciò
che accade in psicoterapia. In psicanalisi, per esempio, sia il
transfert che il contro-transfert sono risposte ancorate. La rela-
zione terapeutica ri-crea stimoli (ancore) che erano presenti
nelle prime relazioni significative del cliente, portandolo ad
accedere a quelle reti neurali e permettendo al terapeuta di
esplorare e modificare ciò che in esse ha luogo (Kernberg,
1986). La rieducazione genitoriale nella scuola cathexis di
analisi transazionale rappresenta un altro uso esplicito di
un’esperienza ancorata dell’infanzia (Stewart e Joines, 1987).
Infatti il processo di rieducazione genitoriale è la sovrapposi-
zione dell’ancora positiva del supporto terapeutico all’ancora
di uno stato problematico del passato. Nella terapia del corpo
di tipo reichiano il terapeuta usa ancore cinestesiche e auditi-
vo-digitali per accedere a potenti stati che vengono espressi in
catarsi. Per esempio, un cliente può essere invitato ad allunga-
re le braccia in avanti ed implorare “Mamma!”, usando que-
st’azione come ancora per accedere ad un potente stato dell’in-
fanzia (Lowen e Lowen, 1977, p. 107). Nella psicologia anali-

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84 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

tica junghiana il potere dei simboli di evocare (cioè ancorare)


intere risposte emozionali viene descritto come il potere della
loro prodigiosità o “magia” (Jung, 1976, p. 83).
Quando si è raggiunto l’accesso agli stati, molte forme di tera-
pia ancorano tali stati a specifiche parti della stanza in cui la
terapia ha luogo. Per esempio, nello psicodramma e nella tera-
pia Gestalt, si può chiedere ad un cliente di sedersi su una par-
ticolare sedia e rivivere la forte sensazione di sicurezza di
un’esperienza precedente. Lo stato di sicurezza sarà ancorato al
fatto di sedere su quella sedia, e, se il terapeuta desidera che il
cliente riacceda allo stato, lo farà sedere di nuovo là. “Prepara-
re la scena” per uno psicodramma è un processo che stabilisce
ancore “spaziali” pronte all’uso (Kipper, 1986). D’altro canto
l’ipnoterapeuta Milton Erickson (1902-1980) descrive di aver
notato come i clienti ancorassero la propria riluttanza a parlare
da una particolare sedia. Facendoli sedere su un’altra sedia, la
riluttanza a parlare rimaneva ancorata alla sedia su cui erano
stati seduti precedentemente (Erickson, 1981, p. 9).
L’attenzione da parte del terapeuta è essa stessa un’ancora. Se il
terapeuta annuisce e sorride ogni volta che la persona parla del-
la propria infanzia, questa tenderà a parlare della propria infan-
zia ogni volta che il terapeuta annuisce e sorride. In questo sen-
so un terapeuta non può mai essere completamente “non-diretti-
vo” (Ivey et al., 1996, p. 361). Naturalmente nella terapia com-
portamentale il modello stimolo-risposta pavloviano permette
l’uso esplicito delle ancore per condizionare le risposte deside-
rate. La desensibilizzazione sistematica è un buon esempio del-
l’uso di un’ancora di rilassamento per risolvere l’ansia (Wolpe,
1958). Mary Anne Layden e i suoi colleghi ci hanno fornito
molti esempi dell’uso di ancore con pazienti a cui erano stati
diagnosticati disturbi della personalità di tipo borderline. Questi
terapeuti fanno effettuare ai propri clienti la ristrutturazione co-
gnitiva mentre “utilizzano stimoli non verbali che rappresentano

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 85

conforto e sicurezza per il paziente” (Layden et al., 1993, p. 94).


Tra gli esempi che forniscono troviamo quello di un cliente che
da bambino si sentiva bene e al sicuro quando la sua baby-sitter
lo lavava e cospargeva di borotalco. Lui si lavava usando la
stessa marca di shampoo e lo stesso talco prima della seduta di
terapia cognitiva. Ad un’altra persona fu detto di ricordare le
volte in cui sua madre la teneva in braccio e le diceva cose con-
fortanti da bambina. La donna veniva invitata a stringersi con le
proprie braccia e a dire a se stessa le cose positive che, ricorda-
va, le diceva sua madre. Questo le permetteva di rielaborare più
facilmente il significato di ricordi problematici.
Roberto Assagioli, sviluppatore della psicosintesi (1888-1975),
descrive un impiego decisivo della sovrapposizione di ancore
decenni prima dello sviluppo della PNL. Nella prima seduta
della sua tecnica suonava un brano musicale mentre il cliente
parlava dei propri problemi. Durante la seduta successiva face-
va parlare il cliente della soluzione ai propri problemi, mentre
suonava un secondo brano musicale. Durante la terza sessione
faceva ascoltare al cliente un brano musicale che combinava
quelli delle due precedenti sedute (Assagioli, 1976, pp. 262-4).

Installare una nuova strategia


In termini di PNL, qualunque esito generato da una persona
può essere inteso come il risultato di una strategia – un ordine e
sequenza di rappresentazioni interne (Dilts, Grinder, Bandler e
DeLozier, 1980). Ogni strategia ha un inizio o “innesco”: uno
stimolo che segnala che è il momento di dare inizio al proces-
so. Poi la persona agisce in modo tale da cambiare le cose tanto
da poter valutare se l’obiettivo sia stato raggiunto o meno attra-
verso la strategia. La sequenza (innesco o “trigger” – operazio-
ne – test – esci) spiega come siano organizzati i comportamenti
complessi all’interno della persona meglio di quanto faccia una
semplice reazione stimolo-risposta.

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86 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

Naturalmente anche ogni “problema” che una persona è in grado


di replicare nella propria vita (ad esempio la depressione, l’ansia
o la dipendenza) avrà alla propria base una strategia. Nel caso di
simili problemi la persona ricorre frequentemente ad una strate-
gia che ha sviluppato in un momento in cui non era in grado di
usarne altre più utili, un momento in cui non poteva accedere a
stati-risorsa. Una delle mie opzioni, in termini di PNL, è quella
di far effettivamente provare alle persone una strategia più fun-
zionale nel contesto in cui avevano precedentemente messo in
atto una strategia “generatrice di problemi”. Di solito alle perso-
ne basta provare una strategia solo poche volte, perché questa si
“installi” e agisca automaticamente in maniera inconscia.
Pensate all’apprendimento di una strategia come quella per la
preparazione di un pasto con una nuova ricetta. La prima volta
potreste aver bisogno di fare molta attenzione, ma dopo tre o
quattro volte iniziate ad agire quasi automaticamente e vi senti-
te più sicuri di quello che fate. Dopo una dozzina di volte, la
nuova strategia procede in maniera così inconscia che non pote-
te nemmeno ricordarla a livello conscio: la sapete applicare nel-
la situazione, “vi viene”. Ciò significa che la strategia è stata
“ancorata” alla situazione in cui volete usarla. Spesso i numeri
di telefono vengono ricordati così. Non ci si ricorda il numero
di una persona finché non si ha la cornetta in mano e si sta per
chiamare. A quel punto, la strategia funziona automaticamente.
Le strategie possono anche essere provate immaginandosi di
metterle in atto. Samuels e Samuels (1975) condussero un famo-
so esperimento con tre gruppi di giocatori di basket delle supe-
riori che fecero allenare sui tiri liberi per venti giorni. Il primo
gruppo si esercitò fisicamente ogni giorno, il secondo gruppo si
esercitò a tirare solo il primo e il ventesimo giorno e il terzo
gruppo si esercitò fisicamente il primo e il ventesimo giorno, ma
durante gli altri giorni si esercitò a visualizzare dei tiri liberi per-
fetti. Al termine dell’esperimento, il miglioramento del terzo

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 87

gruppo (del 23%) fu essenzialmente lo stesso del primo gruppo


(del 24%). Provare la strategia nell’immaginazione l’aveva in-
stallata con altrettanta efficacia di quanto lo avesse fatto provarla
fisicamente. Da un punto di vista terapeutico le strategie possono
essere provate direttamente o visualizzate, il che include perfino
le visualizzazioni che avvengono quando le persone ascoltano la
storia di qualcuno che applica con successo una nuova strategia.
Una significativa ricerca sull’installazione di una strategia basa-
ta sulla PNL è il sopramenzionato studio sulla strategia del ri-
chiamo visivo nello spelling (Dilts e Epstein, 1995). In questo
studio degli studenti provavano la nuova strategia apprendendo-
la sullo schermo di un computer. Thomas Malloy dell’Universi-
tà dello Utah ha dimostrato il successo dell’installazione sia del-
la strategia dello spelling (Malloy, 1989) che di quella per il
problem solving (Malloy et al., 1987). Nel secondo caso, tre
gruppi di studenti ricevettero una serie di problemi cognitivi da
risolvere. Al primo gruppo vennero forniti esempi di problemi
analoghi prima di cominciare; al secondo gruppo vennero in-
stallate strategie di problem solving basate sulla PNL; il terzo
era un gruppo di controllo. Il gruppo in cui avevano installato la
strategia PNL non solo eseguì meglio i compiti assegnati, ma
ebbe anche un punteggio superiore in un test successivo sul me-
todo Piaget di classificazione moltiplicativa (test che indicò co-
me il cambiamento avesse prodotto ampi miglioramenti cogniti-
vi). Nell’esempio seguente dimostrerò come usare questo proce-
dimento per ottenere un semplice cambiamento terapeutico.

Installare una nuova strategia: case study


Jane venne da me perché “non ne poteva più di essere di essere
povera”. Quando era piccola i suoi genitori le avevano spiegato
che non era molto importante fare soldi per una ragazza, perché
un marito si sarebbe occupato di lei. Inoltre le avevano detto:
“Le persone ricche, di solito, sono egoiste e presuntuose”. Jane

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88 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

era troppo giovane per capire che si meritava la felicità tanto


quanto chiunque altro, e così credette ai propri genitori. Ora, da
adulta, sapeva razionalmente di voler cambiare, ma in qualche
modo non riusciva a fare le cose che le avrebbero permesso di
fare più soldi. Questo ovviamente era il risultato di una strate-
gia installata in profondità, ed ero curioso di sapere come fun-
zionasse. Le chiesi cosa succedesse quando pensava a guada-
gnare denaro. Jane rispose che iniziava a pensarci sempre a par-
tire dall’osservazione di quanto fosse povera. Si creava mental-
mente delle immagini di quanto fosse brutta la sua vita e di
quanto le cose fossero difficili. Poi gridava interiormente a se
stessa in tono severo cose come: “Devi uscirne”, “Dovresti es-
sere in grado di farcela”. A volte cercava di immaginare di fare
un lavoro che le procurasse più denaro, ma vedeva immagini
cupe e opprimenti e si vedeva bloccata in qualche lavoro pesan-
te. Vedere queste immagini la faceva star male, specialmente
quando ne visualizzava centinaia: una per ogni giornata che
avrebbe dovuto affrontare. Alla fine si sentiva letteralmente op-
pressa e abbandonava l’idea. Non è sorprendente che non fun-
zionasse. Come sarebbe stato possibile cambiare le cose?
Prima del cambiamento, Jane si creava due tipi di rappresenta-
zioni interne. Prima pensava a ciò che voleva evitare (essere
povera). Questo avrebbe potuto essere un modo abbastanza ef-
ficace per prendere coscienza di cosa fosse sbagliato, ma più
Jane pensava alla povertà, meno tempo le rimaneva per pensa-
re a come creare la vita che desiderava. Jane procedeva nella
vita come un guidatore che guardi esclusivamente nello spec-
chietto retrovisore. Sapeva esattamente da cosa cercava di al-
lontanarsi, ma non dava mai alla propria vettura istruzioni ade-
guate in merito a dove dirigersi. Inutile dire che faceva, inevi-
tabilmente, molti incidenti.
In secondo luogo Jane, quando pensava a fare soldi, si vede-
va bloccata a metà strada durante lo svolgimento di compiti

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 89

gravosi. Immaginate qualcuno che pensi alle proprie vacanze


vedendosi bloccato mentre cerca di preparare i bagagli. O
qualcuno che sia impaziente di andare ad una festa, che con-
tinua a farsi immagini mentali cupe, noiose e statiche di se
stesso che stira la propria camicia. Non è così che il cervello
crea aspettative e trepidazione.
Feci immaginare a Jane se stessa che viveva la vita che vole-
va: un film, grande e luminoso, con la sua musica preferita ad
ispirarla come colonna sonora (la trama di un film che adora-
va). Poi le dissi di parlare a se stessa, ma non nel modo in cui
era abituata a fare. Invece di urlarsi bruschi “dovresti” e “de-
vi”, scelse di usare un tono più invitante e coinvolgente per
dire a se stessa: “Non sarebbe magnifico fare questo?” “Mi
piacerebbe davvero avere questo.” “Questa è la vita che vo-
glio.” Poi visualizzò un film mentale di se stessa che faceva
il passo successivo verso un nuovo lavoro, e vide quella pel-
licola fondersi con l’immagine della vita che sognava di vi-
vere. Poteva vedere il film mentale e controllare come la fa-
cesse sentire! Questo semplice piccolo cambiamento le mo-
strò che era sulla strada giusta. Provò la nuova strategia più
volte e notò che funzionava automaticamente. Questo sì che
le dava una sensazione emozionante.
Ma dunque, farlo sarebbe stato emozionante. Si dava il caso
che fosse lo stesso processo che portava Jane a sentirsi piena
d’entusiasmo all’inizio di una relazione, qualcosa che lei sape-
va già fare bene. È stato proprio in quel contesto che ho indivi-
duato la struttura per questa “nuova” strategia. La sua strategia
motivazionale di successo si potrebbe scrivere così in una no-
tazione PNL: Vc→Ad→Vc→Vc/Vc→K.

• Vedere l’obiettivo (immagini grandi e luminose). Dirsi


quello che si vuole (lentamente, con calma e con voce “in-
vitante”).

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90 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

• Vedere il prossimo passo nel raggiungimento dell’obiettivo


(immagini grandi, brillanti e in movimento).
• Confrontare le immagini e osservare se corrispondono a
quanto desiderato.
• Sentirsi emozionati.

Effettivamente ci si sentiva emozionati anche solo ascoltando il


cambiamento positivo di Jane. Durante le settimane seguenti,
Jane si scoprì a pensare al successo sempre più spesso. Ora ha
un lavoro: non un lavoro qualsiasi, ma un’attività in cui è a
contatto con i bambini (cosa che aveva sempre desiderato) e
che le dà il tempo per andare in vacanza e fare le cose che ora
si concede di sognare. Nel suo tempo libero usa la PNL per aiu-
tare altre persone a scoprire il segreto dei loro futuri successi.

Una strategia di problem solving può essere installata in manie-


ra molto più casuale, ovviamente, facendola provare alla perso-
na attraverso una metafora. Joseph O’Connor ce ne fornisce un
esempio affascinante (O’Connor e Seymour, 1994, p. 184).

L’altro ieri sono andato dal giornalaio e ho incontrato un’anzia-


na signora che, sconvolta, raccontava all’edicolante di come
l’avessero appena derubata. Più proseguiva, più il racconto peg-
giorava. Ho atteso il mio momento, l’ho interrotta e le ho rac-
contato di come una mia amica fosse stata picchiata in casa pro-
pria e di come, a quanto pare, non riuscisse a dimenticare l’inci-
dente. Poi, qualche settimana dopo, resasi conto di ciò che stava
facendo, aveva detto: “È già abbastanza brutto essere stata pic-
chiata, ma maledizione, non darò loro anche la soddisfazione di
avermi rovinato la vita”. E aveva deciso di spostare l’incidente
talmente lontano da sé, da farlo sembrare completamente di-
menticato… “Mi dà il Guardian per favore?” L’anziana signora
si è interrotta, i suoi occhi hanno guardato lontano, il suo stato è

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 91

cambiato ed è uscita, con calma, dall’edicola. La cosa inaspetta-


ta è che mentre mi allontanavo con il mio giornale, la persona
dietro di me mi ha sorriso e ha detto due parole: “Ben fatto”.

Installare una strategia in altri modelli di psicoterapia


La struttura della terapia è essa stessa una strategia, e, dagli ini-
zi della psicoterapia, i professionisti hanno guidato i propri
clienti attraverso svariate strategie di problem solving quali la
libera associazione, la catarsi e il rinforzo positivo intermitten-
te. In psicanalisi si forma un’alleanza terapeutica tra “l’ego
professionale” del terapeuta e una parte dell’ego del cliente,
che osserva il processo assieme al terapeuta e lo assiste nella ri-
soluzione del problema. Il dottor Stanley Olinick spiega come
questo “ego osservatore” si identifichi con l’analista e appren-
da la strategia di analisi (Olinick, 1980, pp. 53-61).
In alcune forme di terapia, ad esempio nell’analisi transazionale,
questo apprendimento è ancora più esplicito: il terapeuta insegna
il modello al cliente abbastanza in dettaglio e lo incoraggia ad
usarlo per analizzare le proprie transazioni (Stewart e Joines,
1987, p. 8). Spesso la strategia insegnata deriva da uno specifico
sistema sensoriale che viene molto valorizzato dal modello tera-
peutico. Alexander Lowen, terapeuta del corpo, afferma: “Tutte
le percezioni hanno inizio con la percezione di sé, ossia del pro-
prio corpo… Uno degli scopi principali di questi esercizi bioe-
nergetici è quello di aiutare la persona a entrare in contatto con il
proprio corpo, a percepirlo” (Lowen e Lowen, 1977, p. 46).
Il terapeuta razionale emotivo Albert Ellis lamenta invece come
in alcuni libri “la psicoterapia tenda ad essere profondamente
confusa con la fisioterapia” (Ellis, 1972, p. 7). Ellis rivela (e co-
sì facendo fa provare) al cliente la strategia chiave del modello
della terapia razionale emotiva (RET: Rational Emotive Thera-
py), nella quale alcuni stimoli (visivi, auditivi o cinestesici)
conducono le persone a parlare a se stesse (auditivo-digitale). Il

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92 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

risultato e il test di questa operazione Ad consistono nella sensa-


zione cinestesica che si prova alla fine. La terapia razionale
emotiva insegna numerose strategie auditivo-digitali per risol-
vere i problemi. Infatti è nella psicologia cognitiva che l’instal-
lazione di strategie trova il proprio principale campo di applica-
zione, sotto nomi quali ristrutturazione cognitiva (Beck ed Eme-
ry, 1985, pp. 190-209) e recitazione comportamentale (Beck ed
Emery, 1985, pp. 271-272). La nozione di strategia è facilmente
individuabile all’interno di altri modelli che spiegano come le
azioni abbiano luogo. Nello psicodramma il ruolo è definito da
cinque elementi. Questi corrispondono in qualche modo al TO-
TE: così il Contesto corrisponde all’Innesco (Trigger); il Com-
portamento corrisponde all’Operazione (Operation); la Convin-
zione corrisponde al Test; e le Sensazioni e le Conseguenze cor-
rispondono l’Uscita (Esci) (Williams, 1989, p. 58).
Anche all’interno di sistemi centrati sul cliente i terapeuti inse-
gnano strategie. Nella famosa sessione filmata in cui il dottor
Carl Rogers (1902-1987) lavora con una cliente di nome Glo-
ria, ha luogo chiaramente una svolta dopo che Rogers ha inse-
gnato alla donna una strategia per risolvere i suoi problemi.
Gloria chiede ripetutamente a Rogers di darle una soluzione;
lui risponde, invece: “Ti chiedo una cosa: ‘Cosa vorresti che ti
dicessi?’”. Gloria risponde: “Vorrei che mi dicessi: ‘Vai avanti
e sii onesta’”. Questa diventa la sua soluzione, e lei userà con
se stessa la medesima strategia chiedendosi più tardi, durante il
colloquio orientato a chiarire cosa farà in futuro: “Cosa vorrei
che mi dicesse il dottor Rogers?”.

Cambiare le submodalità
Fornire istruzioni dirette per “sentirsi felici”, di solito, non con-
duce al cambiamento desiderato. Tuttavia, come osservato nella
nostra esperienza con la PNL, si può insegnare facilmente alle
persone come cambiare le submodalità delle esperienze. I risul-

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 93

tati sono miracolosi quasi quanto lo sarebbe il semplice dire alle


persone di “essere felici”. I clienti riescono ad accedere ad espe-
rienze in cui vorrebbero essere felici e a rendere le immagini più
brillanti, oppure a “uscire” dalle immagini per prendere le di-
stanze da esse. I clienti che affermano di non poter semplice-
mente mettere a tacere le proprie voci critiche interne sono co-
munque in grado di modificarle facendole suonare come quelle
dei personaggi dei cartoni animati e abbassandone il volume fi-
no a trasformarle in un sussurro. I clienti che hanno il mal di te-
sta, di solito, sono in grado di spostarlo di due centimetri sulla
sinistra e di cambiarne l’area di estensione. Simili cambiamenti
di submodalità hanno delle implicazioni fondamentali. Ricorda-
te che le persone in una camera gialla sentiranno più caldo che
in una blu, perfino se la temperatura è più bassa in quella gialla
(Podolsky, 1938). Cambiare le qualità delle nostre rappresenta-
zioni interne cambia il significato di queste ultime.
Possiamo semplicemente istruire le persone a cambiare le sub-
modalità, ma molte procedure di PNL raggiungono questo ri-
sultato in modo più creativo generando strategie completa-
mente nuove, che “fissano al posto giusto” le submodalità de-
siderate. Due esempi di procedure di questo genere sono lo
“swish pattern” [reso in italiano, nella maggior parte dei libri
di PNL, con l’espressione “schema della scozzata”, NdT] e la
“cura veloce delle fobie” (Bandler, 1985). La tecnica dello
swish pattern ha una vasta gamma di applicazioni. È stata usa-
ta con successo per risolvere comportamenti compulsivi quali
il “mangiarsi le unghie” (onicofagia) (Wilhelm, 1991) e la vio-
lenza esplosiva (Masters et al., 1991), così come per gestire
l’ansia (Andreas e Andreas, 1992). Questa tecnica implica il
fatto di guidare le persone in una “visualizzazione” in cui le
submodalità della situazione problematica vengono “ridotte”
di intensità, mentre quelle dell’immaginarsi pieni di risorse
vengono aumentate.

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94 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

La cura veloce delle fobie è la tecnica di PNL su cui sono state


fatte più ricerche. Ne parlerò in dettaglio per la sua importanza
nel processo terapeutico. Essa fu sviluppata negli anni ’70 in un
modo molto interessante. Il co-creatore della PNL Richard Ban-
dler, semplicemente, mise un annuncio sul giornale con cui cer-
cava persone che avessero avuto delle fobie e che “se ne fossero
liberate”. Bandler studiò il modo in cui queste persone richia-
mavano alla mente l’oggetto della loro fobia e lo confrontò con
il modo in cui le persone che soffrivano ancora di fobie richia-
mavano alla mente l’oggetto del loro panico. La differenza era
assolutamente evidente e costante. In ogni singolo caso di fobia
superata, le persone passavano dal ricordare usando il sistema
“visivo ricordato” al ricordare usando una costruzione visiva
(visivo costruito). Quando ricordavano la situazione fobica si
vedevano all’esterno dell’esperienza, piuttosto che all’interno di
essa. Ai ricercatori di PNL divenne subito chiaro che il medesi-
mo processo di cambiamento avrebbe funzionato per le fobie
causate da disturbi post-traumatici (riscontrati in persone che
erano sopravvissute alla guerra o ad altri disastri). La fobia è
una risposta a un’esperienza traumatica (reale o immaginata).
Che le persone reagiscano a un evento immaginario in cui ci sia
un ragno o ad una reale violenza sessuale, è il modo in cui ar-
chiviano i loro ricordi, a generare i vari sintomi dei PTSD.
Numerose ricerche hanno confermato il successo del metodo di
Bandler. Ne menzionerò qui solo alcuni esempi. La psicologa
Marla Beth Libermann (1984) dell’Università di St. Louis ha
studiato dodici soggetti con specifiche fobie, usando un gruppo
di controllo a cui veniva chiesto di immaginare scene piacevo-
li. I soggetti trattati con la PNL dimostrarono una riduzione
della paura in generale e delle reazioni a paure specifiche, as-
sieme alla diminuzione di una vasta gamma di sintomi proble-
matici. Un test della suscettibilità ipnotica ha dimostrato come
questo risultato non fosse correlato alla propensione all’ipnosi.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 95

Nel 1988 presso la University of Miami Phobia and Anxiety Di-


sorders Clinic (Clinica universitaria di Miami per lo studio delle
fobie e dei disturbi d’ansia) venne confermato il valore della tec-
nica nel suo stadio di sviluppo finale (usata, in questo caso, in
combinazione con l’ipnosi ericksoniana). Vennero studiati tren-
tuno clienti con fobie specifiche, fobie sociali o agorafobia. Tutti
compilarono il test sulla depressione di Beck ed il questionario
di Mark sulle fobie. I questionari vennero somministrati prima e
dopo una media di due o tre sessioni. I clienti mostrarono note-
voli miglioramenti sia nei questionari relativi alle fobie che in
quelli relativi ai sintomi depressivi (Einspruch e Forman, 1988).
Nel suo libro The Trauma Trap il dottor David Muss documenta
il suo vasto impiego dei processi di PNL per lavorare sui traumi
riportati da vittime di PTSD. Un poliziotto coinvolto nella trage-
dia di Hillsborough del 1989 nel Nord dell’Inghilterra – quando
durante una partita di calcio novantasei tifosi rimasero schiaccia-
ti nella ressa per entrare allo stadio – descrive come i suoi fla-
shback (improvvisi e drammatici ricordi dell’evento traumatico),
l’insonnia e l’abuso di alcol fossero scomparsi nel giro di due
sessioni. Una paziente (Barbara Drake) racconta come una sola
sessione con il dottor Muss sia stata in grado di risolvere com-
pletamente flashback e altri sintomi dovuti ad un’esperienza di
abusi sessuali subiti. Questi ed altri casi documentati dal dottor
Muss sono simili alle nostre esperienze in qualità di Trainer e
Master Practitioner di PNL. Muss afferma: “So che ha funziona-
to con tutti i pazienti con cui ho lavorato finora, senza eccezio-
ni”. (Muss, The Trauma Trap, 1991, p. 10). Muss effettuò uno
studio pilota con settanta membri della polizia del West Mi-
dlands che erano stati testimoni di gravi disastri, quali l’inciden-
te aereo di Lockerbie in Scozia nel 1988; tra questi, a diciannove
erano stati diagnosticati PTSD. Il periodo di tempo intercorso fra
il trauma ed il trattamento variava da sei settimane a dieci anni.
Tutti i partecipanti studiati furono completamente liberati da ri-

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96 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

cordi intrusivi e da altri sintomi di PTSD. I test di follow-up ven-


nero effettuati da tre mesi a due anni dopo, e tutti i benefici della
terapia erano rimasti nel tempo.
La cura veloce delle fobie e dei traumi cambia svariate sub-
modalità del ricordo traumatico. Tra queste notiamo, ad esem-
pio, la distanza (o il cambiamento di posizione percettiva da
“associata” a “dissociata”) e il colore. Di seguito presento una
lista di alcune delle più comuni submodalità che un esperto di
PNL può modificare in modo da alterare l’esperienza dei ri-
cordi del cliente.

Submodalità visive
Numero: Una o più immagini?
Simultaneità /sequenzialità: Se ci sono più immagini, vengo-
no viste contemporaneamente?
Localizzazione: Dove viene vista l’immagine
nello spazio?
Distanza: Quanto è lontana l’immagine?
Dimensioni: Le dimensioni sono reali, più
grandi o più piccole?
Contorni: L’immagine ha o meno dei
contorni?
Tipo di contorni: Se ha dei contorni, sono chiari
o sfumati?
Colore: È a colori o in bianco e nero?
Tipo di colore: Se è a colori, i colori sono
tenui o vivaci?
Luminosità: Quanto è luminosa o scura?
Messa a fuoco: Quanto è a fuoco?

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 97

Variazione della messa a fuoco: Una parte (ad esempio il centro)


è più a fuoco delle altre?
Movimento: L’immagine è ferma come una
foto o in movimento come un
film?
Associato/dissociato: Viene vista attraverso i propri
occhi, o si vede se stessi nel-
l’immagine?
Profondità: È a tre dimensioni o piatta
come una fotografia?

Submodalità auditive esterne


Numero: È un unico suono, o più di uno?
Localizzazione: Da dove proviene il suono?
Volume: Quanto è alto il volume?
Tempo: I suoni sono lenti o veloci?
Ritmo: I suoni sono ritmati o continui?
Estensione vocale I suoni hanno un tono alto o
(su toni alti o bassi): basso?
Chiarezza Quanto sono chiari?

Submodalità auditive digitali (dialogo interno)


Numero: C’è una sola voce interna o più
di una (dialogo interno)?
Localizzazione: Da dove proviene la voce?
Volume: Quanto è alto il volume della
voce interna?
Tempo: È lenta o veloce?

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98 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

Ritmo: È ritmata?
Tono: Il tono è alto o basso?
Chiarezza: Quanto è chiara la voce?

Submodalità cinestesiche
Localizzazione: Dove avviene la percezione nel
corpo?
Movimento: La sensazione si muove o è
ferma?
Ritmo del movimento: Se la sensazione è in movimen-
to, c’è un ritmo nel movimento?
Intensità: Quanto è forte il movimento?
Temperatura: La sensazione è di calore o di
freddo?
Umidità: È una sensazione di asciutto o
di umido?
Consistenza: È una sensazione di morbidez-
za/durezza/ruvidezza/levigatez-
za, etc…?

Submodalità olfattivo/gustative
Odore All’esperienza è associato un
odore?
Intensità dell’odore Se sì, quanto è intenso?
Localizzazione dell’odore Da dove proviene?
Gusto All’esperienza è associato un gusto?
Intensità del gusto Se sì, quanto è intenso?
Localizzazione del gusto Dove viene percepito?

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 99

Cambiare le submodalità: case study


In un articolo introduttivo alla PNL, Steve e Connirae Andreas
presentano una trascrizione del lavoro svolto con una donna di
nome Kate che soffriva d’ansia da quando aveva assistito ad
un incidente mortale (Andreas e Andreas, 1992, pp. 24-8). Ka-
te disse che durante la giornata continuava a “zoomare” sul-
l’immagine del volto dell’uomo morto. Lo schema della sub-
modalità visiva (zoomare) avrebbe rappresentato il fulcro del-
l’intervento di Connirae. Per prima cosa aiutò Kate a creare
un’immagine di una “Kate che gestiva molto bene quel genere
di situazione… Una Kate con le risorse per gestirla con effica-
cia… Si vede dall’espressione del suo viso, dal modo in cui si
muove, dalla respirazione e dai gesti, dal suono della sua voce,
etc.”. Steve e Connirae spiegano:

“Connirae sapeva cosa provocava il panico in Kate: il ricor-


do della zoomata sul volto dell’uomo. Lei aveva inoltre già
aiutato Kate a creare un’immagine di se stessa con tutte le
risorse necessarie… Il passo successivo consisteva nel colle-
gare queste due immagini nella mente di Kate, in maniera ta-
le che ogniqualvolta Kate avesse pensato al volto dell’uomo,
questo si sarebbe trasformato automaticamente nell’immagi-
ne di se stessa con le risorse per gestire quel tipo di situazio-
ni… la PNL insegna molti modi per collegare le immagini
nella nostra mente e ciascuno di noi ha un modo unico e per-
sonale di ottenere il miglior risultato con uno o un altro di
questi metodi. Connirae sapeva già che ‘zoomare’ aveva un
forte impatto su Kate, così decise di usare questo elemento
per collegare le due immagini. Prima cercò di scoprire se
Kate si sentisse più attratta dalla ‘Kate del futuro piena di ri-
sorse’ portando l’immagine più vicina e zoomando su di es-
sa. Quando Connirae provò questa procedura Kate sorrise e
disse ‘Sì’. Poi Connirae le chiese di ripulire il suo schermo

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100 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

visivo mentale per prepararsi a collegare le due immagini.


‘Ora guarda l’uomo privo di sensi da vicino e fai una zoo-
mata sull’immagine. Appena lo vedi, guarda anche un’im-
magine molto piccola della Kate piena di risorse apparire al-
l’orizzonte… Ora zooma rapidamente (ingrandendola) sul-
l’immagine della Kate del futuro e, al tempo stesso, zooma
all’indietro (allontanando e rimpicciolendo) l’immagine del-
l’uomo dell’incidente, portandola lontano fino a non poterla
vedere più’”.

Kate espresse dei dubbi sul fatto di star “realmente vedendo”


quelle immagini e Connirae la rassicurò che bastava solo “far
finta” di vederle. Continuò poi: “Ora pulisci e svuota il tuo
schermo visivo interno e ripeti la stessa procedura altre cin-
que volte”. Dopo aver messo in atto questa procedura, detta
“swish”, Connirae testò come si sentisse Kate: la donna si
sentiva molto meglio quando pensava all’incidente, e fu ad-
dirittura in grado di guidare fino a casa passando per il luogo
in cui esso era avvenuto senza venir presa dal panico di cui
soffriva abitualmente. Sette anni più tardi, nella fase di fol-
low-up, Kate riferì di non aver più avuto il problema. La tec-
nica dello swish cambia le submodalità dell’evento originale;
in questo caso, lo fa spostando le immagini ricordate molto
lontano. Lo swish pattern impiega inoltre la stessa submoda-
lità, al contrario, per installare un immagine di sé come per-
sona piena di “risorse”.

Un simile cambiamento di submodalità è impiegato nella cura


veloce delle fobie/traumi con la PNL. Nell’esempio seguente,
Margot Hamblett descrive il suo impiego della cura veloce del-
le fobie PNL con una cliente. Si noti come il procedimento in-
segni al cervello della cliente come cambiare la sua prospettiva
sull’evento traumatico. La nuova prospettiva viene definita, nel

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 101

linguaggio della PNL, “dissociata”, e implica una presa di di-


stanza dall’evento. Hamblett spiega:

“Jane è madre di tre bambini che frequentano le elementari.


Quattro anni fa il suo figlio più piccolo, che allora aveva due
anni, subì un grave e doloroso incidente domestico mentre gio-
cava. Da quel giorno, benché suo figlio fosse guarito comple-
tamente, Jane ha sofferto dei tipici sintomi di PTSD.
Quando provò a descrivere quello che era successo a suo fi-
glio, scoppiò a piangere e si turbò molto. La calmai e le dissi
che poteva parlarmene più tardi. Mi riferì che era costante-
mente ansiosa riguardo alla propria famiglia, specialmente per
i bambini, ma anche nei confronti di suo marito. Immaginava
continuamente che accadessero loro le cose più terribili, era
sempre in tensione e sentiva il bisogno di conoscere sempre
tutti i loro movimenti. Riusciva rilassarsi solo se i bambini ri-
manevano fermi e tranquilli, così tendeva a bloccarli e a sgri-
darli se facevano qualunque normale attività rumorosa. I gri-
dolini di un bambino intento a giocare le causavano il panico.
Se uno dei suoi figli subiva il minimo piccolo infortunio o si
procurava qualche taglio, lei rimaneva impietrita dal terrore e
non riusciva ad essere d’aiuto. Era arrivata a pianificare la
propria vita in modo che ci fosse sempre un altro adulto pron-
to a sostituirla quando il panico la paralizzava.
Jane desiderava intensamente riuscire a rimanere rilassata con
i propri bambini, a godere delle loro avventure e ad incorag-
giarli a viverle, a portarli a sciare e anche a lasciare loro degli
spazi. Le dissi di immaginare se stessa seduta comodamente a
casa dove solitamente guardava la tv. ‘Rendi lo schermo della
TV molto piccolo, quasi come un giocattolo. Ora, su quel pic-
colo schermo laggiù, visualizza una piccola immagine di te,
proprio dove e come sei ora. Falla diventare in bianco e nero.
È facile, giusto?’

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102 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

‘Sì.’
‘Ottimo! Ora immagina di essere in piedi appena fuori casa;
stai guardando attraverso la finestra. Puoi vederti seduta sul
divano mentre guardi lo schermo… Dall’esterno ti accorgi di
avere in mano il telecomando e di guardare semplicemente
lei sul divano, mentre le fai vedere qualche filmato speciale.
È a suo agio là? Puoi vedere la sua nuca?… Ottimo… Ora
falle guardare un’immagine statica in bianco e nero di se
stessa nel momento tranquillo e sicuro appena precedente
l’incidente, mentre se ne sta rilassata e felice a casa… E ora
sostituisci l’immagine per lei, fagliene vedere una di un mo-
mento tranquillo dopo l’incidente, un momento in cui sa che
è di nuovo tutto a posto. Lei si può sentire serena, dal mo-
mento che è tutto finito. Ok?… Ora mostrale il video di quel-
lo che è accaduto, dalla prima immagine tranquilla all’ultima
immagine tranquilla. Fai scorrere il video piuttosto veloce-
mente, e osservala mentre guarda e impara ciò di cui ha biso-
gno per prendere distanza da tutto questo.’

Jane a volte mostrò un po’ di tensione durante la procedura,


ma rimase abbastanza tranquilla e completò questa fase.

‘Com’è andata?’
‘Non troppo male. Più facile di quanto pensassi.’
‘Ottimo. Ora vorrei che immaginassi di poter fluttuare laggiù,
prima sopra e poi dentro l’immagine finale di tranquillità, co-
me se fossi all’interno dell’esperienza, vedendo attraverso i
tuoi occhi, ascoltando con le tue orecchie… Mettici i colori.
Ora vai molto rapidamente all’indietro lungo l’esperienza, co-
me durante il riavvolgimento di una videocassetta, fino alla
prima immagine di tranquillità. Mettici uno o due secondi.
Zip! Poi ritorna ad essere in piedi fuori casa, mentre guardi an-
cora all’interno attraverso la finestra. Com’è andata?’

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 103

‘Bene.’ Annuì. La guidai ancora attraverso quest’ultima fase, poi


le chiesi di ripeterla da sola, molto rapidamente, qualche volta
ancora, fino a che l’immagine non fosse scomparsa o non si fosse
disintegrata, così da non poter più ripetere il procedimento.
Dopo alcuni istanti lei annuì: ‘Ok’.
‘Ottimo. Beh, a dire il vero, bene o male è quasi tutto qua.’ Ja-
ne rise, incredula.
‘Bene, vediamo. Ora cerca di ricordare l’incidente e scopri in
che modo è diverso, adesso.’
‘È andato a finire laggiù nel passato’ disse, facendo spallucce.
‘So che è successo, ma è semplicemente laggiù.’
‘Puoi provare nuovamente le sensazioni che provavi? Prova
davvero, e vedi se puoi o no.’
Rise e disse: ‘Non mi sono mai sentita così rilassata in vita
mia’. Le chiesi di immaginare un bambino che urla mentre
gioca. Lei fece nuovamente spallucce e disse: ‘È del tutto nor-
male. Solo un bambino che gioca’.
Mettendo alla prova i cambiamenti che aveva effettuato e con-
fermandoli, Jane scoprì che riusciva facilmente ad immaginare
se stessa mentre si occupava con serenità ed efficacia dei pro-
pri figli dopo che questi avevano riportato tagli o graffi; pote-
va ora anche godere dei loro giochi e dei loro sport più avven-
turosi. Provava emozione all’idea di un week-end rilassante
con la famiglia. Si mise perfino a pensare a come avrebbe
spiegato ai propri bambini quanto sarebbe stata diversa con lo-
ro adesso, ed era certa che si sarebbero meravigliati molto e si
sarebbero chiesti cosa mai potesse esserle successo.
‘E quindi cosa accadde al tuo bambino?’ Le chiesi. Questa vol-
ta mi raccontò la storia, rimanendo calma. Quando ebbe termi-
nato, disse che il racconto l’aveva resa un po’ triste, ma che
comunque era a suo agio. Era veramente sorpresa di essere in
grado di riparlarne e di sentirsi così calma e rilassata.”

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104 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

Cambiamento di submodalità in altri modelli di


psicoterapia
Le submodalità sono fondamentali funzioni del cervello che
rendono possibili i vari meccanismi difensivi dell’ego di cui
si occupa la letteratura psicanalitica. Ad esempio, la sostitu-
zione è un meccanismo di difesa mediante il quale l’oggetto
desiderato viene rimpiazzato da un altro oggetto “simile”. A
questo proposito, Freud potrebbe dire: “Una giovane donna,
attratta fortemente dal proprio fratello alto, biondo e con oc-
chi azzurri, può instaurare più rapidamente profondi legami
sentimentali con ragazzi alti, biondi e con gli occhi azzurri”
(Solomon e Patch, 1974, p. 503). La donna ottiene questo ri-
sultato classificando dei giovani con le stesse submodalità
(colore, stazza etc…) del fratello. Un altro meccanismo di di-
fesa facilmente riconoscibile come cambiamento di submo-
dalità è l’identificazione. In questo caso, la persona vede at-
traverso gli occhi della persona con cui si identifica e perce-
pisce l’esperienza dalla posizione occupata dal corpo di essa.
È esattamente il contrario del cambiamento di submodalità
operato dalla cura veloce delle fobie/traumi. Quando uno psi-
canalista dipana un meccanismo di difesa, mette in atto un
cambiamento di submodalità.
Nelle terapie attive quali lo psicodramma e la terapia Gestalt, le
submodalità visive e cinestesiche possono essere sfruttate ed
alterate grazie all’impiego dell’effettivo movimento del cliente.
Fritz Perls (1893-1970) descrive come altera un piccolo movi-
mento fatto dal cliente (che rappresenta una strategia limitata
ed oscurata da submodalità ridotte). “Si chiede al paziente di
esagerare ripetutamente il movimento, rendendone così solita-
mente più evidente il significato nascosto” (Levitsky e Perls,
1982, p. 152). Il campo della sociometria, nello psicodramma,
comprende processi che suscitano e modificano submodalità
quali la distanza, l’altezza e le dimensioni, usando degli attori

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 105

per rappresentare gli elementi dell’esperienza interna che viene


studiata. Ai clienti viene chiesto di collocare gli attori ausiliari
e se stessi in maniere che rivelino chiaramente la posizione del-
le loro submodalità interne (Starr, 1977, pp. 75-87).
Nella psicologia cognitiva troviamo una gamma di suggeri-
menti ed idee per cambiare le submodalità negli altri sistemi
sensoriali. Per esempio Beck ed Emery raccomandano di inse-
gnare ai clienti a modificare le immagini visive che li disturba-
no. Suggeriscono di mettere fuori fuoco certe zone dell’imma-
gine, di collocare quest’ultima su uno schermo televisivo e di
modificarne la luminosità, o addirittura di “cambiare canale” o
esagerare in maniera caricaturale gli elementi che la compon-
gono (Beck ed Emery, 1985, pp. 222-4).
Carl Rogers (1902-1987) notò che nella sua terapia centrata
sul cliente avevano luogo alcuni caratteristici cambiamenti
nelle percezioni dei clienti (in Shostrom, 1965). Per esempio,
prima di lavorare con una cliente di nome Gloria, nel 1965,
affermò: “Da uno stato di distacco dalla propria esperienza,
distacco da ciò che accade dentro di lei, è possibile che evol-
va verso una maggiore immediatezza dell’esperienza… dal
costruirsi la vita in schemi piuttosto rigidi e in bianco e nero,
potrebbe passare a modi più espansivi e meno rigidi di creare
la propria esperienza e di vederne il significato”. Questi sono
cambiamenti di submodalità, e sono supportati dal modo in
cui Rogers riformula le cose lavorando con Gloria. Non appe-
na apre bocca, Gloria dimostra subito il suo modo di parlare
“in bianco e nero” e un’attenzione concentrata sugli eventi
passati. Dice di sua sorella: “Le ho mentito e da allora questo
fatto mi torna sempre in mente, perché mi sento così colpevo-
le ad averlo fatto; non lo faccio mai e voglio che lei si fidi di
me”. Rogers replica suggerendole di concentrarsi su come si
sente “ora” nella sua relazione attuale, e di essere meno rigida
nel definire le cose (usando parole come “più o meno”, “una

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106 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

sorta di”, etc…). Il terapeuta continua dicendo: “Il punto è la


preoccupazione che hai riguardo a tua sorella e il fatto che tu
non sei davvero bugiarda; è che questa relazione aperta è esi-
stita tra di voi, ed ora senti che è come danneggiata”. “Sì” ri-
sponde lei, accettando i sottili cambiamenti di submodalità
implicati nella riformulazione della frase.

Lavorare con la trance


Il modello di “lavoro con la trance” usato in PNL è stato svi-
luppato dagli studi effettuati da Richard Bandler e John Grin-
der con Milton Erickson (1902-80; v. Bandler e Grinder, 1975).
Erickson inizialmente riteneva che:

Quello che l’ipnosi in effetti è può essere spiegato per ora


solo in termini descrittivi. Può dunque essere definita come
uno stato di suggestionabilità artificialmente indotto e somi-
gliante al sonno, nel quale sembra avere luogo una normale
dissociazione degli elementi “consci” della psiche da quelli
inconsci. Questa dissociazione è limitata temporalmente ed
in relazione allo stimolo e si manifesta in uno stato di quie-
scenza del conscio che stimola il sonno naturale, e in una de-
lega all’inconscio del controllo soggettivo delle funzioni
dell’individuo, normalmente gestito dalla mente conscia.
(Erickson, 1980, Vol. III, p. 611)

Vaste ricerche dimostrano il potere terapeutico della comunica-


zione con “la mente incoscia” in uno stato di ipnosi o trance.
Svariati studi dimostrano che l’ipnosi può superare quelle che
altrimenti vengono considerate “condizioni congenite incurabi-
li”. Per esempio il British Medical Journal pubblicò nel 1952
uno studio relativo ad un ragazzo di diciassette anni con ittiosi
eritrodermica congenita. La sua pelle era coperta di strati cor-
nei e suppurava fluidi dalle articolazioni.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 107

Una settimana dopo l’intervento ipnotico piccole aree del cor-


po furono liberate da questo problema e il risultato si estese al
resto del corpo durante la seconda settimana (Crasilneck e
Hall, 1985, p. 376).
Ernest Rossi sviluppò un modello di ipnosi basato sulle reti
neurali stato-dipendenti. Rossi afferma che “Tutti i metodi di
guarigione mente-corpo e l’ipnosi terapeutica operano acce-
dendo e ristrutturando la memoria stato-dipendente ed i sistemi
di apprendimento che codificano sintomi e problemi” (Rossi e
Cheek, 1988, p. 111). Quindi le aree della mente note prece-
dentemente come “subconsce” o “inconsce” vengono ora rico-
nosciute da Rossi come semplici reti neurali dissociate dalla
consapevolezza abituale a causa dello stato molto diverso da
quello in cui sono state codificate abitualmente. La comunica-
zione con queste reti neurali può essere effettuata ristabilendo
lo stato in cui sono state codificate (cioè creando uno stato alte-
rato o di “trance”). Rossi sottolinea come queste reti neurali
siano spesso scarsamente connesse alla corteccia e alle aree au-
ditive-digitali (verbali) del cervello; suggerisce che è più facile
comunicare con esse impiegando dei segnali dati da movimenti
delle dita o altri simili movimenti del corpo. Simili sistemi di
comunicazione con l’inconscio vengono chiamati, nella lettera-
tura specialistica, segnali “ideomotori”, poiché le idee delle re-
ti neurali vengono trasferite direttamente in risposte motorie
prive di “pensiero conscio”.
David Cheek, autore con Ernest Rossi di Mind-Body Therapy, ha
svolto molte ricerche sui fenomeni ideomotori. Ha dimostrato,
per esempio, che era in grado di suscitare movimenti delle mani
corrispondenti al “sì” e al “no” in risposta alle sue domande in
un migliaio di pazienti ospedalieri in anestesia generale (Cheek,
1981). Milton Erickson imparò per la prima volta a creare “se-
gnali ideomotori” da Leslie Le Cron negli anni ’20. Impiegava
diversi metodi: il movimento delle mani, il sollevarsi delle dita,

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108 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

l’annuire e il movimento di un pendolo tenuto tra le dita (Erick-


son, 1981, pp. 111-80). Il metodo di Erickson per suggerire se-
gnali psicomotori, così come il suo metodo di induzione di tran-
ce, era specifico per ogni singolo cliente. Descriveva le sue con-
versazioni coi clienti come un processo di “utilizzazione”. Gli
specifici schemi linguistici da lui impiegati per facilitare la tran-
ce furono analizzati da Bandler e Grinder (1975) e definiti “Mil-
ton Model”. Gran parte del suo impiego del linguaggio era basa-
to sulle presupposizioni. Per esempio, Erickson poteva dire a un
cliente, “Sei in una trance più profonda della trance in cui sei en-
trato mentre ti addormentavi, o è una trance più leggera per ades-
so?”. Rispondendo alla domanda “sì” oppure “no” il cliente era
costretto a presupporre di essere già in trance.

Lavoro con la trance: case study


Craig poteva a malapena camminare quando entrò nel mio uf-
ficio per la sua prima seduta di ipnoterapia basata sulla PNL.
Tre anni prima si era infortunato alla schiena ed era finito
bloccato a letto, impossibilitato ad alzarsi per dodici mesi.
Gradualmente si era riabilitato e aveva cambiato professione,
passando da un lavoro manuale e pesante ad un’attività di
counselor e trainer. Appena si sentì più sicuro, cominciò a fre-
quentare una palestra e a sentire la sua forza che tornava. Poi
un giorno fatidico, tre mesi prima di venire da me, si spinse
troppo oltre. Mentre era in palestra ebbe un crollo: non riusci-
va più a muoversi e provava forti dolori. Durante questi tre
mesi le sue condizioni non erano migliorate di molto, e temeva
di dover affrontare un altro anno bloccato a letto, nell’attesa di
riprendersi. Iniziai col chiedergli, come counselor, cosa pensa-
va stesse accadendo alla sua schiena. Rispose: “Penso che la
mia mente inconscia mi stia punendo perché mi sono sforzato
troppo. E forse vuole dirmi che devo mantenere il mio nuovo
lavoro e non tornare al lavoro manuale”.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 109

“Wow,” replicai stupito “avrei piuttosto detto che la tua mente


inconscia ti sta proteggendo amorevolmente dagli infortuni. Ti
invia messaggi di dolore per metterti in allerta quando sei
prossimo a un incidente, e ti rende i muscoli flaccidi così da
evitare che ti danneggi ulteriormente. Penso che prima di ini-
ziare sarebbe bene rendersi conto di quanto ti ha aiutato e rin-
graziarla. Voglio che la tua mente inconscia sappia che capisco
che ha un’intenzione positiva in quello che fa. E, naturalmen-
te, potrebbe essere d’aiuto in ulteriori modi, se sapesse per cer-
to di avere la tua disponibilità a cooperare. Sei d’accordo?”
Craig assentì. È interessante come si sia rivelato poi facile invi-
tarlo a rilassarsi e ad entrare in uno stato di profonda trance. Par-
lai in maniera sempre più lenta, ricordando a Craig esperienze
che aveva avuto in passato, quando era stato pienamente rilassa-
to. Sottolineai che la sua mente inconscia sapeva come farlo ri-
lassare per permettergli di dormire ogni notte, cosa che non po-
teva certo fare mediante diretto controllo cosciente. Gli sollevai
un braccio e suggerii che sarebbe rimasto sospeso dinnanzi a lui,
mentre la sua mente inconscia lo sosteneva tendendo i muscoli
da entrambi i lati e producendo così una “catalessi del braccio”.
La reazione fu intensissima. Craig si rese conto, costernato, di
non poter assolutamente muovere la mano. Io sottolineai: “Que-
sto dimostra quanto facilmente la tua mente inconscia possa
cambiare il tuo corpo quando le permetti di aiutarti”.
Poi chiesi alla mente inconscia di Craig di sollevare un dito di
quella mano quale segnale per il “sì” e l’indice si sollevò, men-
tre le altre dita rimanevano perfettamente immobili; un’impresa
quasi impossibile consciamente, ma facile per la mente incon-
scia. Io ringraziai l’inconscio e gli chiesi di muovere un altro
dito per il “no”. Questa volta il suo mignolo rispose sollevan-
dosi verso un lato. Craig guardò verso di me divertito e confu-
so. Chiesi alla sua mente inconscia: “Ricordando come hai cu-
rato la schiena di Craig l’ultima volta che è successo, sai cosa

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110 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

devi fare per metterlo nuovamente in condizioni di camminare


e muoversi confortevolmente?”. Il dito del sì si alzò. “E sei di-
sposta a farlo, premesso che Craig si impegna a svolgere la sua
professione attuale e che eseguirà gli esercizi in palestra gra-
dualmente entro i limiti che hai stabilito?”. Il dito del sì si mos-
se ancora. “Bene,” dissi “allora vorrei che iniziassi a farlo subi-
to. Hai già iniziato a fare questi cambiamenti?”
Un altro movimento affermativo mi portò a porre la mia do-
manda finale: “E completerai questo processo di guarigione in
una settimana?”. Il dito del sì si mosse ancora. Ringraziai la
mente inconscia di Craig, le suggerii di svegliarlo subito e le
dissi di restituire a Craig la mobilità del braccio e della mano.
Craig rilassò il braccio e lo lasciò cadere in grembo con un
certo sollievo, poi inarcò la schiena per verificare come si sen-
tisse. “La sento già molto migliorata” notò. In effetti uscì dal-
l’ufficio camminando con scioltezza, e dopo tre giorni fu in
grado di riprendere la sua vita abituale e le sue attività. Un an-
no più tardi non aveva più avuto problemi.

Lavorare con la trance in altri modelli di psicoterapia


Storicamente ci sono state numerosissime proposte di spiega-
zione di cosa siano la “trance” o l’“ipnosi”. Il guaritore francese
Franz Anton Mesmer (1734-1815) credeva che il fenomeno fos-
se dovuto al “magnetismo animale”, energia elettrica che “indu-
ceva” i clienti in uno stato di empatia magnetica con il guarito-
re. Nel 1784 una commissione scientifica dichiarò di non aver
trovato prove della presenza di elettromagnetismo nelle terapie
carismatiche di Mesmer, e che i risultati da lui ottenuti erano
dovuti “all’immaginazione”. Fu La Fontaine, un “magnetista”
svizzero formatosi con Mesmer, che, nel 1841 a Manchester in
Inghilterra, introdusse il dottor James Braid a questo tipo di pra-
tiche. Braid (1795-1860) coniò il termine “ipnosi” per descrive-
re il fenomeno (dal greco hypnos, sonno).

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 111

In tutta Europa altri studiarono il lavoro di Braid e rifiutarono il


modello di Mesmer per spiegare l’ipnosi a loro modo. In Fran-
cia il dottor August Liébeault (1823-1904) e il professor Hippo-
lyte Bernheim (1837-1919) proposero che l’ordinaria “sugge-
stione” fosse la spiegazione degli effetti che venivano attribuiti
a questa sorta di speciale stato ipnotico. Il libro di Bernheim De
la Suggestion, pubblicato nel 1884, sosteneva che la “trance”
fosse semplicemente il nome attribuito ad un fenomeno del tutto
normale. Contemporaneamente, all’Università di Salpêtrière, il
dottor Jean-Martin Charcot prese la strada opposta, sostenendo
che l’ipnosi era una nevrosi indotta artificialmente.
Due giovani neurologi che avevano studiato sia con Charcot che
con Bernheim pubblicarono nel 1895 una teoria integrativa del-
l’ipnosi nell’opera Studies on Hysteria. Erano Joseph Breuer
(1842-1925) e Sigmund Freud (1856-1939). L’anno seguente
Freud coniò il termine “psicanalisi” per la teoria e l’espressione
“libere associazioni” per il modus operandi che aveva sviluppa-
to dal suo originale metodo ipnoterapeutico. Continuò a descri-
vere lo stato che viene causato da questo metodo in termini di
ipnosi. Diceva, ad esempio, che le libere associazioni “dissocia-
no l’attenzione del paziente dalle sue ricerche e riflessioni con-
sce” (in Rossi, 1996, p. 186). Raccomandava agli psicanalisti di
rimanere in uno stato di trance, come si legge di seguito:

L’esperienza ha presto dimostrato che l’attitudine che lo psi-


canalista poteva adottare con maggior vantaggio era quella di
arrendersi alla propria attività mentale inconscia, entrando in
uno stato di attenzione diffusamente sospesa, per evitare il più
possibile riflessioni e la costruzione di aspettative consce,
cercando di non fissare in maniera particolare nella propria
memoria alcuna delle cose ascoltate, riuscendo così a cogliere
il dipanarsi dell’inconscio del paziente per mezzo del proprio
inconscio. (Freud, 1923, p. 239)

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112 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

Tutta la storia della psicoterapia occidentale si intreccia con


l’evoluzione dei nuovi metodi ipnoterapeutici. Carl Jung (1875-
1961), anch’egli esperto ipnoterapeuta, sviluppò un metodo per
indurre uno stato ipnotico chiamato “immaginazione attiva” nel
quale la persona instaurava un dialogo con un’immagine signifi-
cativa di un sogno o di una fantasia (v. Rossi, 1996, p. 187). Si-
mili compiti immaginativi, molto vicini ai dialoghi dell’ultima
Gestalt (Levitsky e Perls, 1982, p. 149) e all’espressione di desi-
deri infantili di tipo reichiano (Lowen e Lowen, 1977, p. 107),
sono compiti che richiedono alla persona di dimostrare “feno-
meni ipnotici” quali la regressione e l’allucinazione. Ernest
Rossi sottolinea che questi metodi sono “leggeri rituali di indu-
zione che evocano uno speciale stato di comunicazione e aspet-
tativa terapeutica” (Rossi, 1996, p. 190).
Jacob Moreno (1892-1974) sviluppa le applicazioni dell’ipnosi
allo psicodramma (Moreno, 1950). Il suo lavoro è ricco di me-
todologie ipnoterapeutiche tradizionali. Per esempio, nella regia
di uno psicodramma alla Prima Conferenza Internazionale di
Psicodramma a Parigi, Moreno guida la protagonista all’interno
di un sogno facendola distendere, mettendole la mano sulla
fronte e dicendole ripetutamente: “Dormi, dormi profondamen-
te, dormi profondamente, dormi profondamente, profondamen-
te, sempre più profondamente, cerca di dormire…”. Questa, ov-
viamente, è un’induzione ipnotica classica. Nel presentare il fil-
mato di questa sessione, Moreno descrive anche il pubblico del-
lo psicodramma in questo modo: “… tutti coinvolti, erano prati-
camente ipnotizzati dalla procedura…” (Moreno, 1964). Lo stu-
dioso teorizza l’ipnosi come metodo per esercitarsi in un ruolo
mentre si è in uno stato di rilassamento (Moreno, 1977, p. 160).
Carl Rogers (1902-1987) studiò l’ipnosi mentre lavorava come
psicologo clinico alla Rochester Society for Prevention of
Cruelty to Children negli anni ’30 (in Suhd, 1995, p. 11). Come
Freud, Rogers rifiutava l’ipnosi in sé in quanto temeva impli-

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 113

casse il rischio della sostituzione dei sintomi (preoccupandosi


che la mente inconscia della persona potesse fare resistenza al-
l’ipnosi). Ma in un famoso filmato degli inizi degli anni ’60
Rogers spiega, a seguito della sua seduta di counseling,

[…] in genere non ricordo più di una o due affermazioni, né par-


ticolari del colloquio. So semplicemente che ero molto presente
nella relazione e che la stavo vivendo nel momento del suo veri-
ficarsi; e mi rendo conto che dopo un po’ di tempo potrei comin-
ciare a ricordarmene nuovamente; ma al momento ho un ricordo
davvero non-specifico dell’intero colloquio. (in Shostrom, 1965)

Questo è lo stesso stato di trance terapeutica che Freud racco-


manda, e la descrizione di Rogers coincide con le nostre espe-
rienze di lavoro con la trance basato sulla PNL.
La psicologia comportamentale spesso viene contrapposta alle
psicoterapie “dinamiche” quali l’ipnosi. In effetti ipnosi e tera-
pia comportamentale sono collegate da un rapporto di lunga
data. Ivan Pavlov studiò gli stati ipnotici sia nei cani che negli
uomini e propose che fossero il risultato di un’inibizione loca-
lizzata della corteccia, simile ma più ridotta di quella che ha
luogo durante il sonno (in Crasilneck e Hall, 1985, pp. 26-7).
Nel 1933 il comportamentista americano Clark Hull (da cui
Milton Erickson apprese l’ipnoterapia) scrisse Hypnosis and
Suggestibility, confutando il modello di Pavlov e argomentando
che non fossero necessari stati speciali del cervello per ottenere
le reazioni tipiche della trance basate sulle suggestioni.
La terapia cognitivo-comportamentale ha accolto con maggiore
riluttanza il metodo ipnotico, nonostante Beck ed Emery (1985,
p. 249) siano concordi nell’affermare che il rilassamento ipno-
tico sia un’opzione molto utile per ridurre l’ansia. Ancora una
volta, molte tecniche della terapia cognitiva sono, in effetti, ip-
notiche. Il terapeuta ericksoniano Michael Yapko analizzò la

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114 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

trascrizione di una sessione del terapeuta cognitivo Aaron Beck


in questi termini e rilevò in essa la presenza di tutte le maggio-
ri tecniche ipnoterapeutiche. Identificò l’uso, da parte di Beck,
di suggestioni indirette, presupposizioni e visualizzazioni gui-
date del tipo di quelle impiegate nelle induzioni ipnotiche. No-
tò che Beck descriveva il successo della cliente come dimostra-
to dal fatto che fosse in grado di provare (ipnoticamente) l’atti-
vità desiderata e di “immaginarne le varie fasi senza alcuna in-
terferenza cognitiva” (Yapko, 1992, pp. 61-74).

Integrare delle parti


Descrivendo la trance, precedentemente, Milton Erickson aveva
fatto una distinzione tra “mente conscia” e “mente inconscia”.
Questo riconoscimento di due “sub-personalità” separate all’in-
terno del cervello è uno specifico esempio di un modello più am-
pio, che descrive quelle che in PNL vengono definite “parti”. Ai
nostri fini la parola “parte” si riferisce a qualsiasi rete neurale
stato-dipendente tale da mettere in atto delle strategie senza ve-
nir controllata da parte del resto del cervello. In questo senso la
“mente conscia” è una “parte” tanto quanto lo è l’inconscio.
Il primo modello di lavoro sulle parti usato in PNL fu chiamato
six-step reframing (ristrutturazione in sei fasi). Bandler e Grin-
der spiegarono gli assunti fondamentali di questa procedura in
una delle loro prime dimostrazioni, scrivendo:

Questo ha senso solo se avete un sistema di convinzioni che


dice: “Guarda. Se avesse un controllo cosciente di questo com-
portamento, lo avrebbe già cambiato”. Dunque qualche parte
di lui che non è conscia sta provocando questo schema di com-
portamento… Io presuppongo anche che la parte di voi che ge-
nera X – anche se consciamente X non vi piace – stia agendo
così per fare qualcosa nel vostro interesse, qualcosa che vi è
utile in qualche modo. (Bandler e Grinder, 1979, pp. 139-40)

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 115

La ristrutturazione in sei fasi implica che si instauri una comu-


nicazione con la parte e che si chieda alla mente inconscia del-
la persona di pensare a modi egualmente efficaci e più accetta-
bili di raggiungere l’obiettivo positivo della parte. Questo me-
todo si è dimostrato efficace quanto l’allenamento al rilassa-
mento nella cura di sintomi fisici di origine psicosomatica
(quali, ad esempio, il mal di testa; v. Bacon, 1983). La ristruttu-
razione in sei fasi, a differenza del rilassamento, non necessita
di essere applicata consciamente e ripetutamente perché il pro-
blema non si ripresenti. Il metodo è stato applicato con succes-
so a schemi comportamentali compulsivi e di dipendenza quali
la bulimia (Glöser, 1991) e l’alcolismo (Sterman, 1990).
Il modello di integrazione delle parti di cui forniamo qui di se-
guito una dimostrazione è uno sviluppo della ristrutturazione in
sei fasi. Esso è stato descritto nel libro Beliefs (Dilts, Hallbom
e Smith, 1990, pp. 101-26, p. 165), nel quale l’autore Robert
Dilts fornisce la trascrizione del suo utilizzo in occasione di un
trattamento finalizzato all’eliminazione di un’allergia ai gatti e
testato in aula immediatamente dopo la cura.

Integrazione delle parti: case study


Pam venne da me perché voleva migliorare la propria relazio-
ne con i suoi due bambini che frequentavano le elementari. Si
sorprendeva a gridare per la maggior parte del tempo in cui era
con loro, e sapeva che questo era un metodo poco efficace per
ottenere la loro cooperazione. Diceva: “Non so cosa mi pren-
de, ma in quei momenti mi sento così furiosa!”. Era rattristata
per la distanza che questa situazione creava tra lei e loro. Sug-
gerii a Pam che forse c’era una “parte” di lei che aveva una
“ragione” per farla gridare con i suoi bambini. Le chiesi se vo-
leva scoprire quale fosse questa ragione. Era curiosa.
Le chiesi: “Se la parte di te che ti fa gridare dovesse stare sul
palmo di una delle tue mani, su quale mano sarebbe?”.

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116 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

“Sulla mano destra.” Distese la mano destra, palmo in su, e io


feci lo stesso con la mia mano sinistra, rispecchiando la sua.
“Se la parte di cui abbiamo detto fosse sulla tua mano proprio
ora, che aspetto avrebbe?” Pam rise guardando intensamente la
propria mano.
“Sono io con un’espressione feroce sul volto.”
“E come la sentiresti? La mano è leggera o pesante, calda o
fredda?”
“È pesante e piuttosto calda.”
“Ottimo. E se le chiedessi qual è il suo proposito nel farti gri-
dare, cosa direbbe e che tipo di voce avrebbe?” Pam guardò di
lato, vicina alle lacrime.
“Per farli sentire dispiaciuti per quello che mi fanno; per fargli
capire.” Disse con voce tremante.
“Vorrei ringraziare quella parte per aver parlato con noi;”
dissi, più alla mano che a Pam, “chiedile: se si sentissero di-
spiaciuti, se si rendessero conto; se la parte raggiungesse
completamente il proprio obiettivo, che vantaggio ancora più
importante ne deriverebbe per te?”. Notando la sua confusio-
ne ripetei la domanda alla mente conscia di Pam. Lei ascoltò
internamente.
“Mi sentirei rispettata e apprezzata.”
“Eccellente. E se ti sentissi rispettata e apprezzata, quale altro
risultato ancora più importante otterresti?”
“Credo che saprei di essere un buon genitore.”
“E qual è l’intenzione della parte nel cercare di ottenere que-
sto? Quale effetto ancora più importante avrebbe per te il fatto
di saperlo?”
“Un senso di sicurezza interiore.”
Sorrise, provando un po’ di quella sicurezza interiore. Sintetiz-
zai: “Dunque questa parte vuole sicurezza interiore”.
“Sì” assentì lei. “Mi sembra che sia così, ma la parte ha un mo-
do bizzarro di cercare di ottenere ciò che vuole!”

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 117

Poi chiesi a Pam: “Ora, c’è una parte di te che si è opposta forte-
mente alla parte che causa il gridare, e, se fosse sopra la tua ma-
no sinistra, dove sarebbe la parte che vuole tu smetta di gridare?”
Pam distese l’altra mano palmi in su e io la rispecchiai sten-
dendo la mia mano destra. Ora le sue mani erano entrambe a
palme in su, a circa 50 centimetri l’una dall’altra.
“La parte che vuole smettere di gridare è al centro della mia
mano sinistra” spiegò Pam, e in risposta alla mia domanda ag-
giunse: “Sono io seduta con un’aria pacifica… la mia mano è
fresca e leggera e vuole che io sia amorevole e che sia amore-
vole con i bambini.”
“Dunque, se questa parte potesse essere amorevole con loro e
pronta ad accoglierli, quale altro risultato ancora più importan-
te otterrebbe per te così facendo?”
“Sarei più vicina alla mia famiglia.”
“E questo cosa ti permetterebbe di avere?”
“Wow.” Pam fissava lo spazio tra le proprie mani. “Se fossi
più vicina alla mia famiglia avrei quella sensazione di sicurez-
za interiore.”
Annuii: “Dunque, queste due parti si rendono conto di avere lo
stesso fine ultimo?”.
“Uhm.”
“E questa parte (indicai la mano destra) si rende conto che
questa parte (la mano sinistra) ha delle risorse che possono
aiutarla a raggiungere il suo obiettivo?” Pam annuì. “Bene,
questa parte (la mano sinistra) si rende conto che questa parte
(la mano destra) ha delle risorse che potrebbero aiutarla a rag-
giungere il suo obiettivo?” Lei si spostò un po’ all’indietro.
“In un certo modo… ora lo sa.”
C’erano di nuovo lacrime nei suoi occhi. “Così,” verificai
“queste parti hanno lo stesso fine ultimo, e ora hanno compre-
so di essere parti di un insieme più grande… e per loro va bene
diventare un’unica parte, ora?”

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118 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

Appena lei guardò in basso annuendo e dicendo “Sì” le sue


mani iniziarono a fluttuare lentamente, delicatamente, l’una
verso l’altra. La seguii avvicinando le mie mani.
“Richard, io non sto muovendo le mani. Com’è possibile che
questo accada?” Chiese Pam, guardando incredula.
“Il tuo inconscio” spiegai “è in movimento. Le mani sanno do-
ve andare.”
Una volta che le mani di Pam si furono unite, le feci sentire
che avevano ora lo stesso peso e la stessa temperatura. Poteva
vedere la sua nuova e integrata se stessa con tutte le risorse che
ciascuna delle vecchie parti aveva avuto, la sentiva parlare con
una voce sola. La invitai a sentire verso quale parte del suo
corpo le sue mani si sentissero attratte, e gliele feci muovere
assieme verso quel punto per “riportare quella ritrovata unità
all’interno di lei e lasciare che si diffondesse in tutto il corpo”.
Mentre la osservavo e continuavo a rispecchiare le sue azioni,
potevo notare un cambiamento radicale nel suo aspetto. La sua
pelle splendeva, il suo viso si era colorito e il suo respiro si era
fatto pieno e profondo. La sua postura era più eretta. Quando
parlò, la sua voce risuonava.
“È fantastico.” concluse.
“È stato potente,” assentii. “È da molto che aspetti di sanare
questo problema.”
Quando parlai con Pam qualche settimana più tardi, gridare era
una cosa del passato: stava scoprendo nuovi modi per dare vo-
ce alla sua nuova sicurezza di sé, non solo con i bambini, ma
in tutti gli ambiti della sua vita.

L’integrazione delle parti in altri modelli di psicoterapia


Ciascun modello di psicoterapia ha dovuto fare i conti con l’atti-
vità delle reti neurali stato-dipendenti e sviluppare dei modelli
per queste “parti” della mente. In ogni singolo caso le strutture
vengono definite in maniera diversa, e la precisione di queste de-

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 119

finizioni è spesso importante per lo sviluppo di tecniche all’in-


terno di uno specifico tipo di terapia. In merito a ciò tenterò di
rendere qui conto con precisione di alcune di queste distinzioni,
e allo stesso tempo dirigerò l’attenzione sugli aspetti universal-
mente comuni del lavoro sulle parti in campo psicoterapeutico.
L’idea delle “parti” ha la sua origine psicoterapeutica nel mo-
dello dinamico della psicanalisi. In esso, le principali parti della
psiche considerate sono “id” (che Freud afferma essere basato
su “passioni incontrollate”), “ego” (area basata su “ragione e
circospezione”) e “superego” (che difende e mantiene le “norme
comportamentali” morali richieste dalla società). Freud vede lo
psicanalista come alleato con l’ego, con lo scopo di difenderlo
dall’ansia ed estendere il suo “territorio”. Afferma che il suo
scopo è “rafforzare l’ego, renderlo più indipendente dal supere-
go, allargare il suo campo visivo e ampliare così il suo livello di
organizzazione in maniera tale da permettergli di assorbire nuo-
ve parti dell’id. Là dove vi era id, ci sarà ego” (Freud, 1933).
Freud sottolinea che il suo trattamento non ha tuttavia lo scopo
di “eliminare” alcuni elementi. Egli afferma: “Il trattamento non
consiste nell’estirpare qualcosa (la psicoterapia non è in grado
di farlo, per il momento), ma nello sciogliere le resistenze e ren-
dere così la circolazione in grado di raggiungere aree che fino
ad allora ne erano state tagliate fuori” (Freud e Breuer, 1974, p.
377). Questa è una chiara descrizione del lavoro sulle parti.
La moderna psicanalisi basata sulle relazioni oggettuali ha ri-
volto maggiore attenzione a certe scissioni all’interno dell’ego
stesso – in particolare, scissioni che si manifestano in maniera
patologica se l’ego affronta prove troppo dure durante i primi
anni di vita. Un ego sano e maturo, afferma Otto Kernberg, è in
grado di reprimere materiale indesiderato al di fuori della con-
sapevolezza conscia, senza bisogno di creare una scissione
completa. Kernberg afferma: “La scissione consiste nel mante-
nere attivamente separati sistemi di identificazione con valenze

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120 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

opposte (sistemi di identificazione conflittuali), prescindendo


dall’accesso alla coscienza o dal controllo motorio o percetti-
vo” (Kernberg, 1976, p. 44). Ne risultano seri disturbi della
personalità e quello che la PNL chiama “incongruenza sequen-
ziale”: fare e desiderare una cosa in determinate occasioni e la
cosa opposta in altre. La guarigione è un processo di “appren-
dimento di ‘abilità di gestione’ necessarie per poter comprende-
re se stessi, i propri limiti, i propri bisogni interni, il proprio
ambiente ed i propri compiti nella vita” (Kernberg, 1976, p.
256). Questa funzione gestionale o coordinativa dell’ego sano è
ciò a cui ci si riferisce in PNL parlando di lavoro sulle parti.
L’analisi transazionale si concentra invece su divisioni funzio-
nali sane all’interno dell’ego. Essa definisce tre fondamentali
stati dell’ego, detti il “Genitore” (che imita le strategie usate
dai genitori o da altre figure dalla funzione simile), l’“Adulto”
(che impiega strategie sviluppate nella vita adulta come reazio-
ni al qui-ed-ora), il “Bambino” (che usa strategie apprese du-
rante l’infanzia), e ulteriori suddivisioni di tali stati. Ogni stato
dell’ego è “un coerente schema di sensazioni ed esperienze di-
rettamente correlate ad un corrispondente e persistente schema
comportamentale” (Stewart e Joines, 1987, p. 15). In altre pa-
role, ogni stato dell’ego è un insieme stato-dipendente di strate-
gie. Lo scopo del lavoro con questi stati dell’ego in analisi
transazionale è spesso quello di impedire ad uno stato di “con-
taminarne” un altro o di “lasciarlo inespresso”. Ancora una vol-
ta, si mira allo sviluppo di una situazione in cui ciascuno stato
ha la possibilità di esprimersi in modi utili per la persona nella
sua interezza, e ciò è esattamente quanto facciamo con il lavoro
sulle parti in PNL. Nell’approccio di ri-decisione in analisi
transazionale ci si concentra sui blocchi (conflitti irrisolti tra
stati dell’ego). L’approccio con le due sedie della Gestalt viene
utilizzato per risolvere questi conflitti tra parti (Stewart e Jo-
nes, 1987, p. 275).

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 121

Nelle formulazioni che abbiamo finora discusso, si presuppone


che le “parti” fondamentali presenti nell’essere umano siano in
larga misura comuni ai vari individui. Con la teoria degli ar-
chetipi comuni all’inconscio collettivo dell’umanità Carl Gu-
stav Jung fa un passo avanti in questo ragionamento. Descrive
un archetipo come “una modalità di funzionamento psichico
ereditata… In altre parole è uno ‘schema di comportamento’”
(in Whitmont, 1991, p. 104).
Jung descrive così elementi quali l’anima (il principio femmi-
nile interiore in un uomo) e l’animus (il principio maschile in-
teriore in una donna), la persona (il nostro adattamento alle
aspettative sociali) ed il sé (una sommatoria sovrapersonale
della propria vita e del suo significato). Gli archetipi sono gli
elementi centrali dei complessi. Jung spiega che ciascun com-
plesso “appare come una formazione autonoma che si affaccia
come intrusa sulla coscienza… Mentre i complessi devono la
loro relativa autonomia alla loro natura emozionale, la loro
espressione è sempre dipendente da una rete di associazioni
raggruppate attorno ad un centro emotivamente carico” (in
Whitmont, 1991, pp. 63-4). Ancora una volta abbiamo una de-
finizione di strategie stato-dipendenti. Diversamente da Freud,
Jung non vede tuttavia come compito dell’ego il rimpiazzare
simili altri complessi; egli afferma:

Conscio e inconscio non danno luogo ad un intero quando


uno di essi viene soppresso e danneggiato dall’altro… En-
trambi sono aspetti della vita… È il vecchio gioco dell’incu-
dine e del martello; è tra questi due due che l’acciaio del pa-
ziente viene forgiato in un intero indistruttibile, un “indivi-
duo”. (in Whitmont, 1991, p. 18)

L’opera di Roberto Assagioli descrive il lavoro sulle parti in


una prospettiva molto simile a quella usata in PNL. L’obiettivo,

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122 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

in entrambi i casi, è l’integrazione di parti separate in un tutto


unitario (un processo chiamato da Assagioli “psicosintesi”).
Assagioli descrive il suo scopo come “la coordinazione e su-
bordinazione delle varie energie e funzioni psicologiche, la
creazione di una solida organizzazione della personalità” (As-
sagioli, 1976, p. 29). Nella psicosintesi, come in PNL, questo
processo, in definitiva, viene riconosciuto come qualcosa che
porta a stati trascendenti di pura consapevolezza, gioia, pace e
amore, qualcosa che permette un’estensione al di là “dell’esse-
re umano individuale” come viene normalmente inteso in occi-
dente (Assagioli, 1976, p. 5).
La metafora che Jacob Moreno impiega per le parti è presa dal
mondo del teatro. Con “ruolo”, egli intende “la forma funzionale
che l’individuo assume nello specifico momento in cui reagisce
alla specifica situazione in cui altre persone o oggetti sono coin-
volti” (Moreno, 1977, p. iv). Moreno puntualizza che il ruolo,
con le sue strategie, i suoi stati emozionali etc. si evolve diretta-
mente dall’interazione dell’individuo con il mondo, anche prima
che la persona raggiunga ed abbia un senso unitario del “sé”.

Il gioco di ruolo è anteriore all’emergere del sé. I ruoli non


emergono dal sé, ma il sé può emergere dai ruoli… È possibile
per l’individuo operare con numerosi alter ego, come vediamo
in bambini e psicotici. (Moreno, 1977, p. 153)

Parte del compito della terapia consiste dunque nell’aiutare gli


individui a ridurre i conflitti di ruolo, armonizzando la funzio-
ne dei ruoli e permettendo una transazione fluida da ruolo a
ruolo a seconda di quanto richiesto dalla situazione. La capaci-
tà di produrre ruoli che rispondano adeguatamente e con effica-
cia a situazioni nuove (spontaneità) è un obiettivo molto impor-
tante del lavoro di Moreno (Moreno, 1977, pp. 85-9) ed è affi-
ne allo scopo del lavoro sulle parti in PNL.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 123

Alexander Lowen descrive l’individuo sano dopo la psicotera-


pia orientata sul corpo, in termini fisiologici:

È cosciente del proprio contatto con il suolo e si sente più radi-


cato. Dice di sentirsi in connessione con il proprio corpo, la
propria sessualità e con il terreno. Essere così connessi non è
l’ideale della salute; secondo me è il minimo perché uno stato
possa definirsi “di salute”. (Lowen, 1972, pp. 61-2)

Ciò che interrompe questa connessione, argomenta Lowen, è


uno schema di tensione muscolare cronica che impedisce il
contatto tra i vari strati del tessuto corporeo. Ogni strato, a suo
parere, contiene uno stato e le strategie che lo esprimono. La
tensione corporea è la maniera principale in cui le persone ini-
biscono l’attivazione di quelle che sono letteralmente “parti”
importanti della loro esperienza. “Infatti l’area del corpo che
dovrebbe essere coinvolta nell’espressione dell’impulso viene
mortificata, relativamente parlando, dalla tensione muscolare
cronica che si sviluppa come conseguenza del continuo schema
di trattenimento.” (Lowen, 1972, p. 81.) Permettendo un pieno
flusso respiratorio e di movimento il terapeuta del corpo crea
accesso tra le varie “parti” della persona.
Arthur Janov ha sviluppato un modello di Primal Therapy basa-
to largamente sulle ricerche sul cervello. Janov afferma che lo
scopo della sua terapia catartica è quello di liberare impulsi do-
lorosi rimasti imprigionati nei circuiti cerebrali di livello infe-
riore. Una volta che gli eventi originali sono stati ri-vissuti
consciamente, la connessione tra questi ricordi e la mente con-
scia ha un profondo effetto curativo. Secondo Janov:

La mancanza di coscienza rappresenta un crollo della capacità


integrativa del cervello quale mediatore dei processi corporei; si
verifica quando il sistema è sovraccarico e gli impulsi (risultanti

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124 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

da potenziali di azione, mediati da sinapsi), che normalmente


hanno una specifica connessione nervosa con la corteccia cere-
brale che permette la coscienza, superano la portata delle facoltà
integrative e fluiscono forzosamente in un percorso cerebrale di-
verso che ci rende, in quel senso, inconsci. (Janov, 1977, pp. 4-5)

È la coscienza che in definitiva concettualizza ed interpreta


questi profondi dolori e conferisce loro un significato. (Janov,
1977, p. 35)

Il concetto di parti, come viene usato in PNL, era direttamente


presente sia nel lavoro di Fritz Perls che in quello di Virginia
Satir. Perls spiega:

Se alcuni dei nostri pensieri e sensazioni sono inaccettabili per


noi, vogliamo rinnegarli. Io che voglio uccidere te? Così rinne-
ghiamo il pensiero omicida e diciamo: “Quello non sono io: quel-
la è una compulsione” o rimuoviamo l’uccidere, o lo reprimiamo
e diveniamo ciechi ad esso. Ci sono molti modi come questo per
rimanere integri, ma sempre a costo di rinnegare molte, molte
parti valide di noi stessi… Tu non permetti a te stesso – o non ti è
permesso – di essere completamente te stesso. (Perls, 1969, p. 11)

Così quello che cerchiamo di fare in terapia è ri-appropriarci,


passo dopo passo, delle parti rinnegate della personalità, fin-
ché la persona diventa forte abbastanza da facilitare la propria
crescita… (Perls, 1969, p. 38)

La Satir gestiva questo problema attraverso un metodo psico-


drammatico che chiamava “party delle parti” e spiegava:

Noi tutti abbiamo una serie di parti diverse, ciascuna con aspet-
tative di autorealizzazione. Queste parti spesso trovano difficile

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 125

andare d’accordo l’una con l’altra e possono avere influenze


inibitorie reciproche… Il processo del party delle parti offre al-
le persone un’opportunità di osservare queste parti e apprende-
re come possano funzionare più armoniosamente quando coo-
perano invece di competere. (Satir e Baldwin, 1983)

Carl Rogers è molto più cauto nell’inferire che possano esistere


“strutture” organizzate all’interno della psiche umana, ma è
evidente che lavora con ciò che la PNL chiamerebbe parti,
quando dice:

Da un punto di vista descrittivo clinico… possiamo dire che le


terapie efficaci sembrano implicare il portare alla consapevo-
lezza, in una maniera adeguatamente differenziata e accurata-
mente resa in termini simbolici, quelle esperienze e sensazioni
che nel momento presente contraddicono il concetto di sé del
cliente. (Rogers, 1973, pp. 148-9)

Rogers sottolinea che un risultato centrale della terapia è un


“aumento dell’integrazione e dell’unificazione della personali-
tà” (Rogers, 1973, p. 178).
La psicoterapia comportamentale iniziò evitando accuratamen-
te qualsiasi speculazione circa le “strutture” interne della men-
te. Negli anni ’80 i comportamentisti cognitivisti svilupparono
il concetto di schema per spiegare molti dei fenomeni che stia-
mo esaminando. Uno schema è definito in due modi:

Da un lato il termine schema è stato usato per riferirsi ad una


ipotetica struttura cognitiva, come un filtro mentale o un mo-
dello che guida il processo di informazione… Più regolar-
mente, tuttavia, usiamo il costrutto di schema riferendoci al
contenuto delle fondamentali convinzioni di base: le regole
base che un individuo impiega per organizzare le proprie per-

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126 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

cezioni del mondo, di sé e del futuro, e per adattarsi alle sfide


della vita. (Layden et al., 1993, pp. 11-12)

Simili schemi possono essere ristrutturati (creando un modo total-


mente nuovo di reagire), modificati (alterandoli in maniera tale
che certi schemi non vengano attivati in certe situazioni, ad esem-
pio) o re-interpretati (re-interpretati come aventi un significato
positivo piuttosto che limitante): tutti metodi chiaramente correla-
ti al lavoro sulle parti in PNL (Layden et al., 1993, pp. 11-12).

Cambiamenti in time-line
Quello che chiamiamo “memoria” descrive in effetti una serie
di diverse funzioni neurali. Da un punto di vista neurologico
vi è una differenza tra ricordi procedurali (es.: andare in bici-
cletta), che sono archiviati nella parte bassa del cervello e nel
nucleo caudato profondo, e ricordi semantici (fatti e informa-
zioni sul mondo, divisi per categorie come in un’enciclope-
dia), che sono archiviati nell’area superiore (corteccia) del cer-
vello. Questi a loro volta sono diversi da quelli che i neurologi
chiamano ricordi episodici: una sorta di film dei ricordi di
eventi che abbiamo vissuto, che vengono codificati dall’ippo-
campo e archiviati per mezzo della corteccia (Carter, 1998, p.
286). Come menzionato precedentemente, alcuni di questi ri-
cordi episodici sono associati a sofferenze traumatiche e quin-
di archiviati in reti neurali che potrebbero essere scarsamente
connesse al resto del cervello.
Il cervello ricorda la sequenza di questi ed altri “episodi” per
mezzo di quella che in PNL viene chiamata “time-line”. Una ti-
me-line (linea del tempo) è una metafora spaziale nella quale
gli eventi sono considerati come disposti nel loro accadere lun-
go una linea che si estende in una direzione verso il passato, e
in un’altra verso il futuro. Esempi di questo modo di organizza-
re mentalmente gli eventi sono evidenziati nel linguaggio di

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 127

tutti i giorni: per esempio, quando diciamo: “Ora ho intenzione


di lasciarmi quell’esperienza alle spalle”, oppure: “È arrivato il
momento di guardare avanti”.
Questo tipo di distinzioni nelle submodalità temporali venne de-
scritto per la prima volta da Connirae e Steve Andreas (1987, pp.
1-24). Da allora, una serie di altri professionisti della PNL ha
sviluppato diverse maniere di lavorare con la capacità di codifi-
cazione dei ricordi del cervello; tra queste il “reimprinting”, “il
cambiamento della storia personale” (Dilts, Hallbom e Smith,
1990) e la terapia della time-line “Time Line Therapy” (James e
Woodsmall, 1988). Queste tecniche, come l’integrazione delle
parti, sembrano ottenere un effetto significativo sulle condizioni
di salute: tendono a far vedere gli eventi traumatici originari da
una prospettiva nuova e, nel contempo, a rendere accessibili ri-
sorse emozionali di altri ambiti della vita della persona.
In Danimarca venne effettuato uno studio della durata di un
anno (da maggio 1993 a maggio 1994) sul trattamento degli
asmatici per mezzo della terapia della time-line. I risultati ven-
nero presentati in numerose conferenze in Europa, tra cui la
Danish Society of Allergology Conference (nell’agosto del
1994) e la European Repiratory Conference (Nizza, Francia,
ottobre 1994). Lo studio fu condotto da Jorgen Lund, un medi-
co generico, a da Hanne Lund, in possesso della certificazione
in Master Practitioner in PNL e originaria di Herning, in Dani-
marca. I pazienti furono selezionati tra quelli di otto medici di
base. Trenta furono utilizzati per il gruppo di intervento con la
PNL e sedici per il gruppo di controllo. Tutti ricevevano assi-
stenza medica di base e medicinali. La maggior parte dei sog-
getti non aveva mai sentito parlare di PNL prima e molti erano
del tutto scettici a riguardo, o terrorizzati. Non erano solita-
mente motivati a provare la PNL. I componenti del gruppo di
intervento parteciparono ad una giornata introduttiva alla PNL
e alla terapia della time-line, e poi ricevettero interventi di

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128 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

PNL per periodi di tempo che variarono dalle tre alle trentasei
ore (con una media di tredici). La tipologia di intervento con
la PNL non venne mirata principalmente al problema del-
l’asma: si incentrò soprattutto su come le persone vivessero la
propria vita. I risultati ebbero effetto sia sulla vita delle perso-
ne coinvolte in generale, sia sul loro problema di asma. I pa-
zienti tendevano a descrivere il loro cambiamento soggettivo
come qualcosa che li aveva resi in grado di essere “più aperti”
o aveva dato loro “forza colossale e sicurezza di sé”, “una vita
nuova” e così via dicendo.
La capacità polmonare degli asmatici adulti tende a decrescere,
in media, di 50 ml all’anno. Questo ebbe regolarmente luogo
nel gruppo di controllo. Nel frattempo il gruppo di intervento
con la PNL aumentò la propria capacità polmonare di 200 ml in
media (recuperando quattro anni di degenerazione in un solo
anno!). Le variazioni quotidiane del flusso di picco (indicatore
di funzioni polmonari instabili) si aggiravano inizialmente in-
torno al 30-40%. Nel gruppo di controllo si ridussero arrivando
al 25%, mentre in quello di intervento con la PNL scesero a
meno del 10%. I disturbi del sonno erano inizialmente presenti
nel 70% dei soggetti del gruppo di controllo, e scesero al 30%.
Nel gruppo di intervento con la PNL, dove erano inizialmente
presenti nel 50% dei soggetti, scesero a zero. In quest’ultimo
gruppo l’uso di inalatori per asmatici e l’uso di farmaci per epi-
sodi acuti diminuirono fin quasi a zero. Hanne Lund sottolineò
che le implicazioni di questo progetto andavano ben oltre la ge-
stione dell’asma, affermando quanto segue:

Consideriamo i principi di questo lavoro integrato adatti al


trattamento di pazienti con ogni tipo di afflizione o malattia,
e il prossimo passo sarà istruire su questo modello lo staff
medico. (Lund, 1995)

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 129

Terapia della time-line: case study


Nell’esempio che segue Margot Hamblett descrive il suo im-
piego della terapia della time-line.
“Quando Jenny venne da me soffriva sia fisicamente che a li-
vello emotivo. Disse che era sempre malata, che prendeva
sempre l’influenza, che soffriva di emicrania e così via. Quan-
do pensava alla propria vita, si sentiva depressa. Aveva una re-
lazione di cui non era contenta e niente di bello a cui guardare
nel futuro. Aveva subito abusi sessuali per la prima volta a set-
te anni, e poi aveva avuto altre esperienze simili fino all’età
adulta. Quando pensava a quei terribili episodi, cosa che avve-
niva spesso, si sentiva ‘malata’ dentro. Questo era il problema
che voleva risolvere per primo.
La prima cosa che feci fu controllare dove fosse la sua time-line.
Jenny aveva il passato dietro di sé e il futuro davanti. Il futuro
era breve: non riusciva ad immaginarlo più in là di un anno.
Poi le feci chiedere alla sua mente inconscia quando, nel suo
modo di immagazzinare la memoria, la sensazione di ‘malat-
tia’ era iniziata. Era importante non presumere che fosse co-
minciata a sette anni solo perché questa era l’età che la mente
conscia di Jenny aveva richiamato alla mente. Il processo della
terapia della time-line prevede che si domandi: ‘Qual è la cau-
sa alla radice del problema, il primo evento che, se venisse di-
sconnesso, farebbe sparire il problema? Se lo sapessi, sarebbe
prima, durante o dopo la tua nascita?’. Questo consente alla
mente inconscia di svolgere un lavoro più facile. Jenny sem-
plicemente controllò ciascuna delle tre possibilità per scoprire
quale sentisse come vera.
‘Dopo’ confermò.
‘Ottimo. E se lo sapessi, a che età?’
‘Due anni.’
‘Molto bene. Vorrei ringraziare la tua mente inconscia per la
cooperazione.’

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130 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

Avendo scoperto quale momento fosse stato ‘la causa originaria’


dei problemi di Jenny, lei poteva ora rilassarsi e chiudere gli oc-
chi. Poi, nella sua immaginazione, doveva fluttuare al di sopra
del suo corpo, in modo da rimanere sospesa al di sopra della sua
time-line. Da lì, chiesi all’inconscio di Jenny di fluttuare all’in-
dietro sopra la sua time-line in modo da trovarsi esattamente al
di sopra dell’evento vissuto a due anni di età, e le dissi di ‘fidar-
si del suo inconscio, il quale sapeva esattamente dove portarla’.
Una volta sopra l’evento, le suggerii: ‘Mentre guardi l’evento
sotto di te, puoi vedere quali emozioni vi siano laggiù, che tu
abbia o meno alcuna memoria conscia di quel tempo. E c’è
qualcosa che hai appreso in quell’evento. Così, quello che vorrei
che tu facessi è conservare tutti gli insegnamenti positivi, qua-
lunque cosa ti sia utile avere appreso da questo evento, in quel
posto speciale che riservi a tutti gli insegnamenti di questo tipo’.
Si noti che Jenny non aveva bisogno di capire come il suo in-
conscio facesse tutto ciò. Le bastava semplicemente prosegui-
re e immaginarlo. Una volta che ebbe la sensazione che tutti
gli insegnamenti erano stati preservati, aggiunsi: ‘Ora vorrei
che andassi ancora più all’indietro sulla tua time-line, così da
trovarti almeno quindici minuti prima di qualsiasi accadimento
che abbia portato all’evento in questione, e da stargli ben al di
sopra. E da là, in alto e in anticipo, voltati e guarda il tempo
estendersi verso ciò che è ORA. E mentre osservi da dietro e
dall’alto, diretta verso l’ora, la domanda è: adesso, dove sono
le emozioni che erano in quell’evento?’.
Jenny, incredula, rispose: ‘Non lo so; sono scomparse’.
In centinaia di casi nella mia esperienza è andata così, da
quando seguo il processo terapeutico della time-line così come
è stato elaborato da Tad James. Andando all’indietro e sopra
l’evento nella prospettiva di tutto ciò che è avvenuto da allora,
conservando gli insegnamenti, l’inconscio semplicemente si li-
bera delle emozioni.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 131

‘Ora’ continuai ‘vorrei che immaginassi un’infinita fonte d’amo-


re e di guarigione sopra la tua testa, e che permettessi alla guari-
gione di scorrere giù fino al tuo cuore e poi fuori verso quella
giovane te stessa nel ricordo sottostante. Continua semplicemen-
te a far scorrere il benessere fino a che l’evento è completamente
colmo di luce, del tutto guarito.’
Lei annuì: ‘Fatto’.
‘Ottimo. Ora vorrei che fluttuassi giù dentro all’evento sulla
time-line e che notassi che la sensazione associata è quella
di essere guarita e di avere un equilibrio emotivo. Rimani là
il tempo necessario per sapere con certezza che va tutto be-
ne.’ Questa è una prova importante. Se Jenny avesse scoper-
to di sentirsi ancora male ad immaginare se stessa durante
l’evento, avrebbe fatto meglio ad uscirne prima e ad elimi-
nare più pienamente le emozioni negative. Ma tutto andava
bene, e Jenny sorrise.
‘Dunque, la prossima cosa che vorrei tu facessi è fluttuare di
nuovo al di sopra dell’evento. Tra un attimo fluttuerai lassù,
e poi da quel momento fin sopra ad adesso. E mentre lo fai,
nota che tutti gli eventi sottostanti che ti provocavano sensa-
zioni simili a quelle dell’evento originario sono stati sanati
nello stesso modo: l’insegnamento archiviato, i sentimenti
liberati guardando da sopra e da prima di essi, gli eventi col-
mi di luce guaritrice, proprio nello stesso modo, da allora fi-
no ad adesso.’
Dopo un minuto circa Jenny ritornò sopra al presente. Prima
che scendesse nel presente, le capitò di guardare al futuro stu-
pita: ‘Ehi! Il mio futuro ora si estende lunghissimo di fronte a
me, ed è pieno di luce’ annunciò deliziata.
Questo era solo il primo di molti cambiamenti. Un paio di set-
timane più tardi Jenny disse che ogni mattina, quando si sve-
gliava, non vedeva l’ora di vivere la giornata. Si godeva di più
la propria famiglia e chiedeva di più alla propria relazione. Si

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132 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

sentiva meglio, fisicamente in buona salute. Aveva ripreso


contatto con vecchi amici e si era iscritta ad alcuni corsi per
apprendere nuove abilità. E cosa era successo agli eventi trau-
matici che la ossessionavano? Ora, spiegò, quando ci pensava
era come se si dicesse: ‘Beh, e con ciò?’.”

Cambiamenti in time-line in altri modelli di psicoterapia


In un certo senso tutte le forme di psicoterapia hanno sempre
avuto lo scopo di ricodificare i ricordi specifici associati ai pro-
blemi della vita. Nel 1885 Sigmund Freud pubblicò il “docu-
mento di fondazione” della psicoterapia occidentale: Studi sul-
l’isteria. In esso annunciava la sua scoperta che i traumi infan-
tili “causano” i problemi psichiatrici:

Molto spesso è un evento dell’infanzia a determinare un sinto-


mo più o meno grave che persiste negli anni. … Questi ricordi
possono emergere vividi e non attenuati come in un’esperienza
recente solamente rimettendoli in discussione sotto ipnosi.
(Freud e Breuer, 1974, p. 393)

Freud nota che i ricordi del paziente sono “posti in sequenze


lineari (come una pila di documenti, un pacchetto etc.)” (Freud
e Breuer, 1974, p. 347). Il suo obiettivo nell’esplorare questi
ricordi con il paziente non consiste nel “cambiare il passato”,
ma nel cambiare il modo in cui la persona risponde ad esso. Le
persone possono ancora rimpiangere il passato, ma non devo-
no esserne tormentate. Possono “riuscire a trasformare la sof-
ferenza isterica in una comune infelicità” (Freud e Breuer,
1974, p. 393).
Carl Jung cercò di enfatizzare il concetto di come la semplice
esplorazione del passato non fosse sufficiente a giovare alla
vita di una persona:

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 133

Il recupero dei ricordi dell’infanzia e la riproduzione di modali-


tà archetipiche del comportamento psichico possono creare un
orizzonte più ampio ed una più grande estensione della coscien-
za, a patto che si riesca ad assimilare ed integrare nella mente
conscia i contenuti perduti e recuperati. (Jung, 1976, p. 90)

“Gli analisti junghiani riconosceranno nella terapia della time-line


un rituale per integrazioni di questo tipo, un percorso metaforico
analogo al viaggio interiore sciamanico” (Grof, 1998, pp. 164-6).
L’analisi transazionale comincia con la comprensione degli sta-
ti dell’ego del Genitore e del Bambino in quanto formatisi con
le esperienze dell’infanzia. Nel processo di ri-decisione il tera-
peuta AT guida la persona a:

[…] rientrare in contatto con le sensazioni del Bambino, che


ha provato al tempo della prima decisione, concludere la fac-
cenda esprimendo quelle sensazioni e sostituire la prima deci-
sione con una nuova e più appropriata ridecisione. Questo si
può fare attraverso fantasie, sogni guidati, o con un “lavoro
sulle scene iniziali”, in cui il cliente risale con la memoria ad
una originaria scena traumatica e ne fa una nuova esperienza.
(Stewart e Joines, 1987, p. 275)

Questo procedimento è un’evoluzione della originaria modalità


di intervento in AT che consisteva nel dare al Bambino il “per-
messo” di godersi la vita e prendere buone decisioni. L’analo-
gia con la terapia della time-line è evidente.
Uno dei principi cardine della terapia Gestalt è il suo concen-
trarsi sull’“ora”. Questo significa forse che gli eventi relativi
alla time-line non vengono affrontati? Assolutamente no. Si-
gnifica che, come in PNL, essi vengono affrontati da una
prospettiva temporale diversa dal solito. Sia la PNL che la
Gestalt sostengono che il passato non va risolto guardandosi

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134 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

indietro dalla posizione dell’“ora”, ma cambiando la propria


prospettiva. Fritz Perls spiega:

Sarebbe inesatto dire che non c’è interesse verso il passato ed


il materiale storico. Questo materiale viene affrontato con cura
quando è sentito come legato ad importanti temi della struttura
della personalità presente. Tuttavia il modo più efficace di in-
tegrare materiale del passato nella personalità consiste nel por-
tarlo – il più pienamente possibile – nel presente… “essere là”
con la fantasia e affrontare il dramma in termini di “presente”.
(Levitsky e Perls, 1982, pp. 144-5)

Questo modo di gestire il passato è in maniera evidente molto


simile allo psicodramma e permette l’introduzione di un sur-
plus di realtà (la creazione di storie alternative all’evento e
l’esplorazione di esso da prospettive non possibili al tempo in
cui ha avuto luogo; v. Blatner, 1988, pp. 83-5). Tecniche di
PNL quali la terapia della time-line ed il reimpriting usano lo
stesso principio. Nella terapia di Reich il processo di gestione
del passato è simile ed enfatizza sia l’espressione fisiologica di
eventi passati, sia il bisogno di risolvere conflitti ed emozioni
allora presenti (v. Lowen, 1972, p. 44).
Carl Rogers, nel suo approccio non-direttivo alla psicoterapia,
non chiede direttamente al cliente di rivisitare esperienze pre-
cedenti. Rogers riconosce tuttavia quanto esse siano importanti
per i clienti e afferma: “Il problema sembra essere lo stesso in
tutti i casi; è il problema di assimilare esperienze negate all’in-
terno di un sé riorganizzato” (Rogers, 1973, p. 104). Spesso,
nota Rogers, questo fenomeno si realizza in larga parte perché
il terapeuta assiste il cliente nel rivivere quelle esperienze in
una nuova luce: la luce della “calma accettazione del cliente”
da parte del terapeuta (Rogers, 1973, p. 194): ciò dà un nuovo
significato all’esperienza.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 135

Nel lavoro di Milton Erickson vediamo l’idea di ri-sviluppare i


ricordi portata all’estremo con la storia dell’Uomo di Febbraio
(Erickson e Rossi, 1989). Erickson lavora con Jane in una serie
di sessioni; Jane dice che nella sua infanzia non è stata amata
dai propri genitori e teme ora di essere incapace di essere, a sua
volta, una buona madre. Con un lavoro di trance, Erickson
“viaggia all’indietro nel tempo” con Jane fino alla sua infanzia e
le fa visita ogni febbraio per darle un’amorevole supporto e ri-
contestualizzare le sue esperienze di bambina. Per esempio le
spiega che, nonostante farsi male a un dito del piede sia stata
un’esperienza dolorosa, “forse un giorno parlerai a una bambina
di come ti sei fatta male al dito del piede. Tu vuoi davvero sape-
re cosa si sente per poterlo spiegare, non è vero?”(p. 47). Erick-
son spiega questo procedimento a Ernest Rossi: “Non si altera
realmente l’esperienza originale; se ne altera la percezione, e
questa diventa il ricordo della percezione” (p. 77). Jane ricorde-
rà d’ora in poi questo momento “doloroso” dell’infanzia come
un momento di apprendimento ad essere una buona madre.
Superficialmente l’ipnosi ericksoniana può sembrare molto
distante dall’approccio cognitivo-comportamentale. In termi-
ni di lavoro con il passato, tuttavia, le tecniche di “immagina-
zione” della CBT (terapia cognitivo-comportamentale) (Lay-
den et al., 1993, pp. 86-92) sono chiaramente simili sia all’ip-
nosi di Erickson che alla visualizzazione della terapia della ti-
me-line. Mary Anne Layden e colleghi descrivono un simile
processo di immaginazione come finalizzato ad esplorare “in-
cidenti critici” del passato e ad alterarne l’interpretazione au-
tolesiva da parte del cliente. Dopo un breve processo di rilas-
samento guidato (che Erickson o un professionista di PNL
chiamerebbero “induzione ipnotica”), il terapeuta cognitivo fa
ricordare alla persona la prima volta in cui ha provato le sen-
sazioni ed emozioni che rappresentano un problema per il
cliente. Mentre ricorda quella circostanza, viene chiesto al

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136 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

cliente di descriverla, per scoprire cosa pensi di aver “appre-


so” sulla vita al tempo dell’esperienza e ri-decidere cosa sia
davvero importante apprendere da quell’esperienza adesso.
Poi si invita il cliente ad aggiungere all’esperienza una qual-
siasi immagine di fantasia che aiuti a rendere positivo il ricor-
do: per esempio, introducendo una persona di supporto che lo
conforti, o immaginandosi di usare delle abilità apprese in
tempi successivi all’evento per gestirlo più adeguatamente.

Ristrutturazione linguistica
Come il nome stesso suggerisce, la Programmazione Neuro-
Linguistica ebbe inizio con l’analisi linguistica della comuni-
cazione impiegata da psicoterapeuti quali Virginia Satir, Mil-
ton Erickson e Gregory Bateson. John Grinder e Richard Ban-
dler individuarono ed organizzarono in categorie gli schemi ri-
correnti presenti nel modus operandi di questi terapeuti, im-
piegando etichette linguistiche riconosciute. Ne risultarono tre
principali gruppi di schemi. Anche in questo caso, la mia in-
tenzione non è insegnarli qui, ma fornire al lettore un’idea di
ciò a cui mi riferisco con l’espressione “modelli linguistici”.
Nella vera e propria applicazione in terapia, come spieghere-
mo più tardi, essi devono essere impiegati con notevole atten-
zione e abilità e nel momento appropriato, per poter essere più
di semplici “intrusioni moralistiche”.

1. Il Meta Modello
Questo modello, basato sul lavoro di Virginia Satir, genera una
serie di domande per suscitare descrizioni dell’esperienza del
cliente più chiare e basate sulla realtà (Grinder e Bandler,
1975). La domanda appropriata è identificata in base alla cate-
goria di affermazioni espresse dal cliente ( “lo schema del Me-
ta Modello”); per esempio:

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 137

Presupposizioni. Se il cliente dice: “Non so perché ho rovina-


to il mio matrimonio”, potrei mettere in discussione la presup-
posizione che la persona ha posto prima di porsi la domanda:
quella di aver “rovinato” il proprio matrimonio. Potrei chiede-
re: “Come sai di aver rovinato il tuo matrimonio?”.

Lettura del pensiero. Se il cliente dice: “So che mia moglie


mi odia”, potrei chiedergli: “Cosa vedi o senti che ti fa pensare
così?”.

Performative perdute. (Quando viene espresso un giudizio


senza identificare chi lo abbia espresso.) Se il cliente dice: “È
sbagliato contraddire il proprio capo”, potrei chiedere: “Secon-
do chi è sbagliato?”.

Equivalenza complessa. (Quando due cose sono descritte co-


me equivalenti l’una all’altra.) Se il cliente dice: “Non ho pas-
sato l’esame, quindi sono un caso senza speranza”, potrei chie-
dere: “In quale maniera il non passare l’esame significa che,
come persona, sei un caso senza speranza?”.

Quantificatori universali. Se il cliente dice: “Niente di quello


che faccio funziona mai”, potrei chiedere: “Niente? Mai? C’è
stata un’unica volta in cui hai fatto qualcosa e ha funzionato?”.

Operatori modali di impossibilità. Se il cliente dice: “Non so-


no in grado di rilassarmi e avere fiducia in me stesso quando
sono al lavoro”, potrei domandare: “Cosa accadrebbe se lo fa-
cessi?” oppure: “Cosa te lo impedisce?”.

Verbi non specificati. Se il cliente dice: “Mio padre mi ferisce


davvero”, potrei chiedere: “Come, specificamente, ti ferisce?”.

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138 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

Sostantivi non specificati. Se il cliente dice: “La gente mi dice


che devo ascoltare di più”, potrei chiedere: “Quali persone?
Chi, specificamente, te l’ha detto?”.

Cancellazioni semplici. Se il cliente dice: “Sono veramente in-


felice”, potrei chiedere: “Riguardo a cosa?”.

Il dottor Thomas Macroy dell’Università di Stato dello Utah


condusse uno studio dettagliato sui componenti di trentuno fa-
miglie, chiedendo loro di quantificare il proprio livello di soddi-
sfazione riguardo al nucleo familiare di appartenenza. In seguito
venne tenuta e audioregistrata una sessione di terapia familiare
per ciascun nucleo familiare coinvolto. I nastri con le registra-
zioni furono analizzati in base al ricorrere di centocinquanta
specifici schemi del Meta Modello. Nelle famiglie in cui la sod-
disfazione era più bassa, venivano impiegati in maniera sostan-
ziale molti più schemi descritti dal Meta Modello, specialmente
le cancellazioni ed i sostantivi non specificati. Questo studio
supporta l’idea che mettere in discussione gli schemi del Meta
Modello sia un modo importante per aumentare la capacità di
raggiungere la soddisfazione sociale (Macroy, 1978).

2. Il Milton Model
Anche questo modello si basa sulle categorie linguistiche del Me-
ta Modello precedentemente descritte. Invece di metterli in di-
scussione, gli stessi modelli linguistici vengono utilizzati in ma-
niera propositiva. Milton Erickson utilizzava queste categorie – in
modo interessante – per creare suggestioni indirette finalizzate al
cambiamento ipnoterapeutico. Erickson usava anche altre catego-
rie di linguaggio già identificate quali il ricalco (pacing, che con-
siste nell’osservare e confermare in parte quello che il cliente sta
già facendo) e le metafore (Bandler e Grinder, 1975). Di seguito
diamo un esempio di questo uso “costruttivo” di simili schemi lin-

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 139

guistici per suggerire cambiamenti in un modo “abilmente vago”.


Le parole in grassetto nel paragrafo successivo andrebbero pro-
nunciate con una tonalità leggermente diversa, per dare luogo a
“comandi nascosti” (un altro schema del Milton Model), ma pro-
babilmente avrete già capito quanto facilmente potete utilizzarli.

Stai leggendo questo testo adesso (ricalco), e potresti essere


molto interessato (lettura del pensiero) ad ascoltare una storia
sul modo in cui Milton Erickson parlava (inizio dell’uso di una
metafora). E il fatto che hai deciso di apprezzarlo proprio
ora (presupposizione) è una buona cosa (performativa perdu-
ta), poiché anche solo leggere questo tipo di esempi significa
che stai imparando molto sul modo in cui Milton parlerebbe
alle persone (equivalenza complessa), e ogni volta (quantifica-
tore universale) che rileggerai questa pagina, potrai scoprire
che (operatore modale di possibilità) apprendi di più (verbo
non specificato) sul tipo di cose che Milton diceva (sostantivo
non specificato) e senza dubbio comprenderai che questo è il
modo in cui Milton Erickson assisteva le persone nel fare
cambiamenti (cancellazione semplice).

Dato che il Milton Model è il contrario del tipo di comunica-


zione chiara che rende la cooperazione possibile, ha anche un
diverso tipo di utilizzo. È il linguaggio dell’influenza. Erickson
lo impiegava per suggerire dei cambiamenti. Donald Moine
dell’Università dell’Oregon realizzò un’audiocasetta di 45 mi-
nuti, in cui registrò degli assicuratori durante le vendite. Il suo
campione includeva sia i migliori venditori che i venditori
“medi”. Gli assicuratori di grande successo usavano molti più
comandi nascosti, equivalenze complesse, letture del pensiero,
metafore, ricalchi e operatori modali di possibilità. Questo lin-
guaggio abilmente vago e suggestivo faceva parte delle loro
abilità nello spingere gli altri al cambiamento (Moines, 1981).

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140 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

3. Gli schemi del modello sleight of mouth


Chiamati anche schemi dell’utilizzazione dei criteri, sono una
serie di maniere per “ristrutturare” (“reframe”, usando un’espres-
sione di Gregory Bateson) l’esperienza di una persona. Furono
codificati per la prima volta da Robert Dilts (Dilts, 1999). Gli
schemi del modello sleight of mouth includono l’impiego del
Meta Modello e del Milton Model così come di una serie di altri
schemi che alterano intenzionalmente il senso che la persona at-
tribuisce a uno specifico evento (modificano, cioè, l’“equivalen-
za complessa” psicologica dell’evento per la persona). Per esem-
pio un cliente potrebbe dire: “Mia mamma era sempre depressa,
così suppongo che anche io sarò sempre depresso”. Quest’affer-
mazione è un’equivalenza complessa e ci dice che attualmente il
significato dato dal cliente al fatto che la propria madre fosse
sempre depressa è che anch’egli sarà sempre depresso (“Mia ma-
dre era sempre depressa” = “Io sarò sempre depresso”). Ci sono
molte cose che si possono fare per annullare questa equivalenza
(cioè “destrutturare” l’affermazione) o per crearne una nuova più
funzionale (cioè “ristrutturarla”). Il sistema originario del model-
lo sleight of mouth comprende più di venti schemi. Per esempio:

a) Uso delle domande del Meta Modello per destrutturare.


Potrei chiedere: “Era sempre depressa? C’è mai stato un
singolo momento in cui non era depressa?”, oppure, “Co-
me, specificamente, pianifichi di ‘essere sempre depres-
so’?”, oppure “In che maniera il suo essere depressa signi-
fica che tu dovrai esserlo?”.
b) Uso del Milton Model per ristrutturare. Potrei raccon-
tare la storia (metafora) di Ted Turner, il cui padre si era
suicidato dopo una lunga vita di depressione; Ted amava
la vita, trasformò la fallimentare agenzia pubblicitaria del
padre nel gigante dei media CNN Time Warner, e fece poi
la più generosa donazione di beneficenza mai fatta da un

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 141

singolo individuo. Mentre racconto questa storia potrei


aggiungere suggestioni nascoste e nuove equivalenze
complesse, per esempio citando che Ted diceva a se stes-
so: “Ted, tu hai visto come si deprimeva tuo padre, e così
sai più di chiunque altro come godere pienamente la vita”.
c) Applicare il modo di pensare (e di esprimersi) della
persona a se stessi. Ciò si può esemplificare dicendo al
cliente: “C’è sempre della depressione nel momento in cui
si cresce e ci si evolve nel modo migliore, non è vero?”.
d) Identificare una questione che sia più importante. Po-
trei dire: “Invece di pensare a quello che è accaduto a te o
a tua madre in passato, non è più importante pensare a co-
me potresti diventare un modello positivo per i tuoi figli?”.
e) Identificare l’intenzione che sta dietro alla frase della
persona, e discuterla invece della frase stessa. Potrei
sottolineare: “Immagino che la tua intenzione sia di pro-
teggerti dalla delusione potenzialmente insita nel provare
e fallire. Mi chiedo se hai notato che l’unico modo per
proteggersi davvero dal senso di fallimento consiste nel
fare del tuo meglio per vivere il tipo di vita che davvero
vuoi vivere”.

Un semplice schema linguistico come la ristrutturazione con i


modelli sleight of mouth è sufficiente per cambiare un serio
problema psichiatrico? A volte lo è. Il dottor Lewis Baxter
(1994) dimostrò che i clienti con disturbi ossessivo-compulsivi
presentano un’aumentata attività delle reti neurali all’interno
dei nuclei caudati del cervello (dimostrato sulla base di scan-
sioni PET del cervello). Medicinali come il Prozac fanno au-
mentare i livelli di serotonina riducendo così l’attività dei nu-
clei caudati. Baxter scoprì che quando i clienti ripetevano una
semplice ristrutturazione su se stessi, la scansione PET dimo-

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142 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

strava la stessa crescita dei livelli di serotonina e lo stesso calo


di attività nei nuclei caudati. Parole scelte con precisione hanno
un effetto sulle reti neurali stato-dipendenti.

Ristrutturazione linguistica: case study


Lucy venne a parlarmi durante una pausa mattutina durante un
seminario. Mi spiegò che stava cercando di smettere di fumare
e che aveva provato inutilmente numerose tecniche di PNL.
Sapendo di avere a disposizione solo cinque minuti, decisi di
usare uno schema del modello sleight of mouth. Le dissi: “Co-
sì, se hai provato molte cose e non hanno funzionato, significa
che c’è una parte di te che non accetta l’idea che cambiare sia
funzionale. Giusto?”. Lei annuì. “E se tu sapessi qual è l’inten-
zione di quella parte nel farti fumare? Cosa sta cercando di fa-
re per te, facendoti continuare a fumare?”
Ci pensò un momento e rispose: “Vuole aiutarmi a rilassarmi”.
“Bene, ora vorrei che valutassi molto attentamente la mia
prossima affermazione. Qualsiasi cosa, tranne smettere com-
pletamente di fumare e avere i polmoni sani, ti impedisce di ri-
lassarti quanto meriti.”
Lucy mi guardò disorientata. “So che hai detto qualcosa e ho se-
guito ogni parola, ma non sono riuscita ad ‘ascoltare’ la frase.”
“Va bene,” spiegai, “perché il tuo cervello avrebbe bisogno di
cambiare per poter elaborare pienamente la frase. La frase co-
mincia ad agire parlando alla rete neurale, dove l’azione di fu-
mare viene generata e si espande fino a contattare le tue inten-
zioni più alte. È una sorta di integrazione linguistica delle parti.”
Ripetei la frase accuratamente quattro volte e Lucy disse solo di
sentire “che il significato era importante e ce l’ aveva quasi fatta
a coglierlo”. Mi chiese di scriverle la frase, io le dissi di legger-
la spesso a se stessa fino a comprenderla. La comprensione co-
sciente ci avrebbe messo del tempo ad emergere. Lucy qualche
mese più tardi mi riferì che “non era riuscita” a fumare una sola

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 143

sigaretta da quando avevamo parlato. La ristrutturazione che im-


piegai è uno specifico schema sviluppato da Tad James e chia-
mato “linguistica quantica” (James, 1996).

Ristrutturazione linguistica in altri modelli di psicoterapia


Fin dai suoi albori, la psicoterapia ha prestato grande atten-
zione al linguaggio impiegato dai terapeuti. Quando uno psi-
canalista fa un’interpretazione standard quale “Tu vuoi da me
quello che volevi da tua madre” (Olinick, 1980, p. 19), forni-
sce un significato nuovo relativamente a un comportamento.
Un comportamento che avrebbe potuto essere precedentemen-
te definito come pieno di pretese, fastidioso o malato, viene
ridefinito come una strategia che è stata utile nella storia del-
la persona, ma che viene ora applicata impropriamente in una
situazione nuova. In generale, ogni forma di terapia ha i pro-
pri modelli di comprensione degli eventi umani. Ogni tera-
peuta fornisce delle nuove cornici interpretative che innanzi-
tutto propongono un significato per i dilemmi del cliente in
questi termini e, in secondo luogo, dimostrano come il pro-
cesso terapeutico li possa risolvere.
In un libro curato da Carl Jung (1976, pp. 329-35), la psica-
nalista Jolanda Jacobi racconta di un caso in cui il suo clien-
te sognava una giovane donna – un’attrice che indossava una
lunga veste fluttuante. Il cliente non aveva un ruolo nella
scena, ma era colpito dal ruolo della donna. Jacobi sottolinea
che la donna rappresenta sia la madre del cliente che la sua
(del cliente) parte femminile inconscia. Il cliente, suggerisce
Jacobi, sta evitando di partecipare attivamente alla messa in
scena della vita, come vorrebbe il suo lato femminile più
emotivo. Ancora una volta, questa ricontestualizzazione del-
l’esperienza trasforma un semplice messaggio misterioso in
un’opportunità di apprendere nuove strategie e riappropriarsi
di “parti” dell’esperienza.

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144 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

In alcune forme di psicoterapia non vengono offerte interpreta-


zioni dirette. Nella terapia Gestalt, se il terapeuta identifica un
altro significato relativamente a una situazione, dice per esem-
pio: “Posso suggerirti una frase?” e chiede alla persona di for-
mulare un’asserzione che approfondisca il significato attribuito
alla sua esperienza. Fritz Perls riconosce che questa è una ma-
novra interpretativa (Levitsky e Perls, 1982, p. 153), ma mette
in evidenza il fatto che lascia al cliente la possibilità di scoprire
un nuovo significato correlato o di respingere questa opzione.
Nelle terapie corporeee le interpretazioni si concentrano sulla
struttura fisica. Alexander Lowen dice che un buon terapeuta
bioenergetico deve saper “leggere caratterialmente il corpo”
(Lowen, 1971, pp. 5-7). Spiegando il significato degli schemi
corporei si dà ancora una volta un nuovo “senso” ai problemi
della persona e li si contestualizza come qualcosa che può esse-
re cambiato (con gli esercizi bioenergetici).
Mentre molti modelli terapeutici contemplavano esplicitamen-
te tra gli obiettivi l’attribuzione di un nuovo significato, o “ri-
strutturazione”, lo scopo dichiarato di Carl Rogers era di atte-
nersi al significato attribuito dal cliente. È tuttavia importante
notare che ogni volta che un terapeuta pronuncia un’afferma-
zione empatica con i propri clienti, lo fa impiegando i propri
schemi di riferimento. Se un cliente dice: “Mia madre blocca
sempre i miei progressi” e il terapeuta risponde: “Ti senti fru-
strato dalle cose che fa”, questa è una ristrutturazione radicale.
Il cliente ha affermato che la madre è il soggetto attivo nella vi-
cenda; il terapeuta ha focalizzato l’attenzione su quali sono le
sensazioni della persona a riguardo, considerando questo come
l’elemento chiave. Come nota Rogers, il fatto che i terapeuti
centrati sul cliente focalizzino l’attenzione del cliente sulle sue
emozioni, percezioni e valutazioni determina un cambiamento
in ciò su cui l’attenzione del cliente si concentra (Rogers, 1973,
p. 135). E questa è ristrutturazione.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 145

Cambiare le dinamiche interpersonali


Uno dei primi libri di PNL fu Changing with Families, scritto
dai co-fondatori della PNL e da Virginia Satir (Bandler, Grin-
der e Satir, 1976). In esso vengono introdotti gli elementi cen-
trali di un approccio PNL alla costruzione cooperativa di rela-
zioni interpersonali. Tra detti elementi spiccano un modello per
la creazione del rapport, un modello delle differenze di perso-
nalità e un modello per la risoluzione dei conflitti.
In PNL vengono fatte due distinzioni a livello di personalità. La
prima è quella che riguarda i criteri usati per le strategie di prio-
rità della persona: i “valori”. I valori sono solitamente descritti in
termini generalizzanti, e sono i criteri in base ai quali prendiamo
decisioni e valutiamo le nostre azioni. Per esempio, uno dei miei
valori è l’“onestà”, prendo decisioni su cosa dire e fare in base a
questo criterio, e verifico se sono soddisfatto delle mie azioni ap-
plicando lo stesso principio. Le persone tendono ad avere una
“gerarchia dei valori”. Per esempio, potrei avere il valore
dell’“onestà” e anche quello di “non ferire i sentimenti delle per-
sone”. Quando i miei amici mi chiedono se mi piacciono i loro
nuovi vestiti, e non mi piacciono, la mia risposta sarà basata sul-
la gerarchia di questi miei due valori (ossia su quale dei due sia
più importante). Se è gerarchicamente più importante l’onestà,
probabilmente dirò loro, con gentilezza, la verità; se non ferire i
sentimenti delle persone è un valore gerarchicamente più impor-
tante, potrei “educatamente” fare loro dei complimenti.
Il secondo tipo di distinzioni in termini di personalità descritto
in PNL è quello che riguarda le strategie di alto livello che le
persone usano per catalogare le proprie esperienze. Si tratta di
differenze nelle meta-strategie, o “meta-programmi”, delle per-
sone. Per esempio, quando le persone studiano un argomento
(come la PNL), possono essere più interessate alla panoramica
complessiva e alle idee generali, oppure ai fatti dettagliati e ai
dati sperimentali. In PNL chiamiamo questo meta-programma

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146 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

“chunk size” [dall’inglese, “chunk”, pezzo; “size”, dimensioni,


NdT]. La preferenza individuale per un “chunk up” che va dal
particolare al generale o per un “chunk down” che procede ver-
so lo specifico è una strategia che applichiamo in una vasta
gamma di situazioni e in base alla quale decidiamo persino
quali altre strategie attuare. Un altro esempio di differenza a li-
vello di meta-programma che abbiamo già discusso in questo
libro è la preferenza sensoriale (se cioè si preferisca elaborare
le informazioni con la modalità visiva, auditiva o cinestesica).
Questa preferenza determina quali altre strategie verranno sele-
zionate e attuate. Le tipologie di personalità identificate da Carl
Jung (introverso/estroverso, riflessivo/emotivo, intuitivo/per-
cettivo) sono considerate in PNL come meta-programmi.
Creare relazioni basate sulla cooperazione significa anche aiuta-
re le persone a comprendere differenze quali quelle a livello di
valori e di meta-programmi; significa anche aiutare le persone ad
allinearsi alle diverse personalità e dare loro una cornice di rife-
rimento all’interno della quale trovare soluzioni quando le diffe-
renze creano conflitti. Un semplice esempio di allineamento di
meta-programmi è il counseling, in cui generalmente il counse-
lor impiega l’ascolto riflessivo per creare empatia con i clienti.
Uno studio di William Brockman rivela che questo processo mi-
gliora fortemente se il counselor ricalca il sistema sensoriale con
cui il cliente si esprime (ad esempio dicendo “Il modo in cui vedi
questa cosa…” se il cliente parla della propria esperienza in ma-
niera visiva; dicendo “Lo senti come…” se la persona parla cine-
stesicamente; dicendo “Mi suona come qualcosa che…” se la
persona parla auditivamente). Nello studio di Brockman i coun-
selor che ricalcavano il meta-programma sensoriale dei clienti
vennero preferiti con un rapporto di tre ad uno. Cambiare il mo-
do in cui le persone si relazionano a livello interpersonale ha sia
l’effetto immediato di cambiare la relazione trattata, sia effetti di
riverbero sulle persone coinvolte e sulle loro altre relazioni.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 147

Durante una ricerca presso una scuola superiore in Nuova Ze-


landa, la mia collega Margot Hamblett ed io abbiamo tenuto un
corso di 24 ore in abilità di comunicazione PNL a dieci inse-
gnanti. Il corso era basato sul nostro libro Transforming Com-
munication (Bolstad e Hamblett, 1998). Studiammo sette classi
(200 studenti), tre delle quali avevano per più di metà delle lo-
ro lezioni i professori che avevamo formato. Al follow-up di
controllo, sei mesi più tardi, fummo in grado di notare notevoli
differenze tra le classi con i professori che avevano ricevuto
una preparazione in PNL e le altre (Bolstad e Hamblett, Set-
tembre, 2000). In primo luogo l’atteggiamento degli studenti
nei confronti della scuola era cambiato. I professori formatisi
in PNL ci dissero che il loro problema maggiore, la scarsa mo-
tivazione, era semplicemente scomparso dalle loro classi. I loro
studenti concordarono: il numero di coloro che si valutavano
come “per nulla” disposti a cooperare a scuola era sceso dal 6%
al 4% nelle altre classi, e dal 6% a zero nelle classi con profes-
sori formati in PNL. Il numero di studenti che diceva di fare
domande in classe “ad ogni occasione possibile” nel gruppo di
controllo scese dal 12% al 3%: essi diventarono meno motivati
di quanto erano stati l’anno precedente. Nel gruppo con profes-
sori addestrati in PNL, la percentuale salì al 13%.
Ma l’informazione più interessante non riguardava la relazione
tra studenti e professori, bensì quelle tra gli studenti stessi.
Molta preoccupazione era stata destata, all’interno della scuola,
dal problema della violenza di studenti su altri studenti (bulli-
smo) ed era stato avviato un programma per ridurre il fenome-
no. Chiedemmo agli studenti quanto spesso avessero visto uno
studente minacciare, colpire o ferire un altro studente durante
la settimana appena trascorsa. Il numero di coloro che non era-
no stati testimoni di simili episodi rimase stabile al 40% nel
gruppo di controllo, ma salì al 64% nei gruppi con professori
addestrati in PNL. Questo ed altri simili risultati supportarono

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148 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

fortemente la nostra teoria che gli studenti avrebbero modellato


le abilità per una più efficace comunicazione dai loro professo-
ri. Lo stesso corso basato sulla PNL viene somministrato ai di-
rigenti della Bank of New Zealand, a coppie, genitori, profes-
sionisti della salute, sacerdoti e counselor. In tutti questi casi
gli effetti di riverbero si allargano ai “clienti” di queste catego-
rie. Cambiare le relazioni cambia il loro mondo psicologico.

Cambiare le dinamiche interpersonali: case study


Sally ed Andrew vennero a consultarmi a causa dei continui
conflitti nel loro matrimonio. Guardando il soffitto, Andrew
spiegò: “Una delle cose che vedo circa la nostra relazione è la
mancanza di attenzione nei miei confronti. A volte torno a casa
e la cucina è un totale caos… le cose che avevo messo in ordi-
ne in ingresso sono sparpagliate sul pavimento. A volte sembra
che lei non si spazzoli nemmeno capelli!”.
Sally sospirò e guardò in basso, verso il pavimento. “Beh,
quando arrivi a casa sei sempre così di fretta, comunque. Sento
che non abbiamo un contatto. E suppongo che sia vero che la-
scio le cose in giro. Investo le mie energie nell’assicurarmi che
la casa dia una sensazione di comodità ai bambini… e a noi,
così credo di non essere consapevole di dove siano le cose tan-
to quanto lo sei tu. Ma comunque ho la sensazione che tu in
ogni caso non voglia realmente essere là con noi.”
Fin dall’inizio potevo sentire dai loro discorsi che queste due
persone si amavano, ma non parlavano la stessa lingua. In ter-
mini di PNL, Sally si concentrava sulle informazioni cinestesi-
che per verificare se Andrew l’amasse; Andrew, invece, si ba-
sava sui segnali visivi. Erano sintonizzati su canali diversi.
Anche solo ascoltare questa spiegazione fu una profonda rive-
lazione per entrambi. La mia spiegazione relativa ai sistemi
sensoriali era, in termini di PNL, una “ristrutturazione”. En-
trambi avevano dato per scontato che il conflitto significasse

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 149

che l’altro stava sbagliando. C’erano lacrime negli occhi di en-


trambi quando parlarono di come fossero diversi, e non più di
come uno dei due avesse “torto” o “ragione”.
Mentre la nostra discussione continuava, ricorsi a diversi sche-
mi linguistici della PNL per guidare Sally ed Andrew nella
scoperta del loro stile di relazione, e per modificarlo creando
la possibilità di sviluppare i livelli di gratificazione che vole-
vano nel loro rapporto. Di seguito, un altro esempio estratto
dallo stesso colloquio:

ANDREW (a Sally): Tu semplicemente non vuoi vedere le cose


dal mio punto di vista. Ecco cosa vedo!
RICHARD: Così, questo è il punto. Posso verificare come speci-
ficamente fai a sapere che lei non vuole vederle?
ANDREW: Beh, potevo vedere che non mi stava ascoltando
quando le dicevo quelle cose.
RICHARD: Oh, così hai avuto l’impressione che non ti stesse
ascoltando. (A Sally) Lo ascoltavi?
SALLY: Certo che ascoltavo. Ho ascoltato ogni singola parola.
Tu mi insulti sempre in questo modo.
RICHARD: Così, per quanto ti riguarda tu stavi ascoltando. (Ad
Andrew) E per quanto ti riguarda, lei non ascoltava. Cosa do-
vresti vedere per essere sicuro che ti stia ascoltando?
ANDREW: Beh, se mi guardasse ovviamente mi starebbe ascoltando.
RICHARD (a Sally): Sapevi che questo è ciò di cui lui ha biso-
gno per sentirsi ascoltato?
SALLY: No.
RICHARD: Così questo probabilmente è successo molte volte, e
quando lui se ne lamentava tu ti sentivi insultata. Non è così?
SALLY: Sì. E credo che, una volta che mi sento in questo modo,
effettivamente ascolto meno.

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150 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

ANDREW: Esattamente. E allora come faccio a sapere se mi


ascolti, se non mi guardi nemmeno?
RICHARD: È proprio questo che stiamo cercando, non è così?
Un modo perché tu possa sapere realmente se ti sta ascoltando.
E una soluzione potrebbe essere che lei ti guardi. Un’altra cosa
che potrei aggiungere è: ti senti ascoltato da me?
ANDREW: Certo.
RICHARD: È perché so che una delle cose che sto facendo consi-
ste nel controllare se ho capito quello che mi vuoi far vedere pri-
ma di risponderti ogni volta. È come se riflettessi l’immagine
che mi trasmetti per vedere se ho ricevuto quella giusta. E que-
sto fornisce ad entrambi feedback per constatare se ti ho capito.
I miei commenti qui riportati ricorrono al Meta Modello (per
verificare cosa succede specificamente e per mettere in discus-
sione la lettura del pensiero) e al ricalco verbale (ascolto rifles-
sivo/riaffermazione di ciò che è stato detto). Sto anche inse-
gnando esplicitamente le abilità di comunicazione della PNL. Il
mio obiettivo non è solo risolvere i loro problemi attuali, ma
anche rendere i due capaci sia di risolvere sfide future, sia di
creare una relazione più collaborativa. Mentre insegno, tuttavia,
utilizzo le nostre interazioni come un modello di quello che sto
raccomandando loro di fare. Sto in effetti contemporaneamente
insegnando come risolvere i conflitti. In questo caso il conflitto
riguarda la maniera di parlare e ascoltare. Identifichiamo un di-
saccordo su questo punto quando due persone hanno dimostrato
diversi modi di reagire. Invece di cercare di scoprire chi ha “ra-
gione” e chi ha “torto”, dirigo la conversazione verso la crea-
zione di soluzioni che soddisferanno gli interessi di entrambi.
Lavorare con le coppie è veramente molto gratificante. Duran-
te quattro sessioni di un’ora ciascuna, Andrew e Sally hanno
appreso ad usare le distinzioni della PNL per spiegare le loro
preferenze e ad usare le abilità comunicative di base per risol-
vere i conflitti in una maniera soddisfacente per entrambi.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 151

Questa relazione, apparentemente impossibile per entrambi,


era, in effetti, ricca di intenzioni positive e di possibilità.

Cambiare le dinamiche interpersonali in altri modelli


di psicoterapia
Riconoscendo il transfert (la risposta interpersonale del cliente al
terapeuta, basata su precedenti relazioni) come proprio contenuto
fondante, la psicanalisi confermò il ruolo chiave delle dinamiche
interpersonali nel campo del cambiamento umano (Olinick, 1980,
p. 198). Al tempo in cui la PNL venne sviluppata, l’importanza
delle dinamiche interpersonali in psicoterapia era già largamente
riconosciuta e compresa. Si stava perfino sviluppando, seppur in
maniera piuttosto confusa, un gergo tecnico condiviso per la psi-
coterapia interpersonale. Per esempio la parola “gioco” viene usa-
ta nella terapia Gestalt per descrivere qualsiasi interazione gioco-
sa strutturata (Levitsky e Perls, 1982, p. 149), mentre la stessa pa-
rola viene usata in AT per descrivere certe spiacevoli transazioni
di stato dell’ego Bambino-Bambino con inaspettati cambiamenti
(Stewart e Joines, 1987, pp. 231-58). Il termine “gioco” rimpiaz-
zò in larga misura parole come “trasfert”, che è evidentemente un
termine ad esso correlato. La PNL si è sviluppata in un contesto
in cui la terapia aveva luogo soprattutto in situazioni di gruppo.
Virginia Satir lavorava usando un modello di psicodramma nella
terapia familiare (Satir e Baldwin, 1983); Fritz Perls sosteneva
che la terapia individuale fosse obsoleta (Perls, 1969, p. 73); e
Carl Rogers affermò che la sua completa attenzione nella terapia
centrata sul cliente si era spostata sul lavoro con grosse organiz-
zazioni e gruppi di incontro (Rogers, 1974, p. 7). L’analisi transa-
zionale era per definizione l’analisi delle transazioni tra persone
(Stewart e Joines, 1987, pp. 3-4), e Milton Erickson assegnava ai
suoi clienti compiti di interazione con altre persone piuttosto che
esercizi meramente introspettivi (Walters e Havens, 1994, pp.
173-6). La terapia comportamentale si concentrava sul modella-

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152 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

mento e sul rinforzo sociale (Krumboltz e Thoreson, 1976, pp. 2-


24), e la terapia junghiana esplorava l’interazione tra persone ap-
partenenti a diversi tipi psicologici e l’importanza del “lato oscu-
ro” nelle relazioni sociali (Whitmont, 1991, pp. 138-55; p. 168).
Wilhelm Reich, principale iniziatore del campo della terapia del
corpo, sostenne addirittura che la causa di tutte le nevrosi fosse la
repressione sessuale imposta dalle società gerarchicamente orga-
nizzate, e vedeva se stesso come un rivoluzionario sociale (Reich,
1971). In qualche modo, ciascuna forma di terapia ha scoperto
una maniera per riconoscere l’importanza delle relazioni per la
salute e la guarigione.

Cambiare il contesto fisiologico *


La maggior parte dei processi di cambiamento nella PNL richie-
de relativamente pochi effettivi movimenti del corpo per la pro-
pria attuazione. Tuttavia la PNL impiega tecniche psicodramma-
tiche per creare “ancore spaziali” (v. Grinder e Bandler, 1976, p.
67) e ha sempre riconosciuto l’importanza della fisiologia (mo-
vimenti del corpo e postura) nel determinare gli stati mentali ed
altri risultati psicologici (O’Connor e Seymour, 1990, pp. 63-5).
Nelle prime fasi dello sviluppo della PNL, John Grinder presen-
tò un processo di cambiamento, definito a volte “editing” e a
volte “pulizia dei circuiti”, basato sull’idea di elaborare un pro-
blema psicologico mentre si è impegnati in un compito fisico che
richiede movimenti bilaterali; un esempio da lui descritto consi-
steva nell’uso di esercizi da giocoliere (v. DeLozier e Grinder,
1987, pp. 162-3; 247-8; 371-2). Steve e Connirae Andreas inse-
gnavano questo processo come la “tecnica delle dita in PNL” e

* In questo volume, se non diversamente specificato come nel caso di "fisiolo-


gia della visione", si intenderanno "fisiologici" e "relativi alla fisiologia" tutti i
movimenti e i fenomeni che riguardano la postura, la gestualità, la mimica e le
posizioni corporee.

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 153

poi come “Eye Movement Integrator” (Andreas, 1992, pp. 9-10).


In questo esercizio si fa seguire ai clienti il dito del professioni-
sta che si muove di fronte ai loro occhi, da un lato all’altro, su e
giù e da un angolo all’altro, mentre essi mantengono in mente il
problema che vogliono risolvere.
Al di fuori del campo ufficiale della PNL, la dottoressa
Francine Shapiro ha sviluppato una variante dell’Eye Move-
ment Integrator chiamata EMDR (Eye Movement Desensiti-
sation and Reprocessing – desensibilizzazione e rielabora-
zione attraverso i movimenti oculari). Un vasto corpo di ri-
cerche ha supportato l’uso di questo metodo, specialmente
per i PTSD (Shapiro, 1995, pp. 328-41). In questi studi,
l’EMDR riesce ad ottenere risultati di gran lunga migliori
del training autogeno, del biofeedback, del counseling tradi-
zionale, della desensibilizzazione sistematica e di altri pro-
grammi di trattamento dei pazienti. Il modo della Shapiro di
spiegare questo successo, l’elaborazione accelerata di infor-
mazioni, è essenzialmente lo stesso che è stato presentato
nel capitolo precedente (Shapiro, 1995, pp. 28-54). La stu-
diosa suggerisce che mantenendo “il ricordo da trattare” nel-
lo spettro dell’attenzione conscia, la persona attiva la rete
neurale dove esso è archiviato. Il movimento rapido degli
occhi attiva poi il normale sistema di elaborazione delle in-
formazioni della persona e muta quindi l’organizzazione
delle informazioni fino ad ottenere il contatto con la rete
neurale dove vengono archiviate le nuove risorse. Shapiro
nota che, come altre tecniche di PNL, l’EMDR porta al cam-
biamento di convinzioni, risposte emozionali e submodalità
nei ricordi di eventi significativi per la persona (es.: vedere
l’immagine ricordata di un aggressore ridursi di dimensio-
ni). Anche se Francine Shapiro riconosce i propri legami con
le terapie ericksoniana e cognitivo-comportamentale, non
vede il modello EMDR come un processo di PNL.

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154 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

Il dottor Roger Callahan è uno psicologo formatosi in PNL,


agopuntura e kinesiologia applicata. Basandosi su intuizioni in
questi tre campi ha sviluppato la Thought Field Therapy (TFT)
(Callahan, 2001), un altro modello di cura rapida basato sul te-
nere a mente la situazione problematica mentre si attua un in-
tervento di carattere fisiologico. Nel caso della TFT, il tera-
peuta applica una pressione con le dita su certi punti dell’ago-
puntura sulla testa, sul dorso della mano e sul torace della per-
sona. A volte queste pressioni vengono applicate in concomi-
tanza con movimenti oculari simili a quelli dell’EMDR o della
PNL. Callahan fa anche ripetere ai clienti alcune affermazioni
a se stessi mentre vengono loro applicate le procedure TFT.
Degli algoritmi prevedono una specifica sequenza per ciascun
tipo di problema emozionale. La Thought Field Therapy è ba-
sata su un modello energetico del corpo umano piuttosto vici-
no a quello dell’agopuntura tradizionale. Studi presso la Flori-
da State University hanno confrontato l’EMDR, la TFT e la
cura delle fobie in PNL, nel trattamento di fobie e PTSD. Tut-
te e tre le forme terapeutiche si sono rivelate efficaci; la TFT
ha prodotto i benefici più rapidi e intensi, stando l’autovaluta-
zione soggettiva dei clienti (Callahan, 2001, p. 42).

Cambiare il contesto fisiologico: case study


In una dimostrazione videoregistrata alla Conferenza sulla te-
rapia breve del 1993 della Fondazione Milton Erickson, Ste-
ve Andreas lavora con J., un reduce dal Vietnam che soffre di
PTSD da 24 anni. Steve usa la sua versione dell’Eye Move-
ment Integrator della PNL. All’inizio della sessione Steve
chiede a J. di portare il suo livello di malessere al 100%; que-
sto significa: esperienze di battito cardiaco accelerato, sensa-
zioni di tensione fisica e immagini ricordate del Vietnam.
Fissato questo parametro massimo, J. Deve descrivere qual-
siasi cambiamento, sia in peggio che in meglio, in termini di

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 155

percentuale. Steve spiega che probabilmente la qualità delle


sensazioni cambierà, e che anche i ricordi di J. muteranno
durante la sessione.
Dopo circa dieci minuti, J. scopre di essere in grado di richia-
mare l’intera scena della guerra che così tanto lo disturba (pri-
ma riusciva a vedere solo dei flash-back dell’inizio della sce-
na). A questo punto misura il proprio malessere ad un livello
del 150% – più alto di quando avevano iniziato – e le sue mani
sudano copiosamente. Dopo altri cinque minuti anche questa
scena diventa gestibile e il malessere scende al 60%. Presto J.
nota che la “scena” mentale originaria si è spostata in avanti ad
alcuni metri di distanza da lui e che la percentuale scende al
20/30%. Solo alcuni rumori del ricordo denotano ancora un
certo potenziale di disturbo. Infine, J. Dice: “Sento che dovrei
essere nervoso…ma non lo sono!”. Steve chiede: “È possibile
far tornare quelle immagini?”. J. dice che, anche se può ancora
vedere alcune delle immagini, queste non gli suscitano più
nessuna delle sensazioni che erano solite causare, e in effetti è
perfino in grado di apprezzare il colore dei “traccianti” sparati
nel cielo nella scena. Dopo quaranta minuti l’esperienza che lo
aveva ossessionato disturbandolo per un quarto di secolo è
scomparsa. J. completa la sessione raccontando al pubblico la
storia del conflitto a fuoco che precedentemente lo disturbava
e notando quanto ora lo lasci molto calmo.

Cambiare il contesto fisiologico in altri modelli di


psicoterapia
Anche se non essenziali in quei modelli, processi fisiologici
simili erano conosciuti sin dall’inizio della psicoterapia. In-
fatti la respirazione eseguita alternando la narice destra e
quella sinistra usata nello yoga (Rossi, 1986, pp. 121-4), è
una forma di “editing” simile agli esercizi da giocoliere o ai
movimenti oculari integrativi. Sigmund Freud parla di una

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156 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

tecnica in cui applica una pressione sulla fronte del cliente e


la mantiene mentre chiede alla persona cosa le viene in mente
(Freud e Breuer, 1974, pp. 354-63). Immagini, intuizioni e
cambiamenti spesso fluivano nella mente della persona men-
tre Freud seguiva questa procedura.
Nella storia della terapia ci si è imbattuti ripetutamente in
processi simili, spesso quasi per caso. Alexander Lowen (Lo-
wen e Lowen, 1977, pp. 96-7) descrive il processo dei movi-
menti oculari integrativi come un esercizio bioenergetico
(muovendo gli occhi da un lato all’altro, su e giù e in cerchio)
circa un decennio prima che la PNL o l’EMDR lo formaliz-
zassero. Molti esercizi bioenergetici sono chiaramente basati
su questo principio.
Cambiare lo stato semplicemente usando il corpo in modo di-
verso è di per sé un intervento molto potente. Ciò si rileva par-
ticolarmente nei casi di depressione, che causano un rallenta-
mento del movimento corporeo. Thayer (1996, p. 191) cita uno
studio in cui a donne depresse venne assegnato il compito di
camminare rapidamente per quindici minuti al giorno. Quelle
che portarono a termine il compito migliorarono il proprio
umore, ma solo il 50% di esse lo fece. Il dottor Robert Holden
(1993), che dirige la Laughter Clinic al West Birmingham He-
alth Authority in Inghilterra, cita l’intuizione di William James:
“Noi non ridiamo perché siamo felici. Siamo felici perché ri-
diamo”. Holden cita prove materiali del fatto che ridere alza il
livello di immunoglobulina, restituisce energia, abbassa la
pressione sanguigna, massaggia il cuore e riduce lo stress
(1993, pp. 33-42). Un centinaio di risate al giorno sono l’equi-
valente di dieci minuti di jogging.
D’altro canto la fisiologia offre molti modi diversi di rilas-
sarsi alle persone ansiose: ad esempio si può dimostrare loro
come interrompere la contrazione dei vari gruppi muscolari,
prestare attenzione all’espirazione piuttosto che all’inspira-

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 157

zione, respirare dalla narice non dominante (Rossi, 1996, pp.


171-2) e orientarsi veso immagini interne piacevoli. L’obiet-
tivo è insegnare alle persone ad andare in trance da sole,
usando ancore sotto il loro controllo. Ernest Rossi sottolinea
(Rossi, 1996, pp. 279-313) che i clienti traggono beneficio
dal fare ciò più volte al giorno, così da ristabilire un naturale
ciclo di riposo ultradiano. Come Rossi, anche noi abbiamo
notato che molti clienti ansiosi non avranno più problemi se
riusciranno a riposare per dieci minuti ogni novanta, stenden-
dosi sul proprio lato dominante (quindi aprendo la narice non
dominante).

Assegnare dei compiti


Assegnare dei compiti sposta il fulcro del cambiamento dalla
sessione terapeutica alla vita quotidiana del cliente. Ciò signifi-
ca assegnare alla persona un’attività funzionale dal punto di vi-
sta terapeutico da svolgere nella vita quotidiana, tra una sessio-
ne terapeutica e l’altra. Potrebbe essere semplice come la “for-
mula del compito della prima sessione” prescritta dalle terapie
centrate sulla soluzione, ossia: “Nel periodo che va da ora alla
prossima volta in cui ci incontreremo, vorrei che osservassi, in
modo da descrivermelo la prossima volta, ciò che accade nella
tua (famiglia, vita, matrimonio, relazione) e che vuoi continui
ad accadere” (Miller et al., 1996, pp. 256-8). Questo compito
richiede che la persona pratichi un nuovo meta-programma
(strategia personale): passare in rassegna le esperienze e identi-
ficare quelle che si desiderano in quantità maggiore. Le ricer-
che suggeriscono che i clienti a cui viene assegnato questo
compito hanno maggiori probabilità di riferire che i loro pro-
blemi stanno diminuendo, e di avere sensazioni positive riguar-
do all’andamento della terapia.
Milton Erickson raggiungeva molti dei sui successi clinici ri-
correndo a compiti accuratamente progettati per il cliente. I

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158 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

compiti assegnati da Erickson assumevano le forme più svaria-


te e consistevano in:

• Compiti che facciano mettere in pratica al cliente una nuo-


va strategia funzionale, che risulti ovviamente utile per il
raggiungimento dei suoi obiettivi (per esempio in un pro-
cesso di counseling relativo ad un matrimonio, potrei dire
alla persona: “Devi dire ogni giorno a tua moglie una cosa
che apprezzi sinceramente del suo comportamento”).
• Compiti che facciano mettere in pratica ai clienti una
strategia che affronta il problema fondamentale che il te-
rapeuta sospetta abbia impedito il cambiamento (per
esempio, nella stessa situazione di cui sopra, se pensassi
che l’uomo non fa complimenti alla compagna perché ha
scarsa stima di se stesso, potrei prescrivergli: “Scopri
una cosa al giorno che apprezzi di te stesso, e fatti un
complimento guardandoti allo specchio e dicendoti
quanto apprezzi questa cosa”).
• Compiti che facciano mettere in pratica al cliente una fun-
zione ambigua e metaforica (per esempio, nella solita si-
tuazione, potrei dire all’uomo: “Acquista una pianta in va-
so, e ogni giorno della prossima settimana cambiane la po-
sizione, così potrai apprezzarla guardandola da una nuova
prospettiva; considera poi che effetto quest’azione potreb-
be avere sulla crescita della pianta e sulla sua bellezza”).
• Compiti che prescrivano il problema (per esempio, potrei
suggerire alla persona: “Evita ogni osservazione che tua
moglie possa intendere come un complimento, con l’ecce-
zione di un commento al giorno; scegli quel commento
con cura e assicurati di non dire niente su qualsiasi altro
comportamento o qualità di tua moglie che noti e che ti
faccia sentire bene”).

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 159

Assegnare dei compiti: case study


La storia seguente è tratta dal lavoro di Milton Erickson descritto
nel libro di David Gordon e Maribeth Meyers-Anderson Phoenix
(1981, pp. 44-6). Essa esemplifica una varietà di compiti.
Alcuni anni fa ricevetti una telefonata da Los Angeles da un
giovane che mi disse: “Sto lavorando su una nave come mari-
naio e sono terribilmente preoccupato di essere sul punto di
andare in orbita”. Gli risposi che pensavo che non fosse consi-
gliabile continuare a lavorare a bordo di quella nave. Così ini-
ziò a lavorare in una miniera. E scoprì che anche se era due
chilometri sottoterra, era ancora ossessionato dalla paura di
entrare in orbita. Venne a Phoenix per consultarmi. Non so co-
me avesse avuto il mio nome, o perché mi avesse scelto, ma
sapevo per certo che aveva già visto NUMEROSI psichiatri e
tutti volevano fargli una terapia shock – la terapia dell’elettro-
shock – a causa dell’idea fissa che aveva di andare in orbita.
Ora, non pensavo che avesse bisogno di una terapia shock. Gli
feci trovare un lavoro in un magazzino. E lui continuava ad
avere la stessa paura. Questa fissazione era tanto intensa che
non sarebbe stato in grado di contare fino a dieci senza fermar-
si per assicurarsi di non essere ANCORA in orbita. Aveva il di-
ritto di sudare per via del calore, ma non di sudare così TAN-
TO. Era così terrorizzato all’idea di andare in orbita... Provai a
distrarlo chiedendogli di contare i passi mentre camminava e
di memorizzare i nomi delle strade, ma quel “sto per andare in
orbita, sto per andare in orbita” lo ossessionava… creava
un’interferenza. Non riusciva a dormire a sufficienza perché
temeva di andare in orbita, e infine realizzai che non avrei po-
tuto fare niente ad eccezione di sedermi con lui e SPIEGAR-
GLI: “Ora, apparentemente il tuo destino è di andare in orbita.
Gli astronauti vanno in orbita e c’è sempre una fine all’essere
in orbita… ritornano nuovamente sulla terra. E, poiché devi
andare in orbita, perché non lo fai UNA VOLTA PER TUT-

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160 LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI

TE??”. Così gli feci prendere delle pillole saline e delle bor-
racce d’acqua e gli dissi di camminare per quattordici ore al
giorno in cima alle MONTAGNE dei dintorni, e di tornare alle
10.30 di sera per fare un resoconto del fatto di non essere an-
cora andato in orbita. Dormì meglio, andando in montagna con
una borraccia e camminando per quattordici ore al giorno, e fi-
nalmente iniziò a diventare un po’ incerto sul fatto di andare in
orbita. Poi sua sorella venne a chiedermi se lui potesse andare
in California, dove lei abitava. Disse che suo marito aveva un
lavoro, ma non voleva o non poteva sistemare le cose attorno
alla casa. Lei aveva una staccionata che richiedeva di essere
verniciata, un cancello che aveva bisogno di essere riparato e
voleva far costruire degli scaffali; dissi dunque alla donna che
lui sarebbe potuto andare in California, perché sarebbe stato
vicino alle montagne. Portando con sé borraccia e pillole sali-
ne, sarebbe potuto andare in cima alle montagne, se avesse
avuto l’improvvisa sensazione di essere destinato ad andare in
orbita. Qualche mese più tardi l’uomo tornò e disse: “Era
un’idea psicotica e illusioria”, e non si rendeva conto di come
potesse essere stato così folle, e sentiva che senza il mio con-
tributo sarebbe stato rinchiuso all’ospedale; e decise che, dal
momento che non mi aveva pagato per i servizi che gli avevo
reso, mi avrebbe regalato un letto ad acqua portatile.

Assegnare dei compiti in altri modelli di terapia


Anche se la psicanalisi iniziò come un processo che si svolgeva
eminentemente intorno alle sessioni, Freud trovava a volte uti-
le che i clienti studiassero letteratura psicanalitica tra una ses-
sione e l’altra (Freud, 1982, p. 12). La concentrazione sull’ana-
lisi dei sogni nel lavoro di Freud, di Jung e di altri terapeuti
psicodinamici rende l’esperienza onirica ed il ricordarla un im-
portante compito a casa (Jolande Jacobi in Jung, 1976, pp. 323-
74). Inizialmente furono i modelli di psicoterapia che supporta-

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SCELTE PER IL CAMBIAMENTO 161

vano l’esercizio comportamentale ad adottare l’assegnazione di


compiti più diffusamente (es. lo psicodramma; v. Kipper, 1986,
p. 106). Negli anni ’50 fare terapia assegnando ai clienti dei
compiti terapeutici era ormai una pratica regolare, e l’era
dell’“auto-aiuto” era cominciata. Per esempio, Fritz Perls rea-
lizzò un libro di esercizi Gestalt da usare a casa (Perls, Heffer-
line e Goodman, 1951), e Alexander Lowen pubblicò un libro
di esercizi bioenergetici da fare da soli (Lowen e Lowen,
1977). Carl Rogers e il suo movimento centrato sul cliente ini-
ziarono ad esplorare diversi modi per stabilire esperienze di co-
municazione empatica al di fuori della stanza del terapeuta, tra
cui l’organizzazione di gruppi autogestiti, sistemi di supporto
tra amici e training di comunicazione familiare (v. Hart e Tom-
linson, a cura di, 1970, pp. 314-425). L’assegnazione di compi-
ti è essenziale nella più recente terapia cognitiva e negli ap-
procci della cosiddetta “terapia breve” (Beck ed Emery, 1985,
p. 189; Miller et al., 1996, p. 256).

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