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ALL’ORIZZONTE
Ci avviamo verso la conclusione di un’estate ricca di eventi, soprattutto per i ragazzi e↳giovani impegnati
nel Grest, nei Campi scuola e nella Gmg di Lisbona (un ringraziamento a Don Fiorenzo e Don Mario I
che con il loro aiuto mi hanno dato la possibilità di partecipare a questi eventi occupandosi loro delle
celebrazioni mentre era⑧ assente che
dalla parrocchia). Focalizzando lo sguardo sui giovani e adolescenti si
se
vede quanto grande potenzialerc’è nella nostra comunità, risorseddi cui l’oratorio (come volto e mani di
tutta la comunità) deve prendersi cura per diventare quello spazio in cui scoprire, far crescere, e portare
Terminato
a compimento, al modo cristiano di dono, la propria Cior
vita. Chiuso il periodo estivo però ci si deve subito
7 /
concentrare sulla ripartenza dell’anno pastorale che significa in primis l’organizzazione della catechesi
⑧
anni/ avendo all’orizzonte un periodo di maggiore stabilità rispetto al recente passato ma anche il compito
⑧
di leggere il tempo presente che richiede ancora di essere decifrato, soprattutto in merito alle questioni
-
che riguardano la vita di fede, per trovare proposte capaci di riavvicinare la vita delle persone ai
sacramenti, alla Parola, alla preghiera e alla carità. All’orizzonte c’è anche il cammino, inevitabile, verso
percorse
la costituzione
che
di un’unica comunità pastorale con Graffignana.
e Casoni come parroco. È stato per un tempo di osservazione e conoscenza,⑧ non è mai facile entrare nella
vita di una comunità (in particolare questae I
vista la sua recente storia di questi anni), penso abbiate visto
che non sono tipo da cambiamenti repentiniI se non quelli che si rendono necessari, perché convinto che
prima del fare si debba conoscere per camminare insieme e non solo secondo l’idea del parroco. Con
l’aiuto dei collaboratori e dei consigli ritengo sia arrivato il tempo di ragionare insieme, si spera sempre
con l’aiuto della Sapienza, sulla vita dellae nostra e comunità per capire, senza paure, pessimismi,
COMPIT
immobilismi, come metterci al servizio del Vangelo perché il primo nostro - comito è proprio questo:
vivere la fede nell’incontro e ascolto di Cristo non solo per noi ma perché sempre più fratelli possano,
attraverso la nostra opera e testimonianza, riconoscerlo come XV via, verità e V
vita, in modo che anche per
noi si avverino le parole di At 2, 46 ss. «Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando
il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di
tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.».
La chiesetta di Fornaci, così raffinata nelle sue linee architettoniche, è dedicata all’arcangelo san Michele
(il suo nome significa “chi è come Dio”). Ricordo che quando ero chierichetto la messa terminava con
la preghiera a san Michele e il mio prete d’infanzia, don Aurelio Vota, amico del beato don Gnocchi, mi
raccontava che Papa Leone XIII, alla fine di una messa, ebbe una visione dove il demonio estese il suo
potere sull’umanità ma Dio pose a difesa della chiesa il grande Arcangelo, il quale dopo un certo periodo
avrebbe avuto la meglio per sempre portando la pace fra gli uomini.
Vi devo dire che ho sempre desiderato vivere questa svolta, ma per un certo tempo l’ho vissuta in modo
magico; ho considerato il Vaticano II come evento dirimente, ma diventando prete ho capito invece che
l’arcangelo Michele protegge l’opera di chiunque si rende attivo perché questo progetto di Dio si realizzi
storicamente.
Ma a noi non può sfuggire che molte persone, che si dichiarano anche cristiani, vivono tendenzialmente
cercando l’autoconservazione, aiutandosi con la ricerca e la tecnologia spinta che vengono considerate
l’essenziale del progresso e del moderno. Dio per tanti, anche se preferiscono chiamarsi agnostici e non
atei, è come il vecchio regalo, ricordo della zia quando tanti anni fa è andata a Venezia, non si ritiene di
buttarlo, ma viene messo in mansarda e chissà che alla prossima pesca parrocchiale……
E così in qualche atto religioso ci lasciamo coinvolgere, ma diciamo alle nostre nonne che devono
aggiornarsi, per cui non è più di moda sposarsi in chiesa, e il battesimo dei piccoli viene facilmente
rimandato, nelle grandi città le sale del congedo sostituiscono le chiese per i funerali.
La vita di tanti non è più ritmata dalla fede, patrimonio del passato, ed invece di porsi i giusti
interrogativi sulla vita, ci si rifiuta di porsi i grandi interrogativi; se per un semplice orologio ci
interroghiamo su chi l’ha fatto, a cosa serve e quale sarà il suo futuro, noi non ci poniamo le domande
sull’origine del mondo, della vita, chi siamo, dove andiamo. La ricerca scientifica è sperimentale e la
tecnologia ne è una applicazione per l’oggi e per il domani; ma trascuriamo che le domande di senso
devono essere poste ai filosofi, ed ai grandi sistemi religiosi.
Non facendo questo l’uomo s’impoverisce e non sa più chi è, ha difficoltà di relazioni e di organizzare
la sua vita con un obiettivo preciso e che soprattutto vada oltre la lastra tombale.
La differenza fra la risposta filosofica e quella religiosa sta nel fatto che una è teorica mentre l’altra è
coinvolgente tutto il pensare, il sentire e l’agire dell’uomo.
Il senso religioso della vita porta a chiarire gli interrogativi dell’esistenza che rispondono al vivere
dell’uomo più che interrogarci su Dio.
Don Lorenzo Milani nel suo testamento si raccomandava a Dio perché più che pregare ha amato i suoi
ragazzi; ma a chi gli chiedeva perché stava nella chiesa, rispondeva che solo lì poteva avere il perdono
dei peccati.
Mi rivolgo ai giovani perché mentre pensano il loro futuro trovino significativo il nome dell’arcangelo
Michele, espressione di fede in Dio per chi si sente sua creatura, ma anche sappiano coinvolgere la loro
vita nella ricerca costruttiva di un futuro di pace.
Dio ci chiede di realizzare ciò che ha fatto conoscere in modo mistico a Papa Leone XIII: la vittoria
sulle insidie del demonio.
don Mario
LUOGHI DELL’ANIMA: L’EREMO DELLE CARCERI
L’estate 2023 è stata ricca di eventi e esperienze che hanno coinvolto in particolare i ragazzi e i giovani
della nostra e di tante altre comunità vivendo esperienze di apertura agli altri e al mondo. È bello vedere
e accompagnare i nostri ragazzi in questi momenti di condivisione e creare in loro la consapevolezza che
non sono il futuro, ma il presente della Chiesa! Oltre aqueste esperienze di gruppo è bello ritagliarsi
momenti personali(vale per tutte le età!) in cui rientrare in se stessi! Esistono luoghi che rappresentano
un balsamo dell’anima, luoghi in cui si è invitati a rientrare in sé stessi e riempire uno “zaino spirituale”
che serve ad accompagnarci nella quotidianità! Assisi è proprio uno di questi luoghi e recandosi in questa
cittadina umbra, definita da Carducci “paese, città e santuario”: piccola e arroccata come un paesino,
frequentata dai viaggiatori di tutto il mondo come una città cosmopolita e santuario: santa e perfino
magica, si percepisce quella serenità e calma che spesso cerchiamo! La “magia” di Assisi la si può
cogliere in una tappa che non può mancare, il “pellegrinaggio “o meglio, l’ascesa all’eremo delle Carceri!
Visitare questo posto, grazie alla sua storia, alla sua posizione e alla sua atmosfera, significa “vivere” a
tutti gli effetti un’esperienza unica. La vita qui trascorre molto più lentamente che fuori. Gli odori e i
rumori che si sentono sono esattamente gli stessi che lo pervadono da ottocento anni. All’Eremo delle
Carceri, circa 4 chilometri dal centro di Assisi salendo verso il Monte Subasio, la pace, la contemplazione
e la spiritualità che pervadevano gli ambienti francescani nel Medioevo sono tangibili come in
nessun’altro luogo. L’Eremo delle Carceri è un luogo di complessi intrecci che dà la possibilità a chi lo
visita di vivere un’esperienza che va oltre l’aspetto turistico. La storia si mischia alla leggenda, la natura
abbraccia la spiritualità e, soprattutto, il passato si confonde con il presente. L’esistenza che scorre dentro
e fuori le mura nude e severe del complesso è pressoché identica da secoli. Il Santuario si è sviluppato
lungo i secoli attorno alla grotta di San Francesco e alla Cappellina di Santa Maria, che viene fatta risalire
al tempo del Santo che frequentò “I Sassi di Maloloco”, così li chiamava per la scomodità, prima ancora
di giungere a San Damiano. Non lasciamoci ingannare dal significato della parola carcere che non vuole
dire prigione, proviene dal latino carcer che significa “luogo appartato, solitario, quindi adatto alla vita
di preghiera”, infatti qui venivano Francesco, i suoi compagni e, dopo di loro, i frati per periodi limitati
di preghiera. Un ponte collega l’Eremo all’altra parte della selva dove sono ancora visibili le grotte di
Frate Leone e di altri compagni del Santo. La struttura è rimasta essenziale nonostante il passare del
tempo, degli stili architettonici e delle mode; non mostra fronzoli, né distrazioni, ma solo la pietra nuda
e viva. Ancora oggi, come nei secoli passati, il convento accoglie quanti sono alla ricerca di un’intima
risposta interiore, godendo appieno di un contesto improntato sulla preghiera e la contemplazione.
L’eremo è posto in un bosco di lecci secolari circondato da grotte e da piccole cappelle dove è possibile
ritirarsi ancora oggi in preghiera. Una vivida dimostrazione dell’universalità del messaggio di san
Francesco e della sua capacità di parlare a tutti gli animi indipendentemente dalla fede! La posizione
elevata sembra sottolineare la metafora della sua importanza, una collocazione che richiede anche lunghi
passi tra la nuda pietra e la rigogliosa vegetazione umbra, ciò permette di trovare una riconciliazione con
la nostra essenza più intima.
La gola di questa montagna non è chiusa; due immensi costoloni si aprono verso la pianura umbra. Essi
sembrano allargarsi come due braccia possenti per abbracciare il mondo, come Francesco ed i suoi che,
rinvigoriti nello spirito, scendevano tra i fratelli per annunciare a tutti l’amore, la tenerezza e la
misericordia di Dio! L’eremo delle Carceri è un luogo molto semplice immerso nella natura! Visitare e
“vivere” questo luogo è come concedersi una pausa dalla vita frenetica di tutti i giorni, è un posto magico
e speciale, dove è possibile trovare il silenzio e la serenità e a riconnettersi con quella “voce “interiore
soffocata dal rumore della vita!
Donata
L’IDENTITÀ DEI MINISTERI ISTITUITI DI LETTORATO E ACCOLITATO
Dopo aver visto la figura del ministero istituito del Catechista, il Lettorato e l’Accolitato potrebbero
sembrare meno “pertinenti” per dei laici, abituati come siamo a vederli come tappe del cammino verso
il sacerdozio che i seminaristi percorrono. Invece sono stati una risorsa per le comunità fin dal loro
sorgere e prima ancora che si creassero i seminari. Anche per queste due figure vale ciò che è già stato
detto per la figura del catechista: sono servizi che nascono dalle singole realtà, a seconda dei bisogni
delle comunità locali, necessitano di una formazione adeguata e incontrano donne e uomini che
rispondono ad una precisa “chiamata” a spendersi in questi ruoli. Ciò che importa ora, però, è come i
Vescovi lombardi vogliano rilanciare queste figure nel territorio.
Partiamo dalla definizione che viene dato al lettore istituito: “Il lettore è istituito per l’ufficio, a lui
proprio, di proclamare la parola di Dio nell’assemblea liturgica. A tal riguardo, egli richiama la Chiesa
intera alla persona di Cristo, Parola fatta carne, e alla centralità della parola di Dio per l’intera comunità
ecclesiale”.
Un ruolo che ovviamente diventa parte importante nelle celebrazioni eucaristiche, ma non solo: viene
anche richiamato il loro ruolo negli incontri di preghiera, per la liturgia delle ore, là dove la si preghi
comunitariamente, nei ritiri spirituali anche, esercitando un ruolo di accompagnamento nella lettura del
testo e nella sua comprensione. Vi è indicata anche una dimensione evangelizzatrice, in collaborazione
con i catechisti, nelle iniziative di primo annuncio “ai lontani” o a coloro che vogliano riprendere un
cammino di fede abbandonato durante lo svolgersi della propria vita. Per il loro ruolo, saranno
ovviamente coinvolti anche nell’accompagnamento di altri lettori e per coloro che vorranno collaborare
all’interno delle realtà parrocchiali o anche a livello diocesano, vivendo quella corresponsabilità con gli
altri ruoli, in prima battuta con i parroci.
Sempre dal documento dei Vescovi lombardi troviamo la definizione per l’Accolito: “L’accolito è
istituito per il servizio al Corpo di Cristo nella celebrazione eucaristica, memoriale della Cena del
Signore, e al corpo di Cristo, che è il popolo di Dio, soprattutto i poveri e gli infermi. In particolare
richiama la presenza di Cristo nell’Eucaristia e ricorda all’intera comunità la centralità del mistero
eucaristico”.
Esercita ovviamente un ruolo importante del suo ministero nelle celebrazioni liturgiche. In particolare
avranno a cuore il buon svolgimento della liturgia eucaristica, favorendo l’esercizio dei diversi ministeri
e la partecipazione attiva di tutto il popolo di Dio. Anche per loro, il ruolo che li investe va oltre alle
singole celebrazioni eucaristiche: nella guida della preghiera di adorazione eucaristica e, in assenza di
ministri ordinati, possono esporre e riporre il Santissimo Sacramento. Portano la Comunione eucaristica
agli infermi e agli anziani, coordinando il servizio svolto dai ministri straordinari della Comunione. Ma
il loro ruolo prevede anche altri ambiti di collaborazione attraverso una pastorale parrocchiale che
manifesti l’inscindibile legame tra Eucaristia e Carità, attraverso la promozione di iniziative a favore dei
più deboli della comunità parrocchiale (anziani, poveri ammalati…). Non può mancare anche per loro
un ruolo che li renda guida nella formazione liturgica: l’accolito o l’accolita istituiti saranno coinvolti
nella pastorale liturgica parrocchiale, soprattutto nel coordinamento degli accoliti, dei ministranti e dei
ministri straordinari della comunione. A tal riguardo avranno cura della loro preparazione in
collaborazione con coloro che, a più livelli, si occupano della formazione liturgica del popolo di Dio.
Ovviamente il collegamento diocesano avrà un posto particolare nel loro impegno.
Sono due figure che quasi danno il ritmo della vita parrocchiale, occupandosi proprio di quella
animazione comunitaria che contrassegna il calendario degli appuntamenti più importanti per ogni
singola comunità cristiana. Sono un po’ il motore, la dinamo da cui la parrocchia e attraverso di esse, la
diocesi tutta, si muove in sinergia per rendere possibile ad ogni uomo l’incontro con Gesù e il camminare
insieme a lui: i tre ministeri istituiti potrebbero diventare quegli “ingranaggi” necessari per dare vita a
quella sinodalità che tanto auspica papa Francesco per la Chiesa tutta, un primo passo quanto meno. A
ciascuno di noi è chiesta tanta preghiera sul cammino che le Chiese lombarde stanno compiendo,
cercando di seguire lo Spirito di Gesù che non smette mai di indicare il sentiero della nostra vita
Pietro
CAMPO SCUOLA 2023
Ripartiamo
⑧ alcune parole dei ragazzi ed educatori che hanno vissuto l’esperienza del Campo Scuola. Il
primo turno, a Spiazzi di Gromo (BG), ha visto la partecipazione dei ragazzi dalla seconda media alla
prima superiore accompagnati da due animatrici di Borghetto insieme alla compagina 8 graffignanina. Il
secondo turno, a Macugnaga, è stato organizzato anche con la parrocchia di Miradolo coinvolgendo i
ragazzi di quinta elementare->
e prima media. Provincia?
Dire Campo Scuola è raccontare di una bella esperienza di condivisione, vissuta da un gruppo
di ragazzi, animatori, don e seminaristi delle due parrocchie di Borghetto e Graffignana,
ancora una volta uniti in questa bella collaborazione. La location quest’anno era Spiazzi di
Gromo, apprezzata per la vista, un bellissimo panorama sulle montagne, in un albergo
comodo, adatto per i gruppi, dove si mangiava molto bene, nonostante a qualcuno sia mancata
la presenza delle signore cuoche e in generale l’esperienza dell’autogestione vissuta lo scorso
anno. Le giornate sono sempre ricche di attività da vivere insieme: le passeggiate, i momenti di
preghiera e di riflessione, i balli e i canti tutti insieme, le attività del dopo cena, dove ogni sera
è caratterizzata da un tema cui adeguare l’abbigliamento (colore della propria squadra,
personaggio famoso o cartone animato, total black/white, anni 70, pigiama party, fluo, serata
di gala). Ogni momento della giornata, con le diverse attività, diventa occasione di incontro,
conoscenza, aiuto reciproco. È una delle prime occasioni in cui incontrare ragazzi coetanei di
un altro paese, magari qualcuno che sarà alle superiori con te; una grande occasione per fare
nuove amicizie ma anche per consolidare quelle esistenti. Vivere questa esperienza a stretto
*
contatto ti fa vedere aspetti che magari non conoscevi e già solo il fatto di prestarsi i vestiti e
aiutarsi è una cosa molto importante. Amicizie che crescono nel quotidiano e nella semplicità
delle piccole cose, come le chiacchiere in camera prima di dormire. Consigliamo il Campo
Scuola a tutti i nostri coetanei! È un’ottima esperienza da fare lontano da casa, con amici e
ragazzi della tua età; ti aiuta molto a crescere, riuscendo a cavartela da solo, imparando a
convivere con altre persone, condividendo molti momenti che poi ricorderai per sempre. Noi
stiamo già aspettando il prossimo!
CORREGGERE IL
FONT,
Alessio, Anna, Gabriele, Giorgia, Riccardo G, Sofia (3^ media)
SBAREUA CON LE LETTE ACCENTARE
Penso che il camposcuola sia un'esperienza che tutti i ragazzi dovrebbero fare. È un posto felice in cui
si crea un'atmosfera di condivisione, ed è anche un'ottima esperienza di fede. Condividiamo ogni
momento della nostra giornata insieme alle altre persone e lasciamo che queste ci vedano a
trecentosessanta gradi. Mi rendo conto che è proprio per questo motivo che le amicizie che si creano
in camposcuola tra i ragazzi sono più profonde: hanno occasione di conoscersi in tutti i loro aspetti e
quindi i legami che si creano sono davvero significativi. Essere animatrice in camposcuola non è di
certo una vacanza, ma a me comunque piace davvero tanto. Nei vari campiscuola che ho fatto ho
avuto l'occasione di mettermi in gioco e sono sempre tornata a casa soddisfatta; i ragazzi sono delle
persone d'oro e io amo parlare con loro perché mi rendo conto che ho sia qualcosa da insegnargli che
qualcosa da imparare.
Emma (animatrice I turno)
Lisbona. Ognuno con il proprio percorso di fede, di preghiera, affettivo, di relazioni, di conoscenza di sé
e con aspettative diverse. Con questo “bagaglio” nello zaino siamo partiti e siamo stati accolti dalla
Chiesa, nella Chiesa, per incontrare Cristo, vivere l’esperienza della fraternità universale in Cristo e
sentirsi Chiesa. Non è un gioco di parole o un discorso troppo spiritualistaI perché nella pratica ha
significato per i ragazzi il doversi mettere in gioco e “fare i conti” con tutto di sé, sia fisicamente (sono
stati giorni molto impegnativi e senza troppi agi) ma soprattutto spiritualmente (un esempio su tutto il
⑰
silenzio di un milione e mezzo di giovani durante l’adorazione eucaristica). A Lisbona abbiano incontrato
il volto della Chiesa che sa suscitare entusiasmo perché abbatte quello stereotipo (a volte suscitato dai
cristiani “più esperti”) di una Parola che rimane lontano dal cuore, imbullonata sul piedistallo del
tradizionalismo, moralismo, efficientismo. I ragazzi hanno sperimentato cosa sia la Chiesa, quel luogo
in cui, da fratelli, si può incontrare Cristo attraverso il volto dell’altro, la Parola, il sacramento della
confessione e l’Eucarestia X·
e come questo incontro illumini la vita, la conoscenza e la comprensione di
Hanno sperimentato
sé, susciti il desiderio di “alzarsi e andare” perché ci si rende conto che la propria vita ha senso se
condivisa e donata. Certamente le modalità di questo incontro sono state eccezionali, irripetibili e
NON
>
improponibili come * la norma del vivere la fede una volta tornati a casa ma non era questo l’obiettivo
MA UN /
della GMG, non è la proposta di un modello per tutti, E è l’evento di Grazia che scuote, sorprende e
⑧
⑧
illumina la vita di chi vi partecipa perché il cuore si apra sempre di più a Cristo rendendolo parte della
propria vita, della propria, storia e del proprio cammino di crescita umana e cristiana. Non è
fondamentale la modalità di ciò che si è vissuto ma ciò che si porta a casa perché è quello che poi darà
frutto. Sicuramente in prima battuta si può dire che l’idea di Chiesa e di fede che si aveva alla partenza
è stata cambiata, accresciuta. Ciò non significa rinnegare o prendere le distanze dalla Chiesa che
normalmente si incontra ma che non è quello l’unico volto, l’unico modo di viverla. Allo stesso tempo
il volto ecclesiale mostrato al mondo a Lisbona diventa un monito per tutti a rimanere aperti e accoglienti,
a non chiudersi nella propria storia per ripeterla di generazione in generazione imponendola ai giovani
ma a volte è doveroso ed evangelico l’esatto opposto: lasciare che i giovani ci guidino nel cammino
contemporaneo della Parola
perché possa arrivare al cuore ed
essere efficace nella vita di chi
oggi, in questo mondo, ha bisogno
della luce del Vangelo. Tutti
devono guardare a Maria e trovare
la forza, l’entusiasmo e il desiderio
di alzarsi e andare; Lisbona lo ha
ricordato alla Chiesa universale
attraverso la luce che veniva dal
cuore emozionato e peno di gioia
dei giovani.
Don Paolo
30 luglio 2023: la giornata è dedicata a finire di preparare gli zaini (“hai preso i documenti e i soldi?”
“quello che ti hanno dato nel kit?” “sei riuscito a farci stare tutto?”) poi il ritrovo in piazza a Borghetto,
tra sorrisi più o meno convinti, poi Lodi, piazzale dello sport alla Faustina; ed è lì, mentre ci avviciniamo,
che iniziamo a realizzare: uno dopo l’altro appaiono volti amici, alcuni di persone che frequentiamo
ancora, ma altri, tanti, che non vedevamo da molto tempo e mentre i nostri figli si guardano intorno è un
continuo scambiarsi abbracci, saluti, sorrisi, notizie… come se il tempo non fosse passato, dalla nostra
GMG di Parigi 1997! Qualcuno, alle nostre spalle, concretizza ad un tratto il pensiero di molti di noi:
questa è la GMG dei figli della GMG!
È stata questa certezza ad accompagnarci nei giorni successivi, mentre seguivamo sui media i ragazzi
nella loro avventura: ci siamo sentiti Chiesa, concretamente e fortemente, sia in una dimensione spaziale
(tanti ragazzi di tutta la diocesi e il loro incontro con la Chiesa mondiale) sia temporale (dalla stessa
esperienza di molti genitori è discesa quella dei figli) sia di fede (condividendo il percorso in TV,
ascoltando e leggendo le omelie del Papa, pregando per loro e con loro).
Tanti ricordi e tante riflessioni hanno attraversato la mente in questi splendidi dieci giorni, insieme,
inevitabilmente, ad un pizzico di nostalgia. Ricordi “pratici”, di gesti, luoghi, realtà concreti: la gestione
dello zaino, la condivisione di spazi comuni, l’adattamento a 360°, il viaggiare insieme e a lungo, la
stanchezza, il caldo, la folla… che ricordavamo, sì, ma vagamente. Ci siamo resi conto, rivivendo anche
questi ricordi, che ciò che ci eravamo portati a casa in quel lontano 1997 era qualcosa di molto più
profondo: erano i vissuti di amicizia e aiuto reciproco, era l’esperienza di fede condivisa, erano le
emozioni che solo certe cattedrali ti sanno dare, quando entri accaldato e trovi ristoro, bellezza,
meraviglia, luce che filtra dalle vetrate e poi un canto, una preghiera, una parola, La Parola che arriva
proprio al tuo cuore, e ti dice proprio ciò che avevi bisogno di sentire per “tornare nella valle della vita
quotidiana” - come ha detto Papa Francesco nella messa di chiusura - con l’idea di fare del tuo meglio.
Per questo ci troviamo d’accordo con coloro che in questo periodo hanno scritto articoli ed espresso il
loro parere a favore della GMG, che non è una vacanza, un mega raduno, un’esperienza alternativa: è
una grande, bellissima occasione che la Chiesa dona ai giovani, un percorso formativo a più livelli (di
autonomia, di socializzazione, di riflessione, di conoscenza di sé, di fede), fondamentale per la crescita
sana di un individuo. Ovviamente da sola non potrebbe bastare. Ma è un momento speciale, che in un
certo senso porta a compimento i percorsi personali, familiari, parrocchiani, diocesani che si vivono nel
tempo che la precede; sprona a ripartire con più entusiasmo; scuote dal torpore del quotidiano; lascia
parole che restano per sempre: “Non abbiate paura!”. Inoltre, è cresciuta stando al passo coi tempi, sia
negli aspetti organizzativi sia nelle proposte, utilizzando linguaggi e strumenti vicini ai giovani, senza
perdere di vista la centralità del messaggio evangelico, anzi! Proprio nel silenzio riuscito di un milione
e mezzo di presenti all’Adorazione, nelle condivisioni dei momenti delle catechesi, nelle liturgie, i
ragazzi stessi hanno detto “è stato bello perché eravamo tutti lì per lo stesso motivo, nessuno aveva in
mente altro o idea di disturbare”; come ci faceva notare don Paolo, nonostante il numero elevatissimo di
persone riunite, non ci sono stati mai episodi spiacevoli, incidenti dovuti a comportamenti scorretti. Non
è un caso, non è fortuna. È il frutto del Vangelo.
Il valore dell’esperienza della GMG, per i giovani che si trovano nell’età delle scelte decisive, è davvero
grande! Noi eravamo freschi sposini, ma ricordiamo con tenerezza i fidanzati e anche chi ha conosciuto
in quell’occasione la sua anima gemella; e sicuramente ci sarà stato chi ha capito che il Signore lo
chiamava ad una vocazione religiosa. Non è da meno la possibilità di ragionare sulle proprie scelte di
studio o professionali, in un’ottica di realizzazione di sé non egoistica o individualista, bensì relazionale.
Ne è prova anche il numero elevato di persone “fuori età” che vi partecipano, sicuri di trovare ancora un
aiuto per il loro percorso di vita.
Anche chi ha mandato i propri figli senza aver vissuto da giovane questa esperienza, ha potuto viverla
attraverso di loro e coglierne tutta la validità. A riprova che le conoscenze e le amicizie approfondite in
parrocchia e in Oratorio, nella catechesi e anche in momenti come il Grest, con il lavoro dei parroci e di
coloro che si spendono per aiutarli, sono ancora una buona strada per aiutare i ragazzi a crescere.
Non ci resta che dire GRAZIE! A Dio, che ci accompagna ogni giorno e che attraverso i figli ci ha
permesso di vivere tutto questo. Alla Chiesa universale e soprattutto al nostro parroco don Paolo (che ha
creduto in questa esperienza, si è speso per renderla possibile, ha voluto viverla con i ragazzi), al nostro
seminarista Alberto (presenza amichevole e preziosa), a don Mario e don Fiorenzo che hanno pregato
per i nostri giovani partecipanti e lavorato per la parrocchia, a don Enrico e Sara (responsabili UPG), a
tutti i don che hanno accompagnato i 250 giovani di Lodi, e ovviamente al nostro Vescovo Maurizio.
Rossella e Pier