BONETTI
Scuola di evangelizzazione
(in vista della formazione delle
comunit familiari di evangelizzazione)
INTRODUZIONE
La pubblicazione di questo testo non si propone di aggiungere nuove riflessioni sul matrimonio
e sulla famiglia a ci che gi abbondantemente lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa attraverso i
Pastori e numerosi testimoni religiosi e laici, ma ha lo scopo di mostrare come dentro affermazioni
teologiche precise vi anche una grande risorsa pastorale.
Mi riferisco esplicitamente a uno dei titoli pi usati per descrivere che cosa la famiglia: Chiesa
domestica. Non mi dilungo su questo argomento, mi basta citare il testo di R. Fabris, E. Castellucci,
Chiesa domestica (2009, ed. S. Paolo).
La realt che qui viene proposta, quella delle Comunit Familiari di Evangelizzazione (CFE),
una modalit concreta, accanto ad altre possibili, di dare consistenza pastorale a questa identit
specifica che ha la famiglia.
Questa esperienza si colloca al termine di un laboratorio pastorale promosso dalla Conferenza
Episcopale Italiana nel 2001 e concluso nel 2006, che aveva come prospettiva di individuare le
modalit pastorali con cui si pu esprimere la soggettivit della famiglia che scaturisce dal
sacramento del matrimonio.
Nel corso di questa sperimentazione si visto come, accanto alla chiamata degli sposi a
partecipare alle varie attivit pastorali (collaborazione nelliniziazione cristiana, nella preparazione
dei fidanzati al matrimonio, nella formazione permanente dei gruppi di sposi, nella dimensione
educativa, ricreativa, caritativa della parrocchia), vi un altro spazio di collaborazione della
famiglia per costruire la comunit parrocchiale: far Chiesa anche in casa. Ci significa mettere a
frutto la grazia sacramentale della presenza di Cristo con gli sposi, per far sperimentare loro lessere
Chiesa, non solo con i figli, ma anche con amici, parenti, conoscenti, colleghi, attraverso la
condivisione di alcune delle note essenziali del far Chiesa: preghiera, condivisione della fede,
ascolto della Parola.
Logicamente sempre un far Chiesa in piccolo perch nessuna Chiesa domestica pu esprimere
la totalit dellessere Chiesa, in quanto essa si esprime solo nellunit con il pastore attorno alla
mensa eucaristica. Perci sperimentare il far Chiesa in casa essere protesi verso lEucaristia
domenicale, l dove si compie il far famiglia in casa con il far famiglia grande, la famiglia
definitiva, quella dei figli di Dio, con un unico Padre, con ununica mensa: la Chiesa.
Quanto viene descritto in questo libro gi stato sperimentato nella parrocchia di Bovolone 1 e
ormai in numerose altre parrocchie della Diocesi di Verona e altre Diocesi dItalia.
Questa pubblicazione riporta i contenuti della Scuola di evangelizzazione, il primo passo per
realizzare le CFE in parrocchia.
La Scuola di Evangelizzazione non rivolta solamente alle famiglie, ma a tutti i fedeli che
desiderano non pensare pi a se stessi, che intendono prendersi a cuore e cura, nel proprio ambiente
di vita, delle persone che sono lontane dalla fede, perch non credono, non praticano o perch ne
hanno perso lentusiasmo.
Segnaliamo alcuni passaggi che rendono possibile questa esperienza:
1) Ricentrare la pastorale sulla presenza di Ges vivo e Risorto in mezzo a noi. Ci significa
trovare segni che aiutino la comunit cristiana a porre al centro dellattenzione la presenza di Ges
vivo, perch solo questa condizione pu aiutare gli sposi a riscoprire che Ges con loro e la
ricchezza conseguente di questa verit.
La modalit che si manifestata come la pi preziosa ladorazione eucaristica. Attraverso di
essa si riscopre la volont precisa di Ges di continuare la sua presenza in mezzo a noi.
2) Proporre la scuola di evangelizzazione a tutta la comunit, sollecitando linteresse di tutti per
comunicare la fede ad altri.
3) Proporre la scuola di evangelizzazione con scadenze e modalit che ogni pastore sapr
valutare seguendo il filo conduttore di questo testo.
1
www.parrocchiabovolone.it.
importante che allinizio di ogni incontro si proponga a tutti i partecipanti lesperienza della
preghiera di lode che successivamente nelle comunit familiari di evangelizzazione avr un ruolo
preminente. Per riscoprire la preghiera di lode e di ringraziamento, rimando al Catechismo della
Chiesa Cattolica, ai numeri 2637 e 2643.
Cos pure bene, fin dallinizio, educare allinvocazione dello Spirito Santo perch solo Lui
lartefice della vita della Chiesa.
4) Durante il percorso della scuola di evangelizzazione, spetta al sacerdote individuare alcune
coppie di sposi che, per la loro disponibilit, possano costituire comunit familiare nella loro casa.
A queste coppie di sposi verr dato un supplemento di formazione, per mettere ancor pi in
evidenza il legame tra il sacramento ricevuto e il far Chiesa in casa.
5) Terminata la scuola di evangelizzazione, proporre a chi desidera di costituire piccole
comunit (di sette, otto persone) attorno alle prime coppie di sposi.
6) Ogni comunit familiare di evangelizzazione pu iniziare il suo incontro settimanale
seguendo con scrupolosit lintero schema (che verr presentato in appendice), senza alcuna
aggiunta personale della coppia ospitante, in modo che lo stile sia poi successivamente ripetibile
anche da altre coppie di sposi.
7) Il sacerdote proporr attraverso una registrazione audio, la riflessione settimanale sulla Parola
di Dio. Ogni parroco sceglier, tra i brani della Bibbia, il percorso che aiuta maggiormente le
comunit familiari di evangelizzazione a crescere.
Inoltre dovr trovare il modo per avere stabilmente, direttamente o indirettamente, un riscontro
verbale o scritto (qualche parrocchia usa un piccolo schema di relazione) sullandamento delle
singole CFE.
8) bene che, circa due volte lanno, si proponga un incontro comunitario di tutte le CFE, per
un sostegno e confronto reciproco.
9) Il parroco seguir personalmente le singole coppie responsabili finch sono un piccolo
numero, poi successivamente, potr servirsi delle coppie di collegamento a cui faranno capo per
ciascuna, tre o quattro coppie responsabili.
10) opportuno da parte di tutti (sacerdoti e coppie responsabili) tenere vivo lobiettivo delle
comunit familiari che levangelizzazione: fare della Chiesa domestica la porta di accoglienza di
nuovi fratelli, per introdurli nella vita della Chiesa o rianimarli, qualora fossero membri stanchi o
delusi. Perci, tutti i membri della comunit, nella misura in cui gustano la bellezza della preghiera
insieme, della condivisione della fede, dellascolto della Parola, sono invitati tutti a diventare
evangelizzatori.
Doveroso il grazie che sentitamente viene rivolto a quanti hanno collaborato alla stesura di
questo testo in particolare a Richelli Osvaldo e Marta, a Balzanelli Cristian e a Barbirato Rossana.
Ma la gratitudine pi grande rivolta a tutti gli sposi che hanno accolto la chiamata del Signore,
aprendo la porta del loro cuore e della loro dimora per far Chiesa anche in casa, dimostrando che
possibile realizzare il progetto delle CFE.
Dobbiamo anche riconoscenza alla realt delle cellule parrocchiali di evangelizzazione2, per
aver sperimentato e diffuso una articolazione di quelli che sono gli elementi essenziali del far
Chiesa (cf. At 2,42): condivisione della fede, preghiera e ascolto della Parola, dalle quali si preso
spunto nella modalit e tempistica dellincontro settimanale di comunit familiare.
Di seguito vengono elencate le Diocesi nelle quali una o pi parrocchie hanno iniziato a
condividere tale esperienza (il dato corrisponde alle realt gi esistenti al momento della
pubblicazione del presente testo):
DIOCESI DI VICENZA: Parr. S.Abbondio S.Bonifacio
2
Esperienza pastorale nata nella parrocchia di S. Eustorgio (in Milano), grazie al parroco Piergiorgio Perini il quale ha
trasferito nella sua comunit unesperienza vista allopera in una parrocchia della Florida animata da una pastorale
dellannuncio attraverso il Sistema di cellule parrocchiali. Per coloro che desiderano conoscere questa nuova proposta
disponibile una pubblicazione: P. PERINI, (ed) Corso Leader, Manuale di evangelizzazione delle cellule parrocchiali.
Paoline, Milano 2008.
CAPITOLO I
LA FAMIGLIA PARTECIPA DEL MANDATO DI EVANGELIZZARE
sotto gli occhi di tutti il fatto che oggi le nostre parrocchie, salvo alcune eccezioni, fanno una
grandissima fatica a convertire nuove persone a Cristo. Limpostazione pastorale delle nostre
comunit parrocchiali, infatti, si riduce sostanzialmente a mantenere le posizioni, perch protesa
unicamente a tenere viva la pratica della fede in coloro che gi partecipano alle attivit parrocchiali.
Pur con tutti gli aspetti positivi che le nostre parrocchie sperimentano (con la variet e lintensit di
nuove proposte), esse sono strutturalmente autocentrate e nellimpossibilit di proporsi a quanti
non si presentano alle convocazioni promosse dal parroco o dai gruppi ecclesiali.
Ora, se tralasciamo il discorso sulle cause esterne (secolarismo, consumismo, ecc.) per
concentrarci, invece, su quelle interne per cui tutto ci accade, risulta evidente una stortura:
attualmente vengono spese la quasi totalit delle risorse umane e materiali di una parrocchia per un
unico obiettivo: costruire unadeguata e ben amministrata struttura nella quale i praticanti vengano
nutriti spiritualmente.
convinzione comune che, se si riesce a sfamare sufficientemente coloro che frequentano la
parrocchia, costoro poi saranno in grado di vivere unautentica vita cristiana e testimoniare cos la
fede ai non credenti.
Tuttavia i risultati non sono confortanti perch questa impostazione conduce in realt a far
prevalere, nella maggior parte dei praticanti, labitudine a ricevere continuamente e passivamente.
La loro fede in Cristo certamente si mantiene, ma rimane privata ed intimistica. Tanto che anche
quando, per esempio, vi la volont dei genitori di trasmetterla ai propri figli essi si trovano in
grande difficolt a dover passare dal piano della testimonianza a quello dellannuncio esplicito.
Constatiamo, dunque, che se ai credenti delle nostre parrocchie risulta ovviamente connaturale
partecipare a delle celebrazioni e a fare opere di carit, risulta, invece, innaturale non solo
evangelizzare i non credenti che essi conoscono, ma anche parlare della propria fede con i figli o
con altri credenti.
Tutto questo non deve stupire. Ci che oggi osserviamo deriva da unimpostazione pastorale che
concepisce lidentit del cristiano solo come, potremmo dire, uno stare il pi vicino possibile a
Ges. In realt, come sappiamo bene, lidentit del cristiano , s, stare con Ges, ma per poi
annunciarlo. Li chiam perch stessero con Lui [] e per mandarli a predicare (Mc 3,13-15). Di
questa frase del vangelo di Marco noi cristiani di oggi siamo consapevoli solo della prima parte (lo
stare con Lui); e crediamo che la seconda parte sia di pertinenza esclusiva dei sacerdoti. Ma tutti i
discepoli sono chiamati a donare agli altri ci che ricevono stando con Ges e cio Ges stesso.
Il cortocircuito nel quale siamo caduti ci ha resi cristiani che si nutrono continuamente senza
mai esercitare lazione per la quale ci nutriamo. Ci convinciamo addirittura che questo cibo ci serva
esclusivamente per darci una carica spirituale nellaffrontare la vita. Cos facendo, in realt,
indeboliamo la fede che abbiamo. La fede si rafforza solo in un modo: donandola3. La fede,
infatti, progredisce esattamente come lamore. Come vero che solo ponendo gesti concreti
damore facciamo s che si dilati sempre di pi in noi lesperienza stessa dellamore, cos per far
crescere la fede non si deve solo alimentarla (catechesi, formazione, ecc.), ma necessario
comunicarla, donarla anche se piccola.
Perci se le nostre parrocchie non crescono nel discepolato, ci dovuto anche al fatto che ai
lontani dalla fede non viene donata da coloro che gi avvertono la bellezza della sua presenza
nella loro vita la possibilit di sperimentare cosa significhi incontrare il Signore facendo parte di
una comunit che vive del e nel suo amore.
La coordinata essenziale che porta allincontro con il Signore coloro che ancora non lo
conoscono solamente lamore vicendevole che si respira allinterno di una comunit cristiana:
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13,35).
1. La Chiesa esiste per evangelizzare
Non si tratta, si badi bene di aumentare in parrocchia il numero dei catechisti o di formatori, ma
di tracciare la vera modalit per la realizzazione dellidentit del cristiano adulto nella fede.
Le nostre parrocchie devono necessariamente passare dal venite allandate. E dal vai tu
allandiamo tutti. Solo quando in una parrocchia la predicazione del vangelo ha la priorit
assoluta, allora tutti insieme percepiamo chi siamo: il popolo degli inviati, la luce ed il lievito del
mondo. Il cristiano scopre il significato della propria identit solo quando annuncia il Ges che ha
sperimentato cos come il fuoco tale quando brucia.
Una pastorale tesa unicamente alla conservazione della fede e alla cura della comunit cristiana non
basta pi. necessaria una pastorale missionaria che annunci nuovamente il vangelo, ne sostenga la
trasmissione di generazione in generazione, vada incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo
testimoniando che anche oggi possibile, bello, buono e giusto vivere lesistenza umana
conformemente al vangelo e, nel nome del vangelo, contribuire a rendere nuova lintera societ. (...)
questa oggi la nuova frontiera della pastorale per la Chiesa in Italia. C bisogno di una vera e
propria conversione, che riguarda linsieme della pastorale. La missionariet, infatti, deriva dallo
sguardo rivolto al centro della fede, cio allevento di Ges Cristo, il Salvatore di tutti, e abbraccia
lintera esistenza cristiana4.
Questa rivoluzione pastorale talmente importante che non pu nemmeno essere ridotta ad una
nuova stagione dellazione pastorale. un modo di essere imprescindibile ed ineludibile per una
comunit cristiana. Non esiste il momento in cui evangelizzare; si evangelizza sempre.
Paolo VI nellesortazione apostolica Evangelii Nuntiandi (ovvero Limpegno di annunziare il
vangelo), afferma
Evangelizzare la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identit pi profonda. Essa
esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia,
riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio di Cristo nella Santa Messa, che il
5
memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione .
Dunque la Chiesa esiste per evangelizzare. Equivale a dire che Ges esiste per salvare, per
amare. Sembra la cosa pi ovvia, pi logica, eppure spesso questo concetto non entra
profondamente e totalmente dentro di noi. Talora noi pensiamo che Ges esista solo perch ami noi
personalmente; invece Ges esiste per amare tutti.
Ha donato a noi il suo vangelo per raggiungere ogni persona. Per poter dire ad ogni persona: Io
ti amo. Ecco perch Ges chiama ciascuno di noi a prestargli la voce e il cuore per poter
abbracciare, per poter amare, per poter andare incontro ad ogni persona.
Egli ci fa sentire con lEucaristia un corpo solo con Lui proprio per farci sentire talmente intimi
a Lui da poterci chiedere personalmente: prestami il tuo cuore, le tue braccia, le tue gambe, per
dire al tuo amico, al tuo parente che Io lo amo e che sono pronto a salvarlo e a guarirlo!.
4
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 30 maggio 2004,
1. Si veda a questo proposito anche il LIBRO DEL SINODO DELLA DIOCESI DI VERONA, 14 maggio 2005, 96: Ripensare
una pastorale che sia missionaria e assuma, quindi, la forma e le esigenze di unevangelizzazione di primo annuncio.
Ibid., 137: La situazione della Chiesa veronese e di quella italiana provoca ad un cambio di prospettiva pastorale: da
una catechesi che mira a coltivare la fede gi sociologicamente in atto a un annuncio che propone la fede in termini di
primo annuncio. Dalla cura della fede, quindi, alla proposta di fede. Emerge cos lurgenza che la fede oggi, prima
ancora di essere sostenuta e coltivata, domanda un annuncio previo che la susciti.
5
PAOLO VI, Evangelii Nuntiandi, 8 dicembre 1975, 14.
Non possibile perci ascoltare la parola di Ges che ci dice Venite a me senza laltra che
invia: Andate e portate a tutti la buona notizia.
Anche Giovanni Paolo II allinizio del suo lanci un chiaro appello per una Nuova
Evangelizzazione durante il suo viaggio apostolico in Polonia6 e in seguito ne specific le
caratteristiche: Evangelizzazione Nuova nellardore, nei metodi e nellespressione7.
Nel documento Comunicare il vangelo in un mondo che cambia i vescovi italiani hanno
scritto:
La missione ad gentes non soltanto il punto conclusivo dellimpegno pastorale, ma il suo costante
orizzonte e il suo paradigma per eccellenza. Proprio la dedizione a questo compito ci chiede di essere
disposti anche a operare cambiamenti, qualora siano necessari, nella pastorale e nelle forme di
evangelizzazione, ad assumere nuove iniziative, fiduciosi nella parola di Cristo: Duc in altum8.
GIOVANNI PAOLO II, Omelia per la Santa Messa nel Santuario della Santa Croce di Mogila, 9 iugno 1979, 1-3.
GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla XIX Assemblea ordinaria del CELAM (Conferenza episcopale dellAmerica
Latina), 9 marzo 1983, 4. Cf. AAS 75 (1983) 771-779; GIOVANNI PAOLO II, Insegnamenti VI, 1(1983), 696-699.
8
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il vangelo in un mondo che cambia, 29 giugno 2001, 32.
7
pastore (Gv 10,16); Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse gi
acceso! (Lc 12,49); Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato (Gv 18,9).
Il discepolo, dunque, che vuole seguire il Maestro, deve prendere queste parole con estrema
seriet sapendo che, nellobbedienza o meno a questo inequivocabile comando, si gioca la sua
amicizia con Ges e la sua stessa salvezza.
Non un consiglio come quello, ad esempio, che d al giovane ricco: Se vuoi essere perfetto,
va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi (Mt
19,21). Agli apostoli non dice infatti: Se volete essere perfetti, dedicatevi allevangelizzazione.
Ges ha usato limperativo: Andate e predicate il vangelo ad ogni creatura! perci un
comando e come tutti i comandi esige obbedienza immediata.
Un esempio di obbedienza incondizionata quella di Abramo che, dopo aver ricevuto il
comando di Dio: Esci dalla tua terra e va verso il paese che io ti indicher (cf. Gen 12,1-4),
part come gli aveva ordinato il Signore senza la minima esitazione, e per la sua fede limpida
divenne padre di molti popoli.
Seguire un comando di Ges ci d la certezza che questa la volont di Dio. Quando si
evangelizza, si obbedisce a Dio, perch si compie la sua volont.
3. La famiglia, in quanto parola-immagine dellamore di Dio, ha ricevuto il mandato
ad evangelizzare
La futura evangelizzazione dipende in gran parte dalla Chiesa domestica9.
Questa espressione di Giovanni Paolo II, pronunciata allinizio del suo pontificato, riassume
decine e decine di interventi magisteriali, che si sono susseguiti dal Concilio in poi, sul ruolo
prioritario che compete alla coppia e alla famiglia, nella pastorale e nellazione evangelizzatrice.
Purtroppo a molti questi richiami sono apparsi esagerati. Se sono facilmente comprensibili i
motivi per difendere listituto matrimoniale, travolto sempre pi da una cultura solipsistica e
omofiliaca, non risultano altrettanto evidenti le giustificazioni che portano a considerare le coppie di
sposi cristiani come la principale risorsa di grazia per il futuro dellevangelizzazione.
In realt, la soggettivit specifica degli sposi non va ridotta alla ministerialit dei laici che
scaturisce dal battesimo. I coniugi nella Chiesa non sono semplicemente due laici che, tra le altre
cose, si sono pure sposati: la loro relazione, il loro noi, il loro essere una sola carne, la loro
comunione di vita e damore per la Chiesa un dono, un sacramento.
Per la Rivelazione cristiana la coppia uomo-donna la struttura comunionale nella quale Dio
Trinit ha voluto riflettere, certamente per noi in speculo et in aenigmate (1Cor 13,12)10, lintimo
di se stesso; infatti, il suo essere perfetta distinzione delle Persone divine e perfetta unit in un
GIOVANNI PAOLO II, Allepiscopato latino-americano in Puebla, 28 gennaio 1979, in Insegnamenti, II, 1979, 209.
Il matrimonio in questo senso eccede sempre la comprensione che di questo mistero abbiamo, e pi avanziamo nella
sua conoscenza pi ci avviciniamo a sfiorare il pi grande mistero: il cuore divino, il rapporto fra le Persone della
Trinit.
10
Amore infinito11, si riverbera nel mutuo rapportarsi e completarsi, nella tensione allunione e al
divenire una carne sola12 delluomo con la donna.
Proprio perch Dio ha voluto renderci partecipi della sua stessa intima natura, come ci ricorda
Giovanni Paolo II commentando il primo capitolo di Genesi, ha creato la coppia e la famiglia:
Il modello originario della famiglia va ricercato in Dio stesso, nel mistero trinitario della sua vita. Il
Noi divino costituisce il modello eterno del Noi umano; di quel Noi innanzitutto che
formato dall'uomo e dalla donna, creati ad immagine e somiglianza divina13.
11
dalla sua realt pi profonda che Dio ha creato l'uomo come maschio e femmina. Li ha pensati a sua immagine
e somiglianza e cio uniti pur nella distinzione e, anzi, uniti proprio in forza del loro essere distinti uno dallaltra. La
coppia umana, proprio a partire dalla distinzione sessuale dei corpi maschile e femminile, costituita quale forma
originaria di unit-pluralit e, come tale, partecipa a quella circolarit assoluta damore che il dinamismo
comunionale di unit-distinzione della Uni/Trinit. Dio, infatti, in se stesso tri/unitas, uno e trino. La sua specificit
di essere una sola natura, vissuta dalle tre Persone divine. Ma questa sua specifica realt Dio lha voluta
comunicare alla creazione umana. Il desiderio di Dio che la sua vita intima divenga modello e contenuto della vita
dellumanit che Egli stesso crea. Dio ha reso perci progetto creazionale il segno specifico della sua relazione
trinitaria. La famiglia , dunque, comunione scaturita dalla Trinit. In essa Dio vi ha espresso lintimo di s. Lha creata
tirando fuori ci che Lui dentro, per cui nella coppia/famiglia si ritrova lintimo di Dio: distinzione di persone
nellunit dellamore.
12
Se la creazione, infatti, in rapporto con la vita intima di Dio, il centro della quale luomo creato maschio/femmina
a Sua immagine, allora nellunione del corpo dei due possibile leggere lintenzionalit del Creatore. E quindi la
diversit dei corpi delluomo e della donna, premessa per il loro dialogo e il loro incontro, narra il desiderio di un
incontro che Dio vuole realizzare tramite il corpo del Verbo con le sue creature. Possiamo cos dire: Dio creando
luomo maschio/femmina svela il Suo desiderio di coniugarsi con lumanit. Plasmando luomo e la donna, Dio gi
guardava alla vera immagine del Verbo che si sarebbe incarnato, che avrebbe preso un corpo per unirsi allumanitChiesa.
13
GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie Gratissimam Sane, 2 febbraio 1984, 6. Cf J. RATZINGER, Lettera sulla
collaborazione delluomo e della donna nella Chiesa e nella societ, 31 maggio 2004, 6, 8-9: Il corpo umano,
contrassegnato dal sigillo della mascolinit o della femminilit, racchiude fin dal principio l'attributo sponsale, cio la
capacit di esprimere l'amore: quell'amore appunto nel quale l'uomo-persona diventa dono e - mediante questo dono attua il senso stesso del suo essere ed esistere. E, sempre commentando questi versetti della Genesi, il Santo Padre
continua: In questa sua particolarit, il corpo l'espressione dello spirito ed chiamato, nel mistero stesso della
creazione, ad esistere nella comunione delle persone, ad immagine di Dio. Nella stessa prospettiva sponsale si
comprende in che senso l'antico racconto della Genesi lasci intendere come la donna, nel suo essere pi profondo e
originario, esista per l'altro (cf. 1Cor 11,9): un'affermazione che, ben lungi dall'evocare alienazione, esprime un
aspetto fondamentale della somiglianza con la Santa Trinit le cui Persone, con l'avvento del Cristo, rivelano di essere
in comunione di amore, le une per le altre. [] Nell'unit dei due, l'uomo e la donna sono chiamati sin dall'inizio non
solo ad esistere uno accanto all'altra oppure insieme, ma sono anche chiamati ad esistere reciprocamente l'uno per
l'altro... Il testo di Genesi 2,18-25 indica che il matrimonio la prima e, in un certo senso, la fondamentale dimensione
di questa chiamata. Per non l'unica. Tutta la storia dell'uomo sulla terra si realizza nell'ambito di questa chiamata. In
base al principio del reciproco essere per l'altro, nella comunione interpersonale, si sviluppa in questa storia
l'integrazione nell'umanit stessa, voluta da Dio, di ci che maschile e di ci che femminile. Nella visione
pacifica che conclude il secondo racconto di creazione riecheggia quel molto buono che chiudeva, nel primo
racconto, la creazione della prima coppia umana. Qui sta il cuore del disegno originario di Dio e della verit pi
profonda dell'uomo e della donna, cos come Dio li ha voluti e creati. Per quanto sconvolte e oscurate dal peccato,
queste disposizioni originarie del Creatore non potranno mai essere annullate. [...] Bisogna sottolineare il carattere
personale dell'essere umano. L'uomo una persona, in eguale misura l'uomo e la donna: ambedue, infatti, sono stati
creati ad immagine e somiglianza del Dio personale. L'eguale dignit delle persone si realizza come complementarit
fisica, psicologica ed ontologica, dando luogo ad un'armonica unidualit relazionale, che solo il peccato e le strutture
di peccato iscritte nella cultura hanno reso potenzialmente conflittuale. L'antropologia biblica suggerisce di affrontare
con un approccio relazionale, non concorrenziale n di rivalsa, quei problemi che a livello pubblico o privato
coinvolgono la differenza di sesso. C' da rilevare inoltre l'importanza e il senso della differenza dei sessi come realt
iscritta profondamente nell'uomo e nella donna: La sessualit caratterizza l'uomo e la donna non solo sul piano fisico,
ma anche su quello psicologico e spirituale, improntando ogni loro espressione. Essa non pu essere ridotta a puro e
insignificante dato biologico, ma una componente fondamentale della personalit, un suo modo di essere, di
manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l'amore umano. Questa capacit di amare,
riflesso e immagine del Dio Amore, ha una sua espressione nel carattere sponsale del corpo, in cui si iscrive la
mascolinit e la femminilit della persona. la dimensione antropologica della sessualit, inseparabile da quella
Nel dato nuziale la Trinit si fatta da sempre visibile allumanit. Ancor prima
dellIncarnazione il volto di Dio conoscibile qui sulla terra quello della realt della coppia.
In Ges Cristo vi la pienezza dello svelamento di Dio, e vi la riconferma del dato della
creazione dell'uomo e della donna ad immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,27). Quando i
Farisei avvicinarono Cristo per sapere il suo parere in fatto di ripudio della donna, atto avallato
dalla decisione e permissione di Mos (cf. Dt 24,1) ed esercitato dall'uomo contro la donna per
qualsiasi motivo (Mt 19,3), Cristo a tale consuetudine contrappose non solo linizio storico
temporale, ma esattamente il momento originante archetipale: Ed egli rispose: Non avete letto
che il Creatore da principio (: a partire dallarch) li cre maschio e femmina (Mt
19,4). Cristo cio ha utilizzato il passo di Gen 1,27c per illuminare, fondare e spiegare la realt
sponsale. Il Dio creatore ha posto e avviato certamente l'inizio della coppia umana, ma un tale
inizio lo fa procedere dallarch (), dal disegno e modello archetipale che la Trinit ha
ed in S, in quanto assoluta arch di ogni realt.
La coppia umana ha in e da Dio stesso non solo il proprio inizio cronologico, ma anche il
proprio archetipo fondante e strutturante. La coppia prende da Dio non solo il proprio
cominciamento, ma anche il proprio modello e fondamento. Perch Dio non lha creata tanto
all'inizio o fin dall'inizio, ma a partire dall'inizio, che la sua propria realt.
La coppia cristiana quindi un vangelo per tutti (preti, religiosi, single, per le altre coppie e per
gli stessi sposi) perch un annuncio dellidentit di Dio. Non c' predica che possa darci un
assaggio della natura di Dio quanto la realt del matrimonio.
Qualsiasi coppia di sposi dice che cosa vuol fare Dio con ogni persona: Egli vuol fare l'amore
con ognuno di noi; vuole condurci a quel grado di intimit del quale la vita di coppia, appunto,
soltanto l'immagine.
Essa una parola che possono leggere anche gli analfabeti o i non credenti perch il fatto che
due persone si amino profondamente fa, magari inconsciamente, intuire che vi un Amore da cui il
fragile amore di coppia proviene e a cui ritorna.
E non parla di Dio solo la coppia che sta bene, ma ogni coppia, anche quella che ha problemi
ed carica di sofferenze. La sofferenza delle famiglie disperate o che si stanno separando, infatti,
manifesta che viene ferita la sostanza, l'essenza, dell'uomo e della donna. Dal cono d'ombra, che su
ogni matrimonio pu calare, si pu capire da che parte la luce e Chi sia la luce. Se la rottura di un
rapporto sponsale linferno, cosa sar la relazione unitiva con Dio?
La forma umana sposo-sposa, genitori-figli, dunque, in se stessa, anche se segnata dai limiti,
dalla povert e dalla libert di scelta delle persone che la compongono, il modello di comunione pi
totalizzante che esista sulla terra. Per questo motivo la famiglia la struttura che precede e supera
ogni altra struttura relazionale; in essa nascosta la possibilit di custodire per tutti la genuinit e
lorigine dellAmore trinitario.
Quando Dio ha creato la famiglia ha dato a tutta la societ, e ovviamente anche alla Chiesa, il
modello stesso di comunit qui sulla terra. Per questo essa un soggetto del tutto particolare anche
allinterno della Chiesa. Nessuna modalit organizzativa pu prescindere, svilire, sminuire il ruolo
che essa ha fin dallorigine. La famiglia precede dunque qualsiasi struttura: dallo Stato alla
teologica. La creatura umana nella sua unit di anima e di corpo qualificata fin dal principio dalla relazione con l'altroda-s. Questa relazione si presenta sempre buona ed alterata al tempo stesso. Essa buona, di una bont originaria
dichiarata da Dio fin dal primo momento della creazione. Essa , per, anche alterata dalla disarmonia fra Dio e
l'umanit sopraggiunta con il peccato. Questa alterazione non corrisponde tuttavia n al progetto iniziale di Dio
sull'uomo e sulla donna, n alla verit della relazione dei sessi. Ne consegue perci che questa relazione buona, ma
ferita, ha bisogno di essere guarita. [...] I termini di sposo e sposa o anche di alleanza, con i quali si caratterizza la
dinamica della salvezza, pur avendo una evidente dimensione metaforica, sono molto di pi che semplici metafore.
Questo vocabolario nuziale tocca la natura stessa della relazione che Dio stabilisce con il suo popolo, anche se questa
relazione pi ampia di ci che pu sperimentarsi nellesperienza nuziale umana.
10
parrocchia. Anche se ovviamente la famiglia non separabile dalla Chiesa, perch con essa vi un
rapporto di dipendenza e di reciprocit.14
La famiglia una comunit salvante che cio, per grazia, ha nella propria struttura relazionale la
possibilit, in un modo del tutto particolare, di essere strumento di salvezza per altri perch
nascendo e sviluppandosi ad immagine della Comunione divina, reca qui sulla terra limpronta
originale della massima comunione. La coppia di sposi evangelizza proprio in quanto famiglia e
porta con s, nella propria carne, questo buon annuncio. Non sono i coniugi ad essere gli ideatori
di questa novit: essi la accolgono come dono di Dio, affinch nella modalit con cui la ricevono
e la vivono possano anche effonderla.
Gli sposi sono resi in grado, costitutivamente, di vivere in se stessi la comunione che sgorga dal
mistero e di donarla alla Chiesa e alla societ, anche se spesso a loro insaputa. Lessere sprofondata
nel mistero trinitario fa della famiglia un ministero, un servizio nella Chiesa per la realizzazione di
una vera vita comunionale che salva il genuino umano secondo il disegno di Dio. Unautentica
famiglia, fondata sul matrimonio, in s stessa una buona notizia per il mondo15.
Per quello che in se stessa la famiglia una risorsa di grazia per la Chiesa. Una sorgente
sempre zampillante di comunione per attingere, come scrivono i nostri vescovi, continuamente al
cuore di Dio:
La fede scopre e contempla, con umile e gioiosa gratitudine, il mistero stesso della comunione di
Dio con lumanit e con la Chiesa dentro il tessuto quotidiano dellesperienza di comunione propria
della coppia e della famiglia cristiana16.
Si legga a proposito CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunione e comunit nella Chiesa domestica, 1 ottobre
1981, 5-6: Il rapporto Chiesa-famiglia cristiana reciproco e nella reciprocit si conserva e si perfeziona. Con
l'annuncio della Parola e la fede, con la celebrazione dei sacramenti e con la guida e il servizio della carit, la Chiesa
madre genera, santifica e promuove la famiglia dei battezzati. Nello stesso tempo, la Chiesa chiama la famiglia cristiana
a prendere parte come soggetto attivo e responsabile alla propria missione di salvezza [...]. Il mistero della Chiesa, che
viene a suo modo realmente partecipato alla famiglia cristiana, non si esaurisce in questa, ma la supera e la trascende.
La famiglia cristiana, infatti, rivela e rivive il mistero della Chiesa soltanto in alcuni suoi aspetti e non in tutti. In
particolare la Chiesa domestica ha bisogno per esistere e per vivere la propria identit di comunione-comunit cristiana
dell'Eucaristia e del ministero dei Pastori che annunciano il vangelo e il comandamento del Signore: per questo la
famiglia cristiana, mentre inserita nella Chiesa, si apre a tutto il mistero della Chiesa di Cristo e solo cos pu vivere in
pienezza la grazia della comunione. Sta qui la ragione dellessenziale relativizzazione della famiglia cristiana alla
Chiesa. La qualifica di Chiesa domestica data alla famiglia cristiana da intendersi perci in senso analogico: dice s
il suo inserimento e la sua partecipazione, ma anche la sua inadeguatezza a manifestare e a riprodurre, da sola, il
mistero della Chiesa in se stesso e nella sua missione di salvezza.
15
GIOVANNI PAOLO II, Preghiera dellAngelus, 21 ottobre 2001, 2. Prosegue il papa, in occasione della Beatificazione
dei coniugi Luigi Beltrame Quattrocchi e Maria Corsini: Alle spinte negative che si manifestano nel mondo, la Chiesa
risponde rafforzando limpegno per annunciare Cristo, speranza delluomo e speranza del mondo! In questa missione di
speranza, un ruolo di primo piano affidato alle famiglie. Nel nostro tempo, inoltre, sono sempre pi numerose le
famiglie che collaborano attivamente allevangelizzazione, sia nella propria parrocchia e diocesi, sia condividendo la
stessa missione ad gentes. S, care famiglie, maturata nella Chiesa lora della famiglia, che anche lora della famiglia
missionaria. Cf. GIOVANNI PAOLO II, Familiaris Consortio, 51: La Parola del Signore rivela agli sposi la stupenda
novit la Buona Novella- della loro vita coniugale e familiare, resa da Cristo santa e santificante. [] Il sacramento
del matrimonio, nella sua profonda natura la proclamazione, nella Chiesa, della Buona Novella sullamore coniugale:
esso Parola di Dio che rivela e compie il progetto sapiente e amoroso che Dio ha sugli sposi, introdotti nella
misteriosa e reale partecipazione allamore stesso di Dio per lumanit. A proposito della sacramentalit della chiesa
domestica, cio dellintrenseca missione della coppia sacramentale di essere espressione e annuncio della e per la
Chiesa si veda. anche M. OUELLET, Mistero e sacramento dellamore. Teologia del matrimonio e della famiglia per la
nuova evangelizzazione, Cantagalli, Siena 2007, 209-230.
16
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunione e comunit nella Chiesa domestica, 10.
11
Gli sposi, in forza del loro sacramento, sono dunque costituiti segno, simbolo reale dellamore
di Cristo per la sua Chiesa.
, infatti, la relazione che coinvolge i due sposi a ricevere il dono sacramentale:
Il vincolo che unisce luomo e la donna e li fa una sola carne (Gen 2,24) diventa in virt del
sacramento del matrimonio segno e riproduzione di quel legame che unisce il Verbo di Dio alla
carne umana da lui assunta e il Cristo Capo della Chiesa suo Corpo nella forza dello Spirito18.
Loriginalit della grazia sacramentale delle nozze che viene data non alla singolarit delle
persone in se stesse, ma alla relazione che unisce le due persone (o alle due persone in quanto
relazione).
La grazia non data loro per metterli in comunione con Cristo, perch gi lo sono in virt del
sacramento del battesimo, ma per rendere presente nella loro relazione il rapporto damore che
unisce Cristo alla Chiesa e per fare del loro amore un soggetto diffusivo e comunicativo della
relazione Cristo-Chiesa. Luomo e la donna nel sacramento del matrimonio vengono abitati nel loro
dinamismo psico-fisico dalla Persona divina dello Spirito Santo che, come sigilla il legame di Cristo
con la Chiesa, cos trasforma gli sposi in con-vocati, con-chiamati a dire, proprio attraverso il loro
vissuto coniugale, questo stesso legame Cristo-Chiesa19.
Ci verit di fede. La famiglia il luogo che Dio ha voluto per custodire, rivelare e
comunicare lamore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dellamore di Dio per lumanit e di
Cristo Signore per la Chiesa sua sposa20.
I vescovi italiani cos si esprimono:
Per la grazia dello Spirito Santo la coppia e la famiglia cristiana diventano Chiesa domestica in
quanto il vincolo damore coniugale tra luomo e la donna viene assunto e trasfigurato dal Signore in
immagine viva della comunione perfettissima che tra loro lega nella forza dello Spirito Santo, Cristo
capo alla Chiesa suo corpo e sposa. [] Gli sposi partecipano allamore cristiano in modo originale
e proprio, non come singole persone, ma assieme, in quanto formano una coppia []. La comunione
17
12
donata dallo Spirito non si aggiunge dallesterno, n rimane parallela a quella comunione coniugale e
familiare che costituisce la struttura naturale del rapporto specifico uomo-donna e genitori-figli;
bens assume questa stessa struttura dentro il mistero dellamore di Cristo per la sua Chiesa e
pertanto la trasforma interiormente e la eleva a segno e luogo di comunione nuova, soprannaturale e
21
salvifica .
13
conta che, per esempio, un marito sappia far crescere, fecondare la femminilit della moglie e
viceversa.
Il siate fecondi innanzitutto un invito rivolto ai due coniugi a generaree far uscire sempre
di pi, cos come previsto nel disegno divino, quell immagine e somiglianza con la Santa
Trinit che presente nella loro stessa relazione; ma proprio per questo la loro fecondit non pu
fermarsi nellambito della loro famiglia, anche se l fondamentale che germogli.
LUni-Trino, invita gli sposi a vivere esattamente le stesse cose che Egli vive allinterno e
allesterno di S: il suo esistere e vivere uni-trinitariamente che ha costituito per gli sposi
lorizzonte, la forza attrattiva e propulsiva affinch ne caratterizzasse sia i loro interni rapporti
sponsali sia la relazione esterna che essi instaurano con gli altri (in primis con i figli).
E come lamore trinitario non ha trattenuto per s la sua gioia e il suo amore, ma ha dato alla
luce il creato, il cui vertice e perla luomo con il quale Dio ha stretto un patto nuziale per mezzo di
Ges Cristo, cos quanto pi una famiglia vive lunit e diffonde a tutte le persone che fanno parte
del suo ambiente di vita la bellezza e il balsamo dellagape divina, tanto pi essa riverbera, incarna
lamore fecondo di Dio partecipando integralmente al compito della Chiesa di annunciare il
vangelo:
La famiglia cristiana chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa, in
modo proprio e originale, ponendo cio a servizio della Chiesa e della societ se stessa nel suo essere
23
ed agire, in quanto intima comunit di vita e di amore .
Ogni coppia-famiglia il nucleo centrale di una rete relazionale umana pi ampia di quella
composta dai genitori e dai figli. Attorno ad essa si costituisce, per la sua forza coesiva di
mantenere e sviluppare relazioni in modo stabile e continuativo, quella che il magistero definisce
una comunit familiare24. Per questo motivo ogni famiglia diventa elemento strutturale, organico
ed essenziale sia per costruire la societ civile che per costruire Chiesa.
certamente una rivoluzione spirituale per tanti sposi cristiani. Ci significa, infatti, passare
da un rapporto con Cristo per me, per noi due, a un matrimonio sacramento vissuto con la
stessa passione di sposare lumanit che Cristo ha mostrato, affinch tutti possano fare
lesperienza della bellezza di un rapporto damore con Lui.
La grazia sacramentale del matrimonio donata agli sposi per costruire ponti tra Cristo e le
persone che gli sposi incontrano. I coniugi cristiani sono chiamati a produrre questi piccoli ponti
che a volte si trasformano anche in piani inclinati: attraverso di loro Cristo si china, si abbassa ad
amare e incontrare ogni uomo. Portando nei loro corpi la parola amore con pazienza e costanza
gli sposi conducono a guardare in modo positivo non solo loro come coppia, ma anche a porre
fiducia in una famiglia pi grande che la Chiesa. Cos, incontro dopo incontro, piccola alleanza
dopo piccola alleanza, gli sposi intessono quella rete relazionale attorno alla loro famiglia,
diventando un supporto indispensabile per il sacerdote nel costruire e guidare la comunit cristiana.
Altrimenti come sarebbe possibile attualizzare nella comunit cristiana una rete relazionale unitaria,
la tunica inconsutile di Ges, se nei mille intrecci che la compongono non ci sono altrettanti
tessitori di amicizia, di accoglienza e di fraternit?25
23
14
del Pontificio Consiglio per la famiglia sul tema La formazione del sacerdote e la pastorale della famiglia, 17
maggio 1990, AAS 82(1990),1611-1614: Tutti voi che avete ricevuto il dono dellamore coniugale dovete sapere che,
con la generosit del vostro reciproco amore e di quello dei vostri figli, lunione di Cristo e della sua Chiesa feconda
nelle vostre vite. Voi siete per i vostri pastori la chiara e viva testimonianza del mistero cristiano; voi li sostenete perch
siano instancabilmente i testimoni della forza redentrice di Cristo e perch sappiano consigliare con pazienza gli sposi
che affidano loro le proprie difficolt. Sacramento del matrimonio e sacerdozio cristiano: ecco due sacramenti che
costruiscono il bene della Chiesa e della societ. Due partecipazioni al mistero di Cristo che si rafforzano
reciprocamente allinterno dellesistenza cristiana, nella fedelt al carisma proprio di ognuno, per il bene di tutto il
popolo di Dio (EMCEI 4/2323).
15
CAPITOLO II
LA FAMIGLIA EVANGELIZZA NEL PROPRIO AMBIENTE DI VITA
Nel primo capitolo siamo partiti dallaffermazione di Paolo VI: La Chiesa esiste per
evangelizzare. Le parrocchie i cristiani, le diocesi, la pastorale, le curie, ecc., esistono per il solo
scopo di annunciare Cristo ad ogni uomo. Ogni cristiano sa gi che deve evangelizzare. Sa che lo
stesso Ges Cristo che lo ha chiamato a svolgere questo compito.
Moltissimi hanno per al riguardo delle forti resistenze. Emergono in loro domande, dubbi ai
quali non trovano risposte convincenti. Il comando di Ges di andare in tutto il mondo e di
predicare il vangelo ad ogni creatura va veramente preso alla lettera? Parlava a tutti o si riferiva solo
agli apostoli e ai missionari? Nellattuale contesto culturale non si rischia, annunciando
esplicitamente agli altri la propria fede, di disturbare la loro privacy? Non sufficiente testimoniare
la fede con il proprio stile di vita?
Sono domande legittime, che per spaventano ancor pi nellodierno contesto culturale, in cui si
respira un forte condizionamento negativo nel predicare il vangelo a chi apparentemente non lo
vuole ascoltare e si frenati ogniqualvolta si crea loccasione di dire a chi ci sta accanto lamore del
Signore Ges per lui. Le paure di vano fondamentalismo ci avvolgono cos tanto che alla fine ci
fanno sprofondare in una sorte di palude, dove il chiaro comando del Signore viene circoscritto ad
una sorta di incoraggiamento a fare il possibile affinch il vangelo sia divulgato.
Tutto ci veramente grottesco perch in molti cristiani coesistono, come se nulla fosse,
convinzioni tra loro contraddittorie: Si deve evangelizzare, ma senza esagerare; doveroso
parlare di Ges, ma lunico luogo adatto in cui farlo il locale della parrocchia; La fede la cosa
pi grande e pi bella della mia vita, ma la vivo intimamente in modo tale che non si veda troppo,
potrebbe essere ostentazione.
Ora va detto che se siamo arrivati a ragionare in questo modo ci dovuto a tanti fattori. Ci
permettiamo qui di indicarne uno solo. Per tanto tempo siamo stati abituati a pensare che gli
evangelizzatori siano coloro che ricevono una qualche autorizzazione speciale (i sacerdoti, le
religiose, i catechisti ecc), cosicch ora ci difficile far veramente nostra la svolta del Concilio
Vaticano II che ha ripreso lantica tradizione cristiana: ogni singolo cristiano un evangelizzatore.
Le testimonianze neotestamentarie sottolineano che la Chiesa originaria si accrebbe in modo
sorprendente perch tutti i cristiani comunicarono la gioia della fede e della salvezza ricevuta a tutte
le persone che conoscevano e incontravano grazie alle relazioni di vita quotidiana.
Erano pochissimi gli evangelizzatori itineranti, come gli apostoli, che si spostavano nei vari
paesi. La Buona Notizia storicamente, infatti, corsa di bocca in bocca, da persona a persona negli
ambienti di vita condivisi dai cristiani con i pagani.
1. Il grande mandato
Il grande mandato ci propone le ultime e definitive parole di Ges. Andate in tutto il mondo e
predicate il vangelo ad ogni creatura (Mc 16,15).
un invio, un mandato appunto, che definito grande perch coinvolge tutti i discepoli di
ogni tempo nel dilatare la salvezza che Dio ha donato ad ogni uomo.
Il Signore Ges ha impartito il grande mandato quando, risuscitato dai morti, stava con i suoi
apostoli. Egli passava del tempo, gi il primo della sua vita gloriosa, nel prendersi cura di loro, nel
ristabilire rapporti damicizia: si era messo a cucinare sulla brace il pesce per loro (cf. Gv 21,1-14);
a ristabilire nellamore perdonante il legame con Pietro (cf. Gv 21,15-19); a spiegare le Scritture (cf.
Lc 24,44-49). I quaranta giorni del Risorto tra i suoi sono, dunque, una anticipazione di quando
Dio Padre si cinger le sue vesti e passer a servire gli invitati a nozze (cf. Lc 12,37; Mc 13,34), di
quando cio il Padre, il Figlio e lo Spirito ci doneranno tutto quanto hanno e sono.
16
Prima di salire al Cielo, il Figlio, che in tutto asseconda la volont del Padre, ha affidato alla
Chiesa il grande incarico dellevangelizzazione effondendo su di essa lo Spirito Santo.
Levangelizzazione il desiderio del Padre di passare a servire, attraverso lazione dello
Spirito Santo, ogni uomo gi ora nel tempo storico rendendo attuale per tutti la Pasqua di Ges.
solo lo Spirito Santo che sa toccare i cuori delle persone. Solo Lui converte. Ci viene donato,
per essere strumenti del desiderio del Padre di amare ogni uomo.
Il comando di Ges , dunque, valido per la Chiesa di tutti i tempi. valido per noi oggi, perch
ogni persona ha il diritto adesso di essere servita. Se ogni persona ha diritto di ricevere il dono del
vangelo vuol dire che noi, che lo abbiamo ricevuto senza nostro merito, abbiamo il dovere di
condividerlo con tutti. Spesso invece noi dividiamo le persone in adatte a ricevere lannunzio del
vangelo e in non adatte. Riteniamo impossibile che quella determinata persona possa accogliere il
vangelo. Ma il seminatore della parabola semina il seme ovunque (cf. Lc 8,4-8): non sta a noi
decidere se un terreno pronto per ricevere il seme, a noi compete solo di seminare ovunque. Anzi,
le persone che sembrano pi lontane per sofferenze e gravi problemi di vita, hanno ancor pi
bisogno di ascoltare lannuncio dellAmore di Dio, della salvezza e del perdono di Ges. Nessuno
pu essere escluso dal nostro amore e dal nostro annuncio, perch Ges vuole amare tutti.
proprio perch stato mandato dal Padre a manifestare la sua volont di servire e amare ogni
uomo che ora ci dice: Come il Padre ha mandato me, anchio mando voi (Gv 20, 21). A noi che
viviamo di Lui garantisce che: Vi ho costituiti perch andiate e portiate frutto e il vostro frutto
rimanga (Gv 15,16).
2. Chi sono io per evangelizzare?
A questo punto una domanda potrebbe sorgere spontanea: Ma come possibile che il Signore
mandi me? Io conosco la mia storia e i miei difetti. ridicolo pensare che io mi metta adesso ad
annunciare il Signore, a manifestare il suo amore, se penso a chi sono, a cosa ho fatto e cosa sto
facendo.
Sono domande che prima di noi qualcun altro ha fatto a Dio: Mos disse a Dio: Chi sono io
per andare dal faraone e per far uscire dallEgitto gli Israeliti?. Rispose: Io sar con te. (Es
3,11-12).
Anche Gedeone, che era stato chiamato da Dio per salvare il popolo di Israele, disse: Signor
mio, come salver Israele? Ecco, la mia famiglia la pi povera di Mansse e io sono il pi
piccolo nella casa di mio padre. Il Signore gli disse: Io sar con te (Gdc 6,15-16).
La stessa cosa sappiamo accaduta a tanti altri personaggi biblici. Ciascuno aveva ben presenti
le proprie povert, debolezze e la propria incapacit di parlare a nome di Dio.
Anche a noi il Signore risponde allo stesso modo: Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi
(Gv 15,16). solo questo che ci rende abili ad evangelizzare. Non sono i nostri meriti o le nostre
capacit, ma solamente il fatto che il Signore ci ha scelti. Lunica forza che mi rende capace di
annunciare ad altri il vangelo il fatto che quel Signore Ges che ho incontrato nella mia vita mi ha
scelto.
Come Simon Pietro anche noi possiamo risponderGli: Maestro, abbiamo faticato tutta la notte
e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getter le reti (Lc 5,5). Credere alla promessa del
Signore Ges la nostra sola forza. Soltanto cos tutto funzioner. Il giorno in cui mi appogger
sulle mie possibilit, produrr qualcosa di mio che durer lattimo che lo faccio. Ma se mi affido a
Lui allora potr dire: Tutto posso in colui che mi d la forza. (Fil 4,13) e usciranno dalla mia
bocca parole che rinnovano la vita, perch si riferiranno a Colui che la risposta alle pi profonde
esigenze di ogni uomo: Ma Pietro gli disse: Non possiedo n argento n oro, ma quello che ho te
lo do: nel nome di Ges Cristo, il Nazareno, cammina! (At 3,6).
3. Si evangelizza con la propria poca fede
17
Ripetiamolo, dunque: evangelizzare una chiamata per ogni cristiano. Ci vuol dire che
sbagliato attendere di avere una fede al 100% o almeno al 51% per iniziare ad evangelizzare, perch
in questo modo non si evangelizzer mai! Anzi, siccome la fede si rafforza donandola, se non
evangelizzo, anche quel poco di fede che mi rimane si atrofizzer.
Latteggiamento di Ges al riguardo esemplificativo. Egli diede ai suoi il grande mandato
quando essi dubitavano ancora (cf. Mt 28,17). Ges, infatti, li rimprover per la loro incredulit e
durezza di cuore (Mc 16,14), ma poi con tutto il potere ricevuto dal Padre, in cielo e sulla terra,
ordin loro di andare in tutto il mondo e di predicare il vangelo a tutte le nazioni (cf. Mc 16,15). In
forza di quel comando: essi allora partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava
insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che laccompagnavano (Mc 16,20).
per quel poco di fede che abbiamo che dobbiamo sentirci investiti dal Signore Ges del suo
mandato. Credere che chiunque invocher il nome del Signore sar salvato (Rm 10,13) perch
in nessun altro c salvezza; non vi infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale
stabilito che possiamo essere salvati (At 4,12), traccia in maniera definitiva il nostro percorso di
discepoli. Siamo amati cos come siamo per essere mandati.
il Signore Ges che ci ha scelti e, nonostante i nostri dubbi, ci dice: voi stessi date loro da
mangiare (Mc 6,37). Come il suo amore folle lo conduce a farsi un pezzo di pane cos ci chiede
di consegnarGli il nostro nulla, il nostro peccato, la nostra poca fede perch proprio attraverso
queste povert Egli vuole arrivare a far sentire il suo amore a coloro che Lo ignorano o Lo
respingono.
Solo se i suoi Gli affidano le loro debolezze, Egli le pu trasformare in una sua reale Presenza.
Egli, nella notte in cui offr Se stesso nel pane eucaristico, preg il Padre per coloro che avrebbero
creduto grazie alle parole dei suoi che di l a poco lo avrebbero tradito o rinnegato: Non prego solo
per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perch tutti siano una sola
cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anchessi in noi una cosa sola, perch il mondo
creda che tu mi hai mandato. (Gv 17, 20-21)
Ges stava pregando per quelle persone che io incontro ogni giorno e che Lui vuol amare
proprio attraverso il mio sguardo, la mia parola, la mia costante vicinanza. La sua preghiera che tutti
siano uno si pu avverare con il renderGli disponibile proprio la mia povert e il mio continuo
tradimento che il peccato.
Per questo sentiamo irrefrenabile la voglia di lodare il Signore e cantarGli il nostro Magnificat.
Egli ha scelto lumilt dei suoi servi per farsi conoscere nel mondo: Siano rese grazie a Dio, il
quale ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde per mezzo nostro il profumo della sua
conoscenza nel mondo intero! Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo. (2 Cor 2,1415).
Quando svuotandoci, lasciamo spazio a Ges permettendoGli di riempirci con la sua presenza si
diventa, per grazia, canali non pi di se stessi e del proprio profumo, bens di quello di Cristo che si
incarnato in noi utilizzando il vuoto che Gli abbiamo messo a disposizione. Si giunge alla
consapevolezza che se si continua nellatteggiamento dello svuotarsi noi permettiamo al vangelo
di diffondersi. Ci si accorge perci che si deve evangelizzare se si desidera che lamore immenso di
Dio rimanga nel nostro cuore a trasformare la tristezza in gioia.
Ora anche noi possiamo far nostre le parole di San Paolo: Non per me un vanto predicare il
vangelo; un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! (1Cor 9,16).
4. Evangelizzare un dono che si riceve
A ben guardare, levangelizzazione per il cristiano un dovere perch un dono di Dio. Non
un gioco di parole! I doni che Dio ci fa sono doni del tutto particolari perch in essi presente lo
stesso Donatore.
18
Per noi il dono cosa distinta dal donatore. Il dono qualcosa che rimanda a chi lo ha donato.
Ma in Dio questa separazione non esiste: il dono di Dio Dio cos come la sua Parola, per esempio,
una sua reale Presenza.
Evangelizzare allora un dono meraviglioso che riceviamo perch nel momento stesso in cui
accogliamo il comando del Signore Ges di mettergli a disposizione il nostro nulla, Egli si rende a
noi sperimentabile. Nellistante, infatti, in cui, obbedienti, Lo annunciamo ai fratelli percepiamo
che Egli sta accanto a noi e che ci sta facendo partecipare della sua potenza amante e salvatrice.
Noi balbettiamo quel poco che riusciamo a dire della nostra esperienza di fede in Lui e subito
sentiamo che una Presenza riscalda il nostro cuore e ci dona pace.
Sto dicendo ad un amico quello che Ges ha fatto per me e subito percepisco, senza sintomi di
suggestione, che lo stesso Ges che sta parlando attraverso le mie parole facendo sperimentare un
amore sorprendente sia al mio amico che a me.
5. Un dono che da credente mi rende amante
Se Ges ci ha ordinato di annunciarLo non dunque perch Egli voglia imbrigliare, soffocare
la nostra libert, bens perch desidera ardentemente il nostro s, il nostro accoglierLo pienamente
quale dono meraviglioso per la nostra vita. Solamente nel farLo conoscere ad altri ci pu far gustare
quanto sia bello averLo come Sposo divino o quanto possa crescere lintimit con Lui.
la sua una relazione damore. Allinizio essa ci viene proposta delicatamente, ma
successivamente, se maturata una intesa, si trasforma in una pretesa. Ges ci dice: Ora,
amami! Ora, sposami! Non farmi fare leterno fidanzato; Accoglimi, perch mi voglio donare a
te! Annunciami a tutti coloro che incontri, perch ti voglio far sperimentare la gioia che ho nel
cuore quando porto la salvezza nella casa di chi era lontano da me.
questo il passaggio dalla fede allamore: dal credere che Ges risorto dai morti al vivere un
rapporto intimo e costante di amore con Lui.
Evangelizzare un dovere-dono quanto lessere sposati: entrambe queste due realt (sposo e
sposa; il Signore Ges e il discepolo) sono relazioni che producono di per s un amore sempre
pi grande che dai due si diffonde verso gli altri.
Egli , dunque, lo Sposo che compartecipa tutto ci che suo a noi che siamo la sua comunitsposa. Vuole che noi poniamo i segni che Lui ha posto. Vuole che la sua Chiesa, sentendosi unita
totalmente a Lui, viva il compito di evangelizzare come il dovere dellessere una moglie; perch,
in realt, questo impegno ha per nome esattamente il dono di averLo sposato, di stare con Lui.
Quando si sposa il Signore Ges si percepisce, infatti, che iniziata una nuova vita a due. Si
abita sotto lo stesso tetto e tutto messo in comune: dalle decisioni da prendere fino allunione dei
propri corpi nellEucaristia.
In questo rapporto sponsale limpegno di stare con Lui, di annunciarLo lo si comprende come il
pi grande dono perch proprio questo dovere coniugale che ci fa gustare la sua presenza:
nellatto di donare Ges agli altri, gusto la sua vicinanza; donando le sue parole di vita eterna,
avverto lanticipo delleternit beata con Lui.
Qualora obbedendo al suo comando, Lo annuncer al vicino di casa, al parente o al collega di
lavoro in quel momento il mio Sposo, il Signore Ges, per opera dello Spirito, star con me. Egli
come acqua viva scorrer in me: io sar il ruscello che trasporta lacqua semplicemente perch sono
unito alla sorgente.
6. il dono del vivere la relazione a due
La Buona Novella da duemila anni passa attraverso la prossimit e la vicinanza che una
persona realizza con unaltra persona. Cos Ges ha evangelizzato Zaccheo, Giairo, Marta, Maria,
Bartimeo, la Samaritana, Pietro, Andrea ecc.
19
Egli ha incontrato ciascuno singolarmente e con ognuna delle persone ha instaurato una
relazione damore. questo un ulteriore dono che il Signore ci fa con il suo grande mandatodi
farci sperimentare, cio, quel tipo di relazione tra due persone che, se vissuta nel suo nome, salva:
Dove due o tre sono riuniti nel mio nome (Mt 18,20)
Ogni relazione che due persone instaurano nella Verit diventa spazio di presenza evangelica.
Per questo due sposi hanno il vangelo incarnato nella loro relazione, perch essa permanente e
reciproca conversione luno verso laltro.
Evangelizzare non catechizzare: un catechista pu aiutare un gruppo di persone a conoscere
ci in cui credono. Evangelizzare, invece, far fare ad unaltra persona lesperienza della fede che
non trasmissione di dati, ma appunto una esperienza che scaturisce cio da una messa in atto,
da una verifica concreta e tangibile quanto lo pu essere solo il rapporto di profonda vicinanza tra
due persone.
Quindi evangelizzare non un mettersi a parlare di questioni di fede con qualcuno, bens una
azione pi coinvolgente, perch chi evangelizza deve farsi veramente prossimo, manifestare un
amore, una attenzione a colui che gi gli sta vicino in quanto un suo familiare, un amico ecc. e che
magari conosce tutto di lui.
Ci rende tutto pi autentico per entrambi. Levangelizzazione sempre una conversione vissuta
in due: dallevangelizzatore e dallevangelizzato.
Quando ci si muove per obbedire al comando di Ges ci si accorge, infatti, che la persona che
vogliamo evangelizzare, innanzitutto, dovrebbe scoprire la verit della nostra conversione. La prima
cosa che deve apparire, e su cui non possibile barare, il grado di intimit che viviamo con Ges.
Levangelizzazione non efficace con chi viene a conoscere di me solo il lato di buon cristiano,
bens a chi rivelo, magari anche raccontando le mie magagne e i miei trascorsi negativi, Chi
Colui che abita nel mio cuore. Se si svelano i propri errori non per esibizionismo, ma per far
risaltare il perdono che Dio mi ha concesso e la conversione che in me ha operato.
la novit del vangelo: la colpa degli uomini, il loro tradimento viene usato da Dio per
manifestare loro il suo amore. Cos la mia colpa lo strumento che, affidato al Signore, viene
trasformato in esperienza di Grazia per me e per altri.
Quando si inizia ad evangelizzare una persona a noi prossima ci si rende conto che la cosa
essenziale non possedere tutta la fede possibile e immaginabile, ma comunicargli sinceramente
quella che noi abbiamo. Ci accorgiamo di dover amare questa persona come la ama Ges e di
compiere verso di lei tutto ci che Ges stesso farebbe.
I nostri vescovi hanno ben esplicitato queste verit:
Occorre incrementare la dimensione dellaccoglienza, caratteristica di sempre delle nostre
parrocchie: tutti devono trovare nella parrocchia una porta aperta nei momenti difficili o gioiosi della
vita. Laccoglienza, cordiale e gratuita, la condizione prima di ogni evangelizzazione. Su di essa
deve innestarsi lannuncio, fatto di parola amichevole e, in tempi e modi opportuni, di esplicita
presentazione di Cristo, Salvatore del mondo. Per levangelizzazione essenziale la comunicazione
della fede da credente a credente, da persona a persona. Ricordare a ogni cristiano questo compito e
prepararlo ad esso oggi un dovere primario della parrocchia, in particolare educando allascolto
26
della Parola di Dio, con lassidua lettura della Bibbia nella fede della Chiesa .
26
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 6.
20
Ora vorremmo descrivervi anche il ruolo storico che la famiglia ha avuto nel diffondere il
vangelo. stato un ruolo prioritario e fondamentale. Non poteva essere altrimenti dato che la
famiglia possiede strutturalmente la capacit di conservare e veicolare lesperienza dellamore.
Per aiutare la nostra riflessione partiamo dalla Parola di Dio: V nella tua casa, dai tuoi,
annunzia loro ci che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato (Mc 5,19) disse Ges
allindemoniato guarito.
Chi incontra in Ges la salvezza indirizza spontaneamente il primo annuncio del vangelo ai
propri familiari e a tutti coloro che fanno parte del proprio ambiente di vita.
Il fatto che i primi destinatari a cui si rivolge la Buona Notizia siano, per umanissimo moto
affettivo, le persone a noi prossime per legami parentali, amicali o di situazione di vita (vicini,
colleghi, ecc) non , ovviamente, in contraddizione con il comando universalistico di Ges di
andare in tutto il mondo.
Quando la pace del Signore viene donata nel cuore la prima reazione non pu che essere quella
di condividerla con coloro che desideriamo la sperimentino per primi e cio le persone che amiamo.
Ci accaduto storicamente. E quando i familiari di un cristiano rispondevano positivamente
allinvito evangelico diventavano tutti insieme una nuova piattaforma, un luogo di ancoraggio per la
comunit cristiana nascente.
Era una oika, cio una casa-famiglia che mantenendo e anzi sviluppando i legami naturali
interni ed esterni alla famiglia stessa, viveva nella modalit dellekklesa (cio dellassemblea
convocata): preghiera, ascolto dellinsegnamento degli apostoli, frazione del pane e comunione
fraterna.
Ogni oika aveva nellapostolo il proprio punto di riferimento. Tra le case (in greco par
oika, da cui deriva il termine parrocchia) vi era un forte legame spirituale perch unica era
lesperienza di fede che queste case stavano facendo.
Sono state, dunque, delle case-famiglie, che comprendevano oltre i familiari in senso stretto
anche amici e conoscenti e dipendenti, come i domestici, gli schiavi ecc., i luoghi dove il vangelo
diventato stile di vita per un numero sempre maggiore di persone che andavano cos a costituire la
comunit cristiana in quanto tale.
Il libro degli Atti degli apostoli particolarmente significativo in ordine alla ricostruzione dello
sviluppo della Chiesa dei primi tempi. In esso vi la presentazione della Chiesa delle origini basata
sulle famiglie e con una struttura iniziale essenzialmente domestica. la casa il luogo primario
di ascolto e di annuncio del vangelo: Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e
spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicit di cuore (At 2,46); E ogni
giorno, nel tempio e a casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Ges il
Cristo (At 5,42); Saulo intanto infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva
uomini e donne e li faceva mettere in prigione (At 8,3).
Sempre in riferimento alla casa come luogo e ambiente di evangelizzazione, il convertito Paolo
presenter la sua opera di predicazione in questi termini: Sapete come non mi sono mai sottratto a
ci che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case
(At 20,20). Il racconto di Atti mostra un Paolo che non si sottrae al dovere di annunciare levangelo
nei modi e nei tempi pi disparati: dalle sinagoghe alle piazze, dalle aule di tribunale alle carceri.
Ma lespressione che egli usa nel suo discorso testamentario di Mileto comunque illuminante sul
lavoro di evangelizzazione, di istruzione nella dottrina, di guida nellesperienza cristiana, che era
tenuto nelle case di coloro che si aprivano alla Lieta Notizia.
Si potrebbe per pensare che questa evangelizzazione nelle case riguardi soltanto un secondo
momento, ma non cos. Il caso della conversione di Cornelio depone clamorosamente per il
contrario; infatti Pietro va da lui e lo evangelizza nella sua casa coinvolgendo nellavventura della
lieta notizia lintera sua famiglia. E qui per famiglia non si deve intendere soltanto il nucleo dei
consanguinei, bens tutti i membri che in qualche modo condividevano la sua vita (domestici a vari
livelli, amici intimi ecc.): Cornelio era un uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia
(At 10,2). Un angelo del Signore disse a Cornelio di andare a cercare Pietro il quale: Ti dir parole
21
per mezzo delle quali sarai salvato tu e tutta la tua casa (At 11,14). Quando Pietro arriv da
Cornelio: Cornelio aveva invitato i congiunti e gli amici intimi (At 10,24).
Altri episodi di particolare rilievo nel libro degli Atti riguardano la conversione di intere case o
famiglie allevangelo. Due sono situati nella citt di Filippi: At 16,11-15 (Lidia) e At 16,25-34 (il
carceriere): Cosa devo fare per esser salvato? Paolo e Sila gli risposero: Credi nel Signore Ges e
sarai salvato tu e la tua famiglia. E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della
sua casa. Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lav le piaghe e
subito si fece battezzare con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchi la tavola e fu pieno
di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio. (At 16,30-34).
Un altro passo del libro degli Atti, dove la conversione di una persona coinvolge lintera
famiglia, quello di Crispo, il capo della sinagoga di Corinto, del quale il racconto dice: Credette
nel Signore lui insieme a tutta la sua casa-famiglia (At 18,8).
Altri passi del libro degli Atti, in riferimento al tema della casa-famiglia quale momento
essenziale dellessere ekklsa riguardano la coppia di Aquila e Priscilla (At 18,2-3). Vi poi il
bellissimo racconto di una celebrazione eucaristica, che avviene nella stanza al piano superiore di
una casa di una famiglia (At 20,7ss.).
Unulteriore puntuale conferma si pu evincere dalla lettura attenta del biglietto di saluti apposto
come ultimo capitolo della lettera di San Paolo ai Romani (16,3-16). Lapostolo, salutando questa
Chiesa che sta per visitare, ricorda continuamente che la Chiesa di Roma era strutturata in tante
piccole aggregazioni dove circolava un amore molto intenso tra i membri e che avevano nelle case
private, generalmente di una coppia di sposi (anche se spesso viene citato solo il capofamiglia), il
loro punto di riferimento anche per vivere con discrezione davanti allostilit che le circondavano.
Aquila e Prisca sono la prima coppia attorno a cui si raduna forse la principale (vv. 3-.5) di
queste domus ecclesiae che la lettera ai Romani menziona: Salutate Prisca e Aquila, miei
collaboratori in Cristo Ges; [] salutate anche la chiesa che si riunisce in casa loro (Rm 16,5).
I saluti di Paolo riguardano poi anche unaltra coppia di origine giudaica, Andronico e Giunia
(v. 7) che egli definisce apostoli: Salutate Andronico e Giunia miei parenti e compagni di
prigionia, sono degli apostoli insigni che erano in Cristo gi prima di me.
Seguono altri saluti, con la menzione di altre comunit domestiche, come in Rm 16,10: Salutate
quelli di casa Aristobulo o in Rm 16,11: Salutate quelli di casa Narciso che sono nel Signore.
Unaltra comunit domestica romana che Paolo saluta menzionata al v. 14, ed quella che si
riferisce a quattro uomini, portanti nomi di schiavi o liberti di origine greca: Asincrito, Flegonte,
Erme e Patroba. In ogni caso essi sono al centro di una comunit che si raduna con loro (i fratelli
che sono con loro). Una comunit domestica menzionata fa invece capo ad una coppia di sposi,
Filologo e Giulia. Ad essi Paolo associa Nereo, sua sorella e Olimpas, come pure tutti i credenti che
sono con loro (v. 15).
Quanto abbiamo riscontrato in Rm 16, si ritrova anche in altre lettere paoline o di area paolina
sempre nel contesto dei saluti che lApostolo formula nelle sue lettere.
In 1Cor 16,19 leggiamo: Le chiese dell'Asia vi salutano. Vi salutano molto nel Signore Aquila
e Prisca, con la chiesa che si raduna nella loro casa.
Lo stesso si pu dire per Fil 4,22: Vi salutano i fratelli che sono con me. Vi salutano tutti i
santi, soprattutto quelli della casa di Cesare, come pure di Fm 1-2: Paolo [] e il fratello
Timteo al nostro caro collaboratore Filmone, alla sorella Appia, ad Archippo nostro compagno
d'armi e alla comunit che si raduna nella tua casa. Letteralmente il testo suona e alla chiesa che
secondo la sua casa.
Anche Col 4,15 presenta unespressione simile: Salutate i fratelli di Laodica e Ninfa con la
comunit che si raduna nella sua casa.
Dai saluti delle lettere paoline ricaviamo, dunque, che le prime comunit cristiane crescevano
nelle case, nelle famiglie. Le loro abitazioni diventavano alloggi, basi di appoggio materiali e
morali per tutti i nuovi convertiti, per i pi bisognosi e per i missionari itineranti.
22
Le famiglie (genitori e figli) si allargavano alle persone che condividevano la vita familiare a
titolo vario, fino ad includere i nuovi arrivati (stranieri, schiavi, ebrei, romani o greci) che
diventavano i loro fratelli e sorelle nel Signore.
In questa domus ecclesia (casa-chiesa) i battezzati non dilatavano solo, come testimoniato da
diversi scavi archeologici, le strutture murarie della sala delle riunioni, ma anche la loro stessa
famiglia naturale in una dimensione di ruoli interscambiabili: essi divenivano gli uni per gli altri
figli, fratelli, sorelle, padri e madri. In una situazione vitale come quella della domus ecclesia
nascevano nuove relazioni, non fondate esclusivamente sul sangue o su rapporti socio-economici,
ma sulla novit dellessere in Cristo, grazie al battesimo: colui che mi aveva annunciato per la
prima volta Ges diventava quindi un padre della mia fede, ma anche un fratello in Cristo ecc.
Nei primi secoli della storia della Chiesa, le comunit cristiane erano costituite da queste casefamiglie che si riunivano per la preghiera, lascolto della Parola, la catechesi e per celebrare
lEucaristia.
Solo nel secolo IV, quando la Chiesa ha potuto professare liberamente la propria fede, i cristiani,
pur continuando a partecipare alla vita comunitaria della domus ecclesia, hanno cominciato a
costruire degli edifici (le basiliche) per contenere la grande famiglia ecclesiale che voleva stare
insieme nello stesso luogo per la mensa eucaristica domenicale.
interessante notare che gli architetti cristiani, pur di mantenere il senso di una famiglia che si
ritrova nella stanza da pranzo della propria casa, non si sono ispirati ai templi pagani (esternamente
maestosi, ma allinterno, dove si custodiva la statua della divinit, erano molto angusti ), ma alle
basiliche che erano allora gli edifici pubblici pi spaziosi.
A partire da questo momento, il rapporto tra la comunit cristiana in quanto tale e le casefamiglia, che fino ad allora aveva avuto come unico problema il pericolo di propagatori di false
dottrine che vi si potevano introdurre (cf. 2Tm 3,6 e Tt 1,11), dovr affrontare delle novit interne
ed esterne: lEucaristia che progressivamente verr celebrata solo nelle basiliche e la protezione
esercitata sulla Chiesa da parte del potere imperiale che accentu laspetto istituzionale della Chiesa
rispetto a quello familiare-comunionale. A lungo andare avrebbero fatto dimenticare a tutti
lapporto prezioso che esse stavano dando alla Chiesa: laccogliere cio i nuovi salvati e far fare
loro lesperienza di Chiesa quale famiglia di Dio.
Nonostante questa dimenticanza, la fede cristiana ha continuato a diffondersi fino ai giorni
nostri non solo per lopera degli ordini monastici, dei missionari o del clero, ma soprattutto grazie a
quelle coppie di sposi che, con la loro intensa preghiera, hanno trasmesso con semplicit ai figli e a
tutti coloro che entravano nella loro casa la gioia di aver incontrato il Signore Ges.
8. Per fare chiesa si deve essere famiglia
Le riunioni di una comunit cristiana (per la preghiera, lascolto della testimonianza degli
apostoli e la celebrazione dellEucaristia) avevano come luogo di ritrovo il domicilio di una
famiglia che costituiva di questa comunit il nucleo primitivo. Il numero necessariamente limitato
dei membri di queste comunit che si ritrovavano nelle case di alcune famiglie favoriva
linterazione relazionale. Sono state proprio queste riunioni nelle case a permettere ai cristiani di
maturare la coscienza della loro identit e della loro differenza rispetto al giudaismo (cf. At 2,46).
Il luogo della riunione, che non era uno spazio sacro, ma familiare, ha fatto assumere alla
comunit una struttura familiare. Nelle chiese domestiche partecipava gente di rango e di situazione
sociale diversa e quando la comunit sapeva integrare queste diversit, si pu comprendere
esperienzialmente quanto Paolo diceva affermando che: Non c' pi giudeo n greco; non c' pi
schiavo n libero; non c' pi uomo n donna, poich tutti voi siete uno in Cristo Ges (Gal 3,28) .
Inoltre, quasi come in un processo naturale, coloro che esercitavano una responsabilit nella guida
della famiglia potevano diventare coloro che erano chiamati ad avere funzioni direttive e di governo
della comunit che si riuniva nella loro casa. Con relativa chiarezza questo si pu dedurre per alcuni
23
personaggi: Filemone (synergs, v. 1), Febe (dikonos, prostatis, Rm 16,1-2), ovviamente Aquila e
Priscilla (synergs, Rm 16,3) e Stefano (1Cor 16,15-16).
Questultimo caso particolarmente significativo, perch egli (si tratta, infatti, di un paterfamilias: il nome maschile) viene definito come il primo convertito di Corinto (Una
raccomandazione ancora, o fratelli: conoscete la famiglia di Stefana, che primizia dell'Acaia;
hanno dedicato se stessi a servizio dei fedeli; siate anche voi deferenti verso di loro e verso quanti
collaborano e si affaticano con loro). Emerge chiaramente la sua funzione di leader, confermata
anche dal fatto che subito dopo Stefana un emissario della comunit presso Paolo. Probabilmente
quando si designavano i responsabili come presbiteri si pensava non tanto alla loro et, quanto al
tempo trascorso a guidare una comunit che si riuniva nella loro casa.
Il cristianesimo radicandosi e diffondendosi proprio nella modalit di comunit-famiglie
(comunit che vivevano come famiglie; famiglie che erano punto di riferimento per le comunit)
raggiungeva lobiettivo di annunciare il Risorto a tutti superando distinzioni sociali ed etniche e
mostrava concretamente, nei confronti di un individualismo imperante, che era possibile vivere
nella comunione fraterna.
Le comunit cristiane che si riunivano nelle case avendo come caratteristiche il carattere
volontario dellassemblea, la base domestica e laspirazione ad una fraternit universale,
esprimevano in questo modo un valore cristiano fondamentale: lesistenza, come struttura base della
Chiesa, di comunit umane in cui possibile la relazione interpersonale, la comunione della fede e
la partecipazione effettiva e affettiva di tutti i membri.
In questo contesto esistenziale comprensibile la metafora della Chiesa come casa di Dio.
vero che nella teologia anticotestamentaria il tempio era gi descritto come casa del Signore, per
questa spiegazione era insufficiente se pensiamo ai cristiani provenienti dal paganesimo per i quali
il tempio come casa del Signore era poco pi che uninformazione intellettuale. La comprensione
della Chiesa come casa si radicava, invece, nella concretezza dellesperienza della comunit che
si radunava nelle case delle famiglie.
Per essere Chiesa di Cristo, dunque, i cristiani dei primi secoli non hanno dovuto ideare nessun
nuovo tipo di aggregazione sociale perch questa esisteva gi: la famiglia era da sempre predisposta
e plasmata dal Creatore per diffondere il vangelo nel mondo in ogni tempo storico.
La famiglia fin dallinizio il massimo esempio di comunione conosciuta dalluomo27. La
comunione, infatti, che si vive in famiglia non qualcosa di appiccicato ad essa, ma frutto di una
originalit originaria.
Originalit: perch non esiste qualcosa di simile da nessuna altra parte.
Originaria: perch questa originale comunione non proviene da pressioni culturali, ma
inscritta dentro di essa dallorigine, dalla Creazione28.
27
Infatti, ieri come oggi, gli uomini si accorgono che solo nella famiglia si costruisce un complesso di relazioni
interpersonali (nuzialit, paternit-maternit, filiazione, fraternit), mediante le quali ogni persona umana introdotta
nella famiglia umana (GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 15). La famiglia il primo luogo
dellumanizzazione perch ogni singola persona, nascendo maschio o femmina, nasce strutturalmente relazionale, di
una relazionalit totale e coinvolgente e proprio nella famiglia sperimenta che questa relazionalit indispensabile al
divenire pienamente uomo o donna. La famiglia costituisce il luogo nativo e lo strumento pi efficace di
umanizzazione e personalizzazione della societ (Ibid., 43).
28
Infatti solo la famiglia da sempre:
- un soggetto unitario nel quale la reciprocit uomo-donna diventa una sola carne;
- un NOI intergenerazionale con relazioni di sangue, parentali che si esprimono in interdipendenza, reciprocit,
trasversalit di valori, di esigenze, di funzioni, di ruoli.
Solo la famiglia ha da sempre:
- una sua storia e continuit interna; non mai qualche cosa di isolato nel tempo. Ha sempre un prima (di chi lha
generata) e un dopo (di chi cresce e si riproduce). perci una realt dinamica in divenire, dove avviene una continua
integrazione di passato, presente e futuro;
- un suo codice essenziale di vita, quello dellamore, che la qualifica in modo originale in tutto il suo percorso positivo
o negativo.
Solo della famiglia possiamo dire alla luce della Rivelazione del Nuovo Testamento:
24
Le chiese primitive vivevano, dunque, come famiglie e stavano nelle case proprio perch il
vivere ecclesiale ha il suo paradigma nella vita coniugale e familiare.
La cosa venuta da s, si imposta istintivamente nella constatazione che lumano coniugale e
familiare era gi uditore del mistero di Dio. La relazione damore che si vive tra coniugi e in
famiglia da sempre aperta e preposta a configurare la relazione damore tra gli uomini e Dio.
La Chiesa perci si autocompresa senza difficolt come la sposa di Cristo Sposo29. Il
percepirsi sposa dello Sposo, famiglia di Dio, il riconoscersi come fratelli e sorelle fa tuttuno col
sentirsi convocati da Dio ad essere Chiesa.
A figura dellumanit redenta la Chiesa, ed ogni sua singola parte (parrocchia, diocesi,
congregazione religiosa ecc.), chiamata a riscoprire e vivere il mistero delle relazioni personali che
sono ci che rendono ogni persona se stessa, non pu che far riferimento diretto al modello della
famiglia.
Ci ribadito ancora oggi dai nostri vescovi:
Il riferimento al territorio, inoltre, ribadisce la centralit della famiglia per la Chiesa. La comunit
nel territorio infatti basata sulle famiglie, sulla contiguit delle case, sul rapporto di vicinato. Ci
sembra di poter cos attualizzare linvito di Ges alluomo liberato dai demoni, il quale vorrebbe
seguirlo: Va nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ci che il Signore ti ha fatto e la misericordia
che ti ha usato(Mc 5,19)30.
9. Lambiente di vita
Prendendo come spunto ancora il testo di Mc 5,1-20 vogliamo ora sottolineare come il Signore
Ges allindemoniato appena guarito che lo pregava di permettergli di stare con lui (v.18)
rispose negativamente: Non glielo permise (v. 19).
Per la nostra mentalit il rifiuto di Ges alla richiesta di un aspirante discepolo risulta
sconcertante. Per noi se uno vuol seguire Ges ha perfettamente senso formarlo e prepararlo
affinch diventi un esperto evangelizzatore.
Ma attenzione, Ges non ha affatto rifiutato lofferta di questuomo. Anzi lha accettata
immediatamente. Gli ordin, infatti, di andare subito a dire ai suoi cosa gli aveva fatto e la
misericordia che gli aveva usato. Egli obbed e tutti i suoi ne erano meravigliati (v. 20).
Bisogna ammettere che noi oggi non siamo ancora pronti a sentirci rispondere in questo modo
dal Signore Ges. Chiediamo, infatti, continuamente al Signore di aiutarci ad elevarci verso una
fede adulta, pi consapevole, pi meditata e culturalmente preparata ed Egli, invece, ci sorprende
perch ci ordina di andare immediatamente a dire ci che Lui ci ha gi fatto.
Ma che sorpresa, quando Gli si obbedisce, vedere i risultati!
Quella persona, per esempio, che non si era scostata per anni di un millimetro nonostante i miei
sempre pi dotti e studiati interventi sulla fede, ora si commuove come un bambino per il soffio
damore divino che ha sentito, grazie a quel poco che gli ho detto di ci che Ges ha fatto per me.
- un NOI che partecipa ed attualizza lamore sponsale di Cristo per la Chiesa;
- un NOI che immagine e somiglianza del NOI trinitario.
29
A questo proposito: F. PILLONI, Ecco lo Sposo, uscitegli incontro, ed. Effat, 72-73: La Chiesa la sposa di Cristo.
il dono dellumanit nuova che, partecipe dello Spirito, completa nella storia ci che manca alla pienezza di Cristo.
Essa il corpo di Cristo come il corpo della sposa dello sposo e, reciprocamente, quello dello sposo della sposa.
[] Davvero il fine che Dio si era prefisso era sposare questa umanit, ed ora Egli ha compiuto questa straordinaria
unit del suo amore divino nella carne di Cristo e da qui chiama tutti ad unit. [] Per il mistero di Cristo Sposo,
Cristo e la Chiesa sono ununica realt. La Chiesa la sposa di Cristo e vive in ununit damore con Lui. Essa non
un organismo, n - per principio - una nuova entit religiosa. Essa una relazione, la relazione dello Sposo. Essa il
frutto maturo della partecipazione che Dio ha fatto di s allumanit. Essa lespandersi fecondo della relazione di
amore intratrinitaria, che a Dio piaciuto partecipare allumanit. Essa quindi la sposa dellAgnello (Ap 19,7)
comprata a caro prezzo (1Cor 6,20) da Cristo nella sua morte. Essa lumanit nuova che si riceve interamente dallo
Sposo.
30
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 10.
25
Quando gli parlavo delle cose grandiose che il Signore aveva fatto per lui e per tutti non si
scomponeva, ora, appena ho iniziato a parlargli di quello che ha fatto a me, egli percepisce per la
prima volta quanto anche lui sia immensamente amato.
Non facile descrivere di che cosa si tratti. Forse parlando di me coinvolgo laltro in modo
diverso dal parlare in generale. Certo, sappiamo per fede che la potenza dello Spirito Santo si attiva
l dove due si parlano e si ascoltano a cuore aperto, ma sempre unesperienza umanamente
sconvolgente accorgersi che non lo sto convincendo io. Qualcun altro lo sta coinvolgendo
nellesperienza damore che il Signore mi ha fatto provare.
A questo livello di comunicazione le parole pi semplici come ho sentito vicino il Signore
portano al nostro fratello il vangelo nel pi profondo del cuore.
10. Chi sono i miei?
Torniamo a sottolineare un altro aspetto del comando di Ges allindemoniato guarito:
quellespressione che abbiamo appena letto: Va dai tuoi. Egli and, dunque, nella Decpoli dai
suoi. I suoi non potevano che essere i familiari, i parenti, gli amici e i conoscenti.
Chi sono allora i miei ai quali il Signore mi invia ad annunciare ci che mi ha fatto? La
risposta ovviamente non pu che essere la stessa.
Ognuno di noi inserito in una rete relazionale composta in primo luogo da amici, colleghi,
parenti e vicini che per ognuno di noi il proprio ambiente di vita.
I miei parenti: quelli con cui ho loccasione dessere frequentemente in contatto.
I miei vicini: quelli di casa, ma anche coloro con cui si hanno dei rapporti perch, abitando
nella stessa zona, ci si incontra spesso.
I miei colleghi: i compagni di lavoro o di studi, ma anche coloro con i quali si hanno rapporti
di affari in modo pi o meno regolare. Sono dei colleghi anche coloro con i quali si possono
condividere fatiche o gioie in qualche attivit svolta in comune (in una associazione per esempio).
I miei amici: quelli con cui vivo rapporti affettivi o per lutilizzo del tempo libero.
Va sottolineato che queste reti relazionali hanno quasi sempre in una coppia di sposi il loro
perno, come vengono schematizzate nella seguente figura.
26
Ambiente di vita
rete relazionale attorno al nucleo sposo-sposa
Amici
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Legenda
Famiglia
Singolo (non sposato, vedovo, consacrato)
27
28
Ci non vuol dire che sia facile, perch chi evangelizza conosciuto in ogni aspetto del suo
carattere ed in ogni sua reazione, ma questo il metodo pi efficace perch pi si vicino a
qualcuno pi si ha la possibilit di fargli notare il proprio cambiamento e la nostra attenzione verso
di lui: il vicino che ci chiede perch ti interessi a me?; lamico che vede il nostro mutamento; i
familiari che si accorgono della nostra conversione. Queste sono le persone che, con la nostra
disponibilit, possono essere raggiunte pi facilmente dalla Grazia del Signore.
Lambiente di vita offre generalmente lopportunit di seguire, di accompagnare queste persone
quando intraprendono il loro cammino di fede poich le occasioni per parlarsi sono gi frequenti
senza bisogno di fissare appuntamenti sulle proprie agende.
Non si pu non rivelare, infine, che questo metodo d grande soddisfazione personale.
sempre unemozione vedere la gente fare esperienza di Cristo, ma si prova uno speciale entusiasmo
e tanta gioia nel vedere coloro che ci sono vicini per i quali si investito tempo, amore e preghiere,
accettare Ges e crescere spiritualmente. Lapostolo Giovanni lo sottolinea nel modo seguente:
Non ho gioia pi grande di questa, sapere che i miei figli camminano nella verit (3Gv 4).
proprio vero che, valorizzando le relazioni esistenti, non si va ad evangelizzare, ma si
evangelizza mentre si va: e strada facendo, predicate che il Regno dei cieli vicino (Mt 10,7). Il
comando di Ges non quello di fare tanta strada, ma di predicare il Regno dei cieli mentre si
percorre la strada della vita.
Non si tratta di andare appositamente da qualcuno per evangelizzarlo (neppure i missionari lo
fanno: prima infatti condividono la vita della gente e poi danno ragione della speranza cristiana), ma
di utilizzare strada facendo31 (mentre percorri il tuo cammino ordinario di vita), le occasioni che
ti vengono presentate dalle relazioni che vivi.
nel proprio ambiente di vita che il cristiano si deve impegnare ad evangelizzare senza cercare
alibi di difficolt o di insuccessi precedenti: le relazioni che egli gi vive sono volute dal Signore.
Il discepolo di Ges sa che non ha diritto di lamentarsi, n di giudicare: da credente deve sentirsi
mandato a trasformare le situazioni nelle quali si trova, ad essere luce per chi non crede,
consolazione per chi soffre, speranza per chi in difficolt.Ogni credente deve, dunque, saper
accettare con fede ogni persona e impegnarsi ad avvicinarla, come farebbe Ges, affinch incontri
la grazia di Dio.
E va ancora ribadito che nellevangelizzazione dellambiente di vita un ruolo di grande
responsabilit stato affidato dal Signore a coloro che ne sono, come abbiamo detto, il perno e
cio la coppia di sposi. Tutti i cristiani, in forza del battesimo ricevuto, sono chiamati ad
evangelizzare indipendentemente dal fatto di essere sposati o non sposati, preti o laici. Ma il
sacramento nuziale, che la relazione umana dei due sposi inabitata dallo Spirito Santo, stato
voluto dal Signore per accogliere i suoi discepoli in famiglia ed essere cos capaci, al modo della
famiglia, di custodire, rivelare ed annunziare il Suo amore32. (cf. FC 17)
Lo stare in famiglia per la Chiesa e per i cristiani essenziale non solamente perch in
famiglia ci si vuole bene (questo per fortuna accade anche nei gruppi, tra amici ecc.), ma perch la
missione della Chiesa e di ogni singolo battezzato deve attingere alla missione naturale della
famiglia: generare cio altre persone nellesperienza dellamore di Dio.
Storicamente la Chiesa, in tante parti del mondo e in diverse epoche storiche come pure in
differenti situazioni culturali, riuscita a radicare (o conservare in tempi di persecuzione) la fede
che era stata portata attraverso i missionari itineranti, solo laddove tante famiglie hanno trasformato
la loro casa in un luogo di preghiera e di condivisione fraterna.
31
Espressioni come questa o come landare a due a due (Lc 10,1) non sono da eseguire pedissequamente alla lettera
come fanno gli appartenenti alle sette. Pur nella loro semplicit le parole della Sacra Scrittura rimandano a significati
altri. Per esempio la decisione di Ges di inviare i suoi discepoli a due a due non tende ad un controllo reciproco tra
i discepoli che si mettono ad evangelizzare, ma perch ci che essi vanno ad annunciare, cio lamore di Dio, non pu
essere annunciato se non viene vissuto. E per vivere ed accogliere lamore, almeno in due, come si sa, bisogna essere.
32
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris Consortio, 17.
29
Solo quando il vangelo stato pazientemente vissuto e annunciato ai tuoi le societ sono
cambiate. Questo perch si moltiplicavano le occasioni di annuncio del vangelo: una famiglia che,
attraverso la preghiera, la testimonianza esplicita e un concreto amore, accompagnava man mano
allincontro con Ges le persone del proprio ambiente di vita, in realt predisponeva allesperienza
della fede tutti coloro che facevano parte dellambiente di vita delle persone che avevano
convertito. Era cos il reticolo pi grande della societ, quello preesistente allarrivo del
cristianesimo, che veniva redento attraverso le conversioni personali consumate allinterno dei
rapporti umani consolidati.
Se lannuncio della risurrezione come annuncio della vittoria della vita sulla morte, ha avuto un
impatto sociale perch la maggioranza dei convertiti erano coloro che avevano potuto
sperimentare la potente e liberante trasformazione dei loro rapporti sociali: schiavi trattati da
fratelli, poveri serviti dai ricchi, egoisti perdonati dalle loro vittime.
11. La lista del cuore: per una evangelizzazione personalizzata
Ogni giorno ciascuno di noi immerso nel suo ambiente di vita incontra quelle persone che
tessono la propria rete relazionale, composta da familiari, amici, vicini di casa, clienti e colleghi di
lavoro, che Ges desidera incontrare: da qui la chiamata a renderci suoi strumenti, canali perch il
suo amore giunga fino a loro.
Come iniziare?
Se ci facciamo illuminare dalla testimonianza resaci dal vangelo nella bellissima immagine del
Samaritano, che ci presenta come farsi prossimo di coloro che incontriamo, ci accorgeremo che
Ges avvicina laltro con lo sguardo carico damore, di quellamore che coinvolge in tal modo
lintera persona da smuoverne le viscere (lamore tipicamente genitoriale).
Ebbene, i nostri incontri devono diventare delle occasioni per dare slancio alla nostra capacit di
guardare laltro con amore anche per evitare di passare oltre, come il sacerdote e il levita, a qualche
sofferenza di un nostro fratello che ci rimane nascosta per la nostra indifferenza; ancora di pi
dovremmo assimilarci a Cristo in modo tale che il nostro cuore riesca a far spazio al suo infinito
amore capace di andar incontro allinestinguibile desiderio di chi ci circonda e che cerca qualcuno
che lo ami infinitamente e incondizionatamente.
Amare qualcuno significa sempre coinvolgerlo in una nostra precedente relazione damore che
ci costituisce: pensiamo a Ges il cui anelito offrire alluomo la possibilit di partecipare a
quellabbraccio intenso fra Lui e il Padre nello Spirito Santo. Seguendo la legge dellamore, noi non
possiamo entrare in contatto e cercare di metterci a servizio dei nostri fratelli se prima non siamo in
relazione intensa con Cristo; relazione di cui un giorno speriamo anche loro potranno librarsi,
sostenuti dalle amorevoli e salvifiche braccia del Padre. Lamore, infatti, non mai nostro, non
una forza, un impulso che ci appartiene e nemmeno il nostro bisogno di spenderci per gli altri, ma
sempre partecipare e farci avvolgere da una comunione che ci precede e ci avvince perch la linfa
vitale che ci attraversa e ci sostiene.
Occorre fare coppia con Cristo ed entrare cos in quelloceano damore delle relazioni
trinitarie per amare sinceramente e nella verit il nostro prossimo, cos come i figli sono generati,
accolti e amati dai genitori con quellamore che li costituisce coppia di sposi.
La lista del cuore dunque un iniziare ad accogliere nel nostro cuore quel desiderio ardente di
Ges che levangelista Giovanni ci ha confidato: Non prego solo per questi, ma anche per quelli
che per la loro parola crederanno in me; perch tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me
e io in te, siano anchessi in noi una cosa sola, perch il mondo creda che tu mi hai mandato. E la
gloria che tu hai dato a me, io lho data a loro, perch siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu
in me, perch siano perfetti nellunit(Gv 17, 20-23).
far nostro quel grande desiderio di famiglia di Ges il quale sogna che quella compresenza
straordinaria e per noi inimmaginabile vissuta tra Lui e il Padre sia per mezzo dello Spirito Santo
estesa a tutti noi, a tutti i nostri fratelli che ancora non lo conoscono; far fluire nel nostro cuore
30
quella celestiale sinfonia della Trinit che ci induce a diffondere la gioia del suo ascolto anche con
chi non lha mai sentita risuonare nel proprio intimo. offrire la possibilit allo Spirito Santo di
penetrarci, di riempirci in modo da chiedere al Padre di mandare noi come operai nella sua messe.
La lista del cuore quindi premere linterruttore affinch inizi a circolare in noi la corrente
damore divina per accendere di gioia e di speranza cristiana il nostro fratello e cos facendo
rendiamo un servizio a noi stessi perch irroriamo continuamente il nostro cuore, il nostro intimo
dellamore di Dio che fluisce attraverso di noi per sfociare nellanimo del fratello.
La lista del cuore significa portare, aiutandoci con un elenco scritto e la preghiera, coloro che
Cristo ci ha posto accanto, nel cuore del nostro rapporto amoroso con Lui, il quale ci porter, ad
irrorare la nostra anima dei suoi stessi sentimenti, della sua grande misericordia per costoro.
importante che questa lista venga stesa, impressa su un foglio e non lasciata semplicemente nei
nostri pensieri: come tutti noi scattiamo e conserviamo con cura le foto dei nostri cari che pure
abbiamo ben presenti nella nostra mente, quasi per aver la possibilit di vederli sempre davanti a
noi con tutta la loro persona, cos ogni nome fissato sulla carta vuole dire il nostro desiderio di dare
importanza a quel fratello, il nostro desiderio di amarlo con quellamore che Ges ci doner per Lui.
Questa lista, in cui poniamo i nomi delle persone che abitualmente incontriamo, uno sprone
per uscire da noi stessi e andare con il nostro pensiero, la nostra anima, il nostro tempo verso
qualcuno che ci interpella, evitandoci il pericolo di rimanere ancorati e chiusi nella nostra religiosit
ricamata di buoni sentimenti rivolti genericamente a persone senza volto o di un vago benessere
spirituale, utile per sopravvivere in mezzo alle tante tensioni che ci riserva la vita.
Se la chiesa chiamata ad essere la grande famiglia dei figli di Dio, noi tutti siamo fratelli in
Cristo e anche genitori per coloro che ancora non sono giunti alla fede o sono allinizio del loro
cammino; di conseguenza, come tali dovremmo comportarci guardando alla maggioranza dei padri
e delle madri che amano, seppur con la medesima intensit, in modo diverso ognuno dei loro figli
poich presentano necessit, bisogni e qualit diverse, e che a loro si dedicano senza risparmiarsi
anche quando oppongono una certa resistenza, noncuranza se non rifiuto e disprezzo incarnando
nella loro vita lamore crocifisso di Ges.
Con la lista fra le mani presentiamo a Ges ognuna delle persone che vi abbiamo scritto
ricordando i loro visi, pensando alle loro situazioni, e nel cuore allargato dalla presenza di questi
fratelli facciamo fluire invocandolo lamore che Cristo nutre per ciascuno di loro; chiediamo a Lui
di abbracciarci e guardare insieme questi fratelli in modo da attivare quel circuito damore che
coinvolge Lui, noi e le persone per cui preghiamo, in modo da avvertire lanelito di Ges che ogni
persona si apra alla sua amicizia, al suo amore. Questo ci porter piano piano ad allontanare da noi
giudizi negativi nei confronti di chi sta accanto a noi, sostituiti, se i fratelli sono immersi in
situazioni di peccato grave, o sono lontani dalla fede, dalla comprensione della loro pi profonda
sofferenza, quella comprensione e misericordia che avvertiamo nei nostri confronti da parte di Dio,
e dal desiderio che Ges porti loro la sua salvezza anche attraverso di noi se nella sua volont.
Intensifichiamo sempre pi la nostra preghiera e chiediamo al Signore chi Egli vuole che della
nostra lista evangelizziamo. Non si tratta di cose strane come fare le carte! Sappiamo che la fede
sincera che ci apre allo Spirito. Questo lo sapevano bene i primi cristiani che per scegliere qualcuno
per un ministero si riunivano insieme a pregare. Pregare il Signore che ci illumini su chi
evangelizzare vuol dire ricevere lo spirito di discernimento che ci far escludere coloro che gi
vivono una vita di fede e ci aiuter a restringere le nostre attenzioni su poche persone. Se nella
preghiera, lamore pu estendersi a molte persone, nel servizio ai fratelli, specialmente se portano
nel loro intimo ferite profonde, pu abbracciare solo qualcuno.
Per queste persone, come scrive nel suo testo Piergiorgio Perini, ti impegnerai di pi e
pregherai ogni giorno per un tempo pi lungo invocando lo Spirito Santo perch apra strade di
comunicazione e sostenga il tuo impegno di evangelizzatore. Solleciterai preghiere anche dagli altri
fratelli33. In una parola, inizieremo noi a convertirci.
33
P. PERINI, (ed) Corso Leader. Manuale di evangelizzazione delle cellule parrocchiali. Ed. Paoline, Milano 2008, p.
46. In questo testo si parla di una lista dell oikos che qui stata ripresa e chiamata lista del cuore approfondendone il
31
Noi, che desideriamo per queste persone care la conversione, siamo chiamati innanzitutto a
pregare perch ci avvenga in noi. E la preghiera costante ci disporr progressivamente nella
giusta modalit nei loro confronti perch sar essa a renderci un umile strumento nelle mani di
Dio. Il pregare specificatamente per quella persona che conosciamo cos bene ci far sperimentare
lamore immenso che Ges prova per lei. Pregando per lei sentiremo nel cuore la voce del
Signore che ci dice: Aiutami ad amarla!.
E noi, ascoltando il suggerimento dello Spirito, Gli risponderemo: S, vogliamo farle sentire
quanto la ami. Tu la conosci, Tu sai tutto Signore. Donaci il tuo Spirito per trasformare il nostro
cuore come il tuo. Rendici capaci di amarla come la ami Tu perch sentiamo che non siamo pi noi
che viviamo, ma sei Tu Cristo che vivi in noi.
significato e scorgendo in essa una dimensione nuziale: rapporto intimo con Cristo per portare alla vita della fede un
fratello, per realizzare il suo sogno di rendere la chiesa una famiglia che si fa prossimo ad ogni uomo.
32
Il v. 36 dice che le folle che seguivano Ges erano stanche e sfinite, come pecore senza
pastore. Che cosa significa?
2.
Pensi che questa sia unefficace descrizione della gente di oggi? Spiega:
3.
33
Roberto Bianchi
collega di ufficio
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
34
CAPITOLO III
cristianesimo maturo ed attivo, nel quale risplende una relazione viva con Cristo Risorto ed
unintensa risposta alle proposte ecclesiali.
1. La rete delle relazioni e la rete da gettare
Dopo aver presentato lambiente di vita come una rete relazionale predisposta dal Signore per
far sperimentare a tutti il suo amore, parliamo di unaltra rete: quella utilizzata dai pescatori che
la metafora utilizzata da Ges con i suoi discepoli. Egli ha promesso loro che li avrebbe fatti
pescatori di uomini (cf. Mc 1,17) ed ha mantenuto questa promessa quando, risorto dai morti,
apparve loro sulla sponda del lago di Tiberiade.
Essi non solo non avevano preso nulla, ma neppure si erano accorti che vi era Ges con loro (cf.
Gv 21,3-4). Hanno ricevuto il comando del Signore: Gettate la rete dalla parte destra della barca
e troverete (v.6) e la loro subitanea obbedienza apre alla grazia: La gettarono e non potevano pi
tirarla su per la gran quantit di pesci (v.6).
Analogamente fidarsi del comando del Signore di annunciarLo a tutti produce lo stesso effetto
di grazia. Se non Lo ascoltiamo il nostro sforzo di essere suoi discepoli non produrr nulla ed
inoltre non sentiremo pi la sua presenza; mentre se eseguiamo il suo ordine verremo addirittura
posti alla sua mensa: Venite a mangiare (v. 12) dove sar Lui stesso a servirci con amore: Allora
Ges si avvicin, prese il pane e lo diede loro, e cos pure il pesce (v.13) e assisteremo con stupore
al risultato straordinario di tanti fratelli e sorelle che, persi negli abissi del male, verranno tratti in
salvo grazie alla rete che abbiamo gettato.
Nel vangelo la barca rappresenta la Chiesa. Stare sulla barca vuol dire poter fare lesperienza
della salvezza, comprendere cio che vi un luogo dove si pu vivere la relazione che ci offre
Dio e stare al sicuro dal peccato.
Questa metafora utilizzata da Ges recupera limmaginario negativo che la cultura ebraica
attribuiva al mare. Il popolo ebraico ha sempre legato la sua identit al possesso della terra e
nonostante vivesse a stretto contatto con il mare non era affatto un popolo marinaro. Temeva
ancestralmente la grande massa dacqua come contenitrice di creature mostruose e malefiche e
foriera di morte. Dal diluvio universale narrato nel libro della Genesi al libro dei Salmi vi una
sorta di ritornello: Benedetto il Signore sempre; ha cura di noi il Dio della salvezza. Il nostro Dio
un Dio che salva; il Signore Dio libera dalla morte. Ha detto il Signore: Da Basan li far
tornare, li far tornare dagli abissi del mare (Sal 68,20-21.23).
Non a caso nelle prime righe della Bibbia troviamo la presenza dello Spirito di Dio aleggiante
sulle acque, cio sul nulla primordiale, descritto anche come tenebre che ricoprivano labisso
(Gen 1,2). Allo stesso modo le ultime righe della Sacra Scrittura: la visione della gloria futura che
lumanit redenta vivr in Dio viene presentata come un nuovo cielo e una nuova terra perch il
cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non cera pi (Ap 21,1). Nella simbologia
giovannea descrivere il Paradiso come un luogo senza mare equivale a dire che nella Gerusalemme
celeste non esister pi il male.
Lequiparazione metaforica del mare con il male alla base di tanti altri brani biblici:
dallattraversamento del mare che segnava il passaggio per il popolo ebraico dalla schiavit alla
libert, al profeta Giona che, rifiutando il comando divino di annunciarLo agli abitanti di Ninive, si
ritrov inghiottito per tre giorni da un grosso pesce.
Infine Ges, nuovo e definitivo Giona - vincitore sulla morte, dopo esserne stato per tre giorni
prigioniero - viene presentato come colui che cammina sulle acque (cf. Mt 14,22-33; Mc 6, 45-52),
o che placa la tempesta che si era abbattuta allimprovviso sulla barca dei suoi discepoli (cf. Mt
8,23-27; Mc 4,35-41; Lc 8,22-25).
Per esperienza quotidiana sappiamo bene che, purtroppo, inghiottite da grossi pesci (quali la
sfiducia, linerzia, il vizio, lorgoglio, ecc.) vi sono alcune persone del nostro ambiente di vita: un
genitore, un fratello, un amico o un collega di lavoro.
36
Riconosciamo che anche noi siamo stati in balia dei flutti autodistruttivi del peccato, perci non
le giudichiamo e non ci poniamo al di sopra di loro, anzi: proprio perch un giorno ne siamo stati
pescati fuori conosciamo perfettamente cosa significhi non essere pi schiavi di ci che ci faceva
male-essere. Consapevoli che non ne siamo usciti da soli con le nostre forze, ma stata la grazia
di Dio che ci ha raggiunto e ci ha tratto in salvo, non dimenticheremo mai che per primo stato il
Signore a raggiungerci l dove eravamo e a farci sentire limmensit del suo amore. Noi poi
abbiamo risposto e stiamo rispondendo al regalo che abbiamo ricevuto perseverando nella vita
comunitaria e di fede, mantenendoci in questo modo ben saldi sulla barca della salvezza.
Gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date (Mt 10,8). Tutti noi cristiani possiamo
testimoniare che la fede il pi bel regalo che abbiamo ricevuto, ma proprio per questo non
possiamo non fare del nostro meglio affinch altri lo possano ricevere. Siamo stati evangelizzati
perch evangelizzassimo. Siamo sulla barca con tanti fratelli per pescare tutti insieme e non per fare
una bella crociera solitaria!
Anche i nostri vescovi nella nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo
che cambia aprono la loro riflessione proprio con limmagine della barca utilizzata da Ges, per
ricordarci che
stare sulla barca insieme con Ges, condividere la sua vita nella comunit dei discepoli, non ci
rende estranei agli altri, non ci dispensa dal proporre a tutti di essere suoi amici. Ci viene chiesto di
disporci allevangelizzazione, di non restare inerti nel guscio di una comunit ripiegata su se stessa e
di alzare lo sguardo verso il largo, sul mare vasto del mondo, gettare le reti affinch ogni uomo
34
incontri la persona di Ges.
Sappiamo che non ci sono problemi di spazio su questa barca: Dio grande nellamore (Sal
103,8). Piuttosto ci sono problemi di tempo: sempre poco e, anche se oggi la vita media si
notevolmente allungata, se dal male non si esce subito, la vita si inabisser sempre di pi nelle
oscure profondit del peccato. Questultima osservazione a tanti credenti oggi appare esagerata.
Essi pensano che sia addirittura anti-evangelico far notare che vi una differenza tra lo stare sulla
barca e il non starci, soprattutto di fronte a coloro che vivono valori (laici o di altre confessioni
religiose) caratterizzati da unintensa ascesi spirituale e da una capacit di promuovere ci che
autenticamente umano.
Ora, senza addentrarci in approfondimenti a riguardo del significato dellapporto delle altre
religioni e dello stesso ateismo con i loro semi di verit alleconomia della salvezza, ci permettiamo
di sottolineare che se il Signore Ges ha tanto insegnato a riguardo della necessit ed
improrogabilit della conversione a Dio perch solo Dio pu salvare luomo, ogni uomo.
Nessuno si salva da solo. Nessuno raggiunge il cielo con i propri (anche straordinari) sforzi,
perch il Paradiso non lo si pu meritare: si pu solo ricevere gratis. Allora, dato che Dio si fa
dono per luomo, lunico modo per avere questo dono accoglierLo. C solo una condizione per
ricevere gratuitamente ci che Tutto: svuotarsi per fargli spazio. Ci che indispensabile, in
estrema sintesi, rinunciare al proprio progetto di auto-salvezza.
Questo un problema che risale ad Adamo: necessario sgonfiare il proprio io per permettere
allinfinita e incondizionata misericordia di Dio di entrare nella nostra vita. inutile, pertanto,
limitare la propria vita di fede ad unespressione di valori umani come la tolleranza, la giustizia
sociale, lonest, la beneficenza, comportandosi sempre in maniera educata e civile, senza far posto
allazione salvifica di Dio. Se come credenti abbiamo fatto cento cose per la Chiesa e abbiamo
invocato migliaia di volte Dio, ma, nei momenti importanti, abbiamo contato solo sulle nostre
potenzialit o sulle nostre virt - anche spirituali - allora non abbiamo mai veramente accettato che
Dio si facesse un tuttuno con noi. Saremmo come una persona sposata che, pur vivendo il
matrimonio, vissuto come un single.
34
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 1.
37
Lorgoglio il peccato dal quale origina tutto ci che negativo per luomo. Se raccogliamo
con soddisfazione il grano che abbiamo seminato, dimenticandoci che qualcunAltro lo ha fatto
crescere, sar proprio questorgogliosa soddisfazione a condannarci, a impedirci cio di
sperimentare da vicino chi Colui che dal nulla ricava tutto.
Dio, in definitiva, ha bisogno della nostra umilt per poterci far conoscere la sua salvezza. Egli
non ci pu dare ci che noi non chiediamo (cf. Mt 7,7; Lc 11,9; Gv 15,7; Gv 16,24; Gc 4,2).
Riconoscere con sincerit di cuore che anche noi (come tutti quanti: tutti hanno peccato Rm 5,12)
siamo profondamente immersi nel mare della nostra autosufficienza, gi predisporsi ad accogliere
il perdono di Dio (laddove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia Rm 5,20).
Vi dunque una differenza tra stare sulla barca-Chiesa e il non starci, se questo significa voler
realmente rinunciare a salvarsi da soli e accogliere il dono di venire tratti in salvo per amore. Non
fanatismo effondere tutte le nostre energie affinch tante altre creature di Dio possano non scordare
pi la loro condizione, che la nostra, di peccatori continuamente perdonati. vera gioia quella
condivisa in comunione con i fratelli quando si scopre che lo Spirito ha agito in tutti e per mezzo di
tutti.
Per questo, al termine della nostra attraversata esistenziale, non possiamo non presentarci
stremati dalla fatica per aver soccorso quanti pi fratelli potevamo, dicendo come san Paolo:
Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed giunto il momento di sciogliere
le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. (2 Tm
4,6-7) Non solo va mantenuta la fede, ma va fatto tutto ci che ci possibile per donarla agli altri.
Se spenderemo tutte le nostre energie per trarre il pi possibile dei fratelli in salvo, verremo ripagati
da Colui che ci rinfrancher in una buona misura, pigiata, scossa e traboccante (Lc 6,38)
Sarebbe tragico se lapprodo finale trovasse noi cristiani tranquilli e rilassati, perch convinti
che il nostro ruolo era quello di stazionare sulla barca per segnalare soltanto che era a disposizione
per chi voleva un ancoraggio. Un amaro stupore ci assalir quando con occhi nuovi vedremo la
reale situazione di tanti nostri fratelli che annegano nello stare fuori dalla Chiesa. Tutte le nostre
giustificazioni (ma non volevano saperne; se avessi fatto di pi li avrei disturbati) ci rimarranno
in gola di fronte al Signore Ges, che ci chieder conto del nostro non-operato. Una tristezza senza
fine ci assalir, se saremo costretti a risponderGli che abbiamo avuto paura di fare i pescatori di
uomini, perch solo allora ci accorgeremo di quanto siamo stati stupidamente con le mani in
mano35.
Come in un genitore irrefrenabile la volont di dare, di donare ai propri figli, cos in un
cristiano deve essere incontenibile la volont di annunciare il cuore della vita, la sua origine ed il
suo destino e cio lunica persona al mondo che dona pienezza alla vita: il Signore Ges. Questo fa
diventare i cristiani padri e madri di una moltitudine di credenti.
2. Per gettare la rete bisogna pregare
Evangelizzare significa, dunque, pescare ad uno ad uno i nostri fratelli, per farli entrare nella
comunit a partecipare con gioia ad una fraternit familiare e allincontro con Ges.
Come si concretizza nella realt di tutti i giorni il gesto di gettare la rete? Bisogna andare con
un pretesto a casa di un nostro amico per parlargli di Ges? Oppure approfittare della prima
occasione utile per portare il discorso su Dio? Ovvio che no! Anzi questi sono atteggiamenti che
rischiano di stancare lamico e di accrescere ancor di pi il nostro orgoglio spirituale.
Dato che evangelizzare un processo relazionale personalizzato che porta alla conversione
dellevangelizzato attraverso la conversione dellevangelizzatore, allora la prima azione da cui tutto
parte quella della preghiera. Ci che innanzitutto serve per evangelizzare, infatti, la nostra
personale e continua conversione allamore di Dio. Dobbiamo farGli spazio in ogni momento, se
35
Nel capitolo 25 del vangelo di Matteo leggiamo la parabola delle cinque vergini sagge e le cinque stolte (vv. 1-13), la
parabola del servo infingardo, cio inoperoso, che aveva ricevuto il talento (vv. 14-30) e il giudizio finale, che segue
come una sorta di spiegazione delle due parabole.
38
vogliamo che entri nella nostra vita e si unisca sempre pi strettamente a noi. Dobbiamo desiderare
una sempre maggiore intimit con Lui.
Per questo occorre la preghiera! Pregare fare una scelta, decidere in questo preciso momento
che vogliamo Dio come linterlocutore primario ed assoluto della nostra vita. Vogliamo condividere
tutto di noi con il nostro Creatore che ci ama: ci che riguarda il rapporto moglie-marito, i figli, il
lavoro, il futuro.
Pregare incessantemente (Ef 6,18; 1Ts 5,17), dunque, non perch sia importante il numero
totale delle nostre preghiere, bens perch il nostro orgoglio sempre ben presente in noi e se
smettiamo anche solo per un momento di far spazio dentro di noi a Dio che ci viene incontro, in
realt concretizziamo la minaccia di chiuderGli la porta.
Il Signore Ges ci ha manifestato di desiderare ardentemente (cf. Lc 22,15) la piena unione
con ognuno di noi. Egli si offre nel pane eucaristico affinch, mangiando di Lui, possiamo diventare
una sola carne con Lui. Egli, dunque, vuole stare con me, ma io voglio stare con Lui? Per quanto
tempo? Quando? Se stare sempre con Lui anche il nostro desiderio, allora il nostro intimo
pensiero correr mille volte al giorno a Lui per invocarLo in ogni momento della nostra giornata,
per salutarLo mentre stiamo facendo le cose pi diverse. Si prega per rendere realt il nostro ed il
suo desiderio di stare sempre insieme.
Pregare ininterrottamente non uno sforzo sovrumano se significa, in questo preciso istante,
farGli spazio nel nostro cuore. La preghiera non pu che essere senza interruzione, se essa un
dialogare teneramente con una Persona viva che ci conosce fin nel pi profondo e che ci vuole
amare infinitamente.
Nel glorificare il Signore esaltatelo quanto potete, perch ancora pi alto sar.
Nellinnalzarlo moltiplicate la vostra forza, non stancatevi (Sir 43,30). Coloro che sono di Cristo
non possono smettere di pregare o pregare saltuariamente. Ci non per il timore che Dio altrimenti
si scordi di loro e delle loro necessit (Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre
vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno Mt 6,32), ma per lesatto contrario: per non scordare
quanto sono amati da Dio.
Risulta perci chiaro che la preghiera la condizione previa per evangelizzare. Solo decidendo
di rimare in contatto con Dio, ci si rende conto che levangelizzazione unopera sua che ci supera
immensamente. Solo Dio, infatti, il partner che completa luomo. Non siamo noi che possiamo
donare a qualcuno ci che colma il tutto della sua umanit.
Se il Signore non sta con noi nel momento in cui evangelizziamo qualcuno, in realt non
possiamo nulla (senza di me non potete far nulla Gv 15,5), ma se lasciamo che Lui stia con noi
Lui che fa tutto: usa le nostre parole per parlare al cuore di questa creatura che ama; si fa sentire a
lei vicino attraverso la nostra presenza fisica; la conduce tra le sue braccia utilizzando il nostro
abbraccio.
ovvio, per, che se al termine evangelizzazione diamo un altro significato, non ci serve
pregare. Per esempio: se evangelizzare significa condurre qualcuno a condividere unaggregazione
parrocchiale, basta invitare tante persone e chi gradisce, partecipa. Se significa risultare convincenti
per rendere plausibile al nostro interlocutore la validit sociale del vangelo, non ci serve pregare,
ma una buona retorica. Se intendiamo levangelizzazione come un mezzo per istruire gli altri nella
cultura cattolica, allora non ci serve pregare, ma ci necessario un discreto studio biblico e
teologico.
Ma se preghiamo perch vogliamo in ogni momento respirare in sincronia con il respiro di Dio,
allora intuiamo a livello istintivo cosa significa evangelizzare. Vuol dire far sempre pi spazio in
noi a Dio per lasciare che ci usi come uno strumento per raggiungere il cuore di quel suo figlio
lontano da Lui. Vuol dire mettersi a servire con amore questo figlio lontano affinch arrivi alla
decisione di accogliere la misericordia del Padre.
Pregare lo spartiacque tra evangelizzare e fare cultura cristiana. Evangelizzare possibile
solo quando in noi vi la consapevolezza che solo Lui, il Signore, con il suo Spirito agisce.
39
Dovrebbe sorprenderci enormemente che Ges stesso, pur essendo Dio, abbia fatto proprio cos.
Pensiamo alle sue notti in preghiera. Pensiamo a quelle espressioni cos decise: Io dico al mondo
le cose che ho udito da lui. Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Ges:
Quando avrete innalzato il Figlio delluomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me
stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, cos io parlo. Colui che mi ha mandato con me e non
mi ha lasciato solo, perch io faccio sempre le cose che gli sono gradite. A queste sue parole,
molti credettero in lui (Gv 8, 26-30).
3. Evangelizzare dire cosa fa la preghiera
Per diventare pescatori di uomini si deve essere prima uomini di preghiera. Se non preghiamo,
non evangelizziamo. Se preghiamo poco, evangelizziamo poco. Se preghiamo tanto,
evangelizziamo tanto. Se preghiamo moltissimo, evangelizziamo moltissimo. Se preghiamo sempre,
evangelizziamo sempre!
La preghiera precede il nostro evangelizzare, lo accompagna e continua anche dopo il
raggiungimento del risultato di aver portato qualcuno, lontano da Dio, alla partecipazione piena
allEucaristia domenicale; continua sia in favore di colui che ora loda con gioia il Signore insieme a
noi e insieme ai suoi nuovi fratelli in Cristo e sia in favore delle altre persone del nostro ambiente di
vita che Dio ci chiama ad evangelizzare.
Levangelizzazione inscindibile dalla preghiera. E se la preghiera fare del vuoto che
permette a Dio di farci fare unesperienza di intimit con Lui, che cos levangelizzazione?
dire questa esperienza.
Evangelizzare dire a qualcuno che cosa abbiamo udito, veduto, contemplato, toccato mentre
pregavamo: Ci che era fin da principio, ci che noi abbiamo udito, ci che noi abbiamo veduto
con i nostri occhi, ci che noi abbiamo contemplato e ci che le nostre mani hanno toccato, ossia il
Verbo della vita (poich la vita si fatta visibile, noi labbiamo veduta e di ci rendiamo
testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si resa visibile a noi),
quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perch anche voi siate in
comunione con noi. La nostra comunione col Padre e col Figlio suo Ges Cristo. (1Gv 1, 1-3).
Solo succhiando il nettare divino se ne scopre con sorpresa lestrema dolcezza e si prova il
desiderio di farlo assaggiare a coloro che non lo hanno ancora provato.
4. Pregare per stare a casa di Dio
Non si deve pregare per conquistare il paradiso, bens per predisporsi a riceverlo
gratuitamente, per poi donarlo agli altri gratuitamente. Il paradiso, la casa di Dio, proprio questo
ricevere e donare disinteressatamente, che produce la gioia pi grande che esista.
In questa logica il cristiano deve pregare sempre, senza stancarsi (Lc 18,1) se desidera
abitare in paradiso gi qui sulla terra quale preludio della casa definitiva in cielo.
Si pu smettere di pregare? Si pu smettere di ascoltare la voce che svela sempre di pi il volto
di Colui che ci ama, sapendo che ci la parte migliore che non sar tolta (cf. Lc 10,42)? Si pu
smettere di ascoltare la voce dello Sposo? Si pu amare ed essere amati da uno Sposo e non
dialogare con Lui? Certo che no! proprio pregando che sperimentiamo, ed anche esprimiamo a
tutti, di vivere in coppia con Lui!
Come tra coniugi le stesse identiche parole possono, a distanza di tempo, trasportare sempre di
pi lamore, cos quando si prega! Le parole, apparentemente uguali, che si ascoltano dal nostro
Sposo entrano in noi con sempre maggiore profondit, non lasciandoci mai come eravamo prima.
Quanto sono efficaci e nuove le parole antiche del vangelo, se prima di ascoltarle abbiamo
aperto il cuore con la preghiera!
Pregando, dunque, si vive in casa con Dio. E quando si abita con Dio si assorbe anche lansia e
la sofferenza che in questa casa si respira per coloro che mancano. Non vi incertezza a riguardo di
40
chi sono costoro. Conosciamo bene i loro nomi. Sono innanzitutto le persone della nostra lista del
cuore.
Anche il Signore Ges quando nellultima cena ha fatto fare ai suoi apostoli lesperienza
dellintimit che si vive nella sua casa, quella che Egli condivide con il Padre e lo Spirito Santo, era
preoccupato per coloro vi avrebbero fatto ingresso: Non prego solo per questi, ma anche per quelli
che per la loro parola crederanno in me (Gv 17,20). Sapeva, infatti, che attraverso la nostra azione
evangelizzatrice, per la loro parola, molti potevano entrare nella gioia della casa del Padre.
Pregare la nostra risposta damore allamore di Dio. E quando due si amano scoprono di aver
trovato casa uno nellaltro. Se uno mi ama, osserver la mia parola e il Padre mio lo amer e
noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (Gv 14,23). La traduzione esatta faremo
casa presso di lui.
Ci facciamo il segno della croce allinizio di tutte le nostre preghiere: con esso, infatti,
significhiamo che vogliamo aprire la porta di quella casa dove si abita con il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo.
Stare in casa con Dio non vuol dire che gli parlo ininterrottamente per ventiquattro ore al
giorno, bens che io e Dio siamo lun laltro compresenti: spesso Gli chiedo un consiglio; se sono
impegnato a fare una cosa so che sono aspettato; vivo nella sicurezza permanente di ottenere da Lui
laiuto di cui ho bisogno
Stare in casa con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo infine ci che ci da la percezione
profonda della nostra identit. in questa casa che vengo a scoprire chi sono e qual il mio
cognome. Si se stessi con piena libert solo in questa casa: solo con Dio, infatti, sto senza
maschere e senza veli.
Coloro che, meglio di altri, sono in grado di comprendere la preghiera come un far casa con
Dio, sono proprio gli sposi. Essi nella preghiera recuperano totalmente la loro identit che deriva
dallessere una immagine nella carne del mistero dellUnitrino. La prima sensazione che una coppia
vive quando loda il Signore quella di tornare a casa: l dove lamore che ora sperimentano ha
avuto origine. Ogni volta che gli sposi pregano insieme gustano le primizie dellamore.
Nella preghiera essi colgono limpidamente che il significato della loro realt nuziale mostrare
a tutti che la realizzazione vera per ognuno far coppia con Dio e che la fecondit loro data per
concretizzare la paternit divina (Piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternit nei
cieli e sulla terra prende nome. Ef 3,14-15) e nello stesso tempo per anticipare il destino di tutti,
che quello di entrare nella casa di Dio.
Gli sposi contengono e sono il parametro, il metodo del rapporto di ogni persona e della chiesa
con Dio. Anzi, manifestano la natura di questo rapporto.
Benedetto XVI, in qualit di prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, afferma:
I termini di sposo e sposa o anche di alleanza, con i quali si caratterizza la dinamica della salvezza,
pur avendo una evidente dimensione metaforica, sono molto di pi che semplici metafore. Questo
vocabolario nuziale tocca la natura stessa della relazione che Dio stabilisce con il suo popolo, anche
se questa relazione pi ampia di ci che pu sperimentarsi nellesperienza nuziale umana36.
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione
delluomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, 31 maggio 2004, 9.
41
ogni occasione possibile un modo semplice e spontaneo di pregare, sia da soli che insieme ai
fratelli. Una modalit che sia prolungata, ma non formalistica, consapevole e ardente, fondata sulla
Parola di Dio e sulla Eucaristica.
Potremmo rimanere molto sorpresi nel constatare quanto il popolo di Dio desideri pregare.
Quanto desideri imparare a pregare. Quanto desideri benedire, ringraziare, lodare continuamente
Ges nella stessa maniera di come Ges continuamente benediva, ringraziava, lodava, nella forza
dello Spirito, il Padre suo. Nellanimo di ogni cristiano, infatti, vi assopito il desiderio di donare
con dolcezza il vangelo agli altri cos come lo ha ricevuto dal Signore Ges. Ora va detto che,
nonostante la sfiducia accumulata in tanti anni per i risultati deludenti, possibile ridestare in una
comunit parrocchiale questo desiderio e trasformarlo in una gioiosa, coinvolgente ed efficace
azione evangelizzatrice sul proprio territorio. Il sogno di un vangelo che si diffonde grazie ad una
comunit che vive dellamore del suo Signore diventa realt quando questa comunit impara a
pregare.
La preghiera un contagio inarrestabile. Con essa prima di tutto il nostro cuore sente di venir
guarito, sente che gli ridonata la pace interiore. Con questa intima pace interiore ci si accorge di
affrontare con pi forza le difficolt quotidiane e che le relazioni difficili vengono affrontate in
modo nuovo. Quando poi con la preghiera si arriva a sperimentare la ricchezza della parola di Dio
per la propria vita e si comincia a percepire la voce dello Spirito, allora la preghiera acquista un
fascino a cui non si pu pi rinunciare.
La preghiera, che ci ha messo in relazione profonda con i nostri fratelli nella fede, ci porta tutti
insieme a constatare che cosa ha operato il Signore in ognuno di noi. Vedendo questi prodigi
spirituali (parlavano fiduciosi nel Signore, che rendeva testimonianza alla predicazione della sua
grazia e concedeva che per mano loro si operassero segni e prodigi. At 14,3; Allora essi
partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la
parola con i prodigi che laccompagnavano. Mc 16,20), come ad esempio una ritrovata serenit
dopo il superamento di alcuni ostacoli di carattere relazionale o morale, si allarga allinterno della
comunit dei fratelli una gioia sempre pi grande. E da questa gioia, che sappiamo essere il dono
dello Spirito Santo, sorge da parte di tutti la voglia di far provare ad altre persone che cosa pu fare
la preghiera. Per coinvolgerli in questa esperienza, spontaneamente si inizia a pregare per loro.
6. Pregare per dar lode al Signore
Il popolo di Dio intuisce senza alcuna difficolt che levangelizzazione significa condurre le
persone a casa dove tutti trovano se stessi, dove si sta bene, perch l c una unit straordinaria con
gli altri e con Dio. Analogamente sa per istinto e per ispirazione divina che per evangelizzare
indispensabile pregare, anche se, probabilmente, non capisce del tutto il nesso profondo che esiste
tra levangelizzazione e la preghiera, dato che non mai stato iniziato al primato della preghiera.
Nella pratica della vita cristiana in parrocchia, infatti, la preghiera qualcosa di secondario, che
fa da cornice. Prima di tutto ci sono le cose che vanno fatte (tante) o vanno dette (tantissime).
Se pregare un momento sbrigativo per battezzare come cristiana la riunione che si sta facendo,
se pregare equivale a subissare di richieste varie il Signore nei momenti di bisogno, allora, anche se
intuito, non verr applicato il binomio pregare per evangelizzare, ma inevitabilmente quello fare
ancora pi cose per evangelizzare.
Quando per si trova il coraggio di ribaltare lordine delle priorit in parrocchia proponendo a
tutti unora settimanale di adorazione eucaristica come la pi importante attivit da svolgere,
quando si fa iniziare qualsiasi incontro (dal Consiglio parrocchiale ad una riunione per organizzare
un camposcuola) con un momento prolungato di preghiera di lode (anche mezzora se la riunione
prevista della durata di due ore), allora cambia nelle persone lapproccio alla preghiera.
Si impara man mano che la preghiera tutto per la vita di fede, perch essa che fa
sperimentare concretamente tutto ci in cui crediamo. La comunit pregher non pi per dirsi
cristiana, ma per farsi di Cristo.
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In una parrocchia in cui i fedeli non hanno mai la possibilit di vivere comunitariamente il
primato della preghiera, la parola del Signore, anche se non verr a mancare, rimarr vuota,
incapace di trafiggere il cuore sia dei cristiani stessi sia, ovviamente, di chi lontano dalla fede e
che magari in qualche occasione viene a partecipare a qualche incontro parrocchiale. Anche quando
si volessero dire tutte le parole del vangelo, lo sforzo sar inutile, addirittura controproducente,
perch si rischia di provocare nei cristiani un senso di grave smarrimento: la generalizzata e
persistente non accoglienza del vangelo da parte dei non credenti rischia di trasformare anche i
cristiani pi impegnati in rassegnati pessimisti.
Invece, nella comunit parrocchiale in cui, prima di tutto e sopra ogni altra cosa, si prega, non
mancheranno fin da subito le conferme concrete di ci che pu operare la preghiera: percezione
netta e viva della presenza del Signore; numerose conversioni di persone lontane dalla Chiesa; tanta
gioia e pace nellanimo di ciascuno; capacit fino a quel momento impensabile di collaborazione
fraterna nella pastorale parrocchiale; diminuzione di pettegolezzi ed invidie, senso di accettazione
piena di ognuno; dimenticanza delle frustrazioni e fatiche del passato; ed infine una generale
consapevolezza dellimportanza di intensificare ancor di pi la preghiera perch con essa
cambiato tutto, ma senza di essa tutto potrebbe ritornare come prima.
In particolare, la preghiera di lode trasforma radicalmente una normale parrocchia. Essa
consiste nella preghiera di benedizione e di ringraziamento, glorificare e cantare la bont del
Signore Ges.
In realt, tutta la liturgia (che letteralmente significa azione del popolo) un canto di lode.
Lodare la principale azione del popolo di Dio, che chiamato continuamente a cantare il proprio
Magnificat, ringraziando, benedicendo, esaltando Dio, affinch, come nellepiclesi che conclude
la preghiera eucaristica, si innalzi per Cristo, con Cristo e in Cristo a Te Dio Padre ogni onore e
gloria.
Non a caso la gran parte dei salmi sono di lode, gloria, benedizione e ringraziamento! Siate
ricolmi dello Spirito, intrattenendovi a vicenda con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e
inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a
Dio Padre, nel nome del Signore Ges Cristo (Ef 5,19-20).
Quando pregando si loda, si d spazio alla spontaneit ed alla sincerit perch si lascia che
emergano i motivi reali per cui ringraziare il Signore Ges. Non c la preoccupazione di dover dire
una cosa intelligente in pubblico o di gratificare qualcuno, se si sta solo pensando al perch si deve
lodare il Signore. Non ha senso escogitare qualche bella formula in ecclesialese perch non c
nessun vantaggio da conseguire.
Allinizio di un incontro, durante la preghiera di lode ci viene chiesto, anche se non
esplicitamente, se abbiamo motivo per lodare il Signore. Ci pensiamo, indaghiamo la nostra
giornata, e poi unispirazione: una telefonata che un amico ci ha fatto il giorno prima e che ci ha
aiutati in un momento di scontentezza. Un attimo prima di rispondere al telefono eravamo tesi e
stavamo per far passare una brutta serata alla nostra famiglia, al termine della piacevole
chiacchierata con lamico invece siamo sorridenti e rilassati. Ora che ci pensiamo capiamo che
stato un regalo provvidenziale, unamorevole carezza del Signore che ben conosce gli alti e bassi
del nostro carattere. Per cui adesso non abbiamo paura che si tratti di una cosa insignificante e, di
fronte agli altri, ringraziamo il Signore per le strategie semplici che Egli usa affinch noi non ci
facciamo del male con le nostre stesse mani. Abbiamo appena detto una cosa semplicissima, ma
labbiamo detta con il cuore. Anche i fratelli che sono l con noi hanno capito che abbiamo
ringraziato Ges con sincerit. Ora tocca a noi ascoltare le lodi degli altri. Tutte cose semplici come
la nostra. Nessuno ringrazia il Signore sfoderando trattati di teologia o di retorica lessicale.
Dopo una ventina di minuti circa di preghiere di lode spontanee chi suona la chitarra intona un
canto di lode al Signore, ma a differenza dei canti noiosi sentiti tante volte in chiesa questo lo si
canta meglio. Le parole del canto hanno un peso diverso: cadono dentro di noi. Sta cantando la
nostra anima. Vediamo e sentiamo che questo sta capitando anche agli altri. Al termine del canto in
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tutti c serenit. Adesso inizia la riunione, ma la certezza che tutti abbiamo che si gi ottenuto
la cosa essenziale: lincontro con il Signore.
Ci che nostro dovere (lodare il Signore) diventato fonte di salvezza come si proclama nel
prefazio di ogni S. Messa: veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,
lodarti e ringraziarti sempre
7. Lodare Dio per riconoscerLo presente e accoglierLo
La preghiera di lode indubbiamente apre facilmente e velocemente il cuore delle persone
perch, pur essendo vero che la lode scaturisce quando si sente Dio vicino a s e quando si diventa
consapevoli dei suoi doni, altrettanto vero che proprio lodando Dio che la sua presenza nella
nostra vita si rende pi forte.
Quando si ha a che fare con Dio non si possono applicare i parametri umani: se ricevo un regalo
ringrazio e la cosa finisce l. Quando, invece, si ringrazia Dio per un regalo che ci ha fatto, si
ottengono da Lui altri regali.
Appena sveglio Lo ringrazio, per esempio, della notte che trascorsa e ricevo cos da Lui il
buon umore per alzarmi dal letto; Lo ringrazio per questo buon umore mattutino e Lui mi dona
calma e tranquillit di fronte al primo grosso problema sul lavoro; Lo benedico per avermi
mantenuto calmo in questo momento di tensione e Lui mi dona unispirazione di compassione nei
confronti del mio collega tanto nervoso; Lo ringrazio per avermi fatto provare quanto vuole bene a
questa persona e Lui mi dona il coraggio di fermarmi con lui quando rimane solo per scambiare due
parole amichevoli; Lo ringrazio per avermi suggerito di rimanere a raccogliere lamarezza ed il
dispiacere del collega per le frasi pronunciate ed il Signore mi regala delle parole di conforto per
questa persona; Lo lodo commosso perch il grazie sincero che il collega mi rivolge lho sentito
rivolto a Lui presente in mezzo a noi e il Signore mi regalaecc.
Se non dimentico di lodare il Signore per i suoi doni, questa dinamica non si esaurisce mai: io
Lo lodo per quello che mi dona e Lui si avvicina a me con un altro dono. Pi Lo lodo e pi si
avvicina. Lagire di Dio lhanno capito i semplici, i poveri in spirito, i santi: Dio un dono infinito
per luomo che Lo accoglie.
Come si loda qualcuno (il coniuge, un figlio, un amico, ecc), perch si desidera accoglierlo e
fargli sapere che siamo contenti che egli ci sia e che una persona importante per noi, cos si deve
sempre e continuamente lodare il Signore. Non perch Lui ne abbia bisogno, non per convincerLo,
ma perch noi vogliamo averLo strettamente legato alla nostra esistenza. Tu non hai bisogno della
nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione
non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva. (prefazio IV comune)
Si deve lodare il Signore per sentire la sua protezione e scacciare la bugia di un Dio lontano. Si
deve lodare il Signore non solo per non scordare i benefici che ci ha fatto, ma anche per scoprirne di
nuovi. In ogni cosa rendete grazie; questa infatti la volont di Dio in Cristo Ges verso di noi
(1Tes 5,18)
8. Il Signore Gesu al centro della parrocchia
Allinterno di una comunit parrocchiale, la preghiera di lode, pur venendo percepita
inizialmente come una nuova modalit di preghiera (lattributo nuova la mettiamo tra
virgolette, perch in realt non ha nulla di nuovo: la lode la preghiera di sempre della Chiesa dal
giorno di Pentecoste37), quando viene avviata si dilata successivamente a macchia dolio senza
trovare ostacoli.
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Leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 2639: La lode la forma di preghiera che pi
immediatamente riconosce che Dio Dio! Lo canta per se stesso, gli rende gloria perch EGLI , a prescindere da ci
che fa. una partecipazione alla beatitudine dei cuori puri, che amano Dio nella fede prima di vederlo nella gloria.
Per suo mezzo, lo Spirito si unisce al nostro spirito per testimoniare che siamo figli di Dio, 124 rende testimonianza al
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Se definiamo nuova questa preghiera perch ora i nostri personali ringraziamenti al Signore
non rimangono pi ben custoditi nel segreto del nostro cuore o delegati ad altri, ma vengono rivolti
a Ges dalle nostre labbra e, quindi, offerti ai nostri fratelli. Certamente allinizio vi sono da
superare le titubanze e le resistenze mentali (non labbiamo mai fatto!; questa cosa viene da
qualche movimento?) di coloro che hanno conosciuto solo un tipo di pastorale e cio quella per
convocazione. la pastorale che si riduce ad invitare la gente a partecipare agli incontri che si
svolgono in parrocchia. Poich in questi incontri alcuni contenuti (formativi, catechetici ecc.)
vengono messi al centro dellattenzione, inevitabilmente la preghiera svolge un ruolo di semplice
corollario.
Se invece allinizio di ogni incontro come prima cosa si prega insieme, senza fretta, dando
spazio a ciascuno per lodare il Signore Ges, viene inteso con immediatezza che il motivo unico del
nostro riunirsi come cristiani in realt sempre fare esperienza della Sua presenza.
Proviamo a riflettere: qual la differenza tra una famiglia dove i figli, a parte qualche occasione
ufficiale come un anniversario o un compleanno, non rivolgono espressamente i propri sentimenti
di gratitudine ai genitori, pur provandone molti in cuor loro, ed unaltra famiglia, invece, dove il
grazie risuona con dolcezza e con semplicit anche quando i figli oramai cresciuti ricevono un
consiglio o un sorriso dai loro genitori?
In entrambe non manca la fiducia, lamore reciproco e la speranza di stare sempre insieme, ma
nella prima famiglia purtroppo il silenzio, il non-dire grazie inevitabilmente e progressivamente
allenter i legami e le persone rimarranno alla fin fine incompiute, in quanto gli affetti familiari
anzich goduti sono stati depositati e congelati in fondo al cuore. Ringraziare e lodare naturale e
bello sia in famiglia che nella Chiesa perch ci che produce pace e gioia di sentirsi uniti.
La preghiera di lode, inoltre, di grande beneficio per il parroco. Essa aiuta a disporre ogni cosa
al posto giusto, anche il suo ruolo allinterno della comunit. Se ciascuno loda il Signore quando vi
un incontro comunitario come se al parroco venisse tolto lobbligo di assumersi lincarico di
punto di riferimento assoluto. Significa che la comunit ha riconosciuto nel Signore il vero
parroco.
Indubbiamente, pregare comunitariamente lodando il Signore Ges produce una rivoluzione, sia
nelle vite spirituali dei singoli e delle coppie sia nel modo stesso di essere parrocchia. Al centro
della vita di un numero sempre maggiore di parrocchiani, anzi al centro stesso della parrocchia, vi
la presenza del Signore Ges non solamente creduta bens sperimentabile.
Come conseguenza cresce lanelito di incontrare fisicamente il Signore nel pane eucaristico.
La S. Messa domenicale e feriale si trasforma per i nostri cuori innamorati nelloccasione attesa di
godere della sua presenza. In una parrocchia dove si riscopre la centralit del Signore Ges emerge
la bellezza e la forza delladorazione eucaristica. Adorare per almeno unora alla settimana la
presenza fisica del corpo del Signore un atto che d una svolta radicale alla vita spirituale delle
persone e quindi della parrocchia.
Una comunit che educa tutti alla contemplazione adorante dellEucaristia per sostenere la
propria azione evangelizzatrice, viene plasmata direttamente dalla reale fonte da cui scaturisce la
buona notizia per gli uomini e cio il corpo donato per amore del Signore Ges. Il suo Corpo
eucaristico riesce l dove si fermano tutti i nostri encomiabili sforzi di dare slancio
allevangelizzazione. Non vi nulla di pi convincente di questo pezzo di pane! Davanti
allEucaristia tutti comprendono fin dove arriva lamore che il Signore ha per ciascuno.
Non esiste nessuna scuola che possa abilitare le persone a diventare evangelizzatori quanto il
segno che il Signore ci ha voluto donare della sua reale Presenza tra noi.
Adorare lEucaristia lasciare che Ges ci guardi prima ancora che noi lo guardiamo.
lasciarci amare da Colui che presente nel pane ci sussurra: Hai capito fin dove sono arrivato per
Figlio unigenito nel quale siamo adottati e per mezzo del quale glorifichiamo il Padre. La lode integra le altre forme
di preghiera e le porta verso colui che ne la sorgente e il termine: un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e
noi siamo per lui (1 Cor 8,6).
45
amarti? fino a darti tutto di Me!. nellEucaristia che ciascuno ascolta Ges parlare nella sua
lingua madre. nellEucaristia che si viene coinvolti nella nuova Passione di Ges di donarsi a
tutti: Questo il mio sangue versato per voi e per tutti.
Colpisce come le suore di Madre Teresa di Calcutta abbiano imparato da lei che, per fare delle
opere di carit cos straordinarie, necessario sostare in adorazione ogni mattina per due ore davanti
allEucaristia. Madre Teresa a proposito della preghiera di adorazione diceva: Senza Dio siamo
troppo poveri per poter aiutare i poveri! Io sono soltanto una povera donna che prega. Pregando,
Dio mi mette il suo amore nel cuore e cos posso amare i poveri. Pregando!38
Evangelizzare unazione troppo straordinaria per poterla fare senza lEucaristia! Non si pu
dare Dio agli altri se non si viene sopraffatti dallo stupore che il Figlio di Dio, senza chiederci
nulla, ha dato il proprio corpo pur di stare con noi. Non possiamo accostarci ad un fratello per
evangelizzarlo senza aver capito dallEucaristia fino a che punto il Signore disposto ad
abbassarsi pur di stare con lui.
Nel precedente capitolo vi abbiamo parlato della lista del cuore, dellesercizio cio di
compilare lelenco delle persone che compongono il vostro ambiente di vita. Vi avevamo
consigliato di pregare con questa lista tra le mani di fronte a Ges Eucaristia. Nessuno meglio di
Lui, infatti, pu suggerire la reale situazione spirituale di queste persone. Stando di fronte a Lui
diventa chiarissimo chi sono coloro che Egli desidera siano avvicinati a nome suo. Rimanendo
sempre pi spesso accanto a Lui riceverete le quotidiane indicazioni utili per manifestare a questi
fratelli il suo amore.
proprio vero: se noi consegniamo a Ges Eucaristia la nostra lista del cuore, Egli ce la
restituisce nel cuore, anzi ce la restituisce con il Suo cuore.
Davanti allEucaristia inevitabilmente noi modifichiamo il nostro atteggiamento nel pregare
perch scopriamo che la nostra preghiera non per noi, ma per gli altri. Saranno gli altri a pregare
per noi e per le nostre esigenze, come in una famiglia calorosa dove ognuno si preoccupa e si
prende cura dellaltro familiare.
La nostra preghiera, dunque, deve essere come quella di Ges: rivolta, nella forza dello Spirito,
al Padre affinch le situazioni di vita di tutti vengano raggiunte e trasformate dallinfinito amore di
Dio.
Diventa perci naturale pregare tutti i giorni per le persone della lista che il Signore ci ha
chiesto di evangelizzare. Preghiamo per le loro necessit, perch si aprano a Dio, per convertirci
noi a loro, per ricevere luce nuova nei problemi, per aiutarli, per farci loro prossimo, per capire qual
la loro ferita e lenirla, per imparare a servirli, per prepararci a donare loro la nostra testimonianza.
Quando si sperimenta che la preghiera che Ges Eucaristia ci ha insegnato per gli altri, non si
corre il rischio di arrivare ad un certo punto a rammaricarsi per aver pregato troppo. Al contrario:
sto pregando troppo poco per queste persone.
38
46
Perch devo pregare per questo problema che mi sembra senza soluzione?
2.
Leggi e medita i brani della Sacra Scrittura: Vangelo di Luca 11,1-14 e 1 Giovanni 5,14-15
Ti sei mai chiesto:
3.
47
PARLA:
Chi ha orecchi, ascolti ci che lo Spirito dice alle Chiese (Ap 2,7).
CONSOLA i credenti:
Io pregher il Padre ed egli vi dar un altro Consolatore perch rimanga con voi per sempre,
lo Spirito di verit che il mondo non pu ricevere, perch non lo vede e non lo conosce, Voi lo
conoscete, perch egli dimora presso di voi e sar in voi. Non vi lascer orfani, ritorner da
voi (Gv 14,16-18).
Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non
avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da
figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abb, Padre!: Lo Spirito stesso attesta al nostro
spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di
Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria
(Rm 14,17).
INSEGNA:
Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre mander nel mio nome, egli vinsegner ogni
cosa e vi ricorder tutto ci che vi ho detto (Gv 14,26).
TESTIMONIA il Signore:
Quando verr il Consolatore che io vi mander dal Padre, lo Spirito di verit che procede dal
Padre, egli mi render testimonianza (Gv 15,16).
GUIDA:
Quando per verr lo Spirito di verit, egli vi guider alla verit tutta intera, perch non
parler da s, ma vi dir tutto ci che avr udito e vi annunzier le cose future (il nuovo
ordine di cose, derivato dalla morte e risurrezione del Cristo) (Gv 16,13).
49
CHIAMA:
Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse:
Riservate per me Barnaba e Saulo per lopera alla quale li ho chiamati (At 13,2).
DA COMANDI SPECIFICI:
Attraversarono quindi la Frigia e la regione della Galazia, avendo lo Spirito Santo vietato
loro di predicare la parola nella provincia di Asia. Raggiunta la Misia, si dirigevano verso la
Bitinia, ma lo Spirito di Ges non lo permise loro; cos attraversata la Misia, discesero a
Troade: Durante la notte apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un Macedone e lo
supplicava: Passa in Macedonia e aiutaci!. Dopo che ebbe avuto questa visione, subito
cercammo di patire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad annunziarvi la
parola del Signore (At 16,6-7).
50
Dedica un tempo ben preciso alla tua preghiera: all'inizio, utile almeno mezz'ora.
Scegli bene il luogo della preghiera: necessario che sia silenzioso e raccolto. Se puoi, metti
davanti a te un Crocifisso o un'immagine sacra. Se ti possibile, fa' la tua preghiera davanti
all'Eucaristia. Mettiti in ginocchio: con le spalle erette, le braccia rilassate; se impari a far
pregare anche il corpo, la tua preghiera sar pi attenta.
Incomincia col segno di croce fatto bene: toccando la fronte consacra al Padre i tuoi
pensieri; toccando il petto consacra a Cristo il tuo cuore, la tua capacit di amare; toccando
le spalle consacra allo Spirito le tue azioni, la tua volont.
Dividi la preghiera in tre spazi esatti: pi organizzi la tua preghiera pi la rendi facile.
Il primo spazio dedicalo allo Spirito Santo, lui il maestro della preghiera; concentrati sulla
presenza dello Spirito Santo in te. Dice Paolo: Siete tempio di Dio, e lo Spirito di Dio abita
in voi (1 Cor 3,16). Prova a dialogare con lui, prova a esprimergli un problema difficile che
hai tra le mani. Invocalo con fede: Vieni, Spirito Creatore!.
Il secondo spazio dedicalo a Ges. Fa' preghiera di ascolto, prendi tra le mani i brani di
Parola di Dio che ti sono stati presentati nella riflessione e prova a leggere come se Ges ti
parlasse personalmente. Esperimenta anche l'ascolto della tua coscienza. Interrogati:
Signore, che cosa vuoi da me?. Signore, che cosa disapprovi in me?.
Il terzo spazio dedicalo al Padre. Ama! Sta' in silenzio davanti a Lui, sei immerso in Lui:
In Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (Atti 17,28). Ama! Aiuta il tuo silenzio, se
necessario, dicendo: Padre mio, mio tutto. Prendi qualche decisione pratica e offrila come
un tuo atto concreto di amore.
Non terminare la preghiera senza qualche decisione pratica da attuare al pi presto: abituati
ad amare con i fatti; la preghiera deve portarti all'azione.
Concludi con un pensiero a Maria SS.ma, implora con un'Ave Maria la grazia di imparare a
pregare e il dono di gustare la preghiera e di essere costante.
39
Tratto da A. GASPARINO, Maestro insegnaci a pregare, LDC, Leumann (TO) 1993, 259-260.
51
Traduzione letterale
Tu septiformis munere,
dexterae Dei tu digitus,
tu rite promissum Patris
sermone ditans guttura.
Fa che riconosciamo
il Padre buono
nel volto del suo Figlio fatto carne
e a te, che unisci entrambi
nellamore,
porgiamo ascolto e lode
in ogni tempo. Amen
40
Questa versione di Oscar Chiodini (tratto da R. CANTALAMESSA, Il canto dello Spirito. Meditazioni sul Veni
creator, Ed. Ancora, Milano 1998, 10).
52
Creatore,
acqua viva
fuoco
amore
unzione spirituale
53
54
41
San Serafino di Sarov nacque a Kursk il 19 luglio 1759 nella famiglia del mercante Isidoro Mochnin, che mor solo
dopo tre anni. La madre Agata si prese cura dei due figli rimasti con una grande sollecitudine. Quando Serafino aveva
dieci anni, un uomo di Dio le disse: Beata te, vedova, che hai un figlio destinato a diventare un potente intercessore
presso la Santissima Trinit, un uomo di preghiera per il mondo intero!. Serafino conserver fino alla morte la croce
ottagonale di rame con la quale sua madre lo bened, quando allet di 19 anni part per il deserto di Sarov per diventare
monaco. I primi sedici anni li trascorse in monastero. A trentacinque anni and nella foresta per altri sedici anni e poi
scelse di vivere recluso nella propria cella monastica ancora per altri sedici anni. Aveva sessantasei anni quando inizi il
suo ministero, che dur soltanto otto anni. Ma la sua lunghissima preparazione nella solitudine, nella preghiera
incessante, nella lettura settimanale di tutto il nuovo Testamento, nel digiuno pi rigoroso e nella penitenza lo resero
veramente un portatore dello Spirito Santo. Viene talmente tanta gente a vedere Padre Serafino, diceva il superiore,
che non riusciamo a chiudere le porte del monastero prima di mezzanotte. Egli smise effettivamente di appartenere a se
stesso: ormai apparteneva alle folle. Bastava che dicesse: Gioia mia, Cristo risorto, per convertire i cuori! Mor
inginocchiato davanti allicona della Santa Madre di Dio, la Gioia di tutte le gioie, come amava chiamarla. In vita e
soprattutto dopo la morte sono innumerevoli i miracoli e le guarigioni ottenuti per la sua intercessione.
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Antonio il Grande scriveva ai suoi monaci che la volont di Dio perfetta, dona la salvezza e agisce
sugli uomini insegnando loro a fare il bene unicamente con il solo scopo di acquisire lo Spirito
Santo, il tesoro eterno, inesauribile, che nulla al mondo degno di eguagliare.
Oh, come vorrei, amico di Dio, che in questa vita tu fossi sempre ripieno di Spirito Santo!
Come vorrei, amico di Dio, che tu trovassi questa sorgente inesauribile di grazia e che ti
domandassi incessantemente: Lo Spirito Santo con me?.
Pi di ogni altra cosa la preghiera ci dona la grazia dello Spirito Santo, perch la preghiera sempre
a nostra disposizione e tutti hanno sempre la possibilit di pregare: il ricco come il povero, il nobile
come la persona qualsiasi, il forte come il debole, il sano come il malato, il virtuoso come il
peccatore.
Come faccio allora a riconoscere in me la presenza della grazia dello Spirito Santo?.
Allora Padre Serafino mi prese per le spalle e mi disse: Siamo entrambi nella pienezza dello Spirito
Santo. Perch non mi guardi?
Non posso, Padre. Dei lampi brillano nei suoi occhi, il suo volto diventato pi luminoso del
sole42.
Non aver paura, amico di Dio; anche tu sei diventato luminoso come me. Anche tu adesso sei nella
pienezza dello Spirito Santo, altrimenti non avresti potuto vedermi. Ringrazia il Signore che ci ha
accordato questa grazia indicibile.
Una luce sfolgorante che si diffondeva allintorno, a diversi metri di distanza, rischiarando la neve
che copriva il prato e che continuava a cadere su di me e sullo starez. Come descrivere quello che
provavo in quel momento?
- La mia anima era colma di un silenzio e di una pace inesprimibili.
Amico di Dio, quella pace di cui il Signore parlava quando diceva ai suoi discepoli: Vi do la
mia pace, non come la d il mondo. Io stesso ve la d (Gv 14,27). Cosa provi, amico di Dio?
- Una dolcezza straordinaria.
la dolcezza di cui parla la Scrittura: Si saziano dellabbondanza della tua casa e li disseti al
torrente delle tue delizie (Sal 36,9). Cosa provi ancora?
- Una gioia straordinaria in tutto il cuore.
Lo Spirito Santo ricrea nella gioia tutto ci che sfiora. la gioia di cui parla il Signore nel
Vangelo: La donna, quando partorisce afflitta perch giunta la sua ora; ma quando ha dato
alla luce il bambino, non si ricorda pi dellafflizione per la gioia che venuto al mondo un
uomo. Cos anche voi ora siete nella tristezza; ma quando verr a visitarvi, i vostri cuori saranno
nella gioia e nessuno ve la potr togliere (Gv 16,21-22).
Tu hai gi pianto a sufficienza nella tua vita e vedi che consolazione ti d il Signore nella gioia,
fin da quaggi. Spetta a noi ora, amico di Dio, darci da fare con tutte le nostre forze per
ascendere di gloria in gloria fino a costituire luomo perfetto che realizza la pienezza di
Cristo (Ef 4,13). Quelli che sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile,
corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi (Is 40,31).
Cammineranno di vetta in vetta e Dio apparir in Sion (Sal 84,8).
Allora la nostra gioia attuale, piccola e breve, si manifester in tutta la sua pienezza e nessuno
potr rapircela, ricolmi come saremo di indicibili desideri celesti. Cosa provi ancora, amico di
Dio?
- Un calore straordinario e un soave profumo.
Padre Serafino sorrise: Lo so, amico di Dio nessun profumo sulla terra paragonabile a
quello che stiamo respirando adesso: il soave profumo dello Spirito Santo. Hai appena detto
che fa caldo. Ma guarda, la neve che ci copre non si scioglie e nemmeno quella che calpestiamo.
Il calore non quindi nellaria, bens in noi.
Il Signore ha detto: Il Regno dei cieli dentro di voi (Lc 17,21). Per Regno dei cieli, Ges
intende la grazia dello Spirito Santo. Questo Regno di Dio adesso in noi; lo Spirito Santo ci
illumina e ci riscalda. Riempie laria di deliziosi profumi, rallegra i nostri sensi e nutre i nostri
cuori con una gioia indicibile.
42
Molti santi orientali hanno partecipato al mistero della trasfigurazione di Cristo, il loro volto e il loro corpo fu avvolto
o illuminato dalla Luce divina, come il volto e il corpo di Cristo sul monte Tabor. Un esempio particolarmente
sorprendente di questa trasfigurazione del corpo fu san Serafino di Sarov (cf. CARITONE DI VALAMO, Larte della
preghiera, Gribaudi, Torino 1980, 76, nota 10).
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Ecco, amico di Dio, quale gioia incomparabile il Signore si degnato di accordarci. Ecco cosa
significa essere nella pienezza dello Spirito Santo. Credo che Dio ti aiuter a conservare per
sempre il ricordo di queste cose. Altrimenti non si sarebbe lasciato commuovere cos
velocemente dallumile preghiera del miserabile Serafino. Tanto pi che non stato concesso
soltanto a te di vedere la manifestazione di questa grazia, ma anche attraverso di te, al mondo
intero.
Quanto alle nostre condizioni diverse di monaco e di laico, non preoccuparti. Dio cerca anzitutto
un cuore pieno di fede in lui e nel suo Figlio unigenito, ed in risposta a questa fede che manda
dallalto la grazia dello Spirito Santo.
Il Signore cerca un cuore ricolmo damore per lui e per il prossimo: questo il trono sul quale
ama sedersi e manifestarsi nella pienezza della sua gloria. Figlio, prestami il tuo cuore e il resto
te lo dar in sovrappi(Prov 23,26).
Il cuore delluomo capace di contenere il Regno dei cieli. Cercate anzitutto il Regno dei cieli
e la sua giustizia, dice il Signore ai suoi discepoli, e il resto vi verr dato in sovrappi, perch
Dio vostro Padre sa ci di cui avete bisogno (Mt 6,33)43.
43
I. GORAINOFF, Serafino di Sarov. Vita, colloquio con Motovilov, scritti spirituali, Gribaudi, Milano 1981.
57
CAPITOLO IV
LA FAMIGLIA EVANGELIZZA CON LA FORZA DELLO SPIRITO SANTO
Nel precedente capitolo abbiamo visto che una coppia di sposi (ma ci vale ovviamente anche
per i singoli) pu conquistare alla fede le persone che appartengono al proprio ambiente di vita
(parenti, amici, colleghi, vicini) solo se piega le ginocchia e prega con perseveranza per queste
persone. Obbedire al comando del Signore Ges di gettare la rete per pescare i fratelli e portarli
nella Chiesa vuol dire innanzitutto pregare.
Non una cosa impossibile pregare sempre! Quando si desidera pregare senza interruzione si
prega gi di fatto incessantemente anche se non si sempre in atteggiamento di preghiera. Affinch
questo desiderio per sia sincero necessario incarnarlo in tempi concreti di preghiera.
Per fare un paragone, un genitore ha sempre nel cuore i figli anche quando al lavoro o lontano
da casa, e certamente non si dimentica di offrire loro una sua concreta assistenza e presenza
giornaliera. Il cristiano non pu fare a meno di pregare ogni giorno almeno per una ventina di
minuti per le persone del proprio ambiente di vita se desidera che incontrino la grazia del Signore.
Pregare lazione principale della vita cristiana perch tutto (dallevangelizzazione alle opere di
carit) ne dipende.
Proviamo a chiederci perch la preghiera funziona sempre. E chi lha sperimentato pu
attestarlo! La preghiera paragonabile ad uno scavo interiore che viene immediatamente riempito
da Dio; come tutto ci accade concretamente? una sorta di automatismo? Oppure solo
suggestione inconscia? La domanda pi corretta forse da fare questa: quando rivolgiamo la nostra
preghiera di lode e ringraziamento o invochiamo lazione di Dio a favore degli altri, chi che ci
viene donato come risposta?
Proviamo ad osservare da vicino lesempio della prima comunit cristiana. Nei primi capitoli
del libro degli Atti degli apostoli troviamo la comunit perseverante nella preghiera nel cenacolo
con Maria (cf. At 1, 14). Cosa mancava loro perch cominciassero ad agire?
La loro una comunit composta da persone che si conoscono molto bene e che hanno fatto un
cammino insieme seguendo Ges che li ha scelti personalmente. Sono stati testimoni della sua
preghiera, della sua predicazione e dei miracoli che ha compiuti per il popolo, facendo del bene (cf.
At 2,22). Sono soprattutto stati testimoni della sua risurrezione. Hanno avuto in assoluto dal miglior
Maestro la pi esemplare scuola di evangelizzazione che possa esserci al mondo. Perch allora
rimanevano nel chiuso del cenacolo?
Ges ha impiegato anni per far nascere questa comunit di fede pronta allazione. Li ha formati
alla preghiera (cf. Lc 11,1), alla rinuncia del proprio modo di vedere. Spesso li ha richiamati
allordine (cf. Lc 9,55) ed ha insistito sulla conversione dei loro giudizi dato che le loro vie non
erano quelle di Dio, ma degli uomini (cf. Mc 8,33). Li ha preparati insegnando loro la correzione
fraterna (cf. Lc 17,3-4) e preannunciando persecuzioni e tribolazioni (cf. Mc 13, 5-13) con la
certezza che qualcuno li avrebbe difesi di fronte ai loro persecutori nei tribunali.
Dopo la sua morte e risurrezione circa centoventi persone (cf. At 1,15) sono in clima eucaristico
(di rendimento di grazie) e di preghiera perseverante che coinvolge tutta la comunit; perch non si
sono messi subito in azione?
Se la comunit riunita in preghiera perch Ges stesso aveva chiesto di attendere che si
realizzasse la promessa del Padre: lo Spirito Santo. Nonostante la preparazione che Ges stesso
aveva dato, ci che avrebbe fatto la differenza tra il prima e il dopo lo Spirito Santo.
Ges tante volte aveva parlato loro di aspettare la Promessa del Padre (cf. At 1, 4; Lc 24, 49)
rassicurandoli addirittura che: bene per voi che io me ne vada, perch se non me ne vado, non
verr a voi il Consolatore; ma quando me ne sar andato, ve lo mander (Gv 16, 7). Ci
evidenzia che la novit che Lui aveva portato non si sarebbe trasmessa senza lo Spirito Santo.
La comunit riunita nel cenacolo consapevole di quanto importante sia questo, perci ha un
unico obiettivo: pregare intensamente affinch il Padre conceda ci che ha promesso.
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Essi sanno dal Signore Ges che solo attraverso la preghiera potranno ottenere in pienezza lo
Spirito che ancora non conoscono. Sanno che il Padre Lo vuole loro regalare in abbondanza, ma che
se non Lo chiedono con perseveranza non pu donarglieLo. Non possiedono tutta la fede, alcuni di
loro dubitano ancora, ma continuano a lodare e ringraziare il Dio di Ges Cristo che lo ha liberato
dalla morte e che nella sua bont raggiunge tutti in qualsiasi situazione, anche nel peccato.
Aspettano Qualcuno dallesterno (dallalto) che giunga in mezzo a loro. Egli viene dal Padre per
mezzo del Figlio per rendere attuale in ogni istante la presenza del Signore Ges nella comunit.
Il loro centro di interesse non allinterno del gruppo, bens al di fuori. Invocavano perci il
Consolatore, come aveva loro insegnato Ges, per realizzare la missione che avevano ricevuto:
predicare la conversione, annunciare la presenza del Regno di Dio nel mondo.
1. Quel giorno di Pentecoste
Tutti sappiamo che il Padre ha mantenuto la promessa: leffusione dello Spirito Santo avvenne
nei loro cuori il giorno di Pentecoste (cf. At 2,1-13). I simboli utilizzati per indicare la venuta dello
Spirito (tuono, vento, fuoco) indicano che questa esperienza tanto fu potentemente straordinaria
quanto indescrivibile.
Per tentare di capire almeno in parte che cosa avvenne quel giorno proviamo ad osservare da
vicino uno dei protagonisti: Simone, la Pietra su cui Cristo ha poggiato la Chiesa. Egli stato
chiamato ad essere il primo timoniere di questa barca che raccoglier sino alla fine dei tempi tutti
quelli che, grazie al dono ricevuto dello Spirito, cominceranno a vivere gi qui sulla terra lanticipo
della festa di Nozze con Cristo.
Guardando allapostolo Pietro, durante la vita terrena di Ges, prima che egli ricevesse
leffusione dello Spirito, troviamo una lunga serie di inettitudini: comprende poco (Lungi da me,
satana! Mc 8,33, letteralmente Sta dietro di me, satana) e quando comprende, il Signore Ges
precisa che la sua intuizione viene dal Padre (cf. Mt 16,17); ardimentoso a parole Signore, con te
sono pronto ad andare in prigione e alla morte (Lc 22,33), ma fiacco nei fatti (si addormenta
invece di vegliare in preghiera); violento (alla cattura di Ges al Getsemani); pauroso e vacillante
davanti alla serva che lo accusava ecc.
Subito dopo la Pentecoste, Pietro mostra caratteristiche opposte: sicuro e senza alcun timore;
parla di fronte a tutti con parole semplici che per trafiggono il cuore (cf. At 2,37; At 3, 12-26);
prende lincredibile iniziativa di ordinare, nel nome di Ges, ad uno storpio di camminare (At 3,110); risponde con fermezza e franchezza ai sinedriti che lo avevano fatto arrestare (At 4, 1-22).
Dalla Pentecoste fino al termine dei suoi giorni, egli sar il timoniere che Ges voleva per la sua
barca.
Che cosa era avvenuto in Pietro e in tutti gli altri discepoli? Cosa ha fatto la differenza tra il
prima e il dopo? Dentro i loro cuori era accaduto lincredibile: la vita divina aveva preso realmente
dimora in loro. Uno sposalizio divino-umano era stato realizzato: Dio era in loro e loro erano in
Dio. Una nuova vita, uomini nuovi, dunque, perch la Novit perennemente presente in Dio aveva
operato limpossibile (ma nulla impossibile a Dio Lc 1,37): il congiungimento tra la vita umana
biologica e materiale e la Vita nello Spirito. Ora nei loro corpi di carne indissolubilmente unito ad
essi abitava lo Spirito Santo.
La stessa Gioia che in Dio era stata riversata in loro perch la Gioia in Dio leffetto della
presenza dello Spirito Santo: con la gioia dello Spirito Santo (1Tes 1,6); pieni di gioia e di
Spirito Santo (At 13,52).
Se la gioia il primo frutto dello Spirito (Gal 5,22) perch lo Spirito la Gioia in s. Se
Cristo colmo di gioia perch colmo dello Spirito nel quale Egli vive una intimit col Padre che
sempre Lo ascolta. Se il Cristo esulta nello Spirito perch lo Spirito la sua gioia: la mia gioia
sia in voi e la vostra gioia sia piena (Gv 15,11), perch abbiano in se stessi la pienezza della mia
gioia (Gv 17,13). La gioia che promette Cristo piena perch coincide con lo Spirito. Ed per
questo che nessuno la pu strappare (cf. Gv 16,23).
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Nei discepoli di Ges, che avevano pregato intensamente la venuta del Consolatore, una
immensa ed incontenibile gioia aveva preso possesso dei loro cuori, annientando fulmineamente
qualsiasi timore e paura.
Gli altri ascoltavano la gioia nelle loro parole e tutti ne capivano il linguaggio (cf. At 2,5-11)
anche se non comprendevano da dove provenisse: erano forse ubriachi? (cf. At 2,12-13)
Da quel momento, nessuna tribolazione impedisce pi ai discepoli di godere questa gioia perch
non da loro, ma dallalto. Dona loro il coraggio di parlare esplicitamente con una forza capace di
convertire.
2. La forza e la novit dello Spirito Santo
Laver sperimentato leffusione nei cuori dello Spirito che d vita in Cristo Ges (Rm 8,2) ha
ricolmato gli apostoli innanzitutto di gioia che nessuno potr togliere (Gv 16,23), di amore
lamore di Dio stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci stato dato
(Rm 5,5) e infine di coraggio (parresia nel testo greco).
Essi divennero consapevoli che se la loro afflizione si era radicalmente trasformata in una gioia
grandissima, se le loro divisioni e diffidenze erano state capovolte in un amore reciproco e in una
unit straordinaria tra tutti, se la loro enorme paura era scomparsa per lasciar spazio ad un coraggio
che permette di parlare con franchezza, era perch avevano ricevuto il Dono pi prezioso che Dio
possa offrire agli uomini.
Capirono solo allora perch era cos importante che Ges sparisse alla loro vista ascendendo al
cielo: senza il Dono che lo Spirito non avrebbero ricevuto leffetto in loro della sua morte e
risurrezione; non sarebbero divenuti la comunit che avrebbe custodito fino alla fine dei tempi la
sua presenza reale per renderla accessibile a tutti gli uomini. Da quel giorno per i discepoli lo
Spirito Santo divenne il compimento delle promesse di Dio ed il protagonista della loro vita donata
al Signore Ges.
Fin dalla prima difficolt (larresto di Pietro e Giovanni, cf. At 4, 1-3, e lintimazione a non
parlare pi di Ges, cf. At 4,18) la loro reazione sar sempre quella di rivolgersi al Signore affinch
effonda lo Spirito: Ed ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di
annunziare con tutta franchezza la tua parola. Stendi la mano perch si compiano guarigioni,
miracoli e prodigi nel nome del tuo santo servo Ges. Quandebbero terminato la preghiera, il
luogo in cui erano radunati trem e tutti furono pieni di Spirito Santo e annunziavano la parola di
Dio con franchezza. (At 4,29-31)
Quando nuovi fratelli si facevano battezzare, subito imponevano loro le mani affinch
ricevessero il Dono di Dio: Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva
accolto la parola di Dio e vi inviarono Pietro e Giovanni. Essi discesero e pregarono per loro
perch ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano
stati soltanto battezzati nel nome del Signore Ges. Allora imponevano loro le mani e quelli
ricevevano lo Spirito Santo. (At 8, 14-17)
Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dellaltopiano, giunse a Efeso. Qui
trov alcuni discepoli e disse loro: Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?.
Gli risposero: Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo. Ed egli disse:
Quale battesimo avete ricevuto?. Il battesimo di Giovanni, risposero. Disse allora Paolo:
Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che
sarebbe venuto dopo di lui, cio in Ges. Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome
del Signore Ges e non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e
parlavano in lingue e profetavano. (At 19, 1-6)
Invocavano lo Spirito ogniqualvolta dovevano prendere delle decisioni Abbiamo deciso, lo
Spirito Santo e noi, di (At 15,28).
Consideravano ogni ministero che veniva svolto nella comunit quale emanazione dello Spirito:
vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come
60
vescovi (At 20,28); lo Spirito Santo disse: Riservate per me Brnaba e Saulo per lopera alla
quale li ho chiamati. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani (At 13, 2-3).
Era talmente evidente leffetto delleffusione dello Spirito che addirittura il mago Simone
pensava di poterlo comprare: Simone, vedendo che lo Spirito veniva conferito con limposizione
delle mani degli apostoli, offr loro del denaro dicendo: Date anche a me questo potere perch a
chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo. Ma Pietro gli rispose: Il tuo denaro
vada con te in perdizione, perch hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio. (At
8, 18-20)
3. Lo Spirito di Dio riempie luniverso (Sap 1,7)
Da quel primo giorno di Pentecoste, leffusione dello Spirito sulla Chiesa non si pi interrotta.
Dai primi cristiani fino ai nostri giorni per tutti possibile vivere lesperienza della Pentecoste. Essa
non un evento del passato, bens attuale, ogni volta che ci apriamo alla sua azione e soprattutto
quando, ricevendo i sacramenti, aderiamo attraverso la fede e la preghiera al Cristo risorto.
Lo Spirito dona fin dalla creazione del mondo se stesso a tutti agli uomini (Gen 1,2), ma dal
giorno di Pentecoste Egli ci offre la stessa potenza damore con cui Cristo ha sconfitto il peccato e
la morte.
Nei sacramenti ci donato di riattualizzare levento della Pentecoste, di fare cio lesperienza
della potenza di Dio (nella Sacra Scrittura la potenza di Dio indica sempre lo Spirito Santo) che
ha risuscitato il Signore Ges dai morti: con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in
lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai
morti (Col 2,12).
Lo Spirito ci permette di vivere lesperienza spirituale di Cristo vivente in noi. Gli stessi
apostoli, anche se era apparso loro dopo la risurrezione dai morti, non avevano nel cuore la forza
vitale di Cristo che lo Spirito.
Per noi oggi la stessa cosa perch anche se vedessimo, come gli apostoli, secondo la carne il
Cristo risorto, dovremmo pur sempre invocare lo Spirito affinch il significato profondo dellevento
pasquale diventi per noi vita.
Lo Spirito Santo da duemila anni, per tutti quelli che glielo chiedono, si rende spazio adatto nel
quale ognuno di noi pu incontrare intimamente il Signore Ges.
ci che accade nei sacramenti a partire dallEucaristia: la consacrazione del pane e del vino in
corpo e sangue di Cristo avviene per opera dello Spirito.
Solo nello Spirito possiamo riconoscere Ges come il Signore della nostra vita: nessuno pu
dire Ges il Signore se non sotto lazione dello Spirito Santo. (1Cor 12,3).
Allora ci che veramente indispensabile essere aperti allazione dello Spirito e questo
avviene non smettendo mai di invocare, nel nome di Ges, il Padre affinch ce lo invii.
Per invocare la discesa dello Spirito, non vi solo la modalit della supplica anche se ci risulta
la pi diretta allo scopo. Abbiamo talmente sete di Dio che pensiamo solo allacqua viva che ci pu
ristorare, ma bene ricordare che la Chiesa fin dallinizio ha invocato la venuta dello Spirito
attraverso la spontanea e comunitaria intensificazione della preghiera di lode.
Illuminante al riguardo la conclusione del vangelo di Luca: dato che Ges prima di ascendere al
cielo aveva promesso lo Spirito (cf. Lc 24,49) tutti discepoli si prepararono a riceverlo rimanendo
sempre insieme a lodare Dio (cf. Lc 24, 53).
Ci permettiamo di fare unannotazione: se lodare il Signore Ges in cuor nostro o bisbigliando
nei momenti in cui ci troviamo da soli gi una cosa molto efficace, in quanto il nostro animo si
allarga ad accogliere lo Spirito, ancor pi lo dar lode e ringraziare il Signore rimanendo assieme
nello stesso luogo come facevano le prime comunit cristiane! Ci significa instaurare anche un
concreto spazio umano dove crescono i vincoli tra fratelli e sorelle nella fede facilitando cos
linabitazione di quello Spazio-Congiunzione per eccellenza che lo Spirito.
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Di questo stesso spazio-amore il Figlio ne ha bisogno e ne pu disporre. Ci che, infatti, il Padre fa nei confronti
del Figlio creandoGli lo Spazio ( cio il dono al Figlio del suo stesso Spirito), questa stessa cosa fa il Figlio nei
confronti del Padre. Inoltre il Figlio potr disporre di questo spazio-amore e muoversi in esso che poi lo Spirito
medesimo del Padre. Quando il Padre ha messo tutto nelle mani del Figlio, Gli ha messo anche lo Spirito, spazio e vera
Presenza che non fagocita e non si ripiega in s, bens che rimane disponibile al Figlio come lo stato al Padre. Il Figlio
sa, dunque, dal Padre come muoversi in questo spazio-amore e come disporne Lui stesso: disponendosi cio nello
Spirito verso il Padre e facendo spazio per la presenza del Padre. Cos anche il Figlio pone lo spazio dello Spirito tra s
e il Padre. Anche il Figlio vuole lo spazio tra s e il Padre che non sia distanziante ma distinguente e che proprio tale
spazio insaziato divenga ci che lo congiunge e lo relaziona con il Padre.
Cf. G. MAZZANTI, Teologia sponsale e sacramento delle nozze, EDB, 2001, 247-297.
62
Da venti secoli la Chiesa raduna i credenti per pregare insieme e lodare il Signore Ges per tutto
ci che ha compiuto e sta compiendo in favore di tutti gli uomini.
Fin dallinizio lo fa nelle assemblee eucaristiche, nei pellegrinaggi, negli esercizi spirituali, nelle
processioni e, adesso, anche nei mega-raduni come la giornata mondiale della giovent, ecc.
Lesperienza storica dimostra che lo Spirito scende copiosamente sulla Chiesa quando essa
radunata in preghiera.
Se il nostro primo incontro con Cristo avvenuto attraverso un processo di relazione
personalizzata, ora va aggiunto che il mantenimento, anzi laccrescimento della vita nello Spirito
avviene quando percorriamo il cammino vivendo la nostra fede in comunione con altri fratelli e
sorelle.
Intuiamo il significato dellespressione extra ecclesiam nulla salus: non come laffermazione
di una esclusione dallamore di Dio per chi non cristiano, bens come la verit che per i discepoli
di Ges al di fuori della comunione con gli altri fratelli non possibile continuare a ricevere il frutto
della salvezza e cio lo Spirito.
Un piccolo riscontro di ci lo abbiamo avuto anche nella parrocchia di Bovolone.
Nellottobre del 2004 nella mia parrocchia diedi inizio ad una scuola di evangelizzazione. Vi
ero arrivato perch sentivo indispensabile una svolta nella vita della mia parrocchia, ma anche nella
mia vita sacerdotale e personale.
Da tanti anni sentivo limpellente chiamata a prodigarmi e collaborare con altri nella Chiesa
affinch si realizzasse in pienezza il disegno di Dio sulla coppia e sulla famiglia. Ci che
riscontravo (soprattutto durante i setti anni alla direzione dellUfficio Famiglia della CEI) era che il
sacramento del matrimonio, pur essendo compreso da molti come strategico e fondamentale per il
futuro dellevangelizzazione, non trovava per modalit efficaci per offrire a tutta la Chiesa ci che
nella sua natura teologica poteva dare.
Appunto per tentare di trovare queste modalit stato promosso nel settembre del 2002 dalla
Commissione Episcopale per la Famiglia e dal Consiglio Permanente della CEI un laboratorio
sperimentale denominato Progetto Parrocchia-Famiglia che sono stato chiamato a coordinare e
nel quale sono stato coinvolto come parroco di una delle 32 parrocchie del progetto.
La caratteristica principale di questo progetto innanzitutto la formazione congiunta dei parroci
insieme alle coppie di sposi delle loro parrocchie. Molti e sorprendenti sono stati i risultati di questo
cammino compiuto insieme da sacerdoti e sposi.
Voglio per sottolineare ci che avvenuto quando si trattato di concretizzare lintuizione che
era venuta a me e agli sposi della mia parrocchia di dar vita ad una scuola di evangelizzazione, che
abilitasse in particolar modo le coppie di sposi a far fruttificare il proprio sacramento, per svolgere
un ruolo di responsabilit spirituale nei confronti di quelle persone del loro ambiente di vita lontane
dalla fede.
Una domenica mattina, dunque, dellottobre 2004 si erano radunate nel teatro parrocchiale 220
persone per la prima lezione.
Una premessa importantissima che per prepararci a questa scuola otto mesi prima era iniziata
in parrocchia ladorazione eucaristica permanente. Ogni giorno dalle ore 8 alle 23 vi era la presenza
(garantita da pi di 200 persone che coprivano tutti i turni) di almeno due persone davanti al
Santissimo.
Ad ognuno era stato chiesto di pregare, durante la propria ora settimanale di adorazione,
affinch il Signore donasse il suo Spirito alla nostra comunit parrocchiale che stava tentando di
rievangelizzare il proprio territorio, puntando sulla grazia presente nel sacramento del matrimonio.
La preghiera via via si era intensificata con laggiunta spontanea di molti altri, soprattutto alla
sera, quando era possibile trovare davanti allostia consacrata anche una trentina di persone.
Pregare davanti a Ges Eucaristia (esperienza che dura tuttora e che pensiamo anzi di rendere
al pi presto anche notturna) aveva nel frattempo prodotto dei cambiamenti in tutti coloro che si
erano presi questo impegno. Se le prime volte stupiva il modo semplice con cui il Signore aveva
scelto di essere il Dio-con-noi, poi la sensazione prevalente, che mi veniva confidata da tantissimi
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parrocchiani, era quella di un desiderio di stare con Ges che aumentava tra un appuntamento e
laltro di adorazione.
Davanti a Lui i cuori si rasserenavano sopraffatti da una fonte da cui continuamente sgorga
amore e che ci accoglie cos come siamo, cio deboli, bisognosi di essere guariti e amati. Percepire
labbraccio accogliente da parte di Ges Eucaristia stato per molti linizio di un cambiamento.
Gli sposi in particolare dicevano di tornare a casa diversi dopo aver sostato a lungo di fronte a
Ges. Era come se fosse diventata ununica voce la sete che il Signore stesso ha di noi e della nostra
relazione e la sete damore che il nostro coniuge ci manifesta. Era come, mi riferivano, se nel volto
del coniuge diventasse pi facile vedere il volto del Cristo che ci chiede di amarlo.
Quella domenica mattina, quindi, ci eravamo dati appuntamento per riflettere sul ruolo che la
coppia e la famiglia possono avere nella nuova evangelizzazione. Gli interventi erano stati
opportunamente preparati, compreso il mio.
Lorario dinizio era previsto per le nove. In realt ero molto agitato e gi dal mattino presto ero
sveglio ed ero entrato in un clima di preghiera, anzi di vera e propria supplica. Imploravo lo Spirito
Santo che, se vero che la coppia qui sulla terra limmagine che Dio ha scelto di S e se vero
che ogni coppia di sposi chiamata a dare volto di famiglia alla Chiesa, potesse dare a me e alla
mia comunit un segno.
Era quasi una sfida che Gli lanciavo. In realt si trattava di un grido disperato: Mi hai messo
nellanimo la bellezza di quello che la famiglia potrebbe essere e Tu non mi dai un segno che ho
giocato la mia vita per qualcosa che volevi veramente?
Mi sentivo debole. Tutte le mie capacit sulle quali da giovane prete avevo confidato erano
svanite. Mi rimaneva solo di affidarmi a Colui che tutto pu: Signore, lamore sponsale viene da
Te. Tu lo custodisci come nessun altro.
Cos svuotato di me stesso iniziai a pregare con il mattutino e venni quasi sorpreso da un
versetto del libro della Sapienza: lo Spirito di Dio riempie luniverso e, abbracciando ogni cosa,
conosce ogni voce (Sap 1,7). Lavevo letto tante volte senza farci caso pi di tanto, ma quella
mattina, difficile descriverlo, lho sentito come una personale parola del Signore rivolta a me. Una
parola che voleva rincuorarmi. Mi sono commosso e ho percepito sensibilmente lamore del
Signore.
Alle nove di quella mattina il teatro era pieno ed io non ho tenuto il discorso che intendevo fare.
Proposi semplicemente di lodare e ringraziare il Signore Ges per come e quanto ci ama.
Dallassemblea spontaneamente in molti, prendendo la parola a voce alta, si misero a lodare il
Signore e in pochi minuti una grande commozione era nel cuore di ciascuno. Per pi di unora
lassemblea rimase in preghiera. Tutti respiravamo unintensa unit che ci rinfrancava dolcemente.
Ero molto sorpreso, ma anche tranquillo. Mi sembrava stesse accadendo la cosa pi naturale di
questo mondo, anche se aveva dellimpossibile che i miei parrocchiani sempre cos inalterabili
durante le messe, si fossero sciolti allimprovviso e tutti insieme. Chi pregava bisbigliando e chi per
la prima volta in vita sua invocava lo Spirito Santo a voce alta. I canti poi permettevano
allassemblea di sfogare la gioia che scorreva nelle vene di tutti.
Le parole che, terminata la preghiera, vennero pronunciate non solo non furono molte (era
rimasto poco tempo, infatti, a disposizione), ma neppure originali (si parl dellamore di Dio e del
fatto che Egli vuole che tutti gli uomini siano salvi), ma toccarono tutti, convertirono me!
Fino ad allora credevo di sapere tante cose a riguardo della Persona divina dello Spirito Santo.
Le avevo studiate nel mio percorso teologico. Ma da quella mattina io non so quasi nulla sullo
Spirito. E continuo a sapere molto poco, per ora non smetto pi di invocarlo.
5. Dello Spirito si vede leffetto
Per pregare lo Spirito sufficiente riconoscersi poveri, mendicanti, dei tubi vuoti. Ritenere
che sia la nostra buona volont o le nostre capacit ad abilitarci a parlare con Dio, ci che in realt
ci impedisce sia di parlare con Lui, sia di parlare a Suo nome. Riconoscere con sincerit, invece, la
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verit della nostra radicale povert, non conduce alla disperazione, bens ad una fede tanto granitica
quanto gioiosa, e diventa possibile sperimentare i miracoli che Dio compie in noi proprio mentre
Gli affidiamo la nostra miseria ed il nostro peccato.
proprio il nostro vuoto che serve a Dio per colmarci di Se stesso. Se in ogni istante Egli ci
crea perch ama colmare il nostro niente col dono dellesistenza. Egli , infatti, innamorato di noi
proprio per la nostra fragilit. E noi che siamo dei tubi vuoti possiamo offrire liberamente a Dio
questo nostro spazio affinch Egli fluisca in noi e possa portare la sua grazia a tutti. La relazione
dello Spirito Santo con noi, infatti, funziona come laria e i polmoni: pi si svuotano e pi entra aria
in essi.
Se la Persona dello Spirito trova disponibile il mio vuoto Egli vi entra immediatamente ed io
sento subito il dolcissimo sollievo del suo passaggio in me. il suo passare che mi riempie. Non
ne rimango mai privo, anche se Egli continua a scorrere in me, rendendosi cos disponibile per altri.
A meno che deliberatamente non Gli ostruisca lingresso con il mio orgoglio oppure tenti di
racchiudere il suo soffio damore dentro il barattolo del mio egoismo: Perci io vi dico:
Qualunque peccato e bestemmia sar perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non
sar perdonata. A chiunque parler male del Figlio delluomo sar perdonato; ma la bestemmia
contro lo Spirito, non gli sar perdonata n in questo secolo, n in quello futuro (Mt 12, 31-32).
Il vento, si sa, non si pu contenere. Di fronte al vento si pu solo decidere se farsi trasportare
da esso oppure opporgli resistenza. Ma lasciarsi trasportare dal vento vuol dire trasformarsi in
vento: se uno non nasce da acqua e da Spirito, non pu entrare nel regno di Dio. Quel che nato
dalla carne carne e quel che nato dallo Spirito Spirito. Non ti meravigliare se tho detto:
dovete rinascere dallalto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e
dove va: cos di chiunque nato dallo Spirito (Gv 3, 5-8).
Questa immagine non lunica che Ges ha utilizzato per indicare lazione dello Spirito in
coloro che Lo accolgono. Egli, per suggerirci che lo Spirito Santo il Signore che d la Vita, in
quanto Colui che ci comunica ininterrottamente la Vita di Dio, ha descritto il flusso del suo
continuo sopraggiungere in noi come sorgente dacqua che zampilla per la vita eterna (Gv 4, 1314) o come fiumi di acqua viva: Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la
Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Questo egli disse riferendosi allo Spirito
che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non cera ancora lo Spirito, perch Ges non era
stato ancora glorificato (Gv 7, 37-39).
Anche gli apostoli, che nel giorno di Pentecoste si sono resi disponibili allazione dello Spirito,
non potevano comunque che darcene unimmagine. Hanno riferito ci che in loro accadde come
lapparizione di lingue come di fuoco (At 2, 3), perch dalle loro bocche uscirono parole
ispirate che provenivano direttamente dai loro cuori sommersi da un amore ardente: non ci
ardeva forse il cuore nel petto (Lc 24, 32). Parole che mentre illuminavano la persona del Cristo
fondevano tutti loro come il Suo unico Corpo.
In ogni caso, nonostante i nostri sforzi, non sono elencabili in maniera esauriente gli effetti che
produce lo Spirito. Egli, infatti, personalizza per ciascuno di noi il mistero della nostra
partecipazione al dinamismo dellamore trinitario. Lo Spirito scruta ogni cosa anche le profondit
di Dio Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere
tutto ci che Dio ci ha donato (1Cor 2,10.12)
6. Far parlare lo Spirito che in noi
Ora voi avete lunzione ricevuta dal Santo [Spirito] e tutti voi avete la scienza. [] Lunzione
che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri; ma come la
sua unzione vi insegna ogni cosa, veritiera e non mentisce, cos state saldi in lui, come essa vi
insegna (1Gv 2,20. 27)
Lapostolo Giovanni descrive lesperienza dello Spirito come quella del Maestro interiore. Solo
Lui, infatti, rende testimonianza di Ges, rende comprensibili le sue parole e i suoi gesti. lo
65
Spirito che ci fa conoscere la Persona e la missione di Ges, che ci svela da che cosa siamo stati
salvati e qual la Verit (Gv 15, 26; 16, 13).
Lo Spirito Santo pu insegnarci ogni cosa perch procede dal Padre e dal Figlio, quale loro
stessa relazione. Egli il trait-union fra il Padre e il Figlio, permette al Figlio dessere come il
Padre e al Padre di essere tutto nel Figlio.
Allo stesso modo, per far risplendere in noi la Gloria del Cristo risorto lo Spirito ci dona,
insegna e imprime gli stessi sentimenti, gli stessi interessi e gli stessi principi di Cristo. Egli ci
rende realmente nel battesimo come Cristo: fa vivere Cristo in tutti noi e ci fa nellEucaristia un
solo corpo con Lui.
Ti preghiamo umilmente: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci
riunisca in un solo corpo. (Preghiera Eucaristica II).
Dona, o Padre, la pienezza dello Spirito Santo perch diventiamo in Cristo un solo corpo e un
solo spirito (Preghiera Eucaristica III).
Concedi, o Padre, a tutti coloro che mangeranno di questunico pane e berranno di
questunico calice, che, riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo, diventino offerta viva in Cristo,
a lode della tua gloria (Preghiera Eucaristica IV).
Egli pu dare tutto, effondere ogni bene perch da una parte rende possibile con la sua Persona
ogni dono, ogni offerta libera di s, e dallaltra mantiene ogni cosa che in Lui si compiuta
perennemente efficace. Lui che mantiene e nutre lidentit di ogni cosa e contemporaneamente
crea la novit.
Per mezzo dello Spirito Santo lamore del Padre e del Figlio diventa creazione, concepimento
del Verbo, morte redentrice e risurrezione del Signore Ges, Corpo Eucaristico del Signore45,
Chiesa sposa di Cristo in attesa delle Nozze eterne, possibilit per gli uomini di chiamare Dio
Pap e di riconoscere in Ges il Signore, sacramento del Battesimo e della Confermazione,
sacramento dellOrdine e sacramento del Matrimonio, sacramento di guarigione fisica (Unzione
degli infermi) e spirituale (Riconciliazione).
7. Solo nella forza dello Spirito possibile evangelizzare
in forza dello Spirito che i cristiani possono mettere Ges al centro della loro vita e
riconoscerLo presente nel pane consacrato e nella Parola. Se non cercano pi di essere serviti, ma di
servire; non di essere amati, ma di amare; non di essere compresi, ma di comprendere, in forza
dello Spirito che fa loro sperimentare che Vi pi gioia nel dare che nel ricevere! (At 20, 35).
Se i sofferenti e i moribondi rimangono nella speranza in forza dello Spirito che agisce in loro.
Se i cristiani lodano e ringraziano continuamente Dio anche nelle prove e nelle tribolazioni solo in
forza dello Spirito. Se oggi si aperto un dialogo ecumenico e interreligioso in forza dello Spirito.
Lelenco potrebbe continuare allinfinito.
Ci fermiamo qui perch vogliamo in questo modo sottolineare che anche levangelizzazione
(che il motivo per cui Cristo ha costituito la Chiesa) possibile solo in forza dello Spirito Santo.
Il compito di evangelizzare difficile da svolgere, certamente impossibile, se affidato alle sole
capacit umane. Non possiamo pensare neppure per un attimo di poter fare a meno del dono dello
45
Preghiera eucaristica I: Santifica, o Dio, questa offerta perch diventi per noi il corpo e il sangue del tuo
amatissimo Figlio, il Signore nostro Ges Cristo.
Preghiera Eucaristica II: Padre santifica questi doni con leffusione del tuo Spirito, perch diventino per noi il corpo
e il sangue di Ges Cristo.
Preghiera Eucaristica III: Manda, o Padre, il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perch diventino il corpo e
il sangue di Ges Cristo.
Preghiera Eucaristica IV: Ora ti preghiamo Padre: lo Spirito Santo santifichi questi doni perch diventino il corpo e il
sangue di Ges Cristo .
Preghiera Eucaristica V: Ti preghiamo, Padre onnipotente, manda il tuo Spirito su questo pane e su questo vino,
perch il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi con il suo corpo e il suo sangue .
66
Dal giorno di Pentecoste, in cui si compiuta la promessa fatta da Dio agli uomini, il Signore
Ges glorificato effonde il suo Spirito (che non qualcosa, ma Qualcuno) a quelli che credono in
Lui, affinch sia lo Spirito a presentarLo a tutti come il Salvatore attraverso le parole e la
testimonianza di vita dei suoi discepoli.
Sono importanti sia le parole (lesplicita proclamazione del krigma), che la testimonianza di
vita, e in entrambi i casi lo Spirito che agisce. Lui, infatti, che ci mette sulle labbra le parole che
risvegliano in chi ci ascolta la ricerca della verit di Cristo e la certezza dellamore del Padre. Ed
per la sua presenza nel cuore di ciascun credente che i cristiani possono testimoniare nella loro vita
personale la capacit di vivere nellamore.
Lo Spirito Santo, fonte di ogni relazione positiva, conosce lintimo dei cuori di ciascuno e le vie
per potervi giungere. Egli perci, come lha definito Paolo VI, lagente principale
dellevangelizzazione.
Quando due o pi cristiani si riuniscono, la presenza del Signore Ges si fa reale sempre grazie
allo Spirito che li unisce in comunit (Mt 18, 20; Ef 4,1-6).
Se scherzosamente vogliamo paragonare la Chiesa ad una azienda tutta dedita allexport lo
Spirito , per questa azienda, sia il rifornimento che il prodotto finale, sia lo sponsor che il
traduttore simultaneo, sia lascensore per i piani alti che lo scivolo per i piani bassi, sia listruttore
che lagente commerciale, sia laddetto alle comunicazioni che il suggeritore delle strategie.
Noi, invece, siamo gli operai, le pietre vive di questo edificio, destinati certo ad ereditarlo, ma in
questo momento lo Spirito limprenditore che vuole esportare in tutto il mondo lamore del Padre
e del Figlio.
Possono gli operai di questa azienda mettere sul mercato il prodotto pi prezioso che esista
senza chiedere a questo factotum che lo Spirito Santo di fare il proprio mestiere?
8. La preghiera di invocazione dello Spirito
La preghiera stessa viene dallo Spirito, dallintimit con Lui. Quando preghiamo con sincerit e
senza formalismi o pretese, le nostre parole e i nostri pensieri vengono scavalcati da unesperienza
46
67
che si espande in noi in una grande pace ed in una indicibile gioia. Stiamo sussurrando qualcosa, ma
non sono parole bens inspirazioni ed espirazioni di un fiato che in noi e che non fatto di aria.
il soffio di Dio, la Ruah Jahw, con cui il Padre e il Figlio dialogano da sempre.
Il Signore Ges ha insegnato ai suoi discepoli a pregare. Ci ha detto soprattutto di pregare
sempre perch desidera che noi abbiamo un tenero dialogo con Lui e con il Padre. La sua parola e
quella del Padre si trasmettono e si ricevono attraverso lo Spirito Santo.
Lo Spirito Santo la via, lo strumento di comunicazione, con il quale si percepiscono i
messaggi damore del Padre e del Figlio presenti nel rivestimento umano delle parole della Sacra
Scrittura o del sacerdote, ma anche di un libro religioso oppure di una testimonianza di fede di un
nostro fratello. Le parole di Dio sono Spirito e vita (cf. Gv 6,63) e non si possono perci
accogliere che nello Spirito. Ges stesso cominci a predicare con la potenza dello Spirito Santo
(Lc 4,14 ss.). Egli stesso dichiar: Lo Spirito del Signore su di me [] per annunciare ai poveri
un lieto messaggio (Lc 4,18).
Pure le nostre parole a riguardo di Ges non esprimerebbero nulla se lo Spirito non fosse in noi
che parliamo e in coloro che ci ascoltano: Il vangelo che vi annunziamo non si diffuso tra voi
soltanto per mezzo della parola, ma anche con potenza e con lo Spirito Santo (1Ts 1,5). Pietro
definisce gli apostoli coloro che hanno annunciato il vangelo nello Spirito Santo (1Pt 1,12),
indicando cos con la parola vangelo il contenuto e con l'espressione nello Spirito Santo il
mezzo atto ad annunciarlo.
La preghiera di invocazione allo Spirito stata fatta innanzitutto da Colui che, grazie allo
Spirito, vive da sempre in piena comunione con il Padre: Mentre Ges, ricevuto anche lui il
battesimo, stava in preghiera, il cielo si apr e scese su di lui lo Spirito Santo (Lc 3,21-22).
Mentre stava in preghiera: per levangelista Luca fu proprio la preghiera di Ges a squarciare i
cieli e a fare discendere lo Spirito Santo. Con la Chiesa si verifica la stessa cosa: nel giorno di
Pentecoste, lo Spirito Santo venne sugli apostoli mentre essi erano concordi e perseveranti nella
preghiera (At 1,14).
Lunica cosa allora che possiamo fare nei confronti dello Spirito Santo, l'unico potere che
abbiamo su di lui, di invocarlo e di pregarlo sicuri che: il Padre vostro celeste dar lo Spirito
Santo a coloro che glielo chiedono! (Lc 11,13).
Invocare la discesa dello Spirito Santo , dunque, una sorta di programma base per ogni
comunit che voglia essere un popolo in cammino nella storia, per testimoniare la lieta notizia fino
ai confini della terra, cio a quegli uomini e a quelle donne che vivono nelle situazioni pi distanti
dal vangelo, ma che il Dio di Ges Cristo vuole raggiungere con il suo amore fedele ed ostinato.
Ci rendiamo conto al riguardo che le resistenze possono essere veramente tante: dal timore di
farsi etichettare come carismatici al disgusto per i tanti imbroglioni che nel mondo
strumentalizzano la fede nellazione dello Spirito per arricchirsi (scandali che fin da subito hanno
caratterizzato la vita della Chiesa: leggiamo ad esempio la frode di Anana e Saffica in At 5, 1-11).
Tutto ci certamente ci obbliga a stare attenti, ma come non spegniamo in noi una genuina
venerazione ai santi nonostante certe forme di devozionismo che rasentano lidolatria, cos non
possiamo dedicarci allevangelizzazione (che vuol dire vangelo in azione, mettere in azione il
vangelo) senza lo Spirito Santo che lAzione, lAgire stesso di Dio.
9. Lo Spirito dona unit e comunione alla Chiesa
Ogni comunit cristiana, dunque, deve partire e ripartire ogni volta dallinvocazione allo Spirito
Santo se vuole veramente essere luce e sale.
Per essere se stessa, e cio la sposa di Cristo che continua nella storia a diffondere il Regno di
Dio, deve lasciarsi fare dallo Spirito perch Lui che, inviato dal Padre ed effuso in pienezza dal
Figlio, ora converte i cuori e spinge poi gli evangelizzati ad evangelizzare.
Quando ciascuno di noi si apre alla sua azione Egli immediatamente, riversandosi in noi, ci porta
la presenza gloriosa di Cristo che ha vinto il peccato e la morte e ci rende capaci di vivere nella
68
Chiesa come figli dello stesso Padre. Ci lega gli uni agli altri in ununit che immensamente
superiore a quella che umanamente si pu realizzare. Ed proprio questa comunione, questo amarsi
ed accogliersi nel Signore come fratelli e sorelle, che diventa annuncio concreto e sperimentabile
della salvezza di Cristo per tutti coloro che non conoscono ancora lamore di Dio.
Sappiamo che lunit e la comunione nella Chiesa non derivano dal nostro sforzo o dalla
reciproca tolleranza, anche eroica da parte di qualcuno, tra noi cristiani, ma lo Spirito, nella
misura in cui Lo lasciamo agire in noi, che ci fa partecipare alla Comunione che in Dio.
solo lo Spirito che ci insegna ad amarci gli uni gli altri come Ges ci ha amati: Vi do un
comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, cos amatevi anche voi
gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli
altri. (Gv 13, 34-35)
Egli pu, infatti, trasfigurare le nostre vecchie relazioni umane in qualcosa di assolutamente
nuovo e che non smetter mai di essere nuovo perch Egli le salda con altre relazioni, le pi
umili e le pi immense che esistano, quelle cio che vivono le Tre Persone divine.
10. Lo Spirito il protagonista dellamore sponsale47
Lo Spirito Santo il protagonista della vita della Chiesa, pertanto anche il protagonista della
vita della coppia, la chiesa domestica.
Nel primo capitolo, abbiamo riflettuto sul dato che la relazione uomo-donna la struttura
comunionale nella quale lUnitrino ha voluto imprimere ed esprimere se stesso. Per questo motivo,
si diceva, ogni coppia che si ama annuncia il vangelo anche senza parlare. Nel decidersi per unaltra
persona e nel tentare di superare il proprio egoismo pur di essere una carne sola, ogni essere
umano (a qualsiasi cultura o fede faccia riferimento; che ottenga risposta oppure no dal coniuge)
pu testimoniare che lamore pi forte della morte (cf. Ct 8,6).
Anche se tra molti praticanti oramai si guarda al matrimonio come ad un modo concordato ed
inevitabilmente temporaneo per raggiungere il benessere individuale, rimane in ogni caso iscritta,
dentro la relazione coniugale, una buona notizia: Dio conoscibile e Lo si pu incontrare con
questi nostri corpi maschili e femminili, nei quali Egli ha posto la sua immagine.
Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, anche se nellinfinita sproporzione, hanno destinato la
relazione sponsale, fin dalla creazione delluomo, a contenere il loro mistero damore.
Quando ci si dona sinceramente al proprio coniuge ci si apre allazione dello Spirito che vuole
farci scoprire fin dove possibile amare.
Dio amore: chi sta nellamore dimora in Dio e Dio dimora in lui (1Gv 4,16). Egli lAmare
infinito in quanto in Lui si vive, senza fusione o confusione, leterno movimento dellassoluta
Unit delle Tre distinte Persone divine.
Lo Spirito presente nel vincolo matrimoniale per far gustare agli sposi proprio quella Unit che
capace di mantenere e custodire le loro distinzioni. Ed lo Spirito che, come abbiamo sottolineato
nel primo capitolo, nel sacramento del matrimonio rende i due uno, affinch il loro vissuto rifletta il
grande mistero della Trinit e lamore di Cristo per la Chiesa.
Se la coppia accoglie nella fede il dono dello Spirito, non solo conosce Chi (e non cosa) quel
loro legame che li aiuta ad ampliare continuamente i confini del loro noi, ma diventa per tutti
coloro che le stanno vicino un riflesso reale dellamore che il Signore Ges, rivolto al Padre e nella
forza dello Spirito, nutre per la sua Chiesa.
La forza, dunque, che spinge gli sposi a condividere tutto e che li fa dire ecco io sto qui per te,
la mia gioia sei tu e non posso fare a meno di amarti, lo Spirito. Dentro il loro animo vi tutto un
mondo fatto di attenzioni e di tenerezze che li spinge a cercare e a creare comunione e unit. Questo
47
Per un ulteriore approfondimento di quanto verr sviluppato in questo paragrafo a riguardo dello Spirito Santo come
sigillo dellalleanza coniugale, si faccia riferimento a M. OUELLET, Divina somiglianza. Antropologia trinitaria della
famglia, Lateran University Press, Roma 2004, 109-135.
69
Quindi dentro la relazione coniugale (quindi anche nelleros) lo Spirito dona se stesso affinch
gli sposi conoscano e diffondano lamore del Signore per la sua Chiesa.
11. Lo Spirito negli sposi per renderli seme di chiesa
Lo Spirito Santo si dona alla coppia come relazione vivente per far partecipare gli sposi alla
relazione delle Persone divine. Essi, per mezzo dello Spirito, possono cos sperimentare e
testimoniare, nella tensione tra immagine e somiglianza, la direzione a cui tende non solo la loro
storia damore, ma tutta lumanit: verso le Nozze eterne con Dio.
I coniugi, avendo impresso nella loro relazione limmagine trinitaria, sono resi perci dallo
Spirito una immagine somigliante che realizza e diffonde ci di cui sono immagine. In questo
orizzonte si definisce la coppia cristiana quale chiesa domestica, sposa di Cristo che partecipa della
stessa missione della Chiesa.
Al riguardo vi riportiamo, a titolo esemplificativo, alcuni tratti dei numerosissimi
pronunciamenti del magistero:
Non si pu, pertanto, comprendere la Chiesa come Corpo mistico di Cristo, come segno
dellAlleanza delluomo con Dio in Cristo, come sacramento universale di salvezza, senza riferirsi al
grande mistero, congiunto alla creazione delluomo maschio e femmina e alla vocazione di
entrambi allamore coniugale, alla paternit e alla maternit. Non esiste il grande mistero che la
Chiesa e lumanit in Cristo, senza il grande mistero espresso nellessere una sola carne, (cf.
Gen 2,24; Ef 5,31-32) cio nella realt del matrimonio e della famiglia. La famiglia stessa il grande
mistero di Dio. Come chiesa domestica essa sposa di Cristo49.
Come nel Battesimo la Chiesa genera nell'acqua e nello Spirito i nuovi figli di Dio, cos essa nella
celebrazione del sacramento del Matrimonio genera le coppie cristiane come cellule vive e vitali del
corpo mistico di Cristo. Proprio per questo chiede a tutti i suoi membri di accoglierle come sue
componenti organiche, dotate di carismi e di ministeri propri, per una specifica missione
nell'annuncio del vangelo che salva. Inserita nella Chiesa dallo Spirito mediante il sacramento del
Matrimonio, la famiglia cristiana riceve, come tale, una sua struttura e fisionomia interiore, che la
costituisce cellula viva e vitale della Chiesa stessa. Il legame della coppia e della famiglia cristiana
con la Chiesa, pur comportando ed elevando anche gli aspetti sociali e psicologici, caratteristici di
ogni comunione umana, presenta propriamente un aspetto di grazia: e un vincolo nuovo,
soprannaturale. La famiglia cristiana non legata alla Chiesa semplicemente come la famiglia umana
aggregata alla societ civile; ma le unita con un legame originale; donato dallo Spirito Santo, che
nel sacramento fa della coppia e della famiglia cristiana un riflesso vivo, una vera immagine, una
storica incarnazione della Chiesa. In tal senso la famiglia cristiana si pone nella storia come un
segno efficace della Chiesa, ossia come una rivelazione che la manifesta e la annuncia, e come
una sua attualizzazione che ne ripresenta e ne incarna, a suo modo, il mistero di salvezza50.
70
della carit, la Chiesa madre genera, santifica e promuove la famiglia dei battezzati. Nello stesso
tempo la Chiesa chiama la famiglia cristiana a prendere parte come soggetto attivo e responsabile
alla propria missione di salvezza: Per questo la coppia e la famiglia cristiana si possono dire quasi
una Chiesa domestica51, cio comunit salvata e che salva: essa infatti, in quanto tale, non solo
riceve l'amore di Ges Cristo che salva, ma lo annuncia e lo comunica vicendevolmente agli
altri52.
51
52
71
CAPITOLO V
LA FAMIGLIA EVANGELIZZA CON IL SERVIZIO
Nel precedente capitolo abbiamo compreso che solo per opera dello Spirito Santo possibile
evangelizzare. Ascoltando linvito di Ges possibile gettare la rete per pescare i fratelli e porli
sulla barca della salvezza. Noi rispondiamo con il nostro s, ma lo Spirito che riesce ad allargare
le maglie di questa rete; Lui che riesce a farla arrivare nel pi profondo del mare pur di
raggiungere ogni uomo; Lui che ci sorprende quando in pieno giorno, nel momento meno
favorevole per la pesca e dopo aver fallito con tutti i nostri tentativi, ci fa incontrare tanti nuovi
fratelli nel Signore.
Il seguente disegno ci aiuta a dare uno sguardo dinsieme al metodo di evangelizzazione che
abbiamo collaudato nella parrocchia di Bovolone (VR). il disegno di una speciale rete a cui
abbiamo dato il nome di processo personalizzato di evangelizzazione.
Vi il mare dentro il quale stanno tutte quelle persone del nostro ambiente di vita (parenti,
vicini, amici, colleghi) che, essendo lontane da Dio o non praticando, oppure avendo perso
lentusiasmo della fede, il Signore ci chiede di evangelizzare.
La barca la Chiesa (la parrocchia) sulla quale ci sono tutti i discepoli del Signore. Qui abbiamo
messo in primo piano una coppia di sposi che sta gettando la rete per pescare gli uomini.
Tuttintorno alla rete vi la scritta preghiera per ribadire che non siamo noi che operiamo il
miracolo della conversione di una persona, ma lo Spirito Santo che agisce laddove la nostra
preghiera ininterrotta gli d spazio.
Vi poi una sequenza di sei scritte dal fondo della rete verso lalto. Costituiscono altrettanti
insostituibili e necessari passaggi che ci competono se vogliamo metterci a disposizione dellazione
dello Spirito, sei atteggiamenti che progressivamente dobbiamo mettere in atto nei confronti del
fratello che vogliamo evangelizzare. Non possiamo anticiparne uno prima del momento opportuno,
mentre dobbiamo continuare a mettere in atto tutti quelli gi attivati.
72
La Rete
Sulla tua parola getter le reti (Lc 5,5).
Stare nella barca insieme con Ges, condividere la sua vita nella comunit dei discepoli,
non ci rende estranei agli altri, non ci dispensa dal proporre a tutti di essere suoi amici.
Ci viene chiesto di disporci allevangelizzazione, di non restare inerti nel guscio di una
comunit ripiegata su se stessa e di alzare lo sguardo verso il largo, sul mare vasto del
mondo, gettare le reti affinch ogni uomo incontri la persona di Ges.
(CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia 1)
73
I sei passaggi sono: la preghiera, che, grazie allo Spirito Santo, allarga sempre pi la rete (cap.
III e IV); servire il fratello soprattutto per sanare le sue piaghe (cap. V); condividergli la nostra
esperienza dellincontro con il Signore Ges (cap. VI); accompagnarlo per tutto il periodo
necessario rispondendo alle sue domande e non giudicandolo (cap. VII); guidarlo verso
laffidamento al Signore quando aprir il suo cuore alla ricerca del senso autentico della propria vita
(cap. VII); invitarlo nella nostra comunit familiare per fargli conoscere il volto damore della
Chiesa e fargli desiderare di accogliere Ges Eucaristia (cap.VIII e IX).
Prendendo come punto di riferimento le indicazioni del recente magistero53 sia a riguardo
dellevangelizzazione che del ruolo della famiglia, e inoltre per esperienza diretta, possiamo
confermarvi che possibile evangelizzare nel territorio parrocchiale numerose persone quando alla
base di tutto si prega per loro e si perseguono poi, nelle relazioni abituali, i successivi cinque
passaggi, a cui dedicheremo i prossimi capitoli di questo libro.
1. Servire per evangelizzare
Caritas Christi urget nos: lAmore di Cristo ci spinge (cf. 2 Cor 5,14).
Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli pi piccoli, lavete fatto
a me (Mt 25,40).
Seguendo lesempio di Ges, levangelizzazione inizia dal servizio, continuamente illuminato
ed alimentato dalla preghiera. Nel presente capitolo rifletteremo sul servizio per capirne fino in
fondo lessenzialit, nel creare ponti damicizia tra chi evangelizza e chi viene evangelizzato. Solo
quando si sente gratuitamente amata e servita, una persona si apre con fiducia allannuncio del
vangelo. Inoltre chi serve colui per il quale prega intuisce con grande sensibilit le sue sofferenze.
Perci non appena ha trovato qual la piaga che lo affligge immediatamente si piega come il
samaritano su di essa per curarla.
L'evangelizzatore spinto dallo zelo per le anime, che si ispira alla carit stessa di Cristo,
fatta di attenzione, tenerezza, compassione, accoglienza, disponibilit, interessamento ai problemi
della gente54. Per questo motivo, chi evangelizza deve cercare di servire, nelle piccole come nelle
grandi occasioni, colui che gli sta accanto se vuole veramente conquistarlo al Signore Ges.
La testimonianza di vita la prima che bisogna offrire perch la gente vede ci che siamo prima
di ascoltare quello che diciamo.
Siamo chiamati con tutte le nostre possibilit ed energie ad amare e servire in ogni occasione
possibile le due o tre persone della nostra lista del cuore che nella preghiera abbiamo individuato
come quelle alle quali, visti i nostri frequenti contatti con loro ed il legame umano che ci unisce e
purtroppo la loro lontananza dal vangelo, il Signore ci chiede di annunciare e far sperimentare il suo
immenso amore.
Le abbiamo scelte pregando, e pregare per loro stata la prima decisione che abbiamo preso.
Pi precisamente, mentre si prega per gli altri, il primo aspetto sperimentare una forza amante che
fluendo dentro di noi ci riempie. Lo abbiamo detto nel precedente capitolo: la preghiera ci apre
allazione dello Spirito in noi e, tramite la nostra disponibilit, verso gli altri. Quando si prega, lo
Spirito ci fa sentire vicino il Signore Ges e ci fa sperimentare concretamente quanto Egli ci ama.
53
NellAssemblea Generale del Sinodo dei Vescovi del 1974 ed in quella del 1980 vennero trattati, appunto, i temi
dellevangelizzazione e della famiglia. Le due Esortazioni apostoliche che ne seguirono (rispettivamente lEvangelii
nuntiandi e la Familiaris consortio) da una parte ribadirono la necessit della preghiera, del servizio amorevole ai
fratelli, di un annuncio esplicito della fede, di una fraternit vissuta in piccoli gruppi (cf. Evangelii Nuntiandi, 2124.46.58), dallaltro individuarono nella famiglia, in virt del sacramento del matrimonio, il soggetto creativo
dellopera di evangelizzazione della Chiesa (cf. Familiaris consortio e anche tutto il magistero di Giovanni Paolo II
sulla famiglia).
54
GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris Missio, 7 dicembre 1990, 89.
74
Il secondo aspetto riguarda cosa fare per amare queste persone. Anche senza bisogno di pregare
tutti sanno che la cosa pi bella che si pu fare agli altri servirli nelle loro necessit. Ma tra il dire
e il farepu sorgere la domanda: Fin dove servire? Quanti sacrifici sopportare?
Quando si prega ogni giorno specificatamente per una persona, ci si rende conto che Qualcuno
sta cambiando in noi qualcosa. Inginocchiarsi per questa persona ci rende realmente umili. Non
vantarsi con lei di quello che si sta facendo annulla lorgoglio personale. La persona ignora che
stiamo pregando per la sua conversione e contemporaneamente si crea tra noi una sintonia che solo
lo Spirito conosce.
Pregando per questo fratello, lo Spirito ricevuto agisce e ci fa partecipi progressivamente degli
stessi sentimenti di Cristo: limpotenza per il rifiuto che non diventa giudizio bens compassione; la
mitezza nonostante le offese o lindifferenza; lo slancio e lardore di sacrificarsi pur di sorpassare il
suo errore; la lode commossa al Padre perch ci doni la gioia di dare tutto senza avere nulla in
contraccambio.
Lo Spirito ci immedesima a tal punto con Cristo che si desidera arrivare a donarsi
completamente e a cogliere ogni occasione per amare e servire queste persone sino alla fine (Gv
13,1), fino cio allestremo delle proprie possibilit umane.
Sorprendono i risultati prodotti da questo tipo di preghiera: viene meno anche lombra del
disprezzo o del risentimento per lattuale chiusura di questi nostri fratelli. Inoltre se vediamo delle
colpe sono quelle delle nostre omissioni. Ci diventa chiaro che non certo questo il momento di
iniziare a parlar loro del vangelo, in quanto darebbe loro solo fastidio; anzi questa preghiera ci
insegna a metterci per prima cosa autenticamente al loro servizio affinch si sentano amati.
Saremo proprio noi, come Ges, a giustificarli e a prenderne le difese. Padre, perdonali,
perch non sanno quello che fanno (Lc 23,34). Se prima di iniziare a pregare per loro ci balzavano
agli occhi i loro peccati, ora ci appaiono chiare tutte le giustificazioni ed invochiamo con cuore
sincero:
Signore Ges, ti prego per quella persona. Egli ti indifferente perch in realt ha potuto
ascoltare la tua proposta solo per un breve periodo e non ha avuto il tempo necessario per rimanerne
coinvolto.
Signore Ges, ti prego per lui. Egli non ti conosce perch non ha mai avuto lopportunit di
ascoltarti.
Signore Ges, ti prego per lui. In tutta la sua vita ha sentito sempre i mass-media presentarti
come un inganno e descrivere noi tuoi discepoli come gente odiosa e fanatica.
Signore Ges, ti prego per lui. Il suo modo di vederti stato distorto dal contatto con i miei
peccati e da quelli di noi cristiani o da uno dei tanti modi sbagliati di presentarti.
2. Servendo, Dio ama
Se emerge in noi la capacit di servire ed amare sempre di pi, questo frutto della preghiera
rivolta a Dio per queste persone. Ci ha fatto scoprire che ancora prima che cominciassimo a
cercarLo, prima ancora che cominciassimo a pregare per i nostri fratelli, Egli gi ci amava e amava
le persone della nostra lista del cuore.
come accendere un interruttore e scoprire che la corrente elettrica era disponibile ancora prima
della nostra accensione. Dio in ogni presente ed amore. Non c mai stato un tempo in cui Lui
non ci abbia amato. Dio ci ama da sempre personalmente 24 ore su 24, anche se noi ce ne
accorgiamo solo quando teniamo pigiato linterruttore della preghiera. Il miracolo della preghiera
di farci provare limmenso amore che proviene dalla Trinit.
Le Persone divine sono serve per amore luna dellaltra ed hanno voluto servire anche noi. Il
Padre non risparmiando il proprio Figlio unigenito (cf. Rm 8,32), ma consegnandoLo per noi (cf. Gv
3,16; 1Gv 4,10); il Figlio consegnandosi liberamente alla morte per amore nostro (cf. Gal 2,20); lo
Spirito Santo, donato dal Figlio sulla croce (cf. Gv 19,25-30), riversandosi nei nostri cuori come
amore del Padre e del Figlio (cf. Rm 5,5).
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Pregando per gli altri noi ci disponiamo ad accogliere la volont di farsi servi per amore del
Padre e del Figlio nella gioia dello Spirito.
Conosciuto per esperienza diretta il vero nome di Dio, che Amore che dona tutto se stesso,
siamo resi in grado di servire e amare questi nostri fratelli nella stessa maniera con cui siamo da
sempre amati: Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo far conoscere, perch lamore col quale
mi hai amato sia in essi e io in loro (Gv 17,26)
Riportiamo qui un brano al riguardo molto significativo della Deus caritas est:
Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento. Entrambi
per vivono dell'amore preveniente di Dio che ci ha amati per primo. Cos non si tratta pi di un
comandamento dall'esterno che ci impone l'impossibile, bens di un'esperienza dell'amore donata
dall'interno, un amore che, per sua natura, deve essere ulteriormente partecipato ad altri. L'amore
cresce attraverso l'amore. L'amore divino perch viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante
questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una
cosa sola, fino a che, alla fine, Dio sia tutto in tutti (1Cor 15, 28). Se vedi la carit, vedi la
Trinit scriveva sant'Agostino. [] Abbiamo potuto fissare il nostro sguardo sul Trafitto (cf. Gv
19,37; Zc 12,10), riconoscendo il disegno del Padre che, mosso dall'amore (cf. Gv 3,16), ha inviato il
Figlio unigenito nel mondo per redimere l'uomo. Morendo sulla croce, Ges come riferisce
l'evangelista emise lo spirito (cf. Gv 19,30), preludio di quel dono dello Spirito Santo che Egli
avrebbe realizzato dopo la risurrezione (cf. Gv 20,22). Si sarebbe attuata cos la promessa dei fiumi
di acqua viva che, grazie all'effusione dello Spirito, sarebbero sgorgati dal cuore dei credenti (cf. Gv
7,38-39). Lo Spirito, infatti, quella potenza interiore che armonizza il loro cuore col cuore di Cristo
e li muove ad amare i fratelli come li ha amati Lui, quando si curvato a lavare i piedi dei discepoli
(cf. Gv 13,1-13) e soprattutto quando ha donato la sua vita per tutti (cf. Gv 13,1;15, 13). Lo Spirito
anche forza che trasforma il cuore della Comunit ecclesiale, affinch sia nel mondo testimone
55
dell'amore del Padre, che vuole fare dell'umanit, nel suo Figlio, un'unica famiglia .
55
76
Prima di tutto il Signore Ges ha guarito i malati, ha dato speranza ai poveri, ha liberato dal male
spirituale, si preoccupato dei cuori da risanare, ha accolto e perdonato i peccatori.
A noi suoi discepoli ha mostrato cosa siamo chiamati a fare se vogliamo partecipare e far
partecipare altri alla gioia di Dio: servire con amore sincero e ricco di compassione ogni persona.
Per evangelizzare le persone che vivono nel nostro territorio ed incrementare la comunit
parrocchiale sono senzaltro utili le nuove iniziative o le proposte pastorali, ma se non utilizziamo il
metodo del Maestro, tutto il nostro lavoro non porta a nulla.
Servire, continuando a pregare, il primo passo che dobbiamo compiere nei confronti delle
persone da evangelizzare. Non si tratta di un escamotage o di una strumentalizzazione, bens di
vivere il cuore del vangelo.
Non vi deve essere alcun dubbio al riguardo: servire non una tecnica per fare proseliti:
La carit, inoltre, non deve essere un mezzo in funzione di ci che oggi viene indicato come
proselitismo. L'amore gratuito; non viene esercitato per raggiungere altri scopi. Ma questo non
significa che l'azione caritativa debba, per cos dire, lasciare Dio e Cristo da parte. in gioco sempre
tutto l'uomo. Spesso proprio l'assenza di Dio la radice pi profonda della sofferenza. Chi esercita la
carit in nome della Chiesa non cercher mai di imporre agli altri la fede della Chiesa. Egli sa che
l'amore nella sua purezza e nella sua gratuit la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo e
dal quale siamo spinti ad amare. Il cristiano sa quando tempo di parlare di Dio e quando giusto
tacere di Lui e lasciar parlare solamente l'amore. Egli sa che Dio amore (cf. 1Gv 4, 8) e si rende
presente proprio nei momenti in cui nient'altro viene fatto fuorch amare56.
Non ci si deve mettere quindi a servire con lo scopo di agganciare qualcuno. Nella misura in
cui questo nostro servizio sa farsi segno e trasparenza del servire del Signore, permette a noi stessi
di realizzarci nel centro del nostro essere, che la capacit di amare, e ai destinatari del nostro
servizio di poter essere messi nella condizione di scegliere in piena libert se aprire mente e cuore
alla Verit che si manifesta proprio attraverso il nostro servizio.
La mentalit comune insinua purtroppo dubbi su dubbi anche riguardo allamore gratuito, che
viene giudicato come un modo per avere qualcosa che si desidera.
Ges ci chiede comunque di servire, come Lui ha fatto, fino alla croce indipendentemente dal
risultato.
Questo giusto modo di servire rende l'operatore umile. Egli non assume una posizione di superiorit
di fronte all'altro, per quanto misera possa essere sul momento la sua situazione. Cristo ha preso
l'ultimo posto nel mondo la croce e proprio con questa umilt radicale ci ha redenti e
costantemente ci aiuta. Chi in condizione di aiutare riconosce che proprio in questo modo viene
aiutato anche lui; non suo merito n titolo di vanto il fatto di poter aiutare. Questo compito grazia.
Quanto pi uno s'adopera per gli altri, tanto pi capir e far sua la parola di Cristo: Siamo servi
inutili (Lc 17, 10)57.
Non deve stupire perci che quando i discepoli cominciarono a discutere tra loro a causa del
desiderio di Giacomo e Giovanni di essere i pi grandi nel Regno di Dio, Ges disse loro: Colui
che vorr diventare grande tra voi, si far vostro servo, e colui che vorr essere il primo tra voi, si
far vostro schiavo (Mt 20,26-28). Egli non li critic perch erano ambiziosi e avevano un
desiderio di grandezza, anzi, accolse le aspirazioni dei discepoli, dando per loro un solido
insegnamento sul come diventare grandi: facendosi ultimi di tutti e servi di tutti (Mc 9,35).
Tutti possono diventare grandi perch tutti possono servire. Tutti possono evangelizzare perch
tutti possono servire. Anche da un letto di infermit si pu servire; anche nella situazione pi
bloccata si pu servire. Il Signore Ges inchiodato sulla croce non poteva pi nulla, ma rispondendo
allamore del Padre a Lui si consegnato, offrendo in questo modo a tutti noi il servizio pi grande.
56
57
Ibid., 31.
Ibid., 35.
77
Giovanni Paolo II, nella convinzione che la via dellumanit e della Chiesa passa attraverso
lamore coniugale e la vita della famiglia, ci ha offerto un continuo e profondo insegnamento per
richiamare gli sposi cristiani (e non solo) a riconoscere il proprio mistero, a crederlo e a viverlo.
Pi volte, come in questo brano della Familiaris consortio, ha parlato del disegno di Dio di far
partecipare, fin dalla creazione, gli uomini e le donne a quella offerta totale di s, che sconfigge la
morte ed il peccato, che il Cristo, nella pienezza dei tempi, avrebbe realizzato.
Purtroppo quando pensiamo allinevitabile servizio o sacrificio vissuto tra le mura domestiche ci
vengono alla mente solamente il faticoso assolvimento dei mille impegni della giornata oppure i
grandi drammi di sempre pi numerose relazioni coniugali. In realt, sia nei piccoli gesti di servizio
e di carit richiesti dalla stessa relazione affettiva vissuta nella materialit del tempo e dello spazio,
sia negli amori trasformatisi in pesi umanamente insopportabili, si nasconde qualcosa di pi
profondo, che Giovanni Paolo II lo descrive come la verit originaria del matrimonio, la verit del
principio.
Come abbiamo detto nel primo capitolo, la coppia uomo-donna ha in e da Dio il proprio
archetipo fondante e strutturante. Essa riceve dalla Trinit non solo il proprio inizio, ma anche il
proprio modello e fondamento. Luomo e la donna, infatti, sono stati creati ad immagine dellunitdistinzione delle Persone divine, per entrare tra loro due in comunione e partecipare cos alla
Comunione assoluta che si vive in Dio. Sono luno per laltra laiuto simile (Gen 2,18). Sono
predisposti luno con laltro sia a dare che a ricevere le reciproche identit. Ognuno di loro senza
laltro non potrebbe essere se stesso perch non potrebbe compiere la propria identit che consiste
nellessere colui che aiuta laltro a diventare se stesso.
Il termine ezer (aiuto) nellAntico Testamento molto raro (ricorre solo ventuno volte) e
quasi esclusivamente indica un soccorso divino, sia inteso come laiuto che viene da Dio (Alzo i
miei occhi verso i monti: da dove verr il mio aiuto? Il mio aiuto viene da JHWH, che ha fatto
cielo e terra Sal 121,1.2), sia una specie di titolo di Dio stesso (Il nostro essere attende JHWH:
nostro aiuto e nostro scudo Lui Sal 33,20).
Il termine ezer indica dunque un soccorso talmente particolare, che solo Dio capace di
fornire: un aiuto di tipo personale, indispensabile, che si rivela determinante quando lesistenza
minacciata e che, salvando dalla morte, riporta in vita.
In Gen 2,18 Dio si preoccupa di fornire alluomo quellaiuto (ezer) che possa salvarlo dalla
solitudine che ne minaccia lesistenza: non bene che luomo sia solo.
La verit del matrimonio consiste, allora, nellessere uomo e donna posti luno di fronte allaltra,
complementari, per formare nella libert una nuova realt nella quale, aiutandosi e servendosi
reciprocamente, non si troveranno diminuiti, ma pienamente realizzati nella comunione.
La verit originaria dellunit-distinzione della coppia, del suo essere uno posto di fronte
allaltro per servirlo viene accostata da Giovanni Paolo II alle figure del Cristo Sposo e della
58
78
Chiesa sposa e ancora alla possibilit per i coniugi di vivere nel loro matrimonio, grazie allo Spirito,
la stessa carit e la stessa capacit di servire che appartengono a Cristo.
Per riflettere insieme su questi aspetti proviamo a guardare da vicino ci che ricapitola in s, in
modo unico e insuperabile, i gesti e le parole, la persona e la missione del Cristo che si dona sulla
croce: il sacramento dellEucaristia.
5. Il corpo donato nelleucaristia59
Nellultima Cena il Signore Ges ha voluto deliberatamente compiere una concentrazione
simbolica unica e insuperabile.
Per Ges il momento e lo sviluppo dellultima Cena segna un punto culminante e assoluto della
sua vita, in quanto in essa Egli, pienamente consapevole di se stesso, compie un gesto
assolutamente esplicito e carico di significato. Questa Cena, inoltre, non un episodio isolato, ma
preparato dal suo vissuto passato, dal suo atteggiamento di disponibilit, dai suoi pasti consumati
con i peccatori e dai suoi gesti che precedono immediatamente la cena.
Di tale concentrazione simbolica consapevole anche il vangelo giovanneo che, pur
tralasciando il racconto specifico dellistituzione dellEucaristia (del resto Giovanni aveva gi
trattato nel sesto capitolo esplicitamente dellEucaristia nel momento in cui riferisce il discorso sul
pane), traccia tuttavia lo svolgimento dellultima cena; non per questo esso privo di una propria
teologia dellEucaristia.
Giovanni narra che, durante lultima cena, Cristo compie il gesto della lavanda dei piedi degli
apostoli e subito dopo si esprime in parole (il lungo discorso daddio e la sua preghiera al Padre)
che paiono fluire ininterrottamente dalla sua profondit abissale (cf. Gv 13-17).
La lavanda dei piedi gesto che sottolinea gli aspetti del servizio e del perdono reciproco che
sono parte integrante dellEucaristia e che il Signore Ges chiede ai suoi di imitare.
Che lultima cena sia la sua cena emerge proprio dal fatto che Cristo stesso a prendere
liniziativa della preparazione della Pasqua (cf. Lc 22,8). Gli ultimi giorni hanno visto un crescendo
continuo di contrasti con i suoi avversari; Ges per non si ritrae; anzi, sembra divenire pi
provocatorio, quasi spregiudicato. come preso da unansia, da una fretta. Neppure pi si
nasconde pur sapendo che Lo stanno cercando per ucciderLo (cf. Gv 11,53-54). Cristo attendeva
quel momento decisivo, che finalmente giunto. Ho desiderato ardentemente di mangiare questa
Pasqua con voi, prima della mia passione (Lc 22,15). La notte dellultima cena doveva essere la
sua notte, quella in cui dava vita ad una nuova e definitiva creazione.
Cristo prende liniziativa di celebrare la sua pasqua con i suoi discepoli cos come Dio aveva
preso liniziativa di creare lumanit e di stabilire lalleanza nuziale con essa.
Ma quale era la sua intenzione? La risposta a questa domanda non pu che essere questa: di
amare i suoi sino alla fine (Gv 13,1). Sino cio alla fine delle sue possibilit umane e divine, fino
allestremo delle sue forze e possibilit, esaurendo la misura del suo amore.
Proprio perch consapevole del tradimento, Egli anticipa tutti con un gesto che vuole trapassare
la storia del male. Fa questo in una potente azione simbolica: afferra il suo destino prendendo
del pane e donandolo ai suoi apostoli. Egli prefigura realmente la sua morte consegnandosi
totalmente nel pane che offre e nel calice che fa passare ai suoi. Compie tutto ci perch vuole stare
con i suoi e portarli con s, farli gi ora vivere qualcosa delleternit, dello stare per sempre con Lui
e Lui con loro (cf. Gv 17,24). Cristo vuole che i suoi possano partecipare attraverso di S al
banchetto eterno. Egli vuole gi ora celebrarlo per stabilire la piena intimit tra gli uomini e Dio.
59
I concetti sullEucaristia che seguiranno in questa sezione sono una rielaborazione delle riflessioni presenti nei testi di
Giorgio Mazzanti, (docente di sacramentaria presso la Pontificia universit urbaniana in Roma e presso la Facolt
teologica dellItalia centrale) pubblicati con EDB: I sacramenti simbolo e teologia. 1. Introduzione generale (1999); I
sacramenti simbolo e teologia. 2. Eucaristia, Battesimo e Confermazione (2000); Mistero pasquale. Mistero nuziale.
Meditazione teologica (2003); Teologia sponsale e sacramento delle nozze. Simbolo e simbolismo nuziale (2004).
79
Cristo, facendovi ritorno, vuole che i suoi siano l dove va: nella Vita del Padre. Egli vuol dare
ai suoi la pienezza di vita che non pu non essere che quella Trinitaria. Solo la comunione con Dio
pienezza di vita per luomo. La Cena manifesta e traduce il desiderio nuziale del Cristo di vivere
un momento estremo e supremo di intimit con i suoi apostoli. Egli desidera non solo stare con loro,
ma anche farsi presente in loro, essere in loro nella stessa maniera con la quale Egli nel Padre e il
Padre in Lui nel vincolo dello Spirito Santo. Cos come il Figlio vive nel e del Padre, cos vuole
che anchessi vivano di e in Lui.
Per questo ringrazia il Padre (ricordiamo che Eucaristia significa rendimento di grazie) per ci
che sta per compiere, per la possibilit che Gli data di potersi donare interamente agli uomini e
farli cos penetrare allinterno dellintimit che Egli vive con il Padre.
Non compie tale gesto da solo, ma chiama gli apostoli a prenderne parte. Questo perch luomo
pu partecipare alla vita eterna solo accogliendo il suo corpo e accettando che Egli lo serva: Se
non ti laver, non avrai parte con me (Gv 13,8)
Per vivere eternamente, luomo deve fare abitare Dio dentro di s e cenare con Lui (cf. Ap 3,20).
Per questo Cristo stabilisce la cena per luomo, perch Dio che vuole cenare con ognuno di noi.
Dio ha un solo desiderio: servire gli uomini in eterno durante il banchetto celeste, li far
mettere a tavola e passer a servirli (Lc 12,37). Ges vuole che i suoi, gi fin dora, vivano della
vita eterna, avendo la conoscenza del Padre, un contatto, un rapporto fisico, esperienziale, con
Lui. I soli esclusi dal banchetto saranno coloro che non si lasceranno servire da Lui.
Abbiamo riflettuto finora sulla unicit ed insuperabilit della concentrazione simbolica che
il Cristo ha compiuto nellEucaristia; necessario sottolineare che questa concentrazione simbolica
anche totalizzante: essa cio racchiude tutto il Cristo. Lultima cena il centro di tutta la vita
del Cristo. Lintero destino del Cristo si concentra e si racchiude nello svolgimento della sua cena.
Qui convergono la sua vita, la profondit del suo essere personale, la coscienza del gesto che
compie e, insieme, la sua prospettiva sul futuro.
Quando Cristo arriva alla cena non fa che portarvi la totalit delle sue scelte esistenziali. In
quella notte Cristo fa convergere i suoi atteggiamenti e le sue decisioni. Se nella cena sta con i suoi
e si dona totalmente nel pane e nel vino; se si fa loro servo perch cos ha fatto nella sua vita
pubblica.
in questo senso che lEucaristia ha una portata totalizzante perch il frammento che
racchiude il tutto del Cristo; il frammento che ha in s tutti i misteri del Cristo.
Innanzitutto contiene in S il mistero dellIncarnazione.
Nella cena, Cristo d il pane che il suo corpo, un corpo che egli aveva preso da Maria. Egli
aveva, infatti, preso un corpo umano per congiungersi allumanit. Ora nellEucaristia si congiunge
allumanit donando quel corpo che aveva ricevuto dalla Vergine Madre.
Nel gesto eucaristico Cristo riprende e compie, dunque, il suo essersi incarnato.
LEucaristia contiene, inoltre, sia il mistero della morte (il pane viene spezzato: Cristo nel
gesto eucaristico dona/consegna la propria morte) che il mistero della risurrezione (il rimando che
Ges fa al poter bere il vino nuovo nel regno del Padre).
La concentrazione simbolica operata da Cristo nellevento eucaristico non solo unica,
insuperabile e totalizzante, ma stata anche vissuta e proposta da Cristo in modo nuziale.
In quella notte, infatti, Cristo siede a mensa e si comporta con i suoi apostoli come lo Sposo
verso i suoi commensali che Egli stesso ha invitato quale sua sposa alla festa nuziale, deciso a
comunicarle la propria intimit e la propria vita.
Con lEucaristia Cristo si dona nella fisicit del pane e del vino alla comunit/sposa. Il Signore
Ges si mette a servizio della sua sposa donandole il proprio corpo di carne per divenire con lei
una sola carne (Gen 2,24).
nel pane dato e mangiato e nel vino offerto e consumato che si verifica il divenire una sola
carne tra Cristo che si dona e la Chiesa/comunit che Laccoglie.
Nel suo ultimo gesto e nella sua ultima parola Ges Cristo d tutto; Egli ora colui che
nulla tiene per s, neppure la propria intimit, neppure ci che ha di pi geloso, il suo essere
80
uguale a Dio (Gv 5,18; cf. Fil 2,6). In quellultima ora vuole travasare il divino nellumano. Egli
si fa pane e vino per luomo, fa il servo che lava i piedi alla sua sposa affinch essa si appropri della
sua vita divina.
Nella sua cena il Cristo pu finalmente dire e rivelare esplicitamente il suo amore folle. Solo in
questa occasione svela la sua intenzione pi vera: Egli desidera ardentemente (Lc 22,15) la piena
unione con la sua sposa. Linvito al banchetto invito allunione con Lui, a diventare una sola
carne con Lui.
Ci non comporta la confusione delle persone, la dissoluzione delle loro specifiche
caratteristiche, ma solo comunione. Dio e la sua creatura divengono uno, rimanendo distinti senza
essere separati. La distinzione viene mantenuta. Senza farsi distanza, essa diviene luogo e
occasione della festa, dellebbrezza, della gioia e della comunione.
Nella notte in cui fu tradito, rinnegato e abbandonato, il Signore Ges si comportato come lo
Sposo bramoso di donarsi e di essere accolto dalla sua sposa. Si fa mangiare da lei affinch solo
in Lui essa ritrovi vita e capacit di riamare. Si posto nel pane e nel vino per essere desiderato,
agognato perch in fin dei conti Lui che ha fame e sete delluomo. Egli lAmante che vuole
mangiare di baci la donna/umanit che ama e della quale prova una nostalgia infinita.
Dio da sempre desidera congiungersi con ciascun uomo e con tutti. Egli vuole, infatti, farci
partecipare del suo essere Uno non perch intenda realizzare una uniforme monotonia del reale,
ma perch vuole celebrare la varia e armonica festosit del tutto, di ogni uomo e di ogni cosa nel
tutto.
In questo modo, la sposa-umanit vivr la propria divinizzazione: divenendo sempre pi uno
con Dio. Senza fondersi in Lui vivr lestasi dellabbraccio amoroso con Dio e del condividere la
sua stessa vita. La sposa sar finalmente simile a lui in quella realt nuziale che lEucaristia
adombra e realizza allo stesso tempo.
Nella cena il Cristo anticipa anche il dono dello Spirito alla sposa (il mistero della Pentecoste;
altro mistero racchiuso nel frammento eucaristico). lo Spirito Santo lestasi nuziale, la Nuova
Alleanza, il vino nuovo.
Il Signore aveva operato il suo primo, ingiustificato, segno alle nozze di Cana con lintento di
far capire labbondanza dello Spirito che avrebbe donato senza misura per festeggiare le nozze
eterne con lumanit.
Allora che cos la vita di coppia? Qual il servizio che nel matrimonio reciprocamente ci si
dona? Essa senzaltro un incontro personale assolutamente libero; una relazione duale, dove
ogni persona, nel dono di s allaltra, realizza laltra e nel contempo anche se stessa. Nel momento
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81
in cui si compie laltro, anche a livello sessuale, nello stesso tempo ci si avvera. Pi ci si specifica
come uomo e come tale ci si dona alla propria donna pi si suscita la sua pienezza femminile di
donna, e viceversa.
Emerge qui uno dei supremi paradossi, proprio gi dellEucaristia: chi dona, di fatto un
mendicante. Chi dona, chiede laccoglienza che sola rende effettivo latto del donare. In una
relazione colui che dona sempre un mendico: mentre dona, chiede che venga accolto il dono per
sentirsi completato come colui che dona. Cos chi accoglie il dono completa e realizza il donatore.
Laccogliere laltra persona nel suo atto di dono significa realizzarla proprio mentre questa si
effonde e si riversa nel cuore altrui.
Anche il Cristo che offre il pane e il vino ne chiede laccoglienza ai suoi commensali: senza il
loro consenso accogliente non ci sarebbe mai stata lEucaristia. Cristo, infatti, si d nel pane e nel
vino per farsi totalmente intimo a colui che Laccoglie e per poter permanere in lui. E colui che
accoglie il pane/Cristo Lo accoglie con la totalit di s: con la fede, con le mani, con la bocca e con
il cuore. con la totalit che Cristo si dona ed con la totalit di noi stessi che Lo accogliamo.
LEucaristia in grado anche di svelare alla coppia qual il senso di questa dinamica di donoaccoglienza. LEucaristia mostra che chi accoglie Cristo diventa Cristo. Si trasforma in colui che
riceve.
SantAgostino diceva: mentre mangi il cibo normale, sei tu che assimili e trasformi il pane in
te, ma nellEucaristia il pane ricevuto che ti trasforma in S61. Questo perch Colui che ci ama e
che si dona in quel pane vuole che il suo essere, il suo vissuto, diventi nostro.
NellEucaristia, quindi, Colui che si riceve che ci trasforma in Lui. Diventiamo Colui che
riceviamo e Lui diventa parte di noi.
Tutto ci avviene anche nel rapporto e nella relazione nuziale. Nella logica nuziale si vuole
talmente bene allaltro che si vive una vera estasi, unautentica uscita da s; si vuole proprio stare ed
essere nellaltro. Laltro, se ci accoglie, ci realizza; ma alla fin fine realizza anche se stesso perch
vive anchegli la sua estasi da s per accoglierci ed essere in noi.
Si ama, dunque, perch si vuole essere fino in fondo se stessi e si vuole realizzare laltra
persona. Si pienamente se stessi, si sta dentro di s (en-stasi), solo quando si sta fuori di s (ekstasi). Solo quando si totalmente donati si pienamente se stessi. Questo passaggio dallekstasi
allenstasi avviene attraverso una forma di morte/svuotamento (kenosi). Non possibile un dono
senza distaccarsi da se stessi.
Come nella Vita Trinitaria il Padre genera il Figlio vivendo uno svuotamento di S nel dono di
S al Figlio, cos non esiste dono tra coniugi se non si accetta di superare anche se stessi. Quando
muori in favore dellaltro proprio il tuo uscire da te che fonda, costituisce laltra persona. Infatti
non vero che si prende coscienza riflettendo su di s. Per quanto tu con i propri occhi ci si guarda
non ci si vedr mai fino in fondo. Si capisce chi si , solo quando si entra in relazione con unaltra
persona.
Laltro il tuo sguardo. Come da bambini abbiamo preso coscienza di noi negli occhi dei
nostri genitori cos lo sguardo dellaltro su di noi che ci permette di percepire la nostra profonda
identit.
Lamore nuziale non pu che nascere da una profonda macerazione di se stessi da parte dei
coniugi; macerazione che sola permette unautentica consegna di s. Senza una morte non c
amore.
Amore e morte paiono esigersi a vicenda. Lamore implica infatti la dedizione totale di s.
Lamore implica il dono come abbandono: dono di s affidato allaltro. Risiede qui la segreta
profezia del Cantico dei Cantici. Il Cantico sa che lamore forte come la morte (cf. Ct 8,6); sa che
non solo inesorabile come la morte, ma che lamore implica latto del morire.
Levento dellamore un evento sconvolgente, tanto che esige e comporta la morte di s; e
questo in pi modi. Chi ama non pu obbligare la persona amata a corrispondergli. Lamore non si
61
82
programma, n si forza. Nello stesso tempo occorre attraversare anche un deserto di solitudine: c
una solitudine ontologica (la singolarit di ciascuno) anche nelle persone che si amano, che va
attraversata, accolta e custodita. Ci significa che nessuno pu colmare compiutamente laltro;
pensarlo sarebbe dar prova di delirio di onnipotenza. Solo Dio, infatti, la pienezza del cuore
umano.
Va ancora sottolineato che si ama perch si decide di amare. Amare decidersi per
qualcuno. Se uno ama laltro perch lo merita, allora vuol dire che non lo ama. Se si ama perch
laltro bello, intelligente, perch con lui mi trovo bene, in realt si sta amando lintelligenza, il
trovarsi bene, ma non la persona. Se laltro lo merita, gli si dona il dovuto; ma lamore non il
dovuto, lamore il gratuito.
La ragione intima dellamore sta nel soggetto amante. Mentre si ama laltro in un certo senso si
nega noi stessi. Nel senso che non sei la misura dellaltro, non si ama laltro perch diventi come
noi; quando ci si supera perch si sente che si vuole un altro veramente distinto da noi, diverso da
noi, non lo vogliamo uguale a noi. Questo in fondo il mistero trinitario: volere pienamente lAltra
Persona.
Del resto, solo la distinzione di noi dallaltro, quando questi non uguale a noi, diventa
ricchezza per entrambi. Cos si custodisce gelosamente la diversit dellaltro, senza per questo
soffrirne. Ci vuol dire che una vera sposa non sente lombra del coniuge, non sente che le doti e le
qualit del marito sono una minaccia per la propria personalit e viceversa.
7. Le nozze sono per loro e per tutti
Sia nellEucaristia che nelle nozze umane si compie un momento unitivo dove ci si concede
allaltro nella totalit del proprio essere, corpo compreso, perch ne viva.
Il corpo che si d non un pezzo di s, ma se stessi. questo il servizio che si pone e si
vuole nellofferta della propria carne allaltro: il dono di s affinch si realizzi la propria e laltrui
specificit.
Chi ama vuole la verit realizzata dellamato; non lo fagocita. In tale dono due esseri non si
fondono ma fondano la loro unione; realizzano il costruire insieme lunit personale restando se
stessi, quellessere uno, una carne, restando relazione.
Gli sposi si incontrano ed esprimono il loro reciproco amore nella propria corporeit. Essa
allora, come gi emerge nella prospettiva creazionale espressa nel libro della Genesi, stata pensata
e voluta come realt personale e perci positiva, buona e anche molto buona (Gen 1,31).
Chi ama chiamato a percepire la bont costitutiva del suo proprio essere. Un disagio verso di
s, una svalutazione o un giudizio negativo su di s bloccano e feriscono il dono. Non questione di
esaltazione ma di umile riconoscimento della fondamentale bont di se stessi, contemplata nella
luce dellatto creatore di Dio. Solo laccoglienza cordiale di s predispone al dono di s allaltra
persona, chiamata a vivere un medesimo percorso. Sapendosi donati ci si mette in dono.
Tutto ci fa s che le due persone si incontrino nella profondit del proprio essere. Due sposi si
possono veramente incontrare alla radice del loro essere e nellintimit pi vera che dei corpi e
contemporaneamente del cuore quando espressa nelle parole, quando ci si parla a cuore aperto.
In ragione di ci tale dono dei corpi non pu non coinvolgere la totalit dellambiente e del
tempo in cui la persona vive.
Lamore si fa ed storia perch la relazione personale si stende e si configura nella successione
temporale. Per cui esso assume in s il tempo. Un amore vero non avulso dal reale concreto, fatto
di spazio e tempo, di relazioni e di tradizioni. Lambiente e la storia sono fatti anche dalla presenza
delle persone che li abitano: sono anche comunit e tradizione umana. Un amore che si isola o si
astrae tradisce e perde se stesso. Per cui un autentico amore nuziale si apre in qualche modo al
sociale, si mette a servizio delle persone con le quali vive ed entra in relazione. Un amore
intimistico soffoca e falsa se stesso.
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Lamore sponsale, come lEucaristia, per voi e per tutti. per tutti proprio a partire dal
per voi. Il servizio allora a cui sono chiamati gli sposi reciproco e contemporaneamente
rivolto a tutti quelli del loro ambiente di vita e consiste, prima ancora di fare cose concrete, nel
mettersi a disposizione di un amore oggettivo percependo consapevolmente che c qualche cosa di
pi grande per la quale loro due hanno deciso di sposarsi.
Gli sposi cristiani non possono non guardare al Signore Ges che con lEucaristia ci ha svelato
che abbiamo un corpo per amare: abbiamo un corpo per essere dato.
Cristo nella Sua Cena ci ha mostrato qual il profondo significato del sacrificarsi per amore.
Egli, infatti, ha amato i suoi fino alla fine (Gv 13,1).
Senza dubbio agli sposi dovrebbe risultare pi facile intuire la dinamica del corpo donato
come lespressione massima, anche se segreta e nascosta, della vita e cio che nel donare il corpo,
nel servire laltro, la vita si esalta. Questo perch nella vita di coppia la stessa logica eucaristica
vissuta dal Cristo presente 24 ore al giorno. Lesperienza coniugale rende consapevoli che in ogni
gesto feriale come possibile una consunzione frustrante nei sacrifici richiesti, cos
indispensabile, se si vuole il bene del coniuge, anticipare il sacrificio, trasformando linevitabile
fatica del vivere quotidiano in un volontario servizio.
Adesso l'amore diventa cura dell'altro e per l'altro. Non cerca pi se stesso, l'immersione
nell'ebbrezza della felicit; cerca invece il bene dell'amato: diventa rinuncia, pronto al sacrificio,
62
anzi lo cerca .
Si scopre che si pu mettere amore nel sacrificio che si fa, che possibile sacrificarsi per amore
e cos far crescere il rapporto di coppia.
Nellamore, infatti, si cresce sempre, si procede continuamente. La pienezza damore la si
costruisce e risulta sempre nuova. Lunit tra coniugi progressiva, ha di fronte a s unintesa
sempre pi profonda, una comunione sempre pi intima.
Proprio donando la fatica di un gesto ripetitivo e ordinario si cresce nellamore; ci possibile
mostrare quanto vogliamo amare il nostro coniuge, cosa desideriamo per lui.
Lamore che si prova verso il coniuge ci spinge a desiderare il massimo di felicit per lui, il
massimo bene; ma il bene massimo, il Sommo Bene Dio. Ci che si desidera per il nostro sposo
o per la nostra sposa, anche se non ne siamo sempre coscienti, Dio. Per questo donarsi e servire
nel vissuto coniugale un introdursi reciprocamente nella relazione con Dio.
Gli sposi tramite il reciproco dono dei corpi, vivono, ovviamente in modo mediato, proprio il
segreto presente nel gesto eucaristico del Cristo e cio lessere messi in grado di conoscere e
partecipare alla gioia di Dio di servire gratuitamente.
Per questo motivo dovremmo rendere grazie a Dio Padre, perch Egli non solo ha voluto nello
Spirito farsi conoscere agli uomini attraverso il dono del corpo del Verbo, ma anche attraverso il
dono ed il servizio reciproco di ogni coppia di sposi.
8. Lessenza del servire cristiano
In questultima parte, si tenter di chiarire il significato del servizio cristiano e di conseguenza
come servire le persone che stiamo evangelizzando
Sul come servire, la Sacra Scrittura offre indicazioni precise: i fratelli si devono servire
amorevolmente in maniera molto concreta: Figlioli, non amiamo a parole n con la lingua, ma
con i fatti (1Gv 3,18).
La prima cosa quando si serve avere attenzione della persona che abbiamo davanti e solo
successivamente, come conseguenza, la nostra preoccupazione sar rivolta a ci che possiamo dare
o al servizio che utile prestare.
62
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Esistono molte associazioni benefiche concentrate nella lotta alla fame e alle malattie, altre ben
organizzate per lefficacia dei soccorsi nelle situazioni di emergenza umanitaria. Sono tutte cose
buonissime ovviamente, ma il Signore Ges ci chiede di amare il fratello prima di aiutarlo perch
solo cos il nostro gesto sar segno di salvezza per noi e per lui oltre che un sollievo materiale.
Il Signore Ges ci ha detto: Amatevi come io vi ho amato (Gv 13,34).
Per servire il fratello, lo si deve amare per amore e con lamore di Ges. Non si tratta di buoni
sentimenti, di affetto, ma di radicalit divina: come Ges ha amato ciascuno di noi sino alla fine
(Gv 13,1), cos Egli ci invita ad amare il nostro fratello fino a donargli tutto di noi stessi, se
necessario, con la forza dello Spirito Santo.
Ben presto si scopre che il servizio che si compie per il Suo amore, e che nasce solo da un cuore
pieno di Dio, lunico che risana integralmente ci che umano. Inoltre se agli occhi di chi si
preoccupa dellefficienza del servizio pu non sembrare, proprio servendo per amore di Dio che il
nostro operare in favore degli altri non si trasforma mai in un vago sentimento, ma si mantiene
efficace ed attento ai reali e pi profondi bisogni delle persone.
In primis il servizio cristiano vuole far sperimentare al fratello il calore di una presenza che lo
tolga dalla sensazione di essere solo, ricurvo sui suoi problemi, sulle sue croci; una presenza con cui
condividere se stessi senza la paura di venir giudicato, disprezzato, non stimato; una presenza che
non strumentalizzi per soddisfare i propri bisogni o raggiungere i propri obiettivi, ma che sappia
riaccendere nel cuore la speranza.
Raccontava la Beata Madre Teresa di Calcutta:
Noi abbiamo della case in Australia. Saprete certamente che molti aborigeni di quel paese vivono in
infime condizioni. Quando giungemmo tra loro, per aiutarli, trovammo un vecchio che viveva in
condizioni pessime. Mi recai da lui, e per avviare la conversazione gli dissi: Per favore, lasci che io
le pulisca la camera e le rifaccia il letto. Rispose brusco: Sto bene cos. Gli dissi Star meglio
con la casa pulita. Alla fine acconsent. Quando entrai in camera sua (la chiamo camera, ma non
pareva affatto tale), notai che aveva una lampada: una bellissima lampada ricoperta di sporcizia e di
polvere. Gli chiesi: E la lampada, non laccende mai?. Mi disse: Per chi? A casa mia non viene
nessuno. Trascorro i giorni senza vedere un volto umano. Non ho bisogno di accendere la lampada.
Gli chiesi: Se venissero a trovarla le Sorelle, sarebbe disposto ad accendere la lampada per loro?.
Mi rispose: Naturalmente!. Le Sorelle presero labitudine di andare a trovarlo allimbrunire. E lui
cominci cos ad accendere la lampada per loro, a mantenerla pulita e a riordinare anche la camera.
Visse ancora pi di due anni. Un giorno, diede un messaggio per me alle Sorelle: Dite alla mia
amica che la luce che ha acceso nella mia vita, risplende ancora. Era stata una minima cosa. Ma
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in quella solitudine oscura, una luce si accese e continu a risplendere .
Servire nellamore del Signore in maniera attenta, semplice e gratuita il fratello che stiamo
evangelizzando ci che, in un certo senso, lo costringe a cambiare. Si serve il fratello non con
lansia per la sua conversione, ma solo per offrirgli la possibilit di sperimentare la buona notizia
che c Qualcuno che lo ama cosi com.
Essere servito cos significa incontrare lamore di Dio in atto per lui. Questesperienza non lo
lascia pi come prima; cambiato qualcosa nella sua vita: la sete del Signore Ges di amarlo, grazie
al nostro servizio, lo ha raggiunto.
Ora spetta a lui decidere cosa fare, ma non sarebbe mai stato costretto a dover fare una scelta se
non fosse stato toccato dalla larghezza, dalla lunghezza, dallaltezza e dalla profondit dellamore di
Dio (cf. Ef 3,17).
9. Quando servire?
A questa domanda, distinto verrebbe da rispondere: sempre! Giustamente servire uno stile di
vita e non unattivit tra le altre. Se ci poniamo il quesito perch anche se noi ci disponiamo a
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MADRE TERESA DI CALCUTTA, Saremo giudicati sullamore, Citt Nuova, Roma 1988, 14-15.
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servire in ogni momento il fratello da evangelizzare, egli in realt accetta di essere aiutato solo in
alcune particolari situazioni. Se tutto a posto e non ha bisogno di nulla questo fratello potrebbe
addirittura infastidirsi della nostra disponibilit ad aiutarlo. Avere un cuore di servitore comporta
quindi la capacit e la sensibilit umana di farsi a lui prossimo proprio nei suoi momenti di bisogno.
Ges andava attorno per tutte le citt e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando
il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermit. Vedendo le folle ne sent compassione,
perch erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. (Mt 9,35-36). Ges passando
osservava, si accorgeva e provava compassione per i reali bisogni (anche quelli nascosti) delle
persone e li sanava.
In una societ dove rara la sensibilit di comprendere le vere piaghe degli altri, chi
evangelizza, e per questo motivo continuamente prega, dovrebbe distinguersi come una persona che
ha affinato la capacit di trovare qual la ferita che sanguina nel cuore del fratello. Questo non per
fare pettegolezzi ovviamente, bens per dare una mano, se possibile, a chiudere questa ferita, e se
non materialmente possibile almeno per con-patire sinceramente.
La maggior parte delle persone per diverse motivazioni (per vergogna o perch vuole
inconsciamente rimuovere, per rassegnazione o per pessimismo ecc.) non solo non chiede soccorso,
ma neppure manifesta tanto facilmente le vere sofferenze che prova.
Per questo motivo, non basta chiedere al fratello che cosa lo fa star male stando seduti davanti
ad un caff, ma necessario darsi il tempo per avvicinarlo con amore. La persona, se non
percepisce alcun giudizio e se far esperienza di un cuore misericordioso e umile, sapr aprirsi, per
raccontare oppure per dare segnali a riguardo di ci che lo sta affliggendo. Un cristiano che giudica
non ha compreso fino in fondo la sua stessa miseria, la sua incapacit ad amare e quindi la bellezza
dellamore di Dio che gratuitamente ci permette di riuscire a donare, e ci d la forza di camminare
sulla sua strada nonostante le difficolt. Denota invece un cuore orgoglioso intento solamente a
mostrare la propria bravura o forza di volont in grado di essere al di sopra del fratello che si vuole
servire, e lincapacit di comprendere che nessun uomo in grado di dare un giudizio veritiero
sullaltro perch manca di una cognizione completa di tutto ci che ha impedito a lui di esercitare in
modo pieno la propria libert.
A questo proposito appare significativo e illuminante ricordare il primo miracolo dellapostolo
Pietro dopo la Pentecoste. Ad un storpio che gli chiedeva semplicemente lelemosina risponde:
Non possiedo n argento n oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Ges Cristo, il Nazareno,
cammina! (At 3,6). Pietro come ogni vero cristiano si riconosce povero per aiutare il fratello solo
con le proprie risorse e sa che lunico modo per prestargli soccorso affidarlo a Ges, donargli la
possibilit di sperimentare la sua potenza.
Solo quando dentro di noi arde il fuoco damore del Signore, si trova la forza per avvicinarsi ad
una persona, per servirla senza pretendere nulla in cambio, con lunica intenzione di sussurrarle
delicatamente: tu sei prezioso agli occhi di Dio ed io ti voglio bene nel nome di Ges. Solo Lui
capace di presentarti il tratto di strada che ti rimane, lungo o breve che sia, come unoccasione
straordinaria di rinascere64.
Infine, non si deve dimenticare che servendo, noi realizziamo in pieno la somiglianza con Dio e
quindi, pur nelle difficolt e sofferenze che talvolta il dono di noi stessi pu comportare, possiamo
sperimentare in parte gi da ora quella gioia che vivremo in pieno in cielo nellabbraccio amoroso
della Trinit.
64
86
Nei versetti 1-3 quali sono le quattro cose che Ges sapeva?
2.
3.
4.
5.
Elenca tre persone che avrebbero bisogno della lavanda dei piedi. Cosa potresti fare per
loro che abbia la funzione della lavanda dei piedi ?
6.
87
Quali sono le caratteristiche dei governanti e dei grandi uomini di questo mondo?
2.
In quale modo, secondo quanto afferma Ges, una persona diventa grande?
3.
4.
5.
88
Basandoti su ci che conosci dellambiente circostante, pensa a una persona che in particolare
lontana dalla Chiesa e chiediti: quali sono le cose che potrei fare per coinvolgerla?
65
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CAPITOLO VI
LA FAMIGLIA EVANGELIZZA CON LA CONDIVISIONE DELLA PROPRIA
ESPERIENZA DI FEDE
Nel precedente capitolo abbiamo parlato dellimmagine della rete che raffigura la concreta
scansione da seguire per attuare il processo di evangelizzazione personalizzata.
Personalizzata perch il comando del Signore Ges di evangelizzare tutte le nazioni (Mt
28,19) va coniugato sempre in evangelizzare singolarmente ogni creatura (Mc 16,15).
Il Signore il Buon Pastore che va alla ricerca di ogni singola pecora, perch con ciascuna
persona che Egli vuole vivere un incontro unitivo. Egli bussa alla mia porta e quando Gli apro
Egli entra nella mia vita come lo Sposo pi bello. Se ora io ascolto la sua voce, allora conosco il suo
desiderio ardente di abbracciare anche quella persona del mio ambiente di vita che in questo
momento si perduta.
Processo perch mettere in atto il vangelo una continua evoluzione interiore ed esteriore
non solo per chi viene evangelizzato, ma anche per chi evangelizza. un cambiamento che ha un
suo inizio (il momento in cui una persona inizia a pregare per la conversione di unaltra), ma non si
pu dire che abbia un termine. Infatti, anche quando viene raggiunto, grazie allazione dello Spirito,
lo straordinario obiettivo di trasformare in evangelizzatore colui che prima era una persona non
credente, il Signore Ges non smette mai di chiamare ad ulteriore conversione. La proposta di
lasciarci amare da Lui e di amare ogni uomo con il suo amore ha confini talmente dilatati da essere
infiniti.
1. Dal servizio alla condivisione della fede
Se la prima cosa da fare servire il fratello nel nome di Ges, il passaggio seguente
condividere a questo stesso fratello la nostra, magari piccola per reale, esperienza di fede
imparando cos ad annunciargli esplicitamente il nome di Ges (Jeshua, significa Dio salva).
Va nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ci che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti
ha usato (Mc 5,19). Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perch
anche voi siate in comunione con noi (1Gv 1,3).
Levangelizzatore sa che Ges la Verit, e la persona a cui egli si rivolge ha il diritto di
conoscere la Verit per abbracciarla e impostare su di essa la propria vita. Per la fiducia ottenuta,
grazie al servizio che chi evangelizza ha fatto e continua a fare, la persona diventata pi ricettiva
ed aperta; e il servizio disinteressato ha suscitato in lei la domanda: Perch tu sei cos, perch mi
vuoi cos bene? Non si deve rispondere con il catechismo in mano, n si deve indicare subito a
questa persona un sacerdote da consultare, bens si deve rispondere condividendo quel poco di
Ges che si incontrato.
Si tratta di testimoniare Ges amorevolmente e con sincerit. la testimonianza della propria
vita, del cambiamento del proprio cuore, di un modo diverso di vedere le cose, le persone, le
relazioni, il valore stesso della vita. Si testimonia ci che Ges ha compiuto nella propria vita o nel
proprio matrimonio, affinch anche questa persona incontri il Signore. Si annuncia la propria vita
nuova con lo scopo di aiutare altri a giungere a conoscere personalmente Colui che fa
continuamente nuove tutte le cose.
Quando si fatta un'esperienza viva di Ges Risorto che ha cambiato la propria vita, non si pu
tacere ci che si visto, ci che si capito, la gioia che ci stata donata. Perch evangelizzare, lo
ribadiamo, non convincere, bens coinvolgere altri nella stessa esperienza di salvezza che viene
dallincontro con il Signore Ges.
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunci che annuncia la pace,
messaggero di bene che annuncia la salvezza (Is 52,7).
90
Accanto alla proclamazione fatta in forma generale del vangelo, laltra forma della sua
trasmissione, da persona a persona, resta valida ed importante. Il Signore lha spesso praticata
come ad esempio attestano le conversazioni con Nicodemo, Zaccheo, la Samaritana, Simone il
fariseo e con altri ed anche gli Apostoli. C forse in fondo una forma diversa di esporre il vangelo,
che trasmettere ad altri la propria esperienza di fede? Non dovrebbe accadere che lurgenza di
annunziare la buona novella a masse di uomini facesse dimenticare questa forma di annuncio
mediante la quale la coscienza personale di un uomo raggiunta, toccata da una parola del tutto
straordinaria che egli riceve da un altro66.
Pronunciare il nome di Ges, non vergognandosi di palesare lintima commozione che questo
nome provoca nel nostro animo, lapice del servizio che possiamo fare a questo nostro fratello che
appartiene al nostro ambiente di vita. Fino ad ora lo abbiamo servito concretamente e continueremo
ancora a farlo. Siamo andati al cuore della sua sofferenza per lenirla con lo stesso amore e con la
stessa compassione del Signore che in noi agisce grazie allo Spirito Santo, ma dobbiamo ricordare
che anche la pi bella testimonianza si riveler a lungo impotente, se non illuminata, giustificata,
esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Ges67.
Chiss quante volte egli ha sentito il nome Ges! Siamo sicuri che lo abbia ascoltato almeno
una volta dalle labbra di un suo amico o familiare che gli si avvicinato con umilt dopo averlo
servito o perdonato? Purtroppo, diamo troppo spesso per scontato che chi vive in una situazione che
magari platealmente opposta alla fede e alla morale cristiana labbia assunta consapevolmente
dopo aver anche ben ponderato la via che il Signore Ges gli offriva. Dimentichiamo di
domandarci: almeno un cristiano gliela ha fatta intravedere concretamente?.
La vera libert di scelta possibile solo quando si intuisce in che cosa consista lalternativa.
veramente libera di scegliere cosa fare, per esempio, una donna lasciata sola da tutti quando ha una
gravidanza indesiderata?
Certo, ci sono anche persone che deliberatamente e pienamente coscienti scelgono di odiare o
ignorare Dio. In verit la maggior parte di coloro che oggi sono lontani da Lui lo sono solamente
perch non Lo hanno ancora veramente conosciuto. Se tu conoscessi il dono di Dio (Gv 4,10).
La controprova per sapere se veramente vivere senza Dio la loro scelta reale consiste proprio
nel fatto che prima devono poter vedere un miracolo: il nostro! Si tratta del miracolo che lo Spirito
ci aiuta a compiere quando ci inginocchiamo a pregare per loro, ci pieghiamo a servirli con umilt,
li amiamo con lamore di Ges.
Talvolta comodo per quanti partecipano alla messa domenicale ritenere che sono ingrati coloro
che non vanno, dato che non accolgono il grande dono che Dio fa anche a loro, perch in questo
modo esaltiamo ancora pi positivamente la nostra fedelt. Anche se reciteremo nei loro confronti
gentilezza e tolleranza, coltivare queste considerazioni ci render come il fariseo che entra nel
tempio per pregare, ma che torna fuori con un peccato in pi per aver nel suo animo condannato il
pubblicano (cf. Lc 18,9-14). Significa inoltre non aver compreso appieno il significato dellessere
cristiani, il senso della nostra vita: lasciarci amare per amare, lasciare che lunione, lamore che
viviamo con Dio faccia il suo corso e si espanda verso gli altri coinvolgendoli in questa nostra
relazione con il nostro Creatore e Salvatore.
2. La condivisione della propria esperienza di fede alla luce della nuzialit
Volgiamo di nuovo lo sguardo alla forma di amore umano pi coinvolgente e forte, allamore tra
luomo e la donna: chi durante la fase dellinnamoramento e del fidanzamento non prova un
desiderio fortissimo di annunciare questo sentimento cos intenso per laltra persona? Chi in questo
momento riesce a contenere e a non far traboccare la gioia di questo avvenimento? La coppia inoltre
genera i figli grazie al proprio amore, come se lunione non potesse cristallizzarsi nella vita a due,
66
67
91
ma volesse sbocciare in un altro essere come frutto e dono dellamore che intercorre tra la coppia,
come se la forza e la bellezza della relazione non potesse essere contenuta, trattenuta allinterno dei
due che la vivono, ma dovesse prendere corpo in nuova creatura che va a partecipare dellamore che
la mamma ha per il pap e viceversa. E i figli quale gioia pi grande possono desiderare se non
essere abbracciati da quellamore che unisce i suoi genitori?
Di nuovo la nuzialit ci fa intravedere come lamore sempre e solo un dono di cui noi siamo
solo canali, che se lasciati ostruire diventano bacini dacqua stagnante: se non continuiamo a vivere
la nostra relazione con Cristo e nello stesso tempo a stringere in questo abbraccio amoroso anche
altri nostri fratelli o figli nella fede resteremo con il passare del tempo solo con i nostri bisogni,
problemi, vuoti e questo consegneremo a chi ci circonda.
Noi cristiani trascuriamo troppo spesso il fatto che laver conosciuto il Signore un dono che
abbiamo ricevuto. Se ora siamo nella gioia, perch sentiamo che il Signore Ges sta con noi, non
un nostro merito. frutto della preghiera e della vicinanza della comunit cristiana che ci ha
generati alla fede. La fede, infati, si pu riceverla solo grazie agli altri, viverla assieme ad altri e
accrescerla donandola ad altri.
Cristo ha dato la vita ai suoi pur di costituirli quale comunit orante proprio perch la
comunit riunita nel suo nome il luogo teologico per accogliere lo Spirito, che solo suscita la fede
in Dio Padre, e per farLo conoscere alle altre pecore che non sono di questo ovile (Gv 10,16).
Per farLo conoscere agli altri pu esistere un percorso completamente diverso da quello che la
comunit cristiana ha tracciato per noi, e che ci ha accompagnato fino al nostro personale
affidamento al Signore? Esiste qualcuno di noi che ora vive pienamente inserito nella Chiesa che
non abbia mai sentito in maniera forte nemmeno una volta la vicinanza del Signore Ges?
impossibile! Se ora noi siamo fra coloro che hanno deciso di mettere Dio al primo posto nella nostra
vita perch ci stata donata la possibilit di assaggiare la dolcezza del suo amore nella Chiesa.
Con troppa facilit noi cristiani ci discolpiamo della diminuzione della fede, soprattutto tra le
giovani generazioni, attribuendo ogni responsabilit al clima culturale nel quale viviamo o alla
televisione cattiva maestra.
Se in una parrocchia vi sono sempre meno persone che partecipano alla messa domenicale, se i
gruppi battono la fiacca, se non si vedono da anni pi conversioni, possibile che sia sempre e solo
colpa della TV?
Certo, proviamo tutti grande sconforto e sentimenti di impotenza nel constatare che tantissimi di
coloro che sgomitano per apparire in televisione utilizzano ogni arguzia dialettica ed ogni tipo di
seduzione pur di capovolgere la distinzione tra ci che il bene per luomo e ci che invece un
male per lui. Questo per non porta alla conclusione che i non credenti (o non praticanti) siano, o
vogliano essere, esattamente come costoro.
Si deve fare attenzione: non bisogna cadere nel tranello di pensare la televisione come uno
specchio fedele della societ! Anche se la televisione omette e non d rilevanza, alle inquietudini e
alle ricerche esistenziali ben radicate in ogni uomo e riconducibili al suo innato senso religioso, non
pu farle scomparire dalla nostra societ. Non si pu affermare, infatti, che le coscienze dei
cosiddetti lontani siano talmente influenzate da questa mentalit materialista ed edonista da
disperare in una loro possibile ricezione delle frequenze utilizzate da Dio per raggiungerli.
troppo facile dar la colpa alla televisione per il regresso a tutti i livelli della fede nella nostra
societ. Se tantissimi non credono, non praticano oppure praticano per pura consuetudine non solo
per colpa della TV o degli altri media, ma dipende soprattutto dal fatto che mai nessuno propone
loro in maniera significativa unesperienza dellamore di Dio.
S, nuovamente possibile rievangelizzare un territorio parrocchiale (e molte sono le conferme)
anche quando la situazione di partenza estremamente preoccupante sia numericamente che come
qualit di adesione dei parrocchiani. Anche oggi lo Spirito pu trasformare una parrocchia in una
grande famiglia costituita da tantissimi cenacoli ardenti damore e di gioia, anche se non vi dubbio
92
che i praticanti domenicali facciano parte integrale di quel pubblico televisivo per il quale,
seguendo il suo cosiddetto gusto, vengono confezionati gli attuali programmi.68
3. Annunciare Ges proselitismo?
Troppi cristiani alzano bandiera bianca e non si impegnano per far conoscere il Signore perch
si sentono piccoli di fronte allo sbarramento di fuoco dei mass-media. Si ritengono, perci,
soddisfatti del risultato di conservare la fede. Cos, sovente, capita che allatto pratico rimangano
fermi ed intimoriti, anche di fronte alle persone del loro ambiente di vita che esibiscono certezze,
apparentemente granitiche, sul fatto che non hanno per nulla bisogno di Ges.
Si allineano sulle posizioni di una fede vissuta privatamente sulle quali gli oppositori espliciti
del cristianesimo vogliono che i cristiani stiano: Chi me lo fa fare di sobbarcarmi la fatica e la
figuraccia di andare a parlare di Ges a quel mio collega, quando lui ha gi maturato la sua idea? Ci
rispettiamo di pi se ognuno rimane dove sta! Solo un miracolo potrebbe avvicinarlo a Dio!.
Ragionare in questo modo, doloroso dirlo, una grave colpa perch rinnegare lidentit
donataci di essere i discepoli chiamati a far sperimentare a coloro che vivono a nostro stretto
contatto lamore del Signore Ges.
Le roventi polemiche contro la Chiesa o le precomprensioni su Dio, continuamente alimentate
dai prodotti mass-mediatici di stampo fortemente anti-religioso, non devono intimorirci al punto da
delegare unicamente ai preti il compito di dire agli altri cosa ha fatto il Signore per noi.
Proprio perch il mio parente considera Dio alla stregua di una fumosa astrattezza o di una
superstizione che produce divisioni di casta tra eletti ed impuri, tra fedeli da premiare ed infedeli da
castigare, io sono obbligato, mantenendo sempre un atteggiamento di profonda umilt, a svelargli,
tramite i miei gesti e le mie parole, quanto grande lamore che il Signore ha portato nella mia vita.
In un certo senso, quando le persone del nostro ambiente di vita ci provocano definendoci
baciapile o dicendoci che hanno deciso di non mettersi in ascolto di un Dio inesistente, o che se
qualcosa c, di certo la Chiesa la meno indicata per parlarne, lamara considerazione che
purtroppo nessun cristiano e nessuna comunit ha fatto esistere Dio come Amore nella loro vita.
Chi, infatti, stato finora loro vicino ed era in grado per esperienza diretta di svelare che Dio
Amore, aveva legato il proprio cuore e cucito la propria bocca con eccessivi fili di infondate
68
A tal proposito utile osservare da vicino il meccanismo, apparentemente senza soluzione, che porta a far s che la
televisione inevitabilmente oscuri quellanelito spirituale che germinalmente presente in ogni persona.
Essa non ovviamente uno strumento diabolico. invece in tutto e per tutto uno strumento umano che ha per delle
interne ragioni che la portano complessivamente a remare contro la presenza di Dio nella citt degli uomini.
Non si tratta, infatti, solo di una maggiore o minore presenza militante di coloro che tentano, per proprie convinzioni
ideologiche, di influire, attraverso ogni genere di prodotto mass-mediatico, per modificare la realt in senso ateo e
agnostico.
Il fatto che coloro che investono denaro nella TV (direttamente, come proprietari, oppure come imprenditori che
vogliono, tramite la pubblicit, far conoscere i loro prodotti) perseguono un unico obiettivo: quello del profitto
economico. In loro non c la preoccupazione di fare programmi televisivi con risvolti educativi o che siano stimolanti
culturalmente e spiritualmente, piuttosto prevale lansia di conquistare a tutti i costi laudience.
Coloro che fanno televisione sono, dunque, dei professionisti nellutilizzare la modalit pi semplice e diretta che esista
per attirare lattenzione del cliente e cio colpirlo nelle sue debolezze (legoismo che cerca sempre complici deferenti;
la cupidigia; la vanagloria; la pulsione sessuale; la curiosit; il disimpegno; la volgarit ecc.).
Tutto ci che invece alimenta laspetto spirituale (conoscenza, riflessione, ascolto di ci che compie Dio nella vita degli
uomini) viene volutamente anestetizzato: la spiritualit indubbiamente una nemica del sistema di vendita! Soprattutto
quando esso vuol far comperare cose inutili o vere e proprie gratificazioni egoistiche. Luomo spirituale luomo che
viene liberato dalle lusinghe del peccato e assume perci la virt di relativizzare le cose diventando cos un
consumatore difficile secondo i canoni del moderno mercato.
Sono perci meccanismi di vendita commerciale portati allesasperazione il motivo di una presenza televisiva che, non
solo non fa emergere i semi di vangelo gi presenti nella societ, ma anche svuota dei pi nobili sentimenti lanimo
delle persone, divenendo perci oggettivamente di ostacolo per il recepimento del messaggio evangelico.
93
preoccupazioni: meglio che non gli dica nulla; bisogna rispettare le convinzioni altrui; roba da
fanatici manifestare la propria fede.
Se non siamo noi a rendere realmente presente, con il nostro servizio, nella loro vita il Dio che
Amore, se non li coinvolgiamo nella salvezza che Ges pu dare condividendo loro la nostra
personale esperienza di fede in Lui, chi mai lo far? Il prossimo parroco, perch magari quello che
abbiamo ora non va bene?
Se facciamo prevalere laspirazione ad essere accettati dallintellighenzia del politicamente
corretto e per questo motivo ce ne stiamo zitti-zitti per rispetto della coscienza e della privacy
altrui (forse sofferente e bisognosa di aiuto), allora vuol dire che non seguiamo gli insegnamenti del
Maestro, ma quelli di quei tantissimi maestri del pensiero, che tanto lanciano proclami di
tolleranza quanto attaccano con accuse esagerate ed unidirezionali chi tenta, con sincero afflato, di
far affiorare dalle cose umane lo spirito dellamore gratuito di Dio, che la fonte smisuratamente
infinita di ogni piccola capacit umana di tollerare.
Il problema, se cos lo vogliamo chiamare, dunque nostro. Siamo noi che pur avendo
incontrato in Ges, per pura grazia, la Verit, lAmore fatto persona, ci autolimitiamo nel fissare il
traguardo. Ci dimentichiamo che con la preghiera non rimaniamo soli, ma riceviamo laiuto dello
Spirito Santo.
Lobiettivo massimo che ci prefissiamo non pu essere solo il dialogo con coloro che non sono
cristiani. In ogni caso per dialogare bisogna avere coscienza della propria identit per mettersi
veramente in ascolto di quella altrui. Un conto infatti il doveroso sforzo da compiere per favorire
una convivenza civile in una societ pluralistica: come cittadini cristiani dobbiamo perseguire e
operare affinch si realizzi, con la garanzia delle leggi, un rispetto reciproco tra le culture e le fedi.
Ma dato a Cesare quel che di Cesare non terminato il nostro compito di discepoli di Ges.
Per dare a Dio quello che di Dio, dobbiamo operare innanzitutto per attuare in noi la legge
dellamore, che si fa servizio ed annuncio esplicito nel momento opportuno, affinch tutti gli
uomini incontrino nel Signore Ges la Persona che la salvezza.
Vivere lidentit che ci stata donata significa essere coloro che nel nome di Ges pregano per
gli altri, li servono, li amano e, se giunge da essi la domanda, rispondono della propria fede affinch
si aprano ai suggerimenti dello Spirito Santo che gi opera nel loro cuore.
uningiusta accusa considerare levangelizzazione alla stregua di unindebita interferenza
contro le verit degli altri. Dire agli altri ci che il Signore Ges ha fatto per me non proselitismo,
perch si giunge a questo punto con una persona del nostro ambiente di vita (e che potrebbe anche
essere un collega di lavoro immigrato, oltre che un italiano battezzato ma non credente) solo dopo
aver pregato per lui, amandolo e servendolo. A nessuno dispiace ricevere amore disinteressato;
nessuno giudica come uninterferenza il fatto di essere aiutato e amato.
Il vero proselitismo si verifica purtroppo quando vi sono secondi fini (da quelli politici e di
interesse, a quelli personali di rivalsa) e pur parlando di Ges non si dona Ges perch Lo si
annuncia senza amore per laltro, senza umilt, senza slancio e in definitiva senza Spirito Santo.
A questo punto vi sar chiaro che questo non un percorso per esperti per imparare tecniche o
metodologie sofisticate di evangelizzazione. invece una rivoluzione per conquistare i cuori a
Cristo. la rivoluzione del vangelo. I cuori di una moltitudine di fratelli possono cambiare se noi
cristiani ci apriamo allazione dello Spirito Santo per far s che sia il Signore Ges il protagonista
assoluto della nostra vita e di quella della nostra comunit parrocchiale.
La nostra forza Lui.
4. La coppia annuncia Ges, dicendo la verit della loro relazione
La condivisone della propria fede il secondo passaggio del processo di evangelizzazione
personalizzata che, per quanto riguarda gli sposi, si inserisce dentro un dinamismo di vita gi in atto
tutti i giorni.
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I coniugi sono in questa epoca, nella quale la comunicazione massmediale ha una centralit
assoluta, gli esperti della vera comunicazione: quella interpersonale. La condivisione nella vita di
famiglia ha i suoi momenti facili e difficili, trova ostacoli, ma scopre anche strade nuove per poter
crescere perch gli sposi sono necessariamente costretti ad inventarsi ogni giorno come dei
professionisti nellarte di comunicare.
Nessuno pu sostituirsi ai due coniugi nel lavoro lento e profondo di crescita nellamore che essi
fanno quotidianamente, a cominciare dal periodo del fidanzamento, quando la comunicazione
costante aiuta a radicare il matrimonio su basi ben pi solide dellattrazione fisica e del sentimento.
Inoltre specifico solo degli sposi la condivisione dei loro stati danimo, delle richieste, delle
speranze, della fede non solo attraverso il linguaggio, bens con tutto il loro essere incarnato.
Lamore coniugale un sacramento nella carne di un Dio il cui essere comunicare,
innanzitutto la vita. Dio non solo ne gode, ma si rende presente, quasi attratto da questa sintonia.
, dunque, questa prolungata esperienza di condivisione vissuta dai coniugi che pu diventare il
principale sostegno nel promuovere ed attivare una comunicazione della fede con le persone del
proprio ambiente di vita, sia per quanto riguarda la modalit del comunicare ( in famiglia che si
apprende quale il momento opportuno per sottolineare al coniuge i suoi errori, quali sono i luoghi
e i tempi adatti per parlare con ogni singolo familiare, qual il tono di voce adeguato ecc.) sia per
quanto riguarda i contenuti.
Ci che gli sposi possono condividere fra di loro, poi con altre coppie e altri fratelli
innanzitutto la scoperta di vivere nella loro relazione un amore che li trascende.
La coppia cristiana nella propria esperienza di relazione affettiva scopre fin dal primo istante
che lamore non un prodotto che scaturisce solamente dal loro essersi incontrati, ma una realt
infinitamente pi grande che, realizzandosi grazie al loro libero e reciproco donarsi, rimanda a
Colui che lha inventata.
Anchessi con umilt devono annunciare esplicitamente ci che hanno sperimentato nel loro
amore: un riflesso, certo infinitamente pi piccolo, dello stesso amore vivente in Dio. Non devono
pi tacere per conformarsi alla mentalit comune. Per noi cristiani lamore non un prodotto
umano, ma il parteciparsi di Dio. Come si pu riconoscere, allora, Dio creatore in una sorgente
senza per riconoscerLo nellacqua che vi sgorga in ogni momento? Come possibile che le
persone sposate che scorgono il Soffio di Dio proprio nella reciprocit del loro respiro damore non
ne accennino quando parlano del suo amore? Perch presentare lesperienza coniugale solamente
quale vertice della bellezza del vivere umano, se si gi intravisto che essa tale proprio perch
innestata nel divino?
Gli sposi sono chiamati, dunque, a dire la Verit della loro relazione: essa non si regge
sullistituto giuridico o sulla loro volont di comunione (sarebbe altrimenti gi finita o in
decomposizione), ma attinge direttamente e continuamente a quella fonte trinitaria dalla quale
scaturita e alla quale destinata.
Va detto (e devono dirlo le coppie) che la loro storia non nata dalla casualit, ma inserita in
un disegno damore affidato alla loro libert e non destinata a consumarsi con il corpo, con let o
con le frustrazioni, perch proiettata ad una pienezza di Nozze con Colui che lha inventata.
Per gli sposi condividere tra loro e con gli altri il Dio che hanno scoperto dentro la loro relazione
diventa essenziale tanto quanto celebrare nellunione dei corpi il loro amore. Vi infatti la stessa
dinamica: permettere che la gioia che Dio ha impresso si sprigioni per essere partecipata al proprio
coniuge e a coloro che si incontra, affinch insieme si attenda, pregustandone lebbrezza, lincontro
pieno e definitivo con Lui.
Unaltra verit che gli sposi sono chiamati a comunicarsi, e poi a condividere alle persone del
proprio ambiente di vita, come agisce la grazia del sacramento del matrimonio.
Nel percorso di crescita spirituale, la coppia cristiana prende man mano consapevolezza che la
grazia del sacramento del matrimonio ha reso la loro relazione un luogo di azione dello Spirito
Santo, il quale attualizza nei loro gesti la stessa potenza unitiva che vi tra Cristo e la sua Chiesa.
95
Sono stati perci trasfigurati da semplici rovi, in rovi avvolti perennemente dal fuoco damore
di Cristo per la Chiesa, perch lo Spirito Santo dona loro la presenza del Signore Ges, lo Sposo
divino, nella dimensione oblativa di offerta permanente per tutti.
La grazia sacramentale un dono che evidenzia nei gesti e nelle parole degli sposi lattivit
amante del Terzo della coppia, che il NOI trinitario, e che pu essere in questo modo letto e
visto da tutti, anzi pu stabilire un contatto, attraverso la coppia, con tutti coloro che la incontrano.
Ci che, non per merito bens per grazia, possono comunicare gli sposi (e che le parole devono
esplicitare) lintimo pi intimo della loro identit e che corrisponde al nucleo della fede: la
concretezza dellamore di Dio, il perdono continuamente offerto a tutti dal Signore Ges. Per gli
sposi dire la propria fede, comunicare Ges, significa annunciare che c un lievito speciale dentro
il loro stare insieme che li ha cambiati, li ha fatti crescere oltre i loro errori.
Non occorre aspettare lunghi anni o una provata esperienza di fede perch gi dal primo istante
del loro incontro lo Spirito agisce in loro ed attraverso di loro, per cui sono fin dallinizio abilitati
a dire la loro piccola esperienza di coppia trasfigurata dallamore di Dio.
Alcuni sposi, per questo, possono essere fin dal primo giorno di matrimonio padri e madri di
tanti figli spirituali. Aver comunicato ad amici, parenti e colleghi che il loro unirsi in matrimonio
un dono del Signore, che presente nel loro amore, li ha gi fatti crescere nella fede tanto da
essere per queste persone un punto di riferimento spirituale forte.
Una coppia di sposi concepisce un figlio quando inizia a pregare per una persona della lista
del cuore, ed in attesa della sua nuova nascita dallalto (quando costui si affider totalmente al
Signore) essi alimentano questo figlio appena concepito per tutti i mesi o anni necessari con un
accompagnamento personalizzato (nella preghiera e con gesti di concreta solidariet) e soprattutto
con lannuncio esplicito della loro esperienza del Signore Ges.
Attorno alla loro mensa i coniugi hanno i propri figli (se ci sono e finch ci sono) per
condividere il pane quotidiano. Inoltre possono invitare tanti altri figli, qualcuno anche pi anziano
di loro, che attendono senza esserne pienamente coscienti di rinascere nella forza dello Spirito e
di poter gridare Abb insieme a tanti fratelli. Con loro gli sposi possono condividere quel pane
della vita e quellunica acqua che disseta per sempre che ha voluto essere presente l dove due
sono riuniti nel suo nome.
5. Gli sposi sono fecondi di Dio quando fanno nozze con lui
Dio ha creato luomo maschio e femmina per imprimere cos in ogni persona e nella relazione
tra le persone la propria immagine e somiglianza. Lintento dellUnitrino, infatti, che ogni
creatura, maturando se stessa in una relazione umana a carattere sponsale, giunga ad accogliere
linvito alle Nozze con Cristo Sposo che il Padre, grazie allo Spirito, da sempre ha preparato.
lunione sponsale con Cristo ci che ci fa diventare spiritualmente fecondi. Lessere
strettamente congiunti a Lui ci rende capaci di generare qui sulla terra quel vincolo damore che
contraddistingue la vita divina. Si viene trasformati, cio, come singola persona o come Chiesa, in
sposa di Cristo che dispone a favore di altri quello stesso Spirito che fa sperimentare a noi
lunione con lo Sposo eterno. Alla luce di questa novit, gli sposi cristiani (segno nella carne della
nuzialit che deve essere vissuta in ogni stato di vita) sono chiamati allora a guardare al loro
compito di evangelizzare e di condividere la propria esperienza di fede e di amore coniugale, come
lapice della loro fecondit. Cos risuonano nel nuovo rito del matrimonio le invocazioni proposte
quando gli sposi fanno memoria del loro battesimo:
Padre, nel battesimo del tuo figlio Ges al fiume Giordano hai rivelato al mondo lamore sponsale
per il tuo popolo. Cristo Ges dal tuo costato aperto sulla croce hai generato la Chiesa tua diletta
96
Sposa. Spirito Santo potenza del Padre e del Figlio oggi fai risplendere in questi sposi la veste
nuziale della Chiesa69.
Gli sposi, fatti una carne sola, sono ununica veste nuziale. Sono chiamati, pertanto, a
realizzare, proprio come coppia, una relazione sponsale con lunico Sposo se vogliono essere
fecondi spiritualmente. Essi in virt del sacramento sono resi partecipi di una fedelt che non verr
mai meno, come Cristo ha amato la Chiesa (Ef 5,25), ma questa fedelt ricevuta dalla grazia
dello Spirito Santo attende ladesione del cuore.
Quando i due scelgono di essere un noi diventano come coppia la sposa di Cristo. Questo
viene sottolineato soprattutto in oriente, ma con il nuovo rito del matrimonio possibile farlo anche
nelle Chiese italiane con il rito della velatio. I due sposi vengono coperti di un velo per indicare
che, insieme, formano la sposa di Cristo. Ci rimanda alla tradizione dei rituali della tarda antichit
e del medioevo quando non venivano benedetti due anelli, ma un solo anello perch laltro era
portato da Cristo.
Una fecondit degli sposi che faccia a meno del legame con lo Sposo pretesa solitaria della
coppia. Si possono anche fare figli senza essere uniti al Signore Ges, ma prescindere da Colui dal
quale vengono i figli e al quale sono destinati significa non riconoscere la sorgente dellamore
mentre ci si sta abbeverando. Vuol dire gustare il vino pi buono che esista al mondo senza
chiedersi chi lo ha fatto e senza voler provare lebbrezza alla quale conduce.
Non si tratta solo di un mancato riconoscimento, c qualcosa di pi sostanziale. La coppia che
presume di vivere la fecondit fondandosi solo sulla propria autoproduzione di energia
inesorabilmente destinata al fallimento. Esaurito lo slancio affettivo iniziale, ritenuto pi che
sufficiente per darsi reciprocamente piena soddisfazione, con fatalismo ci si rassegna alla
separazione o ad un trascinamento pietoso del proprio matrimonio, non appena ci si accorge che il
coniuge inevitabilmente non pi secondo gli schemi preventivati.
La produzione damore si ferma allimprovviso; ci si accorge che non si ha pi la capacit di
amare al di l dei difetti del coniuge, pur volendo non si riesce. Questo perch, purtroppo, i coniugi
hanno sempre esclusivamente attinto alla loro autonoma sorgente damore che, essendo limitata, ad
un certo momento si esaurita.
Quando, per, la coppia accetta di far coppia con Dio, gli sposi ampliano la loro capacit
damare al di l della fertilit, che solo propria di una stagione della vita, per riempire tutto il
tempo della vita e oltre la vita. La fecondit che deriva dal far coppia con Dio una fecondit che
va oltre la stagione dei figli perch viene prima di questa stagione e pu superarla. Se la coppia non
realizza la relazione con lAlterit assoluta finisce per vivere in maniera sterile anche il mettere al
mondo numerosi figli, perch non avr la fecondit che va oltre la casa, oltre i figli, oltre la propria
famiglia e non sar mai in grado di abbracciare la Chiesa, la societ, il mondo.
La triste realt del nostro tempo che troppe coppie cristiane sono sorgenti congelate di
fecondit. Sono tante fonti damore che messe insieme luna vicina allaltra potrebbero cambiare un
paese, un quartiere o una comunit cristiana, ma purtroppo il pi delle volte non accade. doloroso
constatare che finora tante buone famiglie non hanno prodotto una societ autenticamente umana.
Non hanno prodotto comunit cristiane in cui sia sperimentabile la presenza dello Sposo.
Oggi tempo che le coppie di sposi che desiderano ampliare la propria fecondit spirituale
accettino di essere condotte nel deserto: La condurr nel deserto e parler al suo cuore (Os
2,16). Il deserto il luogo dellintimit con Dio. il luogo dove Dio parla al cuore e svela la
propria identit ed il proprio progetto. Si va nel deserto per ascoltare la sua Parola, per invocarLo e
parlare con Lui imparando a scandirne i nomi:
Padre, noi sposi siamo tuoi figli. Siamo stati resi padri e madri ad immagine tua. Siamo famiglia
generata da Te per contribuire a formare la tua famiglia: quella di tutti i figli di Dio.
69
97
Signore Ges, noi sposi siamo stati assimilati al tuo amore di Sposo. Siamo stati fatti uno con Te
per condividere con Te lamore verso la Chiesa.
Signore Ges, hai legato la tua presenza in forma stabile alla nostra relazione di coppia e come
sei venuto ad abitare in mezzo a noi in carne umana (Gv 1,14), cos ora risorto dai morti, con una
presenza spirituale misteriosa, continui ad abitare nellunione dei nostri corpi per avere ancora
carne che esprima il tuo amore per la Chiesa e per ogni uomo.
Spirito Santo, ti riconosciamo presente fin dal principio nei nostri cuori innamorati. Tu sei il
soffio divino che abit la creazione (Gen 1,2). Per la tua forza si rende possibile limpossibile: la
nostra tenera e fragile relazione sponsale viene abitata dal fuoco damore di Cristo per la sua
Chiesa.
Spirito Santo, ripeti in noi sposi il prodigio del roveto ardente per il quale semplici rovi come i
nostri corpi, pur rimanendo tali, vengono avvolti dalle fiamme della Santit di Dio.
Questo vale, cari sposi, pi di tutti i piatti che sapete preparare o di tutta laccoglienza che potete
dare nelle vostre case. Potete essere lambiente umano che rende possibile la Chiesa e la sua
visibilit e far comprendere fino in fondo, dunque, a tutti coloro che fanno parte del vostro ambiente
di vita quanto bello formare un sol corpo nel Signore.
Quale possibilit emana dal fatto di essere coppia di sposi che fa coppia con il suo Signore!
Voi potete essere niente meno che una Chiesa in stato diffusivo nel territorio; venendo a contatto
con coloro che non credono alla verit dellamore sponsale, potete far assaporare il mistero
grande (Ef 5,32) nascosto nella realt sacramentale del matrimonio.
Anche una sola coppia che decidesse di vivere il proprio amore con questa intensit bella e
diventa per la comunit cristiana una testimonianza esplicita della verit della Parola dove si
afferma, dopo la creazione delluomo-donna: Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto
buona (Gen 1,31).
6. Cosa dire quando si condivide la fede?70
Vorremmo parlarvi di un aspetto pratico della condivisione della propria esperienza di fede e
cio cosa rispondere al fratello che si sta servendo quando chieder il perch gli si vuole cos
bene?
Ognuno di noi sa quale atteggiamento si deve avere. Come scrivono i nostri vescovi
laccoglienza, cordiale e gratuita la condizione prima di ogni evangelizzazione.
Ma quali specifiche parole poi dovr usare se, su questa accoglienza, deve innestarsi
lannuncio, fatto di parola amichevole e in tempi e modi opportuni di esplicita presentazione di
Cristo Salvatore del mondo, dato che per levangelizzazione essenziale la comunicazione della
fede da credente a credente, da persona a persona71 ?
Innanzitutto in cuor nostro diamo lode al Signore perch la domanda che la persona della nostra
lista del cuore ci ha rivolto una domanda importante che si ode in genere solo nellintimit
familiare. Questo vuol dire che una breccia si aperta: egli rimasto stupefatto dallamore ricevuto.
Non se laspettava da noi perch credeva di conoscerci e mai avrebbe immaginato che proprio noi
gli avremmo fatto conoscere una dedizione che non guarda allorologio, una vicinanza cos forte da
piegarci sulla sua piaga per risanarla.
giunto il momento di trasmettergli la nostra esperienza di fede con semplicit e verit, di
raccontare semplicemente chi Ges per noi, ci che Lui ha fatto e continua a fare per noi. Non si
tratta di esporre il catechismo, n di riferire quanto noi pensiamo sia bello, importante, ragionevole
la fede cristiana; no, si tratta invece di offrirgli la nostra fede in Ges seppur ancor molto debole e
tremante. Se Ges ha saputo sfamare unintera folla con i pochi pani e pesci che Gli sono stati
70
71
Per quanto riguarda questo paragrafo e quello successivno si faccia riferimento a P. P ERINI, Corso Leader, 88-95.
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 6.
98
offerti, sapr anche sfamare la fame di Dio di un fratello con la nostra piccola fede, se noi Gliela
affidiamo, aprendoci in questo modo a un nuovo atto di fede.
Produce effetto pi una piccola fede che lorgogliosa esposizione dei propri successi mietuti
grazie alle proprie forze. San Paolo, a questo proposito molto chiaro quando dice: Noi infatti non
predichiamo noi stessi, ma Cristo Ges Signore (2Cor 4,5).
Chi vuol annunciare e dialogare non pu non partire dal proprio incontro personale con Cristo e da
una vita profondamente innestata nellesperienza della comunit cristiana. Anche se parallelamente
deve sempre aver viva la consapevolezza che la verit che annuncia Ges Cristo, una verit pi
grande delle sue parole, della sua comprensione, della sua esperienza e della vita stessa della Chiesa.
72
Altrimenti, rischia di non annunciare Cristo, ma se stesso, una sua verit .
Inoltre bene ricordarsi che lincontro con Ges non avvenuto una sola volta nella propria
vita, ma pi volte, e lultima la pi bella.
importante utilizzare anche la gestualit per mostrare al fratello la nostra vicinanza e
benevolenza: una calorosa stretta di mano, un tenero abbraccio, una pacca sulle spalle. Sii sempre
semplice, discreto, prudente, delicato e rispettoso.
La fede funziona come lamore. Come si impara ad amare da qualcuno che ci ha amato e si
desidera diventare buoni per imitare la bont intravista in una persona, cos la fede. Ci si apre ad
essa quando qualcuno la fa sperimentare concretamente.
Il mondo reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio, che essi conoscano e che sia a loro
familiare, come se vedessero l'Invisibile73.
7. In quale momento condividere la fede?
Unulteriore e necessaria considerazione riguarda la tempistica della condivisione della
propria esperienza di fede. Iniziare a pregare e a servire il fratello una scelta che dipende da noi e
dalla nostra disponibilit, la condivisione della fede invece dipende dal fratello. lui che fa scattare
questo passaggio del processo di evangelizzazione personalizzata. Non lo decide consapevolmente
in quanto egli semplicemente ci rivolge una domanda: Perch mi fai questo?. Per noi questa
domanda il segnale che giunto il momento di dirgli che, se gli vogliamo bene, perch il
Signore Ges ha fatto grandi cose nella nostra vita.
Certo, pu capitare che passino i mesi e gli anni e la persona che si sta servendo non chieda mai
il motivo di quello che si sta facendo. Per prima cosa non bisogna scoraggiarsi se sembra che il
silenzio corrisponda ad una decisione risoluta di non farsi toccare nella propria sensibilit umana.
bene non giungere alla conclusione che il fratello che si sta servendo non accetter mai Ges.
Potrebbe un giorno sorprendere dimostrando che invece molto pi vicino di quello che si pensa
allincontro con il Signore. Anche per questo occorre continuare a mostrare la piena accoglienza e il
calore umano.
Piuttosto bisogna chiedersi come fare per dare inizio ad una conversazione nella quale, con
naturalezza, sia possibile condividergli la fede in Ges senza forzature (che potrebbero rivelarsi
irrilevanti se non addirittura controproducenti). E poi, non appena ci si accorge di un suo piccolo
ammorbidimento in cui non riesce per a trovare lo slancio per esprimere verbalmente quella
72
73
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e testimonianza della carit, 8 dicembre 1990, 32.
GIOVANNI PAOLO II, Evangelii nuntiandi, 76.
99
fatidica domanda, allora qualcosa si pu, anzi, si deve fare. Si deve intensificare linvocazione allo
Spirito Santo affinch, in modo particolare, ci renda attenti ascoltatori delle parole e degli stati
danimo di questo fratello e Dio possa aprire una via per poter annunciare al fratello che Ges lo
ama.
Molto spesso sar lui a chiedere di Ges senza farlo apertamente, mettendoci a conoscenza
delle proprie ferite aperte, delle proprie insoddisfazioni e di tutto ci che secondo lui non gli
permette di vivere serenamente la propria esistenza. Queste confidenze sono una grande opportunit
perch si ha loccasione di manifestargli, una situazione simile nella nostra vita e come Ges ci ha
aiutato ad affrontarla. Gli si pu annunciare che Dio ha manifestato la sua paternit proprio in
questo frangente di debolezza e di come sia dolce affidarsi totalmente a Lui.
necessario avere un grandissimo rispetto per le sue confidenze. Non si gioca al piccolo
psicologo, si attenti a cogliere ogni opportunit per regalare la cosa pi bella: lincontro con il
Signore Ges.
bene pregare per le sue necessit mentre si ascolta. Pregando, infatti, ricordiamo
continuamente che non siamo noi in grado di amarlo infinitamente; siamo solo uno strumento,
felici di esserlo, dellAmore di Dio. E ricordiamo sempre che il Signore a convertire secondo i
suoi tempi; non si ha il diritto di forzarli. Anche se si tratta di un proprio familiare con il quale
istintivamente, viste le nuove attenzioni nei suoi confronti, si portati quasi a pretendere da lui un
cambiamento repentino, occorre invece rispettare in modo assoluto la sua situazione spirituale, il
suo ritmo ed il suo passo. Sar lo Spirito Santo che, opportunamente invocato, suggerir la pazienza
necessaria per accompagnare con delicatezza e amore.
100
Tutto ci cosa ti suggerisce riguardo all'importanza di condividere Ges con gli altri?
101
In questo incontro tra Ges e la donna al pozzo quali sono le cose che Ges dice per
risvegliare nella donna l'interesse spirituale?
2.
Guarda la tua lista del tuo ambiente di vita: scrivi tre modi per presentare Cristo a un
membro del tuo ambiente, utilizzando parole tue.
a)
b)
c)
102
In questo incontro tra Ges e i due discepoli lungo la strada verso Emmaus come il Signore
li avvicina? Con quali atteggiamenti?
In questo dialogo tra Ges e i discepoli, perch nasce dentro di loro una grande gioia?
3.
Guarda le tua lista del tuo ambiente di vita: scrivi un modo per accostare uno dei membri del
tuo ambiente e presentare Cristo
103
CAPITOLO VII
LA FAMIGLIA EVANGELIZZA CON LACCOMPAGNAMENTO PERSONALIZZATO
Continuiamo il nostro percorso analizzando i successivi due passi della nostra rete:
Laccompagnamento personalizzato e la giuda verso laffidamento. I passaggi che stiamo
analizzando distintamente, non sono separati luno dallaltro perch costituiscono nel loro insieme il
processo di evangelizzazione. Levangelizzazione, infatti, quella attivit che, distendendosi nel
tempo e nello spazio, accade continuamente senza esaurirsi mai, tra le libert dello Spirito Santo e
di colui che chiamato a convertirsi, tra la libert dellevangelizzatore e quella del Signore Ges
che si rende presente in lui.
Se il centro della fede, se il cuore di tutto la relazione viva che intercorre tra Cristo e la Chiesa,
allora va ribadito che evangelizzare, per la Chiesa, non una fra le varie azioni che chiamata a
svolgere, bens lazione per eccellenza. Dire il sepolcro vuoto, rendere fruibile per tutti ci che
grazie allo Spirito le viene donato in abbondanza dal giorno di Pentecoste, il suo concreto s,
che rende attuale (per lei e per gli altri) la relazione con Cristo.
Se una persona sposata non ama fare ci che desidera il cuore del coniuge, potr compiere tante
altre cose, ma non sta certo rispondendo allattesa di chi ha posto se stesso nelle sue mani (il
termine sposi deriva dal latino sponsi e cio dal verbo spondeo che significa appunto
rispondo): non agisce da sposo/a. Lo per legge, ma non vuole esserlo intimamente perch non
facendo ci che desidera il coniuge, in realt lo lascia sospeso, inespresso. In una parola, non lo
accoglie veramente.
Analogamente comprendiamo cosa agogna il cuore sponsale del Signore Ges. Il suo
travolgente desiderio, che Lo ha portato sulla croce, quello di regnare nellanima di ogni persona;
quello di unirsi con ognuno; quello di vedere ognuno di noi abbandonarsi tra le sue braccia per
diventare una cosa sola con Lui. Questo anche il desiderio del Padre suo, il desiderio dello
Spirito Paraclito.
La Chiesa la sposa del Signore Ges e quindi evangelizzare
non uno dei suoi compiti, ma il compito, limpegno principale e prioritario, perch proprio
questo il desiderio di Ges e del Padre: portare il Regno di Dio nel cuore di ogni uomo. [] Il
mandato d'evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa. Compito e
missione che i vasti e profondi mutamenti della societ attuale non rendono meno urgenti.
Evangelizzare, infatti, la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identit pi profonda.
Essa esiste per evangelizzare74.
104
verso il superamento dei dubbi e delle paure. Per ognuno, infatti, ci sono non solo tempi diversi, ma
anche differenti problematiche da affrontare.
Levangelizzatore deve saper dare spiegazione della speranza che ha riposto in Ges (cf. 1Pt
3,15) procedendo con intelligenza, amore e rispetto se vuole aiutare il fratello a far cadere
fraintendimenti e confusioni che sono presenti nella sua mente.
In questi frangenti, non ci si deve assolutamente preoccupare di difendere la morale cristiana o
la struttura ecclesiale (si chiarir tutto a tempo opportuno), bens, continuando a pregare per questo
fratello e a servirlo, si deve lasciare aperta la porta del proprio cuore per fargli sentire
concretamente lamore di Ges che non giudica e che sa attendere. Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9); Ecco, io sto alla porta e busso. (Ap 3,20)
Lobiettivo solo uno: condurre quella persona a riconoscere lamore dellunico Sposo, il
Signore Ges. Guidarla fino al punto che, liberamente, affidi la propria vita solo a Colui che pu
corrispondere al suo desiderio di felicit perch Lui la Via, la Verit e la Vita.
Ad un certo punto del periodo dellaccompagnamento personalizzato questa persona (amico,
parente, vicino di casa o collega di lavoro) si confider con noi. Ci parler dei suoi problemi e ci
sveler il suo animo che alla ricerca, come quello di tutti, di qualcosa che lo appaghi. la fase pi
difficile e delicata: il momento di iniziare a serrare la rete, di attuare cio il grande mandato che
Ges ci ha comandato: quello di evangelizzare tutti gli uomini.
questo il momento di proporgli di affidarsi a Qualcuno. il momento di invitarlo a pregare
insieme a noi con fiducia e abbandono. Quando ascolter la preghiera spontanea che con estrema
confidenza noi rivolgeremo al Signore e quando poi riuscir, con il nostro incoraggiamento, ad
esprimere non nellintimo del cuore bens con la propria bocca una semplice invocazione, ci sar
per questa persona linizio della sua conversione.
Vicino a te la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cio la parola della fede che noi
predichiamo. Poich se confesserai con la tua bocca che Ges il Signore, e crederai con il tuo
cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo (Rm 10,8-9).
Il cammino potrebbe essere ancora lungo e faticoso, ma latteggiamento di fondo sar cambiato.
Con la nostra vicinanza e con quella degli altri fratelli e sorelle della comunit familiare (come
vedremo nel prossimo capitolo) imparer a rivolgersi a Dio per dirGli che la guida della sua vita
non pi nelle sue mani, ma totalmente affidata a Lui.
A mano a mano che questo avverr, ci saranno dei segni tangibili di cambiamento nella sua vita:
come ad esempio la presa datto del proprio peccato, la capacit di perdonare e di perdonarsi, la
gioia, la pace, la consolazione, lapertura verso chi soffre, la disponibilit verso gli altri. Tutto
questo grazia dello Spirito Santo che opera in colui che si apre con piena fiducia alla Signoria di
Ges.
2. Laccompagnamento personalizzato
Abbiamo visto che per evangelizzare occorre pregare (prima, durante e sempre) per alcune
persone del nostro ambiente di vita, poi le si deve servire e, quando arriva il momento opportuno,
condividere a loro la nostra fede.
A questo punto cosa accade? Abbiamo appena terminato di aprire il cuore alla presenza di
questo fratello e gli abbiamo comunicato come avvenuto il nostro incontro con il Signore.
Abbiamo parlato con umilt, ma anche con passione perch abbiamo sentito nelle nostre vene
scorrere unaltra passione, quella di Ges per questa persona.
Ora unattenzione da avere in questo preciso istante quella di non farsi prendere la mano
dallentusiasmo, incorrendo nellerrore di concludere la testimonianza invitando coloro che stiamo
evangelizzando direttamente in Chiesa per una messa, una riunione oppure un incontro di una
comunit familiare. Prima importante vedere la reazione di questo fratello alla nostra condivisione
di fede.
105
Pu capitare (e qualche volta capita) che una persona, pur essendosi allontanata dalla fede da
diversi anni, in realt stava interiormente compiendo un percorso di riavvicinamento, per cui non
attendeva altro che qualcuno gli nominasse con amore il nome di Ges per sciogliere ogni riserva ed
accogliere la proposta di affidarsi a Lui.
Non sempre per vanno cos le cose. Al termine o durante la nostra condivisione lo sguardo del
fratello pu indicare magari che stato colpito dalle nostre parole ma non toccato dallamore di
Dio. Pu capitare che scrolli le spalle, si zittisca o tuttal pi ci dica: Va bene, sono cose belle per
te, ma a me non dicono nulla. Oppure spesso accade che inizi subito a porci molte domande sulla
dottrina o sulla morale della Chiesa, che ci possona dare limpressione di un suo interessamento alla
nostra testimonianza e alle risposte che gli possiamo dare. In realt queste domande ce le rivolge
non per reale interesse, ma per mascherare o giustificare le sue resistenze di fronte alla proposta
dellincontro con Cristo.
Ascoltare il vangelo, infatti, non vuol dire automaticamente comprenderlo. E comprenderlo
non significa accettarlo.
Nel caso che questa persona della lista del cuore vi faccia molte domande sulla Chiesa, si deve
considerare il suo atteggiamento alla stregua di chi ci sbuffa addosso il suo fastidio. Si tratta in
questo momento di una vera e propria chiusura. bene non scoraggiarsi o peggio disprezzare il
fratello. Qualcunaltro duemila anni fa ha provato la sofferenza di vedere rifiutata la proposta che
Egli faceva nel nome di Dio Padre, ma non si lasciato tentare dal rifiuto, non diventato nemico
dei suoi nemici neppure quando hanno ordito per ucciderLo.
Di fronte alle tante domande capziose Ges ha risposto senza innervosirsi e senza perdere la
fiducia che la sua parola avrebbe avuto effetto. Quando Pilato Gli ha fatto la madre di tutte le
domande, che cos la verit? (Gv 18,38), non caduto nellerrore di volerla dimostrare perch la
verit proprio ci che per sua natura si impone per se stessa.
Cos anche noi, discepoli dellunico vero Maestro, non dobbiamo provare alcuna forma di
risentimento (ed anche per questo necessaria la preghiera) neppure se ci deridono platealmente o
ci apostrofano con un insulto. Se un rifiuto ci impressiona negativamente vuol dire che dobbiamo
umilmente riconoscere che forse le nostre intenzioni non sono ancora giunte al livello di quelle di
un vero innamorato, di uno sposo, di un genitore che sa non vedere alcun tipo di offesa.
Non dobbiamo tirare conclusioni pessimistiche: non sono capace di evangelizzare! Lorgoglio
ferito ci fa accorgere che non siamo ancora riusciti a svuotarci (solo cos passa attraverso di noi
la grazia del Signore) e che nutriamo inconsciamente aspettative sbagliate del tipo: quando mi
chieder il motivo per cui lo sto servendo gli far vedere io quanto valgo.
In ogni caso, continuiamo ad invocare lo Spirito Santo che ci doni pace e serenit. Solo Lui ci
rende partecipi degli stessi sentimenti di Cristo che, di fronte alla scelta (momentanea) della persona
amata di rimanere ai margini della bellezza della vita, offre al Padre la sua sofferenza di amante non
corrisposto affinch la trasformi in risurrezione.
Proclamare Ges come il Signore della nostra esistenza, nonostante la fragilit che ci
contraddistingue, in realt ci sostiene nella nostra azione evangelizzatrice, perch confessando
innanzitutto a noi stessi la nostra debolezza che si mette in risalto lunica vera forza, la sola vera
sapienza.
Dov il sapiente? Dov il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha
forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poich, infatti, nel disegno sapiente di
Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, piaciuto a Dio di salvare i
credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci
cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i
pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio
e sapienza di Dio. Perch ci che stoltezza di Dio pi sapiente degli uomini, e ci che
debolezza di Dio pi forte degli uomini. [] Anchio, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non
mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimit di parola o di sapienza. Io
ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Ges Cristo, e questi crocifisso. Io venni in
106
mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non
si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua
potenza, perch la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio
(1Cor 1,20-25. 2,1-5).
3. Come si accompagna il fratello?
Lasciarsi dominare dalla potenza dello Spirito ci rende ben consapevoli che laver condiviso
la fede al fratello della lista del cuore non stata opera nostra, ma sua. Lo Spirito che agisce in noi
ora ci spinge ad accompagnare per tutti i mesi o gli anni necessari finch il fratello giunga ad
affidarsi al Signore.
La conquista della fede sempre un cammino ed unadesione personale. Ogni persona ha
bisogno di essere accompagnata, nutrita fin quando aprir uno spiraglio che verr spalancato
dallamore travolgente del Signore. Chi creder sar salvato (Rm 10,13). Il chi dice, appunto,
che la singola persona che deve approdare alla fede.
Il nostro atteggiamento nei riguardi di questo fratello deve essere per lui unesperienza di un Dio
che si d tutto a lui; che ama ad uno ad uno e contemporaneamente d a lui tutto di S.
Laccompagnamento personalizzato una pastorale anti-massa dove oltre ad essere rispettati si
viene anche amati personalmente; unopera artigianale in cui, innanzitutto, si ascolta il fratello con
calma e gli si d tutto il tempo necessario, perch ognuno ha le sue obiezioni da farci sugli
insegnamenti della Chiesa, ognuno ha le sue problematiche, le sue sensibilit, o stato influenzato
ed ha aderito a qualche idea, ognuno ha la sua esperienza di Chiesa, magari non proprio felice. C
chi vive situazioni irregolari e si sente tagliato fuori, c pure chi si sente a posto perch ha
costruito una sua fede dal vago sapore cristiano.
Ciascuno va accompagnato con pazienza, amandolo a tutti i costi e con continuit senza
pretendere da Dio il risultato garantito, perch il nostro compito non di cambiare i cuori (questo
compito suo), ma solo di versare nelle idrie vuote della vita del fratello una presenza, un amore, una
vicinanza.
Senza rimproveri n delusioni, continuando a pregare e a servire, ci affiancheremo a questa
persona con dolcezza e rispetto (1Pt 3,15) per rispondere alle sue domande sulle ragioni della
nostra speranza.
4. Non dimenticare lobiettivo
Dato che abbiamo parlato della nostra esperienza di Ges ovvio che da adesso in avanti il
fratello che serviamo e per cui preghiamo ritorni con noi sullargomento fede abbastanza spesso,
magari facendoci tutte quelle domande che avrebbe voluto rivolgere alla Chiesa.
Gi abbiamo detto che le motivazioni che spingono il fratello a porci queste domande non
provengono quasi mai da un suo reale interesse o per comprendere veramente. Sono il pi delle
volte delle accuse sotto forma di domanda retorica: perch la Chiesa cos ricca?, perch la
Chiesa contro il sesso? ecc. Anche quando queste domande sono dubbi reali e sinceri sugli
insegnamenti della Chiesa, il modo con cui vengono formulate talmente intossicato da una falsa
idea di ci che la Chiesa e dice realmente, che neppure la risposta pi intelligente potrebbe
bastare.
Occorre non farsi tentare dal dare risposte esaustive (che non ci sono e che non servono). Ci
non vuol dire che si deve rimanere in silenzio. Qualcosa si deve dire76, ma come vedremo pi avanti
non conta quasi nulla quello che si dice, piuttosto come lo si dice.
76
In P. PERINI (ed), Corso Leader, op. cit., 96-102 si possono leggere alcune risposte brevi da offrire a quel fratello che
muove questo tipo di obiezioni alla Chiesa. Qui portiamo altri due esempi di possibili accuse alla Chiesa con le relative
risposte: (1) Perch la Chiesa contro il sesso, rapporti prematrimoniali, nozze gay, contraccezione ecc.? Di tutti i
107
Non bisogna permettere che discussioni inutili ci facciano allontanare dallo scopo centrale,
che quello di far incontrare il nostro fratello con Ges. Inutili perch anche quando con la
dialettica e la cultura si mette allangolo lidea sbagliata del fratello, egli non si avviciner di un
centimetro al Signore. Anzi, per il KO ricevuto crescer in lui una maggiore ostilit.
Non che vogliamo evitare le spiegazioni, ma, ribadiamo, questione di sostanza: la fede si
sperimenta e ci che il fratello deve sperimentare la pace e la pacatezza che abbiamo nel
rispondergli, il nostro amore verso di lui nel nome del Signore.
Siamo chiamati ad imitare lazione dello Spirito Santo nel cuore degli uomini. Egli li guida
soavemente e fortemente. Se svolgeremo il nostro compito, che quello di annunciare la verit
del vangelo e linsegnamento della Chiesa con lo sguardo fisso sul volto del Signore Ges che ora si
sta manifestando su questo nostro fratello, noi faciliteremo al fratello il suo compito:
abbandonarsi a questo Amore.
Se avremo veramente fede nellazione dello Spirito non trasmetteremo alcuna ansia perch
sapremo con certezza che il Signore sa quando (nel momento che meno immaginiamo) lannuncio
del vangelo dar frutto nel suo cuore. Sapremo inoltre ritornare a Dio nella preghiera offrendo a Lui
anche i nostri insuccessi, per chiederGli altro amore per il fratello o luce su qualche nostro
atteggiamento da cambiare77.
5. Accompagnare come in famiglia
Tutti questi suggerimenti per svolgere laccompagnamento personalizzato sono, per gli sposi e
per i genitori, unideale continuazione di ci che ogni giorno compiono in famiglia. Anche un figlio
viene accompagnato, con la propria singola specificazione e problematica, nella crescita al meglio
di s dai genitori che si impegnano con tanta costanza e creativit.
I genitori cristiani sono consapevoli, infatti, che la crescita di un figlio non comporta solo il
raggiungimento di una buona maturit umana, nel rispetto delle regole della convivenza civile, ma
riguarda anche la crescita di unanima. lanima immortale che porta inscritta intimamente
lorigine ed il destino eterno di cui egli espressione.
campi del credere e del vivere, quello della sessualit certamente il pi vissuto dalle persone con maggiore ambiguit.
Perch gi la parola morale, in riferimento a ci che di pi intimo costituisce lidentit della persona e cio il suo
essere maschio o femmina, viene normalmente associata con realt di costrizione e di espropriazione del soggetto.
La vera obiezione presente nelle domande sulla morale sessuale della Chiesa : Che autorit ha la Chiesa di dirmi certe
cose? Al fratello, che considera la morale sessuale della Chiesa un qualcosa contro di lui, va risposto con semplicit e
delicatezza: La morale sessuale per i cristiani non una serie di prescrizioni e di divieti, assolti i quali si diventa
bravi figli di Dio. La morale sessuale la vita, come maschio e come femmina, secondo il vangelo. la novit che
presente nella capacit di amare come maschio e come femmina.Inoltre potreste fare voi delle controdomande per
aiutare il fratello a riflettere: Lamore non esige forse ad un uomo e ad una donna, piena comunione di vita e non solo
sul piano sessuale ( il no alla convivenza)? Lamore tra un uomo e una donna non chiede forse di dilatarsi
responsabilmente e nel rispetto del figlio ( il no alla contraccezione)? forse possibile sottoporre lamore ad un test
diverso da quello del sacrificio luno per laltra ( il no ai rapporti prematrimoniali)? Come pu lamore realizzarsi se
vissuto come propriet privata negandone la natura sociale ( il no alle nozze gay)?
(2) Perch c bisogno della Chiesa per entrare in rapporto con Dio? A chi ci rivolge questa domanda o simili
(perch dovrei venire in chiesa? Io prego a modo mio, ho la mia fede!) si potrebbe rispondere: Non condividere la
fede comunitariamente significa farsi una fede per conto proprio, diventare Dio di se stessi. la trasposizione
dellegoismo nella spiritualit: io al centro, io decido cosa bene e cosa male; il vangelo secondo me. La Chiesa
non solo gerarchia, ma una famiglia, una comunit e il Signore ha promesso di essere presente l dove due o pi
saranno riuniti nel suo nome.
77
A tal proposito il manuale P. PERINI (ed), op. cit., p. 106 offre un invito: Vivi nella pace e nellumilt anche quelle
che sembrano sconfitte e riempile di preghiera e di intercessione. In genere il Signore ci benedice con qualche risultato
evidente ed immediato, ma poi vuole che continuiamo ad evangelizzare anche quando non vediamo frutti. Continua ad
aver fede e a seminare! Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ci che voi
non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro (Gv 4,37-38).
108
109
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Che fiducia necessaria affinch lincontro con il Signore avvenga? La chiave che d laccesso
a tutti per comprendere quanta fede serve il nostro stesso esserci che viviamo in un corpo
maschile o femminile.
La storia di ogni anima che ha incontrato Cristo pu trovare solo nel linguaggio sponsale il
modo pi completo per descrivere in cosa consista lesperienza della fede: ho intravisto Qualcuno
che era fatto per corrispondermi (ed io ero fatta per Lui). Percepivo che Gli interessavo. Lo volevo
conoscere perch sentivo che Lui voleva conoscermi. Mi sono sorpresa nel constatare lampiezza
del suo amore: Egli era disposto, gi da subito, a donarsi tutto a me. Decisi anchio di mettermi in
gioco. Non potevo che fare quello che faceva Lui: fidarmi. Gli chiesi con cuore aperto: cosa vuoi
che sia per Te? Cosa vuoi che faccia per Te? Quando mi rispose la mia sposa ebbi un trasalimento
perch dubitavo di essere la persona giusta per Lui.Ma il suo accogliermi anche nei difetti alla fine
vinse sui miei timori. Mi lasciai andare e Gli svelai tutto di me.
Ora Lo riconoscevo come la persona pi importante della mia vita. Sono da allora innamorata di
Lui. Mi lascio trascinare da Lui dove Egli mi conduce. Non mi rimane pi nulla che sia solo mio.
La mia vita non esiste pi, esiste la nostra. Non voglio pi decidere da sola sulle cosa da fare. Nelle
mie mani non ho nulla perch sono totalmente affidata a Lui. Egli ha rotto il mio guscio ed entrato
dentro di me. Gli ho permesso di cambiarmi, di squilibrarmi. Non sono pi io che vivo, ma Egli
vive in me. Egli con me anche quando non presente fisicamente.
Lo riconosco nel segno che mi ha voluto lasciare. Egli sta nella parte di me che pi intima di
quella che conosco. Se Lo sento triste per una persona che Egli ama e che non Lo contraccambia, lo
sono anchio. Vivo la sua vita, le sue ansie e le sue speranze. Stare con Lui mi ha fatto ritrovare le
mie pi profonde radici (che sono anche le sue) e che, come Egli mi ha insegnato, ora posso
chiamare Pap. Mi sono fidata di Lui ed insieme a Lui viviamo lAmore che toglie dalla morte e
dalla solitudine (amors in latino a-mors = senza morte) perch ci che gi oltre la morte.
Unultima considerazione che va fatta che se da un lato la coppia uomo-donna mostra quale
fede-affidamento Dio brami da parte della sua umanit, dallaltro gli sposi non solo singolarmente,
bens come noi di coppia, sono chiamati ad affidarsi al Signore Ges. La sacramentalit della loro
relazione, infatti, consiste in uno sposalizio con il Signore. Essi diventano, per opera dello Spirito,
la sposa di Cristo Sposo. Ne consegue perci che la coppia cristiana ha un suo specifico donocompito allinterno della comunit ecclesiale, (che non deriva unicamente dalle capacit genitoriali
oppure dalla sola sacramentalit battesimale): accompagnare le persone che fanno riferimento alla
loro casa nel percorso che le conduce a sposare il Signore.
8. Cosa fare se qualcuno rimanda laffidamento?
Se, nonostante una prima apertura, il fratello non accettasse la proposta che gli facciamo di
affidarsi al Signore, la soluzione , come sempre, pregare per lasciare spazio in noi a Colui che solo
pu trasformare dolcemente la paura in gioia. La preghiera, come ci ha insegnato Ges, la risposta
a tutte le domande.
Lo Spirito Santo si manifesta proprio come lalba del giorno. Prima le montagne sembravano
minacciose durante la notte, ma con questa flebile luce che penetra nelloscurit, le stesse montagne
ora risplendono di bellezza.
Pregare e far pregare, pregare insieme ad altri e pregare, se possibile, con lo stesso fratello che
si sta evangelizzando, ci condurr a comprendere come comportarsi in questa situazione.
In questo momento non si sa se il fratello ha solo bisogno di una piccola pausa di riflessione o
se il suo rifiuto radicale. I giorni, le settimane, i mesi seguenti ci chiariranno a cosa dovuto il suo
rimandare laffidamento al Signore. Pu avvenire forse con unaltra persona, anchessa impegnata
nellevangelizzazione e conosciuta per altre circostanze da questo fratello. Lapertura del cuore
allamore del Signore potr realizzarsi con una confessione o durante degli esercizi spirituali che si
possono consigliare.
111
In ogni caso, di fronte alla sua paura di diventare cristiano bene rimanere nella calma e nella
pace del Signore e non desistete dalla determinazione. Ogni tentativo di conquistare unanima a
Cristo trova in Satana un avversario irriducibile.
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10
GENTILEZZA:
Manifesto parole e atti di conforto quando chi vicino a me gi di morale.
1
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10
UMILT:
Aiuto gli altri senza attirare l'attenzione su di me.
1
DOLCEZZA:
Tratto il dolore e la sofferenza altrui come una madre avrebbe cura di suo figlio.
1
10
PAZIENZA:
So trasformare gli errori degli altri in opportunit per comprendere ed incoraggiare.
1
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SOSTEGNO:
So individuare chi sta avendo una giornata negativa ed alleviare il suo stato.
1
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PERDONO:
Sono capace di riallacciare relazioni interrotte senza dover imporre o difendere il mio punto di vista.
1
10
AMORE:
Sono capace di sacrificarmi per il bene e la crescita degli altri, come Cristo diede se stesso per me.
1
10
1.
2.
3.
Cosa potresti fare per migliorare la qualit che ha avuto il punteggio pi basso?
113
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CAPITOLO VIII
LA FAMIGLIA EVANGELIZZA ACCOGLIENDO I NUOVI FRATELLI IN CRISTO
Nel precedente capitolo abbiamo ribadito come il sacramento del matrimonio ponga gli sposi
cristiani nel cuore dellazione evangelizzatrice che costituisce il senso stesso dellesserci della
Chiesa. Il noi della coppia, e cio lunit che si vive nella relazione coniugale, non solo il
vertice della creazione in quanto manifesta di per s lAmore trinitario di cui immagine, ma ha
anche un suo specifico e determinante ruolo nellespansione della nuova creazione compiuta da
Cristo per il dono dello Spirito Santo effuso nel giorno della celebrazione del matrimonio.
Evangelizzare, comunicare a tutti in parole e opere lamore del Signore Ges il motivo per cui
viene donato lo Spirito Santo al noi della coppia.
, dunque, per esplicitare la missionariet della famiglia che la Chiesa da duemila anni celebra,
nella forza dello Spirito Santo, le nozze degli sposi come nozze della coppia con il Signore Ges.
Fintanto che gli sposi cristiani di fatto saranno chiamati a testimoniare Cristo come due singoli
battezzati non sar possibile dare, cos, come fortemente indicato dal magistero, soggettivit e
centralit alla famiglia nella Chiesa. per questo motivo che si sottolineato che vi una tipica ed
esclusiva modalit da parte della famiglia, consapevole della propria vocazione missionaria, di
mettere in atto quei necessari passaggi che si devono compiere per portare Cristo agli altri: saper
contare chi manca (la lista del cuore); pregare insieme come sposi lo Spirito Santo, che abita dentro
la relazione coniugale, per essere capaci di servire (primo passaggio), di condividere la propria fede
(secondo passaggio), di accompagnare il fratello (terzo passaggio) fino al momento in cui egli si
affider totalmente al Signore Ges (quarto passaggio).
1. Dallaffidamento al sentirsi parte del corpo di Cristo
Le persone che giungono fino al culmine di affidare la propria vita al Signore Ges o che stanno
ritrovando la propria fede (anche grazie allaiuto di sposi consapevoli del dono ricevuto nel
sacramento), devono assolutamente compiere un ulteriore passaggio (il quinto nellimmagine della
rete o processo di evangelizzazione personalizzata) che quello di entrare a far parte di una
comunit cristiana dove la presenza viva di Cristo risorto produce realmente degli effetti attraverso
la preghiera e la fraternit evangelica.
Se, allatto di affidarsi al Signore, non seguisse linizio di una partecipazione alla vita
comunitaria la stessa fede appena germogliata nel loro cuore rischierebbe di ripiegarsi su se stessa o
addirittura di soccombere in poco tempo.
A tal proposito va detto, se ce ne fosse bisogno, che attualmente, salvo casi pi unici che rari, la
comunit cristiana che dovrebbe accogliere i neoconvertiti per nutrirli delicatamente come germogli
appena sbocciati alla fede, non purtroppo la parrocchia in quanto tale78. Sia quando per
parrocchia si pensa erroneamente ad unidentificazione solo con il carisma del parroco (egli
infatti pu comunque instaurare un contatto caloroso e personale fino ad un certo numero di
persone), sia quando si sovrappone lidea di parrocchia con lassemblea eucaristica (inevitabilmente
impersonale perch non si pu essere accolti contemporaneamente da centinaia di persone con le
quali una volta alla settimana si partecipa insieme ad un rito).
Ci che si verifica che colui che appena approdato alla fede venga invitato allo stesso
gruppo parrocchiale (di volontariato, di catechesi, di animazione ecc.) al quale appartiene chi lo ha
evangelizzato. Ma spesso cosa accade? Il gruppo in questione non in grado di dare ci di cui ha
78
Come sappiamo, sono molto attivi al riguardo i movimenti ecclesiali. La gerarchia e il sensus fidei del popolo di Dio,
pur apprezzando il loro ruolo, intuiscono che non solo di movimenti vive la Chiesa e che se nel prossimo futuro non
saranno le comunit cristiane territoriali (e cio le parrocchie) a svolgere una capillare evangelizzazione, movimenti o
non movimenti, il cattolicesimo non regger il confronto con il secolarismo post-moderno.
117
bisogno questa persona. Lo abbiamo gi accennato: chi ha appena aperto il cuore al Signore
necessita ora di sentire la sua concreta e amorevole presenza. Gli scopi, e quindi le attenzioni, dei
vari gruppi parrocchiali non sono per dirette ai singoli che vi partecipano, ma sono concentrati
sullattivit per cui sono nati.
Ecco allora che interviene lamico che gli suggerisce di partecipare agli incontri di catechesi per
adulti; ma anche qui non trova ci che cercava e cio una comunit che gli faccia sentire lamore
del Signore. Ha la possibilit di conoscere la Bibbia e le bellissime relazioni che ascolta toccano
solo la sua parte intellettuale lasciando completamente scoperta quella affettiva che anela ad una
concreta risposta da parte del Signore.
Terzo tentativo il gruppo di preghiera. Qui non gli dispiace pregare il suo Signore insieme ad
altri credenti ma, a proposito, chi sono gli altri, come si chiamano, come hanno conosciuto Ges?
Quante persone abbiamo perso! Quanta gente dopo essere approdata alla fede rimasta al punto
di partenza! La loro fede era in fasce e noi non abbiamo offerto, finch non si irrobustiva, alcuna
termoculla fatta di calore umano, di simpatia, di testimonianza gioiosa delle meraviglie che il
Signore compie nel cuore di ciascuno.
Per mancanza in parrocchia di uno speciale gruppo che il gruppo accoglienza, quanti neofiti
non sperimentando la risposta del Signore al loro affidamento a Lui, rischiano anche oggi di vedere
affievolirsi drasticamente il loro slancio di fede iniziale?
Ges ha promesso,, a chi si affida a Lui gi il centuplo quaggi in fratelli e sorelle. bello
credere e trovarsi di fronte a centinaia di lontani parenti.
2. Le coppie di sposi sono i migliori gruppi accoglienza della parrocchia
Non si mai visto nessuno che, approdando alla fede, diventi un annunciatore appassionato del
vangelo senza aver prima provato tangibilmente, grazie alla vicinanza dei suoi nuovi fratelli, il forte
abbraccio e le coccole della dolce misericordia del Signore.
Con il primo atto di affidamento (o secondo se dopo il primo fatto magari in giovent sono
seguiti molti anni di indifferenza al Signore), una persona apre il cuore allamore di Ges. Accetta
di essere da Lui amata e perdonata. appena iniziato perci un innamoramento reciproco. Pi
precisamente colui che si converte scopre che il Signore sempre stato innamorato di lui.
Ora, tra innamorati le effusioni affettive (il pensare in ogni momento allamato; la voglia di stare
con lui ecc.) sono fondamentali. Come sappiamo il Signore ha voluto che fosse la sua sposa-Chiesa
ad effondere le sue carezze di amante infinito; perci, noi tutti che ne godiamo gi da tempo siamo
chiamati a far percepire il suo amore a coloro che, in questo momento, hanno appena avuto il colpo
di fulmine.
A costoro deve essere dato un benvenuto, sorprendente per semplicit, che sveli la trepidante
attesa di incontrarli da parte del Signore; attesa che stata vissuta nella preghiera anche dalla sua
sposa che la Chiesa (oltre che dalla Chiesa celeste: ci sar pi gioia in cielo per un peccatore
convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione Lc 15,7).
Per questo servono in parrocchia tanti piccoli gruppi con un numero limitato di persone (otto,
dieci, per essere a misura umana) sempre pronti ad accogliere un fratello che si appena
innamorato del Signore, o ferito, o sta tornando, per fargli gustare immediatamente tutto il suo
amore per lui.
Se non esistono consigli pastorali che li abbiano realizzati non perch non ci abbiano mai
pensato, ma perch sono gruppi di difficilissima attuazione. Un gruppo siffatto, per essere efficace,
dovrebbe possedere una serie considerevole di propriet che anche dei cristiani ben formati non
possono mettere in campo tanto facilmente.
Devono essere gruppi molto uniti e affiatati nei componenti, pur non essendo omogenei nella
composizione (solo quarantenni, solo singles ecc.), pronti continuamente a far sentire chiunque
sopraggiunga come il pi importante e speciale (gli ultimi saranno i primi Mc 9,35). Devono
avere come principale attitudine quella di gioire per il nuovo arrivato e saper attendere con
118
trepidante affetto la prossima venuta; mantenere stabilmente nel tempo tutti i legami che si sono
realizzati; essere spontanei e profondi nelle relazioni; avere una sede appropriata per il ritrovo;
essere ben alimentati dalla sorgente della preghiera e della condivisione comunitaria della fede per
dare spazio alla presenza del Signore Ges; essere strettamente collegati al parroco, al consiglio
pastorale e a tutti gli altri gruppi della parrocchia.
A prima vista questo elenco sembra appartenere al libro dei sogni! La storia del cristianesimo
dei primi secoli ci conferma, per (come abbiamo visto nel secondo capitolo) che il ministero svolto
dalle coppie di sposi allinterno della Chiesa era proprio quello di accogliere chiunque (conoscenti o
conoscenti dei conoscenti) nella loro casa per vivere come famiglia-chiesa del Signore.
Ogni coppia che si convertiva diventava, con la propria casa, un punto di riferimento per le
persone del proprio ambiente di vita che venivano a conoscere Cristo proprio tramite la loro
testimonianza. Successivamente questo nucleo (coppia di sposi pi i loro figli, domestici, alcuni
parenti e amici ecc.) rappresentava lapprodo per coloro che venivano evangelizzati dai membri di
questa piccola chiesa domestica.
In sintesi le coppie trasformavano man mano, cos come le definisce Giovanni Paolo II nella
Lettera alle famiglie, le loro naturali comunit familiari79 in una vera e propria chiesa, che aveva
le porte sempre spalancate per tutti coloro che desideravano ricevere lamore del Signore Ges.
Nei testi teologici e pastorali dei primi secoli, il matrimonio tra due cristiani veniva sempre
inteso come un sacramento (quindi come un dono particolare dello Spirito Santo) conferito alla loro
relazione coniugale, in funzione di ci gi predisposta dal Creatore come unione feconda, per il
servizio che essi potevano svolgere per ledificazione della Chiesa, per la diffusione e laccessibilit
della novit evangelica. Ancora oggi dal punto di vista teorico le cose sono rimaste le stesse: il
sacramento del Matrimonio, come per quello dellOrdine, conferito per ledificazione della
Chiesa. Il Catechismo della Chiesa Cattolica descrive questi due sacramenti, gi cos identificati da
S. Tommaso80, come sacramenti costituiti per il servizio altrui, per la missione:
Due altri sacramenti, lOrdine e il Matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono
alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri. Essi conferiscono una
missione particolare nella Chiesa e servono alledificazione del popolo di Dio.81
GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie Gratissimam sanae, 7: La famiglia sorge allorquando si attua il patto del
matrimonio che apre i coniugi ad una perenne comunione di amore e di vita: la comunione dei coniugi d inizio alla
comunit familiare.
80
Cf. S. TOMMASO, Contra gentes, IV, 58.
81
CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, 1534.
82
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, 32.
119
condividere la fede, accompagnare il fratello fino al suo affidamento al Signore) altrettanto vero
che vi lindispensabilit per ogni evangelizzato di partecipare poi alla vita comunitaria.
La vita comunitaria non pu sussistere n senza coloro che sono stati consacrati per mantenerne
con amore lunit (con il sacramento dellOrdine), n senza gli sposi che ricevono una specifica
grazia che opera nella loro struttura relazionale, al di l delle loro fragilit umane, come per il prete.
Questo proprio per accogliere, a partire dai membri della loro famiglia allargata, della loro
comunit familiare, i salvati che ogni giorno vogliono aggiungersi alla comunit (At 2,48) per
sperimentare la presenza del Signore Ges.
3. Puntare sulla famiglia per dire cosa la Chiesa
sempre difficile parlare di se stessi e della propria esperienza, si teme sempre di apparire
orgogliosi ed autocelebrativi. Non questa la nostra intenzione: semplicemente vorremmo farvi
dono di ci che anche noi abbiamo ricevuto in dono dallo Spirito.
Nella nostra parrocchia di Bovolone (VR) nata e sta dando risultati straordinari lesperienza
che noi abbiamo chiamato Comunit Familiari di Evangelizzazione (CFE).
Bovolone una delle parrocchie che ha fatto parte del Progetto Parrocchia-Famiglia (20022006) promosso dallUfficio Nazionale per la pastorale della Famiglia della Conferenza Episcopale
Italiana e approvato dal Consiglio Permanente.
Questo progetto, partendo dalla convinzione che la futura evangelizzazione dipende in gran
parte dalla chiesa domestica83, prevedeva in ogni parrocchia che vi aderiva una formazione
comune del parroco, delle coppie di sposi e di alcuni adulti per individuare modalit pastorali che,
utilizzando lapporto specifico del sacramento del matrimonio, potessero contribuire a rendere la
comunit parrocchiale una comunit di fede, di preghiera e di amore tale da essere in grado di
evangelizzare il proprio territorio.
Il cammino formativo compiuto in questi anni ci ha aiutato a fissare lo sguardo oltre ai
drammatici problemi nei quali avviluppata oggi la famiglia, al di l del senso di rassegnazione di
tante buone coppie cristiane, convinte di concorrere ormai solo alla gara di chi resiste di pi nel
matrimonio.
Sfidando la nostra stessa incredulit, abbiamo voluto convertirci. Oltre ad un impegnativo studio
dei documenti magisteriali, abbiamo dato alla preghiera il primato assoluto (in particolar modo con
ladorazione eucaristica permanente) per dare inizio, insieme alle coppie e agli adulti disponibili, ad
una scuola di evangelizzazione che ora voi conoscete bene perch il presente testo ne ripresenta i
medesimi contenuti.
Al termine di questa scuola abbiamo proposto a tutti coloro che vi avevano partecipato (e che
rappresentano la variegata composizione del popolo di Dio) di costituire delle CFE sperimentali,
con il precipuo scopo di provare a riunirsi come Chiesa nelle case delle famiglie.
Con nostra sorpresa, gli effetti sono stati immediati e clamorosi. Nonostante la stragrande
maggioranza di coloro che hanno aderito alla sperimentazione avessero gi compiuto un
significativo cammino cristiano e fossero avvezzi ad ogni tipologia di gruppo (dai gruppi familiari a
quelli di ascolto della Parola o di preghiera), abbiamo potuto constatare che laver conferito la
responsabilit in ordine spirituale delle CFE alle coppie di sposi ha modificato totalmente lo stile
del ritrovarsi e dello stare insieme che finora tutti conoscevano.
Era (ed ) uno stile realmente familiare, non per modo di dire o per idealit. Non c nessuno
sforzo di vivere o di mostrare di essere come in famiglia, perch effettivamente si nel ruolo di
figli spirituali di una coppia di genitori spirituali.
Si sentito subito di essere nella casa dove presente Ges.
83
GIOVANNI PAOLO II, Allepiscopato latino-americano in Puebla, in Insegnamenti, II, 1979, 209.
120
scattata la grazia del sacramento del matrimonio che ha straordinariamente amplificato, per
ammissione di tutti i membri delle CFE, la fecondit delle coppie alle quali ne era stata conferita
la responsabilit.
Per queste coppie, che nella fede contemplavano gi il progetto meraviglioso di Dio impresso
nella loro carne, aver ricevuto il mandato dal parroco, con il sostegno nella preghiera di tutta la
comunit, di riunire la chiesa (e non uno dei tanti gruppi parrocchiali) nella loro casa, ha
rappresentato uno spartiacque del loro matrimonio con un prima e un dopo ben delineati.
Trepidanti di fronte alle persone loro affidate, queste coppie di sposi non hanno dovuto creare
sovrastrutture alla loro realt umana, improvvisandosi animatori, pseudoparroci, catechisti, o esperti
di counseling. A loro stato richiesto solo di invocare con fede lo Spirito, affinch attraverso il loro
piccolo noi, rendesse accessibile alle persone a loro affidate lamore del Signore Ges.
Con fiducia tutte le coppie si sono adoperate umilmente affinch il loro matrimonio divenisse
uno strumento che il Signore utilizza per farsi riconoscere dai suoi discepoli. Essi poi riferirono
ci che era accaduto lungo la via e come lavevano riconosciuto nello spezzare il pane (Lc 24,35).
I membri delle Comunit Familiari, percependo gi dal primo incontro quale conversione
profonda queste coppie avevano messo in atto, si sono sentiti indescrivibilmente avvolti dalla
sensibile presenza del Signore Ges, che emanava da quel povero sacramento del matrimonio.
4. Che cosa una CFE?
La CFE in una parrocchia:
1) Comunit: perch composta da persone di differenti stati di vita (sposati, separati,
singoli, consacrati, ecc.), che insieme costituiscono la chiesa che si riunisce nella tua
casa(Rm 16, 5) per lodare il Signore, ascoltare la sua Parola e vivere rapporti di fraternit e
di amicizia.
2) Familiare: perch ha come guida una coppia di sposi che, per la grazia del sacramento del
matrimonio e per il mandato del parroco, rende presente ed attualizza Ges che ama la sua
Chiesa e perch, incontrandosi nelle case, contribuisce a dare forma familiare a tutta la
comunit parrocchiale. Ogni famiglia, infatti, seme di Chiesa.
3) di Evangelizzazione: perch ha come scopo di accogliere e far crescere i nuovi discepoli
nel Signore e stimolare ogni membro a evangelizzare allinterno del proprio ambiente di
vita. Pertanto destinata costantemente, come la famiglia naturale, a moltiplicarsi.
4) in Parrocchia: perch la comunit familiare inizia, ma non compie la pienezza della vita
di Chiesa. La comunit familiare chiamata ad esprimere visibilmente lappartenenza
allunico Corpo mistico di Cristo, accogliendone la sua Parola autorevole e il Corpo
eucaristico nella comunit pi grande, che la parrocchia in comunione con il vescovo.
La CFE perci non un nuovo metodo aggregativo, potremmo definirla una articolazione
pastorale che vuol mettere in risalto la rete relazionale umana presente nel territorio e la
soggettivit sacramentale della famiglia.
La CFE, infatti, si fonda sul dinamismo naturale per il quale gli sposi, gradualmente,
costruiscono attorno a s legami relazionali che, pur variando dintensit, come a cerchi concentrici
si allargano dai figli, ai parenti, ai vicini, ai colleghi, agli amici. Si fonda altres soprattutto sulla
grazia sacramentale del matrimonio che conferisce agli sposi un dono e un compito specifico nel
costruire Chiesa.
La famiglia cristiana chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in
modo proprio e originale, ponendo cio al servizio della Chiesa e della societ se stessa nel suo
essere ed agire, in quanto intima comunit di vita e di amore. Se la famiglia cristiana comunit, i
cui vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la fede e i sacramenti, la sua partecipazione alla
missione della Chiesa deve avvenire secondo una modalit comunitaria: insieme, dunque, i coniugi
in quanto coppia, i genitori e i figli in quanto famiglia, devono vivere il loro servizio alla Chiesa e al
121
mondo. Devono essere nella fede un cuore solo e un'anima sola (cf. At 4,32), mediante il comune
spirito apostolico che li anima e la collaborazione che li impegna nelle opere di servizio alla
comunit ecclesiale e civile84.
Il compito specifico degli sposi cristiani vivere autenticamente e fino in fondo la loro relazione
coniugale perch da essa possa fuoriuscire la grazia che vi riposta e cio quella di ripresentare e
attualizzare efficacemente lamore unitivo di Cristo con la sua Chiesa.
Per questo motivo, gli sposi non devono acquisire nessun ruolo di leadership, per guidare nella
fede un gruppo di persone: indipendentemente dalle loro qualit personali, essi sono gi sia un
punto di riferimento naturale per le persone del loro ambiente di vita, sia frutto di un sacramento. ,
infatti, a partire direttamente dal loro amore vissuto, che li conduce sempre pi verso una sola
carne, che essi diffondono e rafforzano continuamente legami unitivi in Cristo tra coloro che sono
loro vicini.
Se una coppia di sposi si converte a Cristo, sar dal loro feriale stare insieme che si espander
quellunit che solo il Signore pu offrire alla sua Chiesa.
La strategia, se cos la vogliamo chiamare, per diffondere il cristianesimo sempre stata
quella di entrare nelle case (cf. Lc 10,1-7) come aveva insegnato Ges, perch solo partendo
dalla conversione delle coppie di sposi si rispetta lidentit della Chiesa, che chiamata ad essere
lievito, parte integrata e integrante della rete relazionale umana. Altrimenti, facendo una fatica
immane e frustrante, ci si trover a spendere tutte le energie per creare sul territorio una struttura
relazionale parallela a quella esistente. purtroppo limmagine della parrocchia di oggi; essa
dovrebbe essere, come suggerisce il nome, la comunione delle chiese che vivono gi nelle case.
Il Direttorio di pastorale familiare, definendo la famiglia una comunit evangelizzante,
sottolinea che proprio lesserci stesso della famiglia il metodo con cui essa evangelizza e fa
chiesa:
Secondo il dinamismo tipico di ogni esperienza cristiana ed ecclesiale, da comunit credente ed
evangelizzata, la famiglia cristiana diventa comunit evangelizzante. Lo diventa realmente nella
misura in cui accoglie il vangelo e matura nella fede. Lo diventa per una vocazione radicata nel
battesimo e precisata e corroborata col dono sacramentale del matrimonio. Lo diventa, innanzitutto,
con il suo stesso esserci come famiglia cristiana: come tale, infatti, essa partecipe del mistero
dellamore di Dio e del suo pieno compimento nella Pasqua di Cristo. Nellottica della nuova
evangelizzazione, il contributo delle famiglie per la testimonianza e lirradiazione del vangelo
assume grande importanza e pu investire diverse forme. In particolare, risulta opportuna lopera di
coppie e famiglie che mettono a disposizione la loro casa per momenti di ascolto della Parola di Dio
e sanno chiamare a questo confronto altre coppie e famiglie del quartiere o del vicinato85.
122
Milano. La novit, per, tanto antica su cui si impernia il sistema delle CFE la riscoperta
provvidenziale dellapporto specifico del sacramento del Matrimonio nel costruire e custodire,
insieme al sacramento dellOrdine, quella comune unione, donata dallo Spirito, nella quale
ciascuno viene colmato dellinfinito amore del Signore Ges, che tutti noi chiamiamo Chiesa.
Per questo motivo le CFE in parrocchia non sottraggono nulla allattivit pastorale perch esse,
utile ribadirlo, non sono unulteriore attivit pastorale. Il sistema delle CFE , infatti,
larticolazione nelle case della parrocchia stessa.
Si passati dallunico grande pozzo (la canonica) da cui fluiscono, a seconda delle stagioni e
dei parroci, dei rivoli dacqua (gruppi, iniziative pastorali, ecc.) a tanti pozzi, destinati
inevitabilmente a crescere di numero, disseminati nel territorio parrocchiale che alimentano
capillarmente, e molto pi efficacemente, le singole membra del corpo di Cristo. Queste membra
poi si ricompongono nella loro totalit nellEucaristia celebrata insieme alla domenica.
Irrorare il terreno parrocchiale con lacqua della vita che solo il Signore pu dare, utilizzando
tutti i pozzi-sacramenti presenti su quel determinato suolo, significa trasformare anche una terra
arida in un humus che consente la crescita di una florida vegetazione.
A questo punto pu sorgere la domanda: se le CFE si incontrano una volta alla settimana, com
possibile che i loro membri, chiamati a svolgere anche altri servizi o ministeri in parrocchia, non ne
risentano? Le CFE sottraggono forse energie alla vita pastorale della parrocchia?
Conferire alle coppie di sposi la responsabilit spirituale delle CFE e scandire settimanalmente
il loro incontro sembra un azzardo ma, nella concreta esperienza, si rivela invece una carta vincente.
Lincontro settimanale, infatti, pu sembrare una richiesta eccessiva, dato che molto spesso le altre
attivit parrocchiali vengono vissute come un impegno, ma in realt partecipare alla CFE , per i
partecipanti, uno stare in famiglia. Una famiglia dove la presenza rincuorante del Signore si
manifesta continuamente: nella preghiera, nella condivisone della fede, nellascolto della sua Parola
e soprattutto sul volto del nuovo fratello che si accoglie nel suo nome.
La sorpresa grande stata perci quella di vedere che, per tutti, lappuntamento settimanale con
la CFE vissuto nellattesa ardente, e che addirittura le priorit della vita cambiano: ora il senso
dellesistenza stare con Ges e annunciare il suo amore agli altri. Di conseguenza, non solo non
vengono meno i precedenti ministeri in parrocchia (dagli scouts al catechismo, dal volontariato con
i poveri alla pulizia della chiesa ecc.), ma vengono interpretati con tuttaltro spirito.
Se poi pensiamo che per tutti diventa normale almeno unora alla settimana di adorazione
eucaristica, allora possiamo capire la rivoluzione che deriva da questo ribaltamento
nellimpostazione della vita di fede in parrocchia. Il ribaltamento che le CFE facilitano , lo
ripetiamo, quello di fare Chiesa a partire dalle case.
Tutti sappiamo che da sempre la famiglia che fa diventare cristiani e non i parroci e le strutture
pastorali che svolgono un altro indispensabile ruolo e cio quello di favorire e presiedere la
comunione e la fede che nascono nelle famiglie.
6. Le caratteristiche della CFE
Dopo aver dato inizio in parrocchia alle prime CFE sono emersi anche altri indubbi benefici,
che ci confermano di aver ricevuto un grande dono dallo Spirito Santo.
Innanzitutto le coppie di sposi che guidano le CFE (che abbiamo chiamato coppie
responsabili)88 sono diventate testimoni convincenti per tante altre coppie del significato del
88
Riportiamo alcuni brani magisteriali che ben delineano la ministerialit di una coppia di sposi a cui viene affidata una
CFE:
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunione e comunit nella Chiesa domestica, 10, viene descritta la carit
coniugale che la coppia cristiana chiamata a diffondere: La fede scopre e contempla, con umile e gioiosa
gratitudine, il mistero stesso della comunione di Dio con l'umanit e con la Chiesa dentro il tessuto quotidiano
dell'esperienza di comunione propria della coppia e della famiglia cristiana. L'unione degli sposi fatta nel Signore []
un grande mistero (Ef 5,32), un segno che non soltanto rappresenta il mistero dell'unione del Cristo con la Chiesa, ma
123
matrimonio cristiano. Questo loro servizio di responsabilit spirituale ha fatto capire che come
coppia (e non come due singoli battezzati) potevano essere uno spazio dove lamore scorre in
abbondanza, beneficando profondamente innanzitutto la loro stessa relazione coniugale.
Un altro beneficato stato lautore di questo libro: il parroco. Dopo tanti anni da prete ho
iniziato a gioire di non dover essere pi il mulo davanti al carro. Non pensate che sia andato in
pensione. Solo che finalmente ho coronato il sogno di vedere nello Spirito Santo il protagonista che
plasma la comunit cristiana che mi stata affidata attraverso i diversi carismi che Egli suscita e nei
quali Egli opera.
E per finire la comunit parrocchiale stessa nel suo insieme ad avere ricevuto slancio e ardore
perch le continue conversioni di tanti lontani ne rigenerano la fede.
7. La CFE non un gruppo
Unulteriore precisazione necessaria. importante cogliere la distinzione tra un gruppo e una
CFE. La CFE si differenzia sostanzialmente da un qualsiasi gruppo parrocchiale o da un movimento
ecclesiale.
La caratteristica principale, infatti, di un gruppo (per esempio gruppo di crescita, gruppo
del vangelo, gruppo di ascolto ecc.) che le persone che ne fanno parte iniziano insieme un
percorso che ha lintenzionalit (al di l della sua caratterizzazione che pu essere formativa, di
preghiera o di volontariato) di fare Chiesa (e ovviamente lo ), ma che, nonostante lo sforzo dei
partecipanti, non riesce ad accogliere nuovi arrivati, a meno che siano persone con lo stesso livello
di vita cristiana.
Di solito accade che il nucleo di partenza si affratella, ma, man mano che procede nel cammino,
il cammino stesso (magari molto bello) che fissa delle invisibili mura per chi non ne fa parte.
Anche se i partecipanti desiderano allargare il gruppo la loro stessa storia di gruppo, che li ha
fatti giungere insieme fino ad un certo punto di crescita spirituale, a rendere impenetrabile lentrata
di chi ai primi passi di questo cammino. esperienza giornaliera dei gruppi parrocchiali non
riuscire tendenzialmente ad inserire nuove persone.
La CFE, invece, la famiglia allargata di una coppia di sposi. Essendo, quindi, una famiglia
predisposta naturalmente a realizzare se stessa nel momento in cui qualcuno entra a farne parte.
Lamore che si vive in coppia, a differenza dellamicizia, infatti lamore che chiama il terzo.
in pi lo contiene e lo irraggia per mezzo della grazia dello Spirito Santo che ne l'anima vivificante. Perch,
veramente lo stesso amore, che proprio di Dio, che egli ci comunica, perch noi lo amiamo e perch anche noi ci
amiamo di questo amore divino: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati (Gv 13,34). Le manifestazioni stesse del
loro affetto, per gli sposi cristiani, sono penetrate di questo amore che essi attingono nel cuore di Dio. E se la fonte
umana rischia di disseccarsi, la sua fonte divina altrettanto inesauribile quanto le profondit insondabili dell'affetto di
Dio. Di qui possiamo capire verso quale comunione intima, forte e ricca, tenda la carit coniugale. Realt interiore e
spirituale, essa trasforma la comunit di vita degli sposi in quella che si potrebbe chiamare - secondo l'insegnamento
autorevole del Concilio - la Chiesa domestica, una vera cellula di Chiesa, [] cellula di base, cellula germinale, la
pi piccola certo, ma anche la pi fondamentale dell'organismo ecclesiale.
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris Cosortio, 53-54: Il ministero di evangelizzazione dei genitori cristiani originale e
insostituibile: assume le connotazioni tipiche della vita familiare, intessuta come dovrebbe essere d'amore, di
semplicit, di concretezza e di testimonianza quotidiana. [] Anche la fede e la missione evangelizzatrice della
famiglia cristiana posseggono questo respiro missionario cattolico. Il sacramento del matrimonio, che riprende e
ripropone il compito, radicato nel battesimo e nella cresima, di difendere e diffondere la fede, costituisce i coniugi e i
genitori cristiani testimoni di Cristo fino agli estremi confini della terra (At 1,8), veri e propri missionari dell'amore
e della vita. [...] Animata dallo spirito missionario gi al proprio interno, la Chiesa domestica chiamata ad essere un
segno luminoso della presenza di Cristo e del suo amore anche per i lontani, per le famiglie che non credono ancora e
per le stesse famiglie cristiane che non vivono pi in coerenza con la fede ricevuta: chiamata col suo esempio e con
la sua testimonianza a illuminare quelli che cercano la verit. Come gi agli albori del cristianesimo Aquila e
Priscilla si presentavano come coppia missionaria (cf. At 18; Rm 16,3s), cos oggi la Chiesa testimonia la sua incessante
novit e fioritura con la presenza di coniugi e di famiglie cristiane che [] annunciano il vangelo, servendo l'uomo con
l'amore di Ges Cristo.
124
La CFE non un gruppo che ha come obiettivo quello di partire da un punto e di arrivare
possibilmente ad un altro. Il suo obiettivo che tutti i membri siano capaci di piegarsi sullultimo
arrivato. Segna, dunque, sempre il passo, ma per aiutare, ascoltare, sostenere in tutto lultimo figlio
appena nato a Dio. La logica quella del servizio a chi ha pi bisogno, nella convinzione che si
cresce nella misura in cui si serve gli ultimi arrivati, a coloro che non conoscono ancora la gioia
della fede. Grazie a questa fase di vero e proprio svezzamento, lultimo nato potr irrobustirsi tanto
da desiderare di rafforzare il proprio cammino attraverso una vita spirituale pi intensa (corsi
formativi, letture, catechesi in parrocchia ecc.).
8. La CFE non neppure un gruppo familiare
Va chiarito che la CFE non neppure una specie di gruppo familiare. Il gruppo familiare
caratterizzato, infatti, dal fatto di essere composto solo da coppie di sposi che insieme percorrono un
cammino formativo.
La CFE ha in una coppia di sposi i responsabili, ma i suoi membri appartengono a tutte le
condizioni di vita (single, vedovo, sposato con il coniuge o senza, divorziato, consacrato).
Vi qui una novit! In parrocchia le attivit non si possono fare che a fasce det: gli adulti si
incontrano con gli adulti, i giovani con i giovani, i ragazzi con i ragazzi e cos anche le coppie, gli
anziani, ecc. Le CFE sono chiese che evangelizzano, ma vere famiglie ed in quanto famiglie
uniscono le persone di et differenti che fanno parte dello stesso ambiente di vita. Le difficolt
inevitabili dovute alla differenza det tra i partecipanti vengono superate dal senso di appartenenza
a questa nuova famiglia che non sostituisce quella naturale. La condivisione della fede (e quindi
della vita intima e personale) che ad ogni incontro i membri fanno, li coinvolge anche emotivamente
tanto da rendere invisibili non solo le differenze det, ma anche di cultura e sensibilit. Si crea tra i
membri un comune spazio di compresenza reciproca che travalica lora e mezza settimanale in cui
stanno insieme.
Sentendo la parola comunit, pensiamo immediatamente ad una riunione, in un tempo
determinato; parlando invece di comunit familiare dobbiamo assumere la modalit della famiglia
per la quale si famiglia ventiquattro ore al giorno anche quando, per esempio, non si vive
materialmente insieme.
In una famiglia, a partire reciprocamente dai due coniugi, si ha una stabile coscienza di
compresenza nel cuore di tutte le persone che la compongono e, a seconda delle situazioni, tutti
insieme provano gioia, attesa, speranza ecc89.
89
La compresenza quella sensibilit per la quale, indipendentemente dalla presenza fisica, la moglie presente nel
(dentro il) marito, il marito nella moglie, il figlio nei genitori come parte di se stessi. quella coscienza per la quale il
coniuge mi fa essere ci che sono per il fatto di sentirlo dentro. Non posso pensarmi marito senza mia moglie.
un essere presenti luno allaltro interiormente al punto che, anche senza la presenza fisica, laltro c comunque. La
persona amata talmente parte di me che se ne desidererebbe una permanente presenza fisica, quasi a soddisfazione
dellanima ad essere totalmente se stessa. Si potrebbe quasi dire che la vita di coppia e di genitore ha una vita
dentro, un vissuto che, prima di essere espresso esternamente, viene goduto, combattuto, sperimentato dentro la
coscienza del marito o della moglie. Lamore coniugale , fisicamente e spiritualmente, uno stare dentro reciprocamente
uno allaltra, un accogliere a tal punto lamato dentro di s che neppure lassenza fisica pu impedire di continuare a
sentire la sua presenza. La compresenza, inoltre, ha anche la caratteristica, per la sua dimensione spirituale, di
oltrepassare i limiti dello spazio e del tempo. Quando la persona amata stata accolta dentro, e per la piacevolezza che
genera la sua presenza gli si costruisce la tenda ( bello per noi stare qui. Facciamo tre tende Mt 17,4), il tempo perde
i suoi rigidi connotati cronometrici per assumere valenza solo in funzione della presenza. Dal soffermarci a pensare la
persona amata, allo spazientirci quando non avviene mai il momento dellincontro, al sorprendersi che il tempo passato
insieme volato in un attimo, alla sensazione che lunit realizzata tale che sembra di essere stati sempre insieme,
oppure a prospettare che questo amore cos forte che non pu avere limiti di tempo: ti amer per sempre. Chi ama,
infatti, oltre il tempo, fuori dal tempo: vive gi deternit! Laltro elemento in gioco lo spazio perch la
compresenza non teme distanza anche se non annulla, anzi richiede, lincontro e la vicinanza fisica. Lamante ovunque
vada porta con s nel cuore la persona amata e viceversa. La compresenza realizza quellio in te e tu in me che
primario nei confronti di qualsiasi luogo, al punto che ogni spazio buono per dirsi, nei gesti e nelle parole, lamore.
125
Cos nella CFE ogni membro che la compone parte del nostro corpo; ciascuno amato da Dio
immensamente e siamo in comunit familiare per poterglielo documentare e manifestare.
La CFE non perci soltanto il tempo destinato allincontro settimanale, ma tutto il tempo del
vivere quotidiano nel quale facendo memoria, e cio rendendo presente nel cuore, ri-amiamo,
pensiamo ad una persona, preghiamo per essa, invochiamo lo Spirito e ci lasciamo da Lui suggerire
cosa dire e fare, attendiamo silenziosi ed oranti, facciamo una telefonata, prepariamo il momento
della giornata nel quale certamente la incontreremo, facciamo spazio nel nostro cuore perch ci
possa stare anche con i suoi difetti.
Per la coppia responsabile un allargare la compresenza vissuta nella propria famiglia, tra
coniugi e con i figli, alla comunit familiare.
Si intuisce perci che i miei congiunti sono solo linizio di un lungo cantico damore che,
prendendo il tono dallintensit dellamore coniugale paterno, materno e fraterno, sallarga a suonare
in unarmonia infinita a far vibrare il timbro particolare di tutte le persone che il Signore mi pone
accanto nella CFE.
La densit di questamore attualizzer per noi ci che Ges ha promesso: ricevere gi al
presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli (Mc 10,30, Mt 19,29).
La riunione settimanale, che si svolge nella casa della coppia responsabile nel giorno e nellora
pi opportuni per tutti i membri, il punto di incontro della CFE, ma la maggior parte del ministero
si svolge durante la settimana, mentre viviamo con gli altri membri e li serviamo.
Lincontro settimanale un momento, simile a quello che si vive in famiglia quando si tutti
riuniti, in cui possiamo fermarci per rifornirci spiritualmente, rendere conto di ci che abbiamo
fatto e trovare la conferma della validit del nostro operato.
lesercizio della compresenza, che ognuno vive per il legame spirituale con gli altri membri
della sua CFE, ci che rende tutti consapevoli di essere, ovunque ci si trovi durante la giornata,
segno di Chiesa e di evangelizzazione per coloro che amiamo, ma che purtroppo non conoscono
ancora lamore del Signore.
Si pu arrivare a dire che la qualit della compresenza interiore che d il via a coltivare il luogo esterno perch
corrisponda alla bellezza della coppia. la compresenza che fa maturare lesigenza di abitare insieme e che diventa il
motivo, il fondamento della casa stessa. Quando lamore rende consueta e costante la presenza della persona amata
dentro di me, quando con lei in me mi confronto in ci che faccio, vorrei consultare per ci che decido, rendere
partecipe per ci che godo, allora cresce lesigenza di materializzare la compresenza a sigillo dellamore che ho dentro.
Mi sto cos abituando alla compresenza interiore che mi sembra assurdo che i corpi vivano ancora in due case diverse.
Cos nasce il sogno di unabitazione comune, si iniziano a risolvere i problemi economico-logistici per realizzarla e per
darle la pi consona sistemazione interna. Esempio: come dare qualit alla nostra camera, alla nostra cucina, la qualit
che dica il nostro modo di stare insieme. Ogni particolare acquista valore perch scelto e goduto con un significato
particolare per ambedue. Nel tempo purtroppo questintenzionalit per molte coppie di sposi lascia il posto
maggiormente alla bella figura da fare e la casa diventa pi importante dellunit che ha condotto dalla compresenza alla
coabitazione. Il senso di una casa sar sempre negli anni la compresenza interiore e quando essa verr meno perder la
sua bellezza, sar come un vestito senza un corpo.
Ora, nessuno al mondo come gli sposi ha la percezione di che cosa significhi essere un sol corpo, compresenza che
vissuta con pari intensit, anche se di qualit diversa, anche con i figli. Essi, generati dallunit di coppia e cresciuti
allinterno di essa, hanno uno spazio permanente nel cuore dei genitori. La vita dei figli la vita dei genitori, ma una
loro assenza per qualsiasi motivo li fa sentire ancor pi presenti dentro. proprio questa straordinaria esperienza di
compresenza di sposi e di genitori-figli che fa della famiglia unesportatrice unica di sensibilit di compresenza nella
Chiesa. Quando cominceremo a sentire lassenza, il vuoto, la mancanza di quanti non vengono pi in chiesa, di quanti
hanno abbandonato lEucaristia domenicale? Quando e come animata da questo spirito di compresenza della famiglia, la
comunit si far portatrice di messaggi, di inviti, di vicinanza a tanti fratelli che non vivono pi la famiglia dei figli di
Dio? Gli sposi sono invitati ad estendere la compresenza a quanti, pur abitando in case belle e comode, non sentono pi
la vicinanza, lessere prossimo, lessere famiglia; in particolare a quei genitori orfani di figli e quei figli orfani di
genitori viventi. Le coppie cristiane per estensione della propria compresenza dovrebbero essere capaci di accogliere
quelle situazioni che sono declinazione negativa e peggiorativa della compresenza: dalle coppie in costante litigio, agli
uomini e alle donne separati e soli, ai figli che non hanno pi la gioia di due genitori uniti. Aprire le nostre case, la
nostra parrocchia a queste persone povere di compresenza aver compreso fino in fondo la parola di Ges: lavete
fatto a me.
126
Si vive cos fortemente la bellezza dellessere famiglia dei figli di Dio da sentire vivamente la
mancanza di quanti non hanno mai saputo di essere figli o hanno perso la memoria di che cosa
significa.
9. Il parroco
Qualche parola va spesa anche per il parroco. Al lettore potr sembrare che con il sistema delle
CFE si passi da una parrocchia basata sul prete ad una che ha il proprio motore spirituale nelle
coppie di sposi. In realt nella Chiesa non vi nulla che, se vissuto autenticamente, oscuri la
bellezza degli altri. Ogni vocazione quando vissuta nel suo splendore illumina le vocazioni altrui.
Innanzitutto va detto che le coppie di sposi danno inizio ad una CFE nella loro casa unicamente
su mandato del parroco e che ognuna di esse deve rimanere in stretto contatto e alle dipendenze del
pastore perch, in caso contrario, non sussisterebbe pi.
La coppia responsabile e non proprietaria di una CFE. Il padrone ne il Signore che agisce
nella persona del parroco. Il parroco con le CFE ha, quindi, la possibilit non solo di conservare, ma
addirittura di approfondire la qualit e lefficacia del proprio ministero sacerdotale. Egli, come
maestro e guida della comunit cristiana, chiamato a individuare e formare le coppie responsabili
delle CFE e a seguirle nella loro attivit. Attraverso collegamenti vari ha il dovere di tenere
costantemente monitorato landamento della vita delle singole comunit familiari.
Il sacerdote esercita il suo ministero di pastore offrendo per lincontro settimanale della CFE un
testo e un messaggio audio a tutte le singole comunit familiari. In questi testi egli propone brani
della parola di Dio e li commenta in ordine allapostolato e allevangelizzazione, realizzando cos
una formazione armonica e unitaria in tutte le CFE e raggiungendo persone (gli ultimi arrivati) alle
quali non ha occasione di rivolgere lomelia, dato che non partecipano ancora alla vita parrocchiale.
al sacerdote che vengono condotte o mandate le persone che sono in ricerca o desiderano
tornare al Signore. Il sacerdote poi sar particolarmente guida spirituale con tutti quelli che vogliono
crescere nella fede e mettersi a servizio dei fratelli in vari ministeri per il bene della parrocchia.
Attraverso le CFE e le coppie responsabili, il pastore della comunit potr cos seguire
spiritualmente molto di pi i fedeli affidatigli, nutrirli con il solido nutrimento della Parola di Dio e,
abilitandoli allevangelizzazione, formarli nella fede perch siano veri discepoli del Signore.
10. La CFE una famiglia che genera altre famiglie
Una semplice domanda tuttaltro che irrilevante pu venir alla mente: se tutti i membri di una
CFE evangelizzano le persone del loro ambiente di vita e quindi accolgono continuamente dei nuovi
arrivati come fa una CFE a rimanere sempre di piccole dimensioni?
La risposta che quando essa raggiunge un numero di circa quindici persone, deve moltiplicarsi
perch non pi sostenibile per mantenere relazioni di vicinanza e di servizio reciproco, con la
conseguente impossibilit da parte della coppia responsabile di seguire bene tutti i membri.
Cos, da una CFE di quindici persone, nasceranno due CFE in grado di accogliere entrambe dei
nuovi fratelli.
Quella che noi chiamiamo moltiplicazione a molti pu apparire una divisione: eravamo in
quindici e ci volevamo tanto bene ed ora purtroppo ci dobbiamo separare! Questo ragionamento
tipico dei gruppi che non essendo estroversi non possono concepire la divisione in due, ma
stanno insieme finch il gruppo in se stesso finir.
I membri della CFE, pur sperimentando quanto si sta bene insieme, non hanno questo come
obiettivo: levangelizzazione lo scopo della CFE. partecipare alla gioia che si prova nel cielo nel
far spazio a qualcuno che chiede di essere amato.
Per cui non fa problema la moltiplicazione di una CFE in due (il perdere delle relazioni)
perch da quando essa si costituita vive volutamente nel continuo scompiglio causato dal dover
stabilire delle nuove relazioni. Anzi nella CFE dove ci non avviene succeder dopo un po che,
127
come in una famiglia dove non c fecondit spirituale, la vita tender ad infiacchirsi e a ripiegarsi
su se stessa.
Far entrare una nuova persona o moltiplicare la CFE certamente un po morire a se stessi e ai
propri affetti. Ma questa sofferenza in realt un allargare il cuore anche agli altri che hanno
estremo bisogno di Ges, della sua salvezza e di sperimentare una vita fraterna di comunit.
come in una coppia di sposi quando arriva un nuovo figlio: come neo genitori essi sono nel
timore di essere costretti a reinventarsi, a ripensarsi nella loro relazione, perch un figlio
sconvolge con il suo arrivo, ma poi dopo un attimo di assestamento non possono che gioire
perch, se non fosse arrivato questo figlio, certamente non sarebbero cresciuti cos tanto nella
capacit di amare lui e di amarsi tra loro.
La cosa meravigliosa che accogliendo oggi una persona, moltiplicando domani la CFE ecc.,
non solo si amplia nel tempo enormemente il numero di coloro con i quali ci si lega nel Signore, ma
non si perdono mai i legami precedenti perch si della stessa parrocchia e ci si incontra spesso (tra
laltro ogni tre mesi circa vi un incontro comune tra tutti i membri delle diverse CFE).
Questa disponibilit ad accogliere e poi a moltiplicarsi consente di scoprire i volti e i cuori di
tantissimi come mai sarebbe stato possibile.
11. La moltiplicazione di una CFE come il lasciar andare i figli
Una CFE destinata, dato che una comunit di evangelizzazione a moltiplicarsi; ed
essendo familiare questo avviene in analogia alla famiglia.
In famiglia, pretendere che i figli rimangano uniti ai genitori anche quando sono cresciuti un
errore madornale, che molti commettono a causa della possessivit che vivono. Quanti matrimoni
sofferenti per le invadenze psicologiche di genitori e suoceri non rassegnati a lasciare i figli per la
loro strada!
Quando invece lamore dei genitori sano, esso si manifesta soprattutto al momento del
raggiungimento dellet adulta dei figli con lincoraggiamento ad uscire, affinch realizzino nuove
famiglie in cui sia possibile vivere lo stesso amore che loro provano come coppia e come genitori.
Quanto grande la gioia di vedere un figlio adulto che si formato una nuova famiglia, cos
grande la gioia di una CFE che genera una, due, tre CFE. Anzich continuare ad ingigantirsi
perdendo cos la novit, la freschezza e lintensit dei rapporti umani del piccolo nucleo, la
moltiplicazione le permette di raggiungere nuove persone con doppia efficacia in quanto come CFE
madre d vita ad una nuova CFE figlia e tutte e due ricominceranno nuovamente il processo
vitale di crescita e di fecondit spirituale.
La moltiplicazione, per una CFE, il momento pi bello, che tutti i membri vivono con
emozione e gioia perch il momento in cui si celebra la verit che la trasmissione della fede (come
la trasmissione della vita) sempre un generare qualcuno allamore. Insita in queste moltiplicazioni,
vi la sfida a cui chiamata ogni parrocchia: rievangelizzare il proprio territorio.
Se tante CFE si moltiplicano significa che nessuno viene trascurato e che il numero di coloro che
vengono alla fede cresce in maniera esponenziale, in quanto tutti i parrocchiani vengono messi nella
condizione vitale e spirituale per evangelizzare. Se la comunit cristiana nel suo insieme a far
circolare nelle arterie relazionali che la compongono lamore del Signore Ges, ogni capillare
ostruito del corpo sociale di un paese o di un quartiere pu essere liberato.
Ancora una annotazione. La nuova CFE che si forma dalla moltiplicazione viene affidata alla
responsabilit di una coppia di sposi scelta dal parroco e che fino ad allora faceva parte della CFE
originaria. , infatti, in ogni CFE che si forma la coppia responsabile della futura CFE che nascer
dalla moltiplicazione. Ogni coppia responsabile, seguendo le indicazioni del parroco che si
preoccupa della loro formazione, ha accanto una coppia collaboratrice, che assumer la
conduzione della comunit figlia, non appena la comunit madre si moltiplicher.
Avviene, per chi evangelizza, come nella vita di ogni famiglia, in cui si respira costantemente il
senso del futuro, del dopo, dellavvenire, tanto che la casa viene curata perch possa essere sempre
128
accogliente, si cerca di risparmiare per il futuro, si pensa per quando si sar anziani e si prospettano
le soluzioni migliori per i figli in quanto saranno proprio loro a continuare il nostro cognome. Si
pensa al futuro della propria CFE perch si consapevoli che evangelizzare non solo per loggi,
ma anche per costruire il futuro di una Chiesa che sappia ancora evangelizzare.
Quando evangelizziamo, il nostro orientamento deve sempre essere rivolto al tempo che verr.
Noi un giorno dal cielo parteciperemo alla gioia della Chiesa qui in terra potendo guardare a quel
tratto di strada che abbiamo contribuito a farle percorrere. Vedremo il nostro cognome di battezzati
portato avanti dai cristiani dei prossimi decenni e secoli della nostra comunit.
129
COME CONDIVIDERE
1Gv 4,11-21
Gal 6,2
Gal 6,6
Gc 5,16
130
Rm 15,25-27
2Cor 9,6-11
Secondo quanto hai letto, scrivi quale deve essere latteggiamento del cristiano che dona la propria
ricchezza alla comunit.
131
Leggi 1 Giovanni 3,1. Se tu sei figlio di Dio ed Egli il Padre di tutti, come vedi la tua
relazione nei confronti dei non credenti?
2.
3.
Leggi Siracide 4,9-10. La fratellanza con il prossimo quale rapporto con Dio genera?
4.
Leggi Ebrei 10,24-25 e Ebrei 3, 13. Qual lo scopo di incontrarsi insieme come credenti?
132
CAPITOLO IX
LA COMUNIT FAMILIARE CONDUCE OGNI PERSONA ALL'EUCARISTIA
Come prima cosa vorremmo, a riguardo del titolo di questo nono ed ultimo capitolo,
sottolineare la diversit dellincipit rispetto ai precedenti. Essi iniziavano (a parte il primo che era
intitolato La famiglia partecipa del mandato di evangelizzare) sempre in questo modo: La
famiglia evangelizza.
Se abbiamo ripetutamente utilizzato questa espressione perch non possibile per noi
cristiani parlare di due sposi (la famiglia appunto) senza sottolineare anche la specifica grazia che
essi ricevono con il sacramento del matrimonio che quella di veder modificata la sostanza del loro
essere conformati a Cristo. Da due discepoli che in forza del battesimo Lo testimoniavano
singolarmente, diventano una vera e propria Chiesa domestica che svolge un ministero permanente
e ordinario (nel senso di ministero connesso e costitutivo con la struttura stessa della Chiesa).
Il loro noi di coppia, continuamente alimentato dalla distinzione sessuale, racchiude in s,
infatti, lessenza profonda dellessere e del fare Chiesa e perci consente a tutte le persone che vi
trovano accoglienza e un punto di riferimento (non solo i figli) di attingere direttamente alla buona
notizia della natura uni-triadica dellAmore.
Abbiamo perci man mano declinato dove la famiglia evangelizza (nel proprio ambiente
di vita - 2 capitolo), con laiuto di Chi evangelizza (con la preghiera e con la forza dello Spirito
Santo - 3 e 4 capitolo), come evangelizza (con il servizio - 5 capitolo), dicendo cosa
(condividendo la propria esperienza di fede - 6 capitolo), con quale obiettivo (accompagnando
ogni persona a riconoscere e ad affidarsi allunico Sposo, il Signore Ges - 7 capitolo), ed infine
nellottavo capitolo ricordando la modalit storica con la quale le famiglie cristiane hanno
trasformato se stesse e le persone a loro vicine (figli, amici, parenti, domestici o padroni) in quelle
chiese primitive che hanno rappresentato una tale forza gravitazionale da riuscire a convertire il
mondo al vangelo.
Ora il titolo del presente capitolo non inizia con il soggetto famiglia La famiglia
evangelizza (anche se il ruolo della famiglia nellevangelizzazione rimarr in ogni caso il tema in
primo piano), bens La comunit familiare.
Avendo presentato lesperienza delle CFE (le Comunit Familiari di Evangelizzazione) della
parrocchia San Giuseppe di Bovolone (Verona), abbiamo pensato cosa opportuna ritornare
sullargomento per precisare le relazioni che si instaurano tra una CFE e le altre, tra una CFE e la
parrocchia.
1. La novit della CFE
Riassumendo, la novit della CFE quella espressa da San Paolo: la chiesa che si riunisce
nella tua casa (Rm 16,5). una piccola comunit composta da persone di differenti stati di vita
legate in qualche modo (per amicizia, parentela ecc.) ad una coppia di sposi a cui viene conferito
dal parroco il mandato di essere il segno allinterno di questa comunit di quellamore divino alla
ricerca di riversarsi in ogni cuore umano e di chiamare tutti allunit.
Oltre a fare assegnamento sulla ministerialit che scaturisce dal sacramento del matrimonio,
una seconda essenziale caratteristica della CFE quella, attraverso la preghiera, di predisporsi come
vera e propria famiglia ad accogliere nuovi fratelli in Cristo per far sperimentare loro quellamore
che il Signore ha riversato per tutti sulla sua Chiesa.
Se sono nate le CFE perch crediamo che il Signore Ges si sia legato indissolubilmente
ad ogni coppia che si congiunge nel suo nome; che non vi peccato o fragilit che possa estirpare
definitivamente linabitazione dello Spirito Santo (che la Relazione del Padre e del Figlio) nella
133
relazione sponsale tra due battezzati; che il progetto di Dio Padre da sempre contemplava le nozze
umane quale strumento per dar corpo nel qui e ora della storia al processo di osmosi tra il
vangelo, che la persona di Ges, e le innumerevoli culture e strutture sociali.
Riteniamo pertanto che partire dalla famiglia sia il modo pi corretto per affermare che
luomo la prima e fondamentale via della Chiesa90. Luomo generico non esiste; esiste invece
luomo nella sua realt sessuata che lo determina come maschio o come femmina in intrinseca
relazione. Ci vale anche per chi non si sposa. Se siamo nati maschio o femmina vuol dire che
porteremo sempre un anelito interiore a creare con qualcuno ununit tale da far fiorire la propria e
laltrui specificit.
Non possibile, in qualsiasi stato di vita diverso dal matrimonio ci si ritrovi o si scelga di
essere, non interpretare se non nuzialmente le relazioni con le persone con le quali si decide di
condividere la propria esistenza. Un sacerdote non pu non veder nelle persone che compongono la
comunit che gli affidata la sposa alla quale deve dare tutto se stesso. Nellamicizia, per esempio,
prima o poi giunger il momento in cui, se non si morir a se stessi, non si potr continuare a
rimanere vicino a qualcuno che inevitabilmente manifesta limiti e mancanze. Lalternativa
sprofondare nella solitudine che un vivere la morte quotidianamente. Come si pu altrimenti
amare Dio se non si vuole voler bene a qualcuno come amico e fratello? Chi infatti non ama il
proprio fratello che vede, non pu amare Dio che non vede (1Gv 4, 20).
Per questo la famiglia (cio la massima espressione sulla terra, e per questo la pi fragile, di
quella attivit divina che il diventare una cosa sola attraverso le rispettive distinzioni)
determinante sia per la societ che per la Chiesa. La sua buona o cattiva salute, il modo di
interpretarla, genera automaticamente una societ giusta o ingiusta. Non a caso i sociologi
affermano che il mancato innesto nel tessuto sociale del buono che si produce nelle case, a
determinare una societ nel suo complesso sempre pi lontana da ci che autenticamente umano.
Accogliere o non accogliere lapporto che la famiglia pu dare, non assolutamente
irrilevante per la Chiesa. La Chiesa con la famiglia, intesa non come coppie ridotte a braccianti
del parroco, diviene presenza efficace nel mondo dellamore del Padre ed in grado di annunciare il
suo Signore; senza la famiglia la Chiesa si sclerotizza e parla senza incisivit.
Per questo abbiamo intensamente pregato lo Spirito Santo affinch ci suggerisse una
modalit che consentisse alle coppie di oggi di svolgere il ruolo che il Signore Ges ha loro
affidato: edificare e far crescere la Chiesa proprio a partire dallintima esperienza che esse fanno di
donare i corpi per essere un sol corpo .
Sono le CFE il suggerimento che abbiamo colto dallo Spirito. Noi le viviamo veramente
come un tentativo di dare realistica concretizzazione alla profetica visione della famiglia, quale
indispensabile e insostituibile soggetto creativo della Chiesa91.
Articolare la struttura relazionale della parrocchia a partire dal sistema delle CFE rendere
finalmente ogni coppia di sposi protagonista dellevangelizzazione, senza snaturarne minimamente
lidentit di famiglia. Inoltre, in questo modo, ogni battezzato potr assimiler dalla coppia il modo
di dire lamore di Dio a chi incontra sul proprio cammino.
2. Gli sposi fanno lamore
Nel contesto sociale e culturale attuale, i cristiani rischiano di limitare la propria riflessioni sulla
famiglia ad estenuanti (anche se necessarie) osservazioni analitiche su come sia meglio difendere
listituto matrimoniale nel sistema legislativo (Pacs, Dico o Cus ecc.). Ma in questo modo,
guardando solamentead alcune problematiche particolari, si finisce per non vedere la realt della
famiglia, ci che essa veramente per la Chiesa.
90
134
La realt della coppia e della famiglia talmente onnicomprensiva che non si sa da dove partire
per osservarla nella sua completezza. Accade cos che si ritiene arduo eseguire questoperazione, e
di conseguenza, purtroppo, non si calcola affatto la famiglia per ci che nel progetto di Dio;
oppure, quando va bene, la si confina in uno dei tanti ambiti (dopo il dialogo interreligioso e
prima del disagio giovanile) nei quali chiamata ad operare oggi la Chiesa. Invece tutto nella
Chiesa (come nella societ) dipende dallapporto della famiglia: dalla sua capacit di annunciare il
vangelo alla modalit con la quale si vive in essa fraternamente, dalla qualit dei preti e dei
consacrati al numero dei santi.
In una parrocchia basterebbe una sola famiglia santa per convertire tutti, perch la coppia stata
pensata da Dio per fare lamore, per produrre e diffondere il suo Amore.
Da una sola coppia, che vive ogni aspetto del matrimonio in quella piena unit che dono dello
Spirito, la santit di Dio si sparge sempre abbondantemente nei cuori, compiendo miracoli
straordinari.
Gli sposi possono fare lamore per se stessi (a loro esclusivo vantaggio e in forza solo delle
loro capacit) e allora persino lunione sessuale risentir del loro egoismo, oppure possono decidere
insieme di sposarsi con lunico e vero Sposo dellumanit, il Signore Ges, e per questo da ogni
loro gesto intimo e da ogni loro parola scaturir una tenera carezza di Dio offerta a tutti.
Scopriranno cos che il desiderio di fare lamore un concetto vastissimo che li comprende, li
genera, non li lascia soli (neppure quando uno dei due concluder i propri giorni sulla terra) e li
mette a servizio della Chiesa e del mondo.
, dunque, lunit che essi, tra fatiche e gioie, continuamente creano (e che magari credono di
creare solo per la propria famiglia), ci che regalano alla Chiesa e di cui la Chiesa ha assolutamente
bisogno. Questa unit sponsale, anche se ai loro occhi appare piccola per gli alti e bassi di cui
composta, pi grande della loro immaginazione di sposi e anche di quella dei preti. Essa ad
immagine e somiglianza dellUnit delle Persone divine anche se noi la vediamo posta e trasportata
sulle loro fragili spalle.
Vi offriamo unimmagine simpatica per capire questo concetto:
tutti abbiamo studiato che le api cercando, per il loro nutrimento, il nettare dei fiori, rendono loro il
servizio dellimpollinazione. Questo significa che allora il loro cercare il nettare non pi quello di
prima? Che viene addirittura svisato dallimpollinazione? Le api in s non si accorgono nemmeno
di questo servizio supplementare, solo noi dallesterno ne comprendiamo limportanza per la flora!
Se le api potessero capire ci che gi fanno, potrebbero solo gioire di questo loro contributo al
creato. Solo delle api rese particolarmente nevrotiche dallossessione privatistica della nostra cultura
potrebbero prendere in considerazione di non cercare pi il cibo per nutrirsi al fine di non sentirsi
strumentalizzate!92.
92
BONETTI, ROTA SCALABRINI, ZATTONI E GILLINI, Innamorati e fidanzati, ed. San Paolo, p.240.
La formazione di una coppia responsabile si svolge soprattutto allinterno della CFE di provenienza. Vi sono anche
degli strumenti indispensabili come il presente testo. Inoltre a Bovolone abbiamo predisposto una settimana di esercizi
spirituali denominata Seminario di rinascita di coppia (per informazioni www.parrocchiabovolone.it) che ha il
precipuo scopo di attivare nelle coppie la contemplazione del mistero presente nella loro relazione. Come sappiamo,
questo lingrediente principale per assumersi la responsabilit inerente al proprio sacramento.
93
135
Come il vescovo si affianca di sacerdoti per la cura pastorale della Diocesi, cos il parroco con
questo mandato pone in evidenza la grazia specifica del sacramento del matrimonio che gli sposi
cristiani hanno ricevuto, allo scopo di essere costruttori di comunione ecclesiale attorno al pastore,
facendo s che la loro famiglia sia nella vita ci che essa per grazia: chiesa domestica.
Le coppie responsabili, quindi, non agiscono autonomamente, ma in costante comunione e
obbedienza al parroco. Esse, per la grazia del sacramento e per il mandato conferito dal parroco,
costituiscono per i componenti delle CFE il segno della presenza del Signore in mezzo a loro e
dellunit e della comunione con il pastore.
Ogni membro della CFE invitato perci a pregare per la propria coppia responsabile perch il
Signore la sostenga e la illumini; altres, invitato a collaborare con essa per il buon svolgimento e
la crescita della CFE. Chi non riconoscesse il ministero della coppia responsabile non
riconoscerebbe quello del pastore che lha mandata.
In parrocchia potenzialmente, tutte le coppie unite dal sacramento e che lo vivono con fede
possono diventare coppie responsabili di CFE. Va ribadito che nella realt moltissime gi si
adoperavano perch si sentivano umanamente responsabili delle proprie comunit familiari
naturali (un parente bisognoso; unamica sconfortata da consolare ecc.). Con il mandato conferito
dal parroco per la coppia non vi perci dicotomia di compiti. Essa continua ad esprimersi nel
mondo (il proprio ambiente di vita) e non esclusivamente in attivit religiose, come vorrebbe una
certa mentalit clericale, diffusa purtroppo anche tra tanti sposati impegnati nelle nostre parrocchie.
Il mandato non altro che una esplicitazione di ci che avvenuto nel giorno delle nozze. Se
due coniugi sono giunti a rendersi disponibili a questo ministero perch hanno maturato la
consapevolezza che il Signore li chiama (cos come essi sono e mantenendo, anzi sviluppando il
proprio feriale servizio) a continuare a svolgere il ruolo di punto di riferimento per le persone a loro
vicine, ma con lintenzione ora di far fare a tutti lesperienza, avvolti dallamore del Signore, di una
intensa unit nella fede. Il passaggio da responsabili della propria comunit familiare naturale a
responsabili della CFE.
In estrema sintesi il loro compito collegare insieme, utilizzando per questo scopo le doti
umane e spirituali che gi vivono nella loro relazione sponsale, i componenti della CFE a loro
affidati, per farli vivere e pregare con un cuor solo ed unanima sola.
Sar poi questa forte unit nel Signore (unit che la presenza dello Spirito Santo) a compiere il
miracolo di trasformare poche e fragili persone sia in una potente calamita per coloro che hanno
incontrato Ges, sia in un lievito che dilata enormemente e sorprendentemente il Regno di Dio in
parrocchia.
4. Cosa deve avere di speciale una coppia responsabile?
Con le CFE non si fa altro che mettere in risalto il nucleo centrale del rapporto sponsale: un
affidamento reciproco tra marito e moglie che genera una feconda disponibilit, a prendersi cura del
terzo. Chiamiamolo pure pi semplicemente ruolo di responsabilit (verso i figli, i genitori, i
parenti, gli amici, i vicini di casa ecc.) che una coppia pu, nella libert, pi o meno assumere.
Alle coppie responsabili delle CFE viene chiesto di finalizzare questo ruolo di responsabilit
che hanno maturato nel corso del loro matrimonio per contribuire a costituire la Chiesa. Per divenire
coppia responsabile di una CFE non occorre aver studiato teologia, ma solamente credere che c
una buona notizia da vivere e annunciare. Se si crede a questo, si crede anche nella bont di se
stessi come individui e nel noi di coppia come buona notizia.
Lamore che si sperimenta nel matrimonio lo si contempler come un dono meraviglioso che
proviene da una sorgente inesauribile, dalla quale si pu attingere in ogni momento: basta mettersi a
servizio del coniuge che si ha accanto. necessario perci che rimanga una coppia reale e non
pretenda di essere un modello, che faccia trasparire lamore attuale che sta vivendo e non quello
idealizzato o dei primi tempi; che mantenga al loro interno (e non abbia vergogna a mostrarlo)
unatmosfera di vero affetto e tenerezza; che superi il dubbio di non saper parlare. In sostanza, le
136
doti necessarie per essere una coppia responsabile di una CFE sono le stesse che fanno funzionare
bene un matrimonio!
Una coppia di sposi si pu sentire la pi inadeguata del mondo (in genere questo un buon
segno che depone a loro favore), ma se dalla loro relazione promanano serenit, dedizione,
disponibilit di tempo per gli altri e apertura allopera dello Spirito Santo vuol dire che essi sono i
pi adatti a svolgere questo ministero ecclesiale.
In realt, sufficiente guardare al proprio matrimonio come ad una vocazione, una chiamata del
Signore. Basterebbe giungere a dire insieme: Come abbiamo man mano compreso che non siamo
stati noi ad inventare la nostra relazione (ci siamo scelti, vero, ma Qualcuno da sempre, pensando
a noi come maschio e femmina, ci aveva con-vocati perch voleva farci provare la gioia che deriva
dallandare verso una sola carne a partire dalle rispettive differenti identit), cos ci diventato
chiaro che non siamo stati noi ad abilitarci, ma il Signore a farlo attraverso il mandato del nostro
parroco. Ges, infatti, non ha mai chiamato persone gi capaci, ma ha reso capaci coloro che
chiamava.
La domanda: Siamo in grado di fare la coppia responsabile?, dovrebbe trasformarsi in questa:
Tu Signore, cosa vuoi da noi?. Se la sua risposta fosse quella che giunto il momento di offrire
ci che finora si vissuto nel matrimonio per aiutare i fratelli a sentirsi in famiglia quando sono
riuniti nel suo nome, allora con le parole di San Paolo non si pu che dire: Rendo grazie a colui
che mi ha dato la forza, Cristo Ges Signore nostro, perch mi ha giudicato degno di fiducia
chiamandomi al ministero (1Tim 1,12).
5. Cosa fa la coppia responsabile?
Innanzitutto segue i fratelli che il Signore le affida nella CFE. Prega per loro ogni giorno per
avere sempre nei loro confronti unapertura di cuore e di mente ed una disponibilit ad ascoltarli
con pazienza e umilt. Poi, esattamente come gli altri membri della CFE, evangelizza le persone del
proprio ambiente di vita. Levangelizzazione compito di tutti, mentre solo della coppia
responsabile il ruolo insostituibile di far s che i componenti della CFE non siano degli
evangelizzatori solitari, ma vera Chiesa, dove ogni singolarit collegata alla vite che il Signore
Ges.
La coppia responsabile, vivendo in profonda comunione col parroco e con tutta la comunit,
guida della CFE: valorizza e promuove sempre ci che di positivo emerge; incoraggia tutti,
specialmente le persone pi timide o meno comunicative; esamina tutto con discernimento e valuta
con attenzione i suggerimenti; non accetta nulla senza aver prima ben approfondito le diverse
situazioni; protesa con fiducia verso la propria crescita spirituale; facilita larmonia e lintesa tra i
membri della CFE anche con le opportune mediazioni; si impegna affinch lincontro settimanale
non esca dagli schemi e dai tempi programmati, senza eccessivi e controproducenti formalismi.
La coppia responsabile perci deve porsi lobiettivo di diventare uno strumento di comunione,
sia nella CFE che nella parrocchia. Per riuscire nellintento deve imparare a pregare ogni giorno per
il parroco e per coloro che svolgono nei suoi confronti un servizio di sostegno e di
accompagnamento nella struttura del sistema delle CFE (cio, come vedremo pi avanti, la coppia
di collegamento e la segreteria).
La preghiera quotidiana dar alla coppia responsabile la capacit di cercare sempre il bene e i
lati positivi; di risolvere nellamore e nella misericordia i problemi relazionali e di perdonare
lavorando per la pace e la santificazione. Deve addirittura intensificarsi quando, sottoposti alle
tentazioni del maligno, si manifestano delle difficolt con i sacerdoti e con la comunit. Solo la
preghiera ci fa parlare sempre bene degli altri. Se non proprio possibile dire cose buone, ci dona la
forza di tacere e di coprire tutto con la carit avvicinando con coraggio il fratello: Se il tuo
fratello commette una colpa, va e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolter, avrai guadagnato il
tuo fratello (Mt 18,15).
137
In ogni caso, la saggezza consiglia che quando si hanno dei problemi nei confronti di coloro che
esercitano su di noi unautorit non va mai lasciato che questa erba cattiva avveleni il nostro
cuore e la nostra mente. Immediatamente si deve cercare un chiarimento con loro e se non tutto e
subito viene risolto, offrire al Signore la sofferenza per ci che per adesso non si pu chiarire e
modificare, chiedendo a Lui pazienza ed amorevolezza.
Un altro importante compito della coppia responsabile disporsi in maniera intelligente nei
confronti dei membri della CFE che chiedono un aiuto concreto per una loro difficolt. Per
esperienza si sa che, nonostante il gran numero di esperti esistente per trattare i bisogni di tutti, la
maggior parte delle persone continua a preferire la condivisione dei propri problemi con un vicino o
un amico. Gli amici, infatti, non fanno sentire in obbligo e ci si pu aprire pi facilmente con loro
piuttosto che con un estraneo. Inevitabilmente perci ogni coppia responsabile, in virt del ruolo
che interpreta nella CFE, verr avvicinata da qualche componente nel momento del bisogno.
bene essere disponibili in queste occasioni e non rimandare ad altro momento; ci che si pu
fare bene farlo subito! Soprattutto si pu aiutarli nelle relazioni personali quotidiane che si hanno
con loro. Occorre essere compassionevoli. La gente, si sa, quando chiede una mano sogna di trovare
qualcuno sensibile, comprensivo, premuroso. Bisogna essere attenti ascoltatori. Ognuno sia pronto
ad ascoltare, lento nel parlare (Gc 1,19). importante non giudicare. Ci non vuol dire che si
devono lasciar correre azioni sbagliate: non si giudica mai, perch Dio ama tutti nonostante il nostro
peccato.
Troppe volte le persone si rivolgono al parroco per un problema, quando troppo tardi. Una
coppia responsabile ha unopportunit maggiore, per rendersi conto di questi problemi prima che
siano incontrollabili ed irreversibili. Come coppia responsabile si spesso i primi ad affrontare
unemergenza. Quando si fronteggiano queste ed altre situazioni, utile ricordare che coloro che
sanno dare un efficace aiuto agli altri sono persone che pongono il Signore al centro di tutto.
La coppia responsabile si preoccupa inoltre anche del buon andamento dellincontro settimanale
della CFE a loro affidata: non solo pregando per tutti i componenti della CFE, ma anche favorendo
un contatto con qualcuno di loro durante la settimana con una telefonata o un incontro; infondendo
in ogni cuore lardore dellevangelizzazione; creando un clima di accoglienza, di amicizia e di gioia
durante lincontro di CFE; aiutando tutti ad intervenire in una maniera arricchente per la CFE senza
assumere latteggiamento da maestri.
6. Responsabilit e comunione nelle comunit familiari
Dopo aver detto ci che fanno le coppie responsabili giusto dire anche ci che si fa per
loro. necessario che le coppie responsabili si sentano accompagnate da vicino nel loro ministero,
affinch sentano la stima ed il riconoscimento oltre che utili consigli e il confronto con qualcuno.
La struttura comunionale (nello stile della famiglia dove nessuno lasciato solo) la pi
consona affinch tutti, anche le coppie responsabili, siano opportunamente seguiti ed aiutati nel
proprio cammino spirituale.
Nella struttura organizzativa complessiva delle CFE le coppie responsabili sono affiancate dalle
coppie di collegamento che a loro volta hanno nel parroco e nella segreteria il punto di riferimento
finale. Spieghiamo brevemente questi termini.
La coppia responsabile ha il compito di organizzare e sostenere concretamente la CFE. I due
coniugi accolgono, servono ed esortano tutti i membri. Insieme a loro evangelizzano nel proprio
ambiente di vita. Vivono il loro ministero con grande entusiasmo, serenit, con fantasia e con
profonda sottomissione. Devono compilare un rapporto scritto ogni settimana sullo svolgimento
dellincontro della comunit familiare e consegnarlo alla coppia di collegamento.
La coppia di collegamento una coppia di sposi scelta dal parroco che responsabile della
propria CFE e che mantiene inoltre il legame con 3-4 coppie responsabili di altrettante CFE.
Pregano assieme alla coppia responsabile per la risoluzione dei problemi presentatisi in una
determinata CFE ed affrontano le prospettive di moltiplicazione delle comunit familiari e della
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loro organizzazione interna. Devono visitare le CFE a loro affidate, specie dove le difficolt sono
maggiori. Le coppie di collegamento si rendono necessarie quando il numero delle CFE supera le
dodici unit o secondo il giudizio del parroco.
La segreteria delle CFE svolge una funzione di strettissima connessione tra il parroco, le coppie
di collegamento, e le coppie responsabili. Coordina e dirige tutta la struttura organizzativa. Si
riunisce ogni quindici giorni. composto dal parroco e dalle coppie da lui scelte. Qui si affrontano
tutti i problemi, si studiano le proposte pastorali pi opportune, lo sviluppo delle comunit familiari,
la preparazione delle coppie responsabili, lampliamento della struttura e ogni altra difficolt.
Cos lo stile di famiglia presente a tutti i livelli: ogni coppia responsabile fa riferimento ad
una coppia di collegamento, la coppia di collegamento fa riferimento alla segreteria e il pastore ha
attorno a s una famiglia (la segreteria) con la quale gestisce le comunit.
Una collaborazione pi ampia, una responsabilit condivisa, un servizio pi aperto, permettono
invece di accogliere pi facilmente le ricchezze dello Spirito e di darGli possibilit di espressione,
come scrive san Paolo agli Efesini: lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti,
altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il
ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finch arriviamo tutti allunit della fede e della
conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena
maturit di Cristo. [] vivendo secondo la verit nella carit, cerchiamo di crescere in ogni cosa
verso di lui, che il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la
collaborazione di ogni giuntura, secondo lenergia propria di ogni membro, riceve forza per
crescere in modo da edificare se stesso nella carit (Ef 4,11-13.15-16).
7. Le CFE dilatano lamore dei discepoli per la Chiesa
Abbiamo visto da vicino che il ruolo della coppia responsabile di una CFE totalmente scevro
da accessori pastorali. Non ci sono schemi, procedure sofisticate o dinamiche conosciute
esclusivamente dalla coppia responsabile che consentano ad essa di stare un passo avanti rispetto
ai componenti della CFE per poterli guidare in modo opportuno (cosa indispensabile invece per gli
animatori e i catechisti).
La CFE in realt si fa guidare dal Signore Ges. Tutti perci si sentono suoi discepoli allo stesso
livello. Ognuno porta la sua fede. Chi ne ha di pi aiuta chi ne ha di meno.
La coppia responsabile, oltre alla propria fede personale e di coppia, in CFE offre, solo per
grazia, la propria relazione sponsale, sacramento che getta uno spiraglio sullAmore di Dio. Questo
lunico motivo per cui essa ad esserne responsabile.
Come un prete indispensabile alla comunit, perch figura di Cristo Buon Pastore in mezzo
al suo popolo, come i consacrati indicano a tutti che siamo destinati al cielo, cos gli sposi, senza
dover aggiungere nulla a ci che gi sono, suggeriscono silenziosamente, attraverso lintensit del
loro rapporto, un piccolo riflesso di quale intima unit il Signore Ges vuole vivere con ciascun
membro della CFE.
Da come la coppia responsabile vive lessere uno nel corpo, fisicamente dunque, fa
riscoprire ai componenti della CFE che il comandamento di Ges di amarci gli uni gli altri come
Lui ci ha amato si realizza solo nella concreta materialit: un sorriso, un abbraccio, pulire la casa
della sorella della CFE impossibilitata da un evento imprevisto, ecc.
Da come la coppia responsabile fa intuire (anche senza esplicitare) che nulla tra loro due vi
di nascosto, cos tutti man mano imparano a confidare la verit della propria vita e a condividere
lesperienza del loro incontro con Ges, prima in CFE e poi nel proprio ambiente di vita.
Gli esempi potrebbero continuare allinfinito perch una cosa che fa parte della nostra
struttura umana, che ha la sua radice nellessere figli, assorbire da una coppia ci che possiamo
diventare.
Per questo, per esempio, semplicemente per la modalit con cui la coppia responsabile
interpreta con gioia il proprio ministero di guida della CFE, ogni membro prende slancio e desidera
139
8. Una parrocchia che dallincontro con Cristo trae forza per evangelizzare
Una persona o una coppia che diventa membro delle CFE intraprende con decisione (o lo
riprende) un cammino di sequela a Cristo.
Per la frequenza cos ravvicinata degli incontri sente sulla propria pelle che, per diventare come
il Maestro Ges, non basta ascoltarLo una volta tanto, ma essenziale esserne un discepolo. Uno
cio che, insieme ad altri fratelli, vive a stretto contatto con Lui e per questo inizia a pensare,
sperare, amare come Lui. Il fare continuamente esperienza di Ges il fondamento sia della
propria personale conversione, che chiamata in ogni caso sempre a progredire, sia dellaumento
del coraggio nellevangelizzare.
Pi cresce in parrocchia il numero dei discepoli che hanno capito limportanza di non perdere
il contatto ravvicinato con il Signore Ges, pi la comunit parrocchiale nel suo insieme calibra in
modo differente il proprio obiettivo. Se fino ad ora era incentrato sulla costruzione di unadeguata,
94
140
efficiente e ben amministrata struttura, che consentisse alle persone di ricaricarsi spiritualmente,
adesso la stessa parrocchia che, cercando di spostarsi nel territorio per portare Ges il pi vicino
possibile a tutti, in realt si dispone sempre pi accanto alla Sua presenza nellEucaristia.
Pi aumenta il numero delle CFE e pi ladorazione eucaristica permanente diventa il cuore
pulsante della parrocchia.
Pi si moltiplicano le CFE e pi cambia ci che si intende per parrocchia. Emerge, infatti, e non
per slogan, che essa lunit sempre pi forte nella fede e nella vita che si crea attorno alla mensa
eucaristica con un numero sempre pi grande di persone.
Pi si diffonde tra i parrocchiani il percorso semplice che viene compiuto dai membri
delle CFE (ti interessa che il tuo familiare conosca Cristo? Comincia a pregare per lui. Servilo tutti i
giorni con piccolissimi gesti. Trova il momento opportuno per dirgli ci che la fede ha prodotto in
te. ecc.) e pi sono i praticanti che non si accontentano di partecipare alla messa domenicale solo
per ossequio ad una tradizione.
Una parrocchia che si scopre rinnovata nella fede e che vede ed ode ogni giorno le meraviglie
compiute dal Signore, capisce perci che le CFE non sono i gruppi ufficiali incaricati di
preoccuparsi di coloro che non credono o non partecipano pi alla vita della Chiesa (come
purtroppo si sono fraintese tante altre iniziative suscitate dallo Spirito nella Chiesa, come ad
esempio la Caritas che finita per essere considerata come lorganismo che ha una sorta di delega
per rappresentare lei sola il volto di una Chiesa-carit). Si capisce grazie alla sensibilizzazione che
viene fatta dalle persone che partecipano alle CFE, che il compito di evangelizzare sostanza
dellidentit cristiana.
Non vi attivit o iniziativa della parrocchia che non venga progressivamente toccata da questa
consapevolezza: come in una massa dacqua non c una parte di essa che non bagni, cos in
parrocchia non ci pu essere una componente che non senta la passione di comunicare il vangelo.
141
Matteo 11,25-30
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Matteo 10,38-39
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Luca 14,27
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Secondo quanto hai letto, scrivi quale deve essere la prima caratteristica di un discepolo di Cristo.
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Giovanni 15,5
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Giovanni 14,21
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Matteo 28,19
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Secondo quanto hai letto, scrivi quale devessere la seconda caratteristica di un discepolo di Cristo.
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143
Giovanni 6,66-68
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Colossesi 3,16
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2Pietro 2,15
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Secondo quanto hai letto, scrivi quale devessere la terza caratteristica di un discepolo di Cristo.
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144
Giovanni 13,35
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Matteo 20,26-28
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Colossesi 3,12-15
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Secondo quanto hai letto, scrivi quale devessere la quarta caratteristica di un discepolo di Cristo.
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145
Galati 5,22
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Matteo 4,19
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1Pietro 3,15
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Secondo quanto hai letto, scrivi quale devessere la quinta caratteristica di un discepolo di Cristo.
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Scrivi un breve riassunto dei principi e degli atteggiamenti richiesti per essere un discepolo e per
fare discepoli:
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146
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2.
Esamina il tuo atteggiamento verso gli altri cristiani. C qualcuno che consideri con
difficolt quale membro del corpo di Cristo? Perch?
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Chi deve formare e preparare il popolo di Dio affinch ogni membro possa svolgere il
proprio compito nel ministero?
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4.
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147
APPENDICE
SCHEMA DELLINCONTRO SETTIMANALE DELLA CFE
La maggior parte del ministero dei membri della CFE e, in particolare della coppia responsabile,
svolto fuori dallincontro. Come stato detto, esso pi propriamente si svolge durante la
settimana, quando cio si impegnati ad evangelizzare il proprio ambiente di vita.
Lincontro il momento per fermarsi e verificare insieme il proprio compito di discepoli e di
evangelizzatori.
Lincontro caratterizzato da sette momenti, ognuno dei quali ha una durata tale da consentire
che lintero incontro si svolga in unora e mezzo.
1. Preghiera di lode e ringraziamento
2. Condivisione della fede
3. Ascolto della Parola
4. Risonanza dellascolto della Parola
5. Avvisi
6. Preghiera di intercessione
7. Preghiera per i fratelli presenti
15 minuti
20 minuti
15 minuti
15 minuti
5 minuti
10 minuti
10 minuti
I sette momenti e la loro durata servono a salvaguardare lo spirito e lidentit della CFE, che
vuole essere unoasi allinterno della settimana, per sostare con il Signore insieme ad altri fratelli
riuniti ed accolti da una coppia di sposi. In questo modo possibile costituire e comprendere
lamore di Dio per ciascuno di noi, un amore di padre, di madre, di sposo, un amore intenso e
particolare per ognuno, un amore che opera meraviglie, ci salva e ci spinge a invitare altri fratelli ad
accoglierLo.
Va sottolineato che lincontro di CFE non ha la pretesa di essere esaustivo. La parrocchia non si
esaurisce nella CFE, ma si articola in vari servizi e ministeri che possono dare una risposta ad altre
nostre necessit, una possibilit per mettere a disposizione i nostri doni per gli altri.
1. Preghiera di lode e di ringraziamento (circa 15 minuti)
Il primo momento, dopo laccoglienza e leventuale presentazione dei nuovi membri, quello
della preghiera di lode e di ringraziamento, che dura circa quindici minuti. Essa particolarmente
preziosa, perch apre il cuore alla gioia, alla confidenza, alla gratitudine verso Dio, che viene
glorificato spontaneamente secondo quanto dice lapostolo Paolo: Intrattenetevi a vicenda con
salmi, inni e cantici spirituali, cantando ed inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore,
rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Ges
Cristo (Ef 5,19-20).
Si inizia lodando benedicendo e ringraziando il Signore, con canti e preghiere libere che ci
portano ad aprire il cuore a Dio Padre e al suo infinito Amore, ponendo la nostra attenzione agli
innumerevoli doni che il Signore concede, coinvolgendo ed arricchendo ogni fratello presente
allincontro. La preghiera di lode un momento fondamentale che consente di mettere da subito in
risalto e tenere il nostro sguardo rivolto al Signore, centro e cuore della CFE.
Tutte le opere del Signore sono buone, egli provveder tutto a suo tempo. Non c da dire:
questo peggiore di quello, a suo tempo ogni cosa sar ricostruita buona. Ora cantate inni con
tutto il cuore e con la bocca e benedite il nome del Signore (Sir 39,33-35).
Le preghiere di lode devono essere semplici e brevi. Questo consentir a tutti di poter lodare e
ringraziare il Signore.
148
Pu accadere che nella CFE entri qualche persona timida che fatica ad esprimersi con questo
tipo di preghiera. In questo caso, pu essere daiuto dare la possibilit di leggere alcuni versetti tratti
dai salmi e che possono facilitare a vincere la timidezza e la fatica nel tirar fuori ci che abbiamo
nel cuore e che non riusciamo a dire con parole nostre.
La preghiera di lode gioia, amare Dio, riconoscerLo e proclamarLo per quello che , per
quello che ha fatto, che fa e che far, per la nostra vita, per chi ci sta accanto. riconoscere e
ammirare le opere da Lui compiute, le meraviglie del creato e che dal suo Amore ha generato.
La preghiera di lode il modo pi intimo per parlare con il Signore, sapendo che Lui ascolta ed
accoglie ogni nostra preghiera, donandoci ci di cui abbiamo bisogno e che sicuramente
infinitamente di pi di quanto noi possiamo immaginare o desiderare. Siate sempre lieti, pregate
incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa infatti la volont di Dio in Cristo verso di
voi (1Ts 5, 16-18). Benedir il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode (Sal
34, 1).
La preghiera di lode ci permette di rivolgerci al Padre, anche quando le cose non vanno bene, o
come noi desideriamo. Ecco, allora, che anche nei momenti di prova, la nostra fiducia diventa totale
in Dio, con il desiderio che tutto avvenga secondo la sua volont, sapendo che Lui ci accanto
sempre. Tutto concorre al bene per coloro che Lo amano (Rm 8,28). Io ritengo infatti, che le
sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovr essere rivelata
in noi (Rm 8,18).
2. Condivisione della fede (circa 20 minuti)
Il secondo momento dellincontro della CFE la condivisione. In esso, per circa venti minuti, si
raccontano soprattutto le meraviglie operate da Dio nella vita di ciascuno durante la settimana e
quanto stato fatto per Lui.
Il momento della condivisione anche quello in cui i membri della CFE (soprattutto i nuovi
arrivati) possono svuotare il loro cuore, permettendo alla CFE di diventare realmente una famiglia
premurosa che condivide gioie e dispiaceri reciproci.
Sostanzialmente, durante il momento della condivisione, ognuno risponde a queste domande:
A) Cosa Ges ha fatto per me?
Dove ho riconosciuto lAmore di Dio per me? Come Lho incontrato? Quando ho percepito la sua
presenza nella mia vita? In che modo ho sentito il suo passaggio, il suo aiuto, la sua grazia?
importante abituare i fratelli ad accorgersi dellopera di Dio nella vita di ciascuno. Lopera di Dio
si manifesta in mille modi, per esempio: nella preghiera, nella meditazione, nellascolto della sua
Parola, nei Sacramenti specie nella partecipazione alla santa Messa, nellincontro con i fratelli, nel
servire i poveri, i sofferenti, gli emarginati, nelle circostanze lieti o tristi della vita di tutti i giorni.
Questa prima domanda, ci porta a riconoscere lAmore che Dio ha per ognuno di noi: attraverso la
gioia provata in un particolare momento, una parola detta a noi in una particolare situazione, in un
sorriso, in un abbraccio, in un gesto Ges che opera e agisce in tutti, per dimostrarci quanto ci
ama!
B) Cosa io ho fatto per Ges?
La seconda domanda, che pu sembrare la pi difficile e la pi faticosa a concretizzarsi, in realt
un dono meraviglioso, unopportunit grande che abbiamo nel dire e dimostrare a Ges lamore che
proviamo per Lui e che ci lega a Lui. la semplicit del nostro cuore a parlare. Ecco che allora
possiamo trovare la risposta in una preghiera detta in pi rispetto al solito, in un gesto donato con
amore a qualcuno, nel desiderio di partecipare a una Messa feriale o ad un momento di adorazione,
in un sorriso, una parola o un grazie detti con il cuore, in un atto di perdono.
Ogni intervento deve porre Ges al centro; entrando e camminando nella fede, infatti, si prende
consapevolezza che senza di Lui, non possiamo fare nulla: Chi rimane in me e io in lui, fa molto
149
frutto, perch senza di me non potete fare nulla (Gv 15,5). bello e veritiero dire che grazie a
Ges e al suo Santo Spirito si riusciti a testimoniare la propria povera fede a qualche fratello.
La condivisione un momento che esige un atteggiamento di rispetto e di silenzio per ogni
fratello che condivide, ricordandoci che la centralit della CFE Ges. Lui che parla ai nostri
cuori e Lo fa anche attraverso le parole dei fratelli. Vanno quindi evitati, qualsiasi tipo di intervento
e di risposta. Nella CFE uno solo il Maestro: Ges.
bello, concludere ogni intervento con un grazie, per mettere in risalto ci che abbiamo
ascoltato e ci che da questo il Signore ci ha donato.
3. Lascolto della Parola (circa 15 minuti)
Nel terzo momento si vive lascolto della Parola e, attraverso un cd audio, una riflessione del
parroco, che ha una durata di circa 15 minuti e che si segue anche attraverso una traccia scritta. un
momento di catechesi durante il quale viene approfondito il brano di vangelo, con riferimenti
precisi alla vita quotidiana. Ci permette di crescere nella fede e di prendere coscienza dellidentit
di discepoli di Ges.
Per cogliere in pienezza ci che il Signore vuole dire, indispensabile che ciascuno chieda allo
Spirito Santo di agire, affinch il proprio cuore sia totalmente aperto a ricevere quello che il Signore
vuole donare. A tal fine, prima dellascolto del cd, si recita insieme la preghiera del Veni Creator.
La strategia di registrare gli insegnamenti ha molti vantaggi. Consente prima di tutto al parroco
di farsi presente contemporaneamente in tutte le CFE, che evidentemente non pu frequentare
perch diventano inevitabilmente sempre pi numerose. importante, infatti, che sia il parroco a
tenere gli insegnamenti, perch lui solo sa come nutrire il suo gregge (cio il popolo di Dio che
affidato alla sua cura) e come trasmettere a tutti ci che Dio gli mette nel cuore. La registrazione gli
permette pure di raggiungere ciascuna persona (in numero sempre pi grande grazie alla
moltiplicazione delle CFE) e di farsi conoscere dagli ultimi arrivati, che forse da tanto tempo non
frequentavano pi la comunit parrocchiale.
inoltre assai vantaggioso che tutte le CFE ascoltino il medesimo insegnamento, perch vivono
una pi profonda unit spirituale, una maggiore organicit nella scelta dei contenuti, con
fondamenti biblici e teologici sicuri, ed una migliore sintonia con gli orientamenti pastorali della
Diocesi, della Conferenza Episcopale Italiana e del Magistero petrino per la Chiesa universale.
4. Risonanza dellascolto della Parola (circa 15 minuti)
il quarto momento dellincontro. Ges vuole entrare nei nostri cuori, attraverso ci che noi
riusciamo ad esprimere e condividere dopo lascolto della sua Parola. Non si tratta di fare una
discussione intellettuale, che ai fini della CFE sarebbe sterile.
Ognuno deve condividere ci che Ges durante lascolto dellinsegnamento ha detto a lui
personalmente.
Anche questo momento della risonanza ha la sua grande importanza, perch ci si pu illuminare
e sostenere gli uni gli altri. Va vissuto come un momento di edificazione vicendevole e potrebbe
accadere che si ricevano speciali grazie dal Signore, proprio dalla testimonianza del fratello. Vale
sempre la promessa del Signore: Lo Spirito vi guider alla verit tutta intera (Gv 16,13).
Il Padre vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal
suo Spirito nelluomo interiore. Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e cos, radicati e
fondati nella carit, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia lampiezza, la
lunghezza, laltezza e la profondit, e conoscere lamore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza,
perch siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef 3,16-19).
5. Avvisi (circa 5 minuti)
150
151
degli altri, provvedo anche ai miei, perch Dio non pu non dare una mano a chi ha il cuore
generoso verso i fratelli.
Dove non puoi esserci tu l agisce la tua preghiera. Anche da lontano puoi far maturare una
conversione, far sbocciare una vocazione, alleviare una sofferenza, assistere un moribondo,
illuminare un responsabile, pacificare una famiglia, santificare un sacerdote. Puoi far pensare a Ges,
far nascere un atto damore, far crescere in un cuore la carit, respingere una tentazione, placare le
95
collere, addolcire le parole amare .
Si inizia questo momento con la recita dellAve Maria affidandoci cos alla madre nostra che
sempre intercede per noi presso suo Figlio.
95
G. COURTOIS, Quando il Maestro parla al cuore, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1988, 103.
152
Questo un momento specialissimo di sostegno per coloro che stanno sperimentando particolari
sofferenze della vita. Dovrebbero tornare a casa con la certezza di essere amati ed aiutati da Dio e
dai fratelli.
A margine doveroso dire che oggi il ministero della preghiera per la guarigione (spirituale,
psicologica, fisica) di una persona un tema scottante. importante riflettere bene su questo
argomento. Nella Chiesa si sta rendendo sempre pi viva ed ampia questa realt: Ges continua a
guarire. Occorre per evitare due estremismi.
Il primo teorizzato da quei teologi che affermano: Ges venuto a portare la salvezza e non la
sanit delluomo. Questa posizione teologica separa, invece di distinguere, questa vita dallaltra
vita, come se laltra vita fosse tuttaltra cosa che questa vita. Invece lal di l comincia gi in questo
mondo e luomo terreno deve gi portare, germinalmente, la fisionomia delluomo celeste.
giusto credere che Ges sia venuto a salvare, gi sulla terra, tutto luomo e che la salvezza
dello spirito ha riflessi necessariamente benefici sulla psiche e sul corpo, pur dovendo dire
chiaramente che la vittoria definitiva avverr solo alla fine96.
Ges inoltre si dedicato cos tanto al ministero delle guarigioni che esso sembra inscindibile
dal ministero della predicazione. C un tale intreccio nel vangelo tra guarigione e predicazione che
si deve dire: le guarigioni confermavano continuamente lannuncio della venuta del Regno. Come
avrebbe creduto la gente alla venuta del Regno, se questa venuta non fosse stata constatabile
attraverso le guarigioni? Le guarigioni erano il segnale dellinizio del Regno di Dio.
Occorre ancora dire che il ministero delle guarigioni, pur avendo avuto nella storia della Chiesa
varie vicissitudini per cause storiche e posizioni teologiche estremiste, saldamente ancorato alla
tradizione.
Il secondo estremismo quello di ridurre il ministero della guarigione alla preghiera di
guarigione. Ges guarisce non soltanto attraverso la preghiera di guarigione della Chiesa o di una
piccola comunit di credenti; ma guarisce, soprattutto, attraverso la vita teologale, che Dio dona
alluomo e che luomo chiamato a vivere.
Ges ci guarisce attraverso la grazia santificante, la fede, la speranza, la carit, i sacramenti, i
doni dello Spirito Santo, la Parola di Dio, la preghiera e specialmente attraverso la preghiera di lode
che lo Spirito Santo stesso, con gemiti inesprimibili, innalza a Dio dai nostri cuori.
8. Il Padre nostro
Lincontro della CFE si conclude sempre con la preghiera del Padre nostro recitato in piedi
prendendosi per mano quale comunit unita dal Signore, e rivolti verso lesterno, verso i quattro
punti cardinali, per ricordarci che lincontro in comunit ci servito per trovare il coraggio di
andare ad evangelizzare e di abbracciare il mondo intero affinch Cristo sia tutto in tutti, e tutti
possano sentirsi parte della grande famiglia di Dio.
96
Cf. R. CANTALAMESSA, Il canto dello Spirito. Meditazioni sul Veni creator, Ed. Ancora, Milano 1998, 291-306.
Lautore in questo capitolo del suo libro ci ricorda come il corpo secondo la concezione ebraicocristiana sia parte
integrante delluomo e come lo Spirito Santo si prenda cura delluomo nella sua interezza, tenendo presente, per, che
la carne chiamata a diventare sempre pi espressione di quel rapporto damore che lega Dio alluomo e non un
ostacolo che induce luomo a rinchiudersi in se stesso.
153
SOMMARIO
INTRODUZIONE ______________________________________________________________ 2
I. LA FAMIGLIA PARTECIPA DEL MANDATO DI EVANGELIZZARE ______________ 5
1. La Chiesa esiste per evangelizzare_____________________________________________ 6
2. Evangelizzare per obbedire al grande mandato di Ges __________________________ 7
3. La famiglia, in quanto parola-immagine dellamore di Dio, ha ricevuto il mandato ad
evangelizzare _____________________________________________________________ 8
4. La famiglia evangelizza in forza del sacramento ricevuto __________________________ 11
5. La famiglia evangelizza con una fecondit che oltre la fertilit ____________________ 13
II. LA FAMIGLIA EVANGELIZZA NEL PROPRIO AMBIENTE DI VITA ____________ 16
1. Il grande mandato _______________________________________________________ 16
2. Chi sono io per evangelizzare? ______________________________________________ 17
3. Si evangelizza con la propria poca fede ______________________________________ 17
4. Evangelizzare un dono che si riceve _________________________________________ 18
5. Un dono che da credente mi rende amante _____________________________________ 19
6. il dono del vivere la relazione a due _________________________________________ 19
7. La famiglia che ruolo ha avuto nellevangelizzazione? ____________________________ 20
8. Per fare chiesa si deve essere famiglia _________________________________________ 23
9. Lambiente di vita ________________________________________________________ 25
10. Chi sono i miei? ________________________________________________________ 26
11. La lista del cuore: per una evangelizzazione personalizzata ________________________ 30
Laboratorio personale e di coppia (1): i bisogni della gente __________________________ 33
Laboratorio personale e di coppia (2): la lista del cuore ___________________________ 34
III. LA FAMIGLIA EVANGELIZZA CON LA PREGHIERA ________________________ 35
1. La rete delle relazioni e la rete da gettare _____________________________________ 36
2. Per gettare la rete bisogna pregare ____________________________________________ 38
3. Evangelizzare dire cosa fa la preghiera _______________________________________ 40
4. Pregare per stare a casa di Dio _______________________________________________ 40
5. La preghiera pu tutto e cambia tutti __________________________________________ 41
6. Pregare per dar lode al Signore ______________________________________________ 42
7. Lodare Dio per riconoscerLo presente e accoglierLo _____________________________ 44
8. Il Signore Gesu al centro della parrocchia _____________________________________ 44
Laboratorio personale e di coppia (1): la preghiera _________________________________ 47
Laboratorio personale e di coppia (2): lo Spirito Santo opera in noi ____________________ 48
Laboratorio personale e di coppia (3): ladorazione personale ________________________ 51
Laboratorio personale e di coppia (4): prega lo Spirito Santo _________________________ 52
IV. LA FAMIGLIA EVANGELIZZA CON LA FORZA DELLO SPIRITO SANTO______ 58
1. Quel giorno di Pentecoste __________________________________________________ 59
2. La forza e la novit dello Spirito Santo ________________________________________ 60
3. Lo Spirito di Dio riempie luniverso (Sap 1,7) __________________________________ 61
4. Lo Spirito si pu solo sperimentare ___________________________________________ 62
5. Dello Spirito si vede leffetto ________________________________________________ 64
6. Far parlare lo Spirito che in noi _____________________________________________ 65
7. Solo nella forza dello Spirito possibile evangelizzare ___________________________ 66
8. La preghiera di invocazione dello Spirito ______________________________________ 67
9. Lo Spirito dona unit e comunione alla Chiesa __________________________________ 68
10. Lo Spirito il protagonista dellamore sponsale _________________________________ 69
11. Lo Spirito negli sposi per renderli seme di chiesa _____________________________ 70
V. LA FAMIGLIA EVANGELIZZA CON IL SERVIZIO ____________________________ 72
1. Servire per evangelizzare ___________________________________________________ 74
154
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
132
133
133
134
135
136
137
138
139
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