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Giacomo Vaccaro

Life & Business Coach

PNL e Futuro:
L’arte di fare accadere le
cose
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di Giacomo Vaccaro

INTRODUZIONE
Cos'è la P.N.L (Programmazione Neuro Linguistica)

Come il nostro linguaggio influenza la nostra vita

Come ottenere esattamente ciò che cerchiamo

Raggiungere l’eccellenza grazie al Modeling


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Benvenuto/a. Grazie per avermi dato la tua fiducia scaricando questa guida sulla
Programmazione Neuro Linguistica (PNL), dal titolo:

PNL e Futuro: l’arte di fare accadere le cose

Vedremo insieme in questa guida cos'è la Programmazione Neuro Linguistica, più


comunemente definita P.N.L, dove e da chi nasce questa affascinante disciplina.

Analizzeremo la struttura della comunicazione efficace, come gestire il proprio stato emotivo,
come acquisire la capacità di perseguire i propri obiettivi grazie alla comprensione dei nostri
processi neurologici e molto altro ancora, impareremo in pratica come diventare ​consapevoli
del nostro modo di pensare.

Ti spiegherò in maniera semplice e intuitiva che cos'è la Programmazione Neuro Linguistica e


cosa può fare realmente nella vita delle persone che la utilizzano, vedremo come questo
strumento possa aiutarci non solo a comunicare efficacemente con gli altri, ma anche a
comunicare efficacemente con noi stessi, come grazie ad esso possiamo gestire il nostro stato
emotivo di fronte alle diverse situazioni che ci troviamo ad affrontare nella vita di tutti i giorni.

Imparerai come una buona comunicazione sia la base per creare ottimi rapporti con le persone
che ti circondano. Per ogni argomento trattato faremo degli esempi pratici per capire ancora
meglio come applicare questa metodologia in modo pratico ed efficace.

Il mio obiettivo è condividere con te il maggior numero di informazioni possibili riguardanti


questo argomento. Quello che ho compreso durante questi anni di formazione è che ognuno di
noi agisce in funzione delle informazioni che ha.

Maggiore è il numero delle informazioni che abbiamo su di un dato argomento, maggiori sono
le risposte che avremo a disposizione.

Bene, partiamo subito ed andiamo insieme a definire cos’è la P.N.L.

Cos’è la PNL
Con le lettere P.N.L abbreviamo le parole PROGRAMMAZIONE NEURO LINGUISTICA.

Analizziamo ogni singola parola per capirne meglio il significato e cominciare a darne una
prima sommaria definizione. La prima parola che incontriamo è ​Programmazione​.

Proprio come un computer ognuno di noi utilizza programmi specifici per generare un
determinato tipo di comportamento di fronte ad una determinata situazione.
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Ogni azione che svolgiamo è resa possibile grazie ad uno specifico programma mentale. Da
quando ci alziamo al mattino sino a quando ci corichiamo la sera, la nostra giornata è scandita
da tutta una serie di programmi che ci aiutano a svolgere semplici funzioni fisiologiche sino alle
attività più complicate.

In tutte le programmazioni l'aspetto fondamentale è la sequenzialità, cioè l'ordine in cui


svolgiamo determinati compiti.

Ti faccio un esempio:

Pensa all’ultima volta che hai programmato una vacanza o un week end. Avrai pensato come
prima cosa alla destinazione, poi a come raggiungerla, successivamente dove soggiornare ed
infine quali cose vedere o fare nel luogo di destinazione prescelto.

Bene, quello che hai fatto è stato come prima cosa pensare in maniera ordinata e sequenziale a
tutte le cose che dovevi fare, in seguito questi pensieri li hai trasformati in una serie ordinata e
sequenziale di azioni da compiere.

Allo stesso modo all'interno del nostro cervello ci sono tutta una serie di programmi, cioè
sequenze ordinate di determinati processi neurologici, che hanno come esito uno specifico
comportamento.

Se noi non applicassimo una sequenzialità, i risultati dei nostri programmi non sarebbero quelli
sperati.

Se dovessimo preparare un semplice piatto di spaghetti, il nostro programma mentale ci


informerebbe che dobbiamo fare prima bollire dell'acqua in una pentola, successivamente
aggiungere il sale ed infine aggiungere gli spaghetti ed aspettare la cottura. Giusto?

Se noi non rispettassimo la sequenza ordinata, cioè mettessimo gli spaghetti dentro l'acqua
fredda (questo lo fanno all’estero ma è perchè non sanno cucinare!) e aggiungessimo il sale
sugli spaghetti una volta cotti, non otterremmo lo stesso risultato.

Questo esempio un po’ banale serve a far capire che anche nelle attività più semplici come lo è
appunto preparare un piatto di spaghetti, il nostro cervello si serve di una serie di istruzioni
precise e ordinate per poter completare con successo il lavoro richiesto.

Ecco perché è così importante rispettare un metodo, che altro non è che una serie di azioni da
fare in maniera sequenziale, ovvero in modo ordinato: come prima cosa faccio questo,
successivamente farò quest’altro.
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Una volta compreso come e perché si formano questi programmi mentali, è possibile
modificarli per ottenere risultati più utili.

Tutta la P.N.L si basa sul principio di utilità.

Non esistono programmi sbagliati all'interno del nostro cervello, dietro ad ogni programma c'è
sempre un’intenzione positiva, però non sempre questi programmi sono i più utili a generare il
tipo di comportamento e azioni che vogliamo ottenere.

Ad esempio: la paura ci preserva dai pericoli, ci fa prestare maggiore attenzione, però allo
stesso modo ci inibisce e ci paralizza davanti a situazioni a noi estranee, ma che magari possono
essere potenzialmente utili a farci progredire nella vita.

Quindi ci ritroviamo ad avere programmi utili e programmi meno utili, “ma utili a che cosa?” ti
chiederai...a vivere la vita in maniera più funzionale, efficace e pratica.

Se nel nostro personal computer dovessimo aprire un’applicazione, il computer ricercherebbe il


programma più utile per aprire quel tipo di applicazione.

Ma cosa succederebbe se il programma che abbiamo installato non fosse aggiornato?


Succederebbe che il computer ci avvertirebbe che è necessario scaricare un aggiornamento per
aprire in maniera ottimale quella applicazione.

Allo stesso modo quando noi esseri umani ci troviamo di fronte ad una nuova situazione, il
nostro computer biologico va alla ricerca del programma più utile per gestire quella
determinata situazione, ma se il programma che abbiamo non è aggiornato, ovvero ci troviamo
a non aver mai gestito prima una situazione simile, il nostro cervello ci spingerà a comportarci
nel modo che ritiene più utile con la conoscenza che ha in quel momento, anche se potrebbe
essere quella non ottimale. Pertanto ​dobbiamo ​allargare noi la nostra mappa mentale​,
la nostra visione del mondo, con le nostre esperienze, raccogliendo maggiori informazioni, per
avere così programmi sempre più utili, aggiornati e funzionali a svolgere il più alto numero di
situazioni con la maggiore efficacia possibile.

Questo è ciò che intendiamo per programmazione: l'insieme di programmi mentali, di schemi
mentali che utilizziamo per svolgere le nostre attività quotidiane per generare i vari
comportamenti.

Bene, proseguiamo con la seconda parola che troviamo dopo Programmazione che è: ​Neuro.​
Neuro sta per neurologia, si riferisce cioè al nostro sistema nervoso.
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Tutte le informazioni che riceviamo dall'esterno arrivano al nostro cervello attraverso i nostri
cinque sensi, dove vengono elaborate e tradotte in pensieri consci e inconsci.

Tutto ciò che vediamo, ascoltiamo, gustiamo, tocchiamo e annusiamo, passa attraverso la
nostra neurologia, producendo determinate reazioni, e influenzando il nostro modo di pensare,
muoverci e comportarci.

Molti libri ci incoraggiano a pensare positivo, a rimanere calmi di fronte a situazioni spiacevoli,
a non perdere il controllo, ma la P.N.L è molto più di questo: la P.N.L ci insegna come ottenere
questi risultati.

Una volta che siamo consapevoli dei nostri schemi di pensiero, cioè di come pensiamo e perché
pensiamo in un determinato modo, possiamo utilizzare tali schemi di pensiero a nostro
vantaggio, per ottenere il tipo di comportamento desiderato, o per gestire il nostro stato
d'animo, ogni volta che lo desideriamo.

Se riesco a comprendere cosa avviene a livello neurologico quando ad esempio mi sento felice,
rilassato e sereno, oppure quando mi sento energico e pieno di vitalità, se so esattamente quali
sono gli elementi che compongono il programma felicità ed entusiasmo, potrò eseguirlo ogni
volta che vorrò, ​potrò attingere a tali stati volontariamente​.

Bene, abbiamo visto cosa intendiamo in P.N.L con la parola Programmazione, che cosa
intendiamo con la parola Neuro, non ci rimane che definire l’ultima parola ovvero ​Linguistica​.
Per linguistica intendiamo il nostro linguaggio, il modo di comunicare all'esterno le nostre
emozioni, le nostre richieste e le nostre esigenze. Il nostro linguaggio ha la capacità di
influenzare non solo la nostra vita ma anche quello delle persone che ci circondano.

Noi comunichiamo attraverso tre canali del linguaggio, che sono

● il linguaggio verbale, che convenzionalmente nei libri di testo troverai con


l'abbreviazione (V), dove per linguaggio verbale si intende il semplice pronunciare frasi
e parole, ovvero il parlare.
● il linguaggio para-verbale, abbreviato con le lettere (PV). Per linguaggio para-verbale
intendiamo il tono di voce che usiamo, il ritmo, la velocità del parlato,il para-verbale
incide in maniera decisamente più considerevole nella comunicazione rispetto al solo
verbale.
● il linguaggio non-verbale, abbreviato con le lettere (NV) è la nostra fisiologia, il nostro
modo di muoverci, di gesticolare, i nostri sguardi. Questo ha un impatto ancora
maggiore nella comunicazione, pari al 55%.
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Da una ricerca risulta che il linguaggio verbale incide per il 7% in una comunicazione, contro il
38% del para-verbale, questo sta a significare che ​ciò che diciamo incide decisamente
meno che sul come lo diciamo​, spesso infatti non è tanto quello che ci hanno detto ad
averci colpito, ma il​ come​ ce l'hanno detto.
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Se io ti dicessi: “il tuo lavoro è importante per la nostra società”, avrebbe un certo tipo di
impatto sulla tua neurologia, ma se dicessi: “il tuo lavoro...è importante per la nostra società”,
usando un para-verbale diverso, entrerebbe in neurologia in maniera diversa provocando uno
stato d’animo diverso.

Se mi presentassi a te con le mani conserte e ti dicessi in un pessimo paraverbale “ciao e


benvenuto, è un piacere averti qui.”, molto probabilmente non ti percepiresti veramente come
benvenuto. Viceversa se ti accogliessi a braccia aperte e pieno di enfasi ti dicessi “Ciao e
benvenuto, è veramente un piacere averti qui!” detto con un altro tono,quindi con un altro
para-verbale, avresti davvero la sensazione di essere il benvenuto.

Infine, se ti dicessi “il tuo lavoro è importante per la nostra società” ma guardassi altrove
mentre te lo dico, anziché guardarti dritto negli occhi, ciò che percepiresti sarebbe una forte
incongruenza tra quello che dico e il come te lo dico.

Cosa vuol dire, ad esempio, quando una persona tiene le mani conserte? Per la maggior parte di
noi che la persona è in una posizione di “chiusura”, non è vero?

Questo è uno dei programmi che ci hanno installato, perché se io pensassi che questo gesto
voglia solo dire chiusura, se entrassi in una stanza per tenervi un discorso e ci fosse gente con le
mani conserte, penserei” mamma mia guarda quella come è chiusa”, “e l'altra guarda, ha anche
le gambe incrociate, doppia chiusura”, “e quello persino la mano sulla bocca: doppia chiusura
con tappo”...capisci bene che, pensando in questo modo, mi sarei approcciato alle persone in
maniera non ottimale.

Ma se allargo la mia visione del mondo, vedo che questo gesto (mani conserte) voglia dire
possibile chiusura, ma è anche possibile che la persona abbia freddo, o male al braccio, o
semplicemente che sia una posizione comoda, allora sì che mi approccerò alla gente nella
stanza in maniera più rilassata e più funzionale.

La nostra fisiologia è direttamente collegata al nostro stato d'animo.​ Lo sanno


molto bene gli attori, hanno imparato che per raggiungere un determinato stato emotivo è
sufficiente cambiare la propria postura.

Quali sono le prime cose che notiamo nelle persone tristi? Lo sguardo tendenzialmente verso il
basso, le spalle ricurve, la lentezza nei movimenti.

Questo perché la nostra fisiologia esprime quello che abbiamo in quel momento in neurologia.
Anche i movimenti dei nostri occhi sono collegati al nostro modo di pensare.
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Infatti la neurofisiologia ci insegna che attraverso il movimento dei nostri occhi, noi riveliamo
quello che stiamo provando in una determinata situazione, se mentiamo o se stiamo dicendo la
verità, se siamo felici oppure no, se siamo convinti di una cosa o invece nutriamo dei dubbi.

A puro titolo esemplificativo ti porto una serie di esempi per farti vedere come a seconda del
nostro stato d’animo interiore, noi muoviamo gli occhi ma non solo quelli, in determinate
situazioni.

Tieni conto che tutto va contestualizzato, tenendo conto di tutti i fattori che possono influire
sullo stato della persona come lo stress, la stanchezza, l’ansia ecc., pertanto di seguito ti porto
solamente delle linee guida, utili, ma che vanno comunque valutate con estrema cautela in
base al contesto in cui vengono usate.

Se domandassimo ad un amico “dove hai trascorso le tue vacanze estive?” Probabilmente


porterebbe il suo sguardo in alto a sinistra, perché è qui che andiamo a ripescare le immagini
che abbiamo già visto. Se invece gli domandassimo come pensa di arredare la sua casa una volta
finito di dare il bianco, il nostro amico porterebbe il suo sguardo in alto ma questa volta verso
destra, perché è qui che guardiamo quando costruiamo delle immagini. Se gli chiedessimo qual
è la sua canzone del passato preferita, porterebbe il suo sguardo verso il lato sinistro all’altezza
dell’orecchio, infatti è qui che ripeschiamo i suoni già sentiti; viceversa portare lo sguardo verso
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destra all’altezza dell’orecchio vuol dire che stiamo immaginando che suono avrebbe per
esempio uno strumento che non abbiamo mai sentito prima.

Questo perché, come vedremo più avanti, il cervello memorizza e ripropone le proprie
esperienze attraverso immagini, suoni e sensazioni, collocandoli in uno specifico spazio
mentale, questo spazio mentale viene richiamato dai nostri sensi (in questo caso la vista)
quando ci interroghiamo o veniamo interrogati su avvenimenti passati, presenti o futuri.

Arrivati a questo punto possiamo dare una prima sommaria definizione di che cosa sia la
Programmazione Neuro Linguistica.

La P.N.L studia come il nostro linguaggio verbale, para-verbale e non verbale, attraverso la
nostra neurologia, va a richiamare o a formare specifici comportamenti.

Un’altra definizione che troverete in gran parte dei libri di testo sulla P.N.L è la seguente: “La
P.N.L studia la rappresentazione dell'esperienza soggettiva”. Andiamo a spiegare e semplificare
questa definizione.

Ognuno di noi si rappresenta la realtà in maniera diversa rispetto ad un altro.

In una stessa stanza, a parità di temperatura ambientale, possiamo trovare persone che
percepiscono freddo, altre caldo, altre che stanno bene.

La stessa visione di un film al cinema provoca sensazioni totalmente diverse da una persona
all’altra, uno stesso evento può scatenare reazioni completamente diverse. Esperienze simili,
ma reazioni diverse, e questo perché?

Sistemi rappresentazionali: come raccogliamo ed elaboriamo le informazioni

Noi raccogliamo, come già detto, le informazioni dal mondo attraverso i nostri cinque sensi.

Raccogliamo le immagini attraverso il senso visivo che troviamo rappresentato con la lettera
(V), raccogliamo i suoni attraverso il senso auditivo rappresentato con la lettera (A), mentre per
quanto riguarda gli altri tre sensi che sono gusto, tatto, e olfatto, vengono definiti in P.N.L con
cinestesico o cinestetico e viene rappresentato con la lettera (K). Rientrano nel cinestesico
anche le sensazioni che proviamo.

Quindi: (V) per visivo,(A) per auditivo,(K) per cinestesico che sta a rappresentare
gusto, tatto, olfatto e sensazioni.
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Ogni essere umano predilige un sistema rappresentazionale (la vista, il tatto, l’udito, il gusto,
l’olfatto ) rispetto ad un altro, per acquisire l’informazione dal mondo esterno ed elaborare tale
informazione dentro di sé. Questi vengono definiti ​schemi di pensiero preferenziali.

❖ Visivo: pensate con l’occhio della mente. Idee, fantasie e ricordi vengono rappresentati
sotto forma di immagini.
❖ Auditivo: pensate con i suoni. Potrebbe trattarsi di voci o rumori.
❖ Cinestesico: per voi i pensieri sono sensazioni, sia percepite internamente, sia
superficiali come un tocco. Anche gusto e olfatto vengono attribuite a questa categoria.

Coloro che prediligono un senso anziché un altro avranno anche una serie di caratteristiche
comportamentali ed espressioni linguistiche legati a quel senso. Ad esempio chi predilige la
vista come canale rappresentazionale primario userà espressioni come “Non mi è chiaro”
“Voglio vederci chiaro”, mentre chi predilige l’udito come canale rappresentazionale dirà nella
“Questa cosa proprio non riesco a sentirla”.

Comprendere il nostro sistema rappresentazionale o di pensiero primario, significa sapere come


noi stessi e gli altri prediligiamo ricevere le informazioni per poterle acquisire in maniera
naturale e senza resistenze, facendoci percepire dalla persona che ci sta di fronte come
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qualcuno con cui siamo in “sintonia”. Approfondiremo ulteriormente il discorso al capitolo


“Calibrazione, Ricalco e Guida”.

Una volta raccolte le nostre informazioni dall'esterno, entrano nella nostra neurologia, quindi
nel nostro cervello, e si vanno a scontrare con tre filtri principali che sono la ​Cancellazione, la
Generalizzazione e la Distorsione.

I nostri filtri sul mondo


Iniziamo ad analizzare il primo grande filtro: la ​Cancellazione.

Il nostro cervello cancella automaticamente o, se preferite, in maniera inconscia, tutte quelle


informazioni che non ritiene utili a svolgere una determinata funzione.

Essendo bombardati da migliaia di informazioni al secondo impazziremmo letteralmente se non


avessimo il filtro della Cancellazione. Se ti chiedessi di prestare attenzione alla pressione che
eserciti sulla spalliera della tua sedia con la tua schiena, o la pressione che eserciti con i tuoi
piedi sul suolo, è probabile che tu ne divenga subito consapevole.

Ma quando ti sei seduto per ascoltarmi, il tuo cervello non riteneva utile prestare attenzione a
queste cose, pertanto le ha cancellate. Ecco perché ​otteniamo nella vita ciò su cui ci
concentriamo, nel bene o nel male​.

Non ti è mai capitato di cercare le chiavi di casa o della macchina e non riuscire a trovarle e poi
qualcuno al tuo fianco ti abbia detto “ma come, non le vedi? Ce le hai davanti agli occhi!” quello
che ti è capitato è che, convinto di non sapere dove erano le chiavi, non eri disposto a vederle.

Ripetendoci “non so dove sono, non riesco a trovarle” quello che facciamo è inviare al cervello il
comando di ​non​ vedere quello che magari sta di fronte a noi. Viceversa, quando siamo convinti
che troveremo quella cosa, che troveremo una soluzione alla sfida del momento,
automaticamente è come se accendessimo il radar più potente che un uomo possa mai sperare
di avere e, puoi esserne certo, che una soluzione la troverai. Allora vediamo come possiamo
ottenere esattamente ciò che cerchiamo.

Come ottenere esattamente ciò che cerchiamo:

Quando ci focalizziamo esattamente su quello che vogliamo, il nostro cervello attiva


automaticamente un processo neurologico, chiamato S.A.R che sta per Sistema di Attivazione
Reticolare.
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Quello che accade è che avendo chiaro in mente cosa cercare, il cervello cancellerà in maniera
utile le informazioni che non ritiene necessarie e porterà alla nostra consapevolezza tutto
quello che ci serve.

Hai mai notato che quando decidi di comprare una nuova auto o quando decidi un nome per tuo
figlio/a, improvvisamente vedi quell'auto dappertutto o inizi a sentire ovunque il nome che fino
a ieri ti sembrava così originale?

Cos'è capitato realmente? Quelle auto ci sono sempre state, così come quel nome, solo che fino
a quel momento non avevi ritenuto importante prestarvi attenzione e quindi il tuo cervello
cancellava quel tipo di informazioni, viceversa quando ti sei concentrato esattamente su quel
che volevi, il cervello ha attivato questo sistema che come un radar andava alla ricerca di ciò che
ritenevi importante.

Passiamo adesso al secondo grande filtro, quello della​ Generalizzazione.

Fin da quando siamo bambini, ogni esperienza che abbiamo fatto attraverso i sensi l'abbiamo
incamerata, etichettata e inserita in una categoria, in modo che esperienze simili trovassero
subito una risposta simile.

Ogni qualvolta che ci ritroviamo a compiere un’azione già compiuta in passato,


automaticamente sappiamo come svolgerla perché l'abbiamo già fatta in precedenza, quindi
non dobbiamo star lì a fare di nuovo esperienza della stessa situazione.

Ti porto un esempio: le persone della mia generazione hanno imparato sin da piccoli che per far
scorrere dell’acqua da un lavandino, era sufficiente girare la manopola del rubinetto da un lato
o dall’altro a seconda che si volesse l’acqua fredda o quella calda.

Quindi ogni volta che mi ritrovavo di fronte ad un lavandino, anche se non era il mio, sapevo
esattamente come far uscire l'acqua. Senza il processo della Generalizzazione cosa sarebbe
successo? Che non avendo memorizzato e quindi generalizzato come si aprono i rubinetti, di
fronte al lavabo mi sarei chiesto “e questo cos'è?” Un lavandino. “E come si fa a far uscire
dell'acqua?” Capisci che ogni volta avrei dovuto imparare la stessa cosa, un numero infinito di
volte.

Invece con la generalizzazione si apre la “categoria lavandino” ed automaticamente so come far


uscire l'acqua. Però con il tempo siamo passati dal rubinetto a manopola a quello a dosatore e
successivamente a quello a pedale per poi arrivare a quello con la fotocellula ed in quel caso era
divertente vedere nei bagni dei primi autogrill la gente che guardava con aria stranita questi
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lavandini senza capire come diavolo far uscire dell'acqua, mettendo le mani ovunque, sperando
in un miracolo.

Perché il cervello, una volta generalizzate le azioni per quell’operazione, si trovava in difficoltà
a doverle rielaborare per trovare una nuova soluzione. La stessa cosa avviene con le porte. Se
nove porte su dieci si aprono spingendo, stai pur certio che, anche se c'è scritto grosso come
una casa “tirare”, noi spingiamo.

Questo avviene per effetto della generalizzazione. Anche qui avremo generalizzazioni utili e
generalizzazioni meno utili.

Se provo a far qualcosa che mi piace fare e non mi riesce subito bene come vorrei, generalizzerò
pensando che ogni volta che farò quella cosa ripeterò gli stessi errori della volta precedente e
riterrò di non essere portato per quella determinata cosa, di conseguenza mi limiterò nel fare
nuove esperienze per paura che l'esperienza fallimentare passata si ripeta in futuro.

L'ultimo filtro che andiamo ad analizzare è quello della ​Distorsione.

Questo è un processo utilissimo nelle rappresentazioni artistiche e creative. Un artista


intravede un scultura dove altri vedono sono un pezzo di marmo. L'artista distorcendo la realtà
ne trae un vantaggio.

Allo stesso modo noi attribuiamo alle cose che ci capitano dei significati che non sono reali, ma
solo frutto delle nostre supposizioni. Spesso se ci facciamo un’idea sbagliata di una persona,
questa per quanto possa fare, noi distorceremo il suo comportamento in maniera negativa.

Un esempio: se sono convinto di star bene con un determinato vestito e noto che due persone
mi guardano ed accennano un sorriso, penserò di piacer loro, quindi rafforzerò la mia
autostima.

Se viceversa dubito di stare bene con quel vestito e noto le due persone sorridere, penserò che si
stiano prendendo gioco di me, pertanto in entrambi i casi distorcerò la realtà a seconda delle
mie supposizioni.
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Proviamo ora a mettere insieme i pezzi: i processi di filtraggio relativi alla Cancellazione,
Generalizzazione e Distorsione avvengono in una frazione di secondo e sono inconsci, agiscono
cioè senza che ce ne rendiamo conto.

Per avere un’idea di come funzionino questi tre meccanismi, facciamo un paio di esempi di vita
di tutti i giorni che li racchiuda tutti e tre. Poniamo l'esempio di una coppia in crisi.

Lei è convinta che lui abbia una relazione extraconiugale, da tempo non le presta più le solite
attenzioni, non le porta più un mazzo di fiori, tantomeno la porta a fare un week end romantico
o una cenetta a lume di candela.

Lui invece sta lottando contro la rivalità dei colleghi per ottenere quel posto da vice direttore
ambito da tutto il reparto ed ha dedicato gli ultimi sei mesi solo al lavoro, rientrando molto
tardi la sera e non prestando più le solite attenzioni alla propria compagna perché stravolto
dalla fatica.

Lui con l'andare del tempo si rende conto dello sbaglio e prova a rimediare, rientrando a casa
una sera porta alla moglie un mazzo di rose rosse per scusarsi del proprio comportamento e la
moglie come lo accoglie? “Eccolo lì, vedi che avevo ragione, me lo sentivo, adesso vuole farsi
perdonare...etc etc”

Quindi il marito dal canto suo cancella il sospetto di sua moglie e generalizza che
probabilmente è arrabbiata perché rientra tardi la sera e basterà un semplice mazzo di fiori per
sistemare tutto, in fondo è sempre stato così. Mentre la moglie a sua volta distorcerà il
comportamento del marito amplificando così il sospetto, perché non è forse vero che quando ci
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si vuole far perdonare qualcosa, scatta l'invito a cena con tanto di fiori? Ecco un’altra
generalizzazione.

Un altro esempio che può rendere ancora più chiaro il processo è il seguente: immagina di voler
fare un viaggio a Napoli con la tua compagna o compagno. Tu pensi che sarà un viaggio
stupendo, immagini di fare un’escursione in battello a Capri, di guardare i faraglioni, di gustare
la vera pizza napoletana con il sottofondo di un mandolino e tutto con gran romanticismo.

Il tuo compagno o compagna nutre dei dubbi riguardo al viaggio per via di quelle immagini di
rifiuti ai lati della strada visti in televisione e per via del continuo aumento di notizie sulla
microcriminalità.

Pensi che voi due affrontiate lo stesso viaggio? Che portiate al vostro ritorno le stesse
esperienze? Penso proprio di no.

Uno attiverà i suoi filtri e la sua S.A.R per trovare esattamente quello che si aspetta di trovare,
l'altra allo stesso modo l'attiverà i suoi filtri a seconda della sua visione mentale, di
conseguenza cancellando magari la bellezza del chiaro di luna per paura di una aggressione.

Questo non vuol dire chiudere gli occhi di fronte alla realtà: ​ciò che immaginiamo diventa
la nostra realtà.

Ecco come funzioniamo. Una volta che sappiamo queste cose, dapprima non dovremmo dare
più nulla per scontato, dovremmo allargare la nostra mappa mentale, la nostra visione delle
cose con programmi nuovi, arricchiti di nuove informazioni, facendo domande per comprendere
come gli altri si rappresentano la propria realtà e in cosa si discosta dalla nostra visione delle
cose e cercare di trovare dei punti in comune, solo così è possibile avere più scelte e maggiori
risposte ad una stessa situazione.

Una frase che mi piace molto è la seguente: ​“Sii il regista della tua vita”​. Da piccolo amavo
gli attori, ma crescendo ho imparato ad apprezzare il lavoro dei registi, grandi conoscitori del
genere umano.

Riescono in un paio d'ore di film a farci vivere intense emozioni, usando come leva i processi
neurologici del nostro cervello. Uno dei film che spiega molto bene i princìpi che abbiamo
spiegato è il film del regista italiano Gabriele Muccino “La Ricerca della felicità”, con Will
Smith, film che forse molti di voi avranno già visto.

È, a mio giudizio, un film bellissimo. La scena cardine del film si svolge su una terrazza di un
grattacielo dove padre e figlio giocano a basket. Il piccolo tirando a canestro dice al padre
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“guarda papà, diventerò un professionista” e il padre risponde “beh non credo, giocherai più o
meno come giocavo io, sai è così che funziona, insomma, io ero abbastanza negato, perciò non
voglio che stai tutto il giorno a tirare la palla”. Il bambino, deluso, ripone la palla nel sacchetto
e il padre comprendendo l’impatto che le sue parole hanno avuto sul bambino, gli dice “non
permettere mai a nessuno di dirti che non sei bravo a fare qualcosa, nemmeno a me. Quando la
gente non riesce a fare qualcosa lo dice a te che non la sai fare. Se vuoi qualcosa, vai e
inseguila.” Analizziamo adesso le frasi del film, ora che sappiamo l’impatto che le nostre parole
possono avere sugli altri e su noi stessi. Nota come il bambino afferma che diventerà un
professionista a seconda della quantità di canestri, perché ha generalizzato che il riuscire a fare
più canestri di seguito sia sufficiente a diventare un cestista di successo, cancellando
completamente la fatica e le difficoltà che potrebbe incontrare, mentre il padre risponde,con
un’altra generalizzazione, distorcendo la realtà e giudicando l’abilità del figlio scarsa come lo
era la sua. Il bambino di conseguenza cosa fa? Butta via la palla e fa sua la convinzione del
padre, che siccome non è riuscito a giocare da professionista, non ci riuscirà nemmeno lui.

L'intenzione del padre è sicuramente positiva: non vuole che suo figlio provi la delusione di non
riuscire e quindi di soffrire, il risultato però che ottiene è molto lontano dall’essere utile. Poi si
ravvede e dice di non permettere a nessuno nemmeno a lui di far sì che qualcuno gli dica che
non sa fare una determinata cosa e quindi di far sua una convinzione depotenziante.

Da dove nascono le convinzioni se non dalle cancellazioni distorsioni e generalizzazioni che


facciamo? Ma che cos'è esattamente una convinzione?

Convinzioni: Le nostre credenze che espandono o diminuiscono il nostro


mondo
La convinzione è una sensazione di certezza riguardo a qualcosa. Se ho convinzioni utili e
potenzianti riguardo a qualcosa, se credo di potercela fare, impegnerò tutto me stesso in azioni
efficaci che produrranno risultati altrettanto efficaci e andranno a rafforzare la mia convinzione
iniziale.

Seguiranno questo tipo di schema:​ convinzioni-azioni-risultati-convinzioni.​ Le mie


convinzioni mi faranno fare un determinato tipo di azioni che saranno congruenti e allineate
alle mie convinzioni, di conseguenza otterrò risultati che andranno a rinforzare le mie
convinzioni iniziali.

Nel bene e nel male seguirà questo schema sia la convinzione potenziante sia la convinzione
depotenziante. Per convinzione potenziante intendiamo una convinzione che ci potenzi, ci dia
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forza e voglia di fare, per contro una convinzione depotenziante ci toglie potenza, iniziativa,
voglia di procedere oltre.

Prendiamo per esempio due persone in sovrappeso, una con la convinzione che il suo
metabolismo sia lento e qualsiasi cosa faccia non dimagrirà, pertanto non intraprenderà azioni
di nessun tipo, se non deboli e prive di incisione e otterrà di conseguenza scarsi risultati che
andranno a rafforzare la sua convinzione.

Allo stesso modo l'altra persona in sovrappeso pur sapendo di avere il metabolismo lento, è
determinato a dimagrire e intraprenderà azioni massicce e incisive che lo porteranno ad
informarsi su quale sia il tipo di dieta più adatta al suo metabolismo, farà esercizi specifici di
ginnastica e come conseguenza avrà dei risultati incoraggianti che andranno a rafforzare il suo
credo che può dimagrire ed essere in forma, nonostante il suo metabolismo.

Nel film sopra citato, se la convinzione del bambino data dalle sue cancellazioni distorsioni e
generalizzazioni, fosse stata sostenuta dal padre che in quel momento era il suo Dio in terra, è
probabile che si sarebbe impegnato seriamente negli allenamenti e, chissà, magari sarebbe
divenuto un vero professionista… è così che nascono i campioni.

Il lavoro del genitore è senza dubbio uno dei più ardui, ma ​ogni genitore ha il dovere di
impegnarsi al massimo delle sue possibilità nell'instillare la fiducia necessaria​ a
far compiere al bambino le scelte migliori a sua disposizione.

Ho letto una frase che mi ha colpito molto e che chiarifica molto bene il concetto e voglio
condividerla con te.

“Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono, questo i bambini lo sanno già...le fiabe
insegnano ai bambini che i draghi possono essere sconfitti”.

Bisogna trasmettere fiducia ai bambini, accrescere la loro autostima, solo così da adulti saranno
uomini e donne che affronteranno le sfide della vita con maggior coraggio e determinazione.

Vediamo adesso ad un altro tassello fondamentale della P.N.L :Il Modeling o modellamento.
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Il Modeling
Raggiungere l'eccellenza grazie al Modeling

La base di tutta la programmazione neuro linguistica è il modeling, ovvero il modellamento.


Vediamo cosa si intende

La convinzione cardine della Programmazione Neuro-Linguistica è che se qualcuno riesce a fare


una determinata cosa ed ha successo in quello che fa, questa cosa può essere modellata, cioè
fatta nostra per ottenere il medesimo risultato.

Una volta individuata una persona di successo in un determinato aspetto della vita personale o
professionale, trovato quindi un modello di riferimento, posso ottenere a mia volta risultati
simili, estrapolando informazioni sul suo modo di comportarsi, di gestire le situazioni e così via.

La P.N.L ci insegna come estrapolare queste caratteristiche e farle nostre grazie a un insieme di
tecniche. ​Tutto nella vita passa attraverso un metodo​, le persone di maggior successo
hanno un metodo, cioè una serie di azioni fatte in sequenza e non a casaccio per ottenere
risultati. Andiamo a scoprire come codificare queste strategie di successo cominciando a vedere
come nasce e da chi nasce questa disciplina.

Dove e da chi nasce la P.N.L

Nei primi anni settanta due studenti universitari Richard Bandler, matematico e
programmatore (da qui il nome programmazione) e John Grinder, linguista, vennero incaricati
dal Rettore dell'università della California a Santa Cruz, di scoprire come e perché terapeuti, di
orientamento diverso, ottenevano risultati straordinari con i propri pazienti, riuscendo dove
altri fallivano, al punto da venir considerati maghi della professione.

I tre terapeuti di maggior successo dell'epoca erano Virginia Satir, una terapeuta della famiglia,
Friedrich Perls, padre della Gestalt therapy, un modello di terapia che si allontanava
dall’analizzare il passato della persona, bensì si concentrava sul presente inteso come vera
chiave del cambiamento e Milton Erikson, medico e ipnoterapeuta, padre della moderna ipnosi
eriksoniana.

Bandler e Grinder da ognuno di questi terapeuti estrassero le caratteristiche che facevano


ottenere successo nella loro professione e le codificarono in una serie di tecniche che presero il
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nome di programmazione neuro linguistica. Cosa fecero? Si sedettero al fianco di Virginia Satir
durante una seduta con una coppia in difficoltà e notarono cosa funzionava nel suo modo di
operare, estraendo solo ciò che era utile al fine del risultato, non tutto, ​solo ​ciò che produceva
risultato.

Se parlava per un’ora di fila veniva modellata solo la parte che otteneva risultati concreti, cioè
veniva estratta la sua essenza e tradotta in tecniche di p.n.l, il resto veniva tralasciato.

Bandler e Grinder non davano per scontato che siccome Virginia Satir era una terapeuta di
successo, tutto quello che faceva portasse ad un risultato.

Spesso per effetto della generalizzazione crediamo che una persona di successo in una
determinata area della vita debba essere di successo in tutte le altre aree della vita.

Non è così.

Ad esempio accanto all'attività di formatore io mi occupo di personal coaching, tanto con le


aziende quanto con i privati ed è sempre divertente sentire che quando affianco delle persone
aiutandole a definire i propri obiettivi e mettere in atto un piano d'azione, a risultato ottenuto
mi dicono sempre “certo che sua moglie è fortunata ad avere lei a fianco, scommetto che non
discutete mai, e che risolve sempre tutto…” ma non è assolutamente sempre così.

Anche questo è il risultato delle nostre generalizzazioni.

Tornando a Virginia Satir, studiando il suo modo di operare, hanno poi stabilito delle
denominazioni per tutto ciò che apprendevano, come il Rapport, formato da
Calibrazione+Ricalco+Guida. Più avanti vedremo cosa sono queste tecniche di PNL.

Virginia Satir aveva la straordinaria capacità di fare domande di precisione (in PNL prendono il
nome di Metamodello) che entravano direttamente in neurologia portando alla luce le
cancellazioni, distorsioni e generalizzazioni delle le persone e le aiutava a rendersene conto e
quindi ad operare dei cambiamenti. Spesso le coppie alla fine della seduta si chiedevano scusa a
vicenda per aver frainteso un comportamento o per aver mal interpretato un discorso.

Da Friedrich Perls impararono la gestione dello stato. Cosa vuol dire gestione dello stato? Vuol
dire avere il controllo sulle proprie emozioni indipendentemente dalle circostanze esterne.

Spesso è quello che accade attorno a noi a determinare il nostro stato emotivo. La capacità di
questo terapeuta era di saper gestire il proprio stato d'animo in maniera ottimale e di
conseguenza grazie a una metodologia insegnarlo ad altri.
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Infine da Milton Erikson appresero come attraverso un determinato tipo di linguaggio si poteva
far cadere il paziente in una leggera trance, per insitillare convinzioni potenzianti.

La gente andava da lui convinta di non aver possibilità di riuscire in una determinata cosa,
mentre ne usciva arricchita di convinzioni di possibilità.

In P.N.L tale modello di linguaggio viene chiamato Milton Model.

Una volta modellati questi terapeuti estesero la loro ricerca anche ai venditori di maggior
successo, agli atleti di maggior fama e codificando i comportamenti, il linguaggio, il modo di
pensare, diedero vita a questo insieme di tecniche, chiamata P.N.L.

Cominciamo adesso ad entrare nella struttura della comunicazione efficace analizzando le vere
e proprie tecniche comunicative.

Come Comunicare Efficacemente


Abbiamo visto prima le parole Rapport, Calibrazione, Ricalco e Guida.

Partiamo con il Rapport. Vi è mai capitato di incontrare qualcuno per la prima volta e provare
subito empatia per quella persona?

Scambiare solo quattro chiacchere o qualche gesto o sguardo e sentirsi subito a proprio agio con
la persona in questione? Bene, questo avviene grazie al Rapport.

Per Rapport intendiamo la capacità di​ creare dei ponti di comunicazione tra noi e gli
altri.

Le persone carismatiche, quelle che piacciono alla gran parte delle persone, hanno una capacità
elevata nel creare Rapport, cioè la capacità di comunicare un senso di appartenenza con quella
persona con le sue idee, con il suo modo di vedere le cose e che ci induce a credere che ciò che
andrà bene per lui possa andare bene anche per noi, perché in fondo la pensiamo allo stesso
modo.

Questo è il Rapport, il primo tassello fondamentale per creare una comunicazione efficace.

Se non siamo capaci di creare Rapport, le persone alzeranno un muro, tutto ciò che diremo o
che faremo verrà generalizzato, cancellato o distorto in maniera non ottimale, pertanto
entreranno in uno stato di diffidenza nei nostri confronti.
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Vi è mai capitato di ascoltare o parlare a qualcuno e sentire la vocina dentro di voi che vi diceva
“c'è qualcosa che non mi convince in questa persona, non so dire esattamente cosa sia però
sento che c'è qualcosa che non mi è chiara nel suo modo di fare”.

Bene, quando avviene questo tipo di dialogo interiore e perché il soggetto in questione non è
riuscito a creare Rapport con noi. Non è riuscito a creare un’intesa.

Abbiamo visto precedentemente che se non siamo allineati tra linguaggio verbale, para-verbale
e non verbale, la nostra comunicazione viene recepita come contraddittoria, cioè è differente
ciò che diciamo da ​come ​lo diciamo, quindi in questo caso si dice che non siamo riusciti a creare
Rapport con l'altra persona. Bisogna ricordare che le parole che pronunciamo hanno una
struttura superficiale ed una struttura profonda, quindi ciò che esce solo da un punto di vista
linguistico, cela al suo interno un significato molto più profondo.

La domanda è: ​come facciamo a creare Rapport ​con le persone a cui vogliamo comunicare
il nostro messaggio, il nostro sentimento, il nostro progetto lavorativo?

Andiamolo subito a vedere.

Calibrazione+Ricalco+Guida : la triade perfetta


Ci sono tre passaggi, se così possiamo definirli, sono la struttura stessa del Rapport e sono la
Calibrazione, il Ricalco e la Guida.

Come abbiamo visto precedentemente il Rapport altro non è che l'instaurare un “rapporto”,
una sorta di intesa, di affinità tra noi e il nostro interlocutore. La persona ci deve percepire
come un alleato,come uno che ha a cuore il suo modo di pensare, di essere, tale da trovare in
noi una certa similitudine nel suo modo di fare, pensare e ragionare.

Spesso questi meccanismi sono inconsci, avvengono cioè senza esserne consapevoli, sentiamo
di trovarci bene a parlare con una persona oppure ci sentiamo infastiditi e spesso il perché non
è così chiaro. Con la p.n.l. possiamo decifrare il perché. La prima cosa da fare per creare un
efficiente Rapport con le persone è​ ​calibrarle.​ ​Questo è un altro termine usato in p.n.l, che
significa ​prendere le misure.

Il calibro è uno strumento usato in meccanica che serve per prendere le misure di un oggetto, in
termini di spessore.

Da questa comparazione è nata la parola “calibrare”, prendere cioè la misura della persona,
studiare il suo modo di parlare di muoversi, di comportarsi, notare se per esprimersi usa un
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sistema di comunicazione più visivo, auditivo o cinestesico. Notarne la postura, l'enfasi quando
parla di una determinato argomento che sta particolarmente a cuore, il colorito della pelle
quando per esempio parla di una cosa che la imbarazza, ecc. Notare tutto questo significa
calibrare una persona. Una volta calibrata la persona attentamente durante la nostra
conversazione, avremo in mano una cartina dettagliata di come ella preferisca ricevere le
informazioni dall'esterno.

Ad esempio, se usa una modalità prevalentemente visiva nel comunicare, userà un tono molto
alto nel parlare, gesticolerà molto, ci metterà molta enfasi, e quindi puoi star certo che questa
persona prediligerà una persona che comunica ​allo stesso modo​. Utilizzerà la vista come organo
privilegiato, preferendo le immagini più di ogni altra cosa, cercherà probabilmente un contatto
durante la nostra conversazione, userà espressioni come “Non mi è chiaro” oppure “Non vedo
l'ora di incontrarla” “Non riesco a mettere a fuoco la situazione”. Sono tutte frasi che
richiamano la vista, pertanto sapremo subito riconoscerlo.

Se è una persona che predilige il senso dell'udito, quello che viene definito auditivo, prediligerà
una parlata più armoniosa. Questa persona amerà parlare al telefono, vorrà che le cose vengano
spiegate, dovrà ascoltarle anziché vederle, userà espressioni come “Mi fa piacere sentirtelo
dire” oppure “Ascolta un attimo”, “siamo in perfetta sintonia”.

Se chi abbiamo davanti è una persona che predilige il senso cinestetico, quindi le sensazioni
(tatto,il gusto e l'olfatto) si muoverà molto lentamente, la sua voce sarà bassa e molto lenta,
sarà estremamente lento anche nei movimenti e tenderà ad usare espressioni del tipo “Avere le
mani in pasta” “ho afferrato il concetto” “sto assaporando il momento”...ognuno usa un
linguaggio che rispecchia il loro modo di pensare e di sentirsi.

In risposta ad uno stesso evento il visivo dirà “Me lo Immaginavo”, l'auditivo dirà “Me lo
Sentivo”, mentre il cinestesico dirà “Lo fiutavo nell’aria”. Ognuno userà delle espressioni che
vanno a richiamare i sensi.

Ascoltando e ricalcando tutti questi aspetti del linguaggio della persona riusciremo a creare
un’eccellente intesa tra noi e il nostro interlocutore, potendogli trasmettere il nostro
messaggio, qualsiasi esso sia e non correndo il rischio di non essere capiti o peggio ancora
fraintesi.

Di conseguenza se una persona si rivolge all’interlocutore nella stessa modalità che riceve,
quest'ultima tenderà a percepirla come amica, come un alleato, come uno che la pensa
esattamente come lui e di conseguenza ascolterà di buon grado i nostri consigli, convinto che
ciò che va bene per noi sicuramente andrà bene anche anche per lui.
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Se di fronte ad una comunicazione palesemente calma, riflessiva e pacata, anteponessimo il


nostro modo di essere super energico, il nostro parlare pieno di enfasi e ci muovessimo molto,
nel nostro interlocutore nascerebbe un senso di fastidio, anziché uno di accondiscendenza.

Generalmente chi usa la modalità cinestesica nei confronti del visivo, dirà “Questo è schizzato”,

mentre il visivo probabilmente dirà del cinestesico che “fa venire il latte alle ginocchia”.

E' importante comprendere che ​non c'è un modo migliore di un altro di essere, ​c'è solo
il nostro modo di essere e che tendiamo a provare simpatia e affinità verso chi la pensa come
noi, verso chi si preoccupa di farci arrivare il messaggio esattamente come noi vogliamo che ci
arrivi.

Prestare attenzione al modo di esprimersi e comportarsi del nostro interlocutore ci apre un


mondo di informazioni sul suo intero modo di essere.

Se l’interlocutore si esprime in modo “colorito”, inserendo ogni tanto qualche parolaccia, potrà
tollerare di buon grado che lo facciamo anche noi, viceversa se non lo fa mai potrebbe dargli
alquanto fastidio, trovandoci volgari e metterà dei filtri che andranno certamente a discapito
del nostro Rapport.

Oltre alle modalità che ti ho descitto, vi è anche un modo per ​ricalcare​ l'​ altro: nel modo di
muoversi o nella sua fisiologia, il che non significa scimmiottarlo, bensì rispecchiare in maniera
più naturale possibile la sua postura.

Se ad esempio ci troviamo a discutere con una persona che sta seduta su di una poltrona
tenendo una postura all'indietro, poggiata sullo schienale, rispecchiare anche noi questa
posizione anziché magari protrarci in avanti mentre parliamo, farà recepire inconsciamente il
nostro gesto come un segno di rispetto per la nostra conversazione e non di controllo come ad
esempio sembrerebbe, se ci protraessimo in avanti, invadendo il suo spazio.

Ognuno di noi per essere a proprio agio quando conversa con qualcuno tende a delimitare uno
spazio intorno a sé. Questo spazio in psicologia è definito ​spazio prossemico​, che sta a
indicare lo spazio immaginario entro il quale non si permette agli altri di “entrare”, se non
quando si è in armonia od intimità.

A tutti sarà capitato di parlare con qualcuno che ha la tendenza ad avvicinarsi troppo a noi, a
starci a un palmo dal viso, a toccarci continuamente mentre parla. Questo comportamento,
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anche se fatto in buona fede, può procurarci un fastidio enorme e porta ad interrompere la
comunicazione.

Le persone, sia da sedute che da in piedi, prendono inconsciamente questo spazio vitale attorno
a loro ed è bene che lo notiamo e lo rispettiamo.

Il semplice rispettarlo favorisce il Rapport in maniera straordinaria.

Quindi il ricalco non è nient'altro che cercare di capire il linguaggio verbale, non verbale e
para-verbale del nostro interlocutore, riprodurlo allo stesso modo, rispettando la persona che ci
sta davanti, ricalcando il suo modo di esprimersi essere e comportarsi.

Una volta ottenuta la sintonia attraverso il ricalco, ecco che adesso possiamo andare in ​guida.

Cioè possiamo indirizzare, veicolare il nostro messaggio o sentimento in maniera efficace.

La persona, avendo compreso di avere un alleato, non opporrà più resistenza, non dubiterà più
della genuinità del nostro messaggio, pertanto ci presterà la massima attenzione e prenderà a
cuore ciò che stiamo dicendogli.

Il più delle volte facciamo esattamente il contrario: entriamo prima in guida nelle persone
dicendo loro cosa dovrebbero o non dovrebbero fare, senza preoccuparci di come questa le
faccia sentire, di conseguenza il risultato è disastroso.

Frasi come “Ti faccio vedere io come si fa”, senza aver creato il giusto rapport, suonano piene di
arroganza e presunzione e le persone si allontanano, anziché avvicinarsi. Anche se sono
pronunciate in buona fede queste frasi sortiscono l'effetto opposto proprio perché non si sta
rispettando il modo di essere altrui, non si è lavorato abbastanza per creare la giusta armonia
con la persona in modo tale che la frase “ti faccio vedere io come si fa” suonasse come una frase
di aiuto, di gentilezza da parte nostra e non come un comando nei suoi confronti.

Se il nostro ipotetico amico utilizza uno schema di pensiero prevalentemente visivo, quindi
capisce e fa esperienza attraverso l'occhio della mente, dirà frasi come “Fammi vedere come si
fa” ma se dall'altra parte io rispondo “è inutile che ti faccio vedere come si fa, le cose le devi
provare sulla tua pelle”...sto calpestando completamente la rappresentazione esperienziale del
mio amico.

Se l’amico, prevalentemente auditivo, che usa cioè come schema di pensiero privilegiato l'udito,
mi dirà “Mi spieghi come funziona?” ha certamente bisogno cioè che io mi metta lì e gli spieghi
a parole ciò che gli voglio dire, in modo tale da farmi comprendere perfettamente.
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Se gli rispondessi “è inutile che ti spieghi, vieni, te lo faccio vedere” starei nuovamente non
rispettando il suo sistema rappresentazionale.

Se noi ricalchiamo efficacemente il sistema rappresentazionale dell'altro, potremo guidare


altrettanto efficacemente.

Alla domanda“Mi fai Vedere come funziona?” dovremo rispondere “ma certo, ecco ti faccio
vedere come funziona, semmai successivamente ti spiego anche i vari procedimenti
elencandoteli ed infine se vorrai proviamo insieme come funziona.” Mettendola in questo modo
noi andiamo a toccare tutti e tre gli schemi di pensiero: il visivo facendogli vedere quello che
vuole vedere; auditivo spiegandogli a parole ciò che può essere spiegato ed il cinestesico,
proponendo l’esperienza concreta. La cosa che andrò a fare è ricalcare la sua volontà e
successivamente guidarla verso un ampliamento delle possibilità di apprendimento.

Nel linguaggio, come già accennato in precedenza, noi esprimiamo quello che abbiamo in

neurologia, quello che “ci passa per il cervello” in un dato momento. Rispettare questo
linguaggio ci dà la password per aprire ogni canale comunicativo. Se discutendo con una
persona, questa una volta finito di ascoltarci, esordisse con la frase “Sì...ma...però...” vorrebbe
dire che mentre parlavamo non ha ascoltato una sola parola, bensì pensava solo a come
ribattere alle nostre affermazioni. Questo perché non si è creato il giusto Rapport: si è andati
subito in guida senza passare per il ricalco.

Frasi come “quello che dici è giusto, tuttavia credo che…” la parola “tuttavia” ha già al suo
interno tutto il suo significato: “tutto-via” significa che tutto quello che si è detto prima è stato
buttato dalla finestra della comprensione. Anche qui non si è creato Rapport.

Ovviamente Questo non vuol dire che il nostro interlocutore debba essere sempre d'accordo con
noi, ma il confronto che avviene usando le frasi sopra menzionate stanno a significare una
mancanza di allineamento tra noi e lui/loro. Se anche volessimo fare qualcosa per il bene altrui,
quindi “guidare” verso una giusta direzione, senza preoccuparci di creare rapport, stai pur certo
che il tuo messaggio verrà inascoltato e persino frainteso.

Ricordati sempre che​ il valore della nostra comunicazione è dato dal risultato che
otteniamo.

Siamo responsabili della nostra comunicazione. Non sono gli altri che non comprendono, siamo
noi a esprimerci in maniera non ottimale per il loro modo di recepire l'informazione.
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Capire questo è fondamentale per divenire un abile comunicatore in ogni ambito della propria
vita sia personale che professionale.

Un aspetto fondamentale della comunicazione: Evitare le negazioni


Vediamo adesso l'uso del “Non”

Un altro aspetto fondamentale della comunicazione è l'uso della negazione ed in particolar


modo del particella “Non”. La negazione esiste solo nel linguaggio parlato ma non in
neurologia!

Il cervello non comprende la negazione, il ​“Non” fare qualcosa è un ordine ineseguibile.

Se ti dicessi “Non pensare ad un cane” per poterci “non” pensare dovresti per forza prima
pensarlo e poi cercare di rimuoverlo, ma il fatto è che l'hai già pensato! Il cervello non può
“non” fare una determinata cosa, può solo fare una cosa piuttosto che un’altra, ma
neurologicamente la negazione non può essere eseguita.

Immagina di andare sul motore di ricerca di Google e digitare: ”Non cercare il meteo per
domani” oppure “Non cercarmi il documento su wikipedia”: cosa capiterebbe?

Esatto. Google tirerebbe fuori comunque il meteo per domani o la ricerca Wikipedia, perché
essendo un sistema cibernetico può solo eseguire gli ordini e non può non eseguirli. Il nostro
cervello funziona allo stesso modo: è un sistema cibernetico che può eseguire una cosa
piuttosto che un altra, ma non può “non” pensare, semmai può pensare ad altro.

Proprio come Google ci dà esattamente quello che noi chiediamo, il nostro cervello si attiva per
darci quello che noi cerchiamo, anche se diciamo “Non voglio questo” otterremo proprio “il
questo” che non vogliamo.

D’altronde sono gli esseri umani ad avere inventato le macchine partendo dalla conoscenza del
proprio modo di pensare, quindi come si può progettare una funzione se non si è in grado noi
stessi come esseri umani di espletarla? E’ impossibile!

Ecco spiegato perché quando diciamo a nostro figlio “non toccare”, “non mettere in bocca”, lui
cosa fa? Esattamente proprio quello che non volevamo facesse. Perché il suo cervello
cancellando il comando ineseguibile del “non”, ha fatto esattamente quello che stava dietro la
parola “non.”
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Se vogliamo che nostro figlio non tocchi qualcosa di pericoloso o non metta in bocca niente,
dovremmo rivolgerci a lui dicendogli “toccando quegli oggetti puoi farti male, gioca con
quest'altro, è più sicuro”, anziché “non mettere in bocca”.

Se volessimo dimagrire non dovremmo dire “non voglio più essere grasso”, perché a questo
punto il nostro cervello si domanda cosa vuol dire “non”essere grasso, esso omette la particella
“non” e si concentra sull'essere grasso. Diciamo, piuttosto, “voglio essere magro!”

Immagina di salire su un taxi e dire al conducente “Non mi porti in via della Libertà” “Non mi
porti in piazza Cavour”... Il conducente probabilmente ti direbbe “non mi importa dove non
devo portarla, mi dica dove vuole essere portato!” Così il nostro cervello esegue solo gli ordini
espressi in positivo e non in negativo, ricordatelo.

Ricapitolando, per diventare un abile comunicatore devo poter creare Rapport, ovvero l’intesa.
Per far questo mi servo della Calibrazione, ovvero mi abilito ad analizzare i modi di porsi e di
parlare di chi mi sta di fronte, successivamente del Ricalco, cioè vado dapprima a comprendere
se il mio interlocutore sia una persona che predilige un organo di senso piuttosto che un altro,
per ricevere informazioni ed infine della Guida, ovvero la capacità di indirizzare la persona che
ho di fronte verso la soluzione ritenuta migliore.

Risulterai una persona affabile, sicura di sé, piacevole e comprensibile e le persone ameranno
stare in tua compagnia, sapendo di poter contare su una persona sincera che sa capirle fino in
fondo.

Bene, siamo giunti al termine del nostra guida.

Qui hai potuto imparare che cos’è La Programmazione Neuro-Linguistica, dove e da chi nasce,
quali sono i suoi campi di applicazione ed hai potuto apprendere i princìpi cardine di una
comunicazione efficace.

Questa guida vuole essere un’introduzione quanto più esaustiva possibile al corso in aula “PNL:
L’arte di fare accadere le cose” dove andremo ad approfondire i concetti di base sopra esposti e
vedere altre interessantissime tecniche e metodologie di P.N.L.

Mi auguro di conoscerti presto. Grazie per il tuo tempo.

A presto.

Giacomo Vaccaro
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