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MIMESIS / IL FLAUTO MAGICO

N. 29

comitato scientifico

Claudio Bonvecchio (Università dell’Insubria)


Morris L. Ghezzi (Università di Milano)
Antonio Panaino (Università di Bologna, sede di Ravenna)
Apis - Eleazar

I RITI EGIZI II
LA VERA STORIA

Prefazione di Claudio Bonvecchio

MIMESIS
Immagini originali di Luizio Capraro e Mauro Cerulli
In copertina: immagine di Luizio Capraro

MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine)


www.mimesisedizioni.it
mimesis@mimesisedizioni.it

Collana: Il lauto magico n. 29


Isbn: 9788857536118

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INDICE

Ex oriente lux: la libera muratoria egizia 11


di Claudio Bonvecchio

I RITI EGIZI II

Una breve prefazione 23

Introduzione: l’origine di tutto, l’Antico Egitto 29

Capitolo I
Il primo atto dei Riti Massonici Egizi: il Mizraim di Napoli 39

Capitolo II
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 53

Capitolo III
Cagliostro, il Sistema Egiziano e il Mizraim di Venezia 89

Capitolo IV
Il Mizraim di Napoli dalla fine del XVIII secolo fino
al XX secolo 115

Capitolo V
Il Rito di Misraim in Francia nel secolo XIX 143

Capitolo VI
Il Rito di Memphis o Antico e Primitivo Rito Orientale
Etienne Marconis de Nègre 155

Capitolo VII
I Riti Uniti di Memphis e Misraim 171
Capitolo VIII
John Yarker e le sue scale iniziatiche 199

Capitolo IX
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 211

Capitolo X
Il Memphis di elaborazione anglosassone 261

Capitolo XI
La rinascita della massoneria egizia: la vera unione
del Mizraim e del Memphis 301

Appendice 329

Alcune (brevissime) conclusioni 365

Bibliografia 369
A tutti coloro che cercano la Verità e la Luce.
Claudio Bonvecchio

EX ORIENTE LUX:
LA LIBERA MURATORIA EGIZIA

Il rischio delle imitazioni

Dopo l’interessante testo che aveva – approfonditamente e con dovizia


di dettagli storici, simbolici e esoterici – analizzato i Gradi del Regime
Egizio, ecco a suo completamento un’altrettanto completa ricostruzione,
storica, della libera muratoria egizia.
È subito il caso di sottolineare che non si tratta di una opera facile. Non
tanto per la scrittura: scorrevole, a tratti quasi romanzesca e, anche, illumi-
nata da una sottile ironia e da una (giustificata) vis polemica. La difficoltà
sta tutta nell’argomento trattato, perché è proprio dei Riti Muratori, in ge-
nerale – e, quindi, anche di quelli Egizi – aggrovigliarsi in esacerbati dibat-
titi su filiazioni, patenti, scissioni, scomuniche, eresie, amicizie, inimicizie
e vere e proprie aperte ostilità. Fatti questi su cui è difficile soffermarsi,
esaurientemente, anche perché sono “supportati” dalle affermazioni, po-
lemiche e saccenti, di una pletora agguerrita di “sedicenti iniziati”. Sono
quelli che allignano, prolificano e si riproducono nei Riti in cui il “tasso” di
Esoterismo è maggiore. Essi trovano ascolto e audience nella dabbenaggi-
ne o nell’ingenua buona fede di adepti (soprattutto se di scarsa esperienza)
che vengono considerati veri e propri “polli da spennare”.
Così, promettendo loro cariche mirabolanti, titoli altisonanti – talora,
francamente, un poco dépassé, se non ridicoli – grembiuli colorati, collari,
segreti indicibili e altre sciocchezze del genere li alleggeriscono di denari
e anche, cosa ben più grave, della fiducia: quando si accorgono dei loro
raggiri. Perdono, infatti, la fiducia nella possibilità che si dia un Esoterismo
profondo, realmente vissuto nella sua forma più pura e intensa. Quella in
cui non esistono fumoserie e i Gradi sono reali livelli di perfezione inte-
riore. E non decorazioni da ostentare, come facevano, in passato, i piccoli
borghesi con i titoli nobiliari acquisiti a pagamento.
12 I Riti Egizi II

D’altronde, tutti ben conosciamo quanti immaginari ordini rosa+cruciani


si offrano nel market esoterico, quanti templari “tarocchi” fanno svolazza-
re i loro bianchi mantelli in chiese sconsacrate, quante chiese paragnosti-
che si inventano folklorismi rituali e quanti pseudo alchimisti scambiano la
ricerca della simbolica pietra con la smisurata dilatazione del proprio Io. E
si potrebbe continuare, all’infinito, su questo registro che si configura come
una vera e propria “Biblioteca di Babele”.
A questo trend non si sottraggono neppure i Regimi Egizi, i cui molti se-
dicenti capi discettano, con sicumera, di un Egitto da cartolina e inventato
di sana pianta, facendo sbellicare dalle risa – quando, per caso, vengono in
contatto con loro – i veri studiosi del mondo egizio che, più di una volta e
per diretta esperienza, ne hanno parlato come di veri e propri “fenomeni da
baraccone”. La Ritualità Egizia non merita questa sorte.
Così, fronte di questi rischi, occorre – come auspicava il doctor invinci-
bilis Guglielmo di Ockham – utilizzare un simbolico “rasoio” (oggi, direm-
mo il machete) per farsi strada nella selva di ombre, nella giungla di non-
senso, nella foresta di dotte banalità in cui versano troppi Riti Egizi. Tutto
ciò all’unico fine di comprendere a cosa non bisogna avvicinarsi e cosa non
bisogna essere, per non avere cocenti delusioni. A questo scopo, credo che
bisogna riconoscere agli autori – che correttamente ed esotericamente si
celano sotto i nomi iniziatici di Apis e Eleazar – di aver lavorato con rigore,
cercando di rendere il più possibile comprensibile la complessità di una
mappa, quella dei Regimi Egizi, in cui, francamente, è facilissimo perdersi
o “perdere il senno”: come l’Orlando furioso. E in cui è altrettanto difficile
sceverare il grano dal loglio: come ricorda il Vangelo.

La regolarità

Bisogna, tuttavia, riconoscere che c’è un altro argomento che questo


saggio, con coraggio, affronta. È il tema annoso della “regolarità” e del-
le “filiazioni”: croce e delizia di ogni Comunione Muratoria e, a maggior
ragione, di ogni Rito, anche di quelli Egizi. Ora, i Regimi cosiddetti degli
Alti Gradi – come quelli Egizi, ma non solo – sono letteralmente osses-
sionati dall’affermare la loro regolarità. Ossia la loro legittima filiazione o
catena iniziatica promanante da una origine (o da un fondatore) che deve
essere “pura e senza macchia”. Questa catena di filiazioni, adozioni, depo-
siti, etc. viene stabilita, essenzialmente, su documenti scritti: sulle famose
patenti, su testamenti o su scritti chirografi gelosamente custoditi ma, ra-
ramente, esibiti.
C. Bonvecchio - Ex oriente lux: la libera muratoria egizia 13

Su questo sarebbe opportuno stendere un velo di pietoso silenzio. Non


si contano, d’altronde, documenti, patenti, testamenti, diplomi, scritti
chirografi, bolle sapientemente falsificate o, se autentiche, interpretate in
modo da favorire e giustificare il proliferare di altre (dubbie) linee inizia-
tiche (con i relativi capi) spacciate per vere. Sono linee che amplificano
le falsificazioni o le scorrette interpretazioni iniziali, disperdendosi in in-
finiti rivoli e producendo per partenogenesi altrettanto false e tendenziose
dependance (pseudo) iniziatiche. Ne derivano filiazioni rituali, costruite
come veri e propri castelli di carte e fondate sul “si dice” di una presunta
regolarità. Una regolarità che è rivendicata ma, puntualmente, contestata
da avversari o dai (pochi) esoteristi amanti del vero e non seguaci del
verisimile.
Esiste poi, anche, una regolarità “presunta”. È quella in cui un Rito – e
non sono casi sporadici – pur avendo una origine legittima e “certifica-
ta”, si struttura in forma burocratica, privilegiando gli aspetti lucrativi dei
passaggi di Grado piuttosto che quelli formativi. In questo caso, l’osten-
tata regolarità è solo formale, cartacea, perché a tale Rito manca il centro:
manca il cuore. E un corpo senza cuore è un corpo inerte: un corpo morto
o, al più, simile a un Golem. E ce ne sono parecchi. Come si desume dalla
lettura di questo saggio che, a suo modo, è una garbata ma ferma denuncia
di questo malcostume esoterico e un invito a essere “diversi”. O, almeno,
tentare di esserlo.
Altra cosa è la vera “regolarità”: punto dolente dei vari Riti, ma anche
delle ben più grandi Comunioni Muratorie. Ora, sulla vera o presunta re-
golarità si sono accese e si accendono, solitamente, controversie destinate
a durare anni e a causare fratture spesso insanabili. In merito, prevalente
è il criterio sostanzialmente storico e burocratico. Ossia, ci si basa su un
vero, supposto tale o, semplicemente, presunto atto iniziale, scritto formato
e bollato da qualcuno che si ritiene dotato di particolari karismi o che ha
costituito o ha avuto, in qualche modo, accesso a un deposito iniziatico
originario. Deposito iniziatico che si articola in determinati obiettivi eso-
terici, passaggi, rituali, progressioni di gradi, norme, statuti, costituzioni e
regolamenti. Il detentore originario, trasmette – con un atto molto simile a
un contratto di compra-vendita e, talora, arrogandosi un’autorità che non
gli compete – a qualcuno, o a un gruppo che ritiene degno e in grado di
continuare la sua opera, questo deposito. L’erede o gli eredi compiranno,
a loro volta, un analogo passaggio trasmettendo non sempre correttamen-
te – come, purtroppo, spesso avviene – a un unico “erede” l’atto che gli
consente di continuare ciò che era stato iniziato, governando il Rito (o la
Comunione).
14 I Riti Egizi II

Non ci vuole molto a concludere che – dopo tre o quattro passaggi, al


massimo – una simile catena perde la sua linearità e tende a frammentarsi
in molti rivoli. Sono i rivoli impersonati dai molti “eredi” cui è stato con-
segnato o devoluto l’atto, la patente iniziale, ciascuno dei quali rivendica
a sé la linea diretta (una sorta di progenitura) “pura e senza macchia”. Ne
deriva che costoro – per affermare la propria – tendono a screditare le linee
iniziatiche altrui dando luogo a vere e proprie scomuniche, diffamazioni,
accuse e denunce: talora con spiacevoli e degradanti strascichi giudiziari.
Va detto, a scanso di fraintendimenti, che la vera, indiscutibile regolarità
non sta nelle carte bollate e nelle rivendicazioni. Sta nel vero, inoppugnabi-
le karisma di chi dirige un Rito (o una Comunione) con sapienza, saggezza,
tolleranza, modestia e lungimiranza. L’autorità esoterica non è né burocra-
tica né “muscolare”. Essa si fonda e “riposa” nei comportamenti tramite
i quali chi la detiene, pro tempore, manifesta la sua assoluta convergenza
e sintonia con il centro interiore: con l’essenza della Tradizione, che non
necessita di verifiche storiche, di bolli, di pronunce, di roboanti rivendica-
zioni e di azioni penali.
Senza nulla togliere alle tesi di René Guénon in merito alla regolarità,
si può, a buon diritto, sostenere che la si deve ricercare nella spiritualità
che deve animare e contraddistinguere i veri Iniziati. Essi devono sentirsi
animati e mossi – nel loro ruolo di capi di una linea esoterica – dal mistero
teofanico che vuole che la loro vita, i loro comportamenti, il loro essere “al
di sopra” siano la prova provata della possibilità di un cammino di perfe-
zionamento. Altrimenti, si scade nelle molte figure che hanno trasformato
e trasformano il Regime degli Alti Gradi non in un importante percorso
iniziatico, ma in una ditta d’affari “a responsabilità limitata”, che discredita
la Tradizione Esoterica e avvilisce la Scienza Muratoria.

Il mito egizio e il mito greco

Una riflessione sulla storia dei Regimi Egizi non può poi esimersi dal-
lo spendere qualche breve parola sulla scelta dell’Egitto come riferimento
essenziale per una linea iniziatica: così sentita, partecipata e vissuta come
quella che dell’Egitto prende il nome. Vale, dunque, la pena di sottolineare
la rilevanza dell’Egitto nel mondo antico e, di conseguenza, anche in quello
moderno: rilevanza, spesso, dimenticata o minimizzata a favore della Gre-
cia. A questo proposito, conviene allora – anche se la cosa potrà provocare,
indubitabilmente, qualche reazione indignata – mettere in dubbio la centra-
lità della Grecia e del suo mito. Mito che è stato alimentato dall’importanza
C. Bonvecchio - Ex oriente lux: la libera muratoria egizia 15

data (in positivo o in negativo) dal Cristianesimo neo-platonico prima e da


quello aristotelico poi e che è culminato nel Classicismo, nell’Illuminismo
e nel Romanticismo. In questi ultimi, la Grecia sarà esaltata – oltre misura
– come la terra delle libertà, dell’uguaglianza, della bellezza, dell’indipen-
denza, della ragione e della filosofia. Insomma, sarà pensata, studiata e
vissuta come il modello ideale di ogni pensiero e di ogni comportamento
sociale e civile a cui l’essere umano dovrebbe conformarsi per essere tale.
Nulla di più ideologico, se non falso.
La Grecia – nell’antichità e senza nulla togliere alla sua importanza –
non era altro che un agglomerato di città-Stato di scarsissima valenza po-
litica e la cui realtà sociale e culturale era, tutto sommato, di poco rilievo
a fronte di quella che contraddistingueva il vero Stato egemone nell’area
antica: l’Egitto. Era, senza dubbio, l’Egitto il punto di riferimento militare,
culturale e religioso di una vastissima area geo-politica. Non è casuale,
d’altronde, che Platone ne riconosca il grande merito culturale e simbolico,
attribuendo all’Egitto il merito della nascita della scrittura nella persona
del dio Thot.
D’altronde è innegabile che l’impero egizio, nel mondo antico, era
all’avanguardia su ogni aspetto della vita e del sapere: dalla tecnologia
agli studi sulla matematica, dall’architettura religiosa, civile e funeraria
all’idraulica, dalla organizzazione burocratico-statuale alla medicina,
dai sistemi di comunicazione sino all’astronomia e così via. Questo
debito culturale nei confronti dell’Egitto sarà ribadito sia dai popoli
confinanti che dagli stessi Greci, i cui studi, nelle varie discipline, ave-
vano alle spalle la ricchezza sapienziale egizia: come essi stessi rico-
noscevano.
A ciò si deve aggiungere, ancora, l’attrazione che la misteriosa terra dei
Faraoni esercitava sui più titolati sapienti e filosofi greci. Come dimostra
l’esempio di Pitagora che, secondo il suo biografo Porfirio, proprio in Egit-
to aveva, a lungo, soggiornato per apprendere il più raffinato e profondo
sapere dell’epoca. O come ricorderà – molti secoli dopo – Plutarco scri-
vendo dei misteriosi, antichi dei egizi. Non dimentichiamo, poi – cosa che
troppo spesso avviene – che la struttura fondamentale del potere che tutto-
ra, seppure in forma differenziata e secolarizzata, permea il nostro modo
di concepirlo lo si deve al mondo egizio. L’idea di regalità – unita alla
simbologia del potere, strettamente collegata alla trascendenza – è di netta
e comprovata derivazione egizia con tutto ciò che ne consegue in merito
alla legittimità dell’autorità e del potere. Non dimentichiamo che è tramite
Giulio Cesare e Antonio – auspice Cleopatra – che verrà estesa al mondo
romano l’idea della Imperialità che, in seguito, sarà alla base di tutte le
16 I Riti Egizi II

forme di Impero ecclesiastico (come la Chiesa Cattolica) e/o laico sino a


confluire nelle moderne repubbliche presidenziali.
Non va trascurato, infine, quanto l’affermazione del monoteismo sia
da ascrivere, ampliata grazie all’Ebraismo, alla concezione della reli-
giosità egizia. Come attestano sia molte pratiche rituali sia le più arti-
colate concezioni teologiche: quelle che si sono manifestate nei Salmi
biblici e in molti altri imprestiti egizi presenti nella Bibbia. E neppure
si può passare sotto silenzio lo straordinario apporto fornito dalla sa-
pienza egizia alla Tradizione Esoterica per l’influenza che avrà nella
Gnosi, nell’Alchimia, nella Teurgia e, soprattutto, nell’Ermetismo, sia
per quanto attiene alle loro rispettive origini sia per quanto attiene al
loro recupero nel Rinascimento. Né si può dimenticare come l’atten-
zione egizia per il simbolismo della morte sia transitata tout court nella
ritualità propria di ogni via iniziatica e, particolarmente, di quella mu-
ratoria. È grazie ad essa che può avvenire la rinascita del neofita a uno
stadio superiore di comprensione spirituale, come si verificava nel mito
di Osiride.
Lo studio del mondo egizio e la ripresa dei suoi valori spirituali e ini-
ziatici è, dunque, qualcosa da cui, quanto meno, il mondo e la cultura oc-
cidentale non possono esimersi o prescindere e da cui si possono ancora
accogliere stimoli e messaggi utili per capire il significato dell’uomo e il
senso della sua presenza nel mondo. Tutto ciò corrobora e giustifica l’idea
che la linea iniziatica dei Regimi Egizi sia di una importanza fondamentale
per tutti coloro che intendono accostarsi alla Tradizione, facendone propri
i valori e la Ritualità.

I Regimi Egizi

Da tutto ciò discende – come diretta conseguenza di quanto detto – l’op-


portunità di un approfondito inquadramento storico della libera muratoria
egizia, a far tempo da quel lontano 1747 in cui vedeva la luce pochi anni
dopo la nascita della libera muratoria speculativa, e in cui diventava il pun-
to di riferimento del Gotha della libera muratoria, annoverando tra le sue
fila esoteristi illustri, il cui magistrale insegnamento iniziatico ha illumina-
to la ricerca esoterica. L’ha illuminata quando questa sembrava appiattirsi,
esclusivamente, su tematiche scientifiche, culturali, morali e politiche in
chiave positivista. Va detto che sia nel Settecento, come nell’Ottocento,
che nel Novecento la libera muratoria egizia ha rappresentato una via ma-
estra – anche se non certo la sola – grazie a cui ri-scoprire la potenza del
C. Bonvecchio - Ex oriente lux: la libera muratoria egizia 17

simbolo e, per suo tramite, dei contenuti religiosi e spirituali di una Tradi-
zioni millenaria.
Il che non l’ha resa immune dai limiti cui, già, si è fatto cenno, all’inizio.
Anzi, proprio per le sua caratteristiche altamente spirituali ed esoteriche
ha dovuto subire l’attacco di tutto ciò che è nemico della Spiritualità e
dell’Esoterismo: l’egoismo, il narcisismo, il protagonismo e il desiderio di
potere che sono proliferati – e non poco – al suo interno. E ciò non deve
meravigliare, semmai vi si deve leggere la conferma della sua indubbia
rilevanza iniziatica e spirituale.
L’esito di queste défaillances è stato un vero e proprio caleidoscopio di
ritualità egizie, in cui i nomi importanti, evocativi e significativi di Mem-
phis e Mizraim sono diventati l’oggetto di combinazioni linguistiche atte
a giustificare filiazioni sorte come funghi, ma la cui durata si poteva para-
gonare alla “rosa tardiva” delle Odi di Orazio, destinata a durare “l’espace
d’un matin”. Così, hanno visto la luce, a secondo dei casi e dei momenti
storici, Riti di Memphis, Riti Mizraim, Riti di Memphis e Mizraim, Riti di
Mizraim e Memphis: in un alternarsi di presunte ortodossie che con l’E-
soterismo “ortodosso” – ossia serio – ben poco avevano a che vedere. Ma
che gli autori seguono – con grande precisione e dovizia di particolari do-
cumentari, iconografici, rituali e descrittivi dei Gradi – nel loro costituirsi
e nel loro frastagliarsi in Italia, in Francia, in Germania e in Inghilterra: sia
nel passato che in tempi più recenti.
Emergono, in questo itinerario, personaggi eminenti per dottrina e
profondità esoterica, ma anche mezze figure di avventurieri. Figure che
giustificavano – ben lontano dai Maestri delle origini come Raimondo di
Sangro principe di San Severo, Luigi d’Aquino di Caramanico, Alessandro
di Cagliostro o Théodore-Henri de Tschoudy solo per citarne alcuni – le
spiacevoli illazioni sulla serietà delle pratiche egizie e sulla congruità dei
relativi Gradi.
E neppure si può dire – come, per altro, sostengono a ragione Apis e
Eleazar – che la solenne riunificazione tra il Rito di Memphis e quelli di
Mizraim, del 1881, abbia prodotto risultati particolarmente esaltanti. Basta
pensare all’elevazione alla più alta carica del Rito unificato di un perso-
naggio come Giuseppe Garibaldi: grande generale, indubbio trascinatore,
dotato di grande karisma ma – e credo lo si possa dire, malgrado la leggen-
da che gli si è creata intorno – totalmente estraneo alla Tradizione Esoteri-
ca, fatta salva per una (encomiabile) spiritualità laica. E altrettanto dicasi
dei molti autoproclamatosi Gran Ierofanti mondiali: titoli questi che hanno
corso e corrono il rischio di fare a gara con quelli di “Re di Cuori” del gioco
delle carte: con esiti deprecabili.
18 I Riti Egizi II

D’altronde, non basta proclamarsi o essere proclamati capi di un Rito


per impersonarne, compiutamente, lo spirito. Così come, nessun Rito
(Egizio compreso) può pensare di mantenere una ossificata immobilità.
L’Esoterismo è dinamica spirituale ed è necessario che ogni Rito abbia
il coraggio di un periodico rinnovamento interiore. Un rinnovamento che
ridia forza e vigore a pratiche rituali e a Gradi che, altrimenti, rischiano di
scadere nello scontato, nell’ordinaria amministrazione o, talora, persino
nel grottesco. Insegna la necessità di questo rinnovamento l’antico rituale
egizio dell’innalzamento, periodico, del pilastro djed: simbolo della neces-
saria metamorfosi del potere spirituale e materiale del Faraone. Lo insegna
il mito egizio di Benu o Bennu – chiamato dai greci Araba Fenice – che
rinasce dalle proprie ceneri: senza paura, seguendo il proprio destino.
Anche la Ritualità Egizia deve seguire il proprio destino, seguendo il
fatidico motto: “post fata resurgo”. Tuttavia, perché questo avvenga è op-
portuno conoscerne la storia, approfondirne le trame, conoscerne i dettagli
come questo saggio di Apis e Eleazar si propone: senza voler insegnare
nulla a nessuno, senza ergersi a giudice, senza rivendicare null’altro che
l’indicazione di punti di riferimento su cui orientare il proprio cammino
iniziatico.
Il tutto nella convinzione che, alla fine, ciò che conta è la psicostasia: il
grandioso rito egizio in cui il cuore viene posto sul piatto di una bilancia a
cui corrisponde, sull’altro piatto, una piuma. Se è quello il momento della
verità per l’uomo, lo è anche per un Rito – quello Egizio – e per gli uomini
che, nel tempo, ne sono stati, ne sono e ne saranno l’espressione.
Apis - Eleazar
I RITI EGIZI II
La vera storia
Non è da dubitare che la pluralità degli Dei non sia stata ammessa dal popolo
d’Egitto. I più antichi storici ci assicurano che anche i Greci e le altre Nazioni
avevano adottato gli Dei degli Egizi, ma sotto differenti nomi. Erodoto annovera
dodici principali Dei che i Greci avevano preso dagli Egiziani con gli stessi
nomi, ed aggiunge che questi ultimi popoli elevarono i primi altari e templi agli
Dei. Ma non è men certo che per quanto fosse superstiziosa questa Nazione,
non si riscontrino evidenti tracce della vera Religione. Una parte anche impor-
tante dell’Egitto, e cioè la Tebaide, dice Plutarco, non conosceva affatto un Dio
mortale, bensì un Dio senza cominciamento ed immortale che nella lingua del
paese si chiamava Kneph, e secondo Strabone Knuphis. Ciò che abbiamo ripor-
tato di Ermete, di Giamblico, etc., prova ancora più chiaramente che i misteri
degli Egizi non avevano per primo oggetto gli Dei come Dio, ed il loro culto
come culto della Divinità. Iside ed Osiride, sui quali si impernia quasi tutta la
Teologia Egizia, erano, sommando il parere dei diversi Autori, tutti gli Dei del
paganesimo. Iside, secondo essi, era Cerere, Giunone, la Luna, la Terra, Miner-
va, Proserpina, Teti, la madre degli Dei o Cibele, Venere, Diana, Bellona, Ecate,
Ramnusia, e la stessa Natura: in una parola, tutte le Dee. Ciò ha dato motivo a
chiamarla “Mirionima” o la Dea dai mille nomi. Nello stesso modo che Iside la
si prendeva per tutte le Dee, anche Osiride lo si prendeva per tutti gli Dei:alcuni
dicono che Osiride era Bacco, altri lo considerano quale lo stesso Serapide, il
Sole, Plutone, Giove, Ammone, Pane: altri ancora fanno d’Osiride: Atti, Adone,
Api, Titano, Apollo, Febo, Mithra, l’Oceano, etc.
(Dom Antoine-Joseph Pernety, Le Favole Egizie e Greche).

Mi sembra che Atene abbia dato origine a molti e nobili principi umani e re-
ligiosi, e li abbia introdotti nella vita umana, ma poi non vi fu niente di meglio
dei misteri, da cui, venuti fuori da vita rozza ed inumana, siamo stati educati
e predisposti alla civiltà, e ,per tale motivo si chiamano iniziazioni, perchè ci
hanno fatto conoscere i principi della vita nella loro vera essenza; e non solo
abbiamo appreso il modo di vivere felicemente, ma anche quello di affrontare
le pene della morte con la speranza di una sorte migliore.
(Marco Tullio Cicerone, De Legibus)
UNA BREVE PREFAZIONE

Il successo ottenuto dalla nostra precedente opera “I Riti Egizi, note sto-
riche e simbologia esoterica dei gradi”, edita dalla Mimesis nel novembre
del 2014 ci ha spinto, incoraggiati dall’editore e dai numerosi lettori che ci
hanno fatto pervenire i segni del loro apprezzamento, ad affrontare in modo
maggiormente organico il difficile argomento della libera muratoria egizia e
dei c.d. Riti muratori egizi.
Se nel nostro precedente lavoro, infatti, affrontavamo unicamente il
tema del significato esoterico e della genesi dei numerosi (circa novanta-
sette) gradi di cui si compone in genere la piramide dei Riti Egizi, ci ponia-
mo ora l’obbiettivo di fornire al lettore non solo un panorama più completo
di questi gradi, approfondendo alcune sezioni ed illustrando le varianti che
si sono sviluppate nel corso del secolo XIX, ma anche una sorta di orienta-
mento in merito all’inquadramento storico di tali Riti.
Questo cercando di offrire nel contempo, senza presunzione di completezza
o di autorità, una dettagliata descrizione delle numerose filiazioni e discendenze
nelle quali si è suddivisa la massoneria egizia dal 1747, anno ufficiale della sua
nascita, ad oggi. Tutto ciò si è reso indispensabile in quanto i Riti muratori egizi
che hanno raccolto nelle loro fila personalità del calibro di Raimondo di San-
gro, Théodore de Tschoudy, Alessandro Cagliostro, Mario Pagano, Domenico
Bocchini, Etienne Marconis de Nègre, Pasquale De Servis, Giustiniano Leba-
no, Giuseppe Garibaldi, John Yarker, Rudolf Steiner, Leone Caetani, Gérard
Encausse (Papus), Arturo Reghini, Amedeo Armentano, Marco Egidio Allegri,
Gastone Ventura, Pericle Maruzzi, Robert Ambelain e Francesco Brunelli, sem-
brano versare oggi in una situazione di ampia confusione a causa del generale
degrado nel quale si trovano la maggior parte, per non dire la quasi totalità, delle
istituzioni esoteriche del mondo occidentale. Accanto infatti a quei – sempre
troppo pochi – qualificati interpreti che ancora oggi seguono con serietà e zelo
quella meravigliosa via che è la muratoria egizia e che si muovono nel solco del-
la regolarità e della Tradizione, nel mondo si sono purtroppo anche moltiplicati
i ciarlatani, i millantatori ed i disonesti, così che, per coloro che sono veramente
interessati ai Riti Egizi, diventa davvero difficile separare la pula dal grano.
24 I Riti Egizi II

Le molteplici frammentazioni, inoltre, a cui sono andati incontro il Rito


di Memphis, quello di Mizraïm (o Misraim) e quelli c.d. di Memphis e Mi-
sraim, frutto, quest’ultimo, della fusione avvenuta nel 1881, fusione, che,
come avremo modo di illustrare, forse fu assai più virtuale che reale, rendono
quasi impossibile ai non addetti ai lavori (e spesso anche a coloro che, teo-
ricamente, a tali “lavori” dovrebbero essere addetti) qualsiasi utile orienta-
mento per districare la complessa matassa della “massoneria egizia”.
Esistono oggi nel mondo non meno di una cinquantina di diverse “mas-
sonerie egizie”, parte delle quali appaiono delegittimate da qualsiasi con-
tenuto iniziatico, se non in alcuni casi inventate di sana pianta; dunque
riteniamo indispensabile cercare di offrire a coloro che sono interessati a
compiere questo percorso, o ai semplici studiosi, alcuni, forse pochi, ma
speriamo utili, elementi di valutazione.
Troppo poco numerosi sono, purtroppo, in Italia, i lavori apprezzabili, an-
tichi e recenti, sulla storia e sulla vera natura dei Riti Egizi; tralasciando qui
gli studi recenti, che potrebbero far denotare da parte nostra simpatie verso un
testo piuttosto che verso un altro, fra i testi del secolo scorso segnaliamo quello
di Gastone Ventura “I Riti Massonici di Memphis e Misraim”,1 un’opera cer-
tamente pregevole ma piuttosto sintetica e peraltro scritta oltre quarant’anni
fa, e pertanto non più attuale alla luce dei numerosi avvenimenti che si sono
verificati dopo la scomparsa terrena del suo autore, eventi che purtroppo non
hanno risparmiato neppure la comunione iniziatica che egli guidava!

Allo scopo, dunque, di orientare i seri ricercatori in questo oceano tem-


pestoso che è la libera muratoria egizia, abbiamo deciso di dare alla pre-
sente opera un taglio molto organico: dopo l’introduzione, indispensabile
per illustrare, almeno per grandi linee, le tematiche spirituali e religiose di
quell’antico Egitto al quale la massoneria egiziana si ispirò, tratteremo, con
la maggiore rigorosità storica e con la più grande imparzialità possibile,
la genesi e lo sviluppo dei principali filoni della libera muratoria egizia: il
Mizraim di Napoli, ovvero l’Antiquus Ordo Aegypti seu Mizraim, fondato
da Raimondo di Sangro, i rituali alchemici di Théodore de Tschoudy, il
Mizraim di Venezia, fondato da Cagliostro, il Misraim francese dei Fra-
telli Bédarride, il Memphis fondato da Etienne Marconis de Nègre e la
libera muratoria egizia anglosassone, con particolare riferimento al lavoro
di John Yarker. Analizzeremo inoltre anche le differenti unioni che si sono
verificate tra queste linee iniziatiche e le conseguenze relative.

1 Gastone Ventura, I Riti Massonici di Memphis e Misraim, Ed. Atanor, Ristampa


2009, prima edizione 1975.
Una breve prefazione 25

Daremo un ampio risalto ai pionieri, o “padri fondatori” dei Riti Egizi:


Di Sangro, Cagliostro, Tschoudy, Luigi d’Aquino ed ai grandi continua-
tori della loro opera; analizzeremo, inoltre, la formazione dei Riti Uniti
di Memphis e Misraim, legata all’unione tra alcune frange del Rito di Mi-
sraim ed altre del Rito di Memphis, osservandone, in modo il più possibile
obbiettivo, i pro e i contro; infine mostreremo ai lettori quali siano stati gli
sviluppi e le evoluzioni, o a volte le involuzioni, a cui sono andati incontro
i diversi filoni della massoneria egizia nel XX secolo fino a fotografare la
situazione attuale dei diversi “Riti Egizi”.
Dedicheremo anche un capitolo ad alcuni significativi gradi dei Riti Egi-
zi ed ai relativi rituali, restituiti recentemente alla luce dopo secoli di oblio.
Di alcuni di questi rituali pubblicheremo anche qualche estratto, convinti
come siamo che non vi è metodo migliore per smascherare gli imbroglioni
e gli ignoranti, che quello di ri-velare il più possibile compatibilmente,
ovviamente, con gli obblighi iniziatici che abbiamo assunto e con i sacri
giuramenti che abbiamo pronunciato.
Consapevoli, inoltre, che tale libro verrà, in molti casi, letto anche da
profani (non liberi muratori in linguaggio tecnico) abbiamo volutamente
utilizzato un linguaggio semplice ed il meno possibile “massonico”, cosa
della quale, siamo certi, i fratelli liberi muratori vorranno perdonarci.
L’obbiettivo che ci riproponiamo è quello di cercare di fornire ai letto-
ri elementi il più possibile OGGETTIVI che potranno portarli a valutare
di persona quali possano essere, sempre a loro personale avviso, le verità
storiche e quali siano, viceversa le (purtroppo moltissime) panzane messe
in circolazione sull’argomento, a volte per pura e semplice ignoranza ed in
altri casi per palese malafede.
Si sentono infatti spesso ripetere, da più parti, affermazioni del tipo “Il
Rito Massonico Egizio “X” (o “Y” o “Z”, etc.) è l’unico e legittimo de-
positario della VERA Tradizione della libera muratoria egizia, etc.”; cosa
che in concreto non ha alcun senso perché:
1) La maggior parte delle comunioni massoniche egizie oggi presenti e
visibili sulla scena sembrano scaturire dalla “fusione” tra il Memphis ed il
Misraim avvenuta nel 1881, e quell’evento, come illustreremo, pare avere
avuto una portata alquanto inferiore a quella comunemente ritenuta.
2) Tali e tante sono state, a partire da quella data le frammentazioni,
usurpazioni, falsificazioni, etc. da rendere praticamente impossibile lo sta-
bilire, tanto per fare un esempio, chi, fra i discendenti di Robert Ambelain,
possa vantare una filiazione regolare o meno (ed ovviamente ce ne sono).
I Regimi Egizi degni di questo nome, a prescindere dalla loro filiazione
o discendenza, non fanno pubblicità a sé stessi, perché ai veri Iniziati il
26 I Riti Egizi II

proselitismo non interessa, e soprattutto i veri Iniziati non traggono il pro-


prio sostentamento quotidiano dalle “capitazioni”, la cui funzione, nei casi
in cui è necessaria, è quella di coprire alcuni costi insopprimibili.
Vi sono casi dove si tende a cercare di portare acqua al proprio mulino,
ricorrendo ad una tecnica di “auto ed etero convincimento indotto”, le cui
dinamiche sono note agli studiosi dei fenomeni delle moderne “sette” e,
purtroppo, occorre rilevare che spesso tali “obbedienze egizie” si trasfor-
mano in vere e proprie “organizzazioni settarie”, cosa che non dovrebbe
assolutamente accadere in ambito muratorio, in quanto, se esiste un’isti-
tuzione che dovrebbe stimolare l’autonomia di giudizio, la libertà indivi-
duale, lo spirito critico e l’obbiettività quella è proprio la libera muratoria;
ma, come avremo modo di vedere, e come ben sanno coloro che la libera
muratoria la conoscono bene, purtroppo non sempre questo accade.
Ovviamente di PROVE a suffragio delle proprie affermazioni i numero-
sissimi imbonitori neppure ne mostrano l’ombra, o essi stessi definiscono
“prove” assurdità palesi che vengono “vendute” a personaggi ingenui o
spesso in cerca di alimento per il proprio ego.
In questa sede cercheremo invece di dare supporto probatorio a quanto
affermiamo e di conseguenza nel presente libro il lettore potrà trovare un
grande numero di documenti, la maggior parte di quali viene pubblicata per
la prima volta nella storia.
Siamo consapevoli che la diffusione di certo materiale comporta il ri-
schio di attirare su di noi le critiche di coloro che reputano che il tempo
delle catacombe non sia mai terminato ma a costoro ci permettiamo di
rispondere che:
a) Entrambi gli autori di questo libro hanno raggiunto il vertice di una
Istituzione Iniziatica e perciò non devono rendere conto ad altri se non al
Supremo Artefice dei Mondi;
b) Come abbiamo detto sopra, la miglior maniera per smascherare gli
imbroglioni è quella di agire “apertis verbis”, disvelando dalla artificiale
misteriosofia, per quanto più è possibile, nel senso di ammissibile sulla
base dei giuramenti iniziatici pronunciati (“appena” 97 e 96 volte nel caso
degli autori), il mondo complesso della libera muratoria egizia. Perciò da-
vanti ad affermazioni DOCUMENTATE (ovvero sostenute da documenti),
eventuali controaffermazioni dovranno (necessariamente) essere ALTRET-
TANTO DOCUMENTATE e state pur certi che ciò non potrà accadere!
“Tertium non datur”.
Ci consola invece il fatto che accanto a questi fenomeni che cerchiamo
di combattere nell’interesse generale, nell’ambito della muratoria egizia,
italiana e straniera, vi sono anche altre persone che invece lavorano e stu-
Una breve prefazione 27

diano in silenzio e mettono a disposizione dei loro “colleghi” il frutto delle


loro ricerche senza secondi fini.
E questo fa sperare bene per il futuro.

Gli Autori:
Apis 33:.90:.97:.(66:.) IX Sovrano Gran Jerofante Generale del Sovrano
Santuario Egizio-Mediterraneo del Regime Rettificato di Mizraim-Memphis.
Eleazar 33:.90:.96:.(66:.) Gran Segretario-Gran Cancelliere del Sovrano
Santuario Egizio-Mediterraneo del Regime Rettificato di Mizraim-Memphis.
Gli autori ringraziano Luizio Capraro per la realizzazione di alcune im-
magini originali destinate ad illustrare alcuni gradi muratori.
INTRODUZIONE.
L’ORIGINE DI TUTTO, L’ANTICO EGITTO

Non è possibile, con tutta evidenza, parlare di “Riti Massonici Egizi”,


con particolare riferimento alla loro storia, senza aver analizzato preven-
tivamente la dimensione spirituale e l’assetto religioso dell’antico Egitto,
nonché l’influenza che esso ha avuto nelle suggestioni culturali ed esote-
riche dell’Occidente. Fin dall’antichità gli spiriti più illuminati del mondo
occidentale come Pitagora, Platone, Plutarco, Erodoto si rivolsero all’an-
tico Egitto come culla della Sapienza e fonte di istruzione spirituale. Nella
Roma repubblicana, in Italia ed in altri territori sottoposti all’Urbe, sorsero
santuari in onore di alcune divinità egizie, specialmente Iside e Serapide;
quest’ultima divinità si affermò in Egitto durante l’epoca tolemaica come
sintesi del culto di Osiride e di quello del toro Apis; moltissimi imperatori,
successivamente, vollero essere iniziati ai misteri religiosi egizi e ne fa-
vorirono la diffusione in Italia e nelle altre province dell’impero: a questo
punto di vista Claudio e il suo successore, il nipote Caligola furono i più
attivi e convinti assertori del “primato egizio”. Un notevole centro di diffu-
sione di tali culti fu la Campania, in specie Napoli e l’adiacente costa anche
in virtù dell’insediamento in tali zone, a partire dal I secolo a.C. di una
fiorente comunità di origine alessandrina per lo più costituita da persone
dedite al commercio marittimo: tale fatto, come vedremo in seguito avrà
una certa importanza nei secoli successivi.
L’interesse per l’Egitto proseguì anche nel Rinascimento: Marsilio Ficino
tradusse dal greco il “Corpus Hermeticum” e Giordano Bruno annunciò che
era necessario azzerare tutte le religioni monoteistiche per ritornare a rivol-
gersi alla religione egizia; così scrive il grande nolano ne “Lo spaccio della
bestia trionfante: “la vera religione é quella egizia, che cerca la divinità
latente nella natura impiegando una magica ed efficacissima ragione”.
Quindi nel seicento, attraverso gli studi del dotto padre gesuita Atana-
sius Kircher,1 si tentò, sia pure con scarso successo, una prima traduzione

1 Athanasius Kircher (1602-1680), padre gesuita, storico e filosofo. Fra le sue


opere più importanti ricordiamo Agnes, sive de arte magnetica (1641), Ars magna
30 I Riti Egizi II

della lingua geroglifica. L’interesse per l’Egitto proseguì quindi nel secolo
XVIII e raggiunse il suo acme nel secolo successivo anche in virtù della
campagna napoleonica e degli studi di Champollion. Del resto Rudolf Stei-
ner, uno dei massimi occultisti di tutti i tempi e, come vedremo, affiliato al
Rito Massonico di Memphis e Misraim, spiega che l’attuale periodo di ci-
viltà, il quinto dell’era post-atlantica, rappresenta, per molti versi, una sorta
di “ripetizione” del terzo periodo che fu, appunto, il c.d. periodo “egizio-
caldaico- babilonese”, essendo stati i due periodi precedenti rispettivamen-
te il “paleo indiano” ed il “paleo persiano”.
Ancora ai giorni nostri, nonostante l’evidente perdita di ogni contenu-
to di sacralità in cui versa la società umana, l’interesse per l’Egitto anti-
co, per i suoi Templi, Santuari, Piramidi, per le abitudini ed i costumi di
quell’antico popolo e per la sua religione è indubbiamente enorme. Ma
cosa era veramente la religione degli antichi egizi? Quali erano le sue ca-
ratteristiche? Come si esprimeva l’investigazione spirituale in quella anti-
ca civiltà che è riuscita a catturarci ed a stupirci con i suoi tanti prodigi?
Premettendo e riconoscendo le ampie differenze tra la Religione Egizia
delle Origini e dell’Antico Regno (5.500 a.E.V. – 2.400 a. E.V. circa) e
quella dei periodi successivi (in particolare dal Medio Regno, passando
per il Secondo Periodo Intermedio, il Nuovo Regno arrivando al periodo
Greco-Romano, comprendente l’epoca tra il 2.000 ante E.V. fino ai pri-
mi secoli dell’Era Volgare), dobbiamo comunque evidenziare come i Riti
Magico-Iniziatici individuassero sin dal tempo più remoto una categoria a
parte della rigorosa realtà misteriosofica dell’epoca. I Riti Egizi, dunque,
declinati in questo caso nelle forme massoniche, si ispirano proprio a que-
sta parte esoterico-Iniziatica di Sapienza: essa è in questo modo, per ovvie
ragioni storiche, prevalentemente espressa nelle sue forme Ermetiche ed
Alchimiche, disciplina, quest’ultima le cui origini vengono comunemente
fatte derivare proprio dall’Egitto, come gli eccellenti studi di Jack Lindsay2
dimostrano. Del resto, se molto della Sapienza e del deposito originario
egiziaco è andato perduto, tuttavia un’attenta analisi delle testimonianze e
dei documenti superstiti consentono una adeguata rivitalizzazione dei Sa-
cri Riti. Generalmente le religioni essoteriche hanno mostrato avversione
per i percorsi iniziatici, specie se caratterizzati da una forte componente
magica; tuttavia la sopravvivenza di questa Tradizione è dovuta alle ragio-
ni di seguito dettagliate. Infatti, con buona pace di molti, mentre esistono e

lucis et umbrae (1645), Musurgia universalis, sive ars magna consoni et dissoni
(1650), Mundus subterraneus (1655), Organum mathematicum (1688).
2 Le origini dell’Alchimia nell’Egitto greco-romano, ed. Mediterranee, Roma.
Introduzione. L’origine di tutto, l’Antico Egitto 31

possono esistere un atto ed una procedura magica al di fuori di un contesto


religioso, non può affermarsi il reciproco, non esistendo infatti un culto
o una funzione religiosa che non individui o pratichi nel suo compiersi
almeno alcuni degli atti magici elementari. Non volendo addentrarci sulle
annose discussione di dove cominci la religione e dove finisca la magia, od
ancora in maniera più ardua, le tecniche misterico-sciamaniche, dobbiamo
comunque posizionarci tra coloro che vedono alcune marcate differenze tra
le loro modalità sia rituali che contenutistiche.
Gli atti magici elementari inoltre, non fosse altro che per la loro istin-
tività ed immediatezza, mantengono, anche per lunghi periodi di tempo,
invariabilmente e generalmente una loro specifica caratterizzazione e strut-
tura. Dunque quella egizia fu, come svariate religioni del mondo antico,
una religione essenzialmente misterica. Ciò è dovuto ad una tipizzata, per
alcuni versi comune e costante applicazione di una volontà soggettiva ad
un determinato fine pratico da conseguirsi. Gli effetti agognati richiedo-
no nell’applicazione di questo modello analogico dei comportamenti ben
determinati per essere efficienti ed efficaci. Mentre nelle teologie religio-
se di massima, riconosciuta la primazia divina si inneggia: “E così sia”,
nel magistero, nell’assunto di essere compartecipi, in qualche modo, dello
stato divino si esclama: “E sia così”. Da qui la comune percezione di un
atteggiamento maggiormente attivo e dinamico che si è riflesso anche nella
preservazione del deposito. Si aggiunga infine che, ove e diversamente i
Riti e le pratiche magiche siano connotati da forme più elaborate e siste-
matizzate, in ragione della loro intrinseca connotazione tecnico-operativa,
questi hanno generalmente mostrato una forte resistenza all’alterazione
nella consapevolezza del rischio di vanificarne l’efficacia ove non fossero
rispettati i precisi canoni e dettagli rituali.
La civiltà egizia, terzo periodo di civiltà post-atlantico della terra, dopo
il periodo paleoindiano e quello paleo-persiano (rispettivamente primo e
secondo periodo), vede le sue scaturigini in concomitanza del sincronismo
tra il sorgere eliaco di Sirio e l’innalzamento delle acque del Nilo. La scien-
za astronomica consente di collocare questa “originaria” (naturalmente in
senso storico e non astronomico) levata eliaca di Sirio, intorno al 5.500
a. E.V., periodo così lontano nel tempo e connotato da una tale sensibilità
trascendentale da individuare nelle stelle la manifestazione degli spiriti,
intelligenze ed essenze degli Dei.
Più in dettaglio Sirio, la Sothis greca, o Sopdet egizia, è da associarsi
alla dea Isys-Hator, che tradizionalmente possedeva il carattere di deità
iniziatrice e protettrice. Significativa è al proposito una formula dei Testi
delle Piramidi che recita:
32 I Riti Egizi II

”La sorella di N.N. è Sothis, la madre di N.N. è Sothis, è la stella del matti-
no, N.N. viene con te…”.

Considerazioni sull’Iniziazione Egiziaca

Il ruolo preminente di Iside3 fu inizialmente quello di accompagnatrice


della barca di Ra e solo successivamente si affermò, fino a prevalere, il
suo ruolo “salvifico” di sorella e fedele sposa di Osiride; più in particolare
ciò accadde in epoca relativamente più recente. A partire dal XVI secolo
a. E.V. circa la religione egizia, perdendo i suoi connotati di religione eli-
taria dal carattere stellare-solare, assumerà invece connotazioni più demo-
cratiche, con forme cultuali cosiddette luni-solari, da cui deriverà che la
Massima Iniziazione non sarà più riservata al Faraone (ed eventualmente
ai membri della sua casata), quale simbolo emblematico di tutta la nazione
egiziaca, ma potrà essere estesa a chiunque abbia le facoltà e dignità, com-
presi i meno nobili.
Beninteso, originariamente, il Faraone pur se di nascita divina in quanto
figlio di Ra, doveva comunque conquistarsi e mantenersi il posto nel cielo,
tra gli dei suoi pari, superando alcune difficili prove iniziatiche. Al conse-
guimento delle ardue tappe, tutto il Regno, ovvero Alto e Basso Egitto, per
simbiosi ed immedesimazione spirituale, ne riceveva sussistenza e giova-

3 Sul ruolo centrale di Iside nell’Iniziazione egizia, e, più in generale della Trinità
Osiride-Iside-Horus, così si esprime uno dei maggiori esponenti della Massoneria
Egizia del XX secolo, il francese Robert Ambelain: “L’uomo è un essere dota-
to di possibilità d’azione. Da lui l’Atto può essere considerato sotto un tripli-
ce aspetto. Egli è prima Atto Puro nel Mondo dell’Archetipo, ‘Atto Eterno’ di
Dio. Nell’Uomo si manifesta materialmente nel primo Atto-Pensiero. Lo spirito
dell’uomo rimane pregno prima di realizzarsi. Ciò che il suo spirito ha concepito,
la sua Parola, o Verbo, lo manifesterà nello stato secondario, ed il Gesto, o Atto
materiale, realizzando poi l’Unione sintetica dello Spirito e del Verbo. È lo stesso
nella Trinità Divina. L’Atto-Tipo è del dominio del Padre, riflesso di sé stesso del
Dio-Uno risiedente in Kether. L’Atto-Pensiero è del dominio della Madre, l’Atto-
Parola del dominio del Figlio. Questo spiega come è stata data alle ultime due
persone la denominazione supplementare di Spirito (Spirito Santo), alla Madre,
e di Verbo al Figlio. La seconda persona, la Vergine-Madre Eterna, è ben dunque
la Sapienza Increata ed il Figlio il Verbo Increato. La Sapienza Increata è per
questa definizione stessa l’aspetto concreto del Dio Iniziatico. Ecco perché nella
trinità egiziana, ‘Osiride-Iside-Horus’, Iside, la Vergine che partorisce eterna-
mente Horus, è anche la Patrona dei Misteri, l’Ispiratrice dei Saggi e la Madre
della Magia. Questa Arte essendo, nel dominio dell’Azione, rispecchia l’aspetto
superiore di questa, poiché il Pensiero è sempre superiore alla Parola, e la Parola
al Gesto”. Robert Ambelain: Adame Dieu Rouge.
Introduzione. L’origine di tutto, l’Antico Egitto 33

mento; preservata la Maat, il divino poteva promanare e confondersi con le


realtà e gli eventi quotidiani.
Successivamente però, con il progressivo decadere e trasformarsi del
culto di Ra in favore di una affermazione di Osiride e di suo figlio Horus,
ormai aventi un ruolo di centralità nelle pratiche religiose e cultuali, i Riti
subiscono delle notevoli trasformazioni. La possibilità di riscatto, secondo
questo nuovo messaggio, è a disposizione all’interno dell’individuo che
può, in quanto singolo ed al di fuori del corpo sociale, tendere alla rettifi-
cazione.
Anche il Faraone ne risente, tanto da assurgere al ruolo divino per il
solo fatto di esercitare le funzioni appropriate nell’esercizio della signoria
delle Due Terre, disgiuntamente quindi dalle originarie prove iniziatiche
che assumono sempre più connotazione simbolica. Essenzialmente è la
reinterpretazione delle verità metafisiche secondo un’ottava, per così dire,
più materica e concreta: si passa dal piano cosmico a quello terrestre, le
divinità sono più accessibili e tuttavia ambigue, più facilmente bipolari
agendo direttamente sul piano quaternario.
Nel Nuovo Regno, la custodia e la preservazione dell’antica conoscenza
rimase nelle mani dei sacerdoti di Amon in Tebe,4 il Dio Nascosto di carat-
tere cosmico-universale che, secondo la sintesi già delineata dalla teologia
Hermopolitana, individuava la deità suprema nell’aspetto dell’inconosci-
bilità.
Si può generalmente affermare che, analizzando l’originaria Religione
Misterica Egizia (e la via iniziatica ad essa connessa) nei suoi Testi Sacri,
palesemente emerga come il viaggio del Sole nel mondo dell’al di là indi-
vidui un dramma cosmico che coinvolge, a un livello più basso, il Miste nel
superamento delle diverse prove iniziatiche le quali eventualmente consen-
tiranno alla sua rettificazione e trasmutazione al fine di re-integrarsi con il
Principio Primo.
Solo una civiltà profondamente de-sacralizzata ed ingenuamente ma-
terialistica come la attuale consente il fiorire di accademismi lontani dal-
le evidenti, ma per alcuni versi imbarazzanti e scomode, chiavi di lettura
iniziatiche; troppo ormai si sono affermate e diffuse le religioni fideistiche
improntate a prioritarie esigenze social-popolari.
Come si evince dai più antichi testi egizi, tra i quali è doveroso an-
noverare il Libro delle Caverne, il Libro delle Porte e il Libro dell’Am-
duat, il percorso iniziatico del Faraone era sostanzialmente un deificarsi
nelle forme di Ra, mentre, per converso, viene definita Osirificazione quel

4 L’odierna Luxor o Al-Uqsur.


34 I Riti Egizi II

cammino Iniziatico di Re-Integrazione al divino, aperto agli individui di


desiderio e volontà ma non appartenenti alla stirpe regale; la prima forma
è attualmente di fatto estinta salvo che in alcune particolari eccezioni che
non possono essere trattate in questa sede.
Questi ambiti e le loro specificità, come il percorso reintegrativo, me-
diato dalla saggia opera di armonizzazione effettuata dalla sapienza erme-
tica Alessandrina, è, come vedremo la materia di studio e pratica dei veri
Regimi Egizi.
Alcuni di tali Regimi (forse solo un paio in verità) si pregiano di conservare
l’autentico deposito trasmutatorio-teurgico degli Arcana Arcanorum, cono-
sciuto anche come Scala di Napoli, in quanto stabilito in queste forme rituali,
come vedremo tra poco, dal Principe Raimondo di Sangro di Sansevero.
L’utilità, ove non essenzialità, dei Riti Massonici Egizi consiste, con-
cludendo, semplicemente nel fatto che il messaggio originario egiziaco è
talmente depauperato, sia per carenza di fonti inerenti alle istruzioni rituali
operative che per assenza di riferimenti documentali coerenti, da rendere
necessario un progressivo percorso acquisitivo che cominci dagli elementi
egiziani secondo la Tradizione Ermetica che potrà a sua volta traghettare
l’Iniziatico Viandante nelle più arcane conoscenze rituali Ieratiche ed Ini-
ziatiche dell’Antico Egitto.
Si tratta pertanto di edificare una diversa forma mentis che consenta una
rettificazione del sé, attuabile con le idonee operatività magico-iniziatiche
che solo un’assidua pratica rituale nelle forme superstiti tradizionali può
consentire.
Spesso però, l’uso delle favole e delle allegorie, nonché la divinizzazio-
ne di alcune specie animali e lo stesso culto di divinità zoomorfe, ha tratto
in inganno coloro che si accostavano alla religione egizia tanto che alcu-
ni autori, anche nel periodo greco-romano, liquidarono l’antica religiosità
egizia alla stregua di favolette per bambini.
La risposta migliore a tali critiche la offre il dotto abate Dom Antoi-
ne Pernety,5 che come vedremo, fu discepolo del Libero Muratore Egizio
Théeodore de Tschoudy, a sua volta discepolo del grande Raimondo Di
Sangro, il quale, nella sua opera Le Favole Egizie e Greche spiega:

Gli Egizi, che passavano per i più spiritualisti ed i più chiari fra tutti gli uo-
mini, avrebbero potuto giammai abbandonarsi delle assurdità tanto grossolane
ed a puerilità tanto ridicole quali quelle che ad essi si attribuiscono? Non si deve
prestare fede neppure al racconto di quei greci che si recarono in Egitto per

5 Antoine-Joseph Pernety, conosciuto come Dom Pernety (1716-1796), abate


benedettino e bibliotecario di Federico il Grande di Prussia.
Introduzione. L’origine di tutto, l’Antico Egitto 35

avere cognizione di quelle scienze le quali non si apprendevano se non mediante


i geroglifici. Se i Sacerdoti non svelarono loro completamente il segreto dell’Arte
Sacerdotale, nullameno non occultarono loro quanto riguardava la Teologia e la
Fisica. Orfeo si trasformò, per così dire, in Egiziano, s’impadronì delle loro idee
e dei loro ragionamenti a tal punto, che gli inni e le idee racchiuse negli stessi ci
fanno supporre più ad un lavoro di un Sacerdote Egizio che a quello di un Poeta
Greco. Egli fu il primo che trasportò in Grecia le favole degli Egizi; ma non è
ammissibile che quest’uomo che Diodoro Siculo ritiene il più sapiente dei Greci,
raccomandabile per il suo genio e per la sue conoscenze, abbia voluto divulga-
re nella sua patria dette favole spacciandole per realtà. Gli altri Poeti:Omero,
Esiodo, avrebbero voluto, per deliberato proposito, ingannare i popoli dando
per storie vere dei fatti molto controversi e degli attori che in effetti giammai
esistettero? Un discepolo, divenuto maestro, comunemente impartisce le proprie
lezioni ed istruzioni nella stessa maniera e con lo stesso metodo come egli stesso
le ha ricevute. Essi erano stati istruiti mediante le favole, i geroglifici, le allego-
rie e gli enigmi, ed hanno perpetuato quest’uso. Si trattava di misteri ed allora
hanno scritto misteriosamente. E non era necessario neppure avvertire il lettore,
poichè anche il meno perspicace poteva accorgersene. Si ponga semplicemente
attenzione ai titoli delle opere di Eumolpo, di Menandro, di Melanzio, di Giam-
blico, di Evanto, e di tanti altri che nei loro scritti sono pieni di favole, e subito
ci si convincerà che essi avevano in programma di nascondere i misteri sotto il
velo di quelle finzioni, e che i loro scritti rinchiudono molte cose le quali non si
scorgono a prima vista e neppure ad una attenta lettura.

La Scienza Sacerdotale, quella Arcana Scienza che, secondo la Tradizio-


ne fu insegnata ai primi Sacerdoti d’Egitto dal misterioso Thoth, o Ptath,
o Taut come lo chiamarono i fenici, o Ermete Trismegisto secondo i greci,
veniva presentata al popolo in forma semplificata e favolistica, in modo cioè
che esso potesse intuire, ma senza comprendere pienamente (poiché la piena
comprensione è riservata solo agli Iniziati), gli occulti segreti dei Misteri.
Tali segreti occulti vengono progressivamente rivelati nel complesso sistema
rituale, articolato come vedremo in numerosissimi gradi, della libera mu-
ratoria egizia a conferma del REALE collegamento esistente tra essa e la
Antica Scienza Sacerdotale Egizia. Ovviamente se si prendono alla lettera
i miti, le favole e le allegorie, prendendo per buona, ad esempio, la storia
dello smembramento di Osiride da parte del malvagio Seth e la ricomposi-
zione del corpo del Dio operata da Iside, ovvero quello che forse è il mito
egizio più noto, senza intuire e comprendere ciò che REALMENTE sottin-
tende tale mito, o se, di contro, ci si ferma al fatto di affermare che gli egizi
adoravano falchi, ibis, gatti e coccodrilli, senza comprendere il PERCHÉ
della raffigurazione zoomorfa di alcune divinità, raffigurazione che aveva
la finalità di “fissare”alcune forze perenni ed universali che si identificano
con quelle che per gli egizi erano appunto “le Divinità”, ci si formerà l’idea
36 I Riti Egizi II

che il popolo egizio era costituito da una accolita di ingenui e di ignoranti


tenuto in pugno da un manipolo di imbroglioni (i sacerdoti) governati da
un tiranno (il faraone) che imbonivano il popolo bue con storielle ridicole.
Ma tale interpretazione materialista (che in effetti è stata adottata da alcune
correnti storiografiche di ispirazione marxiana) non potrà mai spiegare né la
grandezza della antica civiltà egizia né, tantomeno, la coesione della sua or-
ganizzazione societaria, dal momento che parole quali “rivolte”, “ribellioni
popolari”, “rivoluzioni” risultano quasi sconosciute nella storia dell’antico
Egitto, ed il crollo di quella civiltà fu determinato unicamente dall’annien-
tamento e dalla invasione subita da popoli dotati di migliore organizzazione
militare e logistica: i persiani di Cambise, i macedoni-greci di Alessandro
Magno, i Romani di Pompeo e di Cesare. Viceversa la storia, che come l’i-
niziato Marco Tullio Cicerone ci spiega, è sempre maestra di vita, ci insegna
che una civiltà fondata sulle ingiustizie sociali o sulle contraddizioni prima o
poi subisce una implosione; dunque la sua fine è provocata sempre da cause
interne piuttosto che esterne; questo non fu certo il caso dell’antico Egitto la
cui popolazione, viceversa, rimase tenacemente legata ai propri usi e costumi
ed alla propria religione, in una parola alla propria Tradizione, anche dopo
essere caduta sotto la dominazione straniera, tanto è vero che lo sviluppo di
nuovi culti (es. Hermanubis, Serapis) fu reso possibile unicamente fondendo
aspetti di nuove divinità con dei già esistenti nel panteon egizio ed i cui culti
erano molto popolari tra i fedeli (es. Anubis, Apis, Osiride, etc.).

Concludendo possiamo dunque tranquillamente affermare che non è


possibile comprendere la antica religione egizia senza tenere presente che
essa era completamente incentrata sulla magia e sulla teurgia o, per meglio
dire, con linguaggio tecnico, sulla magia teurgica. Gli unici individui che
erano abilitati a compiere atti di magia teurgica erano i sacerdoti della di-
vinità prevalente (o divinità principale) del luogo (città o distretto). È bene
infatti ricordare che la religione egizia, lungi dall’essere una religione poli-
teista era, viceversa, una religione enoteista: una divinità principale (o cre-
atrice) da cui, per successiva emanazione derivavano le altre divinità. Tale
divinità emanatrice e principale variava a seconda dei luoghi: Ptah a Menfi,
Amon a Tebe, Râ ad Heliopolis, Osiride ad Abidos, Horus a Edfu etc.
Molti Riti magico-teurgici dell’antico Egitto venivano compiuti in pros-
simità del capodanno che, secondo il calendario egizio cadeva il 19 lu-
glio. Nei Riti magico-teurgici era frequente la disposizione di quattro di-
vinità secondo l’orientamento dei 4 punti cardinali con il seguente ordine:
OSIRIDE=NORD; RÂ (o HORUS)=SUD; ISIDE=OVEST; NEFTI=EST.
Le quattro divinità in questione venivano identificate con i rispettivi venti
Introduzione. L’origine di tutto, l’Antico Egitto 37

(Râ= vento del sud, etc.). Rivolgendosi al NETER o principio di una Divini-
tà, l’Iniziato Egizio anteponeva al nome di questa il termine AKH (spirito):
dunque “Akh Osiris” (pronuncia ‘K ‘SRS’), “Akh Ra’ (pron.’ K’ R’) etc.
Il plurale della parola Akh era “Akhu” ovvero “Spiriti”, ma con tale
termine (appunto AKHU) ci si voleva riferire, solitamente, agli Iniziati.
Akhu aveva anche il significato di “illuminati” e veniva riferito ai capi dei
Collegi Sacerdotali delle città sacre dell’Egitto come Menphis, Heliopolis,
Tebe, Sais, Mendes.
Come vedremo nello specifico, su tale particolare disposizione delle di-
vinità egizie compiuta nei Riti magico-teurgici si basa il c.d. sistema della
“Scala di Napoli” o “Arcana-Arcanorum” di cui cianciano, riempiendosi
la bocca di vuote parole, incolti individui: massoni di stampo rotaryano
che giocano a fare i “massoni egizi” o addirittura piccoli cialtroni, neppure
iniziati alla libera muratoria che imboniscono gli sprovveduti con siti o
libri ove si tenta di gabellare per “sapienza egizia” un’accozzaglia di scioc-
chezze scopiazzate qua e là o completamente inventate.
Coloro che, come noi, hanno dedicato quasi tutta la propria vita agli studi
esoterici ed alla Via Iniziatica, rimangono sbalorditi dal fatto che personaggi
del genere, peraltro neppure in grado di esprimersi in un italiano accettabile,
possano godere di credito ed attenzione; ma si sa che il Kali-Yuga, o “Età
del Ferro” che dir si voglia, riserva anche fenomeni del genere e se, del
resto, esistono persone così stupide da spendere soldi (talvolta anche tanti!)
ed investire tempo ed energia per inseguire “iniziazioni egizie” totalmente
farlocche, è inevitabile che individui immorali e disonesti se ne approfittino.
Leggevamo recentemente, con grande divertimento, che uno di tali furba-
stri richiede per l’ammissione agli ultimi gradi del suo sé-dicente “Regime
Egizio”(inventato di sana pianta come Joseph Castelli, uno dei depositari
della linea del Rito di Memphis e Misraim di Filiazione Robert Ambelain,
ha dimostrato in una sua opera con tanto di copia anastatica di documenti
inoppugnabili) la “modica” somma di 800 euro circa (alla faccia della crisi!).
Il comico è che tale personaggio, ben conosciuto e totalmente disprez-
zato nei più seri contesti massonici, spaccia per “Arcana-Arcanorum”
null’altro che le ricezioni massoniche (Syllabi ed Istruzioni orali) dei gradi
87, 88, ed 89 che i suoi ingenui “benefattori” (nel senso di “clienti pagan-
ti”) potrebbero agevolmente trovare GRATIS in alcuni siti internet o con
modica somma nelle opere di Denis Labouré e di Joel Duez che si possono
acquistare direttamente su internet!
CAPITOLO I
IL PRIMO ATTO DEI RITI MASSONICI EGIZI:
IL MIZRAIM DI NAPOLI

È veramente un’impresa ardua quella di voler esporre una storia ordina-


ta e coerente dei Riti Massonici Egizi; ciò essenzialmente per due grandi
ordini di motivi: in primo luogo manca nei Riti Egizi una univoca ed accet-
tata autorità massonica internazionale (paragonabile al Supremo Consiglio
di Charleston dei Sovrani Grandi Ispettori Generali come avviene, nel caso
di specie per Rito Scozzese Antico ed Accettato) la quale, nel male e nel
bene, decreti la “regolarità” o meno delle decine di Ordini, Riti, Filiazioni,
Obbedienze “Egizie” variamente distribuite nel mondo; in secondo luogo
le feroci persecuzioni subite dai rami maggiormente legittimi e puri dei Riti
Massonici Egizi (ben più antichi, come vedremo dello stesso Rito Scozze-
se, che è largamente il più diffuso nel mondo tra i Riti Massonici, e di altri
Riti come il Rito di York, il Rito Scozzese Rettificato, il Rito Simbolico, il
Rito Noachita, etc.) hanno forzatamente determinato una clandestinità dei
medesimi ed una perdita di buona parte dei loro archivi.
Inoltre, in rapporto al notevole interesse, se non all’aperta suggestione
che l’Egitto antico esercita su molti, si è, e non da poco, verificato un au-
tentico moltiplicarsi di “risvegli” o “fondazioni ex novo”di “Riti Egizi” in
buona parte, come dimostreremo, “annacquati” con temi massonici (e non)
assolutamente estranei alla vera libera muratoria egizia o, nei peggiori dei
casi, provenienti da ambienti piuttosto oscuri, legati, ad esempio, al satani-
smo thelemita o al voo-doo.
Analizzare perciò le diverse Filiazioni dei Riti Egizi e le molteplici di-
scendenze e divisioni delle medesime è compito assai arduo anche per co-
loro che, come gli autori della presente opera, conoscono a sufficienza la
materia di cui si tratta, immaginiamoci pertanto a quali equivoci, errori od
incomprensioni, vadano incontro coloro che di libera muratoria egizia (o
peggio di massoneria in generale) sanno poco o nulla! Sarà quasi matema-
tico che costoro finiscano per seguire vie tortuose attribuendo legittimità o
credito a “Riti Egizi” assolutamente privi dell’una e dell’altro. Nel nostro
lungo percorso iniziatico abbiamo conosciuto molteplici bravissime perso-
ne che hanno perduto anni dietro ad improvvisati (e quasi sempre disone-
40 I Riti Egizi II

sti) “guru egizi”: questo libro si propone, tra gli altri, anche l’obbiettivo di
impedire che persone in buona fede vengano ingannate.
Cercheremo di analizzare e di descrivere quindi i rami principali della mas-
soneria egizia e le diverse Filiazioni e discendenze in cui queste si suddividono
ma, dal momento che, come i lettori si renderanno conto tra breve, si tratta di
un impegno di non poco conto, tralasceremo volutamente (a parte pochissimi
casi) le Filiazioni prive di qualsiasi regolarità, non volendo disperderci troppo
ed annoiare i lettori con vicende e strutture prive di qualsiasi importanza.
Nonostante l’estrema frammentazione e la notevole confusione in cui,
soprattutto negli ultimi 100 anni, sono caduti i Riti Egizi, la loro origine è,
pur tuttavia, assai chiara ed univoca dal momento che il primogenito di tali
Riti Muratori, da cui sono derivati (o affermano falsamente di derivare) i
numerossimi “Riti Egizi” odierni fu senza dubbio l’Antiquus Ordo Aegypti
(o Ordo Aegypticus) seu Mizraim, del quale possiamo tranquillamente di-
sporre dell’esatto “certificato di nascita”, essendo esso stato fondato il 10
dicembre del 1747 a Napoli nel Palazzo Di Sangro.
Su tale data concordano numerosi autori: dall’autorevole storico della
massoneria italiana Carlo Francovich, al celebre storico del Risorgimento
Renato Soriga, a Gian Domenico Pessina ed Edoardo Frosini, importanti
esponenti dei Riti Massonici Egizi a cavallo tra ‘800 e ‘900, fino al De Pa-
scale, traduttore, per la casa editrice CambiaMenti di Bologna della celebre
opera di Marc Haven (al secolo Emmanuel Lalande) dedicata a Cagliostro1
ed autore di un discreto saggio sulla nascita dei Riti Egizi in Italia (apparso
come postfazione nel medesimo testo), piuttosto ben documentato e ricco
di alcune riflessioni intelligenti ma viziato dalla incomprensione di fondo,
che tale autore manifesta chiaramente in detto saggio, dell’autentico spirito
della massoneria egizia di cui il De Pascale, con tutta evidenza, non ha mai
fatto parte.
Avendo scelto come proprio percorso la c.d. “Scienza dello Spirito
orientata antroposoficamente” nell’interpretazione che di tale via ha forni-
to Massimo Scaligero, alla cui memoria siamo devoti ma che si è sempre
espresso in modo critico nei confronti delle c.d. “Istituzioni Iniziatiche”
quali la massoneria e il Martinismo, la posizione del De Pascale, in propo-
sito, apparirebbe coerente rispetto alle posizioni assunte dal suo Maestro
come attestano i numerosi suoi articoli anti-martinisti ed anti-massonici,
peraltro carichi di una virulenza e di una autentica “vis polemica” che lo
Scaligero non ebbe mai a manifestare. Il fatto è che Scaligero, essendo dav-

1 Haven Marc, Il maestro sconosciuto Cagliostro. Studio storico e critico sull’alta


magia, ed. CambiaMenti, Bologna 2004.
Il primo atto dei Riti Massonici Egizi: il Mizraim di Napoli 41

vero un Illuminato non aveva bisogno di nulla ma non è sufficiente “imita-


re” un grande Maestro, anche nelle individuali ed umane predisposizioni,
ivi compreso il suo tono di voce, per diventare come Lui!
La data del 10 dicembre 1747 ci è confermata anche da John Yarker, di cui
avremo diffusamente modo di occuparci in seguito, autorevolissimo esponente
dei Riti Egizi e Gran Jerofante mondiale dei Riti Uniti di Memphis e Misraim
dal 1903 al 1913. Infatti nella Rivista The Kneph, organo ufficiale del Mem-
phis inglese di cui Yarker era a capo, nel vol. II n° 14 del febbraio 1882, l’edi-
toriale introduttivo (che veniva abitualmente scritto da Yarker senza firmarlo),
nel trattare il tema dei Riti Egizi di Mizraim, fa riferimento proprio alla data del
10 dicembre 1747 come data ufficiale di nascita di tale Rito.
Sappiamo inoltre che la creazione dell’Antiquus Ordo Aegypti seu
Mizraim fu preceduta dalla fondazione della Loggia “La Perfetta Unione”
(maggio 1728) all’Obbedienza della Gran Loggia d’Inghilterra e dalla forma-
zione di una Loggia segreta denominata “Rosa d’Ordine Magno” (si tratta,
come possiamo vedere dell’anagramma, appunto di “Raimondo di Sangro”)
i cui componenti coincidevano con i fondatori dell’Antiquus Ordo Aegypti.
Di questi primi membri della libera muratoria egizia conosciamo diversi
nomi: oltre al Principe Raimondo, che era stato ricevuto Libero Muratore il
24 maggio 1737 a Parigi nella Loggia Duca di Villeroy, frequentata anche dal
conte di Saint-Germain di cui il principe divenne discepolo, troviamo in questo
primo nucleo di pionieri dei Riti Egizi il Principe Gennaro Carafa della Roc-
cella, il nobiluomo di origine veneziana Filippo Farsetti ed un giovane ufficiale
alsaziano di stanza a Napoli, il barone Théodore de Tschoudy che di Raimon-
do di Sangro divenne il discepolo prediletto. Alcuni anni dopo a costoro si
aggiunsero il figlio del Principe Raimondo, Vincenzo di Sangro, destinato a
succedere al padre sia nella carica di Maestro Venerabile della Perfetta Unione
(che potremmo definire come il “serbatoio” dell’A.O.E. Seu Mizraim) sia in
quella di Gran Jerofante (o Sommo Pontefice) del summenzionato Rito Egizio
ed il cugino Luigi D’Aquino dei Principi di Caramanico, che come vedremo
sarà il primo successore di Don Raimondo alla guida del Mizraim di Napoli.
Inoltre, il 20 luglio 1750, quindi meno di tre anni dopo la fondazione
dell’A.O.E., il principe Raimondo venne nominato Gran Maestro del neo-
nato Ordine Massonico del Grande Oriente di Napoli. Nell’Antiquus Ordo
Aegypti seu Mizraim l’ingegnoso principe, uomo coltissimo e ricco di sa-
pienza rosi+cruciana inserì, dandogli una veste massonica, con la duttilità
e la sagacia proprie dei Grandi Iniziati, un Sistema Iniziatico millenario
giunto fino a lui tramite una ininterrotta catena lineare con trasmissione DI-
RETTA bocca/orecchio. L’inizio di tale catena è storicamente documentato,
nell’archivi dell’Ordine a partire proprio dall’Antico Egitto e dagli arcani
42 I Riti Egizi II

Santuari ove venivano impartiti insegnamenti segretissimi, riservati esclu-


sivamente agli uomini che eccellessero in sapienza. Finalità di quest’Ordi-
ne, conosciuto nel Rinascimento con il nome di Aegypto Aeterno era quella
del tramandare (tradere/traditio) gli Arcani Misteri attraverso i quali l’uo-
mo si distacca via via dal piano materiale e contingentato per evolvere fino
al piano della Divinità. Di tale Ordine fecero parte personaggi del calibro di
Pitagora, Porfirio, Boezio, Lullo, Cardano, Bruno e Campanella.
L’Ordine decise di uscire allo scoperto nel XVII secolo appalesandosi
come “Fama Fraternitas Rosi+cruciana” e pubblicando i due celebri ma-
nifesti passati alla storia come “Fama” e “Confessio”. I Membri della Fra-
ternitas Rosae+Crucis ovvero Comenius, Andreae, Maier, Fludd, Sandi-
vogius, Gualdi e Santinelli, ritennero possibile un tentativo di azione sulla
società civile, attraverso una sensibilizzazione delle menti più illuminate
dell’epoca; tuttavia dovettero amaramente constatare che il mondo non era
ancora maturo e furono costretti a ritirarsi nell’ombra.
Il successore di Francesco Maria Santinelli (a sua volta successore del
Gualdi) alla guida dell’Ordine fu il modenese Fulvio Gherli, medico insi-
gne che fu chiamato a Napoli per insegnare nella locale università. Accol-
to dalla residua comunità egizia partenopea, egli scelse quale discepolo e
successore Raimondo De Sangro di Sansevero, futuro Gran Maestro del-
la libera muratoria del Regno di Napoli che il Gherli conobbe nella sua
qualità di medico di fiducia della famiglia Sansevero. Questo straordinario
personaggio, giustamente celebrato come uno dei maggiori protagonisti
del secolo XVIII, oltre che come uno dei più illustri massoni di tutti i tem-
pi, versato in ogni genere di scienza occulta dall’alchimia alla magia, alla
qabbalah, profondo conoscitore dell’ingegneria, dell’arte e della medicina,
ideatore di quell’autentico libro di pietra che è la cappella Sansevero, da lui
fatta costruire nel proprio palazzo grazie a scultori del calibro di Corradini
e Queirolo, può, a buon diritto, essere considerato il vero fondatore della
libera muratoria egizia.
In realtà Don Raimondo rivestì l’Ordine detto Aegypto Aeterno di un
“abitus” esteriormente massonico allo scopo di selezionare i migliori ele-
menti, le menti più feconde dell’epoca, per iniziare i prescelti ai Sacri Mi-
steri Arcani. Napoli era un luogo particolarmente indicato per tale scopo
poiché nella città partenopea si era insediata, come abbiamo accennato in
precedenza, una fiorente comunità egizia, di origine alessandrina che si
era stabilita sopratutto nella zona dei campi flegrei e della piazzetta Nilo,
adiacente proprio al palazzo dei Principi di Sangro.
Sempre nei pressi del palazzo medesimo sorgeva il convento di S. Do-
menico Maggiore, ove avevano compiuto i loro studi sia Giordano Bruno
Il primo atto dei Riti Massonici Egizi: il Mizraim di Napoli 43

che Tommaso Campanella. Inoltre in Napoli il dotto Antonio Beccadelli,


detto il panormita poiché nativo di Palermo ma appartenente ad una antica
famiglia di origine bolognese, costituì, nel XV secolo il primo nucleo di
quella “Accademia Napolitana” che sarebbe poi stata perfezionata e resa
nota da Giovanni Battista Dalla Porta.
Tale Accademia era una sorta di “cerchio esterno” atto a selezionare in-
dividui qualificati per l’ingresso nell’Ordine. In questo contesto, dunque, si
formò il giovane Raimondo de Sangro (la cui madre era una Caetani d’A-
ragona) del cui suo successivo incontro con Fulvio Gherli abbiamo detto.
Va ulteriormente precisato quanto prima avevamo accennato, ovvero
che egli fu discepolo anche del conte di Saint-Germain, un personaggio
che potremmo definire come una autentica “Guida Perenne” dell’Ordine,
la cui perenne individualità è sovrapponibile a colui che viene conosciuto
con il nome di Christian Rosenkreuz.
Su tale argomento Rudolf Steiner ha, in molti punti della sua opera,
fornito spiegazioni abbastanza dettagliate. Se, dunque, abbiamo abbondan-
temente chiarito il senso ed il significato profondo del termine “Antiquus
Ordo Aegypti”, non ci rimane che spiegare quello di “Mizraim”; esso al-
tro non era che il nome che gli ebrei davano all’Antico Egitto Misraim
(o Mizraim) era infatti, secondo l’Antico Testamento, il figlio di Cam, e
dunque nipote di Noè e pronipote di Enoch, dalla cui stirpe proveniva il
popolo egiziano, volendo perciò contrassegnare, nelle intenzioni del Prin-
cipe, l’influenza profonda che l’Egitto e la sua millenaria sapienza avevano
avuto nei confronti della spiritualità e della stessa religione ebraica e, per
tramite d’Israele nei confronti dell’intero occidente. Ben sapeva l’Inizia-
to Raimondo Di Sangro che la stessa qabbalah trae le proprie origini da
quella dottrina emanatista propria della religione degli antichi egizi. Ma in
cosa consisteva, esattamente, questo primo Rito Massonico Egizio e come
era organizzato? Esso disponeva dei tre classici gradi preparatori “azzurri”
(Apprendista Libero Muratore, Compagno e Maestro Libero Muratore) nei
quali in un primo tempo, perlomeno fino a che la Loggia “La Perfetta Unio-
ne” mantenne un forte legame con la Gran Loggia d’Inghilterra, si lavorava
con i Rituali del Rito inglese; poi tali Rituali furono modificati con l’utiliz-
zazione dei c.d. “Primi Tre Gradi del Mizraim” che si ritiene fossero stati
scritti proprio dalla mano di Don Raimondo. Possiamo farne intravedere
l’intensità iniziatica riportando la meravigliosa invocazione che veniva re-
citata alla fine dei lavori di loggia:

Supremo Artefice dei mondi, fonte di tutte le perfezioni e di tutte le vir-


tù, Spirito dell’Universo, che Tu riempi della Tua gloria e dei Tuoi benefici,
44 I Riti Egizi II

noi adoriamo la Tua Suprema Maestà, inchinandoci di fronte alla infinita Tua
Saggezza che ha creato e che conserva tutte le cose. Degnati di accogliere le
nostre preghiere nonché l’omaggio del nostro amore incondizionato verso di
Te. Benedici dunque questi nostri lavori affinché essi siano conformi alla Tua
legge ed illuminali con la Tua divina Luce in modo che essi non abbiano altro
scopo che la Gloria del Tuo Santo Nome, la prosperità dell’Ordine ed il bene
dell’umanità intera. Unisci gli uomini che l’interesse ed i pregiudizi tendono
a separare e togli la benda dell’errore che copre i loro occhi. E che, ricondotto
alla Verità della Filosofia, il genere umano si ponga davanti a Te come un popo-
lo di fratelli che ti offrano da ogni parte un incenso puro e degno di Te.

Pervenuto al grado di Maestro il Libero Muratore veniva dunque ri-


cevuto negli alti gradi (dal 4° al 33°) non molto dissimili, anche se più
approfonditi dal punto di vista esoterico ed iniziatico, da quelli praticati
nell’originario Rito Scozzese (derivato dall’Antico Rito di Perfezione e
ben differente da quello che in gran parte viene praticato oggi): l’autentico
percorso egizio si compiva dopo il 33° grado con l’accesso ai cosiddetti
“gradi ermetici o alchemici” i cui rituali furono concepiti dal barone de
Tschoudy secondo le indicazioni del proprio Maestro, Don Raimondo.
Alcuni di tali gradi (sui quali torneremo in seguito con dovizia di par-
ticolari) sono tutt’ora attentamente praticati dai Riti Egizi degni di questo
nome: tra essi ricordiamo il Cavaliere del Sole (o Cavaliere dell’Aquila),
il Cavaliere della Fenice, il Supremo Comandante degli Astri, il Cavaliere
dell’Arcobaleno (che consiste di due differenti parti, la seconda delle qua-
li è denominata Vero Massone), il Cavaliere degli Argonauti e del Vello
d’oro.
Il Rito si completava con la celebre “Scala di Napoli” o “Arcana-Arca-
norum” della quale abbiamo già lasciato intravedere il senso.
Possiamo ancora essere più espliciti facendo presente che si tratta di
quattro Operazioni (corrispondenti a quattro fasi della Grande Opera ov-
vero nigredo, albedo, rubedo e auredo) compiute nelle diverse stagioni. La
prima di tali operazioni (il cui significato è fortemente velato nel Rituale
di ricevimento massonico dell’87° grado) si compie in inverno, la seconda
(albedo, corrispondente al grado 88°) in primavera, la terza (rubedo, 89°
grado) in estate, la quarta ed ultima (auredo corrispondente al 90° ed ul-
timo grado del Mizraim, Sublime Principe della Grande Opera, Maestro
della quarta serie) si compie in autunno.
Ogni operazione è intimamente connessa con la “vivificazione” e “l’e-
saltazione” in particolare di uno dei quattro elementi da cui è costituita
la struttura occulta dell’uomo (nell’ordine TERRA-ACQUA-FUOCO-
ARIA): ogni Operazione consiste in una fase preparatoria (molto elabo-
Il primo atto dei Riti Massonici Egizi: il Mizraim di Napoli 45

rata e piuttosto lunga) seguita dall’esecuzione di un vero e proprio Rito


assolutamente inalterato rispetto a quelli che venivano compiuti nell’anti-
co Egitto, seguendo uno schema preciso di disposizione di alcune divinità
principali e di altre accessorie secondo un corrispondente allineamento in
direzione dei quattro punti cardinali. Vengono utilizzate formule evocatorie
la cui esatta pronuncia nella lingua jeratica richiede un allenamento di anni.
Crediamo di aver detto MOLTO DI PIÙ di quanto abbia fatto finora chiun-
que altro ed i lettori vorranno comprendere che non ci è possibile spingerci
oltre: abbiamo però il dovere di far presente che tali Arcane Operazioni,
di cui tutti parlano e straparlano senza alcuna cognizione di causa, sono
possedute integralmente UNICAMENTE dai Due Riti Massonici Egizi (tra
loro in strettissimi rapporti) a cui è pervenuto il Deposito dell’Antiquus
Ordo Aegypti seu Mizraim ed i cui Gran Jerofanti sono gli unici legittimi
successori di Raimondo di Sangro e dei suoi discendenti: Luigi d’Aquino,
Alessandro Cagliostro, Vincenzo Di Sangro, Mario Pagano, Nicola Palom-
ba, Domenico Bocchini, Orazio de Attellis, Filippo Lebano, Giustiniano
Lebano, Leone Caetani, Pasquale del Pezzo di Campodisola, Vincenzo
Gigante, Jean Marie D’Aquino di Vallois. Di tali peculiarissime caratteri-
stiche del Rito di Mizraim napoletano sembra essere al corrente un auto-
re, certamente tutt’altro che tenero con la massoneria ma intellettualmente
onesto come Marziale Reghellini di Schio:

Sembra che gl’istitutori di questo Rito di Mizraim abbiano voluto racchiu-


dere nelle prime due serie la scienza di tutte le credenze massoniche scozzesi e
filosofiche, dando la spiegazione di tutti i Riti con la comparazione dei misteri
egiziani, come si può presumere dalla denominazione dei suoi gradi sino al
66°; e che nelle ultime due serie abbiano voluto racchiudere l’alta scienza
egiziana che consisteva nella conoscenza della Qabbalah e della Chimica, ri-
servando agli ultimi tre gradi la potenza suprema del Rito.2

Il simbolo dell’Antiquus Ordo Aegypti seu Mizraim, già presente nei


primi documenti compilati da Raimondo Di Sangro e dai suoi immediati
successori, è costituito da una Y bianca con un punto giallo al centro; in
alcuni casi al posto del punto giallo è raffigurata la lettera ebraica Jod.
La Y è iscritta in un quadrato che si interseca con un altro quadrato posto
obliquamente. Il tutto è contenuto in tre cerchi concentrici esterni di colore
verde (il più interno), azzurro (il medio) e marrone (il più esterno). I tre
cerchi esterni (marrone, verde, azzurro) indicano i tre regni della natura:

2 Marziale Reghellini di Schio, Esprit du dogme de la Franc-Maconnerie, Bruxel-


les, 1825.
46 I Riti Egizi II

minerale=marrone, vegetale=verde, animale=azzurro poiché in mare ed in


cielo si formarono i primi esseri viventi.
Tali colori, inoltre, sono gli unici che vengano visualizzati quando la ter-
ra vien vista dallo spazio, cosa che né Don Raimondo né gli Antichi Egizi
(a tal periodo risalirebbe infatti questo Simbolo) in teoria NON avrebbe-
ro potuto sapere! Inoltre i tre cerchi concentrici simboleggiano anche la
intima interpenetrazione dei tre mondi. Attraverso questo vero e proprio
“mandala magico” che è il Sigillo dell’Ordine, l’Iniziato dovrebbe per-
cepire la via cosmica nella quale egli è integrato. Il punto giallo al centro
della Ypsilon o la Jod rappresenta la radiazione Divina su di noi mentre la
Y indica la realizzazione dell’uomo; i due quadrati intersecantesi simbo-
leggiano i due piani della Realtà: il visibile e l’invisibile, ovvero le opere
della materia e quelle dello spirito, l’interdipendenza di tutto ciò che esi-
ste. Tornando alla Y (che Pitagora utilizzò anche per la propria Accademia
traendola dal Sigillo), tale lettera raffigura da una parte l’Uomo Cosmico
con braccia alzate che prega, da pari e non da servo, la Divinità; dall’altra
la riunificazione delle tre Vie (di Seth, Enoch ed Elia) ovvero le Tre Opere
Alchemiche (Nigredo, Albedo e Rubedo) compiute e sintetizzate nel punto
giallo (Auredo) o nella Jod posto nell’Y ed indicante la Coscienza del Nu-
cleo Profondo (IO) dell’Uomo. Tale Simbolo è anche denominato “Sigillo
segreto dell’Ordine”.
In alcuni documenti, posteriori di circa un secolo alla morte di Don Rai-
mondo, un triangolo viola con la base in alto ed il vertice in basso è so-
vrapposto alle tre braccia della Y all’interno del quadrato più esterno, ed
al centro di tale triangolo viola (colore sacerdotale per eccellenza) è posto
un punto nero; da ciò deriva la consuetudine utilizzata nei Capitoli e nelle
Logge del Mizraim da parte di chi dirige i Lavori di iniziare la riunione
(Tornata) tracciando i tre punti immaginari di un triangolo con il dito indice
della mano destra esclamando”Salute a tutti i punti del Triangolo e rispetto
all’Ordine”.
Nei lavori degli altri gradi i membri del Mizraim di Napoli indossavano
un collare viola con una lettera Y di colore giallo. Tale insegna è tutt’ora
utilizzata dal Rito Egizio depositario del lascito dell’A.O.E. seu Mizraim
nei lavori delle Camere Rituali della seconda sezione (Gnostico-Alchemi-
ca) ovvero nei gradi compresi tra il 34° e l’86.°
La condanna della massoneria da parte del papato a seguito della bolla
antimassonica In providas, emanata da papa Benedetto XIV e, di conse-
guenza, da parte del re di Napoli, Carlo III, costrinse Raimondo Di Sangro
ed i membri del Mizraim ad una maggiore prudenza. La celebre “Lettera
apologetica” indirizzata al papa, nella quale il capo della massoneria napo-
Il primo atto dei Riti Massonici Egizi: il Mizraim di Napoli 47

letana assicurava che avrebbe prontamente sospeso qualsiasi attività delle


Logge, e scritta con il chiaro intento di chetare le acque in attesa di tempi
migliori riuscì, solo in parte, a tranquillizzare i poteri costituiti: trono e al-
tare, infatti, bene avevano compreso che il messaggio della libera murato-
ria, in specie di quella Egizia, mirante a risvegliare la coscienza dell’uomo
ed a promuovere equità e giustizia sociale, minava alle radici il loro potere
basato, in massima parte, sull’ignoranza, sulla superstizione e sul sopruso.
I lavori massonici continuarono ma i fratelli di Napoli sapevano di essere
controllati giorno e notte dalla polizia reale e dall’inquisizione. Il barone
de Tschoudy abbandonò Napoli e, dopo un periodo trascorso in Puglia, nel
feudo del suo maestro e mentore Don Raimondo, finì con l’abbandonare
anche l’Italia ma, come vedremo, fu grazie a questo che la libera muratoria
egizia iniziò a varcare i confini della penisola.
Alla morte di Raimondo Di Sangro, avvenuta a Napoli il 22 marzo 1771,
la guida della Loggia “La Perfetta Unione” passò a suo figlio Vincenzo
che, tranne brevi periodi, conservò la carica di Maestro Venerabile fino al
1790, anno della Sua morte mentre a capo del Rito di Mizraim fu posto, per
volontà espressa da Don Raimondo Luigi d’Aquino dei Principi di Cara-
manico, fratello minore di Francesco d’Aquino, viceré di sicilia.
Don Luigi, conosciuto anche con il nome di Cavalier d’Aquino, era nato
a Napoli il 22 giugno 1739. Notando l’acume e le qualità spirituali del
giovane cugino, il Principe di Sansevero lo iniziò giovanissimo alla mas-
soneria nella Loggia la Perfetta Unione, cooptandolo subito dopo nel Rito
di Mizraim. Il 30 marzo 1765 Luigi d’Aquino entrò, in veste di Cavaliere
Professo, nell’Ordine di Malta ed in tale occasione conobbe Alessandro
Cagliostro, allora membro della Loggia “Saint Jean d’Ecosse du Secret et
de la Harmonie” all’Oriente de La Valletta ed il cui Maestro Venerabile era
Manuel Pinto de Fonseca, Gran Maestro dell’Ordine di Malta.
Simbolo dell’Antiquus Ordo Aegypti seu Mizraim.(Archivio A.O.E.).

Timbro a fuoco originale dell’Antiquus Ordo Aegypti seu Mizraim; il timbro,


assieme ad altri oggetti rituali ed a ciò che è stato salvato dall’archivio dell’Ordine
è attualmente custodito dall’ultimo legittimo successore iniziatico di Raimondo di
Sangro.(Dall’archivio dell’A.O.E.).
La celebre Cappella S.Severo fatta costruire da Raimondo di Sangro e piena di motivi
allegorici e di simboli esoterici

Raimondo di Sangro, Principe di San Severo


Stampa ottocentesca raffigurante piazzetta Nilo a Napoli.

Particolare della statua raffigurante il Dio Nilo ubicata nella omonima piazzetta. La
statua è stata recentemente restaurata.
Collare originario dell’Antiquus Ordo Aegypti seu Mizraim.

Sigillo del 90° ed ultimo grado dell’A.O.E. seu Mizraim o Sigillo Segreto dell’Ordine.
CAPITOLO II
THÉODORE DE TSCHOUDY ED I GRADI
ALCHEMICI

Sino a pochi decenni fa, la figura del barone Louis Henry Théodore de
Tschoudy era cosa pressoché leggendaria perché nella realtà le notizie certe
su di lui erano veramente scarse. E se qualche studioso aveva per caso fatto
ricerche su di lui con esito positivo, era di tutta evidenza che non aveva
reso partecipe il pubblico di quanto appreso.
Qualcuno aveva anche sostenuto che il barone non fosse addirittura mai
esistito, oppure che la vita e le opere che gli erano state attribuite dovevano
essere riferite ad altre persone che avevano operato in quel campo ed in
quel periodo.
Anche le sue origini non erano certe: c’era chi sosteneva che fosse sve-
dese, svizzero, oppure originario della Lorena. L’aura di mistero che attor-
niava la sua vita rinforzava la sua attrattiva magnetica, mentre l’aura della
sua produzione di Riti e rituali dove domina lo “strano” portava anche a
dubitare che quelle opere fossero di suo pugno. Il personaggio era dipinto
come un secondo conte di St. Germain, alchimista ed avventuriero dai con-
torni mal definiti.1
Per fortuna alla fine del secolo XX abbiamo potuto avere maggiori noti-
zie sulla vita di questo strano personaggio. Quando i nazisti erano giunti a
Parigi, avevano sequestrato gli archivi delle maggiori comunioni muratorie
francesi e li avevano inviati a Berlino per metterli a disposizione di Hitler,
che era un appassionato di scienze esoteriche. Quando i russi erano arrivati
a Berlino, si erano impossessati di questo materiale che era poi rimasto
custodito a Mosca per mezzo secolo. Con la caduta della cortina di ferro, il
nuovo governo russo aveva restituito questo materiale ai legittimi proprie-
tari, primo fra tutti il Grande Oriente di Francia.
Grazie a questo materiale ed alle successive ricerche fatte da studiosi nei
vari archivi e biblioteche transalpine, oggi possiamo tracciare un quadro

1 Jean Solis, Rituels des grades alchimiques du baron Tschoudy, Ed. La Hutte 2009.
54 I Riti Egizi II

abbastanza chiaro della vita di colui che era stato descritto come il braccio
destro di Raimondo di Sangro.
Il barone nacque nel 1727 e morì a soli 49 anni nel 1776 dopo una vita
quanto mai turbolenta e agitata. Sappiamo che fece parte dell’esercito di
differenti paesi, che ebbe spesso a fuggire da dove risiedeva e che fu anche
condannato, imprigionato e riabilitato.
Egli era svizzero per parte di padre e aveva prestato servizio militare nel
suo paese. Poi si era trasferito in Lorena dove era anche stato deputato al
parlamento di Metz.
Le sue presunte origini svedesi trovano la loro giustificazione nel fatto
che egli aveva una vera e propria fissazione per la città di Uppsala, un luogo
che troviamo spesso citato nei testi che gli vengono attribuiti e che è famosa
per la sua Bibbia d’argento e per le leggende che gli gravitano intorno.
Sappiamo che nei suoi movimenti lungo le nazioni europee ebbe cura di
creare o di risvegliare logge massoniche dedicate per lo più alla pratica di
Alti Gradi che sono talvolta di sua stessa invenzione.
Purtuttavia non abbiamo molte notizie delle sue frequentazioni esote-
riche ed alchemiche ma la sua vicinanza con ermetisti mediterranei come
Raimondo di Sangro e Federico Gualdi porta a ritenere che la sua prepara-
zione e le sue conoscenze fossero non comuni, come peraltro traspare dai
testi a lui attribuiti.
Non fa parte dello scopo di questo testo descrivere una accurata biogra-
fia del personaggio che il lettore interessato potrà facilmente reperire. In
materia il testo più interessante è la biografia scritta da René Hally e la si
può trovare facilmente in rete.2
Oltre agli opuscoli a carattere politico ed a qualche altre operetta profa-
na che qui non interessa, de Tschoudy è autore, supposto o reale, di molte
produzioni a carattere massonico di generi diversi.
Tra le sue opere ricordiamo in particolare un testo dedicato a risposte
molto piccate alla bolla papale In eminenti dedicata alla massoneria.
Oltre a differenti gradi, cerimonie o ordini dei quali egli sembra essere
veramente l’autore, egli scrisse la celebre Stella Fiammeggiante (Etoile
Flamboyante) nel 1754.3 In relazione a questo testo sono sorte numerose
leggende, la più famosa delle quali vuole che i rituali ivi descritti non siano
in realtà mai stati praticati da nessuno e che siano solo un virtuoso saggio
sulla muratoria dell’epoca.

2 http://sog1.free.fr/ArtHally200Tschoudy.htm
3 L’Etoile Flamboyante, ou la Societé des Francs-Macons, considerée sous tous les
aspects, ristampa dell’edizione del 1923, Nabupress 2014.
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 55

Da parte di qualche studioso viene attribuita al barone la genesi, almeno


parziale, del cosiddetto Rito Scozzese Filosofico. Sia pure indirettamente
la cosa è esatta. Dom Pernéty aveva ripreso, spesso parola per parola, i
gradi alchemici del barone per i suoi esperimenti massonico-ermetici nel
Castello di Bédarrides, per cui non ci si può stupire di ritrovare il grado
della fenice, del sole, dell’arcobaleno, del vero massone, degli argonauti e
del vello d’oro nella formazione del Rito Scozzese Filosofico da parte di un
certo Boileau, un noto discepolo di Pernéty.
Jean Ragon4 attribuisce al barone l’esistenza del Rito Scozzese riforma-
to. Anche ciò appare esatto. Ivi si trova un ordine/grado di massoneria che
ha fatto breccia nel mezzo della massoneria egizia e che agita ancora oggi
alcuni dei suoi membri: quello di Cavalieri della Palestina. Nella succes-
sione logica delle cose dopo il 18° secolo, bisogna vedere nella perennità
di questo ordine più di de Tschoudy che di Ramsay, anche se quest’ultimo
viene considerato il padre di quello “spirito di crociata” che regna nella
mitologia di alcuni alti gradi.
Sempre Ragon attribuisce ugualmente al barone il rito della massoneria
adonhiramita. Lo si trova anche pubblicato sotto il nome di Guillemain de
Saint-Victor. Chiunque sia stato questo personaggio, la parentela con il
barone appare meno probabile dal lato più banale, quello che ci espone un
rito adonhiramita come scarno di elementi ermetici.

Quello che a noi qui interessano sono invece i rituali di matrice egizia,
contenuti in un manoscritto che oggi si trova a Parigi presso la Bibliothèque
Nationale: questo testo è stato più volte pubblicato nella seconda metà del
secolo XX dopo la sua restituzione, ma solo in edizioni limitate dedicate ad
un pubblico di appassionati e di studiosi.
Da questo manoscritto, nella sua accurata restituzione critica citata in
nota 1, abbiamo tratto le informazioni che vengono sottoposte al lettore.
Infatti in esso si trovano una serie di gradi che sono stati adottati nel tempo
da diverse comunioni muratorie, non solo egizie, e che meritano di estrema
attenzione per il loro contenuto.
Questi gradi sono stati definiti dal suo autore in Ordini dei Gradi Filoso-
fici, sono in numero di dodici ed hanno queste denominazioni:
1) Royal Arche (Arco Reale);

4 Jean-Marie Ragon de Bettignies (1781-1862). Massone iniziato a Bruges in Bel-


gio nel 1804. Fu uno di coloro che furono incaricati dell’esame critico dei dizio-
nari francesi nel Journal grammatical ed elaborò un metodo di lettura. Fu editore
della rivista massonica francese Hermes. Numerose sono le sue pubblicazioni in
campo massonico.
56 I Riti Egizi II

2) Chevalier du Soleil (Cavaliere del Sole);


3) Suprême Commandeur des Astres (Supremo Comandante degli
Astri);
4) Chevalier du Phénix (Cavaliere della Fenice);
5) Chevalier de l’Iris (Cavaliere dell’Iride – o dell’Arcobaleno);
6) Chevalier d’Occident (Cavaliere d’Occidente);
7-8-9) Chevalier de l’Aigle Noire dit Rose+Croix (Cavaliere dell’Aqui-
la Nera detto Rosa+Croce), che è un rituale diviso in tre distinte parti a cui
seguono
10) Vrai Maçon ou Chevalier de l’Iris (2) (Vero Muratore o Cavaliere
dell’Iride o dell’Arcobaleno 2);
11) Instruction pour faire le Grand Œuvre (Istruzione per fare la Grande
Opera)
12) Chevalier des Argonautes & de la Toison d’Or (Cavaliere degli Ar-
gonauti & del Vello d’Oro).
Si tenga presente che il testo a noi pervenuto non è altro che un brogliac-
cio spesso confuso e che ha necessitato di una accurata messa in ordine per
una sua corretta comprensione. Inoltre in questo testo vengono descritte
delle operazioni che forse potevano essere praticate nel secolo XVIII ma
che oggi sono irrealizzabili.
Lo stesso autore, almeno in un caso, dice che il rituale è talmente diffici-
le da realizzare rispettandolo alla lettera per cui è preferibile conferirlo per
comunicazione (Arco Reale).
Nel presentare i gradi elaborati dal Barone, dobbiamo evidenziare che
alcuni di essi sono omonimi a quelli del Rito di Perfezione, anche in consi-
derazione della data del 1766 che compare nel testo del manoscritto e cioè
contemporanea all’elaborazione rituale di Étienne Morin.
Di queste analogie e di eventuali corrispondenze parleremo affrontando
ciascuno dei dodici gradi dei Rituali a noi pervenuti.
Infine un’ultima precisazione: dall’esame del testo si evince che ai gradi
di questa scala se ne affiancano altri, che precedono, seguono o si infram-
mezzano. Siamo quindi dell’opinione che si tratti di un testo dove vengono
descritti solo alcuni gradi facenti parte di un sistema più ampio e sul quale
possiamo fare solo delle ipotesi in esito alla sua completa costituzione.
Infatti il complesso costituito dai gradi a noi pervenuti non appare
completo ed autonomo. Nel grado di Cavaliere del Sole, ad esempio, la
lettura delle molteplici nozioni apprese dal candidato nel corso dei gradi
precedenti non lascia alcun dubbio. È quindi evidente che vi è stato in
precedenza un conferimento di gradi che è facile identificare come quelli
che provengono dal Rito di Perfezione: nel testo vengono evocati l’urna,
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 57

il sarcofago, la chiave, il fratello che punisce l’assassino di Hiram, il mare


di bronzo, tutte evocazioni del 4°, 5°, 9°, 13° e 14° grado del manuale di
Etienne Morin (praticati ancora oggi).
Più problematici sono i “buchi” del sistema. Il testo evoca il conferi-
mento di gradi di eletto, di intendente degli edifici o ancora di cavaliere
d’oriente e d’occidente che sembrano distinti da quelli della nostra serie
(probabilmente quelli che vengono chiamati gradi dell’esilio).
Siamo quindi portati ad ipotizzare che il barone volesse far intendere
che non solo che vi fossero altri gradi oltre i tre simbolici e la sua serie
alchemica di dodici, ma che, inoltre, ve ne fossero altri, sia facoltativi sia
addirittura più importanti.
Questo fatto ha portato Jean Solis che ha lavorato su questo testo a sol-
levare immediatamente la questione del carattere reale di questo corpus
rituale: sono vere cerimonie da eseguire o sono racconti di cerimonie alle-
goriche? Massoneria o puro insegnamento alchemico?
Solis sostiene che non occorra cercare in questo manoscritto un “rito”
massonico da eseguire scrupolosamente, in modo da collezionare dei gra-
di. Anche se la sperimentazione concreta di queste cerimonie in loggia,
potrebbe essere un quid pluris per aprire la coscienza di coloro che cercano
la via di Ermete, la semplice lettura meditativa e poi critica dell’insieme di
questi gradi, può condurre a molte cose. Proprio come quando si leggono
la Genesi, le 12 fatiche di Ercole, la leggenda di Giasone o l’Apocalisse di
Giovanni. Tutti testi che, d’altra parte, sono evocati o sottesi nel rituali dei
gradi della Muratoria di ogni Rito.
Per le differenze con i gradi attuali rimandiamo al nostro precedente
volume dedicato ai Riti Egizi dove le tematiche dei gradi filosofici sono
ampiamente trattate, mentre qui ci limiteremo a trattare solo questioni di
novità ed in misura necessariamente limitata.

1) Royal Arche (Arco Reale)

Nel Sistema dei Gradi Alchemici del Barone de Tschoudy il Grado di


Cavaliere dell’Arco Reale (Royale Arche) occupa il primo posto della
Scala.
L’Arco Reale del barone è una curiosa miscela. Una introduzione pros-
sima allo stile di Ramsay si accoppia ad un racconto leggendario analogo
a quello del Royal Arch anglosassone ed alle versioni più vetero-testamen-
tarie dell’Arco Reale del Rito di Perfezione e di quello che sarà poi il Rito
Scozzese.
58 I Riti Egizi II

Non vi è alcun dubbio che il barone abbia pescato nelle differenti ver-
sioni rituali di un grado la cui famiglia fece la sua apparizione ufficiale nel
1743, ma che secondo alcuni risale addirittura al 1729.
Questo è il contenuto della leggenda narrata da de Tschoudy nel suo
manoscritto:

Dopo sette anni che alcuni illustri Scozzesi continuarono a distinguersi in


Palestina durante le crociate, non piacque più all’Essere Supremo per il quale
combattevano di concedere loro il successo in cui speravano. Ma il loro fervore
non diminuì ne le loro speranze andarono completamente perdute. Il loro ritor-
no in Europa, così come quello dei Cavalieri d’Occidente,5 con i quali avevano
acquisito grande celebrità, sia per le loro imprese che per le loro ricchezze,
porrà termine a questa storia.
Occorre prima istruire la posterità massonica di un avvenimento estrema-
mente interessante che ci ha trasmesso il mistero per eccellenza dell’Arte Re-
ale. La sua scoperta sembra essere stata provocata dal caso, così proprio come
le più grandi cose sono generate da cause modeste.
Per la comprensione del fatto è essenziale premettere che, indipendente-
mente dai misteri legali a ciascun grado della massoneria simbolica che non
si deve mai perdere di vista, vi era il grande segreto che il saggi Salomone
aveva confidato unicamente al re Hiram di Tiro, con il quale aveva contratto
una fraterna alleanza, e ad Hiram Abiff, quel celebre esperto sia nell’arte della
lavorazione dei metalli che nell’architettura.
Essendo stato l’architetto assassinato, il grande segreto era rimasto circo-
scritto ai due monarchi, he avevano giurato di non comunicarlo ad alcuno se
non in presenza di tutti e tre. Tuttavia, alcuni maestri che si erano distinti nel
loro lavoro avevano richiesto a Salomone di accordar loro la grazia di ammet-
terli a quel sublime grado.
Ma il saggio sovrano, fedele al suo giuramento, disse loro: “Andate, lavora-
te, perseverate ed un giorno il Grande Architetto ve lo concederà”.
Questa promessa si è compiuta, come vedremo in seguito.
Salomone ed il suo illustre alleato morirono. Questo profondo mistero ri-
mase seppellito sotto le rovine del tempio antico e di quello ricostruito. Que-
sti grandi personaggi avevano essi stessi costruito, in un sotterraneo immenso
e molto profondo, una loggia particolare dove lavoravano degli operai degni
dell’immensità delle conoscenze, di cui il supremo dispensatore li aveva dotati.
Siccome questo luogo non aveva alcuna uscita penetrabile o visibile, e nessuno
ne poteva sospettare l’esistenza, solo il caso aiutato da una ispirazione partico-
lare e soprannaturale poteva provocarne la scoperta.
In effetti, volendo alcuni fratelli ispezionare i dintorni del Tempio dopo
la sua distruzione ad opera dell’Imperatore Romano Tito che aveva voluto
ampliare la sua residenza, uno di essi chiamato Jabulum, di antica stirpe dei
primi massoni, aveva infilato il piccone in un anello di bronzo; allora egli

5 Corrisponde al 6° Grado nella scala del Barone.


Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 59

aveva chiamato altri fratelli e con loro esaminato la cosa con attenzione: essi
scoprirono così una botola di identico metallo che riuscirono a smuovere solo
dopo grande fatica e che riuscirono poi a sollevare con l’aiuto di alcune leve.
Ciò fece loro scoprire un cunicolo praticato nella roccia, molto scuro e di cui
non si vedeva il fondo. Jabulum, pieno di ardore e di zelo, si offrì di scendere
lungo il cunicolo, si fece cingere il corpo con una lunga corda e concordando
un segnale per farsi tirare su. Non appena egli giunse sul fondo, gli si presentò
davanti un sotterraneo che era ornato e rivestito da grandi arcate costruite le
une sulle altre. L’orrore delle tenebre ed il freddo del luogo arrestarono l’ar-
dore di Jabulum. Giunto alla terza arcata, mandò il segnale per farsi tirare su
e, fatto ciò, gli altri maestri gli domandarono cosa avesse visto. “Una volta
spaventosa” – rispose – “capace di affossare il coraggio del più intrepido.
Tuttavia, se qualcuno vuole accompagnarmi in questa immensa caverna, io vi
tornerò ancora.”.
Ma nessuno si offrì ed egli ritornò da solo in quel luogo e penetrò più a lun-
go nel sotterraneo: la sua profondità senza limiti lo fece fremere di nuovo. Sen-
tendo il petto gelarsi, diede sei scosse alla corda per farsi tirare su. Poi, avendo
ripreso fiato e lungi dall’essere vinto dagli ostacoli e dalla paura, fu solo ani-
mato dal desiderio di giungere al suo scopo. Prese una torcia, invocò il nome
dell’eterno ed affrontò i nuovi rischi. Il suo zelo fu infine ricompensato. La
promessa di Salomone fu adempiuta. Giunto alla nona arcata, una parte della
parete del soffitto si distaccò. Egli fu accecato da un raggio di sole che dardeg-
giava perpendicolarmente su un altare dorato, sul cui frontespizio triangolare
le lettere incise (S.R. H.R. H.A. – Salomone Re, Hiram Re e Hiram Abiff) gli
annunziavano che quello era il luogo dove i tre illustri personaggi si ritiravano
per celebrare i loro grandi misteri. Il suo primo gesto fu quello di genuflettersi,
la mano destra rovesciata sugli occhi (segno di rispetto e di ammirazione), poi
si avvicinò all’altare e prese conoscenza del grande mistero, sotto la condizione
che questo, a pena di gravi conseguenze, avrebbe dovuto rimanere in possesso
di tre sole persone.
Jabulum, incantato dalla scoperta, rese grazie all’Altissimo e tirò la corda
per l’ultima volta. Egli ritornò alla luce carico di gioia e di soddisfazione.
Tutti i fratelli lo circondarono e gli diedero l’abbraccio fraterno gridando
“Jabulum è un bravo massone”. Lui descrisse quello che aveva visto ma tenne
per sé quello che aveva appreso.

Così termina la leggenda narrata da de Tschoudy, il quale, evidenziando


che la ricezione a questo grado sarebbe troppo complicata da realizzare con
la rappresentazione del sotterraneo e delle volte e delle gesta di Jabulum,
suggerisce di conferire questo grado attraverso la sola comunicazione della
leggenda medesima e l’istruzione attraverso i segni, parole e toccamenti.
Non vi è in questo grado alcun riferimento qabbalistico, tipico invece
delle versioni rituali più recenti, ma vi troviamo comunque alcuni elementi
che richiamano il testo di Etienne Morin.
60 I Riti Egizi II

Possiamo quindi affermare che in questo primo grado del sistema alche-
mico di de Tschoudy, che presuppone il previo conferimento di alcuni gradi
precedenti non solo simbolici, l’elemento alchemico è pressoché assente
e che occorre attendere il secondo grado, quello di Cavaliere del Sole o
Adepto Moderno, sia per ricevere insegnamenti di quel genere sia per tro-
vare profonde corrispondenze con quello che è il rituale praticato oggi dai
Regimi Egizi degni di questo nome.

2) Chevalier du Soleil (Cavaliere del Sole o Adepto Moderno);

Nel sistema dei Gradi Alchemici del Barone de Tschoudy, il Grado di


Cavaliere del Sole o Adepto Moderno occupa la seconda posizione e ci
sembra debba essere condivisa l’opinione secondo la quale il testo codifi-
cato da Étienne Morin derivi direttamente da quello del Barone, che ne è
quindi il vero ideatore.
Le versioni di Morin, di Francken, di Pernéty e di tutti i gradi che ne
seguirono nelle giurisdizioni scozzesi o nei cenacoli egizi sembrano dove-
re tutto al barone ed al suo testo, caratterizzato dal suo impasto ermetico
molto ricco e che non prevede momenti di stanca rispetto alle molteplici
versioni successive.
Nel testo di de Tschoudy il Tempio è rischiarato da una sola luce, perché
una sola è la luce che rischiara il mondo, così come è una sola la Loggia
che Adamo ricevette da Dio. Questa luce deve essere posta in un globo
trasparente in modo che possa diffondersi in tutta l’Officina, al centro della
quale si trova il quadro di loggia del Grado, che sarà coperto da un tappeto
nero quando vi è una ricezione.
Secondo questo testo, in caso di ricezione, il Maestro Venerabile si chiama
Adamo ed il Maestro delle Cerimonie, che ricopre anche il ruolo di Sorve-
gliante, si chiama Verità, mentre tutti gli altri Fratelli si chiamano Cherubini.
In questo grado non si porta il grembiule. Adamo porta uno scettro alla
testa del quale vi è un globo: questo a significare che egli fu costituito come
primo re della terra e creato padre di tutti gli uomini.
Verità porta un bastone bianco alla testa del quale vi è un occhio d’oro.
Il gioiello del grado è un cerchio all’interno del quale vi è un sole d’oro,
in mezzo a cui vi è un triangolo del medesimo metallo. Esso si porta appeso
ad una catena d’oro oppure di colore verde.
Ci sembra che questo sia sufficiente ad attestare come vi sia una filiazio-
ne diretta fra il testo del barone e quello di Morin, che con il testo primevo
ha in comune i punti fondamentali.
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 61

La Cerimonia di ricezione ideata dal Barone è tuttavia molto meno


complessa di quella tradizionale di questo grado elaborata da Morin ed
ancora oggi insuperata: il candidato, a cui è stata preventivamente comu-
nicata la batteria del grado, viene bendato ed invitato a bussare da solo
alla porta del Tempio. Egli viene introdotto in quello che è definito “il
centro della vera felicità” dopo aver spiegato che “vuole vedere la luce
della verità e spogliarsi dei pregiudizi dell’errore e della menzogna, nei
quali sono caduti tutti gli uomini, a causa dell’orgoglio e della cupidigia
di ricchezze”.
Il candidato viene quindi viene posto davanti al quadro di loggia coperto
da un tappeto nero.
Adamo spiega quindi al candidato che desidera conoscere la verità che
questa gli verrà mostrata. Essa è tuttavia chiusa nella paura mondana che
le ha legato mani e piedi. Essendo il mondo pieno di mostri, essa è stata
obbligata ad abbandonarlo, per andare a cercare nei cieli un nuovo luogo
in cui risiedere. Ma essa non ha disdegnato comunque di rivelare a pochi
uomini illuminati il resto della sua luce delle verità segrete. Ma non lo ha
fatto a viso scoperto, facendosi solo conoscere attraverso quei movimenti
che arrivano ai nostri cuori.
Il candidato è uno di costoro, la Verità gli è vicina e sta a lui profittare
delle sue lezioni. Ma essa non intende svelarsi se non dopo le prove che il
candidato dovrà subire. Il Fratello Verità gli spiegherà quindi cosa dovrà
fare per giungere a vederla in volto.
Il candidato viene sbendato, gli viene fatto vedere il quadro di loggia che
viene scoperto e Fratello Verità – che parla per bocca della Verità – gli illu-
stra quali sono state le 17 prove che gli ha fatto conoscere lungo il percorso
iniziatico e di cui essa è stata soddisfatta di aver mostrato:
1 – Il Libro: la legge santa e naturale dei fratelli massoni;
2 – Il Compasso, per insegnare a non fare nulla per caso;
3 – La Squadra, per portare tutte le azioni ad un medesimo fine;
4 – La livella, per essere uguale ed equo;
5 – La perpendicolare, per essere retto e non lasciarsi fuorviare dalla
forza degli ignoranti e dei ciechi;
6 – La tavola da disegno, la ragione per dedicarsi a ciò che è giusto;
7 – La pietra cubica, che significa che le azioni debbono essere uguali
nell’indirizzarsi al bene;
8 – La pietra grezza, per insegnare che bisogna davvero superare le pas-
sioni ed i pensieri vani;
9 – Le colonne, per mostrare che occorre essere fermi ed inflessibili
quando la verità ci chiama;
62 I Riti Egizi II

10 – La Stella Fiammeggiante, nella Camera di Mezzo e altrove, che


insegna che il cuore deve essere simile ad un stella luminosa che illumina
la notte come il sole. Parimenti un buon massone, perfezionandosi, diviene
in seguito un sole che illumina coloro che seguono il suo esempio;
11- Hiram ucciso, che insegna che è difficile sfuggire ai pregiudizi ed
alle trappole che l’ignoranza tende ogni sul giorno sul cammino degli uo-
mini i più virtuosi;
12 – Una parola santa tramutata in parola profana, che insegna che l’uo-
mo comune si attacca solo alle parole e non ammette che ciò non è altro
che superstizione;
13 – Una chiave, per chiudere la porta del nostro cuore a tutto ciò che è
contrario alla ragione illuminata dalla luce della verità;
14 – Un cofanetto, per chiudervi i nostri segreti su ciò che dobbiamo a
Dio ed al prossimo;
15 – Un’urna, per ricordare che il nostro cuore deve essere simile ad un
tempio ricolmo di profumi deliziosi;
16 – Un Mare di Bronzo, per purificare il vizio dell’uomo superstizioso
ed idolatra, e divenire un nuovo Adamo prodotto da una seconda creazione,
procurata in noi da noi stessi;
17 – Cerchi e triangoli che rappresentano l’immensità dell’essere supre-
mo sotto l’emblema della sublime verità.
Queste “prove” non sono altro che richiami a gradi precedenti, fuori dal
sistema alchemico, che il candidato ha già regolarmente ricevuto, a soste-
gno della tesi sopra illustrata che questi gradi facciano parte di un sistema
più ampio.6
Infatti, a questo punto della Cerimonia Adamo spiega al candidato che
tutto quello che ha udito è una sintesi dell’insegnamento che può essere
ricavato dai gradi ricevuti lungo il percorso massonico. Egli tuttavia fa
rimarcare come nel grado di Eletto7, fra tutti i favoriti, uno solo viene chia-
mato a punire l’assassino di Hiram. Questo significa che molti sono chia-
mati alla verità, ma pochi hanno la fortuna di vederla. Per arrivare a ciò,
prima di essere chiamati fra i prescelti, occorre aver schiacciato la serpe
dell’ignoranza profana.
Hiram era la Verità in terra. Abiram era un mostro, una idra a cento
teste. Più gli eletti lo abbattono, più essi si rendono degni del grado che il
candidato sta per ottenere.

6 Possiamo in questi simboli riconoscere elementi dei primi tre gradi simbolici e di
alcuni gradi di perfezione che un Cavaliere del Sole ben conosce.
7 Chiaro riferimento al Grado di Maestro Eletto dei Nove.
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 63

Adamo prosegue spiegando che occorre combattere senza tregua il per-


turbatore, cacciarlo dal cuore e dalla coscienza: solo combattendo per la
verità si arriverà a conoscerla. E conclude, rivolto al Neofita: “Voi senza
dubbio otterrete ciò, grazie al fervore dello zelo ardente che avete mostrato
sin ora.”
La cerimonia si conclude con il giuramento, l’abbraccio fraterno, l’in-
vestitura con le decorazioni del grado e la relativa istruzione. Siamo in
presenza di una cerimonia dal quale Morin – o chi prima di lui – ha preso
ampi spunti per elaborare un rituale molto più marcato dal punto di vista
alchemico e molto più ricco di simboli, attraverso il costante abbandono di
cose profane e la loro sostituzione con emblemi di virtù.
Appare interessante a questo punto esaminare il contenuto del quadro
di Loggia, dove sono presenti gli elementi alchemici del grado, e questo lo
facciamo attraverso la riproposizione dell’istruzione relativa alla spiega-
zione morale del quadro medesimo.
La spiegazione del Quadro di Loggia8 viene effettuata nel corso della
cerimonia dal Fratello Verità il quale indica volta per volta gli elementi con
il suo bastone.

Il Sole rappresenta l’unità dell’Essere Supremo,9 in quanto, come vi è un


unico sole, non vi è che un solo Dio al quale dobbiamo adorazione.
Il Triangolo nel quale è racchiuso il Sole rappresenta l’immensità dell’Es-
sere Supremo.
Le Tre S significano che la scienza ornata dalla saggezza rende da sola l’uo-
mo santo.
I tre Candelabri rappresentano il corso della vita dell’uomo, la giovinezza,
l’età adulta e la vecchiaia, rischiarata dalla luce della Verità.
I quattro Triangoli rappresentano i quattro principali doveri della vita tran-
quilla che sono:
1) l’amore fraterno fra tutti gli uomini in generale e per i fratelli pervenuti al
medesimo grado in particolare; non avere e non possedere nulla che non possa
essere loro utile nel bisogno;
2) tutte le cose che non si possono rivelare e tutto ciò che è conosciuto sotto
il nome di Misteri;
3) non fare al prossimo ciò che non si vorrebbe essere fatto a noi stessi;
4) aspettare tutto con fiducia nella bontà del creatore, quando noi passiamo
nell’altra vita.

8 La riproduzione di questo quadro viene presentata nel corpo del volume. Essa è
stata estratta dal manuale del Tuileur di Vuillaume: come si può notare, il motto
VIRTUTE MERCURE LUMEN è il solo elemento mancante.
9 Trattasi di elemento che verrà ripreso dai Rivoluzionari Francesi con il culto
dell’Essere Supremo.
64 I Riti Egizi II

I Sette Pianeti rappresentano le sette passioni principali della vita utili all’uo-
mo quando sa come usarle con moderazione ma che, quando ci si abbandona
troppo ad esse diventano peccati mortali, perché esse ci privano di una vita
che dobbiamo conservare in rapporto a Dio, che ne è il principio e agli occhi
del quale niente è più criminoso che distruggere il più prezioso dei suoi lavori.
I Sette Cherubini rappresentano le delizie della vita, che sono i cinque sensi,
il riposo e la salute.
La Concezione rappresenta la purezza della natura, in ciò che la vista e l’in-
tenzione dell’Essere Supremo la trovano compiuta, non avendo egli creato gli
uomini che a questo fine, secondo le parole indirizzare ad Adamo “Crescere e
moltiplicatevi”.
Lo Spirito Santo raffigurato da una colomba rappresenta la nostra anima
che, essendo un soffio dell’Essere Supremo, è sempre pronta a tornare nel suo
tutto, dato che ne fa parte.
Il Tempio rappresenta il nostro corpo, di cui dobbiamo avere cura nel con-
servarlo.
La figura che si trova all’ingresso del Tempio ci dice che dobbiamo vegliare
sui nostri bisogni, come un pastore con i suoi armenti.
Le colonne Jod e Beth rappresentano la fermezza d’animo che dobbiamo
avere nel bene e nel male che dobbiamo affrontare nel corso della vita.
I Sette Gradini del Tempio mostrano i differenti gradi che si superano pri-
ma di arrivare alla conoscenza della sublime felicità temporale che conduce a
quella spirituale.
Il Globo terrestre rappresenta il pianeta sul quale abitiamo. Lux ex tenebras
significa che l’uomo che è stato illuminato dalla ragione non ha difficoltà a
penetrare nell’oscurità dell’ignoranza e della superstizione.
Il fiume che attraversa il globo rappresenta l’utilità delle passioni necessarie
all’uomo nel corso della vita, così come le acque sono necessarie alla terra
perché dia frutto.
La Croce circondata da due serpenti significa che occorre rispettare i volgari
pregiudizi ed essere prudenti per non farli conoscere al fondo del proprio cuore,
in materia di religione.
Seguono a questo punto nel rituale altre spiegazioni che vengono date da
Padre Adamo e che vengono definite “altre spiegazioni per i chimici e gli adep-
ti”. Il rituale sottolinea la obbligatorietà di queste spiegazioni, evidentemente
necessarie in un siffatto contesto. È in questo punto che gli aspetti alchemici del
rituale si manifestano in tutta la loro evidenza.
Il Sole rappresenta l’unità dell’Essere Supremo, l’unica e sola materia della
grande opera dei filosofi.
Le tre S significano Stella Sedet Solis oppure Stellatus Sedes Solis.
I Tre Candelabri rappresentano i tre gradi della forza che occorre imprimere
alla materia.
I Triangoli rappresentano i quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco.
I Sette Pianeti rappresentano i sette colori principali visibili.
I Sette Cherubini rappresentano i sette metalli; l’oro, l’argento, il rame, il
ferro, il piombo, lo stagno ed il mercurio o il bronzo.
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 65

La Concezione rappresenta la purezza della materia perché essa possa con-


servarsi senza impurità per il nuovo re, il cui nome è Alkaest…10
La Colomba o lo Spirito Santo rappresenta lo spirito universale che dona
la vita ad ogni cosa nei tre regni della natura, o grande opera: il vegetale, il
minerale e l’animale.
L’entrata del Tempio è rappresentata da un corpo perché la natura della
grande opera è corpo, vale a dire l’oro potabile da fissare.
Il Globo rappresenta la materia.
La Croce rappresenta le pene e le fatiche che bisogna asciugare per giunge-
re al grado di perfezione. Essa allude anche alla croce di Gesù Cristo perché,
come egli ci ha riscattato e salvato tramite la croce, al medesimo modo la ma-
teria, essendo pervenuta al suo ultimo grado di perfezione, per mezzo di questo
nuovo re che è nato da questa materia pura, essa purifica i metalli imperfetti,
dona salute al corpo come la croce del salvatore del mondo ha donato la salute
all’anima, producendo l’oro potabile da fissare.
Il Caduceo è il doppio mercurio che occorre estrarre dalla materia, vale a
dire il mercurio che diventa oro o argento.
Stibium, parola di passo del filosofo, significa antimonio, dal quale si estrae
l’Alkaest, chiamata la grande Opera dei Filosofi.

Dopo questa spiegazione la Loggia viene chiusa. Le formalità di chiu-


sura sono estremamente semplici e vengono riassunte in tre frasi che pos-
siamo qui riprodurre:

PADRE ADAMO
Fratello Verità, quali progressi fanno gli uomini sulla terra per giungere
alla vera felicità?
FRATELLO VERITÁ
Tutti seguono i pregiudizi del volgare. Ben poco li combattono e raramente
giungono a bussare alla porta del luogo santo.
PADRE ADAMO
Fratelli miei, partiamo per andare fra gli uomini, con il compito di ispirare
in loro il desiderio di conoscere la verità.

La Loggia viene chiusa.


Il rituale termina con la frase latina VIRTUTE MERCURE LUMEN che
identicamente apre anche il testo originale ed è presente sul quadro di Loggia.

10 Quello che segue è illeggibile nel manoscritto.


66 I Riti Egizi II

3) Suprême Commandeur des Astres (Supremo Comandante degli Astri);

Al terzo posto del Corpus Rituale dei Gradi Alchemici ideato dal Barone
Théodore de Tschoudy troviamo il Grado di Supremo Comandante degli
Astri, di cui abbiamo già parlato nel nostro precedente volume dedicato ai
Riti Egizi.
Qui vogliamo quindi solo approfondire alcuni aspetti di questo Grado
nella sua forma più antica.
Va quindi detto che il Firmamento (La Loggia) dei Comandanti degli
Astri ha la struttura di una vera e propria loggia massonica, come ben pre-
cisato nel testo, e la presenza di un Esperto Terribile nella cerimonia di
ricezione non lascia dubbi su questo punto.
Pertanto gli Ufficiali sono gli stessi di una Loggia Simbolica e manten-
gono tutti la loro denominazione tradizionale.
Una delle differenze che possiamo notare è sul numero delle luci: nor-
malmente queste sono attribuite in numero minore al Secondo Sorvegliante
ed in numero crescente per il Primo Sorvegliante e per il Maestro Venerabi-
le. Qui invece, per le ragioni che vengono spiegate nell’istruzione, la cosa
è inversa e tre luci sono davanti al Presidente, chiamato Molto Fortunato,
cinque davanti al Primo Sorvegliante e sette davanti al Secondo Sorve-
gliante.
Anticamente i membri della Loggia indossavano una fascia di colore
rosso sulla quale erano ricamate delle stelle dorate ed alla quale era appesa,
in fondo, una luna in argento.
L’evoluzione del grado, che è stato adottato dal Mizraïm di Venezia, ha
portato ai giorni nostri ad adottare una fascia di colore azzurro, il colore del
cielo, ed a sostituire la luna argentata con una croce decorata con delle stelle.
Secondo il testo originale, il grembiule è nero, bianco e rosso ma non
è purtroppo specificato come questi colori siano distribuiti sul grembiule.
Secondo il testo del Barone, sul quadro di Loggia vi sono il Sole, la Luna
e la Stella Fiammeggiante posizionate al medesimo livello con le scritte
saggezza, forza e bellezza sopra i tre astri; più in alto vi è una sfera sulla
quale convergono i raggi dei tre astri ed al cui interno vi è raffigurata la
pietra grezza, vi è scritto il nome di Hiram con le lettere M e B. Nella parte
finale della cerimonia di ricezione il Neofita saliva i gradini dell’Oriente e
ad ogni gradino scambiava con il Molto Fortunato le parole Sacre dei primi
tre gradi simbolici. Questa parte della cerimonia è stata soppressa nelle
versioni più recenti moderne di questo grado praticato dai Regimi Egizi in
quanto del tutto inconferente con la posizione del grado che, lo ricordiamo,
fa parte della sezione ermetico-gnostica della scala iniziatica.
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 67

Secondo la comune opinione, la parte finale di questo rituale, nella ver-


sione trasmessa dal Mizraim di Venezia, sarebbe stata elaborata diretta-
mente da Cagliostro.
Per concludere, di questo testo ci pare opportuno riportare un brano del-
la cerimonia di ricezione appena successivo a quello in cui è stata compiuta
l’Opera al Nero sulla persona del Neofita:
Fratello mio, poiché è stato vostro desiderio divenire parte integrante della
Grande Opera, sappiate che il vostro travaglio non è ancora finito.
Siete giunto a un grado dell’operazione alchemica che già vi ha portato mol-
to avanti nella vostra completa rigenerazione.
Ricordate che quanto avete sentito o appreso non è che una delle molteplici
forme con le quali il piombo può essere trasmutato in oro, quell’oro ineffabile
che nessun altro elemento può più modificare. Ma tenete ben presente che la
trasmutazione avviene soltanto se ci si sottomette alle gravi, pesanti e continue
prove che sono sinonimo di sacrificio, controllo, lotta contro le passioni, con-
quista della facoltà di giudizio.
Ricordate! La Grande Opera, come tutti i misteri che il volgo definisce ma-
gici o addirittura negromantici, ha un triplice significato: essa può essere intesa
e realizzata su tre vie: quella religiosa, quella filosofica e quella naturale.
L’oro filosofale, per quel che si riferisce alla religione, ne è la ragione asso-
luta e suprema; in via filosofica esso rappresenta la verità, la via verso il sole;
in via naturale si tratta di oro reale, perfettissimo e purissimo.
Ed è per questo che la ricerca dell’oro filosofale, della verità, dell’oro per-
fetto e puro, è indicata come la ricerca dell’assoluto.
Scientificamente è ormai riconosciuto che è pressoché impossibile giungere
a risultati positivi lungo la via naturale.
Ma in via filosofica e religiosa si può giungere a questa conquista, almeno
nei limiti di quell’optimum che un essere umano ha la possibilità di raggiunge-
re lungo la via delle iniziazioni.
Per l’anima, la medicina universale, e cioè la pietra filosofale, è la ragione
suprema e la giustizia assoluta;
Per lo spirito è la verità matematica e pratica.
Per il corpo è la quintessenza, combinazione di luce e d’oro.
L’arte alchemica è dunque, nello stesso tempo una religione, una filosofia e
una scienza naturale.
A voi prendere una di queste tre vie e viaggiare in essa senza deflettere e
senza aver paura delle prove che, indubbiamente dovrete affrontare.
Siete voi disposto e certo di poterlo fare?

4) Chevalier du Phénix (Cavaliere della Fenice);

Questo grado, nel sistema creato da De Tschoudy, è uno dei più semplici
ed il testo a noi pervenuto appare comunque incompleto e caratterizzato da
68 I Riti Egizi II

alcune antinomie. Manca, ad esempio, il discorso dell’Oratore, presente


in altri gradi, e mancano pure la descrizione ed il disegno del quadro di
Loggia (il testo si limita a farvi un breve riferimento senza accennare ad
alcun particolare).
Si nota poi la presenza, accanto all’Altare, oltre al braciere sul quale si
presta giuramento, di un catino con acqua senza che esso abbia la benché
minima funzione nel corso dei lavori, a meno che esso non voglia significa-
re la presenza dell’elemento acqua in contrapposizione all’elemento fuoco.
In questo grado vengono poi riprese tematiche dei gradi simbolici: non
solo le stelle fiammeggianti sulle cattedre del Presidente e dei due Sorve-
glianti ma anche l’istruzione, rivolta principalmente al lavoro dell’Appren-
dista.
Poiché questo grado lo ritroviamo nelle scale egizie ottocentesche, è
evidente che Étienne Marconis prima e John Yarker poi debbano aver fatto
un lavoro di elaborazione del testo di De Tschoudy a loro pervenuto, inse-
rendovi tematiche del tutto nuove, cambiando segno e parole e, soprattutto
dando un programma di lavoro ai Cavalieri della Fenice.
Se il testo di base non è altro che una cerimonia di iniziazione, sia pure
con un’apertura ed una chiusura dei lavori quanto mai sintetiche, i succes-
sori del Barone hanno previsto per questo grado lo studio della natura e dei
suoi regni e lo studio dell’astronomia.
Un programma quanto mai adatto per un grado che si ispira ad un sim-
bolo di eterno rinnovamento della natura, la Fenice che rinasce dalle sue
ceneri e che ci riporta ad un dejà-vu: Igne Natura Renovatur Integra.
Del testo di De Tschoudy possiamo mettere in evidenza che il Tempio
dove si riuniscono i Cavalieri della Fenice si chiama Santuario ed i lavori si
svolgono nella Valle Santa. I membri della Loggia si chiamano Viaggiatori
mentre il Presidente è chiamato Gran Viaggiatore ed i due Sorveglianti
sono chiamati Conduttori o Conducenti. L’Oratore è invece chiamato Pa-
store ed il Grande Esperto Ingegnere mentre il Maestro delle Cerimonie ha
come attributo Potente Chiaroveggente.
A lato di ciascuna cattedra vi è una Stella Fiammeggiante, al centro delle
quali vi è una lettera: S (Saggezza) per il Gran Viaggiatore, F (Forza) per il
Primo Conducente e B (Bellezza) per il Secondo Conducente.
Il Candidato alla ricezione a questo grado è chiamato Fratello Girovago
(in originale “Frère Ambulant”). Prima della cerimonia egli viene posto in
un gabinetto di riflessione dove sono debbono trovarsi prodotti della natura
fra i più curiosi che si presentano ai suoi occhi.
Dal testo riprendiamo un brano recitato dal Grande Esperto o Ingegnere
subito dopo il Giuramento del Neofita:
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 69

Fratello mio, il braciere sul quale hai steso la mano al momento del tuo
giuramento è per insegnarti che il fuoco è il principio di ogni cosa ed il grande
agente nella Natura, e svolge i suoi effetti su tutte le cose. Da questo agente
l’uomo riceve la vita, con il potere di pensare.11
Il Serpente che si morde la coda e forma un cerchio è un simbolo di eter-
nità, e cioè senza inizio o fine. Ha la proprietà di rinnovare la sua pelle e così
rappresenta la distruzione ed il rinnovamento della Natura, che appare come
prima risvegliarsi e poi perire a determinate epoche; che in realtà cresce solo
ed invecchia per rinnovare la sua giovinezza e preparare sé stessa per nuove
evoluzioni.
La Fenice è una ancor più naturale esposizione della successione e del per-
petuarsi di questo principio in natura. La Mitologia la rappresenta come un
uccello che rinasce dalle sue proprie ceneri, simbolo di tutte quelle cose che
sono sulla terra e che continuano a rinascere da sé stesse.

5) Chevalier de l’Iris (Cavaliere dell’Iride – o dell’Arcobaleno).

Giunti a questo punto della scala di de Tschoudy, è interessante verifi-


care se e come questo Grado abbia delle corrispondenze nelle Scale Ini-
ziatiche di Jacques-Étienne Marconis de Nègre e di John Yarker e, in caso
positivo, se abbiano in qualche modo conservato gli elementi originari al-
chemici del testo primevo.
Al 42° Grado della Scala di Marconis de Nègre troviamo uno “Cheva-
lier de l’Arc aux sept couleurs (Cavaliere dell’Arco dei sette colori)” che
corrisponde all’omonimo 41° Grado della Scala di Yarker, Knight of the
Arch of Seven Colours.
Tuttavia queste due versioni rituali si allontanano di molto dalla versio-
ne del Barone, in quanto dedicati alla illustrazione dei poteri benefici del
sole come elemento che consente la rigenerazione della natura.
Nella Scala del Mizraim di Venezia, che in qualche modo è figlio di
quello di Napoli, non poteva mancare questo grado, il quale, sotto identica
denominazione, figura in 68° posizione, subito dopo il Cavaliere Benefi-
cente della Città Santa.
Ma anche il rituale di Venezia si allontana molto dal testo di De Tschou-
dy, di cui non condivide segni, parole, toccamenti ed insegne, per cui siamo
portati a pensare che si tratti di una elaborazione alquanto profonda del
testo originario o di un quasi integrale rifacimento.

11 Si tratta chiaramente di un richiamo all’acrostico I.N.R.I. che è presente sin dal


secondo grado simbolico nel rituale di matrice egizia.
70 I Riti Egizi II

In generale possiamo quindi affermare che gli insegnamenti originari


del Grado di Cavaliere dell’Arcobaleno sono andati in un certo modo smar-
riti lungo i secoli e che è difficile di conseguenza trovare Regimi Egizi che
lo pratichino ai giorni nostri.
In questo grado il richiamo alchemico è molto spinto, perché la Loggia
dei Cavalieri dell’Arcobaleno è chiamata Laboratorio.
Le sue pareti sono decorate con drappi di colore nero e con sei colonne.
Al Nord tre sono dipinte la prima in grigio, la seconda in blu e la terza in
verde. Al Sud la prima è dipinta in bianco, la seconda in giallo e la terza
in rosso.12
Molto particolare è il quadro di Loggia, dove sono rappresentati un glo-
bo al di sopra del quale vi è un prisma che irraggia luce di sette colori. Il
globo è circondato dai sette pianeti, con Mercurio in alto e gli altri sparsi:
a destra Saturno, Marte e la Luna ed a sinistra Giove, Venere ed il Sole. In
basso al quadro vi sono delle fiamme.
In questo Grado – assoluta novità – il Libro della Legge Sacra è rappre-
sentato dai Versi Aurei di Pitagora, aperto all’ultimo capoverso: sul libro
della Legge, aperto sull’Altare coperto da un panno bianco, è posto un
maglietto con la testa rivolta verso l’Oriente.
Anche i nomi degli Ufficiali di Loggia si allontanano, come in prece-
denza, dalla tradizione muratoria classica: il Presidente del Laboratorio è
chiamato Gran Ricercatore13 14 mentre i due Sorveglianti sono chiamati
rispettivamente Primo e Secondo Ricercatore.
Gli altri Ufficiali occupano le tradizionali posizioni nella Loggia Simbo-
lica ma hanno alcune denominazioni differenti, che sono riprese da gradi
precedenti. Il Maestro delle Cerimonie è infatti qui chiamato Capitano del-
la Guardia mentre il Grande Esperto è chiamato Conduttore ed il Copri-
tore Gran Guardiano.

12 Siamo in presenza di una simbologia delle colonne identiche a quella del Firma-
mento del 52° Grado.
13 Il testo originale attribuisce al Presidente la denominazione di “Grand Specula-
teur”. Questo termine, nel francese moderno, ha assunto un significato partico-
lare, soprattutto in ambito finanziario. Il significato di questa parola nel francese
settecentesco era quello di soggetto dedito allo studio ed alla ricerca teorica ed
astratta o, appunto, speculativa. La traduzione più adatta ci è apparsa quindi quella
di Gran Ricercatore.
14 Nel Mizraim di Venezia il Presidente è chiamato Gran Dittatore ed i cavalieri
Dittatori. Questo termine deve essere ovviamente interpretato in senso positi-
vo secondo l’etimologia latino-romana, dove la carica di Dittatore costituiva una
magistratura straordinaria che veniva conferita in situazioni eccezionali per un
periodo strettamente limitato e non era in alcun caso rinnovabile o prorogabile.
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 71

In questo grado i lavori si aprono un momento prima della tempesta e si


chiudono quando il vento è cessato e la tempesta è passata.
Troviamo in questo grado infine una invocazione alquanto singolare per-
ché questa avviene in favore degli Elohim, ovvero di quelle entità descritte
nell’Antico Testamento che la vulgata traduce erroneamente con “dio” ma
che in realtà nessuno sa chi realmente fossero, perché il termine ebraico è
oggi intraducibile.
Dalla cerimonia di elevazione estraiamo questo breve brano che viene
recitato dal Gran Ricercatore in favore del Neofita con la descrizione del
quadro di loggia ed alcune spiegazioni in proposito.

GRAN RICERCATORE
Fratello, a tempo debito vi furono spiegate le relazioni tra pianeti ed Arcan-
geli ma ora, a questo punto del vostro percorso, si impone una spiegazione a
livello più alto poiché sta scritto ”Se vuoi comprendere gli Dei non hai altra
scelta che farti Dio anche tu, poiché solo il Simile può comprendere il Simile.
Inoltre solo l’Alto comprende il basso ma il basso non può comprendere l’Al-
to. “Dunque, Fratello, vogliate guardare con attenzione questo quadro (indica
l’Arcobaleno)”.
Il Rosso, Fratello mio, indica Marte. Le passioni, gli eroici Furori, come il
Grande Filosofo Martire, nostro fratello, li definiva, sono fondanti per l’Esse-
re Umano. Senza passione, Coraggio, Perseveranza, nessuno potrebbe essere
Iniziato.
L’Arancio è Sacro a Giunone, la Grande Madre. Generazione, nutrizione,
protezione, calore per i propri figli spirituali sono un obbligo per l’Iniziato.
Il Giallo è Apollo, il Dio del Sole Invitto. Esso ha sede nel cuore, come la
coscienza.
Verde è Venere ma noi intendiamo qui riferirci non già a Venere Callipigia
ma a Venere Urania, la Dea dell’Amore Celeste. Amore per la Divinità, anelito
alla fusione con essa, Amore indissolubile per Verità e Giustizia sono cose a cui
un Iniziato non potrà mai rinunciare.
Il Blu è Giove, il Padre degli Dei. Autorevolezza, Pazienza, Saggezza: por-
tate tali qualità in ogni atto della vostra esistenza.
L’Indaco è il colore di Minerva, Dea della Sapienza. Potete mai pensare
che un ignorante illetterato possa essere Iniziato? Versatevi alle Scienze ed ai
Misteri, indagate, comprendete, studiate: in caso contrario, cosa insegnereste
agli uomini?
Infine, Fratello riverito: il Viola, quale attributo di Saturno. Nero è il Suo
colore sul piano materiale ma su quello immateriale esso diviene Viola, colore
regale e sacerdotale per eccellenza.
E infatti: non è forse detta l’Età dell’Oro “Era di Saturno”? Non è forse nella
radice del suo Nome, “SAAT” l’indicazione dell’Essere? Trasformate la pietra
e il minerale, trasformate le ossa in carne e allora potrete chiamarvi Guida degli
Uomini.
72 I Riti Egizi II

I sette pianeti che vedete anche rappresentati sul Quadro di Loggia significa-
no le sette fasi dell’Opera. Il prisma dal quale escono differenti colori rappre-
senta invece il sale, lo zolfo ed il mercurio dei filosofi che, essendo già passati
per il regime di Mercurio e di Saturno, producono già in quello di Giove, con
l’aiuto di un fuoco costante che è rappresentato dalle fiamme che sono in basso,
tutti i colori dell’iride annunziati dagli adepti e così desiderati dagli aspiranti.
Preghiamo quindi il Grande Eloim di esserci propizio e di farci arrivare
felicemente alla meta desiderata.

Questo grado, come vedremo, avrà un suo seguito, o una seconda parte,
nel quale l’insegnamento alchemico qui iniziato verrà portato a vette molto
maggiori.

6) Chevalier d’Occident (Cavaliere d’Occidente);

Il Cavaliere d’Occidente è un grado che ha una genesi strana. Esso com-


pare nella Scala del Mizraim di Venezia in 47° posizione con questa esatta
denominazione ma, se si esamina il testo di questo grado, si vede che non è
altro che una riproduzione abbastanza fedele del 17° Grado del Rito di Perfe-
zione di Étienne Morin, ovvero il Cavaliere d’Oriente e d’Occidente, che è il
primo dei gradi ioanniti, dove il Tempio è la riunione degli Anziani e dove il
Neofita rompe i sette sigilli descritti nell’Apocalissi di Giovanni di Pathmos.15
Questo Grado, con la denominazione di Cavaliere Principe di Occiden-
te, compare in 19° posizione nella Scala del Rito di Memphis di Étienne
Marconis de Nègre descritta nel noto saggio del 1849 Le Sanctuaire de
Memphis16 subito dopo il Principe Rosa+Croce di Heredon.
Con la fusione dei Riti di Memphis e Mizraim, questo grado viene ab-
bandonato da John Yarker, quantomeno nella sua denominazione, ma non
si può escludere che nella creazione della scala esso abbia assunto una di-
versa denominazione, in quanto le tematiche ermetiche ed egizie di questo
grado appaiono troppo importanti per essere messe da parte.
Questo grado ha continuato tuttavia ad essere praticato dai regimi egizi
anglosassoni, sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti. Di questa elabo-
razione rituale, che ne ha fatto un grado dedicato all’arte della navigazio-
ne, sia dal punto di vista materiale che da quello esoterico, parleremo nel

15 Apis-Eleazar, I Riti Egizi, p. 212.


16 Le sanctuaire de Memphis ou Hermès. Développements complets des Mystères
Maçonniques, pubblicato nel 1849 e recentemente ristampato in Francia da
Hachette.
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 73

capitolo dedicato alla muratoria egizia anglosassone; qui invece vogliamo


esaminare il contenuto del testo di de Tschoudy per vedere se ed in quale
misura abbia ispirato la muratoria dei tempi a venire.
All’epoca di De Tschoudy troviamo i gradi di Cavaliere d’Occidente,
d’Oriente e di Oriente ed Occidente un po’ dappertutto. In questa fami-
glia di gradi un poco eteroclita, il grado del barone si apparenta alla sotto-
famiglia dei gradi apocalittici da cui verrà fuori più tardi il 17° Grado del
Rito di Perfezione nella sua versione la più praticata nell’ambito del Rito
Scozzese e di alcuni Riti Egizi, quella dei sette sigilli e dei sette anziani,
distaccata dall’altra sotto-famiglia, quella dei Gradi dell’esilio, completa-
mente vetero-testamentaria.
La versione di Morin del grado di Cavaliere d’Oriente e d’Occidente,
tradotta da Francken nel 1783 (e sulla quale ci siamo lungamente soffer-
mati nel nostro precedente lavoro) è cronologicamente vicina ma ulteriore:
tuttavia, nella confusione delle decine di gradi del genere, inseriti in ordi-
ni e giurisdizioni ben definite, non siamo assolutamente in grado di poter
affermare che sia stato il barone colui che per primo abbia costruito un
rituale su queste basi, lasciando quindi al lettore di trarre le sue personali
conclusioni.
Essendo il testo del barone estremamente prossimo a quello di Étienne
Morin, poi trasfuso nei vari regimi egizi del secolo XIX, ci limitiamo qui
ad alcune brevi osservazioni sulle peculiarità di questo testo.
L’apertura dei lavori è brevissima così come la chiusura mentre l’istru-
zione è estremamente diffusa, come in alcuni altri gradi del medesimo testo
(ed in particolare, come vedremo, del Vero Muratore). Per il resto la ceri-
monia di elevazione è abbastanza simile a quella del testo di Morin, con la
rottura dei sette sigilli ed il suono delle sette trombe dell’Apocalisse.
Più avanti, in un prossimo capitolo, riprenderemo questo grado nella sua
versione della muratoria egizia anglosassone.

7-8-9) Chevalier de l’Aigle Noire dit Rose+Croix (Cavaliere dell’Aquila


Nera detto Rosa+Croce)

Questo grado è, nel testo di De Tschoudy, diviso in tre parti distinte ma


reputiamo più consono farne una trattazione unitaria per ovvie ragioni.
Al di là di quelle che sono le decorazioni del Tempio o l’abbigliamento
dei Cavalieri, reputiamo che la cosa più interessante di questo trittico sia
lo sviluppo della ricezione di un candidato e su questo punteremo in par-
ticolare.
74 I Riti Egizi II

Nella prima parte La Loggia è chiamata Capitolo ed è completamente


coperta da tendaggi di colore nero. Le pareti sono ornate da dodici colonne
di marmo aventi capitelli dorati di ordine corinzio, poste ai quattro lati del
Tempio secondo questa disposizione:
- quattro al nord, su cui sono incise queste parole: Jehovah sulla pri-
ma, Emmanuel sulla seconda, il Tetragrammaton sulla terza e Jehah sulla
quarta.
- quattro al sud, su cui sono incise queste parole: Majoyah sulla prima,
Arpheton sulla seconda, Anarbona sulla terza e Erygion sulla quarta;
- due ad oriente: su quella verso nord è incisa la parola Agla e su quella
verso sud è incisa la parola Adonai (oppure Malesh);
- due ad occidente: su quella verso nord è incisa la parola Jefermon e su
quella verso sud è inciso Eloim.
Sulla parete di occidente, fra le due colonne, vi è una lastra di marmo
bianco con una cornice dorata. Sulla lastra è incisa la rosa mistica. Analoga
lastra è presente ad oriente su cui è incisa un aquila nera.
Il Capitolo è presieduto dal Cavaliere Gran Maestro, il Primo Sorve-
gliante è chiamato Cavaliere Gran Priore ed il Secondo Cavaliere Gran
Sorvegliante. Tutti i membri sono chiamati Cavalieri.
Nel centro del Tempio è presente un grande quadro di Loggia su cui
sono rappresentati rami di acacia sulla tomba di Hiram, una nube che scen-
de dal cielo a celare la tomba, nove candelieri che rappresentato i Nove
Maestri andati alla ricerca dell’Architetto, la Tomba del Maestro, il Sole e
la Luna, la Stella Fiammeggiante, un triangolo e l’Aquila Nera che restò
nove giorni alla guardia della tomba di Hiram.
La cerimonia di ricezione presenta alcuni particolari abbastanza inquie-
tanti: il candidato, completamente nudo con la sola eccezione di un grem-
biule insanguinato, veniva introdotto in una camera dalle pareti completa-
mente nere illuminata da una sola luce dove, se possibile, viene deposto un
vero cadavere (in assenza il morto sarà rimpiazzato da un membro della
loggia). Anche il cadavere è praticamente nudo ed insanguinato in molte
parti del corpo. Un aquila di cartone, appesa a dei fili, verrà fatta volare
lungo la stanza da persona incaricata di ciò.
L’introduzione in questa camera era preceduta da un soggiorno di alcune
ore in una camera di riflessione dove vi era solo una tavola con un lume sopra.
Il passaggio del neofita – bendato – dalla camera di riflessione alla ca-
mera oscura avviene con alcuni movimenti teatrali che culminano nel suo
abbandono nella stanza solo con il cadavere e con l’aquila che svolazza.
A questo soggiorno, dopo altri “effettacci speciali” il candidato viene
introdotto nel Tempio e gli viene fatta prestare l’obbligazione.
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 75

L’istruzione di questo grado richiama la morte di Hiram, la ricerca del


suo cadavere ed alcune nozioni qabbalistiche appena accennate.
Dell’istruzione possiamo riportare quello che viene descritto come si-
gnificato dell’Aquila Nera: essa rappresenta l’Aquila che vegliò sulla fossa
del Maestro Hiram per evitare che qualche predatore scavasse la fossa e si
nutrisse dei resti dell’Architetto.
Possiamo quindi concludere che questa prima parte è in qualche modo
una versione rituale che rievoca gli episodi luttuosi descritti nei più antichi
testi del grado di Maestro.
Nella seconda parte la decorazione della Loggia è quasi identica a quella
della prima. Le colonne sono però ridotte a 10, tre a nord, tre a sud e due
ad oriente e ad occidente.
Cambiano anche le scritte, nel senso che sulle colonne poste sul lato
destro del Tempio troviamo i nomi di alcuni pianeti e su quelle poste sul
lato sinistro nomi di divinità, come Iside o Zoroastro, o di città, come
Damasco e Eleusi. Sopra il baldacchino figurano tre grandi lettere, F, R e
C ricamate sopra un aquila dorata.
La cerimonia di ricezione è molto più semplice e soprattutto non preve-
de gli effetti di cui alla prima parte: il neofita viene sottoposto ad una sorta
di breve prova del fuoco prima di prestare la sua obbligazione.
Va rimarcato il fatto come il Neofita, che ancora una volta viene intro-
dotto bendato nel Tempio, viene invitato a fare un passo da apprendista,
uno da compagno e uno da maestro.
Nell’istruzione di questo secondo grado dell’Aquila Nera viene prima
di tutto spiegato che le lettere sul baldacchino stanno a significare Fratello
della Rosa+Croce.
Anche in questo caso siamo in presenza di una lunga istruzione, questa
volta di natura alchemica dedicata alle proprietà dei metalli.
Nella terza parte, dove il Tempio è sempre decorato con tendaggi neri, le
colonne tornano ad essere dodici, due all’oriente ed all’occidente e quattro
al sud ed al nord.
Su ciascuna delle colonne è presente un cartiglio con le lettere iniziali
dei mesi dell’anno ed i segni dello zodiaco, con accanto nomi che fanno
riferimento al segno medesimo, come Jehowah per l’ariete o Elohim per il
capricorno.
Il Capitolo è presieduto dal Sovrano Gran Maestro.
Per essere ammessi a questo terzo Grado Rosa+Croce occorre dimostra-
re di avere una preparazione ed istruzione perfetta ed aver conseguito tutti
i gradi precedenti della scala alchemica.
76 I Riti Egizi II

La Cerimonia si apre, dopo l’esame di rito, con un discorso filosofico


rivolto al Candidato, dopo di che questi viene condotto nella camera di
riflessione.
La cerimonia di elevazione è preceduta da un discorso di natura morale
che viene fatto al Neofita prima che venga nuovamente introdotto nella
Camera di Riflessione.
Dopo un lungo soggiorno colà, il Neofita viene ancora una volta bendato
dal Preparatore (il Grande Esperto) e condotto in una camera dove giace
su un tavolo un cavaliere pressoché nudo: il neofita, sempre bendato, deve
rivoltarne il corpo e poi viene condotto fuori dalla stanza. Il corpo del ca-
valiere viene allora sostituito con un cuore di pecora o di bue, un teschio
ed una lampada ad olio. A questo punto viene chiesto al Neofita se ha il
coraggio di proseguire la prova: alla sua risposta affermativa viene armato
di pugnale, viene introdotto di nuovo nella stanza, gli si guida la mano sul
cuore e lo si invita a colpire.
Dopo di ciò viene chiesto dal Preparatore al candidato se ha compre-
so quello che ha fatto ed ovviamente la risposta è quella di aver colpito
qualcosa, che non se ne pente e che lo rifarebbe. Allora il candidato viene
sbendato e vede quello che ha fatto.
Il Preparatore lo invita a prendere il cuore e di presentarlo al Capitolo.
Il Candidato viene allora introdotto nel Tempio dove gli viene fatta fare
la marcia dei quattro elementi, che consiste nell’attraversare il tempio lun-
go i quattro punti cardinali.
Il Neofita viene infine presentato nel Capitolo e quindi ammesso nel suo
seno dopo un ultimo sermone a carattere morale.
Da questo breve sunto del contenuto della triplice cerimonia di inizia-
zione possiamo prima di tutto affermare che questi Gradi hanno punti di
contatto con i primi tre gradi simbolici nelle loro versioni più antiche,
quando nel grado di Maestro veniva sviluppata l’intera leggenda di Hiram,
dalla sua morte sino alla vendetta ed al suo solenne funerale.
Le nostre conclusioni sono che questi testi mantengono intatti dopo
tre secoli intatti il loro fascino ed anche se in alcuni punti sono del tutto
incomprensibili, restano comunque una pietra miliare nella storia della
massoneria alchemica che è alla base dei regimi egizi degni di questo
nome.
Questo anche se questo triplice grado è molto differente e lontano da
quello, originario del Rito di Perfezione, è stato poi adottato sia dai Re-
gimi Egizi che dal Rito Scozzese come Cavaliere Rosa+Croce, Cavaliere
dell’Aquila e del Pellicano e praticato ancora oggi sotto diverse forme.
Dal discorso finale dell’Oratore abbiamo tratto queste poche righe:
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 77

… dall’occidente passiamo all’oriente, fratello mio. Voi vi vedete raffigu-


rata la grande aquila nera, il re degli animali dell’aria, il solo che possa fissare
l’astro radioso. La materia della natura non ha forma: è la forma che sviluppa
il colore. Il nero è la materia dei nostri lavori. Essa cambia colore? Ecco che
prende una nuova forma ed un sole più brillante ne uscirà.
Ma, fratello mio, la nascita del sole è annunziata dalla stella del mattino. È
quello che rappresenta la Stella Fiammeggiante per il rosseggiare che già co-
noscete. Essa è accompagnata nella sua corsa dalla freschezza argentina della
Luna. Seguitemi, per favore, nello spazio immenso che abbraccia il piano della
nostra Loggia. Voi ci scoprirete degli strumenti che avete già preso in mano nei
gradi precedenti… (…).
Con questi strumenti voi costruirete il grande altare sul quale brucerà il fuo-
co preso dal cielo, ed il gran bacino vi servirà per purificarvi le mani ed il corpo
e tutto ciò che toccherete per operare fruttuosamente. (…).

Ci stiamo incamminando a grandi passi verso il compimento della Gran-


de Opera.

10) Vrai Maçon ou Chevalier de l’Iris (2) (Vero Muratore o Cavaliere


dell’Iride o dell’Arcobaleno (2);

Questo decimo Grado della scala del Barone è una sorta di seconda parte
del precedente Cavaliere dell’Arcobaleno, dove la Loggia era costituita
da un laboratorio alchemico presieduto dal “Grand Spéculateur”; questa
seconda parte, porta la denominazione di “Vero Muratore” e come sotto-
denominazione “Cavaliere dell’Arcobaleno” (2): questa seconda Loggia
è chiamata Accademia, è presieduta da un Saggissimo Maestro ed i suoi
componenti sono chiamati Saggi Accademici.
Questa seconda parte del Cavaliere dell’Arcobaleno è qualcosa di unico
sul versante dei Riti Egizi, perché non risulta essere praticata da alcuna
comunione iniziatica e non è richiamata in alcuna delle Scale Iniziatiche
tradizionali Egizie.
Il Vero Massone non è infatti presente nella scala del Mizraim di Ve-
nezia, dove sono presenti, sia pure con rimaneggiamenti, diversi dei gradi
alchemici di De Tschoudy e non compare neppure del Rito di Memphis di
Etienne Marconis de Nègre.
Anche John Yarker, che pure ha inserito nella sua scala il Cavaliere
dell’Arco dei Sette Colori (41° Grado della sua scala a 95/97 Gradi), non
ha preso in alcuna considerazione questo testo.
Siamo portati a pensare che questo rituale sia stato in qualche modo
abbandonato o andato perduto, tanto più che, come sappiamo, sino a poco
78 I Riti Egizi II

tempo fa i testi di De Tschoudy erano ignoti ai più e la loro prima pubbli-


cazione, sotto forma di riproduzione anastatica del manoscritto attribuito al
barone, risale alla fine del secolo XX.
Il testo di questo grado brilla particolarmente per un’istruzione alche-
mica rivolta al Neofita che merita di essere particolarmente esaminata e
studiata, in quanto si tratta di un vero unicum nel panorama dei rituali dei
Regimi di matrice egizia e di ispirazione alchemica. Riprendiamo quindi
un passo del rituale di elevazione, subito dopo che il Neofita ha prestato la
sua obbligazione:

Saggio Accademico, la scienza alla quale siete stato appena iniziato con
il conferimento del grado di Vero Muratore è la più antica. Dio l’ha creata
ordinando il Caos. Essa è la più universale, tutte le altre derivano da lei i loro
principi. Essa è la più necessaria, senza di lei l’uomo non sarebbe che tenebre,
infermità e miseria. Essa emana dalla natura, o piuttosto è la natura stessa per-
fezionata dall’arte. Essa è fondata sull’esperienza. In ogni secolo essa ha avuto
i suoi adepti e se ai nostri giorni una folla di filosofi consuma inutilmente il
suo tempo, i suoi beni, il suo lavoro ed il suo tempo, costoro sono ben lontani
dall’imitare la nobile semplicità che la caratterizza. Ed invece di seguire la via
diretta che essa traccia, questi la caricano di aspetti che le sono alieni e si per-
dono nel labirinto dove una folle immaginazione li incita.
Da ciò gli insulti provocanti di questi profani che, senza rispetto per Dio,
senza sguardo sulla natura e senza stima per l’arte, deridono i nostri più sacri
misteri. Da ciò le satire grossolane di questi ignoranti che, troppo appesantiti
dai loro sensi per elevarsi alla sublimità delle nostre conoscenze, bestemmiano
su tutto ciò che non arrivano a comprendere. Da ciò la ridicola affettazione di
questi indolenti, a meno che uno spirito abile ed una mano laboriosa non fac-
ciano per loro le spese della scoperta e del lavoro.
Disprezzando tutto quello che non hanno la forza di immaginare ed il corag-
gio di mettere in atto, essi non trovano di meglio che scrivere libelli ingiuriosi,
osando, con un’arditezza colma di mala fede, mettere la verità della scienza
ermetica al livello delle invenzioni umane e delle superstizioni popolari, senza
altro motivo che la voglia di infirmare l’autenticità, pur nell’impossibilità di
distruggerne la testimonianza.17
Abbandonando a sé stessi questi figli delle tenebre e lasciando che si puni-
scano da soli per loro idee vane ed inconcludenti, noi veri figli della Luce e sin-
ceri amici dell’umanità che vediamo in questi insegnamenti e nella loro pratica,
gustiamo a lungo le dolcezze che ci presentano. Godiamo con riconoscenza
dei vantaggi che ci procurano e, animati da un sano trasporto, non cessiamo
di esaltare l’onnipotenza della misericordia infinita di Dio che si compiace di
umiliare i grandi ed esaltare gli umili.

17 In questo paragrafo il testo originale presenta delle parole incomprensibili. Abbia-


mo cercato di restituire al meglio il senso del discorso.
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 79

Non aspettatevi, però, saggio Accademico, che da parte nostra vi si spianino


tutti gli ostacoli; questo sarebbe fare un torto alla vostra sagacità.
Noi piuttosto ci dedicheremo a regolare i vostri studi, indicandovi le fonti
alle quali dovrete abbeverarvi. Noi vi mostreremo la strada maestra che dovrete
seguire. Non mi resta più che esortarvi a camminare sulle orme del grand’uomo
la cui presenza ci fu così cara ed utile ed il cui ricordo sarà sempre vivo in noi.
I suoi talenti e la sua capacità gli fecero acquisire la nostra dedizione ed i nostri
elogi. La sua perdita provocherà sempre i nostri rimpianti e lacrime.
Possa il Supremo Architetto dei Mondi gettare su di voi un sguardo benevo-
lo. E farvi marciare con pazienza e perseveranza nella penosa ma sapiente car-
riera che andrete a percorrere. E lì che gli auguri che formula per voi l’augusta
Accademia la quale si felicita di avervi con lei e vi osserverà sempre come uno
dei suoi più cari figli.

Un’altra caratteristica di questo Grado, che presenta un quadro di loggia


quanto mai complesso e ricco di simboli su cui meditare, è il dialogo di istru-
zione nel Neofita che si stende per pagine e pagine dense di richiami alche-
mici e qabbalistici che sono del tutto alieni alla Muratoria dei giorni nostri.
Per ovvie ragioni non possiamo riprendere quegli insegnamenti che
sono riservati solo a pochi iniziati ma al tempo stesso ci è consentito levare
un poco il velo su quello che in un certo senso il motivo di fondo del grado
riprendendo dal testo la descrizione dei paramenti:

Il gioiello è la rappresentazione del mercurio, dello zolfo e del sale. I colori


e del nastro e dei guanti rappresentano i tre principali colori che appaiono nel
regime. La croce che è sulla bavetta del grembiule rappresenta la Luce. Le due
lettere che sono di lato alla croce indicano il Vero Massone. Il sole al centro
rappresenta l’oro, mentre le lettere ai lati del grembiule significano Deus Creat,
Natura Producit, Ars Multiplicat, ovvero Dio Crea, la Natura Produce e l’Arte
Moltiplica.18
Infine il colore rosso papavero del bordo del grembiule rappresenta la per-
fezione della pietra filosofale come il nero designa la putrefazione ed il bianco
la sublimazione.

E concludiamo questo excursus sul grado di Vero Muratore evidenzian-


do che qui ci viene insegnato che i lavori dell’Accademia iniziano a qualsi-
asi ora ed in qualsiasi momento perché “la Grande Opera si può cominciare
in ogni tempo e stagione”.

18 Nella realtà questa ultima parte del paragrafo relativa al significato delle lettere
manca nel testo originale che recita solo “abbiamo già spiegato le lettere”. La
glossa è stata quindi introdotta da noi per dare senso compiuto alla spiegazione
del grembiule.
80 I Riti Egizi II

11) Instruction pour faire le Grand Œuvre (Istruzione per fare la Gran-
de Opera)

Quello che viene chiamato 11° Grado non è in realtà un grado ma solo
una dettagliata istruzione su come eseguire la Grande Opera Alchemica.
Siamo in presenza di un testo minuzioso che si prolunga per molte pagi-
ne e di cui possiamo riportare un breve estratto iniziale e finale:

Prendete questa madre universale dei bambini e della natura tale e quale i
semplici e volgari artigiani l’hanno estratta dalla terra vergine per la loro arte
meccanica e grezza. Filtratela bene per averla la più pura e chiara possibile.
Mettetela in un vaso di terra ben verniciato, attorno al quale preparerete un
piccolo fuoco per far lentamente bollire ed evaporare la materia, facendola
schiumare incessantemente e facendo attenzione alle eccessive ebollizioni qua-
lora il fuoco non fosse correttamente moderato. Continuate a far evaporare con
piccole bolliture sino a che il vaso non schiumi di bollitura incessantemente.
Mettete poi la materia in un vaso più piccolo e continuate a far evaporare e
schiumare sino a che sia tutto secco.
Quando la materia sarà evaporata sino a seccare resterà sul fondo un sale
che voi prenderete ancora caldo e ridurrete in polvere, prima che l’umidità
dell’aria l’abbia reso madido. (…)
Un solo grano preso in costanza di malattia guarirà radicalmente e prolunga
la vita sino a che la natura umana lo permetta.

Così viene realizzato l’elisir di lunga vita. Chi dispone del testo integrale
del manoscritto può provare a realizzare l’opera alchemica descritta dal
barone.

12) Chevalier des Argonautes & de la Toison d’Or (Cavaliere degli Ar-
gonauti & del Vello d’Oro).

Il Grado di Cavaliere degli Argonauti e del Vello d’Oro fa parte della


Scala del Rito di Memphis di Étienne Marconis de Nègre e si trova in 80°
Posizione con la denominazione di Cavaliere del Vello d’Oro.
Questo grado non lo si trova invece nel Scala di Memphis a 95 gradi
elaborata da John Yarker,19 il quale in questa posizione ha inserito il grado

19 Come vedremo, John Yarker ha effettuato una profonda elaborazione della Scala e
dei rituali del Rito di Memphis, con il risultato che molti gradi sono stati sostituiti
e di altri i testi sono stati in un certo modo amputati o modificati per una pratica
più agevole. Inoltre Yarker ha creato una scala egizia ridotta a soli 33 Gradi dove
vengono praticati solo una parte dei gradi presenti nella scala completa a 95 gradi.
Théodore de Tschoudy ed i Gradi Alchemici 81

di Sublime Eletto della Valle di Mazias, grado che non è reperibile in al-
cun’altra scala iniziatica egizia fra quelle note.
Ma questo grado è stato mutuato da Étienne Marconis de Nègre proprio
dall’opera di Henry Théodore de Tschoudy, che con esso chiude la sua
scala dei cosiddetti gradi alchemici.
Nel testo del barone, proprio come nel 14° Grado dell’Antica Maestran-
za, troviamo la dicitura “Nec plus ultra” a significare che si era arrivati al
vertice della piramide iniziatica.
Contrariamente a quello che ci potrebbe aspettare per qualcosa che si
trova a fungere da pietra angolare del sistema, questo è un grado di guerra,
cosa non comune in un rito muratorio, dove abbondano i testi di istruzione
o dove il combattimento, come nel Cavaliere d’Oriente o della Spada, è in
chiave difensiva: per questo motivo troviamo delle denominazioni incon-
suete sia per le Camere (Consigli di Guerra) che per i membri delle stesse
(Valenti Generali) ed il suo Presidente (Valentissimo Generale).
Anche la cerimonia di ricezione è singolare, nel senso che essa viene
sdoppiata in due, con l’elevazione prima a Cavaliere degli Argonauti e poi,
in un’altra sala del Consiglio, a Cavaliere del Vello d’Oro.
Non tragga comunque in inganno l’ambientazione ispirata al mito di
Giasone e degli Argonauti. Dietro la mitologia, in questo caso greca, come
spesso accade nei rituali muratori settecenteschi, si nascondono messaggi
che l’esegeta deve interpretare attraverso le chiavi che gli sono state date
lungo il suo percorso iniziatico.
In questo Grado il Tempio dove si riuniscono i Cavalieri degli Argonauti
e del Vello d’Oro è diviso in due “sale”; il loro Consesso si chiama “Con-
siglio di Guerra”.
La prima sala del Consiglio di Guerra, quella degli Argonauti, è identica
a quella del Tempio o Accademia del Vero Muratore e rappresenta il Consi-
glio, che si tenne in Tessaglia, dove venne deciso di partire per la Colchide
alla ricerca del Vello d’Oro.
La seconda sala del Consiglio di Guerra, quella dei Cavalieri del Vello d’O-
ro, rappresenta invece la nave degli Argonauti in viaggio verso la Colchide.
Solo nella seconda sala è presente il quadro di loggia la cui descrizione
e spiegazione viene effettuata dall’Oratore durante la seconda parte della
cerimonia di elevazione.
I lavori ordinari, per la duplice natura del grado, si svolgono sempre
nelle due sale: nella prima i lavori vengono aperti e poi ci si sposta nella
seconda dove questi proseguono e quindi si chiudono.
La prima parte della Cerimonia di elevazione, quella del consiglio degli
Argonauti, dove il Neofita riceve il titolo di Argonauta, è abbastanza di-
82 I Riti Egizi II

dascalica ed è ricca di riferimenti alla mitologia greca nell’istruzione, ma,


tutto sommato non presenta particolarità di sorta.
La seconda, invece, quando il Neofita è proclamato Cavaliere del Vello
d’Oro, pur riproponendo elementi mitologici della Nave di Giasone, ri-
prende le tematiche alchemiche dei gradi precedenti. Dice ad un certo pun-
to il Grande Esperto:

“La materia si chiama zolfo e mercurio animato, ovvero amici dei loro pro-
pri sali. Il fuoco si chiama acqua ignea dove, dissolvendo dello zolfo e del
mercurio, da questa dissoluzione è generato il bimbo filosofico, il quale, nutrito
sette volte, del proprio sangue, giungerà in dieci mesi alla pienezza dell’età
perfetta e potrà allora comunicare la sua perfezione ai suoi fratelli imperfetti,
usciti dal ventre della medesima madre.”

E poi l’Oratore nel descrivere il quadro di Loggia:

Il quadro offre prima di tutto la visione del mare di bronzo mercuriale, emble-
ma del mare filosofico, dal quale, per mezzo della mazza di Ercole e della spada
di Giasone, vale a dire degli strumenti della natura e dell’arte, si debbono, dal
sole e dalla luna, estrarre i tre elementi principali: zolfo, mercurio e sale, rappre-
sentati dai tre gradini, e riunirli nella pietra cubica, per essere poi, per mezzo del
fuoco elementare naturale e soprannaturale del candelabro a tre luci, divisi ne-
gli alambicchi, rappresentati dalle colonne d’Ercole in fumo rosso e bianco, per
produrre attraverso la croce, ovvero i quattro elementi molto purificati, il vello
d’oro che è al centro della croce. Io voglio dire cioè: la polvere di proiezione, e
meritare per mezzo di lei la corona di immortalità rappresentata dalla corona di
alloro cui ogni buon artista deve ambire come il nec plus ultra dell’Arte Reale
che noi abbiamo raggiunto grazie ai nostri combattimenti ed alle nostre vittorie.20

Possiamo quindi trarre brevi conclusioni sull’intera opera di De Tschoudy:


il sistema da lui descritto nel manoscritto a noi pervenuto è una sorta di summa
dell’opera dell’alchimista che deve giungere al suo perfezionamento ed alla
sua re-integrazione. Egli è partito come materia bruta da calcinare per giungere
a fare di sé stesso la propria pietra filosofale, rappresentata dal Vello d’Oro.

20 La traduzione di questo brano è stata la più rigorosa e fedele possibile ma è evidente


che il suo significato resta non facilmente comprensibile ed evidentemente
sottende messaggi di natura alchemica riservati ai soli iniziati a questo grado.
Il quadro di Loggia dei Cavalieri del Sole tratto dal manuale di Vuillaume.
Pagina del manoscritto di De Tschoudy.
Quadro di Loggia del Cavaliere dell’Arcobaleno.
Ipotesi del grembiule del Vero Muratore o Cavaliere dell’Arcobaleno (2).

Simbolo del grado di Vero Muratore.


Il Tempio Alchemico del Vero Muratore.
Quadro di Loggia del Vero Muratore
CAPITOLO III
CAGLIOSTRO, IL SISTEMA EGIZIANO
E IL MIZRAIM DI VENEZIA

Se volessimo davvero avventurarci in un approfondito ritratto di colui che


è stato, senza dubbio, uno dei personaggi più misteriosi e controversi della
storia, dovremmo, necessariamente dedicargli tutto questo libro e non un
semplice paragrafo. Del resto su Cagliostro è stato scritto e detto tutto ed il
contrario di tutto e sono stati fatti anche dei film su di lui di cui uno, molto
bello “Io sono Cagliostro” con la regia di Pier Carpi. È oltremodo scorag-
giante che la maggior parte degli stessi autori di opere su Cagliostro e la
massoneria egiziana, nonché la quasi totalità degli stessi massoni, continuino
ad identificare il conte Alessandro Cagliostro con l’avventuriero palermitano
Giuseppe Balsamo, cadendo in pieno nella trappola ordita dal S. Uffizio che
voleva proprio squalificare il Gran Cofto1 approfittando di una certa sua vaga
somiglianza con un piccolo imbroglioncello che girava l’Europa in cerca di
espedienti, appunto il Balsamo ed identificando mendacemente costui con
quel Grande Iniziato che fu, appunto, Alessandro Cagliostro.
Eppure il già citato Marc Haven (al secolo Emmanuel Lalande), ami-
co di Papus e genero di Maitre Philippe, Membro del Primo Supremo
Consiglio dell’Ordine Martinista e Gran Conservatore del Rito di Mem-
phis e Misraim di Francia, nella sua già citata opera Le maitre inconnu,
Cagliostro tradotto in italiano nel 2004 dalla casa editrice CambiaMenti
di Bologna, dimostra in modo inequivocabile che si trattava di due di-
verse persone. L’aspetto fisico, il portamento, il linguaggio (Cagliostro
parlava correntemente sei o sette lingue anche se non era un campio-

1 È noto che l’appellativo di Gran Cofto attribuito a Cagliostro sia frutto di un


errore, dovendosi leggere Gran Copto, ovvero Grande Egiziano. L’errore deriva
dal fatto che Cagliostro aveva poca dimestichezza con la lingua francese scritta, e
quindi aveva inserito nella parola una h, non facendo caso al fatto che scrivendo
“Cophte” (“Cophto”), la parola si sarebbe letta in francese “Cofto”. Nei testi che
riportano i rituali di Cagliostro, dove i lavori si aprono in suo nome, si trova
generalmente la corretta dizione Gran Copto. L’aggettivo Copto deriva dalla
pronunzia della parola greca Egyptos (Εγψπτοσ), che si è corrotta nel tempo.
90 I Riti Egizi II

ne di scrittura, Balsamo si esprimeva in un discreto italiano ma in un


francese pessimo) differivano profondamente: l’unica cosa in comune,
malauguratamente, era il cognome delle rispettive mogli, Feliciani, en-
trambe romane ma non parenti e che avevano nomi diversi: Serafina era
infatti la moglie del conte mentre Elisabetta era il nome della consorte
del Balsamo.
Diversa era inoltre la nazionalità dei due in quanto Cagliostro non era
italiano bensì portoghese anche se nato a Medina ove il padre era amba-
sciatore del re di Portogallo. Come vedremo, in questo malaugurato equi-
voco di confusione di identità giocarono un ruolo fondamentale, oltre ai li-
belli della santa inquisizione, in primis l’ignobile Compendio di monsignor
Barbieri, due grandi scrittori quali Goethe e Dumas che, per motivi che
analizzeremo, presero per buona tale menzogna e la diffusero con le loro
opere. Su questo torneremo, ma per il momento ci preme analizzare i rap-
porti di Cagliostro con il Mizraim di Napoli e con la cerchia dei Discepoli
del Principe di Sansevero. In diverse occasioni Cagliostro ha dichiarato di
avere avuto un Maestro chiamato Althotas, da lui conosciuto in Oriente e
di essergli debitore di gran parte della sua sapienza.
Ruggero di Castiglione, autorevole studioso della massoneria, nel suo
bel libro Il Maestro di Cagliostro, Luigi d’Aquino ci chiarisce il mistero del
nome Altothas che altro non sarebbe che Aquino Luigi Thot Alto Sacerdo-
te, le cui iniziali, che abbiamo evidenziato in grassetto, formano appunto
la parola Altothas!
Del resto è nota la passione di Raimondo di Sangro e della cerchia dei
suoi discepoli per gli acrostici e gli anagrammi! La maggior parte dei bio-
grafi di Cagliostro, tra i quali citiamo, oltre al già menzionato Ruggero
di Castiglione, anche due grandi iniziati del calibro di Gastone Ventura e
Carlo Gentile, concordano sul fatto che Cagliostro, in almeno tre diverse
occasioni, soggiornò per un discreto tempo a Napoli: la prima volta fu nel
1767 ed in quella occasione il futuro Gran Cofto venne iniziato da Don
Raimondo alla libera muratoria egizia del Mizraim. Egli mantenne sempre
rapporti stretti anche con la Loggia “La Perfetta Unione” tanto è vero che,
quando venne arrestato dall’inquisizione a Roma gli vennero sequestrate
alcune lettere a lui indirizzate da alcuni fratelli di quella Loggia. Fu proprio
grazie a ciò che il conte venne ricevuto con grande calore in Germania,
ove si recò dopo la partenza da Napoli, nella cerchia dei Rosacroce d’Oro
ed in quella della massoneria neo templare: con tali ambienti, infatti, il
Principe di Sansevero, discepolo di Saint-Germain, era in stretto contatto.
Cagliostro tornò a Napoli tra il 1774 ed il 1775, ovvero dopo la morte di
Don Raimondo, sempre in compagnia del Cavalier d’Aquino e rinsaldò i
Cagliostro, il Sistema Egiziano e il Mizraim di Venezia 91

propri legami di amicizia con Vincenzo di Sangro e con gli altri membri
della Perfetta Unione e del Mizraim. Da Napoli fu costretto ad allontanarsi
alla fine del mese di settembre del 1775 a causa dell’emanazione, il 12
dello stesso mese, di un decreto reale, a firma del sovrano Ferdinando IV,
ove veniva nuovamente duramente condannata la massoneria come setta
eretica e sovversiva. Se i nobili napoletani Luigi d’Aquino e Vincenzo di
Sangro non rischiavano molto, data la loro appartenenza a famiglie molto
legate alla casa reale dei Borboni, lo straniero Cagliostro, come qualche
anno prima, lo straniero de Tschoudy, era invece ad alto rischio e dunque
Luigi d’Aquino, nuovo capo della massoneria egizia, decise di mandarlo a
Marsiglia, ove venne ricevuto con molto affetto dalla Loggia Madre Scoz-
zese (della quale “Althotas” era membro).
Come era accaduto nel caso del barone de Tschoudy, i membri del
Mizraim approfittarono della necessità contingente per “esportare” il Rito
Egizio all’estero.
Da quel momento infatti Cagliostro fondò il proprio Rito Egiziano,
collegato strettamente con il Mizraim di Napoli, aprendo Logge a Lione,
Parigi, Bordeaux, Marsiglia ed in Inghilterra. Cagliostro ritornò a Napoli
per l’ultima volta nel 1783 allo scopo di rivedere il suo maestro, Luigi
d’Aquino, gravemente ammalato e di raccoglierne l’eredità iniziatica. Il
Cavalier d’Aquino si spense il 22 settembre 1783: cinque giorni dopo, il
27 settembre, Cagliostro lasciò Napoli dove non avrebbe più fatto ritorno.
L’essenza del “Sistema Egiziano” di Cagliostro e la sua evidente analogia,
o meglio, totale similitudine, con il Mizraim di Napoli può essere colta dal
seguente brano dell’opera di Haven citata in precedenza:

Alla scuola ove egli s’era formato aveva appreso che niente è isolato nella
natura, che ogni essere ha dei legami che l’uniscono intimamente al centro;
che nella serie dei fatti che formano una catena ininterrotta, ogni atto deve
prima compiersi nel mondo spirituale prima di realizzarsi in quello materiale.
Ciò che è in alto è come ciò che è in basso. Colui che veramente conosce la
natura deve dunque guardare in alto ed in basso, penetrare nel mondo dello
spirito come in quello della materia. Ogni medicina e la chimica per le proprie
dissoluzioni (solve) e composizioni (coagula) deve poggiare su questa cono-
scenza della vita. La scienza dà ogni potere, ma per possederla e prima stesso
di possederla per esserne giudicato degno, occorre essere rigenerato fisica-
mente e moralmente. Cagliostro lasciava comprendere così che delle prove,
una iniziazione graduale deve preparare l’uomo al grado d’evoluzione che
doveva raggiungere; questa avrebbe dovuto essere l’opera della massoneria
e lo sarebbe stato certamente se essa seguiva il rito egizio puro e primitivo.
92 I Riti Egizi II

Fino al giorno del suo arresto per ordine dell’inquisizione, avvenuto a


Roma il 27 dicembre 1789, il Gran Cofto, questo è il nome con il quale
veniva appellato dagli affiliati alla massoneria egiziana (vedi nota 1), girò
l’Europa in lungo ed in largo accompagnato da grandi manifestazioni di
affetto e di ammirazione ma, contemporaneamente, da ostracismo e perse-
cuzioni che lo costrinsero, puntualmente, ad abbandonare i Paesi dove si
era stabilito. Del resto tutti coloro che sono realmente portatori di profondi
contenuti spirituali vengono avversati dai potenti e dai mediocri, da coloro,
insomma, che temono i cambiamenti e che rifiutano di aprirsi allo Spirito.
La libera muratoria era, allora come adesso, per la maggior parte dei suoi
membri, nulla di più che un grazioso gioco di società, un palcoscenico ove,
rivestendosi di altisonanti titoli quali “Potentissimo”, “Saggissimo”, “Re-
verendissimo”, etc., deboli e mediocri si illudevano di essere importanti.
Ma diamo la parola allo stesso Cagliostro, il quale, in una delle sue allo-
cuzioni che ci sono state tramandate (nel caso di specie riportata da Marc
Haven nella biografia dedicata al “Gran Cofto” afferma:

La massoneria ordinaria è una strada pericolosa che conduce all’ateismo,io ho


voluto salvare i massoni da questo pericolo e condurli, finché vi era ancora tem-
po, attraverso un nuovo rito, alla credenza in Dio e nell’immortalità dell’anima.
Io creo che l’uomo, creato a immagine di Dio, può, attraverso la sua protezione
speciale, giungere alla conoscenza e al dominio degli spiriti, i quali, da parte loro,
procedono da un’altra modalità di creazione, poiché Gesù, prima della sua morte,
ci ha lasciato e donato la visione beatifica come di ciò testimoniano le sue proprie
parole: “Ego claritatem quam dedisti mihi dedi eis”. Ma nulla può essere fatto che
attraverso la grazia di Dio, grazia che Egli dispensa a chi piace a lui, e che, uomini
di fede, essi soltanto, di buona volontà e che praticano la carità possono sperare di
ottenere. Questi sono il fine, i principi, i Riti della massoneria egiziana.

I poveri di spirito possono illudersi di compiere un autentico cammino ini-


ziatico che è in realtà tale solo nelle loro fantasie. Chi conosce bene la libera
muratoria (e soprattutto i massoni, occorrerebbe precisare) sa quanto la più
grande parte di essa sia lontanissima da una reale dimensione iniziatica. Il
fondamento magico-teurgico della libera muratoria egiziana, la sua REALE
operatività, mirante ad una autentica rigenerazione e reintegrazione dell’es-
sere umano, non poteva che spaventare o essere avversata per l’incapaci-
tà della maggior parte degli stessi massoni di comprenderne i fondamenti.
Così, all’opposto, la patetica contraffazione che di questo grande strumento
iniziatico è stata effettuata progressivamente a partire dal XIX secolo per
poi culminare ai giorni nostri con autentiche carnevalate inscenate da veri
e propri truffatori, non può, in definitiva, che tranquillizzare tutti coloro che
Cagliostro, il Sistema Egiziano e il Mizraim di Venezia 93

desiderano continuare a dormire e, soprattutto, è assai gradita a coloro che


hanno interesse a mantenere l’umanità in uno stato di ottundimento mentale.
Come acutamente osservano Marc Haven, Pericle Maruzzi e Carlo Gen-
tile, se la massoneria avesse accolto pienamente il messaggio di Cagliostro,
messaggio che, come abbiamo visto, proveniva da quel centro iniziatico del
Mizraim di Napoli di cui il Gran Cofto faceva parte, o meglio, ne era divenu-
to la guida dopo la morte di Luigi d’Aquino, ben diversa sarebbe stata la sua
evoluzione e, di conseguenza, forse ben diversa sarebbe stata la storia dell’u-
manità. Gli spiriti più evoluti delle varie comunioni massoniche cercarono,
a dire il vero, di collaborare con lui: così, ad esempio, Savallette de Langes,
Gran Maestro dell’Ordine dei Filaleti (che aveva accolto l’eredità dei Cava-
lieri Massoni Eletti Cohen dell’Universo, fondato da un altro grande illumi-
nato come Martinez de Pasqually), invitò Cagliostro a partecipare al Con-
vento massonico di Parigi, iniziato il 13 novembre del 1784 e protrattosi fino
all’aprile dell’anno successivo. Cagliostro accettò, ponendo tuttavia alcune
condizioni preventive, tra cui quella che i delegati del Convento abbraccias-
sero la dottrina della massoneria egizia e ne chiedessero l’iniziazione. Dopo
interminabili dibattiti, contrasti, litigi (la maggior parte dei massoni, allora
come adesso, amava troppo chiacchierare) e scambio di numerose altre let-
tere tra i delegati del Convento e gli emissari di Cagliostro, rappresentati da
alcuni fidati membri della Sagesse Triomphante di Lione, Loggia Madre del
Rito Egiziano in Francia, il Gran Cofto concluse che la sua pazienza fosse
giunta al limite ed indirizzò al Convento una indignata lettera:

In nome ed alla gloria dell’Eterno.


Noi vi abbiamo offerto la verità, e voi l’ avete disdegnata.
Noi ve l’ abbiamo offerta per amore di essa, e voi l’avete rifiutata per amore
delle forme.
Che cosa sono mai le forme quando non vi è affatto sostanza?
Voi non vi elevate a Dio e alla conoscenza di voi altro che con l’ausilio di
un segretario e di un convento?
Un segretario è forse negligente e i giorni passano quando i cuori sono
infiammati da un desiderio vivo e puro?
Non giustificatevi, noi non siamo affatto offesi. Considerate che, se per ele-
varvi, vi abbiamo rinviato di fronte ai nostri sottoposti, mentre non vi elevavate
affatto, come potreste mai giungere fino a noi?
Noi doniamo, e voi avete voluto prescriverci come e a chi dovevamo donare,
avete voluto governare il nostro cammino in un sentiero nel quale voi non avete
ancora fatto il primo passo.
E vedete quanto i vostri atti sono intralciati!
Impiegate sei settimane a rispondere alla semplicità delle nostre offerte, e
noi, noi non aspettiamo un giorno per rispondere all’opera di sei settimane.
94 I Riti Egizi II

La ritiriamo, dunque, la nostra offerta; e così cadono tutti gli scrupoli, tutte
le incertezze che vi ispiravano le vostre formalità.
Riflettete su questo crepuscolo di luce che avete intravisto e che il grande
Iddio, nel cui nome lavoriamo, rettifichi i vostri passi e presieda alle vostre
deliberazioni.
Dato dall’Oriente di Parigi il 12 aprile 1785.

Il lettore intelligente coglierà senza alcun dubbio dal tono di questa


lettera, che abbiamo voluto riprodurre integralmente, la grandezza inizia-
tica di Alessandro conte di Cagliostro e l’essenza spirituale della libera
muratoria egizia, via di trasmutazione e di donazione. Ma per trasmutare
e donare occorre che coloro che il destino ci conduce incontro vogliano
VERAMENTE trasmutarsi e nessuna donazione può essere fatta a colo-
ro che rifiutano il dono! Molti grandi spiriti della libera muratoria egizia,
compresi alcuni nostri recenti predecessori, hanno avuto modo di meditare
attentamente su tali parole e di confrontare lo scenario del Convento dei Fi-
laleti di Parigi con scenari più attuali! Il Convento terminò poche settimane
dopo con un nulla di fatto: la presunta unificazione della massoneria ed il
suo rinnovamento spirituale, auspicati dall’onesto Savallette de Langes,
non si verificarono e dunque, come quasi sempre è avvenuto nella storia
della massoneria la montagna partorì un topolino. Pochi anni dopo l’Ordi-
ne dei Filaleti si sciolse, o come si dice in gergo massonico, entrò in sonno
ed i suoi archivi furono distrutti, proprio come aveva richiesto, inascoltato,
Cagliostro.
Quanto alla dottrina della massoneria egiziana di Cagliostro possiamo
facilmente desumerla dai Rituali da questi utilizzati, rituali che sono an-
cora oggi in uso (con solo qualche lieve modifica) da alcuni Regimi Egizi
regolari; i più significativi di tali Rituali sono certamente quelli dei primi
tre gradi, distinti in Rituali per la Linea maschile e Rituali per la Linea
femminile (Logge femminili di adozione): Apprendista egizio, Compagno
egizio, Maestro egizio nel primo caso, Apprendista egizia, Compagna egi-
zia, Maestra egizia nel secondo caso.
Tali Rituali furono infatti ideati dallo stesso Cagliostro che, viceversa,
coerentemente rispetto al suo ruolo di capo del Mizraim di Napoli (A.O.E.
seu Mizraim), utilizzò, per gli alti gradi, gli stessi Rituali con i quali venne
iniziato a Napoli da Don Raimondo nel 1767.
I Rituali di Cagliostro presentano tre fondamentali aspetti dei quali quel-
lo predominante è senza dubbio la chiave alchemica dei vari quadri allego-
rici, dichiarazioni, passaggi e contatti. L’altro aspetto è quello relativo alla
magia cerimoniale che crea nei partecipanti una continua tensione magica
anche in virtù della notevole scenografia e dei sentimenti di devozione per
Cagliostro, il Sistema Egiziano e il Mizraim di Venezia 95

l’Eterno che vengono sollecitati. Infine il terzo aspetto può essere definito
come quello delle sovrastrutture o meglio delle interpolazioni con il ribadi-
mento della consegna delle due paia di guanti (uno per il nuovo iniziato/a
egizio, l’altro per la sua metà polare), le affermazioni polemiche contro la
massoneria “ordinaria” (o profana), la condanna di alcuni testi occultistici
in auge in quel periodo, la rivelazione del fatto che i padri della massoneria
egizia furono Enoch ed Elia (si veda quanto sopra a proposito del Sigillo
dell’A.O.E.).
Risulta comunque evidente che il corretto uso, e di conseguenza la cor-
retta interpretazione, di questo tipo di rituali presupponeva una conoscenza
non solo teorica ma anche pratica dell’alchimia ed una notevole confidenza
con le operazioni di magia cerimoniale. Sono inoltre molto evidenti nei
Rituali di Cagliostro i richiami alla dottrina rosicruciana nella quale, del
resto, sia il suo Maestro Luigi d’Aquino, che il suo iniziatore al Mizraim,
Raimondo di Sangro, erano notevolmente versati.
Si tratta insomma, come acutamente osserva Pericle Maruzzi (peraltro
esponente di rilievo, come vedremo, del Mizraim e Memphis di Marco
Egidio Allegri), di una vera e propria “massoneria superiore” o “super-
massoneria”, come osservano anche altri autori tra i quali Gastone Ventura
il quale, non a caso, adotterà i Rituali di Cagliostro dei primi tre gradi, nelle
Logge Azzurre della Comunione Egizia da lui guidata!
Nei Rituali di Cagliostro è costantemente presente un richiamo fideisti-
co, inteso come senso di ricezione della verità. Si richiede ai liberi muratori
egizi di essere virtuosi, buoni, fedeli, sottomessi e pazienti, ponendosi in
costante posizione di attesa; più che un invito alla libertà di pensiero ed
alla ricerca individuale della verità, tipicamente presenti, ad esempio, nella
massoneria giacobita di origine anglosassone, vi è nei Rituali di Cagliostro
l’esortazione a rendersi degni di un dono che è certo e stabilito; si tratta
del dono che Dio, in un primo tempo, elargiva a tutti gli uomini e che è
stato poi, a causa della caduta nella materia verificatasi nella razza umana,
riservato solo a pochissimi. Se il lettore ha attentamente recepito quanto
abbiamo esposto all’inizio di questo libro a proposito della religione egizia,
potrà facilmente trarre le proprie conclusioni.
Affinché sia possibile comprendere ancora meglio il grande spessore
iniziatico dei Rituali di Cagliostro offriamo ai lettori alcuni brani delle al-
locuzioni pronunciate dalla Regina di Saba (corrispondente al Maestro Ve-
nerabile delle Logge maschili) e della Sibilla Memphitica (corrispondente
all’Odos, ovvero all’Oratore delle Logge maschili) durante il ricevimento
al grado di Maestra Egizia di una Sorella Compagna d’Arte.
Regina di Saba.
96 I Riti Egizi II

Sorella mia, avete sentito quali sono i vostri pregi e i vostri difetti. Fate tutto
il possibile per aumentare e rafforzare i primi e per perdere o almeno diminuire
i secondi. Ricordate sempre che non si può comandare agli altri se non si è ad
essi superiori in tutto. Basta avere un punto debole per essere colti in fallo e non
essere più obbediti. Così succede anche agli elementi. Essi obbediscono soltanto
a chi non obbedisce loro. E se chi vuol comandare, poniamo, allo spirito di un
pianeta e non si è liberato dalla sua influenza funesta, di conseguenza non sarà
obbedito per le influenze benefiche, ma, al contrario, farà aumentare in sé le in-
fluenze nefaste. Per farvi comprendere meglio... Se voi fra i vostri difetti annove-
rate l’orgoglio, l’influenza negativa del pianeta Sole, il cui spirito è l’Arcangelo
Mikael, non potrete mai farlo obbedire sotto il suo aspetto benefico che è quello
della fede. Ogni qualvolta voi lo invocherete egli aumenterà in voi il vostro difet-
to, cioè si manifesterà nella sua forma negativa... Vi dirò anche che i sette pianeti
e i loro spiriti corrispondono alle sette lettere doppie della scrittura ebraica: ed è
perché i pianeti e i loro spiriti hanno doppia potenza, positiva e negativa, che le
lettere che si indicano sono doppie... Fra le tante regole che dovrete apprendere
con lo studio, il sacrificio e la rinuncia, ve ne enunciamo una che è fondamentale.
Bisogna, infatti, conoscere per osare, bisogna osare per volere, bisogna volere
per regnare. E per regnare bisogna tacere. Un ultima considerazione: molti si
avvicinano alla massoneria e particolarmente a quella Egizia avendo sentito
dire che il suo maggior segreto è quello del metodo per raggiungere la rigene-
razione fisica e cioè la quasi immortalità se non l’immortalità assoluta. Ma il
segreto effettivo di questa rigenerazione fisica, che in sostanza si può definire il
bagno di immortalità di cui si hanno cenni nella Gnosi di Menandro, seguace e
modificatore delle teorie di Simon Mago, sta nel raggiungere la rigenerazione
morale. Senza aver raggiunto questa non è possibile iniziare la cura per conqui-
stare la giovinezza. Ed ecco la cura: basta un errore perché tutto si dimostri vano
ed al posto della rigenerazione venga la distruzione.

Sibilla Memphitica:

Carissima Sorella, le due cerimonie di cui siete stata il centro debbono essere
da voi attentamente studiate. Generalmente esse restano impresse in maniera
indelebile nella mente di chi viene tra noi. E da ogni più piccolo particolare
scaturiscono insegnamenti che facilitano il cammino sulla lunga e difficile stra-
da della rigenerazione spirituale. Così, tra le tante indicazioni vale ricordarvi,
prima che io passi a spiegarvi due Pentacoli fondamentali, le parole che la Gran
Maestra vi ha detto quando vi ha imposto quel collare sul quale sono ricamate le
lettere E.S.H., ovvero EGO SUM HOMO. Voi ben sapete di essere femmina, che
il vostro e il nostro sesso è incline alle umane debolezze e che, di conseguenza,
certi studi e certe speculazioni filosofiche sono neglette dalla parte femminile
dell’umanità. Ma avendo ricevuto la luce della massoneria egizia, siete giunta,
come tutte noi, almeno è nostra speranza, a respingere questo difetto e a prende-
re contatto con la parte spirituale che ogni essere umano ha in sé e a fortificarla.
Cagliostro, il Sistema Egiziano e il Mizraim di Venezia 97

Poiché lo spirito, quello che i greci chiamavano il Pneuma e gli egiziani l’Ankh,
l’Ibis, la parte immortale, la parte divina, è maschile ed è indicata dalla lettera
Aleph. Così come la parte femminile, il Ba, l’anima, il doppio, si indica con la
lettera Beth e la terza parte, le qualità che sono androgine, il Ka, si indica con la
lettera Ghimel. Lo spirito non muore mai perché, essendo la parte divina, è im-
mortale. Chi muore è la parte fisica ed è così che l’Ankh, uscito da Osiris quando
è egli è ucciso da Seth, va ad albergare in Isis che è l’anima di Osiris, il suo
doppio. Ma quando Isis, finito il suo viaggio notturno alla ricerca del cadavere
dello sposo, lo ritrova e gli infonde lo spirito che lo fa risorgere, non fa altro che
restituirgli ciò che gli appartiene, ma che essa riprende con la nuova morte dello
sposo. Questo mistero è spiegato dalla famosa frase della Tavola di Smeraldo in
cui si dice che ciò che è in alto è come ciò che è in basso, ma trova, oltre che la
sua spiegazione, anche la sua rappresentazione grafica in quel Pantacolo che
noi onoriamo e che è noto come il Sigillo di Salomone. Si tratta della figura più
semplice e più completa della scienza di tutte le cose; questo segno sacro, con
la riunione dei due triangoli che formano una stella a sei punte, esprime perfet-
tamente l’idea dell’infinito e dell’assoluto. Esso rappresenta i due principi che
si combattono per l’eternità, il principio maschile e quello femminile, il bene e
il male, la luce e l’ombra, la vita e la morte, lo spirito e la materia. Questi due
principi dell’Equilibrio Universale, pur combattendosi, non possono distrugger-
si perchè sono uguali in forze e provengono dalla stessa essenza suprema. La
loro doppia esistenza costituisce la divinità, che è alternativamente una e tripla.
In effetti, essendo il triangolo superiore uguale a quello inferiore più il verbo che
esprime il loro uguale valore facendo tre, se ne deduce che il ternario rappresen-
ta un dogma universale...
Ed ecco ora la spiegazione reale del Pentagramma o Stella Fiammeggiante
che voi vedete all’Oriente del nostro Tempio. Si tratta della figura che rappresen-
ta l’intelligenza che regge, per l’unità delle forze, le quattro potenze elementari:
Aria, Acqua, Fuoco e Terra. È il prototipo della luce equilibrata. Verso ognuna
delle sue punte rimonta un raggio di luce così come da ciascuna delle sue punte
un raggio discende. È l’altro segno sacro che rappresenta il grande e supremo
Atanor di natura che è il corpo dell’uomo:l’influenza magnetica parte in due
raggi dalla testa, da ogni mano e da ogni piede; il raggio positivo è equilibrato
da quello negativo; la testa corrisponde con i due piedi, ogni mano con l’altra
mano e un piede, ogni piede con l’altro e una mano. Questo segno regolare
della luce equilibrata sintetizza lo spirito d’ordine e l’Armonia. È il segno della
potenza dell’iniziato, perché, in ragione di ciò che egli esprime, e cioè il dominio
dello spirito sugli elementi, l’iniziato sottomette ai suoi poteri, quando con il
Pentagramma si identifica e cioè quando ha raggiunto la reintegrazione spiri-
tuale, gli spiriti elementari dell’aria e del fuoco, le larve dell’acqua e i lemuri
della terra. Sorella cara, ricordate che quanto avete appreso è il segreto dei
nostri templi, che non va rivelato che al nobile e diletto figlio (o figlia) nostro,
come dice il tremendo giuramento che gli iniziati pronunciavano nei templi della
terra di Mizraim: giuro per il cielo, per la terra, per la luce, per le tenebre; giuro
per il fuoco, per l’aria, per l’acqua e per la terra; giuro per l’altezza del cielo,
per la profondità della terra e per l’abisso del Tartaro; giuro per Mercurio e per
98 I Riti Egizi II

Anubis, per i latrati del drago Chercuroboro e del cane tricipite Cerbero, di non
rivelare ad alcuno quanto ho appreso se non al nobile e diletto figlio mio (o figlia
mia). Ed Iside, regina d’Egitto, moglie di Osiride e madre di Horus, che questo
giuramento aveva appreso da Ammaele, confidò il segreto al figlio suo: “Ed ora
va, figliolo mio, cerca dell’agricoltore e domandagli quale sia il seme e quale il
raccolto. Tu imparerai da lui che colui che semina grano raccoglierà del gra-
no; colui che semina orzo raccoglierà dell’orzo. Questo, figlio mio, ti condurrà
all’idea della creazione e della generazione, e ti ricorderai che l’uomo genera
l’uomo, il leone genera il leone e il cane riproduce il cane. È così che l’oro pro-
duce l’oro, ed ecco tutto il mistero”.

Le due cerimonie a cui fa riferimento la Sibilla Memphitica nella sua allocu-


zione sono il c.d. Rito Simbolico, detto di Osiride, nel quale la futura Maestra
Egizia si identifica con Iside rivivendo le pellegrinazioni della dea alla ricerca
del suo sposo, il rinvenimento del cadavere del dio e la sua ricomposizione.
La seconda cerimonia, a nostro avviso una delle pagine più belle dell’in-
tero Corpus Rituale dei Riti Egizi (che tra i 90 gradi del Mizraim, i 95 del
Memphis ed i 99 del Memphis e Misraim, sommando le diverse linee e fi-
liazioni raggiungono le diverse centinaia): si tratta del c.d. Rito Operativo
detto Qabbalistico, nel quale, dopo la recitazione del primo salmo davidico,
viene effettuata una invocazione ai sette grandi arcangeli con successivo bru-
ciamento di sette cartoncini colorati secondo le corrispondenze dei suddetti
Arcangeli (violetto per Mikael, indaco per Gabriel, verde per Anael, etc.) e
simboleggianti ognuno una qualità negativa potenziale della nuova Maestra
(si veda il discorso pronunciato dalla Regina di Saba che abbiamo riportato
sopra) che rimarrà così fornita solo delle polari sette qualità positive emanate
dai sette grandi arcangeli. Da questa seconda cerimonia risulta evidente che
Alessandro Cagliostro ben conosceva, anzi, padroneggiava disinvoltamente,
i Rituali del Cavaliere del Sole e del Supremo Comandante degli Astri, scritti
da de Tschoudy su indicazione del Principe di Sansevero, per le evidenti
correlazioni tra tali rituali e gli aspetti del Rito che abbiamo appena descritto.
Non sfuggirà al lettore attento che nelle allocuzioni che abbiamo riportato
quasi integralmente e nella versione più fedele al testo originale scritto di
proprio pugno da Cagliostro, vengono impartiti alcuni fondamentali insegna-
menti che, nell’antico Egitto, venivano resi noti solo all’interno dei Templi
e dunque rimanevano di esclusivo appannaggio della sola casta sacerdotale.
Osiride dunque, in quanto principio spirituale puro si unisce ad Iside (ani-
ma) nei mondi superiori. La cassa dove lo costringe il malvagio Seth rappre-
senta perciò la prigione del corpo, quindi la necessità che lo spirito umano
discenda dalle altezze spirituali in un involucro fisico per incarnarsi. La morte
di Osiride simboleggia dunque la sua discesa nella fisicità e perciò nella morte.
Cagliostro, il Sistema Egiziano e il Mizraim di Venezia 99

Del resto l’anima umana (Iside) viene fecondata dallo spirito superiore (Osiri-
de) generando così Horus (o Horo) cioè l’Uomo-Spirito, ovvero l’Uomo Nuo-
vo Re-Integrato, l’Adam Khadmon, l’Uomo Universale. Inoltre lo smembra-
mento del corpo di Osiride sta anche ad indicare la parcellizzazione dell’Unità
universale e perciò la divisione del Principio Primo negli elementi. Tramite
l’Amore (Iside) si riporta la molteplicità all’Unità (ricomposizione del corpo di
Osiride) e si crea l’uomo nuovo Re-Integrato. Questi e molti altri Insegnamenti
della religione misterica egizia vengono abitualmente rivelati nei diversi Ritua-
li della libera muratoria egizia: possiamo però a ragione dire (non solo in virtù
dei molti anni di studio di tale materia ma per esperienza DIRETTA avendo
percorso ritualmente l’intera piramide dei Riti Egizi) che nei Rituali di Caglio-
stro viene, per così dire “condensato” in soli sette gradi (i tre gradi maschili
ed i quattro femminili), quanto abitualmente viene diluito in 90 o 95 gradi.
Questo ci spiega la grandezza e la bellezza di questo meraviglioso strumento
rituale e non finiremo mai di ringraziare il compianto Sebastiano Caracciolo,
Gran Jerofante dell’Antico Primitivo Rito Orientale di Mizraim e Memphis
per averci egli fatto conoscere questi tesori, restituiti alla luce dal predecessore
di Sebastiano, Gastone Ventura, dopo anni di oblio.
L’aver citato due Gran Jerofanti del “Sovrano Santuario Adriatico” ci
fornisce l’occasione per poter spiegare la genesi del Mizraim di Venezia;
anche in tal caso, come avremo modo di dimostrare, le cose sono assai più
semplici di quanto non possa sembrare: la nascita del Mizraim di Venezia
avviene, senza se, ma e forse, nel 1788, anno in cui il Gran Cofto si fermò a
Venezia, diretto a Rovereto (ove aveva ricevuto un invito da alcuni impor-
tanti esponenti della libera muratoria vicini al principe-vescovo di Trento,
Virgilio de Thun, desiderosi di aderire alla libera muratoria egizia).
Un autore di formazione “scozzese” ma intellettualmente onesto quale
Angelo Sebastiani a proposito del Misraim di Venezia afferma

Il Rito egiziano apparve per la prima volta a Venezia nel 1788 con un gruppo
di Sociniani (setta protestante antitrinitaria) che chiese una patente di costituzio-
ne a Cagliostro, allora a Trento. I membri di questo gruppo, però, non volendo
praticare il ritualismo magico-cabalistico di Cagliostro,scelsero successivamen-
te di lavorare al Rito Templare. Cagliostro, in effetti, diede loro solo la luce mas-
sonica, poiché egli possedeva i primi tre Gradi della massoneria inglese e i Gra-
di superiori della massoneria tedesca, molto marcata dalla tradizione Templare.
Il nome Misraim non è che il plurale della parola “egiziano” (secondo l’Antico
Testamento Misraim è figlio di Cam e progenitore degli Egizi, il nome a volte
indica lo stesso Egitto) e tale parola rimarrà come ricordo di quel Rito Egiziano
che trasmise la personalità d’obbedienza a questo sistema iniziatico. Nel 1806 il
Rito apparve anche a Milano e di qui si espanse rapidamente a Genova e Napoli.
Nel 1813 si trasferì quindi in Francia con Michel Bedarride che aveva ricevuto
100 I Riti Egizi II

i poteri magistrali nel 1810 a Napoli dal Fr:. Lassalle. Originariamente la strut-
tura gradualistica era costituita di novanta gradi, suddivisi in diciassette classi
distribuite a loro volta in quattro serie.La prima serie (Gradi Simbolici) andava
dal 1° grado (Apprendista) al 33° grado (Sublime Cavaliere della Scelta o Capo
della serie simbolica). La seconda serie (Gradi Filosofici) andava dal 34° grado
(Cavaliere della Sublime Scelta) al 66°grado (Grande Inquisitore Commenda-
tore o Capo della serie filosofica). La terza serie (Gradi Mistici) andava dal
67°grado (Cavaliere Benefico,alias Cavaliere Beneficiente della Città Santa) al
77°grado (Illustre Hasid Intendente Regolatore o Capo della serie mistica).La
quarda serie (Gradi Cabalistici) andava dal 78°grado (Dottore del Fuoco Sacro)
al 90°grado (Sovrano Gran Maestro assoluto,Supremo Conservatore dell’Or-
dine o Maestro della Grande Opera). Questo Rito, che pare facesse anche da
copertura alla Carboneria, appariva violentemente anticlericale ed antimonar-
chico, tanto che venne perseguitato dalle autorità pubbliche finchè la polizia
della Restaurazione ne ottenne lo scioglimento.Esportato in scozia, Inghilterra
e Irlanda il Rito entrò in clandestinità. In Francia viene risvegliato per un certo
periodo dal politico ebreo liberale Isaac Adolphe Crèmieux (1796-1880), poi nel
1890 il Rito si divide in due tronconi: uno di vedute razionaliste che sarà assorbi-
to dal Grande Oriente di Francia, l’altro che vuole mantenere nella sua essenza
tutte le caratteristiche spiritualiste originali egiziane, e che nel 1900 rientra in
sonno. In Italia, tenuto clandestino diciotto anni,il Rito riapparve nel 1838, ma
venne ridisciolto nel 1841. Per quanto concerne la continuazione e gli sviluppi
del Rito di Misraim nel territorio francese si sa che nel 1939 esisteva ancora una
Loggia Madre di Misraim “L’Arcobaleno”, già da tempo famosa per le ricerche
ermetiche e astrologiche compiute dai suoi membri,che tentò con molti sforzi di
riprendere la sua attività dopo gli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale.
Angelo Sebastiani: La Luce Massonica, vol 6.

Noi, che a differenza del fratello Sebastiani della massoneria egizia fac-
ciamo parte, saremo più precisi.
A Venezia, città che il Gran Cofto già conosceva e nella quale aveva già
diversi discepoli, egli diede vita ad un Capitolo autonomo del Mizraim che
verrà, da quel momento, denominato Mizraim di Venezia. Conosciamo diver-
si dei componenti di quella “gemmazione” del Mizraim di Napoli: il conte
Marco Carburi di Padova, che aveva anche aderito alla riforma di Willermoz,
il barone Antonio Tassoni di Modena, i nobili veneziani Alessandro Albrizzi,
Francesco Battagia e Alvise Pisani ed il marchese Antonio Vivaldi, che aveva
già avuto modo di conoscere Cagliostro a Roma. Altri membri del Mizraim
veneziano furono, ovviamente, Saverio Vivaldi Argentieri e Giacomo Schiop-
po, che Cagliostro aveva iniziato alla massoneria egiziana alcuni anni prima.
Schioppo e Vivaldi Argentieri, in effetti, non nascondevano più di tanto le loro
simpatie sociniane, da qui l’affermazione di Angelo Sebastiani riportata prece-
dentemente. Ma i due maggiori promotori della rapida diffusione del Mizraim
Cagliostro, il Sistema Egiziano e il Mizraim di Venezia 101

veneziano nella costa adriatica fino alla Dalmazia e nelle isole ioniche furono
l’ambasciatore Antonio Zulian ed il patrizio veneto Carlo Tron, fratello di Ce-
cilia Tron, coniugata Zen e vecchia amica dei coniugi Cagliostro che aveva
conosciuto anni prima.
L’ambasciatore presso la Santa sede Antonio Zulian ebbe anche il merito di
far entrare nel Mizraim di Venezia il grande scultore Antonio Canova: in tempi
successivi entrarono a far parte del Mizraim di Venezia anche Ugo Foscolo e
Daniele Manin. La sede ove i fratelli veneziani si riunivano era ubicata in Rio
Manin. Così si esprime nel 1821 Jacques Philippe Levesque nella sua “Apercu
gènèral et historiques des principales sectes maconniques”:

Sono, credo, cinque o sei anni che questo Rito di Mizraim si è stabilito a Parigi.
Esso proveniva dal meridione d’Italia e godeva di una certa considerazione nelle
isole Ionie e sulla costa del Mar Adriatico. Esso ebbe la sua nascita in Egitto.

L’enorme importanza di tale testimonianza si deve, come il lettore potrà


comprendere, al fatto che Levesque, autore notoriamente serio ed imparziale,
scrive in un periodo molto prossimo rispetto all’epoca in cui avvennero i fatti
che stiamo raccontando. Perciò, con tutta evidenza, un conto è parlare di un
evento accaduto appena 33 anni prima, altra cosa è quella di sparare notizie,
basandosi su semplici (e spesso improbabili) congetture o peggio, deformare la
realtà ad usum delphini come fanno sovente alcuni sè-dicenti “storici” (e spes-
so anche sè-dicenti massoni) dei Riti Egizi. Fin dalla sua nascita, dunque, il
Mizraim veneziano (come del resto il suo “progenitore” napoletano) fu un Rito
altamente elitario ed aristocratico, riservato a pochissimi e selezionati membri.
Come vedremo, tale connotazione verrà sempre mantenuta nel tempo e, a mo’
di un fiume carsico, il Mizraim di Venezia si sarebbe occultato parecchie volte
per poi riapparire e successivamente sparire di nuovo fino alla definitiva sua
resurrezione operata da Marco Egidio Allegri (Flamelicus) nel 1941.
Durante il soggiorno a Rovereto e a Trento Cagliostro associò al Mizraim
diversi fratelli, tra i quali ricorderemo il conte Massimiliano Lodron, Felice
Baroni di Cavalcabò, il conte Francesco Emilei, la contessa Curtoni Verza,
il consigliere Giuseppe Festi (nelle cui dimore Cagliostro fu ospite durante
il soggiorno a Rovereto ed a Trento), l’abate Giuseppe Venturi, il conte
Giusto Todeschi, il barone Giangiacomo Cresseri, il medico Giuseppe Bac-
ca ed il banchiere Francesco Domenico de Gummer, residente a Bolzano.
I lavori massonici venivano svolti nella località di Sacco, in una villa iso-
lata messa a disposizione da Felice Baroni di Cavalcabò. A tali lavori fu pre-
sente anche il conte romano Carlo Rezzonico della Torre, che in quel periodo
soggiornava a Cremona. Se il principe-vescovo di Trento, massone ed amico
102 I Riti Egizi II

intimo del barone de Bassus, alto dignitario dell’Ordine degli Illuminati, fu


in un primo tempo compiaciuto da questo sviluppo della libera muratoria
egizia nei suoi stati, dovette necessariamente, in un secondo tempo, prendere
le distanze da Cagliostro fino a pregarlo di lasciare Trento, in quanto l’impe-
ratore d’Austria in persona, Giuseppe II, fratello della regina di Francia Ma-
ria Antonietta, totalmente avversa al Gran Cofto dall’epoca dell’affare della
collana, (ovvero l’imbroglio ordito dalla contessa de La Motte ai danni del
cardinale de Rohan, scandalo nel quale fu coinvolto l’incolpevole Cagliostro
che finì, addirittura, per patire gli orrori del carcere della Bastiglia), indirizzò
una lettera a Virgilio de Thun notificandogli che il conte e la contessa Caglio-
stro non erano persone gradite nel territorio del Trentino.
L’autonomia del principato vescovile di Trento era notevole ma, tuttavia, il
principe-vescovo era pur sempre sottoposto all’autorità imperiale e contraddire
Giuseppe II non era certo consigliabile; così, a malincuore, Virgilio de Thun,
pregò Cagliostro di abbandonare Trento. Il capo della massoneria egizia partì
dunque dal capoluogo del principato vescovile il 17 maggio 1789 alla volta di
Roma ove giunse, dopo una brevissima sosta a Bologna, il 27 maggio 1789.
Da Roma, dove Cagliostro si era recato cedendo alle insistenze della moglie
Serafina, romana e desiderosa di visitare i propri parenti, Cagliostro scrisse una
lettera di ringraziamento al discepolo Giacomo Festi che qui riproduciamo:

Carissimo amico,
non ho senzi migliori per esprimervi nel soggiorno che ho fatto nella vostra
casa di Rovereto ed in quotesta di Trento, ma voi, che il cielo vi ha dotato di
uno spirito penetrante, potrete conoscermi degli doveri che mi restano scolpiti
nel seno, e perciò meraviglia non è se vi supplico di gradire i ringraziamenti
più sinceri del mio affetto e trattenermi nel numero degli vostri amici e met-
termi alle prove;ma nel tempo stesso vi supplico di essere l’interprete della
mia stima verso S.A. il Principe e il di lui caro fratello ai quali mi dedico per
sempre e restandomi con tutta la stima più perfetta vi abbraccio di cuore, come
la mia cara sposa si unisce a me nel rendervi la cordialità sincera e restandomi
per sempre quello che sono.
Dev.mo e obb.o servo vostro
Alessandro conte di Cagliostro

Il motivo per il quale abbiamo voluto proporre al lettore tale documento


è semplice: sia pure nelle caratteristiche dell’italiano del ‘700 in tale lettera
sono ravvisabili alcuni evidenti errori di grammatica e di sintassi che non
sono viceversa, assolutamente riscontrabili nelle lettere o nei Rituali mas-
sonici scritti da Cagliostro in inglese (mentre nel francese scritto aveva,
come sappiamo, qualche difficoltà).
Cagliostro, il Sistema Egiziano e il Mizraim di Venezia 103

Ne risulta dunque il dato incontestabile che Cagliostro si esprimeva as-


sai meglio in inglese (ed anche in francese) che in italiano e ciò per un
semplicissimo motivo: Cagliostro, infatti, non era italiano bensì portoghe-
se, come abbiamo precedentemente detto e, soprattutto, come afferma e di-
mostra Marc Haven nell’opera citata; ergo Alessandro conte di Cagliostro
e il truffatore palermitano Giuseppe Balsamo (la cui madrina si chiamava
Cagliostro e anche ciò facilitò l’equivoco) NON ERANO LA STESSA
PERSONA, come volevasi dimostrare!
Roma, purtroppo, non portò bene al nostro valorosissimo Maestro: arresta-
to per ordine del Santo Uffizio, su mandato del cardinal Zelada, segretario di
stato, e rinchiuso in Castel Sant’Angelo, fu sottoposto ad un processo farsa e
quindi rinchiuso nell’orrida fortezza di San Leo ove morì nell’agosto del 1795.
Ma come avvenne per i persecutori dell’Ordine del Tempio e del suo Gran Ma-
estro, Jacques de Molay, tutti i nemici ed i detrattori di Cagliostro fecero una
pessima fine: Luigi XVI e Maria Antonietta furono ghigliottinati, la contessa
de La Motte, venne marcata in pubblico con un ferro rovente e rinchiusa in
carcere, quindi, essendo emigrata a Londra, venne rinvenuta morta una mattina
per la strada con il cranio fracassato, pare in seguito a suicidio essendosi gettata
dalla finestra di un casa sita in tale luogo, il libellista de Morande, che aveva
attaccato e vilipeso Cagliostro sia nel caso dello scandalo della collana che
in altre circostanze, fu ucciso da un folle con un colpo di pistola, monsignor
Barberi, autore del famigerato compendio nel quale Cagliostro e la massoneria
egizia furono infamati e lo stesso Gran Cofto fu fatto passare per il Balsamo, fu
ripetutamente imprigionato e successivamente condannato a morte dai france-
si: per sfuggire all’esecuzione dovette fuggire in Toscana trascorrendo un’esi-
stenza misera ed errabonda, il papa Pio VI venne arrestato dai francesi nel 1789
e condotto in esilio in Francia ove morì nel 1799. Quanto al cardinale Zelada,
regista occulto, ma non troppo, dell’arresto e del processo di Cagliostro, nel
1796, per ragioni incomprensibili, si dimise dalla carica di segretario di stato
appartandosi in completa solitudine fino alla sua morte avvenuta nel 1801.
Riteniamo utile per i lettori, anche in previsione di quanto diremo tra
poco, riportare la seguente sintesi del sistema massonico egiziano di Ca-
gliostro, fatta non da un autore di parte, come potremmo essere considerati
noi, ma da un osservatore neutrale, lucido storico e di chiaro orientamento
positivista come Carlo Francovich che nella sua nota Opera Storia della
massoneria in Italia scrive (pp. 439-440):

Difatti anche nella massoneria egiziana si affermava che l’uomo, creato da


Dio come l’essere più perfetto, era in seguito, per colpa del peccato originale,
decaduto dalla sua posizione semidivina a quella di una fragile umanità. Ma
con la iniziazione al rito egiziano si poteva, mediante una graduale prassi risa-
104 I Riti Egizi II

natrice, raggiungere l’antica purezza e l’antico potere su tutte le altre creature


terrestri e celesti. Soltanto che nel rito di Cagliostro la palingenesi non era
unicamente spirituale e non si realizzava con pratiche culturali come il batte-
simo e l’acqua santa e con la discesa dello Spirito Santo, e nemmeno si trattava
soltanto di una rigenerazione morale e intellettuale, ma si apriva anche la
speranza di realizzare, con complesse pratiche magiche ed una severissima
quarantena, la completa e perenne rigenerazione fisica del proprio essere. In
altri termini si poteva conseguire l’immortalità dell’anima e del corpo. Nei
documenti pervenutici sui Riti e le pratiche della massoneria egiziana viene
minutamente descritto il modo di conseguire un così ambito risultato.

Dunque perfino Francovich, razionalista, profano e di formazione mar-


xista, intuisce la grandezza di Cagliostro e della massoneria egizia, mentre
al contrario il massone e spiritualista Goethe, pur senza mai aver incontrato
il Gran Cofto, ne distrugge l’immagine e la credibilità, prima contribuen-
do alla diffusione della fola sulla identità Balsamo/Cagliostro, sostenuta
(ovviamente diciamo noi) dai parenti del Balsamo, da Goethe incontrati a
Palermo nel suo celebre viaggio in Italia, poi scrivendo, proprio nelle me-
morie di questo suo viaggio, le seguenti ignobili parole:

Chi l’avrebbe mai detto che Roma avrebbe una volta tanto contribuito ad
illuminare il mondo e a smascherare una volta per sempre un ciurmadore, come
in realtà è avvenuto dopo la pubblicazione di questo estratto degli atti del pro-
cesso! Certo ogni persona assennata, che abbia visto con dolore tanti truffati,
semi-truffati o truffatori andare in visibilio per anni davanti a quest’uomo e alle
sue ciurmerie, sentirsi superiori agli altri grazie ai loro buoni rapporti con lui,
e commiserare, se non disprezzare dall’alto della loro tronfia dabbenaggine, il
buon senso comune.2

Parole, queste, che irritano e stupiscono allo stesso tempo, sopratutto in con-
siderazione della grande statura, intellettuale e spirituale che Goethe ha dimo-
strato in molte altre circostanze. Ma come è possibile che l’autore del Faust,
delle Affinità Elettive, de I dolori del giovane Werther, il brillante espositore
della teoria dei colori e della pianta primordiale sia caduto in un simile errore?
A questa domanda ci fornisce una risposta indirettamente Rudolf Stei-
ner, fondatore della antroposofia, massone egizio del Memphis e Misraim
e grandissimo ammiratore di Goethe, tanto da aver battezzato l’edificio da
lui stesso progettato e fatto costruire in Svizzera, come centro della società
antroposofica, Goetheanum.
Steiner, infatti, in I Misteri dell’Oriente e del Cristianesimo scrive:

2 J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Utet, Torino, p. 729.


Cagliostro, il Sistema Egiziano e il Mizraim di Venezia 105

Effettivamente in Goethe, se a tutta prima lo guardiamo così, ci sta davan-


ti ciò che, in senso volgare, potremmo chiamare una doppia natura. Ad uno
sguardo superficiale le due nature a malapena si accordano: da un lato la
grande anima dai sentimenti magnanimi, a cui fu dato di creare alcune parti
del secondo Faust, e di esprimere taluni profondi misteri dell’ essere umano
nella Fiaba del serpente verde e della bella Lilia, e dall’altro appare in Goethe
una seconda natura, sotto certi aspetti umana troppo umana, la quale tormenta
lui stesso e in più modi lo compenetra di rimorsi.

Fu, in effetti, la natura “umana troppo umana” di Goethe a farlo aderire, in


gioventù, al famigerato Ordine degli illuminati di Baviera di Adam Weishaupt,
sorta di “brigate rosse”del XVIII secolo, salvo poi rinnegare gli ideali giova-
nili accomodandosi nella dorata posizione di consigliere aulico nella corte di
Weimar; fu ancora la natura “umana troppo umana” ad indurlo, ben prima del
suo viaggio in Italia, ad una violenta polemica con Lavater, grande sostenitore
della grandezza di Cagliostro, i cui giudizi Goethe vivacemente contestava pur
non avendo egli per sua stessa ammissione mai incontrato il Gran Cofto! Fu,
infine, la natura “umana troppo umana” che impedì a Goethe di cercare la
verità durante il suo soggiorno a Palermo: tale verità sarebbe stata raggiunta
con enorme facilità dal momento che Goethe, nel capoluogo siciliano, era stato
presentato al viceré di Sicilia Francesco d’Aquino, principe di Caramanico e
fratello ex sanguine di quel Luigi d’Aquino che, come abbiamo visto, di Ca-
gliostro fu il Maestro! Chi meglio di Don Francesco (peraltro iniziato anche lui
al Mizraim da Raimondo di Sangro), avrebbe potuto spiegargli quantomeno
che Cagliostro e Balsamo non erano la stessa persona?
Ma a Goethe faceva più comodo, in virtù dei propri pregiudizi, dare cre-
dito a dei miseri popolani di Palermo, quali i parenti del truffatore Balsamo,
che per pochi spiccioli avrebbero raccontato qualunque cosa! Peccato per
Goethe che egli non abbia mai conosciuto la luce dell’iniziazione egizia;
altrimenti avrebbe conosciuto il seguente brano del Rituale del XX grado
del Mizraim, cosa questa che forse gli avrebbe evitato tale tragico errore:

Colui che mente è un codardo. La falsità non può essere altro che male.
Mentire espressamente o implicitamente è ignobile e disonorevole. Senza Ve-
rità non ci può essere virtù e colui che esprime su qualcuno delle opinioni su
fatti che non abbia verificato di persona deve accertarsi che dette opinioni non
abbiano origine da falsità, sotto pena di essere giudicato come calunniatore e
segnato come tale. Riconosci la verità di questi principii?

Del resto il malvezzo di “esprimere opinioni su fatti (e su persone. ag-


giungiamo noi) che non si siano verificati di persona” è cosa assai comune
tanto negli ambienti profani che (purtroppo) in quelli “iniziatici” (o pre-
106 I Riti Egizi II

sunti tali): dispiace dover constatare che in tale errore sia caduto anche un
genio come Goethe, ma tant’è!
Va inoltre precisato che l’animo germanico di Goethe, e la conseguente
incapacità propria dei figli di Arminio, di cogliere pienamente la grandezza
della dimensione spirituale mediterranea ed italica, incapacità evidenziata
da quel “Chi l’avrebbe mai detto che Roma avrebbe una volta tanto con-
tribuito ad illuminare il mondo” impedì a Goethe di riconoscere la luce
della libera muratoria egizia e di colui, e cioé Cagliostro, che ne fu uno dei
massimi esponenti di tutti i tempi.
Ben diverso fu il giudizio su Cagliostro dell’italiano, massone e pitago-
rico Arturo Reghini (che aderì alla libera muratoria egizia divenendo mem-
bro prima del Rito di Memphis e Misraim costituito da Eduardo Frosini
all’interno del Rito Filosofico Italiano e poi dello Stesso Sovrano Santuario
dell’Antico Primitivo Orientale Rito di Mizraim e Memphis costituito da
Marco Egidio Allegri in seno al Grande Oriente d’Italia), il quale nella
rivista Atanor numeri 1 e 2 del 1924 scrive:

... Per persuaderne basta ricordare la profezia assolutamente indiscutibile della


presa e distruzione della Bastiglia fatta a Londra da Cagliostro, e basta pensare al
commovente interesse degli ufficiali francesi massoni quando, nel 1797, passarono
da san Leo, e soprattutto dell’accanimento feroce degli scrittori cattolici contro di
lui. Gli scrittori della Rivista Massonica del Grande Oriente, che non si vergogna-
no di stampare a danno di Cagliostro le sconce frottole messe in giro dai gesuiti al
tempo del processo di Roma, farebbero meglio, prima di ingiuriare la memoria di
un loro grande fratello, a studiare la magnifica e documentata recente opera del
Dr. Marc Haven! Conoscerebbero allora ad intravedere perché i contemporanei
che lo conobbero lo chiamassero il divino Cagliostro!

È amaro constatare come, a distanza di quasi un secolo questi saggi


ammonimenti di Arturo Reghini siano rimasti lettera morta dal momento
che, come abbiamo in precedenza lamentato, la maggior parte dei masso-
ni continui imperterrita a bersi la panzana, inventata dalla chiesa romana,
su Balsamo/Cagliostro, ignorando al contempo la monumentale opera di
Marc Haven, che pure è stata, nel frattempo, tradotta in italiano!
Nell’equivoco della fallace identificazione di Giuseppe Balsamo con il
conte Cagliostro cadde anche Alexandre Dumas che nel suo “Giuseppe
Balsamo”, scritto nel 1848 imbastì un autentico pastiche di cui rapidamen-
te forniamo la trama riassumendola da Wikipedia:

Uno sconosciuto personaggio che si fa chiamare Acharat giunge alla società


segreta degli Illuminati, è Giuseppe Balsamo, che promette ai fratelli massoni di
far scoppiare la rivoluzione francese entro venti anni. Insieme alla moglie Lorenza
Cagliostro, il Sistema Egiziano e il Mizraim di Venezia 107

Feliciani giunge al castello del Barone Taverney, dove conosce la figlia del barone,
Andrée, e un giovane orfano fratello di latte della ragazza, di nome Gilbert. infine
rimane colpito dalla somiglianza della cameriera di Andrée con quella che diven-
terà la regina di Francia Maria Antonietta. Ospitato per la notte ipnotizza Andrèe
e scopre che suo fratello Philippe sta arrivando insieme alla futura regina.. Scopre
anche la tresca tra la cameriera Nicole e Gilbert, e il suo amore per Andreé. La
mattina seguente consiglia il barone di prepararsi per l’arrivo di Maria Antonietta,
promessa sposa del futuro re Luigi XVI. La predizione si avvera, e Maria Anto-
nietta viene accolta dai Taverney, e Balsamo le predice la morte per decapitazione.
Maria Antonietta ha deciso di fare del bene ai primi francesi che avrebbe
incontrato, che si sono rivelati i fratelli Taverney. Quindi chiede ai due di se-
guirla a Versailles. Gilbert, disperato, segue il corteo di nascosto. Salverà la vita
ad Andrée durante un tumulto, la possiederà durante un sonno provocatole da
Balsamo e ne rapirà il figlio, venendo poi ucciso dal fratello in una grotta delle
Azzorre. Il re e la sua amante contessa Dubarry ed alcuni intrighi di palazzo
sono gli avvenimenti reali del romanzo.
Cagliostro provocherà la morte del suo maestro Altothas: al vecchio servivano
le ultime tre gocce di sangue di una vergine per raggiungere la vita eterna, e uc-
cide Lorenza, che nel frattempo però è diventata moglie di Acharat. Balsamo poi
tenta di riparare all’errore commesso facendo ricordare ad Andrée chi fu a violar-
la nel sonno e che comunque la salvò da un tentativo di seduzione da parte del re
Luigi XV.. Gilbert sull’orlo della disperazione chiede al suo maestro Rousseau,
che lo aveva accolto in casa e lo aveva fatto lavorare, e di cui inoltre Gilbert era
ammiratore, se l’avere un figlio sia un buon motivo per rimanere in vita. Egli
chiede alla giovane Andrée di sposarlo; questa sdegnosamente rifiuta, così rapi-
sce il bambino, lo porta in un paesino di provincia e lo affida alla famiglia Pitou.
Con la morte del re Luigi XV il romanzo si conclude.

Dunque, come il paziente lettore potrà convenire, sembrerebbe trattarsi


più di un racconto di fantascienza che non di un romanzo! Del resto il buon
Dumas era certamente un grande scrittore ma non possiamo paragonare il
suo ingegno di autore di romanzi di cappa e spada con il genio di Goethe!
Questo per dire che Dumas fu certamente influenzato nell’equivoco Bal-
samo/Cagliostro da quanto aveva scritto Goethe e, lo ripetiamo, il grande
scrittore tedesco avrebbe potuto fare le opportune verifiche, sia con il vice-
ré di Sicilia da egli conosciuto, sia con molte altre persone (Lavatèr com-
preso) che avevano conosciuto bene Cagliostro, mentre Dumas, vissuto
tempo dopo, non avrebbe potuto fare nessuna verifica del genere!
Del resto a Dumas, amante della buona tavola, del buon vino e delle belle
figliole, interessava unicamente vendere i suoi romanzi e più una storia era ricca
di intrighi, colpi di scena ed inganni, più i lettori erano catturati, allora come ora.
Questo ci spiega l’incredibile successo di certi odierni feuilletons fanta-
esoterici, illeggibili da un pubblico fornito di una buona cultura esoterica,
108 I Riti Egizi II

ricchi di fantasmagoriche storie su “congiure di illuminati”, “misteri er-


metico-partenopei”ed altre consimili baggianate, dati in pasto ai poveri di
spirito in nome di un generico ed improbabile “esoterismo popolare”: co-
loro che danno credito a simili cialtroni appartengono alla medesima razza
del popolino-bue che applaudiva eccitato quando, al termine del processo
contro Cagliostro e relativa condanna, per mano del boia, l’inquisizione
consegnò alle fiamme, davanti alla chiesa della Minerva a Roma, i Rituali,
i documenti ed i sigilli della massoneria egizia confiscati a Cagliostro.
Fortunatamente tutto questo materiale, gelosamente custodito dalle
Logge Egizie fondate dal medesimo Cagliostro, è pervenuto fino a noi e
tale materiale, di cui abbiamo riprodotto prima un significativo estratto
costituito dai brani dei Rituali, ci consente di formulare ai lettori una
semplice domanda: è possibile che le sublimi parole che avete in pre-
cedenza letto possano essere state scritte da un semianalfabeta, privo di
qualunque istruzione quale fu Giuseppe Balsamo da Palermo?
Crediamo che pochi tra voi non risponderanno: “NO! NON È POSSIBILE!
Ci piace concludere questo capitolo dedicato a Cagliostro pubblicando
un passo della prolusione pronunciata da uno dei Suoi maggiori discepoli
nel quale si possono individuare le linee portanti della massoneria egiziana:

Fino ad ora, ciechi ed indecisi,voi non avete potuto tuttalpiù che formare delle
congetture ma la realtà sta per sostituire il dubbio,voi state per divenire uomini e
conoscerete una parte dei favori infiniti e soprannaturali dei quali l’Essere Supre-
mo ha colmato coloro che ha adottato e che ama;armatevi di forza,di vigore e di
saggezza.La Forza prova il potere del vero massone egiziano che,avendo innalzato
nel suo cuore un santuario degno dell’Eterno,ha conquistato il coraggio necessario
per sostenere e difendere con fermezza i precetti e le leggi del Grande Fondatore.
Il Vigore, per intraprendere con coraggio una via novella e ignota al resto
dei mortali,per poter sfidare ogni sorta di pericoli, infine per sopportare con
pazienza la fortuna o la sfortuna che risulta dai diversi eventi della vita.
La Saggezza, per giungere a conquistare le conoscenze dell’alta, sublime
e autentica filosofia ermetica,al fine di meritare un giorno di poter operare il
matrimonio del sole e della luna, felicità completa, la più grande ricompensa
accordata da Dio all’uomo,vera perfezione fisica e morale,che lo rende suo
Eletto e possessore della materia prima e universale.
Amate, e adorate l’Eterno con tutto il vostro cuore, impedite il male e non
fatene mai, amate e servite il vostro prossimo facendogli tutto il bene di cui
siete capaci,consultate la vostra coscienza in tutte le vostre azioni, ma fuggite
e cacciate tutti gli scrupoli, giacchè lo scrupolo crea il crimine, il crimine crea
il peccato, e il peccato la maledizione di Dio.

(Dalla prolusione pronunciata nella Loggia Madre “La Sagesse Triom-


phant”, dal Fr:. Philippe Rigollet, Primo Commissario e Grande Ispettore
della Massoneria Egizia, Lione, martedì 25 luglio 1786).
Busto di marmo raffigurante Cagliostro.
Allegato 10: decreto di condanna del Santo Uffizio della massoneria egizia di
Cagliostro.
Sigilli e firma originali di Cagliostro.
La cella, nella fortezza di San Leo, dove fu detenuto Cagliostro.
Foto di Marc Haven e frontespizio delle sue opere su Cagliostro.
CAPITOLO IV
IL MIZRAIM DI NAPOLI DALLA FINE DEL XVIII
SECOLO FINO AL XX SECOLO

Con la partenza di Cagliostro da Napoli, avvenuta subito dopo la mor-


te di Luigi d’Aquino, la guida della massoneria egizia napoletana venne
assunta da Vincenzo Di Sangro, figlio di Raimondo. Nella sua qualità di
Maestro Venerabile della Loggia “La Perfetta Unione” Don Vincenzo
ebbe cura di “cooptare” nel Mizraim napoletano i più intelligenti e brillan-
ti membri dell’Officina, tra i quali il principe Gaetano Filangieri, giurista
e storico di grande valore che può essere considerato, a ben ragione, il pa-
dre e l’ispiratore della Repubblica napoletana del 1799, Domenico Cirillo,
Francesco Caracciolo ed il giovane Mario Pagano: fu proprio quest’ultimo
a succedere a Vincenzo di Sangro alla guida della massoneria egizia napo-
letana nel 1790, anno della morte del Principe.
I sospetti di un avvelenamento del figlio di Don Raimondo furono molto
forti fin dall’epoca della sua morte, in quanto Don Vincenzo era ancora
relativamente giovane ed i sintomi della malattia che in pochi giorni lo
condusse alla tomba lasciavano proprio pensare all’azione di una qualche
sostanza velenosa. Del resto sia i Borboni che la curia romana ed i suoi
agenti napoletani guardavano con grande sospetto e con crescente timore
alle attività massoniche coordinate dal Principe di Sansevero: dalla masso-
neria egizia napoletana venivano infatti veicolati quegli ideali di giustizia
e di fraternità che avevano prodotto, guarda caso, proprio un anno prima
della morte di Don Vincenzo, la rivoluzione francese.
Del resto la famiglia Di Sangro era troppo nota e potente per poterla
colpire apertamente e dunque, con ogni probabilità, i nemici del progresso
e della evoluzione umana, quegli stessi nemici che, guarda caso, avevano
colpito secoli prima l’Ordine del Tempio e, pochi anni prima, come abbia-
mo visto, si erano nuovamente coalizzati per togliere di mezzo lo scomodo
conte di Cagliostro, ritennero che la soluzione migliore fosse quella di sba-
razzarsi anche del Principe di Sansevero.
Ma un Di Sangro non poteva certo essere arrestato dall’inquisizione,
né torturato, processato e rinchiuso a vita in una orrida fortezza; perciò il
veleno apparve come la soluzione migliore. Se trono e altare pensavano in
116 I Riti Egizi II

tal modo di mettere la parola fine alla massoneria egizia napoletana sba-
gliarono clamorosamente i loro conti. I membri della Perfetta Unione e del
Mizraim, assieme alle sorelle (fu infatti Don Vincenzo ad aprire le porte
del Tempio Egizio alle donne), tra le quali spicca la marchesa Eleonora
de Fonseca Pimentel, continuarono i loro lavori e in pochi anni raccolsero
attorno a loro un vasto consenso popolare, tanto da poter scatenare una
rivoluzione popolare che costrinse il re di Napoli a fuggire in Sicilia ed a
proclamando la Repubblica: era l’anno 1799.
Gaetano Filangieri, morto nel 1788, non poté vedere tale opera, in mas-
sima parte ispirata alle sue idee, ma i rivoluzionari del 1799 non mancaro-
no di proclamare al mondo che proprio Filangieri doveva essere considera-
to come il vero artefice di quel nuovo ordine. La Repubblica napoletana fu
però un sogno effimero: l’esercito borbonico si riorganizzò in Sicilia, gra-
zie ad determinante aiuto degli inglesi, che inviarono una flotta al comando
del celebre ammiraglio Horatio Nelson, ed il cardinale Fabrizio Ruffo di
Calabria organizzò ed armò i cosiddetti sanfedisti, ovvero un partito mo-
narchico e violentemente anti-giacobino.
I sanfedisti vennero affiancati dai c.d. “lazzari”, vere e proprie bande
costituite dal popolo minuto al quale era stato fatto credere, secondo una
tecnica abilmente sperimentata dalla chiesa romana, che i giacobini fossero
degli atei adoratori del demonio, che nei loro Riti sacrificassero dei neo-
nati, che avessero oltraggiato le reliquie di san Gennaro, ed altre amenità
del genere.
Il popolino, si sa, è come una belva selvaggia che azzanna sovente pro-
prio coloro che cercano di sfamarlo e di affrancarlo dalla propria condizio-
ne: come dimenticare la memorabile frase di Leonida Montanari che nel
1825 sarà ghigliottinato a Roma in Piazza del Popolo e che, rivolgendosi a
quel popolo che egli aveva cercato di liberare ma che ne aveva, viceversa,
aizzato dagli sbirri papalini, chiesto a gran voce l’esecuzione, esclamò,
subito prima di offrire la testa al boia: “Bonanotte popolo, me raccomanno;
continua pure a dormì!”1
I sanfedisti entrarono in Napoli il 13 giugno 1799 e dilagarono sac-
cheggiando e dandosi a irrefrenabili e terribili violenze. Solo le fortezze
rimasero in mano ai repubblicani scampati, che vi si rifugiarono disposti a
resistere fino all’ultimo. Il Cardinale Ruffo chiese e trattò la capitolazione
offrendo ai repubblicani di aver salva la vita e scegliere se imbarcarsi sulle

1 Leonida Montanari (1800-1825) fu un carbonaro italiano, membro di una delle


delle cosiddette “vendite” (riunioni segrete carbonare). Scoperti per aver tentato
di uccidere un infiltrato, fu condannato a morte e decapitato.
Il Mizraim di Napoli dalla fine del XVIII secolo fino al XX secolo 117

navi francesi per l’esilio o rimanere nel Regno liberi e indenni. La Capito-
lazione venne accettata dai rivoltosi e sottoscritta dal Cardinale, come Luo-
gotenente del Re Ferdinando; i repubblicani si arresero ed uscirono dalle
fortezze, ma i sovrani, tornati dalla Sicilia, con l’approvazione dell’ammi-
raglio Nelson mantennero i patti solo per i soldati francesi, che lasciarono
partire, mentre li rinnegarono per i repubblicani, che fecero imprigionare,
sottoporre al giudizio di un Tribunale Speciale creato ad hoc il quale, con
giudizio sommario, li condannò a morte, alla prigione o all’esilio.
I maggiori esponenti della Repubblica Napoletana condannati a morte
furono più di cento e tra loro Mario Pagano, Ignazio Cjaia, Vincenzo Russo
e Domenico Cirillo.
L’ammiraglio Francesco Caracciolo di Brienza fu impiccato all’albero
maestro della nave di Nelson mentre Eleonora De Fonseca Pimentel fu a
sua volta impiccata con rinnegamento della nobiltà riconosciutale .
Finì così l’effimera Repubblica Napoletana, con l’amputazione della
parte più colta e più moderna dell’aristocrazia e della borghesia intellet-
tuale di Napoli e con profonde ferite, che rimarranno aperte a lungo nella
società napoletana.
Molti dei nobili partenopei sfuggiti alla feroce repressione o condan-
nati all’esilio tornarono con Giuseppe Bonaparte nel 1806 e rimasero con
Murat; poi chiesero con forza la Costituzione difendendola una volta che
il Re Ferdinando, sostenuto dalle armi austriache, tornato sul trono dopo il
Congresso di Vienna la rinnegò.
Ma gli ideali di giustizia, di libertà, eguaglianza e fraternità inalberati
dalla Repubblica Napoletana rimarranno imperituri nella crescente mag-
gioranza degli italiani.
Del resto, come ha dimostrato il valoroso nostro amico di gioventù Clau-
dio Pirillo nel suo pregevole lavoro “L’eredità politico-spirituale di Roma:
il Risorgimento”, e come vedremo nel proseguo della storia del Mizraim
napoletano e di quello veneziano, la massoneria egizia sorta sul suolo itali-
co ebbe sempre una vocazione libertaria e risorgimentale e sempre si oppo-
se all’oscurantismo clericale ed alla tirannia borbonica ed asburgica.
Essa, in pratica, lottò sempre con tutte le proprie forze per contrastare
quei tentativi, perpetrati da trono ed altare atti ad impedire la riunificazione
dell’Italia e la liberazione di Roma dal potere temporale dei papi, onde
l’Urbe Aeterna potesse essere restituita al suo naturale ruolo di Capitale
d’Italia.
Ecco una ulteriore spiegazione, dunque, di quanto dicemmo prima a
proposito di Goethe e del suo assurdo ostracismo sulla luminosa figura
di Cagliostro: poteva mai essere possibile che un discendente dai barbari
118 I Riti Egizi II

germanici, storici nemici di Roma e dell’Italia, ancorché autentico genio


quale certo fu Goethe, potesse non osteggiare quel grandioso impulso me-
diterraneo, italico e romano di cui la massoneria egizia fu portatrice? Genio
quanto si vuole, ma pur sempre portatore del sangue (e lo ha scritto del
resto lui che “il sangue è un succo molto peculiare”) dell’infida progenie
di Arminio, l’autore del perfido tradimento perpetrato contro le legioni di
Cesare Augusto nella selva di Teutoburgo, un traditore ed un vile che pure
Goethe ebbe il coraggio di esaltare come “campione” delle nobili virtù
degli antichi germani!2
Tornando ora ai fatti del 1799, possiamo dunque dire che la massoneria
egizia napoletana e la stessa intellighenzia partenopea vennero, da quelle
esecuzioni, interamente decapitate. I migliori uomini, le migliori intelli-
genze del regno di Napoli vennero in un sol giorno eliminati e, di conse-
guenza, da questo duro colpo, possiamo dirlo, Napoli non si sarebbe mai
più ripresa completamente.
Nella parte introduttiva del Rituale di XXX grado del Regime di Mizraim
ancora oggi si ricordano, con commosso dolore, i fratelli martiri per mano
del boia e la sorella Eleonora De Fonseca Pimentel che ne condivise la sor-
te; né manca, nel Rituale medesimo, l’esecrazione e la perenne damnatio
memoriae dell’assassino Horatio Nelson, traditore e spergiuro in quanto,
da MASSONE quale egli era, aveva, come tutti i Massoni giurato che mai
avrebbe colpito o fatto torto ad un suo fratello!
Così quando l’ammiraglio Francesco Caracciolo, antenato di un gran-
de moderno esponente dei Riti Egizi, il compianto Sebastiano Caracciolo,
scomparso da pochi anni, venne condotto sulla nave ammiraglia inglese
per essere impiccato all’albero maestro, egli, prima che il cappio gli ser-
rasse il collo, guardò diritto negli occhi Horatio Nelson e, con un sorriso
ironico, portò la mano sinistra al cuore in un noto gesto di un determinato
grado della massoneria che entrambi possedevano. Scrive Adriano Nisco,
autore di una meravigliosa biografia del martire napoletano:

E Nelson, pallido in volto, abbassò lo sguardo a terra per la vergogna. E


rivolgendosi al proprio aiutante, l’ammiraglio inglese disse, con voce abba-
stanza forte da poter essere udita: “Ah! Io son dannato per l’eternità”. Ma

2 Arminio (Gaius Iulius Arminius, in tedesco Hermann o Armin), fu un principe


della popolazione dei Germani Cherusci, ex prefetto di una coorte cherusca
dell’esercito di Roma, è ricordato per essere un traditore del Senato e del Popolo
di Roma per aver sconfitto le truppe romane nella battaglia tenutasi nella foresta di
Teutoburgo, quando, a capo di truppe di tribù germaniche distrusse, con l’inganno
e il tradimento, le legioni romane comandate da Publio Quintilio Varo.
Il Mizraim di Napoli dalla fine del XVIII secolo fino al XX secolo 119

ancora si udì la voce possente del martire Don Francesco: “fratello Nelson,
davanti al Supremo Artefice dei Mondi, Dio Onnipotente, io ti perdono; MA TU
NON POTRAI MAI PERDONARE TE STESSO”. E a quelle parole Nelson si
coprì con entrambe le mani il volto e quasi barcollò, tanto che dovette essere
sostenuto affinché non cadesse.

Alla strage dei liberi muratori egizi riuscirono però a sottrarsi due reli-
giosi: l’abate Nicola Palomba e l’abate Domenico Angherà. Costoro riusci-
rono a riparare l’uno nel casertano di cui era originario, l’altro nella nativa
Calabria, recando in salvo i documenti della massoneria egizia ed il sigillo
dell’Ordine oltre che i più importanti Rituali.
Poco prima della perdita di Napoli da parte dei Repubblicani, l’abate
Palomba aveva trasmesso all’ufficiale napoleonico Gad Bedarride, Masso-
ne dell’Ordine degli Illuminati di Avignone di Don Pernety (il quale, come
vedremo era stato discepolo del barone di Tschoudy), il 90° ed ultimo gra-
do (Maestro della Grande Opera, Patriarca Gran Conservatore, Maestro
della IV Serie) dell’Antiquus Ordo Aegypty seu Mizraim.
È opportuno che il lettore tenga a mente questa notizia, in quanto, come
vedremo, essa è piuttosto importante nell’economia dello sviluppo della
massoneria egizia del XIX secolo! Oltre agli abati Palomba ed Angherà,
anche altri due giovani muratori egizi riuscirono a scampare alle forche
borboniche ed a riparare in Toscana, via Abruzzo. Si trattava di due giovani
ufficiali della guardia repubblicana: Domenico Bocchini, di Salerno, da
poco laureato in legge, ed il marchese Orazio De Attellis di Campobasso.
L’ottimo Palomba fornì i due giovani di credenziali massoniche e lettere di
presentazione affinché essi potessero essere accolti nelle debite forme dai
capitoli del Mizraim degli Abruzzi; capitoli che, tuttavia, come Gastone
Ventura tiene a precisare,3 erano posti sotto la giurisdizione (ovvero, come
si dice in gergo massonico, erano all’Obbedienza) del Mizraim di Venezia.
Dopo la breve permanenza in Abruzzo (che era, non dimentichiamolo,
parte integrante del regno delle due Sicilie), i due giovani ufficiali partirono
per la Toscana, giunsero in Liguria e quindi approdarono in Francia dove
furono accolti dalle Logge del Mizraim di Marsiglia, Tolone, Bordeaux e
Lione, oltre che in quelle di Parigi. Durante il loro forzato esilio da Napoli,
Bocchini e De Attellis poterono completare la loro istruzione massonica
pervenendo, infine, alla suprema Iniziazione agli Arcana-Arcanorum ed
alla podestà di Gran Conservatori dell’Ordine.
Durante l’assenza da Napoli inoltre parteciparono a numerose battaglie
servendo le armi napoleoniche. Bocchini partecipò anche alla campagna

3 Gastone Ventura, I Riti Massonici di Misraim e Memphis, ed. Atanor, Roma.


120 I Riti Egizi II

di Spagna, rivestendo il grado di alfiere del 1° Reggimento Fucilieri di


Giuseppe Bonaparte.
Nel 1811 troviamo ancora Domenico Bocchini ed Orazio de Attellis
in Abruzzo, a L’Aquila, nel Reggimento comandato dal colonnello Gu-
glielmo Pepe, anch’egli patriota e Libero Muratore Egizio. In quella città
i due poterono attivamente frequentare i lavori della Loggia “Della Con-
cordia”.
Con il rientro di Bocchini e De Attellis a Napoli, a seguito della nomina
di Gioacchino Murat, da parte di Napoleone Bonaparte, a re di Napoli, la
massoneria egizia poté essere in breve riorganizzata, sia nella capitale del
regno che negli altri territori dipendenti, anche se il numero degli affiliati
non fu mai eccessivo.
Peraltro sia Bocchini, nuovo Gran Jerofante, che De Attellis, Gran Je-
rofante Aggiunto, continuarono a frequentare anche le Logge Scozzesi, sia
nei gradi c.d. “azzurri” che negli alti gradi. La massoneria egizia dunque
continuava a mantenere le sue caratteristiche di “super-massoneria” i cui
insegnamenti altamente iniziatici venivano riservati a pochi. Tra quei pochi
figurava un erudito avvocato originario di Sessa Cilento, ove era nato il 3
aprile 1776: Filippo Lebano.
Questi, che pare avesse ricevuto l’Iniziazione Egizia da Mario Pagano,
aveva conosciuto il rigore delle prigioni borboniche, essendo stato rinchiu-
so nel 1800 nel carcere di Palermo, ove era stato detenuto fino al 1805.
Altro membro del Mizraim di Napoli fu il sacerdote Antonio De Luca,
parroco di Bosco nel Cilento, membro della società paramassonica dei Fi-
ladelfi e futuro protagonista della rivolta antiborbonica scoppiata nel Cilen-
to il 28 giugno 1828.
Le attività della libera muratoria egizia proseguirono, ancora con mag-
gior discrezione, dopo la caduta di Napoleone e la restaurazione della mo-
narchia borbonica. Bocchini, privato dell’ufficio di magistrato al quale era
stato innalzato da Murat, fece ritorno nella natia Salerno ove esercitò la
professione di avvocato mentre De Attellis partì alla volta degli Stati Uniti
d’America ove costituì alcuni Capitoli del Mizraim ma rimanendo comun-
que sempre attivo nella massoneria Scozzese.
Dopo alcuni anni a Salerno il Gran Jerofante Bocchini ritornò a Napoli
prendendo dimora nel quartiere Vicaria e San Lorenzo, in via Anticaglia.
Dal 1835 al 1837 egli fece pubblicare una rivista, il Geronta Sebezio, nella
quale, con linguaggio velato e squisitamente ermetico, venivano trattati
argomenti dal notevole contenuto iniziatico. Nonostante le attenzioni e l’a-
bilità di Bocchini e degli altri confratelli, gli sbirri borbonici vigilavano, e
dopo appena due anni di vita il Geronta Sebezio fu costretto ad interrom-
Il Mizraim di Napoli dalla fine del XVIII secolo fino al XX secolo 121

pere le pubblicazioni. Particolare estremamente rivelatore è che sul fron-


tespizio di questa rivista campeggiava un disegno raffigurante lo stesso
Domenico Bocchini davanti alla statua del Dio Nilo, ovvero proprio in
quella piazzetta Nilo che era stata sede, come abbiamo visto in precedenza,
dell’arcaico deposito egizio napoletano!
Nel 1833-1834, durante il suo soggiorno in Italia, venne iniziato al
Mizraim da Domenico Bocchini, il giovane e brillante scrittore inglese Sir
Edward Bulwer Lytton; gli echi delle conoscenze acquisite da Sir Edward
attraverso la sua iniziazione egizia sono chiaramente rilevabili nel suo me-
raviglio romanzo esoterico Zanoni.
La morte di Domenico Bocchini, avvenuta a Caserta il 14 maggio 1840,
aprì un breve periodo di stasi nelle attività del Mizraim napoletano; dopo
una breve reggenza di Orazio De Attellis che, pur lontano da Napoli, con-
tinuava a tenere le fila della comunione, emersero due personalità che
avrebbero, negli anni successivi, contribuito a ridare forza e vigore alla
massoneria egizia: Carlo Barnaba Galleani e Giustiniano Lebano, figlio
del defunto Filippo.
Giustiniano fece il suo ingresso nella Loggia di Rito Egizio Folgore
all’Oriente di Napoli nel giugno del 1853, un anno dopo aver conseguito
la laurea in legge. Il suo presentatore fu proprio il Galleani, più anziano
del futuro Gran Jerofante del Mizraim di Napoli di una decina di anni. Di
quella Loggia faceva parte un altro grande personaggio, Pasquale de Servis
di Portici, il futuro Izar Bn Escur. Le attività anti-borboniche del Lebano
lo costrinsero all’esilio prima in Piemonte, dove frequentò assiduamente la
Loggia Ausonia all’Oriente di Torino, e quindi a Parigi ove, attraverso il
barone siciliano Nicola Giuseppe Spedalieri divenne discepolo di Eliphas
Levi. Per un certo periodo a Parigi dimorò anche Pasquale De Servis, che
Lebano presentò ad Eliphas Levi. De Servis era figlio naturale di Francesco
di Borbone e di Angela Fiorini, dama di compagnia della regina di Napoli:
per soffocare lo scandalo la giovane donna fu fatta sposare al farmaci-
sta di Portici Romolo De Servis che diede dunque il proprio cognome al
piccolo Pasquale, il quale vide la luce a Portici il 5 ottobre 1837. Izar Bn
Escur, questo il nome iniziatico di Don Pasquale, fu un grande sapiente che
condusse un esistenza molto appartata e solitaria. Giustiniano ed Izar fu-
rono legati da profondissima amicizia e fu, come vedremo, proprio a causa
dell’enorme affetto che Lebano aveva per Don Pasquale, se egli, in un pri-
mo momento, manifestò un certo atteggiamento di apertura nei confronti di
Ciro Formisano, alias Giuliano Kremmerz.
Ma, tornando alla cronaca degli eventi, nel 1860 dopo la liberazione da
parte di Garibaldi del regno delle Due Sicilie, Giustiniano Lebano poté
122 I Riti Egizi II

ritornare a Napoli e il 9 settembre dello stesso anno fu nominato da Liborio


Romano assessore comunale.
Con l’annessione al Regno d’Italia la massoneria egizia napoletana co-
nobbe un momento di grande prosperità, dal momento che le attività mu-
ratorie potevano ora compiersi senza il timore delle repressioni borboniche
e clericali: tra i protagonisti di quella fortunata stagione ricordiamo oltre ai
citati Lebano, De Servis e Galleani, anche Domenico Angherà, Giuseppe
Fiorelli, Antonio Pasquale De Santis, Gaetano Petriccione, Giuseppe Ric-
ciardi, Francesco De Filippis, Pasquale Cirilli, Giuseppe Lauro e France-
sco Cacace. Fu in questo periodo che l’Antiquus Ordo Aegypti seu Mizraim
assunse la denominazione di Grande Oriente Egizio di Napoli o più sem-
plicemente di Grande Oriente Napoletano.
La perfetta organizzazione del Rito di Mizraim che Giustiniano Lebano
poté creare fu ovviamente favorita dal fatto che egli aveva ereditato Rituali,
Istruzioni e parte dell’archivio dal padre Filippo, Gran Conservatore dell’Or-
dine e da Domenico Bocchini, nonno della moglie di Lebano, Virginia.
Alla fine del XIX secolo si aggiunsero a tali illustri membri anche Giu-
seppe Gallone di Nociglia, principe di Tricase, Pasquale del Pezzo di Cam-
podisola, insigne matematico e futuro sindaco di Napoli oltre che senato-
re del Regno, e infine colui che di Lebano sarebbe divenuto il discepolo
prediletto ed il successore nella Gran Jerofania: Leone Caetani, duca di
Sermoneta e Principe di Teano.
Giustiniano Lebano, a differenza della maggior parte dei membri del
Mizraim italico fu uno scrittore molto prolifico; tra le sue opere ricordia-
mo: Il Cielo Urbico, Dell’Inferno, Il Morbo Oscuro, La Cantica dei Canti-
ci, Saggio del Volgarizzamento della Bibbia, Il Randello.
Oltre a questi libri vanno ricordati i molti articoli da lui scritti per quo-
tidiani e riviste nazionali o locali. Il suo stile appare molto simile a quello
di Domenico Bocchini, il vecchio amico di suo padre Filippo, che Don
Giustiniano aveva conosciuto durante la sua fanciullezza e di cui aveva
sposato la nipote.
Lebano utilizzava un linguaggio arcano, velato e misterioso non intelli-
gibile minimamente ai profani, almeno per quanto riguarda il senso recon-
dito delle sue argomentazioni. La sua vita familiare fu inoltre costellata da
tragedie: infatti nel 1867 perse tutti e tre i figli maschi a causa di una vio-
lenta epidemia di colera. Tale episodio minò gravemente la salute fisica e la
stabilità psichica della moglie, Virginia Bocchini, che cercò conforto prima
nella religione cattolica e poi nelle sedute spiritiche con la nota medium
Eusapia Palladino, nella vana speranza di poter mantenere un contatto con
i defunti figli.
Il Mizraim di Napoli dalla fine del XVIII secolo fino al XX secolo 123

Secondo Vincenzo Gigante, penultimo Gran Jerofante dell’A.O.E., di-


scepolo diretto di Lebano e vissuto fino a 94 anni, essendo morto nel 1967,
Don Giustiniano, pur cercando di assecondare le manie della moglie per
non dispiacerle, era però estremamente addolorato da tale situazione ed
una volta, scuotendo il capo ed indicando la moglie che passeggiava in
giardino disse al giovane discepolo:

Hai visto Vincenzì come è strana la vita? Quello, Don Domenico si starà
rivoltando nella tomba a vedere la nipote che parla con i medium e con i preti.
Gesù! Cose di pazzi!

E scosse nuovamente la testa rimanendo in silenzio. Gigante dopo un


po’ domandò:

Ma dite, Maestro, non è possibile fare niente per vostra moglie? Neppure
voi potete?

Lebano lo guardò negli occhi e sorridendo rispose:

Ricordate buone, Vincenzì: noi possiamo amare con tutto il nostro cuore
ma NON POSSIAMO FARE PIÙ DI TANTO PER COLORO CHE NON SONO
INIZIATI.

Parole terribili ma che devono farci attentamente riflettere!


Riteniamo anche importante ricordare che secondo alcuni Giustiniano
Lebano venne iniziato al Martinismo da Henry Delaage, che apparteneva
alla cerchia degli “Amici di Louis Claude De Saint-Martin”; secondo altri
ad iniziarlo fu lo stesso Papus che Lebano incontrò a Roma intorno al 1890,
durante un viaggio in Italia del celebre occultista francese. In ogni caso è
singolare notare che TUTTI i successori di Lebano alla guida del Mizraim
di Napoli sarebbero stati, a loro volta, martinisti.
Alla morte di Giustiniano Lebano, avvenuta nel 1910, gli subentrò nella
carica di Gran Jerofante dell’Ordine Leone Caetani, duca di Sermoneta e
principe di Teano.
Il nobiluomo era nato a Roma il 12 settembre 1869 da Onofrio Caetani e
dalla nobildonna inglese Ada Bootle Wilbraham. Nonostante l’appartenen-
za ad una delle più antiche famiglie del patriziato romano, che aveva dato
alla chiesa due papi (Gelasio II e Bonifacio VIII) ed una mezza dozzina di
cardinali, i Caetani professavano idee progressiste e libertarie: il Principe
Onorato, padre di Leone, di fede liberale, fu il sindaco di Roma capitale,
mentre Leone diventerà deputato nella coalizione radical-socialista. Mi-
124 I Riti Egizi II

chelangelo Caetani, padre di Onorato e dunque nonno di Leone, fu membro


dell’A.O.E. e presidente del primo governo provvisorio di Roma dopo la
liberazione del 20 settembre 1870. Dopo gli studi classici Don Leone con-
seguì la laurea in lettere e tra il 1888 ed il 1908 effettuò diverse spedizioni
in Egitto ed in Medio Oriente.
Caetani fu uno dei maggiori islamisti di tutti i tempi, tanto che la sua
ponderosa Opera Gli Annali dell’Islam pubblicata in dieci volumi dalla
casa editrice Zanichelli di Bologna è ancora oggi considerato un testo es-
senziale nelle università americane. Con lucida preveggenza Caetani am-
monì l’Occidente a non commettere l’errore di favorire il disfacimento
dell’impero ottomano in quanto ciò avrebbe, secondo l’insigne islamista,
provocato una autentica escalation del radicalismo musulmano e del fon-
damentalismo che, usiamo le sue parole” inevitabilmente finirà per travol-
gere l’intero Occidente.”.
Questa analisi, alla luce di quello a cui stiamo oggi assistendo, risulta
veramente azzeccata ma, come quasi sempre accade quando gli iniziati
dicono la verità, pochi sono disposti ad ascoltarli: peraltro da parlamen-
tare Caetani si oppose all’intervento italiano in Libia e per tale motivo fu
oggetto di violenti attacchi e di una vera e propria campagna denigratoria
da parte della stampa e degli ambienti nazionalistici. Certamente al grande
iniziato non faceva difetto l’amor di patria, tanto è vero che allo scoppio
della prima guerra mondiale, pur non essendo più giovane, partì per il fron-
te come volontario con il grado di tenente di artiglieria, distinguendosi per
molteplici atti di eroismo e mostrando un non comune sprezzo del pericolo
ed un grande coraggio.
Il principe Caetani conobbe Giustiniano Lebano nel 1893 grazie alla zia
paterna, Ersilia Caetani coniugata Lovatelli, sorella del principe Onorato.
Donna coltissima, esperta in archeologia e storia antica, la nobildonna era
entrata in grande familiarità con i coniugi Lebano ed intuendo gli interessi
e le doti del giovane nipote, intese affidarlo alle cure spirituali di Don Giu-
stiniano, che fu immediatamente colpito dalle doti del principe Caetani. Fu
l’inizio di uno strettissimo ed intenso rapporto maestro/discepolo che si sa-
rebbe interrotto solo 17 anni dopo con la morte di Lebano. Così si esprime
Vincenzo Gigante, testimone oculare di tale rapporto:

Leone era, per Don Giustiniano, il figlio che avrebbe voluto avere e che non
ebbe in quanto i tre figli maschi, de mortuis nihil nisi bene, non avevano certo
l’ingegno del padre. Il fatto poi che il colera se li fosse portati via acuiva ancor
di più l’affezione del Maestro per quel suo brillante discepolo. Il rigore e la
severità di Leone tranquillizzavano molto Don Giustiniano: io credo che egli
abbia immediatamente pensato a farne il proprio successore fin dal tempo del
Il Mizraim di Napoli dalla fine del XVIII secolo fino al XX secolo 125

loro primo incontro. D’altra parte proprio in quell’anno, il 1893, il 28 febbra-


io, era venuto a mancare Pasquale De Servis, l’amico più intimo, il fratello più
caro per Don Giustiniano. Io credo che egli ritenesse l’incontro con Caetani
coma una sorta di riparazione che il Fato gli aveva destinato. Del resto la
sollecitudine e l’amore di Leone per il nostro Maestro ricordava molto un au-
tentico sentimento filiale. I rapporti tra Leone e suo padre, il principe Onorato,
erano fortemente improntati a un formalismo tipico delle famiglie, come quella
dei Caetani, che hanno molti secoli sulle spalle. Quando il Principe Onorato
parlava con altri, di lui si esprimeva così: “come può confermarvi il duca mio
figlio... e analogamente Leone, anche quando conversava informalmente con
noi diceva ‘il principe di Teano’, mio padre...” ovvio che i modi bonari, scher-
zosi e talvolta informali di Don Giustiniano avessero fatto scoprire a Leone le
gioie di un affetto paterno che nella sua famiglia di sangue gli erano precluse.
Quanto a Donna Ada (la madre di Leone), pace all’anima sua, ma era, come
tutte le donne inglesi un vero e proprio pezzo di ghiaccio. Donna Virginia al
contrario, si era affezionata a Leone come se fosse figlio loro ed era verso di lui
prodiga di materne attenzioni che certo Leone non aveva mai conosciuto. Nelle
lettere che mi scriveva dal Canada negli ultimi anni della sua vita il mio caro
Fratello spirituale indugiava con la memoria agli anni della nostra giovinezza
quando trascorrevamo lunghi periodi nella villa Lebano di Torre Annunziata;
quei tempi erano per lui gli unici momenti spensierati che aveva avuto modo di
conoscere nella tormentata sua esistenza.

Come al solito le testimonianze dirette rendono conto, con parole assai


semplici dei fatti molto di più che mille astruse congetture di cento penni-
vendoli.
Dunque, con buona pace dei nipotini di Ciro Formisano, che da profani
quali sono, non essendo stati iniziati ai Misteri della libera muratoria egi-
zia, cianciano di inesistenti “Ordini Osiridei Egizi” e ardiscono dare le-
zioni su Don Raimondo, Cagliostro, Don Giustiniano, Leone Caetani, etc.,
a coloro che ne detengono timbri e sigilli, cediamo volentieri di nuovo la
parola a colui (Don Vincenzo Gigante, appunto) che fu a capo dell’Ordine
dal 1940 al 1967.

Ciro Formisano, ovvero Kr-emmerz, che io ho conosciuto molto bene, non


fu mai membro del nostro Rispettabile Ordine. Ciro era una brava persona,
molto buono, generoso e sinceramente desideroso di fare il bene del prossi-
mo MA ERA UNO SPROVVEDUTO ED UN INGENUO DI PROPORZIONI
BIBLICHE. L’unico motivo per cui Don Giustiniano non gli chiuse subito le
porte in faccia era costituito dal fatto che tutti sapevano essere Ciro il figlio na-
turale di Izar Bne Escur dal momento che egli viveva in casa della madre Con-
cetta Argano e che il marito di questa era notoriamente impotente.Kr-Emmerz
presentò al Sommo Sinedrio dell’Ordine (o Sovrano Santuario) la sua Pram-
matica Fondamentale mirante ad una “educazione ermetica” pro-salute po-
126 I Riti Egizi II

puli” (ah, quante illusioni!). Io ero troppo giovane per fare parte del Sinedrio
ma Leone ne era già un componente e mi raccontò che i vecchi Fratelli quando
udirono quelle sciocchezze divennero paonazzi per la collera. Leone parlò e
disse a Ciro che il popolo aveva certo bisogno di case, scuole e medicine ma
non già di Arcani che non è in grado di intendere. Leone disse che se il nostro
Ordine è sopravissuto per secoli e secoli è stato perché si era sempre evitato di
dare le perle in pasto ai porci e che il solo pensiero di poter aprire, anche solo
un barlume delle porte del Tempio ai profani era pura follia”! Leone mi disse
che il povero Ciro balbettava torcendosi le mani grassocce, annichilito dalla
veemenza oratoria di Ottaviano (nome iniziatico del Principe) e sudando, non
sapendo come replicare. Allora Don Giustiniano pose fine alla conversazione e
diede mandato a Leone, a Pasquale Del Pezzo ed a Vincenzo Cuccurullo (il ge-
nero di Lebano, anche lui avvocato) di costituire una Commissione di vigilanza
CHE AVREBBE ASSUNTO IL NOME DI ORDINE OSIRIDEO EGIZIO ALLO
SCOPO DI VAGLIARE E CONTROLLARE LE ATTIVITA’DELLE ACCADE-
MIE MYRIAMICHE CHE FORMISANO VOLEVA ATTIVARE.
DOPO POCO PIÙ DI UN ANNO E DVERSI CONTROLLI IL COMITA-
TO FECE UN RAPPORTO TALMENTE NEGATIVO DA INDURRE SAIRITIS
HUS (nome Iniziatico di Lebano) ad ordinare che nessuno di noi avesse più il
minimo rapporto con Kr-Emmerz e con le sue Accademie.
EGLI GIUNSE AD ORDINARE CHE NESSUNO OSASSE PIU’PRONUN-
CIARE IL NOME DI FORMISANO IN SUA PRESENZA.
Se, per confutare anticipatamente le obiezioni e le strida che i “kremmerzia-
ni” muoveranno a queste nostre rivelazioni, non possiamo certo mettere a loro
disposizioni gli archivi dell’Ordine, possiamo però invitare i lettori intelligenti
(e non plagiati da quelle “meravigliose operazioni” descritte con dovizia di
particolari ad esempio nel sito del CENSUR e consistenti nella fagocitazione
di liquidi organici gabellata per “alchimia spirituale” [sic]) a valutare quanto
Leone Caetani scrive, con l’eteronimo di N. R. Ottaviano (da egli utilizza-
to in quanto, secondo il Liber Ptah dell’Ordine, Caetani era stato in una vita
precedente l’Imperatore Ottaviano Cesare Augusto oltre che Simmaco ed il
marchese Massimiliano Palombara e lo riveliamo in quanto ALTRI lo hanno
già fatto scrivendo pubblicamente tali cose) nella KREMMERZIANA rivista
Commentarium nell’ottobre del 1910.
“Ora dovrei dire io quello che so sulla gnosi e sulla iniziazione (In quanto
la dottrina gnostica da precise indicazioni sulla REALE natura delle Entità
disincarnate ben differenti dalle artificiose suddivisioni, operate dal Kremmerz
tra geni=entità create dall’uomo ed eoni=entità non prodotte dall’uomo e sulle
modalità per entrare in contatto con tali Enti: parimenti l’iniziazione medi-
terranea ai Misteri è ben altra cosa che non distribuire cordoni e fascicoli di
scongiuri) intesa latinamente e questo poco di chiarimento, mi dispiace di non
poterlo distribuire ai poveri che non lo sanno, perché non sono che pagano e
ammiratore del paganesimo e divido il mondo in volgo e sapienti; sapienti di
questo poco se ne servono per difendersi dal volgo, che i miei antenati simbo-
leggiavano nel cane e lo spingevano alla catena sul vestibolo della Domus fa-
miliae con la nota scritta:cave canem; cane perché latra, addenta e lacera (Cave
Il Mizraim di Napoli dalla fine del XVIII secolo fino al XX secolo 127

canem= Cajetana). A proposito di chi ancora si ostina a negare che Ottaviano


fosse Don Leone!). Unico forse tra voi che non sono iscritto alla Fratellanza
(intende la Fratellanza Myriamica e visto che Don Leone era romano dicia-
mo a questo punto”e te credo!”) posso permettermi libertà di linguaggio e di
giudizio, e conservare le mie idee od esporle; e dico cioè che la goffaggine dei
contemporanei che alchimizzano la occulta filosofia cristianeggiando e demo-
craticizzando la scienza vorrebbe mettere a comune – è il comunismo cristiano
primitivo – tutto ciò che sanno gli altri sotto la stupida egida che la sapienza è
patrimonio di tutti – invece io ritengo che questa sapienza di cui mi interesso io
è il patrimonio di pochi per il governo degli inferiori (Esplicazione magistrale
del carattere Elitario, Pitagorico ed Aristocratico dell’Ordine e delle Sue fina-
lità), perciò il mago re e non il mago che diventa il servitore gratuito dei curiosi
e degli oziosi. Su tale argomento sono perfettamente in disaccordo col dott.
Kremmerz, al quale mi uniscono affetto e comunità di studi, ed il Kremmerz
ne ha constatato l’errore con le pene sofferte e i fastidi procuratisi dal 1897
(riferimento alle note tristi vicende familiari del “mago di Portici” quali la
pazzia della figlia, la morte della moglie , la separazione dal marito dell’altra
figlia, le mascalzonate del nipote che culminarono con il celebre “processo
del mago” per la truffa perpetrata ai danni del povero barone Ricciardo Ric-
ciardelli, alias Marco Daffi e per fortuna che Kr-Emmerz dimostrando tutta la
propria “veggenza” scrisse del nipote che avrebbe avuto un’intelligenza così
prodigiosa che avrebbe sbalordito il mondo, ma in realtà costui non combinò
nulla di buono in tutta la sua vita trascinandosi tra un espediente e l’altro)
che cominciò a scrivere di queste cose viete e di trattare gli inferi (Ottaviano
si riferisce, con voluto doppio senso, sia agli inferiori, il volgo, sia agli abi-
tanti dell’infero tartaro evocati dalle celebri” litanie di invocazioni ai geni”
distribuite ai membri della “Fratellanza Myriamica”) come tanti fratelli, uso
S. Francesco di Assisi”.

Volutamente abbiamo conservato l’ortografia, il corsivo, la punteggia-


tura originali dell’articolo di Don Leone. Qualunque studioso in erba di
ermetismo e qualsiasi anche superficiale conoscitore delle vicende relative
a Kremmerz sarà in grado di comprendere i CHIARISSIMI insegnamen-
ti contenuti nelle parole del nostro passato Gran Maestro e gli altrettanto
chiari ammonimenti da egli dispensati.
Ovviamente, l’apertura verso il mondo profano di qualcosa che pur non
essendo l’Ordine poteva in qualche modo far risalire ad esso (“scrivere di
queste cose viete”), fu purtroppo un tragico errore. Ancor più chiara è la
seguente allocuzione pronunciata da Don Leone ed a noi pervenuta tramite
gli archivi dell’Ordine:

Voi vi chiederete: ma quali sono REALMENTE le qualità che diversifica-


no un Iniziato da un essere ordinario? Forse che l’Iniziato possiede un più
solido spessore morale? Certo che no, poiché la comune morale, cattolica e
128 I Riti Egizi II

borghese sta all’iniziato quanto il ventilatore all’esquimese! Dunque egli si


distingue dal volgo per cultura e genio? Tali doni, preziosi in verità fanno di
un uomo un erudito o un valente artista, o anche un ingegnoso scienziato ma
essere INIZIATI, credete, è altra cosa. Presso la Accademia dei Lincei che
per doveri familiari ed obblighi di professione, a lungo frequentai, rinvenni
tanti Iniziati quanti cani labrador nel deserto del Sahara, ovvero:niuno. Ma
allora, quali qualità deve possedere cotesto benedetto Iniziato di cui costui ci
va cianciando? Una sola, diletti Fratelli e Figli: ESSERE UN INDIVIDUO
COSCIENTE. Comprendere che ARS REGIA è da correttamente intendere non
già come “Arte Reale” bensì come ARTE DEL REALE. Esser desti, come il
Gautamo Bhudda raccomandò ai suoi discepoli prima di spirare. Leggete in
modo REALE le vicende dei tempi, tenendo a mente l’Aureo insegnamento del
Sublime ALESSANDRO, Conte di CAGLIOSTRO “Siate liberi, come liberi fu-
rono i Maestri e solo sul SILENZIO costruirete la parola”. Mi vien riferito di
bizzarre iniziative, forse fondate su supposta generosità, miranti ad estendere
al di fuori dell’Ordine i nostri Aurei insegnamenti. Quale aberrazione, a me
socialista si venga a parlare di “pro salute populi” ma diamine, il Popolo ha
bisogno di Giustizia, di Lavoro, di Istruzione, di abitazioni confortevoli e puli-
te, di scuole per i propri figliuoli, non già di Arcani di cui non capirà mai nulla!
Il mostro Ordine Venerato è così tanto sopravvissuto nei millenni perché l’Au-
reo deposito, non fu di già gettato ai porci ma affidato a POCHISSIMI ELETTI
che seppero mantenere e trasmettere ai SOLI DEGNI il SECRETUM. La Via
Magistrale è per pochissimi, ciò ho appreso dal mio Venerato Padre Iniziatore,
Don Giustiniano Lebano, che molti tra voi ebbero la sorte fausta di conoscere:
COSÌ EGLI APPRESE DAI SUOI PADRI E QUELLI DAI LORO fino a ritroso
nei TEMPLI DI MENFI. Così IO FARÒ imperrocche Amati Fratelli LO SPI-
RITO NON È DEMOCRATICO!” Leone CAETANI di Sermoneta. Roma 1919.

A onore del povero Formisano dobbiamo ribadire che le sue intenzioni


erano ottime ed animate dalla massima buona fede e che egli fu totalmente
estraneo alla creazione di quelle aberrazioni di cui abbondano le varie “Ac-
cademie” ed i sè-dicenti “Ordini Osiridei” che allo studioso di ermetismo
di Portici si ispirano; ma, a conferma che le strade per l’inferno sono soven-
te lastricate di buone intenzioni, non possiamo tacere sul fatto che elementi
infidi, portati dal Kremmerz nelle Accademie (in primis il suo stolto genero
avv. Borracci) unitamente ad interventi “caritatevoli” della chiesa di Roma
provocarono il contrabbando di false operazioni ermetiche, spacciate come
deposito dell’Ordine, che furono in tempi successivi codificate con il titolo
di “Corpus Hermeticum Totius Magiae” o più semplicemente “Corpus”.
In tale aberrante accozzaglia di follie (con successive aggiunte da parte
di altri tardivi discepoli del Kremmerz, spesso provenienti da misteriose
“cassette” miracolosamente trovate, magari da badanti di discendenti di
familiari e discepoli del Kremmerz e finale messa in vendita al prezzo di
Il Mizraim di Napoli dalla fine del XVIII secolo fino al XX secolo 129

svariati milioni, incredibile dove può giungere la dabbenaggine umana!) si


favoleggia di “separandi” “magie avatariche” “coobazioni con unione di
sperma e sangue mestruale” fino alle “Spagyrie a due vasi” ove l’Opera al
Nero, al Bianco e al Rosso vengono indicate come rispettivamente, unio-
ne eterosessuale “per vas nefandum”(Nigredo), senza emissione di sperma
(Albedo) e durante il flusso mestruale (Rubedo) e che gli Dei ci perdonino
per aver noi ripetuto simili sconce e perverse nefandezze ma lo facciamo
unicamente allo scopo di mettere in guardia i puri di cuore.
Steiner amava dire che una sana logica consente all’uomo di poter
progredire nel cammino spirituale anche in assenza di doti di veggenza:
orbene in nome di una SANA LOGICA (ovvero una logica esercitata da
menti SANE) ci si domandi come sia possibile che il Cammino Ermetico
possa coincidere con devianze o aberrazioni sessuali del genere! Il fine di
tutto ciò era chiarissimo: mostrare come La Via Egizia Ermetica altro non
fosse che una aberrazione turpe partorita da menti malate. Il celebre motto
“cui prodest?” consente ad ogni attento lettore di comprendere come ci
fossero soprattutto i “figli di Pietro” dietro tale infernale macchinazione
ma senza i Borracci, i Puglisi, i Coraggia, i Parascandolo, i Lombardi, e
via dicendo (senza dimenticare i “campioni” ancora in vita ed in piena
attività) le “nere cornacchie vaticane” non sarebbero mai potute riuscire
in tale intento.
Ad onore del povero Ciro va detto che egli non solo fu totalmente estra-
neo a tali mascalzonate ma anche che, quando si avvide dell’inganno e
delle macchinazioni dei suoi “fidi discepoli”, egli (anche, chiariamolo, im-
paurito dalla veemente reazione di Don Leone che non aveva S. Francesco
come modello ma che aveva viceversa un carattere severo ed intransigente
sul modello degli Antichi Patrizi Romani da cui discendeva, per fortuna
dell’Ordine diciamo noi), si affrettò a far chiudere le “accademie miriami-
che” e gli ordini o pseudo-ordini affini (tra cui ciò che ancora sopravvive-
va della c.d. “Scuola Ermetica Integrale”), sconfessando i suoi discepoli e
chiudendosi in un forzato esilio in quel di Beausoleil.
Purtroppo la frittata era ormai fatta: inoltre le successive leggi fasciste
contro le società segrete e le relative persecuzioni indussero Don Leone
(che del resto era antifascista e sulla lista nera del Regime, oltre che, ovvia-
mente, del Vaticano) a mettere in sonno l’Ordine e ad emigrare in Canada,
anche per ragioni personali che sono pubbliche, essendo state chiarite da
lui medesimo nella lettera all’amico Giorgio Levi della Vida, pubblicata
su vari libri e nel medesimo sito internet dell’accademia dei Lincei e che
riguardano l’impossibilità, a causa delle leggi italiane, di poter riconoscere
la figlia Sveva nata dal matrimonio morganatico con Ofelia Fabiani.
130 I Riti Egizi II

Don Leone lasciò il deposito Iniziatico nelle mani di tre membri fidatis-
simi del Sinedrio: Pasquale del Pezzo, il figlio di questi, Gaetano, e Vin-
cenzo Gigante, che assunse formalmente la carica di Gran Jerofante nel
settembre del 1940.
Direttamente o indirettamente, negli ultimi anni di vita “Ottaviano” tra-
smise gli Arcani ad altri Adepti meritevoli: tra questi citiamo Philippe En-
causse, figlio di Papus e l’inglese Lionel Firth, legato da parentela sia con
la celebre occultista Dion Fortun (Violet Mary Firth) sia con lo stesso Don
Leone, la cui madre, Ada, era, come abbiamo visto, di nazionalità inglese.
Nel 1966 Vincenzo Gigante (Haar-Poor-Krat) rimise il Pontificato nelle
mani di Hermanubis (vivente) che trasferì la sede magistrale dell’Ordine
nella città in cui risiedeva: Marsiglia. Questi i fatti, espressi nel modo più
succinto: il resto sono chiacchiere o fantasie destituite da ogni fondamento.
Non intendiamo perdere tempo a parlare dei moderni “continuatori er-
metici” dell’opera del Kremmerz asserenti la potestà da loro posseduta di
“conferire l’iniziazione con lo sguardo” (sic!) o divenuti seguaci di santoni
indiani o addirittura denunciati da discepole per molestie sessuali e violen-
za carnale, con buona pace della celebre castità predicata (a chiacchiere)
dagli emuli del “mago di Portici”!
Ricordate che un albero si giudica dai propri frutti ed i frutti del Krem-
merz sono sotto gli occhi di tutti. Naturalmente ogni regola ha le sue ec-
cezioni e noi abbiamo potuto conoscere (ed accogliere nell’Ordine) anche
nobilissimi individui che provenivano da tali contesti ma che si sono tenuti
alla larga da equivoche “operazioni” pseudo-ermetiche. Inoltre, prima di
partire per il Canada, Leone Caetani trasmise il Deposito del Mizraim di
Napoli a Marco Egidio Allegri, suo confratello nell’Ordine Martinista in
cui N.R. Ottaviano era stato associato dall’avvocato Alessandro Sacchi,
predecessore di Allegri alla carica di Gran Maestro di quest’ultimo Ordine.
Nel 2012 Hermanubis, oramai ultranovantenne, abdicò in favore di un
Fratello che, disponendo anche del Magistero di una Linea del Rito di
Memphis e Misraim, potè unire tra loro tali Depositi creando il Regime
Rettificato di Mizraim-Memphis.
Mario Pagano.

Moneta coniata dalla Repubblica Napoletana.


Lapide commemorativa della Sorella Eleonora Pimentel De Fonseca.

L’Ammiraglio
Francesco Caracciolo.

Domenico Bocchini (Nicodemo Occhioboni).


Disegno dell’epoca.

Orazio De Attellis (Setteali).


Pasquale De Servis (Izar Bne Escur, 1818-1893).
Foto tratta dalla rivists “Politica Romana”, n. 3 del 1996, articolo firmato da Elysius.

Virginia Bocchini e Giustiniano Lebano.


Frontespizio di “La Cantica dei Cantici” di Giustiniano Lebano

Facciata est di villa Lebano a Torre Annunziata. Si noti il simbolo Martinista.

Giustiniano Lebano in tarda età. (Sairitis Hus).


Sigillo Originale dell’A.O.E. Sigillo e firma di Leone Caetani
Seu Mizraim nella (Archivio A.O.E.).
denominazione di “Grande
Oriente Egizio di Napoli” 1865
(Archivio A.O.E.).

Allegato 23: Sigillo e firma di Pasquale De Servis (Izr Bne Escur). (Archivio A.O.E,).
Daga del Gran Jerofante dell’A.O.E.seu Manoscritto per le Istruzioni Operative
Mizraim (Archivio A.O.E.). degli Arcana-Arcanorum
(Archivio A.O.E.).

Manoscritto Originale degli Arcana- Atto di Successione Vincenzo Gigante


Arcanorum (Archivio A.O.E.). /Hermanubis (J.M.A.V.)- (Archivio
A.O.E.).
Atto di successione Hermanubis/Apis. Don Leone Caetani Principe di Teano e
Si noti il sigillo originale dell’Antiquus Duca di Sermoneta.
Ordo Aegypti seu Mizraim
(Archivio A.O.E.).

Don Leone Caetani a Vernon nel 1933.


Il Castello dei Caetani a Sermoneta (Latina).

Stemma Araldico della Famiglia Caetani.


Pasquale Del Pezzo di Campodisola. Una rara immagine di Vincenzo Gigante
(Haar-Phoor-Krath).

Giuseppe Gallone di Nociglia


Lettera Patente di XXX grado rilasciata dal Supremo Consiglio del Rito Scozzese
Antico ed Accettato al Fratello Giuseppe Cuccurullo, genero di Giustiniano Lebano.

Allegato: Timbro originale del


Sinetrio (o Sinedrio Generale,
corrispondente al Sovrano
Santuario) dell’A.O.E. Seu
Mizraim. Tale timbro fu
utilizzato a partire dal 1860.
CAPITOLO V
IL RITO DI MISRAIM IN FRANCIA
NEL SECOLO XIX

I nostri lettori ricorderanno che nel 1799 l’abate Nicola Palomba, Gran
Conservatore 90° grado del Mizraim napoletano, aveva iniziato agli Arca-
na-Arcanorum l’ufficiale francese Gad Bédarride che si trovava a Napoli
con le truppe del generale Championnet inviato dalla Repubblica francese
contro i Borboni; fu proprio grazie alle armi francesi che i rivoluzionari
napoletani poterono cacciare il re e proclamare la Repubblica e fu proprio a
causa del ritiro delle truppe francesi che la restaurazione monarchica potet-
te verificarsi senza grandi ostacoli nel modo che abbiamo precedentemente
descritto.
Al suo rientro in Francia Gad Bedarride rilasciò, come era uso dei tempi,
una Lettera/Patente del Mizraim ai suoi tre figli :Marc (1776-1846), Michel
(1778-1856), e Joseph (1787-1840).
Per i motivi che appariranno evidenti tra poco, Gad Bedarride non tra-
smise però ai figli nessun rituale dei gradi del Mizraim napoletano forse
perché non ne disponeva o forse perché, nonostante il noto assioma che
“ogni scarafone è bello a mamma sua”, conoscendo l’intima natura della
propria prole, intuiva il pessimo uso che ne avrebbero fatto.
In tutti i casi il 21 maggio 1814 i Fratelli Bédarride, che nei giornali e
riviste massoniche dell’epoca vengono indicati come di origine ebrea-por-
toghese e di professione commercianti, fondarono in Rue des Bon-Enfants,
al civico 27 un Gran Capitolo del Rito di Misraim dando ampia diffusione
dell’evento.
La scala dei gradi proposta dai tre intraprendenti fratelli era un vero e
proprio pasticcio: accanto a gradi provenienti dal Rito di Perfezione (ed
adottati anche dal Rito Scozzese) posti nelle posizioni più inverosimili (es.
Cavaliere dell’Arco Reale al 31° grado in luogo dell’abituale 13° posizio-
ne che occupa nella scala scozzese, Cavaliere Rosa-Croce al 46° grado e
non al 18°, Cavaliere Noachita o Prussiano al 35° grado invece del 21°,
etc.), figuravano gradi dai nomi inverosimilmente pomposi ed inventati di
sana pianta quali, ad esempio un improbabile “Primo Discreto del Chaos”
(49°grado) “Minatore” “Lavatore”, “Soffiatore” e “Fonditore” Massoni-
144 I Riti Egizi II

co rispettivamente (54°, 55°, 56° e 57° grado) “Cavaliere della Ranuka”


(69° grado), “Supremo Consiglio Generale dei Sovrani Principi Grandi
Haram” (73° grado) e via di questo passo!
Si fa peraltro notare come ancora oggi la scala dei Fratelli Bédarride
venga spesso confusa con quella del Misraim di Venezia e questi gradi fan-
tasiosi vengano ancora spacciati come originari veneziani, come abbiamo
potuto appurare attraverso un volume pubblicato recentemente in Francia
e dedicato appunto al “Rito di Misraim Venezia 1788”. In questo volume
viene riportata la scala dei 90 gradi con i gradi “scozzesi” nelle posizioni
“anomale” sopra citate ma con evidenti refusi dovuti alla trasfusione dei
testi rituali ripresi pari pari dallo scozzese senza alcun adattamento.
Accade così di trovare in questo testo, a mero titolo di esempio, al 61°
Grado quello che nel Rito Scozzese è il 20° e poi, nella riproduzione del
rituale, la dicitura “chiusura dei lavori del… 20° Grado”.
Nel manuale di Vuillaume del 1820 che raccoglie le parole, i segni ed
i toccamenti del Riti allora operanti in Francia, il Mizraim dei Bédarride
viene presentato come “Rito Egiziano o di Misraïm” ed i suoi 90 gradi
vengono divisi in quattro serie e diciassette classi. 1
Tuttavia, a quanto ci consta, di questi medesimi gradi non esiste in cir-
colazione e forse non è mai esistito un rituale completo.
Nella scala del Misraïm dei Bédarride venivano, in realtà anche con-
templati autentici gradi originari del Mizraim di Napoli come il Cavaliere
del Sole (51°), il Supremo Comandante degli Astri (52°), il Vero Massone
(58°) il Cavaliere dell’Arcobaleno (68°) ma quando si confrontano i segni
d’ordine, le parole di passo, i toccamenti e le batterie di tali gradi del Rito
di Misraim dei Bédarride (pubblicati peraltro da Jean Marie Ragon (Tui-
leur gènèral de la Franc-maçonnerie ou le Manuel de l’Initiè, Paris 1861)
si scopre che essi risultano completamente differenti rispetto a quanto in-
dicato nei Rituali del Mizraim napoletano ovvero, possiamo ben dirlo, nel
“Mizraim vero”!
Ma dove i Bédarride si superano è nella definizione e nelle rispettive in-
terrogazioni degli ultimi quattro gradi del loro sè-dicente Rito: sono scom-
parsi, come per magia, gli Arcana-Arcanorum, che i tre fantasiosi fratelli
sostituiscono con: “Supremo Gran Consiglio Generale dei Gran Maestri
Costituenti dell’Ordine”, “Sovrano Gran Principi del 87° grado”, “Su-
premo Consiglio dell’88° grado”, “Supremo Consiglio del 89° grado” e
“Supremo Consiglio del 90° e Ultimo Grado”.

1 Claude-André Vuillaume, Manuel Maçonnique ou Tuileur de tous le Rites prati-


qués en France, Parigi 1820, p. 27 e segg.
Il Rito di Misraim in Francia nel secolo XIX 145

I segni d’ordine, le parole, i toccamenti e le batterie di tali pasticciati


ultimi quattro gradi fanno letteralmente accapponare la pelle per l’insul-
saggine e l’ignoranza di tali sè-dicenti “Maestri”: nel 90° grado, infatti,
viene descritta la seguenti parole: “Ghibor Gheborim Adir Adirim Gelion
Bagelionim” (in ebraico: sublimi fra i sublimi) che appare piuttosto come
uno scioglilingua!2
Nonostante l’evidente falsità di tale Rito, scollegato da qualsiasi tra-
dizione, tuttavia i Fratelli Bédarride, in analogia a quanto si verifica oggi
per alcuni loro “colleghi” di imbrogli, riscossero inizialmente un discreto
successo tanto da catturare tra le loro fila anche un massone di notevole
cultura e fama quale era Jean-Marie Ragon.
A riprova di quanto sopra accennato facciamo notare come già nel 1820
uno studioso come Vuillaume aveva accuratamente citato l’esistenza degli
Arcana Arcanorum e ne aveva descritto, con le nozioni in suo possesso, le
caratteristiche.
Scrive Vuillaume nel suo manuale:

Siamo in possesso, sotto il titolo di Arcana Arcanorum, di un rituale degli


ultimi quattro gradi di un Rito Egizio, essenzialmente differente da quello di
cui abbiamo appena fornito l’estratto; essi non si assomigliano che per alcuni
segni caratteristici che sono loro comuni. I primi sono qabbalistici e fanno
seguito al sistema seguito nella massoneria egizia; questi al contrario sono fi-
losofici e non sembrano appartenere al Rito di Mizraim se non per il loro titolo.
Noi sappiamo inoltre che questi quattro gradi non sono adottati dalla potenza
che governa il Rito Egizio in Francia; ma noi non ignoriamo che l’autenticità
degli uni può essere eguale a quella degli altri, e che le differenze provengono
dalle fonti dalle quali sono stati estratti. Noi riconosciamo meglio in questi ul-
timi il vero scopo della Muratoria. Qualunque cosa siano, noi pensiamo di fare
piacere ai lettori fornendo loro la descrizione di questi quattro gradi, apocrifi
o no, per completare il Rito Egizio.3

La descrizione, sia pure sommaria, che fornisce Vuillaume di questi gra-


di porta a pensare che il manuale nelle sue mani fosse autentico, perché in
esso troviamo elementi che effettivamente si trovano nei rituali originali
del Misraim di Napoli, e questo depone a favore della tesi secondo la quale
i Bédarride abbiano operato di fantasia o, a tutto concedere, abbiano as-
semblato materiale vario giunto chissà come in loro possesso.
Del resto se si legge l’opera di Marc Bedarride, il più acculturato dei
tre dato che, da quanto riferisce Ragon gli altri due si esprimevano perfino

2 Claude-André Vuillaume, op. cit., p. 405.


3 Claude-André Vuillaume, op. cit., p. 406 e segg.
146 I Riti Egizi II

in un francese stentato, ovvero “De l’Ordre maconnique de Misraim, de-


puis sa création jusqu’a nos jours, de ses luttes et de ses progrès” tomi I
e II, pubblicato per la prima volta dall’editore Bernard & co. di Parigi nel
1845, si può facilmente avere la conferma che al figlio del valoroso Gad
non difettava certo la fantasia: il Misraim, secondo quell’autentico delirio
che rappresenta il testo in argomento – diviso in “stazioni” ciascuna delle
quali copre un certo periodo storico – sarebbe stato istituito direttamente
dal Padre Eterno in persona con Adamo in veste di Primo Sorvegliante
nell’Eden!
Dopo Noè, uno dei figli di questi, Cam, avrebbe trapiantato il Rito di
Misraim in Egitto: quindi un discendente di Adamo, di nome Balaàm, an-
tenato dei Bédarride, avrebbe introdotto il rito in Etruria e precisamente
nella città di Firenze!
Il Misraim sarebbe stato praticato anche a Milano e per tal motivo Fede-
rico Barbarossa ne aveva decretato la distruzione (sic!). Altri illustri mem-
bri del Rito di Misraim sarebbero stati Giotto, Arnaldo da Villanova e, na-
turalmente, i soliti onnipresenti Templari (a conferma di quanto scrive Eco
nel Pendolo di Focault “tutti i matti prima o poi tirano fuori i Templari”)!
Quanto al padre Gad, egli sarebbe stato iniziato, ad Avignone da un tal
Israel Cohen detto Carosse e poi a Cavaillac da un sapiente patriarca di nome
Ananiah. Ma a pagina 126 del 2° volume, alla 27° stazione, si raggiunge il
culmine quando, con una faccia tosta da premio oscar si afferma che:

in questo tempo il nominato Cagliostro, siciliano di nazionalità, che aveva per-


corso una infinità di vie ed acquisito in Egitto qualche grado massonico, li alterò
formando un sedicente Rito egiziano a suo piacimento; egli venne in Francia dove
ebbe un gran numero di discepoli, ma nel 5790 (1786 secondo il modo di calcola-
re gli anni nel computo massonico dei Bédarride) fu obbligato a lasciare Parigi.
Dopo aver percorso altre vie, fu nella grande Roma che nel 5793 (quindi nel 1799)
fu arrestato e posto al FORTE (sic!) Sant’Angelo dove morì. Noi manteniamo il
silenzio su tutti i fatti di questo mago, la storia profana è sufficiente.

Come i lettori possono agevolmente constatare Marc ed i suoi degni


fratelli, estremamente ignoranti, non erano neppure a conoscenza di eventi
accaduti pochi anni prima, arrivando a confondere il Castel Sant’Angelo di
Roma con la Fortezza di San Leo. In effetti Cagliostro fu infatti, dopo il suo
arresto, rinchiuso in Castel Sant’Angelo ma dopo la condanna trasferito
nella inospitale rocca di San Leo dove morì. Inoltre si reitera l’equivoco di
confondere Cagliostro con il truffaldino Balsamo.
Di fatto i Bédarride furono i progenitori di una autentica pletora di cial-
troni, imbroglioni, visionari e psicopatici di cui (ahimè!) è piena la sto-
Il Rito di Misraim in Francia nel secolo XIX 147

ria dell’esoterismo occidentale moderno e della massoneria egizia e non!


Naturalmente Jean-Marie Ragon, uomo colto ed intelligente, non impiegò
molto a comprendere che aveva a che fare con dei millantatori e già nell’ot-
tobre del 1814, ovvero pochi mesi dopo aver aderito al Rito di Misraim, ne
uscì accusando i Bédarride di aver carpito la buonafede sua e di coloro che
egli aveva fatto aderire al nuovo Rito dalla Loggia dei Trinosofi di cui era
Maestro Venerabile, tramite i Fratelli Hacquet e Gastebois, all’obbedienza
del Grande Oriente di Francia.
Ragon conobbe tre massoni, Joly, Gaborria e Garcia, che gli parvero
estremamente più affidabili dei Bédarride: i tre infatti possedevano Patenti
di 90° grado del Mizraim di Napoli con le quali erano autorizzati a dar vita
a Logge, Capitoli, Concistori, Areopaghi, etc. del Mizraim fuori dai confini
del Regno delle Due Sicilie.
A riprova del fatto che in questo caso si trattava di un deposito iniziatico
autentico e non “farlocco” vi è un dato inconfutabile: nella citata opera di
Ragon Tuileur gènèral de la Franc-maçonnerie ou le Manuel de l’Initiè,
egli inserisce, dopo i 90 gradi del Rito dei Bédarride i quattro gradi (87°,
88°, 89° e 90°) degli Arcana-Arcanorum, attribuendoli appunto a Joly, Gar-
cia e Gaborria e descrivendo tempi, segni d’ordine, batterie, etc. nello stes-
so preciso modo in cui vengono descritti dagli autentici rituali del Mizraim
napoletano!
Venne dunque creato un Supremo Concistoro Generale del Misraim, con a
capo il citato Joly, che ottenne in breve il riconoscimento da parte del Gran-
de Oriente di Francia. Secondo quanto riferisce Gastone Ventura nella sua
già citata opera (I Riti Massonici di Misraim e Memphis), in tale Regime
confluirono anche le Logge francesi del Mizraim di Venezia che il massone
egiziano Neri Parenti, originario di Zante aveva fondato alcuni anni prima.
I Bédarride, abbandonati a loro stessi, iniziarono uno scandaloso e simo-
niaco commercio di gradi (che ricorda quello in atto attualmente in Italia
da parte di alcuni “iniziati” di nostra conoscenza) che purtroppo avrebbe
molto danneggiato, infangandone il nome, anche il Misraim “buono” di
Joly, Garcia, Gaborria, Ragon, Richard, Pignère, Mèallet e Décollet.
Oltre alla pessima pubblicità che al nome “Misraim” facevano i Bédar-
ride, si aggiunse il problema della svolta “positivista” del Grande Oriente
di Francia che, come è noto, a partire dal 1848 iniziò ad abolire il rife-
rimento all’Essere Supremo (Grande Architetto dell’Universo o Supremo
Artefice dei Mondi) nonché la presenza del Libro della Legge Sacra durante
i Lavori di Loggia.
In nome della “dea ragione” e di un laicismo anticlericale mal interpre-
tato dai dignitari di quella Comunione, i massoni francesi legati al Grande
148 I Riti Egizi II

Oriente volevano creare una sorta di massoneria “atea” priva di qualunque


apertura verso il trascendente. Ma una massoneria priva di ogni anelito
deista e spiritualista non poteva e non può, con tutta evidenza, avere alcuna
relazione con la libera muratoria egizia la quale, per i motivi che abbiamo
abbondantemente avuto modo di considerare, è spiritualista e teista per
definizione, con una forte vocazione magica e teurgica.
Ovviamente molti membri del Misraim francese si opposero con grande
energia a questa svolta “atea” del Grande Oriente di Francia, rifiutando con
decisione di uniformarsi ad essa. Ma il Grande Oriente di Francia coinci-
deva, in massima parte, con gli apparati dello stato francese, e così si assi-
stette ad una autentica persecuzione delle logge egizie con irruzioni della
polizia, arresti dei membri delle logge, ostracismo e diffamazione da parte
degli organi di stampa, ricatti ed intimidazioni.
Si tratta di una pagina assai triste della storia della massoneria che poco
onore arreca ad una grande e prestigiosa comunione quale il Grande Orien-
te di Francia ma sulla quale non possiamo tacere.
Si venne perciò a creare una sorta di Misraim “addomesticato” ovvero
completamente snaturato dalle sue peculiari connotazioni esoteriche e spiri-
tuali e prono dunque alla logica del “nuovo corso”che la massoneria francese
aveva intrapreso. A capo di tale Rito “edulcorato” fu posto certo Thomas
mentre Gran Segretario del nuovo Misraim era lo stesso dottor Chaillot, au-
tore del celebre discorso che rinnegava il Supremo Artefice dei Mondi.
Alcuni muratori autenticamente Misraimiti non accettarono tale situazio-
ne e si raccolsero attorno al dr. Girault creando, nel 1869, un Rito di Misraim
regolare ed ispirato ai Tradizionali contenuti della massoneria egizia.
Tale Rito, che ebbe forte propaggini anche in Irlanda e che assunse la
denominazione di Ordre Maconnique Oriental de Misraim ou d’Egypte,
fu costretto a lavorare in semiclandestinità, potendo uscire allo scoperto
soltanto verso la fine del XIX secolo sotto la Gran Maestranza di Hyppo-
lite Osselin, che nel 1884 riuscì a riunire quasi tutte le Logge del Misraim
francese sotto la propria guida.
Nel 1887 gli subentrò, nella carica di gran Maestro il figlio Jules. La
Loggia Madre di tale Rito era la “Arc en Ciel” posta all’Oriente di Pari-
gi: in tale Loggia videro la luce dell’iniziazione Massonica Marc Haven e
Sédir, due dei protagonisti del Primo Supremo Consiglio dell’Ordine Mar-
tinista fondato da Papus.
Per quanto riguarda Papus, ovvero il dr. Gérard Encausse, secondo
quanto riferisce il figlio Philippe nella ricca e documentata biografia del
padre (“Papus, son livre, son ouvre”), egli nel 1907 avrebbe ricevuto una
Patente del Mizraim dall’Italia.
Il Rito di Misraim in Francia nel secolo XIX 149

Possiamo facilmente concludere che si trattava del Mizraim di Napoli,


dal momento che, come vedremo, il Mizraim di Venezia era in quel periodo
in sonno; del resto abbiamo visto come Papus fosse in rapporti con il Gran
Jerofante Giustiniano Lebano.
Si ignora invece se, dove e quando il Misraim francese abbia concesso
Patenti a Giovanni Pessina, altro personaggio piuttosto stravagante nel pa-
norama dei Riti Egizi e che incontreremo quando ci occuperemo del Rito
di Memphis.
Di fatto nel 1880 il Pessina, non pago della confusione che aveva già creato
nel Memphis (e che vedremo tra poco) pensò anche di “risvegliare” il Rito di
Misraim a.... Napoli, ovviamente auto-proclamandosene Gran Jerofante!!!
La reazione dell’autentico Rito di Mizraim napoletano e del suo legittimo
Gran Jerofante, l’avv. Lebano non dovette tardare molto dal momento che il
Pessina corresse immediatamente il tiro dicendo che il Misraim che aveva “ri-
svegliato” era quello francese che, essendo confluito nel Grande Oriente di
Francia aveva snaturato i propri contenuti iniziatici. Peccato però che, come
abbiamo visto, ci avevano già pensato Girault e Osselin a mettere a posto le
cose in Francia!
Il Misraim francese verrà poi, nel secolo XX, a confluire, in buona parte
nella “fusione a freddo”del 1881 tra Rito di Memphis e Rito di Misraim salvo
un effimero e fugace “risveglio” operato nel 1956, grazie ad alcuni muratori
egizi di alti gradi provenienti dalla Loggia Arc en Ciel da parte del prof. Hen-
ry Probst-Biraben, il quale morì l’anno successivo nominando suo successore
l’italiano Ambrogio Gerosa che viveva a Firenze.
Il Gerosa non lasciò eredi e cedette il proprio Deposito Iniziatico al “Sovra-
no Santuario Adriatico” di cui avremo modo di occuparci più avanti. Tuttavia
la Filizione di Probst-Biraben-Gerosa venne rivendicata nel 1984 dal belga
Bruyninckx ed è tutt’ora operante una Gran Loggia del Misraim in Belgio.
Su Ambrogio Gerosa, figura molto poco conosciuta e piuttosto misterio-
sa della libera muratoria egizia, molto stimato da Gastone Ventura e dal suo
successore Sebastiano Caracciolo abbiamo raccolto la diretta testimonianza di
Vittorio Vanni che lo conobbe personalmente e lo frequentò a Firenze, città
dove questi si era stabilito.
La posizione personale di Vittorio Vanni, martinista, autorevole storico e
saggista, sulla libera muratoria egizia è notoriamente molto critica; ma, del
resto, vista l’estrema confusione che regna in questo ambito, e della quale ab-
biamo abbondantemente dato e daremo ulteriormente conto, non sorprende
che un esponente del Rito Scozzese Antico ed Accettato, Rito che avrà anche
i suoi scheletri nell’armadio ma che certamente è molto meno ingarbugliato
della libera muratoria egizia, rimanga disorientato e sconcertato dalla miriade
150 I Riti Egizi II

di “Filiazioni” e dalla pletora di “Gran Jerofanti” (in massima parte di vere e


proprie “Obbedienze di condominio”, costituite da 4 gatti) che si vedono in
circolazione nell’odierno panorama dei Riti Massonici Egizi.

Per quanto abbia conosciuto e frequentato Ambrogio Gerosa (Ambros S.I.I.)


negli ultimi anni della sua lunga vita, ben poco posso dire. Gerosa scrisse al-
cuni brevi interventi di vario genere su “Conoscenza”, la vecchia Rivista fio-
rentina di cui per tanti anni sono stato segretario di redazione, ma non ha mai
scritto un articolo. Ambrogio Gerosa è conosciuto soltanto per alcuni accenni
di Ventura nel suo libro Tutti gli uomini del Martinismo, in cui è citata una sua
lettera a Gastone, del 26 aprile 1948. In questa lettera Ambrogio narrava di
diatribe all’interno delle due Massonerie e di competizioni fra il Porciatti e il
Farina per la direzione della rivista Atanòr. Inoltre, fu uno dei firmatari del
Convento d’Ancona del 1962. Ventura veniva spesso a Firenze sia per trovare
Gerosa, per cui aveva una particolare stima, sia per trovare il marchese Mal-
vezzi Campeggi, precettore di un gruppo neo templare molto vicino alla chiesa
cattolica, gruppo che aveva il privilegio di sfilare in processione per il Corpus
Domini. Ventura mi chiese di frequentare Ambrogio Gerosa, e di mantenermi
in contatto nel caso avesse qualche necessità, dato la tardissima età. Gerosa
abitava in una vecchia casa di via Guelfa, ma l’estate la passava a Viareggio,
dove aveva un villino. Già al mio primo incontro mi disse che data la sua
età, non poteva farmi da maestro, cosa che non gli avevo certamente richie-
sto. Naturalmente mi aspettavo qualche informazione interessante ma Gerosa
mi raccontava per lo più delle sue vicende militari in Africa e innumerevoli
barzellette anni venti. Raramente mi raccontava delle sue vicende iniziatiche,
legare in particolar modo alla sua amicizia con Mallinger, (Sar Elgim) defun-
to nell’aprile 1982 a Bruxelles e divenne, dopo la sua morte, Gran Jerofante
Mondiale del Rito di Misraïm. In Italia ebbe un solo adepto, il figlio di Alfonso
Del Guercio, una volta preside dell’Accademia myriamica fiorentina. Gero-
sa, per quanto fosse stato introdotto nell’ambito miryamico, non superò mai
i primi gradi e non appartenne al GOOE. Del Guercio, negli anni ’80, ebbe
pressanti e numerose richieste di veri o fantomatici documenti dell’Accademia
Miryamica paterna, ma non diede mai niente. Personalmente non gli chiesi
mai nulla. Jean Mallinger, pitagorico, Martinista, era anche Gran Jerofante
Mondiale del rito di Misraim.4
Alla morte di Mallinger, Gerosa fu eletto Gran Jerofante Mondiale del Rito
di Misraim ma non svolse mai attività massonica. L’unico altro membro fu
appunto Del Guercio.
Alla morte di Gerosa due martinisti entrarono nella sua abitazione, sfon-
dando la porta e trafugarono alcuni documenti. Sic transit gloria mundi…

4 Per ulteriori approfondimenti si veda: http://www.giulianokremmerz.it/STORIA/


Storia/24_Le_uniche_tracce_certe.htm
Marc Bedarride. Sigillo utilizzato dalla Loggia Madre
Arc en Ciel.

Antico Grembiule del Misraim francese (1878).


Registro matricola della Loggia Arc-En-Ciel per l’anno massonico 1897-1898.

Jean Heny Probst-Biraben. Paul Sédir (Al secolo Yvonne Le Loup).


Logo della Gran Loggia Misraimita del Belgio
(Filiazione Mallinger-Probs Biraben-Bruyninckx).

Carta intestata dell’Ordre Maçonnique Oriental de Misraim.


CAPITOLO VI
IL RITO DI MEMPHIS O ANTICO E PRIMITIVO
RITO ORIENTALE
Étienne Marconis de Nègre

Nel 1815 un ufficiale di origine italiana che aveva partecipato alla


campagna in Egitto di Napoleone, Gabriel-Mathieu Marconis ed il com-
merciante Samuel Honis diedero vita, assieme ad alcuni vecchi compagni
d’arme di Marconis, ad una Loggia “egiziana” all’Oriente di Mountauban,
una città sita nella regione dei Midi-Pirenées nel sud della Francia a poca
distanza da Tolosa: tale loggia fu denominata “I Discepoli di Memphis.”
Non è ben chiaro come tale Loggia lavorasse, ma risulterebbe che essa
praticasse unicamente i tre gradi “azzurri” (apprendista, compagno e ma-
estro) e che utilizzasse i Rituali dell’Ordine dei Fratelli Africani (o Ordine
degli Architetti d’Africa) fondato in Prussia nel 1768, pare per volontà di
Federico il Grande.
Per quanto riguarda tale Ordine dei Fratelli Africani o degli Architetti d’A-
frica, esso fu fondato in Prussia ed istituito in Germania nel 1787 su sugge-
rimento e progetto di Federico il Grande. In realtà se il re Federico ne fu il
patrocinatore ed il protettore, il barone de Tschoudy ne fu il padre in quanto i
“Fratelli Africani” provenivano da quel nucleo di Massoni che il barone alsa-
ziano iniziò ed istruì durante i suoi viaggi in Germania, il primo dei quali venne
compiuto su espresso ordine ricevuto dal giovane nobile da parte del suo Ma-
estro, il Principe di Sansevero, in contatto epistolare con alcuni ambienti rosa-
cruciani e massonici della Germania settentrionale. Più che un Rito Massonico
esso è da considerarsi come una sorta di “Accademia Massonica” che prospe-
rò in piena libertà, senza alcun desiderio di predominio in seno alla Famiglia
Massonica e senza legarsi ad alcun sistema, compresa la “Stretta Osservanza”
a quell’epoca molto forte in Germania. L’Ordine dei Fratelli Africani predicò
la più assoluta tolleranza verso ogni fede e sistema, professando i più ortodossi
principi massonici e dedicandosi particolarmente allo studio sulle origini delle
varie scuole Iniziatiche e della libera muratoria in particolare. La sua dottrina
è riportata nel testo noto come “Crata Repoa” i cui fondamenti sono alla base
di molti dei Rituali del Rito di Memphis di Marconis de Nègre. Vi fu una
stretta contiguità tra l’Ordine dei Fratelli d’Africa e l’Ordine dei Filaleti, depo-
sitario, peraltro, dell’archivio dell’Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen
156 I Riti Egizi II

dell’Universo fondato da Martinez de Pasqually. Si possono rilevare le tracce


dell’Ordine dei Fratelli d’Africa fino al 1806, anno in cui risultava operante un
Capitolo nella città di Berlino; quindi l’Ordine scomparve confluendo in parte
nel già attivo Mizraim, in parte nel Memphis, fondato nel 1815 a Montauban
(Francia). La struttura dell’Ordine era articolata in 10 gradi così suddivisi: 1°
Tempio:1°-2°-3° grado corrispondenti ai gradi simbolici o “azzurri” (Appren-
dista, Compagno, Maestro).
2° Tempio: 4° grado (Architetto o Apprendista dei Segreti Egiziani) 5°
grado (Iniziato dei Segreti Egizi) 6° grado (Fratello Cosmopolita) 7° grado
(Filosofo Cristiano) 8° grado (Maestro dei Segreti Egiziani).
Gradi Superiori (o 3°Tempio) 9°Armiger 10° Eques Nel “Grande Libro
della Natura” Vincenzo Soro ci ricorda che gli “Architetti d’ Africa”, dava-
no, a partire dal 4° grado del secondo Tempio, un’istruzione iniziatica mol-
to estesa e completa partendo dal presupposto che, secondo tale Ordine, il
Lavoro Massonico nelle Logge Azzurre era sterile se non negletto e che la
Stretta Osservanza,ovvero il Sistema Massonico pseudo-Templare, non co-
nosceva affatto l’essenza vera della massoneria simbolica nè tantomeno era
in grado di afferrare l’essenza dell’alta massoneria. Il termine “Africano”
nasceva dal fatto che i loro studi e le loro pratiche rituarie iniziavano con la
storia egizia e con l’analisi comparata tra Misteri Egizi e Dottrina Massonica.
Solo a partire dal 7° grado appariva la Dottrina Segreta dell’Ordine, di matri-
ce eminentemente rosacruciana.Nelle sedute di loggia (Tornate) si leggevano
trattati e memorie ed ognuno comunicava i risultati dei propri studi e delle
proprie esperienze interiori.Tutte le iniziazioni erano gratuite. L’Ordine pos-
sedeva ricchissime biblioteche ed imponenti archivi, e pubblicava ogni anno
interessanti documenti sulle Associazioni Segrete.
Alcuni autori, tra cui Gastone Ventura, ipotizzano quindi che tale Loggia
dei Discepoli di Memphis avesse, almeno in parte, ereditato la Filiazione
dei Filadelfi di Narbona, attraverso una effimera Gran Loggia dei Filadelfi
d’Egitto che sarebbe sorta nel 1789 e scomparsa nel 1801.
Nella Loggia fondata dal padre venne iniziato anche Jean-Étienne Mar-
conis de Nègre (1795-1868) che possiamo certamente considerare come il
vero fondatore del Rito di Memphis o Rito Orientale di Memphis o Antico
e Primitivo Rito Orientale di Memphis. Jean-Étienne aderì in giovane età al
Misraim dei fratelli Bédarride ma, da massone colto ed intelligente quale era,
non tardò molto a fiutare l’inganno, né più né meno di quanto era accaduto
per Jean-Marie Ragon.
Dopo alcuni contatti con lo stesso Ragon e con Joly, nel 1838, e preci-
samente il 21 marzo, Marconis junior diede vita al Rito di Memphis i cui
Il Rito di Memphis o Antico e Primitivo Rito Orientale 157

principi, enunciati nel testo da lui scritto “Hermès ou Le Sanctuaire de


Memphis”1 risultavano essere i seguenti:
Il Rito massonico di Memphis è l’erede dei misteri dell’antichità; esso educa gli uo-
mini a rendere omaggio alla divinità; i suoi dogmi riposano sui principi dell’umanità;
la sua missione è lo studio della saggezza che serve a discernere la verità; è l’aurora
benefica dello sviluppo della ragione e dell’intelligenza; è il culto della qualità del cuo-
re umano e la condanna dei suoi vizi; è infine l’eco della tolleranza religiosa, l’unione
di tutte le credenze, il legame fra tutti gli uomini, il simbolo delle soavi illusioni della
speranza che predica la fede in Dio che salva, e la carità che fa benedire.

Principi del genere, unitamente alla notevole serietà ed allo spessore


culturale ed iniziatico del suo fondatore determinarono un notevole succes-
so di questo nuovo Rito. Jean-Étienne Marconis de Nègre articolò il Rito di
Memphis in 92 gradi divisi in tre serie:2

PRIMA SERIE
1° Apprendista Libero Muratore
2° Compagno Libero Muratore
3° Maestro Libero Muratore
4° Maestro Discreto
5° Maestro Architetto
6° Sublime Maestro
7° Giusto e Perfetto Maestro
8° Cavaliere degli Eletti
9° Maestro o Cavaliere eletto dei Nove
10° Cavaliere Eletto dei XV
11° Sublime Cavaliere Eletto
12° Gran Maestro Architetto
13° Cavaliere dell’Arco Reale
14° Cavaliere della Volta Sacra
15° Cavaliere della Spada
16° Cavaliere di Gerusalemme
17° Cavaliere d’Oriente
18° Principe Rosa Croce di Heredon
19° Cavaliere Principe d’Occidente
20° Cavaliere Gran Pontefice di Gerusalemme

1 Le sanctuaire de Memphis ou Hermès. Développements complets des Mystères


Maçonniques, pubblicato nel 1849 da Bruyer e recentemente ristampato in Francia
da Hachette.
2 Marconis, op. cit., p. 19 e segg.
158 I Riti Egizi II

21° Cavaliere Gran Maestro del Tempio della Saggezza


22° Cavaliere Noachita o della Torre
23° Cavaliere del Libano
24° Cavaliere del Tabernacolo
25° Cavaliere dell’Aquila Rossa
26° Cavaliere del Serpente di Bronzo
27° Cavaliere della Città Santa
28° Cavaliere del Tempio
29° Cavaliere di Johan o del Sole
30° Cavaliere di Sant’Andrea
31° Cavaliere Kaddosh
32° Grande Inquisitore Comandante
33° Sovrano Principe del Real Segreto
34° Cavaliere Grande Ispettore
35° Gran Comandante del Tempio

SECONDA SERIE
36° Cavaliere Filalete
37° Dottore dei Planisferi
38° Saggio Shivaista
39° Principe dello Zodiaco
40° Sublime Filosofo Ermetico
41° Cavaliere delle Sette Stelle
42° Cavaliere dell’Arco dai sette colori
43° Supremo Comandante degli Astri
44° Sublime Pontefice d’Iside
45° Re Pastore degli Hutz
46° Principe della Collina Sacra
47° Saggio delle Piramidi
48° Filosofo di Samotracia
49° Titano del Caucaso
50° Fanciullo della Lira
51° Cavaliere della Fenice
52° Sublime Scalde (Squadra Sublime)
53° Cavaliere della Sfinge
54° Cavaliere del Pellicano
55° Sublime Saggio del Labirinto
56° Pontefice della Cadmea
57° Sublime Magio
58° Principe Brahmano
Il Rito di Memphis o Antico e Primitivo Rito Orientale 159

59° Pontefice di Ogygia


60° Cavaliere Scandinavo
61° Cavaliere del Tempio della Verità
62° Saggio di Heliopolis
63° Pontefice di Mithra
64° Guardiano del Santuario
65° Principe della Verità
66° Sublime Kavi
67° Saggissimo Munì
68° Grande Architetto della Torre Misteriosa

TERZA SERIE
69° Sublime Principe della Cortina Sacra
70° Interprete dei geroglifici
71° Dottore Orfico
72° Guardiano dei Tre Fuochi
73° Custode del Nome Incomunicabile
74° Supremo Maestro della Saggezza
75° Sovrano Principe dei Senati dell’Ordine
76° Sovrano Gran Maestro dei Misteri
77° Sublime Maestro di Sloka
78° Dottore del Fuoco Sacro
79° Dottore dei Sacri Veda
80° Cavaliere del Vello d’Oro
81° Sublime Cavaliere del Triangolo Luminoso
82° Sublime Cavaliere del Temibile Shaddai
83° Sublime Cavaliere Teosofo
84° Supremo Grande Ispettore dell’Ordine
85° Gran Difensore dell’Ordine
86° Sublime Maestro dell’Anello Luminoso
87° Gran Regolatore Generale dell’Ordine
88° Sublime Pontefice della massoneria
89° Sublime Maestro della Grande Opera
90° Sublime Cavaliere dello Kneph
91° Sovrano Principe di Memphis capo del Governo dell’Ordine
92° Sovrano Principe dei Magi del Santuario di Memphis.

Quando, nel 1862, come vedremo, il Rito di Memphis verrà inglobato


nel Grande Oriente di Francia a questi iniziali 92 gradi ne sarebbero stati
aggiunti altri tre per un complesso di 95 gradi. I tre gradi aggiunti furono:
160 I Riti Egizi II

93° Sovrano Principe del Santuario di Memphis


94° Sublime Patriarca Principe di Memphis
95° Principe e Patriarca Gran Conservatore dell’Ordine e del Rito.

Quello di Marconis era certamente di un sistema fornito di una certa coeren-


za e logicità, in quanto, aldilà di alcune ridondanze con Gradi piuttosto fanta-
siosi ed i cui nomi avevano il probabile scopo di fare colpo sui massoni fran-
cesi in cerca di novità (es. Saggio Shivaista, Principe Bramhano, Pontefice di
Ogigia, ovvero l’isola ove secondo l’Odissea la ninfa Calipso tenne prigioniero
Ulisse per quasi nove anni, etc.), Marconis aveva saputo sapientemente misce-
lare il Rito Scozzese, il Rito di Misraim, l’Ordine degli Architetti d’Africa e,
come abbiamo visto, probabilmente anche l’Ordine dei Filadelfi di Narbona.
Ne risulta un “Corpus Rituale”interessante e di notevole spessore iniziatico
che in parte viene utilizzato ancora oggi dai Regimi Egizi degni di questo nome.
Se, come si suppone, Marconis, emulando i Bédarrire, può aver inventato
qualche rituale, dobbiamo onestamente ammettere che le sue invenzioni non
erano campate in aria ma realizzate attingendo a testi antichi ed alle fonti della
Sapienza Tradizionale, come dimostrano chiaramente le invocazioni di apertu-
ra e di chiusura dei Lavori – che sono differenti da quelle presenti nel Misraim
di Venezia – da lui illustrate nel volume sopra citato ed ancora oggi mantenute,
sia pure con un testo differente, nella maggior parte dei Riti Egizi.
Quella che segue è la traduzione fedele del testo di Marconis.

PREGHIERA DI APERTURA DEI LAVORI


Dio Sovrano, che si invoca sotto nomi differenti e che regna solo,
Onnipotente, immutabile Yehovah, padre della natura, fonte della luce,
legge suprema dell’Universo, noi ti salutiamo.
Ricevi, o mio Dio, l’omaggio del nostro amore, della nostra ammirazio-
ne e del nostro culto.
Noi ci prosterniamo davanti alle leggi eterne della tua saggezza,
dissipa le tenebre che velano la verità, e lasciaci intravedere qualcuno
dei piani Perfetti di questa saggezza con la quale governi tutti i Mondi,
affinché sempre più degni di te, noi possiamo celebrare con inni senza
fine l’universale armonia che la tua presenza imprime alla natura.
Adonaï. Adonaï. Adonaï.3

PREGHIERA DI CHIUSURA DEI LAVORI


Dio Sovrano, che si invoca sotto nomi differenti e che regna solo,

3 Marconis de Nègre, op. cit. pp. 62-63.


Il Rito di Memphis o Antico e Primitivo Rito Orientale 161

Onnipotente, immutabile Yehovah, padre della natura, fonte della luce,


legge suprema dell’Universo, noi ti salutiamo.
Pieni di riconoscenza per la tua bontà infinita,
noi ti rendiamo mille azioni di grazie,
ed al momento di sospendere i nostri Lavori,
che hanno il solo scopo della tua gloria e del bene dell’umanità,
noi ti supplichiamo di vegliare incessantemente sui tuoi figli.
Scosta dai loro occhi il velo fatale dell’inesperienza,
illumina le loro anime, lascia loro intravedere qualcuno dei piani Per-
fetti di questa saggezza con la quale governi tutti i Mondi,
affinché, divenuti degni di Te, noi possiamo cantare con inni senza fine
le tue opere meravigliose e celebrare, con un coro eterno,
l’universale armonia che la tua presenza imprime alla natura.
Gloria a Te Signore! Gloria al tuo nome! Gloria alle tue opere.4

Il testo originale di Marconis di queste preghiere, divenute con il tempo “in-


vocazioni”, è stato successivamente elaborato e modificato, adottando la versio-
ne che abbiamo descritto nel nostro precedente volume dedicato ai Riti Egizi.5
Il lettore colto ed attento avrà in allora facilmente notato come tali succes-
sive invocazioni presenti nei rituali più moderni siano direttamente ispirate dal
paragrafo 31 del Capitolo Primo (Poimandres) del celebre Corpus Hermeticum
attribuito ad Ermete Trismegisto e tradotto dal greco per la prima volta dal ne-
oplatonico Marsilio Ficino di Figline Valdarno su commissione di Cosimo De’
Medici.
Se un appunto può essere fatto a Étienne Marconis è quello di aver voluto
alquanto fantasticare sulle origini “mitiche” del Rito da lui fondato con il solito
quanto scontato riferimento ai Templari6 (definiti non origine ma culla della
libera muratoria): nella sua introduzione al testo, chiamata “Storia Abbreviata
della massoneria”, Marconis parte da lontano ovvero dagli albori delle prime
civiltà umane sorte nella Valle dell’Indo per poi passare in Egitto (e così si spie-
gano i gradi dedicati a Brahma e ai Veda), in Grecia e nel vicino Oriente, con
un curioso quanto interessante passaggio su Mani, perseguitato dai sacerdoti di
Mithra.
Sarebbero stati i Cavalieri Templari ad abbracciare i tre grandi insegnamenti
di Mani, il dualismo, fede nei due principi, il sabaothismo, adorazione delle

4 Marconis de Nègre, op. cit. p. 102.


5 Apis-Eleazar, I Riti Egizi, Vol I, pp. 29-30.
6 Marconis de Nègre, op. cit., pp. 5-6
162 I Riti Egizi II

forze della natura ed il jobaismo, o culto di un dio unico, ed a celebrarne in


segreto quei misteri.
Marconis narra che i Templari avrebbero avuto questi insegnamenti in Pale-
stina da alcuni seguaci di un saggio egiziano chiamato Ormus che sarebbe stato
convertito al cristianesimo addirittura dall’apostolo Marco. Ormus avrebbe ri-
unito attorno a sé un gruppo di discepoli e fondato una scuola di scienze salo-
moniche che si sarebbe perpetuata nei secoli sino ai tempi della prima crociata.
Questa dottrina sarebbe poi stata comunicata ai primi Cavalieri del Tempio che
l’avrebbero esportata in Europa.7
Di questa leggenda troveremo parecchie citazioni in alcuni gradi ermetico-
gnostici, come quello di Saggio della Verità di cui parleremo quando trattere-
mo in apposito capitolo di questa materia.
Si tratta, in tutta evidenza, di fantasie belle e buone e, diciamolo con chia-
rezza, di veri e propri “effetti speciali”che avevano lo scopo di “catturare”
affiliati per il nuovo Rito, soprattutto provenienti dal Rito Scozzese, che si ar-
restava al 33° Grado.
Ciò non toglie, comunque, che se si analizzano i Rituali originali di Marco-
nis de Nègre non si può che dare un giudizio molto positivo sulla bontà di tale
Regime Iniziatico.
Étienne Marconis aveva diviso gli Antichi Misteri di Memphis in due classi,
i piccoli ed i grandi. I piccoli avevano lo scopo di istruire gli iniziati nelle scien-
ze umane, essendo la sacra dottrina riservata agli ultimi gradi di iniziazione,
ovvero la grande manifestazione della Luce.
Fra la conoscenza delle scienze umane e quelle della sacra dottrina vi erano
dei gradini simbolici da salire attraverso un percorso a carattere iniziatico.
Tutti i misteri ruotavano su tre punti principali: la morale, le scienze esatte
e la sacra dottrina. Dal primo al secondo punto o grado il passo era abbastanza
semplice ed avveniva senza intermediari; ma, giunti a questo secondo grado
dell’iniziazione, occorrevano lunghe preparazioni che erano l’oggetto di tre
altri gradi simbolici: il primo terminava e completava i piccoli misteri; gli altri
due aprivano i grandi.
Era solo al primo grado simbolico, ovvero il terzo dell’iniziazione, che era-
no esposte le prime leggende e, proseguendo nei secondi due ci si esercitava a
penetrare il senso di queste leggende e si diventava degni della grande mani-
festazione della Luce.
Tutto ciò comprendeva le preparazioni, i viaggi ed i simboli e quella che
veniva chiamata “autopsia”.

7 Marconis, op. cit., p. 5.


Il Rito di Memphis o Antico e Primitivo Rito Orientale 163

Le preparazioni si dividevano in due classi: la prima aveva come titolo sim-


bolico “Saggezza” e per oggetto la Morale. Gli iniziati si chiamavano Thal-
medimiti o discepoli. La seconda aveva come titolo simbolico “Forza” e per
oggetto le scienze umane. Gli iniziati di questo secondo grado si chiamavano
Heberimiti o associati.
I viaggi ed i simboli erano divisi in tre classi: nella prima, chiamata i fune-
rali, gli iniziati portavano il nome di Murehemiti;nella seconda, chiamata ven-
detta, prendevano il nome di Berimiti e nella terza, chiamata l’affrancamento,
quello di Nescheriti.
Il grande complemento dell’iniziazione, l’autopsia, era il coronamento
dell’edificio, la chiave di volta.
L’iniziazione consisteva nella conoscenza del dogma monoteista che veniva
rivelato ai soli grandi iniziati: esiste uno ed un solo dio.
Il Panteismo era la religione dell’antichità e questa parola viene dalle parole
greche Pan e Theos, che significano Tutto e Dio, e cioè che Dio è tutto.
Lo Hyerofante presiedeva alla celebrazione dei misteri e rappresentava il
Supremo Artefice dei Mondi, vale a dire Dio.
I Misteri del Rito di Memphis, che anticamente contavano solo sette gradi,
erano stati dilatati da Étienne Marconis de Negrè nei citati 92, di cui molti
estrapolati dalla scala filosofica del Rito di Perfezione della massoneria rinno-
vata e dal Rito Scozzese che ne era poi derivato.
Ovviamente era impossibile che chi praticasse quel Rito potesse avere una
conoscenza completa di tutti quei segreti che anticamente erano rivelati al
settimo ed ultimo grado. Sarebbe stato necessario avvalersi dei tempi e delle
precauzioni dell’antichità – a cominciare dal noviziato – ma questo non era
possibile in una società quale quella in cui operavano Étienne Marconis ed i
suoi predecessori, per cui ci si era necessariamente dovuti rifugiare in quelli
che vengono definiti i “gradi superiori”.
Étienne Marconis, che aveva messo per iscritto di considerare il Rito di
Mizraim una pura invenzione dei Fratelli Bédarride,8 aveva così creato una
scala iniziatica a 92 Gradi che si differenziava sia dalla scala del Mizraim, sia
nella versione veneziana che in quella spuria dei Bédarride, per quello che
attiene ai primi 33 gradi, dalla tradizione di quello che era in allora chiamato
Rito Scozzese.
Egli pose al vertice di questa scala il grado di Sovrano Principe dei Magi del
Santuario di Memphis, dove si trova la venerata Arca della Tradizione.
Il Santuario di Memphis era composto da cinque grandi Dignitari e da sei
Magi nominati a vita e cioè i cinque dignitari erano il Gran Hyerofante, il So-

8 Marconis, op. cit., p. 9


164 I Riti Egizi II

vrano Pontefice Gran Maestro della Luce, il Sovrano Principe dei Magi Sothis,
il Sovrano Principe dei Magi Hori, il Sovrano Principe dei Magi Arsine, mentre
i sei Magi erano due Magi Sothis, due Magi Hori e due Magi Arsine.
Colui che era di fatto il braccio destro di Marconis e che ebbe un ruolo im-
portante nell’elaborazione del corpus rituale fu Antoine Muttet, colto massone
dell’epoca ed autore od elaboratore di molti Rituali della seconda e terza serie.
Marconis era inoltre coadiuvato da altri validissimi personaggi, come il baro-
ne de Poederlé, e Morison de Greenfield.
Tuttavia, con l’assorbimento da parte del Grande Oriente di Francia, avvenu-
to nel 1862, il Rito di Memphis scomparve quasi completamente dalla Francia
per stabilire, al contrario, solide radici in Egitto (Grande Oriente di Memphis
d’Egitto), in Italia (sopratutto a Palermo, sede del Grande Oriente del Memphis
per l’Italia), negli Stati Uniti d’America (e da lì nell’America Meridionale) ed
in Inghilterra.
Questo ad opera di John Yarker che nel 1872 costituì un Sovrano Santuario
del 95° ed ultimo grado a Manchester grazie ad una autorizzazione concessagli
dal Sovrano Santuario del Memphis degli Stati Uniti, il cui Gran Jerofante era
Harry Seymour.
In realtà Marconis de Nègre aveva rilasciato ai fratelli americani una Patente
per costituire un Sovrano Gran Consiglio Generale del 94° grado del quale era
stato nominato Reggente W.J.B. Mc Leod Moore; fu questi che concesse a Yar-
ker una Patente di 95° grado firmandosi con il grado 33\90\ 97\ (dunque Gran
Jerofante o presunto tale, degli Stati Uniti).
Sorge l'ovvio sospetto che gli americani si fossero, per così dire, “allargati”
agendo perciò all'insaputa del povero Étienne Marconis de Nègre.
La figura di John Yarker nell’ambito della Muratoria Egizia è tale che a que-
sto personaggio dedicheremo un apposito capitolo.
Una linea importantissima del Rito di Memphis fu quella che si stabilì in
Egitto, a partire dal 1856, grazie ad una Patente rilasciata dallo stesso Marconis
ad alcuni fratelli egiziani i quali poterono operare nel loro paese senza partico-
lari problemi.9
Già nel 1847 erano state infatti innalzate le colonne della Loggia Les Pyrami-
des d’Egypte all’Oriente di Alessandria; in tale Loggia si utilizzavano alternati-
vamente il francese e l’arabo e fu proprio in questa officina che venne iniziato, il
18 giugno del 1864 l’emiro Abdel Kader, fatto questo che favorì notevolmente

9 Nel XIX secolo, dopo il Congresso di Vienna, l’Egitto era diventato uno stato
autonomo basato su una dinastia vicereale (khediviale), formalmente vassallo
dell’Impero Ottomano ma sostanzialmente del tutto autonomo: il Khedivato d’E-
gitto era stato fondato dall’albanese Mehmet Ali Pasha la cui dinastia che si è
estinta con l’ultimo re Faruq 1° nel 1953.
Il Rito di Memphis o Antico e Primitivo Rito Orientale 165

la penetrazione della massoneria non solo in Egitto ma in tutto il mondo islami-


co in virtù della fama e della stima di cui l’emiro godeva tra i suoi correligionari.
Del Memphis egiziano, o Grande Oriente d’Egitto, divenne Gran Jerofante
nel 1864 il marchese Joseph de Beauregard, un aristocratico francese che si era
stabilito, a causa dei suoi affari (era un imprenditore navale), ad Alessandria
d’Egitto.
Lo stesso Marconis ne da l’annuncio in questa lettera, indirizzata al Fr:.
Seymour degli U.S.A.

Tre volte illustre fratello, mi è grato informarvi che abbiamo recente-


mente ristabilito in Egitto, su solida base,l’antico venerato Rito di Mem-
phis. Il vessillo è sorretto da braccia vigorose che riacquisteranno il tempo
già perduto. Noi speriamo che tosto i loro atti proveranno che l’origine
della nostra massoneria ha dato i natali a tutti gli altri Riti. vi prego al-
tresì, tre volte illustre fratello, di entrare in rapporti fraterni colla Potenza
massonica or ora installata e che speriamo sarà felice di coltivare la vo-
stra amicizia. Oggi potrete ottenere tutti i documenti massonici necessari
alla propaganda dei principi della sublime istituzione. nulla di quanto po-
trà esservi utile vi sarà negato. Qui sotto è l’indirizzo del Gran Cancelliere
dell’Ordine al quale dovrete indirizzarvi cioè: Monsieur Felix Helonis, Ne-
goziante, Alessandria d’Egitto. Desidero altresì informarvi che il fratello
Lucca Gran Maestro dell’Oriente d’Italia ed il fratello Frappolli. aggiunto
gr. maestro,ai quali mandaste delle patenti che mi sono state sottoposte,
intendono stabilire un Sovrano Santuario 95:. grado nella Valle di Firen-
ze. Invierò loro i documenti che a loro ho promesso. Ciò per la vostra
personale edificazione.debbo anche dirvi, Tre volte illustre fratello, che
mi accingo a pubblicare due nuovi libri massonici: il tribuno massonico e
il Sublime Maestro dell’Opera (rituale completo dei 90 gradi). Il primo è
una raccolta di conferenze che è stato raccomandato e approvato dal Gran
Maestro del grande Oriente di Francia, il fr:. generale Mellinet; il secondo
è un rituale completo e contiene tutti i segreti del Rito quale lo si pratica
universalmente J. Etiènne Marconis de Negre 97:. Gran Jerofante dato
dalla Valle di Parigi il 5 giugno 1866 (E.V.).

Con la morte di Marconis, avvenuta nel 1868, dunque ad appena due


anni di distanza dalla lettera che abbiamo citata, e la accennata pressoché
scomparsa del Memphis francese, il riferimento internazionale del Rito di
Memphis divenne proprio il Sovrano Santuario dell’Egitto.
Nel 1874 de Beauregard nominò suo successore l’ingegnere piemonte-
se ed ex garibaldino Salvatore Avventore Zola mantenendo però la carica
166 I Riti Egizi II

di Gran Jerofante Aggiunto (e non onorario come la Tradizione dei Riti


massonici egizi prevederebbe). Due anni dopo, ovvero nel 1876, l’Ordine
Massonico di Memphis, Rito Orientale o Grande Oriente d’Egitto concesse
al Grande Oriente di Palermo, nelle persone di Gaetano La Loggia, Giu-
seppe Colosi e Pietro Tondu, alcune Patenti per costituire Logge, Capitoli,
Aeropaghi, Senati, Concistori e Consigli in tutta il Regno d’Italia.
Il relativo documento, ancora custodito nell’archivio dell’Antico Primi-
tivo Rito Orientale di Mizraim e Memphis (Filiazione Allegri-Zasio-Ven-
tura-Caracciolo-R.P.S.) di cui ci occuperemo più avanti, reca le firme del
de Beauregard, in qualità di Gran Jerofante Aggiunto e del Gran Segreta-
rio, Eduard Roux 33\90\95\33:.90:.95:.
Va però precisato che il Rito di Memphis era sbarcato a Palermo di-
versi anni prima, ovvero intorno al 1855, in virtù di una Patente rilasciata
da Marconis al barone Nicola Giuseppe Spedalieri, discepolo prediletto di
Eliphas Levi.
Tale Rito aveva avuto poca fortuna, ma era certamente ancora operante
nel 1860 dal momento che Garibaldi, conquistata Palermo, partecipò, come
attestano numerosi storici della massoneria tra cui il Francovich, assieme
a Nino Bixio e ad altri suoi ufficiali, ai lavori di una Loggia del Memphis
all'Oriente di Palermo.
Come è noto Garibaldi, fu poi nominato Gran Maestro onorario del
Grande Oriente di Palermo, che risultava appunto costituito nel 1860 da
Logge di Rito Scozzese, Logge del Rito di Memphis e Logge del Rito di
Mizraim, evidentemente create in Sicilia dal Mizraim napoletano.
Se il Grande Oriente d’Egitto entrò in gioco era, evidentemente, per la
cessata attività di quella Linea “gemella” del Rito di Memphis, che origi-
nava anch’essa direttamente da Marconis. Questo “intervento egiziano”
non piacque però all’irrequieto Giovanbattista Pessina, il quale, nella na-
tia Catania, “risvegliò” il vecchio Memphis palermitano denominandolo
“Rito Egiziano Riformato” ed articolandolo in appena 13 gradi, cosa que-
sta che suona come una autentica bestemmia alle orecchie di coloro che
masticano un po’ di libera muratoria egizia: tuttavia, come avremo modo
ancora di constatare, il Pessina era un personaggio davvero spregiudicato e
dotato di una faccia tosta incredibile.
Il guaio fu costituito dal fatto che costui godeva di un notevole credito
presso il generale Garibaldi (che sarebbe alcuni anni dopo divenuto Gran
Maestro del Grande Oriente d’Italia) in quanto maestro di scherma del me-
desimo.
Ottimo affabulatore, uomo di spirito, allegro, simpatico e brillante in-
somma, come si dice oggi, uomo di buona compagnia, egli seppe conqui-
Il Rito di Memphis o Antico e Primitivo Rito Orientale 167

starsi la fiducia e la stima di Garibaldi che era certamente un grand’uomo


e che possedeva anche non comuni doti spirituali ma che di esoterismo
massonico e, nel caso di specie, di massoneria egizia, masticava davvero
poco essendo, per nascita massonica ed intima vocazione, “scozzese” dalla
radice dei capelli alla punta dei piedi.
Questi, inevitabilmente, si fece completamente “intortare”dal Pessina
finendo per avallare le sue ciurmerie, la più grossa delle quali fu la falsa
“fusione” tra Memphis e Misraim, evento che è alla base della maggior
parte dei problemi attuali della massoneria egizia!
Nel 1883 Zola cedette la sua carica a Ferdinando Francesco degli Oddi;
nel 1896 l’ex Gran Jerofante, già volontario garibaldino, feroce anticleri-
cale e massone dall’età di 21 anni, si convertì al cattolicesimo, lasciando la
massoneria e divenendone un acerrimo avversario.
A conferma ulteriore degli oramai strettissimi rapporti che si erano ve-
nuti a creare tra Alessandria d’Egitto e Palermo, nel 1890 il Gran Jerofante
degli Oddi riconobbe la sovranità per l’Italia del Santuario d’Italia del Rito
di Memphis, con sede a Palermo, di cui fu proclamato Gran Maestro l’avv.
prof. Salvatore Sottile.
Questo Santuario d’Italia fu posto in sonno nel 1905 anche in virtù della
già menzionata unione tra Memphis e Misraim.
Jean-Etienne Marconis de Nègre

Allegato: Tempio Massonico del Rito Memphis costruito a Boston (U.S.A.) nel 1873.
Patenti Originarie del Memphis egiziano (particolare)
Patenti Originarie del Memphis egiziano
CAPITOLO VII
I RITI UNITI DI MEMPHIS E MISRAIM

Nelle, ahimé, troppo poche pubblicazioni degne di nota relative alla


massoneria egizia e nei vari “libretti pubblicitari” o siti internet dei molti
sè-dicenti Riti Massonici Egizi in circolazione, viene abitualmente indicata
la data del 1881 come quella in cui si sarebbe verificata la unificazione tra
il Rito Egizio (o Orientale) di Misraim e l’Antico Primitivo Rito Orientale
di Memphis, con conseguente creazione dell’Ordine dei Riti Uniti di Mem-
phis e Misraim o “Riti Uniti di Memphis e Misraim”.
A tale “fusione”, ed alla conseguente sigla che ne risultò, si richiamano
la quasi totalità dei c.d. “Riti Egizi” oggi presenti nel mondo, ed il lettore
che dubiti di questa affermazione può tranquillamente verificarlo attraver-
so un rapido tour in internet.
Di conseguenza, applicando un ovvio sillogismo aristotelico, si po-
trebbe dire che se un Regime Massonico si richiamasse e facesse risalire
la propria origine ad un evento che in realtà non si è mai verificato, nella
realtà quello stesso Regime non potrebbe avanzare alcuna pretesa di le-
gittimità!
Poniamo la questione in altri termini: se io faccio risalire l’origine della
mia famiglia ed il titolo nobiliare di cui mi fregio ad un determinato speci-
fico antenato e poi si viene a scoprire che quell’antenato ipotetico in realtà
non è mai venuto al mondo, è evidente che tutta la storia gloriosa della mia
famiglia e della mia pretesa nobiltà si squaglierebbe come neve al sole.
L’equivoco colossale che in qualche modo ha viziato tutta la storia dei
“Riti Egizi” contemporanei e che è la causa fondamentale dei gravissimi
problemi della c.d. massoneria egizia di oggi è tutto qui: quella pretesa
“unione” tra Memphis e Misraim, nella realtà non si è mai verificata; sono
in molti a saperlo, ma tuttavia reputano che non sia il caso di andare a toc-
care argomenti ormai stratificati ed entrati nel comune sentire.
Andiamo quindi a quel fatidico 1881 e vediamo prima di tutto che in
quell’anno si tenne a Milano dal 28 settembre al 5 ottobre un Congresso
Massonico nel quale si cercò di unificare gli Orienti di Torino e di Roma
allora contrapposti.
172 I Riti Egizi II

Ciò riguardava essenzialmente i Supremi Consigli del Rito Scozzese


Antico ed Accettato, che, allora come oggi, era il Rito Muratorio prevalen-
te tra i massoni italiani appartenenti al Grande Oriente d’Italia, che è la più
antica e numerosa comunione muratoria italiana.
Tuttavia, a quel Congresso parteciparono anche delegati di Logge che
praticavano il Rito Simbolico, il Rito di Memphis o quello di Misraim, e
per questo ultimo Rito facciamo riferimento non al Mizraim di Napoli o
di Venezia ma a quello di origine francese di cui abbiamo parlato in pre-
cedenza.
Il Gran Maestro dell’epoca del Grande Oriente d’Italia era Adriano
Lemmi, il quale cercò di promuovere, tramite un suo lungo articolo nella
Rivista della massoneria italiana, organo ufficiale del Grande Oriente d’I-
talia, addirittura una unificazione di tutti i Riti Muratori.
Così Lemmi concludeva l’articolo citato:

Qualunque sia il Rito che questa o quella famiglia massonica abbia creduto
meglio di adottare, un massone è sempre uguale all’altro fratello, e quantun-
que uno appartenga al Rito Scozzese Antico Accettato, l’altro a quello Sim-
bolico Nazionale, l’uno a quello di Menfi (sic!), l’altro a quello del Tempio, a
quello di York o a quello di Misraim, il carattere massonico è sempre uno, e i
diritti massonici sempre uguali per tutti i fratelli.

Sono queste parole molto belle, ma rimaste, allora come oggi, a distanza
di 135 anni, lettera morta!
Il Congresso di Milano terminò con un nulla di fatto e i Grandi Orienti,
con i rispettivi Supremi Consigli di Torino e Roma continuarono a com-
battersi fino al 1887 allorquando i due Gran Maestri (Riboli per Torino e
Tamajo per Roma) trovarono un accordo delegando entrambi il Gran Mae-
stro del Grande Oriente d’Italia, e cioè Adriano Lemmi, a governare in loro
vece sia il Rito Scozzese Antico ed Accettato sia le Logge che da quegli
Orienti dipendevano.
Fine delle ostilità?
Assolutamente no, in quanto, in risposta a tale decisione, venne convo-
cato a Palermo il 29 maggio del 1888 un Congresso ove venne decisa la
creazione di una Federazione massonica delle Logge indipendenti d’Italia,
prima di una numerosissima serie di iniziative che continuano a verificar-
si anche al giorno d’oggi a conferma del fatto che qualsiasi tentativo di
“unificare” la massoneria è restata, resta e resterà sempre una autentica
“mission impossible”!
Fu proprio a seguito dell’iniziativa di Lemmi risalente al 1881 che il
“solito” Pessina, nel tentativo di ingraziarsi tale Gran Maestro e Giuseppe
I Riti Uniti di Memphis e Misraim 173

Garibaldi, che del Grande Oriente d’Italia era in quel momento il Gran Ma-
estro Onorario, proclamò da Napoli, ove aveva riunito i soliti suoi quattro
gatti, in modo arbitrario ed unilaterale, la “fusione” del Rito di Memphis
con quello di Misraim, proclamandone al tempo stesso quale Gran Jerofan-
te mondiale proprio Giuseppe Garibaldi!
Ma quale Rito di Memphis, e quale Rito di Mizraim parteciparono a tale
autentico “spot pubblicitario” che comunque si rivelò all’epoca di rara
efficacia?
Non certo il Misraim di Venezia il quale era in sonno dal 1867, essen-
done il Gran Conservatore Alberto Francis, né altrettanto certamente il
Mizraim (e non Misraim) napoletano il cui Gran Jerofante, Giustiniano Le-
bano, pur essendo legato da personale amicizia a Garibaldi, evitò perfino di
rispondere all’invito di Pessina che riteneva, a ragione, indegno di ricevere
alcun credito; né, ancora, il Misraim francese ed i suoi vari Capitoli situati
fuori dalla Francia che da esso dipendevano (Irlanda, Belgio e Romania), il
quale, alla data del 1° novembre 1885, risultava ancora attivissimo avendo,
in quella occasione, pubblicamente reso noto che era stato effettuato un
rinnovo delle sue cariche apicali.
Da quella comunicazione si poté apprendere che Jules Osselin era il
Gran Maestro, ovvero il Supremo Gran Conservatore, Couly era il Gran
Cancelliere, Picard il Grande Oratore, Rode il Grande Esperto.
Dalla documentazione pervenuta sino a noi, ovvero il Registro Matrico-
la della Loggia Arc-En-Ciel, questa era certamente attiva nel 1898 (si veda
il documento allegato al capitolo sul Misraim francese).
Neppure aveva aderito a tale “fusione” il Memphis di Palermo, allora in
sonno e che sarebbe stato risvegliato solo nel 1890.
Perciò, a “riunire” i Riti Egizi ed a proclamare Garibaldi Gran Jero-
fante mondiale fu il solo Pessina con il suo “risvegliato” Rito di Mem-
phis di Catania (come abbiamo visto di soli 13 gradi!) ed il suo “Mi-
sraim Rettificato” inventato di sana pianta! Approfittando della buona
fede di Francesco Degli Oddi, in quel momento vice di Zola e Gran
Jerofante in pectore del Memphis di Alessandria d’Egitto (la ratifica
della sua nomina, come abbiamo visto, avvenne solo nel 1883), l’a-
stuto Pessina lo indusse a riconoscere a Garibaldi una Gran Jerofania
ONORARIA che venne, viceversa poi “venduta” come Gran Jerofania
EFFETTIVA, onde il Pessina ed i suoi accoliti (Gaetano Mondino, Pa-
olo Conti, Eugenio Longo, Pietro Russo, Giuseppe Noto), quasi tutti
catanesi come lui, strombazzarono ai quattro venti che a tale, improba-
bile, “fusione”avevano partecipato anche le Potenze Massoniche Egizie
di Stati Uniti, Gran Bretagna ed Argentina, ovvero quelle Massonerie
174 I Riti Egizi II

di Rito Memphis che in qualche modo dipendevano o avevano stretti


rapporti con il Memphis d’Egitto!
Ma ad esempio John Yarker, interpellato in proposito, dichiarò che non
riconosceva a Garibaldi alcuna “Gran Jerofania Mondiale” e, alla morte di
Garibaldi medesimo, avvenuta appena l’anno successivo, ovvero nel 1882
a Caprera, il capo del Memphis britannico, quando Pessina (inaugurando
un malvezzo ancora radicato nella massoneria egizia) si autoproclamò suc-
cessore del generale e perciò Gran Jerofante Mondiale, si rifiutò decisa-
mente di riconoscerlo come tale.
La misura fu colma anche per Degli Oddi, che a sua volta dichiarò di non
riconoscere al Pessina alcuna autorità né, tanto meno, alcuna legittimità. Il
Pessina, però, iniziò ad inondare l’intero globo terrestre di Patenti (anche
tale vizio è pervicacemente sopravvissuto fino ai giorni d’oggi), tra cui una
a beneficio dello spagnolo Manuel Gimeno y Catalan, fondatore di un Rito
nazionale spagnolo di matrice egizia in sette gradi (evidentemente la “ridu-
zione teosofica”di Pessina aveva fatto scuola) dal quale, tramite il successo-
re di Gimeno ovvero Lozano, Villarino de Villar sarebbe stato poi costituito
un Rito di Memphis e Misraim Riformato la cui filiazione, come vedremo
più avanti, sarebbe stata poi consegnata all’italiano Eduardo Frosini.
Inoltre dalla Spagna pervenne anche la Patente attraverso la quale Co-
stantin Moroiu di Bucarest, costituì un Sovrano Santuario del Memphis e
Misraim di Romania. Preoccupati dalla confusione che si stava verifican-
do, Degli Oddi e Yarker, che erano due persone serie e due Liberi Muratori
di elevato spessore iniziatico, giunsero nel 1900 ad un accordo in con-
seguenza del quale Ferdinando Francesco Maria Degli Oddi assumeva la
carica di Gran Jerofante mondiale del Memphis e Misraim.
Tutti i Riti di origine memphitica accettarono tale decisione, mentre le
comunioni del Rito di Misraim, (o Mizraim nel caso di Napoli) continua-
rono a disinteressarsi della vicenda, ritenendola, con ogni evidenza, una
mera sceneggiata.
L’inaffidabilità del Pessina e le sue picaresche ciurmerie vengono evi-
denziate anche da un accademico imparziale e di chiara fama quale è il
prof. Gian Mario Cazzaniga il quale, nel volume n° 25 degli Annali della
Storia d’Italia (ed. Einaudi) nel capitolo intitolato “Ermetismo ed egizia-
nesimo a Napoli”, scrive a pag. 561: “......”

Ma la riattivazione di Misraim a Napoli nel 1880 da parte di Gianbattista


Pessina, che porterà all’unificazione con il Memphis, rito al cui interno Pessi-
na a partire dal 1876 aveva organizzato logge meridionali con loggia-madre
a Catania, e all’attribuzione a Giuseppe Garibaldi della funzione di Gran
Ierofante, lascia nell’oscurità quando e quante logge misraimitiche abbiano
I Riti Uniti di Memphis e Misraim 175

operato nel Napoletano a partire dalla Restaurazione fino ad arrivare all’in-


tervento di Pessina, personaggio iperattivo ma di dubbia credibilità.

Alla morte di Degli Oddi, avvenuta nel 1903, venne proclamato come
suo successore l’inglese John Yarker, del quale parleremo diffusamente in
termini molto lusinghieri nel prossimo capitolo.
Tuttavia, in veste di Gran Jerofante del Memphis d’Egitto (carica che
aveva mantenuto anche dopo aver accettato quella di Gran Jerofante dei
Riti Uniti di Memphis e Misraim), Degli Oddi nominò suo successore l’e-
giziano Idris Bey Ragheb (che resterà in carica fino al 1930), il quale si
rifiutò di riconoscere la Gran Jerofania di Yarker, ponendo di fatto defi-
nitivamente il Memphis egiziano fuori dalla compagine dei Riti Uniti di
Memphis e Misraim.
L’Antico Primitivo Rito Orientale di Memphis per l’Egitto ebbe a svol-
gere per diversi anni un ruolo importantissimo nelle vicende politiche egi-
ziane anche in virtù dell’appartenenza a tale Regime del re Faruk e di molti
importanti suoi dignitari. Postosi in semiclandestinità dopo il colpo di stato
del 1952 e sotto il regime di Gamal Abd el-Nasser,1 tale Rito riprese forza
e vigore al tempo del massone Anwar Al-Sadat2 e di esso ha fatto parte, in
tempi recenti, il premio nobel per la letteratura Nagib Mahafuz.
Tornando a John Yarker, dobbiamo necessariamente rilevare che come
Gran Jerofante mondiale egli commise due tragici errori: il primo fu quel-
lo di ratificare ad Eduardo Frosini la Patente di 95° grado rilasciatagli da
Villarino de Villar, senza che Frosini avesse mai avuto nessuna iniziazione
EFFETTIVA alla libera muratoria egizia; il secondo fu quello di iniziare
lui stesso al 95° grado un losco figuro, di nome Theodor Reuss (Peregri-
nus1855-1923), agente segreto del Kaiser e, soprattutto, capo di una socie-
tà occulta con forti connotazioni da “via della mano sinistra”denominata
Ordo Templi Orientis (O.T.O.) che il medesimo Reuss, alcuni anni dopo,
affiderà al proprio prediletto discepolo, ovvero al famigerato satanista
inglese Alaister Crowley, Tà-Mega Therion (La Grande Bestia) 666 e

1 Gamāl ‘Abd al-Nāṣer Ḥusayn, conosciuto semplicemente come Nasser (1918-


1970), è stato presidente della Repubblica egiziana dal 1956 al 1970. La monar-
chia di Re Faruk venne abbattuta con un colpo di stato militare nel 1952 e Nasser,
che era fra gli ufficiali promotori del colpo di stato, assunse nell’aprile del 1954
la carica di primo ministro sotto la presidenza di Muhammad Nagib. Nasser fu
eletto alla presidenza dell’Egitto nel Giugno del 1956 dopo l’entrata in vigore di
una costituzione repubblicana.
2 Muḥammad Anwar al-Sādāt (1918-1981) è stato il secondo presidente della
repubblica egiziana, essendo succeduto a Nasser nel 1970 e l’ha governato sino al
1981, quando è stato ucciso da terroristi islamici durante una parata militare.
176 I Riti Egizi II

quest’ultimo errore la massoneria egizia, come vedremo, lo sta ancora pa-


gando!
Malgrado tali enormi errori, comunque commessi in buona fede poiché
Yarker era uomo molto ingenuo e, come tutti gli ingenui, incapace di pe-
sare fino in fondo le persone che gli si trovano davanti, egli si prodigò per
cercare di dare una veste coerente alla nuova Piramide dei Gradi risultante
dall’unione dei 90 gradi del Misraim con i 95 gradi del Memphis, come
illustrato nel capitolo successivo a lui dedicato.

Nel 1908 accaddero due eventi molto importanti che avrebbero en-
trambi avuto un notevole peso nel futuro della massoneria egizia: il Gran
Santuario (o Sovrano Santuario) del Rito di Memphis all’Oriente di Pa-
lermo, si mise in sonno, mentre a Parigi si svolse il Congresso massonico
spiritualista al quale parteciparono numerosissimi rappresentanti di co-
munioni massoniche “spiritualiste” ovvero oppositrici della muratoria
positivista ed “atea” incarnata dal Grande Oriente di Francia e da quel-
le Gran Logge che gravitavano attorno alla sua orbita; oltre alla Gran
Loggia d’Inghilterra del Rito di Swedemborg ed alle delegazioni del c.d.
Rito nazionale spagnolo, del Portogallo e dell’Italia (con Eduardo Frosini
in veste di delegato), erano presenti anche i rappresentanti dei Supremi
Consigli dei Riti Uniti di Memphis e Misraim di Italia, Spagna, Romania
ed Inghilterra.
Inoltre era rappresentata la massoneria araba dei Figli di Ismaele, l’Or-
do Templi Orientis, l’Ordine Kabbalistico della R+C, l’Ordine Martinista,
e la massoneria mista de “Le Droit Humain”, nella cui sede si svolse il
Congresso.
In questa occasione, preghiamo i lettori di prenderne mentalmente nota,
Theodor Reuss, che nel 1906 aveva costituito a Berlino, grazie ad una Pa-
tente di Yarker, il Gross Orient und Souveranen Sanctuariums fur Deutsche
Reich, rilasciò a Jean Bricaud una Patente di 95° grado.
Erroneamente alcuni “improvvisati storici” del Martinismo e della mas-
soneria affermano che tale Patente fosse stata da Reuss rilasciata a Papus,
ma ciò è assolutamente falso, in quanto Papus, oltre ad essere stato insigni-
to, come abbiamo visto, del 90° grado del Mizraim di Napoli, aveva anche
ricevuto, nel 1906, ovvero appena due anni prima, una Patente di 95° grado
con facoltà di attivare in Francia Capitoli, Logge, Senati, etc. dall’Antiguos
primitive Rite Oriental de Memphis y Misraim, Oriente de Madrid (Papus
peraltro, francese di padre ma spagnolo di madre, era nato a La Coruña).
Sembra inoltre che, con una certa preveggente accortezza, Papus si fosse
fatto riconoscere il 95° grado anche da Yarker. Al termine del Congresso
I Riti Uniti di Memphis e Misraim 177

di Parigi venne costituita una Federazione Massonica Universale di cui fu


nominato segretario Henri-Charles Detré (Téder) che era anche il segreta-
rio dell’Ordine Martinista.
Venne inoltre costituito un Sovrano Santuario dei Riti di Memphis e
Misraim per la Francia con a capo Papus. Nel frattempo Eduardo Frosini,
noto anche come Dottor Hermes, forte del riconoscimento avuto da Yar-
ker e ottenute numerose Patenti di altre comunioni massoniche durante i
lavori del Congresso (deprecabile “scambio di figurine” purtroppo desti-
nato a ripetersi sia nel Convento di Bruxelles del 1934 che in quello di
Anversa del 1951), tornato in Italia, abbandonò il Grande Oriente d’Italia
per fondare il 10 marzo del 1909 “assieme a un nucleo di studiosi e di
ben fidi liberi muratori e aderenti e consenzienti parecchi fratelli sparsi
nelle varie città d’Italia”3 la Loggia Centrale “Ausonia”: questo fu l’atto
di nascita del c.d. “Rito Filosofico Italiano” in sette gradi (sempre dunque
all’insegna del risparmio!) nel quale Frosini inserì anche i Riti Uniti di
Memphis o Misraim o meglio quei pochissimi fratelli sopravvissuti che
non avevano ancora abbandonato la navicella varata nel 1881 dalle ciur-
merie di Pessina!
Al Rito Filosofico Italiano aderirono però personalità di primissimo pia-
no tra le quali ricordiamo, doverosamente, Arturo Reghini, Giulio Parise
(il “Luce”del gruppo di Ur) ed il Maestro Pitagorico Amedeo Rocco Ar-
mentano (ARA).
Il Rito Filosofico, probabilmente anche in virtù della presenza tra le sue
fila di questi notevoli personaggi, ebbe inizialmente un notevole successo,
sia in Italia che all’estero; ma, dopo poco tempo dalla sua costituzione, sia
a causa della spregiudicatezza di Frosini, che in pratica tentò di “aggan-
ciarsi” alla Serenissima Gran Loggia d’Italia di Piazza del Gesù ed al Rito
Scozzese Antico e Accettato (oltre che ad una serie di tentativi da parte sua
di ottenere prebende personali di tipo bassamente profano), sia a causa del-
la pretesa (a nostro avviso piuttosto stravagante – e tra poco spiegheremo il
perchè di questa nostra affermazione) da parte di Armentano e Reghini di
costituire una sorta di “Ordine Pitagorico” ovvero di “Ordine nell’Ordine”,
si giunse ad un conflitto insanabile tra Reghini ed Armentano da un lato
e Frosini dall’altro, con abbandono da parte del Reghini del nuovo Rito
già nel 1917, poi seguito anche dall’uscita di Armentano e definitivo as-
sonnamento del R.F.I. nel 1919 cui seguì la confluenza nel R.S.A.A. della
Serenissima Gran Loggia d’Italia (A.L.A.M.).

3 Vedi l’art. 7 dello Statuto della Loggia Ausonia.


178 I Riti Egizi II

Dopo appena due anni, ovvero nel 1921, l’irrequieto Frosini entrò in
rotta di collisione anche con quest’ultima Comunione, finendo per esserne
espulso e ritornando quindi nel G.O.I. dal quale era uscito con grandi po-
lemiche nel 1908!
La grande serietà iniziatica e lo spessore esoterico di Armentano e Re-
ghini sono fuori discussione, ma riteniamo piuttosto ingenuo, al limite del
puerile, il loro tentativo di voler dar vita ad un qualcosa (il succitato Ordine
Pitagorico) contro la volontà non solo del Frosini (che del Rito Filosofico
Italiano era comunque, nel male e nel bene, il fondatore ed il Gran Mae-
stro) ma anche della pressoché totalità dei membri del Supremo Consiglio
Universale del R.F.I. quali, ad esempio Bianchini, Bolaffi e Diaz De Palma.
Un Rito, o un Ordine Massonico risponde a logiche, regolamenti, co-
stituzioni, muratorie, e, se non ci si rende conto di ciò, si finisce, inevi-
tabilmente, con il dibattersi in situazioni confuse e ad andare incontro a
delusioni e dispiaceri.
Inoltre il Reghini, dando un’ulteriore dimostrazione del suo tempera-
mento eccessivamente focoso, finì per polemizzare ferocemente dalle
colonne della rivista Ultra contro Frosini e contro quello stesso Rito al
quale aveva entusiasticamente aderito alcuni anni prima. Questo passare
repentino da grandi innamoramenti a odii senza quartiere fu, purtroppo,
una costante nella vita del grande matematico ed iniziato fiorentino: stessa
cosa accadde con il martinismo al quale Reghini fu iniziato nella Loggia
fiorentina diretta da Decio Calvari (pare dallo stesso Frosini) e contro il
quale egli si sarebbe scagliato veementemente pochissimo tempo dopo,
prendendosela pure con Papus e perfino con il povero Louis Claude de
Saint-Martin contro il quale Reghini pronunciò invettive irripetibili!
Tornando ora alle vicende della massoneria egizia e, nel caso di specie,
dei Riti Uniti di Memphis e Misraim, oggetto del presente capitolo, il 20
marzo del 1913 morì John Yarker e tale evento gettò nella confusione più
totale la navicella, già alquanto traballante, di questa comunione; infatti
Theodor Reuss dalla Germania, esibendo un testamento chiaramente falso
(primo atto di un malvezzo, come vedremo, destinato purtroppo a ripetersi
in diverse occasioni, anche recentissime) attribuito a Yarker, si autoprocla-
mò successore dell’iniziato inglese e nuovo Gran Jerofante mondiale.
A sua volta Frosini, appoggiato anche dal Memphis e Misraim degli
Stati Uniti, contestando la successione Yarker/Reuss dichiarò che il Gran
Jerofante Mondiale era lui.
Secondo quanto ha riferito Philippe Encausse, la cui testimonianza è
certamente attendibile sia per la sua grande serietà e per il suo notevole
spessore iniziatico, sia perchè egli di Papus era il figlio e ne aveva perciò
I Riti Uniti di Memphis e Misraim 179

ereditato il ricchissimo archivio, Gerard Encausse, non sapendo che pesci


pigliare in quello specifico contesto, scrisse a Leone Caetani (che abbiamo
visto essere dal 1910 il Gran Jerofante del Mizraim di Napoli), da lui per-
sonalmente conosciuto alcuni anni prima, chiedendogli lumi nel merito.
La risposta di Caetani fu rapida, secca ed incisiva come era nello stile
del Principe : Don Leone definì Reuss e Frosini, senza mezzi termini, come
due ciarlatani ed imbroglioni, ebbe parole durissime per il Rito Filosofico
Italiano anche in virtù della presenza nel suo seno di Reghini considerato
da Don Leone “spergiuro e traditore delle obbligazioni martiniste che egli
ha pronunziato” (si badi che Caetani era martinista e Papus era, da questo
punto di vista, il suo Gran Maestro).
In pratica Leone Caetani suggerì a Papus di tenersi lontanissimo da
tali beghe. Papus accolse di buon grado il consiglio e quindi non ri-
conobbe né Reuss né Frosini, continuando a mantenere una posizione
indipendente come Gran Maestro nazionale del Memphis e Misraim
francese, e NON, come invece sostengono Ambelain e altri autori fran-
cesi (chiaramente di parte), avocando a sé una Gran Maestranza mon-
diale che, da quell’iniziato integerrimo che era, sapeva benissimo di
non poter rivendicare.
Del resto, se nel Martinismo e nella Chiesa Gnostica, Papus si prodi-
gò per individuare, ancora in vita, dei legittimi successori (rispettivamente
Téder e Bricaud), NULLA DEL GENERE EGLI FECE PER QUANTO
ATTIENE AL RITO DI MEMPHIS E MISRAIM che, diciamolo onesta-
mente, non era proprio in cima ai suoi pensieri.
Del resto Papus aveva avuto una formazione massonica prettamente
“scozzese” (come del resto sarebbe avvenuto anche per il figlio) e, pur
apprezzando la massoneria egizia, si rendeva conto della eccessiva com-
plicazione che essa presentava in termine di Filiazioni, Depositi Iniziatici,
Piramidi dei gradi.
Accadde dunque che Téder, nuovo Gran Maestro dell’Ordine Martini-
sta, assunse la Gran Maestranza anche del Memphis e Misraim francese
ma tali Gran Maestranze ebbero brevissima vita dal momento che egli morì
nel 1918.
Jean Bricaud perciò, divenuto successore di Téder nell’Ordine Marti-
nista (ma tale successione non fu riconosciuta da molti, con conseguente
creazione di nuovi Ordini Martinisti) non trovò di meglio che farsi ricono-
scere da Reuss come nuovo Gran Maestro per la Francia, alle dipendenze,
perciò, del medesimo Reuss!
Alla morte di Reuss, avvenuta nel 1923, Jean Bricaud se ne dichiarò il
legittimo successore (anche se, come abbiamo visto, di legittimo Reuss
180 I Riti Egizi II

non aveva proprio nulla); tuttavia la discendenza di Reuss fu rivendicata


anche dal notaio argentino Guerino Troglio (già alto dignitario del Rito
Azul, un Rito massonico molto forte in Sudamerica) che aveva ricevuto
Patenti dagli epigoni delle comunioni create da Pessina nonché dallo stesso
Frosini.
La Gran Maestranza di Bricaud fu contestatissima in Belgio e di con-
seguenza alcuni massoni belgi, guidati dall’ingegnere Armand Rombauts
e dal giovane avvocato Jean Mallinger (1904-1982), si accordarono con
alcuni dissidenti francesi, capitanati da George Lagrèze, dando vita ad una
autonoma obbedienza del Memphis e Misraim. Nel frattempo nel 1921 a
Palermo, tre Gran Conservatori, 95° grado del Rito di Memphis, ovvero
l’avvocato Giuseppe Sulli-Rao, proprietario della casa editrice milanese
Ars Regia, l’avvocato Giovanni Sottile (figlio del defunto Gran Jerofante
Salvatore) ed il console inglese a Palermo Reginald Gambier Mac Bean,
risvegliarono il Sovrano Santuario del Memphis ridando forza e vigore ai
lavori massonici egizi.
Dell’organizzazione di questo nuovo Memphis palermitano, che assun-
se la denominazione di “Antico e Primitivo Rito Orientale di Memphis per
l’Italia e le dipendenze” si occupò il maggiore di artiglieria Adelchi Borzi,
martinista, che reclutò molti adepti proprio tra le file dell’Ordine Martini-
sta, tra cui Alessandro Sacchi (dal 1923 Gran Maestro dell’Ordine Marti-
nista d’Italia, staccatosi da Bricaud), Adolfo Banti, Costantino de Simone
Minaci, Angelo Musso, Oliviero Boggiani e il giovane legionario fiumano
Marco Egidio Allegri di Venezia.
Sorsero rapidamente Capitoli del Rito a Torino, Ancona, Napoli, Roma,
Milano, Genova, Pisa e Firenze e fu inoltre costituito un Tempio Mistico
del 90° grado per il Veneto e la Lombardia operante allo Zenith di Venezia.
Questo nuovo Rito di Memphis italiano, che secondo quanto riferito dal-
lo stesso Borzi, lavorava essenzialmente con i Rituali di John Yarker nella
scala ridotta a 33 gradi, venne riconosciuto dalla Romania, dalla Francia e
dalla Svizzera ovvero dai rispettivi Grandi Orienti di quei paesi.
I suoi membri lavoravano nei primi tre gradi, ovvero nelle c.d. Logge
azzurre, nel Grande Oriente d’Italia ed erano attivi nel rito di Memphis a
partire dal 4°grado; in conformità a quanto aveva fatto Yarker per dotarsi
di un corpus rituale più snello, anche il Memphis “risvegliato” da Sottile,
Sulli-Rao e Mac Bean era articolato in soli 33 gradi in luogo dei tradizio-
nali 95 che il Rito di Memphis prevede.
Quanto ai rapporti con il Memphis e Misraim di Bricaud, questi furono
resi impossibili dalla rottura avvenuta nel 1923 tra Martinismo italiano e
Martinismo francese, a causa della pretesa di Bricaud di rendere obbliga-
I Riti Uniti di Memphis e Misraim 181

toria per tutti i martinisti l’appartenenza alla Chiesa Gnostica e, cosa ancor
più grave, di non ammettere né le donne né i non massoni in seno all’Or-
dine Martinista, in palese contraddizione con i principi enunciati da Papus
nella Carta del Martinismo.
Malauguratamente, proprio mentre il nuovo Rito stava ottenendo grandi
favori in Italia ed all’estero, si abbatté sulla libera muratoria italiana il fla-
gello delle leggi speciali varate dal governo fascista contro le associazioni
segrete, sciagurato frutto partorito dalla mala pianta delle trattative per il
concordato tra stato italiano e chiesa cattolica che sarebbe stato stipulato
pochi anni dopo.
Il fascismo, per la sua ideologia totalitaria, non poteva ammettere l’esi-
stenza di comunioni iniziatiche di natura completamente opposta e tutta la
massoneria italiana fu dunque costretta ad entrare in clandestinità.
L’Antico e Primitivo Rito Orientale di Memphis per l’Italia e le dipen-
denze si assonnò come pure il Mizraim di Napoli, il cui Gran Jerofante
Leone Caetani partì nel 1929 in volontario esilio in Canada; prima di par-
tire, e preghiamo il lettore di tenerlo a mente in quanto tale fatto, come ve-
dremo, riveste una notevole importanza, egli trasmise al martinista Marco
Egidio Allegri il 90° grado del Mizraim Napoletano o Scala di Napoli e gli
Arcana-Arcanorum.
Nel 1934 Jean Bricaud morì lasciando come proprio erede, sia nel Mar-
tinismo che nel Memphis e Misraim, Constant Chevillon, uomo colto e
capace che dovette subito fronteggiare l’aperta ostilità del gruppo di Rom-
bauts-Mallinger-Lagreze i quali, alleandosi con l’imperatore dell’AMORC
Harvey Spencer Lewis (che aveva anche ricevuto da Augustin Chaboseau
una Patente dell’Ordine Martinista Tradizionale, che Spencer Lewis in-
globò nell’AMORC stesso) e con Guerino Troilo, altro sè-dicente, come
abbiamo visto, Gran Jerofante mondiale del Memphis e Misraim, diedero
vita alla FUDOSI.4
Per contrastare tale iniziativa Chevillon creò nel 1939 la FUDOFSI5
(Federazione Universale degli Ordini, Fraternità e Società degli Iniziati).

4 FUDOSI (o FUDOESI) (Fédération Universelle des Ordres et Sociétés Ini-


tiatiques),
fondata a Bruxelles il 14 Agosto 1934. È stato il primo tentativo di
creare una federazione di ordini mistici con il dichiarato proposito statutario di
“proteggere le sacre liturgie, Riti e dottrine dei tradizionali ordini iniziatici dalle
associazioni profane e clandestine”.
5 FUDOFSI, Fédération Universelle des Ordres, Fraternités et Sociétés Initia-
tiques, fondata nel 1939 da queste comunioni iniziatiche: Ordre Martiniste-Mar-
tineziste de Lyon, Eglise Gnostique Universelle, Order of Knight Masons Elus
Cohen of the Universe, The Ancient and Primitive Rite of Memphis Mizraim,
182 I Riti Egizi II

Una ulteriore frammentazione del Memphis e Misraim fu la concessione


di una Patente del Memphis di Palermo all’alto dignitario della Società
Teosofica Jnarajadasa che in un primo tempo entrò a far parte della Fudosi
creata da Rombauts, ma che poi se ne distaccò cedendo la Patente di 95°
grado al suo amico reverendo Leadbeater, anch’egli alto dignitario della
Società Teosofica che costituì un “Rito egiziano dell’antica massoneria”
tuttora operante in alcuni contesti teosofici anglo-indiani.
Nel contempo anche Alistair Crowley ebbe a rivendicare una propria
sovranità sul Memphis e Misraim legata alla sua successione a Reuss
come capo dell’O.T.O. In tal senso i diversi contesti originati dallo stesso
Crowley mescolano disinvoltamente ibridi massonici “egizi” con pratiche
di magia sessuale, riti voo-doo et similia contribuendo ancor di più a con-
fondere il già molto complesso quadro della attuale massoneria egizia che,
nel caso di Crowley e dei suoi attuali epigoni, di “egizio” ha unicamente
il nome!
Inoltre in Belgio si verificò ad un certo momento un grave contrasto tra
Rombauts e Mallinger che determinò l’assonnamento del Memphis e Mi-
sraim belga; tale decisione non fu accettata da Georges Delaive, membro
del Supremo Consiglio, il quale si proclamò nuovo Gran Jerofante.
Questo causò la reazione di Mallinger che a sua volta risvegliò il Mem-
phis e Misraim messo in sonno da Rombauts.
Alla morte di Delaive, ucciso dai nazisti nel 1945, venne eletto al suo
posto Constantin Platounoff; l’Obbedienza di filiazione Delaive diede vita,
nel 1958 ad una fugace “Federazione Mondiale delle Massonerie di Rito
Egiziano” diretta dal belga Marcel Claude, alla morte del quale i membri
di quella Federazione confluirono o nel Memphis e Misraim francese di
Ambelain o in quello belga di Francois Bruyninckx, successore di Mallin-
ger e Gerosa.
Tuttavia ancora oggi, in Belgio, alcuni massoni di rito egizio rivendi-
cano una Filiazione Platounoff vivacemente contestata dai successori di
Bruyninckx.
Se il Belgio ebbe il suo “Martire Egizio” nella figura di Georges De-
laive, anche il Memphis e Misraim francese fu funestato da un medesimo
lutto: infatti il 26 marzo 1944 il Gran Maestro dell’Ordine Martinista (da
lui denominato nel frattempo Ordine Martinista Martinezista) e Gran Je-
rofante del Memphis e Misraim francese Constant Chevillon venne assas-

Ordre De Saint Graal, Fraternitas Rosicruciana Antiqua, Fraternitas Rosae Crucis,


Ordre Kabbalistique De La Rose Croix, Rite Ecossais Rectifié, Brotherhood of the
Illumined Brethren of the Rose-Croix.
I Riti Uniti di Memphis e Misraim 183

sinato da alcuni collaborazionisti francesi con la complicità delle S.S. di


Klaus Barbie.
Chevillon, membro della Resistenza francese (come Delaive lo era di
quella belga), aveva, secondo alcuni documenti esibiti da Dupont ma con-
testati da altri, nominato come suo successore Henri-Charles Dupont, che
assunse pertanto il ruolo di Gran Maestro dell’Ordine Martinista Martine-
zista e di Gran Jerofante del Memphis e Misraim.
Tale successione fu però contestata da Renè Chambellant, che diede
vita ad una comunione autonoma tutt’ora esistente in diversi paesi europei
(Francia, Inghilterra, Romania e Irlanda) ed in Sudamerica. Ne è attual-
mente Gran Jerofante mondiale il corso Gilbert Tappa. Tale comunione
possiede anche il Rito di Swedemborg ed una Filiazione Cohen.
Nel 1946 Henri-Charles Dupont si dimise a favore di Pierre Debeau-
vais, salvo poi ripensarci (cosa che, come vedremo, in quella linea francese
sembra essere piuttosto frequente) riassumendo la Gran Jerofania fino alla
sua morte avvenuta nel 1960. Qualche anno prima di morire Dupont aveva
invece ceduto la propria Gran Maestranza Martinista a Philippe Encausse
mutando la denominazione originaria di Chevillon di “Ordre Martineziste”
in “Ordre Martiniste Egyptienne”; contestualmente egli aveva indicato
quale suo successore Georges Lagrèze che, come abbiamo visto, proveniva
dal Rito di Memphis e Misraim creato da Rombauts e Mallinger.
Poiché però Lagrèze morì prima di Dupont, venne proclamato, alla
scomparsa di quest’ultimo, nuovo Gran Jerofante lo scrittore e studioso di
astrologia Robert Ambelain. Tale nomina venne vivacemente contestata in
Belgio, dal momento che i massoni di quella nazione ritenevano, non senza
ragione, che avendo Lagrèze nominato Gran Jerofante per il Belgio Probst-
Biraben, ed avendo costui indicato come suo successore Ambrogio Gerosa,
fosse quest’ultimo il vero successore di Dupont!6
Ovviamente tale tesi venne sostenuta con forza anche dal successore di
Gerosa, o presunto tale, Francois Bruyninckx e viene portata avanti anche
dai suoi successori attuali.
Indubbiamente Robert Ambelain risultò essere un eccellente organiz-
zatore e le sue notevoli qualità di storico e di studioso dell’esoterismo,
non disgiunte da un notevole senso pratico e, diciamo così, da un certo
“bernoccolo per gli affari”, come si diceva una volta, fecero compiere un
notevole balzo in avanti ai Riti Uniti di Memphis e Misraim, sia in termini
di notorietà e di considerazione in ambito internazionale, sia in termini di
affiliati.

6 Vedi capitolo 5.
184 I Riti Egizi II

Questo anche in virtù di accordi (poi denunziati, quindi ripresi e poi in-
terrotti di nuovo) con il Grande Oriente di Francia e della creazione di una
Gran Loggia Femminile del Memphis e Misraim, indipendente, esportata
anche in Italia (l’attuale Gran Maestra è la nota astrologa Niky Stauder di
Milano).
Pur avendo in Francia numerosissimi ed agguerriti oppositori (oltre ai
seguaci di Lagrèze, la vera spina nel fianco per Ambelain fu Jean Prévost,
del quale parleremo diffusamente nel prossimo capitolo), Aurifer (questo
era il nome iniziatico di Ambelain) diede vita ad una quantità industriale
di nuovi Sovrani Santuari da lui dipendenti: egli si era infatti, non si ca-
pisce con quale fondamento giuridico o iniziatico, auto-proclamato Gran
Jerofante Mondiale del Memphis e Misraim, in Europa, Sudamerica, Nor-
damerica, Africa, Asia ed Oceania e come Carlo V poteva a ben ragione
affermare che sul suo impero non tramontava mai il sole!
Philippe Encausse, figlio di Papus, che con Ambelain ebbe parecchio a
che fare per via degli accordi (frequentemente disattesi dal buon Aurifer)
con lui stipulati in ambito martinista, soleva ripetere che, “per seguire e,
soprattutto per dirigere, un Ordine Iniziatico bisogna necessariamente es-
sere liberi e si è liberi soltanto se si trae il proprio sostentamento da una
professione molto ben remunerata onde non dover mai essere presi dalla
tentazione di dover attingere dai propri Depositi Iniziatici per mettere in-
sieme il pranzo con la cena.”
Nel caso di Encausse, già di famiglia più che agiata e professore ordi-
nario alla facoltà di medicina dell’università della Sorbona, oltre che ac-
cademico di Francia e presidente della associazione mondiale di medicina
dello sport (disciplina che ha praticamente inventato lui), tale condizione
di “libertà” era certamente pienamente soddisfatta. Ma chi ha conosciuto
Ambelain può certamente dire che, nel suo caso, purtroppo non era così!
Si badi bene che non stiamo affatto accusando Robert Ambelain di diso-
nestà o di scorrettezza, ma, per far comprendere meglio il senso del nostro
discorso, riporteremo una affermazione del compianto Ivan Mosca in favo-
re del quale Ambelain aveva abdicato dalla carica di Gran Maestro dell’Or-
dine dei Massoni Eletti Cohen dell’Universo (risvegliato peraltro non si sa
bene da dove, come abbiamo spiegato in un nostro libro di argomento mar-
tinista); in risposta alla domanda sul perché egli avesse, dopo pochi anni,
assonnato tale Ordine, Mosca rispose: “Perché mi accorsi che tale carica
(Gran Maestro Mondiale) Ambelain l’aveva ceduta contemporaneamente
ad almeno tre-quattro persone”!
Sempre in base al principio della non completa libertà, inoltre, spesso
i “beneficiati” da Ambelain erano personaggi di spessore ben differente
I Riti Uniti di Memphis e Misraim 185

dall’ottimo Mosca: è il caso, ad esempio, dello svizzero Maurer per quanto


attiene agli Eletti Cohen ed al Rito Scozzese Rettificato e dell’americano
Bertiaux, seguace del voo-doo e del verbo del satanista Crowley, per quan-
to riguarda il Memphis e Misraim!
Il risultato di questa (spiace dirlo, visto il suo valore di storico e di stu-
dioso, ma è così), sconsiderata politica di Ambelain, è che oggi una serie di
ciarlatani e di squilibrati (in vari paesi d’Europa, Italia compresa, nonché
in Sudamerica), esibendo Patenti di 95° grado (o di gradi ancora maggiori)
del Memphis e Misraim, mescolano con disinvoltura Riti Massonici Egizi
(o Martinisti, o Cohen, o Gnostici, o tutte queste cose assieme) con sgozza-
menti di galline nere, “operazioni di spagyria” a due, tre, quattro, cinque,
etc. vasi (leggasi ammucchiate), coobazioni con vari liquidi organici (il no-
stro conterraneo Marco Tullio Cicerone diceva comunque che “de gustibus
non est disputandum”, perciò buon appetito!) ed altre consimili sconcezze!
Del resto tale carenza di “libertà” sembrerebbe essere stato un notevole
problema anche per molti dei sodali di Ambelain e ciò ci spiega ulterior-
mente l’attuale caos in cui si dibatte la massoneria egizia!
Inoltre Ambelain, che era un eccellente ritualista ed uno studioso di no-
tevole livello, si inventò di sana pianta due ulteriori gradi (98° e 99°grado,
rispettivamente Sostituto Gran Jerofante Mondiale, o Membro del Sovrano
Santuario Internazionale, e Gran Jerofante Mondiale), inesistenti nella tra-
dizione dei Riti Egizi, tanto per stimolare ulteriormente la già diffusissima
sciarpite, male tra i più corrosivi degli ambienti muratori.
Tra i vari Sovrani Santuari costituiti grazie ad Ambelain, particolare
menzione merita, per comprensibili motivi, quello dell’Antico e Primitivo
Rito di Memphis e Misraim per l’Italia, nato a seguito di una Patente rila-
sciata da Ambelain il 14 novembre 1973 (secondo il sito ufficiale del sum-
menzionato Sovrano Santuario) a Francesco Brunelli, medico perugino ma
di origini marchigiane.
Uomo estremamente colto ma anche estremamente inquieto, Brunelli a
quel tempo faceva parte degli Antichi Accettati Liberi Muratori (A.L.A.M.)
di Palazzo Vitelleschi, comunione nata nel secondo dopoguerra tra i cui
fondatori ricordiamo il generale Giovanni Ghinazzi che ne ha retto le sorti
per un lungo periodo.
Già Gran Maestro Aggiunto dell’Ordine Martinista guidato dal conte
Gastone Ventura, Brunelli ne era uscito assieme ad altri Fratelli e Sorelle,
perlopiù di provenienza Cohen, per fondare nell’ottobre del 1971 a Roma
l’Ordine Martinista di lingua italica di cui venne eletto Gran Maestro Luigi
Furlotti (Aloysius).
186 I Riti Egizi II

Furlotti però morì dopo un solo anno e Brunelli fu costretto ad assumere


direttamente la Gran Maestranza. Questi eventi lo costrinsero ad abbando-
nare il Sovrano Santuario “Adriatico”, di cui parleremo diffusamente in
un capitolo successivo, guidato sempre da Ventura e, di conseguenza, ad
approdare su un’altra riva egizia che il medico perugino ritenne di identifi-
care nella comunione guidata da Ambelain.
Con Ambelain, in effetti, Brunelli era già in stretti rapporti, grazie al
loro sodalizio nell’Ordine Cohen; curiosamente Brunelli fu presentato ad
Ambelain da Alfredo Vitali, di cui ci occuperemo in un prossimo capitolo,
nella cui casa al mare di Lignano Sabbiadoro, in provincia di Udine, lo
studioso francese era solito trascorrere buona parte delle vacanze estive.
Abbiamo scritto “curiosamente” in quanto Vitali aveva combinato al
buon Ambelain davvero un tiro birbone, favorendo la concessione di una
Patente (e poi dell’intero Deposito Iniziatico) del c.d. Sovrano Santuario
“Superum” all’acerrimo rivale francese di Aurifer, ovvero Jean Prévost.
Ad ogni buon conto Brunelli tentò, inizialmente, di accordarsi con i ver-
tici della sua comunione massonica italiana (appunto gli A.L.A.M.) allo
scopo di poter ottenere un riconoscimento del Rito di cui era divenuto il
Gran Maestro (e si badi, NON Gran Jerofante) per l’Italia: il momento
appariva favorevole in quanto quella comunione aveva costituito l’anno
precedente un Grande Oriente dei Riti diretto dal prof. Italo Letizia con il
compito di organizzare, in seno agli A.L.A.M., altri corpi Rituali diversi
dal tradizionale Rito Scozzese Antico ed Accettato, unico Rito muratorio
praticato dalla comunione di Palazzo Vitelleschi (impropriamente chiama-
ta spesso Piazza del Gesù) dall’epoca della sua costituzione.
Va detto infatti che l’attuale comunione di Palazzo Vitelleschi degli
ALAM vanta solo una discendenza ideale dalla Serenissima Gran Loggia
d’Italia nata nel 1908 da una secessione dal Grande Oriente d’Italia.
I fatti di quella secessione sono noti ed oggetto di svariate pubblicazioni,
per cui non è il caso qui di riprendere argomenti che esulano dai Riti di
matrice egizia.7
Qui possiamo limitarci a rilevare che la comunione degli ALAM fondata
nel dopoguerra (una fra quelle che si richiamavano idealmente alla Serenis-
sima Gran Loggia d’Italia sciolta dal regime fascista) aveva e ha tutt’ora un
carattere mono-rito, per cui il cosiddetto Oriente dei Riti non decollò affatto;
di conseguenza Brunelli, a cui non facevano difetto né lo spirito di iniziativa
né la spregiudicatezza, decise di percorrere un’altra strada rivolgendosi a
quella che era comunque la più grande comunione italiana, il Grande Oriente

7 Cfr. ad esempio, A. Mola, Storia della massoneria italiana, Bompiani, 2001.


I Riti Uniti di Memphis e Misraim 187

d’Italia, a cui aderì assieme ai suoi (non molti all’epoca per la verità) seguaci
perugini e dando vita alla Loggia “Figli di Horus” all’Oriente di Perugia. La
trattativa tra Brunelli ed il Grande Oriente d’Italia si concluse positivamente
solo il 1 febbraio 1982, data in cui il Gran Maestro, l’ex generale dell’aero-
nautica militare Ennio Battelli, firmò il protocollo di riconoscimento con il
quale si stabiliva che l’A.P.R.M.M. era, a tutti gli effetti, uno dei Riti ricono-
sciuti dal Grande Oriente e pertanto aperto ai soli Maestri di tale comunione.
Brunelli però non poté festeggiare a lungo questo importante evento,
dal momento che, pochi mesi dopo, morì a causa di una neoplasia epatica
fulminante.
Il riconoscimento del Rito di Brunelli appare in realtà piuttosto singolare
atteso che:
1) Esisteva, come vedremo, un REGOLARISSIMO Rito Egizio in seno
allo stesso Grande Oriente d’Italia;
2) L’Origine della Filiazione di Ambelain è, come abbiamo visto, as-
sai problematica, se non dubbia, e peraltro irrimediabilmente viziata dalla
vicenda Reuss (falsa discendenza da Yarker) di cui abbiamo dato conto
prima.
3) Nessun rapporto di reciprocità esisteva tra Grande Oriente d’Italia e
la comunione, peraltro mista, ovvero aperta anche alle Sorelle, guidata da
Ambelain, dalla quale comunione traeva origine il Memphis e Misraim di
Brunelli; inoltre Ambelain aveva stipulato diversi accordi con il Grande
Oriente di Francia con il quale il Grande Oriente italiano non ha mai avuto
rapporti.
Tuttavia ogni comunione aveva ed ha il sacrosanto diritto di fare quello
che crede e perciò se Battelli (o chi per lui) ebbe a decidere in tal senso, non
spetta a noi esprimere dei giudizi. Tuttavia, quando si scrive di storia, si ha
il dovere di esporre con obbiettività i fatti ed è proprio questo che stiamo
cercando di fare.
Alla morte di Brunelli, il suo successore, perugino anche lui, pur se di
origini ternane (o meglio il successore designato da Ambelain, visto che,
non essendoci un atto di successione a firma di Brunelli, dovette recarsi a
Parigi e farsi nominare GRAN MAESTRO dal medesimo Ambelain) con-
tinuò e continua tuttora a mantenere la sua comunione rituale all’interno
del Grande Oriente d’Italia, organizzando molteplici attività culturali (con-
vegni, seminari, etc.) in diversi casi anche apprezzabili e degne di nota.
Non possiamo fare a meno di ammettere che tale fratello appare dotato di
discreta serietà e preparazione soprattutto se paragonato alla pletora di sè-
dicenti “Gran Jerofanti di condominio” di cui oramai pullula l’Italia!
188 I Riti Egizi II

Nel 1985 Ambelain abdicò dalla carica di Gran Maestro a favore di Ge-
rard Kloppel (Signifer), che già nel 1984 era stato nominato dallo stesso
Ambelain Gran Maestro per la Francia.
Kloppel proseguì la “politica di espansione all’estero” inaugurata da
Ambelain, ma dovette fronteggiare diverse secessioni: nel 1989 Richard
Gaillard, importante membro del Sovrano Santuario della Francia, abban-
donò il Rito presieduto da Kloppel per fondare una comunione autonoma,
mentre nel 1992 fu la volta del Gran Maestro vicario George Vieilledent
che, entrato in contrasto con Kloppel, abbandonò l’Antico e Primitivo Rito
di Memphis e Misraim per fondare la Gran Loggia Simbolica di Francia di
Memphis e Misraim; infine nel 1996 ci fu un’ulteriore diaspora promossa
da Alain Dumaine.
Pur rendendoci conto delle difficoltà del lettore (e del suo sconcerto) nel
seguire tutte queste frammentazioni, dobbiamo però chiedergli di pazien-
tare, perché il bello sta per arrivare!
Infatti il 5 maggio del 1998, deluso dalle defezioni di Gaillard, Vieil-
ledent, Dumaine e da altri numerosi problemi verificatisi con Sovrani
Santuari esteri, Kloppel si dimise dalla carica di Gran Jerofante mondiale
nominando al suo posto l’ivoriano Cheickna Sylla alla carica di Gran Je-
rofante mondiale.
Tuttavia, meno di due anni dopo, il 2 marzo del 2000, Kloppel tornò
sulla propria decisione revocando ogni mandato a Sylla e dichiarando di
riprendere la Gran Jerofania mondiale.
A questo punto i sostenitori di Sylla e, ovviamente, Sylla stesso, conte-
starono questa decisione, affermando che una abdicazione in piena regola
come quella formulata da Kloppel nel 1998 non era revocabile e che quindi
il decreto del 2 marzo 2000 non aveva fondamento né giuridico né iniziati-
co (ma onestamente di “iniziatico” finora in queste vicende abbiamo visto
ben poco!).
Dal canto loro Kloppel ed i suoi sodali fecero notare che Sylla, in quanto
Gran Jerofante mondiale, avrebbe dovuto ricevere ritualmente i gradi 98° e
99° con conseguente trasmissione dei “poteri jerofantici” (in quanto Gran
Maestro della Costa d’Avorio egli possedeva “soltanto” il 97° grado): lo
stesso Kloppel lo aveva convocato in Francia per compiere queste inizia-
zioni ma Sylla si era rifiutato, ritenendo tali gradi un inutile orpello.
In tutta sincerità, ha poca importanza chi dei due avesse ragione, ma
dobbiamo anche rilevare che la decisione di Kloppel fu motivata dal fatto
che Sylla, uomo di profonda spiritualità (era un maestro sufi) e molto poco
aduso alla “politica massonica”, ebbe probabilmente a prendere decisioni
poco gradite a Kloppel ed ai suoi strettissimi collaboratori, tra i quali figu-
I Riti Uniti di Memphis e Misraim 189

rava anche Joseph Castelli (Glorifer), cittadino francese ma nato a Vittorio


Veneto, in provincia di Treviso, che Kloppel, deceduto nel 2008, nominerà
a tempo debito suo successore.
Le resistenze a favore di Sylla indussero comunque Kloppel a dare vita
ad una nuova comunione denominata O.R.U.M.M. (Ordine dei Riti Uniti
di Memphis e Misraim) e con una scala dei gradi modificata, piuttosto si-
mile, per alcuni aspetti, a quella del Mizraim dei fratelli Bedarride. Sylla, a
sua volta, abdicò nel 2006 a favore del belga Willy Raemekers, che dunque
attualmente contende a Castelli e all’avvocato franco-canadese Gaudart de
Soulanges la paternità della cosiddetta “Filiation Ambelain”.
Decreto di nomina di Garibaldi a Gran Maestro del G.O.I.
Giuseppe Garibaldi. Theodore Reuss.

Stemma araldico della famiglia degli Oddi, nobile casata originaria dell’Umbria.
Opuscolo dell’O.T.O. (Ordo Templi Orientis) del 1909.

Gerard Encausse (Papus). Jean Bricaud.


Decreto di nomina di Thomson 96° grado a Gran Maestro dello Utah (U.S.A.) a firma
di Reuss.
Jean Mallinger.

Constant Chevillon.

Henry-Charles Dupont. Renè Chambellant.


Lettera di Renè Chambellant ove egli attesta la propria discendenza diretta da Chevillon.
Robert Ambelain. Joseph Castelli.

Gerard Kloppel con le insegne di Gran Jerofante Mondiale dell’Ordre des Rites Unis
de Memphis e Misraim.
Robert Ambelain e Gerard Kloppel nel 1985.

Logo dell’Ordre des Rites Unis de Memphis et Misraim (O.R.U.M.M).


Decreto di successione Castelli/Kloppel agosto 2008.
CAPITOLO VIII
JOHN YARKER E LE SUE SCALE INIZIATICHE

John Yarker (17 Aprile 1833 – 20 Marzo 1913) fu indubbiamente un


grande protagonista della massoneria egizia a cavallo del XIX e del XX
secolo e su di lui dobbiamo necessariamente soffermarci, anche perché i
moderni Riti Egizi, soprattutto quelli operanti nei paesi anglosassoni, si
basano ancora sulle scale iniziatiche da lui formate, la prima a 95/97 gradi
e la seconda ridotta a soli 33.
Yarker, che in vita fu scrittore, occultista ed ovviamente libero muratore,
era nato a Swindale nel nord dell’Inghilterra nel 1833 e, all’età di 16 anni,
nel 1849, si stabilì con la sua famiglia a Manchester.
Fu iniziato giovanissimo alla libera muratoria all’età di soli 21 anni il 25
Ottobre 1854 nella “Lodge of Integrity n. 189” di Manchester ed elevato
alla dignità di Maestro l’anno successivo.
Nel 1862, otto anni dopo la sua iniziazione, si mise in sonno dalla sua
Officina, ma certamente non abbandonò i suoi studi e frequentazioni mu-
ratorie.
Nel 1872 Yarker ebbe a fondare il Sovrano Santuario dell’Antico e Pri-
mitivo Rito della massoneria del Rito di Memphis per l’Inghilterra, grazie
ad una patente che, come detto in precedenza, gli era stata rilasciata dal
Gran Maestro americano Harry Seymour.
La carriera di Yarker, grazie anche alle sue rare capacità intellettuali, si
sviluppò rapidamente: egli divenne dapprima, nel 1900, Deputy Internatio-
nal Grand Master del Rito e due anni dopo Gran Maestro Internazionale del
Rito di Memphis-Misraim.
Nella sua vita Yarker fu anche Gran Maestro del Rito di Swedenborg
ed autorevole Membro del Rito Scozzese Antico ed Accettato, del Rito di
Heredom e del Rito Scozzese Rettificato.
La sua attività nella Società Teosofica lo portò ad entrare, inoltre, in in-
tima relazione con Rudolf Steiner, segretario della Società Teosofica Tede-
sca: Yarker promosse quindi l’ingresso di Steiner e della moglie di questi,
Marie von Siver, nel Rito di Memphis-Misraim, come lo stesso Steiner
ricorda nella propria autobiografia.
200 I Riti Egizi II

Dalla collaborazione tra Steiner e Yarker nasceranno le revisioni di mol-


ti dei Rituali della Piramide Egizia e la codificazione di quel sistema noto
in seguito con il nome di “Mystica Aeterna”che, dopo la morte di Yarker
e l’abbandono della Società Teosofica da parte dei coniugi Steiner, con
conseguente fondazione della Società Antroposofica, il Maestro austriaco
“trasferirà” negli insegnamenti esoterici del Movimento Antroposofico.
Rimasero però, “attive” alcune Logge della Mystica Aeterna nell’Euro-
pa Settentrionale, soprattutto in Scandinavia; in tali Logge si praticavano
i Gradi del Memphis e Misraim congiuntamente al deposito della Mystica
Aeterna.
Tornando al lavoro sui rituali di John Yarker, rileviamo prima di tut-
to che, in tutta evidenza, egli non disponeva del deposito degli Arcana
Arcanorum, in possesso del solo Rito di Mizraim: questo lo possiamo
ricavare dalla lettura dei testi a noi pervenuti. Di conseguenza egli ebbe
a privilegiare, nella elaborazione della sua scala e dei relativi testi, il
Rito di Memphis di Étienne Marconis con risultati spesso pregevoli e a
volte meno, se si ha la pazienza di mettere a confronto il testo originale
e quello rielaborato.1
Dobbiamo poi evidenziare che molti testi di alcuni gradi della scala a
95/97 gradi hanno una forma, per così dire, essenziale (cosa che ha portato
alcuni a sostenere che non siano mai esistiti rituali interi di quei gradi),
mentre ve ne sono altri che sono ampiamente sviluppati e dal cui testo
traspaiono ispirazioni tratte da molteplici fonti, non escluse, in molti casi,
opere dello stesso Yarker.2
La cosa non accade tuttavia nella scala ridotta a 33 gradi di cui infra,
dove invece i testi sono ricchi di elementi esoterici derivati da più fonti,
per cui ne dobbiamo dedurre che Yarker ebbe molto materiale a sua dispo-
sizione per il suo lavoro.
Nei suoi testi possiamo anche trovare elementi provenienti dal Crata
Repoa, un manoscritto pubblicato in Germania nel 1767 e di cui Yarker
curò l’edizione inglese, traducendolo, appunto dal tedesco.3

1 Suggeriamo, come esempio, di mettere a confronto il testo di Marconis dedicato


al Maestro del Triangolo Luminoso (o del Delta Sacro) con il Saggio di Mithra di
Yarker, che è una elaborazione del primo, per vedere come in questo caso il testo
originale abbia una valenza esoterica molto maggiore.
2 In genere si tratta di brani tratti da Lectures of a Chapter, Senate and Council
recentemente ristampato negli Stati Uniti.
3 Crata Repoa. Iniziazione ai Misteri dei Sacerdoti dell’Antico Egitto. Recentemen-
te ripubblicato in Francia dall’editore Bailleul in una traduzione francese curata
dallo stesso editore.
John Yarker e le sue scale iniziatiche 201

Il Crata Repoa è un’opera composta da frammenti tratti da antichi auto-


ri, coordinati opportunamente tra loro in modo da formare un testo organi-
co. Molte delle cerimonie iniziatiche descritte provengono da manoscritti
originari di Heliopolis.
Gli autori del Crata Repoa erano due eminenti Liberi Muratori ovvero
Von Koppen e Von Hjimmen. I due provenivano dalla Stretta Osservanza
Templare di Von Hund da cui si separarono proprio nel 1767 per costituire
l’Ordine degli Architetti Africani (o d’Egitto), di cui Von Koppen assunse
la Gran Maestranza.
Yarker, venendo affiliato a questo Rito alla fine del XIX secolo, studiò
con molta attenzione il Crata Repoa e altri successivi scritti di Von Koppen
sulle antiche Iniziazioni Egizie. Alcuni autori, tra cui Brunelli, affermano
tuttavia che il Crata Repoa fosse, in realtà, il rifacimento di un manoscrit-
to francese, anteriore di alcuni anni, che circolava in Francia, sopratutto
ad Avignone, dove venivano descritte le antiche Iniziazioni Sacerdotali di
Memphis, Tebe ed Heliopolis.
In tutti i casi, nel Crata Repoa di Von Koppel-Von Hjimmen viene de-
scritta l’antica Iniziazione Egizia attraverso la successione in sette progres-
sivi gradi ovvero: Pastophoris (Apprendista), Neccocoris, Melanophoris,
Christoporis, Balahates, Astronomos e Saphenat-Pancah (Profeta).
Su questo argomento rimandiamo a quanto contenuto nel nostro prece-
dente volume dedicato ai Riti Egizi.4
La morte colse John Yarker nel 1913 all’età di 80 anni quando era an-
cora in carica.
Yarker cercò infatti di rimediare all’ignobile pasticcio fatto dal Pessina
che, oltretutto, senza neppure avere i Rituali dei vari gradi (e anche in que-
sto caso il vizio perdura fino ai nostri tempi), appiccicò a casaccio gradi del
Memphis alternati a gradi del Misraim, partorendo un autentico pastroc-
chio senza capo né coda!
Yarker, come sopra accennato, ebbe anche il merito di migliorare note-
volmente, nella forma e nel contenuto, buona parte dei Rituali che aveva
“ereditato” da Etienne Marconis, in alcuni casi riscrivendoli quasi integral-
mente pur mantenendone l’impostazione di fondo.
Egli, possedendo un ottimo bagaglio esoterico e massonico, e potendo
inoltre affidarsi ad ottimi collaboratori (tra i quali, come abbiamo visto,
Rudolf Steiner), riuscì a realizzare risultati indubbiamente apprezzabili, in
quanto ancora oggi i suoi rituali sono fra quanto di meglio si trovi in circo-
lazione per quanto attiene al Rito di Memphis.

4 Apis-Eleazar, op. cit., p. 379 e segg.


202 I Riti Egizi II

Quello che interessa della figura di Yarker è che sotto di lui il Rito di
Memphis fu sottoposto ad una radicale revisione. Dal 4° al 33° Grado fu
di fatto adottata la scala di quello che era diventato nel secolo XIX il Rito
Scozzese (e con ciò innovando parecchio rispetto a Marconis), mentre nei
gradi che vanno dal 34° al 95° egli intervenne per cercare di dar loro una
forma unitaria e coerente, creando così una scala che si discosta in parte da
quella di Marconis de Nègre e che qui proponiamo in modo che si possano
fare i debiti confronti con quella riportata in precedenza:

PRIMA SERIE
1° Apprendista Libero Muratore
2° Compagno Libero Muratore
3° Maestro Libero Muratore

SECONDA SERIE
4° Maestro Segreto
5° Maestro Perfetto
6° Segretario Intimo o Maestro per curiosità
7° Prevosto e Giudice o Maestro Irlandese
8° Intendente degli edifici o Maestro in Israele
9° Maestro Eletto dei Nove
10° Illustre Eletto dei Quindici
11° Sublime Cavaliere Eletto
12° Gran Maestro Architetto
13° Arco Reale
14° Grande Eletto Perfetto Maestro
15° Cavaliere d’Oriente o della spada
16° Principe di Gerusalemme
17° Cavaliere d’Oriente e d’Occidente
18° Cavaliere della Rosa+Croce
19° Gran Pontefice
20° Cavaliere del Tempio
21° Noachita o Cavaliere Prussiano
22° Cavaliere dell’Ascia reale
23° Capo del Tabernacolo
24° Principe del Tabernacolo
25° Cavaliere del Serpente di bronzo
26° Principe di Grazia
27° Comandante del Tempio
28° Cavaliere del Sole Cavaliere dell’Aquila
John Yarker e le sue scale iniziatiche 203

29° Grande Scozzese di Sant’Andrea di Scozia


30° Sublime Eletto Cavaliere Kadosh, Cavaliere dell’Aquila Bianca
e Nera
31 Grande Ispettore Inquisitore Comandante
32° Sublime Principe del Real Segreto
33° Sovrano Grande Ispettore Generale

TERZA SERIE
34° Cavaliere di Scandinavia
35° Cavaliere del Tempio della Saggezza
36° Sublime Negoziatore
37° Cavaliere di Shota o Saggio della Verità
38° Sublime Eletto della Verità o dell’Aquila Rossa
39° Grande Eletto degli Eoni
40° Saggio Shivaista o Perfetto Saggio
41° Cavaliere dell’Arco dei 7 Colori
42° Principe della Luce
43° Sublime Saggio Ermetico o Filosofo Ermetico
44° Principe dello Zodiaco
45° Sublime Saggio dei Misteri
46° Sublime Pastore degli Huts
47° Cavaliere delle Sette Stelle
48° Sublime Guardiano della Grande Montagna
49° Sublime Saggio delle Piramidi
50° Sublime Filosofo di Samotracia
51° Sublime Titano del Caucaso
52° Saggio del Labirinto
53° Cavaliere o Saggio della Fenice
54° Sublime Scalde
55° Sublime Dottore Orfico
56° Pontefice o Saggio di Cadmia
57° Sublime Mago
58° Saggio o Principe di Brahma
59° Sublime Saggio o Gran Pontefice di Ogigia
60° Sublime Guardiano dei Tre Fuochi
61° Sublime Filosofo Incognito
62° Sublime Saggio di Eleusi
63° Sublime Kawi
64° Saggio di Mithra
65° Guardiano del Santuario Grande Installatore
204 I Riti Egizi II

66° Grande Architetto della Città Misteriosa – Gran Consacratore


67° Guardiano del Nome Incomunicabile – Gran Eulogista
68° Patriarca della Verità
69° Cavaliere o Saggio del Ramo d’Oro di Eleusi
70° Principe della Luce o Patriarca dei Planisferi
71° Patriarca dei Sacri Veda
72° Sublime Maestro della Saggezza
73° Patriarca o Dottore del Sacro Fuoco
74° Sublime Maestro della Stoka
75° Comandante della Catena Libica
76° Interprete dei Geroglifici o Patriarca di Iside
77° Sublime Cavaliere o Saggio Teosofo
77° Gran Pontefice della Tebiade
79° Cavaliere o Saggio del Formidabile Sada
80° Sublime Eletto del Santuario di Mazias
81° Intendente Regolatore o Patriarca di Memphis
82° Grande Eletto del Tempio di Midgaard
83° Sublime Eletto della Valle di Odino
84° Patriarca o Dottore degli Ized
85° Sublime Saggio o Cavaliere di Kneph
86° Sublime Filosofo della Valle di Kab
87° Sublime Principe della massoneria
88° Grande Eletto del Sacro Sipario
89° Patriarca della Città Mistica
90° Sublime Maestro della Grande Opera

QUARTA SERIE
91° Gran Difensore
92° Grande Catechista
93° Regolatore Generale
94° Principe di Memphis o Grande Amministratore
95° Gran Conservatore
96° Grande e Potente Sovrano dell’Ordine
97° Gran Jerofante

Come si vede, rispetto a Marconis abbiamo due gradi in più al vertice


della Piramide, resisi necessari per dare all’Ordine un organo collegiale di
governo ed il massimo grado a chi lo avrebbe retto la massima carica non
solo amministrativa ma anche iniziatica.
John Yarker e le sue scale iniziatiche 205

Nel fare questa operazione di ristrutturazione della scala iniziatica, Yarker


potè pescare nelle varie tradizioni egizie che si erano sviluppate nel secolo
XIX, dal Misraim ed al Memphis, e che avevano generato almeno 120/130
gradi differenti. Non sappiamo a cosa sia stata dovuta questa scelta, ma dob-
biamo limitarci ad osservare che i gradi “Memphis” da egli in qualche modo
scartati sono comunque in gran parte sopravvissuti, perché sono stati comun-
que conservati dai Regimi Egizi d’Oltreoceano e quindi pervenuti sino a noi.
Con l’intelligenza che lo contraddistingueva, Yarker si rese ben presto
conto che un sistema basato su 95/97 gradi non avrebbe potuto reggere, nel
senso che non era possibile praticarli tutti.
In luogo di fare una scelta in quell’ampio complesso iniziatico (come
hanno fatto i vari regimi scozzesi che si sono limitati a scegliere e praticare
un numero minimo di gradi, di regola dai 10 ai 12 compresi i primi tre),
egli preferì adottare una soluzione singolare e, se vogliamo, unica nel suo
genere: costruì una parallela scala di soli gradi praticati limitata a 33 gradi.
Questi:

1° Apprendista Libero Muratore


2° Compagno Libero Muratore
3° Maestro Libero Muratore
4° Maestro Discreto (corrisponde al Maestro Perfetto)
5° Sublime Maestro (corrisponde al Segretario Intimo)
6° Cavaliere dell’Arco Sacro (Corrisponde all’Arco Reale)
7° Cavaliere della Sacra Volta
8° Cavaliere della Spada (è la prima parte del Cavaliere d’Oriente)
9° Cavaliere di Gerusalemme
10° Cavaliere d’Oriente (è la seconda parte del Cavaliere d’Oriente)
11° Cavaliere della Rosa+Croce
11° Cavaliere dell’Aquila Rossa
13° Cavaliere del Tempio
14° Cavaliere del Tabernacolo
15° Cavaliere del Serpente
16° Cavaliere Saggio della Verità
17° Filosofo Ermetico
18° Cavaliere Kadosh
19° Cavaliere del Real Mistero
20° Cavaliere Grande Ispettore
21° Grande Installatore
22° Gran Consacratore
23° Gran Eulogista
206 I Riti Egizi II

24° Patriarca della Verità


25° Patriarca del Planisferi
26° Patriarca dei Veda
27° Patriarca di Iside
28° Patriarca di Memphis
29° Pontefice della Città Mistica
30° Maestro della Grande Opera
31° Gran Difensore
32° Principe di Memphis
33° Gran Conservatore.

Come si vede, Yarker mantenne solo una parte dei gradi derivanti dal
Rito di Perfezione a 33 Gradi (base del Rito Scozzese) e fece poi una cer-
nita fra quelli ermetico-gnostici, scartando tutti quelli di ispirazione scan-
dinava, greca e medio-orientale.
La curiosità è che egli, dopo aver fuso nella scala a 95/97 gradi quelli
di Cavaliere della Spada e d’Oriente (rispettivamente 15° e 17° della scala
di Marconis) nel 15° grado, nel formare la scala a 33 gradi li divide nuo-
vamente, dando ad essi una veste molto più filosofica e meno didascalico-
storica, introducendo nella seconda parte elementi di assoluta novità.
I rituali interi di questi gradi sono tutti giunti sino a noi e buona parte
sono stati tradotti ed adottati dal Sovrano Santuario Egizio-Mediterraneo
del Regime Rettificato di Mizraïm-Memphis.
Di alcuni questi gradi, che non sono stati trattati nel nostro precedente
volume, nonché di altri di matrice anglosassone, ci soffermeremo a lungo
nel capitolo ad essi dedicato.
Qui segnaliamo una curiosità per i lettori: Yarker ebbe a pubblicare alcu-
ni volumi dedicati alla sua rettificazione della scala iniziatica a 95/97 gradi,
dando per ogni grado alcuni cenni e per altri l’intero rituale. Egli ebbe però
la trovata di invertire nelle sue opere l’ordine delle lettere delle parole se-
grete (Parole di Passo e Parole Sacre), che debbono quindi essere lette da
destra a sinistra, proprio come avviene con i testi ebraici o arabi, per cui, ad
esempio, la parola “Sigge” del 34° Grado, diviene Eggis, e così via.
In un prossimo capitolo verranno quindi esaminati in maniera più ap-
profondita alcuni dei gradi elaborati da Yarker scelti fra i più significativi.
Qui vogliamo adesso evidenziare alcune caratteristiche del Corpus ri-
tuale di Yarker perché alcune nozioni ci appaiono importanti al fine della
comprensione di quello che diremo dopo.
È nozione abbastanza comunemente accettata che l’impostazione del
Tempio muratorio, almeno nei gradi azzurri, rispecchi quella dell’albero
John Yarker e le sue scale iniziatiche 207

sefirotico con i dieci ufficiali canonici che rappresentano le dieci sephi-


roth e con l’altare rappresentato dalla undicesima sephirah, quella velata
di nome Da’ath.
Questo comporta una struttura che rispetti i tre pilastri dell’albero della
vita, ovvero il pilastro del rigore sulla sinistra guardando verso oriente e
quello della grazia sulla destra, con la luna ed il sole posizionati rispetto ai
rispettivi pilastri.
Questo avviene sicuramente nel Rito Scozzese, anche se talvolta, qual-
che birichino inverte le posizioni del segretario e dell’oratore non renden-
dosi conto della bestialità che è stata compiuta.
Facciamo questa puntualizzazione perché quando i Bédarride e Mar-
conis ebbero a creare i loro corpus rituali, forse per differenziarsi dal rito
scozzese, pensarono bene di invertire le posizioni dei due sorveglianti e del
sole e della luna alterando così l’equilibrio qabbalistico del Tempio.
Yarker, ahimé, si è adeguato ai suoi predecessori, ed in molti suoi rituali
troviamo quindi alterate le posizioni dei sorveglianti, con le difficoltà di
sorvegliare la colonna di riferimento che si possono immaginare.
Poiché il Rito Egizio, nella sua originaria formulazione più autentica,
quella napoletana, è un rito al tempo stesso alchemico e qabbalistico, nella
restituzione dei rituali a noi pervenuti attraverso le varie linee iniziatiche,
abbiamo riportato le posizioni in quelle originarie, con il Primo sorveglian-
te, comunque lo si voglia chiamare, all’Occidente, il Secondo al sud, il
segretario e l’oratore all’oriente rispettivamente a nord ed a sud e così per
la luna ed il sole.
Una corretta impostazione vorrebbe anche che il Grande Esperto e il
Maestro delle Cerimonie, che rappresentano rispettivamente le Sephiroth
Yesod e Tipheret, assumessero una posizione centrale rispetto all’asse del
tempio (il pilastro dell’equilibrio che va da Kether (il Maestro Venerabile o
il Presidente) a Malkuth (il Copritore Interno o Guardiano del Santuario).
Spesso questo non è logisticamente possibile a causa delle dimensioni
ridotte della sala in cui è realizzato il tempio, e succede che i due ufficiali
vengano posti di lato se non addirittura rispettivamente sulle colonne del
nord e del sud, accanto al tesoriere ed all’ospitaliere. L’importante è che si
abbia bene a mente quella che è la struttura del complesso degli ufficiali
per comprendere quanto avviene durante le cerimonie.
Nell’esaminare il Corpus Rituale di Yarker non faremo differenze fra le
due scale iniziatiche, quella completa a 95/97 gradi e quella ridotta a 33
gradi, perché le citate differenze non sono sostanziali.
Cominciamo col dire che a partire dai primi gradi filosofici (per inten-
dersi a partire dal Maestro Segreto nella scala a 95/97 gradi e dal Maestro
208 I Riti Egizi II

Perfetto o Discreto nella scala a 33) variano le denominazioni degli uffi-


ciali rispetto ai gradi simbolici: il presidente della Loggia normalmente
prende la denominazione di Saggissimo Maestro con ciò differenziandosi
dal Rito Scozzese ma anche dal Rito di Mizraim di Venezia; il Copritore
Interno spesso assume il nome di Guardiano della Torre ed all’esterno del
Tempio vi è quasi sempre un Copritore Esterno chiamato Sentinella.
Il Maestro delle Cerimonie è spesso chiamato Introduttore ed il Grande
Esperto Capitano della Guardia.
Se però ci spostiamo nella sezione dei gradi gnostico-ermetici, lasciando
da parte il Cavaliere di Scandinavia (34° Grado) che fa storia a sé in quan-
to gli ufficiali hanno i nomi e le posizioni descritti nel nostro precedente
volume a cui rimandiamo,5 vediamo che le cose cambiano a partire dal 35°
Grado, il Cavaliere del Tempio.
In questo grado, ed in molti altri successivi, troviamo che la Loggia,
chiamata Senato (o Santuario) è sempre presieduta dal Sublime Gran Co-
mandante (Sublime Grand Commander), con cui collaborano il Primo Sor-
vegliante, chiamato Primo Cavaliere Interprete (Senior Knight Interpre-
ter) e il Secondo Sorvegliante chiamato Secondo Cavaliere Interprete
(Junior Knight Interpreter).
All’Oriente, accanto al Sublime Gran Comandante siedono sulla sua si-
nistra l’Oratore (Knight of Eloquence) ed alla sua destra il Segretario
(Knight Archivist).
Alla testa della colonna del Nord siede il Tesoriere (Knight of Finance)
ed alla testa della colonna del sud siede l’Ospitaliere (Knight Recorder).
All’Occidente, dietro al Primo Sorvegliante, siedono sulla sinistra verso
Nord il Capitano della Guardia (Knight Captain of Guard) e sulla destra
verso Sud il Guardiano del Santuario o Copritore (Knight Guardian of
the Sanctuary).
Il Tempio è custodito anche da un Copritore esterno chiamato Senti-
nella (Sentinel).
Il Maestro delle Cerimonie è chiamato Cavaliere Introduttore (Knight
of Introduction) e siede nei pressi sulla colonna del sud mentre il Gran-
de Esperto, chiamato Cavaliere Maresciallo (Knight Marshal) siede nei
pressi della colonna del Nord.
In posizione simmetrica rispetto a loro, ma spostati verso occidente
rispetto all’altare centrale, siedono il Cavaliere Portatore della Spada
(Knight Bearer of the Sword) sul lato sud ed il Cavaliere Porta Stendardo
(Knight Bearer) sul lato nord.

5 Apis-Eleazar, I Riti Egizi, p. 368 e segg.


John Yarker e le sue scale iniziatiche 209

In alcuni gradi, ma non in tutti, in caso di ricezione, il Neofita ha un pa-


drino che è chiamato Cavaliere Proponente (Knight Proposer).
In alcuni rituali più antichi è anche prevista la figura di un Maestro di
Armonia, rappresentato all’Oriente dalla figura di un organo
Come vediamo, siamo in presenza di una struttura che si allontana da
quella dei gradi filosofici, con un maggior numero di ufficiali e con funzio-
ni differenti.
In altri gradi, siamo in presenza di struttura e denominazioni alquanto
differenti: nel Grado di Patriarca della Verità o in quello di Patriarca di
Iside, tanto per citare i primi della scala ad avere queste caratteristiche, la
Loggia è presieduta dal Sublime Dai che siede all’Oriente e che rappresen-
ta Osiride.
Gli altri ufficiali sono invece l’Oratore, o Odos, che siede all’Oriente,
alla sinistra del Sublime Dai, e che rappresenta Ermete Trismegisto, il
Segretario o Hyerotolista, che siede all’Oriente alla destra del Sublime
Dai e che rappresenta Toth, il Tesoriere, Zacoris, che siede alla testa
della Colonna del Nord, l’Archivista, o Cistoforo, che siede alla testa
della colonna del Sud e che ha funzioni anche di Ospitaliere, il Grande
Esperto, o Ceryce, che siede all’Oriente accanto al Segretario, e che rap-
presenta Anubis, il Primo Portatore, o Assistente, che siede sulla colon-
na del Nord, all’altezza dell’Altare, e che rappresenta Sirio, il Portatore
della Spada, che siede sulla colonna del Sud, all’altezza dell’Altare, e che
rappresenta Orione, il Primo Mistagogo (Primo Sorvegliante), che siede
ad Occidente, in posizione avanzata rispetto al Messaggero della Scienza,
e che rappresenta Horus, il Secondo Mistagogo (Secondo Sorvegliante),
che siede a Sud, in posizione avanzata rispetto al Messaggero della Scien-
za, e che rappresenta Serapis, il Messaggero della Scienza, che siede ad
Occidente in posizione simmetrica al Sublime Dai e più arretrata rispetto
ai due Mistagoghi, e che rappresenta Arpocrate, l’Accompagnatore (o
Introduttore), o Hydranos (Maestro delle Cerimonie), che siede in fon-
do alla parete d’occidente, sul lato nord, e che rappresenta Caronte e il
Guardiano del Santuario, o Hyeroceryce (Copritore Interno), che siede
in fondo alla parete d’occidente, sul lato sud, e che rappresenta Canopo.
È anche previsto un Copritore Esterno, chiamato Sentinella, che rap-
presenta il semidio Ercole.
Questo che abbiamo appena descritto è lo schema classico di alcuni gra-
di della scala di Yarker, ma dobbiamo evidenziare come in altri gradi vi
siano schemi leggermente differenti: ad esempio nel Grado di Patriarca
di Memphis, dove nella cerimonia di ricezione viene rivissuta la morte e
210 I Riti Egizi II

la risurrezione di Osiride, questo è ovviamente rappresentato dal Neofita,


mentre chi presiede la Loggia è semplicemente chiamato Gran Patriarca.
Per concludere questo breve excursus sugli schemi adottati da Yarker,
possiamo quindi sostenere che vi siano tre schemi principali: il primo, mu-
tuato dal Rito di Perfezione di Étienne Morin, che si avvicina ai gradi di
Perfezione adottati dal Rito Scozzese, un secondo, misto, che ricalca il
primo ma che introduce nuove figure di ufficiali, ed un terzo, mutuato dal
Mizraim, con denominazioni di ispirazione greco-egizia.
E adesso possiamo esaminare alcuni dei gradi presenti nelle scale create
da John Yarker.
CAPITOLO IX
APPROFONDIMENTI SU ALCUNI GRADI
ERMETICI

Nel nostro precedente volume dedicato ai Riti Egizi avevamo esaminato


a fondo i gradi cosiddetti filosofici (dal 4° al 33°) che sono stati mutuati dal
Rito di Perfezione dell’Antica Maestranza e della massoneria rinnovata di
Étienne Morin, Andrew Francken e dei loro successori.
Avevamo poi fatto una breve panoramica sui gradi della sezione gno-
stico-ermetica contenuti nella scala del Memphis di Etienne Marconis
e/o nel Memphis e Misraim di John Yarker, limitando tuttavia gli appro-
fondimenti a pochi e limitati gradi, quali, a titolo esemplificativo e non
esaustivo, il Cavaliere di Scandinavia, il Saggio di Mithra, il Comandante
degli Astri, etc.
Da allora molto materiale è stato fortunatamente reperito e studiato: sia-
mo oggi quindi in grado di poter ampliare il nostro raggio di azione, dedi-
cando uno spazio adeguato non solo ad alcuni di quei gradi che avevamo
descritto in modo succinto ma anche, nel prossimo capitolo, a tutta una
serie di gradi di derivazione Memphis che non fanno parte delle scale di
Marconis o di Yarker ma che sono stati elaborati nella medesima epoca e
sono entrati a far parte della tradizione egizia dei paesi anglosassoni.
Questo è potuto avvenire in quanto il Sovrano Santuario Egizio Medi-
terraneo del Regime Rettificato di Mizraïm-Memphis ha provveduto, nel
corso degli ultimi anni, ad una completa rivisitazione della scala iniziatica
e dei relativi rituali, recuperando da un lato gradi e rituali che si reputavano
rispettivamente desueti e perduti e privilegiando dall’altro gradi, parimenti
abbandonati da tempo, che fanno invece parte a pieno titolo della tradizio-
ne egizia mediterranea.
Abbiamo più volte rilevato, anche su queste pagine, come esistano co-
munioni iniziatiche di ispirazione nominalmente egizia ma che in concre-
to si limitano a praticare (pochi) gradi della sezione filosofica con rituali
spesso pessimi, frutto di manipolazioni da parte di soggetti non in grado
di comprenderne il significato, per poi saltare direttamente al 90° grado,
magari passando per il 66° nella versione di Jean Bricaud, che della tradi-
212 I Riti Egizi II

zione egizia ha solo la matrice del grado di Maestro dell’Anello Luminoso


ma che, in quella versione, ha senso solo se si pratica il Martinismo e la
Chiesa Gnostica.
La pratica dei veri gradi egizi, quelli che vanno dal 34° in avanti, è
fondamentale: ovviamente non è possibile praticarli tutti, ma conoscerli è
doveroso, perché essi, come vedremo, hanno profondi insegnamenti su cui
lavorare per il proprio perfezionamento. Qui ne descriviamo e commentia-
mo alcuni fra i più importanti.

Il Cavaliere d’Oriente e della Spada

Etienne Marconis de Nègre, nel più volte citato saggio del 1849 Le San-
ctuaire de Memphis,1 a p. 7 descrive la scala del Rito di Memphis dove,
allontanandosi dalla tradizione scozzese imperante, questo grado viene
sdoppiato, ovvero viene diviso nel 15°, Cavaliere della Spada e nel 17°,
Cavaliere d’Oriente, ponendovi in mezzo il grado di Cavaliere di Gerusa-
lemme.2
Così facendo Marconis si era riallacciato alla tradizione del secolo pre-
cedente, che voleva i due gradi ben distinti e che solamente Étienne Morin
aveva fuso in un unico grado. Con la fusione dei Riti di Memphis e Mi-
sraim (che, lo ricordiamo, aveva un suo rituale di 41° Grado di Cavaliere
d’Oriente il quale solo in parte riprendeva le tematiche di Morin, arricchen-
dole con elementi ricchi di pathos tipici di quel Rito), John Yarker si allinea
con Etienne Morin e fonde nuovamente i due gradi raggruppandoli alla 15°
posizione della sua scala a 95/97 gradi sotto la denominazione di Cavaliere
d’Oriente o della Spada.3
Si potrebbe pensare che la cosa finisca qui ma non è così: come abbiamo
scritto nel capitolo precedente, al fine di creare un Rito snello limitato ai
gradi che reputava più importanti (dando la sua preferenza ai gradi di pro-
venienza Memphis), Yarker ebbe a creare una scala ridotta a soli 33 gradi
da praticare nella loro interezza.

1 Le sanctuaire de Memphis ou Hermès. Développements complets des Mystères


Maçonniques, 1849
2 La nota curiosa del testo di Marconis è che nella parte dedicata alle caratteristiche
di tutti i gradi di ogni rito (p. 153 e seguenti), si indica come 15° Grado il Cava-
liere d’Oriente o della Spada (come nel Rito Scozzese).
3 Per quanto attiene alla storia di questo grado vedi Apis-Eleazar, I Riti Egizi, p. 189
e segg.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 213

La stranezza è che Yarker, nel creare questa scala “ridotta”, torna al Rito
di Memphis di Montauban e sdoppia nuovamente il grado, ripristinando
all’8° posizione il Cavaliere della Spada ed alla 10° il Cavaliere d’Oriente,
ponendovi ancora una volta in mezzo il Cavaliere di Gerusalemme.
Il tutto però dando caratteristiche differenti al Grado di Cavaliere d’O-
riente, che viene ambientato nel secondo secolo che precede l’Era Volgare,
ovvero ai tempi della rivolta dei Maccabei contro Antioco Epifane.
È evidente che Yarker dava estrema importanza a questo grado, che oggi
è praticato per lo più da comunioni francesi di filazione Ambelain e ci è
sembrato giusto fare alcuni cenni in proposito, ampliando quindi quanto
scritto nel precedente volume dedicato ai Riti Egizi.
Siamo quindi in presenza di due gradi distinti che però mantengono
molti elementi in comune. La prima parte, quella di Cavaliere della Spada,
riprende il tema dell’esilio a Babilonia e della liberazione degli ebrei dalla
cattività. Tuttavia, in questa versione rituale di Yarker, più che gli aspetti
storici della vicenda (come avviene nel testo di Morin), appaiono in pri-
mo piano alcuni insegnamenti filosofici e di natura comportamentale che
ritroveremo anche nei rituali successivi. Mancano quindi clamorosamente
gli aspetti più classici del grado, quelli secondo il quale il Cavaliere usa
la spada con una mano e la cazzuola con l’altra, dovendo al tempo stesso
difendersi e ricostruire il Tempio, così come manca la leggenda del grado.
La seconda parte, quella di Cavaliere d’Oriente, è un quid novi nella tra-
dizione massonica, in quanto viene rievocata la rivolta dei Maccabei avverso
il regno selucida di Antioco Epifane, assoluta novità nel mondo muratorio.
Viene meno quindi, nella scala originaria del Rito di Memphis, il Ca-
valiere d’Oriente e d’Occidente (17° del Rito di Perfezione) che è uno dei
gradi cosiddetti ioanniti: alcuni elementi di questo grado, come la rottura
dei sette sigilli, lo troveremo in un grado posto più in alto nella scala, quel-
lo di Cavaliere d’Occidente, su cui ci soffermeremo fra poco.
In ultimo va rilevato che nella versione di John Yarker i due gradi sono
inframmezzati da quello di Principe o Cavaliere di Gerusalemme.
Trattandosi di una novità assoluta, riprendiamo qui un brano della ceri-
monia di iniziazione al grado di Cavaliere d’Oriente:

ORATORE
E allora venne Antioco,4 frutto malvagio di una progenie, soprannominato
Epifane, figlio del Re Antioco che era stato ostaggio a Roma, la cui dinastia
aveva regnato per 137 anni sui Greci.

4 Si tratta di Antioco IV, detto Epifane, sovrano del regno Seleucide. Il suo vero
nome era Mitridate ma assunse il nome di Antioco dopo l’ascesa al trono. Visse
214 I Riti Egizi II

Egli entro con orgoglio nel Santuario e portò via l’altare d’oro ed il sacro
candelabro della Luce. Egli trafugò anche i tesori nascosti che riuscì a trovare,
mentre gli abitanti di Gerusalemme erano fuggiti. Così la città divenne luogo
di abitazione di gente straniera. Il Santuario venne devastato in maniera sel-
vaggia, i giorni di festa divennero giorni di lutto e l’onore divenne disprezzo.
Il sovrano aveva mandato un suo editto a Gerusalemme ed alle città della
Giudea con il quale si imponeva di assoggettarsi alle strane leggi della sua
terra, inquinando il santuario ed il popolo santo…

Il Conduttore fa arrestare il Neofita davanti al Primo Sorvegliante.

PRIMO SORVEGLIANTE
Chi viene qui?

CONDUTTORE (GRANDE ESPERTO)


Un vagabondo che viene da Gerusalemme, in cerca del tesoro perduto del
luogo santo.

PRIMO SORVEGLIANTE
Ahimè! Il luogo santo è stato profanato, i Pilastri della Saggezza, della For-
za e della Bellezza sono stati distrutti. Voi dovete vagare nelle tenebre, fra i
boschi e le montagne, in cerca della parola. Passate.

Il Conduttore riprende con il Neofita bendato il suo vagare nel Tempio men-
tre l’Oratore continua la sua narrazione.

ORATORE
E Mattatia pianse per tutta la città dicendo ad alta voce: “Chi mai è rispetto-
so della legge ed ha mantenuto il patto, mi segua.”5
Allora vennero da lui sia una compagnia di Assideani,6 che erano i più po-
tenti uomini di Israele, sia volontariamente anche tutti coloro che erano devoti
alla legge.

fra il terzo ed il secondo secolo dell’Era Volgare. Nel 168 A.E.V. cercò di con-
quistare l’Egitto detronizzando il sovrano tolemaico, ma dovette rinunziare dopo
che il legittimo sovrano, assediato ad Alessandria, chiese l’aiuto della Repubblica
Romana, che vedeva di cattivo occhio l’espansione greca nel Mediterraneo. Al
ritorno dall’Egitto si fermò a Gerusalemme che saccheggiò, prelevando gli arredi
sacri del Tempio e proibendo la pratica della religione ebraica. Questo fatto pro-
vocò la cosiddetta rivolta dei Maccabei, diretta da Judas Maccabeo. È a questa
rivolta che si accenna nella leggenda del grado narrata dall’Oratore.
5 Si tratta di Mattatia Maccabeo, padre di Judas, che uccise l’apostata ebraico che
aveva aderito al culto imposto da Antioco Epifane.
6 Gli Assideani erano una fazione ebraica caratterizzata da un forte senso religioso
i cui membri si distinsero nelle cosiddette guerre dei Maccabei.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 215

Così essi procedettero con tutto il loro potere e giunsero ad Emmaus dove
si accamparono nella pianura. E Judas Maccabeo, con altri nove o giù di lì, si
ritirarono nel deserto e vissero nelle montagne. E come giunsero a Gerusalem-
me, apparve davanti a loro, a dorso di un cavallo, un uomo vestito di bianco che
faceva vibrare la sua corazza d’oro.

Il Conduttore fa arrestare il Neofita davanti al Secondo Sorvegliante.

SECONDO SORVEGLIANTE
Chi viene qui?

CONDUTTORE (GRANDE ESPERTO)


Un vagabondo che viene da Gerusalemme, in cerca del tesoro perduto del
luogo santo.

SECONDO SORVEGLIANTE
Guarda, io so che vostro fratello Simone è un uomo del consiglio, dategli
sempre ascolto. Egli sarà un padre per voi. Per quanto a Judas Maccabeo, egli
è stato forte e potente sin dalla sua gioventù. Che sia il vostro capitano e com-
battete la battaglia del popolo.

SAGGISSIMO MAESTRO
Fratello Cavaliere, volete voi, dopo l’esempio del nostro antico fratello Ju-
das Maccabeo, difendere con la vostra vita l’onore del nostro Antico Rito.

NEOFITA
Lo voglio. (…)

Il Cavaliere del Tempio

Il Grado di Cavaliere del Tempio (o Cavaliere del Tempio della Saggezza)


è il primo grado gnostico-ermetico che compare in 35° posizione nella Sca-
la del Rito di Memphis di Étienne Marconis de Nègre descritta nel saggio
del 1849 Le Sanctuaire de Memphis con la denominazione di “Gran Co-
mandante del Tempio” e segue il Cavaliere Grande Ispettore.
Esiste, nella Scala di Étienne Marconis, al 28° Grado, un Cavaliere del
Tempio, ma, esaminando il testo, si vede che è una elaborazione del 27°
Grado del Rito di Perfezione a 33 Gradi (Andrew Francken e successori)
ovvero del Sovrano Comandante del Tempio di Gerusalemme.
Nel Rito di Mizraim di Venezia del 1788 il Cavaliere del Tempio com-
pare al 36° posto, subito dopo il Cavaliere Prussiano (che nel Rito di Per-
fezione a 33 Gradi sappiamo essere alla 21° posizione – come del Rito
Scozzese – e nella Scala di Marconis al 22° posto).
216 I Riti Egizi II

Nella sua scala a 95 Gradi John Yarker lo pone al n. 35 mentre nella sua
versione ridotta a 33 Gradi, lo troviamo al 13° posto.
La cosa più importante di questo grado è che, ultimati i gradi filosofici
comuni al Rito Scozzese, dopo il passaggio attraverso il Cavaliere di Scan-
dinavia che fa un poco storia a sé, il Cavaliere del Tempio è il primo di
una serie di gradi che presenta delle denominazioni degli ufficiali comple-
tamente differenti rispetto a quelli che lo hanno preceduto e che abbiamo
descritto nel capitolo dedicato a John Yarker.
Siamo in presenza di un grado che ha una certa rilevanza, quindi, sia
perché inaugura una serie di gradi che possiamo definire di “cavalleria” sia
perché lo stesso John Yarker lo ha mantenuto tale e quale nella sua scala
“ridotta” a 33 gradi (rispetto a quella normale di 95/97).
Contrariamente a quanto si possa pensare, il Tempio cui fa accenno la
denominazione del Grado non è il classico Tempio Massonico ma è invece
l’Universo, Tempio in cui si celebra la gloria del Supremo Artefice dei
Mondi.
Questo è un grado di “conoscenza” che ben figura nella serie ermetico-
gnostica: in questo grado si studia, secondo quanto insegna John Yarker,
la divisione dell’anno in stagioni ed il mistero dell’avvicendarsi delle me-
desime, l’apparente moto delle stelle nel cielo, la loro velocità e posizione
durante l’anno solare (non a caso le parole di passo fanno riferimento a
Sirio, stella importantissima per gli egizi, in quanto la sua levata eliaca
annunziava la piena del Nilo).
Ma in questo grado, che, secondo quanto scrive Yarker, ha anche natura
alchemica, si studiano altresì la purificazione dei metalli e come renderli
duttili, le proprietà delle piante e dei vegetali ed il loro utilizzo a fini tera-
peutici.7
Il tutto per acquisire una migliore conoscenza del Tempio dell’Universo.
Nonostante un rituale molto agile possiamo quindi dire che questo è un
grado dove si lavorava intensamente ed a livelli molto profondi.
In questo grado, come in quelli immediatamente successivi, il Consesso
dei Cavalieri si chiama Senato o Santuario.8
Il Tempio dove si riuniscono i Cavalieri del Tempio è interamente de-
corato con tendaggi neri o blu scuri trapuntati di stelle che rappresentano
l’Universo.
Le colonne sono chiamate Valli e su di esse si dispongono i Cavalieri.

7 John Yarker, The Secret High Degree Rituals of the Masonic Rite of Memphis,
Ristampa anastatica del testo originale, Ed. Kessinger, USA.
8 In genere si tende a privilegiare la denominazione “Santuario”.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 217

Vi sono delle caratteristiche comuni a questi gradi di Cavalieri (par-


te dei quali verranno esaminati nel prossimo capitolo, dedicato ai gradi
praticati nei soli paesi anglosassoni): la presenza all’oriente del Sole e la
Luna rispettivamente a sud e a nord rispetto alle due valli, la mancanza di
luci sulle cattedre degli ufficiali, la presenza, nel mezzo del Tempio, ma
spostato verso Oriente, di un Altare sul quale sono presenti un cero rosso
(in alcuni casi verde), che rappresenta la Luce Eterna o Luce dei Maestri
Passati, il Libro della Legge Sacra, una spada, che in questa serie di gradi è
anche chiamata spada dell’onore, un ramo di mirto, simbolo di iniziazione.
Il ramo di mirto in alcuni casi è tuttavia sostituito da un ramo di acacia.

Il Cavaliere d’Occidente

Il Grado di Cavaliere d’Occidente ha una genesi abbastanza particolare.


Esso compare nella Scala del Mizraim di Venezia in 47° posizione con
questa esatta denominazione ma, se si esamina il testo di questo grado, a
noi giunto nella versione completa, si arriva alla conclusione che questo
non è altro che una riproduzione abbastanza fedele del 17° Grado del Rito
di Perfezione di Étienne Morin, ovvero il Cavaliere d’Oriente e d’Occi-
dente, che è il primo dei gradi ioanniti, dove il Tempio è la riunione degli
Anziani e dove il Neofita rompe i sette sigilli descritti nell’Apocalissi di
Giovanni di Pathmos.
Questo Grado, con la denominazione di Cavaliere Principe di Occidente,
compare in 19° posizione nella Scala del Rito di Memphis di Étienne Mar-
conis de Nègre subito dopo il Principe Rosa+Croce di Heredon.
Il Cavaliere d’Occidente è un grado dedicato all’arte della navigazione,
sia dal punto di vista materiale che da quello esoterico.
In questo grado infatti da un lato vengono insegnate al Neofita, in sede
di cerimonia di ricezione, i principi dell’arte della navigazione e gli viene
spiegato che attraverso la navigazione sono state raggiunte e popolate terre
lontane, e dall’altro viene rievocato il viaggio verso occidente che l’anima
del defunto fa sulla barca solare per raggiungere il paradiso che si trova là
dove tramonta il sole e dove si ci può riunire ad Osiride ed Horus.
Tuttavia viene mantenuta nella cerimonia di ricezione una parte, piccola
ma importante, del testo del Mizraim di Venezia, ovvero la rottura dei sette
sigilli da parte del Neofita, chiamato a svolgere un compito che nessuno dei
presenti vuole o ha il coraggio di fare. Tuttavia il testo differisce da quello
veneziano perché la rottura dei sigilli afferisce sempre al raggiungimento
delle terre occidentali.
218 I Riti Egizi II

Il testo del rituale è perfettamente in linea con il precedente: anche qui il


Presidente assume la qualifica di Sublime Gran Comandante mentre i Sor-
veglianti sono chiamati Cavalieri Interpreti, il Grande Esperto Cavaliere
Maresciallo, e così via.
Va quindi evidenziato che non siamo in presenza di un doppione di gra-
do ma solo di un rituale che riprende, e solo in parte, tematiche di un prece-
dente, sviluppandone altre del tutto nuove nel percorso ermetico-gnostico
iniziato con il Cavaliere di Scandinavia.
A ben vedere, la parte della cerimonia di elevazione con la rottura dei sette
sigilli potrebbe essere tranquillamente soppressa senza che il testo ne risenta,
essendo altro il tema del grado: quello di una acquisizione di una maggiore
conoscenza – rappresentata dalle terre di occidente – alla quale si può giun-
gere solo dopo aver compiuto appieno il proprio dovere nelle terre di Orien-
te, perché solo dopo essere stato forgiato attraverso studi e preparazioni, si
può essere in grado di prendere il largo sulle acque che separano i continenti.
Ed è qui che diventa necessario conoscere i segreti della navigazione
che vengono svelati al Neofita che vuole raggiungere le terre occidentali.
Il tema del grado può quindi essere così riassunto: la diffusione della po-
polazione umana dall’Africa verso altre nazioni grazie all’arte della navi-
gazione, il mito delle terre occidentali, dove il sole scompariva ogni giorno
per rinascere il giorno dopo ad oriente ed infine la ripresa della simbologia
ioannita dell’Apocalisse con la rottura dei sette sigilli.

Il Saggio della Verità

Il Grado avente denominazione di Saggio della Verità (o Cavaliere Sag-


gio della Verità), che prosegue la linea “cavalleresca” iniziata con il Cava-
liere del Tempio, ha origini pur esso singolari.
Nella scala del Rito di Memphis di Étienne Marconis de Nègre compare
infatti in 65° posizione un Principe della Verità le cui caratteristiche sono
però differenti da quelle del testo qui commentato, che proviene dalla scala
di John Yarker a 33 Gradi (dove occupa la 16° posizione, subito dopo il
Cavaliere del Serpente).
Nel Mizraim di Venezia questo grado non compare affatto mentre nella
scala di Yarker a 95 Gradi lo troviamo al 37° posto con la denominazione
di “Cavaliere di Shota o Saggio della Verità”.9

9 La derivazione della parola Shota è ignota: qui ipotizziamo che sia una storpiatura
di Shiva.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 219

Nel suo testo dedicato al Rito di Memphis,10 John Yarker fa tuttavia un


espresso riferimento alle istruzioni di Marconis per questo Grado,11 per
cui ne dobbiamo ipotizzare che il riferimento vada indirizzato verso il pari
grado della scala del medesimo Marconis, ovvero il Saggio Shivaita (38°
Grado).12
Possiamo quindi ragionevolmente da un lato dedurre che Yarker abbia
ripreso il testo di Marconis medesimo storpiandone il nome, per cui l’ori-
ginario Saggio Shivaita sarebbe diventato Cavaliere di Shota o Saggio della
Verità nella scala a 95 Gradi, per poi diventare Cavaliere Saggio della Ve-
rità nella scala a 33 Gradi.
Il tema dello Shivaismo d’altra parte ben si sposa con le caratteristiche
cosmopolite del Rito di Memphis di Marconis de Nègre, che spazia in tutte
le culture e tradizioni dell’antichità nella sua sezione ermetico-gnostica, per
cui non è inutile in questa sede spendere due parole su questo argomento.
Lo Shivaismo è una corrente dell’Induismo che riconosce Shiva come
Dio supremo. I seguaci dello Shivaismo (o Śivaismo), definiti “Shivai-
ti” o “Shaiva”, identificano Shiva con Īśvara, l’aspetto personale di Dio,
pensando cioè che incarni in sé il triplice principio dell’intera trimurti ed
artisticamente ciò viene reso mostrando Shiva in preminenza e Vishnu e
Brahma che escono rispettivamente dal suo fianco sinistro e destro.
Gli Śhivaiti identificano Shiva anche con lo stesso Brahma, l’aspetto
impersonale di Dio; lo venerano come una delle tante forme differenti
dell’universo con cui si esprime la Realtà, in quanto è l’entità monistica –
personale e impersonale al tempo stesso – nel quale si rispecchiano tutte le
cose, Shiva compreso. In questa visione, è da Shiva che scaturiscono tutti
gli altri Deva (ovvero gli esseri celesti), come suoi princìpi ed emanazioni;
è essenzialmente una conoscenza monoteistica collegata alla bhakti, o de-
vozione, un aspetto molto importante dello Shivaismo.
Uno degli scopi dei sistemi filosofici ispirati allo Shivaismo è inoltre
quello di risvegliare una forma superiore di coscienza che conduca il prati-
cante a superare i limiti imposti dalla Natura.

10 John Yarker, The Secret High Rituals of the Masonic Rite of Memphis, Volume
Terzo. The Ancient and Primitive Rite of Memphis, ristampa a cura di Kessinger
Publishing (USA), Edizione 1 Gennaio 1940.
11 Scrive John Yarker con riferimento a questo grado: “It deals with ancient Initia-
tion and Marconis recommends that it should be Catechetical to test the Aspirants
progress”, ovvero che si tratti di un grado relativo ad una antica iniziazione e che
Marconis raccomandi che sia utilizzato per saggiare il progresso degli aspiranti.
12 Ricordiamo che nella scala di Marconis i Gradi ermetico-gnostici iniziano al 35°
Grado e non al 34°.
220 I Riti Egizi II

Lo Shivaismo riconosce negli Agama le fonti della sua dottrina.13


I richiami alla mistica indiana, sia pure in forma estremamente contenu-
ta, li troviamo nel rituale di questo grado solo nella parte finale dell’istru-
zione che segue la cerimonia di elevazione, dove si sostiene che il persiano
Dario Hystaspes, spintosi in India, avesse appurato che le dottrine studiate
colà fossero le stesse insegnate dai Magi mesopotamici.
È probabile che Yarker, per dare unitarietà al suo Corpus rituale, abbia
introdotto (o ampliato) gli elementi di natura matematica e geometrica che
caratterizzano i gradi precedenti, e ridotto, ma comunque mantenuto, gli
elementi shivaiti che dovevano essere contenuti nel testo di Marconis, li-
mitandoli a quel fugace accenno ai Gymnosofisti ed alle loro conoscenze
di carattere astronomico insegnate al re persiano.
A questo proposito facciamo notare come il gioiello di questo grado sia
costituito da una specie di anello piatto dove su un lato sono scritti i dodici
mesi del Calendario egiziano e dall’altro sono incisi i dodici segni dello
zodiaco.
Anche i segni dello Zodiaco sono presenti nel Tempio, identicamente a
quanto avviene nelle Logge Simboliche: si potrebbe pensare che in questo
grado, nella versione di John Yarker (Scala a 33 Gradi) siano stati mutuati
alcuni elementi provenienti dal Grado di Principe dello Zodiaco che com-
pare al 39° posto della Scala di Étienne Marconis de Nègre ed al 44°posto
della scala di Yarker a 95° Gradi (grado invece assente nella scala Mizraim
di Venezia).
È anche possibile che il testo primevo contenesse maggiori istruzioni sul
moto apparente stellare rappresentato dal mutare dei cieli lungo le stagioni
a causa dell’inclinazione dell’asse terrestre (elemento pure questo accenna-
to nell’istruzione) e che quindi la simbologia zodiacale sia stata mantenuta.
Nella scala di Yarker a 33 Gradi il Saggio della Verità precede il Filosofo
Ermetico che, in un certo senso, corona un percorso iniziatico profondo ed
intenso dedicato agli studi geometrici ed astronomici.

Il Cavaliere dell’Aquila Rossa

Il Grado di Cavaliere dell’Aquila Rossa è presente sia nella Scala del


Mizraim di Venezia del 1788 sia in quella del Memphis di Marconis de
Nègre.

13 Gli Agama sono un gruppo di scritture sacre delle religioni indiane come l’indui-
smo ed il buddismo. La parola significa tradizione o ciò che è stato tramandato.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 221

Mentre nella scala veneziana questo grado compare al 39° posto, in


quella di Marconis è posto al 25° Grado, fra quelli della Prima Serie, fra il
Capo del Tabernacolo ed il Cavaliere del Serpente di Bronzo.
Nella sua scala a 95 Gradi John Yarker lo pone al n. 36 mentre nella sua
versione ridotta a 33 Gradi, lo troviamo al 12° posto.
Ma le differenze non finiscono qui: infatti il rituale veneziano differisce
completamente da quello di Marconis e di Yarker. Il primo, che ancora oggi
è praticato in questa veste dal Rito Antico e Primitivo di Memphis-Misraim
legato al Grande Oriente di Francia (12° Grado) e dall’ORUMM (39° Gra-
do), è un rituale di matrice qabbalista con caratteristiche che nulla hanno a
che vedere con il suo omonimo di origine Memphis.
Qui, per ragione di coerenza con il resto del capitolo, abbiamo esami-
nato la versione Memphis che è stata elaborata da Yarker in tutti i suoi
elementi originari senza occuparci, se non in minima parte, nella moderna
versione alternativa di matrice qabbalista.
Va detto che nel corso del tempo il Grado ha assunto denominazioni
diverse: se la denominazione più comune e moderna è quella di Cavaliere
Perfetto dell’Aquila Rossa, quella data da John Yarker è di Sublime Eletto
della Verità o dell’Aquila Rossa, mentre il testo su cui egli aveva lavo-
rato aveva quella più semplice di “Cavaliere dell’Aquila Rossa”.
Il testo del rituale è caratterizzato, come molti gradi filosofici che lo
precedono, da una iniziazione quanto mai completa che riprende temi ed
elementi tipici della iniziazione al grado di apprendista libero muratore.
La bendatura del candidato per gran parte della cerimonia, il passaggio
attraverso la camera di riflessione, la formazione di una sorta di testamento
filosofico che riprende temi del primo grado, la purificazione attraverso i
quattro elementi, i viaggi simbolici, sono tutte caratteristiche che abbiamo
visto più volte nel corso del percorso iniziatico e che ci sono ben note.
Da una lettura superficiale se ne potrebbe ricavare l’impressione che
siamo di fronte ad una sorta di ripetizione della cerimonia di iniziazione di
un apprendista (visti i molteplici richiami al mondo profano) o tutt’al più
ad una riproposizione dei temi del 27° Grado (Comandante del Tempio), in
chiave più sfumata.
Nella realtà, nonostante sia indubitabile la connessione con i temi di
alcuni gradi precedenti, compreso il primo, è evidente che la lezione filo-
sofica che ci viene data è più complessa e maggiore è l’impegno che viene
chiesto al candidato che intende essere elevato a questo grado.
Ancora una volta il tema principale è quella della morte fisica, che il
candidato deve conoscere come momento di passaggio: la presenza di una
tomba nei pressi, ma al di fuori, della camera di riflessione (unico mo-
222 I Riti Egizi II

mento in cui al candidato viene tolta la benda perché possa vedere cosa ha
davanti) è un elemento di novità: la richiesta rivolta al neofita di riflettere
sulle caducità dell’uomo e sulla brevità della sua esistenza è senza dubbio
il fulcro di questo grado, oramai non più praticato in questa versione.
Si fa notare, infine, la presenza di alcuni elementi che abbiamo già visto
e/o ritroveremo nel corso della scala iniziatica: il ramo di mirto, la bevanda
amara, il culto del Silenzio.
Di questo grado riportiamo un breve brano costituito un discorso che
l’Oratore rivolge al Neofita al termine della cerimonia di ricezione. Qui
viene rivendicata la bontà dei fondamenti e dei principi dell’istituzione
muratoria, che evidentemente, all’epoca in cui il testo venne elaborato, era
oggetto di pesanti attacchi provenienti dal mondo profano e clericale.

(…) La nostra istituzione ha i suoi fondamenti nelle leggi della natura. Que-
sta unisce le due caratteristiche che portano gli esseri mortali vicini alla Divi-
nità, la cultura della Verità e della Benevolenza. L’idea che il mondo profano si
è formato di noi è falsa. I profani ci rappresentano come esseri uniti da vaghi e
ridicoli principi. Essi non sono in grado di comprendere il legame che per se-
coli ha unito fra loro le persone più sagge in mezzo a tutte le nazioni ed in ogni
condizione. Essi ci chiamano nemici della società, mentre tu troverai fra noi i
più sinceri amici ed i più fedeli sostenitori delle istituzioni del nostro paese.
Essi ci dipingono come una associazione priva di principi religiosi, quando
la moralità religiosa è alla base del nostro ordine.14 E se noi ammettiamo nel
nostro consesso uomini onesti di ogni credo, è perché non riteniamo ci competa
giudicare le coscienze altrui e perché noi pensiamo che l’incenso della Virtù sia
ben accetto da Dio, comunque e da chiunque gli sia offerto.
La tolleranza che proclamiamo non è il risultato di empietà o di ateismo ma
di filosofica carità.Essi ci rappresentano come un associazione di crapuloni.15
Adesso ti faremo conoscere in cosa consiste il nostro pranzo.”
L’Oratore allora porge al candidato la coppa con la bevanda amara che si
trova sulla sua cattedra ed il Neofita ne beve il contenuto.

La versione alternativa che ancora oggi viene praticata in Francia dal


Memphis del Grande Oriente al 12° Grado, identicamente alla scala ri-
dotta di Yarker, è comunque suggestiva. Essa presenta Ufficiali con nomi
completamente diversi, come il Cavaliere del Vello d’Oro, che presiede la
Loggia, i Guardiani della Soglia che sono i due Sorveglianti, il Gran Priore,
l’Assistente, etc.

14 Non si dimentichi che questo testo risale agli albori del secolo XIX.
15 Cosa comprensibile nella società britannica, dove i Liberi Muratori erano per lo
più noti per essere dediti alle gozzoviglie nelle osterie; la prima gran loggia ingle-
se nacque proprio in un’osteria.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 223

In questo testo abbiamo all’apertura dei lavori una cerimonia di pu-


rificazione attraverso i quattro elementi estremamente complessa, come
complessa è la cerimonia di ricezione, che prevede un passaggio del Ne-
ofita prima attraverso i quattro elementi, poi i sette pianeti, quindi lo
zodiaco e l’unità e per giungere alla fine all’Opera alchemica dell’Aquila
Rossa.

Il Filosofo Ermetico

Il Grado di Sublime Filosofo Ermetico, con questa esatta denominazio-


ne, la possiamo trovare per la prima volta alla 43° posizione della scala del
Rito di Memphis di Étienne Marconis de Nègre mentre non troviamo inve-
ce un grado analogo nella Scala di Venezia del Rito di Mizraim del 1788,
dove alla 48° posizione vi è un Sublime Filosofo ed alla 53° un Filosofo
Sublime.
Esaminando questi due specifici gradi della scala veneziana vi possiamo
trovare qualche elemento comune al testo di Marconis, ma non pare possa
dubitarsi che gli elementi ermetici contenuti nel testo memphitico siano
una caratteristica unica di questo rituale.
Con la unificazione dei due Riti avvenuta verso la fine del secolo XIX,
questo grado viene introdotto da John Jarker nella scala a 95° alla 43° posi-
zione, subito dopo il Grado di Principe della Luce, con la denominazione
“Sublime Saggio Ermetico o Filosofo Ermetico”.
Per la sua importanza, lo stesso Yarker mantiene questo grado anche
nella sua scala ridotta a 33° Gradi e lo posiziona al diciassettesimo posto,
subito dopo il Cavaliere Saggio della Verità, con la diversa denominazio-
ne “Cavaliere Filosofo Ermetico”.
Si tratta, a nostro avviso, di uno dei gradi più intensi del Corpus Rituale
di John Yarker per la sua profonda lezione filosofica che traspare da ogni
riga del testo. Anche il discorso finale dell’Oratore, dedicato a Caino ed
Abele ed al significato massonico del Pentimento e del Perdono, esprime
concetti massonici molto elevati e degni di profonda considerazione.
Questo grado è sopravvissuto nei vari regimi egizi continentali ed il te-
sto di John Yarker è stato oggetto di una elaborazione in terra francese, con
l’arricchimento sia della cerimonia di apertura che di quella di elevazione
di un candidato.
Il Grande Ordine Egiziano legato al Grande Oriente di Francia pratica
ancora oggi questo Grado, sotto la denominazione di “Filosofo Ermetico”,
al 20° Grado.
224 I Riti Egizi II

La versione moderna praticata in Francia è stata attualizzata attraverso


un sapiente uso della musica, che scandisce i momenti topici della intera
tornata in ogni sua fase.
I Massoni Egizi Francesi hanno in un certo senso rielaborato il testo di
Yarker mantenendone alcuni punti salienti ma alterandolo in altri, come
ad esempio il numero e la denominazione degli ufficiali, e questa è stata,
a nostro avviso, una operazione infelice, in quanto le serie dei gradi che
compongono il rito hanno una loro unità, coerenza ed omogeneità intrin-
seca che è bene non alterare se non al rischio di compromettere l’armonia
del Corpus Rituale stesso.
Nel testo di Yarker, come nei gradi precedenti, la denominazione del
presidente del Santuario è sempre quella di Gran Comandante (come ne-
gli altri gradi di questa parte della terza serie), ma a nostro avviso è da
preferire quella di Étienne Marconis de Nègre, ovvero “Sublime Filosofo
Ermetico”.
Una delle novità più importanti dell’elaborazione fatta dai francesi è
costituita da alcuni elementi di matrice dantesca contenuti nella cerimonia
di ricezione, dove il Neofita compie, come il poeta fiorentino, una sorta di
viaggio negli Inferi dopo aver oltrepassato la porta che conduce alla città
dolente per poi assurgere ai cieli.
Il suo Virgilio, in questo caso, non è, come si potrebbe pensare il Mae-
stro delle Cerimonie o il Grande Esperto (che in questi gradi hanno la deno-
minazione di Cavaliere Introduttore e Cavaliere Maresciallo) ma lo stesso
Sublime Filosofo Ermetico, che lascia il suo trono per scendere nell’abisso
unitamente al Neofita, di cui diventa compagno e complice.
Il grado di Filosofo Ermetico è un grado “egizio” a tutti gli effetti ed a
pieno titolo: siamo lontani dagli scozzesismi dei gradi filosofici e si entra
sin dal primo momento in una atmosfera magica in un Tempio dove sono
presenti ben tre Altari, di cui il principale, il Naos, è un inno all’alchimia,
a cui viene anche dato spazio in sede di istruzione.
Lo Specchio dei Cieli, presente in questo grado, con la sua accensione
delle luci dei sette pianeti da parte del Neofita in sede di ricezione, è una
delle cose più toccanti della cerimonia.
Riscoprire questo antico testo è quindi, per chi voglia conoscere a fon-
do le tematiche dei Regimi Egizi assume quindi una duplice valenza: da un
lato approfondire alcune tematiche massoniche che sono comuni a tutti i Riti
della vera libera muratoria e dall’altro essere introdotti ad argomenti assolu-
tamente nuovi attraverso chiavi che ci sono state consegnate in precedenza.
Saper usare correttamente quelle chiavi è una delle sfide a cui viene
chiamato a cimentarsi colui o colei che vuole essere elevato al Grado di
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 225

Sublime Filosofo Ermetico dopo essere stato/a oggetto delle Purificazioni


rituali previste in una cerimonia che merita veramente di essere vissuta.
L’importanza di questo grado ci impone di approfondirne l’esame con la
descrizione del Tempio dei Filosofi Ermetici (chiamati anche Cavalieri Fi-
losofi Ermetici nella più antica accezione) che, sappiamo, si chiama Senato
o Santuario: esso è interamente decorato con tendaggi neri all’occidente
ed al sud e bianchi all’oriente ed al nord mentre al centro vi è un braciere il
cui fuoco verrà acceso al momento opportuno.
L’Altare o Naos è in forma di parallelepipedo di legno nero sul quale
sono posate due tovaglie sovrapposte, una più grande, di colore rosso, e
sopra di essa, una più piccola, di colore bianco.
Sull’Altare è posto al centro lo Specchio dei cieli.
Attorno allo Specchio dei Cieli sono poste sette candele di colore diver-
so, che rappresentano i sette pianeti. Le sette candele sono poste ai vertici
di un eptagono ideale secondo questo schema in senso orario partendo dal
vertice: colore indaco – Saturno; colore arancio – Mercurio; colore giallo
– Sole; colore blu – Giove; colore violetto – Luna; colore verde – Venere;
colore rosso – Marte.
In caso di cerimonia di elevazione al Grado queste sette candele saranno
disposte sulle cattedre degli ufficiali corrispondenti.
Al centro del Naos secondo l’Antica Tradizione è posto il Libro della
Legge Sacra e, all’apertura dei Lavori, sullo Specchio dei Cieli vengono
posti dall’Oratore un ramo di Mirto e la Spada dell’Onore.
Ad Occidente, nei pressi del Guardiano del Santuario (Copritore), è po-
sto l’Altare delle Purificazioni, in forma di parallelepipedo, fatto in legno
nero e coperto da una tovaglia bianca. Al centro è posto un bacile mentre ai
quattro lati sono disposte quattro candele bianche. Accanto all’Altare, sul
pavimento, sono poste quattro anfore (o vasi) in coccio contenenti acqua
salata e un altro vaso che contiene del sale comune (cloruro di sodio).
All’Oriente, ai piedi della cattedra del Presidente, è sito l’Altare de-
gli Anziani o Altare di Ermete. Ha le medesime proporzioni dell’Altare
delle Purificazioni ed è coperto da una tovaglia color porpora bordata
in oro. Al centro dell’Altare si trovano la Tavola Smeraldina di Erme-
te coperta da un velo di colore arancione ed un incensiere. Ai quattro
lati, partendo da sinistra, ed in senso orario, una Candela Rossa che
rappresenta la Luce dei Maestri Passati (che viene accesa dal Maestro
delle Cerimonie prima dell’inizio dei Lavori),16 un ramo di olivo, uno di
alloro ed una spada.

16 La tradizione antica vorrebbe che la Luce dei Maestri Passati venisse accesa con
226 I Riti Egizi II

All’inizio dei Lavori la Tavola Smeraldina è velata ed i due rami sono


messi parallelamente ai bordi dell’altare. La spada è posta lungo l’asse
nord-sud, la punta rivolta verso nord. Al momento previsto dal rituale i due
rami vengono incrociati in maniera tale che circondino la Tavola Smeraldi-
na e la spada è messa in modo tale che la lama si trovi sul punto di incrocio
dei due rami.
La cattedra del Presidente, o Sublime Filosofo Emetico, è coperta da un
drappo azzurro bordato di arancio: su di essa sono posti un candelabro a
tre luci, una spada fiammeggiante, un maglietto ed uno scettro con il quale
eseguire la batteria.
La cattedra del Primo Sorvegliante, posta al centro della colonna del
Nord, è coperta da un drappo viola bordato di giallo mentre quella del Se-
condo Sorvegliante, posta al centro della colonna del Sud, è coperta da un
drappo giallo bordato di viola.
Su entrambe le cattedre è presente un candelabro ad una luce, cosa ab-
bastanza rara per i gradi di questa serie. La cattedra del Maestro del Logos
o Oratore è coperta da un drappo arancione bordata di blu e su di essa vi è
posata una spada.
La cattedra del Maestro Archivista o Segretario è coperta da una tovaglia
indaco bordata di bianco e su di essa è presente il materiale per scrivere.
La cattedra del Guardiano del Santuario (o Copritore) è coperta da un
drappo rosso bordato di verde.
La cattedra del Cavaliere Maresciallo è coperta da un drappo verde bor-
dato di rosso.
Il Trono del Sublime Filosofo Ermetico si trova all’Oriente rialzato di
tre gradini: al di sopra del trono si trova uno stendardo di colore nero al
centro del quale vi è una stella a sette punte identica a quella che è disegna-
ta al centro del grembiule di questo grado.
All’Oriente brillano in alto il Sole sul lato Sud e la Luna sul lato Nord
nel rispetto delle tradizionali posizioni qabbalistiche che segnano i due pi-
lastri della Misericordia (o della Grazia) e della Severità (o del Rigore).
Dal rituale di questo grado riprendiamo due momenti topici:
Il primo è la lettura dell’Ode di Ermete da parte dell’Oratore, che an-
drebbe recitata in greco antico:17

l’aiuto dei raggi del sole (ovvero con una lente che ne concentri il flusso) oppure
con una fiamma ottenuta dallo sfregamento di legno secco.
17 AI DUNAMEIS AI EN EMOI, UMNEITE TO EN KAI TO PAN. SUNAISATE
TOI TELEMATI MOU, PASSAI AI EN EMOI DUNAMEIS. GNOSIS AGIA,
FOTISTEIS APO SOU, DIA SOU TO NOETON FOS UMNON KAIRO EN
KAIRAI NOU. PASSAI DUNAMEIS UMNEITE SUN EMOI.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 227

Che in questo luogo risuoni l’Ode Segreta di Ermete!


“Potenze che siete in me, cantate l’Uno ed il Tutto. Cantate all’unisono la
mia volontà, o voi potenze che siete in me.
Santa Gnosi, illuminato da te, è grazie a te che io celebro la luce intelligibile
e mi rallegro nella gioia dell’intelletto.
Voi tutte potenze cantate l’Ode con me!”

e la seconda è il discorso dell’Oratore al Neofita prima che davanti a lui


vengano accese le sette candele sullo specchio dei cieli:

Percorrendo le nuvole sul tuo carro, tu infiammavi l’aurora ed illuminavi i


sette veli che coprono il mondo. Precipitato sulla terra per aver voluto amare,
sentire e vivere, l’oscurità si è chiusa su di te, imprigionando la luce.
L’Ordine è scomparso e tu hai cominciato a vagare in seno al Caos.
Ma poco importavano le tenebre, perché in te brillava una fiamma che ti
ricordava le tue origini.
Un soffio di vento sulla tua fronte, la carezza di un dolce piumaggio, il tocco
di una mano diafana sulla tua bocca erano sufficienti a risvegliare la nostalgia
delle tue origini.
Verso porti differenti sull’Oceano dell’essere tu ti dirigi, spinto dal desiderio
di ritrovare il tuo rifugio. Questo istinto è quello che fa battere i cuori mortali.
Come spesso vediamo cadere il fuoco dal cielo, a volte anche il nostro primo
slancio, spesso sbagliato, ci trascina nell’oscurità della Terra.
Ma il tuo desiderio è stato più forte, la tua ricerca d’ordine più grande, e così
sono caduti i veli che ti limitavano la vista.
Oggi davanti a te si compiono i misteri che hanno formato l’armonia del
tuo essere.

Patriarca della Verità

Il Grado di Patriarca della Verità deriva dal Rito di Memphis: Cono-


sciuto con il nome di “Principe della Verità” nella scala di Jacques Étienne
Marconis de Nègre, dove occupa la 65° posizione, ed invece assente nella
scala del Mizraim di Venezia, questo grado, come molti altri, ha subito
una notevole elaborazione da parte di John Yarker, che nella sua scala a 95
Gradi lo pone in 68° posizione.
Si tratta di un grado importante, perché lo stesso Yarker, nel formare
la sua scala “ridotta” a 33 gradi, lo conserva e lo pone in 24° posizione.
Questo Grado ha importanza anche per un fatto molto particolare: qui tro-
viamo per la prima volta denominazioni di ufficiali diverse da quelle dei
precedenti che vanno dal 35° al 43° e di cui abbiamo già accennato nel
capitolo dedicato al Maestro inglese: non abbiamo più il Gran Comandante
228 I Riti Egizi II

ma il Sublime Dai, non più i Cavalieri Interpreti come Sorveglianti ma due


Mistagoghi. A questo punto della scala abbiamo cioè una sorta di rivoluzio-
ne in chiave prettamente egizia con gli ufficiali che non solo hanno queste
denominazioni ma rappresentano anche delle divinità dell’Antico Egitto o
comunque mitologiche.
Il rituale presenta evidenti caratteristiche “moderne” ed ha un partico-
lare fascino in quanto il Tempio dove si svolgono i lavori rappresenta la
camera inferiore della Grande Piramide di Giza.
Il testo rituale, ad onor del vero, può apparire oscuro in diversi punti del-
la cerimonia di ricezione, la quale contiene concetti che meritano particola-
re approfondimento, a cominciare dalla fonte primaria del rituale di Terzo
Grado: qui infatti si sostiene che anticamente la Parola Perduta fosse quella
in possesso di Osiride e che fosse lo sposo di Iside a resuscitare durante la
cerimonia di elevazione al grado di Maestro Libero Muratore.
L’istruzione che viene data al Neofita recita infatti che la libera mura-
toria abbia avuto origine nell’Antico Egitto e che poi si sia diffusa, sotto
forma di misteri, prima in Grecia e poi a Roma e che solo gli ebrei ne
abbiano conservato la forma più pura, sia pure “nazionalizzando” i gradi
più bassi della scala iniziatica ed inserendovi quindi Salomone, Hiram e gli
altri personaggi che ben conosciamo.
Ma nel Rito Egizio l’antica cerimonia di elevazione a Maestro non è
andata perduta perché la troviamo, sia pure in una forma moderna, nei
rituali elaborati dal belga Jean Mallinger, studioso di Pitagora, ma anche
nella medesima scala di John Yarker con la denominazione di Patriarca di
Memphis (81° Grado) che vedremo più avanti.
Siamo quindi in presenza di una svolta, non solo a livello di denomina-
zioni, ma anche di filosofia: se è vero che alcuni temi affrontati nei gradi
precedenti (l’unicità della divinità, l’origine egizia della Muratoria) ritor-
nano prepotentemente, è altrettanto vero che il linguaggio utilizzato nei
testi cambia e denota una precisa volontà di instradare il Neofita lungo
strade sino a questo punto ignote o comunque trascurate.
Questo Grado ed il successivo, il Patriarca di Iside, che hanno un co-
mune filo conduttore, l’antica iniziazione nei Templi di Memphis, presen-
tano infatti aspetti di natura esoterica estremamente profondi: il Grado di
Filosofo Ermetico, che in qualche modo ha aperto la strada ad un diverso
approccio verso specifiche tematiche, trova nei due gradi successivi il suo
coronamento.
Il Tempio dei Patriarchi della Verità, sito simbolicamente all’interno
della Grande Piramide di Giza, è chiamato Sacro Santuario della Fon-
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 229

tana della Luce Perfetta ed è decorato con drappi neri posti a nord e sud
mentre le cattedre degli Ufficiali sono coperti da drappi di colore bianco.
Ad Oriente vi è una specie di nicchia coperta da uno spesso drappo nero
(o da porte pieghevoli) dietro il quale è posta la Luce Perfetta.
Al centro della sala orientale è posto l’Altare dei Giuramenti, coperto
da un drappo nero, sul quale è accesa la Luce dei Maestri Passati, rap-
presentata da un cero di colore verde, e dove è posto anche un incensiere
ed il Libro della Legge Sacra; attorno all’Altare sono disposti sette obe-
lischi egizi di sette colori differenti: questi obelischi rappresentano sette
divinità egizie ed i loro presunti mitologici attributi secondo la filosofia
dei Magi.
I sette obelischi sono posti in cerchio attorno all’Altare ed al vaso di
cui infra, così descritti in senso orario partendo dall’oriente: essi hanno le
seguenti caratteristiche di Divinità – Attributo – Simbolo – Colore.
1 – Seth (Crono) – Tempo – Falce – Azzurro
2 – Kneph – Potere – Aquila – Rosso sangue
3 – Osiride – Salute – Gallo d’argento – bianco
4 – Ra (Ercole) – Forza – Leone – Rosso rubino
5 – Iside – Amore – Colomba bianca – smeraldo
6 – Toth (Hermes) – Scienza – Caduceo – Agata
7 – Maat – Purezza – Mezzaluna – verde trasparente.18
Al centro del cerchio formato dai sette obelischi, davanti all’Altare, vi è
un tripode sopra il quale vi è un vaso (o una caraffa) che contiene del vino
e sul quale è incisa questa frase “La verità vive nel sangue del vino”.
Sulla colonna del sud deve essere posto un mobile di fattura antica che
nasconde una piccola batteria elettrica che verrà utilizzata durante la ceri-
monia di elevazione.
Ad occidente vi è un paiolo o un recipiente in metallo dove, sempre
durante la cerimonia di elevazione, verrà immersa dal Candidato la chiave
di Zeus, la chiave che, secondo quanto recita il rituale, “…apre la porta del
luogo dove è custodito il tesoro della conoscenza,19 – passata, presente ed
a venire – in cui i misteriosi e nascosti poteri della natura possono essere
studiati e sviluppati.”
Anche da questo testo riprendiamo un brano della cerimonia di ricezione
dove al Neofita viene spiegato il significato dei sette obelischi:

18 Il testo originale di Yarker dice “Savonia”. Abbiamo corretto con Maat in relazio-
ne al suo attributo.
19 Il testo originale riporta un’espressione “treasure-cave of knowledge” intraduci-
bile fedelmente in italiano.
230 I Riti Egizi II

“Fratello mio, ogni cosa attorno a noi non è altro che un emblema o un sim-
bolo di ciò che è più alto e più nobile.
Guarda questo obelisco azzurro, sormontato da una falce, simbolo del Tem-
po, simile al creatore e distruttore di ogni cosa che vive e muore. Poi guarda
questo obelisco color giacinto sopra il quale è posta la parvenza di un aquila, il
simbolo di Kneph, i cui attributi sono la saggezza e la maestà.
Questo obelisco bianco, alla cui cima vi è un immagine in argento di un gal-
lo, rappresenta Osiride come divinità tutelare del Nilo, il Dio dell’agricoltura
e dell’arte della guarigione. Questo obelisco rosso rubino, sormontata da un
leone, rappresenta Ra oppure Ercole, ed è l’emblema della forza e del valore.
Questo obelisco verde smeraldo, alla cui cima si vede una colomba bianca è
l’emblema di Iside, la moglie di Osiride e dea del divino amore. Il sesto obe-
lisco è di agata, sul quale vi è una rappresentazione del Caduceo, strumento di
Ermete, il padre e divinità delle scienze e delle arti. Il settimo ed ultimo obeli-
sco, dal colore verde berillio, il cui emblema è una luna crescente, rappresenta
Maat, la dea della purezza.
Gli antichi egizi avevano sette dei di prima classe, ovvero i sette figli di
Ptah a Memphis, dodici di seconda classe e sette di terza classe, i quali erano i
figli dei sette maggiori, e noi abbiamo selezionato questi per illustrare i nostri
significati.
Al profano non iniziato questi obelischi possono rappresentare così tante
divinità, ciascuna degna, nella stima della gente comune, di singola e devota
adorazione; ma agli iniziati figli della Luce, di ogni regione, essi non sono al-
tro che simboli che rappresentano alcuni dei divini attributi di un unico e solo
Dio Supremo, di cui la Fontana della Luce Perfetta è solo un pallido ed umile
emblema.
Fratello mio, tu devi infatti aver compreso, lungo il tuo percorso massonico,
che la libera muratoria, sin dal primissimo grado, proclama il potere e la gloria
del Supremo Artefice dei Mondi e che solo a lui è dovuto il culto.
Adesso vieni a sedere fra i tuoi Fratelli Patriarchi. Il Fratello Odos ti darà
un’ulteriore spiegazione delle origini e della storia di questo Sacro Rito. Illustre
Fratello Hydranos, vogliate accompagnare fra le valli il nostro nuovo Patriarca
della Verità.

Patriarca (o Pontefice) di Iside

La scala iniziatica di Étienne Marconis de Nègre pone questo grado,


chiamato “Pontefice di Iside”, in 44° posizione, mentre non esiste un grado
analogo nel Rito di Mizraim di Venezia. Con la fusione dei due Riti vedia-
mo questo grado risalire la scala ed occupare la 76° posizione nello schema
unificato di John Yarker.
Dove questo Grado è ancora praticato, ovvero nei paesi anglosassoni e
soprattutto in Francia, lo troviamo tuttavia nella posizione 27° con il nome
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 231

di Patriarca di Iside, proprio come nella denominazione data da Yarker


nella sua scala ridotta a 33 Gradi,
Di questo rituale abbiamo potuto confrontare diverse versioni perché
la sua importanza iniziatica è tale da essere stato sempre praticato sino ai
giorni nostri.
Il testo più completo rimane comunque quello a suo tempo adottato da
John Yarker per la sua scala ridotta ed è su questo che basiamo la nostra
descrizione.
Il primo particolare che balza agli occhi di questo testo è che esso, nella
cerimonia di ricezione, contiene una parte, quella che si svolge nel primo
appartamento, che è quasi assolutamente identica, se si eccettuano alcuni
piccoli particolari, ad una parte della cerimonia di ricezione del Grado di
Saggio delle Piramidi (49° Grado), così come la troviamo nella scala del
medesimo John Yarker dedicato alla sua scala a 95 gradi dei Riti di Mem-
phis e Misraim.20
Dobbiamo quindi ipotizzare, senza avere però certezza alcuna su questo
punto, che John Yarker, nel formare questa scala di gradi effettivamente
praticati, abbia ripristinato per il Patriarca di Iside il testo integrale origina-
rio, di cui una parte era stata estrapolata per la formazione del testo rituale
del Saggio delle Piramidi.
La versione rituale moderna praticata oggi da alcune comunioni egizie
francesi riprende molti aspetti del testo britannico ma espunge completa-
mente la parte iniziale del testo dedicata alla antica iniziazione memphiti-
ca, che invece a nostro giudizio è una parte assolutamente essenziale.
Il Tempio del 45° Grado dei Patriarchi di Iside è composto da tre diversi
appartamenti, di cui i primi due si utilizzano solo durante la cerimonia di
ricezione ed il terzo, dove la cerimonia si conclude, è anche quello dei
lavori ordinari.
Questo è coperto da drappi neri mentre le cattedre degli Ufficiali sono
coperti da drappi di colore bianco. Una candela di colore ugualmente bian-
co è accesa sulla cattedra del Sublime Dai e dei due Mistagoghi.
Al centro della sala orientale è posto l’Altare dei Giuramenti mentre
sulla porta occidentale è posta una statua o una rappresentazione della dea
Iside oppure una tomba. La statua della Dea Iside è circondata da quattro
luci che vengono accese alla ripresa dei Lavori.
Sull’Altare, coperto da un drappo nero, sono presenti il Testimone,
costituito da una candela di colore verde, il Libro della Legge Sacra ed

20 John Yarker, The Secrets of High Degrees Ritual of the Masonic Rite of Memphis.
232 I Riti Egizi II

un incensiere. Davanti all’Altare vi è un vaso dove bruciare incenso o


profumi.
Qualora si voglia celebrare la Catena, sul lato sud, verso oriente rispetto
all’Altare si posiziona una Tavola con una caraffa di vino.
Sullo stesso tavolo, in caso di elevazione al Grado, è presente una coppa
su cui versare il vino per il Neofita.
Il Primo Appartamento, utilizzato, come si è detto, esclusivamente per
la cerimonia di elevazione, è costituito da una sala dalle pareti coperte da
drappeggi neri e scarsamente illuminata, senza alcuna particolare decora-
zione.
Gli Ufficiali mantengono in quella sala le medesime posizioni.
Per questa fase della cerimonia sono necessari un velo da porre in capo
al Neofita, un libro di pelle rossa, un ramo d’oro, una pergamena su cui è
scritta una precisa frase descritta nel rituale (Vanitas Vanitatum ed omnia
vanitas) ed una riproduzione di due avvoltoi che sorreggono il globo ter-
restre.
Questa prima parte della cerimonia è estremamente complessa e preve-
de che il Neofita riviva l’antica iniziazione di Memphis attraverso passaggi
fra rovine, montagne, laghi e boschi sino a giungere al Tempio dove verrà
ricevuto. Esso viene così descritto nel testo:

Il Tempio risplendeva di luci e ricche decorazioni; tre soli brillavano insie-


me sopra le nuvole ad occidente mentre l’alba appariva ad infiammare l’Orien-
te e tutto era dorato. La volta era attraversata da vapori di incenso che bruciava
emanando nuvole di fumo e luce che si muovevano ed ondeggiavano nell’aria.
Su ogni lato dell’edificio vi erano due schiere di guerrieri armati con delle
spade e che portavano in testa una Mitra egizia.
Il Gran Jerofante sedeva su uno splendido trono di avorio, al di sopra del
quale vi era un luminoso baldacchino vivacemente colorato; egli attendeva
l’introduzione del Neofita.

Il Sublime Dai così si rivolge al Neofita giunto sin lì…

“Poiché tu sei stato capace di superare le prove che ti sono state richieste,
vieni e ricevi la nuova vita che è stata preparata per te. Adora Dio, il Maestro
dell’Universo, egli è Uno e solo a lui gli esseri debbono la loro esistenza; egli
agisce in loro ed attraverso loro; egli vede tutto e non è mai stato visto da alcun
occhio mortale.”

Il Secondo Appartamento, chiamato anche Tempio dei Simboli, è analo-


go al primo ma è illuminato in maniera maggiore rispetto al precedente.
Nella sala è anche presente un braciere acceso. Il Tempio dei Simboli si
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 233

trova su un’isola al centro del lago Moeris e vi si giunge, secondo quanto


recita il rituale, nel modo qui descritto dal Grande Esperto o Ceryce:

“(…) Un’ora fa mentre la tempesta era al suo massimo e le acque del Lago
Moeris erano flagellate dalla furia dei venti ululanti, al punto di assomigliare
alle rabbiose onde del mare viste alla luce di un fulmine, una fragile corteccia
in balìa delle furie della natura conteneva un Neofita sbarcato alla luce del
nostro Faro.
Soddisfatti dai segni e dalle parole usuali dateci, abbiamo compreso che si
trattava del Fratello che attendevamo; lo abbiamo condotto attraverso lo stretto
percorso roccioso che porta all’entrata del passaggio sotterraneo. Nell’oscurità,
nella triste dimora dei morti, spogliato dei metalli, rivestito di catene, solo e privo
di protezione, egli ha sopportato tutti gli orrori e gli evidenti pericoli del suo lugu-
bre viaggio con coraggio virile e determinazione.
Nel vestibolo sotterraneo, guardato da quattro uomini che indossavano el-
metti fatti a forma di testa di cane, egli è stato strettamente esaminato su ogni
argomento ed a ogni domanda egli ha sempre risposto con grande sagacità.
Niente è emerso di sfavorevole per il suo futuro progresso. È stato debi-
tamente abbigliato e gli sono state comunicati i segni e le parole di passo per
renderlo idoneo a passare il nostro portale ed entrare in questo Tempio dei
Simboli.”

Infine la cerimonia di ricezione si conclude nel terzo appartamento


dove, alla fine, vengono impartiti al Neofita questi insegnamenti che in
parte abbiamo già trovato nei gradi precedenti ed in parte verranno ripresi
nei gradi successivi.

La precisa origine della libera muratoria, come quella di tutte le grandi isti-
tuzioni, destinate ad esercitare una importante influenza sul futuro dell’umani-
tà, si perde nella notte dei tempi.
In mezzo ad un popolo incolto e poco civilizzato, il Supremo Artefice dei
Mondi fece venire alla luce un grande genio. Quest’uomo, la cui nascita è stata
disputata da tutte le nazioni dell’antichità, e che di volta in volta è stato chia-
mato Amon, Odino, Manu, Prometeo, riunì le famiglie sparse, le istruì e le
civilizzò. Alla sua voce le primitive arti sorsero dal Caos e la terra, scarsamente
coltivata, rispose agli sforzi dei suoi primi agricoltori.
Poi venne un secondo uomo: egli annunziò ai suoi simili l’Essere Supremo
ed unico, immutabile ed eterno. Egli parlò loro in suo nome e diffuse su di loro
i benefici raggi di luce che il Supremo Artefice dei Mondi gli aveva dato.
Questo legislatore del mondo, nato, peraltro, sulle rive del Gange, prima di
chiudere gli occhi, visse abbastanza per vedere l’imponente edificio che aveva
costruito.
I discendenti di questo Saggio seguirono la strada che egli aveva tracciato
per loro; custodi di tutte le arti e le scienze, essi ammisero a partecipare alla co-
234 I Riti Egizi II

noscenza solo quegli uomini privilegiati che avevano giudicato degni in forza
delle loro virtù e qualità.
Dal seno di questa Corporazione di Saggi venne fuori la Luce che ha illu-
minato l’universo.
Costoro, non contenti di aver realizzato la felicità dei soli loro paesi, decise-
ro di assumersi il compito di civilizzare il resto del mondo. Si diffusero quindi
sulle pianure della mezzaluna fertile, in Arabia ed in Etiopia; di lì discesero
dalle montagne lungo il Nilo e istruirono il popolo egizio attraverso la cono-
scenza dei loro misteri.
Menes fu il primo Re che unì l’Alto ed il Basso Egitto; egli mise in ordi-
ne tutte le leggi della religione e della scienza massonica, facendo di esse un
armonioso insieme e affidandone il deposito ai più alti dignitari della casta
sacerdotale. Al fine di tenere lontani i profani dalla conoscenza dei sacri mi-
steri, adottarono la scrittura geroglifica, comprensibile solo agli iniziati. Così,
confinati nelle profondità dei loro Santuari, i misteri venivano rivelati solo ad
un ristretto numero di iniziati, che venivano sottomessi preventivamente ad
una serie di prove e che venivano poi impegnati in un solenne giuramento sulla
inviolabilità dei segreti.
Ogni città egizia adottò il suo particolare simbolo: Memphis la gazza, Tebe
l’aquila e l’occhio di fuoco e così via.
I Saggi che vegliavano sull’Egitto erano preparati ad Heliopolis sui misteri
di Memphis e di Tebe, dove custodivano il fuoco divino.
A Menes seguirono molti altri saggi successori che resero fiorente e grande
l’Egitto, con costruzioni di vaste città e magnifici templi, accumulando le mag-
giori ricchezze del mondo allora conosciuto. Il sacro fuoco della massoneria
continuò a bruciare per migliaia di anni senza mai estinguersi.
Questa sublime istituzione vanta fra i suoi adepti Ermete, Orfeo, Omero,
Pitagora, Talete, Ippocrate, Platone, Licurgo ed una folla di filosofi della Gre-
cia, che era in un certo modo figlia dell’Egitto dal punto di vista della sapienza
intellettuale.
Mentre sulle rive del Nilo gli augusti depositari delle tradizioni vegliavano
sui segreti, che continuavano a svelare ad una ristretta cerchia di persone, altri
adepti iniziarono a diffondere le loro conoscenze ad altre nazioni, come ad
esempio fece Zoroastro, che fondò in Persia la scuola dei Magi.
Fra i legislatori di quel mondo noi riconosciamo la più sublime concezione
di Dio: Brahma, Minosse, Solone, Socrate, Platone e molti altri diffusero i con-
cetti che sono alla base della nostra istituzione.
Ma questi benefattori dell’umanità reputavano impossibile far conoscere ed
apprezzare la vera Luce a menti incolte ed impreparate, per cui erano costretti a
nasconderla dietro dei simboli, che le folle costruivano materialmente erigendo
templi ad essa medesima.
La nostra sublime istituzione si estese dalle sabbie di Memphis sino al pa-
lazzo del Re Davide, il cui figlio Salomone sposò una principessa egiziana.
Sin dal giorno in cui Salomone eresse il suo Tempio alla gloria del Supremo
Artefice dei Mondi, la scienza massonica estese i suoi benefici raggi dal Nilo al
Giordano. La massoneria dell’antichità era racchiusa in tre gradi.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 235

Ma nella attuale società è impossibile che le Logge possano oggi essere co-
stituite in modo da trasmettere agli iniziati le intere dottrine delle sacre scienze
entro quei limiti.
Esiste ancora una certa rassomiglianza fra quelle magnifiche cerimonie
dell’antichità e la moderna massoneria simbolica, ma molto è andato abban-
donato o perduto.
La stessa chiesa cristiana ha adottato molti simboli esoterici dell’Antico Egit-
to: le caratteristiche di Iside, la Regina del cielo, la madre di ogni cosa, la nutrice
dell’anima divina ed umana, spesso rappresentata come una madre che allatta il
figlio Horus, sono state trasfuse nella figura di Myriam, madre di Gesù.
Un altro comune simbolo è il “Sacro Cuore” che anticamente rappresentava
il cuore di Osiride, il cui spirito si era reincarnato nel figlio Horus.
Anche in India troviamo rappresentazioni di divinità con le medesime ca-
ratteristiche.
Durante quello che viene chiamato medio-evo, la nostra istituzione diede
scarsi segni di vita ma riprese forza dopo le crociate.
I rudi guerrieri europei vennero ingentiliti dal contatto con i Saraceni, e di-
mostrarono, attraverso l’erezione della cattedrali, di aver appreso quei segreti
dell’Arte della costruzione che si credevano perduti. Ammessi, come siamo, in
questa sublime Istituzione, dedichiamo noi stessi con devozione al raggiungi-
mento della perfezione la maggiore possibile nello studio della scienza, nello
sviluppo della conoscenza e dei suoi generosi principî, al compimento dei no-
stri doveri sociali ed infine alla pratica di tutte le virtù.
Possa il nostro Ordine continuare a crescere ed espandersi sino che la sua
luce comprenda l’intero universo.

Il Cavaliere del Triangolo Luminoso (o del Delta Sacro)

Al rituale di questo interessante grado siamo pervenuti in maniera cu-


riosa.
Va detto, prima di tutto, che il Cavaliere del Triangolo Luminoso si trova
in 81° posizione nella Scala del Mizraim di Venezia su 90 Gradi ed altresì
nella medesima posizione in quella del Rito di Memphis di Étienne Mar-
conis de Nègre.
Le caratteristiche del rituale veneziano sono tuttavia molto differenti da
quelle del testo di Marconis, sia per quanto attiene la composizione dei
membri del Santuario che per le caratteristiche del grado, come segni, toc-
camenti, etc.
Come abbiamo detto più volte, con la fusione della scala del Rito di
Memphis con quella del Rito di Mizraim, si erano fatte delle scelte, privile-
giando alcuni gradi rispetto ad altri, messi quindi fuori dalla corpus rituale
ma comunque rimasti patrimonio dei Riti Egizi sparsi per il globo.
236 I Riti Egizi II

Così questo grado non compariva più nella Scala di Memphis e Misraim
a 95/97 gradi elaborata da John Yarker, ed era caduto da allora nell’oblio,
rimanendo nella memoria dei regimi egizi solo come un titolo e nulla più.
Pareva infatti che questo testo fosse andato perduto, ed invece lo abbia-
mo ritrovato, grazie alla collaborazione di altro studioso, in un testo fonda-
mentale del secolo XIX della Muratoria egizia, il Rameau d’or d’Eleusis
di Jacques Etienne Marconis de Nègre il quale, per motivi che allo stato
sono ancora ignoti, cambia in questo volume il nome del grado e lo chiama
“Cavaliere del Delta Sacro”.21
La fonte è certa, perché siamo venuti in possesso di una riproduzione del
volume che Marconis pubblicò in proprio nel 1861 e che è depositato in
originale presso la Biblioteca Nazionale di Parigi.
Si tratta di un testo estremamente complesso, anche perché prossimo al
vertice della piramide iniziatica di Marconis, che riprende in alcuni punti
argomenti (anche a livello testuale) e parti di rituali di gradi precedenti,
ed in particolare quelli dei gradi di Saggio delle Piramidi e di Saggio di
Mithra.
Nel testo originale, il rituale è preceduto da alcune considerazioni
dell’autore che riportiamo integralmente:

Lo scopo della libera muratoria è il perfezionamento dell’uomo ed il suo ri-


avvicinamento a colui dal quale è emanato.22 La sua costituzione è basata sulla
legge di Hom. Secondo il traduttore dello Zend-Avestã,23 questa legge annun-
ziava un essere supremo eterno, autore dei due principi opposti; le cerimonie
di questa legge, chiamate Pœriokesch, erano poco numerose, molto semplici, e
ricordavano l’origine e la costruzione dell’Universo; essa ha lo scopo di rende-
re al Sublime Architetto dei mondi l’omaggio che gli è dovuto.

21 Jacques Etienne Marconis de Nègre, Rameau d’or d’Eleusis, Parigi 1861. Un


testo che contiene i rituali dei primi tre gradi del Rito di Memphis ed alcuni alti
gradi.
22 Si noti l’utilizzo dell’espressione qabbalistica “emanato” (da Olam Ha’Atziluth)
piuttosto che “creato” (Olam Ha’Briah). Si tratta di una differenza di estrema
importanza che non deve sfuggire all’esegeta.
23 L’Avesta è una raccolta di composizioni religiose di epoca e contenuti differenti.
La parola Avesta significa probabilmente «testo fondamentale» in opposizione
alla versione o commentario chiamato Zend, di qui la definizione di Zend-Avesta
per indicare il testo e il commentario. Secondo una tradizione tramandata dai Par-
si, Zoroastro compilò una raccolta di versi su dodicimila pelli di bue, compren-
denti l’Avesta e il suo commentario, che depositò nel tesoro del palazzo reale di
Shiz, mentre una copia sarebbe stata inviata all’archivio di Persepoli. La legge di
Hom (o Oum) è una legge parlata o rivelata che è precedente a Zoroastro, cui si
deve la prima legge scritta.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 237

Come avviene per molti di questi gradi molto elevati, anche questo Cava-
liere del Triangolo Luminoso (o del Delta Sacro) prevede una cerimonia di
elevazione oltremodo elaborata e di problematica realizzazione per quanto
attiene al passaggio del Neofita in quello che viene chiamato Santuario o
Tempio degli Spiriti, analogamente al grado di Saggio delle Piramidi o a
quello di Saggio di Mithra che, con ogni probabilità, Yarker ha elaborato
partendo dal testo di Marconis da cui ha espunto nella quasi totalità la parte
dottrinale iniziale con l’esame del candidato.
Oltre ad avere un contenuto esoterico ed alchemico (che viene comple-
tamente rivelato e spiegato solo in sede di istruzione), il testo ha un carat-
tere didascalico che costituisce qualcosa di abbastanza raro nel panorama
dei regimi egizi.
La cerimonia di elevazione è infatti preceduta da un lungo esame del
candidato, il quale viene interrogato a fondo sui temi muratori più svariati
ed egli è tenuto a dare risposte estremamente articolate; di qui l’impressio-
ne che questa prima parte abbia volutamente un carattere di insegnamento
o di approfondimento, sotto una luce più matura, di tematiche già affronta-
te in qualche modo in precedenza.
Anche la parte che si svolge nel Santuario degli Spiriti è molto ricca e
pure in questo caso il bagaglio culturale del Neofita è messo a dura prova:
il passaggio attraverso le sette porte prima di giungere al Delta Sacro è
scandito da tutta una serie di nozioni illustrate dal Neofita, il quale, per la
prima volta, pare chiamato ad insegnare più che ad apprendere.
A tutto ciò si accompagna una parte finale della Cerimonia quanto mai
semplice e scarna, quasi a voler far scendere una tensione che ha raggiunto
in alcuni punti dei passaggi fra le sette porte momenti molto elevati.
Quello che colpisce in tutto il testo è il richiamo costante alla ricerca del-
la felicità, sia del singolo che collettiva. Ritroviamo questa parola e questo
concetto in molti punti del testo, a rimarcare come sia compito del buon
Libero Muratore operare sempre e comunque per la ricerca ed il raggiungi-
mento della felicità che deve accomunare i membri della famiglia umana.
La messa a confronto del testo di Marconis con quello del Saggio di
Mithra di Yarker potrà consentire al lettore di rendersi conto di come il
secondo sia una chiara elaborazione del primo.
Il Consesso dei Cavalieri del Triagolo Luminoso (o del Delta Sacro) si
chiama Santuario oppure Areopago.24

24 In questa serie di Gradi si trovano, a seconda dei testi, le due definizioni. Abbiamo
preferito la dicitura Santuario che meglio si addice a gradi così elevati.
238 I Riti Egizi II

Questo antico rituale prevede una divisione del Tempio in tre distin-
ti appartamenti o Santuari. Il primo è quello in cui avviene l’esame del
candidato e prende il nome di Pronao. Le sue pareti sono interamente co-
perte da stoffe azzurre su cui sono ricamati stelle d’argento e emblemi che
rappresentano i misteri dell’ordine. Al fondo del Pronao vi è un quadro
trasparente dove è dipinta una gloria al centro della quale vi è l’occhio
della Vigilanza.25
Davanti al Sublime Dai vi è una tavola triangolare, coperta da un drappo
nero, sul quale sono posti posto il Grande Libro delle Massime, le tavole
della legge ed un vaso che contiene profumi.
Questo primo Santuario è illuminato da tre lampade, poste rispettiva-
mente all’Oriente, all’Occidente ed al Settentrione.
Al di sopra della porta del Pronao vi è un quadro dove sono scritte que-
ste parole “La ragione ti conduce, avanza verso la sua luce.”
Alla porta del Pronao vi deve essere un braciere che viene acceso al
momento in cui viene introdotto il Candidato ed un seggio elevato coperto
di velluto nero sul quale verrà fatto sedere.
Il secondo Santuario prende il nome di Santuario degli Spiriti.
Le sue pareti sono interamente coperte di geroglifici e sono rappresentati
tutti i segni dello zodiaco. In fondo, ad Oriente, si trova la rappresentazione
di una tomba. Alla porta vi è scritto con lettere raggianti “Fai il bene sulla
terra o temi di essere maledetto” ed accanto alla stessa si trova una figura
femminile che regge il cofanetto ove raccogliere gli oboli per la carità.
Questa seconda sala rappresenta le rovine del Tempio di Gerusalemme,
è priva di illuminazione ma è solo rischiarata dalla luce della luna, che
verrà resa da un trasparente che la simboleggia.
Durante i viaggi del Candidato in questa sala regna un silenzio di morte.
I membri del Santuario possono, se lo vogliono, assistere alle prove, ma
non debbono essere visibili.
Il Terzo Santuario, che è anche quello dei Lavori ordinari, prende il
nome di Tempio o Santuario della Verità: sopra l’ingresso della sua porta
sono incise queste parole “L’entrata a questo luogo è riservata alle sole
anime pure”.
Al centro della sala vi è un globo di fuoco, che rappresenta il sole; a
fianco di questo globo vi è la rappresentazione di una figura maestosa dal

25 Il testo originale recita testualmente:“un tableau transparent sur lequel est peinte
une gloire…”. Dobbiamo ipotizzare che si tratti di una pittura religiosa che con-
siste in un assemblamento di raggi, circondati da nuvole, al centro dei quali nor-
malmente si trova la rappresentazione della divinità sotto forma di un triangolo.
L’occhio citato dal rituale dovrebbe essere quindi al centro del Delta.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 239

volto umano; la sua barba è cosparsa di stelle e dalla sua bocca infiammata
esce l’occhio simbolico del mondo. Accanto a questa rappresentazione vi
è una statua della Natura.
La sala, riccamente decorata con drappi azzurri, è ampiamente illumi-
nata. Il rituale non indica il numero di luci ma tuttavia in un passo della
cerimonia di elevazione troviamo l’indicazione secondo la quale “le luci,
nel numero sacro ed in un ordine mistico”, brillano all’Oriente. Si ipotizza
che esse siano in numero di sette, su un candelabro, oppure di dieci, dispo-
ste secondo la Tetractys.
All’oriente, al di sopra di una piattaforma che ha sette gradini vi è un
baldacchino di stoffa dorata, sotto il quale vi è il trono del Sublime Dai,
sopra il quale è il nome Ineffabile; sopra il baldacchino brilla la Stella
Fiammeggiante che reca ai suoi cinque vertici dei caratteri geroglifici. Al
nord ed al sud le tradizionali immagini della luna e del sole.
Al centro del Santuario, spostato verso l’Oriente, vi è un altare coperto
da una stoffa dorata; sopra l’altare vi sono un candelabro a sette braccia ed
il Gran Libro delle Rivelazioni (che in caso di elevazione viene portato dal
Neofita).
Normalmente in questi rituali, sia in lingua francese che inglese, il Gran
Comandante o il Sublime Dai, si rivolge al Neofita dandogli del voi. Tut-
tavia, in alcuni testi, in certi momenti, comincia a dargli del tu, e così fa
anche l’Oratore, per poi riprendere a dargli del voi.
Questo avviene, nei testi inglesi, con l’utilizzo dell’arcaico pronome
thou (tu) che nella lingua moderna si utilizza solo quando ci si rivolge a
Dio. Di conseguenza troviamo anche le forme arcaiche del pronome accu-
sativo (thee) e degli aggettivi della seconda persona (thy e cioè tuo).
Il passaggio dal voi al tu e viceversa non è casuale ma è la conseguenza
di particolari momenti rituali per cui forse vi è necessità di una maggiore
confidenza o di ispirare particolare fiducia al neofita in passaggi della ceri-
monia un poco ostici o comunque difficili.
Vediamo un passaggio della cerimonia nel pronao dove si dà del tu al
Neofita
SUBLIME DAI
Cosa cerchi dunque?
NEOFITA
La legge di Armonia che deve fondere gli elementi contrari in uno solo,
degno di corrispondere all’opera del grande sconosciuto.
SUBLIME DAI
Ciò che tu domandi potrai ottenerlo solo con la morte. Ma contempla la
natura, ovunque vi è armonia: nell’uomo, nella forza, nel bambino, nel lavoro,
240 I Riti Egizi II

nell’esistenza e finanche nel dolore…. La più bella armonia in cielo è Dio. La


più bella armonia sulla Terra è l’amore! Apri la storia e considera i grandi regni,
gli immensi edifici, i palazzi secolari consacrati da un’ammirazione perpetua,
e sempre tu incontrerai l’armonia divina che presiede agli avvenimenti. Sappi
che le dodici fatiche di Ercole ne hanno fatto solo un semi-dio, e che occorre di
più per fare un saggio. Sai cos’è un saggio?
NEOFITA
Un saggio è colui che pone la sua felicità, non nella forza o nelle ricchezze,
ma nella sua coscienza che, penetrata dalla grandezza del suo essere attraver-
so quella del Creatore, ha il compito di rendersi degno di lui per mezzo della
pratica delle virtù.
PRIMO MISTAGOGO
Qual è il triplice studio che deve occupare l’uomo sulla terra?
NEOFITA
Da dove viene: studio di Dio; ciò che è: lo studio di sé stesso e del suo per-
fezionamento; dove va: lo studio della sua trasformazione in un altro avvenire.

E dopo alcune altre domande si passa al voi……

SUBLIME DAI
Lo Hyerophante ed i due Mistagoghi, portandosi davanti ai tre fuochi em-
blematici, portavano, sotto forma di domande, queste tre iscrizioni geroglifiche
che ti propongo:
1° Cercare nelle meraviglie visibili dell’universo la conoscenza del Supre-
mo Artefice dei mondi e delle sue perfezioni; essere sempre docile verso la
voce della natura, che è quella della ragione e della coscienza.
2° Praticare la virtù e fuggire il vizio, per essere sempre soddisfatti di sé
stessi;
3° Amare i propri simili, essere loro utili per quanto possibile e non cercare
il proprio interesse che nel bene comune di tutti.
Quanta morale in queste cose! Esse sono la conseguenza della pura dottrina
del nostro divino Maestro, che l’ignoranza, la superstizione e l’avarizia hanno
sfigurato nel corso dei secoli.
Dateci la spiegazione dei tre fuochi emblematici.26
NEOFITA
La dea Iside che tiene suo figlio Horus sulle sue ginocchia, tre fuochi su tre
altari bruciano davanti a lei….27
L’uomo è corpo, anima ed intelletto. Ciascuno degli elementi che costitui-
scono il nostro corpo è ternario ed offre allo spirito l’emblema della natura…
Nove cieli sono descritti nella volta simbolica del Tempio, nove potenze
celesti vi presiedono; la volontà intelligente abita il primo, la parola simpatica
il secondo, lo spirito organizzatore il terzo, la potenza che crea la sottomissione

26 A questo punto il testo originale passa dal tu al voi.


27 Il testo originale recita Osiride al posto di Horus ma è un evidente refuso.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 241

il quarto, l’energia sociale il quinto, il governo dei popoli il sesto, il dominio


delle intelligenze il settimo, il genio che scopre la verità l’ottavo, ed il saggio
che pensa e vive in Dio occupa il nono e si riposa eternamente ai piedi del Su-
premo Artefice dei mondi.
PRIMO MISTAGOGO
Credete che la voce che esce dal cespuglio ardente sia una figura simbolica?
NEOFITA
Sì, esprime il fuoco dell’intelligenza, la voce della coscienza che non per-
mette all’uomo di opprimere i suoi Fratelli.
SECONDO MISTAGOGO
Quale idea avete dell’uomo e della donna viventi nell’innocenza e cacciati
dal giardino dell’Eden per la loro trasgressione ai comandi dell’Eterno?
NEOFITA
Questa allegoria esprime l’obbedienza che l’uomo deve alle leggi della na-
tura, della giustizia, dell’umanità.
Quando le dimentica, si rende infelice, infermo, ignorante, distrugge ogni
società e rovescia le leggi che il Supremo Artefice dei mondi ha impresso alla
sua creazione.

Esaurito il dialogo con domande e risposte, Il Sublime Dai scende


dall’Oriente e consegna al Neofita un ramo di mirto ed un bastone dicen-
dogli quanto segue e dandogli nuovamente del voi.

SUBLIME DAI
Questo mirto simbolico vi darà l’entrata nel Santuario della Saggezza dove
si trova il Triangolo Luminoso, il Delta Sacro. Questo bastone vi guiderà in
questa faticosa ricerca.
Andate Fratello mio, e che lo spirito di Dio vegli su di voi.

Chiusa questa breve parentesi sull’utilizzo dei pronomi, crediamo che il


lettore possa essere interessato al seguito della cerimonia, la cui realizza-
zione appare del tutto impossibile.
Dopo che è stato consegnato il bastone ed il ramo di mirto, il Tesmoforo
(che sappiamo essere il Copritore interno o Hyeroceryce) si avvicina al
Neofita e lo conduce fuori dal Pronao in un vestibolo. Appena entrato in
questo luogo, un gran velo si alza e la sua vista è abbagliata in modo che
non possa distinguere nulla.
Presto arriva una donna dallo sguardo dolce e benevolente che tiene
in una mano una fiaccola accesa e nell’altra il cofanetto della Carità (o
Tzedaka).28

28 La Zadaqah o Tzedakah (in ebraico: ‫ )הקדצ‬è una parola che letteralmente signi-
fica giustizia ma viene comunemente usata per significare Carità. Si basa sulla
242 I Riti Egizi II

Il Neofita riconosce la Carità, si dirige verso una porta sulla quale è


scritto a lettere raggianti “Fai il bene sulla terra o temi di essere maledetto”.
Il Neofita deposita il suo obolo nel cofanetto e la porta si apre da sola.
La porta dà accesso ad una vasta sala chiamata Santuario degli Spiriti.
Il Neofita attraversa una breccia in un muro e si trova nel Tempio di Sa-
lomone, in piena rovina. Un silenzio di morte plana su queste rovine decre-
pite che la Luna rischiara pallidamente. Dopo un breve dialogo intorno alla
sorte del Tempio, il Tesmoforo consegna al Neofita una grossa chiave che
apre la porta di una tomba che si intravede ad oriente. Poi il Neofita viene
fatto avanzare lentamente verso la tomba. Appena raggiunta due uomini
mascherati e coperti da una tunica nera gli sbarrano il passaggio. Uno dei
due gli chiede la Parola di Passo. Il Neofita risponde e si sente una voce nel
buio. Subito dopo le due figure mascherate sono scomparse. Il Tesmoforo
apre la porta che si trova accanto alla tomba ed il Neofita, senza pensare
al pericolo che lo attende, sta per oltrepassare la porta quando una voce
sconosciuta si rivolge a lui dicendogli alcune frasi. In questo momento la
porta si chiude con un tal rumore che non permette al Neofita di compren-
dere l’ultima parola. Il Neofita si trova quasi subito circondato da uomini
rivestiti con lunghe tuniche bianche che assomigliano a sudari. Si sente un
rumore singolare che assomiglia a quello di ossa che scricchiolano. Dopo
un lugubre silenzio costoro scompaiono nel buio tranne uno che prende la
mano del neofita e gli dà alcuni consigli.
Il Neofita, allora, senza rispondere e senza pensare che il Tesmoforo è
rimasto al di là della porta, si precipita nel sentiero che si presenta davanti
a lui; scende lungo un pendio dolce sino ad una volta, che fa accedere ad
una specie di labirinto. Questo termina con una porta di bronzo che si apre
da sola senza fare il minimo rumore.
Segue a questo punto il lungo viaggio attraverso le sette porte che con-
ducono al triangolo luminoso.
Per dare l’idea della complessità della cerimonia ci limitiamo, per ragio-
ni di spazio, a descrivere il passaggio dalla prima alla seconda porta:

“Un’atmosfera soffocante e carica di vapori comincia ad opprimere il petto


del Neofita. Egli affretta la sua marcia per evitare di soffocare ma, dopo aver
fatto molteplici deviazioni nel mezzo di una profonda oscurità, si trova di fron-
te ad un fiume in piena. Per attraversarlo sale su una barca; questa barca va però
a cozzare contro una roccia e questa roccia si trasforma in un vulcano, da cui
erutta una pioggia di fuoco.”

parola ebraica ‫קדצ‬, (Tzedeq o ancora zaddik, giusto) che significa giustizia di Dio,
sociale o semplicemente giustizia.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 243

E riportiamo infine la parte finale del passaggio nel Santuario degli Spi-
riti:

UNA VOCE
Purifica il tuo cuore… semina nel mondo la parola della saggezza, insegna
ai tuoi simili ad amarsi fra loro ed a riportare sulla via della virtù coloro che
se sono allontanati, istruisci gli ignoranti e conforta coloro che soffrono. Bussa
con il tuo bastone a questa colonna di bronzo…..
Il Neofita esegue ed una piccola porta si apre nella colonna, mostrando un
cofanetto di antica fattura.
UNA VOCE
Prendi questo cofanetto, contiene il Triangolo Luminoso ed il Gran Libro
delle Rivelazioni. Tu sarai ammesso a depositarlo sull’Altare del Tempio della
Verità. Addio Fratello mio, e che lo spirito del Supremo Architetto dei Mondi
vegli per sempre su di te.

Il Neofita, dopo aver preso il cofanetto, si incammina nel più profondo si-
lenzio ed infine arriva ai piedi di uno splendido portico. Sale sette gradini, batte
con la batteria del suo grado, la porta si apre ed egli viene introdotto sul Sagrato
del Tempio. Dopo aver letto le parole “Schor-Laban (Purezza)” il Tesmoforo,
che si era allontanato da lui dopo avergli consegnato la chiave quando si trova-
va nel Santuario degli Spiriti, lo riceve…(…).

Il Neofita viene quindi condotto nel Santuario della Verità dove viene
insignito del grado di Cavaliere del Triangolo Luminoso.

Il Patriarca di Memphis

Per commentare questo Grado, ancora una volta abbiamo dovuto fare
riferimento prima di tutto sul testo scritto da Jacques Etienne Marconis de
Nègre più volte citato.
Questa scala tuttavia non presenta un grado che porti esattamente la de-
nominazione di Patriarca di Memphis ma, al suo apice, ovvero al 92° Gra-
do, possiamo trovare qualcosa che vi si avvicina molto, ovvero il Sovrano
Patriarca dei Magi del Santuario di Memphis che certamente, anche per
il contenuto del Rituale, ben può essere la pagina di chiusura di un Rito
Egizio degli albori.
Nella scala di John Yarker a 95 Gradi troviamo in 81° posizione un “In-
tendente Regolatore Patriarca di Memphis” che certamente è la base sulla
quale è stato elaborato il rituale giunto a noi, ovvero quello che si trova in
28° posizione nella scala ridotta a soli 33 gradi.
244 I Riti Egizi II

Il grado fa rivivere al Neofita la leggenda di Osiride in maniera com-


pleta, analogamente a quanto avviene con alcuni rituali di origine belga
delle logge simboliche, dove al 3° Grado alla morte di Hiram si sostituisce
quella di Osiride.
Nell’istruzione viene richiamata espressamente l’analogia fra la morte
del Maestro Architetto e quella del dio egizio e fra gli elementi che caratte-
rizzano le due leggende, la prima certamente mutuata dalla seconda.
Anche il discorso dell’Oratore, quello che nei rituali anglosassoni viene
comunemente chiamato “Charge”, è ricco di spunti filosofici ed esoterici e
di richiami alla antica tradizione egizia, con un’accurata ricostruzione della
figura di Osiride nel complesso della religione dell’epoca.
Si tratta quindi di un grado che, fungendo da chiusura di una serie, me-
rita certamente di essere riscoperto e studiato.
Il Tempio dei Patriarchi di Memphis, chiamato Santuario, è composto
da tre diversi appartamenti.
Il Terzo Appartamento del Tempio, quello dove si svolgono i lavori or-
dinari e la parte finale della Cerimonia di Elevazione, ha le pareti coperte
da tendaggi neri mentre le cattedre degli Ufficiali sono coperti da drappi di
colore bianco.
Sulle pareti del Santuario sono rappresentati nove dei dodici segni dello
Zodiaco. Sono omessi i segni dei mesi invernali, che normalmente si tro-
vano sulla parete sud.
Il Primo Appartamento è costituito da una sala dalle pareti coperte da
drappeggi neri e scarsamente illuminata, senza alcuna particolare decora-
zione. Gli Ufficiali mantengono in quella sala le medesime posizioni.
Il Secondo appartamento è costituito da una sala dove vi è una tavola
imbandita con piatti e bicchieri e dove viene consumato il tradimento da
parte di Seth. In quell’occasione sono necessari una grossa scatola, delle
corde, una benda ed una bara per rinchiudervi il Neofita.
Nel Terzo appartamento è presente una tomba che può essere rappresen-
tata anche simbolicamente e poi in occasione della cerimonia di elevazione
sostituita dalla stessa bara ove è rinchiuso il Neofita.
Essendo nota la leggenda di Osiride non ci è sembrato il caso di descri-
vere lo svolgimento della cerimonia di ricezione, che fa esattamente rivi-
vere al Neofita la morte e la risurrezione di Osiride, compresa la sua gettata
nel Nilo e il suo successivo taglio in piccoli pezzi.
Ci limitiamo quindi qui ad un breve sunto del discorso finale dell’Oratore
o Odos, che nel testo originale è di una lunghezza estrema, come avviene in
molti rituali elaborati da Yarker, dove alla fine spesso è presente una lunga
lezione a carattere didascalico che l’Oratore recita a beneficio del Neofita.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 245

La leggenda storica sul quale questo grado si fonda è probabilmente la più


antica che ci sia stata tramandata dall’inizio dei secoli.
La promulgazione cerimoniale delle “Sofferenze di Osiride”, così come ci
sono state tramandate da Erodoto, sono troppo sacre per essere descritte se non
in modo velato; questo era il più alto Grado che un Egizio non appartenente
all’ordine sacerdotale potesse raggiungere. I più alti misteri di ogni cosa erano
appannaggio esclusivo della sola casta sacerdotale.
La leggenda egizia narra che Osiride, re dell’Egitto, fosse il “figlio del Sole”
che era nato sulla Terra, che morì e che divenne il Giudice dei morti nella Sala
delle Due Verità.
Egli rappresentava colui che aveva apportato benessere e civilizzazione
all’umanità, istruendola nelle arti civili. Egli fu ucciso e fatto a pezzi dal fratel-
lo Seth, incarnazione del Principe del Male.
Dopo la sua morte Osiride discese nell’Amenti, o Ade, una specie di purga-
torio, ed infine il suo corpo fu seppellito nella terra, poi risorse e con l’aiuto del
figlio Horus sconfisse Seth.
Presso alcuni popoli Osiride venne chiamato Bacco, Dioniso, Adonis, Baal,
Moloch, ma si tratta di personificazioni della medesima leggenda.
Durante lo svolgimento della cerimonia di elevazione di questo grado avrai
certo percepito la forte rassomiglianza con il rituale che narra la morte di Hiram
Abif.
Tutto ciò era ancor meglio rimarcato nell’antico drammatico cerimoniale di
“Master Mason Degree”,29 dove veniva descritto come il Maestro venisse ucci-
so da tre cattivi compagni, Jubela, Jubelo e Jubelum, dove i fratelli piangevano
il Maestro perduto formando una lunga processione e ne celebravano i funerali
dopo la vendetta sui traditori.
I punti salienti del grado di Maestro Libero Muratore secondo il Rito di
Memphis, che sono i medesimi degli altri Riti simbolici, trovano la loro prin-
cipale identificazione nella Tomba del Maestro che simboleggia in un unico
contesto la vita, la morte e l’immortalità, che non sono altro che l’emblema
dell’apparente moto del Sole.
Siamo di fronte ad una leggenda puramente allegorica che in realtà è l’e-
spressione della grande e profonda legge di rigenerazione, che richiede la mor-
te violenta dell’iniziato come elemento necessario di ogni iniziazione.
Considera che dal punto di vista esoterico i segreti del Maestro posso essere
divisi in cinque parti.
1 – L’esposizione della religione naturale, universale ed immutabile espres-
sa attraverso simboli e massime; il segreto delle operazioni della natura spiega-
to attraverso il quaternario e la monade; esse figurano il movimento, o causa,
la fermentazione che porta alla putrefazione, ovvero in breve la vita e la morte
come risultato.

29 Testo che contiene la prima versione conosciuta del rituale di Maestro Libero
Muratore e l’intera leggenda di Hiram dalla sua morte sino alla punizione dei
colpevoli (poi allargata sui gradi che, dopo il 3°, vanno dal 4° all’11° del Rito di
Perfezione dell’Antica Maestranza).
246 I Riti Egizi II

2 – Unendole insieme come materia e soggetto, noi raffiguriamo i cinque


elementi della rigenerazione, le cui operazioni sono simbolicamente espresse
nella Camera di Mezzo, che, in quel senso, costituisce il grembo dove si com-
pie il mistero della riproduzione.
3 – La perfezione del Tempio, che non è altro che il cuore umano.
4 – La vittoria dell’oscurità e dell’inverno sul Sole e la rivincita del sole
sulle tenebre, rappresentate dalla morte e resurrezione di Hiram (il figlio), il
ministro della più saggia monarchia (il Supremo Artefice dei Mondi); il Con-
servatore del Tempio (la Terra); il Maestro d’Opera (l’umanità); la caduta a
causa di tre cattivi compagni (i tre mesi invernali) cui segue la rinascita e la
vendetta da parte di nove virtuosi futuri Maestri (Primavera, Estate ed Autun-
no, i cui mesi danno fiori, vendemmia e frutti); il figlio della vedova (la Terra,
che è vedova del sole durante i mesi invernali).
5 – La vittoria degli errori e delle passioni sulla verità e quella della verità
sugli errori e sulle passioni, figurata ancora una volta dalla morte e risurrezione
di Hiram.
La parola dei Maestri simboleggia la rigenerazione e significa letteralmente
“nato dalla putrefazione” e ci fornisce un’idea della condizione necessaria per
lo sviluppo degli altri essere ed i principi di ogni nuova esistenza.
Fra gli Egizi il Sole, nella sua corsa apparente, era il simbolo più generale
della divinità, ma anche quello della nascita, vita, morte e risurrezione dell’a-
nima umana; e la vittoria della luce sulle tenebre, che il sole compiva ogni
giorno, era simbolicamente vista nel contesto della lotta contro il male, in cui
era necessario che il fedele soldato del divino Heseri dovesse impegnarsi ogni
giorno.
Dobbiamo poi osservare che la leggenda di Osiride è vecchia di millenni e
che i Misteri di Iside che il Neofita ha già rivissuto attraverso dure prove erano
celebrati in terra d’Egitto molto prima che Mose conducesse i figli di Israele
nel deserto. E tu potrai facilmente giudicare e decidere quale sia la leggenda
originale.
Io uso il termine leggenda, anche se per la massa popolare Osiride fu un
vero Re, perché è certo che per la casta sacerdotale la leggenda era solo una
bella allegoria, che insegnava molte verità astronomiche e fisiche ed aveva un
profondo significato.
La storia, come viene raccontata dagli Egizi, è fortemente aderente alla ce-
rimonia di questo Grado, con una sola eccezione: quella secondo la quale Iside
da sola recuperò, dopo una lunga e faticosa ricerca ed innumerevoli vicissitu-
dini, le membra del marito.
Si narra che ad ogni parte del corpo fosse stata deposta e poi ritrovata una
per ciascuna delle 26 provincie d’Egitto e che Iside riuscì a ricomporre il corpo
con la sola eccezione dell’organo riproduttivo, che non fu mai ritrovato (e que-
sto potrebbe rappresentare la castità). In altre versioni della leggenda il corpo
fu smembrato in 14 parti, che rappresentano i giorni dalla luna nuova alla luna
piena e da questa al suo declino nel cielo.
Sotto l’aspetto materiale Iside ed Osiride erano due divinità che imperso-
navano la natura dell’Egitto. Osiride rappresentava il Sole ed il Nilo e Iside la
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 247

Luna e l’Egitto ed entrambi l’anno solare. Sotto un altro aspetto Osiride era il
sole calante in Amenti, il regno delle tenebre; Ra il sole al Meridiano e Horus
il sole nascente.
L’anno Egizio prevede due periodi di semina e di raccolto.
Il primo è durante il periodo invernale dell’anno e si estende sino a Febbraio
quando avviene la semina sino a Luglio quando il raccolto è maturo. Il secon-
do è nel periodo autunnale, in cui fra Settembre e la fine di Novembre, vi è la
semina, cui segue a Marzo il raccolto.
Quindi Osiride muore e rinasce due volte ogni anno e Iside, la terra, è de-
stinata a piangere la sua morte ed a festeggiare il suo ritorno due volte l’anno.
La sua prima morte avviene in primavera, da Marzo a Luglio, che è la sta-
gione di caldo più intenso e soffiano i venti dal deserto libico, regno di Seth.
Iside, la terra infuocata di Egitto, piange la perdita del nilotico Osiride nella
sua morte invernale.
Questo stato di stenti dura 72 giorni sino al momento in cui il Dio Nilo-Osi-
ride si risveglia dal suo sonno e rovescia la sua piena sull’Egitto fertilizzandolo
con il suo prezioso limo.
Ma quando il sole entra nel Segno dello Scorpione, la morte autunnale di
Osiride è alle porte, egli vacilla nel suo potere ed allegoricamente muore. Seth
trionfa per un breve periodo ma presto Osiride rinviene. Il sole riconquista for-
za salendo nella sua orbita; il grano appare sulla superficie della terra, ovunque
spunta nuova vita e la natura rinasce.
Ma questo è solo l’aspetto fisico cui dietro si cela il reale e spirituale
significato. Infatti, la maggior parte dei simboli egizi ha un triplo significa-
to, la cui completa conoscenza era posseduta solo dalla più elevata classe
sacerdotale.
Infine vi sono molte differenti qualità attribuite ad Osiride: egli è nella più
alta rappresentazione, il primevo uomo-dio, il celeste padre dell’Egitto, prima
del quale le ombre dei morti appaiono e ricevono la loro sentenza finale di
beatitudine o tormento.
Sotto questo aspetto è anche chiamato Serapis.
Il più alto significato spirituale lo possiamo trovare nel sacro Libro del Ri-
torno al Giorno.30 Qui possiamo cogliere in pieno come la relazione fisica sia
solamente simbolica: “Come il sole muore e sorge ancora ieri, così l’anima
muore e sorge ancora”.
Alla morte l’anima perfetta diventa Osiride o l’incarnazione di una divinità.
Il suo padre è Ptah, la sua madre è Neith,31 antichi nomi di Osiride ed Iside.
Egli è, egli ascolta, vede, percepisce. È il venerato generoso padre delle anime.

30 Si tratta del testo noto anche come Libro dei Morti.


31 Originariamente Neith fu la dea della caccia e della guerra ed ebbe come simboli
di potere, come la città stessa di Sais, citta di cui era patrona, due frecce incrociate
sopra uno scudo come corona divina e il bastone uadj come scettro di potere.
Nella forma antica, come divinità della guerra, era considerata artefice delle armi
dei guerrieri e guardiana dei morti in battaglia.
248 I Riti Egizi II

A lui ogni anima ritorna dopo la morte del corpo fisico, che è l’Uovo di Seb,32
la prigione delle anime dormienti.

Il Maestro della Grande Opera

Per questo grado che appartiene al corpus rituale di John Yarker è neces-
sario fare un ampio discorso a carattere propedeutico.
Come abbiamo ampiamente spiegato nel nostro precedente volume dedi-
cato ai Riti Egizi, i cosiddetti Arcana-Arcanorum, ovvero i gradi che vanno
dal 87° al 90°, sono un’esclusiva del Mizraïm di Napoli fondato da Raimon-
do di Sangro e posseduti lungo i secoli dall’Antiquus Ordo Aegypti.
Questi gradi, nella loro completa formulazione con le relative istruzioni
operative, non sono quindi patrimonio né del Misraim di Venezia né del
Rito di Memphis nelle sue varie filiazioni. Tuttavia, essendo il Misraim
di Venezia direttamente derivato da quello di Napoli, i Gran Conserva-
tori di tale linea possedevano anche il deposito operativo-teurgico degli
Arcana-Arcanorum e perciò, l’ultimo Gran Conservatore del Misraim (o
Mizraim) veneziano, poté trasmetterlo a Marco Egidio Allegri negli anni
bui del secondo conflitto mondiale, quando la libera muratoria italiana era
in completa clandestinità.
Gli Arcana-Arcanorum sono così individuati: Sublime Principe della
massoneria (87°), Grande Eletto della Sacra Corte (88°), Patriarca della
Città Mistica (89°) e Sublime Maestro della Grande Opera (90°).
Nel Misraim di Venezia, che si estende su soli 90 Gradi, troviamo invece
Gran Ministro Capo della Prima Serie (87°), Sublime Pontefice Gran Ma-
estro Capo della Seconda Serie (88°), Sublime Pontefice Gran Maestro
Capo della Terza Serie (89°) e Sovrano Gran Maestro Assoluto Capo della
Quarta Serie (90°).
La scala del Rito di Memphis di Etienne Marconis de Nègre estesa su 92
Gradi, porta invece Gran Regolatore dell’Ordine (87°), Sublime Principe
della massoneria (88°), Sublime Maestro della Grande Opera (89°) e Subli-
me Cavaliere dello Kneph (90°).
Nella Scala di Memphis e Misraim a 95/97 gradi elaborata da John Yar-
ker troviamo, dopo la fusione dei riti, invece questi gradi: Sublime Principe
della massoneria (87°), Grande Eletto del Sacro Sipario(88°), Patriarca
della Città Mistica (89°) e Sublime Maestro della Grande Opera (90°).

32 Testuale dal Rituale di Yarker. Non abbiamo trovato alcun particolare riferimento
a questa espressione.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 249

Nella sua scala ridotta a soli 33 Gradi Yarker conserva solo il Patriarca
della Città Mistica (29°) e Sublime Maestro della Grande Opera (30°).
Come si è detto, Yarker non possedeva gli Arcana Arcanorum ma aveva
comunque ereditato i testi di Marconis e quelli di altri Riti Egizi dell’epoca
e li aveva inseriti nel suo Corpus Rituale, facendo qualche elaborazione di
carattere dottrinale e didascalica.
È evidente che il testo di John Yarker non raggiunge le vette di quello
omonimo napoletano di Maestro della Grande Opera ma si tratta comun-
que di un testo pregevole che merita di essere conosciuto a livello di studio
perché da un lato conserva le impostazioni di diversi gradi praticati dai
regimi egizi degni di questo nome e dall’altro contiene insegnamenti di
ispirazione muratoria degni della massima considerazione.
La denominazione originale di questo grado nella scala di Yarker a 33
Gradi è di “Perfect Pontiff – Sublime Master of the Great Work” e già
nella sua denominazione è evidente che si tratta, almeno nel titolo, di una
sorta di condensazione con un altro grado, quello di Perfetto Pontefice,
che invece aveva in origine una sua piena autonomia nell’ambito del Rito
di Memphis praticato nei paesi anglosassoni.
Va detto che il testo di Yarker, quantomeno nella descrizione della ceri-
monia di ricezione, appare incompleto ed a tratti anche confuso, nel senso
che a volte non è agevole comprendere la teatralità dei momenti e dei mo-
vimenti e spesso vi sono anche banali errori di trascrizione.
Cerchiamo di fare un esempio per meglio far comprendere questa situa-
zione: Yarker, nel descrivere l’appartamento principale, scrive che lungo
le pareti sono presenti delle rappresentazioni dei segni dello Zodiaco in
numero di nove precisando che sono assenti i segni dello Scorpione, del
Sagittario e dell’Acquario, e cioè mancano all’appello due segni autunnali
ed un segno invernale.33
Nel grado di quella scala chiamato Patriarca di Memphis, dove viene
rivissuta la leggenda di Osiride, è prevista una cosa analoga, ovvero nel
Tempio sono presenti solo nove dei dodici segni zodiacali: mancano in
questo caso i tre mesi invernali, normalmente rappresentati sulla parete
sud, dove quindi è presente il solo Sagittario.
Nel testo del rituale del Patriarca di Memphis la cosa è spiegata in un
dialogo fra il Sublime Dai e Ceryce, il Grande Esperto, il quale, alle do-
mande su cosa significhino i nove segni dello Zodiaco rappresentati nel
Santuario e perché ne manchino tre, risponde che i nove rappresentano i

33 Testo originale: “Near are disposed nine banners of the Zodiacal Signs, those of
Scorpio, Sagittarius and Aquarius being omitted”.
250 I Riti Egizi II

mesi di tre stagioni: la Primavera, l’Estate e l’Autunno, durante i quali la


natura è più generosa di doni verso l’uomo mentre quelli mancanti rap-
presentano i mesi invernali, il periodo del freddo, della morte, come sia,
di natura, un periodo di oscurità e sofferenza. Sono i mesi in cui il Sole,
rappresentato da Osiride, getta poca luce e calore sulla terra.
In questo grado abbiamo sempre rappresentati solo nove mesi ma l’o-
missione è diversa, e a ben vedere di difficile comprensione.
Ci aspettiamo dunque che, nel corso della cerimonia, venga spiegato il
perché di questa stranezza: e questo in effetti avviene, in quanto al Neofita
il Sublime Dai, al termine della Cerimonia, dice testualmente: “I tre segni
omessi dell’Inverno sono gli emblemi del peccato, dell’oscurità e della
morte, i tre mesi durante i quali il sole, Osiride, è parzialmente nascosto
alla nostra vista. Essi rappresentano anche i tre compagni che assassina-
rono il Maestro Hiram.”
Appare di tutta evidenza che siamo solamente in presenza di un banale
errore di trascrizione nel copiare un testo più antico scritto a mano o che
l’errore fosse già presente nel citato manoscritto e che nessuno sia interve-
nuto a mettere ordine nell’antinomia.
È comunque chiaro, sulla base del testo rituale che prevale sulla descri-
zione iniziale, che in realtà anche in questo grado debbano essere omessi i
mesi invernali in conformità al citato testo del cerimoniale di ricezione che
non dà adito ad equivoci di sorta.
Il Tempio di questo grado è interamente decorato con tendaggi di colore
azzurro cielo sui quali sono ricamate stelle di colore argento ed ha una for-
ma cubica, che corrisponde al numero quattro, numero in base al quale gli
antichi rappresentavano la natura.
La volta stellata è retta da dodici colonne che rappresentano i dodici
mesi dell’anno. Sul bordo in alto sono rappresentati i dodici segni dello
zodiaco attraverso piccole immagini allegoriche.
Al centro del Tempio sono tracciati tre cerchi che rappresentano il siste-
ma planetario universale, con il Sole al centro. L’Altare si trova dietro ai
tre cerchi ed è ricoperto da un panno azzurro. Su di esso sono presenti il
Testimone, costituito da una candela di colore rosso, il Libro della Legge
Sacra, una spada ed un ramo di mirto (presente nella cerimonia di ricezio-
ne). Davanti vi è un vaso dove bruciare incenso o profumi.
La cattedra del Presidente, il Sublime Dai, è posta all’Oriente, che è ri-
alzato di sette gradini, i quali stanno a rappresentare sia i sette giorni della
creazione che le sette virtù.
Al di sopra del baldacchino è sospeso l’occhio raggiante, il sacro sim-
bolo di Osiride e della teogonia Egizia ed il Nome Ineffabile, pur esso
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 251

raggiante. Sopra di essi è presente una stella, sulle cui cinque punte sono
disegnati dei geroglifici.
Lungo le pareti sono presenti delle rappresentazioni dei segni dello Zo-
diaco in numero di nove: in base a quanto detto in precedenza, debbono
essere assenti i segni del Capricorno, dell’Acquario e dei Pesci, ovvero di
quelli dei mesi invernali.
Alla destra della cattedra del Sublime Dai vi è una statua riccamente
decorata che tiene in mano uno scettro d’oro; alla sinistra vi è invece una
statua di donna che tiene nella mano destra un serpente.
Ai piedi dell’Oriente, vi è un tripode dove viene bruciato dell’alcool, per
generare delle fiamme di colore azzurro.
Davanti ai sette principali ufficiali è presente un candelabro a sette braccia
con candele rosse. Ad occidente vi è una nicchia con una statua di Iside, un
altare con sopra un candelabro ad una luce, ed un accesso verso un secondo
locale.
Questo tempio funge anche da terzo appartamento nella cerimonia di
ricezione di un Neofita. Il rituale prevede infatti la presenza di tre apparta-
menti, ma se questi non possono essere utilizzati, la cosa può essere risolta
con dei tendaggi oppure con la modifica dell’arredamento, come ad esem-
pio avviene del 18° Grado.
Il primo appartamento prende il nome di Pronao.
Davanti alla Cattedra del Presidente vi è un tavolo triangolare nero che
funge da Altare, su cui è posto il Libro della Legge Sacra, un triangolo e un
antico vaso di profumi. Al centro della sala vi sono una sedia rivestita di
nero destinata al Candidato ed un braciere.
Il Secondo Appartamento è chiamato anche in questo grado Santuario
degli Spiriti ed è dotato di una anticamera. Nella sala vi sono delle rappre-
sentazioni di rovine sgretolate e di colonne abbattute, il tutto illuminato
dal pallido chiarore della luna che mostra sei obelischi mutilati coperti di
geroglifici posti su entrambi i lati.
Davanti ad Arpocrate, il Messaggero della Scienza, vi è un altare con il
Libro della Legge Sacra, una Spada ed un ramo di Mirto.
Il Terzo Appartamento è il Tempio della Verità, quello dove si svolgono
i lavori ordinari e la parte finale della Cerimonia di Elevazione. Esso rap-
presenta l’Eliseo Egizio, o Tempio Osirideo delle Due Verità.
Di questo grado estremamente complesso, come tutti quelli che si trova-
no ai vertici delle scale iniziatiche, riportiamo un estratto dalla cerimonia
di ripresa dei lavori:
252 I Riti Egizi II

SUBLIME DAI
Seduto ad Oriente, sotto la volta celeste che si affaccia sulla Valle di
………………….., io mi proclamo rappresentante di Osiride. Non vi è nazione
al mondo che io non abbia visitato. Io ho distribuito la mia benefica benedi-
zione sull’intera razza umana. Fratelli, sedete. Chi sei tu Fratello che presidi
l’Occidente? 34
PRIMO MISTAGOGO
Io rappresento Horus, tuo figlio, allattato al seno di Iside, Madre della Na-
tura. Io sono Horus, il vendicatore, che gettò nelle tenebre perenni Seth, il
distruttore. Io sono il preservatore, poiché senza di me le tenebre prevarrebbero
quando Osiride non governa.35
SUBLIME DAI
Chi siete tu che siedi al Sud, verso occidente?
SECONDO MISTAGOGO
Io rappresento Serapide, tuo fratello, inferiore nella gloria ma non meno
benefico nella luce. Io sono l’emblema del tuo splendore meridiano, dopo che
sei morto e nuovamente risorto.
SUBLIME DAI Rivolgendosi all’Oratore.
Chi sei tu?
ODOS (ORATORE)
Io rappresento Ermete Trismegisto, colui che inventò i geroglifici e la scrit-
tura e svelò all’uomo le leggi del sacro universo.
A coloro che mi ascoltano io dono salute, ricchezza e vita eterna, mentre
coloro che girano le loro orecchie sorde ai miei insegnamenti porto solo vita e
morte come i bruti nei campi.
SUBLIME DAI Rivolgendosi al Grande Esperto o Ceryce.
Chi sei tu?
CERYCE (GRANDE ESPERTO)
Io rappresento Anubis, il guardiano del globo alato dove è conservata l’es-
senza della saggezza. Io preservo, sotto il mio continuo controllo, l’estensione
dei tre mondi, in maniera che l’armonia dell’universo non sia turbata.
SUBLIME DAI
Fratello Anubis, perché è stato convocato questo Sublime Consiglio di Luci
immortali?
CERYCE (GRANDE ESPERTO)
In onore del tuo ritorno, o Illustrissimo, poiché, durante la tua assenza, la
natura si è trovata sul punto di decomporsi, ma la tua riapparizione ha disperso
le tenebre della notte, della tristezza e l’anticipazione della morte.
SUBLIME DAI
Perché il mio trono si trova ad Oriente?
CERYCE (GRANDE ESPERTO)

34 In questo dialogo gli ufficiali si rivolgono fra loro utilizzando la forma arcaica
della seconda persona singolare (Thou).
35 Il testo originale dice Tifone, che è soggetto della mitologia greca e non egizia.
Per coerenza con la mitologia egizia abbiamo sostituito Tifone con Seth.
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 253

Perché è da lì che i nostri occhi sono stati salutati dalla luce e dall’intelligen-
za, da lì provenne il primo dei mortali e la conoscenza delle invenzioni umane
che hanno elevato l’uomo al potere di un semidio.
SUBLIME DAI
Perché eviti l’Occidente?
CERYCE (GRANDE ESPERTO)
In quelle terre tenebrose regna Seth il distruttore, dove chiunque può entrare
liberamente ma nessuno ne esce, salvo i perfetti che sono stati elevati dall’o-
scurità alla luce.
SUBLIME DAI
Per mezzo di quale potere sei stato elevato dall’oscurità?
CERYCE (GRANDE ESPERTO)
Grazie alla Parola Sovrana, la cui conoscenza mi è stata rivelata quale Ma-
estro della Grande Opera.
SUBLIME DAI
Fratello Anubis, verifica se tutti i presenti sono in possesso di tale parola,
quale prova di essere stati sottomessi alla prova e purificati.
CERYCE (GRANDE ESPERTO)
Si alza e compie un giro del Tempio in senso orario ricevendo la Parola da
tutti i presenti, ma omettendo di passare dall’Occidente. Poi si arresta davanti
all’Altare e dice:
Sublime Dai, tutti coloro che si trovano all’interno del sacro perimetro han-
no dimostrato di essere stati sottoposti alla prova di Amenti.
SUBLIME DAI
Hai però omesso di penetrare nell’Occidente.
CERYCE (GRANDE ESPERTO)
A me è proibito visitare quel tetro reame, dove Arpocrate, tuo ineffabile
sostituto, siede in giudizio in presenza dell’inconsolata Iside, addolorata per la
tua continua assenza.
SUBLIME DAI
Hai ragione, Fratello Anubis, e poiché tutti coloro che appartengono al Su-
blime Consiglio sono purificati, io li invito ad unirsi a me per la supplica, ai
piedi di un comune Altare, all’Invisibile Architetto del Mondo, le cui opere
visibili siamo chiamati a venerare.
Fratelli, preghiamo insieme.

Possiamo affermare, per concludere la panoramica su questo grado, che


Yarker, non disponendo degli Arcana Arcanorum, abbia comunque lavora-
to bene sui testi di Étienne Marconis.

Il Maestro dell’Anello Luminoso

Chiudiamo questa panoramica dedicata ad alcuni gradi della sezione


ermetico-gnostica elaborati da Etienne Marconis e/o da John Yarker con
254 I Riti Egizi II

un grado che deriva dal Misraïm di Venezia dove occupa, nella Scala Ini-
ziatica, il grado che precede immediatamente gli Arcana Arcanorum (86°)
e che, nel corso dei due secoli successivi ha avuto uno strano destino.
Il Maestro dell’Anello Luminoso, con la medesima denominazione, lo
troviamo in identica posizione (86°) nella Scala di Memphis di Etienne
Marconis de Nègre e dobbiamo quindi presupporre che il testo di Marconis
sia stato comunque influenzato da quello veneziano, come meglio si dirà
più avanti nel fare riferimento a questo specifico testo.
Con la fusione dei Riti di Memphis e di Misraim questo grado viene
messo da parte, probabilmente per le sue caratteristiche mistiche poco con-
sone al corpus rituale elaborato da John Yarker nelle due scale a 95/97
gradi e a 33.
In questa 86° posizione John Yarker, che, lo ricordiamo, non era in pos-
sesso degli Arcana Arcanorum, ha inserito il grado di Sublime Filosofo
della Valle di Kab, ovvero un grado che non è reperibile in alcun’altra scala
iniziatica egizia fra quelle note e di cui possediamo solo alcune scarne no-
tizie ricavate da un testo del medesimo Yarker.36
Il Grado di Sublime Maestro dell’Anello Luminoso tuttavia non è com-
pletamente caduto nell’oblio perché, a quanto ci consta, è ancora oggi
praticato da alcune comunioni iniziatiche egizie operanti in Francia, con
caratteristiche analoghe a quelle più antiche.
Il testo a noi pervenuto, probabilmente una riproduzione a stampa di antico
manoscritto, presenta alcune lievi imprecisioni, mancanze o addirittura antino-
mie, per cui è doveroso rilevare che esso, in sede di restituzione e di traduzione
per renderlo fruibile ai fini di studio, ha dovuto necessariamente essere oggetto
di alcuni adattamenti al fine di renderlo completamente coerente.
Dalla lettura di questo antico rituale emerge subito che esso presenta
forti analogie con quello che oggi viene praticato in molte comunioni egi-
zie euroee e soprattutto francesi sotto la denominazione di Patriarca Gran
Consacratore, 66° Grado.
Integrando quanto portato nel nostro precedente volume nel parlare del
66° Grado,37 dobbiamo rammentare al lettore che il moderno 66° Grado,
nella forma attualmente praticata, è una sorta di creazione/elaborazione di
Jean Bricaud,38 il quale ne fatto una vera e propria iniziazione sacerdotale

36 John Yarker, The Secret High Rituals of the Masonic Rite of Memphis, volume
Terzo, The Ancient and Primitive Rite of Memphis, cit.
37 Apis-Eleazar, I Riti Egizi, p. 466 e segg.
38 Jean Bricaud (1881-1934), già citato in precedenza, fu un celebre occultista fran-
cese, Gran Maestro della Gran Loggia di Francia di Memphis e Misraim dal 1919,
Approfondimenti su alcuni Gradi Ermetici 255

che conferisce, a colui che la riceve, la possibilità di lavorare su piani teur-


gici come, ad esempio, gli Arcana Arcanorum, o su aspetti più ecclesiali.
Bricaud ha cioè dato a quel Grado una destinazione episcopale incontesta-
bile ed alcuni autori hanno commentato il suo testo affermando che sembra
uscito dalle comunità copte del Cairo ed essere stato portato in Europa dal-
le truppe napoleoniche al ritorno della Campagna d’Egitto. La cosa appare
poco probabile se solo si pensa che il testo più antico di questo grado appar-
tiene al Rito di Mizraïm di Venezia e siamo quindi portati a concludere che in
qualche modo Jean Bricaud si sia ispirato soprattutto al testo veneziano per
alcuni aspetti non solo formali ma anche sostanziali e coreografici.
Per quanto alla versione che appartiene al Rito di Memphis di Etienne
Marconis de Nègre (86° Grado) chiamata “Perfetto Massone o Sublime Mae-
stro dell’Anello Luminoso” rileviamo intanto che i suoi membri assumono il
titolo di Cavaliere di Palestina, mantenendo quindi quelle caratteristiche che
sono abbastanza lontane dai tipici testi di marcata matrice egizia.
Di questo testo forniamo alcune informazioni di carattere generale al fine
di poter fare i confronti con il testo veneziano che lo precede di almeno mez-
zo secolo.
Nel testo di Marconis la Loggia è presieduta dal Sovrano Cavaliere di
Palestina e vi sono solo tre ufficiali, il Cavaliere Introduttore, che ha funzioni
di Copritore, e due Maestri delle Cerimonie.
In questo rituale la posizione d’ordine è descritta con la spada appoggiata
sulla spalla destra e la mano sinistra aperta a squadra sul petto.
Il segno si fa invece reclinando leggermente il capo e portando la mano
sinistra sugli occhi. La batteria è di otto colpi uguali e la marcia si fa facendo
otto passi precipitosi presentando la spada come se si volesse iniziare un
combattimento.
Come usava anticamente, nella cerimonia di elevazione, il Candidato vie-
ne introdotto nel Tempio ed interrogato a lungo non solo sui gradi ricevuti
ma anche sui suoi scopi, sulla sua vita e sulle impressioni che ha avuto nelle
cerimonie iniziatiche precedenti.
Il nome del grado viene con ogni probabilità dal fatto che, come già al 14°
ed al 33° Grado, all’Iniziato viene consegnato un anello (alliance, in france-
se) in segno di alleanza con la virtù e gli uomini virtuosi.
Il testo veneziano presenta invece caratteristiche differenti analoghe al te-
sto moderno di Bricaud: il Tempio dove si riuniscono i Maestri è interamente

fu consacrato da Léonce-Eugène Fabre des Essarts Vescovo di Lione della Chiesa


gnostica Valentiniana fondata da Jules Doinel (noto come Tau Johannes).
256 I Riti Egizi II

decorato con tendaggi bianchi ed all’oriente brillano nelle posizioni usuali la


luna ed il sole mentre al centro si trova una rappresentazione della Tetractys.
Al centro del Tempio si trova il Fuoco Sacro, che viene realizzato con tre
grosse candele o ceri di colore giallo, rosso e blu.39
Il rituale prevede anche la presenza di un Mandala40 che viene disegnato
con il gesso in occasione dei lavori.
Attorno al Mandala vengono disposti in occasione dell’apertura dei Lavori i
tre candelabri del Fuoco Sacro in modo che essi formino un triangolo equilatero.
Verso Oriente si trova un Altare, ricoperto da una stoffa granata, sul
quale è presente il volume della Legge Sacra (il Libro del Ritorno al giorno
o altro libro sacro) ed un Candelabro a tre braccia (altro simbolo del Fuoco
Sacro) pur esso con tre candele di colore giallo, rosso e blu.
Per la Cerimonia di elevazione a questo grado sono necessari un sudario
di lino bianco, dell’acqua lustrale, un vasetto contenente olio consacrato
ed una tovaglia bianca, che verrà posta sull’Altare al momento opportuno.
La cerimonia di ricezione si svolge attraverso una pluralità di purifica-
zioni del Neofita: quella fisica, quella mentale e quella astrale per conclu-
dersi con la elevazione al sacerdozio attraverso la formula qui riprodotta:

INIZIATORE
Degnati, o Potenza Suprema che reggi i destini degli uomini, di consacrare
e santificare per mezzo di questa sacra unzione le mani del nostro illustrissimo
Fratello affinché tutti quelli che benedirà siano benedetti, felici e vivificati in
nome del Supremo Artefice dei Mondi. Ricevete anche, Fratello mio, il potere
di perdonare, di consolare, di guarire i mali del corpo e dell’anima, poiché i
vostri poteri sino d’ora in poi ineffabili.
TU ES SACERDOTES IN AETERNUM41
E tutte le vostre imperfezioni sono state consumate per mezzo del Fuoco
dell’Amore divino.

Possiamo quindi affermare che questo grado ben concludeva il percorso


che, nella scala veneziana, consentiva l’accesso agli Arcana Arcanorum.

39 Il testo originale indica come Fuoco Sacro i tre ceri che vengono disposti attorno
al Mandala. Tuttavia nel corso della Cerimonia di elevazione, vengono indicati
come Fuoco Sacro le luci che brillano sull’Altare. Si è quindi optato per definire
Fuoco Sacro entrambi i trittici di luci.
40 Per Mandala, parola che deriva dal sanscrito che significa “essenza” si intende
normalmente un diagramma che contiene al suo interno delle figure geometriche
come punti, cerchi, triangoli e quadrati.
41 Espressione latina che significa “Tu sei sacerdote per l’eternità”. Si fa notare
come solo in questo momento l’Iniziatore passi dal rivolgersi al candidato in se-
conda persona singolare per tornare subito dopo a quella plurale.
Lo specchio dei cieli del grado di Filosofo Ermetico.
Il Tempio dei Cavalieri della Fenice.
Il Cavaliere dell’Aquila Rossa.

Il gioiello del Cavaliere dell’Aquila Lo stemma del Filosofo Ermetico.


Rossa.
Il Saggio della Verità.

Il Cavaliere d’Occidente.
CAPITOLO X
IL MEMPHIS DI ELABORAZIONE
ANGLOSASSONE

Nel corso delle nostre ricerche volte a ricostituire i vari Corpus rituali
dei Riti Egizi, ci siamo imbattuti in tutta una serie di gradi, estremamen-
te coerenti fra loro, praticati da comunioni iniziatiche anglosassoni (Gran
Bretagna, Irlanda e USA) del Rito di Memphis che non appaiono derivati
dal lavoro di Étienne Marconis de Nègre ma frutto di una elaborazione au-
tonoma o comunque ispirati da fonti più antiche ancora sconosciute.
Questi gradi, di cui fra poco illustreremo succintamente le singole ca-
ratteristiche, hanno comunque tutti in comune l’impostazione dei gradi di
Yarker della sezione ermetico-gnostica, ovvero le denominazioni degli uf-
ficiali descritte nel capitolo settimo a proposito dei gradi di quella sezione
(Gran Comandante, Cavalieri Interpreti, etc.).
Altra caratteristica comune di questi gradi è la semplicità degli arredi del
Tempio, quasi sempre limitati ad un Altare su cui sono presenti il Volume
della Legge Sacra, il Fuoco dei Maestri Passati, una spada, detta d’onore,
e un ramo di mirto (oppure di acacia). Altri arredi li possiamo trovare in
relazione alle particolarità dei singoli gradi.
Per ovvi motivi abbiamo dovuto limitare la descrizione ed il commento
solo ad una parte, comunque rilevante, di questi gradi, quelli che ci sono
apparsi i più interessanti all’interno del materiale raccolto. Ma è bene che il
lettore sappia che ne esistono molti altri che altri studiosi potrebbero repu-
tare ancora più degni di essere conosciuti. Abbiamo quindi fatto una scelta
di carattere personale nella speranza di non esserci troppo allontanati dallo
spirito che emana da questi contesti.

Cavaliere della Chiave

Il Grado di Cavaliere della Chiave è il primo di questa serie e l’apertura


e la chiusura dei lavori, così come la disposizione del Tempio e le deno-
minazioni degli Ufficiali sono estremamente simili – se non identiche, per
quello che attiene alle cariche di Loggia – a quelle del Cavaliere del Tempio
262 I Riti Egizi II

o del Saggio della Verità, a dimostrazione che ci muoviamo in un ambito


strettamente appartenente al Rito di Memphis e della tradizione anglosas-
sone a noi giunta attraverso John Yarker.
Si tratta di un grado dalla ritualità estremamente concisa ma che ha ca-
ratteristiche uniche, come ad esempio la celebrazione dell’Agape fra le
due parti della cerimonia di elevazione, o il richiamo alla libera muratoria
operativa ed alla lavorazione dei metalli.
Anche il discorso dell’Oratore, molto più contenuto rispetto ai testi cui
siamo abituati, nella sua sinteticità mette di fronte il Neofita a quelli che
sono i suoi doveri nell’ambito della comunione iniziatica di cui fa parte.
In questo grado la chiave di cui è dotato il Neofita non è la chiave che
permette di accedere al Santo dei Santi e che gli viene consegnata al grado
di Maestro Segreto: è il Neofita che deve costruire, sia pure solo in senso
figurato, la chiave che gli consente di dimostrare la propria abilità ed il
proprio impegno nel percorso di progressione e di conoscenza di sé stesso.
La costruzione della chiave non rappresenta altro che l’avvenuto com-
pimento del dovere da parte di colui che chiede di essere ricevuto ad un
grado più alto.
Anticamente, secondo quanto riportato nel testo del rituale, che fa rife-
rimento ad una versione operativa del grado, il candidato doveva subire un
periodo di apprendistato di almeno un anno tutto dedicato allo studio ed
alla pratica della lavorazione dei metalli: alla fine di questo periodo egli
doveva essere in grado, a partire da una serratura, di costruire una chiave
di metallo in grado di aprirla.
Se non ne era in grado – e cioè non riusciva a costruire la chiave – egli
doveva continuare il suo apprendistato per analogo periodo, non essendo
stato capace di mettere a frutto gli insegnamenti che gli erano stati impartiti
dai suoi Maestri.
Non occorre molta fantasia, una volta trasportata la situazione dalla
massoneria operativa a quella speculativa, che quanto insegnato in questo
grado significhi che occorre avere pazienza e dedizione per poter progre-
dire nel miglioramento di sé stesso: non è sufficiente, cioè, un determinato
lasso di tempo dedicato allo studio per avere la certezza di essere ammessi
ad un grado superiore.
Quello che conta è invece il costante impegno e soprattutto la capacità
di assimilare e comprendere appieno le lezioni che, di volta in volta, ven-
gono ricevute: per diventare Cavalieri della Chiave occorre prima di tutto
saper essere costruttori della Chiave, che, ancora una volta, è la chiave che
consente di aprire il proprio cuore e la propria mente ai migliori sentimenti
di fraternità.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 263

Dal discorso dell’Oratore:


Fratello mio, un tempo era impossibile per chiunque diventare un Cavaliere
della Chiave se non avesse fatto prima un intero anno di apprendistato nell’arte
della lavorazione dei metalli.
Quando sei entrato per la prima volta in questo Santuario ti è stato fatto fare
un giro intero del Tempio che stava a simboleggiare questo ciclo di apprendi-
stato.
Come esame finale per il suo avanzamento, l’Apprendista, o Neofita, era
obbligato a forgiare una chiave di metallo idonea a aprire un lucchetto, il cui
meccanismo gli era sconosciuto.
L’adempimento di questo compito era considerato prova di aver ottenuto
una completa padronanza nell’arte, e la chiave divenne il simbolo più appro-
priato della chiave della conoscenza.
La sala delle Agapi simboleggia invece il grande Tempio della pace, pre-
disposto per il godimento di tutti coloro che, aventi un cuore sincero ed una
mente illuminata, attraverso il loro apprendistato avevano raggiunto il grado
richiesto di efficienza.

Il segno di questo grado, portare le mani al cuore e poi portarle in avanti


verso il cielo, significa che si è pronti ad aprire il nostro cuore perché la
scintilla divina ivi contenuta possa ricongiungersi con il Creatore: solo at-
traverso il lavoro costante l’uomo potrà elevarsi dalla condizione in cui è
caduto ritornando alla casa del padre.

Cavaliere del Delta

Il Grado di Cavaliere del Delta, nel Rito di Memphis da noi analizzato,


segue quello di Cavaliere della Chiave di cui mantiene struttura e carat-
teristiche, con la sola differenza che sull’altare è presente in più solo un
triangolo dorato.
Il rituale di ricezione a Cavaliere del Delta presenta tuttavia alcune parti-
colarità che è bene mettere in evidenza, prima di tutto la estrema semplicità
della cerimonia, che, se messa a confronto con quelle cui siamo abituati,
brilla quasi per eccessiva stringatezza.
Anche la lezione che viene fatta alla fine della cerimonia da parte
dell’Oratore è quanto mai concisa, anche se impeccabile, e non crediamo
di essere lontani dal vero se ci azzardiamo ad ipotizzare che, per queste
sue caratteristiche, questo grado sia stato praticato molto poco e sia finito
presto in un canto.
Il Cavaliere del Delta ci riporta alle origini dell’Antico Egitto, alla
sorgente della vita di quella nazione, ovvero il Fiume Nilo ed il Delta
264 I Riti Egizi II

del Grado non è altro che il delta con il quale il fiume sfocia nel Mar
Mediterraneo.
In questo grado scopriamo dunque l’origine muratoria del triangolo e
del doppio triangolo che forma quello che è conosciuto anche come Sigillo
di Salomone.
Ma non solo: scopriamo anche che la parola sacra, quella che è incisa
sul gioiello e che si può leggere solo se i due triangoli sono correttamente
incrociati, è la stessa parola che abbiamo imparato a conoscere, in un’altra
lingua, in gradi precedenti.
Sappiamo che la sezione ermetico-gnostica dei Riti Egizi tende a dimo-
strare che la tradizione è una in tutti i paesi a prescindere dalle sue forme e
caratteristiche: in questo grado ne abbiamo, se mai ce ne fosse il caso, una
completa dimostrazione.
Dal discorso finale dell’Oratore:

In Egitto, i segni di vita primitiva erano stati trovati solo dove l’acqua era
inesauribile. Questo fatto portò i primi abitanti del luogo a supporre che l’ac-
qua, e specialmente quella del Nilo, fosse la sorgente di vita.
Non è quindi strano, in questo contesto, che essi considerassero come sim-
bolo adatto a rappresentare la sorgente della vita il grande Delta del fiume, dove
vi era un formicolio di vita animale e vegetale, un territorio che misurava su
entrambi i lati oltre un centinaia di miglia, circondato dalle acque e in cui vi
erano originariamente anche quattro enormi laghi.
Ben potrebbe questo Delta essere dunque considerato un soggetto degno di
attenti studi e di profonda ammirazione.
Credendo, come hanno fatto gli antichi Egizi, che ogni cosa esistente in
questo mondo avesse la sua copia nell’altro mondo, quello sotterraneo, essi
giunsero a naturalmente concludere che laggiù ci dovessero essere due Delta
anche se ne vedevano solo uno.
Così essi costruirono, come simboli di questi due Delta, due triangoli in oro
sui quali erano incisi quattro caratteri, che non solo volevano rappresentare i
quattro laghi del Delta, ma che ancora oggi rappresentano la parola che signi-
fica “fonte della vita”, la medesima che in lingua ebraica è Y H V H che hai
conosciuto nei gradi inferiori. Questa parola – Kefa – poteva essere letta solo
se i due triangoli erano intrecciati in modo da formare una stella a sei punte,
che più tardi divenne il sigillo di re e sacerdoti ed anche il simbolo di alcune
società religiose.
Tu avrai certamente notato che in tutti i gradi del nostro rito vi sono delle
rappresentazioni dei triangoli, a partire dalle cattedre di coloro che siedono
all’Oriente e che il triangolo viene spesso formato nel Tempio per l’esercizio di
forme rituali, come avrai modo di vedere anche più avanti.
Questo Grado, tuttavia, insegna solo i principi elementari che concernono il
Delta, sul quale potrai conoscerne di più d’ora in poi.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 265

Cavaliere di Libia

Il Cavaliere di Libia, che crediamo non sia mai stato praticato nel nostro
paese (e probabilmente neppure conosciuto), ha le medesime caratteristi-
che dei gradi precedenti appena descritti.
Il tema di questo grado è dedicato alla imbalsamazione, ovvero a quelle
tecniche, elaborate nell’Antico Egitto, volte a preservare un cadavere dalla
decomposizione.
Infatti furono gli Antichi Egizi i primi a studiare le tecniche con notevo-
li risultati. Gli Egizi ritenevano che la conservazione della salma potesse
consentire allo spirito del defunto di riappropriarsene in tempi successivi.
Questo esigeva, ad esempio, al fine della conservazione dei corpi, che
la sepoltura avvenisse in ambienti poco adatti alla decomposizione come
i deserti o zone molto fredde. Gli antichi egizi erano convinti che, con la
conservazione dei corpi dei defunti, essi avrebbero ridato vita, nell’aldilà,
ai propri cari.
Secondo la tradizione egiza, l’uomo non possedeva solo il corpo fisico
ma anche il Ka1 e il Ba.2 Essi credevano che il ka si sarebbe riunito al cor-
po mentre il ba avrebbe trovato dimora tra le stelle, perchè essi credevano
che l’anima del defunto sarebbe diventata una stella del cielo
La preparazione del corpo del defunto da imbalsamare veniva effettua-
ta in un luogo ben preciso chiamato “casa dell’imbalsamazione”, dove il
corpo trascorreva settanta giorni prima di essere sepolto.
Questo periodo di settanta giorni non è casuale ma ha una ragione di
carattere astronomico: nei cieli egiziani la stella del Cane, Sirio, non è vi-
sibile per settanta giorni e gli antichi egizi credevano che questa stella im-
piegasse questo lasso di tempo per attraversare il Duat sotterraneo prima di
rinascere nel cielo mattutino ed annunziare la piena del Nilo.3
Essi reputavano quindi che il corpo del defunto dovesse imitare il per-
corso di Sirio prima che il Ba potesse salire in cielo.

1 Il Ka era l’essenza della persona. Con la parola Ka si indicava la forza vitale di


ciascun individuo. Con caratteristiche individuali molto marcate, il ka costituiva
il temperamento e l’insieme delle qualità di ogni singolo essere vivente.
2 Il Ba era l’anima vera e propria della persona.
3 Nell’Antico Egitto con il termine Duat si intendeva l’oltretomba. La rappresenta-
zione pittorica del Duat (ovvero, una stella inscritta in un cerchio, porta ad ipotiz-
zare che in un primo tempo l’oltretomba fosse considerato posizionato nel cielo e
solo con la codificazione del mito di Osiride, detto Signore del Duat, l’oltretomba
divenne una località posta nelle profondità del pianeta. Si pensa che tutte le tra-
dizioni occidentali, a partire dall’Ade dei Greci e l’Averno romano, provengano
dalla tradizione egizia.
266 I Riti Egizi II

Queste esigenze di conservazione del corpo dei defunti, che noi chia-
miamo imbalsamazione o mummificazione prevedevano l’uso di specifiche
materie atte a preservare il corpo dalla putrefazione e dagli agenti della
corruzione.
In genere si usavano per queste operazioni i cosiddetti “balsami” (da
cui il termine imbalsamazione, che deriva dalla espressione latina in balsa-
mum): mettere nel balsamo, che era una miscela di specifiche resine vege-
tali, significava trattare i cadaveri, dopo la rimozione delle parti molli che
venivano conservate nei vasi canopi, con tutta una serie di questi balsami e
poi avvolgerli in strati di bende anch’esse fortemente impregnate di questi
balsami.
Per le tecniche di imbalsamazione gli egizi usavano un particolare sale
minerale, il carbonato decaidrato di sodio (Na2CO3·10H2O) le cui caratteri-
stiche principali sono quelle di assorbire l’acqua e di fungere da elemento
atto a conservare la materia organica.
Questo sale veniva raccolto sulle rive del Nilo nelle pozze che residuava-
no dopo le piene estive del fiume e che poi lentamente evaporavano sotto i
raggi del sole facendo seccare gli elementi contenuti nelle acque limacciose.
La leggenda di questo Grado descrive come i Cavalieri del Delta abbia-
no scoperto nei deserti libici dei laghi amari riforniti da acque sotterranee e
privi di emissario sulle cui rive e sotto la superficie si trovavano in abbon-
danza questi sali atti alla conservazione dei corpi. Questi sali evidentemen-
te dovevano essere molto più adatti di quelli generati dalle piene del Nilo in
quanto estremamente concentrati in forza del fatto che questi laghi erano,
come oggi il Mar Morto in Palestina, estremamente salati.
La leggenda è suggestiva ma la cerimonia di ricezione è estremamente
semplice ed anche il discorso finale dell’Oratore è particolarmente conciso.

Fratello mio, l’immortalità dell’anima e la conservazione del corpo erano


cose fortemente desiderate dai primi abitanti della terra.
Essi credevano che la prima potesse essere ottenuta attraverso una esem-
plare condotta ed il pieno rispetto dalla legge morale; ma la preservazione del
corpo dalla devastazione del tempo e dai “mangiatori dei morti” era un tema di
speculazione selvaggia, di studi profondi e di esperimenti senza fine.
E fu solo al momento che i vasti deserti della Libia furono esplorati da va-
lorosi e coraggiosi Cavalieri del Delta che un considerevole progresso fu fatto
in quella direzione.
Nel deserto libico, a circa 50 miglia dal Delta del Nilo, fu scoperta una ca-
tena di sei laghi ricchi di acque provenienti da sorgenti minerali sotterranee e
privi di emissario.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 267

Sulle rive e sul fondo di questi laghi si erano nel tempo accumulati dei sali
che, utilizzati nel processo di imbalsamazione, apparivano in grado di conser-
vare il corpo in via permanente.
Questo grado era originariamente conferito come premio per la scoperta di
quei preziosi sali e poi anche a coloro che viaggiavano nel deserto per rifornir-
sene e portarli in Egitto per essere utilizzati per la imbalsamazione.
Questi Sali erano noti per il loro peculiare colore rosso e per il loro profumo
simile a quello delle rose e coloro che erano mandati alla ricerca di questi sali
erano istruiti nel prestare attenzione a questa peculiarità che ne garantiva la
loro originalità
Di qui l’origine del Segno di questo Grado.4

Cavaliere del Tabernacolo

Il Cavaliere del Tabernacolo, che nulla ha che vedere con i gradi filoso-
fici che portano quella parola nella denominazione (i gradi 23° e 24° del
Rito Scozzese e del Rito di Memphis), ha una struttura analoga a quelle dei
gradi appena descritti.
Purtroppo di questo grado è giunta a noi solo una versione limitata del
testo originario, con la conseguenza che non abbiamo il discorso finale
dell’Oratore (che però potrebbe benissimo non esistere, in quanto il testo
comprende comunque una completa lezione storica riprodotta più avan-
ti), ma, soprattutto non abbiamo alcuna notizia delle insegne di questo
grado.
Il tema del Cavaliere del Tabernacolo è dedicato alla costruzione delle
prime tombe segrete degli antichi muratori egizi, analoghe a quelle che
sarebbero poi state costruite dai faraoni nella Valle dei Re.
Nel rituale di iniziazione viene spiegata in maniera succinta come sia
stato risolto il problema di custodire gelosamente i corpi dei defunti una
volta risolto il problema della loro conservazione dagli agenti disgreganti:
la costruzione di tombe segrete nel cuore della montagna dove il defunto
sarebbe stato solo in compagnia del proprio dio in attesa di una rinascita.
Il tema della rinascita – o meglio della seconda nascita – è comune a
molti gradi muratori: anche l’apprendista muore alla vita profana per rina-
scere iniziato e pronto a seguire la luce. La massoneria di stampo egizio è
quella che più ha sviluppato questo tema, come abbiamo già avuto modo
di verificare.

4 Il segno di questo grado consiste nel mettere il palmo della mano destra sotto il
naso come per sentire l’odore del sale che si utilizza per conservare i corpi.
268 I Riti Egizi II

Dalla cerimonia di ricezione:


CAVALIERE DI ELOQUENZA (ORATORE)
Fratello mio, il sistema di preservare i corpi dalla putrefazione era stato
scoperto dai Cavalieri di Libia, di cui tu fai parte.
L’altro grande requisito era quello di trovare un posto adatto e sicuro per
questi corpi.
Questo posto deve essere un tabernacolo, un luogo di culto e anche la casa
di Dio, perché Dio era lì per comunicare con il morto.
La costruzione di questo Tempio richiese tutta una varietà di maestria ed
abilità, e grandi incentivi furono offerti a tutti coloro che fossero stati in grado
di contribuire in qualsiasi modo alla sua erezione.
Doveva essere un luogo segreto o nascosto: da qui, per convenienza di co-
struzione e di accesso, doveva essere situato su un lato di una collina o di una
montagna.
Dopo che la terra era stata rimossa, un’arca o un sarcofago di pietra doveva
essere fatto per contenere la mummia, ed essere posto nella parte più bassa e
più profonda della caverna.
Il pavimento di pietra della caverna, che nascondeva completamente l’arca,
veniva poi posato sopra l’arca.
Direttamente sopra l’arca in pietra veniva poi eretto un altare sul quale veni-
va depositato il gioiello o il sigillo, sul quale era scritto con un simbolo od una
parola il più alto rango che il defunto aveva raggiunto in vita.

PRIMO CAVALIERE INTERPRETE


A questo punto dovevano essere rifinite le pareti della caverna ed il suo tetto
doveva essere realizzato con la formazione di un arco di pietra, o meglio, il
suo tetto fatto con larghe e piatte pietre doveva essere sostenuto da nove archi,
su ciascuno dei quali doveva essere inciso un segno dello zodiaco nonché una
parola che rappresentasse il potere creativo. I nove archi non volevano solo
significare i nove mesi di gestazione ma anche l’Est, l’Ovest ed il Sud, mentre
il nord, o luogo di nascita, era rappresentato dall’arca o dal sarcofago.
Finalmente l’intero tabernacolo, tempio o tomba, veniva sigillato piazzando
una larga e pesante pietra al suo ingresso la quale veniva a sua volta nascosta
con cespugli o rifiuti.
Nel complesso questo tabernacolo divenne un perfetto simbolo dell’utero o
del luogo di nascita della natura, o meglio ancora come quello della seconda
nascita.

SECONDO CAVALIERE INTERPRETE


Quando il primo tabernacolo fu completato, tutti coloro che avevano col-
laborato alla sua costruzione furono creati Cavalieri del Tabernacolo, ed in-
vestiti dei misteri di questo grado; e nessuno poteva ricevere questo onore se
non possedeva la conoscenza della tecnica di costruzione di questo eccezionale
edificio.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 269

Altri analoghi Templi furono costruiti ma solo per conservare le spoglie dei
membri più onorati della Confraternita Muratoria; tuttavia alcune modificazio-
ni, più o meno rilevanti rispetto all’originale, divennero estremamente comuni.
Questi Templi erano originariamente intesi solo come un luogo di culto e di
residenza del morto, ma gradualmente divennero non solo un luogo di culto ma
anche di abitazione dei viventi.
Il tipo di tomba-tempio divenuta casa dei viventi venne preservata in Egitto
per un lungo periodo.
Ben 12.000 abitanti si contano in un singolo tempio di Heliopolis, secondo
un censimento che risale al regno di Ramsete Terzo.
A queste costruzioni di umili origini sono gradualmente seguiti tutti quei
magnifici e dispendiosi monumenti come piramidi, obelischi e templi dedicati
alle divinità.

Cavaliere del Fuoco Sacrificale

Nel Grado di Cavaliere del Fuoco Sacrificale, diretta continuazione del


precedente Cavaliere del Tabernacolo, segue quindi quello dedicato alla
costruzione delle tombe nella montagna degli antichi muratori di Egitto,
viene spiegato come sia sorta l’usanza di accendere dei fuochi sacrificali,
comuni a tutte le civiltà antiche.
Nati dalla semplice necessità di avere dei riferimenti topografici sulla
posizione delle tombe e dalla protezione notturna dalle bestie feroci, questi
fuochi con il tempo si sarebbero evoluti sino a diventare un mezzo per di-
mostrare la devozione agli dei che avrebbero dovuto assicurare protezione
e beneficio ai defunti.
Sugli altari dove ardeva il fuoco sacrificale venivano quindi offerti in
sacrificio agli dei i più svariati prodotti della natura e più questi erano rari
e difficili da trovare, maggiore era il prestigio e la dignità di coloro che si
erano dimostrati in grado di procurare al fuoco questi particolari prodotti,
come essenza di gomma, incenso arabico e spezie.
Questo Grado, sviluppato dalla Muratoria Egizia di matrice anglosas-
sone ha una struttura praticamente identica al precedente e pur esso non
prevede un discorso finale dell’Oratore ma, analogamente al Cavaliere del
Tabernacolo, contiene solo un breve discorso storico affidato agli Ufficiali
del Santuario, i quali spiegano come anticamente fosse stato creato questo
grado, chi ne potesse essere investito e come debba essere interpretato in
chiave moderna, quando non vi è più alcun pericolo per procurarsi il mate-
riale da deporre sull’altare perché arda in onore degli Dei.
Dalla cerimonia di ricezione:
270 I Riti Egizi II

GRAN COMANDANTE
Fratello Cavaliere, questo era in origine un grado di merito, ma oggi viene
praticato solo per la sua storica e mistica istruzione.
Voi adesso verrete messo a conoscenza di questa istruzione dai Fratelli del
nostro Santuario.
Illustre Fratello Cavaliere di eloquenza, a voi per primo la parola perché
venga narrata al Neofita la storia del Grado di Cavaliere del Fuoco Sacrificale.

CAVALIERE DI ELOQUENZA (ORATORE)


Fratello mio, i nostri antichi Fratelli Cavalieri del Tabernacolo, essendo ri-
usciti a costruire un posto sicuro per conservare le spoglie dei loro onorati
defunti, concepirono l’idea di una ancor maggiore protezione attraverso il man-
tenimento di un fuoco perennemente acceso sopra un altare costruito nei pressi
del posto sacro.
Questo fuoco serviva per prima cosa a tenere lontane le bestie selvagge e poi
per identificare il luogo.
Più tardi questo fuoco veniva impiegato per la consunzione di varie sostanze
offerte a Dio come sacrificio per il beneficio dei defunti.
Queste consistevano in pane, farina, dolci, olio, miele, frutta, incenso, vino,
birra e fiori.
Le più preziose di queste offerte, essenza di gomma e spezie, incenso asia-
tico e dolce legno profumato potevano essere ottenuti solo nel paese che oggi
è conosciuto come Arabia.

PRIMO CAVALIERE INTERPRETE


Per procurarsi queste cose i Cavalieri del Tabernacolo si assoggettavano a
molti pericoli e privazioni e non fu sino al momento in cui un Cavaliere del
Tabernacolo aveva soggiornato in quella lontana terra ed ottenuto una forni-
tura di quei preziosi tesori che egli fu elevato al rango di Cavaliere del Fuoco
Sacrificale.
Nel tentativo di ottenere queste sostanze e quindi ricevere questo rango di
distinzione che potesse elevarli al livello dei loro compagni, molti Cavalieri e
valorosi uomini persero la loro vita.
Il Fuoco Sacrificale acceso in quei lontani giorni è stato tenuto acceso di
generazione in generazione, sino ai giorni nostri, ma le forme, le cerimonie e
gli oggetti per i quali oggi viene usato si differenzia largamente da quello dal
primo fuoco acceso in Egitto.

SECONDO CAVALIERE INTERPRETE


Tuttavia, nonostante il grande lasso di tempo passato e la nascita e la caduta
di nazioni ed imperi, qui rimane ancora una sorte similarità. Essendo stato de-
signato a ricevere questi onori che anticamente venivano ottenuti a così grande
costo, adesso voi verrete condotto dal Potentissimo e Sublime Gran Coman-
dante per conoscere i misteri che attengono a questo grado.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 271

Cavaliere del Serpente Del Sole

A questo punto, dopo aver illustrato alcuni di questi gradi quanto mai
sconosciuti ma affascinanti, possiamo rilevare come questo complesso di
testi affronti tematiche aliene dalla massoneria tradizionalmente intesa e
comunemente diffusa; non stupisce quindi che siano caduti in disuso, es-
sendo tutti caratterizzati da un lato da cerimonie di apertura simili se non
quasi identiche e dall’altro concentrando tutto il loro insegnamento (la na-
vigazione sul mare, l’astronomia, le tecniche di imbalsamazione, la costru-
zione delle tombe e dei monumenti, passando per lo sviluppo delle scienze
della costruzione, il significato dei simboli più pregnanti dell’antico Egitto)
nelle cerimonie di elevazione al grado.
In questo Grado, che segue quello dedicato alla leggenda del Fuoco Sa-
crificale, viene presentato al Neofita il significato simbolico del Serpente
che, lungi dall’assumere il connotato completamente negativo biblico, si
avvicina invece a quello ellenico, dove il serpente era simbolo di sapienza
e di conoscenza dell’arte medica.
Il serpente aveva anche molta importanza nella mitologia egizia: la fem-
mina del cobra, ad esempio, era il simbolo della dea Uadjet.
Essa veniva rappresentata sulla fronte del sovrano, ovvero di colui che
in terra rappresentava il dio Ra, personificazione del sole.
La presenza di un serpente sulla parte anteriore della corona del Faraone
voleva rappresentare la potenza distruttrice posseduta dal medesimo che
poteva essere utilizzata nelle battaglie contro i nemici dell’Egitto.
Sputando il suo terribile veleno contro i nemici, la figura del serpente
assumeva quindi un connotato positivo perché si ergeva a difesa e prote-
zione della nazione.
Il significato del nome della dea è “La Verde” oppure “La dea che ha
il colore del papiro”. Essa, con il tempo, era venuta ad essere il simbolo
della divinità che proteggeva il Basso Egitto, la dea che regolava la piena
annuale del Nilo, fonte di vita per la nazione.
Quindi Uadjet era vista come un “serpente buono” al quale viene fatto
un preciso riferimento nel rituale, ed uno dei suoi attributi era quello di
vigilare perché il mondo non precipitasse nel Caos.
Lo stesso rituale del Grado evidenzia tuttavia come gli antichi egizi,
di cui i massoni di quel Rito si proclamano ideali discendenti, vedessero
i serpenti come animali estremamente pericolosi, a prescindere dalla loro
potenziale velenosità.
La prova che viene richiesta all’iniziato, quella di attraversare la tana del
serpente, ove sono annidate vipere velenose, ricorda in un certo senso la
272 I Riti Egizi II

credenza egizia secondo la quale oltre la morte vi fosse l’oltretomba pieno


di serpenti.
Non a caso fa parte della tradizione che nel suo viaggio lungo l’oltre-
tomba, il Faraone defunto, per potersi ricongiungere ad Osiride, dovesse
affrontare nell’aldilà Apophis, il grande serpente primordiale o cosmico,
avvolto intorno alla terra e che minacciava continuamente di distruggerla.
La mitologia egizia ci tramanda che il Sole, ovvero Ra, era in quotidiana
e perenne guerra con Apophis: quando il sole scendeva oltre l’orizzonte e
viaggiava nella barca solare che gli faceva attraversare l’aldilà per permet-
tere di risorgere il giorno dopo, il serpente che avvolgeva la terra cercava
ogni volta di inghiottire tutta l’acqua del mare in modo di poter poi circon-
dare la barca e divorare il sole.
Il Grado di Cavaliere del Serpente del Sole si distacca poi dal preceden-
te per riprendere la tradizione del discorso finale didascalico e morale da
parte dell’Oratore.
In questo contesto viene spiegato al Neofita il significato simbolico del
Serpente che può assumere caratteristiche positive o negative a seconda dei
casi, proprio come avveniva nell’Antico Egitto.
È interessante conoscere, in questo contesto, come gli antichi avessero
in un certo senso un vezzo di natura manichea che li portava a dividere
tutto quello che era alla loro portata in due grandi categorie, quella del bene
e quella del male.
Un doveroso accenno va fatto qui al gioiello del Grado, costituito da un
serpente sormontato da un sole, che, in una versione di maggiori dimen-
sioni, vediamo in possesso del Cavaliere Portatore della Spada, o Accom-
pagnatore, ovvero in possesso di colui che guida il Neofita nella tana del
serpente munito del simbolo sacro che gli assicura protezione dai morsi
mortali delle vipere velenose ivi annidate.
Dalla cerimonia di ricezione:

GRAN COMANDANTE
Fratello Cavaliere del Fuoco Sacrificale, mi è stato riportato che voi siete
alieno da colpe e puro di cuore e che desiderate ricevere i benefici ed i misteri
del Grado di Cavaliere del Serpente del Sole. È mio dovere informarvi che, di-
versamente dai gradi precedenti attraverso i quali siete passato, il vostro avan-
zamento attraverso questo grado potrebbe comportare qualche serio pericolo.
Se voi persistete nel vostro desiderio, sarà necessario che voi siate condotto
nella tana del serpente, abitata da vipere mortali, il morso o la puntura di una
qualsiasi delle quali causerebbe istantaneamente il congelamento del vostro
sangue, scagliando la vostra anima nell’eternità.
Se voi siete veramente innocente e puro di cuore, voi non dovete tuttavia
avere paura, perché il potentissimo Serpente del Sole vi proteggerà. Ma, al con-
Il Memphis di elaborazione anglosassone 273

trario, se venisse dimostrato che voi non possedete quelle qualità, le vostre pre-
ghiere sarebbero del tutto vane e voi non avrete alcuna speranza di protezione.
Compiendo questo viaggio nella tana delle vipere mortali e tornando qui
illeso, solo allora e non prima di allora, voi potrete ricevere i misteri di questo
grado.
Volete dunque mettere a rischio la vostra vita per diventare un Cavaliere del
Serpente del Sole?

NEOFITA
Lo voglio.

GRAN COMANDANTE
Allora voi dovrete adesso denudare i vostri piedi ed essere pronto ad essere
bendato; dopo di che sarete consegnato ad una guida a voi sconosciuta che,
essendo protetta dal simbolo del Serpente del Sole, vi condurrà nella tana delle
vipere.
Fratello Cavaliere Maresciallo, conducete il Neofita nella Sala delle Prepa-
razioni.

In questo specifico caso non sono il Maestro delle Cerimonie o il Grande


Esperto ad accompagnare il Neofita nella tana del serpente ma un ufficiale
tipico di questa sezione, il Portatore della Spada, che qui assume anche la
denominazione di accompagnatore.
Il significato del Serpente lo conosciamo alla fine della cerimonia:

Fratello mio, i nostri antichi fratelli che ci hanno preceduto vedevano Dio
solo nella natura.
Inoltre essi credevano che ogni cosa che vedevano avesse una corrisponden-
za nell’invisibile o nell’aldilà.
Tutte le cose venivano da loro divise in due grandi categorie: il bene ed il
male. Queste categorie erano poi suddivise in sottocategorie: da una parte il
buono, il migliore e l’ottimo e dall’altra il cattivo, il peggiore ed il pessimo.5
Quindi adesso tu puoi comprendere che essi vedevano, in ogni forma della
creazione, qualcosa degno di venerazione o di adorazione come simbolo della
Divinità.
Nel contempo, dall’altro lato, il male poteva essere trovato ovunque, e sem-
pre per evitarlo, di conseguenza essi pregavano affinché il bene potesse avere
il sopravvento sul male e li proteggesse da questo.
Vedendo che i serpenti velenosi esercitavano la più potente influenza per il
male, essi naturalmente furono portati a credere che il buon serpente, ovvero il

5 Il testo originale dice: good, better and best, evil, more evil and most evil. La tra-
duzione italiana non riesce a rendere compiutamente in maniera analoga il senso
del testo inglese, per cui abbiamo preferito riportare in nota il testo originale.
274 I Riti Egizi II

Serpente del Sole, fosse capace di esercitare un influenza verso il bene maggio-
re di quella posseduta da qualsiasi altro essere creato.
Essi credevano che la rappresentazione o il simbolo di questo serpente fosse
non solo capace di proteggere coloro che erano innocenti e puri di cuore dagli
attacchi dei serpenti sulla terra ma anche che il Serpente del Sole potesse pro-
teggerli dopo la morte, mentre attraversavano con il simbolo del sole attraverso
l’oltretomba o la notte eterna.
Pertanto, tutto ciò che era stato soggetto alle malvagie influenze del serpente
senza patire alcun danno era considerato degno di Dio.
Tutti i sacrifici e le offerte a Dio venivano, nei tempi primitivi, sottomessi
a questa prova e per questo scopo i serpenti erano sempre custoditi nei templi
o nelle caverne.
Anticamente, coloro che venivano elevati a questo grado erano soggetti re-
almente a quello che voi avete oggi simbolicamente subito nel passaggio nella
tana del serpente.

Cavaliere dell’Aquila Bianca e Cavaliere dell’Aquila Nera

Nel Corpus Rituale del Rito di Memphis americano che contiene i gradi
descritti in questo capitolo, seguono al Cavaliere del Serpente del Sole
due Gradi intimamente legati fra loro, il Cavaliere dell’Aquila Bianca ed
il Cavaliere dell’Aquila Nera, che abbiamo reputato di dover trattare in un
unico contesto.
Il testo a noi pervenuto prevede in entrambi i gradi una cerimonia di
elevazione quanto mai breve e didascalica, tutta dedicata alla figura dell’A-
quila come simbolo massonico: questo uccello era stato adottato come sim-
bolo di regalità ed eleganza da molte popolazioni antiche sino a contagiare
anche culture più moderne, come attesta il fatto che l’Aquila con la testa
bianca è diventata il simbolo degli Stati Uniti d’America.
L’Aquila reale, come è noto, era stata adottata da Roma come simbo-
lo della sua potenza mentre a Babilonia l’aquila dalla doppia testa era il
simbolo del dio della guerra (il greco Ares). Per quello che interessa in
relazione all’antico Egitto, l’Aquila era il simbolo della divinità chiamata
Mendes.
Inoltre nella mitologia egiziana l’anima dell’uomo (nota come Ba) ve-
niva in molte occasioni rappresentata nelle pitture con le sembianze di un
uccello simile a un’aquila o a un falco, in quanto questo uccello-anima ave-
va il precipuo compito di accompagnare i defunti nel suo viaggio nell’ol-
tretomba.
Gli archeologi hanno ritrovato all’interno dei sarcofagi di diverse mum-
mie reali, ed anche fra i bendaggi che le avvolgevano, sorta di amuleti
Il Memphis di elaborazione anglosassone 275

che rappresentavano questo uccello. Questi oggi avevano evidentemente


la funzione di consentire il ricongiungimento dell’anima con il corpo im-
balsamato.
In questo grado ci viene spiegato, sia pure in maniera succinta, perché
l’aquila sia stata adottata anche come simbolo della libera muratoria nelle
sue diverse forme rituali. Alcuni gradi, come sappiamo, sono dedicati a
questo uccello nella sua denominazione; altri ne hanno adottato il simbolo
facendone il gioiello del grado, come ad esempio il trentaduesimo e il tren-
tatreesimo grado della sezione filosofica del Rito, anche se nelle istruzioni
dei predetti gradi è raro trovare spiegazioni relative all’adozione di questo
simbolo, al di là di quelle canoniche e generiche sulla regalità dell’animale
o sul legame a case dinastiche.
Qui finalmente viene data una comprensibile motivazione del perchè
l’Aquila sia assurta ad un simbolo massonico: la spiegazione potrà o meno
essere condivisa ma certamente ha una sua logica. Se pensiamo ai fiumi
di inchiostro sprecati per cercare di spiegare simboli e parole che in realtà
sono frutto di pure invenzioni o di banali errori di trascrizione,6 possiamo
tranquillamente affermare che almeno in questo caso la succinta spiegazio-
ne è sufficiente.
Riportiamo quindi questa spiegazione che viene offerta al Neofita nel
corso della Cerimonia di ricezione:

L’Aquila Bianca è simbolo non solo di innocenza, purezza, coraggio e no-


biltà mostrati a voi ad ogni gradino del vostro percorso iniziatico, dal primo
all’ultimo, ma anche di luce e vita.
E come l’Aquila Bianca rappresenta le ore di luce nel mondo terreno o su-
periore, il suo contraltare, l’Aquila Nera simboleggia le ore dell’oscurità e di
morte dell’oltretomba.
L’Aquila possiede requisiti muratori degni di imitazione. (…)
L’aquila era uno dei primi uccelli che i nostri antichi Fratelli collegarono
alla libera muratoria.7
Essi avevano compreso che l’aquila era fraterna nella sua natura, e cioè le-
gata ai propri simili. Anche nel suo volo essa persegue un moto circolare verso
l’alto dove brilla la luce del sole. I Liberi Muratori non solo debbono avere un
comportamento fraterno verso gli altri esseri umani ma, mentre operano all’in-

6 Il riferimento alla chiave spezzata che si trova in alcune versioni spurie del 4°
Grado del Rito Scozzese o al termine tegolatura non è affatto casuale.
7 Si vedano in proposito i gradi filosofici del 28° e del 30° Grado, dedicati proprio
all’Aquila, ed i simboli legati a questi gradi ed a quelli successivi sino al 33°
nonché il 39° Grado. Facciamo poi notare che nella lingua inglese eagle è un
sostantivo maschile.
276 I Riti Egizi II

terno di una cerchia ristretta, debbono sempre cercare di elevarsi verso il più
alto grado di perfezione.
Era stato anticamente osservato che l’occhio dell’aquila non era minima-
mente offeso dalla luce abbagliante del sole, e la sua vita era considerata quasi,
se non interamente, senza fine, non sopportando alcun danno da cibi mortali o
da gas velenosi.
Il suo coraggio e la sua grande resistenza, unitamente alla sua presunta
longevità, ne fecero il simbolo appropriato non solo della luce e della vita,
ma anche di quelle prove alle quali l’animo del buon Libero Muratore doveva
passare, o si supponeva dovesse passare, nel suo cammino nell’oltretomba per
giungere alla Piramide Eterna, sua destinazione finale.
Quando noi abbiamo aggiunto a queste caratteristiche quella del colore, è
divenuto normale e non sorprendente che alcuni gradi del nostro beneamato
rito siano stati dedicati all’Aquila Bianca e Nera, all’Aquila Rossa o all’Aquila
Bianca o all’Aquila Nera..
Noi speriamo che tu possa profittare della completa conoscenza di questi
gradi per meglio proseguire nel tuo cammino iniziatico.

Cavaliere del Tempo

Questo Grado di Cavaliere del Tempo è dedicato al concetto di Tempo e


del suo eterno trascorrere rispetto alla brevità della vita umana.
D’altra parte il concetto di Tempo è ampiamente presente nei vari gradi
della Muratoria Egizia, rappresentato di regola con una clessidra, spesso
alata, che già è presente nel Gabinetto di Riflessione dove il Profano è
chiamato a scrivere il suo testamento filosofico.
In alcune comunioni, all’inizio della tornata rituale, il Maestro Venera-
bile gira la clessidra che si trova sulla sua cattedra, a significare che da quel
momento si è non solo fuori dallo spazio ma anche dal tempo che regola
la vita profana.
La clessidra, in questo contesto non rappresenta altro che la fragilità
delle cose terrene e contemporaneamente il passare del tempo che le con-
sumerà, ricordandoci quindi che il tempo è prezioso per l’essere umano e
che ogni istante potrebbe essere l’ultimo della sua vita.
Vi è un’opera del poeta Alphonse de Lamartine,8 il Lago (Le Lac), che,
in un suo passo, descrive bene il trascorrere lento ed inesorabile del tempo.

8 Alphonse Marie Louis de Prat de Lamartine (1790-1869), poeta, saggista, scrit-


tore e storico francese del XIX secolo. È stato anche deputato all’Assemblea Na-
zionale sino al colpo di stato di Luigi Napoleone del 1851.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 277

«Ô temps! suspends ton vol, et vous, heures propices!


Suspendez votre cours:
Laissez-nous savourer les rapides délices
Des plus beaux de nos jours!
«Assez de malheureux ici-bas vous implorent
Coulez, coulez pour eux;
Prenez avec leurs jours les soins qui les dévorent;
Oubliez les heureux.
«Mais je demande en vain quelques moments encore,
Le temps m’échappe et fuit;
Je dis à cette nuit: Sois plus lente; et l’aurore
Va dissiper la nuit.
«Aimons donc, aimons donc! de l’heure fugitive,
Hâtons-nous, jouissons!
L’homme n’a point de port, le temps n’a point de rive;
Il coule, et nous passons!»
Temps jaloux, se peut-il que ces moments d’ivresse,
Où l’amour à longs flots nous verse le bonheur,
S’envolent loin de nous de la même vitesse
Que les jours de malheur?
Eh quoi! n’en pourrons-nous fixer au moins la trace?
Quoi! passés pour jamais! quoi! tout entiers perdus!
Ce temps qui les donna, ce temps qui les efface,
Ne nous les rendra plus!
Éternité, néant, passé, sombres abîmes,
Que faites-vous des jours que vous engloutissez?
Parlez: nous rendrez-vous ces extases sublimes
Que vous nous ravissez?

Traduzione italiana.9
“Propizie ore, fermatevi!
Tempo devastatore,
il volo tuo trattieni!
Lasciateci godere il fugace sapore
dei giorni più sereni!
Tante anime infelici v’implorano;
abbreviate ad esse vita e noia;
per loro dileguatevi rapidi, e risparmiate
chi invece è nella gioia!
Ma inutilmente io chiedo qualche momento ancora,
fugge il tempo, e si perde;
io supplico la notte: “Va più lenta”, e l’aurora
già la notte disperde.

9 La traduzione italiana è di Claudio Angelini.


278 I Riti Egizi II

Amiamo, dunque, amiamo! E l’ora fuggitiva


godiamo senza indugio!
Noi passiamo, ed il tempo trascorre senza riva,
l’uomo non ha un rifugio!”
Geloso tempo, dunque i momenti d’ebbrezza,
quando sorsi di gioia a noi versa l’amore,
spariscono da noi con la stessa sveltezza
dei giorni di dolore?
Come! Non ne potremo fissare almeno un’orma?
Son passati per sempre? Perduti totalmente?
Il tempo che li ha dati, e che annulla e trasforma,
non renderà più niente?
O nulla, eternità, passato, abissi orrendi,
che cosa fate voi dei giorni che inghiottite?
Ci ridarete gli attimi estatici, stupendi
che spietati rapite?

Questo passo dell’opera di Lamartine rievoca in qualche modo concetti


che il Libero Muratore è stato chiamato ad affrontare lungo il percorso
iniziatico che lo ha giunto a richiedere di essere ammesso fra i Cavalieri
del Tempo.
È indubbio che il testo a noi pervenuto sia con ogni probabilità una ver-
sione di un rituale più ampio e completo. Il fatto che l’Oratore compia il
suo classico discorso non alla fine della cerimonia di elevazione ma all’in-
terno di essa e prima dell’obbligazione e che certi argomenti di estrema
rilevanza siano appena suggeriti, ci porta a pensare che in origine il rituale
di questo grado avesse ben altra portata e spessore.
La domanda che più volte è stata rivolta al Neofita, direttamente o in-
direttamente, nella sua vita massonica è quella di come si ponga l’uomo
rispetto alla Natura, che è una manifestazione del Supremo Artefice dei
Mondi. La risposta pare agevole ma per comprenderne gli aspetti occorre
una maturazione che sovente è lenta: l’uomo è un nulla rispetto all’infini-
to, quell’infinito qabbalistico che ben dovremmo conoscere, ma è anche il
tutto rispetto al nulla; quindi una via mediana fra il tutto ed il nulla, lungo
la risalita verso Kether.
Questo concetto, sia pure con problematiche differenti, era già stato il-
lustrato nei suoi “Pensieri” da Blaise Pascal, il quale scrisse che l’uomo
è tanto distante dal nulla dal quale proviene che dall’infinito dove è stato
inghiottito.
Il filosofo ha saputo tuttavia cogliere alcuni aspetti della fragilità umana
rispetto al tempo, la natura ed all’infinito, che sono sempre materia di stu-
dio e di discussione fra i Liberi Muratori.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 279

Scrive infatti Pascal:

L’uomo non è che una canna fra le più deboli della natura; ma è una canna
che pensa. Non occorre che l’universo intero prenda le armi per schiacciarlo.
Un vapore, una goccia d’acqua sono sufficienti per ucciderlo. Ma quando l’u-
niverso lo ucciderà, l’uomo sarà ancora più nobile di chi l’uccide, perché sa
che muore; e del vantaggio che l’universo ha su di lui, l’universo medesimo
non ne sa nulla.

Il Libero Muratore Egizio giunto a questo grado, avendo approfondito


una buona parte della sezione ermetico-gnostica che segue quella filoso-
fica, si sarà reso conto che ad ogni gradino la materia di studio si fa più
complessa, a prescindere dalla ritualità di ogni grado, che può anche essere
giudicata scarna rispetto ad altra molto più ricca di simboli e pathos.
D’altra parte non può che essere che così: più si sale e più ci rende conto
che si aprono porte e sentieri dove gli antichi misteri cominciano ad offrire
il loro volto e sta al neofita aprire quelle porte e percorrere quei sentieri.
Dal discorso dell’Oratore durante la cerimonia di ricezione:

Fratello mio, il Tempo è un grande mistero, la relazione generale nella quale


tutte le cose percettibili stanno fra loro in ordine alla loro origine, esistenza
e dissoluzione. È un’immagine mobile dell’eternità, oppure l’intervallo del
movimento del mondo, illimitato, ma silente, che rotola e si spinge in avanti,
simile ad una marea oceanica che abbraccia ogni cosa, nel quale noi e l’intero
universo nuotiamo come apparizioni, che a volte si vedono ed altre no. I mezzi
impiegati nei differenti periodi della storia del mondo per calcolare il Tempo
sono stati sia numerosi che vari. La costellazione dell’Orsa Maggiore è stato
il primo grande cronometro. Questa costellazione era ad una certa epoca più
vicina al Polo Nord che al presente, ed era vista girare attorno ad esso; l’estre-
mità della sua coda (la Stella del Nord) indicava le diverse stagioni, come le
lancette di un orologio indicano oggi le ore del giorno. Quando puntava verso
est era primavera; quando puntava al sud era estate; quando puntava all’ovest
era autunno e quando puntava al nord era inverno.
Il secondo grande cronometro era la Luna, che gira attorno alla Terra ogni
circa 30 giorni.10 Dodici delle sue rivoluzioni corrispondono ad una dell’Orsa
Maggiore.11
Il terzo ed ultimo grande cronometro dell’antichità era il Sole, che, ai nostri
antichi fratelli, appariva come girare attorno alla Terra trenta volte durante il

10 Nella realtà il moto di rivoluzione lunare attorno alla terra è di 29 giorni, 12 ore e
44 minuti circa.
11 Anche in questo caso il dato è impreciso, perchè l’anno lunare medio è di 354
giorni e 8 ore circa.
280 I Riti Egizi II

ciclo della Luna e 360 volte durante il circuito dell’Orsa Maggiore. Una rivo-
luzione del Sole era chiamata “tuai” (una giornata).12
La porzione di tempo durante il quale il sole era visibile era chiamato “gior-
no” e quella parte di tempo in cui il sole era invisibile era chiamato “notte”.
Il tempo in cui un individuo risiede sulla Terra era chiamato “vita”.13 Il Tem-
po impiegato dallo spirito nel suo passaggio dal corpo alla sua casa finale era
chiamato “tempo di passaggio”. Tutto il tempo era chiamato “eternità” (milioni
di tempi), ovvero tutto il tempo che è per sempre.
Il primo vocabolario era incapace di esprimere un numero più grande di
milioni; quindi, come i Liberi Muratori Egizi, noi utilizziamo sette figure per
rappresentare il vero tempo, rimpiazzando le cifre sulla destra con figure che
rappresentano il tempo storico.14
C’è un tempo per ogni cosa, ma noi come Liberi Muratori, dobbiamo sfor-
zarci di trovare il tempo per partecipare alle regolari convocazioni del nostro
Santuario, ad alleviare un Fratello in angoscia, a leggere il Grande Libro della
Legge ed a venerare il Supremo Architetto dell’Universo.
“Nel tempo, prendi tempo, mentre il tempo passa e dura
Per il tempo non c’è tempo, mentre il tempo è passato.”

Cavaliere del Cerchio

Anche in questo grado il tema di fondo è quello della conoscenza del


mistero dell’eternità: se nel grado precedente questa era simboleggiata dal
Tempo, qui è invece rappresentata dal cerchio (Circle in originale), sotto
diverse forme, dall’anello che brilla sull’altare e che viene consegnato al
Neofita, sino all’Uroboro.15
Analogamente ad altri gradi precedenti, questo è caratterizzato da una
apertura e chiusura “standard” nel senso che si distacca da quelli simili solo
per pochi particolari di lieve importanza che caratterizzano il grado mede-
simo, mantenendo nel suo complesso un chiaro aspetto didascalico; aspetto

12 Il testo originale dice “a day”. Abbiamo tradotto con giornata per evitare con-
fusione con quando segue, quando il periodo in cui il sole è visibile è chiamato
“day-time”, ovvero “giorno”.
13 “Life-time” in originale.
14 Il concetto appare un poco oscuro e non abbastanza sviluppato nel testo. Possiamo
ipotizzare che ci si riferisca agli zeri che oggi vengono posti alla destra dell’unità
per rappresentare numeri elevatissimi.
15 La consegna di un anello al Neofita è cosa che abbiamo già visto in particolare al
XIV ed al XXXIII Grado. In questi due casi tuttavia si era in presenza di un grado
apicale: il XIV Grado era l’ultimo grado dell’Antica Maestranza ed il XXXIII è
ancora oggi il grado ultimo del Rito Scozzese e della sezione filosofica dei Re-
gimi Egizi. In questo caso invece la consegna dell’anello avviene in un grado
intermedio.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 281

che abbiamo visto essere tipico di quei testi adottati da quelle comunioni,
per lo più di matrice anglosassone, che, allontanandosi dai sistemi di Étien-
ne Marconis de Nègre o dei Fratelli Bédarride, avevano adottato scale ini-
ziatiche differenti dai sistemi citati, ma comunque di completa ispirazione
ed ambientazione egizia.
In questo grado, collegandosi direttamente al precedente Cavaliere del
Tempo si prosegue nello studio del concetto di eternità, questa volta rap-
presentato dal cerchio che, come pura figura geometrica, non ha né inizio
né fine.
I simboli muratori per l’eternità sono molteplici e nel corso dei gradi
precedenti ne abbiamo veduti diversi: la clessidra, che marca il trascorrere
del tempo, simbolo di eternità per eccellenza, l’Uroboro e adesso il cerchio
come figura geometrica, che viene rappresentata plasticamente dai membri
della Loggia durante la cerimonia di elevazione di un candidato.
Dal punto di vista iniziatico viene presentato quindi, sia pure in modo vela-
to, il concetto di eterno presente, e cioè che solo il presente è tangibile, mentre
non lo sono il passato, che è trascorso, ed il futuro, che ancora non esiste.
Il Libero Muratore non può tuttavia condividere la tradizionale opposi-
zione fra presente, ovvero un momento finito perché istantaneo, ed eternità.
Ciò che può essere contrapposta all’eternità è piuttosto la durata. Solo il
Sublime Artefice dei Mondi esprime il concetto di eternità perché, come
si legge già nei rituali delle logge simboliche di matrice egizia, esso solo è
stato, è e sarà.16
Per esso il presente, l’istante o il momento non esistono, proprio perché
è eterno e non esiste neppure la durata, che, a ben vedere, è solo la somma
di un numero determinano di singoli istanti.
Anche in questo grado, come appena detto, il cerchio viene talvolta rap-
presentato, come ad esempio nel gioiello di Loggia, dall’Uroboro, che è un
antico simbolo rappresentato da un serpente che formando un cerchio, si
morde la coda: la simbologia è evidente, perché la continua “ri-creazione”
dell’animale non è altro che una raffigurazione del continuo divenire e cioè
dell’eternità.
Ma l’Uroboro, figura di spicco nella ritualità muratoria egizia, ha anche
connotazioni gnostiche, alchemiche ed ermetiche, ed è per questo che lo
troviamo frequentemente nella ritualità della seconda sezione.

16 Si fa qui presente che il concetto di eternità è estraneo alla tradizione biblica,


dove questo concetto non esiste, per cui in ambito muratorio esso deriva neces-
sariamente da elaborazioni filosofiche estranee al mondo giudaico, cui la libera
muratoria deve comunque molto.
282 I Riti Egizi II

Possiamo vedere nel simbolo l’emblema della ciclicità sotto ogni aspet-
to, ovvero quello che viene anche chiamato “eterno ritorno”, come il pas-
sare dei giorni, delle stagioni, degli anni, sino al grande cerchio nel cielo
che viene tracciato dall’asse terrestre e che crea quel fenomeno chiamato
“precessione degli equinozi.
Siamo, cioè, un presenza di un simbolo che può essere associato a qual-
siasi fenomeno di natura ciclica che, da un punto di partenza qualsiasi,
si compie sino a tornare al punto di partenza e poi a rifare il medesimo
percorso all’infinito: il moto apparente del sole, il ciclo lunare, la rotazione
terrestre, la rivoluzione dei pianeti attorno al sole e così via.
La raffigurazione del simbolo come un rettile non è casuale: oggi il pro-
fano vede con ogni probabilità nel rettile, nel serpente, un simbolo negativo
a causa di una sciagurata leggenda biblica collegata alla cacciata dall’eden
dei primi esseri umani.
Ma nell’antichità, e nella stessa tradizione ebraica, il serpente ha avuto
connotazioni spesso positive: è il simbolo della medicina e della farma-
ceutica e, come abbiamo visto al XXV Grado, il Cavaliere del Serpente
di Bronzo, è il simbolo che consente di placare la collera dell’Elohim che
aveva stretto alleanza con il popolo di Mosè.
Il veleno del serpente, proprio come insegna l’antica scienza al pari di
quella moderna, non è solo mortale ma, se sapientemente utilizzato, ha
anche il potere di guarire ovvero di agire sui sensi per espanderli.
La stessa muta dei serpenti è sempre stata considerata una rappresenta-
zione di rinascita o comunque di rinnovamento e quindi, in chiave filosofi-
co-ermetica, di eternità.
Con questo grado, come vedremo una volta completata la sintesi di
questo sistema posto alla base della seconda sezione della scala iniziatica,
siamo giunti ad un momento centrale della conoscenza della antica scien-
za egizia: dalla tecnica marinaresca siamo passati alle prime conoscenze
geometriche ed alle origini di alcune tradizioni egizie, come l’imbalsama-
zione; adesso siamo immersi nello studio dell’astronomia e con il prossimo
grado, Cavaliere Sabeano o delle sette stelle) proseguiremo nell’esame di
alcuni concetti che qui vengono accennati.
Dalla cerimonia di ricezione:

Illustre Fratello, adesso vi istruirò su quello che attiene al simbolismo del


cerchio. Il primo grande costruttore di cerchi era l’Orsa Maggiore in quan-
to essa, durante il suo moto circolare nel cielo, puntando un punto cardinale
all’inizio di ogni stagione dell’anno, si supponeva esserne l’artefice e quindi
finì per essere considerata come un simbolo di eternità o l’eternità essa stessa;
Il Memphis di elaborazione anglosassone 283

di conseguenza anche il cerchio, comunque trovato e rappresentato, finì a sua


volta per essere considerato un simbolo di eternità.
Il cerchio tracciato dalla Luna nel suo passaggio attorno alla Terra si comple-
tava in trenta giorni, e così cerchio e trenta divennero termini sinonimi.17
Il simbolo muratorio di questo grado, l’Uroboro, ovvero il serpente che si
morde la coda, ma anche la pallina di fango dello scarafaggio che contiene le
sue uova, l’uovo stesso, e l’anello che oggi vi è stato consegnato, sono simil-
mente simboli di eternità.
Noi crediamo che i tuoi futuri sforzi per il bene generale dell’umanità e per
i tuoi illustri fratelli in particolare, possano essere infiniti come l’eternità stessa
e che un giorno tu possa essere ricevuto dove il premio sarà un cerchio di eterna
beatitudine.

Cavaliere Sabeano o delle Sette Stelle

Il Grado di Cavaliere Sabeano o Cavaliere delle Sette Stelle (in origina-


le Knight of Sabean Square o Knight of The Seven Stars) chiude il trittico
“astronomico-geometrico” aperto con il Cavaliere del Tempio ed è il grado
centrale di un complesso più ampio che si chiude con il Cavaliere dello
Spazio Infinito.
A differenza della maggior parte dei precedenti descritti in questo ca-
pitolo, questo grado viene direttamente dal Rito di Memphis di Etienne
Marconis che, con il nome di Cavaliere delle Sette Stelle, lo pone al 41°
Grado della sua scala iniziatica più volte citata.
Nel formare la sua scala a 95/97 Gradi del Rito di Memphis-Misraim,
John Yarker mantiene questo grado con il medesimo nome ma lo pone in
47° posizione.
Il rituale a noi pervenuto, in forma alquanto scarna come i precedenti di
identica derivazione, ci ha subito creato problemi sin dal titolo. Come tra-
durre “Sabean Square”? Cosa significa prima di tutto Sabean? Ha qualche
riferimento con Saba e la sua Regina, Balkhis?
Anche la parola Square ci ha messo in difficoltà, perché questa parola
nella lingua moderna inglese può significare sia quadrato che piazza.
Abbiamo quindi deciso di tradurre prima il testo secolare britannico e
poi, sulla base del contenuto, avremmo deciso quale denominazione dare

17 Come abbiamo già visto nel testo del grado precedente, nella realtà il moto di
rivoluzione lunare attorno alla terra è di 29 giorni, 12 ore e 44 minuti circa. Non
sfuggirà come in questo grado vengano esattamente ripresi i concetti illustrati
dall’Oratore in grado di Cavaliere del Tempo.
284 I Riti Egizi II

al grado in lingua italiana. E così è stato, con la doverosa precisazione del


titolo originale ideato da Marconis ripoposto in alternativa.
La prima cosa da fare era accertare la provenienza ed il significato di Sa-
bean, ed abbiamo accertato che la dizione inglese più corretta dell’aggetti-
vo era piuttosto Sabaean e che questo poteva essere un riferimento ai Sa-
beani (o Sabei), una setta di adoratori di adoratori delle stelle (o astrolatri),
i quali consideravano Seth ed Ermete come i più alti fra gli Dei planetari.
Gli adepti sabeani erano usi andare in pellegrinaggio presso i sepolcri
di Seth e di Ermete (ovvero le Piramidi) cantando preghiere sette volte al
giorno, con la fronte rivolta a Nord dove, secondo loro, si trovava la Mon-
tagna Sacra.
Le fonti a noi giunte spiegano che, secondo i Sabeani, ogni Piramide
egizia era consacrata ad una particolare stella.
Oltre a essere degli adoratori delle stelle, i sabeani erano seguaci del Libro
di Thoth nel quale il dio egizio della saggezza aveva messo per iscritto le
parole dei saggi. In effetti nel periodo della dominazione islamica dell’alto
medio oriente (durata per centinaia di anni dopo la rivelazione del Corano
al profeta Maometto avvenuta nel settimo secolo E.V.) i sabeani riuscirono a
evitare la persecuzione a opera dei musulmani dichiarando di non essere pa-
gani ma di fare parte dei «popoli del libro», distinti, come cristiani ed ebrei,
per il fatto di possedere una Scrittura rivelata da Dio.
Alla domanda di mostrare il loro libro esibivano una copia dei Testi er-
metici, gli scritti greci e latini che si dicevano essere stati dettati da Thoth.
L’astrolatria, o culto delle stelle e degli astri, si trova in diverse antiche
religioni e si incentra soprattutto nel Sole, della Luna e di alcune particolari
stelle a causa del loro moto o della loro posizione nel cielo, come Sirio,
Orione ed il Gran Carro. Gli astri non sono oggetto di culto in quanto tali,
ma perché sono visti manifestazioni di potenze divine.
Le antiche religioni in cui è maggiormente presente l’astrolatria sono
prima di tutto quella sumero-accadica dove vengono adorati Shamash, il
dio del Sole, Ishtar, dea di Lucifero (la Venere mattutina) e Sin, il dio della
Luna.
Nell’antico Egitto la religione aveva diverse identificazioni divine del
sole: Amon, Ra, Osiride per finire con il dio unico Aton il cui culto venne
installato da Akhenaton. Per gli egizi Iside veniva identificata con Sirio
(Sothis), l’astro la cui levata eliaca a fine Luglio preannunziava la piena
del Nilo.
Anche la religione ellenica presenta elementi di astrolatria mutuati da
influssi babilonesi, che però si accompagnano ad una ricerca scientifica e
Il Memphis di elaborazione anglosassone 285

filosofica culminata negli insegnamenti di Pitagora, il quale descrive un’ar-


monia del mondo di cui fanno parte anche gli astri con i loro moti nel cielo.
La traduzione del testo, tutto dedicato ad elementi geometrici ed astro-
nomici, unita alle concezioni religiose dell’antico Egitto, ci ha conferma-
to che avevamo visto giusto: non solo infatti questo grado riprende le te-
matiche dei due gradi precedenti, avendo in comune l’elemento di fondo
dell’Orsa Maggiore e del cerchio che essa traccia nel cielo nell’arco di
una rivoluzione terrestre attorno al sole, toccando al variare delle stagioni
i quattro punti cardinali (precessione degli equinozi permettendo), ma il
riferimento ad astronomi ed astrolatri poteva tranquillamente portare ad
utilizzare il termine di Sabeano per qualificare il grado.
Restava allora da affrontare il problema di come tradurre il sostantivo
square: il testo del rituale ci ha consentito di appurare che in questo conte-
sto la parola “square” doveva essere tradotta con angolo (retto), atteso che
uno dei temi del grado è la spiegazione geometrico-esoterica dell’angolo di
90 gradi (a square is the fourth of a circle and consists of ninety degrees).18
A questo punto il quadro era completo e la traduzione più letterale del
testo doveva essere “Cavaliere dell’Angolo Retto Sabeano” che forse in
inglese potrà anche suonare bene, ma in italiano assumeva connotazioni
assai poco muratorie.
Abbiamo quindi optato per Cavaliere Sabeano (o Cavaliere delle Sette
Stelle) che forse comporta una qualche licenza di traduzione ma che me-
glio si intona con una scala iniziatica.
Ancora una volta siamo in presenza di un rituale caratterizzato da una
apertura e chiusura del tutto analoga a quelli precedenti, da un collegio di
ufficiali identico al Cavaliere del Cerchio e da una decorazione del Tempio
parimenti identica.
Il “blocco” dei rituali a noi pervenuto, come abbiamo già avuto occasio-
ne di rilevare, è di estrema sinteticità, nel senso che si limita a fare molti
richiami a gradi precedenti e, soprattutto, non ci fornisce alcuna informa-
zione su quelle che sono le insegne del grado, fatta qualche rara eccezione.
In alcuni casi siamo riusciti a sopperire attraverso fonti parallele ed in
altre abbiamo potuto solo fare delle ipotesi: la cosa non ha estrema impor-
tanza, trattandosi di gradi per i quali la cosa che conta è il loro messaggio
esoterico che è contenuto soprattutto nella cerimonia di elevazione, dato
che nelle cerimonie di apertura e di chiusura dei lavori siamo in presenza
di formule collaudate e sempre uguali.

18 Un angolo retto è la quarta parte di un cerchio ed ha un’ampiezza di 90 gradi.


286 I Riti Egizi II

Anche in questo grado i temi sono quelli dell’astronomia e della geo-


metria: dalla simbologia del cerchio passiamo a quella degli angoli che si
ottengono dividendo il medesimo in parti eguali.
Ed in questo contesto viene data al Neofita una curiosa spiegazione su
come il Rito Muratorio egizio sia stato originariamente ripartito in 90 Gra-
di (evidente riferimento al Mizraim di Venezia) e successivamente portato
a 95/96. Anche questa è una cosa che merita di essere riportata alla luce e
di essere conosciuta anche se alcune spiegazioni oggi possono apparire un
poco azzardate. Ve le proponiamo:

Illustre Fratello, niente potrebbe essere perfetto nella libera muratoria senza
l’angolo. Senza che abbia alcuna importanza il grado che possiamo avere rag-
giunto, o quale livello sociale possiamo essere saliti, noi siamo tutti misurati
attraverso la squadra.
Quindi i nostri antichi Fratelli si sforzavano di ottenere un angolo dal Cer-
chio di Saba o primo grande cerchio. Così come essi ottenevano un angolo dal
cerchio, così noi da Cavalieri del Cerchio siamo diventati Cavalieri Sabeani o
Cavalieri delle Sette Stelle.
Come vi è stato insegnato in precedenza, il cerchio sabeano, o cerchio
dell’Orsa Maggiore, si completava in circa un anno, quando la Terra aveva
fatto 360 rotazioni sul suo asse. Così il cerchio fu diviso in 360 gradi che cor-
rispondono a 360 giorni. 19
Poi fu diviso in due semicerchi, che rappresentavano il mondo in alto e quel-
lo in basso; la parte a sud rappresentava l’alto e quella a nord il basso.
Dividendo ulteriormente la parte superiore si ottennero due perfetti angoli
di 90 gradi ciascuno. La prima parte era stata dedicata al tempo del lavoro e
dell’istruzione e la seconda per il riposo, la meditazione ed altro.
Dunque, 90 gradi abbracciavano ogni lavoro muratorio. Alcuni di questi
gradi divennero obsoleti anni dopo e furono sostituiti da altri di natura storica.20
Il piano originale di computare il tempo con 360 giorni all’anno fu però
trovato non corretto, perché ad un certo punto le stagioni non corrisposero più
alle date dell’anno. Così fu necessario aggiungere cinque giorni ad ogni anno
ed un giorno addizionale ogni quattro anni. Questi cinque giorni del calendario
furono dedicati a cinque divinità: Osiride, Horus, Iside, Seth e Nephtis.21

19 Il testo originale dice “rivoluzioni” ma non è esatto, perché in 360 giorni circa si
compie una sola rivoluzione attorno al sole. Abbiamo quindi effettuato la dovuta
correzione con “rotazioni”.
20 Il riferimento è probabilmente alla prima scala iniziatica egizia formata su 90
gradi.
21 Il testo originale dice Osiride, Arueris, Tifone (che corrisponde a Seth), Iside e
Nephtis. Noi abbiamo qui adottato il calendario egizio con i tradizionali giorni
epagomeni.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 287

Era tradizione tenere ogni quattro anni una festa a cui era chiamato a rac-
colta il popolo per celebrare questo giorno aggiuntivo, che era presieduta dallo
Hyerofante più elevato in grado.
Questi sei giorni, o gradi, aggiuntivi furono aggiunti al nostro angolo mura-
torio di 90 gradi sino a raggiungere il numero di 96 in tutto.
Fratello mio, noi crediamo, a prescindere da quale grado tu possa avere
raggiunto, che tu dovrai sempre ricordare che tu sei sempre “sulla squadra”.22
Cavaliere della Corona

Il Grado di Cavaliere della Corona (in originale Knight of the Crown)


ha una caratteristica singolare.
Nelle sue forme più antiche era costituito da due gradi separati, il Ca-
valiere dell’Aquila Bicefala (Knight of the Double-Headed Eagle) ed ap-
punto il Cavaliere della Corona.
I due testi erano estremamente brevi e nel secondo era espressamente
detto che il secondo era la diretta continuazione dell’altro.23
Le tematiche dei due gradi erano assolutamente le stesse e quindi ci è ap-
parso logico seguire la strada di coloro che hanno elaborato questi due gradi
per dare loro una soluzione unitaria nella loro presentazione e descrizione.
La cosa più interessante di questo grado è, a nostro avviso, un passo
della cerimonia di elevazione, che a prima vista potrebbe apparire come un
riferimento biblico e che ci viene detto derivare da un antico testo egizio.
Al Neofita che chiede di essere elevato al Grado i due Sorveglianti di-
cono entrambi: “Quando tu hai pregato, guarda prima verso il punto dove
sorge il sole e poi guarda il punto del suo tramonto. Va per la tua strada,
onorando tuo padre e tua madre, e che i tuoi giorni possano essere lunghi
su questa terra.”
Come verrà spiegato lungo la Cerimonia, questo brano è tratto da un
antico papiro conservato presso la Biblioteca Nazionale di Parigi (Papiro
Prisse) che deve il suo nome a colui che lo ebbe a scoprire, Emile Prisse
d’Avennes.24

22 Si tratta di un gioco di parole irriproducibile in italiano in quanto in inglese square


significa a seconda dei casi angolo oppure squadra.
23 Nel testo è scritto: “this degree, properly speaking, is but a continuation of the
preceding degree” ovvero “questo grado è la continuazione del grado precedente”.
24 Achilles Constant Théodore Émile Prisse d’Avennes (1807-1879), ingegnere ed
architetto, è ancora oggi considerato uno dei massimi egittologi del secolo XIX,
secondo solo a Champollion. Durante il suo soggiorno in egitto ebbe ad imparare
l’arabo ed a decifrare i geroglifici. Durante la sua permanenza a Luxor (l’antica
Tebe) cambiò il suo nome in Idriss Effendi. Viene anche ricordato per aver aspor-
tato dall’Akh-Menu (la sala delle feste) del Tempio di Karnak i bassorilievi della
288 I Riti Egizi II

Questo papiro contiene le Massime di Ptah Hotep, che è una sorta di


opera morale composta dal ministro di Djeret-Iresi un sovrano appartenen-
te alla Quinta Dinastia Egizia.
Questo testo è stato ritrovato anche in altri papiri ed è oggi considerato
non solo come il testo base per l’addestramento degli antichi scribi ma
anche il antico testo del mondo pervenuto a noi, proprio come detto nel
rituale muratorio egizio qui restituito.
Si tratta di un testo che merita di essere studiato per gli insegnamenti
morali che se ne possono trarre: è sufficiente fare un breve richiamo al di-
vieto di contrarre matrimonio con spose bambine per renderci conto che la
società egizia del XXV secolo avanti l’era volgare era molto più avanzata,
a livello morale, di tante società attuali le quali, ahimé, fanno rimpiangere
i tempi andati.
Dal discorso dell’Oratore in chiusura di cerimonia:
Illustre Fratello, l’antichità di questo grado può essere dedotta dal fatto che
l’istruzione che vi è stata data dai Molto Istruiti Cavalieri Interpreti al riguardo
del dovere di onorare i propri genitori è stata trovata nel Papiro Prisse,25 e su
di esso vi è trascritto il più antico libro del mondo, attribuito da Ptah Hotep.
La dualità dello spirito, così come rappresentata dalle due teste unite su un
unico corpo, illustra la primitiva idea dell’onnipresenza di Dio. La testa voltata
verso il sole nascente rappresenta lo spirito che governa la vita attuale e quella
voltata verso il sole calante rappresenta lo spirito che governa la vita futura.
Questa dualità è stata simbolizzata con diversi animali, uccelli e rettili così
come con il Sole e la Luna.
Gli spiriti duali sono stati spesso personalizzati non solo con il doppio leone,
la doppia aquila etc., ma anche come Osiride ed Iside, marito e moglie, Osiride
ed Horus, padre e figlio e Iside e Horus, madre e figlio ed altri troppo numerosi
per esserne fatta qui idonea menzione.
Ma, in qualsiasi forma rappresentati, essi non sono stati altro che simboli
volti a stimolare l’umanità a mettere in atto azioni di fraternità e di tenerezza,
di obbedienza alle leggi della Natura ed alla devozione ed al culto verso il Su-
premo Artefice dei Mondi.
Era antica usanza del popolo quella di prostrarsi faccia a terra durante l’ado-
razione di Dio, al mattino davanti al sole nascente ed alla sera al suo tramonto.
Questa usanza esiste ancora in molti paesi.

Sala degli Antenati di Tutmosi III e la stele di Bakhtan. Notevoli sono le sue opere
letterarie e i disegni tutti dedicati alla civiltà egizia.
25 Il Papiro Prisse è uno dei testi a noi pervenuto che contiene le “Massime o Istruzioni
di Ptah Hotep”. Si tratta di un antico testo letterario egizio comunemente attribuito
a Ptah Hotep, un sacerdote del sovrano della V Dinastia Djekara Isesi (circa 2400
ante E.V.) Il testo contiene una serie di massime e di suggerimenti in relazione ai
rapporti umani, come gli ammaestramenti che un padre dava al proprio figlio.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 289

Ci aspettiamo che voi vogliate emulare il loro esempio umiliando voi stesso
al mattino ed alla sera al cospetto del Supremo Artefice dei Mondi.
Al servizio di questo duale spirito voi dovrete dedicarvi da questo momento
e per sempre.
Sii tu fedele sino alla fine.26

Cavaliere dello Spazio Infinito

Con il Grado di Cavaliere dello Spazio Infinito (in originale Knight of


the Infinite Space) in un certo senso si chiude il ciclo cominciato con il
Cavaliere del Tempio.
A questo punto possiamo trarre delle, sia pur sommarie, conclusioni, in
relazione al contenuto di questa serie di gradi estremamente omogenei e
che uno dopo l’altro ci hanno introdotto alla conoscenza di tematiche geo-
metriche, matematiche, filosofiche, religiose ed astronomiche.
Non potrà sfuggire all’esegeta come vi sia un filo conduttore che lega
questa serie di gradi che ci porta alla conoscenza di alcuni misteri dell’an-
tico Egitto: la scienza della misurazione, quella della navigazione, l’arte
della imbalsamazione, lo studio del moto degli astri sino all’immersione
nell’immensità dello spazio infinito, che celebra la gloria del Supremo Ar-
tefice dei Mondi.
Troviamo in questo grado un riferimento preciso ad una nozione di fisica
e cioè alla velocità della luce, e veniamo proiettati in un viaggio interstel-
lare di durata infinita per giungere alla conclusione che per quanta strada
si possa fare lungo l’Universo, non ci saremo mai troppo allontanati dal
punto di partenza.
L’insegnamento di carattere fisico-matematico sulla impossibilità di
misurare l’Universo, ovvero lo spazio infinito, sottende, come sempre av-
viene, un significato esoterico che deve essere colto dal Neofita che viene
elevato a questo grado.
Al termine della cerimonia di elevazione, dopo avergli illustrato come lo
spazio sia illimitato ed infinito e senza confini, l’Oratore spiega al Neofita
che queste considerazioni debbono essere rapportate a tutte le opportunità
che gli sono state e che gli verranno offerte per ampliare la sua conoscenza
della Scienza Muratoria.
Si vuole forse sostenere che questa sia infinita come lo spazio? certa-
mente no, siamo solo in presenza di una affermazione iperbolica per far
comprendere al Neofita giunto a questo punto della scala iniziatica che

26 Anche in questo caso nell’ultima frase l’Oratore passa dal voi al tu.
290 I Riti Egizi II

innumerevoli sono le possibilità di erudirsi e che non bisogna cristallizzar-


si in comode posizioni, reputando di essere nel complesso già abbastanza
erudito.
Le cose stanno molto diversamente: l’apertura mentale raggiunta dal
Cavaliere dello Spazio Infinito è (o dovrebbe essere) tale da poter spa-
ziale nella ricerca personale profittando delle conoscenze acquisite: e qui,
sia pure implicitamente, viene quindi ripreso quel concetto fondamentale
della Muratoria, non solo egizia, che “non si viene iniziati ma ci si inizia
da soli”, un concetto che abbiamo imparato a conoscere come Cavalieri
dell’Arco Reale e che ci accompagnerà sino alla Pietra Angolare della Pi-
ramide del Rito.
Al tempo stesso l’insegnamento di questo grado riprende, per conclude-
re, un altro concetto fondamentale della Muratoria egizia e cioè che occor-
re manifestare la massima umiltà di fronte alla maestosità della creazione
ed alla figura del Supremo Artefice dei Mondi, a cui debbono sempre esse-
re rivolti la nostra devozione ed il nostro amore.

Cavaliere del Giudizio

Il Grado di Cavaliere del Giudizio (in originale Knight of the Judge-


ment) è uno dei più interessanti fra quelli provenienti dal Rito di Memphis
di matrice anglosassone descritti in questo capitolo.
Prima di tutto questo grado presenta una novità: le cerimonie di apertura
e di chiusura non sono, come di consueto, concise ma anzi presentano un
ampio respiro che culmina nelle odi cantate alla ripresa ed alla sospensione
dei lavori e nelle preghiere recitate da un personaggio la cui presenza è
abbastanza rara, il Cavaliere Prelato.
Inoltre alla ripresa dei lavori abbiamo quella che è una vera e propria
presentazione degli ufficiali del Santuario (che sono 16!) con tanto di de-
scrizione dei loro compiti.
La cosa si spiega con il fatto che ciascuno di essi ha un compito preciso,
soprattutto coloro che svolgono un ruolo particolare durante la cerimonia
di ricezione.
Questa poi è particolarmente lunga in quanto il Neofita deve sottoporsi
ad un giudizio volto ad accertare la sua purezza d’animo e di conseguenza
se è degno di essere elevato a questo grado.
I Giudici cui viene presentato il Neofita sono in numero di 42, proprio
come prevede l’antica tradizione egizia.
Il Memphis di elaborazione anglosassone 291

Secondo quanto riportato al capitolo 125 del Libro del Ritorno al Giorno
(o Libro Egizio dei morti), che viene utilizzato in questo grado come Libro
della Legge Sacra, il defunto viene portato da Anubi davanti al tribunale di
Osiride, alla presenza di 42 giudici. Questo numero corrisponde a quello
delle provincie egiziane ed essi, che rappresentavano demoni o dei locali,
assistevano a quella che è chiamata la «pesatura del cuore», la Psicostasia.
Come è noto, il cuore del defunto veniva deposto su un piatto della bi-
lancia, mentre sull’altro veniva posta una piuma, personificazione di Maat,
dea della giustizia.
Davanti ai Giudici il defunto doveva confessare le azioni commesse
in vita o meglio negare di averne commesso di negative ed è per questo
che gli antichi egizi definivano “confessione negativa” la prolusione che il
defunto, aspirante a divenire un “Maa-Kheru”, ovvero un “Giustificato”al
quale sarebbe stato concesso di soggiornare nella beatitudine del “Campo
dei Giunchi”, pronunciava innanzi al Tribunale della Dea.
Se il cuore, dopo questo atto, risultava più pesante della piuma, la mo-
struosa dea Ammit27 lo divorava in un sol boccone; in caso contrario, se
la bilancia restava in equilibrio e cioè il cuore risultava mondo da cattive
azioni, l’anima aveva accesso al Campo dei Giunchi, ovvero all’aldilà.
Secondo l’antico testo il defunto doveva dapprima rivolgere una dichia-
razione di innocenza al dio Osiride e poi ripeterla ad un tribunale rappre-
sentato dai quarantadue giudici quali avevano il compito di denunciare e di
punire una colpa o un peccato.
Questa seconda dichiarazione era chiamata “dichiarazione di innocen-
za” poiché il defunto negava a ciascuno dei giudici di aver commesso una
delle colpe citate dal giudice medesimo.
Il testo egizio riporta questi 42 giudici e dichiarazioni di innocenza:
1  Lungo di passo: “non ho commesso ingiustizia”;
2  Colui che abbraccia la fiamma: non ho commesso furto o cattiverie;
2  Nasuto: “non ho commesso cupidigia nel mio cuore”;
4  Ingoia-ombre: non ho commesso furto;
5  Dal volto ritorto: non ho ucciso persone;
6  Doppio leone: non commesso frodi o diminuzioni nello staio;
7  Occhi di selce: non ho commesso un atto indiretto;

27 Ammit è una dea dalla testa di coccodrillo, con la parte anteriore del corpo di
loene e quella posteriore di ippopotamo. Essa, detta anche la Divoratrice, assiste
alla Psicostasia insieme agli Dèi del Tribunale di Osiride. Se il cuore del defunto
pesa più della Piuma di Maat, questi viene dato in pasto ad Ammit. L’anima del
defunto viene quindi condannata all’oblio eterno, non potendo quindi proseguire
per il Campo di Giunchi e godere di quanto è previsto nella vita ultraterrena.
292 I Riti Egizi II

8  Fiammeggiante: non ho rubato beni del dio;


9  Rompi-ossa: non ho detto menzogne;
10° Getta-fuoco: non ho sottratto alimenti;
11° Cavernoso: non sono stato avverso;
12° Essere dai denti bianchi: non ho inviato nessuno presso Osiride;
13° Mangia-sangue: non ho ucciso il bestiame appartenente al dio;
14° Mangia-visceri: non ho accaparrato;
15° Signore della Verità: non ho alterato le razioni di birra;

16° Errante: non ho fatto la spia;
17° Aady: non ho chiacchierato eccessivamente;
18° Il malvagio: non ho ingannato, se non per i mie beni;
19° Uammety: non ho commesso adulterio;
20° Colui che vede ciò che egli sposta: non ho fornicato;
21° Soprintendente dei Grandi: non ho causato timori;
22° Distruttore: non ho trasgredito;
23° Incantatore di voce: non mi sono accesso d’ira;
24° Fanciullo: non reso il mio viso sordo alle parole di verità;
25° Basty: non ho causato disturbo;
26° Il viso suo è sulle sue spalle: non sono stato pederasta;
27° Ardente di piede: non sono stato inconseguente;
28° Oscuro: non ho insultato;
29° Colui che porta la sua offerta: non sono stato violento;
30° Signore dei volti: non sono stato impaziente;
31° Serekhy: non ho trasgredito;
32° Signore delle due Corna: non ho danneggiato le immagini del Dio;
33° Nefertem: non sono senza colpe;
34° Tem-Sep: non ho proferito insulti contro il re;
35° Colui che agisce secondo il suo desiderio: non ho camminato
sull’acqua altrui;
36° Colui che batte le acque: non ho alzato la voce;
37° Colui che comanda la gente: non ho insultato il dio;
38° Neheb-Neferet che concede cose buone: non ho prelevato nulla dal-
le offerte del dio;
39° Neheb-kau colui che concede i ka: non ho rubato;
40° Potente di testa: non ho portato via offerte agli akhu;
41° Colui che solleva il braccio: non ho diffamato il dio della sua città;
42° Colui che annuncia la voce, la decisione: non ho disturbato.

Il rituale a noi pervenuto e qui restituito si mantiene in gran parte sulla


falsariga del testo egizio ma presenta anche delle differenze di dichiarazio-
Il Memphis di elaborazione anglosassone 293

ni che potranno essere rilevate confrontando il testo egizio medesimo con


quello del presente rituale.
Manca, ad esempio, nel testo rituale, la dichiarazione di innocenza dalla
pederastia (che pure è presente nel Libro del Ritorno al Giorno), e non
sappiamo se questo sia avvenuto perché il tema era tabù nel secolo XIX o
perché non si voleva mettere in imbarazzo il Neofita che fosse omosessuale.
Per quanto alla restituzione del testo abbiamo mantenuto l’ordine origi-
nale del rituale inglese anche nei punti in cui non coincide con quello egi-
zio, mentre per quanto attiene ai nomi dei giudici abbiamo riportato come
traduzione la corrispondente dizione egizia quando coincidente, facendo in
ogni caso un lavoro di coordinamento dei testi anche in conseguenza del
fatto che il testo del rituale presenta anche passi oscuri se non addirittu-
ra incomprensibili, almeno a prima vista, soprattutto per quanto attiene la
provenienza dei singoli Giudici. Questo ha comportato un, seppur limitato,
lavoro di ricerca per ciascun giudice: ove la ricerca ha dato esito, anche
solo in parte, positivo, abbiamo apposto delle note in calce al testo, eviden-
ziando anche quando la soluzione proposta sia solo una possibilità.
In questo Grado ritroviamo le figure degli Ufficiali che abbiamo impa-
rato a conoscere dai primi gradi della sezione ermetico-gnostica della scala
iniziatica: sono le figure tipiche dei gradi di origine Memphis praticati dalle
comunioni iniziatiche anglosassoni, le quali, comunque, utilizzano le clas-
siche figure del Sublime Dai, Mistagoghi, Odos, etc. in gradi che hanno
diverse connotazioni e che, soprattutto, si trovano per lo più, ai livelli più
alti della piramide. Va infine rilevato come in questo Grado abbia un ruolo
importante una figura minore, quella del Cavaliere Accompagnatore, che è
a ben vedere una sorta di Esperto Aggiunto, il quale accompagna il Neofita
lungo tutto il giudizio davanti al Tribunale di Maat.
Il tema del giudizio di Maat verrà infine ulteriormente ripreso nel 91°
grado, destinato, nella Piramide dei Riti Egizi, all’amministrazione della
giustizia massonica.

Cavaliere delle Proprietà Della Natura

Il Cavaliere della Proprietà della Natura non è un grado ma una serie


di sette gradi fra loro collegati e denominati secondo l’ordine numerale
(primo, secondo, etc.).
Questi gradi hanno in comune la caratteristica di avere tutti una apertura
e chiusura dei lavori ed una disposizione del Tempio analoga a quella dei
gradi descritti in questo capitolo.
294 I Riti Egizi II

Anche gli Ufficiali mantengono le identiche denominazioni di Sublime


Gran Comandante, Cavaliere Interprete, Introduttore etc.
Di questi sette gradi possiamo quindi fare una breve descrizione del loro
contenuto esoterico e dell’insegnamento che viene dato al Neofita nel cor-
so della cerimonia di ricezione.
Nel Primo Grado dei Segreti della Natura il candidato viene presentato
come soggetto desideroso di conoscere questi segreti. Gli viene detto prima
di tutto che questi segreti sono profondi e numerosi e che per conoscere
tutto di essi dovrebbe vivere milioni di anni. Poi gli viene data una benedi-
zione e lo si invita a proseguire lungo il suo cammino.
In questo grado viene insegnato che la Prima Proprietà della Natura è la
materia. In principio la materia aveva natura caotica, era disordinata e priva
di forma ma con il tempo e per gradi l’ordine uscì dal caos.
Nel Secondo Grado la cerimonia di ricezione inizia con il candidato che
viene circondato da tutti i presenti posti in circolo ed invitato a porre le sue
mani sulle spalle di due dei cavalieri presenti i quali subito dopo faranno
altrettanto con il candidato.
Dopo il giuramento viene spiegato al Neofita che la seconda proprietà
della natura è la coesione. Si suppone infatti che il primo passo da una ca-
otica condizione della materia sino ad una creazione organizzata sia stata
proprio la coesione, ovvero quella proprietà che unisce insieme gli atomi
e le molecole di materia. Queste particelle assumono una forma circolare
attorno ad un nucleo o centro, analogamente a quanto è stato fatto durante
la cerimonia di ricezione.
Nel Terzo Grado il candidato è ricevuto nel Tempio come amico e fra-
tello e riceve prima di tutto l’onore della presentazione della spada da parte
di tutti i presenti,.
La Terza Proprietà della Natura è la fluidità (fluxion nel testo originale)
e questa viene spiegata dall’Oratore nel corso del suo discorso finale di cui
pubblichiamo un estratto:

“La tradizione ci dice che i primi filosofi del nostro ordine erano dell’opinio-
ne che la materia di cui la terra oggi è comporta fosse originariamente in una
condizione di così elevato calore che era impossibile per gli atomi di restare
uniti fra loro. Poi, gradualmente il calore di questo grande globo di fuoco sce-
mò a sufficienza da consentire agli atomi di unirsi e di formare delle molecole;
questo processo di raffreddamento continuò sino a che, con le molecole unite,
piano piano l’intero globo divenne un grande ammasso di materia fluida che
tratteneva comunque al suo interno una immensa quantità di calore.
Questa condizione allora venne chiamata Terza Proprietà della Natura…
(…).
Il Memphis di elaborazione anglosassone 295

La cerimonia di ricezione al Grado della Quarta Proprietà della Natura è


estremamente semplice e, come nel grado precedente, il fulcro è contenuto
del discorso (o charge) dell’Oratore, il quale spiega al Neofita che la quarta
proprietà della natura è la coagulazione.

“I nostri antichi fratelli Cavalieri di Filosofia consideravano la coagulazione


come la Quarta Proprietà della Natura. Essi credevano che quando una grande
massa di materia si fosse liquefatta essa si riduceva lasciando attorno a lei del-
lo spazio vuoto in cui galleggiava come un pesce sospeso nell’acqua. Questo
spazio gradualmente divenne più freddo che il liquido e mano a mano la massa
liquida che fluttuava al suo interno cominciò a coagularsi ed a solidificarsi in
superficie. Questo è quello che si pensa sia avvenuto nel processo di formazio-
ne della terra quando ancora l’uomo non esisteva. Simbolicamente questo ci
insegna che la perfezione, tanto in Natura che nella libera muratoria, può essere
raggiunta solo per gradi.”

Nel grado successivo viene insegnato al Neofita, dopo la consueta bre-


ve cerimonia di elevazione ed insegnamento delle parole e dei segni del
grado, che la Quinta Proprietà della Natura è l’Accumulazione, ovvero la
progressiva solidificazione dalla superficie del globo verso il centro attra-
verso la perdita di calore che abbiamo visto iniziare nel grado precedente.
In questo contesto è avvenuta la diversificazione degli elementi attra-
verso processi chimici e la precipitazione di quelli pesanti verso il centro
del globo.
L’Oratore, nel suo discorso, espone come si supponga che questo pro-
cesso sia continuato per milioni e milioni di anni sino al momento in cui la
terra sia diventata adatta per ospitare le prime forme di vita.
La Sesta Proprietà della Natura viene chiamata nel testo originale “Sta-
tion” ovvero la staticità, il momento in cui la materia è incapace di qual-
siasi movimento. Nel discorso dell’Oratore viene spiegato come i primi
studiosi avessero ipotizzato che i pianeti, o globi, fossero stati formati in
principio da una certa quantità di materia che aveva capacità di movimento
e che questa, con il passare del tempo, fosse venuta meno con il processo
di solidificazione, sino a mantenere nello spazio un preciso punto. Studi
successivi hanno poi portato a conoscere come i pianeti in realtà non siano
fermi ma ruotino attorno al sole su un’orbita prefissata dalla quale non si
possono allontanare.
Questa serie di gradi si conclude con il settimo dove, ancora una volta, è
l’Oratore, al termine di una breve cerimonia, a spiegare al Neofita in cosa
consista la Settima Proprietà della Natura, la Divisione.
296 I Riti Egizi II

“Era opinione dei nostri più antichi predecessori che la divisione ebbe a ma-
nifestarsi già nel momento della separazione della materia descritta nei gradi
precedenti in relazione alla formazione dei globi o pianeti.
Questa primitiva divisione è stata seguita poi altre, come etere, vapore,
liquido, coagulazione, solido etc. Ma ciò nonostante, queste divisioni erano
tutte, un certo senso, unite nel formare un unico stupendo insieme. (…) Ogni
proprietà della natura è oggi attiva come in passato ed ogni cosa è in continuo
cambiamento.
Quando noi consideriamo la divisione come un simbolo massonico, non
facciamo altro che rappresentarla come la mente del neofita avvolta nell’ombra
scura della notte nella sua cieca condizione di colui che ricerca la luce.
La separazione della materia in parti differenti deriva ancora dalla loro co-
mune derivazione da un’unica fonte e queste, prima separate e poi di nuovo
unite, formano quel gigantesco insieme che è come la nostra Fraternità, che a
sua volta deriva da una unica sorgente primeva…”

Ci rendiamo conto che non è possibile riassumere in poche righe quello


spirito esoterico che è stato diffuso su ben sette differenti gradi: qui possia-
mo limitarci a riportare, per concludere, che l’insegnamento complessivo
che emerge da questo singolare corpus rituale inserito in un contesto ben
più ampio, è che la libera muratoria, per essere veramente sé stessa, deve
essere sempre in armonia con le Leggi della Natura, e principalmente quel-
le che ispirano amore fraterno e disinteressato. Se ci è consentito fare una
chiosa a questi antichi autori così ispirati è che se ci si guarda intorno an-
cora non si comprende come quel meravigliono insieme chiamato mondo
non si sia ancora disgregato nello spazio siderale.
Il Cavaliere del Delta.

Il Cavaliere di Libia.
Il Tempio del Cavaliere Sabeano o delle Sette Stelle.
Il Papiro Prisse.

Il Serpente del Sole. Il Collare del Cavaliere del Giudizio.


CAPITOLO XI
LA RINASCITA DELLA MASSONERIA EGIZIA:
LA VERA UNIONE DEL MIZRAIM E DEL
MEMPHIS

Per prima cosa è indispensabile chiedere al lettore di fare un passo in-


dietro, richiamando alla memoria la conclusione del capitolo sul Mizraim
di Venezia: l’arresto di Cagliostro e la sua morte nella fortezza di San Leo
fu un durissimo colpo per i suoi seguaci veneziani che si videro costretti
ad assonnare il Rito.
Nel 1801, tuttavia, quel barone Tassoni di Modena, del quale abbiamo
già avuto modo di parlare, noto con il proprio nome iniziatico di Fila-
lete Abram, in quanto egli era stato diversi anni prima in Francia accol-
to dall’Ordine dei Filaleti, risvegliò il Mizraim, costituendone nel 1804
il Supremo Gran Consiglio del 90° grado (detto anche Tempio Mistico)
all’Oriente di Venezia.
Il Rito si espanse velocemente lungo la costa dalmata e nell’Egeo: Log-
ge sorsero a Zante, Corfù, Spalato, Ragusa (l’odierna Dubrovnic) e Trieste
ma anche ad occidente di Venezia, con creazione di Capitoli a Padova,
Vicenza, Treviso, Bergamo e Brescia.
La caduta di Napoleone, massone e notoriamente protettore delle va-
rie massonerie che operavano negli stati posti sotto la sua influenza, e la
conseguente restaurazione dell’ordine pre-rivoluzionario, sancita dal con-
gresso di Vienna, determinò una feroce repressione antimassonica che non
risparmiò neppure il Lombardo-Veneto, oramai definitivamente passato
sotto la dominazione austriaca; ciò costrinse il Mizraim di Venezia ad un
nuovo assonnamento, che si sarebbe verificato verso la fine del 1817.
Con la proclamazione dell’effimera Repubblica Veneta, il Rito riapparve
a Venezia (ne era uno dei membri, come abbiamo visto, Daniele Manin)
ma con la restaurazione esso si assonnò nuovamente per riapparire soltanto
nel 1865.
Tuttavia il 20 aprile del 1867 il Supremo Gran Consiglio Generale dei
Sovrani Gran Maestri Assoluti dell’Ordine di Mizraim, 90° grado, promul-
gava un documento con il quale veniva reso noto la definitiva messa in
sonno del Rito in Italia.
302 I Riti Egizi II

Tale documento recava le firme dei seguenti membri: Giovanni Pallesi


d’Altamura 33:.66:.90:., Giuseppe Darresio 33:.66:.90:., Antonio Zecchin
33:.66:.90:., Luigi Della Migna 33:.66:.90:.
Il Gran Conservatore Luigi Della Migna, prima di morire, trasferì i pote-
ri ad Alberto Francis che a sua volta li trasmise a Luigi Boselli.
Nel 1941 quest’ultimo trasmise ritualmente i poteri iniziatici al suo con-
cittadino Marco Egidio Allegri del quale abbiamo parlato in precedenza
segnalandone il ruolo nel risvegliato Memphis di Palermo.
Marco Egidio Allegri, il cui nome Iniziatico era Flamelicus e che era
nel frattempo divenuto anche il Gran Maestro dell’Ordine Martinista, si
trovò così ad essere, alla fine del secondo conflitto mondiale, l’unico Gran
Conservatore vivente sia del Memphis palermitano (a cui era stato inizia-
to nella Loggia I Rigeneratori, all’Oriente di Palermo) avendo conseguito
tale potestà nel marzo del 1924 da Reginald Mc Bean, sia del Mizraim (o
Misraim) di Venezia.
Inoltre Allegri era anche stato insignito, come abbiamo visto, del 90°
ed ultimo grado del Mizraim di Napoli, che a quel tempo era in sonno. Di
conseguenza Flamelicus, il 16 maggio 1945, subito dopo la liberazione,
ricostruiva a Venezia il Sovrano Gran Consiglio del 90° grado del Rito di
Mizraim, unendolo il successivo 17 maggio al Tempio Mistico dei Principi
e Patriarchi di Memphis: nasceva così l’Antico e Primitivo Rito Orienta-
le di Misraim e Memphis, Sovrano Santuario Adriatico o “Superum” dal
nome che gli antichi romani davano appunto al mare Adriatico.
Marco Egidio Allegri (Venezia 1897- Crespano del Grappa 1949) è stato
certamente uno dei maggiori esoteristi italiani del XX secolo. Entrato a far
parte giovanissimo sia nella massoneria che nel Martinismo, seguì a Fiu-
me il confratello Gabriele D’Annunzio (il cui nome iniziatico martinista,
utilizzato anche dal poeta per firmare molte delle sue liriche, era Ariel)
distinguendosi per molteplici atti di eroismo.
A soli ventisei anni aveva già conseguito, cosa più unica che rara nel-
la storia della libera muratoria, il 33° grado del Rito Scozzese Antico ed
Accettato del Grande Oriente d’Italia ed a ventisette divenne Gran Mae-
stro dell’Ordine del Tempio (un Ordine paramassonico di diretta discen-
denza templare) e Patriarca Gran Conservatore del Memphis di Palermo.
Nel 1925 divenne iniziatore martinista e fu cooptato dall’avv. Alessandro
Sacchi, suo Iniziatore martinista e Gran Maestro dell’Ordine Martinista
Italiano, nel Supremo Consiglio.
Dopo la promulgazione delle leggi fasciste contro la massoneria (e con-
tro il Martinismo, anch’esso equiparato da Mussolini a società segreta)
Flamelicus continuò a girare l’Italia in lungo e in largo, favorito in ciò
La rinascita della Massoneria Egizia 303

anche dalla sua professione di giornalista, allo scopo di mantenere i con-


tatti con i fratelli e di promuovere la diffusione del Rito di Memphis, della
massoneria scozzese e del Martinismo. La sua instancabile attività gli attirò
le malevoli attenzioni della polizia politica tanto da subire due arresti, un
periodo di confino ed un esilio in Nordafrica.
Quando la sconfitta dei nazifascisti iniziò a profilarsi con chiarezza all’o-
rizzonte, Allegri iniziò a darsi da fare per riorganizzare sia la massoneria
che il Martinismo, trovando due validissimi supporti in Valentino Di Fabio,
massone del “Le Droit Humain”, martinista ed esponente di primo piano
dell’Ordine dei Cavalieri Eletti Cohen dell’Universo, e in Tito Signorelli,
personaggio di spicco del Supremo Consiglio dei Sovrani Grandi Ispettori
Generali, 33° grado, del Grande Oriente d’Italia.
Allegri infatti anelava ad una unificazione di tutte le principali famiglie
massoniche italiane, per poi procedere ad una successiva unificazione dei
più importanti Ordini Iniziatici. Egli era infatti consapevole del fatto che
soltanto attraverso un’unione di tutte le forze che operano per l’elevazione
dell’uomo è possibile davvero incidere nella società civile trasferendo in
essa quei valori di libertà, onestà, giustizia, fraternità, tolleranza ed amore
che costituiscono patrimonio comune di tutte le autentiche Associazioni
esoteriche.
Tale progetto fu illustrato da Allegri nel suo libro “Introduzione al Se-
greto Massonico”, ove l’iniziato veneziano descrive la sua aspirazione di
costituzione di un unico rito muratorio attraverso la fusione dei Riti Egizi
con il Regime Scozzese Antico ed Accettato, il Rito Scozzese Rettificato
ed il Rito di York.
Questo progetto era meno peregrino di quanto potrebbe apparire ad una
osservazione superficiale, atteso che comunque esistono diversi punti di
contatto, soprattutto nei gradi inferiori, tra tali Riti Massonici. Tutto ciò
indusse Allegri ad operare una semplificazione della piramide dei gradi
del Mizraim e Memphis accorpando i gradi. Questa è la spiegazione che
fornisce lo stesso Allegri:

L’Antico e Primitivo Rito Orientale di Misraim e Memphis è il risultato del-


la rielaborazione intima del Rito di Misraim o Egiziano, risorto regolarmente
a Venezia nel 1801, e del Rito di Memphis o Orientale, sorto nel 1839 a Parigi,
su una nomenclatura che rielabora i gradi del Misraim introducendovi inizia-
zioni e rituali di tipo Orientale.

Lo schema adottato da Allegri, che evidentemente si allontana alquanto


dalle strutture tradizionali dei Riti di Memphis e di Mizraim che abbiamo
illustrato in precedenza, era il seguente, partendo dal vertice della piramide:
304 I Riti Egizi II

Sovrano Grande Hierophante Generale, Sovrano Gran Maestro (33° 90°


97°) Imperatore dei Principi di Memphis, Sovrano Maestro della Luce,
Supremo Principe dei Magi, Capo del Gran Collegio Liturgico, Supremo
Gran Conservatore dell’0rdine e del Rito per i due emisferi.
Sublime Gran Nazionale Gran Commendatore Nazionale (33° 90° 96°,)
Patriarchi Conservatori dell’Ordine e del Rito, (33° 90° 95°).
Patriarchi Principi di Memphis (32° 90° 94°).
Cavaliere Filalete – Mago della Rosa+Croce. Sono tutti incogniti, usu-
fruiscono del grado indicativo di 32° 90° 92°.
Patriarchi Difensori dell ‘Ordine e del Rito (31° 90° 91°).
Principi di massoneria, Sublimi Maestri della Grande Opera (30° 90°).
Commendatori degli Astri – Saggi della Verità (18° 30°).1
Cavalieri del Sole – Filosofi Ermetici (12° 17°).
Cavalieri della Spada – Perfetti Massoni di Heredom, (8° 11°)
Sublimi Maestri – Cavalieri della Volta Segreta di Perfezione, (4° 7°)
Maestro
Compagno
Apprendista.

Da questa costruzione effettuata sulle scale iniziatiche egizie esistenti e


descritte in precedenza, risulta pertanto un Rito di soli 14 gradi praticati,
compresi i tre gradi “azzurri” (Apprendista, Compagno e Maestro) che, in
ossequio al sistema di Cagliostro, vengono praticati separatamente per le
donne con diversi Rituali. Si tratta certamente di una scala molto manegge-
vole, agile e che consente una veloce progressione agli adepti.
Tuttavia, a nostro modesto avviso, questa medesima scala non rende giu-
stizia alla complessità ed alla bellezza dei Riti Muratori egizi, in quanto dei
gradi peculiari del Misraim e del Memphis (ovvero i gradi non praticati an-
che dal Rito Scozzese e cioè quelli che vanno dal 34° in avanti) risultano, con
tale sistema essere praticati unicamente il 90°, il 91°, il 94° ed il 95°, tenuto
conto che il 96° ed il 97° vengono ritualmente conferiti agli aventi diritto ma
non praticati abitualmente, mentre il 92° grado cadde quasi subito in disuso
e, per quanto ne sappiamo, non venne più praticato dopo la morte di Allegri,
tanto è vero che oggi si fa molta fatica a reperirne il relativo Rituale.
Di conseguenza tutta la seconda sezione (gnostico-ermetica) ovvero i
gradi dal 34° all’89° vengono di fatto “saltati”: questo è veramente un pec-

1 Abbiamo qui mantenuto volutamente l’errata traduzione della parola francese


Commandeur (Comandante) con Commendatore utilizzata in Italia, unicamente
per ragioni di carattere storico e descrittivo della scala di Allegri.
La rinascita della Massoneria Egizia 305

cato, se solo si considera l’enorme valore iniziatico di tali gradi, in primis


dei c.d. “gradi alchemici” i cui Rituali furono scritti, come abbiamo visto,
dal barone de Tschoudy secondo le indicazioni ad egli impartite dal Prin-
cipe Di Sangro e che sono ampiamente descritti nel capitolo II di questo
libro.
Va poi rilevato che in questa scala non vi è traccia alcuna del 66° grado
(Patriarca Gran Consacratore) che, nella sua attuale formulazione rituale, è
indubbiamente un grado estraneo alla Piramide dei Riti Egizi.
Questo grado fu infatti introdotto nella scala del Rito da Jean Bricaud,
il quale ebbe a rimaneggiare a modo suo l’86° grado del Mizraim di Vene-
zia e del Memphis di Marconis, denominato Sublime Maestro dell’Anello
Luminoso.
Dato il valore da esso assunto con il tempo, anche in virtù del fatto che
l’iniziazione a tale grado equivale de facto (ma anche de jure) al conferi-
mento dell’episcopato gnostico, appare, sempre a nostro avviso, che sia un
errore non praticarlo.
Tutto questo, ovviamente, un grande iniziato quale era Allegri, lo com-
prendeva benissimo ma egli, lo ripetiamo, nella creazione della summen-
zionata scala era motivato dal desiderio di riunificare tutti i principali Riti
Massonici e per far questo si rendeva, obtorto collo, indispensabile, “sem-
plificare” il Rito Egizio! Noi siamo certi che se fosse vissuto più a lungo,
naufragata l’ipotesi di riunificazione da egli portata avanti, Allegri sarebbe
certamente tornato all’antico; ma la sua prematura scomparsa fa rimanere
questa nostra convinzione confinata nel campo delle ipotesi.
Il Rito fondato (o meglio, rifondato) da Allegri si diffuse comunque
molto rapidamente in tutta l’Italia, se consideriamo che già alla data del
17 settembre 1945 veniva istallato sotto il titolo distintivo di “degli Orfei”
un Sovrano Capitolo della Valle del Po diviso in 5 Collegi agli Zenith ri-
spettivamente di Belluno, Padova, Treviso, Adria e Venezia. Allegri inoltre
cooptò nel Sovrano Santuario personaggi di primissimo piano del mondo
esoterico italiano quali Dunstano Cancellieri, lo storico primo Delegato
Magistrale per l’Italia dell’Ordine Martinista, elevato a tale carica da Papus
in persona nel 1910, il Primate della Chiesa Gnostica De Conca, Giordano
Gamberini, che sarebbe succeduto al De Conca alla guida della Chiesa
Gnostica e che sarebbe poi divenuto il Gran Maestro del Grande Oriente
d’Italia, il già citato Valentino di Fabio e lo stesso Arturo Reghini.
Successivamente sarebbe stato chiamato a far parte del Sovrano San-
tuario anche il ferrarese Pericle Maruzzi, uno dei massimi storici della
massoneria di tutti i tempi ed esponente di primo piano del Rito Scozzese
Rettificato di Willermoz.
306 I Riti Egizi II

La strategica funzione di Gran Segretario venne invece affidata ad Ot-


tavio Ulderico Zasio il quale, giovanissimo, aveva seguito Allegri nell’im-
presa di Fiume e che ne sarebbe diventato il successore nella carica di Gran
Jerofante alla sua morte avvenuta nell’ottobre del 1949.
Il Sovrano Santuario “Adriatico” (o “Superum”) di fatto operava all’in-
terno del Grande Oriente d’Italia, come peraltro si evince chiaramente dai
timbri e dai relativi sigilli visibili nelle immagini allegate a questo capitolo.
Il Rito di Misraim e Memphis suscitò anche un notevole interesse all’e-
stero particolarmente in Francia, Grecia, Argentina, Messico e Brasile.
Se il tentativo di unificazione dei vari Corpi Rituali massonici fallì a
causa delle resistenze manifestate soprattutto dai vertici del Rito Scozzese
Antico ed Accettato, tuttavia Allegri riuscì ugualmente nel suo intento, se
pensiamo che nel “Superum” erano compresi, oltre alla massoneria egizia,
il Martinismo, il Deposito dell’Ordine dei Cavalieri Eletti Cohen dell’Uni-
verso, la Chiesa Gnostica, l’Ordine dei Filaleti, il Rito Scozzese Primitivo,
il Sovrano Ordine del Tempio, i Cavalieri Beneficenti della Città Santa, il
Rito Scozzese Rettificato e il Rito di Swedenborg.
Il “Superum” dunque, secondo le intenzioni di Allegri doveva perciò
rappresentare un vero e proprio “Supergoverno” dei vari Ordini Iniziatici.

Poco prima della sua morte, Allegri iniziò al 95° grado, nominando-
lo Primo Gran Conservatore e depositario dei sigilli e timbri dell’Ordine,
Gastone Marchi, patrizio veneziano, il cui nome infatti figura nell’elenco
dei Gran Conservatori registrato nel c.d. “Libro d’Oro” la cui riproduzione
fotografica è visibile negli allegati che seguono il presente capitolo; Alle-
gri nominò invece suo successore Ottavio Ulderico Zasio (Artephius) sia
nell’Ordine Martinista che nel Misraim e Memphis.
I rapporti tra Zasio e Marchi non furono certo idilliaci né avrebbero
potuto esserlo, in considerazione delle loro notevoli differenze di tempera-
mento: mentre Zasio, autentico martinista era prudente, pacato ed estrema-
mente riflessivo, Marchi era, al contrario un uomo estremamente vulcanico
ed iperattivo, facile alla collera e spesso portato a strafare. Egli avrebbe
desiderato una maggior diffusione del Rito anche oltre i confini dell’Italia,
mentre a Zasio, peraltro molto assorbito dalle vicende del Martinismo ove
riuscì, con il Convento di Ancona del 1962 e quello di Venezia del 1965,
a riunificare tutto il Martinismo italiano ed a mettere fine ad una contesa
con il Martinismo francese che durava dal 1923, interessava soprattutto
consolidare le Logge, i Capitoli, e le altre strutture del Misraim e Memphis.
A complicare questo difficile rapporto ci si mise anche l’udinese Alfredo
Vitali (Philaletes), alto funzionario delle Ferrovie dello Stato. Sul conto
La rinascita della Massoneria Egizia 307

di questo intelligentissimo ma molto stravagante uomo, grande conoscito-


re dell’esoterismo, profondo studioso del martinismo, dello gnosticismo e
della massoneria, ma fornito di un animo piuttosto tortuoso ed incline alle
invenzioni ed ai millantati crediti, non intendiamo più di tanto infierire,
anche per rispettarne la memoria, avendo avuto l’opportunità di conoscerlo
personalmente pochi anni prima della sua morte e di partecipare ad alcune
cerimonie iniziatiche da lui dirette, con competenza e bravura.
Sulla sua figura rimandiamo quindi il lettore a quanto afferma Ventura
(testimone oculare dei fatti) a p. 146 e seguenti del suo libro sul Misraim e
Memphis ed a quanto rivelato, con tanto di documenti pubblicati in fotoco-
pia, nel Bollettino dell’Ordine Martinista n° 11 del luglio-agosto-settembre
1974.
In seguito a diverse vicende, anche collegate ad alcuni seri problemi
familiari e personali del Gran Jerofante Zasio. il 28 dicembre del 1958 sette
Patriarchi Gran Conservatori del Sovrano Santuario dichiaravano lo stesso
Zasio decaduto dalle sue funzioni ed affidavano la Reggenza temporanea
del Rito al giovanissimo (allora appena trentunenne) Apulejus Userank
(G.G. tutt’ora vivente ) di Ferrara.
Tale decisione non venne però accettata dagli altri membri del Sovrano
Santuario e particolarmente non venne accolta affatto bene dallo stesso Za-
sio (che ritirò formalmente ogni delega concessa a suo tempo a Vitali ed a
Marchi, prima di espellerli dal Rito e dall’Ordine) e nel merito va precisato
che, ai sensi degli Statuti e dei Regolamenti dell’A.P.R.O.M.M. un Gran
Jerofante può essere sostituito se:
1) Muore o è gravemente ammalato. 2) Rassegna le proprie dimissioni.
3) Commette azioni di particolare gravità dal punto di vista iniziatico o
profano.
Nessuna di tali condizioni si era tuttavia verificata e perciò, in considera-
zione anche del fatto che la stragrande maggioranza dei membri della Co-
munione rimase fedele a Zasio, possiamo certamente affermare che la sua
Gran Jerofania proseguì con piena legittimità fino al 1967, anno della sua
morte, ed altrettanto legittima fu, certamente, la successione ad Artephius
di Aldebaran (Gastone Ventura 1906-1981) poiché vennero rispettate tutte
le clausole presenti negli Statuti, Regolamenti e Costituzioni.
In caso di successione infatti è previsto che: 1) Il passato G. J. indichi
chiaramente con testamento AUTOGRAFO il nome del suo Successore.
2) Tale testamento venga conservato in busta CHIUSA e SIGILLATA e
controfirmata da almeno tre Patriarchi Gran Conservatori. 3) Il Sovrano
Santuario deve OBBLIGATORIAMENTE ratificare la nomina del nuovo
Gran Jerofante.
308 I Riti Egizi II

Ovviamente se non è presente nessun testamento o se esso non è con-


forme a quanto previsto dai punti 1 e 2 si passa OBBLIGATORIAMENTE
alla votazione prevista dal punto 3.
Non si consideri, da parte dei lettori, tutto questo come una sorta di “ra-
gioneria esoterica”, in quanto tali regole, conformi peraltro alla Tradizione
della libera muratoria egizia hanno lo scopo di tutelare pienamente tutti i
membri della comunione, garantendo una successione regolare e rispettan-
do le REALI intenzioni del passato Gran Jerofante, intenzioni, val bene
ricordarlo, che dovrebbero essere espresse quando egli si trovi nella piena
capacità di intendere e di volere.
Onestamente, visto le vicende storiche che abbiamo in precedenza nar-
rato, soprattutto a partire dal 1881, possiamo concludere che quella che
potrebbe essere scambiata per prudenza eccessiva, in realtà non lo è ed
alcuni recentissimi episodi avvalorano pienamente le nostre affermazioni.
Dall’altra parte occorre dire che se sette Patriarchi Gran Conservatori,
pur sbagliando sul piano morale ed iniziatico, si separano dalla propria
comunione dando vita ad una nuova ed autonoma obbedienza, tale comu-
nione non può essere, al contrario dei molti casi che abbiamo in precedenza
analizzato, definita “farlocca”, tanto più che, nel caso di specie, essa, come
vedremo, venne posta in sonno in Italia per essere parimenti consegnata ad
un valido personaggio, il francese Jean Prévost (il quale vantava anche il
possesso di altre Linee della libera muratoria egizia).
Questa Linea prese dunque forza e vigore in Francia ove assunse il nome
di “Filiation Prévost” che certo preferiamo alla definizione di“Antico e
Primitivo Rito Orientale di Misraim e Memphis-Sovrano Santuario Supe-
rum” poiché tale nome appartiene di diritto ai legittimi successori di Zasio
ovvero Gastone Ventura, Sebastiano Caracciolo, ed a colui che, a nostro
modo di vedere va considerato come il legittimo successore di questi, Re-
nato Pietro Salvadeo (Arturus), vivente).2
È per tali motivi che abbiamo, con tutto il cuore, dato il nostro modesto
contributo affinchè la ferita del 1958 venisse finalmente ricucita tramite la
riunificazione del nobile Deposito dell’A.P.R.O.M. unica legittima Filia-
zione Massonica del Misraim e del Memphis!
Nel 1965 il già menzionato fratello Apulejus Userank (G. G.) conces-
se al francese Jean Prévost di Nantes la podestà del 96° grado creandolo,

2 Renato Salvadeo ci ha formalmente autorizzato a scrivere il suo nome per esteso


in quanto è sua opinione che chi ricopre determinate cariche non debba porsi
problemi di “segretezza” e tale opinione è da noi pienamente condivisa. Negli altri
casi viceversa per coloro che sono ancora vivi abbiamo preferito utilizzare le sole
iniziali o i nomi iniziatici.
La rinascita della Massoneria Egizia 309

l’anno successivo Gran Jerofante per la Francia di quella comunione che


assumerà il nome di Souverain Grand Sanctuaire Traditionnel des Gaules.
Ma chi era Jean Prévost? Esponente di spicco del Neognosticismo fran-
cese, massone e martinista, Jean Prévost, che aveva ricevuto il 33° grado
del Rito Scozzese Antico ed Accettato da parte di Attilio Armani Leviz-
zano, del Grande Oriente d’Italia, aveva già attivamente collaborato con
Gèrard Toublanc, Gran Segretario del Memphis e Misraim di Ambelain, il
quale aveva dato vita, nel 1964, ad una comunione Egizia autonoma (la cui
Loggia Madre era in Bretagna) costituita dalle seguenti Officine:
-“Le Droit International” all’Oriente de Dinard (V.M.: Gérard Tou-
blanc);
- “Robert Bruce” all’Oriente di Saint Nazaire (V.M. Antoine Branchu)
- “Garibaldi” all’Oriente di Quimper (V.M. Youen Diezen).
Nel luglio del 1965 Toublanc moriva in un incidente stradale ad appena
32 anni, mentre nel mese di ottobre Robert Ambelain si proclamava, senza
alcun fondamento giuridico o iniziatico, Gran Jerofante Mondiale dell’An-
tico e Primitivo Rito di Memphis e Misraim.
Prévost contestò vivacemente tale decisione e, unendo il Deposito rice-
vuto dall’Italia con quello ricevuto da Toublanc, creò appunto il Souverain
Grand Sanctuaire Traditionnel des Gaules, Zenith de Venice (quest’ultimo
appellativo voleva evidenziare il suo collegamento con il Deposito italico
del Misraim e Memphis) che è tuttora attivo in Francia dopo la successione
a Prévost di Jean Bernadac nel 1999 e di Frédéric Garnier a Bernadac nel
2007.
Nel 1973, anche in relazione all’avvio delle trattative con il Grande
Oriente d’Italia da parte di Francesco Brunelli, di cui abbiamo dato con-
to nel capitolo precedente, Vitali e G.G. (Marchi era infatti già morto da
tempo) decidevano di assonnare in Italia l’Obbedienza nata dal “golpe”del
dicembre 1958: a tale decisione, secondo quanto ci è stato raccontato per-
sonalmente dallo stesso G. G. non furono estranei diversi colloqui avuti
con Gastone Ventura che, nel frattempo, essendo succeduto come abbia-
mo visto a Zasio, aveva dato uno straordinario impulso all’A.P.R.O.M.M.
promuovendone la diffusione capillare su tutto il territorio nazionale e ri-
attivando la Linea Femminile (Logge di adozione) che da molti anni era
inoperosa.
La Gran Jerofania di Ventura coincise certamente con il periodo di mag-
giore auge della Muratoria Egizia in Italia sia in virtù dell’enorme spessore
iniziatico e culturale di Aldebaran sia perchè egli riuscì a stabilire eccel-
lenti rapporti con le maggiori Comunioni massoniche italiane quali “Le
Droit Humain” (da cui proveniva), La Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M.
310 I Riti Egizi II

(detta di Palazzo Vitelleschi) ed il Grande Oriente d’Italia. La stessa “se-


cessione” subita dal Brunelli fu foriera di pochissime conseguenze, se si
pensa che fino a metà degli anni ‘90 dello scorso secolo (quindi dopo molto
tempo dalla morte dello stesso Brunelli) la comunione da egli costituita in
seno al Grande Oriente era limitata a poche decine di membri e dunque
numericamente trascurabile rispetto all’A.P.R.O.M.M. che alla morte di
Ventura, avvenuta nel luglio del 1981, poteva contare su diverse centinaia
di membri attivi e quotizzanti.
L’inversione di tendenza che ha avuto come attuale conseguenza la mol-
to maggiore consistenza numerica del Rito fondato da Brunelli rispetto
all’A.P.R.O.M.M. può essere spiegata vuoi con le notevoli capacità comu-
nicative ed organizzative del successore di Brunelli (G. S.), vuoi con l’at-
teggiamento di isolamento e di chiusura verso l’esterno che la comunione,
nata per volontà di Allegri nel 1945, ha tenuto nell’ultimo quarto di secolo
per i motivi che fra poco analizzeremo.
Un problema piuttosto rilevante fu proprio quello relativo alla succes-
sione di Ventura, dato che Aldebaran, poco prima di morire, nel luglio del
1981, annullò i precedenti testamenti (ve ne era uno a favore di Sebastiano
Caracciolo, Vergilius, ed uno a favore di Gaspare Cannizzo, Arjuna,) e,
con testamento fatto pervenire tramite il Fratello Ignis (S.O., vivente) e re-
golarmente controfirmato da altri due Patriarchi Gran Conservatori (oltre,
naturalmente al summenzionato fratello Ignis) invitò gli aventi diritto ad
esprimere liberamente il loro voto per colui che ritenessero più meritevole
di guidare il Rito di Mizraim e Memphis (oltre naturalmente che l’Ordine
Martinista) dopo di lui.
La reazione di Cannizzo alla lettura di questo testamento fu molto ne-
gativa tanto da indurlo ad abbandonare il Convento di Castel Bolognese
ove si erano riuniti i Patriarchi Gran Conservatori ed i Superiori Incogniti
Iniziatori Martinisti, onde risultò eletto, con grandissimo margine, Seba-
stiano Caracciolo, di origine siciliana e alto dirigente della polizia di stato
(sarebbe divenuto alcuni anni dopo questore).
Cannizzo, con alcuni seguaci, per lo più siciliani anche loro (egli era
infatti di Palermo) decise di uscire sia dall’A.P.R.O.M.M. sia dall’Ordi-
ne Martinista creando due piccole comunioni (appunto una del Mizraim e
Memphis e l’altra martinista) oggi separate, pur se legate da fraterna amici-
zia e da stretti vincoli iniziatici. Il legittimo Successore del Fratello Arjuna
(e G.J. del Sovrano Santuario “Mediterraneo”) è il Fratello “Archiatra”
(S.S.) 33:.90:.96:.
In termini numerici, dunque, l’A.P.R.O.M.M. riuscì a conservare un no-
tevole numero di affiliati ma certamente fu assai grave la perdita di un
La rinascita della Massoneria Egizia 311

elemento come Arjuna, apprezzatissimo studioso di esoterismo (era il di-


rettore della prestigiosa rivista Vie della Tradizione) e dotato di non comuni
capacità organizzative, oltre che di un notevole carisma.
Sebastiano Caracciolo, che abbiamo avuto l’onore di conoscere di per-
sona, era certamente uomo dalle molte qualità e dotato di un sapere eso-
terico non comune oltre che serissimo, meticoloso ed integerrimo; forse
egli non poté dedicare agli Ordini dei quali era stato designato come guida
il tempo che avrebbe voluto a causa dei molteplici e complessi impegni
professionali; le sue naturali doti di prudenza e di riservatezza vennero
inoltre notevolmente amplificate da alcuni comportamenti estremamente
gravi e scorretti che Vergilius subì proprio da persone che egli aveva amo-
revolmente accolto (ed in alcuni casi anche riaccolto) negli Ordini di cui
era a capo ma che tradirono gravemente la sua fiducia provocandogli molta
amarezza.
Negli ultimi vent’anni della sua vita Sebastiano Caracciolo visse in
Corsica piuttosto isolato, anche se sempre disponibilissimo ad ascoltare i
Fratelli e ad intervenire dove ce ne fosse il bisogno, ma delegando molte
funzioni anche a causa dell’età avanzata e della grave malattia che lo afflis-
se negli ultimi anni di vita.
La sua profonda cultura esoterica e la sua serietà lo resero universal-
mente stimato nel mondo massonico, anche al di fuori dello specifico con-
testo della libera muratoria egizia. Per suo tramite l’Antico Primitivo Rito
Orientale di Mizraim e Memphis si diffuse in diversi paesi europei, asiatici
e sudamericani stabilendo rapporti di reciprocità con numerose Potenze
Massoniche, italiane ed estere.
In data 4 aprile 2013 il Gran Jerofante Caracciolo passava alla Piramide
Eterna. I fatti che ne sono seguiti non hanno contenuto iniziatico e sono
troppo freschi per poter esprimere su di essi un giudizio storico.
Qui possiamo limitarci ad osservare che è stato proclamato da diversi
membri aventi diritto (e riconosciuto come tale da diverse comunioni Li-
bero-Muratorie Egizie) quale successore di Sebastiano Caracciolo, Renato
Pietro Salvadeo di Ravenna, il quale ha sostituito la vecchia denomina-
zione di “Adriatico” al Sovrano Santuario da egli presieduto con quella di
“Byzantium” indicativo della nuova sede Magistrale nella città di Raven-
na, domicilio abituale del Gran Jerofante, il cui nome iniziatico è Arturus.
Nel medesimo contesto sono stati uniti il Deposito dell’A.P.R.O.M.M.
con quello del Mizraim di Napoli (A.O.E. seu Mizraim) e con la Linea del-
la Filiazione Prévost proveniente dalla Francia, oltre che con la Linea del
Memphis-Misraim della Filiazione Chavillon-Chambellant-Tappa (ope-
312 I Riti Egizi II

razioni, queste, rese possibili dal conferimento ad Arturus di tali Lignaggi


operato dal Gran Jerofante che ne detiene contemporaneamente il possesso).
Conseguentemente Arturus, dopo essere stato proclamato all’unanimità
nuovo Gran Jerofante successore di Sebastiano Caracciolo, è stato elevato
al 96° ed al 97° grado, nelle forme Rituali previste, dal Serenissimo Gran
Jerofante dei summenzionati Lignaggi Iniziatici.
L’attuale denominazione, inoltre di Antico e Primitivo Rito Orientale
Rettificato di Misraim e Memphis vuole indicare il possesso, da parte di
quella comunione iniziatica, anche delle Linee napoletane e francesi oltre
che del lignaggio Allegri-Zasio-Ventura-Caracciolo.
Tale ultimo lignaggio è stato inoltre ritualmente trasmesso da Renato
Salvadeo al Gran Jerofante suo Iniziatore al 97° grado ed un trattato di fra-
terna ed indissolubile amicizia è stato sottoscritto, nel settembre del 2014
dai due Sovrani Santuari in argomento. Ciò rappresenta, senza dubbio, un
passo importantissimo verso la riunificazione e la rettificazione della libera
muratoria egizia.
A tale passo si è aggiunto l’incontro in forma rituale, nei gior-
ni 8-9 luglio 2016 dei quattro Sovrani Santuari (Egizio-Mediterraneo,
Byzantium,Tradizionale delle Gallie, Gran Santuario Mediterraneo) di-
scendenti direttamente dal “Superum” di Allegri che hanno dato vita ad un
Trattato di Amicizia e di reciproco riconoscimento creando la “Federazio-
ne dei Riti Massonici Egizi”. Tale incontro ha visto anche la presenza,in
qualità di ospite d’onore, del novantenne Apulejus-User-Ank (G.G.), che
abbracciando i discendenti di Zasio e di Ventura ha, di fatto, posto fine, alle
ostilità iniziate quasi 60 anni prima e delle quali abbiamo già debitamente
dato conto. L’auspicio è che tale importante atto rappresenti il preludio per
giungere alla auspicata riunificazione della massoneria egizia regolare.
Marco Egidio Allegri.

Timbri e Sigilli originali del S.S. “Superum” dell’A.P.R.O.M.M. e del Souvraine


Sanctuaire des Gaules.
Archivio originale del Misraim di Costituzione del Capitolo del 90° grado
Venezia attestante la successione diretta e nella Valle del Po 1945.
lineare di Marco Egidio Allegri dai suoi
predecessori.

Convocazione, in data 20/11/1945 della prima riunione del Sovrano Santuario


dell’A.P.R.O.M.M.Tra i convocati è presente, come si vede, Arturo Reghini. Si noti la
dicitura “Grande Oriente d’Italia”.
Frontespizio del “Libro d’Oro”
del S.S. Adriatico.

Sigillo del G.O.I. utilizzato da Marco


Egidio Allegri per le attività del Sovrano
Santuario da lui presieduto.

Logo originario, disegnato da Allegri nel 1945 dell’A.P.R.O.M.M.


Fac simile originario delle Patenti rilasciate dall’A.P.R.O.M.M. nel 1945.
Elenco stilato da Marco Egidio Allegri Convocazione scritta del Sovrano
nel 1949 dei Patriarchi Gran Conservatori Santuario da parte di Allegri.
da Lui iniziati nei due anni precedenti. È
visibile il nome di Gastone Marchi.

Una rara foto giovanile di Ottavio Firma originale di Artephius


Ulderico Zasio. (O.U.Zasio).
Commemorazione di Ottavio Ulderico Zasio pubblicata dal quotidiano “Il Gazzettino”
di Venezia in occasione del primo anniversario della sua scomparsa.
Fotografia con dedica di Umberto II di Attestazione del conferimento del 95°
Savoia a Zasio. grado dell’ A.P.R.O.M.M. A Valentino di
Fabio.

Logo dell’A.P.R.O.M.M.- Sovrano Santuario Adriatico.

Il conte Gastone Ventura (Aldebaran)


Gran Jerofante dell’A.P.R.O.M.M.
dal 1967 al 1981.
Nomina di Jean Prevost (Combororix) a Gran Jerofante Nazionale per la Francia in
data 6 gennaio 1966.
Retro del documento precedente.
Conferimento del 96° grado a Jean Prevost 17 gennaio 1965.

Retro del documento precedente.


Documento di successione di Jean Bernadac a Jean Prévost nella carica
di Gran Jerofante per la Francia.
Documento di successione, con relativa consegna dell’archivio, dei timbri e dei sigilli,
di Frédéric Garnier a Jean Bernadac nella carica di Gran Jerofante.
Jean Bernadac.

Logo del Souverain Sanctuaire des Gaules et d’Armonique.


Decreto di nomina del Fratello Arturus (Renato Romeo Pietro Salvadeo) a Gran
Jerofante del S.S.Byzantium (Filiazione Allegri-Zasio-Ventura-Caracciolo).
Grembiule Massonico utilizzato dai dignitari del Souverain Sanctuaire des Gaules et
d’Armonique.
Atto di costituzione della Federazione Massonica Internazionale dei Riti Egizi tra le
quattro Obbedienze discendenti dell’Antico Primitivo Rito Orientale di Mizraim e
Memphis-Sovrano Gran Santuario “Superum” Zenith di Venezia.
APPENDICE

Era nostra primitiva intenzione concludere questo volume con la ripro-


duzione integrale di alcuni testi rituali di muratoria egizia restituiti dall’in-
glese e/o dal francese, ed in particolare testi di gradi poco conosciuti e per
nulla praticati.
Sappiamo che esiste nel mondo muratorio una corrente di pensiero che è
contraria alla pubblicazione di rituali anche se oramai, attraverso internet e
le biblioteche virtuali, è possibile reperire, magari a fatica, la maggior parte
dei rituali, praticati e non, dalla quasi totalità delle comunioni iniziatiche
mondiali.
Ci siamo quindi trovati di fronte ad un dilemma: era più giusto rendere
partecipi delle nostre ricerche e risultati un maggior numero di persone,
profani compresi, o era meglio mantenere un doveroso riserbo in merito
a testi che all’origine erano destinati ad una ristretta cerchia di persone?
Alla fine abbiamo scelto una soluzione mediana: in questo capitolo di
appendice troverete alcuni testi rituali di muratoria egizia per così dire
“neutri”.
Si tratta infatti di alcuni antichi rituali cerimoniali che si credevano per-
duti e che dopo il loro recupero sono utilizzati da alcune Logge Sovrane
che praticano la muratoria egizia: due rituali equinoziali e la cerimonia
funebre di un Principe Rosa+Croce del Rito di Mizraim.

Celebrazione dell’Equinozio di Primavera

L’Equinozio di Primavera era celebrato dalle comunioni muratorie del


secolo XVIII ma questa usanza si è persa nel secolo successivo ed oggi
normalmente ci si limita alle celebrazioni solstiziali, mentre agli equinozi
si svolgono rispettivamente le celebrazioni dei defunti e le installazioni dei
Maestri Venerabili.
Ma l’equinozio di primavera ha un’importanza fondamentale nel ciclo
annuale della natura e la celebrazione appare quanto mai necessaria per chi
330 I Riti Egizi II

ha scelto la muratoria egizia, dove il rapporto con la natura, come abbiamo


visto nei capitoli precedenti, è fondamentale.
Quello che presentiamo è un rituale tratto da un manoscritto in lingua
inglese che risale ai primi del secolo XIX. Il testo non presenta alcuna
apertura o chiusura dei lavori ma si limita a dire che i lavori si aprono e si
chiudono con le forme ordinarie.
Il testo è stato tradotto nel 2011 per le esigenze di una Loggia Mista, per
cui si trovano necessariamente dei riferimenti alle Sorelle.
Si fa notare anche che il testo è stato adattato alla attuale situazione
precessionale degli equinozi, per cui si fa riferimento a quella che comune-
mente viene chiamata Era dell’Acquario.
Per una migliore comprensione del testo riportiamo alcune note descrit-
tive del Tempio presenti nel rituale dedicate alle modifiche che si rendono
necessarie per la cerimonia.

“Prima dell’apertura dei Lavori il Tempio, rispetto alla configurazione dei


lavori ordinari, deve essere sistemato come segue:
Nel centro del Tempio deve essere posizionato, se possibile, un doppio o un
grande Altare cubico e questo deve deve essere ricoperto con un velo di colore
azzurro bordato di rosso. Il Tempio è adornato con fiori.
Bisogna preparare una comunione dei quattro elementi e posizionarli
sull’Altare in modo che corrispondano alla formula che verrà usata nel corso
della cerimonia.
All’Oriente, che corrisponde all’Aria, verranno posti una rosa e dell’incenso
in un incensiere. Al Sud, che corrisponde al Fuoco, verrà posto una candela
accesa.
All’Ovest, che corrisponde all’Acqua, verrà posta una coppa contenente ac-
qua, ed al Nord, che corrisponde alla Terra, verra posto del pane.
Al centro dell’Altare restano posizionati il candelabro a sette braccia, il Re-
golo, la Squadra, il Compasso ed il Libro Sacro della Legge, come simboli di
spirito.
Nei pressi dell’Altare, se non è possibile avere il doppio altare cubico, vi
deve essere il globo terrestre, posizionato secondo la figura equinoziale con
dietro una rappresentazione di Osiride ed una dell’eclittica e del meridiano.
All’occidente è presente un gong.
Il Maestro delle Cerimonie deve disporre di una Chiave della Vita (Ankh)
con la quale dirige i lavori in luogo dell’utensile (bastone, riga o altro) utiliz-
zato normalmente..
Sull’Altare si trovano anche una coppa contenente del vino che, con il pane,
sarà utilizzata per la celebrazione del pegno di Fraternità, ed una Sfera con
sopra disegnati simboli egizi.
Si raccomanda di compiere il rituale per celebrare la Festa dell’Equinozio
nell’immediatezza del giorno in cui si compie l’evento astronomico.”
Appendice 331

VENERABILE MAESTRO
Fratello e Sorelle miei, l’ordine del giorno prevede oggi la celebrazione
dell’Equinozio di Primavera.

Pausa musicale.
Si spengono le Luci nel Tempio. Restano accese solo la Menorah, il Te-
stimone, la Candela posta a Sud sull’Altare e le Luci di servizio. Dopo un
breve silenzio, il Primo Sorvegliante si alza e batte cinque colpi di gong,
l’ultimo dei quali molto flebile.

PRIMO SORVEGLIANTE
Fratello/Sorella Secondo Sorvegliante, Ra-Horakt, Horus dell’Orizzon-
te, si trova oggi esattamente di fronte a Ra che sorge ad Oriente con tutta la
sua Potenza di Luce. È il giorno dell’Equinozio di Primavera.

Si accendono le luci dell’Oriente.

SECONDO SORVEGLIANTE
Fratello/Sorella Oratore, dobbiamo purificarci con le Acque della Crea-
zione e dell’Amore.

ORATORE
Maestro Venerabile, dobbiamo purificarci con le acque della Creazione
e dell’Amore.

MAESTRO VENERABILE
Fratello/Sorella Grande Esperto, compite l’opera di purificazione.

Il Grande Esperto si reca all’Altare dove all’Ovest è presente la coppa


con l’Acqua. Prende la coppa in mano, si porta davanti all’Oriente, intinge
le dita nella coppa e spruzza alcune gocce verso l’Oriente dicendo:

GRANDE ESPERTO
Io purifico con le acque della Creazione e dell’Amore.

Ripete la stessa operazione al Sud, all’Occidente ed infine al Nord di-


cendo ogni volta:

GRANDE ESPERTO
Io purifico con le acque della Creazione e dell’Amore.
332 I Riti Egizi II

Il Grande Esperto torna alla sua postazione.

PRIMO SORVEGLIANTE
Fratello/Sorella Oratore, dobbiamo purificarci con il Fuoco Sacro.

ORATORE
Maestro Venerabile, dobbiamo purificarci con il Fuoco Sacro.

MAESTRO VENERABILE
Fratello/Sorella Grande Esperto, compite l’opera di purificazione.

Il Grande Esperto si reca all’Altare dove al sud è presente la candela


accesa. Prende la candela, si porta davanti all’Oriente, la muove come per
benedire e dice:

GRANDE ESPERTO
Io purifico con il Fuoco Sacro.

Ripete la stessa operazione al Sud, all’Occidente ed infine al Nord di-


cendo ogni volta:

GRANDE ESPERTO
Io purifico con il Fuoco Sacro.

Il Grande Esperto torna alla sua postazione.

SECONDO SORVEGLIANTE
Fratello/Sorella Oratore, dobbiamo ora procedere alla consacrazione dei
nostri lavori in nome della Creazione e della Luce, perché la Primavera
porti fertilità e rinnovamento.

ORATORE
Maestro Venerabile, dobbiamo ora procedere alla consacrazione dei no-
stri lavori in nome della Creazione e della Luce, perché la Primavera porti
fertilità e rinnovamento.

MAESTRO VENERABILE
Fratello/Sorella Grande Esperto, compite l’opera di consacrazione.

Il Grande Esperto si reca all’Altare dove all’Oriente è presente l’incen-


siere: sparge il fumo dell’incenso nel Tempio con movimento orario e dice:
Appendice 333

GRANDE ESPERTO
Io consacro questi lavori in nome della Creazione e della Luce.

Il Grande Esperto torna alla sua postazione dopo aver deposto


l’incensiere.
Si accendono tutte le luci nel Tempio comprese le tre Luci sulle tre
Colonne.

ORATORE
Il Sole è risorto dalla profondità delle tenebre entrando nel segno
dell’Acquario. Celebriamo l’Equinozio di Primavera e consacriamo i no-
stri lavori secondo le antiche usanze d’Egitto.

MAESTRO VENERABILE
Fratello/Sorella Maestro delle Cerimonie, procedete secondo le antiche
usanze d’Egitto, oggi che Ra Horakt, Horus dell’Orizzonte si trova di fron-
te al Sole nascente.

Il Maestro delle Cerimonie impugna la Chiave della Vita si posiziona


davanti all’Oriente, punta la Chiave con il braccio destro e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Luce.

Poi con movimento orario si porta all’Occidente davanti alla Porta del
Tempio sempre puntando la Chiave con il braccio destro e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Notte.

Si riporta nuovamente davanti all’Oriente e, sempre puntando la Chia-


ve con il braccio destro dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Oriente.

Nuovamente con movimento orario si porta all’Occidente davanti alla


Porta del Tempio e, sempre puntando la Chiave con il braccio destro, dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Occidente.
334 I Riti Egizi II

Si riporta nuovamente davanti all’Oriente e punta ancora la Chiave con


il braccio destro verso il Maestro Venerabile:

MAESTRO VENERABILE
Aria.

Nuovamente con movimento orario si porta all’Occidente davanti al


Primo Sorvegliante e punta la Chiave verso di lui.

PRIMO SORVEGLIANTE
Acqua.

Il Maestro delle Cerimonie si porta a questo punto davanti all’Altare,


tocca con la Chiave della Vita la Sfera con i Simboli Egizi e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Supremo Artefice dei Mondi, tu che ci conosci, fai che si possa riconci-
liare con noi stessi e con le Forze della Natura.

Il Maestro delle Cerimonie si porta con movimento orario davanti al


Secondo Sorvegliante, gli punta la Chiave della Vita e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Sud.

Poi con movimento orario si porta davanti al Grande Esperto, gli punta
la Chiave della Vita e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Nord.

Sempre con movimento orario si porta nuovamente davanti al Secondo


Sorvegliante e gli punta la Chiave della Vita:

SECONDO SORVEGLIANTE
Fuoco.

Poi con movimento orario si porta nuovamente davanti al Grande


Esperto e gli punta la Chiave della Vita.
Appendice 335

GRANDE ESPERTO
Terra.

Il Maestro delle Cerimonie si porta a questo punto nuovamente davanti


all’Altare, tocca con la Chiave della Vita la Sfera e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Supremo Artefice dei Mondi, tu che ci conosci, fai che si possa riconci-
liare con noi stessi e con le Forze della Natura.

Punta la Chiave della Vita ad Oriente e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Tu, Creatore.

Punta la chiave della Vita verso Sud e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Tu che ci sostieni.

Punta la Chiave della Vita verso Occidente e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Tu che puoi distruggerci.

Punta la Chiave della Vita verso Nord e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Tu che puoi redimerci.

Il Maestro delle Cerimonie tocca nuovamente con la Chiave della Vita


la Sfera e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Supremo Artefice dei Mondi, tu che ci conosci, fai che si possa riconci-
liare con noi stessi e con le Forze della Natura.

Poi punta la Chiave della Vita verso il Maestro Venerabile.


336 I Riti Egizi II

MAESTRO VENERABILE
Rendiamo omaggio al Supremo Artefice dei Mondi, onore a Te o Si-
gnore dell’Aria. Riveriamo la Tua Creazione e la Libertà che ci hai dato.
Possa il tuo respiro portarci alla Tua Conoscenza, nella quale noi, tuoi figli,
riconosciamo la Verità Libera.

Il Maestro delle Cerimonie si porta davanti al Secondo Sorvegliante e


gli punta la Chiave della Vita.

SECONDO SORVEGLIANTE
Rendiamo omaggio al Supremo Artefice dei Mondi, onore a Te o Signo-
re del Fuoco. Io ammiro la Tua Luce ed il Trono della Tua Gloria. Possa
la Tua volontà ispirare le nostre azioni verso il giusto e la Fiamma del Tuo
occhio vegliare su di noi.

Il Maestro delle Cerimonie si porta davanti al Primo Sorvegliante e gli


punta la Chiave della Vita.

PRIMO SORVEGLIANTE
Rendiamo omaggio al Supremo Artefice dei Mondi, onore a Te o Si-
gnore dell’Acqua, dal cui Spirito emana l’amore al quale aspiriamo. Possa
tu esaltare i nostri animi in modo che si possa comprendere e cercare di
arrivare alla perfetta Unione con il Divino grazie alla tua mano benevola.

Il Maestro delle Cerimonie si porta davanti al Grande Esperto e gli


punta la Chiave della Vita.

GRANDE ESPERTO
Rendiamo omaggio al Supremo Artefice dei Mondi, onore a Te o Signo-
re della Terra. Il Tuo cammino, la Tua Vita noi serviamo con umiltà. Possa
tu aiutare noi, tuoi figli, a superare l’eterna maledizione di noi mortali e
gioire un giorno con Te nel regno della Piramide Eterna.

Il Maestro delle Cerimonie torna nuovamente davanti all’Altare, pone


la Chiave della Vita sulla Sfera e dice:

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Rendiamo omaggio al Supremo Artefice dei Mondi, onore a Te, Signore
dell’Universo, Tu che sei tutto e che tutto è in Te. Dallo Zenith al Nadir
della Sfera Celeste, in ogni direzione cardinale, tu sei presente.
Appendice 337

Tu sei lo Spirito nascosto in tutte le cose, la sorgente di ogni cosa che


vediamo, tu che sei la Luce e la Notte e che sei colui che tutto muove. Tua è
l’Aria con il suo movimento, tuo è il Fuoco con le sue fiamme brillanti, tua è
l’Acqua con il suo flusso e riflusso, tua è la Terra con la sua eterna stabilità.
Noi Ti conosciamo, o nostro Signore, fa che il Tuo Spirito scenda sulle
sabbie di Memphis sino a noi ed infiammi le nostre Spade perché combat-
tano per un giusto fine.
Possa Tu apprezzare, benedire e proteggere i nostri lavori ed essere la
guida in ogni nostro cammino, così che noi si possa evolvere rettamente
lungo il Cammino che abbiamo scelto.

MAESTRO VENERABILE
Io dichiaro che gli Elementi e gli Spiriti degli Dei dell’Antico Egitto
sono stati correttamente invocati e sono presenti per la nostra celebrazione
dell’Equinozio di Primavera.

ORATORE
Siamo pronti per poter proseguire i nostri lavori dedicati al Compimento
della Grande Opera, alla Gloria del Supremo Artefice dei Mondi.

MAESTRO VENERABILE
Fratelli e Sorelle, in piedi ed all’Ordine.

Alza la Spada Fiammeggiante e dice…

Ricevete tutti la benedizione dell’Equinozio di Primavera del Supremo


Artefice dei Mondi. Fratelli e Sorelle, sedete.

MAESTRO VENERABILE
Entriamo tutti in comunione con i quattro elementi in questa Festa
dell’Equinozio. Creiamo un magico legame per il compimento della Gran-
de Opera e celebriamo l’Equinozio dell’Antico Egitto.

Il Maestro Venerabile scende dall’Oriente e si porta davanti all’Altare,


spalle all’Occidente. Prende in mano la rosa, la annusa e dice:

MAESTRO VENERABILE
Io gusto il profumo di questa rosa come simbolo dell’elemento dell’Aria
e di Libertà.
338 I Riti Egizi II

Prende in mano la candela e dice:

MAESTRO VENERABILE
Guardo in questa fiamma il simbolo dell’elemento Fuoco e di Luce.

Tocca l’acqua contenuta nella coppa e dice:

MAESTRO VENERABILE
Tocco questo liquido come simbolo dell’elemento Acqua e di Amore.

Prende il pane, ne mangia un piccolo pezzo e dice:

MAESTRO VENERABILE
Mangio questo pane, come simbolo dell’Elemento Terra e di Vita.

Si china verso l’Altare e bacia tre volte la Sfera dicendo:

MAESTRO VENERABILE
Bacio questa Sacra Sfera per tre volte, simbolo dello Spirito e della
Grande Opera che stiamo compiendo.

Poi ritorna sul Trono e dice:

MAESTRO VENERABILE
Tutto è stato compiuto.
Possa questa cerimonia che abbiamo celebrato consentire a noi, figli
dell’Antico Egitto di proseguire nel magico cammino della spiritualità e di
trarne il massimo dei benefici.
E seguendo questo cammino unirci alla Dea Madre Iside ed al Padre
Osiride nel celebrare la gloria del Supremo Artefice dei Mondi.
Riverenza e devozione verso di lui ci portano in sintonia ed in armonia
con il Grande Ordine dell’Universo ed alla Grande Opera che siamo chia-
mati a realizzare.
Sia benedetto nei secoli il nome di Ra, simbolo del Supremo Artefice dei
Mondi, e la sua benedizione giunga sino a noi. Amen.

Breve pausa.

Abrahadabra. Che la Grande Opera sia compiuta.


Appendice 339

MAESTRO VENERABILE
Fratelli e Sorelle, celebriamo adesso la Festa della Primavera prendendo
il Pegno Solenne della Fraternità.
Fratelli e Sorelle, in piedi ed all’Ordine.

Il Maestro Venerabile scende dal Trono e si porta nei pressi dell’Altare.


Il Maestro delle Cerimonie si avvicina all’Altare, prende il calice della Fra-
ternità e lo porge al Maestro Venerabile. Prende poi un pane e glielo porge.

MAESTRO VENERABILE
In nome del Supremo Artefice dei Mondi, Signore di questa Loggia, io
mi impegno a mantenere fra noi la Fraternità eterna. Bevete il vino e pas-
sate la coppa, prendete un pezzo di pane e passatelo.

Il Maestro Venerabile beve un sorso e prende un pezzo di pane che mette


in bocca; poi porge il Calice ed il Pane al Maestro delle Cerimonie che,
assieme a lui, con moto destrorso, offre la coppa ed il pane a tutti i presenti
partendo da coloro che sono all’Oriente.
Ciascuno beve un sorso e mangia un pezzo di pane.
Al termine il Maestro Venerabile ritorna al suo posto e così il Maestro
delle Cerimonie.

MAESTRO VENERABILE
La Cerimonia è finita. La parola al Fratello/Sorella Oratore perché illu-
stri brevemente il significato dell’Equinozio di Primavera.
Fratelli e Sorelle, sedete.

ORATORE
Pronunzia la sua allocuzione dedicata al tema della tornata. Può poi
essere data la parola ai visitatori per un saluto.
Subito dopo si passa alla sospensione dei lavori.

Celebrazione dell’equinozio di autunno

Anticamente la celebrazione dell’equinozio di autunno comprendeva


anche la installazione del Maestro Venerabile per l’anno muratorio che sta-
va per iniziare dopo la pausa estiva.
La creazione di grandi comunioni organizzate e, ahimé burocratizzate,
ha fatto sì che la celebrazione equinoziale sia stata messa da parte privile-
340 I Riti Egizi II

giando l’aspetto formale della installazione del Maestro Venerabile e degli


Ufficiali con testi rituali che, nella maggior parte, sono stucchevoli e spesso
dal sapore contro-iniziatico per il contenuto che li caratterizza.
Il testo a noi pervenuto risale ai primi anni del secolo XIX ed era pur esso
in lingua inglese alquanto arcaica. In esso era contenuto un riferimento alla
installazione del Maestro Venerabile ed alla sua elezione in quel preciso con-
testo, con ciò facendo intendere che l’elezione avveniva nel corso della ceri-
monia (ai giorni nostri l’elezione avviene invece sempre sul finire di Giugno
e l’installazione poi a Settembre per le già denunziate esigenze burocratiche
che di regola impediscono la contestuale elezione ed installazione).
Anche questo rituale è stato tradotto nel 2011 per le esigenze di una Loggia
Mista. Qui lo presentiamo con una variante che riguarda proprio l’installazione
del Maestro Venerabile e la trasmissione del potere iniziatico nelle sue mani.
Questa parte del testo proviene da un rituale del Rito di Memphis de-
dicato proprio alla installazione degli ufficiali di Loggia utilizzabile per
qualsiasi grado (e difatti prevede la presenza di un Installatore, che può
essere il Gran Jerofante o comunque di un dignitario in grado di dirigere la
cerimonia (un ex Venerabile).
Anche in questo caso facciamo premettere il testo dalla descrizione della
Loggia rispetto ai lavori ordinari facendo notare che in questo caso non
viene rispettata la attuale situazione astronomica conseguente la precessio-
ne degli equinozi.

Prima dell’apertura dei Lavori il Tempio per la celebrazione dell’Equinozio


di Autunno deve essere sistemato come segue rispetto a quanto previsto per le
normali tornate di Loggia Simbolica: esso è arredato nei modi usuali ma ad
Oriente deve prima di tutto essere posta una rappresentazione del segno della
Bilancia (non è necessario far ruotare tutti i segni zodiacali).
Sull’Altare, in aggiunta agli usuali gioielli che brillano nel Naos ed al Fuoco
Sacro, a tempo debito deve essere posto dal Maestro delle Cerimonie un calice
di vino rosso da utilizzare durante la cerimonia. Sino a quel momento il calice
può essere posto sulla cattedra dell’ospitaliere.
Accanto all’Altare o nei pressi del medesimo deve essere posta una rappre-
sentazione del globo terrestre, posizionata secondo la figura equinoziale, una di
Osiride ed una dell’eclittica e del meridiano.
Il Primo Sorvegliante deve essere dotato anche di un gong.
Questa cerimonia comporta anche l’installazione del nuovo Maestro Vene-
rabile che dovrebbe venire eletto e poi installato nel corso della cerimonia me-
desima secondo quanto previsto dal rituale.
Qualora il Maestro Venerabile sia stato invece eletto nella tornata preceden-
te, verrà omessa la parte della cerimonia che riguarda la votazione e si passerà
direttamente alla installazione del nuovo Maestro Venerabile e degli Ufficiali
Appendice 341

da lui designati, i quali prenderanno il loro posto durante la cerimonia sosti-


tuendo i loro predecessori.
I lavori sono quindi diretti all’inizio dall’ex Venerabile della Loggia o, in
sua assenza, da altro ex Venerabile.
Alla cerimonia di installazione del nuovo Maestro Venerabile debbono par-
tecipare tutti i presenti che abbiano rivestito o rivestano la carica di Maestro
Venerabile, anche di officina diversa e di altre comunioni iniziatiche.

VENERABILE MAESTRO
Fratello e Sorelle miei, procediamo dunque con la celebrazione dell’E-
quinozio di Autunno.

PAUSA MUSICALE

Si spengono le Luci nel Tempio.


Restano accesi il Testimone, la Menorah, le luci sulle tre colonne quelle
di servizio sulle cattedre dei Sorveglianti e del Maestro Venerabile.
Il cielo stellato resta buio.

PAUSA MUSICALE

Dopo un breve silenzio, il Primo Sorvegliante si alza e batte cinque col-


pi di gong, l’ultimo dei quali molto flebile.

SECONDO SORVEGLIANTE
Fratello/Sorella Oratore, ascoltate, è il suono dell’Autunno.

ORATORE
Maestro Venerabile, udite le note dell’autunno?

MAESTRO VENERABILE
L’autunno sta per giungere, Fratello/Sorella Oratore. Dall’Occidente
giungono i suoni armoniosi del suo arrivo. Il Sole ha compiuto metà del
suo cammino fra il suo punto più alto allo zenith e quello più basso.

ORATORE
Il Sole era conosciuto in Egitto come Ra. La sua musica è stata udita
all’Occidente ed egli si è levato stamani davanti ad Horus dell’Orizzonte,
in una vampa di Luce dorata.
342 I Riti Egizi II

Si accendono le luci ad Occidente.

MAESTRO VENERABILE
Fratello/Sorella Primo Sorvegliante, chi è Ra?

PRIMO SORVEGLIANTE
È colui che dà forma agli atomi, il Creatore delle Forme, Colui che tutto
pervade, che cammina attraverso le sette sfere dell’Universo con tre passi,
dimenticando le sue impronte.

MAESTRO VENERABILE
Fratello/Sorella Primo Sorvegliante, dove possiamo trovare queste im-
pronte?

PRIMO SORVEGLIANTE
Ai due punti equinoziali, sul Meridiano.

MAESTRO VENERABILE
Fratello/Sorella Secondo Sorvegliante, cosa sono i punti equinoziali?

SECONDO SORVEGLIANTE
Due angoli di 90 gradi fra la perfetta misura del tempo.

MAESTRO VENERABILE
Fratello/Sorella Secondo Sorvegliante, cos’è la perfetta misura del tem-
po?

SECONDO SORVEGLIANTE
I 360 Gradi che dividono esattamente il Circolo Perfetto.

MAESTRO VENERABILE
Da questo discende, Fratelli e Sorelle, che, con la misura dell’arco di
tempo, noi possiamo conoscere esattamente la attuale posizione del Sole.

Si accendono le luci ad Oriente.

Il Maestro delle Cerimonie con il regolo misura i quattro lati del Tempio,
partendo dal Sud e passando dall’Ovest al Nord sino a giungere all’Est,
davanti all’Altare, dove si sofferma a guardare il globo terrestre.
Appendice 343

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Maestro Venerabile, ho misurato l’arco del Sole fra i due solstizi ed ho
calcolato che ha attraversato sull’eclittica 180 gradi. Oggi si trova sul pun-
to dell’Equinozio di autunno e così un ciclo di tempo è completo.

MAESTRO VENERABILE
Fratelli e Sorelle, adesso vi verrà data una breve spiegazione sul signifi-
cato e sul simbolismo dell’equinozio.

Il Maestro delle Cerimonie si porta al Centro del Tempio e si posiziona


con il corpo ed il viso rivolti verso la colonna del Sud.

Il cielo stellato si illumina in maniera fioca.

MAESTRO DELLE CERIMONIE


Io sto in piedi sulla linea che divide in parti eguali la Terra... l’Equatore...
e mi trovo sotto il punto dove questo è attraversato dal percorso della Terra, il
punto di Equinozio. Ai miei piedi vedo il cerchio illimitato del Grande Oriz-
zonte di Cielo; di fronte a me il Polo Meridionale; dietro a me brilla al nord la
Stella Polare; sopra di me il purpureo Arco di Cielo, diviso in parti uguali dal
Grande Meridiano; mentre da sinistra a destra si stende il Circolo Equinozia-
le. È notte, e frotte di brillanti stelle stanno sorgendo innumerabili ad Oriente
incrociando il Grande Orizzonte ad angolo retto ascendendo verso la Volta
Purpurea. Il tempo con il quale esse arrivano al Grande Meridiano, segnato
sul Circolo Equinoziale è chiamato Ascensione. Siccome esse arrivano al
Meridiano in punti diversi, esse sembrano cadere via o declinare da questo
Circolo Equinoziale, e questo stato è chiamato Declinazione.
Le stelle passano il Meridiano ed affondano nell’Ovest, per sorgere di
nuovo ogni notte successiva. Ognuna di esse descrive così nel cielo un
Cerchio perfetto di Luce. Esse simboleggiano gli innumerevoli splendenti
spiriti di brillante disposizione che, sempre rispettando la Legge Perfetta, si
muovono in circolo attorno al Trono del Dio Incognito. Perciò questa notte
era conosciuta dai nostri Fratelli egiziani come la “notte del Computo degli
Spiriti”. Ma la notte è andata ed ecco…….

Il Tempio si illumina per intero....

l’astro radioso del giorno attraversa il Grande Orizzonte nell’Oriente


come Ra Hor-em Chu, Horus dei due Orizzonti della Luce e delle Tenebre,
della Vita e della Morte. Lui sale lungo il Meridiano e solo in questo giorno
344 I Riti Egizi II

divide i Cieli ugualmente in ogni direzione. Lui ora è Ra il Possente, Ra


il Risplendente, che versa i suoi brillanti raggi in profusione generosa su
tutto ciò che vive.
Egli discende l’Arco Occidentale

....si spengono le luci dell’Oriente....

ed affonda pacatamente per rimanere nella Terra dell’Ovest, come


Taum... l’Ignoto, il più Vicino dei Cicli ma, come certamente egli mette
così fine al giorno, altrettanto sicuramente egli sorge domani con la sua
Luce Trionfante,

.... si riaccendono le luci dell’Oriente...

così come fu scritto: “Egli era ieri, Egli conosce il domani”.


Egli è come l’Uomo che attraversa l’Orizzonte doppio alla sua nascita,
aumenta sino allo zenith del suo potere e, quando il suo corso è terminato…

... si spengono le luci dell’Oriente....

scende nel silenzio della Tomba; ma, solamente come Ra-Taum, Hor-em-
Chu, la Trinità Immortale nella Natura e nell’Uomo, egli sorge di nuovo, ciclo
dopo ciclo, sino a che la cima gloriosa della sua evoluzione sia stata raggiunta.
Tale è l’Equinozio, simbolo di Legge perfetta, Equilibrio perfetto, Armonia
perfetta, il nostro sicuro e certo segnale di Risurrezione e di Immortalità.

Il Maestro delle Cerimonie torna al suo posto. Il Tempio è buio.

MAESTRO VENERABILE
Fratelli e Sorelle, celebriamo secondo il costume antico il ritorno del
Sole alle dimore dell’Uguaglianza e della Giustizia.

Il Copritore suona un colpo di gong e tutte le luci si riaccendono.

MAESTRO VENERABILE
Fratelli e Sorelle, ora ci riuniremo in processione.

Il Maestro Venerabile scende dall’Oriente, seguito dal Maestro delle


Cerimonie e da coloro che si trovano all’Oriente. Si forma una processione
che parte dalla colonna del Sud e raccoglie mano a mano coloro che si
trovano fra le colonne, compresi gli Ufficiali. La colonna è chiusa dal Fra-
Appendice 345

tello/Sorella Copritore che per ultimo/a si aggrega. Se vi sono molti ospiti,


la Processione può essere fatta dai soli Maestri. La processione compie un
giro completo del Tempio. Suona una musica durante la deambulazione.
Dopo il primo giro, il Maestro Venerabile, quando giunge davanti all’O-
riente, di fronte al segno della Bilancia, dice:

MAESTRO VENERABILE
Omaggio a Te, o Taum, Creatore di Te stesso.
Tu, primitiva materia dalla quale tutte le cose sono state create!

La processione riparte e dopo un giro il Maestro Venerabile si ferma


davanti al Segno del Sagittario.

MAESTRO VENERABILE
Tu sei il Signore dei Cieli, Tu sei il Signore della Terra, Tu sei il solo
Dio esistente prima dell’inizio del Tempo. Tu hai creato la Terra e dato vita
all’Uomo. Tu che hai creato l’Abisso delle Acque e dato la vita a tutto che
vi si trova dentro.

La processione riparte e dopo un giro il Maestro Venerabile si ferma


davanti al Segno del Capricorno.

MAESTRO VENERABILE
Onore a Te che sei passato attraverso l’eternità ed il cui essere è eter-
no. Tu che viaggi attraverso spazi ignoti che richiedono milioni e milioni
di anni per attraversarli. Tu che sei passato attraverso essi in pace ed hai
diretto il tuo cammino attraverso l’abisso delle acque sino al luogo che
hai preferito; Tu che ci hai donato un piccolo momento di tempo, allora
degnati di non lasciarci affondare nell’abisso sino alla fine dei nostri
giorni.

A questo punto la processione si arresta. Il Venerabile d’Onore o un ex


Venerabile della Loggia e l’Oratore recitano il seguente Mantra Egiziano,
uno in egizio e l’altro in italiano. (Si fa notare che in Egizio Teocratico non
si pronunziano le vocali. Nel nostro caso tuttavia ci asterremo da seguire
la rituale pronunzia).
346 I Riti Egizi II

MANTRA

VENERABILE D’ONORE
ANERCH-EK-RA EM UBEN EF.

ORATORE
Omaggio a Te che sei Ra quando risorge all’inizio di un Ciclo.

VENERABILE D’ONORE
TAUM EM HOTEP EF.

ORATORE
E Taum quando siede in pace alla fine del Ciclo.

Il Maestro delle Cerimonie depone un calice di vino sull’Altare.

VENERABILE D’ONORE
AH NETERU NEBU HET-BA

ORATORE
Salute a Te, santo abitante del Tempio dell’Altissimo.

VENERABILE D’ONORE
UTCHA PET TA EM MAKAIT.

ORATORE
Che misuri il cielo e la terra secondo la scala dell’Equità.

VENERABILE D’ONORE
TATAU KA TCHEFA.

ORATORE
E che dai celestiale sostegno all’anima umana.

VENERABILE D’ONORE
NASTU RENEN.

ORATORE
Possano i nostri nomi essere pronunziati in alto.
Appendice 347

VENERABILE D’ONORE
SESHEP EN EM BAR AUSAR.

ORATORE
E che possiamo essere ricevuti alla presenza di Osiride.

VENERABILE D’ONORE
EM TA EN MAU-KHERU.

ORATORE
Nella terra dei Giusti.

Tutti i Fratelli e Sorelle fanno il segno penale di Apprendista, poi alzano


le braccia verso l’alto e dicono M – T – N (Pronunzia MIM TE NUN)
Poi tutti riprendono il loro posto restando in piedi.

MAESTRO VENERABILE
Fratelli e Sorelle, sedete.
Degnissimo Fratello/Sorella Primo Sorvegliante, è il sesto sottociclo di
un giorno solare, ed il carro di Ra è calato nell’Ovest dorato. Un altro gior-
no solare è andato e la sera è prossima. Il crepuscolo che precede l’oscurità
porta con sé la pace e l’influenza che sono un’indicazione sicura della pre-
senza degli Dei dell’Antico Egitto.

PRIMO SORVEGLIANTE
Maestro Venerabile, chi sono gli Dei dell’Antico Egitto?

MAESTRO VENERABILE
Sono gli equilibratori della Luce e delle Tenebre, i controllori delle For-
ze della Natura, il cui potere mantiene l’armonia dell’Universo.

PRIMO SORVEGLIANTE
Come possiamo conoscere gli Dei dell’Antico Egitto?

MAESTRO VENERABILE
Attraverso il simbolo del Falco Dorato, che è l’emblema della Divina
Sostanza, ed attraverso il simbolo dell’astro della notte, il generatore delle
forme.
Attraverso questi simboli noi possiamo conoscerli, degnissimo Fratello/
Sorella Primo Sorvegliante.
348 I Riti Egizi II

SECONDO SORVEGLIANTE
Maestro Venerabile, non è nella Luce del Sole al meridiano che noi siamo
in grado di comprendere i significati di base dei misteri più alti dell’essere:
nel pieno fulgore della Luce del meriggio i primi frammenti di quanto ab-
biamo appreso sono stimolati per sopportare il carico di conoscenza più alta.
Ma è solamente nella solitudine di notte che noi mortali, lontani da
un’influenza troppo potente per essere continuamente sopportata, trovia-
mo, nelle ore solitarie del silenzio stellato, i pensieri del Vegliante, attra-
verso i quali si prepara la duplice natura di un eterno rinnovamento che
investe ogni cosa del creato.

MAESTRO VENERABILE
Possa il Signore della Luce essere con noi e dirigere i nostri lavori e le
nostre decisioni a beneficio della Loggia.

COPRITORE
Fratelli e Sorelle, qual è la nostra prima regola?
TUTTI UGUAGLIANZA!

MAESTRO VENERABILE
E così sia, per quanto noi si possa essere in diversi gradi di conoscenza,
oguno di noi è una scintilla della divina fiamma, e su ciascuno di noi si posa
l’occhio benevolo di colui che tutto vede.

A questo punto inizia la parte eventuale dell’elezione del Maestro Vene-


rabile. Se non vi é elezione del Maestro Venerabile si passa direttamente
alla parte successiva all’insediamento del medesimo.

SEGRETARIO (alzandosi in piedi)


Se noi siamo davvero del tutto uguali, da quale autorità il Maestro Vene-
rabile deriva il diritto di occupare il Trono da cui dirige i lavori?

MAESTRO VENERABILE
(si alza in piedi a sua volta rivolgendosi al Segretario che resta in piedi)
Dall’elezione avvenuta da parte delle mie Sorelle e dei miei Fratelli. Ma,
per provare la nostra uguaglianza, io scendo volentieri dal mio trono per
attendere le vostre decisioni, e prendo il posto del Copritore Interno.

Il Maestro scende dal trono e passando dal sud prende il posto del Co-
pritore. Pausa. Il Trono del Venerabile resta vacante.
Appendice 349

SEGRETARIO (alzandosi in piedi)


Sebbene noi siamo uguali, tuttavia è necessario, per l’osservanza delle
regole di buon governo, che uno di noi debba dirigere i lavori. Procediamo
quindi a decidere chi di noi sia il più idoneo a guidare la nostra Loggia ed
a governare le nostre riunioni.

In questo contesto un ex Maestro Venerabile della Loggia o un Dignita-


rio del Rito di MM assume la veste di Maestro Installatore e poi si svolgo-
no le elezioni. Il Maestro delle Cerimonie distribuisce a tutti gli aventi di-
ritto al voto una scheda sulla quale deve essere espresso il nome di colui o
colei che si intende votare. Poi passa con un anfora a raccogliere le schede
votate. Indi si procede allo scrutinio da parte dell’Oratore, del Segretario
e dal Grande Esperto. Ultimato lo spoglio…

INSTALLATORE
Fratello/Sorella Oratore, chi è il Fratello o la Sorella che la Loggia ha
eletto come Maestro Venerabile per il prossimo anno?

ORATORE
La Loggia ha eletto come Venerabile il Fratello/la Sorella…….

INSTALLATORE
Fratello/Sorella Maestro delle Cerimonie, vogliate condurre il Maestro
Venerabile eletto fra le colonne, davanti all’Altare.

Il Maestro delle Cerimonie esegue.

INSTALLATORE
Fratello/Sorella mia, in virtù di uno uso secolare fra i Liberi Muratori, è
regola che ogni Loggia, una volta all’anno, ad una data stabilita, scelga fra i
suoi membri un Fratello o una Sorella di provata esperienza per presiedere
la Loggia in qualità di Maestro Venerabile.
Voi, Fratello/Sorella mio/a, siete stato/a scelto/a per questo importante
compito.
Vi sentite in grado di assumerlo, nella consapevolezza di quanto prevede
la nostra tradizione a carico di colui che assume delle cariche sapendo di
non essere in grado di svolgere il suo ruolo.

MAESTRO VENERABILE ELETTO


Si, Illustre Maestro Installatore.
350 I Riti Egizi II

INSTALLATORE
Promettete di rispettare e di applicare tutte gli antichi usi, costumi e regole
della massoneria egizia e di mantenervi fedele ad essi come hanno fatto i
Maestri di ogni tempo che ci hanno preceduto nei Santuari di Memphis?

MAESTRO VENERABILE ELETTO


Sì, Illustre Maestro Installatore.

INSTALLATORE
Fratello/Sorella mio/a, vogliate avvicinarvi all’Altare dei Giuramenti,
nel centro del Naos, per prestare la solenne obbligazione prevista per chi
assume la carica di Maestro Venerabile.
Inginocchiatevi sul ginocchio destro e ponete la vostra mano sulle Tre
Grandi Luci della nostra Loggia coperte dal Regolo.
Fratelli e Sorelle, in piedi ed all’ordine.

MAESTRO VENERABILE ELETTO


Io………….. in presenza del Supremo Artefice dei Mondi e di questa ri-
spettabile Loggia di Liberi Muratori regolarmente costituita, ponendomi con il
cuore e la mente allo zenith del Grande Tempio di Memphis al fine di raggiun-
gere, al di là dei secoli e della polvere delle sabbie, tutti i Maestri che mi hanno
preceduto e che sono oggi glorificati nelle Valli Eterne dell’Antico Egitto,
dichiaro di accettare la carica di Maestro Venerabile di questa rispettabi-
le Loggia e prometto di adempiere al mio mandato con zelo ed imparzialità
nel rispetto della tradizione muratoria egizia.
Prometto e giuro che svolgerò il mio mandato con spirito di gentilezza
e di amore fraterno e che farò quanto in mio potere per inculcare in tutti i
principi di armonia e di amore.
Così l’Architetto eterno mi assista e che mi armi di costanza per per
adempiere a quanto promesso.”

INSTALLATORE
Fratello/Sorella mio/a, voi adesso, con gli Ufficiali che sceglierete, state
per essere installati nei vostri rispettivi uffici: abbiate piena fiducia nei vo-
stri mezzi e nelle vostre capacità di insegnare e di governare ed io spero che
voi sarete lieti di farlo con spirito gentile e di amore fraterno; che la vostra
officina possa essere di una sola mente e di un sol cuore e che lavori con
spirito di armonia, unità ed amore.
Siate rispettosi delle regole della nostra Istituzione. Verificate sempre che
prima di un aumento di luce il Fratello designato abbia diligentemente mes-
Appendice 351

so a profitto quello che gli è stato insegnato nei gradi precedenti, e non con-
sentite ad alcuno di essere ammesso nel nostro Ordine se non ne è degno.
Meglio avere un Ordine composto da pochi uomini degni che da un
ampio numero di membri di dubbia reputazione.
Praticate un giusto spirito di emulazione non solo verso coloro che la-
vorano meglio ed in maggior raccordo con gli altri ma anche verso chi può
portare nell’Ordine gli uomini migliori.
Evitate contenziosi e discussioni mirati a generare conflitti.
Non parlate mai male di alcuna branca della legalmente costituita libera
muratoria. Ricordatevi che siamo tutti fratelli e sorelle che discendono da
un ceppo comune.
Infine, Fratelli e Sorelle, vivete in pace con tutti gli uomini. Non ingiu-
riate o calunniate alcuno. Rendete il bene per il male. Siate giusti con tutti.
Non dite nulla che non sia corretto e non accettate nulla che giudichiate
errato. E che possa il Dio della Pace essere con voi, rispettato in voi e nel
vostro Capitolo per sempre.

INSTALLATORE
Fratello/Sorella Maestro delle Cerimonie, vogliate accompagnare il Ma-
estro Venerabile eletto all’Oriente.

INSTALLATORE
Fratello/Sorella mia, vogliate prendere posto alla cattedra del Maestro
Venerabile.
Fratelli e Sorelle, io proclamo il Fratello/Sorella…………… Maestro
Venerabile di questa Loggia.
Vi rivesto delle insegne di questo grado.

Poi consegna il maglietto.

INSTALLATORE
Fratello/Sorella Maestro delle Cerimonie, vogliate condurre all’Orien-
te tutti i Maestri Venerabili presenti e passati qui oggi riuniti al fine di
procedere alla trasmissione del potere iniziatico per mezzo della Spada
Fiammeggiante.

Dopo che tutti i Maestri Venerabili hanno fatto un cerchio attorno alla
cattedra del M.V…
352 I Riti Egizi II

INSTALLATORE
Maestro Venerabile, con questa spada ed attraverso essa, noi vi trasmet-
tiamo la Forza. Essa è a doppio taglio, come questa spada.
Venerabili Maestri, prendete questa spada nelle vostre mani per trenta
secondi prima di passarla al vostro vicino, fino a rimetterla nelle mani del
Maestro Venerabile. E trasmettegli/le la Forza che vi animava durante il
vostro mandato.

Si esegue. Quando il Maestro Venerabile ha ricevuto la spada….

INSTALLATORE
Fratello/ Sorella Maestro delle Cerimonie, riconducete tutti ai loro posti.

Il Maestro Venerabile eletto si alza in piedi ed impugna il maglietto.


Tutti i Fratelli e Sorelle si alzano in piedi e fanno il segno penale del Primo
Grado. Il Maestro Venerabile ricambia il segno e si siede. Quindi procede
all’insediamento dei nuovi Ufficiali di Loggia attribuendo le cariche a sua
discrezione.
Ultimato l’insediamento tutti si siedono e….

(ripresa della Cerimonia ordinaria)

MAESTRO VENERABILE
Fratelli e Sorelle, qual è la nostra seconda regola?

TUTTI LIBERTÀ!

MAESTRO VENERABILE
Che questa Loggia operi sempre per difendere la libertà dei suoi membri
e la libertà di tutti nel mondo profano.

SEGRETARIO
Fratelli e Sorelle della Loggia, come Segretario di questa Loggia è mio
dovere assicurarsi che la vostra libertà sia stata rispettata. Se qualche Fra-
tello o Sorella ha delle doglianze da fare, sono a sua disposizione per pren-
derne nota e riferire al Maestro Venerabile.

A questo punto tutti possono intervenire per eventuali segnalazioni di


episodi in cui hanno visto la loro libertà violata.
Appendice 353

SEGRETARIO
Maestro Venerabile, non vi sono (oppure vi sono) segnalazioni delle
quali vi renderò resoconto scritto.

MAESTRO VENERABILE
Si alza in piedi, spada fiammeggiante e maglietto in pugno.
Fratelli e Sorelle, qual è la nostra terza regola?

TUTTI FRATERNITÀ!

MAESTRO VENERABILE
La nostra forza risiede nella nostra Fraternità. Così se questa rimarrà sal-
da, nessuna azione proveniente dal mondo esterno potrà mai disturbare il
nostro equilibrio. È un vincolo che non solo lega l’uomo con l’uomo ma lo
spirito con lo spirito; e siccome lo spirito è immortale, la Morte non potrà
mai spezzarlo. La Fraternità è, nei limiti della Legge Perfetta, un pegno di
aiuto reciproco al conseguimento del Giusto e della Verità; un pegno che
deve essere adempiuto in qualunque tempo o parte dell’Universo che la
nostra anima possa raggiungere. Essa ci lega come Fratelli e Sorelle attra-
verso il tempo, attraverso l’eternità. Che ognuno di noi sia marcato con il
Sacro Sigillo della Fraternità, e che si possa restare sempre uniti attraverso
gli emblemi consacrati delle Acque Celestiali di Conoscenza.

Il Copritore suona un colpo di gong.


Il Maestro Venerabile discende dall’Oriente e si porta al centro del Tempio.

MAESTRO VENERABILE
Fratelli e Sorelle, la nostra uguaglianza è stata dimostrata, la nostra li-
bertà viene garantita, la nostra armonia è perfetta e tutti noi siamo pronti e
preparati per prendere il Pegno Solenne della Fraternità.

Il Maestro delle Cerimonie si avvicina all’Altare, prende il calice della


Fraternità e lo porge al Maestro Venerabile.

MAESTRO VENERABILE
Io mi impegno a mantenere fra noi la Fraternità eterna. Bevete il vino e
passate la coppa. Fratelli e Sorelle, in piedi.

Il Maestro Venerabile beve un sorso e porge il Calice al Maestro delle


Cerimonie che, con moto destrorso, offre la coppa a tutti i presenti parten-
354 I Riti Egizi II

do da coloro che sono all’Oriente. Al termine il Maestro Venerabile ritorna


al suo posto.

MAESTRO VENERABILE
Fratelli e Sorelle, sedete.
Fratello/Sorella Oratore, vogliate concludere i Lavori con una vostra al-
locuzione.

ORATORE
(procede con un breve discorso sulla Cerimonia appena celebrata).

Dopo l’allocuzione dell’Oratore.

MAESTRO VENERABILE
La Cerimonia dell’Equinozio di Autunno è finita.
Per l’autorità che mi avete conferito vi comunico che nella catena di
unione farò circolare la nuova parola di passo che resterà valida per i pros-
simi dodici mesi.

Si passa quindi alla sospensione dei lavori secondo le forme ordinarie.

Cerimonia eulogistica di servizio funerario

La pressoché totalità delle comunioni iniziatiche muratorie prevede una


cerimonia funebre da celebrarsi in caso di dipartita di un suo membro per
l’Oriente o per la Piramide Eterna. Esistono anche rituali di commemorazio-
ne dei defunti che prescindono dal funerale vero e proprio ma si limitano a ri-
cordare i membri dell’Officina o della Comunione scomparsi in precedenza.
Alcuni di questi rituali sono pregevoli ed altri sono di una banalità estre-
ma; va ricordato che a queste cerimonie è prevista normalmente la pre-
senza di soggetti profani come, ad esempio, stretti congiunti o amici del
defunto, per cui la cerimonia è sempre divisa fra la parte rituale, alla quale
possono presenziare solo Liberi Muratori, ed una parte irrituale (dal punto
di vista muratorio) a cui possono assistere i profani.
Anche i Riti Egizi sono dotati di questi cerimoniali e ne esiste una plu-
ralità facilmente reperibile in rete, per cui abbiamo scartato l’ipotesi di
riprodurre un testo alla portata di tutti.
Lo schema del Tempio per la celebrazione dell’equinozio di autunno.
356 I Riti Egizi II

Abbiamo quindi optato per la traduzione della “Eulogistic Ceremony for


Funeral Service” del Rito di Memphis, ovvero la Cerimonia Eulogistica
per il servizio funerario.
Il termine eulogistico potrà sembrare inconsueto ai più: la parola eulogia,
dal greco ευλογία, significa semplicemente “benedizione”, e nei Riti Egizi
esiste un grado chiamato Gran Eulogista di cui possediamo il rituale origi-
nale ma che, ahimé, è ancora in fase di restituzione assieme a diversi altri.
Il testo è interessante perché si tratta della cerimonia funebre dedicata non
a qualsiasi membro della comunione: il testo infatti precisa subito nella sua
prima riga che nessun Libero Muratore può essere seppellito con le formalità
del Rito di Memphis se non ha ricevuto il grado di Cavaliere Rosa+Croce.
La Loggia (in senso generale, ovvero di qualsiasi grado) di cui il defunto
era membro deve preventivamente essere aperta secondo l’antica e primi-
tiva forma con un ingresso in processione dove deve essere mantenuto il
massimo decoro.
L’ordine della processione funebre viene descritto nel testo a seconda
del grado in cui il funerale venga celebrato, in quanto, come sappiamo,
le denominazioni degli ufficiali variano a seconda che si lavori in loggia
simbolica o nei gradi filosofici o ermetici. Pertanto, a seconda dei casi, la
cerimonia verrà presieduta dal Maestro Venerabile nelle logge azzurre, dal
Saggissimo Maestro o dal Gran Comandante nei gradi filosofici ed in alcu-
ni ermetici e dal Sublime Dai nei gradi ermetici più elevati.
Particolari istruzioni sono date nel caso il defunto fosse insignito del
90° grado.
Per ragioni pratiche questa presentazione della cerimonia viene descritta
come se avvenisse in una loggia simbolica.

I lavori sono aperti in maniera ordinaria. Poi la cerimonia inizia con la pro-
cessione dei presenti che escono fuori dal Tempio e raggiungono nel Pronao (o
Sagrato) un sepolcro posto al centro della sala, sul quale sono deposti un’urna
ed un ramo di acacia. Il Maestro Venerabile si arresta alla testa del sepolcro, il
Primo Sorvegliante ai piedi, l’Oratore sulla destra ed il Secondo Sorvegliante
sulla sinistra. Gli altri fratelli si riuniscono in cerchio attorno al sepolcro.

ORATORE
“Io sono la resurrezione e la vita”, disse il Signore.

TUTTI
Amen. E così sia. E così sia.
Appendice 357

MAESTRO VENERABILE
Fratello Primo Sorvegliante, per quale motivo è stato preparato questo
sepolcro?

PRIMO SORVEGLIANTE
Rispetto per il defunto. Perché il corpo è la dimora ed il santuario dell’a-
nima. Perché il Supremo Artefice dei Mondi ha fatto l’uomo secondo la
propria immagine e perché i nostri membri mortali sono gli strumenti ido-
nei di una mente immortale. I quattro lari del sepolcro indicano le virtù che
dovrebbero caratterizzare la persona di ogni sublime Libero Muratore, e
cioè, come vi spiego, Reverenza, Verità, Giustizia e Purezza. Queste sono
opposte ai vizi che vorrebbero distruggere la libera muratoria e che sono
chiamati: Ignoranza, Falsità, Invidia ed Egoismo.
Il ramo di acacia è la vivificante vita che pervade tutta la natura, e l’urna rap-
presenta il tesoro intellettuale, ovvero l’anima immortale, che il corpo contiene.

MAESTRO VENERABILE
Cosa ci rimane da fare?

PRIMO SORVEGLIANTE
Depositare i resti mortali del nostro compianto Fratello nella loro dimo-
ra finale.

MAESTRO VENERABILE
Che sia fatto.

Il corpo del defunto viene depositato nel sepolcro da alcuni fratelli.

MAESTRO VENERABILE
Fratello Oratore, che la eulogia sia pronunziata.

ORATORE
Anche se l’acacia si piega prima della tempesta, e cade nelle acque che
mormorano ai suoi piedi, così è caduto il nostro beneamato Fratello. Il
dolore oscura i nostri volti ed i nostri occhi sono bagnati dalle lacrime,
perché abbiamo persono una luce brillante; i Maestri sono immersi nella
disperazione, i Compagni si lamentano e ovunque in mezzo al profano la
voce del dolore è udita! Egli non è più.
358 I Riti Egizi II

TUTTI
Non è più. Non è più. Non è più !!!!

ORATORE
Eterno ed immutabile Essere, la cui presenza colma l’immensità, la Tua on-
nipotenza, che opera attraverso la natura, porta innumerevoli cambiamenti. Ma
nulla è perduto, nulla è annientato: ogni atomo rimane e costituisce una parte
del grande insieme. Tu hai creato tutti gli uomini perché siano felici, ed hai
concesso loro una mente intelligente, le cui facoltà innate sono l’evidenza della
sua immortalità; e, se ben impiegate, capaci di rendere loro sempre più perfetti
e più idonei ad apprezzare la Tua grandezza e godere la Tua benedizione.
La Tua infinita saggezza ha così ordinato la natura che nulla nell’univer-
so può andare perdut, e le nostre anime non sono soggette ad annichilazio-
ne quanto i nostri corpi.
Grazie a te, o Essere Supremo, per la consolazione che ci hai dato rispet-
tando la futura esistenza delle nostre anime, che ci consente di mitigare il
dolore che proviamo in presenza del defunto.
Possa il nostro Fratello che ci ha lasciato riposare in pace e sorgere nella
gloriosa immortalità. Possa la sua anima godere la felicità che le sue virtù
gli hanno riservato.
Amen.

TUTTI
E così sia.

MAESTRO VENERABILE
Fratelli, cantiamo.
Tutti intonano l’ode funebre.

ODE
Fratello, tu te ne sei andato prima di noi,
verso la sfera da cui nessuno ritorma;
Ancora le care ombre del tuo ricorso sopra di noi
Dolce rimembranza della tua forma.

Come noi celebriamo con emozione


Nei nostri solenni, mistici riti,
la devozione della calma del tuo spirito libero
sorge dove invita il puro amore.
Appendice 359

Quando, inginocchiato, ogni fratello


Eleva la sua anima davanti a Dio,
possa spesso l’ombra della memoria librarsi
e colmare ogni anima di amore.

Possa il suo luminoso esempio aiutarci


A compiere i nostri doveri di Massoni
E quando la morte ci riporterà in polvere
Possa la Verità guidarci luminosamente ancora.

MAESTRO VENERABILE
Fratelli: alla volontà ed attraverso le azioni dell’Eterno di ogni tempo –
passato, presente e futuro – cui dobbiamo la nostra origine e la nostra vita;
e quando il nostro passaggio terreno sarà giunto alla fine, tutti noi dobbia-
mo tornare alla paterna fonte di ogni Creazione.
Noi non siamo altro che bambini nelle sue possenti mani – l’argilla dalla
quale, attraverso l’abilità del maestro, è stata modellata in forme di bellez-
za e diletto, i bianchi papiri sui quali possono essere incise parole d’oro di
Saggezza o gli insensati mormorii del profano.
Non siamo altro che le creature della Sua volontà. Come allora possiamo
presumere di definire, come con una squadra ed un regolo, l’estensione del
suo potere, i suoi attributi di amore, giustizia, ira o saggezza?
Noi siamo solo atomi nel piano della creazione, il nostro mondo stesso è
solo un piccolo granello nelle immense regione dello spazio infinito, ed il
nostro vero Universo non è altro che uno solo in mezzo a infinite migliaia.
Noi siamo adesso, così come era una volta questo povero, fragile emble-
ma di umanità. Quello che è oggi lui, presto lo saremo anche noi.
Da questo oggi silente Fratello una volta uscivano parole di eloquenza,
amore, devozione e amicizia. E ora, guardate! È questa la fine di tutta que-
sta bellezza, gloria, forza, ed intelletto, questa silente forma senza vita?
Non credete a ciò, fratelli miei. La morte è solo la fine di questa vita
terrena; dietro il suo portale si stende la terra dell’immortalità, dove liberi
dalle agitazioni di questa vita, purificati da ogni mortale passione, lo spirito
rinfrancato ascende ai palazzi benedetto, e gode per sempre nella gloriosa
luce che emana dal trono dell’Eterno.
Non stringiamoci, allora, attorno a questi simboli di tomba e di morte;
essi sono solo i frammenti spezzati di quella forma in cui il lavoro di perfe-
zione è stato organizzato e completato dal Grande Artefice.
360 I Riti Egizi II

CAPITANO DELLA GUARDIA1


Ora io depositerò sul nostro fratello defunto questo ramo di Cipresso,
simbolo di morte e di eternità. Attenzione, Fratelli, sguainate le spade.

Tutti i presenti sguainano la spada e la stendono verso il sepolcro, tenen-


do il cappello nella loro mano sinistra.2

PREGHIERA
Onnipotente! Onnisciente! Onnipresente!
Dio del Cielo e della Terra. Tu hai voluto chiamare da questo mondo
terreno lo spirito del nostro caro Fratello, i cui resti mortali noi adesso affi-
diamo al seno della nostra comune madre terra.
Noi ti imploriamo perché Tu, Onnipotente, possa riceverlo così puro e
virtuoso come era prima che tu gli concedessi un breve passaggio su questa
terra.
Abbi pietà e amore verso coloro che si è lasciato alle spalle. Guarda
benignamente verso la vedova e gli orfani che dovranno combattere con le
fatiche, i problemi e le tribolazione di questa transitoria esistenza.
Benedici il nostro Rito e tutta la famiglia umana, assicuraci che nel Tuo
nome, o Onnipotente Essere, la virtù possa custodire il nostro beneamato rito
ed eleva ogni nostra parte di intelletto; e quando la morte, la grande livella di
ogni umana grandezza, avrà posato il suo sipario di sabbia attorno a noi, quan-
do l’ultima freccia del nostro mortale nemico sarà stata scoccata e l’arco di
questo potente conquistatore sarà rotto dal braccio di ferro del tempo, quando
hai dichiarato, o Signore, che non ci sarà più tempo, quando, per questa vitto-
ria, Tu hai sottomesso ogni cosa a Te stesso, allora, o Dio, possiamo noi rice-
vere il premio della nostra virtù attraverso l’acquisizione del possesso di una
immortale eredità in quei palazzi celesti velati ad ogni occhio mortale, dove
ogni segreto della libera muratoria sarà aperto per non essere mai più chiuso.
Allora, noi Ti preghiamo, o Supremo Artefice dei Mondi, di accoglierci
nel Tuo Celeste Santuario, dove la pace, la conoscenza e la pienezza di
tutto ciò che è buono regnano eternamente su un mondo senza fine. Amen

1 In Loggia Simbolica questa figura in genere corrisponde al Grande Esperto.


2 Ricordiamo che anticamente i Maestri portavano il cappello.
Appendice 361

TUTTI
E così sia.

MAESTRO VENERABILE
La morte ha steso un velo doloroso sopra la nostra famiglia nel portarci
via un fratello che amavamo. Una segreta emozione che non posso repri-
mere mi sta agitando quando sto alla testa di questo sepolcro aperto e penso
come egli fosse così intimamente associato ai nostri lavori, ed è con diffi-
coltà che riesco a convincermi che il suo spirito sia tornato al suo Creatore
e che la sua forma virile sta ritornando alla polvere dalla quale è venuta.
Io conosco il luttuoso dovere che incombe su di me e così unisco il mio
dolore al vostro.
Da quando il Supremo Artefice dei Mondi ci ha chiamato all’esistenza, que-
sta deve, secondo i suoi piani, essere una benedizione, e sino a quando egli
non vi porrà termine, noi non possiamo, senza contraddirci, pronunziare questa
parola come fosse un male. Io non esito ad affermare che la paura della morte
è stata instillata in noi come instinto di conservazione; ma questo si riduce con
l’avanzare degli anni mentre sentiamo l’amarezza del tempo e dell’esperienza.
Tale è il linguaggio della ragione, ma il cuore dice di più; soffrire per noi
stessi o per il prossimo è l’essenza di ogni essere ben formato, il cui cuore non
si irrigidisce davanti ai naturali affetti ed ai sentimenti di amicizia. La comune
lezione dell’esperienza ci insegna che nella vita il bene predomina sul male.
Qualunque sia la durata del nostro cammino terreno, è indegno di un vero
Libero Muratore il temere la sua inevitabile fine. Sia egli fortunato o meno,
l’uomo cui nulla si può rimproverare non conosce la paura della morte;
solo i deboli temono di dover contemplare la loro ultima dimora, solo il
malvagio teme di morire. Ma, anche se la morte non è un male per l’uomo
virtuoso, come lo è invece per quegli amici che perdono l’oggetto dei loro
affetti. Ahimé. Tra le fuggitive consolazioni che ci rimangono, in mezzo ai
nostri dispiaceri, come fiori nel deserto, quale tesoro è più prezioso per noi,
più invidiabile, di quell’affettuoso e tenero sentimento che raddoppia le no-
stre gioie e allevia il nostro dolore? Chi può sopportare un’esistenza pribva
di questo inesprimibile fascino? L’immortalità stessa sembrerebbe inutile a
questo prezzo; per questo non è forse l’amicizia la più dolce consolazione,
il più lumino ornamento, il più amabile fiore della vita?
Amicizia! Fratelli miei, nel pronunziare il suo sacro nome alla testa di
questo sepolcro aperto, io sento sciolte le corde del mio cuore, la fermezza
che il mio ruolo impone sembra avermi lasciato.
Una nube scura copre la mia vista, e l’universale oscurità che mi circonda
sembra essere entrata nei più profondi recessi della mia anima. Sì, caro e fedele
362 I Riti Egizi II

amico, noi ti abbiamo perduto ma resterai sempre nella nostra memoria, i tuoi
fratelli non riescono ad accettare che tu ci abbia lasciato per sempre; ogni cosa
ci farà ricordare di te; ogni gradino che saliremo nel Tempio ci ricorderà i tuoi
passi, i suoi muri ci parleranno di te. E questo solenne momento, in conformità
al Rito che era sacro ai tuoi occhi, mentre stiamo per pronunziare il nostro ul-
timo saluto di addio, noi pensiamo che la tua onorata ombra sorga dalla tomba
per cogliere il tributo delle nostre lacrime e ricevere, tra l’incenso e i fiori,
l’omaggio che l’Amicizia rende alla tua virtù.
Fratelli Primo e Secondo Sorvegliante, annunziate alle vostre colonne
che stiamo per bruciare il sacro incenso e deporre fiori sul sepolcro del
nostro fratello.

I due sorveglianti eseguono l’annuncio. Il Maestro Venerabile getta


dell’incenso sul fuoco e dice:

MAESTRO VENERABILE
Possa l’anima del nostro amato Fratello ricevere la ricompensa della sua
rettitudine.

Il Maestro Venerabile, seguito dai due Sorveglianti, fa tre giri attorno al


sepolcro ed ogni volta vi depone dei fiori.

MAESTRO VENERABILE
Fratelli unitevi a me per formare la catena di unione.3
Restiamo uniti in questa sacra catena e che la Fraternità ci consoli per il
solo reale dolore che essa può infliggere ai cuori virtuosi.
Fratello, adieu per sempre.4

PRIMO SORVEGLIANTE
Fratello, adieu per sempre.

SECONDO SORVEGLIANTE
Fratello, adieu per sempre.

3 Il testo originale fa un accenno al rituale di Principe Rosa+Croce che qui è stato


soppresso, in quanto si ipotizza che la cerimonia si svolga in una loggia simbolica.
4 La parola adieu è in francese nel testo originale in inglese.
Appendice 363

MAESTRO VENERABILE
Noi seguiremo secondo il corso ordinato dalla Natura, e possiamo noi un
giorno essere pianti come lo sei tu oggi.

Il Maestro delle Cerimonie porge al Venerabile una ciotola che contiene


un poco di acqua colorata e questi versa la libagione sul sepolcro.

MAESTRO VENERABILE
Avete appena udito l’ultimo saluto al caro Fratello, la cui memoria non
perirà mai nei nostri cuori ed avete subito onorato il debito di amicizia e di
gratitudine; ma voi vi allontanerete dallo spirito del nostro ordine e dall’og-
getto della libera muratoria, se il dolore spingerà fuori dal vostro cuore le
più consolanti verità che possono risvegliare la nostra meditazione. Il do-
lore ha le sue allusioni, come le hanno tutti i sentimenti del cuore umano;
quando noi ci incontriamo alle spalle dei resti di coloro che ci erano cari,
noi piangiamo ma per noi stessi, perché per le persone che abbiamo ap-
prezzato sono alleviate solo con la morte da quei mali che sono inseparabili
dalla vita umana; e quando essi avranno adempiuto ai loro doveri terreni,
godranno, nel seno dell’eterno riposo, il premio che la Divina Giustizia
accorda alla virtù.
Se questa verità è applicabile ad ogni uomo, noi l’accoglieremo lieta-
mente nei nostri Templi.
Il vero Libero Muratore, che paga il suo tributo finale alla Natura, adem-
pie alla grande ed ultima prova della sua iniziazione, e l’oscurità della tom-
ba che lo accoglie non lo terrorizza, perché sa che verrà cambiata l’edificio
dell’eterna luce e della pace senza fine.
Illustri Ufficiali e Fratelli, unitevi a me nella più solenne acclamazione
nella celebrazione del trionfo della virtù, che è stata acquisita dal nostro
Beneamato Fratello.

Tutti eseguono la batteria di nove colpi a gruppi di tre cui segue un


gruppo di tre colpi. Il tutto ripetuto due volte. Dopo ogni gruppo di 9+3 si
alzano le mani al cielo.

MAESTRO VENERABILE
Supremo Artefice dei Mondi, Padre della Natura, Eterna sorgente di
ogni perfezione e di ogni virtù, noi, i Tuoi servitori, siamo qui riuniti per
rendere l’ultimo tributo al Fratello che ci ha lasciato.
Possa questa solenne occasione insegnarci l’importanza di essere sem-
pre vigili, perché non sappiamo quando la silente messaggera verrà da noi.
364 I Riti Egizi II

E quando saremo a nostra volta chiamati, possa essa trovarci preparati


ad entrare nella Tua eterno Loggia, dove il peccato e la morte sono ignoti
e dove noi possiamo incontrare quelli che se ne sono andati per primi, e
con loro godere quell’eterno riposo che Tu hai promesso a tutti i Tuoi figli.
Amen.

Alla fine della cerimonia i presenti rientrano nel Tempio per la chiusura
dei lavori.
ALCUNE (BREVISSIME) CONCLUSIONI

Giunti alla conclusione di questa disamina storica che crediamo di poter


onestamente definire sufficientemente approfondita, esaustiva e (soprat-
tutto) adeguatamente documentata, reputiamo opportuno lasciar trarre le
debite conclusioni ai lettori. Se essi ci hanno letto con attenzione e, con
altrettanta cura, hanno esaminato i numerosi documenti che abbiamo loro
sottoposto, non potranno che giungere alla seguente conclusione: tutto ciò
che proviene dalla “fusione a freddo” del 1881 è certamente, in massi-
ma parte, poco attendibile, sia per le modalità (che abbiamo ampiamen-
te illustrato) con le quali tale “fusione” avvenne, sia per le innumerevoli
ed estremamente complesse vicende legate alle molteplici e spesso anche
fraudolente “successioni”verificatesi.
Abbiamo visto che già dopo appena un solo anno dalla presunta “unio-
ne” del Memphis e del Misraim vi erano già tre persone che rivendicavano
una “Gran Jerofania Mondiale”: immaginiamoci quale possa essere lo stato
dell’arte a distanza di ben 135 anni da tali accadimenti!
Naturalmente noi siamo ben lontani dall’affermare che tutte le comu-
nioni che sono nate o nascano da tale “unione” siano “farlocche”, anzi; ne
esistono infatti (purtroppo non molte) di validissime e saranno poi coloro
che a tali comunioni sono interessati ad analizzare, se lo riterranno, le af-
fermazioni ed i documenti che esse espongono nei loro siti, riviste, etc.
Ci pare per contro di poter affermare che i Depositi iniziatici del Mizraim
di Napoli e di Venezia e del Memphis di Parigi e Palermo, trasmessi in al-
cuni casi separatamente fino ai nostri giorni o riunificati da Marco Egidio
Allegri (che a buon diritto definiremo perciò come PRIMO E LEGITTIMO
Gran Jerofante dei Riti di Mizraim e di Memphis unificati), per poi esse-
re trasmessi ai suoi LEGITTIMI successori (e, in tutta onestà, pensiamo
di aver fornito diversi elementi in proposito) siano quelli che offrano le
maggiori garanzie di linearità e regolarità di successione e di maggiore
fedeltà rispetto al Corpus Rituale, simbolico e operativo della primitiva
massoneria egizia.
366 I Riti Egizi II

Per nostra esperienza è oggi estremamente facile formarsi idee sbagliate


in ambito esoterico, e, di conseguenza cadere in pericolose “reti” a causa
della mancanza di notizie serie, attendibili e, soprattutto, documentate su
tali argomenti.
In assenza, perciò, di opere attendibili e di notizie VERIFICABILI,
spesso si è portati a prestare più ascolto semplicemente a coloro che urlano
più forte o a lasciarsi suggestionare da collari, sciarpe, grembiuli, varia-
mente combinati con “toni jeratici” o con roboanti affermazioni di “primati
di legittimità”, ovvero dai vari “effetti speciali” destituiti da qualsiasi reale
contenuto che purtroppo assai spesso si riscontrano nel c.d. mondo esote-
rico.
Appare ad esempio assai curiosa la pretesa di “Gran Jerofania” avanzata
da personaggi ESPULSI dalle rispettive comunioni e miracolosamente “ri-
abilitati”, guarda caso, DOPO la morte di coloro che li avevano allontanati!
Appare altrettanto anomala, per fare un altro esempio di specie, la pre-
tesa legittimità di chi avendo ricevuto iniziazioni irregolari e ne sia consa-
pevole, continui, come se nulla fosse, a proseguire la propria attività arri-
vando a creare illegittimi suoi discendenti iniziando terzi a gradi che non
ha mai regolarmente ricevuto.
Riteniamo che, perlomeno nell’ambito della libera muratoria egizia, un
poco di chiarezza questo libro possa averla fatta, e ciò per noi rappresenta-
va un dovere in virtù del ruolo che entrambi rivestiamo in questo settore;
inoltre, se anche soltanto pochissimi lettori, dovessero ricevere da questo
nostro modesto lavoro lo stimolo per intraprendere quel cammino di perfe-
zionamento e di conoscenza che è la libera muratoria egizia, in un ambito
corretto e lineare, ciò rappresenterebbe per noi una soddisfacente ricom-
pensa per le nostre fatiche ed una vera e propria gioia.
Desideriamo inoltre ribadire, a beneficio dei lettori intelligenti e dei seri
cercatori dello Spirito che la VERA massoneria egizia è “operativa” e teur-
gica per origine, vocazione e prassi e che una “massoneria egizia” che non
risponda a tali caratteristiche evidentemente non è da prendere in conside-
razione! Le poche, pochissime (forse non più di 4-5 al mondo) Filiazioni
autenticamente regolari ben applicano tali principi e, essendo depositarie
degli antichi insegnamenti provenienti dall’antico Egitto hanno ben pre-
sente la perentoria affermazione del grande iniziato Giamblico:

Gli Egiziani non dicono che tutto è naturale, ma distinguono dalla natura
la vita dell’anima e la vita intellettuale, non soltanto a riguardo dell’universo,
ma anche nel caso di noi uomini; posti al di sopra l’intelletto e la ragione di
per se stessi esistenti, affermano che così sono prodotti gli esseri nel divenire
e conoscono la potenza vivente anteriore al cielo e la potenza che è nel cielo;
Alcune (brevissime) conclusioni 367

pongono al di sopra del cosmo un intelletto puro: in tutto il cosmo un intelletto


indiviso: un altro intelletto distribuito per tutte le sfere. E questo gli Egiziani
non lo fanno solo oggetto di speculazione teorica, ma invitano ad elevarsi,
tramite la teurgia ieratica, alle sfere più elevate, più universali, superiori alla
fatalità, fino al dio e al demiurgo, senza servirsi della materia e senza altro
aiuto che l’osservazione del momento opportuno.

(Giamblico: De mysteriis Aegyptiorum).

Coloro che comprenderanno il senso autentico di ciò comprenderanno


anche i fini della autentica libera muratoria egiziana!

Dalla sede della Grande Piramide, Zenith di Venezia,


il 10° giorno del mese di Panopat, stagione di Akhet,
dell’anno sacro 3.309 della luce d’Egitto.
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Finito di stampare
??? 2016
da Digital Team - Fano (PU)

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