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La Nascita della Filosofia Giorgio Colli - Adelphi Giorgio Colli contrariamente a quanto avviene normalmente ovvero la ricostruzione filologica

(restituire contenuti remotissimi da noi con strumenti moderni), prova a far riemergere il VI e V sec a.c. periodo culminante della Grecia, mediante un approccio non specialistico evocativo dei secoli alle spalle di quei secoli, del periodo culminante della Grecia. Cos la filosofica Greca non ricacciata in un passato lontano, ma un prodotto mediato che si lega al nome di Platone. Prima c let dei sapienti, quando nasce la filosofia, dunque, la parabola delleccellenza greca ha gi iniziato il suo declino. La crisi anteriore anche a Euripide e a Socrate, una frattura, un indebolimento, che sono interni al mondo dei sapienti, che solo attraverso questo si decifrano.
La nascita della Filosofia
il re del tempio, Apollo lobliquo coglie la visione attraverso il pi diritto dei confidenti, locchiata che conosce ogni cosa. Le menzogne lui non afferra, n dio n uomo lo inganna con opere o con disegni.

I. LA FOLLIA E LA FONTE DELLA SAPIENZA Le origini della filosofia secondo la tradizione erudita risalgono a Talete e Anassimandro. Nonostante il tentativo non perseguibile in favolosi contatti con il pensiero egiziano e quello indiano, il tempo delle origini molto vicino a noi, Platone chiama filosofia => amore della sapienza, la propria ricerca, e attivit educativa, legata ad un espressione scritta, sotto forma letteraria di dialogo. In realt Platone venera un passato in cui erano esistiti i veri sapienti, quindi la nostra filosofia non altro che una continuazione, uno sviluppo della forma letteraria da lui introdotta, che a sua volta gi una forma di decadenza Lamore della sapienza sta pi in basso della sapienza. Non tensione verso qualcosa mai raggiunto, ma tentativo di recupero di quello che era gi stato realizzato. Si tratta quindi di una riforma espressiva, una nuova forma letteraria che filtra la conoscenza precedente, oscura per lontananza e tradizione orale, dunque gi una sapienza falsificata dallinserimento della letteratura filosofica. Lorigine ci sfugge e risulta ancora pi lontana dellet presocratica (V VI secolo a.c.). Anche per la nascita della filosofia allora, si deve seguire in via ipotetica la via suggerita di Nietzsche per lorigine della tragedia, egli parte dalle immagini degli Dei Greci Dioniso e Apollo, e attraverso lapprofondimento estetico e metafisico dei concetti di Dionisiaco e apollineo, delinea una dottrina sul sorgere, e la decadenza della tragedia greca. Per la filosofia per dobbiamo diversamente da quanto suggerito da N. per la tragedia, la preminenza va concessa ad Apollo e non a Dioniso, quindi al Dio di Delfi, luogo dove si manifesta la vocazione dei greci per la conoscenza sapiente non il ricco di esperienza, ma chi getta luce sulloscurit, chi scioglie i nodi, chi manifesta lignoto, chi precisa lincerto. La conoscenza per i Greci fu il massimo valore della vita, il grado pi alto della potenza. Laspetto teoretico della divinazione caratteristico dei Greci, divinazione che implica la conoscenza del futuro e manifestazione, comunicazione di tale conoscenza. Ci avviene attraverso la parola del dio, la parola manifesta alluomo la sapienza del dio, lordine e la forma dimostrano che non sono umane, ma divine, carattere esteriore di ambiguit, allusivit ardua da decifrare. La volont di questo dio Apollo, che conosce lavvenire, lo manifesta alluomo, ma sembra non volere che luomo lo comprenda. (Eraclito dir: un dio che non dice n nasconde, ma accenna). Contrariamente a quanto sosteneva N. Dioniso si collega alla conoscenza non come intuizione di un angoscia radicale, ma conoscenza in quanto divinit eleusina (liniziazione dei misteri di Eleusi culminava in una epopteia -> visione mistica di purificazione e beatitudine che in qualche modo si pu chiamare conoscenza. Tuttavia lestasi misterica, si deve considerare pi il presupposto della conoscenza che non la conoscenza stessa il soggetto conoscente si deve spogliare dalle sue condizioni per confondersi con loggetto conosciuto.

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Mentre Nietzsche definisce Apollo come signore delle arti, dello splendore solare, aspetti autentici, ma unilaterale, vogliamo qui considerare anche letimologia stessa della parola Apollo che suggerisce il significato di colui che distrugge totalmente, nellIliade, dove le frecce portano la malattia e la morte nel campo degli Achei, non una morte diretta e immediata, ma per malattia, violenza e distruzione differita, colui che agisce da lontano. Un altro elemento debole nellinterpretazione di N. il suo presentare come antitetici limpulso apollineo e quello dionisiaco, studi recenti infatti hanno messo in evidenza lorigine asiatica e nordica del culto di apollo, dove testimoniata una persistenza dello sciamanesimo e in particolare la tecnica dellestasi. Tale lo sfondo del culto delfico di Apollo. In particolare un passo di Platone ci illumina a riguardo, dove tratta della mania (follia) che Socrate sviluppa nel Fedro con connotazioni paradossalmente inverse per i tempi moderni, infatti si esalta la follia rispetto alla moderazione e al controllo, nel testo si afferma: i pi grandi fra i beni giungono a noi attraverso la follia, concessa per dono divino. Quindi posto sin dal principio il collegamento mania-Apollo, e successivamente si distingueranno: Follia profetica, Follia misterica, Follia poetica, Follia erotica Le ultime due sono varianti delle prime due. Quindi con Platone ci viene suggerita unestensione del concetto di Apollo come Dio dellinvasamento, della follia, mentre in N. la follia pertinente solo al dio Dioniso. In Platone invece troviamo una connotazione di affinit tra Apollo e Dioniso proprio sul terreno della mania, congiunti essi esauriscono la sfera della follia. Follia profetica -> follia poetica -> parola -> conoscenza -> opera di Apollo Follia misterica -> follia erotica -> immediatezza della vita -> attribuite a Dioniso. Quindi la ricerca delle origini della sapienza Greca prima ancora che in direzione delloracolo delfico della significazione del dio Apollo, ci presenta la mania come ancora pi primordiale, sfondo della divinazione,

follia = matrice della sapienza.


II. LA SIGNORA DEL LABIRINTO

Lorigine del culto di Dioniso da ricercare, in tempi ancora precedenti rispetto alla follia, origini ancora pi remote, cinque secoli prima del culto di Apollo, VII sec. a.c. in quel mondo minoico miceneo proteso verso Creta. Pausania ci parla di un Dioniso cretese che diede sepoltura ad Arianna, che secondo la scritta primordiale la signora del Labirinto aveva una duplice natura umana e divina, legata al mito di Minosse, Parsifae, Minotauo, Dedalo, Teseo. Arianna sposa di Dioniso, unica cui si leg in modo particolare. Cos nella tradizione eleusina, Dioniso si presenta accanto a Kore. Arianna nella tradizione pi antica abbandona la sua natura divina per more di Teseo passando ad una natura umana, quindi Dioniso prevarr guidando la punizione di Artemis, Arianna muore come donna, non goduta da Teseo e vive come Dea. Altrettanto antico il mito del labirinto, il cui archetipo pu essere egizio, ma la cui rilevanza simbolica nella leggenda cretese tipicamente greca. Il labirinto opera di Dedalo, un ateniese personaggio apollineo, congiunzione delle capacit inventive dellartigiano e della sapienza tecnica, prima formulazione di un logos ancora immerso nellintuizione, nellimmagine. Il labirinto oscilla tra il gioco artistico, estraneo allutilit, e lartificio della mente, della ragione nascente per sbrogliare una concretissima situazione vitale (filo di Arianna), qualcosa che manifesta assieme gioco e violenza. Il Labirinto allora si presenta come una creazione umana, ma al servizio di Dioniso, dellanimale-dio. (Dioniso veniva spesso raffigurato con la testa taurina minotauro). Minosse che rinchiude il Minotauro, rappresenta il braccio secolare di questa divinit bestiale. La forma geometrica del labirinto con la sua insondabile complessit, inventata da un gioco bizzarro dellintelletto, allude a una predizione, a un pericolo che insidia luomo ad affrontare il dio-animale. Dioniso fa costruire una trappola nella quale luomo si illude di attaccare e vincere il dio invece perir.

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Labirinto simbolo visibile - conflitto uomo dio Dioniso Equivalente enigma simbolo della trasposizione interiore del labirinto-Apollo. Labirinto prefigura il logos-ragione Ragione prodotto delluomo in cui luomo si perde! Schopenhauer ragione al servizio dellanimalit, istinto di sopravvivenza, ma attraverso la ragione si raggiunge la conoscenza del dolore e della vita per sconfiggere il dolore, cio la negazione della volont di vivere. Il simbolo che salva luomo il filo del logos, della necessit razionale: proprio la discontinua Arianna rinnega la divinit animale che porta in s, fornendo alleroe la continuit, dandosi essa stessa alla continuit, per far trionfare lindividuo permanente, per redimere luomo dalla cecit del dio-animale. Il trionfo delluomo breve, sia nella saziet rapidissima di Teseo che abbandona Arianna, sia nel mito primordiale con lintervento di Artemis che uccide Arianna e la restituisce immortale a Dioniso, il dio-animale rimane vincitore, la stabilit, la continuit sono solo divini e luomo affonda nella sua discontinuit, nella sua caducit. Nella tragica sfida possono salvarsi, senza tracotanza, soltanto leroe (nel labirinto) e il sapiente (nellenigma). Passano alcuni secoli e la figura di Dioniso pur rimanendo naturalmente crudele, perde la sua ferocia immediata e si mitiga nel mito che prende nome di Orfeo. Nei frammenti orfici Dionisio un fanciullo e i sono giocattoli, la palla e la trottola. Anche Apollo si manifesta agli uomini con elemento ludico, ma mentre il gioco apollineo riguarda lintelletto, la parola, il segno, in Dioniso il gioco immediatezza, spontaneit animale, affidandosi al caso, come nel gioco dei dadi o in un simbolo profondo quale lo specchio. Dioniso guardandosi allo specchio, anzich se stesso vede riflesso il mondo, dunque luomo, le cose, il mondo, non hanno una realt in s, sono soltanto una visione del dio, solo Dioniso esiste, in lui tutto si annulla, per vivere luomo deve immergersi nel divino passato, ritornare a lui. Memoria, vita, dio sono la conquista misterica, contro loblio, la morte, luomo appartengono a questo mondo, solo recuperando il passato luomo si identifica con Dioniso. In Orfeo devoto anche ad Apollo, troviamo la duplicit, lemblematica polarit DionisoApollo, lanima duplice posseduta, straziata. Come nel mito cretese anche qui Dioniso prevale su Apollo. La benignit musicale di Dioniso prevale alla sua crudelt di fondo. Lo svolgimento del mito riceve un suggello imperioso da Dioniso, e in entrambi i casi la fine tragica, eppure Dioniso d molta gioia ed secondo Omero una fonte di esultanza per i mortali. III. Il dio della divinazione Se la ricerca delle origini della sapienza conduce ad Apollo, e se il manifestarsi del dio, in questa sfera, avviene attraverso la mania, allora la follia dovr essere assunta come intrinseca alla sapienza greca. Quello che sembra sfuggire a Nietzsche la doppiezza della natura di Apollo, violenza differita di un dio che colpisce da lontano, la doppiezza intrinseca alla natura di Apollo testimonia una frattura metafisica, fra il modo degli uomini e quello degli dei. La parola tramite: essa viene dallesaltazione e dalla follia, il punto in cui la misteriosa e distaccata sfera divina entra in comunicazione con quella umana, si manifesta nelludibilit, in una condizione sensibile. La parola proiettata nel nostro mondo, porta la molteplice azione di Apollo: Dura predizione, conoscenza dellaspro futuro simbolo arco azione ostile opera morte Manifestazione e trasfigurazione gioconda, che si impone alle immagini terrestri e le intesse nella magia dellarte simbolo lira azione benigna bellezza. La sapienza greca unesegesi (interpretazione critica) dellazione ostile di Apollo. Eraclito non nomina Apollo, ma attraverso la configurazione dellarco e della lira, ne esprime la duplicit espressiva e lunicit dorigine, infatti entrambi gli strumenti sono composti con gli stessi elementi, corna ricurve di un capro. Quindi morte e bellezza, provengono da uno stesso dio, e soltanto nella prospettiva deformata e illusoria del nostro mondo dellapparenza si presentano come frammentazioni contraddittorie. Il passo del Timeo di Platone:

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Vi un segno sufficiente che il dio ha dato la divinazione alla dissennatezza umana, infatti nessuno che sia padrone dei suoi pensieri raggiunge una divinazione ispirata dal dio e veridica. Occorre piuttosto che la sua intelligenza sia impedita dal sonno o dalla malattia, oppure che labbia deviata essendo posseduto da una dio. Ma appartiene alluomo assennato, ricordarle e riflettere su di esse. Discernere con il ragionamento, il vedere onde quelle cose ricevano significato. soltanto a chi assennato conviene fare e conoscere ci che lo riguarda, e conoscere se stesso. Platone stabilisce una distinzione essenziale tra luomo mantico e invasato, farneticante chiamato il divinatore e il profeta, ossia linterprete che giudica, riflette, ragiona, scioglie gli enigmi, d un senso alle visioni divinatorie. Larco e le frecce del dio si rivolgono contro il mondo umano attraverso il tessuto delle parole e dei pensieri. Il segno del passaggio dalla sfera divina a quella umana loscurit del responso, il punto cio in cui la parola, manifestandosi come enigmatica, tradisce la sua provenienza da un mondo sconosciuto. Lambiguit manifesta leterogeneit tra la sapienza divina e la sua espressione in parole. La sapienza umana deve percorrere in tutto le sue implicazioni la via della parola, del discorso, del logos. Empedocle descriver cos Apollo, anche se non lo nomina: nelle sue membra non provvisto di una tesa simile alluomo, n dal suo dorso si spiccano due rami, non ha piedi n veloci ginocchia, n villosi genitali, ma soltanto un cuore sacro e indicibile si mosse allora, che con veloci pensieri frecciando si lancia attraverso il mondo intero. Apollo interiorit inesprimibile e nascosta, distacco metafisico e attivit dominatrice terribile nel mondo umano al tempo stesso. Cos come nel Timeo anche Empedocle attraverso la metafora delle frecce identificate con il pensiero, conferma la spinta alla ragione un aspetto fondamentale dellazione apollinea. Viene da chiedersi perch nei greci abbiamo la presenza di questa importanza fondamentale attribuita alla divinazione contrapposta alla furiosa passione politica, infatti se c convinzione che lavvenire sia prevedibile, come si spiega il furore senza freni nellaffrontare imprese disperate contro le predizioni stesse? In realt la divinazione del futuro non implica un dominio esclusivo della necessit. Se qualcuno vede prima quello che accadr, ci non ha nulla a che fare con la concatenazione di fatti o di oggetti che produrr questo futuro. Prevedibilit non significa necessit. Il futuro prevedibile il riflesso, lespressione, la manifestazione di una realt divina, che al di fuori di ogni tempo, ha in s il germe di quellevento. Lavvenimento futuro pu essere il risultato di caso e necessit mescolati e intrecciati come pensa Eraclito. Questa mescolanza si addicono ad Apollo e alla sua doppiezza. La sfera della follia, che gli appartiene, non la sfera della necessit, ma dellarbitrio. Cos pure come nel manifestarsi, lalternasi di azione ostile e benigna non suggeriscono necessit, ma gioco. Il dio accenna alluomo che la sfera divina sconfinata, insondabile, capricciosa, folle, priva di necessit, tracotante, ma la manifestazione umana suona come imperiosa norma di moderazione, di controllo, di limite, di ragionevolezza, di necessit. IV. La sfida dellenigma Attraverso loracolo, Apollo impone alluomo moderazione, mentre lui stesso smoderato, lo esorta al controllo di s, mentre lui si manifesta attraverso un phatos incontrollato, con ci dio sfida luomo lo istiga a disubbidirgli. Tale ambiguit si imprime nelloracolo e ne fa un enigma. Per i greci la formulazione di un enigma porta con s una tremenda carica di ostilit. Dunque il legame tra divinazione ed enigma originario, anche se lenigma tende a staccarsi dalla divinazione sfinge. Solo chi risponde allenigma pu salvare s stesso e la citt. Lama decisiva la sapienza. In un frammento di Pindaro: lenigma che risuona dalle mascelle feroci della vergine. La connessione tra crudelt ed enigma qui suggerita immediatamente dal testo. Lenigma ulteriormente separato dalla sfera divina tende a diventare oggetto di una lotta umana per la sapienza.

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Passando dallet arcaica ad unepoca appena pi recente, VII secolo a.C., si estende la formulazione contraddittoria dellenigma, e la cosa coincide con il completo umanizzarsi di questa sfera. Nel V e IV secolo, va attenuandosi. Dopo Eraclito, nel cui pensiero lenigma qualcosa di centrale, i sapienti si rivolgono a ci che consegue dallenigma piuttosto che allenigma stesso. Nel Carmide di Platone, lenigma compare quando loggetto del pensiero non certo espresso dal suono delle parole, condizione mistica, in cui una certa esperienza risulta inesprimibile, lenigma la manifestazione nella parola di ci che divino, uninteriorit indicibile. La contraddizione suggerisce ingannevolmente un contenuto, la soluzione dellenigma, ma in Meleto la contraddizione attribuita a Socrate di non credere agli dei, ma di credere negli dei solo una contraddizione vuota di significato. Nel corso del IV secolo a.C., le risonanze religiose presenti in Platone si spengono del tutto, lenigma viene usato come gioco di societ, o come strumento di addestramento intellettuale. In Aristotele, la definizione dellenigma : Dire cose reali collegando cose impossibili, con queste parole dunque vuole dire che lenigma una contraddizione che designa qualcosa di reale. In Aristotele dunque lenigma si esprime con la costruzione non ordinaria delle parole, si esprime attraverso la metafora, lo svuotamento del phatos originario dellenigma ormai completo. Lenigma con il progressivo umanizzarsi perde la connotazione religiosa si svuota delloriginario phatos e porta al delinearsi dei sapienti che sostituiranno la figura profetica, i passaggi sono i seguenti: 1. Responso oracolare: il dio ispira e il profeta un semplice interprete della parola divina, qui appartiene ancora totalmente alla sfera religiosa; 2. Enigma mortale: il dio attraverso la Sfinge impone alluomo di scioglierlo pena la vita; 3. Enigma diventa strumento di contesa di due divinatori. Cade lo sfondo religioso e viene in primo piano lagonismo, due uomini che combattono per conquistare il titolo di sapiente. Lenigma diventato pura dialettica. V. Il phatos del nascosto. In Omero troviamo lantichissimo fondamentale documento sul nesso tra enigma e sapienza. Nellaneddoto dei pescatori: Quanto abbiamo preso abbiamo lasciato, quanto non abbiamo preso lo portiamo. Omero incapace di risolverlo morir per lo scoramento. Chiaro il contrasto tra la futilit dellargomento e lesito tragico del suo mancato scioglimento. Diversamente dalluomo comune, per il sapiente lenigma una sfida mortale. Chiaro dunque lo svuotamento di qualsiasi connotazione religiosa che lascia il posto al puro agonismo umano. Questo enigma rappresenta lesemplificazione aristotelica che sostiene che lenigma la formulazione di unimpossibilit razionale che esprime tuttavia un oggetto reale. Lenigma quando entra nellagonismo della sapienza, deve assumere una forma contraddittoria. Eraclito, in merito allepisodio Omerico sottolinea, linganno operato utilizzando lenigma, dove un sapiente o presunto tale si sia lasciato ingannare. Allora il sapiente viene definito come coluri che non si lascia ingannare. Cosa pi importante Eraclito raccoglie una sfida e la amplia, arricchisce lenigma, e lancia la sfida agli uomini, Omero avrebbe lasciato aperto un quesito per luomo, ingannato cos come omero nella conoscenza delle cose manifeste della vita. Tradotto in termini universali allora diventerebbe: Le cose manifeste che abbiamo preso le lasciamo negazione in Eraclito di qualsiasi realt esterna agli oggetti del mondo sensibile, lasciare lillusoria realt del mondo, nientaltro che una serie di sensazioni, critica assoluta al trasformare lillusione sensoriale in qualcosa che esiste fuori di noi, in qualcosa di permanente, lesperienza sensoriale dunque da percepire e poi lasciar cadere, se la vogliamo fissare la falsifichiamo. Eraclito non crede che il divenire sia pi reale dellessere, ritiene ogni opinione una malattia sacra, ogni elaborazione delle impressioni sensoriali in un mondo di oggetti permanenti sia illusionistica. Ecco perch dice che non possibile entrare nello stesso fiume per due volte. le cose nascoste che non abbiamo n visto n preso, le portiamo. In questa trasposizione eraclitea ritroviamo allora il phatos del nascosto ovvero la tendenza a considerare il fondamento ultimo del mondo come qualcosa di celato, il concetto di divinit chiamata Zeus accettabile come definizione umana, ma inadeguata, proprio perch il dio supremo nascosto e inaccessibile. La natura primordiale ama nascondersi, larmonia nascosta pi forte di quella manifesta. Quindi nel secondo tema troviamo la rivendicazione dellinteriorit,

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rispetto allillusoria corporeit del mondo esterno. In Eraclito viene posta lanima come principio supremo del mondo poi confermata da Aristotele. Eccolo allora lo scioglimento della seconda parte dellenigma. Lanima, il nascosto, lunit, la sapienza, sono ci che non vediamo n prendiamo, ma portiamo dentro di noi. Solo la nascosta interiorit permanente, anzi nel manifestarsi accresce se stessa. Si pu pensare che tutta la sapienza di Eraclito sia un tessuto di enigmi che alludono ad un insondabile natura divina. Siamo difronte al tema dellunit dei contrasti. Viene affermato che il mondo che ci circonda non altro che un tessuto illusorio di contrari. Allora la molteplicit del mondo, la sua illusionistica corposit un intreccio di enigmi, unapparenza del dio, allo stesso modo che un intreccio di enigmi sono le parole del sapiente. Ogni coppia di contrari un enigma, il cui scioglimento lunit, il dio che vi sta dietro. Il dio giorno notte, inverno estate, guerra pace, saziet fame. VI. Misticismo e dialettica Lorigine della sapienza greca sta nella mania, nellesperienza mistica e misterica, ma poi perde lo sfondo religioso per lasciare il posto allelaborazione di un pensiero astratto, razionale, attraverso lo strumento trasformante della dialettica intesa e caratterizzata nel suo momento culmine da Aristotele, come arte della discussione reale tra due o pi persone viventi, non escogitate da uninvenzione letteraria. La dialettica un dei fenomeni culminanti della cultura greca e anche uno dei pi originali. Lorigine della dialettica da attribuirsi a Parmenide, oltre a un bagaglio teoretico imponente, luso dei cosiddetti principi aristotelici di non contraddizione e del terzo escluso, oltre allintroduzione di categorie che resteranno per sempre legate al linguaggio filosofico, essere e non essere, della necessit e della possibilit. La dialettica nasce sul terreno dellagonismo, quando lo sfondo religioso si allontanato e limpulso conoscitivo non ha pi bisogno di essere stimolato da una sfida del dio, quando una gara per la conoscenza tra uomini non richiede pi che essi siano divinatori. Sulla base dei topici aristotelici si pu costruire uno schema generale dellandamento di una discussione, un uomo sfida un altro uomo a rispondere su un contenuto conoscitivo. Linterrogante propone una domanda in forma alternativa, presentando cio i due corni di una contraddizione. Il rispondente fa suo uno dei due corni, ossia afferma con la sua risposta che questo vero, fa una scelta. Questa risposta iniziale la tesi della discussione, il compito dellinterrogante dimostrare la proposizione che contraddice la tesi. Vince se confuta la tesi espressa dallavversario nella risposta iniziale. La dimostrazione si sviluppa attraverso una serie concatenata di domande e risposte. Il collegamento tra le risposte il filo continuo della deduzione, al termine del quale si trova la proposizione che contraddice la tesi. Limportante che ogni singola risposta sia lasserzione di una certa proposizione, che linterrogante presenta come domanda. Tutte le risposte saranno altrettante affermazioni del rispondente, quindi se saranno contrarie alla tesi, il rispondente avr confutato la propria tesi iniziale. Nella dialettica non servono giudici, la vittoria risulta dalla discussione, il rispondente prima afferma la tesi e poi la confuta, viceversa si ha la vittoria del rispondente quando riesce ad impedire la confutazione. Questa pratica discorsiva stata la culla della ragione e della logica, di ogni raffinatezza discorsiva. Per Aristotele dimostrare una certa proposizione significa trovare un medio, un concetto universale, tale da potersi unire a ciascuno dei due termini della proposizione in modo che si possa dedurre da tali nessi la proposizione stessa, dimostrarla. La dialettica stata cos la disciplina che ha permesso di sceverare (distinguere) le astrazioni pi evanescenti pensate dalluomo, la tavola delle categorie aristoteliche non che il culmine di un percorso cominciato molto prima delluso di tali categorie. Lo stesso per i principi formali che reggono il corretto svolgimento di una discussione come il terzo escluso. Tornando al passaggio dallo sfondo religioso allagonismo umano dellenigma, possiamo affermare che risulta un punto di incontro fra i due fenomeni, cio la sfera dellagonismo riguardante la conoscenza e la sapienza. Lenigma umanizzandosi, assume una figura agonistica, e dalaltra parte la dialettica sorge dallagonismo. Approfondendo lanalisi dei due fenomeni, c da presupporre un rapporto pi intrinseco, un nesso di continuit tra essi. In questa prospettiva lenigma appare come lo sfondo tenebroso, la matrice della dialettica. Lenigma lintrusione dellattivit ostile del dio nella sfera umana, la sua sfida, allo stesso modo che la domanda iniziale dellinterrogante lapertura della

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sfida dialettica, la provocazione alla gara. E ancora cos come lenigma nasce da una formulazione contraddittoria cos anche la dialettica nasce da una contraddizione. Ancora ricordiamo i termini usati ora in senso dialettico ora enigmatico interrogazione, aporia, ricerca, domanda dubbia. Dunque il misticismo (enigma) e il razionalismo non sono in Grecia qualcosa di antitetico, ma fasi successive di un fenomeno fondamentale. Possiamo anche dire che la dialettica una sorta di mitigazione dellenigma arcaico, chi viene sconfitto nella dialettica non perde la vita. Differenze tra enigma e dialettica: nellenigma vita morte, giudice dio dialettica, vittoria sconfitta sapiente, non giudice, il rispondente non subisce una domanda, ma puo difendere la sua tesi In comune con lenigma, dio che colpisce da lontano, anche linterrogante, dissimula le trappole fatali, attraverso lunghe argomentazioni. La reminescenza religiosa rappresentata dalla Sfinge con crudelt diretta, qui la crudelt diventa mediata, travestita e quindi maggiormente apollinea. Nello scontro dialettico si trova una sorta di ritualit, difronte a un pubblico silenzioso. E forse nella dialettica non si assiste a una morte fisica, ma altrettanto vero che in certi casi la sconfitta dialettica era unumiliazione intollerabile. Agonismo dio-uomo (enigma) a agonismo umomo-uomo (dialettica). VII. La ragione distruttiva Molte generazioni di dialettici elaborano in Grecia un sistema della ragione logos, come fenomeno concreto, puramente orale, del quale la traduzione letteraria di Platone non ne che un pallido surrogato del fenomeno originario. Il sistema del logos realizzato dalla dialettica, non un complesso costruttivo, ma bens, distruttivo. Il perfetto dialettico indifferente la tesi assunta dal rispondente, costui pu scegliere nella risposta iniziale luno oppure laltro corno della contraddizione proposta, e in entrambi i casi la confutazione seguir inesorabilmente. Il caso in cui la vittoria arrida al rispondente unicamente da attribuirsi unicamente a unimperfezione dialettica dellinterrogante. Da questo le conseguenze devastanti, qualunque verit in cui creda luomo pu essere confutata. La dialettica tutta, ritiene incontestabile il principio del terzo escluso (se una proposizione viene dimostrata vera, la sua contrapposta e falsa e viceversa), seguendo la sua ambizione la dialettica dimostrer che n luna n laltra sono vere o sono false, e dato che nessun oggetto sfugge alla dialettica, ne segue che ogni affermazione sar inconsistente, confutabile, cos pure ogni affermazione sperimentale, ogni proposizione scientifica sar egualmente esposta a demolizione. In Eraclito la dissoluzione stata risolta positivamente, lenigma => nascosta indicibile natura divina. In Parmenide, gi coinvolto nel turbine della dialettica, troviamo unaltra soluzione, egli ricava direttamente nella dialettica lessere e il non essere, il necessario e il possibile. La legge parmenidea quella dell!. La strada del non non da seguire, proibita in quanto porta a sviluppare argomentazioni nichiliste e devastatrici tipiche della dialettica appunto. Parmenide teme che la distruzione dialettica coinvolga anche lorigine nascosta, il dio, onde derivano lenigma e la dialettica. L significa la parola che salvaguarda la natura metafisica del mondo, che la traduce nella sfera umana, che manifesta ci che nascosto. La dea che presiede a questa manifestazione Aletheia la verit. Quindi un Parmenide benigno nellatteggiamento verso gli uomini, dove l mostra indulgenza verso lincomprensione umana, pi duro invece Eraclito che enuncia i suoi enigmi senza risolverli. Zenone seguendo la strada del non anzich difendere le teorie del maestro Parmenide, ha di fatto utilizzato la dialettica sino alle sue estreme conseguenze. Con Zenone la dialettica cessa di essere una tecnica agonistica per diventare una teoria generale del logos. La dialettica proprio con Zenone raggiunge quel grado estremo di nichilismo teoretico presupposto. Con Zenone ogni oggetto sensibile o astratto, viene provato essere e non essere al tempo stesso e anche come possibile e impossibile. Contrariamente a quanto potrebbe sembrare nonostante la strada seguita da Zenone la sua opera comunque di sostegno a Parmenide per salvaguardare la matrice divina, infatti proprio attraverso il nichilismo totale, egli mostra alluomo come la vita sia una semplice apparenza, puro riflesso del mondo degli dei, quindi si ricongiunge a Eraclito che analogamente

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alludeva alla natura divina, richiamo enigmatico alla contraddittoriet, allassurdit. Tutto ci che passa difronte a noi come instabile e istantaneo. VIII. Agonismo e retorica Il logos zenoniano rappresenta un vertice della teoria della ragione, forse il punto estremo della razionalit greca. Si impone contraddizione tra questa ragione distruttiva e la ragione costruttiva delle filosofia moderna. Da rilevare per che i sapienti di questa et arcaica, e latteggiamento che durer sino a Platone, intendevano la ragione come un discorso sul qualcosaltro, un logos appunto, che dice, esprime una cosa differente, eterogenea. Si in seguito dimenticata la spinta originaria della ragione che doveva esprimere il distacco metafisico e si considerato il discorso come dotato di propria autonomia, specchio di un oggetto indipendente senza sfondi. Allinizio la ragione era nata come qualcosa di complementare, soltanto accennata da quel discorso. Che pur cambiano connotazione ha mantenuto la sua struttura originaria. Dopo Parmenide e Zenone let dei sapienti va declinando, e per continuare lanalisi nella prospettiva iniziale dobbiamo allacciarci a Gorgia in cui troviamo il germe della decadenza per la dialettica. I contenuti di Gorgia sono pi evoluti a quelli di Zenone, egli infatti conosce le regole dalla conversione de dellaspetto quantitativo della contraddizione, applica spesso la dimostrazione per assurdo, il contenuto della sua opera pi astratta sostiene che: 1. Niente ; 2. Anche se qualcosa , inconoscibile alluomo, 3. Anche se conoscibile alluomo incomunicabile o spiegabile agli altri. Ci che colpisce che non presente nessuno sfondo religioso, egli non si preoccupa di salvaguardare nulla. Sembra mettere in discussione la natura divina o comunque la isola completamente dalla sfera umana. Gorgia dichiara finita lera dei sapienti, intesi come coloro che avevano messo in comunicazione gli dei con gli uomini. Inoltre il suo pensiero si accompagna alla fine del pensiero greco privato, limitato ad un ambiente scelto, e quindi con laccentrarsi della cultura in Atene, a partire dalla met del V secolo, si manifesta in Grecia la tendenza fatale a rompere lisolamento del linguaggio dialettico che entra nellambito pubblico. Il vecchio linguaggio dialettico viene usato al di fuori della discussione, gli ascoltatori non sono scelti, non si conoscono e sono profani che non discutono, ma ascoltano solamente.

Nel V sec. a.C. si assiste alla nascita della retorica => volgarizzazione del primitivo linguaggio dialettico. Mondanizzazzione.
Retorica Fenomeno orale, recitazione agonistica indirettamente (confronto tra oratori, lotta per soggiogare la massa di ascoltatori), si lotta per una sapienza rivolta alla potenza, si rientra nelle sfera individuale delle passioni, degli interessi politici si accompagna alla scrittura, gli oratori infatti dovevano scrivere i discorsi per poi impararli a memoria per essere il pi possibile efficaci nelleccitare lemozione del pubblico. Dialettica Fenomeno orale, agonistica direttamente (confronto avvincente tra interrogante e rispondente), si lotta per la sapienza, puntava a dominare le passioni degli uomini, che devono essere eccita o placate viene tradita nella sua originalit dalla scrittura La retorica anchessa un fenomeno essenzialmente orale, ma priva di una collettivit che discute, uno solo parla e gli altri ascoltano. Non un caso dunque che Gorgia, campione della dialettica sia stato il fondatore dellarte retorica. La dimostrazione per assurdo, che Gorgia predilige, ha una forza di persuasione assai pi potente di quella diretta. Latteggiamento

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divulgativo falsamente elementare, lo connota come artefice del trasformarsi in pubblico del linguaggio dialettico. Elemento fondamentale di questa trasformazione della dialettica, lintervento della scrittura, che di regola un semplice mezzo mnemonico, senza che le tocchi una considerazione intrinseca. Anche la retorica nasce come parola vivente, la sua essenza sta nella recitazione vivente. La situazione accidentale della scrittura rispetto alla retorica, ebbe influsso assai notevole sul sorgere di un nuovo genere letterario: la filosofia, (linguaggio dialettico diventa pubblico la scrittura da strumento menemonico acquista autonomia espressiva. Filosofia => autonomizzazione della scrittura, nuovo genere letterario. IX. Filosofia come letteratura La modificazione dello strumento espressivo della ragione, logos, si modifica anche la struttura della ragione, si assiste a una falsificazione radicale del logos originario che diventa spettacolo per una collettivit ci che non pu essere staccato dai soggetti che lhanno costituito. La dialettica prevedeva astrazioni, e le parole stesse del logos autentico alludono a vicende dellanimo, che si afferrano solo col parteciparvi, in una mescolanza che non si pu dividere. Nello scritto linteriorit va perduta. Platone invent il dialogo come letteratura, come un particolare tipo di dialettica scritta retorica scritta, che presenta un quadro narrativo di contenuti di discussioni immaginarie a un pubblico indifferenziato, e sar Platone stesso a chiamarlo filosofia. Filosofia => esposizione scritta di temi astratti e razionali, che dopo la confluenza con la retorica, tratta di contenuti morali e politici. Senza lopera di Platone che pure il responsabile di un rivolgimento cos fatale, sarebbe difficile avvertire il distacco da quellet dei sapienti. Platone definisce a pi riprese: Et dei sapienti, quella di Eraclito, Parmenide e Empedocle Filosofo s stesso come semplice amante della sapienza, che per non la possiede Contrappone la sua filosofia alla precedente sofia sapienza. Invenzione della scrittura, nel primo passo del Fedro, da parte del dio egiziano Theuth il quale pur magnificando i pregi della sua invenzione, afferma che la scrittura uno strumento di rammemoriazione, ma puramente estrinseco persino rispetto alla memoria. La scrittura fornir una sapienza apparente, non veritiera. Nella settima lettera, Platone contesta alla scrittura la possibilit di esprimere un pensiero serio e dice letteralmente: nessun uomo di senno oser affidare i suoi pensieri filosofici ai discorsi e per di pi a discorsi immobili, com il caso di quelli scritti con le lettere. Ogni persona seria si guarda dallo scrivere di cose serie per non esporle alla malevolenza e allincomprensione. E sconvolgente per gli interpreti moderni pensare che tutta lopera di Platone capace di influenzare enormemente in pensiero occidentale, non fosse nulla di serio per lautore stesso!!! Quindi giunto a noi di Aristotele. Rispetto a Nietzsche che considera Socrate come liniziatore della decadenza greca, sottolineiamo al contrario che nella sua dialettica lelemento morale va affermandosi a scapito di quello puramente teoretico. Quindi Socrate ancora un sapiente, per la sua vita e il suo atteggiamento difronte alla conoscenza, ecco allora la logicit, la sensatezza di un Socrate sapiente proprio perch non ha lasciato nulla di scritto. Platone invece dominato dal demone letterario, del filone retorico, e da una predisposizione artistica che si sovrappone allidea del sapiente. Pur criticando la scrittura e larte, il suo istinto pi forte stato quello di letterato e drammaturgo, con ambizioni politiche. Quindi la filosofia nasce da una disposizione retorica accoppiata a un addestramento dialettico, da uno stimolo agonistico incerto sulla direzione da prendere, dal primo presentarsi di una frattura interiore nelluomo di pensiero, in cui si insinua lambizione velleitaria alla potenza

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mondana, e un talento artistico di grande livello, che si scarica nellinvenzione di un nuovo genere letterario. Platone comunemente a Isocrate dichiara di aver come fine la paideia educazione, vogliono offrire la conoscenza e insegnare leccellenza. Il secondo per legato maggiormente alla retorica scritta per timidezza, consente la vittoria di Platone, almeno se giudichiamo dalla posterit, e quindi la filosofia giunta ad oggi per come stata chiamata da Platone e non da Isocrate. Platone Filone dialettico Tendenza teoretica Isocrate Legato alla sfera pratica e politica Connessione con interessi circoscritti immediati. Nasce la filosofia, creatura troppo mediata dalla scrittura per conservare le sue aspirazioni ascendenti. La sapienza quanto precede la filosofia, ed per noi remotissimi discendenti pi vitale della filosofia stessa.

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