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La Chiesa e le donne:
l’ora dell’eguaglianza
Anne-Marie
Pelletier e Lucetta Scaraffia
La priorità è rompere con le discriminazioni e le ingiustizie del passato,
come voleva Gesù. Vanno riscoperte la generosità e la libertà della
prima comunità cristiana e recuperata l’equa condivisione delle re-
sponsabilità e dei doveri tra uomini e donne. Avremo donne cardinale?
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oggi vengono viste sotto una luce positiva, vengono celebrate, glori-
ficate, persino esaltate rispetto agli uomini. Nell’ultima parte del XX
secolo, abbiamo assistito alle dichiarazioni del Magistero sulla “digni-
tà della donna”, arrivando persino a definirla «pedagoga (maestra)
dell’umanità» (cfr. l’inventario dei testi di papa Giovanni Paolo II re-
datto nel 1999 da Patrick Snyder, La femme selon Jean-Paul II, Fides).
In ogni caso, la complementarità dei sessi è ormai diventata una pa-
rola di moda. Il fatto è che la complementarità non fa che riproporre
la tradizionale disuguaglianza gerarchica. Le donne vengono celebra-
te per la loro interiorità, per la loro capacità di umiltà considerata
mariana, per la loro volontà di servire (il “genio” del loro sesso, si
dice), e così facendo vengono tenute a distanza di sicurezza dall’eser-
citare qualsiasi autorità attraverso la parola, l’insegnamento, la predi-
cazione e la santificazione. Questo è soprattutto il caso della teologia
moderna, che attesta le due dimensioni principali all’interno della
Chiesa istituzionale: la prima è quella petrina, portatrice dell’autorità
maschile fondamentale, e l’altra è quella mariana, le cui connotazioni
mistiche si crede possano sovrastare la prima, ma dalla quale invece è
tenuta ben separata.
Questo problema – che manda in crisi gli uomini che non sono
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verità, così noi dobbiamo consacrare il nostro discorso sui sessi par-
lando della loro portata solo dopo aver stabilito, e affermato risoluta-
mente, un’unica identità battesimale fondata sull’insuperabile dignità.
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Per affrontare il tema del sacerdozio femmi- Lucetta Scaraffia, storica e gior-
nalista, ha insegnato Storia con-
nile, o per meglio dire il tema della sua im- temporanea presso l’Università La
possibilità all’interno della Chiesa cattolica, è Sapienza di Roma. Ha fondato e
diretto l’inserto mensile «Donne
necessario porsi due questioni fondamentali. chiesa mondo» de «L’Osservato-
In base a quali criteri giudichiamo il rappor- re Romano» dal 2012 al 2019. La
sua più recente pubblicazione è il
to della Chiesa stessa con la sua componente romanzo La donna cardinale (2020).
Con Vita e Pensiero ha pubblicato
femminile? E se lo facciamo in base ai mo- La santa degli impossibili (2014), Don-
derni standard di eguaglianza e di pari op- ne, chiesa, teologia (2015, a cura di),
Pregare. Un’esperienza umana (2015,
portunità tra donne e uomini, non rischiamo con Franco La Cecla), Francesco. Il
papa americano (2017, con Silvina
forse di dare troppa importanza al condizio- Pérez).
namento sociale? Una religione, e in parti-
colare quella cristiana, non è una morale, ma nasce da una rivelazione
e obbedisce a una tradizione, e di questo noi dobbiamo tenere conto.
Come cristiani, non ci mancano certo gli argomenti interni alla tra-
dizione evangelica per rintracciare indicazioni sicure e chiare a que-
sto riguardo. Alle donne Gesù riconosce eguale – e talvolta persino
superiore – capacità di comprensione spirituale, e affida loro missio-
ni complesse e difficili. Se non affida loro il sacerdozio non è certo
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perché le considera inferiori, né per l’influsso degli usi sociali del suo
tempo, perché più di una volta, e proprio a proposito delle donne, è
capace di sovvertire questi stessi usi con coraggio. Possiamo dedurne
che Gesù voglia indicare per donne e uomini missioni di tipo diverso,
ma di eguale valore.
La storia della Chiesa, purtroppo, ci mette di fronte a un’altra re-
altà. L’esclusione delle donne dal sacerdozio è stata considerata prova
per sancire una loro inferiorità anche spirituale, e questo ha avuto
conseguenze nella vita della Chiesa stessa, dove le donne hanno svolto
per quasi due millenni compiti secondari, se non addirittura servili,
e dove la loro voce non è mai stata ascoltata. In altre parole, la loro
esclusione sta alla base della concezione di sacerdozio che ha prevalso.
Così il sacerdozio si è trasformato in ruolo di potere e in occasione di
carriera istituzionale, invece di essere servizio nei confronti dei fedeli.
Una mia amica monaca, a chi le chiede se vuole il sacerdozio fem-
minile, taglia corto e risponde: «No, voglio che non ci siano più sacer-
doti»; intendendo ovviamente il termine “sacerdote” come equivalen-
te di “uomo di potere”.
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solo da cardinali.
E non parliamo poi dell’assoluta subordinazione a cui sono costret-
te le collaboratrici laiche delle parrocchie, le insegnanti di catechismo
e nel complesso perfino le donne che – dall’esterno – s’interessano
della vita della Chiesa, come le giornaliste specialiste, in genere con-
siderate sempre meno importanti e interessanti degli uomini. Del re-
sto, una gerarchia totalmente maschile, e che non è abituata ad avere
rapporti con le donne, ovviamente preferisce, anche nei confronti dei
media, avere contatti con uomini.
In queste condizioni è difficile rendere credibile un discorso teolo-
gico e simbolico che riesca a giustificare il rifiuto del sacerdozio fem-
minile. Sembrano tutte ragioni inventate per giustificare una decisione
presa per altri motivi, e cioè per motivi di potere.
Penso invece che una reale apertura di ascolto e di collaborazio-
ne nei confronti delle donne renderebbe meno difficile da accettare
questa proibizione, e soprattutto avrebbe la funzione di attenuare,
se non proprio di azzerare, l’altissimo tasso di clericalismo che oggi
avvelena la vita dell’istituzione ecclesiastica. Le donne – le laiche per
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XXIII, quasi sempre vescovi) chi non sia stato ordinato sacerdote.
Si tratta però di una norma del diritto canonico, non di un dogma,
e neppure di un’antica tradizione, dal momento che non pochi sono
stati nella storia della Chiesa i cardinali che non erano stati ordinati sa-
cerdoti, come il celebre caso di Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI,
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che venne ordinato sacerdote solo una quindicina d’anni dopo essere
stato creato cardinale e aver ricoperto cariche importanti.
I cardinali costituiscono un collegio, una volta denominato “sacro”
e definito “senato del romano pontefice”, il cui principale compito è
quello di eleggere il papa, diritto di voto attivo riservato dal 1970 ai
cardinali che non abbiano compiuto ottant’anni. La presenza di figure
femminili in questo collegio garantirebbe una voce nuova nell’affron-
tare i problemi della Chiesa, e darebbe finalmente alle donne il ruolo
autorevole che meritano nella vita della comunità cattolica.
In passato si è detto che uno dei cardinali in pectore (quelli cioè
creati da un papa ma per motivi diversi non resi pubblici) nominati da
Giovanni Paolo II fosse una donna, e si è parlato di Chiara Lubich e
di madre Teresa di Calcutta. Non si è mai saputo se questa voce fosse
fondata, ma senza dubbio il fatto stesso che abbia circolato e che sia
stata ritenuta possibile – e soprattutto il fatto stesso che vi fossero can-
didate così autorevoli – fa capire come questa possibilità possa essere
praticata e accettata.
Percorrere questa via nuova, cioè aprire alle donne pur mantenen-
do l’idea della diversità di missione, deve essere una proposta che
nasce all’interno dell’istituzione ecclesiale, che trae origine dalle sue
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