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LA QUESTIONE

Maschile/femminile
secondo le Scritture
Anne-Marie
 Pelletier
Al lettore contemporaneo la Bibbia mostra con sicurezza la ne-
cessità di separare maschio e femmina: non per contrapporli,
ma perché vivano insieme. Il ruolo delle donne nella storia del-
la salvezza invita a esplorare le vie della relazione con l’uomo.

È noto che l’approfondimento contem- Anne-Marie Pelletier, studiosa


di ermeneutica e di esegesi biblica
poraneo della riflessione ermeneutica ci ha e vincitrice del premio Ratzinger
permesso di ritrovare alcune verità essenzia- 2014, ha insegnato nell’Università
di Parigi X e all’Institut Catholique;
li riguardo alla lettura della Bibbia che una attualmente insegna Sacra Scrittura
ed Ermeneutica biblica allo Studium
pratica unilaterale dell’esegesi scientifica della Facoltà Notre Dame del Se-
aveva finito per oscurare. In particolare, ne minario di Parigi. È autrice, fra l’al-
tro, di La Bibbia e l’Occidente (1999),
risulta evidente che la nostra relazione con le Il Cristianesimo e le donne (2001),
Scritture non si esaurisce nel fatto che le leg- Creati maschio e femmina. La diffe-
renza, luogo dell’amore (2010).
giamo. Esse stesse, simmetricamente, hanno
come finalità quella di “leggere” il loro lettore, di scoprirlo a se stesso,
di immetterlo in un moto di conversione, quando egli accetta di porsi
sotto la loro autorità. Nello stesso tempo, ci diventa manifesto che la po-
tenza di senso del testo è direttamente proporzionale agli interrogativi
Vita e Pensiero 52014

che gli rivolge il suo lettore. Per rilasciare la Rivelazione di cui è portato-
re, il testo ha bisogno di essere aperto da un lettore solido. Intendiamo
con questo un lettore che esiste come soggetto personale, radicato nel
concreto della sua condizione e del suo tempo. E intendiamo anche un
lettore che ha abbastanza fiducia da credere che le Scritture non ven-
gano rovinate dagli interrogativi e dalle obiezioni che le nostre culture
contemporanee in continua mutazione possono loro rivolgere.
Nelle nostre società occidentali, il campo dell’antropologia è oggi in-
teressato da rilevanti processi di rimessa in discussione e revisione, che
sembrano sovvertire senza appello le rappresentazioni bibliche. I dibat-

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titi infuriano soprattutto intorno all’identità sessuata della condizione


umana. La deriva generalizzata dei punti di riferimento a cui assistiamo
scuote in modo del tutto particolare tale realtà. Sarebbe deplorevole limi-
tarsi alla preoccupazione di fronte ai pericoli che la situazione comporta.
Interrogando l’identità dei sessi, il nostro tempo permette di riportare la
luce su una zona mantenuta accuratamente in ombra in molte società.
Permette di identificare meglio un essenzialismo che rinchiude uomini
e donne in una dissimmetria, giocando evidentemente a detrimento di
queste ultime. E prendendo meglio le misure della violenza multiforme
e immemoriale che pesa sulle donne, il nostro tempo apre la prospettiva
di un progresso verso una maggiore giustizia. Ma, simultaneamente, ben
presto appare che le risposte che si pretende di dare ai disordini denun-
ciati fanno levare nuovi e temibili pericoli. In particolare, non c’è forse
una nuova forma di violenza, subdola ed estrema, nel confondere, persi-
no nel pretendere di cancellare, la differenza uomo-donna? Per rimedia-
re alle ferite che colpiscono la relazione tra i sessi, siamo forse obbligati
a dichiarare che la differenza è solo il prodotto artificioso delle culture,
che essa può e deve dunque essere superata? Quali risorse attivare per
superare lo scetticismo antropologico che impedisce di credere ancora
all’incontro felice e duraturo tra un uomo e una donna?
Ecco altrettante domande da porre oggi nel faccia a faccia con il testo
biblico. Non si tratta di cercare semplicemente in esso protezioni contro
il mare grosso o fuochi di sbarramento contro evoluzioni che ritenia-
mo pericolose. Un obiettivo più giusto sarebbe, ci pare, trasformare gli
interrogativi del momento in trampolino per acquisire verità che non
abbiamo ancora ascoltato nelle Scritture bibliche. In altre parole, oc-
corre accettare di credere che le scosse attuali abbiano potenzialmente
il potere di far sorgere rilievi nuovi in seno alla rivelazione biblica. In
modo esemplare, a nostro parere, la questione uomo-donna risuona nel-
Anne-Marie Pelletier

la Bibbia con una ricchezza di senso che non abbiamo ancora valutato
pienamente, ma che può appunto svilupparsi nel contesto presente. Le
brevi riflessioni seguenti vorrebbero dar corpo a tale convinzione.

Pensare
 la differenza
La questione è evidentemente di piena attualità, dato che in diversi
modi le nostre culture tendono a cancellare le frontiere, a sostituirle
con continuità tra mondo della materia e mondo del vivente, e poi,

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in quest’ultimo, tra le diverse modalità del vivente. Così accade con


le polemiche che oggi contestano l’idea che vi sarebbe una rottura
essenziale tra condizione umana e condizione animale. Ma accade
anche per le prospettive aperte dalla biochimica o da una roboti-
ca dalle ambizioni prometeiche. Non vi è dubbio che la pregnanza
dello spirito scientifico nella nostra post-modernità sia un fattore di
tali evoluzioni, se è vero che quanto caratterizza la scienza è proprio
trasformare ciò che descrive oltrepassando il registro del singolare,
e quindi cancellando le differenze. Ma tale confusione delle frontie-
re è evidentemente ipso facto confusione e perdita delle identità, ivi
compresa la divisione che articola l’umanità nel faccia a faccia del
maschile e del femminile.
Indiscutibilmente, le Scritture bibliche contrastano tale logica. Ma
ne abbiamo davvero potuto prendere coscienza prima che la psicoa-
nalisi mettesse in guardia sul ruolo fondatore della separazione o che,
all’inverso, il rifiuto diffuso delle differenze ci costringesse a interro-
gare con più attenzione il testo? Oggi abbiamo modo di vedere me-
glio che creazione e separazione sono eminentemente solidali, come
mostrava già dagli anni Settanta il grande biblista francese Paul Beau-
champ nel commentare il primo capitolo della Genesi. A partire da
qui si chiarisce tutta una logica biblica profondamente diffidente nei
confronti di ciò che dà risalto alla mescolanza, all’ibrido, che tende
alla confusione e all’indistinzione. La convinzione, che si ritrova al
principio di tanti aspetti della legislazione biblica, è che la mescolanza
sia mortifera. Cancellare le frontiere riporta al caos originario, disfa
la creazione. Verità rilevante che deve servire da bussola nei dibattiti
odierni. Serve una differenza, uno scarto, perché possa sorgere la vita,
cioè la relazione. Ma, nello stesso tempo, il testo biblico prende atto
del fatto che il mondo di relazioni che suscitano i gesti creatori di
separazione è un mondo votato a vivere la prova della relazione. In-
contrare, infatti, positivamente e felicemente l’altro è necessariamente
una sfida. Con estrema finezza il testo della Genesi orchestra questa
realtà, facendo sfilare, a partire dal racconto della trasgressione, i con-
LA QUESTIONE

flitti o le perversioni che sorgono tra uomo e donna, tra fratelli e, sul
lungo periodo, tra comunità umane.
Per limitarsi alla relazione uomo-donna, si può rilevare una sotti-
gliezza particolarmente eloquente nel nostro tempo, nel quale circo-
la l’idea che uomini o donne si diventa solo attraverso l’imposizione

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di stereotipi culturali o addirittura, scherzano alcuni, per una scelta


che ormai potrebbe essere questione personale di ognuno. Il testo
biblico non dà sostegno né all’una né all’altra di queste prospettive,
ma comporta comunque un’apertura molto suggestiva. Ricordiamo
infatti che il primo capitolo della Genesi rievoca solennemente la
creazione dell’umanità “a immagine di Dio”. Ma lo fa in un ver-
setto (Gen 1,27) in cui la lettera del testo non comporta ancora le
parole “uomo” e “donna”. Vi si fa solo questione di “maschio” e
di “femmina”. Così, occorre che la lettura prosegua fino al secondo
racconto di creazione e alla misteriosa operazione chirurgica che,
nel linguaggio del mito, farà sorgere un “uomo” e una “donna”
esplicitamente designati in quanto tali (Gen 2,22). Senza tirare il
testo biblico dalla parte di teorie che gli sono estranee, converremo
che non è privo di interesse vedere la Scrittura prendere le distanze
da un essenzialismo rigido, per dar da pensare la realtà di una ela-
borazione delle identità. Così, appare chiaro che la differenza tra i
sessi posta nel primo racconto di creazione è solo una condizione
preliminare, in attesa del contenuto di umanità che renderà singola-
ri uomo e donna tra i viventi. Allo stesso modo dovremmo rilevare
l’incompletezza che caratterizza il primo faccia a faccia della coppia
umana messo in scena nel secondo capitolo della Genesi: la parola
che spunta in questo istante non riesce ancora a innestare la reci-
procità di un vero dialogo. Proprio per questo, l’incontro dell’uo-
mo e della donna secondo la Genesi ha potuto venire caratterizzato
come un «progetto etico» (A. Wénin), che Dio affida loro, perché
insieme siano «immagine» e «somiglianza» di Colui che li crea. Si-
multaneamente il racconto della Genesi verifica quella verità che ci
è divenuta familiare: cioè che si è veramente due solo in presenza
di un terzo. Nel nostro caso, bisogna che lo scenario di creazio-
Anne-Marie Pelletier

ne mantenga ed espliciti qui il riferimento al Creatore, che sta tra


uomo e donna, affinché il loro incontro entri nella sua giustezza.
Bisogna sottolineare che tutto ciò è detto senza dogmatismo, lungi
dalle rigidità di un’argomentazione speculativa. La messa in ope-
ra di alcuni grandi principi fondatori di un’antropologia biblica si
compie attraverso un discorso narrativo elastico, colorito, che man-
tiene un margine di enigma e di non detto. Se davvero l’umanità è a
immagine del Deus absconditus, come potrebbe la sua identità non
incorporare una parte incomprimibile di mistero?

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Pensare
 la storia al maschile e al femminile
Posta in risonanza con i dibattiti sociali contemporanei, la lettura
della Bibbia fornisce nuove sorprese. La narrazione della storia indi-
viduale e collettiva delle generazioni d’Israele è naturalmente piena
della presenza di donne, di cui innegabilmente si parla nel contesto
di una cultura patriarcale, che nega loro pressoché ogni diritto. Il che
spiega perché le loro tracce nella memoria biblica siano ben più pal-
lide e labili di quelle degli uomini. Molte di loro semplicemente non
hanno nome e sono identificate soltanto in relazione con un padre,
un marito, un figlio o un concubino… Certo, alcune compaiono in
episodi tanto smaglianti da essersi fissati nella memoria ed essere an-
cora ben vivi nell’immaginario dell’Occidente. Ma ecco che sotto la
luce radente delle nostre letture diventate attente alla questione delle
donne, appare chiaro che le figure di Giuditta, di Susanna, di Rut o
della Samaritana sono ben lungi dall’esaurire l’inventario. Lo sguar-
do scopre tutta una gamma di destini femminili molto più variegati.
All’ombra delle grandi figure maschili che dominano la storia patriar-
cale o regale, ma anche il mondo profetico, spuntano ruoli femminili
che si rivelano determinanti, anche se il loro riconoscimento dipende
talvolta dalla lettura di un palinsesto. Così, è evidente che le promesse
ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe finiscono per realizzarsi solo
perché delle donne – le matriarche che la tradizione ebraica volentieri
onora – accolgono nel loro seno la potenza di vita divina che ha la
meglio sulla sterilità umana. In modo analogo, Mosè deve certo la sua
esistenza al progetto divino dell’Alleanza. Ma questo si realizza solo
grazie a una congiura di donne – che si tratti delle levatrici d’Israele,
della madre e della sorella di Mosè, della figlia del faraone – che si
alleano contro i pensieri omicidi del faraone e uniscono i loro sforzi
perché viva l’Eletto di cui Dio farà il liberatore e il pastore del suo
popolo.
Indotto a interrogare la relazione uomini-donne, il lettore scoprirà
nelle Scritture ancora altre forme di presenze femminili dissimulate
nell’ombra dei ruoli maschili. È così che l’esegesi contemporanea met-
LA QUESTIONE

te in luce un profetismo biblico ben più ampio di quello cui siamo abi-
tuati a pensare prendendo in considerazione solo i profeti scritturali.
Questa esegesi restituisce così una sorprendente cornice che mette in
risalto, alle soglie di quel che si è convenuto designare come “profe-
zia prima”, la figura di Maria [la profetessa sorella di Aronne, NdT],
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mentre al suo termine è posta quella di Culda, la profetessa che il re


Giosia consulta nel momento della scoperta del rotolo del Tempio.
Appare chiaro, di conseguenza, che la storia della rivelazione bi-
blica va decisamente oltre la narrazione del suo versante pubblico,
occupato essenzialmente da uomini. Certo, i redattori dei testi hanno
rivolto la luce essenzialmente su questi ultimi. Ma per chi sa leggere
senza disprezzare le zone meno illuminate, diventa evidente che sono
delle donne a tessere in pari grado la storia d’Israele come Dio la gui-
da. Fare tale constatazione non significa dare sostegno a una percezio-
ne patriarcale che mantiene le donne all’ombra degli uomini, giustifi-
cando il fatto che esse siano tenute lontane dai luoghi d’iniziativa e di
decisione. Potrebbe significare, al contrario, rendere più sensibile la
realtà della nostra storia umana, facendo riconoscere che essa non si
esaurisce in quel che si osserva alla superficie, ma si genera e si realizza
in modo ancora più decisivo in una profondità con la quale le donne
sono in affinità e di cui diventano in tal modo il segno e il richiamo
ancor più prezioso in società dove l’iniziativa e l’efficacia sono spesso
attribuite esclusivamente agli uomini.

Il
 Cantico dei cantici rivisitato
Un’ultima segnalazione alla ricerca di punti di riferimento riguarda
la storia dell’interpretazione di quel libretto sorprendente che è il
Cantico dei cantici. Sappiamo quanti interrogativi ha suscitato la pre-
senza nella Bibbia di questo canto a due voci, dove un uomo e una
donna si cercano, s’incontrano, si celebrano con una libertà e una ric-
chezza di espressione sensuale che fiorisce in poesia pura. È noto an-
che che la tradizione cristiana, dopo quella d’Israele, vi abbia trovato
una risorsa inesauribile per meditare l’Alleanza e in particolare il mi-
Anne-Marie Pelletier

stero della Chiesa chiamata a entrare in dialogo d’amore con il Cristo


da cui è generata. Sul libro poggia una tradizione di mistica nuziale
che tende a evocare, per quanto è umanamente possibile, l’esperienza
intima dell’amore di Dio. La lettura allegorica che sta alla base di tale
interpretazione ha dato luogo a una letteratura spirituale grandiosa
la cui fede continua a nutrirsi al contatto di Origene, di Bernardo, di
Giovanni della Croce, di Teresa d’Avila e di tanti altri. Senza rinnegare
nulla della grandezza di tali letture, dobbiamo però rammaricarci che
esse abbandonino troppo presto l’esperienza antropologica che serve

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da riferimento alle realtà spirituali che esse orchestrano. Come se tale


esperienza d’umanità non fosse che un gradino da superare veloce-
mente verso una prospettiva più alta.
Di nuovo, la nostra modernità fornisce in proposito una fortunata
novità. Se è vero che dopo l’età classica alcune letture hanno esaltato
polemicamente una lettura letterale che rovina il senso spirituale della
tradizione, è non meno vero che è ormai possibile leggere pienamente
il senso letterale antropologico integrandolo al messaggio spirituale
del libro: appare allora che il testo più eminentemente “mistico” è
anche quello più risolutamente umano, e viceversa. Evidenza che re-
stituisce alla relazione uomo-donna un valore inestimabile, poiché la
fa riconoscere come la più adeguata alla rivelazione di quel che Dio
vuole e fa nella sua relazione con l’umanità. E nello stesso tempo di-
venta chiaro che tale relazione è da subito implicata dalla ri-creazione
che il Vangelo annuncia. Sono l’uomo e la donna, che s’incontrano
nella potenza di vita del Risorto, a diventare, al centro dell’intera cre-
azione, testimoni dell’amore in cui Dio si rivela. La nota di pienezza
giubilante di cui vibra quel libretto, accompagnando la parola degli
amanti con canti d’uccelli, corse di gazzelle, effluvi inebrianti, orienta
il lettore verso la realtà di un compimento. Così queste parole, che
mettono in scena come mai altre la relazione fra maschile e femminile,
si stendono, fra Genesi e Apocalisse, come promessa misteriosa del
fatto che la bontà dell’origine sarà la verità del termine.
Questo percorso sicuramente troppo rapido e allusivo avrà forse
permesso di chiarire un po’ una realtà rilevante del Nuovo Testamen-
to: la salvezza che esso annuncia è intrinsecamente implicata dalla
differenza tra i sessi. E questo non per confermare la dissimmetria
che discorsi teologici o esegetici poco disinteressati hanno argomen-
tato nel corso dei secoli cristiani. E nemmeno per dichiarare che la
differenza uomo-donna sarebbe semplicemente soppressa nel Cristo,
come suggerisce un’interpretazione un po’ frettolosa e disinvolta di
Gal 3,28 («non c’è maschio e femmina»). Qui siamo piuttosto di fron-
te a una trasfigurazione di tale relazione. Certo Gesù viene al mondo
LA QUESTIONE

in una carne maschile; nessuno può essere umano sfuggendo alla legge
che vuole che lo sia come uomo o come donna. Ma, così facendo, non
viene né a rivelare Dio come un maschio, né a porre la parte maschile
dell’umanità in una posizione di autorità sovrastante, né a mettere fine
a una differenza antropologica che fonda la nostra umanità. Fonda-

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mentalmente, viene a suscitare, come suo interlocutore faccia a faccia,


quell’umanità ricostituita che è la Chiesa formata di uomini e di don-
ne, alla quale il Vangelo in modo sorprendente dà per riferimento e
modello una serie di figure di donne. Come Marta e Maria, come la
vedova che mette tutto quanto possiede nel tesoro del Tempio, come
la donna del racconto giovanneo che unge i piedi di Gesù prima della
Passione, o ancora come le donne che restano sole ai piedi della Croce
quando tutti se ne sono andati, e che saranno le prime ad accorrere al
sepolcro. Come ancora Maria Maddalena, chiamata a essere apostolo
degli apostoli. Come infine – segno più grandioso di ogni altro – la
Vergine Maria, in cui si rivela la sconvolgente cooperazione fra Dio
e l’umanità al principio dell’opera di salvezza. Altrettante realtà da
scrutare e da accogliere per trovare le vie di una giustezza – e anche
di una giustizia – della relazione fra i sessi, che rimane un compito
attuale della Chiesa.

(Traduzione di Mario Porro)


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