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AIUTO FRATERNO
La pratica della direzione spirituale
MANUALI
A. Brusco - S. Pintor, Sulle orme di Cristo Medico. Manuale di teologia pastorale sanitaria
F. Ruiz, Le vie dello Spirito. Sintesi di teologia spirituale
B. Goya, Psicologia e vita spirituale. Sinfonia a due mani
G. Frosini, La Trinità mistero primordiale
A. Montan, Il diritto nella vita e nella missione della Chiesa. 1. Introduzione.
Norme generali. Il popolo di Dio (Libri I e II del Codice)
V. Gatti, Liturgia e arte. I luoghi della celebrazione
M.M. Romanelli, Il fenomeno religioso. Manuale di sociologia della religione
E. Mazza, La celebrazione eucaristica. Genesi del rito e sviluppo dell'interpretazione
B. Goya, Luce e guida nel cammino. Manuale di direzione spirituale
C. Valenziano, Architetti di chiese
Pontificio Consiglio per la famiglia, Famiglia e questioni etiche. Volume 1
P. Gamberini, Questo Gesù (At 2,32). Pensare la singolarità di Gesù Cristo
C. Militello, La casa del popolo di Dio. Modelli ecclesiologici modelli architettonici
G. Padoin, «Molti altri segni fece Gesù» (Gv 20,30). Sintesi di teologia dei sacramenti
P.V. Pinto, Diritto amministrativo canonico. La Chiesa: mistero e istituzione
Pontificio Consiglio per la famiglia, Famiglia e questioni etiche. Volume 2
B. Goya, Aiuto fraterno. La pratica della direzione spirituale
BENITO GOYA
AIUTO FRATERNO
La pratica della direzione spirituale
1 GIOVANNI PAOLO II, lettera apostolica Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2 0 0 1 . n. 3 1 , in Enchi-
ridion Vaticanum, X X . EDB. Bologna 2 0 0 4 . n. 6 4 .
affinché questi operatori della pastorale individuale, così preziosi per la comu-
nità, siano sempre più in grado di assolvere con competenza ed entusiasmo il
loro prezioso compito, nella Chiesa.
E, con la speranza che siano sempre più numerosi, ai tanti credenti impegnati
in tal senso dedico le parole della «preghiera dell'accoglienza»:
Signore, aiutami ad essere per tutti un amico,
che attende senza stancarsi,
che accoglie con bontà,
che dà con amore,
che ascolta senza fatica,
che ringrazia con gioia.
Un amico che si è certi di trovare quando se ne ha
bisogno.
Aiutami ad essere una presenza sicura,
a cui ci si può rivolgere quando si desidera,
ad offrire un'amicizia riposante,
ad irradiare una pace gioiosa,
la tua pace, o Signore.
Fa' che sia disponibile e accogliente
soprattutto verso i più deboli e indifesi.
Così, senza compiere opere straordinarie,
io potrò aiutare gli altri a sentirti più vicino,
Signore della tenerezza.
p. Benito Goya, ocd
15 ottobre 2005
festa di santa Teresa di Gesù
Capitolo primo
INIZIAZIONE
ALLA DIREZIONE SPIRITUALE
I tempi in cui la maggioranza dei credenti non sapeva ancora leggere e scri-
vere sono ormai ampiamente superati; i nostri battezzati, in genere, hanno una
buona cultura e una certa coscienza della propria dignità e della propria respon-
sabilità nella Chiesa e nel mondo. Spesso, essi sono attivamente impegnati nelle
vie dello Spirito e, superando una religiosità anonima, nutrita di formule e di riti
standardizzati, cercano un dialogo personale con Dio e un confronto aperto con
i fratelli, alla luce della Parola.
In tale contesto, considerata pure la complessità delle situazioni individuali
nelle quali vengono a trovarsi i credenti in una società pluriculturale, la propo-
sta cristiana, fatta a livello comunitario, ha sempre più bisogno di essere tradot-
ta e concretizzata sul piano personale. Così l'accompagnamento è da ritenersi,
contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, uno strumento fondamentale
per il futuro della fede, molto più di quanto sia stato in passato.
La direzione spirituale è stata, lungo la storia, uno dei mezzi più apprezzati
nella Chiesa per promuovere la crescita spirituale, e perciò, come reazione di
fronte ai cambiamenti culturali, negli ultimi anni si sono moltiplicate le scuole di
formazione: oggi, infatti, esistono più di sessanta «centri di addestramento» per
questo ministero.
A partire dagli anni '70 i laici, donne e uomini, hanno incominciato a eserci-
tare questo servizio in forma sempre più estesa, specialmente negli ambienti di
lingua inglese. Le donne hanno abbracciato con entusiasmo tale apostolato, che
si è così rinnovato e ha ricevuto nuova vitalità proprio grazie al contributo fem-
minile, tanto che ora gli apprendisti a guide spirituali sono per lo più donne. Que-
sto fatto procede parallelamente a un'altra realtà culturale: la maggioranza degli
«operatori nel campo psicologico» sono infatti donne e la loro presenza è asso-
lutamente maggioritaria fra gli studenti delle facoltà di psicologia. 1
1Cf. E. LIEBERT, Changing Life Patterns: Adult Development in Spiritual Direction, Paulist Press,
New York 2000,56-59.
Questa radicale trasformazione delle circostanze sta stimolando anche
profondi cambiamenti nello stile, nella preparazione e nella formazione perma-
nente delle guide spirituali non più legate a istituzioni religiose o sacerdotali.
2 Cf. W . A . BARRY, «Transference, Resistance and The Drama of The Exercises», in The Way
42(2003)3.66-69.
poiché considera il contributo delle scienze umane come un «pericolo di natura-
lismo». E evidente che nulla può sostituire l'esperienza propria della guida, la
sua conoscenza della sacra Scrittura, della storia della spiritualità, dei principi
psicologici e dei criteri della comunicazione umana.
Nelle scuole, perciò, si pone particolare cura nel raggiungere, in via ordina-
ria, un delicato equilibrio tra natura e grazia, tra la base umana e l'azione sopran-
naturale. L'una non esclude l'altra. L'accompagnamento spirituale, infatti, nasce
da un uomo o da una donna che, illuminati integralmente dallo Spirito Santo,
vogliono conoscere e migliorare le vie che dirigono verso la pienezza della con-
templazione e della missione nella Chiesa. E l'esigenza della formazione dei
direttori spirituali. 3
Nella storia non sono mancati certamente grandi direttori spirituali che, sen-
za aver ricevuto una particolare preparazione per il loro ministero, tuttavia,
ancora oggi, sono oggetto di ammirazione per la Chiesa. Tra loro possiamo ricor-
dare santa Caterina da Siena, santa Teresa d'Avila e sant'Ignazio di Loyola. Ciò
non giustifica, però, una mancanza generale di formazione. Per via ordinaria,
infatti, non è possibile fare a meno di un addestramento specifico e del possesso
di mezzi adeguati per raggiungerlo.
Qualche autore ritiene che la situazione attuale della formazione dei diret-
tori spirituali sia così scarsa da poter essere paragonata a quella comune dei pre-
ti nel XVI secolo: prima che esistessero i seminari, essi venivano ordinati senza
una preparazione sistematica adeguata. L'«allenamento» per la direzione spiri-
tuale si troverebbe dunque ancora fermo a quattro secoli fa o, addirittura, in
molti ambienti sarebbe inesistente, almeno a livello di iniziazione pratica.
Tuttavia, in alcune aree geografiche, da circa vent'anni, hanno preso a fun-
zionare appositi centri che propongono corsi di formazione. Ogni centro si è
arrangiato nel miglior modo possibile e ha stabilito programmi più o meno com-
pleti a tale scopo. Qui è ormai tramontata l'antica immagine del padre spiritua-
le che, abitando isolato in spoglie dimore, conduceva un'esistenza santa e scrive-
va a lume di candela. 4
Dunque come deve essere il direttore spirituale del nuovo millennio? Come
deve prepararsi e quale sarà il suo compito?
3Cf. P. CULBERTON, Caring for God's People. Counseling and Christian Wholeness, Fortress Press,
Minneapolis 2000,250-255.
4Cf. S. WIRTH, «Reflection on Power Issues in the Training of Spiritual Directors», in Presence
3(1997)1,34-36.
È sufficiente, infatti, che essi familiarizzino con il contenuto teorico del cor-
so di direzione spirituale, considerato dal punto di vista biblico, storico e meto-
dologico, al quale va aggiunta pure la conoscenza dei meccanismi della relazio-
ne interpersonale tra direttore e diretto e dei criteri per esercitare l'arte del
discernimento.
Sarà pure indispensabile che essi seguano il consiglio della Congregazione
per il clero, che così esorta:
«Per contribuire al miglioramento della loro spiritualità è necessario che ... pratichi-
no essi stessi la direzione spirituale. Ponendo nelle mani di un saggio confratello la
formazione della loro anima, matureranno la coscienza, fin dai primi passi del mini-
stero, dell'importanza di non camminare da soli per le vie della vita spirituale e del-
l'impegno pastorale». 5
5 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, 31 marzo 1994,
n. 54, in Enchiridion Vaticanum, XIV, EDB, Bologna 1997, n. 837.
6 Cf. B. GOYA, «La formazione delle nuove guide spirituali», in Mistagogia e accompagnamento
spirituale. Atti e relazioni della 44" Settimana di Spiritualità, Teresianum-Edizioni OCD, Roma 2003,
45ss.
7 Cf. P. GALLI, «The Emergence of a Director», in Presence 6 ( 2 0 0 0 ) 3 , 1 5 - 1 8 ; H. STONE, «Pastoral
Counseling and the Changing Times», in Journal of Pastoral Care 5 3 ( 1 9 9 9 ) , 2 3 - 2 9 . Cf. J. STAIRS, Liste-
ning for the Soul: Pastoral Care and Spiritual Direction, Fortress Press, Minneapolis 2 0 0 0 , 3 - 5 .
Dopo questo primo contatto positivo, gli aspiranti vengono ammessi al pro-
gramma. Persino in un ambiente liberale come quello americano, dove si evita
rigorosamente ogni controllo, i supervisori si sono sentiti costretti a porre certe
condizioni per l'ammissione come membri nel gruppo di preparazione delle gui-
de spirituali. Certamente non si fissano limiti di età, ma i principianti devono
sentire l'urgenza di un'esperienza spirituale e il bisogno di ricevere loro stessi la
direzione spirituale. Devono essere motivati, inoltre, dalla responsabilità e dal-
l'aspirazione a conoscere sempre di più il nuovo cammino, partecipando attiva-
mente a ritiri ed esercizi spirituali in un clima di silenzio e di contemplazione.
4. FORME DI ADDESTRAMENTO
La seconda parte del discernimento, indirizzato a persone che non sono
pronte per esercitare immediatamente la direzione spirituale, prevede dei corsi
con programmi da svolgere a tempo pieno nel corso dell'anno, o per due o tre
anni se limitati ai fine settimana e in estate, sotto il patrocinio della scuola dalla
quale sono organizzati.
Questo programma di «allenamento» incoraggia la crescita nel cammino
spirituale, insegna ad ascoltare i problemi e fa entrare in un processo di super-
visione della direzione spirituale iniziale che i soggetti hanno preso a impartire
agli altri. Essi possono contare sul sostegno di un direttore «sperimentato», da
loro scelto liberamente tra coloro che seguono lo stesso modello di accompa-
gnamento.
In questi programmi viene dedicato ampio spazio al raccoglimento e alla
condivisione della fede, per far capire che si sta percorrendo un itinerario tra-
scendente di crescita alla presenza e sotto l'azione di Dio. Questa condivisione
delle esperienze favorisce inoltre la fiducia reciproca e crea un clima di comu-
nione fraterna. Coloro che lo hanno seguito testimoniano con gioia che è stato il
periodo più arricchente della loro esistenza. 8
8 Cf. N . VEST (ed.), Stili Listening: New Horizons in Spiritual Direction, Morehouse, Harrisburg
(PA) 2 0 0 0 ; J . K . RUFFINO, Spiritual Direction: Beyond the Beginnings, Paulist Press, Mahwah ( N J ) 2 0 0 0 .
9 Cf. T . H . G R E E N , The Friend of the Bridegroom: Spiritual Direction and the Encounter with
Christ, Ave Maria Press, Notre Dame ( I N ) 2 0 0 0 ; LIEBERT, Changing Life Patterns, 5 6 - 5 9 .
corsi di formazione teorica e di allenamento pratico. Ciò dipende, in gran par-
te, dalla formazione precedente e dai metodi psicologici utilizzati dai diversi
direttori.
In ogni modo, in tutte le scuole si riscontrano alcune costanti comuni. Due
condizioni sono sempre richieste: la pratica del carisma apostolico deve svolger-
si sotto la guida personale di un supervisore, che abbia un certo ascendente o
autorevolezza in materia di accompagnamento e che faccia una verifica regolare
e seria nel corso del periodo di addestramento.
Per quanto riguarda la durata del corso, poiché i candidati generalmente
sono persone occupate in una loro professione, bisogna adattare i programmi
alla loro reale disponibilità. Per tale motivo il percorso formativo può prolun-
garsi anche per due o tre anni. I più impegnati hanno bisogno di un quarto anno
per completare tutto il programma.
5. FORMAZIONE TEORICO-PRATICA
Il progetto formativo consta in genere di due parti: teorica l'una, pratica l'al-
tra. Questo piano educativo offre l'opportunità per la crescita spirituale, per la
comprensione stessa dell'accompagnamento e per l'acquisizione delle abilità
necessarie per esercitarlo.
L'impegno pratico viene incoraggiato e valutato attraverso una supervisione
individuale con cadenza mensile da parte di guide esperte; la parte teorica, inve-
ce, è distribuita e realizzata a tempo pieno o nei fine settimana. I punti forti di
questa pianificazione sono i seguenti.
- Due volte all'anno il gruppo (18-20 persone) si riunisce in una sessione di
due giorni per riflettere e dialogare sui problemi della formazione e sugli ele-
menti costitutivi di una vita spirituale integrale. Lo scambio di esperienze spiri-
tuali costituisce il fulcro dell'incontro. Si aggiungono attività complementari
come esercitazioni pratiche, in cui a volte si chiede il contributo di un direttore
spirituale «esperto», che illustri, inoltre, il modo pratico di svolgere le varie fasi
dell'incontro. 10
1 0 Cf. W. CREED, «Supervision plus Reflection: A Way to form Spiritual Directors», in Presence
4(1998)1.37-42.
possibile anche un lavoro a tre: in questo caso il terzo soggetto diventa l'os-
servatore esterno. 11
6. LA FORMAZIONE PERMANENTE
Dal momento in cui il nuovo accompagnatore comincerà a operare libera-
mente, sentirà ancora, dato il complesso ministero che deve compiere, l'oppor-
tunità di una formazione continua e di una supervisione individuale permanen-
te. Nella misura in cui egli diventerà più sicuro nel suo ministero, potrà diminui-
re la frequenza e la funzione di entrambe.
Alla supervisione da parte di un direttore spirituale esperto potrà subentrare
la supervisione tra uguali, cioè tra altri direttori della regione, che avrà come fina-
lità il perfezionamento del metodo da usare nell'esercizio del proprio ministero e
l'illuminare le difficoltà che si trovano, specialmente nei casi difficili di transfert e
nelle notti oscure. Una rivista professionale e un convegno nazionale annuale di
una settimana saranno utili strumenti di aggiornamento sulle novità e sui mag-
giori problemi comuni da affrontare riguardo a questo particolare apostolato. 13
11Cf. M. HALPIN, Imagine That. Using Fantasv in Spiritual Direction, C. Brown Co., Little 1982,
82-86.
12Cf. E . KENNEDY - S.C. CHARLES, Oh Becoming a Counselor. A Basic Guide for Nonprofessio-
nal Counselors and Other Helpers, Crossroad, New York 2001,386-400.
13Cf. GOYA, «La formazione delle nuove guide», 4 - 4 6 .
soggetto davanti a un Dio senza fine, che lo incita a una crescita sempre più ele-
vata, nella conoscenza tanto della grandezza divina quanto della povertà della
propria realtà creaturale. Il suo incontro intimo con i diretti, che cercano arden-
temente una relazione più intima con Dio, stimolerà la sua preghiera, approfon-
dirà la sua riflessione, gli darà uno sguardo nuovo su ciò che stanno vivendo
coloro che a lui si rivolgono e lo spingerà ad approfondire di continuo un'av-
ventura che non ha il suo termine in questo mondo.
La supervisione, a sua volta, lo aiuterà a diventare sempre più competente e
confidente nella sua missione e a compiere il suo ministero alla presenza divina
e sotto l'azione dello Spirito Santo. Infatti, anche se l'orientamento spirituale
presuppone varie abilità naturali, queste non bastano a fare di lui un buon diret-
tore. Il segreto della sua riuscita si trova in una fede viva e in una speranza fer-
ma, capaci di mettere bene a fuoco questo aspetto centrale della supervisione.
CONCLUSIONE
Tentando una valutazione sintetica della situazione, mi pare di poter conclu-
dere che continua ancora nel nostro tempo l'evidente accelerazione che si è regi-
strata nell'esperienza di accompagnamento spirituale.
Non è possibile dunque accontentarsi di rispolverare semplicemente certe
pratiche tradizionali: troppe cose sono cambiate e vanno ripensate. Ci sono tan-
ti elementi nuovi e stimolanti, tanti progetti significativi, dunque tanto da fare,
affinché la chiamata alla santità trovi i sussidi necessari per essere presa sul serio
e attuata da una buona parte dei credenti.
Tracce per la personalizzazione
1. Avverti la responsabilità di quello che fai o basta la tua buona fede? Agisci con
scienza e discrezione? Possiedi una solida preparazione intellettuale?
2. Conosci adeguatamente:
- la presenza delle Tre Persone divine e il rapporto intimo da costruire con loro?
- il senso della Grazia santificante? Il processo graduale che il Signore segue nei
fratelli?
- la potenza e l'azione dello Spirito Santo nel cuore dei credenti?
3. Capisci adeguatamente le manifestazioni e le difficoltà tipiche di ogni tappa, i peri-
coli comuni da evitare e l'evoluzione lenta nel cammino della purificazione?
4. Intuisci la grandezza delle opere del Signore e la varietà delle sue vie? Comprendi
i bisogni del diretto?
5. Sai discernere qual è il progetto di Dio? Conosci i mezzi più adeguati per realizzar-
lo? A volte, ritieni necessario ricorrere all'aiuto di una persona specializzata?
6. Credi nella vocazione universale alla santità? Stimoli la fede nella vocazione alla
santità, vissuta nel quotidiano?
Appendice I
ESERCIZIO DI AUTO-CONOSCENZA: «IO SONO?»
1 Cf. C. ROGERS, La terapia centrata sul cliente, Martinelli, Firenze 1971; C. ROGERS - G.M. KIN-
OET, Psicoterapia e relazioni umane, Boringhieri, Torino 1970.
di allenamento, in modo che la guida spirituale, nel tortuoso viaggio che il diret-
to compie verso la conoscenza di sé, sia, a sua volta, esperta nella propria auto-
conoscenza, il cui processo, iniziato già da tempo, ancora prosegue.
Il direttore, prima di tutto, è un individuo attento ai problemi umani, proprio
perché è stato ed è sensibile alla complessità della propria interiorità. Non è
necessario che abbia risolto tutti i suoi problemi, ma è fondamentale che conosca
bene le proprie aree di vulnerabilità, per non mescolare ruolo professionale e
questioni personali, per mettere queste ultime da parte durante la seduta e anche
per sapere quali casi, situazioni o problemi non conviene trattare, almeno per il
momento, poiché toccano ferite non ancora del tutto rimarginate. Generalmen-
te, chi ha sofferto nella propria carne può diventare un buon accompagnatore
perché sa sviluppare e manifestare sincera empatia nei confronti degli altri.
Questo percorso di crescita personale del consigliere non cessa in un deter-
minato momento dell'esercizio della professione. Ogni singolo caso, ogni nuova
situazione, diventa un'occasione per conoscersi meglio. Ed è proprio in questa
autentica disponibilità a mettersi in gioco, da entrambe le parti, che nasce il cli-
ma adatto al counselling, in cui quello che conta è l'incontro umano. 2
Altri autori preferiscono parlare del «peccatore amato da Dio», che ha fatto
esperienza forte di tale mistero e ha pure conosciuto la lotta dell'incontro con
Gesù, il Signore:
«Un direttore che disponesse soltanto di un'esperienza confortante della salvezza
avrebbe difficoltà a capire e aiutare chi fa l'esperienza di quei sottili movimenti del-
lo spirito che hanno luogo quando la relazione comincia a orientarsi verso un'identi-
ficazione più profonda con Gesù e la sua missione». 4
È necessario che le guide spirituali abbiano fatto esse stesse l'esperienza del-
le difficoltà e delle prove e che continuino ancora il combattimento ascetico che
presuppone lo sviluppo e l'approfondimento della loro relazione con il Signore.
In tal modo diventeranno tolleranti nei confronti di esperienze penose sia pro-
prie che altrui.
Consapevoli delle proprie ferite, non si meraviglieranno delle emozioni for-
ti, dei sentimenti profondi, delle esperienze misteriose che potranno ascoltare e
accoglieranno con serenità i vari momenti di solitudine, angoscia, paura, insicu-
rezza, separazione e lutto.
2 Cf. B. GOYA, Luce e guida nel cammino. Manuale di direzione spirituale, EDB, Bologna 2004,
21-123.
3 Cf. H . J . M . NOUWEN, Il guaritore ferito. Il ministero nella società contemporanea, Queriniana,
Brescia 1978.
4 W.A. BARRY - W.J. CONNOLLY, La pratica della direzione spirituale, O.R., Milano 1990.157-158.
Esse matureranno atteggiamenti di accoglienza, comprensione e comunione.
La loro conoscenza esperienziale diventerà motivo di speranza per gli altri e vi
coglieranno pure un'occasione per liberarsi dai propri legami distruttivi. Se non
avessero questa consapevolezza delle proprie ferite, potrebbero correre il rischio
di tentare di incoraggiare gli altri, mostrando loro le sofferenze del proprio pas-
sato, cosa che, a lungo andare, potrà far sentire agli altri che c'è poca speranza di
guarigione.
3. L'ACCOGLIENZA
È stato detto: «Studiate, ma quando siete davanti al cliente dimenticate tut-
to». La cosa più rilevante durante la seduta è quella di centrarsi su di lui e cerca-
re di comprenderlo empaticamente. In tal modo si crea un ambiente facilitante, in
cui può avvenire un incontro tra due mondi: quello del direttore, che prepara l'a-
nimo, e quella del diretto, che si pone in uno spirito di apertura nei suoi confron-
ti. A tale livello di comunicazione intervengono vari fattori come il linguaggio non
verbale: senza dire neppure una parola si può capire chiaramente il livello di
comunicazione che si stabilisce e in che misura l'altro lo accetta e vi aderisce. 5
Come divenire accoglienti? Le cose da fare a tale scopo possono essere mol-
teplici, per esempio: superare l'egocentrismo, abbattere i pregiudizi, mettere tra
parentesi le proprie abitudini ecc.
Due piste, fra tutte, pare siano da privilegiare in questo senso. Innanzitutto,
liberarsi dalla preoccupazione di dare-offrire qualcosa. Solo chi è disposto a rice-
vere, a guardare l'altro come portatore di un dono, diventerà veramente acco-
gliente. Allora si libererà da tante preoccupazioni nevrotiche e difensive e
diverrà capace di vera accoglienza e di scambio reciproco. Chi ha tutto, sa tutto,
ha in mano tutte le risposte ai problemi esistenziali... non potrà essere acco-
gliente: un recipiente pieno non può più ricevere; solo se è vuoto, può accoglie-
re ancora! È una dinamica profondamente umana. L'assistente non può ridursi
al dare, deve anche essere capace di ricevere; d'altronde il termine capacità ha
già in sé il significato di attitudine a ricevere. 6
4. L'ASCOLTO
C'è un immenso bisogno di ascolto, ma si sa che l'ascolto, a volte, non è faci-
le né breve e che per ascoltare si impiega forse più tempo che per parlare. In ogni
modo, per poter comunicare, occorre che qualcuno sia disposto ad ascoltare. E
qui che si entra nel merito di tale aspetto della relazione di aiuto: ascoltare è una
forma efficace di aiutare gli altri e certamente ben gradita. G. Colombero parla
5Cf. B. GIORDANI, II colloquio psicologico nella direzione spirituale, Rogate, Roma 1992; A .
GODIN,La relazione umana nel dialogo pastorale, Boria, Torino 1 9 6 4 .
6Cf. A . BRUSCO - S. MARINELLI, Iniziazione al dialogo e alla relazione di aiuto, Il Segno, Caria-
no (VE) 1994,40-44.
di «regalare ascolto» e sostiene che esso «commisura bene la disponibilità al ser-
vizio e il beneficio dell'incontro». 7
L'ascolto è, quindi, attivo. Ciò significa che bisogna prestare attenzione a tutti
i segnali emessi da una persona, non solamente i suoni, ma abilitare anche la vista
per cogliere i segnali non verbali che provengono dagli atteggiamenti corporali,
dalla mimica facciale, dal movimento degli occhi, dallo sguardo, dalla stretta di
mano, dal contatto corporeo, dalla gestualità, dal tono di voce, dalla sua inflessio-
ne, dal suo ritmo e cadenza, dalla posizione, dalla vicinanza, dalla lontananza.
In realtà si dovrebbe parlare di attenzione attiva perché si tratta di dedicare
il più dettagliato e speciale interesse possibile all'altra persona, utilizzando tutti
i sensi. Scopo di questo ascolto attivo è prestare attenzione e cercare di com-
prendere i pensieri, i sentimenti e il comportamento dell'altro.
7 Cf. G . COLOMBERO, Dalle parole al dialogo. Aspetti psicologici della comunicazione interperso-
nale, San Paolo, Cinisello Balsamo ( M I ) 1 9 9 3 , 9 7 .
8 Cf. BRUSCO - MARINELLI, Iniziazione al dialogo, 4 4 - 4 5 .
In che modo lo facciamo? Ecco alcuni segnali rilevanti di questo linguaggio:
- qualità della voce: sommessa, forte, sicura, timida, robusta, debole ecc.;
- respiro: profondo, leggero, affrettato, rilassato ecc.;
- espressione del viso: rilassata, tesa, impaurita, felice, disgustata ecc.;
- se parla o se sta in silenzio;
- la storia che racconta;
- l'uso dello spazio e la distanza che si frappone fra i due interlocutori. 9
9 Ct. V. ALBISETTI, Guarire con la meditazione cristiana. Un modo nuovo di pregare, Paoline,
Milano 2005, 61-89; l'autore propone il training autogeno, «metodo di rilassamento» elaborato da
2
Schult: ambiente, abbigliamento, posizione, calma, esercizio della pesantezza, esercizi complementa-
ri: cuore, respiro, plesso solare, fronte.
10 Cf. B. GOYA, «Importanza psicologica dell'ascolto integrale», in Dio parla nel silenzio, Tere-
sianum, Roma 1989,93-123.
6. IL METODO NON DIRETTIVO
È quello «centrato sulla persona accompagnata» e non sulle conoscenze del-
l'accompagnatore o sul problema che si vuole risolvere. Alla persona si accede solo
a partire dalla persona, dalla sua esperienza, dai suoi atteggiamenti, motivazioni,
dinamismi... Questo metodo presenta un duplice aspetto: quello di non orientare il
soggetto verso una mèta intesa dal direttore, evitando quindi di portare l'individuo
a pensare, sentire o agire secondo uno schema tracciato da altri; e quello di testi-
moniare in modo concreto la fiducia del padre spirituale nelle risorse di energia e
di orientamento verso la realizzazione di sé, di cui ogni persona è dotata. 11
7. RIFORMULAZIONE
In tale impegno diventa utile la riformulazione, che consiste in un metodo di
chiarimento nel quale si verbalizza con chiarezza ciò che il consulente è riuscito
a cogliere dalla comunicazione verbale e non verbale del cliente. Costituisce un
intervento costante per dare alla persona la sicurezza di essere ascoltata e com-
presa, per stimolarla a continuare nell'esplorazione di sé, per verificare pure se
il consulente percepisce correttamente ciò che l'individuo sta dicendo. 12
13 Cf. M. RICHIELLE, «Feedback», in Nuovo Dizionario di Psicologia, Boria, Roma 2001, ad loc.
14 Cf. L. CASTRO, La direzione spirituale come parternità, Effatà, Cantalupa (TO) 2003,226-230.
15 Cf. D.F. MCFARLAND, «Feedback», in Psicologia. Dizionario Enciclopedico. Laterza, Bari 1998,
387-388.
P. Mi sento molto scoraggiato, non posso continuare così.
C. Lei si sente al limite della sopportazione, «non ne può più».
P. Non è solo questione di questo momento; non si tratta di un sentimento passeggero.
C. A suo parere, non si tratta di una situazione transitoria, ma di qualcosa di più
profondo.
La delucidazione, o chiarificazione, rinvia al cliente il senso di quanto ha det-
to, il nucleo del suo racconto, perché ne faccia l'oggetto di una riflessione più
ampia e possa trasmetterlo in modo più chiaro. Si tratta infatti di fare chiarezza.
Lo si può stimolare con domande come: «Mi sembra di comprendere che lei è
molto preoccupato per la sua situazione familiare».
Il riflesso del sentimento riguarda invece gli stati d'animo. La nozione di «sen-
timento» comprende non solo esperienze di natura emotiva o affettiva, ma si
estende a tutto quanto tende a rivelare l'angolo percettivo, personale, soggettivo,
dell'esperienza. Le intenzioni, le impressioni, le credenze e gli atteggiamenti rien-
trano nella nozione di sentimento.
Col riflesso del sentimento si mira a far emergere i dinamismi di fondo che
determinano e caratterizzano il comportamento. Spesso i sentimenti non vengo-
no verbalizzati, ma affiorano e si trasmettono per via non verbale. Chi ascolta
con attenzione e osserva con cura il soggetto che sta intervenendo, riuscirà a
cogliere lo stato d'animo di colui che soffre l'esperienza che sta raccontando.
Quando il padre spirituale sta identificando con certezza il tipo e il grado di
sentimento che il suo interlocutore sta provando, è bene che glielo rifletta subi-
to, esprimendosi con termini appropriati, chiari e facilmente comprensibili. Si
può guardare il seguente esempio:
Bambino: Tutti i miei compagni di scuola hanno una bicicletta.
Padre: Allora sei solo tu a non avere la bicicletta?
B. Sì, soltanto io.
P. Di' un po', non ti piace molto questa situazione, vero?
B. No. Non mi piace.
P. Lo capisco, sai, Gianni!
B. E se ne vanno a fare delle scorribande, dopo le lezioni, e si divertono... E
dopo raccontano tutto quello che hanno fatto e come si sono divertiti.
P. E ciò non è molto divertente per te.
B. No (pausa) e mi dicono: «Perché tuo padre non ti compera una bici?».
P. Ah, dicono così?
B. Sì.
P. Ehm (pausa).
B. Non potrei anch'io avere una bicicletta?
8. INTERVENTI INADEGUATI
• Imposizione, proibizione: sono espressioni che indicano autoritarismo e
mettono la persona in stato di soggezione e di dipendenza passiva.
• Esortazione: un'esortazione insistente, rafforzata da un atteggiamento
paternalistico, diventa pressione morale. Lascia poco spazio alla riflessio-
ne e assimilazione personale.
• Consiglio e persuasione: con essi si danno spiegazioni sulle probabili cause
e sul significato dei sintomi denunciati dalla persona, con l'intenzione di
attirarla alle proprie idee.
• Rassicurazione: tende a rincuorare le persone timorose o a volte insicure
cercando di minimizzare certi aspetti che l'individuo sente come gravi o
minacciosi.
• Proposta di soluzioni: offre saggi consigli, soluzioni sicure ai problemi.
Tutte queste forme non danno fiducia alla persona e rischiano di favorirne la
passività e la dipendenza.
Anche qui, come nel caso del transfert, i criteri di discernimento portano a
scoprire gli indizi della manifestazione di un contro-transfert nella reazione
sproporzionata, inopportuna e mortificante dell'accompagnatore. Questi deve
prestare attenzione alle reazioni affettive nuove che va sperimentando e deve
domandarsi se la crescita teologale è stata il centro dell'incontro. L'analisi dei
sogni, delle fantasticherie e delle distrazioni, verificatisi durante la meditazione,
può rivelare se qualche diretto ha toccato troppo nell'intimo il suo direttore.
Sarà conveniente che quest'ultimo si domandi: «Questi sentimenti o deside-
ri sono compatibili con il mio atteggiamento personale riguardo a Dio e riguar-
do alle persone da me dirette?». Considerato che non si tratta di una tentazione
a cui si possa sfuggire, ma di un dato di fatto, egli accoglierà in pace i propri sen-
timenti e si sforzerà di reagire in modo sufficientemente distaccato e oggettivo,
avendo cura di gestirli adeguatamente. Una supervisione seria e completa potrà
essere di grandissimo aiuto in casi simili per riflettere sulle motivazioni che sono
presenti in ogni momento e per maneggiarle con abilità professionale.
Roma 1987,100.
10. STRUMENTI
Si deve trovare un giusto equilibrio tra la comprensione e gli esercizi pratici
che si possono fare. Tra questi possiamo ricordarne alcuni.
• Attenzione al «qui e ora»
Educare all'ascolto interno è una tappa importante in un percorso di dire-
zione spirituale e in qualunque formazione alla crescita personale. L'attenzione,
di solito, è rivolta all'esterno e, per la coscienza non allenata, il mondo interiore
è solo un grande calderone, in cui si mescolano tra loro pensieri, sensazioni ed
emozioni, senza che sia possibile distinguerli l'uno dall'altro.
In alcuni momenti può essere importante fare l'esercizio del «qui e ora»:
invitare a chiudere gli occhi (facoltativo) e a fare qualche profondo respiro per
rilassarsi, poi guidare l'esplorazione suggerendo diversi punti sui quali focaliz-
zare, di volta in volta, l'attenzione. Iniziare dall'esterno (suoni, rumori, odori...),
per arrivare poi all'interno.
Corpo: il respiro, lo si osserva con spontaneità e lo si accompagna con gli
occhi della mente; le varie sensazioni del corpo, il suo contatto con gli
abiti e con l'aria; contatto con la temperatura corporale e con gli organi
interni. Attenzione globale a tutto l'organismo.
Stato d'animo: emozioni presenti; l'umore attuale e le sue connotazioni;
possibile peso di emozioni represse in qualche parte del corpo.
Mente: momenti di silenzio pieno e di concentrazione totale sul presen-
te; pensieri. A quali oggetti si riferiscono, passati o presenti? Comporta-
no tensione, ansia o delusione?
«Qui e ora»: sentire di esserci, con tutto se stessi e con tutti i sensi pron-
ti, orientati verso l'interno e verso l'esterno.
• Il dialogo con le sedie
Per aiutare nella conoscenza di sé e nella propria liberazione vengono pro-
posti diversi strumenti; uno di essi è costituito dal dialogo con qualche parte del
proprio essere.
Questa tecnica gestaltica mette la persona «faccia a faccia» con un interlocu-
tore immaginario: qualche esperienza che si vuole comprendere meglio; un sin-
tomo fisico di cui si suppone un'origine psicosomatica; un aspetto del proprio
carattere; uno dei propri ruoli; oppure anche un «nemico», con cui si intratten-
gono difficili rapporti professionali. L'obiettivo è quello di far dialogare tra loro
le diverse polarità del soggetto cercando di arrivare a una maggiore compren-
sione e integrazione.
Due sedie vengono disposte una di fronte all'altra; si invita il guidato a seder-
si su una di esse e ad immaginare di essere di fronte all'interlocutore prescelto.
Dopo qualche istante di raccoglimento per staccarsi dalla percezione ordinaria
della realtà, lo si invita a calarsi profondamente nel ruolo e a parlare con tutta
spontaneità, presentando le sue domande o osservazioni all'interlocutore. Deve
rivolgersi alla sedia vuota come se l'altro fosse lì fisicamente, dandogli quindi del
«tu» (o del «lei, se conviene) ed entrando quanto più possibile nella parte.
Quando il primo sfogo o il primo discorso si conclude, l'individuo si sposta
sull'altra sedia, si immedesima nella figura che aveva immaginato seduta lì e
risponde a tono a quanto è stato detto. Il dialogo continua per diverse riprese,
sino a quando si esaurisce spontaneamente.
Nel frattempo la guida registra con cura come si modificano, per ognuno dei
due personaggi, il tono della voce, la postura, la comunicazione non verbale.
Interviene soltanto, e con estrema delicatezza, nei momenti di stallo, per sugge-
rire di verificare se si vuole dire o rispondere ancora qualcosa.
A conclusione avvenuta, il soggetto viene invitato a spostarsi su una terza
sedia, perpendicolare alle due precedenti: questa è un'aggiunta introdotta dal-
la psicosintesi, che lavora molto con il dialogo tra quelle che chiama le «sub-
personalità».
Da questo terzo posto la persona contatta l'osservatore interno, quello che
può aver assistito in modo obiettivo e imparziale al dialogo, e commenta, come
se facesse una telecronaca, quanto è avvenuto: con quali modalità e su quali toni
è avvenuto lo scambio; se c'è stato incontro e dialogo; se qualcosa è cambiato
nelle posizioni dei due interlocutori. E il momento in cui il soggetto può diven-
tare consapevole di come alcune sue modalità di comunicazione possono indur-
re nell'altro reazioni corrispondenti, ma è anche un'occasione per far emergere
molte informazioni prima insospettate.
Se viene utilizzato per chiarire relazioni problematiche con persone reali,
questo lavoro permette di mettere in luce le proiezioni in atto, giacché, di fatto,
è sempre la stessa persona che è seduta sulla seconda sedia, e di ritirarle prima
di interagire con lei, riuscendo così a vederla per quello che essa è realmente.
Il dialogo con le sedie è una sorta di drammatizzazione, che può essere
ampliata fino a diventare uno psicodramma qualora sorgesse la necessità di fare
rivivere episodi del passato. Ogni azione simbolica di questo tipo, come anche il
semplice dialogo, ha un effetto suggestivo molto forte che ottiene quasi gli stessi
risultati di un evento reale. Diverse componenti del mondo interiore, che maga-
ri si ignorano oppure sono state ostacolate per anni, potranno aver bisogno di
vari dialoghi di questo tipo prima di ritrovare un linguaggio comune.
• Tecnica delle affermazioni
Parola e pensiero possono condizionare fortemente l'individuo. L'opinione
che uno ha di sé diventa, di fatto, il motore con il quale ci si muove nel mondo.
E se, alla base, c'è un pensiero autosvalutativo e limitante, il risultato sarà sem-
pre al di sotto delle reali possibilità del soggetto, qualsiasi cosa egli faccia per
migliorarle.
Potenti convinzioni negative, nate magari da frasi sentite più volte nell'in-
fanzia, si possono riassumere in pensieri del tipo: «Non sono capace di fare qual-
cosa di buono», «Non valgo niente», oppure: «Devo sempre essere gentile e
accondiscendente per poter essere amato e accettato». Parallelamente alla dire-
zione spirituale, che di per sé deve promuovere la stima di sé nei figli di Dio, può
essere proposta un'altra tecnica che si basa sulle teorie cognitiviste e che mira a
fare un'opera di ricondizionamento, utilizzando affermazioni volte a installare
nel subconscio, l'area in cui agisce la suggestione, un pensiero motore più utile ed
efficace.
Invertire la carica non è sufficiente: se si vogliono risultati, bisogna potenzia-
re la dose, «esagerare», interiorizzando messaggi altamente motivanti e qualifi-
canti, in alternativa ai precedenti: «Porto avanti con successo ogni mia iniziati-
va», «Sono un dono per me stesso e per gli altri», «Ricevo amore in abbondanza
ovunque io vada», «Sono amato e apprezzato per quello che sono». Natural-
mente non si tratta di rimedi standard, che vanno bene in tutte le circostanze, ma
ogni affermazione va costruita ad hoc per ogni persona, cercando insieme quel-
la giusta, quella che fa sobbalzare dicendo: «No, questo è troppo!» e che è l'af-
fermazione giusta.
La «posologia» prosegue prescrivendo un lavoro di 21 giorni, durante i qua-
li queste affermazioni vanno scritte 30 volte in tutto, ogni giorno, declinandole
nella prima, seconda e terza persona, in modo da dare voce a tutte le possibili
fonti dell'auto-immagine, opinioni su di sé espresse da altri, direttamente o rivol-
te a una terza persona: «Io, Pierino, sono amato e apprezzato», «Tu, Pierino, sei
amato e apprezzato», «Pierino è amato e apprezzato», ecc.
Per questo esercizio occorrono due fogli: su uno si scrivono le affermazioni,
sull'altro andranno invece annotati eventuali pensieri negativi relativi all'eserci-
zio o all'idea che si ha di sé, lasciando «spurgare». Il termine di 21 giorni è stato
individuato, sperimentalmente, come lasso di tempo ottimale durante il quale il
cervello apprende qualcosa e lo interiorizza stabilmente.
Esercizio pratico 1
VERIFICA LA TUA CAPACITÀ DI ASCOLTO
Esercizio pratico 2
VERIFICA DELL'EFFICACIA DELLA RELAZIONE DI AIUTO
Esercizio pratico 3
ASCOLTO COMPRENSIVO
Per questo, la riconciliazione con se stessi e con gli eventi della propria storia
è molto importante per un approccio personale sereno, in cui sia possibile sco-
prire e realizzare i propri valori e la propria vocazione e missione nel mondo.
Nel momento in cui mancasse una conoscenza approfondita di sé, il sogget-
to facilmente sarebbe incline a cercare, in modo ossessivo, l'affetto degli altri e a
impostare i rapporti quasi esclusivamente come ricerca di amore egocentrico.
KWo stesso modo, le situazioni non accettate e, quindi, non integrate, come per
esempio sensi d'inferiorità, rabbie represse, incomprensione degli altri, tendono
a riportare l'individuo, e quasi a fissarlo, in quegli avvenimenti, ostacolando e
condizionando il procedere del suo cammino e della sua maturazione personale,
poiché imprigionato in quel vissuto. Il soggetto percepirà con sfiducia quanto gli
è accaduto e avvertirà, quindi, le proprie fragilità come bloccanti, divenendo
restio ad affidarsi alla guida spirituale.
In tale percorso si potrà anche presentare la percezione di sé come incapace
ma, nello stesso tempo, si potrà procedere in una visione realistica di sé, che com-
prende non solo i lati fragili, ma anche i punti di forza da valorizzare. La cono-
scenza e l'accettazione piena di se stessi inducono, invece, a prendere le distan-
ze da tali vissuti non rimuovendoli, ma prendendoli fra le mani e affrontandoli
direttamente.
6 Secondo J.J. ALLEN, La via interiore. La direzione spirituale nel cristianesimo orientale, Jaca
Book, Milano 1996,46-47, nella letteratura del cristianesimo orientale, «una volta che una simile luce
risplende nei più bui recessi della vita di un diretto, lo rende capace d'intraprendere la lotta che con-
duce a una più profonda comunione con Dio». «Il passo più critico nel processo di guarigione era
costituito dalla disponibilità del diretto di entrare liberamente nella via interiore».
7 Cf. M . GOLDSMITH - M . WHARTON, Conoscere me, conoscere te. Scoprire le proprie qualità e
migliorarle. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1995,199-201.
egli si trova nelle autentiche condizioni di apertura e di ricerca sincera della san-
tità personale, allora il lavoro diventa relativamente breve, facile e gratificante. 8
Se, invece, egli fosse ostacolato o frenato da un certo contegno difensivo incon-
scio, prodotto forse da un sentimento di bassa stima di sé, di insicurezza, di
incomprensione verso se stesso e, quindi, di paura per ciò che potrà apprendere
nel proprio intimo, allora il lavoro andrà avanti in maniera piuttosto lenta, indi-
retta, sofferente.
Affinché il guidato, in tali situazioni, possa proseguire nell'impegno di com-
prensione di sé e delle proprie tendenze e aspirazioni, sarà conveniente che la
guida lo motivi con insistenza a prendere coscienza della loro origine e delle loro
conseguenze nei suoi comportamenti attuali.
E impossibile combattere le tendenze negative e sviluppare quelle positive,
se non le si conosce a fondo nel loro essere, nella loro origine e nei loro effetti.
Non basta ignorarle e reprimerle sperando che ci lascino in pace: esse rimango-
no molto attive e inducono a reazioni ad esse corrispondenti. 9
Nella pagina che segue presentiamo un breve schema che può essere utile ai
principianti in questo lavoro di conoscenza di sé e della propria storia.
È conveniente che il periodo di «addestramento» - da uno a sei anni - si svol-
ga senza fretta, poiché, anche se le esperienze di questo periodo possono essere
relative, le radici, essendo molto profonde, hanno un peso specifico sull'esisten-
za successiva. 12
1 1 Cf. G . ARTAUD, Conhocer-se a si mismo. Crisi de identidade do adulto, Paulinas, Sào Paulo
1982,23-44.
1 2 Cf. ROWAN, Scoprite le vostre personalità, 3 5 - 4 7 : «Scavare in profondità la nostra storia perso-
nale».
Analisi storiografica
15 Cf. CARKHUFF, L'arte di aiutare, 1,115. Si tratta di spostare l'attenzione dal significato esterno
a quello interno, personale dell'aiutato. Esempio: «Sono proprio adirata perché mio marito non capi-
sce come sia pesante il mio lavoro» e più personale: «Sono adirata perché il mio lavoro non viene
apprezzato» (BRUSCO - MARINELLI, Iniziazione al dialogo, 73).
1 6CARKHUFF, L'arte d'aiutare, 1,118: «ti senti... perché tu...».
17 Cf. A . G R U N , Come essere in armonia con se stessi, Queriniana, Brescia 1997,10-20.
5. ATTEGGIAMENTI DELLA GUIDA IN QUESTA STAGIONE
Le riflessioni precedenti non sono altro che strategie per una buona direzione
spirituale che considera come proprio compito specifico il facilitare l'incontro per-
sonale con Dio e l'esperienza del suo amore personale. Perciò la guida dovrà fare
attenzione a non deviare da questo compito centrale della crescita spirituale.
Allo scopo di favorire un simile atteggiamento, il direttore si preoccuperà
soprattutto di creare un clima di fiducia vicendevole e profonda, per far capire
al guidato l'ardente desiderio di Dio di far crescere in lui la mutua comunione
affinché dia «molto frutto». Se la guida ha sperimentato intimamente l'amore
personale di Dio operante nel corso della sua esistenza, la sua bontà e la sua
compassione, che lo hanno accettato sempre per quello che è, non gli sarà diffi-
cile assumere gli stessi sentimenti verso i suoi diretti. 18
• Diario e autobiografia
In questo processo, scrivere un diario personale può avere un'evidente uti-
lità. Perciò, quando tale invito viene accolto dal diretto, può produrre uno stru-
mento ottimo per completare la sua opera di auto-conoscenza. E un esercizio
che sviluppa la capacità di penetrare nel proprio mondo interiore e di esprime-
re i propri pensieri, emozioni ed esperienze con maggior precisione.
Negli scritti affiorano nuovi elementi; infatti molti pazienti si esprimono con
maggior franchezza quando mettono per iscritto, lontani dalla presenza del tera-
peuta, informazioni autobiografiche che possono sentire come rilevanti.
Tante volte essi sperimentano pure un senso di liberazione, poiché sono
indotti a relativizzare le sensazioni eccessive prodotte dagli eventi e dai dispia-
ceri e a scaricare, in questo modo, la propria ansia e tensione: è come sgonfiare
un pallone pieno d'aria e di passioni. Il diario, attraverso una lenta descrizione
dell'evoluzione dinamica dello stato del paziente, di ciò che esiste e si svolge in
lui, favorisce lo scaricarsi emotivo e il ristabilimento dell'equilibrio. Le situazio-
ni e le emozioni del momento, i fallimenti o le offese subite, hanno caricato, infat-
ti, l'emotività del soggetto e hanno generato in lui una situazione di malessere,
d'irritazione e di aggressività. Lo scrivere il diario e l'affidare alla carta queste
situazioni e questi stati d'animo diventano mezzi atti a ritrovare una certa sere-
20 Cf. H . H . HINTERHUBER, Strategia dello sviluppo interiore. Il coraggio di essere se stessi, Medi-
terranee, Roma 1988,85-102.
nità e ad affrontare in modo normale le situazioni problematiche. Inoltre, imme-
diatamente dopo l'incontro d'aiuto, lo scrivere permetterà di sviluppare il con-
tenuto della seduta alla luce delle nuove idee, sensazioni e chiarificazioni emer-
se in essa e che, a volte, riescono a illuminare pienamente la situazione. Allo 21
stesso tempo, la lettura del diario da parte del terapeuta risparmia tempo nelle
sedute. A volte, il principiante può mandarlo al consigliere qualche giorno prima
o, almeno, con tempo sufficiente, fornendogli in tal modo materiale nuovo per la
seduta successiva. Altre volte, il terapeuta può prendere visione rapidamente,
nella stessa sessione, delle nuove circostanze. Se il diario fosse troppo lungo, lo
potrà studiare in seguito e usarlo nelle sedute successive.
• Racconto dei sogni
Altro mezzo utile di conoscenza di sé è l'analisi dei sogni dei principianti.
Non certamente con il metodo dell'interpretazione generale dei sogni secondo i
criteri di Freud, che si fonda su una simbologia predefinita, fondata esclusiva-
mente sulla dimensione sessuale e che è ormai superato. 22
Oggi esistono diverse interpretazioni, più o meno ispirate alle teorie più rea-
listiche di Jung, e che considerano come principio fondamentale il partire dalla
realtà del soggetto stesso: i sogni sono sogni del soggetto. Sono dei messaggi che
la persona riceve riguardo alle proprie esperienze, insicurezze, paure, incertezze,
allo stato d'animo con cui affronta la situazione attuale. Diventano pure un'oc-
casione propizia per perfezionare l'introspezione, per sviluppare la propria
«ombra», cioè quelle qualità non debitamente sviluppate. 23
La disponibilità messa in gioco nel corso dei colloqui varia molto e dipende da nume-
rosi fattori: personalità, situazione, preoccupazione, interessi, paure... In effetti, uno dei
freni più rilevanti all'ascolto è la «paura della relazione». Le sue manifestazioni sono:
- paura di essere giudicato... e di perdere anche la stima dell'altro
- paura del conflitto (dell'aggressione, del rifiuto, della perdita d'amore)
- paura della valorizzazione (paura di perdere la sicurezza)
- paura di essere vulnerabile
- paura di mostrare i propri sentimenti reali
- paura di utilizzare il proprio potere
- paura di non essere compreso, riconosciuto
- paura di «mostrare un'immagine negativa di sé»
- paura di esprimersi di fronte a un uomo, a una donna
- paura anticipata di tutto ciò che può presentarsi
- paura di perdere il controllo e la gestione della relazione
- paura di essere deluso
- paura di deludere
- paura di ferire.
Queste paure sono tante in una relazione in cui ci si sente nella posizione di richie-
dente. Segna con una croce quelle che affiorano maggiormente in te.
Esercizio pratico 2
LA TUA IMMAGINE
Il concetto di te stesso
a) Sei soddisfatta/o, in questo momento, del tuo modo di essere e del tuo modo di
agire?
b) Che cosa ti piacerebbe cambiare o correggere?
c) Ti senti capace di ottenere ciò che desideri?
d) Come pensi che ti vedano gli altri? Quale opinione hanno di te?
e) Ti preoccupi molto di curare la tua immagine nel tuo operare?
7 tuoi ideali e le tue aspirazioni
a) Quali sono le mete che vorresti raggiungere nel prossimo anno?
b) Quali caratteristiche personali ti piacerebbe acquisire?
c) Quali sono i principali ostacoli o problemi che incontri nella tua realizzazione?
d) Che cosa ti aiuta di più per personalizzare la tua fede: lettura, attività...?
e) Qual è per te l'immagine ideale di un credente?
f) Il tuo stato di vita soddisfa le tue aspirazioni e il tuo desiderio di apostolato?
Esercizio pratico 3
PER L'INTERIORIZZAZIONE DEI VALORI
1 Cf. W.H. SHELDON, The varieties of temperament: a psychology for constitutional differences,
Harper, New York 1942.
I tre somatotipi, che confermavano la tesi della correlazione esistente fra fisi-
co e temperamento, si possono riassumere nel modo seguente:
• Endomorfo. Il soggetto di questo tipo è caratterizzato da un aspetto mor-
bido e rotondeggiante. Queste caratteristiche sono accompagnate da uno
scarso sviluppo delle ossa e dei muscoli. Al contrario, il suo apparato dige-
rente è estesamente sviluppato e ampliato.
• Mesomorfo. Questo tipo è, invece, di aspetto robusto, con ossa e muscoli
molto sviluppati. La sua costituzione corporale è forte, solida, resistente al
dolore e agli sforzi fisici. È il caso degli atleti e degli uomini di avventura.
• Ectomorfo. Un individuo prevalentemente ectomorfico è longilineo, fragi-
le, caratterizzato da torace piatto e corpo delicato. E generalmente sottile
e poco muscoloso. Egli ha la massa cerebrale molto evoluta e il sistema
nervoso più esteso.
A questi tre somatotipi corrispondono tre psicotipi, le cui componenti sono
le seguenti:
• Viscerotonici. Si caratterizzano per il rilassamento nel comportamento e
nei movimenti, per la lentezza delle reazioni, per l'amore verso la como-
dità fisica, per il cibo e per la digestione, per il piacere di mangiare in grup-
po. Assumono un atteggiamento di accoglienza verso gli altri, amabilità,
avidità di affetto e di approvazione. Sono tolleranti, hanno sonno profon-
do e diventano simpatici sotto l'influenza dell'alcool. Si orientano verso
l'infanzia e le relazioni familiari.
• Somatotonici. Hanno movimenti fermi e decisi, energia e amore per l'av-
ventura, piacere dell'esercizio fisico, desiderio di dominio e di potere, gusto
del rischio e del pericolo, aggressività e coraggio fisico, resistenza al dolo-
re, aggressività sotto l'influenza dell'alcool, claustrofobia, gusto per il
chiasso. Si orientano verso attività giovanili.
• Cerebrotonici. Manifestano un portamento rigido e movimenti controllati,
eccessiva reattività fisiologica e rapidità di reazioni, tendenza all'isola-
mento, all'introversione, e alla sociofobia, tensione mentale eccessiva,
ansietà e reazioni imprevedibili, ipersensibilità al dolore. Sonno leggero e
fatica cronica. Poca resistenza all'alcool. Preferiscono lavorare per gli
anziani. 2
1 ACCOMPAGNAMENTO E CARATTEROLOGIA
Il carattere è costituito dagli aspetti comportamentali più usuali di un sog-
getto: sentimenti, pensieri, intelligenza, fantasia, memoria, attenzione, volontà.
Si manifesta nel modo peculiare e costante del suo reagire di fronte alla realtà.
Permette di conoscere meglio le sue possibilità e attitudini per favorire il loro
pieno sviluppo e il loro sfruttamento professionale. Allo stesso tempo abilita
a una migliore comprensione degli altri e a relazioni interpersonali più grati-
ficanti.
Tra le diverse caratterologie meritano uno spazio più ampio quelle di Jung e
di Le Senne, data la loro diffusione al servizio dell'accompagnamento e della vita
spirituale.
2.1. Caratterologia di Jung: estroverso o introverso?
L'opera di Jung, Tipi psicologici, suppone uno sviluppo importante nelle
ricerche di caratterologia, fondata ormai su una psicologia dinamica. Alla sua
base si trovano due elementi opposti: «estroversione» e «introversione». A que-
sta duplice base si aggiungono due funzioni psicologiche: il «pensiero» e il «sen-
timento». Il pensiero racchiude il mondo del comprendere e del dare senso alle
cose. Il sentimento, invece, abbraccia tutto il mondo del piacevole-spiacevole. È
ciò che oggi si va designando con l'espressione intelligenza emotiva. 5
4 Per aiutare ciascuno a scoprire il proprio temperamento, può essere utile l'Esercizio pratico 1,
alla fine di questo capitolo.
5 C.G. JUNG, Tipi psicologici, in ID., Opere, VI, Torino, Boringhieri 1969; ID., L'uomo e i suoi sim-
boli, Longanesi, Milano 1983.
In altri termini, possiamo dire che l'estroverso si sente attratto e stimolato da
richiami e da situazioni esterne, mentre l'introverso può sentirsi da essi intimidi-
to e spinto verso l'interiorità. L'estroverso è stimolato dalle altre persone e da
un'ampia gamma di esperienze esterne, mentre l'introverso trae le proprie ener-
gie da risorse interiori e da esperienze e riflessioni intime.
Per mettere in evidenza i due tipi, possiamo usare un procedimento di asso-
ciazione di parole.
Estroversi Introversi
attivi riflessivi
gente solitudine
rumore silenzio
socievoli riservati
molti pochi
ampiezza profondità
Gli estroversi sono spesso affabili, loquaci e facili da conoscere; esprimono le
loro emozioni e danno il meglio di sé nei rapporti reciproci. Danno ampiezza alla
vita e sono espansivi.
Gli introversi, d'altro canto, sono spesso riservati e ci si mette più tempo a
conoscerli. Sanno nascondere le loro emozioni e hanno bisogno di spazio priva-
to. Danno profondità alla vita e stanno più appartati. Spesso essi percepiscono
gli estroversi come superficiali, mentre gli estroversi possono percepire gli intro-
versi come individualisti, chiusi in se stessi.
Nella tabella sottostante vediamo questi tipi in situazione di lavoro:
Gli introversi:
- si esercitano prima di dire le cose e preferiscono che gli altri facciano lo stesso;
- amano la pace, la quiete di quando hanno del tempo per loro stessi;
- sono considerati dei buoni ascoltatori;
- sono considerati timidi o riservati, anche se non si sentono così;
- amano le occasioni speciali in cui stanno con uno o due amici intimi:
- desidererebbero poter esprimere alcune volte le loro idee con maggiore chiarezza;
- a loro piace esporre i pensieri o i sentimenti senza essere interrotti;
- hanno bisogno di appartarsi dopo aver trascorso un certo tempo in un gruppo. 6
6 Sei prevalentemente introverso o estroverso? Metti una croce davanti alle frasi e guarda in qua-
le orientamento ci sono più croci.
7 Cf. GOLDSMITH - WHARTON, Conoscere me, conoscere le, 45-68.
Raramente sono necessarie le parole e la preghiera può diventare altrettan-
to efficace se si è soli; anzi, la presenza di altre persone è spesso una distrazione
indesiderata. Qualcuno ha riassunto questa esperienza di preghiera davanti al
Crocifisso con le parole: «Io guardo lui e lui guarda me».
• La spiritualità degli estroversi
Gli estroversi, invece, si considerano spesso incapaci di pregare e si sentono
a disagio quando si parla della preghiera silenziosa. Sono molto contenti di poter
essere coinvolti in qualche forma di «azione evangelizzatrice» e vanno aiutati a
rendersi conto che il loro pensare e agire può trasformarsi benissimo in una for-
ma di preghiera. Nei ritiri e nei giorni di deserto possono sentirsi come degli
estranei e, per quanto riguarda la spiritualità, quasi di «seconda classe».
Può succedere che, nel corso delle pubbliche funzioni, gli estroversi che le
dirigono invitino il pubblico a osservare qualche istante di silenzio, intendendo
proprio qualche istante, cosa che, per l'introverso, non è quasi mai abbastanza.
Per contro, quando gli introversi invitano al silenzio, il periodo ad esso dedicato
appare interminabile agli estroversi, la cui mente è occupata a cercare di capire
quando finirà.
2.2. La caratterologia di Le Senne
Si manifesta come un metodo utile e semplice e perciò è stato usato abbon-
dantemente in campo spirituale. Trova la base dinamica nei suoi tre elementi
costitutivi: l'emotività, l'attività e la risonanza. 8
8 Cf. G.F. ZUANAZZI, Introduzione alta caratterologia, Secop, Verona 1969; K. ARDUIN, Qual è il
tuo carattere?, Gribaudi, Torino 1971; N. GALLI, La diagnosi caratterologica ad uso degli educatori,
Pas-Verlag, Ziirich 1964.
9 E. MOUNIER, Trattato de! carattere. San Paolo, Cinisello Balsamo ( M I ) 1990,298.
scomparsi dalla coscienza, gli elementi del contenuto psichico continuano ad
esercitare ancora la loro azione. Quando la reazione è rapida e caduca, si parla
di risonanza primaria. Quando la reazione è lenta e prolungata, si ha una riso-
nanza secondaria. Ne deriva la divisione fra tipi primari e tipi secondari. I primi
agiscono mossi dalle impressioni attuali, fugaci e transitorie, che s'impongono
alla coscienza. Nei tipi secondari, invece, le esperienze accumulate e persistenti
esercitano ancora il loro influsso sull'atteggiamento del soggetto e garantiscono
un suo orientamento uniforme nell'agire e una percezione precedente influisce
in misura considerevole sulle reazioni attuali.
L'emotività, l'attività e la risonanza non sono proprietà assolute, ma gradua-
li. Sono caratteristiche più o meno presenti nei soggetti. Combinando le tre ten-
denze fondamentali si ottengono otto tipi caratterologici.
2.2.1. Gli emotivi non-attivi (EnA)
Sono di natura sensibile; la loro eccessiva suscettibilità e intensità emoziona-
le non sono compensate da un'attività altrettanto forte. Perciò la loro tensione
interna, non scaricata, si accumula dentro, rendendoli ansiosi, turbati, impressio-
nabili e irritabili. Bisogna motivarli intensamente affinché si decidano ad agire.
La vecchia classificazione temperamentale aveva ricondotto tutti i soggetti EnA
a una sola categoria: i melanconici.
Vengono divisi in due gruppi: nervosi e sentimentali.
• Il nervoso (EnAP)
La sua risonanza alle percezioni è immediata. Egli è il soggetto delle prime
impressioni e dell'umore altalenante: oscilla tra la gioia e la tristezza. Perciò la
volubilità ne risulta una costante caratterologica. La presenza dell'emotività e
della primarietà favorisce lo sviluppo di spiccate attitudini artistiche e letterarie.
La spiritualità dell'EnAP. L'individuo emotivo non attivo primario ha come
caratteristica spirituale positiva la sua inclinazione verso l'ideale religioso. Sente
il bisogno di amare e di imitare qualcuno. Perciò conviene presentargli la fede
cristiana come un itinerario attraente che ha come modello da imitare lo stesso
Gesù e, come scopo, il corrispondere al suo amore. Dato il suo interesse per le
cose immediate, bisognerà aiutarlo a sviluppare gli ampi interessi del Regno e
l'urgenza dell'impegno di evangelizzazione.
Il direttore spirituale saprà adattarsi alla sua psicologia, mostrandosi acco-
gliente, cordiale, pronto a incoraggiare. Saprà illuminare, con spirito fraterno, i
problemi che gli espone e accompagnarlo con pazienza nel suo lungo cammino
spirituale. Facendo leva sulla sua emotività, costruirà una spiritualità fondata sul-
l'amore del Padre e sulla fiducia nella Madonna. Formato adeguatamente alla
preghiera liturgica, di gruppo, continuerà ad approfondire la sua vita interiore.
Per potenziare il suo impegno apostolico rinvigorirà la sua capacità di compren-
sione e di concretezza, le quali diventeranno spirito di servizio ai fratelli. Come
esempio di questo tipo di carattere si propone san Francesco d'Assisi, innamo-
rato di Gesù.
• Il sentimentale (EnAS)
Possiede il dinamismo dell'emotività e della secondarietà, dunque è incline
all'interiorità e alla riflessione. Ciò garantisce una difesa contro l'eccessiva
impressionabilità. Egli appare d'indole riservata, con tendenza alla speculazione,
all'inquietudine di fronte alla propria vocazione, al sentimento religioso e al
mondo. L'interiorità costituisce la sua forza.
La guida spirituale, perciò, dovrà far germogliare in lui il gusto dell'attività e
del dono di sé, convinto della sua ricchezza interiore. Se l'ideale spirituale viene
proposto in modo attraente, quale fonte di energia e di pienezza, se egli scopre
l'amore personale di Gesù, allora la stabilità e la fedeltà inonderanno la sua esi-
stenza e sorgerà anche in lui il desiderio di corrispondere a questo amore con il
servizio ai fratelli. 10
Dato che egli sente il bisogno di una guida, questa dovrà apparire come sti-
molo a un serio impegno di santità e di servizio al Regno. Le sue spiccate doti
per l'apostolato verranno orientate verso ministeri in gruppi nei quali si sentirà
a suo agio. Quando sarà a capo di qualche opera, dovrà essere invitato a rispet-
1. Sei fedele allo Spirito Santo? E sei fedele pure alla persona concreta che hai davan-
ti? Avverti la sua unicità e la sua irripetibilità?
2. Conosci il suo temperamento, ereditato nel momento del concepimento? E il suo
carattere, con le sue caratteristiche psicologiche predominanti? Sviluppi gli atteg-
giamenti positivi che già possiede? Lo incoraggi a colmare le lacune?
3. Comprendi le sue circostanze storiche nelle quali risponde all'invito? Lo accetti nel
suo momento storico? Cerchi di favorire il suo adattamento alla dimensione storica?
4. Riesci a valutare oggettivamente le difficoltà e i problemi del diretto? Lo accetti con
i suoi pregi e i suoi limiti (specie di fede)?
5. Fai sentire l'invito piuttosto come perfezionamento della sua esistenza, come qual-
cosa che completa intimamente la sua personalità?
6. Tendi allo sviluppo integrale della sua personalità? Proponi la personalità di Gesù
come elemento di grande novità? Conduci alla scoperta di Gesù persona? Proponi
Gesù come illuminatore delle verità del diretto?
Esercizio pratico 1
QUESTIONARIO DI SHELDON PER IL TEMPERAMENTO
1 2 3
6 5 4
7 8 9
12 11 10
13 14 15
18 17 16
19 20 21
24 23 22
25 26 27
30 29 28
Risultato. Metti accanto al numero della domanda il rispettivo voto. Fai la somma.
Appartieni al gruppo che ottiene il voto più alto. Avrai pure delle caratteristiche del
secondo o del terzo, secondo la loro vicinanza quantitativa al primo. Vedi sopra l'applica-
zione di R O L D À N (pp. 54ss).
Esercizio pratico 2
TEST DI CARATTERE DI LE SENNE
Nei singoli numeri metti una sola croce, sopra la lettera a) o b) o su c).
Attività
Quando hai tempo a disposizione, lo impieghi con alacrità (per es. studi col-
laterali, azione sociale, lavori manuali o qualsiasi attività non imposta)?
O resti a lungo a far nulla, a sognare o semplicemente a distrarti (per es. con
letture amene, radio, tv ecc.)?
Dubbioso.
Esegui immediatamente e senza difficoltà ciò che hai deciso?
O devi compiere uno sforzo penoso per passare dall'idea all'atto, dalla deci-
sione all'esecuzione?
Dubbioso.
Sei stimolato dalle difficoltà ed eccitato dall'idea dello sforzo da compiere?
O ti scoraggi facilmente?
Dubbioso.
Preferisci agire o almeno fare progetti precisi che preparino realmente l'av-
venire?
O ti piace sognare pensando o al passato che non è più o all'avvenire che
potrebbe essere oppure fantasticare?
Dubbioso.
Fai quello che devi fare subito, senza che ti costi molto (per es. una lettera,
sistemare una faccenda)?
O sei incline a differire e rimandare?
Dubbioso.
Prendi decisioni immediate anche in casi difficili?
O sei indeciso ed esiti a lungo?
Dubbioso.
Sei facile a muoverti, sei irrequieto (per es. gesticoli, balzi vivacemente dalla
sedia, vai e vieni nella stanza al di fuori di qualsiasi viva emozione)?
O stai generalmente fermo quando nulla ti turba?
Dubbioso.
Non esiti mai a intraprendere un utile cambiamento, pur sapendo che ciò ti
costerà un grave sforzo?
O indietreggi davanti al lavoro da iniziare e preferisci accontentarti della
situazione presente?
Dubbioso.
9. a) Quando hai dato ordini per un lavoro, ti disinteressi della sua esecuzione,
pensando di esserti sbarazzato di una preoccupazione?
b) O sorvegli da vicino l'esecuzione del lavoro, assicurandoti che tutto sia fatto
bene nelle condizioni e nel momento voluti?
c) Dubbioso.
10. a) Ti piace di più fare che guardare, perché il semplice stare a guardare ti annoia
presto o ti spinge a passare all'azione?
b) O preferisci stare a guardare piuttosto che fare (ti piace, per es., guardare
spesso e a lungo un gioco a cui non prendi parte)?
c) Dubbioso.
Secondarietà
1. a) Nella tua azione ti lasci guidare dal pensiero di un avvenire lontano (per es.
risparmiare per la vecchiaia, accumulare materiali per un lavoro di ampio
respiro o dalle conseguenze future che i tuoi atti possono avere?
b) O ti interessano soprattutto i risultati immediati?
e) Dubbioso.
2. a) Prendi in esame tutto ciò che può accadere e ti ci prepari con cura (per es.
equipaggiamento completo e preciso, studio degli itinerari, valutazione pre-
ventiva dei possibili incidenti ecc.)?
b) O ti affidi alle ispirazioni del momento?
c) Dubbioso.
3. a) Hai rigidi principi ai quali cerchi di conformarti?
b) O preferisci adattarti alle circostanze senza irrigidirti?
c) Dubbioso.
4. a) Sei costante nei tuoi propositi? Porti sempre a compimento ciò che hai comin-
ciato?
b) O abbandoni spesso un compito prima che sia terminato, incominciando tut-
to senza finire nulla?
c) Dubbioso.
5. a) Sei molto costante nelle simpatie (per es. coltivi le tue amicizie d'infanzia, fre-
quenti regolarmente le stesse persone, le stesse compagnie)?
b) O cambi spesso amici, smettendo senza ragioni plausibili di visitare persone
che frequentavi?
c) Dubbioso.
6. a) Dopo un impulso di collera o dopo avere subito un affronto, ti riconcili imme-
diatamente con chi ti ha offeso?
b) O resti per molto tempo di malumore, persistendo nel rancore?
c) Dubbioso.
7. a) Hai abitudini fisse alle quali tieni molto? Ami il ripetersi regolare di certe
azioni?
b) O rifuggi da tutto ciò che è abituale e previsto in anticipo, essendo per te la
sorpresa l'elemento principale di piacere?
c) Dubbioso.
68
8. a) Ti piace l'ordine, la simmetria, la regolarità?
b) O l'ordine ti sembra monotono e hai bisogno di trovare ovunque un po' di
varietà?
c) Dubbioso.
9. a) Quando ti sei formato un'opinione vi aderisci con ostinazione?
b) O ti lasci facilmente convincere e conquistare dalla novità di un'idea?
c) Dubbioso.
10. a) Prevedi in anticipo come devi impiegare il tuo tempo e le tue forze? Ti piace
tracciare piani, stabilire orari, redigere programmi?
b) O ti impegni nell'azione senza una regola precisa e prestabilita?
c) Dubbioso.
Emotività
1. a) Prendi molto a cuore le piccole cose, pur sapendo che non hanno importan-
za? Sei talvolta sconvolto per cose da nulla?
b) O sei turbato soltanto da avvenimenti gravi?
c) Dubbioso.
2. a) Ti entusiasmi o ti indigni con facilità?
b) O accetti tranquillamente le cose così come sono?
c) Dubbioso.
3. a) Sei suscettibile? Sei facilmente e profondamente ferito da una critica alquan-
to pungente, da un'osservazione scortese e ironica?
b) O sopporti la critica senza esserne urtato?
c) Dubbioso.
4. a) Ti preoccupi facilmente per un avvenimento imprevisto? Sussulti quando sei
chiamato bruscamente? Impallidisci o arrossisci facilmente?
b) O ti turbi difficilmente?
c) Dubbioso.
5. a) Ti accalori mentre parli? Alzi la voce durante la conversazione? Provi il biso-
gno di usare termini violenti o parole molte espressive?
b) O parli senza fretta, in modo calmo, posato?
c) Dubbioso.
6. a) Sei agitato di fronte a un compito nuovo e alla prospettiva di un cambiamen-
to nella vita?
b) O affronti la situazione con calma?
e) Dubbioso.
7. a) Passi alternativamente dall'esaltazione all'abbattimento, dalla gioia alla tri-
stezza e viceversa, per un nonnulla e persino senza un motivo apparente?
b) O sei sempre dello stesso umore?
c) Dubbioso.
8. a) Sei spesso oppresso da dubbi o da preoccupazioni concernenti azioni prive
d'importanza? Conservi spesso nella mente un pensiero del tutto inutile, che
però ti dà fastidio?
b) O soltanto di rado conosci questo stato penoso di preoccupazione?
c) Dubbioso.
9. a) Ti accade talvolta di essere emozionato a tal segno che ciò che desideri diven-
ta per te completamente impossibile? (per es. la paura che t'impedisce di
muoverti, la timidezza che ti toglie totalmente la parola ecc.)?
b) O ciò ti è accaduto soltanto di rado? O non ti è accaduto mai?
e) Dubbioso.
10. a) Hai spesso l'impressione di essere infelice?
b) O sei generalmente contento della tua sorte? O, ancora, quando le cose non
procedono così come vorresti, pensi più a ciò che sarebbe necessario mutare
che non ai tuoi sentimenti personali?
c) Dubbioso.
Risultato: a) = 10 punti b) = 0 punti c) = 5 punti
Fai la somma dei punti nelle tre dimensioni: ad es.: 10 + 5 + 10 ecc.
Se la somma è superiore a 50 nelle tre sezioni, la persona è: emotiva; attiva; secondaria.
La somma può essere inferiore a 50 in uno o più settori.
Se la somma è di 50 o di meno, è nowEmotiva = nEmotiva; nAttiva; Primaria.
Per le caratteristiche e per i consigli alla guida spirituale, vedi sopra La caratterologia di
R O S S E T T I (pp. 60ss).
Capitolo quinto
SANAZIONE INTERIORE
1 Cf. S.J. BÀEZ, «La sanación fisica y espiritual en la Biblia», en Revista de Espiritualidad
64(2005), 183-213.
Una buona parte dei Vangeli è costituita dalla presentazione dell'azione libe-
ratrice del Salvatore, attraverso la descrizione costante della sua opera che si va
completando mediante la guarigione e la redenzione interiore, individuale e
sociale e in tal modo, e in maniera sempre più autentica e verificabile, va soppri-
mendo le profonde radici del peccato e dell'inimicizia. E ciò avviene in una
maniera e in un grado così sublime, che con nessuna morale e nessuna psicote-
rapia si può stabilire un paragone.
Il proseguimento di questa azione liberatrice si manifesta oggi particolar-
mente urgente nei casi in cui la guida spirituale abbia scoperto la presenza di
ferite e di immaturità affettive in certe persone problematiche e sofferenti. Ciò
diventerà indispensabile, in modo del tutto particolare, quando si tratta di
accompagnare giovani con vocazioni peculiari nella Chiesa. Esiste, infatti, un
rapporto stretto fra guarigione interiore, crescita individuale e santificazione
personale. 2
2. LE DIVERSE MALATTIE
Un primo passo, certamente molto importante, verso il raggiungimento del-
la guarigione consiste certamente nell'identificazione delle diverse specie di
infermità che affliggono l'essere umano, così come delle loro origini o cause e dei
vari rimedi applicabili nei singoli casi. 3
2 Cf. A. LIPPI, La preghiera per la guarigione e per la liberazione nella Chiesa, L E V , Città del Vati-
cano 2 0 0 3 , 2 5 .
3 Cf. I. BAUMGARTNER, Psicologia pastorale, Boria, Roma 1 9 9 3 , 7: «Non c'è dubbio che l'attuale
"condizione" dell'uomo è contrassegnata da un livello di disturbi di origine spirituale ormai quasi
intollerabile ... parte di queste sofferenze spirituali - conflitti familiari, solitudine senza sbocco, ango-
sce diffuse, vuoto interiore, disperazione - è sopportata in silenzio».
un'oscurità notturna, che rendeva difficile conoscere le verità essenziali dell'esi-
stenza umana e trascendente: tale oscurità era chiamata «ignoranza». La facoltà
volitiva, a sua volta nella sua tendenza verso il bene, subiva una deviazione e
rimaneva ferita da un disordine, chiamato «malizia». L'appetito irascibile, orien-
tato di per sé verso un bene arduo da conseguire, appariva vittima della «debo-
lezza», e l'appetito concupiscibile, che spinge verso un bene desiderabile, appa-
riva schiavo di un disordine chiamato «concupiscenza». San Giovanni della Cro-
ce e la sanazione interiore sono su questa linea. 4
4 Cf. D. CHOWNING, «E1 camino de la sanación en San Juan de la Cruz», in Revista de Espiritua-
lidad 59(2000), 253-333.
5 Cf. P. MADRE, LO scandalo del male, Ancora, Milano 1996,57-71.
6 Cf. LIPPI, La preghiera per la guarigione, 14; J.C. LARCHET, Thérapeutique des maladies spiri-
tuelles. Une introduction à la tradition ascétique de l'Église orthodoxe, Cerf, Paris 1997,313-728.
• Malattia psicosomatica
È un'indisposizione organica o fisica dovuta principalmente a stati di disagio
mentale ed emozionale e al fatto di sentirsi incatenati a un passato infelice.
Come rimedio naturale si propongono la medicina e l'azione psicoterapeutica,
che vanno migliorando e concretizzando considerevolmente i loro metodi e
interventi in questo settore. Come rimedio spirituale, invece, si propone l'inter-
cessione, fatta con fede e amore, e la preghiera per la guarigione dei ricordi,
come suo complemento. Senza dimenticare l'uso dei sacramenti come indicato
nel paragrafo precedente.
• Malattia fisica
Può essere causata da incidente, infezione, stress, dieta inadeguata e simili.
Oltre al rimedio naturale di tipo medico, si adopera anche il rimedio spirituale,
che consiste principalmente nella preghiera o nell'intercessione, individuale o di
gruppo, fatta sempre con fede e amore, e che contribuisce a una più rapida e
completa guarigione. Anche il sacramento dell'unzione degli infermi, che alle
origini era stato introdotto proprio per raggiungere questo stesso effetto, ha ricu-
perato oggi la sua attualità e la sua efficacia. 8
Per scoprire tutta l'importanza del perdono nei rapporti umani, basta rivolge-
re lo sguardo sul mondo e vedere gli effetti disastrosi della mancanza di perdono
e del risentimento: tante guerre, vendette, omicidi, tanto rimanere agganciati al
passato. «Perdona per liberare in te le forze dell'amore», scrive Martin Gray. E que-
sto l'effetto del perdono: perdonare è guarire. Sia nelle famiglie che nelle comu-
nità, l'amore «mobilita» il potere salvifico di Dio e la riconciliazione fa sì che que-
sta corrente salvifica penetri nelle persone: per questo motivo, tante volte al per-
dono segue la guarigione. Perciò l'invito ad avvicinarsi al Medico divino o a uno
dei suoi messaggeri, per esporre il proprio caso e per supplicare la grazia dell'as-
soluzione.
La riconciliazione sincera concede alle persone responsabili delle ferite, dei
traumi o dei problemi dell'esistenza la vera pace e affranca i loro cuori per ricu-
perare la libertà interiore. In questo senso affermava Henry Lacordaire: «Volete
essere felici un istante? Vendicatevi. Volete essere felici per sempre? Perdonate». u
9 Cf. D. LINN - M. LINN, Come guarire le ferite della vita, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI)
1992,110-119.
10 Cf. J. MONBOURQUETTE, L'arte di perdonare. Guida pratica per imparare a perdonare e guarire,
Paoline, Milano 1994,92-103.
11 Dal 1994 funziona, con grande successo, l'«Istituto Internazionale del Perdono», a Madison
(Wisconsin). La «terapia del perdono» induce non solo a perdonare, ma anche ad entrare nell'amo-
re e nella compassione dei figli di Dio. La «psicologia del perdono» rimane sempre aperta alla con-
templazione del mistero di Dio e del suo costante perdono.
3. L'AFFETTIVITÀ E LE SUE FERITE
Un settore che merita un'attenzione tutta particolare in questo impegno di
sanazione è quello dei rapporti con i propri genitori, che sono all'origine di ogni
altra relazione. Un'esperienza positiva nei primi anni di vita facilita la compren-
sione e la pratica del comandamento dell'amore. 12
4. GUARIGIONE E LIBERAZIONE
Anche se non si ha uniformità nel modo di presentare questi argomenti, si
può dire che, come la guarigione fa riferimento alle malattie, così la liberazione
fa riferimento alle dipendenze o alle soggezioni da loro prodotte. La guarigione
opera all'interno della persona, la liberazione piuttosto all'esterno. La guarigio-
ne produce un cambiamento nel soggetto che viene guarito da un disordine che
provoca malessere e trasformato in creatura nuova; la liberazione toglie, piutto-
sto, qualcosa che dall'esterno opprime l'individuo. Essa non riguarda soltanto
ossessioni e possessioni demoniache, bensì si estende ad ogni genere di tentazio-
ni violente, inganni, divisioni e alle varie forme di superstizione, di magia e di
tante altre negatività.
Finalità ultima di un processo di guarigione interiore è la sanazione da quel-
la paura della morte che genera orrore verso la sofferenza, verso la croce di ogni
giorno e verso l'umiliazione e impedisce il dono di una perfetta esperienza di
figliolanza, condizione necessaria per aprirsi poi, in spirito di abbandono filiale,
a un'integrale donazione fraterna in atteggiamento di paternità e di maternità.
12 Cf. D . PIÉTRO, La dipendenza affettiva. Come riconoscerla e liberarsene, Paoline, Milano 2005,
9-18.
13 Si suol dire che i demoni più potenti sono quelli più astuti, che sanno nascondersi, non i pos-
sessi isterici, manifesti, chiassosi.
La persona è veramente adulta e libera quando è in grado di diventare padre o
madre per altri, cioè di assumere in pieno, sciolta da ogni condizionamento, la
responsabilità della vita, seguendo la via di Gesù che aveva detto: «Io sono venu-
to per portare Vita e per portarla in abbondanza» (Gv 10,10). Vita, libertà inte-
riore, equilibrio e sanità, gioia e pace del cuore, capacità di aprirsi all'altro e di
amare, di seminare pace e non divisione, sono qualità positive legate fra loro e
che si stimolano nello sviluppo reciproco. 14
• Bisogno di sanazione
In Gesù di Nazaret, il regno di Dio si è fatto presente sulla terra, continua ad
essere presente nella persona di Cristo Risorto e ci offre la guarigione, la libera-
zione, l'autentica comunione con i fratelli. Egli ha detto: «Mi ha mandato ad
annunciare ai poveri un lieto messaggio, a proclamare ai prigionieri la liberazio-
ne e a ciechi la vista, per mettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di gra-
zia del Signore» (Le 4,18).
Le parole di Gesù riflettono la sapienza di Dio; le sue opere, il suo potere.
Ogni conversione, ogni guarigione o liberazione è una nuova conquista per
Gesù, rappresenta un nuovo passo in avanti del Regno e porta un nuovo annun-
cio della buona novella. Ogni guarigione, sia di spirito che di psiche o di corpo, è
una dimostrazione della potenza di Dio, che annuncia in modo persuasivo: «Il
regno di Dio è vicino». Guarire è evangelizzare ed evangelizzare è guarire. La
missione del credente è proclamare la Parola e pregare affinché il Signore con-
fermi, per mezzo di conversioni, guarigioni e altri segni del suo amore e della sua
potenza, la veridicità della venuta nella pienezza dei tempi. 15
• Rimedi naturali
Quando i sentimenti negativi sono particolarmente opprimenti, si tenta, a
volte, di seppellirli nell'inconscio per nasconderli alla stessa coscienza attiva, la
quale, altrimenti, non darebbe pace. In questo modo si va avanti nell'esistenza
senza conoscere i veri sentimenti profondi. Così l'inganno può entrare nell'agire
umano, ingarbugliando, o almeno complicando, la condotta ordinaria e le rela-
zioni interpersonali.
Bisogna invece servirsi dei rimedi naturali che esistono ormai per ogni malat-
tia. Si possono ricordare le tante nuove risorse che va mettendo in pratica l'at-
tuale psicoterapia, usando insieme metodi psicologici e pedagogici. 16
• Rimedi soprannaturali
La preghiera per la guarigione degli infermi è il rimedio più frequentemente
adoperato. Per pregare per tale guarigione è necessario, prima di tutto, un vero
17 Cf. A. BISSI, Peccatori amati. Il cammino umano tra fragilità e valore, Paoline, Milano 2004.
140-145.
che non sono ancora redenti. Si tratta di esporli alla grazia sanatrice e liberatri-
ce del Signore.
Non si risolve nulla rifiutando se stessi per il modo di essere o giustificando
i propri sbagli. Bisogna presentarsi al Signore in tutta la propria realtà, come si
è, come si è visti da lui, e chiedergli di essere trasformati nel modo in cui egli
desidera. 18
La sua luce è capace di penetrare le parti più intime dell'essere umano, com-
preso il suo inconscio, dove si nutrono le radici dei problemi più preoccupanti.
Gesù si fa presente là dove c'è più bisogno. Si presentano allora al Medico divi-
no i conflitti emozionali e, se è possibile, la radice stessa di questi problemi, e si
prega per la guarigione delle memorie. Si chiede a Gesù di riempirle del suo spi-
rito e allo Spirito Santo di mostrare le sue doti divine di guarigione e di sollievo.
Sarà importante, a tale scopo, che la guida valorizzi il «carisma delle guari-
gioni» (ICor 12), che rivela sia la compassione di Dio verso l'uomo sofferente,
sia il valore redentore della malattia e della sofferenza accettate e incorporate al
sacrificio di Cristo.
Il fatto di identificare, alla presenza del Signore, una zona o un ricordo che
ha bisogno di guarigione, vuol dire esporsi alla luce e all'amore dello Spirito San-
to e iniziare un processo di guarigione interiore; e quanto più ci si apre alla luce,
tanto più rapida e profonda è la guarigione. È sentire: «Ora siete luce nel Signo-
re» (Ef 5,8-14).
Quando ci si mette in atteggiamento di fede, Gesù entra nel cuore fino ad
allora chiuso dalla paura o da amari ricordi. Egli si fa presente in questa umile
confessione e preghiera: è così possibile esporre, con fede viva nella provviden-
za di Dio, gli avvenimenti più oscuri dell'esistenza. L'esperienza profonda del-
l'amore e della misericordia di Dio e della salvezza del Figlio diventerà pace,
guarigione, speranza, vita nuova. 19
Dato che ogni ricordo doloroso tende a incidersi profondamente nella nostra
mente, nel cercare la guarigione delle memorie è molto utile visualizzare o
immaginare le persone che ne sono la causa. Se si ricostruiscono nella mente, con
la massima chiarezza possibile, gli avvenimenti e i momenti traumatici del pas-
sato, e si visualizza il Salvatore presente che accoglie con amore il nuovo figlio
di Dio, allora si compie la vera redenzione del soggetto.
Questo «visualizzare» o «vedere» Gesù presente, quando si prega per la gua-
rigione delle memorie, non è un semplice atto d'immaginazione. E un modo di
esercitare la propria fede. Gesù era ed è realmente presente in questa situazio-
ne, così come rimaneva presso il fuoco sulla riva del lago e, dialogando con Pie-
tro, compiva la guarigione della sua memoria.
In ogni caso, questa visualizzazione di Gesù verrà adeguata, nel modo più
conveniente possibile, alla persona concreta, alla sua età, alla sua situazione e ad
altre circostanze individuali.
LEZ. Pregare per guarire. Modalità semplici avallate dalla medicina, OCD, Roma 2 0 0 4 .
Perciò è tanto importante l'interiorizzazione della convinzione «Dio mi ama»: Is 43,1-5; 45,2-
19
6;49,1-6; Sof 3,14-18; Os 11,1-4; Sai 102-103; 105-107; 138; Gv 3,16; lGv 4,9-10; Gal 4,4-7; Ef 2,4: «ren-
dersi conto» di un amore personale del Padre per me.
Appendice I
INDIVIDUAZIONE DI PROBLEMI PERSONALI
Padre di bontà, Padre di amore, ti benedico, ti lodo e ti ringrazio perché, per amore,
ci hai dato Gesù. Grazie, Padre, perché, alla luce del tuo Spirito, comprendiamo che egli
è la luce, la verità, il buon Pastore, che è venuto perché noi abbiamo la vita e l'abbiamo
in abbondanza.
Oggi, Padre, mi voglio presentare davanti a te come tuo figlio. Tu mi conosci per
nome. Volgi i tuoi occhi di Padre amoroso sulla mia vita. Tu conosci il mio cuore e le feri-
te della mia vita. Tu conosci tutto quello che avrei voluto fare e che non ho fatto; quello
che ho compiuto io e il male che mi hanno fatto gli altri. Tu conosci i miei limiti, i miei
errori e il mio peccato. Conosci i traumi e i complessi della mia vita.
Oggi, Padre, ti chiedo, per l'amore verso il tuo Figlio Gesù Cristo, di effondere sopra
di me il tuo Santo Spirito, perché il calore del tuo amore salvifico penetri nel più intimo
del mio cuore. Tu che sani i cuori affranti e fasci le ferite, guarisci qui e ora la mia anima,
la mia mente, la mia memoria e tutto il mio spirito.
Entra in me, Signore Gesù, come entrasti in quella casa, dove stavano i tuoi discepo-
li pieni di paura. Tu apparisti in mezzo a loro e dicesti: «Pace a voi».
Entra nel mio cuore e donami la pace; riempimi d'amore. Noi sappiamo che l'amore
scaccia il timore. Passa nella mia vita e guarisci il mio cuore. Sappiamo, Signore Gesù, che
tu lo fai sempre, quando te lo chiediamo; e io te lo sto chiedendo con Maria, nostra Madre,
che era alle nozze di Cana quando non c'era più vino, e tu rispondesti al suo desiderio
cambiando l'acqua in vino. Cambia il mio cuore e dammi un cuore generoso, un cuore
amabile, pieno di bontà, un cuore nuovo.
Fa' spuntare in me i frutti della tua presenza. Donami i frutti del tuo Spirito che sono
amore, pace e gioia. Che scenda su di me lo spirito delle beatitudini, perché possa gusta-
re e cercare Dio ogni giorno, vivendo senza complessi e senza traumi insieme agli altri,
alla mia famiglia, ai miei fratelli.
Ti rendo grazie, o Padre, per quello che oggi stai compiendo nella mia vita. Ti ringra-
zio con tutto il cuore, perché mi guarisci, perché mi liberi, perché spezzi le mie catene e
mi doni la libertà.
Grazie, Signore Gesù, perché sono tempio del tuo Spirito e questo tempio non si può
distruggere, perché è la casa di Dio.Ti ringrazio, Spirito Santo, per la fede, per l'amore che
hai messo nel mio cuore. Come sei grande. Signore, Dio Trino e Uno! Che Tu sia bene-
detto e lodato, o Signore.
p. Emiliano Tardif
20 In vari libri è possibile trovare altre formule, anche più ampie e più dettagliate: cf. IRAGUI,
Guarite gli infermi, 1 8 5 - 1 9 1 .
Appendice III
GUARIGIONE DA UN RICORDO
1. Rilassatevi alla presenza di Gesù, che vede il passato e vuole guarirne gli effetti.
Chiedete a Gesù di vedere il passato come lo vede lui e di guarirlo come e quan-
do vuole lui.
2. Ringraziate Dio per le volte in cui siete stati amati, siete stati perdonati e avete
perdonato. 21
In ogni modo, le normali difficoltà e sofferenze inerenti alla vita, se ben gesti-
te, contribuiscono alla strutturazione di una personalità ferma. Chi è vissuto
troppo protetto, sotto una campana di vetro, rischia di prendersi una polmonite
alla prima corrente d'aria che lo investe. Chi ha lottato e sofferto, invece, acqui-
sta una specie di arte di esistere che gli permette di trovare soddisfazione nei
rapporti affettivi e interpersonali, di riuscire bene nell'ambito professionale.
1. MATURAZIONE AFFETTIVA
Alla stabilità affettiva si perviene attraverso due grandi periodi di sviluppo
emozionale:
- fino alla pubertà, il soggetto vive in un amore che si spiega entro la sfera
egocentrica, in un atteggiamento captativo: ama soltanto perché si sente
2 «Tu ci hai amati per primo, o Dio. Noi parliamo di te come se ci avessi amato per primo una vol-
ta sola. Invece, continuamente, di giorno in giorno per la vita intera, tu ci ami per primo. Quando al mat-
tino mi sveglio ed elevo a te il mio spirito, tu sei il primo, tu mi ami per primo...» (S. Kierkegaard).
3 Cf. A . BISSI, Il colore del grano. Crescere nella capacità di amare, Paoline, Milano 2002, 74-82.
4
automaticamente la maturità affettiva, che è costituita fondamentalmente dal-
l'oblatività e dall'equilibrio affettivo.
Egli è rimasto segnato da un forte vuoto affettivo che ora condiziona la sua
visione dell'esistenza, il suo atteggiamento generale verso di essa e i suoi rap-
porti affettivi. Forse, da bambino, ha sofferto le disastrose conseguenze di una
famiglia divisa: liti, freddezze, separazioni; o, forse, si è sentito apprezzato solo in
rapporto al suo successo esterno, dal momento che la stima dei genitori era con-
dizionata all'esito scolastico o sociale. Egli dunque è rimasto segnato dalla man-
canza di amore e di fiducia, che ha provato in varie sfumature e gradazioni.
Gli atteggiamenti acquisiti nella nostra infanzia hanno creato legami privile-
giati tra alcuni dei nostri neuroni. La «corrente» - se così si può dire - passa
meglio e più rapidamente attraverso determinate «piste» neuronali, una sorta di
percorso che aiuta a camminare meglio e facilita lo spostamento. La nostra sto-
ria personale ha privilegiato determinati circuiti neuronali, che si riattivano facil-
mente in un contesto attuale che presenti somiglianze con il contesto di origine. 5
4 Cf. P. SCHELLEBAUM, La ferita dei non amati. Il marchio della mancanza d'amore, RED, Como
1992,14.
5 SCHELLEBAUM, La ferita dei non amati, 195: «pensano che tutto il mondo li abbia abbandonati».
• Atteggiamento egocentrico: mancanza di oggettività
La personalità immatura ha una disposizione affettiva come se fosse l'unica
ad avere le esperienze prettamente umane della passione, della paura, della sof-
ferenza; importanti sono le sue cose, la sua casa, la sua chiesa e il suo paese, che
costituiscono un'unità che infonde sicurezza al suo agire; tutto il resto le risulta
estraneo e pericoloso per cui lo esclude dalla sua formula di sopravvivenza.
Ciò conduce alla mancanza di oggettività nella percezione e nell'accettazio-
ne della realtà, specialmente di quella umana e sociale, e al predominio del mon-
do affettivo condizionato dal passato: in tale situazione le relazioni sono vissute
sul piano emozionale e soggettivo, in modo predominante. 6
• Instabilità emotiva
Il soggetto immaturo, che di solito non è passato serenamente attraverso i
soliti stadi di sviluppo, manifesta un'evidente mancanza di stabilità: facilmente
perde la testa, fa un chiasso sproporzionato, non è in grado di organizzarsi emo-
tivamente e reagisce in maniera apparentemente paradossale, imprevedibile,
attuando un comportamento psichico infantile, dominato dai sentimenti, e rifu-
giandosi facilmente nei meccanismi di difesa inconsci e in scatti d'ira, di passio-
ne violenta o di cattivo umore.
Avrà, quindi, un'enorme difficoltà a prendere decisioni serene, ad adattarsi
alle circostanze nuove, ad esprimere le proprie opinioni e a comportarsi in modo
equilibrato.
• Squilibrio affettivo
Il soggetto immaturo, di fronte alla frustrazione e al malessere per l'impossi-
bilità di appagare un bisogno, non è capace di sopportare l'attesa e il ritardo è da
lui vissuto come la minaccia di una perdita definitiva; egli reagisce alle varie fru-
strazioni con rabbia, ira e collera, chiudendosi nell'autocommiserazione.
Di fronte alla paura, all'angoscia e alle preoccupazioni della vita, si sconvol-
ge completamente, in modo da perdere totalmente il dominio di sé.
• Inconsistenza
Proviene dal fatto che nell'immaturo il modo di affrontare i suoi bisogni-pro-
blemi non è in armonia con i valori umani e cristiani che ha assunto come suoi,
oppure perché i suoi atteggiamenti o il suo modo di comportarsi sono contrari ai
valori vocazionali o perché i suoi desideri non sono d'accordo con le sue moti-
vazioni esistenziali.
I bisogni sono egocentrici, mentre i valori vocazionali sono sociocentrici. Nel-
la maturità cristiana, la carità perfeziona questa dimensione sociale dell'essere
umano e lo induce ad essere con e per gli altri e a fare comunione con loro. Il
valore evangelico arricchisce tutto ciò, facendo scoprire nel povero, nell'amma-
lato, nel diseredato, il vero figlio di Dio o il Cristo sofferente.
L'esperienza di tutti i giorni ci pone a contatto con fin troppa gente domina-
ta da un'immagine negativa di sé, turbata dalla paura di non riuscire poiché ha
poca fiducia interiore, poiché si vede soprattutto in negativo. Costoro si concen-
trano sull'osservazione prolungata dei propri limiti, difetti e deficienze fisiche,
intellettuali o morali; e, perfino quando vogliono lavorare «sulla propria cono-
scenza», si sentono spinti a focalizzare i lati oscuri del proprio passato. E un
atteggiamento parziale che deve essere urgentemente completato con la cono-
scenza piena degli aspetti positivi dell'esistenza. L'orgoglio, o amor proprio, è, in
fondo, una reazione alla mancanza di autostima: si può dire che reagiscono con
amor proprio, perché non hanno amor proprio, cioè non amano realmente se
stessi e, quindi, hanno bisogno di ricorrere a questi meccanismi di difesa per pro-
teggere la propria valutazione che sentono minacciata. Solo amandosi e vivendo
in armonia con se stessi possono pervenire alla felicità. 10
Nella vita spirituale, alle volte, la costruzione della stima di sé è stata identi-
ficata con l'amor proprio o con la superbia, in quanto falso amore di sé o rifiuto
inconscio dell'immagine propria; in realtà si tratta di dimensioni differenti, che
8 Cf. M. DUPUIS, La persona unificata. Meditiamo con Edith Stein, Paoline, Milano 2003,47-51.
9 Cf. G. JERVIS, La conquista dell'identità. Essere se stessi, essere diversi, Feltrinelli, Milano 1997,
25ss: «Identità precarie, minacciate e negate».
10 Cf. B. Rossi, Identità e differenza, La Scuola, Brescia 1994,20-48: «La costruzione dell'identità.
Un impegno travagliato e permanente».
in qualche modo, si escludono a vicenda: un realistico amore di sé, in quanto
creature a immagine di quel Dio che guardò la sua opera e vide che «era cosa
molto buona» (Gen 1,31), è la miglior cura per l'egoismo. La vera umiltà consi-
ste «nel camminare nella verità», cioè in un oggettivo concetto di sé. San Pietro
ricorda ai credenti: «Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l'ar-
gento e l'oro, foste liberati... ma con il sangue prezioso di Cristo» (lPt 1,18). San
Giovanni della Croce scrive: «Vederle molto buone equivale a farle molto buone
nel Verbo, suo Figlio»-, e aggiunge: «abbellì le creature, le lasciò rivestite ... di bel-
lezza e dignità» (C 5,1.4). 11
inferiore senza il vostro consenso». Un senso realistico della propria dignità con-
ferisce sicurezza alla persona e dà senso alla sua esistenza, poiché la fiducia inte-
riore, in quanto certezza esistenziale del proprio «valore personale» e del valore
delle cose che si fanno, è un'esperienza così importante che alcuni psicologi
imperniano su di essa tutta la loro concezione della personalità, anche perché
essa è un dato di natura a disposizione di ogni soggetto, non un privilegio riser-
vato a pochi fortunati dell'universo. 13
11 San LEONE M A G N O ricorda: «Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura
divina, non voler tornare all'abiezione di un tempo con una condotta indegna. Ricordati chi è il tuo
Capo e di quale Corpo sei membro ... Sei diventato tempio dello Spirito Santo!» (PL 54,190-193).
12 S a n t ' A G O S T I N O scrive: «tu eri dentro di me e io ero fuori ... tu stavi con me e io non ero con
te» (Conf. 10,27).
13 Cf. A. MUCCHIELLI, Le motivazioni, Cittadella. Assisi 1 9 8 2 , 8 4 .
14 G.W. ALLPORT, Psicologia della personalità, L A S , Roma 1977,113-114: «Uno studio ha dimo-
2
strato che in un gruppo di studenti di un college, meno del 12 per cento ha detto di non sapere che
cosa sia soffrire il tormento di sentimenti d'inferiorità ... Non occorre dire che i sentimenti d'inferio-
rità non possono essere presi come indice di inferiorità reale».
3.1. Fonti dell'identità debole
Riguardo all'origine di questi problemi, le cause, sono molto varie. Alcuni
soggetti si sono fermati a un certo livello di sviluppo o non lo hanno vissuto affat-
to e si trascinano dietro vuoti, carenze, bisogni, lacune, blocchi. Altri, invece, han-
no subito diverse circostanze negative, come per esempio quella del rifiuto al
momento della nascita, poiché ad esempio i genitori non volevano figli o non ne
volevano altri o perché desideravano un maschio ed è venuta una femmina, e
viceversa.
In casi simili, vi sono state nei genitori delle reazioni curiose, come quella del
padre che desiderava un primogenito maschio e, ritrovatosi con una femmina, la
vestiva e la faceva lavorare da maschio, la chiamava con nome maschile. Finché,
al momento di iniziare la scuola, tutta la verità fu scoperta. Il soggetto, poi, veni-
va considerato un maschiaccio dalle femmine e una femminuccia dai ragazzi.
Ancora dopo lunghi anni di scuola, ella permaneva nella difficoltà ad identifi-
carsi con il proprio sesso.
Altre volte si tratta di esperienze di confronto negativo con i fratelli o con i
cugini. Quando un bambino si sente dire: «Sei un ciccione», «Sei un pigrone»,
«Non sei buono a nulla», «Sei cattivo» «Non sarai mai come i tuoi fratelli» e cose
simili, queste e altre frasi si incidono profondamente nella memoria e segnano
intensamente la personalità, generando un'impressione di rifiuto e una reazione
di tremore, che si manifesta specialmente in pubblico; tali sentimenti sono per-
cepiti come veri e causano gravi difficoltà ad accettarsi e ad essere se stessi.
Altre volte il soggetto è apprezzato solo in base al valore sociale: quando il
giudizio positivo o negativo dei genitori è legato per esempio al rendimento
scolastico, anche da adulto ogni sforzo sarà indebolito dal timore di essere rifiu-
tato e, «pur di essere onorato», il soggetto si adatta, si impegna o cade vittima
di rapporti immaturi e dipendenti. Tutto ciò accresce in lui l'insicurezza e il sen-
timento d'inferiorità, nonché la mancanza di autostima e, quindi, la ricerca di
approvazione sociale ad ogni costo, che compensi tale vuoto. Anche in questo
caso si tratta di una personalità che può essere definita immatura, infantile o
adolescenziale, cioè che cerca di compensare atteggiamenti o bisogni propri del-
l'infanzia o dell'adolescenza. 15
Invece Vimmagine positiva, cioè realistica, normale, oggettiva, vera, secondo ciò
che uno è, cioè un essere fatto di ricchezze e di limiti, si costruisce prima di tutto a
partire dai genitori e dagli educatori; nel corso dello sviluppo il bambino riceve da
loro, alle volte inconsciamente, la sensazione di essere desiderato e amato; il loro
linguaggio non verbale e i loro atteggiamenti emozionali e fisici lo rivelano. Egli
perciò va assimilando questa immagine che li riflette. Verso i vent'anni fiorisce pro-
gressivamente una personalità nuova, fondata sulla nuova identità, che deriva dal-
la considerazione favorevole di sé, che suscita un senso di apprezzamento e di
autostima derivante dall'accettazione oggettiva del proprio essere, e che genera
una fiducia fondamentale, che sarà costantemente rinnovata e confermata.
15 Cf. L. FIELD, Il manuale deli autostima. Positive Press, Verona 1999: un manuale molto prati-
co, pieno di esercizi utili per conoscersi e ricuperare la stima di se stessi.
Come si può osservare, questo processo di formazione degli atteggiamenti si
compie gradualmente sulla base delle esperienze attraverso le quali l'individuo
ha percorso le sue stagioni esistenziali. Il bambino legge l'immagine propria
negli occhi dei genitori. Egli, per poter crescere nell'accettazione di sé, ha biso-
gno che essi lo guardino con amore e apprezzamento. Le persone importanti
16
del suo contorno esistenziale avviano in lui un circolo che potrà essere «vizioso»
o «virtuoso».
Le tappe di questo processo della costruzione dell'immagine di sé si susse-
guono nel seguente ordine:
1) l'adulto esprime il proprio giudizio positivo o negativo su un tratto della
personalità del bambino;
2) il bambino accetta tale giudizio e comincia a percepire se stesso sotto tale
luce;
3) questa immagine di sé e la relativa convinzione lo inducono poi a com-
portarsi in modo coerente con essa;
4) questo modo di agire, a sua volta, conferma l'adulto nella sua convinzione
originaria, che viene riversata ulteriormente e in misura ancora maggiore
sul bambino, il quale sarà sempre più coinvolto nel concetto rispettiva-
mente positivo o negativo di sé.
Di conseguenza, ciascuno si guarda oggi così com'è stato guardato un tempo.
Uno sguardo parentale significativo lo ha plasmato ed egli ha accettato questa
prima versione della propria storia. Oggi però è necessario tornare a posare uno
sguardo obiettivo sulla qualità e sulla correttezza di questa valutazione origina-
ria, al fine di riconoscerne la vera fonte e iniziare a comportarsi in modo nuovo,
secondo la realtà attuale, che spingerà il soggetto a vivere da adulto, maturo e
libero, e gli permetterà d'iniziare una nuova stagione della sua storia.
Per l'intero periodo dell'infanzia si trova sottoposto a una valutazione di
quello che egli è. I genitori hanno posato un certo sguardo sul bambino, che ne
è rimasto condizionato, poiché sotto tale sguardo ha costruito la stima di sé e ha
cominciato a percepire il proprio valore e, da adulto, continua ancora a sentirsi
tale quale l'hanno considerato i suoi genitori.
Ma, indipendentemente dall'infanzia, pure neWetà adulta esistono non poche
situazioni ed esperienze quotidiane che possono essere percepite come frustran-
ti per un'immagine positiva di sé. C. Rogers, nella sua terapia centrata sul clien-
te, ha messo particolarmente in luce come un soggetto, sentendosi minacciato in
maniera prolungata nel suo valore e nel suo modo di giudicare, possa chiudersi
in se stesso e divenire incapace di reagire realisticamente. In tali casi, l'adulto
tende a concentrarsi sui propri limiti, difetti e deficienze fisiche, intellettuali o
morali, e, anche quando lavora «sulla propria conoscenza», lo fa per contempla-
re per lo più i lati oscuri della sua esistenza. Questa è la reazione istintiva nor-
17
male che si registra di fronte a una bassa stima di sé; pur di non subire altre delu-
sioni, si tende a fuggire dalla realtà o a cercare di rivelarsi ad essa con modi for-
ti, oppure si assume un atteggiamento protettivo di freddezza che, però, può
essere scambiato per apparente superbia.
21 Cf. L . M . RULLA - F. IMODA - J. RIDICK, Antropologia della vocazione cristiana. II. Conferme
esistenziali, EDB, Bologna 1986,233-300.
tutto se ripetuto spesso. Dire a un bambino: «Sei un bugiardo» o «Sei malde-
stro», potrà creare in lui un'immagine che lo indurrà a dire bugie o a non acqui-
sire date competenze. Ma anche nell'adulto, specialmente nei momenti critici,
l'accentuazione del negativo provocherà insicurezze e confusione interiore,
generando un effetto vertigine.
Al contrario, accorgersi di essere percepiti in positivo, specialmente se ciò è
sentito come reale, aumenta la fiducia in se stessi, potenzia la conquista della
propria solidità, diventa una condizione indispensabile per accettare il prossimo
e avere fiducia nel Signore. L'incontro oggettivo con la propria personalità, con
le sue luci e ombre, costituisce quindi una condizione previa per tramutare
vanità e orgoglio in un senso di dignità interiore, l'autoaffermazione individuale
in affermazione spirituale, gli impulsi aggressivi in uno strumento per affrontare
i nemici interiori e per estendere poi, in cerchi successivi e sempre più ampi, l'a-
more e la compassione verso la famiglia e verso la Chiesa.
Altri esempi tratti dalla vita quotidiana possono essere i seguenti: una per-
sona appena conosciuta ci risulta antipatica poiché ci ricorda inconsciamente
un'altra non gradita. Oppure il maestro, per esercitare il novizio nell'umiltà,
durante l'anno lo rimprovera davanti a tutti con frasi come: «Crederai di aver
scritto la migliore poesia del mondo!», ecc., poi, quand'anche agli esami l'inte-
ressato si presentasse coi voti più alti, è incapace di scrivere una sola riga della
tesi di laurea, poiché è rimasto libero nello studio, ma è stato condizionato e
bloccato nello scrivere. Infine, una ragazza, recitando in chiesa una poesia alla
Madonna, si commuove, si mette a piangere e non può continuare: da quel
momento non riesce più a recitare in pubblico.
Molte paure, per esempio del buio, dei cani, dei topi ecc., sono semplicemen-
te reazioni provocate dal condizionamento. Le fobie - paure nelle loro forme
patologiche che perdurano con intensità sproporzionata rispetto all'oggetto
2 5 Cf. A . SEGANTI, «La memoria affettiva come base di rilettura della metapsicologia freudiana»,
26 N. IRALA, Il controllo del cervello e delle emozioni, Paoline, Milano 1997,186: «si sgonfia il pal-
lone, aprire presto».
2 7 IRALA, Il controllo del cervello, 186; J.E. ROYCE, Personalità e salute mentale, SEI, Torino 1964,
128-129; V. D E L M A Z Z A , I sentieri della gioia, Elledici.Torino 1977; W.T. KÌJSTENMACHER, Simplify your
life. Semplifica la tua vita in sette piccoli passi. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2004,118-121.
l'affettività e dell'emotività dipende in larga misura dalla visione che ognuno ha
dell'esistenza, conviene andare alla radice del problema e cambiare gli stati d'a-
nimo e le idee negative che ne stanno alla base, specialmente quelle troppo
anguste o quelle che spingono ad aspettative troppo elevate su se stessi. 28
In secondo luogo, siccome gli stati d'animo sono «circolari», cioè l'esercizio
di uno di essi ingenera un'abitudine più forte o un cerchio più ampio nella stes-
sa direzione, è essenziale il favorire i «circoli virtuosi», approfittando di ogni
occasione propizia per esprimere emozioni proficue in maniera cosciente e libe-
Diventa, invece, molto più positivo ed efficace il mettere l'accento sul setto-
re positivo, sul «sii te stesso» attraverso lo sviluppo armonico dei «doni» e dei
«talenti» ricevuti. Ciò include, tante volte, una rinuncia più radicale e, in ogni
modo, significa affermare la dignità e l'amabilità di ogni persona umana, la qua-
le, forse, non è responsabile delle proprie debolezze, ma certamente lo è dell'at-
teggiamento con cui si pone di fronte ad esse. Ciascuno, perciò, è chiamato ad
assumere la realtà affettiva come un autentico dono e ad integrarla nell'amore
teologale.
Si può affermare, in sintesi, che il mondo della ragione e il mondo dell'emo-
tività, lungi dal contrapporsi, sono chiamati a convergere nell'armonia dell'esse-
re umano integrale. Il credente, poi, è interpellato a compiere una realizzazione
piena di sé attraverso la comunione incessante con il suo Redentore. Per rag-
giungere tale equilibrio globale, egli deve percorrere, alle volte, un processo tera-
peutico che offra un'esperienza liberatrice di guarigione. 33
Il primo passo consiste nel prendere coscienza delle proprie tensioni e rea-
zioni, sentimenti e ragionamenti che pervadono l'organismo e i rapporti.
In un secondo momento si cerca di capire quali sono i bisogni frustrati e qual
è il loro significato.
In un terzo momento si scopre come questo bisogno sia rimasto insoddisfat-
to nell'infanzia e quali siano stati gli atteggiamenti e i comportamenti adottati
allora.
In un quarto passo si procura di indovinare il modo adulto di gestire tali
bisogni. Con l'aiuto del dialogo, si risale al presente per trovare un atteggia-
mento cosciente, sviluppato e maturo, da assumere adesso, magari con l'aiuto di
un partner.
Gli altri, prima, hanno svolto un ruolo rilevante nell'emergenza delle emo-
zioni; adesso, l'adulto rimane il solo responsabile del suo modo di gestire le emo-
zioni, di controllare la sua reazione. Questo lo spinge a prendere maggiormente
sul serio la gestione del proprio mondo emotivo e a vivere il presente in pienez-
za, senza ripetere in maniera meccanica e indefinita la storia dolorosa dell'in-
fanzia. La riconciliazione con se stessi e il raggiungimento della pace interiore
per vivere in armonia con il proprio ideale costituiscono perciò un elemento
importante dell'accompagnamento spirituale e del suo confronto con i valori
evangelici. 35
Un altro modo per scaricare le emozioni consiste nel metterle per iscritto. Se,
per esempio, esiste un forte risentimento, sia esso giustificato o no, contro qual-
cuno, il terapeuta inciterà il soggetto a scrivere una lettera a quella persona dan-
do libera espressione a tutto il suo risentimento, la sua indignazione, affermando
1. Osserva le voci contrassegnate con 3 punti. Cosa pensi di essere «quasi sempre»?
Io sono quasi sempre:
2. Considera le voci contrassegnate con 0 punti. Che cosa pensi di essere «quasi mai»?
Quasi mai io sono:
Appendice II
SEI AFFETTIVAMENTE MATURO?
Vi sono persone che, nonostante abbiano raggiunto l'età matura, agiscono ancora in
modo assolutamente infantile e indisciplinato. Vuoi sapere se tu agisci realmente come un
adulto? Rispondi con coscienza alle seguenti domande.
SÌ NO
1. In generale, sei capace di continuare a sorridere quando le cose ti
vanno male?
2. Dici cose di cui poi ti penti?
3. Sei capace di prendere decisioni importanti senza eccessiva
apprensione, indecisione, o senza dover dipendere dal parere
altrui?
4. Ti accade spesso di sentirti di malumore con la gente, e provi con-
tinui risentimenti?
5. Pensi che la vita ti abbia offerto delle giuste opportunità per avan-
zare?
6. Ti è difficile vedere le cose dal punto di vista della persona con la
quale stai discutendo?
7. Ti organizzi in modo che il lavoro sia completo lavoro e il riposo
completo riposo?
8. Vivi spendendo di più di quello che guadagni?
9. Se non è in tuo potere mutare il corso degli avvenimenti, soppor-
ti bene il dispiacere che provi nel vedere frustrati i tuoi più vivi
desideri?
10. Cerchi plausi per le tue qualità o per le tue azioni?
11. Affronti coraggiosamente i problemi che devi risolvere, o cerchi il
modo di evitarli?
12. Provi gelosia per i successi altrui?
13. Sopporti bene gli scherzi?
14. Hai pensato seriamente, qualche volta, a infliggere un castigo fisi-
co a un'altra persona?
15. Quando hai divergenze con un'altra persona, sai generalmente
accomodare le cose in modo da giungere a un accordo che ti sod-
disfi senza offendere i sentimenti dell'altro?
16. Hai tendenza a incolpare gli altri di quanto ti riesce male?
17. Trai insegnamenti positivi dai tuoi errori o sconfitte o cerchi di
trovare delle scuse di fronte a te stesso?
18. Ti è difficile accettare critiche?
19. Nei momenti di maggior difficoltà, sei capace di pensare fredda-
mente?
20. In certe occasioni, agisci senza tenere in considerazione i senti-
menti altrui?
21. Vai d'accordo con i tuoi genitori, parenti e amici?
22. Soffri, di tanto in tanto, di violente esplosioni emotive?
23. Sei capace di dire no, quando una risposta affermativa ti procure-
rebbe una soddisfazione immediata, ma, a lungo andare, sarebbe
dannosa per i tuoi veri interessi?
24. Ti offendi facilmente per scortesie o particolari sgradevoli che tu
ritieni tali?
Somma le risposte buone: SÌ nei dispari (1,3,5...) + NO nei pari:
per esempio: SI = 7 + NO = 8 Totale = 15 = notevole
4. VERIFICARE
Una volta che si è proceduto sufficientemente nel lavoro di crescita perso-
nale, arriva il momento della verifica. Essa è costituita da due fasi fondamentali:
la prima consiste nel comprendere se, e in quale misura, il programma d'azione
stabilito è stato effettivamente realizzato e, in caso negativo, nel constatare le
cause responsabili di tale insuccesso; la seconda fase è finalizzata a riscontrare se
il processo compiuto ha prodotto un miglioramento rilevante nel modo di esse-
re e di agire dell'interlocutore. 3
Per individuare i rinforzi, ossia eventi o cose dotati della proprietà d'incenti-
vare il discepolo a realizzare i passi necessari, dopo aver osservato che essi sono
spesso troppo distanti o freddi, si richiede che siano ritenuti da loro come vera-
mente importanti e che siano positivi, come le ricompense o cose a cui tengono
molto o altri stimoli autentici. 8
Egli redige ciò che sente che è il progetto di Dio su di lui, secondo i richiami
che ha ascoltato durante gli esercizi spirituali, in un ritiro speciale o in un
momento particolare di grazia. Si impegna poi a compiere ogni sforzo per met-
terlo in pratica e per avanzare sulla strada indicata, con particolare attenzione
alle ispirazioni dello Spirito Santo sul suo itinerario spirituale e sui suoi impegni
sociali e pastorali. La perseveranza nell'orazione e nella pratica alla presenza del
Signore, col quale mantiene e nutre un costante dialogo, sarà oggetto di una con-
siderazione privilegiata per progredire speditamente verso l'unione divina. A ciò
si aggiungerà naturalmente lo sforzo generoso per progredire verso la coerenza
e l'unificazione del proprio agire e verso un impegno ecclesiale adeguato alla
situazione reale.
I vantaggi di tale progetto sono evidenti. Innanzitutto, si tratta di un proget-
to personale del diretto e riflette il momento esistenziale che egli sta attraver-
sando e la risposta che corrisponde ad esso. Inoltre è uno degli strumenti più effi-
caci per garantire la verifica costante dell'andamento personale e la sempre dif-
ficile perseveranza.
* * *
premio può consistere nel vedere un programma in TV, il castigo consisterà nel vietarsi di vederlo»
(ivi, 204).
10 Cf. J . M . ILARDUIA, Il progetto personale. Ricerca di autenticità, EDB, Bologna 2003 [ 2004],
3
20-22.
PROGETTO DI DIO SU DI ME
Ancora, ci sono casi particolari nei quali determinati soggetti, con la scusa di
una piena realizzazione affettiva, giustificano i loro rapporti emozionali non leci-
ti, presentandoli come un bisogno naturale indispensabile per il loro equilibrio,
per la loro serenità, per il loro completamento. È questo un atteggiamento abba-
stanza vicino a ciò che veniva, e che viene ancora chiamato in certi ambienti,
«terza via». Questa espressione ha vari significati più o meno ampi, ma sostiene,
in genere, che si possono utilizzare tutte le manifestazione affettive, con l'unica
eccezione dell'atto matrimoniale propriamente detto.
D'altra parte, si possono verificare pure cambiamenti di atteggiamento mol-
to sorprendenti in persone che fino a poco prima, avevano predicato fortemen-
te contro tali abusi, e che, quando poi si ritrovano coinvolte in situazioni simili,
ricorrono ai meccanismi di difesa, specialmente aWautogiustificazione, per con-
La vera soluzione sta dunque nel chiamare le cose con il loro nome e nel
chiarire la coerenza fra gli episodi in corso e i propri ideali. Il criterio di discer-
nimento è ben chiaro: se le esperienze hanno un orientamento cristocentrico
sono autentiche; se, invece, manifestano una chiara ricerca egocentrica e, quindi,
hanno conseguenze negative per il proprio avvenire, sono pericolose deviazioni
dalla propria vocazione e missione.
12 Cf. M.G. COSTA (ed.), Omosessualità e Vita Consacrata e Presbiterale (Quaderno Edi.S.L. 8),
Genova 1998; L'Educatore di Formazione Permanente accanto alla persona omosessuale in VC o pre-
sbiterale (Quaderno Edi.S.L. 31), Genova 2001.
Tracce per l'interiorizzazione
1. Prepari colui che aiuti a una fase nuova che confermi il suo cambiamento mentale?
Lo impegni sempre in prima persona? Insisti sul piano operativo della condotta?
2. Lo spingi verso la personalizzazione della meta? Promuovi l'impegno pratico? Faci-
liti gli sforzi per raggiungere gli obiettivi e per modificare o migliorare le capacità di
azione?
3. Lo spingi a partire dai suoi punti forti e più chiari? Baratti il tuo aiuto con il suo impe-
gno? Usi te stesso come rinforzo?
4. Fai scegliere a lui le alternative più valide per raggiungere il suo scopo? Gli fai pre-
cisare i comportamenti concreti che costituiscono gli obiettivi?
5. Gli mostri la sequenza dei passi necessari per raggiungere gli obiettivi? Quantifichi
un tempo preciso per ogni passo?
6. Fai seguire un rinforzo adatto dopo l'esecuzione di ogni passo? Rivedi, provi e cor-
reggi l'azione intrapresa, a mano a mano?
7. Cerchi di animare la perseveranza del diretto con rinforzi adeguati? Sei attento a
scoprire segni d'incoraggiamento? Alimenti l'impegno costante di crescita con sti-
moli e sostegni convenienti?
Esercizio pratico 1
L'INFLUSSO DEL PASSATO
La vita di preghiera costituisce, senza dubbio, una parte molto rilevante del-
la crescita spirituale; proprio per questa sua trascendenza e centralità, merita di
essere trattata in un capitolo a sé. Esiste, infatti, una stretta correlazione tra lo
sviluppo nella vita di orazione e la maturazione spirituale integrale, che l'ac-
compagnatore non può trascurare. Perciò l'ascesa al monte di Dio suppone sem-
pre una sfida seria per i credenti e un accurato impegno per le guide spirituali
per promuovere il progresso continuo nell'esperienza del divino.
Contemplando il modo di agire del Salvatore, che frequentemente si ritirava
da solo, a pregare, i cristiani hanno appreso la sua esortazione e l'esempio della
sua preghiera. Adottano pure la norma, da lui consegnata ai suoi discepoli, di
pregare in segreto, rifuggendo ogni ostentazione. Egli giustifica così la preghiera
personale autentica:
«Tu, invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre
tuo nel segreto, e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,6).'
La tradizione spirituale ha dato grande rilievo alla meditazione dei misteri di
Dio e del Redentore e alla preghiera intima come strade veloci verso la con-
templazione e il nutrimento privilegiato del rapporto di amicizia con il Signore. 2
' Cf. A . GASPARINO, Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera lo otterrete, Elledici, Leu-
mann (TO) 2 0 0 3 , 1 0 9 - 1 2 0 .
2Cf. L. ROONEY - R . FARICY, Signore Gesù, insegnaci a pregare. Il Segno, Udine 2 0 0 0 , 2 3 - 4 6 .
molteplici opere, le quali preparano o integrano o dilatano il dinamismo dell'a-
more, tenendo conto della concreta condizione, anche psicologica e vocazionale,
delle singole persone.
Deve esistere però una collaborazione responsabile, centrata innanzitutto
sulla conoscenza soprannaturale. Normalmente una comprensione proporziona-
ta precede la reazione affettiva, così come è richiesto dalla struttura psicologica
umana, che ci mostra una volontà non determinata dall'istinto cieco, ma illumi-
nata dalla conoscenza, che le svela ciò che costituisce il bene e il valore delle cose
che la spingono ad agire. Di qui l'importanza - ma anche il limite - dell'attività
intellettiva nella preghiera: l'apprendimento deve sollecitare, sorreggere, servire
l'amore. Data la soprannaturalità della carità tra l'anima e Dio, la contemplazio-
ne verterà soprattutto sui misteri divini: sarà, cioè, comprensione di fede, appli-
cazione impegnativa dell'intelletto, nello scoprire gli immensi orizzonti delle
verità rivelateci da Dio e specialmente «l'amore di Cristo che sorpassa ogni
conoscenza» (Ef 3,19).
Tale conoscenza la si attinge con la lettura meditata, con un'organica rifles-
sione mentale, con la recita lenta e devota di una preghiera vocale o con uno
sguardo raccolto e prolungato. Possono pure verificarsi motivi o circostanze per-
manenti o occasionali che disturbano e, a volte, sembrano quasi impedire com-
pletamente l'attività riflessiva. 3
3 Cf. P.P. PHILIPPE, La vita di preghiera, LEV, Città del Vaticano 1997,35-39.
4 Cf. V. JORDY, L'arte della preghiera, Messaggero, Padova 2005,155-165.
ghiera, la quale cresce sostanzialmente in quanto, per mezzo suo, l'anima si atti-
va nell'amore, più frequentemente e con maggiore intensità, sia come ricordo e
richiamo forte del Signore e della sua presenza, sia come motivo sempre più
dominante nelle proprie azioni.
L'orazione tende così a divenire più continua, più semplice, più affettiva, più
pura e disinteressata, più bisognosa d'intimità, meno sensibile ed esteriore, più
profonda; sicché Dio, gradualmente, va affermandosi come il valore assoluto che
penetra l'intera realtà dell'anima.
tutte le orazioni vocali è il Padre nostro, poiché scaturita dalla tenerezza del cuo-
re filiale di Gesù. Per santa Teresa essa consiste in un «rapporto amichevole con
il Signore», in quanto ci si sa amati da lui (V 8,5). È il mezzo idoneo per pro-
muovere l'intimità e la comunione con Dio.
L'orazione mentale, invece, è quella che si fa spontaneamente, non rinchiu-
dendosi, cioè, in formule prestabilite. È, quindi, più personale ed esprime meglio
le caratteristiche individuali originali. 6
5 Cf. G. VENTURI, Celebrare il Padre nostro. Meditazione e preghiera, EDB, Bologna 1999,120-125.
6 Cf. C.P. MICHAEL - M.C. NORRISEY, Oración y temperamento. Diversas formas de orar para los
diferentes tipos de personalidad, Mensajero, Bilbao 1998,145-155.
modo, conviene approfittare dei momenti particolari come l'uscita di casa, l'ini-
zio del lavoro, il cambio di occupazione, l'attesa del tram, affinché diventino
occasioni di preghiera personale.
• Il tempo della preghiera
Anche se siamo sempre alla presenza di Dio, «in lui viviamo infatti, ci muo-
viamo ed esistiamo» (At 17,28), dobbiamo impegnarci a mantenere continua-
mente questa coscienza. La preghiera richiede poi dei momenti e dei periodi nei
quali intensificare il suo esercizio, tentando una concentrazione maggiore delle
facoltà. L'esercizio della preghiera è un'arte difficile ed eminentemente pratica.
Perciò, oggi più che mai, è indispensabile l'educazione all'uso adeguato del tem-
po ad essa dedicato. 7
Oltre al luogo privilegiato della chiesa, con la presenza reale di Gesù eucari-
stia, che esercita un influsso particolare sui suoi amici, conviene individuare altri
luoghi in cui il credente possa raccogliersi meglio: un angolo della casa o della
camera, arredato in armonia con la propria fede vissuta, con l'immagine del Cro-
cifisso o qualche simbolo sacro e con la parola di Dio. Infine, il luogo aperto, la
• Difficoltà e crisi
I momenti di difficoltà e di crisi si presentano, non poche volte, lungo il ciclo
della meditazione: è necessario, quindi, aspettarseli come una componente nor-
male della crescita spirituale. Non esiste un cammino cristiano che non debba
attraversare notti oscure e deserti aridi. Da un periodo iniziale, in cui si è anco-
ra troppo preoccupati dell'«io» religioso, il credente deve passare a una progres-
siva diminuzione del suo protagonismo e cedere il posto a un aumento della pre-
senza e del primato di Dio.
Sia la crescita che le crisi generano una situazione di disorientamento nel
cammino di preghiera, cosicché il fedele non sa più verso quale parte procedere.
L'intervento opportuno del direttore lo illuminerà in modo che egli si aprirà alla
fiducia nel Padre il quale, anche se invisibile, lo conduce verso la pienezza.
Lasciarsi guidare dal Signore, nel nuovo modo di trattare con lui, deve essere la
sua speranzosa risposta. Egli vuole alimentare l'anima e guidarla sulla sua stra-
da. Sarà sempre necessario mantenere la perseveranza, nel silenzio e nella fidu-
cia, e conservare aperto l'orizzonte della fede, oltre ogni apparenza umana. 11
9 Cf. B. RÉBOLLE, Orar eri cuerpo y alma. Renacerpor el agua y el espiritu, Narcea, Madrid 1999,
65-75.
10 Cf. T. RYAN (ed ), Reclaiming the Body in Cristhian Spirituality, Paulist Press, Mahwah (NJ)
2 0 0 4 , 1 6 0 - 1 6 5 . V. ALBISETTI, Guarire con la meditazione cristiana. Un modo nuovo di pregare. Paoli-
ne, Milano 2 0 0 5 , 6 1 - 8 9 , propone il metodo di rilassamento training autogeno elaborato da Schultz.
2
11 Cf. A.B. ULANOV, Primary Speech. A Psychology of Prayer, SCM Press, London 1 9 8 5 , 4 5 - 5 0 .
Sarà impegno particolare della guida vigilare affinché i principianti non si
scoraggino di fronte a queste inevitabili difficoltà e ricordare loro costantemen-
te che un bene così prezioso esige attenzione, costanza, impegno, ascesi crescen-
te. La fedeltà del credente uscirà riconfortata da tali prove.
Le difficoltà ambientali occupano oggi un posto decisivo, poiché si è molti-
plicato enormemente il numero di cose da fare e rimane sempre meno spazio per
l'essere figli di Dio. La società dei sensi e della comunicazione sensibile, la mobi-
lità dell'immaginazione, non favoriscono il silenzio, il raccoglimento e la fecaliz-
zazione della mente in Dio, anzi, assecondano le distrazioni che affaticano e ina-
ridiscono il cuore. In una società dominata dall'immagine rumorosa sarà indi-
spensabile educare all'ascolto.
D'altra parte, l'orazione, come dialogo amichevole, avrà bisogno di trovare
tempi adatti affinché possano intervenire entrambi gli interlocutori. Senza il
silenzio o le pause tra le parole dell'uno e dell'altro, non si arriverà a percepire
la parola di Dio. Se il fedele si lascia portare dalle divagazioni e dalle distrazio-
ni, non potrà possedere la vigilanza indispensabile per mantenere il contatto dia-
logico con la Parola e con il Signore stesso. 12
Questa iniziazione dei credenti alla preghiera diventa uno dei compiti più
delicati, impegnativi e difficili dell' accompagnamento spirituale. Il direttore
osserverà se essa è confacente alla struttura psicologica dell'orante, alla sua
capacità intellettiva e alla sua affettività. Dovrà salvare pure, osservando l'effi-
cacia, la sua flessibilità in modo da adattarsi allo sviluppo della vita cristiana e
del rapporto con il Signore.
L'uso del metodo diminuisce nella misura in cui l'orazione va semplificando-
si, fino al punto in cui lo sguardo silenzioso comincia ad essere l'atteggiamento
di fondo e un bisogno impellente dell'orante. Una volta compiuta la sua missio-
ne, il metodo deve lasciare posto a una forma di preghiera che tende ad espri-
mersi attraverso un semplice sguardo carico di amore. È il momento nel quale
l'orazione mentale viene progressivamente superata, poiché Dio stesso diventa
guida e forza trascinatrice dello spirito umano. 14
Questo passaggio dalle realtà esterne verso l'interiorità è una tappa decisiva
del cammino della preghiera. Normalmente avviene dopo lunghi anni di perse-
veranza. L'intelligenza, l'immaginazione, i sentimenti d'un tratto sembrano ina-
ridire e l'orante ha la sgradevole impressione di andare a sbattere contro un
muro invalicabile. Può anche sentire che tutto ciò avviene perché qualcosa nel
suo agire non è in regola. Ma è Dio stesso ora che diventa protagonista, affretta
il passo, affinché egli possa crescere più speditamente. 17
Può essere descritto come il passaggio dal regime pedagogico della legge al
regime della pura fede e della grazia del Nuovo Testamento che sta già spuntan-
do. E urgente, però, in questo periodo, che l'accompagnamento illumini e rassi-
curi il fedele. Questi, quando entra nella nuova fase, solitamente non ne è con-
sapevole; percepisce soltanto il periodo di intensa oscurità che lo sommerge. La
guida, preparata su queste realtà, sarà capace di comprenderlo e di sostenerlo
nel suo percorso. Tuttavia, gli errori sono facili e probabilmente fatali in questa
tappa critica. Si possono ricordare le parole dure di san Giovanni della Croce:
«Per questo, molti direttori spirituali arrecano grave danno a numerose anime poiché,
non conoscendo le vie e le proprietà dello spirito, spesso fanno perdere loro l'unzio-
ne dei divini unguenti per mezzo dei quali lo Spirito Santo le dispone a sé. Insegnano
loro altri modi volgari letti qua e là, adatti solo ai principianti». 19
18 San GIOVANNI DELLA CROCE, Notte oscura, 9,7; cf. ID., 2 Salita al Monte Carmelo, 12,3,14,12;
ID., Fiamma viva d'amore, 3,32.
19 San GIOVANNI DELLA CROCE, Fiamma viva d'amore, 3,31.
20 San GIOVANNI DELLA CROCE, Fiamma viva d'amore, 4,14,3.
stagione, potrebbe frenarlo, scoraggiarlo e, forse, disorientarlo. Se, invece, voles-
se anticipare il momento dell'inizio, sarebbe ancora più grave, poiché potrebbe
toglierlo dalla meditazione attiva e, quindi, dall'orazione stessa e dal cammino di
crescita spirituale. 21
21 Cf. J.M. SÉGANEL, Pregare con Gesù il Padre, LEV, Città del Vaticano 1 9 9 9 , 1 8 8 - 1 9 5 .
5. L'ANALISI DEI SEGNI NELLA «SALITA AL MONTE CARMELO»
I sintomi del passaggio alla contemplazione ormai incipiente e dell'esauri-
mento dell'attività discorsiva sono rappresentati, prima di tutto, da un sentimen-
to di sazietà e di ripugnanza verso l'esercizio discorsivo.
Tale è il primo segno, per il quale l'anima
«si accorge di non poter più meditare e discorrere con l'immaginazione, né provare
gusto in questo esercizio come per il passato; anzi, ora ella trova aridità in ciò su cui
aveva l'abitudine di fissare il senso e da cui era solita ricavare gusto» (25 13,2).
II primo segno accentua il senso di sazietà o di incapacità nei confronti del-
l'attività discorsiva e meditativa, ma soltanto nel campo della meditazione.
Rimane il gusto intimo della preghiera in genere, nonostante i ripetuti fallimen-
ti. Con piacere va a pregare; si sente attratta dall'orazione; ma ogni volta le sem-
bra di non riuscire e si annoia, senza tuttavia perdere il desiderio della preghie-
ra. Ciò che le può produrre disgusto è il persuadersi che la sua preghiera dovreb-
be avere avuto un altro contenuto (2S 14,1-2).
«// secondo si ha quando l'anima si accorge di non aver alcun desiderio di applicare
l'immaginazione e il senso a nessun altro oggetto particolare esteriore e interiore»
(25 13,3).
Decisivo, e finalmente positivo, risulta il terzo segno presentato come il «più
certo» e che può essere considerato come il punto centrale per quanto riguarda
il problema della contemplazione cristiana:
«Il terzo, e più certo, è se l'anima trova soddisfazione a starsene sola con attenzione
amorosa a Dio, senza considerazione particolare, e in pace interiore, quiete e riposo,
senza atto né esercizio delle sue potenze, per lo meno quello discorsivo che consiste
nel passare da una cosa all'altra... Gode invece di rimanere nell'attenzione e cono-
scenza generale e amorosa... facendo a meno di ogni conoscenza particolare e rinun-
ciando a comprendere l'oggetto» (25 13,4).
Questo terzo segno, pur dando ai primi due il loro significato profondo, non
appare sempre con chiarezza alla coscienza; ecco perché i primi due avvertono
della possibilità del terzo e restano utili per il discernimento. La preoccupazione
interiore per il fatto di non pregare e il desiderio e lo sforzo insistente per farlo,
costi quel che costi, vanno uniti al timore di essere caduti nella tiepidezza e di
non essere graditi a Dio.
Esiste una vera continuità fra meditazione e contemplazione. Entrambe, infat-
ti, si riferiscono all'unico disegno di Dio. San Giovanni della Croce afferma espli-
citamente che gli elementi essenziali della meditazione passano nella contempla-
zione; secondo lui, la prima ragione per cui l'anima abbandona la meditazione è
«che all'anima è stato concesso tutto il bene spirituale che ella doveva trovare nelle
cose di Dio mediante la meditazione discorsiva» (2S 14,1);
«la seconda ragione è che l'anima, in questo momento, possiede lo spirito della medi-
tazione come sostanza e come habitus» (2S 14,2).
Quando invece consideriamo non la sostanza spirituale, ma lo stato di
coscienza durante il passaggio dalla meditazione alla contemplazione, vediamo
che esso può rivestire due modalità diverse: o un cambiamento repentino e tota-
le o un alternarsi di tempi di contemplazione e di meditazione:
«Riguardo a quanto è stato detto può sorgere il dubbio se i proficienti, cioè coloro che
incominciano ad essere favoriti da Dio di questa notizia soprannaturale di contem-
plazione, una volta che abbiano incominciato ad averla, non debbano valersi più del-
la via della meditazione, del discorso e delle immagini naturali. La risposta è che, in
generale, non è mio intento proibire a coloro che cominciano ad avere questa notizia
amorosa, di servirsi ancora della meditazione, sia perché, essendo ancora al principio,
l'abito di essa non è così perfetto da poter passare all'atto in qualsiasi momento essi
lo vogliano, né d'altra parte essi sono così lontani dalla meditazione da non poter
meditare e discorrere naturalmente come in passato per mezzo di figure e su verità
già note, trovandovi qualcosa di nuovo» (2S 15,1).
In questo momento del cammino spirituale, infatti, la contemplazione abi-
tuale non è data a molti in modo costante; si tratta piuttosto, come dice il santo,
di «bocconi di contemplazione» (2NO 1,1).
Nella prassi, per trovare il comportamento giusto, che implica di non lascia-
re la meditazione prima del tempo e di non indugiarvi quando il tempo è passa-
to, né di tornare indietro, è meglio lasciare l'anima nella massima libertà nell'e-
sercizio dell'orazione: dopo qualche settimana si potrà giudicare con maggior
chiarezza se essa trovi Dio o se, al contrario, perda tempo, volendo incontrare
Dio troppo presto mediante la contemplazione. Fuori dell'orazione, però, biso-
gnerà insistere sull'autenticità della vita cristiana nell'adempimento del proprio
dovere di stato, senza dimenticare che l'esercizio dell'orazione contemplativa si
accompagna normalmente all'entrata in un modo mistico di vivere, il quale si
manifesta attraverso un comportamento abituale più spirituale. 22
1. Come guida, hai una chiara coscienza del valore del rapporto di amicizia con il
Signore nel cammino di maturazione cristiana e nella comunione vivificatrice con la
Trinità? È da ciò che parte tutto il dinamismo apostolico del credente?
2. I diretti possiedono una sufficiente formazione intellettuale? Conoscono i misteri
divini, l'importanza della Parola e dei sacramenti, la compenetrazione intima tra
l'essere e il fare?
3. Coltivano le condizioni esterne di tempo e di luogo che facilitano la meditazione in
un clima di silenzio e di pace? Hanno cura di praticare la presenza di Dio e il con-
tatto costante con lui?
4. Sentono l'esigenza di un tempo più prolungato che genera speciali effetti di con-
centrazione profonda e di comunione intima? Dedicano sufficiente tempo all'ora-
zione mentale?
5. Hanno trovato il loro luogo propizio: davanti all'eucaristia, in uno spazio scelto, nel-
l'armonia del cosmo? Hanno scoperto il migliore atteggiamento orante del corpo per
raccogliersi in un incontro sereno con Dio?
6. Hanno trovato il metodo di meditazione più adatto alla loro struttura psicologica e
alla loro affettività? Cercano amici spirituali con i quali condividere le loro prove e i
loro ostacoli alla perseveranza?
7. Nelle difficoltà e nelle crisi sanno comportarsi con serenità accettandole come par-
te del cammino? Si lasciano, con fedeltà costante, guidare da Dio verso la pienez-
za dei figli?
8. Nell'arduo passaggio alla gratuità della fede, dalla meditazione alla contemplazio-
ne, come si lasciano illuminare dal direttore con l'applicazione dei segni e dei crite-
ri che contraddistinguono tale fase? Si fanno sorreggere nel discernimento dei frut-
ti della nuova stagione?
Esercizio pratico 7
SCALA DI PERFEZIONE
È utile conoscere il grado del proprio impulso verso la perfezione, verso il raggiungi-
mento della santità con i soli sforzi individuali.
Il seguente questionario elenca vari atteggiamenti e convinzioni.
Le risposte, una sola davanti a ciascun numero, devono avere un punteggio che va da:
+ 2 = molto d'accordo + 1 = abbastanza d'accordo 0 = indifferente
- 1 = dissento parzialmente - 2 = dissento totalmente
1. Se non mi propongo le più alte mete, finirò per essere una persona
di seconda classe. (
2. La gente probabilmente mi stimerà di meno se commetto qualche errore. (
3. Se non si fa una cosa veramente bene, non vale neppure la pena iniziarla. (
4. Se commetto un errore, dovrei preoccuparmi. (
5. Se metto tutto il mio impegno, dovrei primeggiare in tutto quello che
intendo compiere. (
6. È vergognoso per me mostrare la mia debolezza o adottare una
condotta stupida. (
7. Non dovrei ripetere lo stesso errore diverse volte. (
8. Un risultato mediocre, per me, può essere insoddisfacente. (
9. Il non avere successo in qualcosa di importante significa che sono
parzialmente inutile. (
10. Il rimproverarmi di non essere all'altezza delle mie attese mi servirà
per agire meglio in futuro. (
Fare la somma dei voti. Se vanno da 0 a +20, indicano un crescente grado di perfe-
zione: tra +5 e +10 = notevole; + di 10 = molto alto; tra + 5 e -5 = normale; tra -5 e -10 =
scarso; meno di 10 = scarsissimo.
Circa la metà di chi si sottopone a questa indagine ottiene un voto che va da +2 a +16.
Esercizio pratico 2
INVOCAZIONE DELLO SPIRITO SANTO
I due inni liturgici del giorno di Pentecoste ci presentano l'azione dello Spirito Santo
nella nostra vita di preghiera.
Egli, «Fiamma viva d'amore»:
- visita le nostre menti,
- illumina i nostri sensi e inonda di luce il più profondo del cuore,
- ci fa conoscere il grande Mistero di Dio Padre e del Figlio, uniti in un solo Amore,
- riempie di grazia divina i cuori che ha creato,
- infonde amore nei cuori,
- dona la pace,
- rinvigorisce le nostre infermità con la sua potenza,
- allontana da noi il male,
- lava ciò che è sporco,
- irriga ciò che è arido,
- risana ciò che è ferito,
- piega ciò che è rigido,
- riscalda ciò che è gelido,
- raddrizza ciò che è sviato,
- dona virtù e premio,
- dona morte santa,
- dona gioia eterna,
- dona i suoi santi doni.
«Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!". E chi ascolta ripeta: "Vieni!". Chi ha sete ven-
ga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita» (Ap 22,17).
Capitolo nono
ILLUMINARE I GIOVANI
1 Cf. M. GRILLI (ed.), Educarsi per educare. La formazione in un mondo che cambia. Paoline,
Milano 2002,67-78.
2 Cf. B. GOYA, Psicologia e vita spirituale. Sinfonia a due mani, E D B , Bologna 2001,57-62.
«L'individuo cerca e trova ad ogni ciclo vitale un compito diverso da svolgere, un
modo specifico di essere, di servire e di amare». 3
2. IL GIOVANE DA ACCOMPAGNARE
2.1. La sua situazione sociologica
La realtà ambientale dei giovani di oggi, in occidente e nelle grandi città del
mondo, determina conseguenze sul loro comportamento religioso. Essi crescono
all'interno di una società urbana-postindustriale e in un clima familiare molto
fragile. La disponibilità economica accresce la loro possibilità di soddisfazione
immediata dei bisogni transitori, del «ciò che mi va», del «tutto e subito», e oppo-
ne resistenza alla progettazione e alle scelte decisive. 4
5 Cf. ISTITUTO DI TEOLOGIA PASTORALE, Pastorale giovanile. Sfide, prospettive ed esperienze, Elle-
dici, Leumann (TO) 2003,33-46.
6 Cf. C O S P E S (ed.). L'età incompiuta. Ricerca sulla formazione dell'identità negli adolescenti ita-
liani, Elledici, Leumann ( T O ) 1 9 9 5 , 5 6 - 6 7 ; G. MILANESI, «Giovani», in ISTITUTO DI TEOLOGIA PASTO-
RALE, Dizionario di Pastorale giovanile, Elledici, Leumann ( T O ) 1 9 8 9 , 3 8 4 - 4 1 0 .
come pure il concetto di sé. Naturalmente questo processo è molto differente da
soggetto a soggetto, a seconda che le parziali interiorizzazioni avvengano in un
settore o in un altro e in rapporto all'individualità originale di ciascuno. 7
I giovani, per prima cosa, vogliono che la religione soddisfi la loro richiesta
sociale, mediante una fede vissuta in comunione di credo e di comportamenti. Il
loro spirito critico, le loro obiezioni religiose, la loro diffidenza sistematica verso
le istituzioni tradizionali e le forme associative troppo ufficiali, li possono dirige-
Nel venire loro incontro, bisogna partire dai valori che essi ormai stimano,
amano, cercano. La maturità umana e cristiana è condizionata, nel periodo evo-
lutivo, dalla situazione esistenziale e dalle possibilità a loro disposizione. Il com-
pito dell'accompagnatore allora sarà quello di illuminarli e di stimolarli a una
progressiva ascesi e ad una crescita sempre più piena. 12
184.
Cf. M . POLLO, L'esperienza religiosa dei giovani. 2/2:1 dati: Giovani, Elledici, Leumann (TO)
11
1997,78-90.
Cf. J.M. GARCÌA (ed.), Accompagnare i giovani nello Spirito, LAS, Roma 1998,110-120.
12
Cf. G . ABRAHAM, Le età della vita. Saper vivere al meglio ogni stagione dell'esistenza, Monda-
13
dori, Milano 1 9 9 5 , 9 5 - 1 0 0 .
Tuttavia egli riscontra spesso un divario tra i suoi ideali giovanili e quelli con-
creti del campo comunitario o professionale in cui si trova inserito e, quindi, ha
la sensazione di non essere stato preparato ad affrontare la realtà del mondo. Tro-
va pure numerosi ostacoli al suo desiderio di rinnovare metodi e strumenti pro-
fessionali e pastorali; la collaborazione con i colleghi può rivelarsi piena di diffi-
coltà e prevenzioni. Il giovane, evitando ogni tentazione di isolarsi e di aggrap-
parsi a relazioni stereotipate e formali che mancano di autentica spontaneità e
profondità, cercherà di lasciarsi vivificare dalle esigenze della comunità e dell'a-
more. 14
re all'attivismo, a tal punto che la loro idolatria del lavoro diventa il centro esclu-
sivo del loro agire e paralizza la loro vita interiore. 20
17Cf. M. RUTTER - M. RUTTER, L'arco della vita. Continuità, discontinuità e crisi nello sviluppo.
Giunti, Firenze 1995,290ss.
18«Ecco: ho studiato a fondo, ahimé, Filosofia, Diritto e Medicina; anche, purtroppo, la Teolo-
gia! Ho faticato e sudato. E mi trovo qui, povero pazzo, che ne so oggi, quanto ne sapevo ieri» (J.W.
GOETHE, Faust, parte I, scena iniziale).
19 Cf. G . SHEEHY, Passaggi. Come prevenire le crisi dell'età adulta, B U R . Milano 1 9 9 4 . 2 3 3 - 2 5 0 .
20 Cf. S.D. SAMMON, Life after Youth: Making Sense of One Man 's Journey through the Transition
at Mid-life, Alba House, New York 1997, 57-79.
Il fedele, a sua volta, attraverso i dubbi di fede, la sua mancanza di speranza
e le sue difficoltà nella carità, deve capire che è arrivato il momento della sco-
perta dei nuovi valori fondamentali e delle motivazioni evangeliche, che gli con-
feriranno una rinnovata gioia nella presenza del Signore Risorto e lo riconfer-
meranno nella speranza teologale.
È il passaggio, lento ma imprescindibile, dal progetto individuale all'accetta-
zione piena del progetto divino o dalla fede immatura alla maturità evangelica.
Attraverso le crisi e gli ostacoli egli si accorgerà di quell'«abbiamo faticato tutta
la notte e non abbiamo preso nulla», ma la guida lo inviterà a scoprire nuovi
ideali che lo inducano a «gettare le reti» sulla sua parola (cf. Le 5,5).
In campo spirituale questo passaggio è una condizione indispensabile affin-
ché possa continuare la maturazione spirituale. Esso viene denominato «secon-
da conversione», poiché suppone il transito dalla fiducia nelle proprie forze e nei
propri progetti alla speranza nel Signore e nel suo disegno di santità, cioè l'in-
gresso nella vita teologale. D'ora in poi, egli continuerà a crescere nella fede e
21
nella fiducia circa l'esito certo del suo impegno e nella sicurezza che «Dio è fede-
le e non permetterà» che sia tentato oltre le sue forze, ma che con la tentazione
gli «darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla» (cf. ICor 10,13). 22
21 Altri parlano del «passaggio al Nuovo Testamento», alla fiducia piena nella salvezza di Cristo
e non nella propria fedeltà e nei propri meriti.
22 Cf. santa TERESA D'AVILA, Vita, cc. 8-9, dove descrive in modo bellissimo questa crisi di tran-
sizione, quando aveva 38-40 anni e aveva avuto parecchi fallimenti: «ormai mettevo tutta la fiducia
in Dio»; A . GROMOLARD, La segunda conversión. De la depresión religiosa a la libertad espiritual, Sai
Terrae. Santander 1999.
23 Cf. A . G R U N , 40 anni: età di crisi o tempo di grazia?, Messaggero, Padova 1996,13-23.
Chi non risolverà positivamente questa crisi, chi resiste alla seconda conver-
sione e chi non ha saputo compiere adeguatamente questo passaggio verso la
pienezza in Dio, non raggiungerà la maturità cristiana. Si tratta, quindi, di uno
dei punti chiave, di uno dei presupposti essenziali per raggiungere la santità cri-
stiana.
24Cf. G . O'COLLINS, El segundo viaje. Despertar espiritual y crisis en la edad madura, Desclée de
Brouwer, Bilbao 2005,60-65.
C . NANNI - P. D E L CORE, «La formazione dell'operatore pastorale», in ISTITUTO DI TEOLOGIA
2 5
1. Hai un'idea chiara della crescita umana attraverso i cicli vitali? Conosci bene il
«compito diverso» da svolgere, di servire e amare in ogni stagione?
2. In quale realtà sociale crescono i giovani nel tuo ambiente culturale? Qual è l'in-
flusso della disponibilità economica sui loro atteggiamenti?
3. Il loro clima familiare è di unione e di comprensione o, piuttosto, di fragilità e di
incoerenza? Hanno fatto l'esperienza di un autentico amore paterno?
4. Hanno raggiunto ormai la sicurezza e l'equilibrio psicologico proprio della fine del-
l'adolescenza o rimangono ancora incerti, senza ideali nella vita? I loro rapporti
interpersonali sono aperti e gratificanti?
5. Qual è il loro atteggiamento e la loro formazione riguardo alla fede? La sentono
come un'autentica risposta alle loro esigenze e alle loro difficoltà? Soffrono gli effet-
ti negativi della secolarizzazione?
6. I giovani adulti sono opportunamente sostenuti nel prendere coscienza delle deci-
sioni vocazionali e professionali che devono compiere? Sono illuminati sul signifi-
cato purificatore e liberatore del periodo che stanno vivendo?
7. Nella loro crisi del senso dell'esistenza, nella loro stanchezza e delusione, sono
confortati e accompagnati nel dare risposta ai grandi interrogativi di questa fase?
Vengono proposti loro, in modo idoneo, i nuovi valori fondamentali che devono
orientarne l'avvenire?
26 Cf. M . DUPUIS, La persona unificata. Meditiamo con Edith Stein, Paoline, Milano 2 0 0 3 , 8 7 - 9 1 :
«Vita interiore e azioni esteriori».
Esercizio pratico
TEST DI MATURITÀ PSICOLOGICA
(PER GIOVANI)
Leggere con calma le singole sezioni. Mettere una croce entro le parentesi, in corri-
spondenza di quell'affermazione che sembra più adeguata per sé. 27
2 7 Cf. J. IBÀNEZ G I L , Pastoral juvenil diferenciat. Tipologia y pastoral, Guadalupe, Buenos Aires
1971,201-218.
- Al contrario, per me, anche se qualche persona è
buona, bisogna essere realisti: la maggioranza gode ;
nell'infastidire il prossimo ( ) ; 12.(0)
- Credo che nella vita si incontrino persone di tutti i
tipi ( ) j 12.(10)
- Non sono santo né eroe, ma le cose che voglio fare le
faccio, anche se mi costano ( ) j 13.(10)
- Sono un po' restio allo sforzo, a ciò che costa (anche
se penso che ciò non sia giusto) ( ) j 13.(5)
- Un po'? Lo sono tanto. Ciò che costa non è fatto per
me ( ) | 13.(0)
In relazione ai miei rapporti con gli altri: ;
- sono molto esigente nel fare amicizie. È questione di ;
temperamento o di genio, ma le persone devono ;
possedere varie qualità perché mi vadano bene ( ) i 21.(5)
- detesto avere amicizie. Sono poco socievole. Ciascu-
no è come è ( ) | 21.(0)
- credo che sia una necessità l'avere amicizie, e con
maggiore o minore facilità riesco ad adattarmi ad
esse ( ) j 21.(10)
- Sinceramente, credo di avere un po' di senso comu-
ne. La gente si fida dei miei apprezzamenti ( ) j 22.(10)
- Sinceramente credo di possedere molto senso comu-
ne: purtroppo «è il meno comune dei sensi» ( ) j 22.(5)
- In verità, tante volte mi dicono che mi manca il sen-
so comune. Non so se esagerano, ma me lo dicono... ( ) i 22.(0)
- Questa è la mia frase preferita: «Ho sufficiente per-
sonalità per prescindere dai consigli altrui». Per for-
tuna, ormai non ne ho bisogno ( ) ! 23.(0)
- Ho sufficiente personalità per capire che la cosa
migliore è seguire i consigli degli altri. Li seguo sempre,
poiché «nessuno è buon giudice nella propria causa» .. ( ) j 23.(0)
- Ho sufficiente personalità per seguire i consigli j
altrui, se vedo che sono buoni. Altrimenti li ringrazio
e non li seguo, ma decido da me ( ) j 23.(10)
- Rispetto le persone di sesso diverso dal mio: devo
riconoscere che «mi piacciono tutti» e che mi inna-
moro frequentemente ( ) ; 31.(0)
- Anch'io sono passato per questa fase di innamora-
mento continuo, ma adesso mi piace piuttosto imma-
ginarmi e centrare il mio affetto in lui (in lei), per
tutta la vita ( ) j 31.(0)
Potrei sottoscrivere la seguente frase: ;
- «Le nuove generazioni sono quelle che hanno in j
mano la soluzione dell'avvenire» ( ) j 32.(0)
«Sia le nuove generazioni che le antiche hanno in
mano l'avvenire. Credo che non si debba escludere j
nessuno» ( ) j 32.(10)
Mi entusiasmano le cose, i compiti, gli ideali che esi-
gono grandi sacrifici. Mi ci butto ciecamente ( ) j 33.(10)
Sono allergico ai grandi ideali. Bisogna vivere la gio-
ventù... e da me gli altri non debbono esigere grandi
sacrifici ( ) j 33.(0)
Forse mi trovo indeciso tra un atteggiamento e l'ai- j
tro. Sono disposto a darmi, ma senza esagerazioni.
Bisogna saper gestire la vita ( ) j 33.(5)
Ho un carattere difficile e gli altri devono subire la
mia ipersensibilità e la mia forte volubilità ( ) j 41.(0)
Qualche volta gli altri devono sopportare i miei cam-
biamenti di umore ( ) | 41.(5)
Mi domino affinché gli altri non avvertano i miei
momenti di cattivo umore o di depressione ( ) j 41.(10)
Ho un carattere abbastanza deciso. Tante volte mi
lascio prendere dai «prò» e dai «contro» e mi costa
arrivare alle conclusioni ( ) ! 42.(0)
Non sono indeciso. Decido con una certa rapidità,
anche se ponderando le situazioni ( ) ; 42.(10)
Prendo le decisioni senza pensarci due volte ( ) ! 42.(5)
Mi aiuta molto il vedere che gli altri vivono il mio stes- j
so ideale. Senza questo esempio, non sarei costante.... ( ) j 43.(5)
Senza l'esempio altrui, i miei ideali si sfumano ( ) j 43.(0)
Mi aiuta molto l'esempio altrui, ma se ho un'idea o j
un ideale, anche se altri falliscono, io mi sento stimo-
lato ad attuarli secondo le circostanze ( ) i 43.(10)
Ho molta immaginazione, perciò sono spesso geloso
nelle amicizie e questo mi fa soffrire, perché mi sem-
bra di venir lasciato da parte ( ) j 51.(0)
In qualunque altra persona vedo un competitore
(intellettuale, amoroso, sociale) e mi metto sulla
difensiva ( ) j 51.(5)
Non ho provato mai gelosia e non mi sono sentito
minacciato per la presenza degli altri ( ) ; 51.(10)
Nel progettare «qualcosa» non vedo ostacoli ( ) j 52.(0)
Tutto mi sembra un «ostacolo», una montagna da
scalare ( ) | 52.(0)
Verifico se ci sono delle difficoltà in ciò che voglio
intraprendere e cerco il modo per superarle ( ) j 52.(10)
Sono un idealista. Mi affascinano quei movimenti e
gruppi che esigono impegni totali e definitivi ( ) : 53.(10)
Sono un amante della libertà piena: che non mi par-
lino di impegni «per sempre»! ( ) i 53.(0)
- Nei rapporti con gli altri, tendo a dominare: mi piace ;
comandare, attirare l'attenzione e, se non la ottengo, j
mi sento frustrato ( ) j 61.(0)
- Nei rapporti con gli altri mantengo una «sana indi- j
pendenza»: che mi lascino in pace e io lascio in pace j
loro ( ) ; 61.(5)
- Ci tengo che gli altri si sentano a proprio agio; non
mi piace attirare l'attenzione né apparire troppo ( ) : 61.(10)
- Qualche volta sbaglio, parlando quando dovrei tace-
re e tacendo quando dovrei parlare ( ) ! 62.(5)
- Spesso sbaglio, parlando quando dovrei tacere e
tacendo quando dovrei parlare ( ) j 62.(0)
- Sto attento a capire se ciò che ho da dire piacerà o
no agli altri ( ) j 62.(10)
- Non so decidermi senza che un altro «mi spinga» ( ) j 63.(0)
- Basta che «un altro mi spinga» e io faccio il contrario ( ) j 63.(0)
- Non ho bisogno né mi preoccupo delle «spinte»: io
decido da solo ( ) | 63.(10)
- Con frequenza provo senso di colpa e rimorso anche
per cose da poco ( ) ! 71 .(0)
- Non mi succede mai di provare sensi di colpa; se mi
pento è in base alla portata di ciò che ho fatto ( ) j 71.(10)
- Credo di essere di manica molto larga, perché quasi
mai mi pento di qualcosa ( ) \ 71.(0)
- Mi pare che spesso siamo troppo duri e taglienti nel
giudicare gli altri, non teniamo conto delle attenuan-
ti nel distribuire rimproveri o sanzioni ( ) ! 72.(10)
- Al contrario, credo che siamo troppo indulgenti: le
regole vanno applicate: chi deve pagare, paghi ( ) ! 72.(0)
- Mi disturba molto dover affrontare le circostanze
spiacevoli legate alle mie decisioni, preferisco fuggi-
re il rischio ( ) ; 73.(0)
- Mi piace rischiare se un'impresa è partita da me,
anche se sembrerò testardo ( ) j 73.(10)
- Godo nel criticare. È il mio hobby ( ) | 81.(0)
- Mi disturba criticare ed essere criticato ( ) | 81.(10)
- Non amo criticare, ma quando lo fanno gli altri ten-
do l'orecchio «per istruirmi» ( ) : 81.(5)
- Così come stanno le cose, credo che il mondo cam-
mini verso il caos ( ) j 82.(0)
- Ho sempre pensato il contrario: è adesso che si apre
una speranza indiscutibile ( ) j 82.(0)
- Io opinerei che... a seconda... dipende da ciò che |
faremo: o il caos o un grande avvenire ( ) ; 82.(10)
Al presente mi vedo fotografato in questa frase: j
- «Devo decidere. Tremo. Per piacere, dimmi ciò che
devo fare» ( ) j 83.(0)
- «Devo decidere. Consigliami. Dopo vedrò cosa fare» ( ) j 83.(10)
- «Devo decidere. Per favore, non ho bisogno di opi-
nioni, né di consigli, lasciami fare» ( ) 1 83.(0)
- Mi sento a disagio o turbato davanti a una persona
seducente di sesso opposto ( ) ; 91.(5)
- In questo caso il cuore batte forte e non so più dove
mi trovo ( ) i 91.(0)
- Mi piace e mi attrae, ma la tratto con naturalità sen-
za sforzo ( ) i 91.(10)
- Siccome ho un temperamento abbastanza impulsivo,
molte volte, faccio, scrivo, dico cose senza pensare
alle conseguenze ( ) j 92.(0)
- Questo mi è successo qualche volta. Non con fre-
quenza ( ) | 92.(5)
- A me mai. Forse sono troppo previdente e sponta- j
neo ( ) | 92.(10)
- Quando dico «voglio fare questo o quest'altro» lo j
faccio, succeda quel che deve succedere ( ) j 93.(10)
- Quando dico «voglio fare questo e quest'altro», for- j
se non farò né l'uno né l'altro ( ) ' 93.(0)
Maturità affettiva:
«fermezza d'animo».
Maturità volitiva:
«saper prendere decisioni ponderate».
Maturità intellettiva:
«retto modo di giudicare uomini ed eventi».
2 8 CONCILIO VATICANO II, decreto Optatam totius, 2 8 ottobre 1965, n. 11 (in Enchiriclion Vatica-
num, I, EDB. Bologna 2002,
L 8 n. 7 9 5 ) .
Capitolo decimo
L'ACCOMPAGNAMENTO
NELLA SCELTA DELLO STATO DI VITA
1 Cf. M . SPREAFICO, «La dimensione vocazionale nella vita del cristiano», in ISTITUTO DI TEOLO-
GIA PASTORALE, Pastorale giovanile, 2 8 7 - 3 0 0 .
2 Cf. Nuove vocazioni per la nuova Europa, LEV, Città del Vaticano 1998, n. 13; L'accompagna-
mento alla vita religiosa, Rogate. Roma 1992.
3 A partire dagli studi psicologici, come l'interessante bilancio di A . GODIN sulla psicologia del-
la vocazione, oggi si è in grado di fare un discernimento molto più specifico sulla vocazione («Psy-
chologie de la vocation: un bilan», in Le Suppl. 113(1975], 151-236).
La guida spirituale deve sempre ascoltare i giovani, conoscerli nelle loro
vicende e incitarli a maturare integralmente le loro potenzialità. Queste circo-
stanze si presentano con speciale vivacità e urgenza nel momento della scelta di
una vocazione specifica. Allora la sua opera diventa veramente illuminante e di
conforto, poiché i credenti si trovano a dover discernere sull'autenticità della
loro esistenza cristiana, sulla nuova chiamata e sulle capacità e forze per una
risposta apostolica tanto impegnativa.
4 Cf. L'accompagnamento alta vita religiosa; Rogate, Roma 1992; Giovani oggi: dalla proposta
alla scelta vocazionale. Rogate, Roma 1985.
5 Cf. A. FAVALE (ed.), Vocazione comune e vocazioni specifiche. Aspetti biblici, teologici e psico-
pedagogico-pastorali, L A S , Roma, 1 9 8 1 , 2 1 - 5 6 ; CEI, Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita con-
sacrata nella comunità cristiana, Roma 1 9 9 9 , 2 3 - 2 9 .
6 J. LORIMIER, Progetto di vita nell'adolescente, Elledici, Leumann ( T O ) 1 9 6 8 , 2 6 .
Tanti sono oggi i modi di realizzare questa vocazione e di corrispondere all'a-
more personale del Signore. Egli può essere glorificato nella famiglia, nel mon-
do del lavoro, nello studio, nell'esercizio delle opere di misericordia. Sorgono
così le vocazioni particolari, in armonia con quella comune a tutti gli esseri uma-
ni, chiamati da Dio alla partecipazione della sua gloria. Sono la risposta libera
della creatura all'invito divino, una risposta sempre nuova e rinnovata lungo la
propria esistenza.
In questa dinamica della chiamata-risposta appaiono coerentemente sia la
vocazione universale alla comunione con Dio nella fede, sia le vocazioni specifi-
che di realizzazione cristiana nei diversi stati di vita.
Compare, prima di tutto, la vocazione cristiana al dialogo con il Signore. Si
legge nella Gaudium et spes:
«La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comu-
nione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio». 7
In tal modo, sulle basi umane della personalità e sulla dinamicità del battesi-
mo e della cresima, si sviluppa la risposta personale. Essa appare in una pro-
spettiva dinamica, come una realtà che si va gradualmente chiarendo e perfezio-
nando in sintonia con la propria identità. Si può narrare la sua storia, il suo
nascere, il suo crescere, le sue crisi e il suo adempimento.
Questo viaggio verso tale meta non è mai concluso né raggiunto quietamen-
te. Si riscontrano progressi graduali e costanti. Nella misura in cui il soggetto si
avvicina alla meta finale, raggiunge un'effettiva integrazione della propria per-
sonalità e degli scopi esistenziali e professionali.
Il momento della nascita della vocazione è qualcosa di assolutamente unico,
come la persona stessa. Una sua prima idea può scaturire, piuttosto presto, nel
contesto di un ambiente familiare o scolastico imbevuto di interessi e di valori
umani e religiosi.
In ogni vocazione vi è un processo evolutivo: all'inizio si tratta, in genere, di
qualche cosa di vago; ma poi, poco a poco, si va sempre più chiarendo e fortifi-
cando, anche se non mancano crisi e difficoltà, che lasciano la sensazione che tut-
to possa crollare. Superate le difficoltà iniziali, la vocazione si riprende e si fa più
sicura e più stabile.
11 Cf. La proposta vocazionale alla vita religiosa. Rogate, Roma 1990; La preparazione a! novi-
ziato, Rogate, Roma 1990.
Spesso, comunque, non manca di fragilità e porta con sé le ferite e le abitu-
dini negative del passato. Non mancano turbamenti e incertezze sul fatto di con-
tinuare lungo la via intrapresa e le altre forme di vita appaiono allora molto più
attraenti e meno difficoltose: è necessario dunque arrivare - attraverso un perio-
do transitorio di adattamento che può produrre momenti di disorientamento,
paura, scoraggiamento e crisi - alla povertà spirituale e alla fiducia totale nella
Provvidenza.
Superando tali difficoltà, si raggiunge infine uno stato psichico di profonda
serenità e di dinamismo di crescita. Di qui il grande valore intrinseco allorché si
indovina la scelta dello stato di vita o della professione.
3. SCELTA VOCAZIONALE
I candidati, illuminati dai modelli e dalla conoscenza delle forme di consa-
crazione che più si avvicinano al loro ideale, compiono il passo decisivo dell'ac-
cettazione della loro vocazione. E ovvio che, per una risposta così impegnativa e
libera, si esige un certo grado di maturità psico-affettiva. La scelta di un proget-
to segna il coronamento di un processo di ricerca, il quale comporta pure l'e-
sclusione di altre possibilità di orientamento e promuove la piena maturità del
soggetto. D'altra parte, essa rappresenta pure un momento delicato, specialmen-
te nell'attuale situazione sociale. In ogni modo, l'ideale deve presentarsi come
una meta raggiungibile, sempre, con l'aiuto della grazia vocazionale. 12
A volte capita che, dopo aver procrastinato la decisione per tanto tempo, si
ritrovino nella necessità di prendere una decisione rapida, senza scampo, quan-
do non c'è più rimedio, quando quasi tutte le alternative di scelta sono scompar-
se, quando ormai non si può fare altro, quasi per forza. È questa la peggiore solu-
zione di una decisione ritardata. La mancanza di «volontà» pronta e decisa fa
perdere, in tal modo, tante buone occasioni. D'altra parte, è una pretesa illusoria
e assurda aspettarsi che gli avvenimenti si presentino quali noi li desideriamo e
nel momento in cui ci torna comodo.
* * *
14 Cf. H . T H O M A E , Dinamica della decisione umana. Libreria Ateneo Salesiano, Roma 1964,193-197.
e inadeguati per le scelte a lunga scadenza; la decisione crescente e quella calco-
lata sono invece da consigliare e da promuovere.
Conoscere queste diverse modalità di decisione è molto utile per aiutare cia-
scun giovane a compiere la sua scelta secondo il ritmo di maturazione della sua
motivazione. In genere, si può affermare che un soggetto è maturo per prendere
una decisione quando ha ormai un «piano di vita» sufficientemente delineato e
quando conosce adeguatamente le circostanze fondamentali nelle quali dovrà
portarlo a compimento.
15 Cf. GIOVANNI PAOLO I I , esortazione apostolica postsinodale Pastores dabo vobis, 25 marzo
1992. n. 36 (in Enchiridion Vaticanum, X I I I , EDB, Bologna 1996, n. 1329ss); D E PIERI, Orientamento
2
pa, 8 dicembre 1997, n. 11; A. SATURNO, «Bibliografia ragionata su: la vocazione religiosa nella pasto-
rale vocazionale unitaria», in Vocazioni 6/4(1989), 51-53.
18 Cf. R.M. GAY, Vocazione e discernimento degli spiriti, Paoline, 1963, 23-30; R. HOSTIE, Le
discernement des vocations, Desclée de Brouwer, Paris 1964.
19 Cf. IVMA, «Boletin Bibliogràfico vocacional», in Seminarios 38(1992), 97-143; N. DAL MOLIN,
«Quale proposta e accompagnamento vocazionale delle giovani oggi. Per una pastorale vocaziona-
le», in La donna religiosa in una Chiesa-Comunione, Rogate, Roma 1990,145-160.
20 Cf. H. CARRIER, Psico-sociologia dell'appartenenza religiosa, Elledici, Leumann (TO) 1988,
194-197: «11 fenomeno della scristianizzazione che interessa tutto l'ambiente fa sentire la religione
come irrilevante».
5.1. Animazione vocazionale
Nello sforzo generale di orientamento umano e cristiano, la guida favorisce
il sorgere e il consolidarsi delle vocazioni umane, cristiane e religiose. Lo svilup-
po del loro cammino di fede, del desiderio di una vita piena in Cristo, della sete
di salvezza e di fratellanza universale, genera un clima idoneo per una risposta
generosa e decisa. Questa forma di elezione deve risplendere in tutta la sua bel-
lezza e in tutta la sua capacità di condurre felicemente gli eletti fino alla loro pie-
nezza in Cristo.
In tanti test di orientamento, applicati anche nelle scuole cattoliche e che
contengono centinaia di scelte professionali, non appare mai l'opzione vocazio-
nale della sequela di Cristo. Perciò diventa dovere urgente dell'accompagnatore
riempire tale lacuna e presentare ai giovani, seriamente impegnati nella crescita
della fede, la grandezza della consacrazione al servizio del Signore. Egli coglie,
allo scopo, i momenti di grazia e di ascolto ai quali loro stanno partecipando,
come le convivenze e i ritiri spirituali.
5.2. Discernimento della vocazione
Il direttore, se si tratta di giovani che egli dirige, conosce ormai le loro moti-
vazioni, le loro disposizioni intime e le loro attitudini ed è, quindi, in condizioni
di verificare, insieme con loro, la presenza delle qualità iniziali necessarie e l'as-
senza di controindicazioni. Questa verifica vocazionale è progressiva e graduale
come l'esistenza stessa e si compie secondo i criteri che reggono il discernimen-
to, il miglioramento e la crescita. Siccome i segni non sono statici né immutabili,
all'inizio saranno sufficienti gli indizi minimi di sicurezza che poi, nelle fasi suc-
cessive, diventeranno più rassicuranti ed evidenti. 21
Una risoluzione così rilevante deve essere presa dal candidato chiedendo
sempre al padre spirituale luce e conferma. La decisione finale suppone, a que-
sto punto, la certezza morale della chiamata e della capacità di risposta, da par-
te sia dei responsabili che del candidato. Se il direttore fosse certo del caso con-
trario, anche se il candidato è stato già approvato dai superiori, egli si adopererà
con tutta la sua autorità per indurlo ad abbandonarla. Dovrà pure dissipare
eventuali dubbi e incertezze non fondati su motivi oggettivi e assecondarlo a
incontrare motivi di speranza cristiana per affrontare l'avvenire con fiducia nel
Signore, nella sua presenza continua e nella sua assistenza permanente.
5.3. Formazione della vocazione
La terza funzione dell'accompagnatore comincia con la promozione dello
sviluppo integrale della personalità del candidato come fondamento umano soli-
do della grazia della vocazione. Essa si inserisce nella persona umana e segue i
suoi ritmi di crescita. All'inizio appare in condizione germinale, come un seme
che, attraverso la sua morte lenta sotto terra, germoglia progressivamente. L'at-
21 Cf. S. RIVA, La direzione spirituale nell'età dello sviluppo, Queriniana, Brescia 1967, 55-60.
trattiva iniziale deve evolversi e trasformarsi in una scelta cosciente; a tale sco-
po, però, ha bisogno di un terreno adeguato, della luce e del calore fraterno. 22
Tale indagine, sui doni ricevuti e sulle disposizioni e tendenze naturali pre-
senti, va fatta con accuratezza e spirito soprannaturale, non per cercare la via più
comoda o più redditizia, ma per adeguarsi ulteriormente al piano divino nei
riguardi del soggetto e per impiegare più efficacemente le sue energie e i suoi
talenti nel compimento della missione personale.
Questa valutazione psicologica della personalità dei candidati al sacerdozio
e alla vita consacrata appare complessa e problematica a motivo della carenza di
parametri obiettivi e generalizzati di riferimento, soprattutto per ciò che concer-
ne il giudizio sulla maturità personale e sul rapporto di congruenza tra persona-
lità, impegni da assumere e quadro di valori da integrare. Non esiste, infatti, un
profilo psicologico di una vocazione autentica, con tratti ben definiti, né se ne
può diagnosticare con certezza il successo o l'insuccesso. Certi segni o criteri pos-
sono confermarne la presenza. 26
25 Cf. A. CENCINI, Vocazioni. Dalla nostalgia alla profezia, EDB, Bologna 1989,175-305; O. CAN-
TONI, E brillerà la tua luce! Strumento di lavoro per i giovani che chiedono la direzione spirituale.
Ancora, Milano 1990.
26 Cf. L. CIAN, «Discernimento vocazionale e apporto delle scienze umane», in Direzione spiri-
tuale e orientamento vocazionale, Paoline, Milano 1992,171-206.
Il motivo iniziale della vocazione si presenterà ancora molto imperfetto e,
nonostante questo, potrà essere autentico. Nei primi momenti vi si mescolano
molto spesso motivazioni estranee e naturali, non troppo limpide. La stessa
immaturità del soggetto non permette ancora risposte adeguate. Non possono,
quindi, essere esclusi per tali cause, ma è imprescindibile discernere la condotta
imperfetta di colui che è in cammino di maturazione e l'atteggiamento di colui
che, invece, è vittima di un vero impedimento vocazionale.
29 Cf. Giovani oggi: dalla proposta alla scelta vocazionale. Rogate, Roma 1985,45-50.
30 Cf. La proposta vocazionale alla vita religiosa. Rogate, Roma 1990,124-128; La preparazione
al noviziato. Rogate, Roma 1990,203-214.
31 Cf. DAL MOLIN, «Quale proposta»; A. BISSONI, «Motivazione alla vita religiosa», in Vit. Cons.
21(1985), 315-325.
esempio, di fronte alla paura del sesso, del matrimonio o della solitudine negati-
va, si rifugia nel celibato o nella vita comunitaria. 32
Il criterio più adatto sarà l'esame dell'origine indiretta della nascita della
loro vocazione: essa è sbocciata, quasi sempre, dalla fuga difensiva e dall'evasio-
ne da situazioni insoddisfacenti. L'animatore vocazionale, se i diretti non si
lasciano aiutare, dovrà decidere con fermezza ed escluderli da questo cammino.
Se, invece, egli si trova di fronte a motivazioni semplicemente insufficienti o
inconsce, che provengono dalla mancanza di un'età sufficiente o da inadeguate
informazioni, allora non vedrà in esse controindicazioni per la scelta vocaziona-
le: se esse sono insufficienti, potranno divenire sufficienti e consapevoli con una
formazione paziente. L'accompagnatore orienterà e informerà opportunamente
il diretto in modo che diminuisca progressivamente l'area delle motivazioni
inconsce e insufficienti e si sviluppino opportunamente le motivazioni valide
riguardo alla sua consacrazione.
• Maturità sociale
La crescita di questa dimensione si rivela nella capacità di vivere in comu-
nione e di compiere una concreta armonizzazione tra le esigenze affettive per-
sonali e quelle intersoggettive. Essa si esprime poi nell'ascolto del prossimo e
delle sue esigenze uniche e in un amore oblativo, aperto fino a diventare dono
totale per gli altri. Lo sviluppo delle virtù sociali (sincerità, affabilità, solidarietà,
riconoscenza...), creerà persone con un'indole adatta per un'effettiva collabora-
zione nella dinamica dei gruppi di riflessione e di azione.
35 Cf. MARTINELLI, Giovani e direzione spirituale; RIVA, La direzione spirituale nell'età dello svi-
luppo', A . MERCATALI, «La guida spirituale nelle principali tappe della vita religiosa», in La guida spi-
rituale nella vita religiosa. Rogate, Roma 1986,145-153.
36 Cf. Nuovi giovani, nuove vocazioni, nuova formazione. Rogate, Roma 1994, 247-249.
coerenza intima con autogiustificazioni, proiezioni, transfert, per far salva in tal
modo la stima di sé e della propria dignità di fronte agli altri. Questi fatti rendo-
no evidente l'assenza di coerenza dell'individuo, che non agisce secondo il suo
essere, ma secondo la necessità di avere affetto, stima, fiducia, accettazione, com-
prensione.
Il bisogno inconfessabile di affetto, la mancanza di controllo degli impulsi
sessuali, i sentimenti di inferiorità o di fallimento, hanno bisogno di soddisfazio-
ne e, allo stesso tempo, siccome costituiscono delle infedeltà al proprio ideale, il
candidato si difende trovando giustificazioni apparentemente ineccepibili.
I sintomi di tale mancanza di libertà possono essere i seguenti: ripiegamento
su se stesso e rigidità nelle prese di posizione; poca sensibilità verso la situazio-
ne del prossimo e del mondo; difficoltà ad assumere nuovi impegni e ad affron-
tare il futuro, nonché uno stato di insoddisfazione o di aggressività per la man-
canza di gratificazione delle aspirazioni profonde.
7.6. Controindicazioni alla scelta di vita
In questo settore la funzione della psicologia si rivela essenziale e la sua
capacità di previsione riguardo all'insuccesso della vocazione è molto alta.
Non sempre la terminologia su questo argomento è chiara per mancanza di
criteri uniformi per la classificazione delle anomalie. Possiamo però distinguere,
prima di tutto, le controindicazioni assolute e quelle relative.
• Controindicazioni assolute
Si riferiscono a lacune psichiche gravi non compatibili con la vita consacrata.
Sono i casi più facili per il discernimento, anche se in età giovanile alcune di esse
non si manifestano ancora in tutta la loro gravità. La non idoneità, tuttavia, emer-
ge con sufficiente chiarezza e, quindi, il discernimento è totalmente negativo. Si
possono enumerare come esempi tipici i diversi casi di psicosi e di schizofrenia.
• Controindicazioni relative
Entro questa definizione si includono diverse forme di anomalie di carattere
e di disturbi psichici non gravi, percepiti come tali dal soggetto e che non ne alte-
rano gravemente né la personalità né il comportamento. Vengono denominate
relative in quanto bisogna stabilire, nei singoli casi, l'intensità e l'incidenza del
fenomeno sul carisma verso il quale ci si sente chiamati.
Le loro caratteristiche più comuni sono: la mancanza di controllo di sé o di
adattamento della propria esistenza alla realtà sociale. Il soggetto, inoltre, è pri-
gioniero di conflitti interiori, per esempio tra bisogno di affetto e solidarietà. Il
nevrotico tenta di risolverli attraverso i meccanismi di difesa e non mediante la
risposta autentica matura e cade facilmente vittima di un'angoscia indetermi-
nata. Le forme più comuni di nevrosi sono la nevrastenia, la psicoastenia e l'i-
steria.
Negli ambienti dove esistono scuole in cui cooperano attivamente gli psico-
logi professionali che compiono un lavoro preventivo di orientamento e di sele-
zione, molto raramente questi casi, o almeno i più gravi, si avvicinano alle porte
dei seminari e delle case di formazione. 37
• Situazioni problematiche
Le maggiori preoccupazioni, dunque, sorgono di fronte alle cosiddette situa-
zioni psicologiche problematiche per la crescita vocazionale. Sono, queste, forme
più o meno gravi non di patologia, ma di immaturità, che incidono appunto
intensamente sulla maturazione religiosa e vocazionale.
Le situazioni problematiche più salienti, negli aspiranti al sacerdozio o alla
vita religiosa, sono le seguenti.
- La ferita dei non stimati. Essa genera facilmente complessi di inferiorità e
mancanza di autostima con conseguente insicurezza e instabilità. E frequente
spesso nei giovani che hanno vissuto periodi di confronto negativo con i fra-
telli o con i vicini, e che sono animati adesso da un'intensa fame di apparire,
di fare bella figura e di ostentare le proprie qualità e conoscenze. Ciò rivela
un 'identità interiore debole con un'inadeguata percezione di sé e con una per-
sonalità fragile. La loro esistenza è costruita sulla sabbia dell'affermazione del
proprio io e del successo esteriore, e suscita complessi di inferiorità o di supe-
riorità, come pure violentissime gelosie.
- La ferita dei non amati. Essa provoca, invece, l'immaturità affettiva. Come han-
no scritto i religiosi francesi nell'instrumentum laboris sulle vocazioni in Euro-
pa, i giovani che si presentano, in generale, sembrano seri, ma hanno problemi
psicologici e affettivi molto profondi. Rivelano una «instabilità psicoaffettiva,
da facile scoraggiamento», perciò «hanno bisogno di aiuto e di accompagna-
mento spirituale». Ciò provoca anche un'immaturità affettiva sociale, special-
38
37 Cf. CANTONI, E brillerà la tua luce!', G . CARDAROPOLI, Vocazione e pastorale vocazionale, Anto-
nianum, Roma 1983; IVMA, «Boletrn Bibliogràfico vocacional», 97-143; GAY, Vocazione e discerni-
mento degli spiriti; HOSTIE, Le discernement des vocations.
38 La pastorale delle vocazioni nelle Chiese particolari d'Europa. Documento di lavoro del con-
gresso, n. 25, in L'Osservatore Romano (30 ottobre 1996). Cf. P. SCHELLENBAUM, La ferita dei non ama-
ti. Il marchio della mancanza d'amore, RED, Como 1992,13-42.
39 La pastorale delle vocazioni, n. 22.
40 La pastorale delle vocazioni, n. 27.
da una carenza di elementi basilari della vita cristiana e soprattutto dalla man-
canza di una visione globale della fede». 41
«Dio Padre, nel dono continuo di Cristo e dello Spirito, è il formatore per eccellenza
di chi si consacra a lui. Ma in quest'opera egli si serve della mediazione umana, ponen-
do a fianco di colui che egli chiama alcuni fratelli e sorelle maggiori [...] persone esper-
te nel cammino della ricerca di Dio, per essere in grado di accompagnare anche altri in
questo itinerario [...] Ai lumi della sapienza spirituale uniranno quelli offerti dagli stru-
menti umani, che possano essere d'aiuto sia nel discernimento vocazionale, sia nella
formazione dell'uomo nuovo, perché divenga autenticamente libero». 43
1. Aiuti colui che guidi a scoprire una chiamata speciale? Favorisci la certezza in lui
della presenza di segni chiari di tale chiamata? Lo prepari alle difficoltà di questo
nuovo viaggio?
2. Sei attento a che la motivazione sia dominante e determinante? Presti attenzione
alle motivazioni insufficienti per cause varie?
3. Hai una particolare cura nel discernimento delle motivazioni inconsce quali la «gra-
tificazione vicaria» o la «fuga difensiva»? E di quelle «mascherate? Lo escludi con
fermezza dal cammino se non si lascia aiutare?
4. Incoraggi il sorgere e il consolidarsi della vocazione? Favorisci lo sviluppo del cam-
mino di fede e del desiderio di una vita piena in Cristo?
5. Presenti la grandezza della consacrazione al servizio del Signore? Consigli
momenti di ascolto e di grazia come ritiri ed esercizi spirituali?
6. Verifichi con lui la presenza di disposizioni necessarie e l'assenza di impedimenti?
Esamini la vocazione secondo progressività e gradualità?
7. Lo aiuti ad affrontare l'avvenire con fiducia nel Signore? Lo inviti alla meditazione e
alla ricerca spirituale? Gli presenti il maggior numero possibile di motivazioni vali-
de? Gli presenti il nuovo cammino come fonte di fascino, di fecondità personale e
di efficacia apostolica?
Appendice
REATTIVO DELLE FRASI DA COMPLETARE DI SACKS
In questa scheda sono riportate sessanta frasi incomplete. Leggerle una alla volta e
completarle scrivendovi accanto la prima idea che si presenta alla mente. Lavorare più in
fretta possibile. Se non si riesce a completare una frase, fare un segno accanto al numero
corrispondente e ritornarvi sopra più tardi.
1. Ho l'impressione che mio padre raramente
2. Quando ogni cosa è contro di me
3. Ho sempre voluto
4. Se io avessi autorità
5. L'avvenire mi appare
6. I miei superiori
7. So che ciò è sciocco, tuttavia ho paura di
8. Ho l'impressione che un amico sincero
9. Quando ero bambino
10. La mia idea di donna perfetta
11. Quando io vedo un uomo e una donna assieme
12. Paragonata alla maggior parte delle famiglie, la mia
13. Durante il lavoro, mi trovo meglio con
14. Mia madre
15. Farei qualunque cosa per dimenticare quella volta che io
16. Se mio padre solamente volesse
17. Credo di avere la capacità di
18. Potrei essere perfettamente felice se
19. Se delle persone lavorano per me
20. Aspetto con ansia
21. A scuola i miei insegnanti
22. La maggior parte dei miei amici ignora che ho paura di...
23. Non mi piacciono le persone che
24. Qualche anno fa, io
25. Penso che la maggior parte delle ragazze
26. La mia impressione sulla vita coniugale è
27. La mia famiglia mi tratta come
28. Le persone con le quali lavoro
29. Mia madre ed io
30. Il mio più grande errore è stato
31. Vorrei che mio padre
32. La mia più grande debolezza è
33. La segreta ambizione della mia vita è
34. Le persone che lavorano per me
35. Verrà un giorno in cui io
36. Quando vedo arrivare il mio superiore
37. Vorrei perdere la paura di
38. Le persone che preferisco
39. Se fossi ancora giovane
40. Credo che la maggior parte delle donne
41. Se avessi dei rapporti sessuali
42. La maggior parte delle famiglie che conosco
43. Mi piace lavorare con le persone che
44. Penso che la maggior parte delle madri
45. Quando ero più giovane, mi sentivo colpevole di
46. Ho l'impressione che mio padre sia
47. Quando la fortuna si volge contro di me
48. Ciò che soprattutto voglio dalla vita è
49. Nel dare ordini agli altri, io
50. Quando sarò più anziano
51. Le persone che considero miei superiori
52. I miei timori talvolta mi obbligano a
53. Quando non sono presente, i miei amici
54. Il mio più vivo ricordo d'infanzia
55. Ciò che mi piace di meno nelle donne
56. La mia vita sessuale
57. Quando ero bambino, la mia famiglia
58. Le persone che lavorano con me di solito
59. Amo mia madre, ma
60. La peggior cosa che io abbia mai fatto
Risultato: Le frasi si dividono schematicamente in 4 settori e in 15 atteggiamenti, ai
quali corrispondono 4 items o frasi:
Settore Gruppi di atteggiamenti Items
A) Famiglia 1. Padre 1-6; 31-46
14. Madre 14-29; 44-59
12. Unità familiare 12-27; 42-57
B) Sesso 10. Donne 10-25:40-55
11. Rapporti eterosessuali 41-26; 41-56
C) Relazioni 4. Autorità 4-19:34-49
Interpersonali 6. Superiori 6-21; 36-51
8. Amici 8-13; 38-53
13. Colleghi 13-18:43-58
D) Concetto di sé 2. Risorse personali 2-17; 32-47
3. Ideali di vita 3-18; 33-48
5. Futuro 5-20; 35-50
7. Timori 7-22;37-52
9. Passato 9-24; 39-54
15. Colpe 15-30; 45-60
Per ognuno dei 15 gruppi di atteggiamenti analizzati e sotto riportati, indicare l'im-
pressione generale sul contenuto significativo delle risposte date dal soggetto e sul grado
del suo eventuale conflitto secondo la seguente classificazione:
2: molto disturbato, tale da richiedere aiuto terapeutico per problemi emotivi in que-
sta area;
1: modicamente disturbato, per problemi emotivi che il soggetto può padroneggiare
senza aiuto terapeutico;
0: nessun disturbo significativo in quest'area: soggetto equilibrato, normale;
x: non classificabile, manca una sufficiente evidenza della situazione.
1. Atteggiamento verso il padre: ( )
2. Atteggiamento verso le proprie risorse: ( )
3. Ideali di vita: ( )
4. Atteggiamento verso gli inferiori: ( )
5. Atteggiamento verso il futuro: ( )
6. Atteggiamento verso i superiori: ( )
7. Paure: ( )
8. Atteggiamento verso gli amici: ( )
9. Atteggiamento verso il passato: ( )
10. Atteggiamento verso le donne: ( )
11. Atteggiamento verso le relazioni eterosessuali: ( )
12. Atteggiamento verso la famiglia: ( )
13. Atteggiamento verso i colleghi di lavoro o di studio: ( )
14. Atteggiamento verso la madre: ( )
15. Sensi di colpa: ( )
Osservazioni:
Tutto questo lavoro offre materiale di prima mano per un successivo colloquio pasto-
rale approfondito.
Capitolo undicesimo
LA SUPERVISIONE
NELLA DIREZIONE SPIRITUALE
1Cf. E. LIEBERT, Changing Life Patterns:Adult Development in Spiritual Direction, Paulist Press,
New York 2000,56-59.
1. SUPERVISIONE PERSONALE
Consiste in una revisione alla quale si sottomette il direttore spirituale per
migliorare il proprio atteggiamento e il proprio ministero, con il contributo di un
collega esperto, al fine di diventare sempre più idoneo nel promuovere l'intima
relazione con Dio e con il prossimo. Il punto centrale è Vesperienza del direttore
stesso nel suo ministero, non quella dei suoi diretti. Essa lo stimola ad affinare le
proprie capacità di accoglienza, di ascolto, di dialogo, di comprensione. Quindi
l'anelito che lo deve animare è quello di diventare una guida sempre più com-
petente. 2
3. LA SUPERVISIONE È UN MINISTERO
La supervisione della direzione spirituale deve essere considerata «un mini-
stero» per diverse ragioni.
Prima di tutto poiché essa, allo stesso modo che altri ministeri simili, nasce
dalla fede della comunità, sboccia dall'abbondanza dell'ascolto della Parola e
5 Cf. M. CONROY, Looking into the Well: Supervision of Spiritual Directors, Loyola Press, Chi-
cago 1997.
6 Cf. W.J. CONNOLLY, «Spiritual Direction: An Encounter with God», in Human Development
1(1980)4,43-44.
nutre e spande la fraternità. Radicata nella presenza stessa di Dio e fortificata
dal dono dello Spirito Santo, rinvigorisce l'atteggiamento evangelico del diretto-
re e le sue abilità di discernimento e lo rende idoneo ad essere un messaggero
dell'amore gratuito di Dio e un centro vibrante per la diffusione della fede nei
direttori spirituali e nei loro assistiti. 7
In secondo luogo, il supervisore compie una missione nella quale, per stimo-
lare le guide spirituali a crescere nella coscienza di sé, nella libertà interiore e nel-
l'abilità di incitare gli altri a entrare più pienamente nella ricca e viva esperienza
dell'amore personale di Dio, si sforza di assisterli affinché conoscano sempre più
profondamente il loro mondo inconscio, le loro aree di resistenza, di vulnerabilità
e di debolezza. Il supervisore li agevola anche a capire e a muoversi nella coscien-
za della presenza e dell'attrazione di Dio, che agisce durante le sessioni di soste-
gno, e a lasciarsi illuminare e trascinare da lui in una risposta vibrante.
Ciò che preoccupa veramente i maestri di supervisione, soprattutto nella for-
mazione iniziale, è il trovare speciali vie o metodi propri, capaci di assicurare la
crescita costante delle nuove guide, che maturano nella loro esperienza di Dio e
nella loro interazione umana.
E un itinerario di supervisione che sgorga dall'esperienza stessa e dalla
preoccupazione di preparare autentici padri spirituali. Essi devono focalizzare
l'interesse nell'opera che stanno compiendo in modo che ciascuno percepisca
chiaramente che, nel momento dell'accompagnamento, deve concentrarsi esclu-
sivamente sull'opera di salvezza che si sta compiendo. Senza aver bisogno di
ricorrere a riti particolari di adeguazione dell'ambiente, si è attenti ad aprirsi al
Maestro interiore e alle mozioni che lo Spirito Santo va suscitando. 8
Ciò si estende pure sul diretto e sul suo modo di rispondere alle chiamate
interiori. Egli deve approfondire tali conoscenze con lo studio della vita dei san-
10 Cf. MUELLER - KELL, Coping with Conflict, per un approccio di carattere operativo, profondo
e completo della supervisione sul piano dell'aiuto e della psicoterapia.
11 La resistenza del direttore nei confronti di questo resoconto concreto dell'esperienza può
essere molto forte e passare inosservata. Cf. V. WILLIAM - J. CONNOLLY, «Spiritual Direction: An
Encounter with God», in Human Development 1(1980)4,43-44.
stero di fedeltà alle leggi per dedicare tutto il tempo dell'incontro a considerare
la reale fedeltà ai propositi presi e a risolvere le situazioni più problematiche.
Perciò, se la supervisione viene da loro richiesta, si limiterà unicamente a questa
concezione del compito che il direttore ha di se stesso e al perfezionamento del-
le modalità di effettuarlo, non solo con i suoi atteggiamenti e insegnamenti, ma,
specialmente, con la sua testimonianza di coerenza.
Per ogni direttore spirituale, dunque, la prima cosa da fare sarà quella di ave-
re chiaro su quali dimensioni vuole agire: da semplice «funzionario di Dio»,
custode ed esecutore delle leggi, oppure come promotore dei diretti nell'eserci-
zio dell'esperienza divina. 12
A sua volta, chi riceve la supervisione deve essere sicuro di poter contare
su\Yalleanza di lavoro con il supervisore, che lo obbliga a mantenere il segreto
professionale su quanto si manifesta durante gli incontri, in modo da elimina-
re la paura che riveli le problematiche più intime, come le esperienze e le rispo-
ste che lo preoccupano di più. Quando una solida alleanza di lavoro si è stabi-
lita, sia tra un direttore e un supervisore, sia tra direttori che si riuniscono per
una vicendevole supervisione, è probabile che. chi ha sollecitato la supervisio-
ne, si senta anche disposto a presentare in pubblico le sue esperienze più diffi-
cili e conflittuali.
per loro liberarsi dall'idea che la conoscenza intima di sé non sia rischiosa: non
9. LA SUPERVISIONE DI GRUPPO
Oltre alla supervisione individuale, va diffondendosi la supervisione fatta in
gruppo, che si è rivelata molto illuminante ed efficace nei vari settori dell'aiuto
pastorale.
I principi sopra indicati per la supervisione individuale sono ovviamente vali-
di anche in una supervisione di gruppo. Certo, tra persone diverse non è sempre
facile suscitare quel clima di fiducia necessario in un'adeguata alleanza di lavo-
ro, ma ciò è tuttavia possibile. Le sessioni di condivisione della fede o quelle del-
le dinamiche di gruppo sotto una guida esperta possono suscitarlo in modo suf-
16 Cf. B. LAWTON, «"A Very Esposing Affair": Explorations in Counsellors' Supervisory Rela-
tionship», in Taking Supervision Forward. Enquiries and Trends in Counsetling and Psychotherapy,
SAGE, London 2000,25-41.
ficiente. Uno dei segni più evidenti dello stabilirsi di questa atmosfera consiste
nell'accordo che si verifica tra i partecipanti di condividere le esperienze più dif-
ficili e più penose.
Il vantaggio che il gruppo presenta è tanto più evidente quanto più il livello
di apertura è elevato. Nel suo lavoro è più difficile che sfuggano i veri problemi;
c'è sempre, infatti, qualcuno che percepisce le esitazioni, gli stati d'imbarazzo o i
lapsus che li tradiscono o che avverte che l'attenzione si è spostata dal direttore
al diretto. 17
17 Cf. W. LAMMERS, «Training in group and team supervision», in Training Counselling Supervi-
sors, 106-129.
Prima di tutto, possono mantenersi aggiornati attraverso la rivista profes-
sionale e il convegno nazionale annuale di una settimana che li informa sulle
novità del loro apostolato e chiarisce i maggiori problemi comuni che devono
affrontare. 18
ne diverse abilità naturali, queste non bastano per fare di lui un direttore com-
petente. Il segreto della sua riuscita si trova nella sua fede viva e nella sua spe-
ranza ferma, capaci di mettere bene a fuoco questo aspetto centrale della super-
visione. 20
18 Rivista Presence, edita da Spiritual Directors International. P.O. BOX 3584. Bellevue, WA
98009.
19 Cf. W. CREED, «Supervision plus Reflection: A Way to form Spiritual Directors», in Presence
4(1998)1,37-42.
20 Cf. FELTHAM - DRYDEN, Developing Counseltor Supervision, 1 4 - 1 8 .
stiche e abilità, avendo come scopo centrale lo sviluppo della personalità del
direttore. Questa pratica favorisce pure il consolidamento di uno stile mentale di
discernimento costante, di un atteggiamento critico positivo e di un sano scetti-
cismo circa il proprio compito che permette a Dio di essere creativo e protago-
nista nella vita dei guidati.
Questa analisi si rivela particolarmente utile a far emergere il tipo di reazio-
ne affettiva del direttore nei confronti della persona che dirige.
Un altro vantaggio è quello di permettere a ognuno dei colleghi presenti di
allargare le proprie conoscenze, in una visione globale dell'accompagnamento
spirituale. In tale ottica allargata, i partecipanti possono cogliere meglio come le
teorie riguardo alla crescita spirituale e i principi della teologia speculativa si
possano applicare ai casi concreti. Sessioni di questo tipo, condotte adeguata-
mente, possono portare a una fruttuosa interazione tra teologia speculativa e
teologia pratica.
Un'altra forma di supervisione di gruppo, più ampia e complessa, e che pure
si è rivelata molto utile per la supervisione, è quella chiamata sessione del caso.
In questa seduta un direttore presenta non il modo di portare a termine un
incontro singolo, bensì la panoramica generale di un caso di direzione spirituale,
visto e compiuto attraverso una serie di incontri. Progressivamente si è messa a
fuoco l'importanza che nella supervisione ha questo resoconto, redatto per iscrit-
to, di un evolversi progressivo dell'accompagnamento spirituale: il direttore fa la
relazione d'insieme del suo modo di agire ed espone lo sviluppo del caso e i fat-
tori che hanno condotto il soggetto diretto fino all'attuale situazione; lo sguardo
d'insieme dà al direttore la possibilità di presentare la propria concezione del-
l'accompagnamento in maniera che il gruppo dei colleghi possa illuminarlo a far-
ne una valutazione costruttiva. 21
Ma c'è di più. Questo dialogo incita il direttore a porsi di fronte ai suoi pro-
pri angeli o diavoli, alla sua esperienza personale, sia di direzione che di reso-
conto di direzione, con uno spirito di servizio. Egli potrà progredire nel sapere
teorico e pratico di esperto accompagnatore e crescere nella conoscenza di se
stesso in quanto direttore spirituale.
La supervisione genera in lui un aumento dell'autocoscienza come direttore.
L'esplorazione del proprio inconscio lo cambia in ministro più efficace nella sua
missione. La sua apertura alla verità su di sé genera in lui una liberazione e, suc-
cessivamente, ciò si ripercuote anche sui suoi diretti, che, a loro volta, sono più
liberi di rendersi conto delle loro proiezioni.
In tal modo la guida va affinando le proprie capacità di accoglienza, di ascol-
to, di dialogo, di comprensione. Esplora i meccanismi dei suoi movimenti inte-
riori e riflette sulle differenze morali e culturali tra sé e il diretto. L'analisi delle
zone erronee, nella sua relazione con Dio e con la persona diretta, stimola la gui-
da stessa a crescere nella consapevolezza dell'impatto che le sue mancanze di
libertà e le sue aree di resistenza hanno nei suoi rapporti pastorali.
192
Lo scopo della relazione, in tutte le sue espressioni, è di portare la persona
incontrata a diventare autonoma nella gestione della propria esistenza, più for-
te nell'affrontare i momenti difficili e meglio orientata nel processo di crescita
umana e spirituale. Quando tale obiettivo è raggiunto, la relazione di aiuto ini-
ziale può considerarsi terminata.
Appendice II
PER CHI CONDUCE IL COLLOQUIO
Tre domande stanno alla base del tentativo di coerenza di chi conduce il colloquio:
- Come mi pongo sul piano del contenuto? Posso riformularlo con chiarezza? Di che
cosa mi parla? Di chi?
- Come mi pongo sul piano del qui e orai Sono consapevole di ciò che sento? Ci sono
elementi disturbanti esterni?
- Come mi pongo nella relazione con l'altro? Quali sentimenti provo per lui? Mi irri-
ta? Voglio rassicurarlo o proteggermi? Mi minaccia?
CONCLUSIONE
Questo libro è nato per stimolare i giovani padri e madri nello Spirito ad
assumersi, con la migliore competenza possibile, le loro responsabilità sulla
delicata soglia dell'incontro tra due misteri: Dio e l'uomo.
L'intento è quello di mettere a disposizione di tutti molto del materiale e
dei mezzi in nostro possesso, per facilitare l'avvio del ministero dell'accom-
pagnamento spirituale. Siamo coscienti che, con il veloce perfezionarsi delle
psicologie e pedagogie attuali, questi strumenti e altri più concreti si diffon-
deranno molto di più e saranno più facilmente reperibili da parte delle futu-
re guide. Ma la loro presentazione costituirà il compito dei prossimi lavori
che dovranno «rivedere e completare» ampiamente quanto qui abbiamo
esposto, partendo specialmente dall'esperienza e dal materiale raccolto lun-
go il cammino.
Nel frattempo abbiamo voluto offrire alle nuove guide il lavoro da noi
compiuto, mettendo a loro disposizione senza perdite di tempo le strategie di
aiuto spirituale da noi elaborate. Esse tuttavia non costituiscono un punto di
arrivo, ma vogliono essere un incentivo all'ulteriore ricerca, poiché appariran-
no sempre insufficienti gli strumenti utili ad orientare e approfondire la pro-
pria esperienza e quella altrui.
Non è facile ordinare tale materiale in modo adeguato e completo. Tutta-
via, partendo dal fatto che l'accompagnatore non deve risolvere da sé tutti i
problemi psicologici più complessi e profondi, ma anzi deve cercare l'assisten-
za degli specialisti per casi particolari, in queste pagine gli si forniscono stru-
menti che può adoperare in modo assai efficace, anche senza una specializza-
zione psicologica particolare.
In ogni modo, il suo compito continuerà sempre ad essere difficile e, al tem-
po stesso, pieno di meraviglie: alcuni diretti progrediranno secondo le attese,
fornendogli un carico leggero, spedito, pieno di sorprese gradevoli derivanti
dal loro miglioramento e dalla loro apertura fiduciosa all'opera del Signore;
altri, invece, lo costringeranno a interrogarsi costantemente sul perché di cer-
te resistenze, deficienze nell'avanzamento, ricadute nelle stesse difficoltà
nonostante i considerevoli passi in avanti già compiuti. È il caso delle persone
ferite, che non si aprono mai pienamente all'opera divina e che non finiscono
mai di assumere le loro responsabilità né di guarire i loro complessi, che sono
la vera fonte delle costanti cadute e dei periodi di scarsa generosità verso il
Signore o di decisioni troppo centrate sul proprio io, forse perché ispirate dai
propri bisogni e desideri individuali.
Oggi la direzione spirituale ritorna ad essere un'opera maschile e femmini-
le, come alle origini, quando numerosi eremiti, sacerdoti e laici, padri e madri
spirituali, abbas e ammas, si offrivano di essere guide di persone che ricorre-
vano a loro per ricevere luce e stimoli dalla loro esperienza spirituale e uma-
na, allo scopo di accelerare il ritmo della propria crescita cristiana e di rag-
giungere la mèta più speditamente.
Lungo i secoli e per circostanze molto varie, essa era diventata una missio-
ne quasi esclusivamente sacerdotale, ricevuta nel giorno dell'ordinazione. La
connessione tra il sacramento della riconciliazione e la direzione spirituale era
infatti quasi totale.
Ma, dopo che il concilio Vaticano II ha esortato ad accogliere con gratitu-
dine e riconoscenza quelle grazie speciali che lo Spirito Santo dispensa tra i
fedeli e con le quali li rende «capaci e pronti ad assumersi responsabilità e uffi-
ci utili al rinnovamento e al maggior sviluppo della Chiesa, secondo le parole:
"A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data per l'utilità comune" (ICor
12,17)»,' numerosi religiosi non sacerdoti e laici impegnati hanno sentito l'im-
pulso dello Spirito a compiere questa missione.
Alle donne consacrate è stato rivolto poi un ulteriore appello a trarre «una
sempre maggiore consapevolezza del proprio ruolo e un'accresciuta dedizione
alla causa del regno di Dio. Ciò potrà tradursi in molteplici opere, quali l'im-
pegno per l'evangelizzazione, l'attività educativa, la partecipazione nella for-
mazione dei futuri sacerdoti e delle persone consacrate, l'animazione della
comunità cristiana, l'accompagnamento spirituale». 2
A questa riscoperta del proprio carisma ecclesiale si sono aggiunti due fatto-
ri importanti: da un lato il moltiplicarsi, tra i credenti, in particolare tra gruppi,
associazioni e movimenti del laicato, di una maggiore richiesta d'aiuto, e, dall'al-
tro, la drastica diminuzione numerica del clero disponibile, in tanti luoghi.
In tale situazione si sente l'urgenza di incitare le nuove guide a scoprire iti-
nerari formativi autentici, a maturare l'arte del discernimento, a ricevere
un'autentica iniziazione, sensibile anche alla dimensione psicologica, affinché
il loro ministero sia competente e fecondo e la loro opera pastorale gratifican-
te. Il loro è un carisma, ma, allo stesso tempo, un compito sempre da imparare
e da arricchire.
I giovani cercano sempre più di essere accompagnati da fratelli o sorelle
maggiori nella fede, che li affiancano nel cammino e che favoriscono un per-
corso personalizzato verso la costruzione di un'identità sicura e di un ideale
elevato, capace di concentrare intensamente tutte le loro energie nel suo rag-
giungimento.
Lo sviluppo della supervisione dei direttori è chiamato ad assumere una
funzione importante nella trasformazione della direzione spirituale in un'ope-
ra ecclesiale, accompagnata, in comunione, da altri membri della Chiesa, muni-
ROWAN J., Scoprite le vostre personalità. Il nostro mondo interno e le persone che
lo abitano, Astrolabio, Roma 1995.
RUFFING J . K . , Spiritual Direction: Beyond the Beginnings, Paulist Press, Mahwah
(NJ) 2000.
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gna 1994; 2003.
4
PRESENTAZIONE pag. 5
Capitolo primo
INIZIAZIONE ALLA DIREZIONE SPIRITUALE » 9
1. I nuovi centri di preparazione » 10
2. La formazione dei sacerdoti e dei credenti preparati » 11
3. La formazione dei principianti in genere » 12
4. Forme di addestramento » 13
5. Formazione teorico-pratica » 14
6. La formazione permanente » 15
Conclusione » 16
TRACCE PER LA PERSONALIZZAZIONE » 16
Capitolo secondo
LA GUIDA E L'INCONTRO DI AIUTO » 19
1. Una guida che conosce se stessa » 19
2. Sintesi della relazione di aiuto: il «guaritore ferito» » 20
3. L'accoglienza » 21
4. L'ascolto » 21
5. Il valore del silenzio » 23
6. Il metodo non direttivo » 24
7. Riformulazione » 24
8. Interventi inadeguati » 26
9. Il problema del «transfert» e del «contro-transfert» »» 27
10. Strumenti » 29
Capitolo terzo
LE FUNZIONI DELL'INCONTRO DI AIUTO » 35
1. Facilitare l'auto-conoscenza del diretto » 36
2. Accompagnamento nella consapevolezza della storia personale » 37
205
3. Un cammino esistenziale unico » 38
4. Stimolare l'accettazione delle proprie responsabilità » 42
5. Atteggiamenti della guida in questa stagione » 44
6. Altre strategie per la conoscenza di sé » 44
TRACCE PER LA PERSONALIZZAZIONE » 47
Capitolo quarto
DIREZIONE SPIRITUALE DIFFERENZIATA » 51
1. Direzione spirituale e temperamento. I temperamenti secondo
Sheldon » 52
2. Accompagnamento e caratterologia » 55
2.1. Caratterologia di Jung: estroverso o introverso? » 55
2.2. La caratterologia di Le Senne » 58
2.2.1. Gli emotivi non-attivi (EnA) » 59
2.2.2. I non-emotivi attivi (nEA) » 60
2.2.3. Gli emotivi attivi (EA) » 61
2.2.4. I non-emotivi non-attivi (nEnA) » 63
TRACCE PER LA PERSONALIZZAZIONE » 64
Capitolo quinto
SANAZIONE INTERIORE » 71
1. Salvare l'essere umano nella sua totalità » 71
2. Le diverse malattie » 72
3. L'affettività e le sue ferite » 76
4. Guarigione e liberazione » 76
Capitolo sesto
GUARIGIONE DELLE FERITE AFFETTIVE » 85
1. Maturazione affettiva » 85
2. La ferita dei «non amati»: l'immaturità affettiva » 87
3. La ferita dei non stimati: l'identità debole » 90
3.1. Fonti dell'identità debole » 92
3.2. Possibili reazioni di fronte al sentimento d'inferiorità » 94
3.3. Influsso nei rapporti interpersonali » 95
4. La ferita delle «persone condizionate» » 96
5. Guarigione delle ferite » 97
5.1. Guarire e integrare il livello affettivo » 98
5.2. Neutralizzare le emozioni negative » 99
5.3. Coltivare pensieri positivi » 100
5.4. Un metodo » 103
Capitolo settimo
ACCOMPAGNAMENTO NELLA CRESCITA INIZIALE » 109
1. Iniziare a un agire nuovo » 109
2. Definire le opzioni e gli obiettivi » 110
3. Programmare i passi da compiere » 111
4. Verificare » 112
5. Le funzioni della direzione permanente » 113
6. Direzione spirituale permanente » 114
7. Quando chiedere un aiuto speciale allo psicologo » 117
8. Aiuto nei casi di coinvolgimento affettivo » 117
TRACCE PER L'INTERIORIZZAZIONE » 119
Capitolo ottavo
ACCOMPAGNARE GLI INIZI DELLA VITA DI PREGHIERA » 123
1. Al centro della vita spirituale » 123
2. Forme varie di preghiera » 125
3. Psicologia della preghiera: la persona orante » 125
4. Il difficile passaggio alla gratuità » 130
5. L'analisi dei segni nella «Salita al Monte Carmelo» » 133
6. Effetti della nuova tappa » 134
TRACCE PER LA PERSONALIZZAZIONE » 136
Capitolo nono
ILLUMINARE I GIOVANI » 139
1. La crescita attraverso i cicli vitali » 139
2. Il giovane da accompagnare » 140
2.1. La sua situazione sociologica » 140
2.2. La situazione psicologica dei giovani » 141
2.3. La situazione religiosa dei giovani » 142
3. Lo sviluppo purificatore del giovane adulto » 143
4. La crisi di passaggio della mezza età » 145
5. Crisi di crescita nella vita apostolica » 147
TRACCE PER LA PERSONALIZZAZIONE » 148
Capitolo decimo
L'ACCOMPAGNAMENTO NELLA SCELTA
DELLO STATO DI VITA » 155
1. Vocazione comune e vocazioni specifiche » 156
1.1. La vita come vocazione » 156
1.2. Vocazioni cristiane specifiche » 157
2. Origini e sviluppo della vocazione » 158
3. Scelta vocazionale » 159
3.1. La difficoltà della scelta oggi » 159
3.2. Varie forme di decisione » 160
4. Secondo il progetto di Dio » 162
5. Accompagnatore e orientamento vocazionale » 163
5.1. Animazione vocazionale » 164
5.2. Discernimento della vocazione » 164
5.3. Formazione della vocazione » 164
6. Criteri comuni di discernimento della scelta » 165
6.1. Fattori spirituali » 165
6.2. Fattori psicologici » 166
7. Discernimento della vocazione sacerdotale-religiosa » » 167
7.1. Retta intenzione » 167
7.1.1. La motivazione valida » 167
7.1.2. Motivazioni insufficienti e inconsce » 168
7.1.3. Il compito del direttore » 169
7.2. Idoneità umana » 170
7.3. Idoneità cristiana » 171
7.4. Idoneità specifica per la vita sacerdotale e consacrata » 171
7.5. Sufficiente libertà » 171
7.6. Controindicazioni alla scelta di vita » 172
TRACCE PER LA PERSONALIZZAZIONE » 175
Capitolo undicesimo
LA SUPERVISIONE NELLA DIREZIONE SPIRITUALE » 179
1. Supervisione personale » 180
2. Il contenuto della supervisione » 181
3. La supervisione è un ministero » 181
4. Obiettivo della supervisione » 183
5. Crescita nella fiducia » 184
6. Crescita della relazione » 185
7. Resistenze alla supervisione » 186
8. Atteggiamento positivo del supervisore » 188
9. La supervisione di gruppo » 189
10. Supervisione tra uguali » 190
11. Supervisione regolare di un incontro e di un caso » 191
TRACCE PER LA PERSONALIZZAZIONE » 193
CONCLUSIONE » 195
BIBLIOGRAFIA GENERALE » 199