IL DONO DELL’INTELLETTO
“Affinché questa preghiera in comune dilati i cuori e li faccia battere al ritmo della
Chiesa, essa comprenderà salmi, orazioni ed inni del breviario e del messale, che
saranno proposti alle équipes dalla Lettera delle Équipes Notre-Dame. Un’altra parte
della preghiera consisterà nel lasciare che ciascuno esprima ad alta voce le riflessioni
ed i sentimenti che gli avrà suggerito il brano di Scrittura indicato dalla Lettera. Dovrà
essere previsto un momento di silenzio, onde permettere a ciascuno di avere un
contatto intimo e personale con Dio” (dalla “Carta”).
“Il dono dell’intelletto ci fa penetrare nell’intimo del mistero di Dio” (Tre racconti,
p. 43).
Le coppie dell’équipe si riuniscono nel nome del Signore con il desiderio di
conoscerlo sempre meglio per amarlo sempre di più. Per questo ogni incontro, dopo
il momento della cena frugale, prevede la preghiera comunitaria che comprende, tra
l’altro, la lettura della Parola. Il brano della Scrittura è già stato oggetto di meditazione
delle singole coppie durante il mese. Ora, insieme, si condividono pensieri e riflessioni
e si cerca di aiutarsi a capire, attualizzare e rendere concreto il messaggio evangelico.
Nella confusione di valori e d’idee che caratterizza questo tempo, le coppie cercano
assieme di capire cosa veramente conta nella loro vita coniugale e familiare e com’è
possibile per ciascuna di loro discernere la volontà di Dio. Lo Spirito Santo attraverso
il dono dell’intelletto allontana la tentazione di ritagliarsi una fede su misura e
mantiene vivo il desiderio di cercare la verità. Una guida fondamentale in questo
cammino è la Chiesa, che attraverso il magistero segue i suoi figli come una madre che
si preoccupa di farli crescere e di farli diventare adulti.
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Un’occasione particolarmente importante nel cammino di fede delle coppie è
costituito dal ritiro spirituale al quale ogni anno tutte le coppie sono invitate a
partecipare. Si tratta di due giorni particolarmente intensi di preghiera, ascolto e
silenzio che aiutano a rimettere le giuste priorità nella vita di tutti i giorni e a ripartire
con rinnovato entusiasmo e fiducia nell’aiuto della grazia di Dio che, sola, può farci
compiere cose grandi.
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preoccupazioni familiari, professionali, sociali, dei successi e degli insuccessi, delle
scoperte, pene e gioie”. “Ogni équipe deve assicurarsi il concorso di un sacerdote.
Questi, non soltanto dà principi, ma aiuta anche le coppie a cercare di tradurli nella loro
vita. Questa collaborazione è fruttuosa. Sacerdote e coppie imparano a capirsi, a
stimarsi, a sostenersi; le grandi intenzioni apostoliche del sacerdote vengono assunte
dalle coppie; il sacerdote porta nella sua Messa queste coppie di cui conosce gli sforzi,
le lotte, i desideri” (dalla “Carta”).
“Il dono del consiglio conduce a scegliere bene di fronte alle diverse alternative che
la vita ci propone” (Tre racconti, p. 45).
Nell’équipe ciascuno è aiutato a vivere le proprie scelte. La messa in comune
promuove la libera maturazione personale nel rispetto delle debolezze e nella
valorizzazione dei talenti di ognuno in famiglia e nella comunità ecclesiale. Ci
aiutiamo a non assolutizzare nulla di ciò che è meno di Dio e a ritrovare il disegno di
Dio nella nostra vita.
Il confronto fraterno ci aiuta ad assumere le nostre responsabilità personali e di
coppia e a non delegare il movimento. L’alternanza delle responsabilità organizzativa
all’interno delle END impedisce che si creino dei capi carismatici che, a loro volta,
genererebbero una delega di responsabilità e finirebbero così per soffocare la
partecipazione di tutti.
L’apertura ad altre realtà ecclesiali è un’altra caratteristica importante del movi-
mento che è infatti movimento di formazione e non di appartenenza. E’ importante che
non ci rinchiudiamo nel nostro gruppo ristretto di amici ma che manteniamo vivo il
confronto con tutti per sentirci prima di tutto parte integrante della Chiesa.
CONCLUSIONE
Padre Caffarel diceva che i grandi raduni sovranazionali erano l’occasione per
prendere sempre più profondamente coscienza della vocazione del movimento e della
sua missione nella Chiesa (Due di loro erano in cammino, p. 51).
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Oggi, noi interpellati dal nostro vescovo, che ci ha invitato a sottometterci con
generosità al giudizio della Parola di Dio, desideriamo aprirci maggiormente al Soffio
dello Spirito per vivere la vita di équipe con sempre maggior fedeltà ed impegno.
In particolare vorremmo chiedere al nostro vescovo quali attenzioni e quali fedeltà
particolari dobbiamo vivere in questo momento all’interno del nostro movimento e
quali opzioni preferenziali possiamo vivere nella Chiesa e nel mondo.
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5 - L’apertura missionaria della coppia e della famiglia.
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“Le équipes ambiscono attuare fino in fondo gli impegni assunti col battesimo.
Vogliono vivere per Cristo, con Cristo, in Cristo. Si danno a Lui senza condizioni.
Intendono servirlo senza discutere. Lo riconoscono come capo e Signore del loro
focolare”. (Dalla “Carta delle Équipes Notre-Dame”, 1947)
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grandi orizzonti, alla missione universale della Chiesa. Capita di essere preoccupati
più di giustificare se stessi che lasciarsi migliorare dalla Parola di Dio, dal coniuge e
dai fratelli. La tentazione sempre in agguato é quella di edulcorare il Vangelo e di porre
se stessi come misura delle cose al posto di Dio.
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Alcune domande di approfondimento:
1) Il Papa Giovanni Paolo II nel discorso tenuto il 31 maggio 1998, durante
l’incontro mondiale dei movimenti a Roma, ha detto: “Oggi dinanzi a voi si apre
una tappa nuova: quella della maturità ecclesiale... La Chiesa si aspetta da voi frutti
‘maturi’ di comunione e di impegno”.
Qual è il significato di tali indicazioni? Quali suggerimenti scaturiscono per il
nostro movimento?
2) In un cammino di spiritualità coniugale come considerare positivamente le
“regole” (punti concreti d’impegno) nella luce dell’azione dello Spirito Santo?
3) La famiglia è riconosciuta “piccola Chiesa”: tale ricchezza come potrebbe
trovare spazio, fiducia e spinta di crescita nelle modalità concrete con cui la
comunità ecclesiale si edifica?
4) Nel momento attuale, sollecitati, nel cammino della nostra Chiesa, a risanare
la frattura tra fede e cultura, tra Vangelo e vita, quali sensibilità e quali collabora-
zioni i nostri vescovi domandano alle coppie e alle famiglie cristiane?
5) All’interno della Chiesa, quali attenzioni possiamo avere e quali rapporti
possiamo sviluppare con gli altri movimenti ecclesiali?
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voi non mi risulta che sia stato fatto altrove, quindi questo è un motivo speciale di
gratitudine; avete preso sul serio questo esame di coscienza e ho esaminato attenta-
mente anche le risposte parziali, cioè di settori diversi, che mi sono state consegnate.
Ho qui davanti a me quelle del settore di Milano, di Varese, di Lecco, di Brescia A e
Brescia B e poi i settori del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.
Ecco, non so se sono tutti qui, ma mi ha molto colpito la serietà con cui è stato fatto
questo esame di coscienza che tendeva a renderci coscienti della presenza dello Spirito
nella nostra vita.
Il punto di partenza era l’affermazione che faccio verso l’inizio della lettera:
“Dobbiamo convincerci che non tocca a noi insufflare lo Spirito in noi stessi, nelle
coppie, nella Chiesa, ma lo Spirito è già all’opera prima di noi, meglio di noi, più di
noi, a noi sta riconoscerlo, prendere coscienza, fargli strada, riconoscere gli ostaco-
li...”. Quindi l’esame di coscienza è per prendere coscienza di quanto dello Spirito c’è
già in noi e rendere grazie, prendere coscienza degli ostacoli, perché lo Spirito possa
traboccare, rifluire ampiamente come dono di Dio.
Guai a noi se pensassimo che fosse nostro compito di soffiare lo Spirito! Lo Spirito
soffia in noi, siamo noi che poniamo ostacoli, non ce ne accorgiamo, banalizziamo,
trascuriamo, blocchiamo lo Spirito, perché è lo Spirito che ci salva, ...se toccasse a noi
saremmo perduti!
Vedo che voi avete preso sul serio questa intuizione, che è quella dell’anno dello
Spirito Santo, del primato dello Spirito rispetto alla nostra azione e avete cercato di
rispondervi.
Vi ringrazio per quanto avete fatto e vi ringrazio anche per la sintesi che mi è stata
presentata. Io mi sono certamente fermato soprattutto su questa sintesi. Penserei ora
di rileggere qua e là qualche parola di questa sintesi che mi ha colpito di più e poi di
dire qualche cosa sulle domande.
Non ho preparato niente di sistematico, le cose vengono così, seguendo gli stimoli
che voi stessi mi date. Prendo in mano questa sintesi che è stata richiamata anche nelle
parole introduttive, che è stilata intorno a cinque nuclei tematici e che è suscettibile
da parte vostra di ulteriori approfondimenti; non è un documento finale e quindi ciò
che io vi dico è in vista di questi ulteriori approfondimenti.
Anzitutto la chiamata a una fede adulta. Si parte dalla affermazione che le équipes
sono un’esperienza privilegiata di crescita spirituale: certamente l’équipe è una
chiamata alla santità nella vita di coppia, è molto esigente, è qualcosa di alto, è una
chiamata a prendere sul serio il Vangelo e quindi a prendere il Vangelo come un
cammino progressivo di santità. Di questo cammino voi in questi primi tre paragrafi
indicate tre fasi: dalla fede timida di partenza, (partiamo tutti spesso per lo più da una
fede timida, silenziosa, che non osa dirsi, piuttosto implicita, incapace di dare ragione
di sé), passando poi a una verifica della fede, con maggiore aderenza anzitutto al
messaggio evangelico e mantenendo però la vigilanza, proprio perché questa fede
adulta non è mai raggiunta in pienezza; è come una padella in ebollizione che, se si
lascia spegnere il fuoco, a un certo punto si intiepidisce e tutto si raggruma, e quindi
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si tratta di tenerla sempre in questo stato di ebollizione. Vi lamentate poi del pericolo
di efficientismo, quando manca la fede, e questo sì, lo riconosco, è un pericolo reale
in tutti i movimenti nella Chiesa, in tutte le realtà ecclesiali a partire dal servizio del
vescovo.
E voi dite: “Quando celebriamo la gloria di Dio e cerchiamo di comprendere i segni
e le sfide dei tempi alla luce del Vangelo, troviamo nuovi percorsi di santità”. Questo
mi appare molto vero e quindi la vostra sfida è appunto non soltanto di rifarvi al vostro
metodo, ma di cercare di comprendere alla luce di questo metodo, i segni e le sfide dei
tempi. Ecco questo è quanto mi pare importante dire rispetto al primo nucleo che
propone anche la domanda: “Come favorire a livello personale, in coppia e in famiglia
un contatto più vivo e diretto con la Parola di Dio?”.
Questo interrogativo mi colpisce molto perché sono convinto che questo discerni-
mento - come rispondere alle sfide dei tempi - è continuamente stimolato dal contatto
con la Parola di Dio e quindi credo che questo contatto a livello personale, in coppia,
in famiglia, sia da promuovere in tutti i modi.
Non sta a me richiamare tante esperienze possibili, ma si tratta anche di esperienze
semplicissime, da rinnovare continuamente. Anche qui credo che per queste esperien-
ze valga il principio della tradizione: ripetere le cose che ci hanno aiutato a vivere
questo contatto più vivo con la Parola, ma anche rinnovarci perché questi metodi che
sono stati sperimentati come utili, possono a un certo punto impallidire o stancarci.
Credo che questo contatto con la Parola è qualcosa da raccomandare e da riprendere
continuamente. Vorrei riassumere quanto è espresso in questo primo nucleo richia-
mando appunto il primato dello Spirito: lo Spirito è prima di noi e quindi noi
riscopriremo lo Spirito fondatore del Movimento non soltanto ripiegandoci sul
passato, ma dando spazio allo Spirito che adesso ci ricorda le parole di Gesù e quindi
ci ricorda anche le parole fondanti del Movimento. Se lo Spirito non ce le ricordasse,
vano sarebbe ricordarcele con una memoria scritta, con una ripetizione di parole. E’
lo Spirito - dice Gesù nel Vangelo di Giovanni - che ci ricorda le parole dette da Gesù
e anche le parole fondanti del Movimento.
Il secondo nucleo riguarda appunto questo cammino che ci si è impegnati a fare,
individuale e comunitario, di crescita in Cristo; qui non riprendo tante cose belle dette.
Vorrei sottolineare l’espressione che appare nel penultimo paragrafo: “Le coppie che
aderiscono all’équipe vogliono che il loro amore, santificato dal sacramento del
matrimonio, sia una lode a Dio, una testimonianza che provi agli uomini con evidenza
che Cristo ha salvato l’amore, una riparazione dei peccati contro il matrimonio”.
Sottolineo l’aspetto secondo e terzo: testimonianza e riparazione. Testimonianza
che è urgente perché aiuta le coppie in difficoltà, che stanno franando, a riconoscere
che c’è un senso nell’amore fedele, perseverante, fecondo, reciproco, disinteressato.
E poi sottolineo anche il tema della riparazione: il linguaggio dipende anche dalle
circostanze e dai tempi, ma si tratta di domandarci che cosa la Chiesa deve fare in un
momento in cui la coppia entra tanto in crisi. Le statistiche sono ben note, e le
statistiche dei paesi del mondo occidentale che in qualche modo ci precedono in questi
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fenomeni - Stati Uniti e Nord Europa - mostrano che il fenomeno della crisi è destinato
ad allargarsi.
Saranno sempre più le coppie in crisi e quindi le coppie rifatte, di secondo
matrimonio, e le famiglie divise, scompaginate. E allora la domanda è, oltre a
deplorare queste cose e dire “ma noi non facciamo così!”, “che cosa compete alla
Chiesa?”.
Questo è ciò che mi preoccupa e mi muove, mi pesa in questo momento e che
riferisco appunto all’aspetto missionario. Nello stesso punto secondo, voi richiamate
i punti concreti d’impegno e gli atteggiamenti fondamentali. Mi pare che questi tre
atteggiamenti sono appunto una traduzione della disponibilità attuale allo Spirito di
Dio: 1) apertura alla volontà e all’amore di Dio; 2) tensione a vivere nella verità; 3)
disponibilità ad incontrarsi, dialogare ed entrare in comunione con Dio e i fratelli.
Ecco, è qui dove lo Spirito ci muove e ci spinge, per cui i punti concreti d’impegno
in tanto ci sono in quanto nutrono questi atteggiamenti fondamentali.
Il terzo punto esamina una serie di tensioni che sono date dal fatto di essere nel
mondo, ma anche di essere nella Chiesa, nella Parrocchia. Voi sottolineate quello
slogan che è certamente interessante: non un Movimento di azione, ma un Movimento
di attivi. Si tratta di definire bene cosa vuol dire questo “attivi”, cioè persone che non
solo coltivano una spiritualità ma che la testimoniano e sono resi capaci di medicare
le situazioni difficili, di prevenirle o di medicarle.
Qui mi pare che ci sia un grande compito della Chiesa oggi riguardo alla coppia, al
matrimonio, alla famiglia: intervenire anche come medici e riparatori là dove non si
è riusciti a prevenire il male. E questo è un compito per il quale non siamo ancora ben
attrezzati, infatti il nostro sforzo è tutto nell’attività delle preparazioni matrimoniali
dei corsi prematrimoniali, della prevenzione del male. Quando poi è avvenuto, siamo
con il fiato corto, mentre invece c’è una grande invocazione del ferito verso chi passa
per la strada. In questo senso credo che il “movimento di attivi” vada approfondito,
non saprei dire come, ma certamente sento l’importanza di farlo.
Qui, in questo punto, vengono esaminate anche delle tensioni che riguardano diversi
servizi e ministeri, tensioni anche all’interno della famiglia con rischi di sbilanciamen-
to, in particolare con la negligenza della politica e altri punti.
Non li esamino uno per uno perché voi avete tutto il dono per operare i discernimen-
ti. Vorrei dire soltanto che non dobbiamo spaventarci di queste tensioni; sono insite
al cammino umano e al cammino relazionale e quindi sono lì perché il Signore ci dia
la grazia di superarle.
Vorrei dire qualcosa in particolare su una domanda che appare come ultima, sempre
in questo nucleo terzo: “Come riconoscere la presenza robusta dello Spirito che ci
aiuta a fare i conti con gli aspetti più concreti della nostra giornata?” ...e quindi anche
con queste tensioni inerenti al nostro essere nel mondo , essere nella Chiesa, essere in
una società complessa, essere in una società caratterizzata da un primato giusto della
politica, ecc...
Ma io mi sono chiesto: “Ho una risposta per questa domanda?”. Credo che la
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risposta sia molto semplice: quando fioriscono, malgrado e in mezzo a queste tensioni,
atteggiamenti evangelici come la gioia nella prova, il perdono senza rancore, la pace
nella complessità, allora vuol dire che lo Spirito ci muove.
Quindi dobbiamo verificarci su questi atteggiamenti evangelici che emergono nei
casi limite. La gioia nella prova, che non è un fatto ovvio ma è il contrario dell’ovvietà;
la pace nella complessità quando si è tirati da tutte le parti e tuttavia si mantiene una
pace di fondo e questo è segno che lo Spirito è all’opera; il perdono senza rancore è
quando bisogna mandare giù nella famiglia, nella coppia, nella parrocchia, nell’am-
bito della Chiesa o della società e questo perdono è dato senza risentimenti che
mangiano dentro. Ecco, questi sono tutti segni che lo Spirito è all’opera e ci guida nella
complessità.
Il quarto nucleo riguarda il rapporto Movimento-Chiesa che vi sta molto a cuore e
che è proprio, credo, una vostra caratteristica. Il tema dovrà essere ripreso perché mi
pare è anche quello della prima delle domande di approfondimento che voi avete
suggerito. Voi siete anche un modello per tanti movimenti di un modo di porsi nella
Chiesa non ripiegato su se stesso, preoccupato e anche giustamente geloso della
propria identità, ma che è ancora più preoccupato di inserirla nel cammino concreto
della Chiesa, della parrocchia, delle diverse situazioni ecclesiali, e questa è proprio
una caratteristica molto positiva.
Parlate giustamente di scambio con i progetti pastorali delle diocesi e tutte queste
cose sono da raccomandare, sono state finora un motivo per cui, a differenza forse di
altri movimenti, anche l’istituzione ecclesiale guarda a voi con fiducia, perché vede
che avete la buona volontà di inserirvi pur con tutte le difficoltà e con tutte le tensioni
di cui abbiamo già parlato.
E nella pagina seguente, sempre in questo punto quarto, sottolineate giustamente
alcuni aspetti di questa appartenenza alla Chiesa, che vi caratterizzano e che sono una
garanzia di santità, cosicché il Movimento non si richiuda su di sé e sempre si rinnovi
a contatto col concreto delle molteplici esperienze ecclesiali.
L’ultimo paragrafo di questo punto quarto esprime alcune tappe che vi stanno
ancora, secondo voi, davanti, cioè maturare alcune sensibilità e attenzioni ecclesiali
nei confronti dei piani pastorali dei vescovi, e questa vostra iniziativa di esame di
coscienza di quest’anno è un segno di questa attenzione ai piani pastorali dei vescovi,
e poi nei confronti dei documenti della Chiesa italiana e universale per un contributo
nella ricerca di nuovi percorsi di evangelizzazione soprattutto dei fidanzati e dei
coniugi.
E qui ritorna questa mia preoccupazione: come aiutare le coppie in difficoltà o che
stanno per entrarvi o che sono già entrate in crisi? E’ qui dove io vedo questa funzione
di medico che compete alla Chiesa e a tutte le sue componenti e che compete in
particolare a voi che avete il dono di un’esperienza della santità del rapporto di coppia
e quindi potete intervenire in tanti modi, non saprei definire bene quali, in cui questo
rapporto è malato.
Ecco con questo non vorrei predefinire un vostro tipo di azione che leda la vostra
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identità, ma vi invito ad interrogarvi come la vostra identità sia chiamata a reagire
rispetto alla crisi massiccia del mondo contemporaneo. Io credo che qui ci sia bisogno
di inventiva e creatività perché, senza perdere la propria identità, si dia alla Chiesa
intera un linguaggio capace di affrontare questa crisi con la benevolenza del medico
e della misericordia di Dio.
E lo stesso tema mi occorre rileggendo il nucleo quinto: l’apertura missionaria della
coppia e della famiglia. E’ vero che la testimonianza più grande che possiamo offrire
alla Chiesa e al mondo è primariamente la stessa vita di coppia e di famiglia. Chiaro!
Perché da qui parte tutto. Però come renderla significativa per altri e anche come
renderla medicinale e risanante per le coppie malate o per quelle addirittura irregolari
o in difficoltà? Questo è il compito che sta davanti alla Chiesa e quindi vi invito ad
interrogarvi. Non ho soluzioni precise da dare, ma credo che sia un compito per la
Chiesa in Europa nei prossimi venti-trenta anni.
Questi sono alcuni flash di riflessione per dirvi che ho apprezzato questa sintesi e
ho cercato di rendermi sensibile ai valori che essa comporta.
Alla sintesi fanno seguito alcune domande di approfondimento che in parte mi
lasciano un po’ senza parole, perché sono domande che chiamo “da cento milioni”, per
le quali bisognerebbe tutti quanti mobilitarci per poi dire che è lo Spirito che dà la
risposta. Ma vediamo che cosa mi sembra di potervi dire e che cosa lascio allo Spirito
che vi conduce a riflettere e a penetrare sui temi di vostra competenza.
La prima domanda, molto pertinente, riguarda il discorso del Papa del maggio
scorso all’incontro mondiale dei movimenti. Sono citate le parole: “Oggi dinanzi a voi
si apre una tappa nuova: quella della maturità ecclesiale... La Chiesa si aspetta da voi
frutti maturi di comunione e di impegno”. Qual è il significato di tali indicazioni? Quali
suggerimenti scaturiscono per il nostro movimento?
Io ho invitato più volte in questi mesi movimenti, parrocchie, il nostro consiglio
presbiterale pastorale a confrontarsi con questo discorso del Papa che ritengo
importante. Credo che sia appunto un discorso che ha voluto segnare per tanti
movimenti ancora molto centrati su di sé, sulla propria identità, il momento di essere
servitori della comunione della Chiesa, e quindi di non domandarsi soltanto cosa fa
la Chiesa per noi, come ci mantiene in vita e ci promuove, ma cosa facciamo noi per
la Chiesa, per la parrocchia, per la diocesi, per le istituzioni ecclesiali, per la comunità.
Questo, diciamo, segnale è già presente in voi fin dagli inizi, quindi credo che la
domanda sia più attuale per altri movimenti che, portati da un fortissimo spirito di
identità e da una coesione che quasi tendeva a separarli dal resto della comunità, hanno
bisogno di essere reinseriti. Per voi credo che questo sia sempre valido come monito,
ma è meno attuale, mira meno alla vostra realtà perché, come ho già detto, voi avete
sempre avuto questa preoccupazione.
Tuttavia il suggerimento fondamentale è la risposta alla domanda: “Come il nostro
dono serve alla Chiesa, come serviamo alla Chiesa oggi?”. Ritorna quel discorso che
ho già accennato: come serviamo ad una Chiesa che si trova di fronte una percentuale
altissima di vita di coppia non riuscita, infelice, malata, spezzata, ricostituita mala-
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mente magari due o tre volte; col bisogno tuttavia di dare senso alla vita, perché questo
è il problema, perché anche quando si è malamente ricostituita una vita di coppia e poi
le cose incominciano magari ad andare, ci vuole un senso per la vita.
E qui è difficile; certamente ci sono problemi grossi a livello grande di comunione
ecclesiale, però io parlo di quei livelli più semplici in cui si può aiutare a ritrovare il
senso nelle azioni quotidiane, nelle relazioni, nei doveri, nei doveri verso i figli, nei
doveri verso la società. Cioè si può aiutare a dare quel di più di senso che rende la vita
vivibile in relazione a valori e non soltanto a bisogni, a soddisfazioni immediate, a
chiusura su di sè.
Seconda domanda: “In un cammino di spiritualità coniugale, come considerare
positivamente le ‘regole’ (punti concreti d’impegno) nella luce dell’azione dello
Spirito Santo?”. Qui si tocca il tema a cui ho già accennato, che le regole sono in vista
di questi atteggiamenti di fondo, che sono appunto la disponibilità all’azione dello
Spirito e quindi le regole sono luoghi di verifica, aiuto per la verifica se siamo o no in
quegli atteggiamenti di fondo, perciò sono importanti , ma non possono neanche
essere un feticcio; voi stessi, in qualche punto di questo documento, parlate di alcune
coppie che vivono una certa gradualità. L’importante è non lasciarsi vincere dalla
negligenza, non trascurare le regole con l’idea che già noi sappiamo come fare, ma
usarle come verifica per qualcosa di più alto, cioè se siamo davvero in atteggiamento
di ascolto della Spirito. Ho già toccato questo tema perciò mi limito a questa
riflessione.
Terza domanda di approfondimento: “La famiglia è riconosciuta ‘piccola Chiesa’:
tale ricchezza come potrebbe trovare spazio, fiducia e spinta di crescita nelle modalità
concrete con cui la comunità ecclesiale si edifica?”
La domanda è molto grande, anzitutto parte da metafore ed espressioni simboliche.
E’ chiaro che l’espressione “piccola Chiesa” ha del metaforico e del simbolico, non
può essere presa come espressione, diciamo, matematica. E del resto questa simbolo-
gia è già stata appunto allargata; anche la parrocchia è chiamata “una grande famiglia
di famiglie” e qui si vede l’interazione fra le due.
Voi sapete che i vescovi africani dopo aver cercato a lungo un’icona per definire il
loro modo concreto di essere Chiesa hanno preso l’idea di chiesa come famiglia e
hanno impostato tutta la conclusione del sinodo su questa tematica. Ciò vuol dire che
ci sono delle interazioni fra modalità di crescita concreta nella famiglia, modalità di
crescita nella parrocchia, nella chiesa locale, nei raggruppamenti di chiese, che sono
le conferenze episcopali, nelle chiese delle grandi regioni, dei continenti, nelle chiese
in qualche modo patriarcali, nei grandi raduni di chiese e nella Chiesa universale.
Certamente ogni esperienza spirituale nel piccolo si può riflettere nel grande. Si può
riflettere a proposito di esperienze concrete, come questa esperienza concreta di vita
di coppia o di famiglia. Essa ha il suo riflesso, aiuta a comprendere problemi,
difficoltà, ricchezze dell’esperienza di famiglia parrocchiale, di famiglia diocesana,
di famiglia ecclesiale.
Quarta domanda: “Nel momento attuale, sollecitati, nel cammino della nostra
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Chiesa, a risanare la frattura tra fede e cultura, tra Vangelo e vita, quali sensibilità e
quali collaborazioni i nostri vescovi domandano alle coppie e alle famiglie cristiane?”
Qui credo che ci vorrebbe un premio da enalotto per rispondere a queste domande,
sessanta miliardi, diciamo. Appunto, dico che la domanda è ardua perché questa
frattura fra fede e cultura e tra vangelo e vita è sì in parte recente, ma in parte è il
problema di sempre nella Chiesa.
Già nel Nuovo Testamento noi leggiamo le sofferenze e il rammarico per queste
fratture e lo sforzo per integrare Vangelo e vita e quindi, l’integrazione Vangelo e vita
è sempre da riprendere e sempre da rifare nelle età della vita, nelle età della esperienza
matrimoniale, nei diversi momenti della vita della parrocchia, della chiesa locale,
ecc...
Ma, posta la difficoltà di dare una risposta univoca e semplice a questo problema,
quali sensibilità e quale collaborazione i nostri vescovi domandano alle coppie e
famiglie cristiane? E’ chiaro che in questo mondo, dove la crisi di coppia sta
raggiungendo percentuali altissime, si domanda alle coppie e alle famiglie cristiane
intanto di far vedere che l’esperienza di coppia fedele, con un dono disinteressato di
sé, è la più bella, che è sensata, perché questo è anche messo in dubbio: che abbia senso,
che non sia invece l’esperienza di coppia qualcosa a tempo, transitoria, per soddisfa-
zione di bisogni immediati.
Testimoniare che ha senso una simile esperienza, che quindi alla fine è bella e
luminosa, irradia significato, riempie la vita. Ecco questa è la prima testimonianza che
si chiede e la seconda testimonianza è quella di piegarsi sui mali del nostro tempo e
sui mali della coppia non solo per deplorarli, ma anzitutto per prevenirli in quanto si
può e qui il Papa insiste anche sull’azione sociopolitica, sull’azione a livello di
mentalità, di leggi, di strutture, ma poi anche di piegarsi con spirito e cuore di medico,
di guaritore di ferite; e le ferite sono senza limiti e per questo anche l’esperienza di
ferite che noi abbiamo nella nostra esperienza personale, quotidiana ci aiuta per capire
le ferite spesso molto più gravi che stanno attorno a noi e per essere medici pazienti.
Io credo che la Chiesa abbia molto bisogno di questo, perché è un fatto nuovo. La
Chiesa si era abituata a un regime matrimoniale e di coppia che coincideva con un
regime di stabilità sanzionato dalla legge, dal senso comune, per cui veniva sanzionata
negativamente ogni deviazione. Quindi era in qualche maniera protetta attraverso una
sanzione sociale, ora questa sanzione sociale non c’è più e la Chiesa si trova un po’
a disagio con quella che chiama appunto una “sfrenata libertà”, una proposta di tutti
i modelli possibili, un’esaltazione di tutti i modelli anche più devianti.
Ed è necessario non solo ricostruire il senso positivo ma anche medicare le persone:
ciò non vuol dire approvare i modelli devianti ma medicare le persone in maniera che,
per quanto è ancora loro possibile, diano un minimo di senso alla loro esistenza, perché
non cadano appunto nella disperazione e nella lontananza totale da Dio e dal senso
della vita.
Un’ultima domanda: “All’interno della Chiesa, quali attenzioni possiamo avere e
quali rapporti possiamo sviluppare con gli altri movimenti ecclesiali?” La domanda
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è molto vasta, i movimenti ecclesiali sono molto diversi l’uno dall’altro, hanno in
comune di essere spesso totalmente diversi l’uno dall’altro e quindi è molto difficile
parlare di movimenti.
Io non parlo mai volentieri di movimenti in generale perché hanno delle storie, dei
problemi così propri che metterli sotto una categoria generica vuol dire fare discorsi
generici e alla fine inconcludenti.
Quindi bisognerebbe esaminare il rapporto con ogni movimento. Però restando
sulle generali io credo che voi abbiate una specificità che pochi movimenti hanno,
perché i movimenti, almeno molti, prendono la persona singola, e quindi considerano
il problema di coppia come un problema che può star dietro, che può esserci, ma che
non è oggetto dell’attenzione del movimento e quindi credo che portare questa
sensibilità è un aiuto che si può dare.
Come poi avvenga non saprei dirlo perché non sono facili questi rapporti, al di là
di gesti di cortesia e di momenti sociali e socializzanti, ma che rimangono un po’
generali. Evitare per esempio che alcuni movimenti addirittura spacchino le coppie o
le dividano, con gravi rotture anche poi a livello esistenziale.
Ecco, vedo che qui c’è almeno nell’insieme della Chiesa un riequilibrio... Poi non
saprei... Il Signore mostrerà le circostanze con cui tutto questo si attiva.
Vi ho detto alcune poche cose che non possono entrare nei problemi per i quali voi
avete la competenza e la grazia ma che almeno dicano il desiderio che ho di starvi
vicino e la stima che ho per quanto voi rappresentate e potete rappresentare, non solo
nel passato e presente, ma anche nel futuro della Chiesa.
Sommario:
L’esame di coscienza del Settore di Milano pag. 1
L’esame di coscienza della Regione Nord-Est pag. 8
Il discorso del Card. Carlo Maria Martini pag. 15
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