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DIOCESI di TEGGIANO-POLICASTRO

Decreto n. 09/2010

NORME PER LA CELEBRAZIONE


DELLE FESTE RELIGIOSE PROPRIE DELLE PARROCCHIE

Carissimi Confratelli Parroci, Sacerdoti e Fedeli,


più volte abbiamo discusso del valore e delle forme delle celebrazioni delle feste che
nelle nostre comunità vengono, con regolare cadenza temporale, a segnare il cammino
di fede e di devozione del nostro popolo. Sull’argomento è stata particolarmente
intensa, nello scorso mese di giugno 2009, la riflessione elaborata dai Confratelli della
Forania di Camerota che fu proposta negli incontri tenuti in quel periodo a tutte le altre
Foranie.
Più volte sono rimbalzati interrogativi e dubbi su una generale affermazione positiva di
quanto la tradizione ci ha consegnato. Ci siamo interrogati, e continuiamo ad
interrogarci, sulla possibilità di adeguare al dinamismo del mondo contemporaneo i
linguaggi, le forme e le espressioni che vengono usate nei momenti delle feste, proprie
dei nostri paesi, sentendo in esse più spesso presente il peso di un’inefficace ripetitività
di gesti e di atteggiamenti piuttosto che l’annunzio di una novità propositiva della
gioiosa accoglienza della vocazione, della speranza che ci dona la chiamata a una
conversione di vita al Vangelo di Gesù.
Queste domande non hanno mai messo in dubbio la validità di quei momenti che quasi
naturalmente coinvolgono un’intera comunità e la raccolgono per una celebrazione di
festa che la caratterizza e la fa partecipe di dimensioni di spiritualità religiosa, ma anche
di valori più naturalmente e semplicemente umani e sociali.
Le domande che, in molti, ci siamo posti sono testimonianza ed espressione della
grande sensibilità pastorale di tanti fedeli e soprattutto dei Sacerdoti che, spesso, vivono
in maniera più diretta la sofferenza propria di chi ha la responsabilità
• dell’annunzio evangelico,
• della celebrazione del mistero della salvezza,
• della comunione tra i fratelli nella fede.
Questi sono i tre elementi che non dovrebbero mai mancare nella celebrazione di una
festa cristiana.
Il faticoso cercare modalità che permettano di mettere in primo piano e di far risaltare su
tutto il valore autentico della festa, espresso nella compresenza dei tre elementi citati,
genera a volte tensioni che snaturano il senso vero della celebrazione, a volte fino a
contraddirne il senso vero e a farne vivere come un peso ciò che dovrebbe essere
proposta e condivisione di gioia dell’anima.
Il primo nemico da sconfiggere, però, io credo sia una certa forma di delusione e di
scoraggiamento che serpeggia proprio in noi, responsabili della pastorale e della vita
della Chiesa. Non dobbiamo lasciarci condizionare dal pensiero che i tentativi fatti per
rendere il momento della festa una ricchezza spirituale ed umana per i nostri paesi siano
tutti inevitabilmente falliti davanti al preponderante senso di strumentalizzazione per
altri fini che altri, insensibili ad ogni nuova forma di proposta, sembrano voler mettere
in primo piano.
Negli Atti del I Sinodo Diocesano troviamo già la descrizione delle problematiche, di
cui stiamo parlando, e qualche indicazione. Infatti, nel documento espresso durante la
terza sessione plenaria del Sinodo, alle pagine 192-193 degli Atti, si affermava: «La
correlazione che si deve instaurare tra liturgia ed altre pratiche di pietà… deve essere
capace di sviluppare un’armonia profonda che riconosca nella “Liturgia il culmine e la
fonte anche della vita spirituale e fa delle altre pratiche di pietà la piattaforma che
assicura la stessa efficacia spirituale dell’azione liturgica”. Su questa linea…
1) Evitare tendenze estreme e contrapposte… Occorre una sensibilità pastorale e una
vera carità cristiana per discernere nova et vetera.
2) Programmare un lavoro pastorale di ampio respiro, avere il coraggio di un lavoro a
tempi lunghi per un proficuo rinnovamento; avere il coraggio di una scelta tra ciò che
vale la pena conservare perché ancora vitale e vivificante e ciò che ormai bisogna
lasciar morire.
3) Evangelizzare la pietà popolare. Molte forme devozionali…:
• esprimono una mentalità religiosa più naturale e filosofica che cristiana;
• dimenticano l’umile accoglienza della salvezza offerta da Dio e confidano
nell’iniziativa dell’uomo fino a fare del rapporto con Dio un rapporto di commercio…;
• forme devozionali che si contentano più della quantità che della qualità, del
valore quasi magico degli atti religiosi e perfino sacramentali;
• non arrivano a rendere attivo il centro del mistero cristiano, la Pasqua del
cristiano;
• non sfociano in un vero impegno cristiano, ma si contentano delle evasioni e del
senso di sicurezza che generano. »
Nelle stesse pagine degli Atti del Sinodo Diocesano, è stata citata anche una sapiente ed
ispirata serie di riflessioni del Papa Paolo VI, che nell’Esortazione apostolica Evangelii
nuntiandi (n. 48), scriveva che: «queste espressioni particolari di ricerca di Dio e della
fede … presenti nelle chiese di antica e nuova fondazione, … manifestano una sete di
Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere… la carità pastorale deve
suggerire… le norme di comportamento nei confronti di questa realtà, così ricca e
insieme così vulnerabile… Ben orientata può essere… per le nostre masse popolari un
vero incontro con Dio in Gesù Cristo».
Il discorso del Sinodo, con la citazione di S.S. Paolo VI, in verità sembra soltanto
accennare alle potenzialità di ricchezza delle nostre feste di religiosità popolare, sia
patronali che devozionali, e soltanto sfiorare le problematiche che in esse si vivono.
Per questo, ora,
• almeno come inizio di attenzione e di rinnovato dialogo che potrà portare nel
tempo nuove indicazioni e suggerimenti,
• raccogliendo le numerose sollecitazioni di confratelli sacerdoti e di fedeli,
• riprendo oggi le Norme per la celebrazione delle feste religiose, che già aveva
dato Mons. Bruno Schettino il 2 febbraio del 1994, e la comunicazione data da me, per
il tramite della Curia a firma del Vicario Generale, il 14 febbraio 2004,
chiedo a tutti che per le feste religiose delle nostre comunità che tradizionalmente, oltre
ai momenti della liturgia e della devozione, sono caratterizzate anche da forme di
manifestazioni esterne al culto, siano osservate le seguenti norme ed indicazioni in
ordine a: Finalità e responsabilità della festa; Comitato organizzatore; Elementi del
programma; Modalità di finanziamento e di rendicontazione. Ovviamente, nel tempo
queste indicazioni saranno sempre suscettibili di modifiche sulla base dell’esperienza
vissuta e delle proposte che ciascuno dei sacerdoti o degli operatori pastorali sentirà di
poter offrire come proprio contributo e proposta alla vita ecclesiale.

1. FINALITA’ DELLA FESTA

La festa religiosa, in un paese, “è l’occasione - scriveva Mons. Bruno Schettino


nel1994 - per vivere momenti spirituali più intensi e anche momenti di socialità e di
sano svago”.

1.1 Fine dell’organizzazione di una festa in onore di Maria SS. o dei Santi patroni
deve essere, dunque, anzitutto il ripresentare, vivere e celebrare una forte esperienza di
fede che deve poter diventare modello della vita per tanti devoti. Ciò non esclude il
momento di incontro in serena condivisione di amicizia che offre alla nostra gente la
possibilità di popolare le piazze e le strade dei nostri paesi in un festoso atteggiamento
di presenza gratuita e non condizionata da necessità di appartenenza o di esclusione
sociale o politica.
1.2 In questo senso la festa religiosa e la sua eventuale appendice di manifestazioni
esterne ai momenti propri del culto e della formazione spirituale costituiscono un forte
motivo di caratterizzazione e di appartenenza comunitaria che non sono da sottovalutare
nel loro essere un possibile momento di cammino formativo dei singoli e di
affermazione e di sviluppo dello spirito di partecipazione sociale.
1.3 Pur riconoscendo la notevole valenza sociale che i momenti delle feste religiose
hanno acquisito nella vita delle nostre comunità locali, sarà sempre opportuno
distinguere i ruoli e le competenze propri dell’Autorità civile rispetto al senso della vita
religiosa della comunità ecclesiale.
1.4 Per questo, dove è tradizione, si conservi la partecipazione della rappresentanza
ufficiale del Comune soltanto alle processioni del Corpus Domini e del Santo patrono.
Altri momenti di celebrazioni restano come manifestazione della sola devozione dei
fedeli e non coinvolgono necessariamente la partecipazione pubblica delle autorità. Allo
scopo, ritengo opportuno che nella processione del Corpus Domini sia un ministrante
dell’altare ad assistere il sacerdote nel portare l’ombrello vicino al Santissimo
Sacramento.
2. COMITATO ORGANIZZATORE

Poiché la festa deve vivere e crescere come attività e momento di vita della comunità
parrocchiale, il Comitato organizzatore è sempre presieduto dal Parroco e lavora a
sviluppare quanto concordato in ordine alle finalità della festa stessa.

2.1 Il Comitato si costituisce sulla base della disponibilità dei singoli fedeli che
vorranno farne parte, ma come per rispondere ad una chiamata della Chiesa, ovvero del
Parroco, e, poiché è finalizzato all’organizzazione di un preciso momento di festa, dura
in carica fino alla conclusione della festa stessa.
2.2 Sarà bene costituire il Comitato per la festa all’inizio dell’anno pastorale perché
sia coinvolto e partecipi a tutti i momenti del cammino parrocchiale. Nulla impedisce
che nell’essere ricostituito annualmente, e con un tempo e una finalità chiaramente
predefinita, siano chiamati a farne parte persone che già hanno ricevuto e vissuto questo
impegno negli anni precedenti. Deve, però, essere chiaro a tutti che l’attività del
Comitato è sempre occasionale e che non può diventare un ruolo di presenza continuata
e quasi acquisita nel tempo.
2.3 All’interno del Comitato devono essere organizzati i diversi compiti che, oltre il
Presidente, che sarà sempre il Parroco, prevedano un Vice Presidente, che sostituisce
ordinariamente il Parroco nelle attività organizzative; un Segretario che registri e tenga
conto di ogni cosa e soprattutto sia responsabile di tutti gli adempimenti previsti dalla
Legge ecclesiastica e dalla Legge civile; un Tesoriere che gestisca ed abbia la
responsabilità amministrativa delle economie realizzate e delle spese da sostenere.
2.4 Per salvaguardare la dimensione comunitaria della festa preservandola da
possibili equivoci e strumentalizzazioni, è opportuno che non entrino a far parte del
Comitato persone che ricoprano incarichi e ruoli di valenza politica o di carattere
amministrativo a livello comunale o a qualsiasi altro livello civile.
2.5 Il Comitato programmerà la festa in comunione con la comunità parrocchiale ed
il Parroco, avendo, come obiettivo primario, l’edificazione spirituale della comunità,
rifuggendo dalla tentazione di mirare semplicemente al successo dato dal riuscire ad
attirare gente ad uno spettacolo o dal volere l’organizzazione della festa per favorire una
qualche forma di attività commerciale.
2.6 Per garantire efficacemente la festa nei suoi significati e nel suo valore, il
Comitato sarà l’unico responsabile dell’organizzazione di tutti i suoi diversi momenti.
Nel rispetto delle competenze e delle Leggi civili collaborerà con gli Enti pubblici
preposti alla vita sociale, e potrà avvalersi anche dell’impegno e del contributo di
Associazioni di cittadini che potessero esprimere una loro forma di partecipazione e di
contributo alla festa senza alcun fine di lucro.

3. RACCOLTA E GESTIONE ECONOMICA DEI FONDI PER LE FESTE

Il comitato potrà raccogliere i fondi necessari alla celebrazione ed all’organizzazione


delle feste parrocchiali seguendo le forme tradizionalmente usate in ogni paese per le
collette, tuttavia, per affinare ed educare la sensibilità dei fedeli e per coltivare il senso
più autentico della testimonianza di fede, sarà opportuno osservare quanto segue:

3.1. Riprendendo quanto già indicato dalla Curia diocesana (cfr. Bollettino Diocesano,
I 1990, pag. 25-26; I 1994, pag. 87-88; I 2004, pag. 144-146)), in osservanza di quanto
prescritto dal canone 1265 § 1 del CJC “Si fa divieto a qualunque persona privata sia
fisica sia giuridica di raccogliere denaro per qualunque fine… senza la licenza scritta
del proprio Ordinario e di quello del luogo”, per poter procedere a collette o questue in
occasione di manifestazioni o feste religiose tradizionali o in ricorrenze straordinarie è
obbligatorio presentare alla Curia domanda di autorizzazione, in triplice copia (una per
la Curia, l’altra per la Parrocchia, una terza sia presentata al Comune), indicando i nomi
e la data di nascita delle persone incaricate della colletta, i tempi e gli ambiti territoriali
in cui la colletta sarà effettuata, il programma della festa o della manifestazione.
3.2 Non si facciano raccolte di denaro al di fuori dei confini del paese in cui è
organizzata la festa. Se la raccolta di offerte avviene questuando per le case se ne
faccia la registrazione rilasciando, se opportuno, una qualche forma di ricevuta.
3.3. Si eviti di cercare forme di sponsorizzazione commerciale che richiedano, poi, di
essere messe in evidenza con criteri che sono propri di altre forme di manifestazione, e
soprattutto si eviti la banalità di preparare manifesti in cui il nome della Madonna o dei
Santi sia confuso tra gli annunzi pubblicitari.
3.4 Nel raccogliere offerte durante la processione con immagini sacre si superi ogni
forma di ostentazione e si depositino le stesse offerte in una cassetta adeguata e,
possibilmente, si eviti anche di appendere banconote su cuscini o su labari o nastri.
3.5 Il Comitato conservi opportuna registrazione di tutte le offerte ricevute, ma, per il
rispetto dovuto alla libertà di ciascuno degli offerenti, non sia resa pubblica. Il Parroco
sia garante e responsabile di ciò.
3.6 Qualunque forma di denaro residuo, al termine della festa, sarà versato su apposito
conto gestito dalla Parrocchia in accordo con il Comitato.
3.7 Gli ex voto in materiale prezioso siano opportunamente custoditi. Si faccia, però,
costante opera di formazione circa il modo di testimoniare la propria preghiera e la
propria gratitudine in forme più adeguate alla carità o alle necessità della Chiesa. Come
per il denaro offerto durante le processioni, non si mettano gli oggetti votivi
direttamente sulle statue, ma se ne organizzi l’ostensione in altre forme.

4. CELEBRAZIONE

Per rendere vitale quanto annunziamo nel giorno dell’Epifania del Signore: “Nei ritmi
del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza… Anche nelle feste della Santa
Madre di Dio, degli Apostoli, dei Santi… la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la
Pasqua del suo Signore”, sarà opportuno dare la giusta rilevanza ai diversi momenti
della celebrazione, in particolare, come già in tante comunità lodevolmente si cerca di
fare:

4.1 Coltivare con intense motivazioni e finalità spirituali e caritative il senso della
celebrazione della festa come una “novità” che superi il ciclico, e a volte pesante,
ripetersi di forme sempre uguali.
4.2 Sviluppare opportune e rinnovate forme di preparazione e di formazione che
aprano i fedeli al senso gioioso dell’attesa della festa (tridui, novene possono essere uno
spazio di feconda creatività pastorale).
4.3 La festa sia vissuta come momento di fraterna e comune partecipazione al dono di
Dio, dando tutta la necessaria attenzione ai diversi momenti della celebrazione perché
siano vissuti e, secondo le possibilità e le sensibilità di ciascuno, sentiti come propri da
tutti i fedeli. In particolare, per questo, pur sviluppando il senso della solennità non si
trascuri il coinvolgimento di tutta l’assemblea ecclesiale che è chiamata a celebrare i
misteri della salvezza.
4.4 Proprio per il rispetto anche delle forme e delle espressioni tradizionali è
necessario che se ne evidenzi il significato evitando che ci siano forme non più
comprensibili e non adatte alla realtà ed al pensiero dei tempi che viviamo.
4.5 Anche se forse sarà superfluo, ricordo che la precisione dell’organizzazione passa
anche attraverso una sapiente programmazione che si esprime nella richiesta delle
debite autorizzazioni agli Enti preposti per le processioni e le altre manifestazioni,
secondo le modalità indicate dalle leggi civili e dalla Curia Diocesana.

Spero che queste indicazioni possano essere di aiuto a tutti nella celebrazione e nel
vissuto di quei momenti di festa che tanto coinvolgono le nostre comunità. Sebbene
siamo quasi alla fine di questo anno pastorale, chiedo a tutti di iniziare subito ad
osservare e praticare queste indicazioni, così da poter sperimentare ed eventualmente
correggere e migliorare per il futuro ogni cosa.
Dio Padre che da ogni parte della terra ha riunito i popoli per lodare il suo nome e
chiama tutti i suoi figli, nati a nuova vita nelle acque del Battesimo, a vivere nelle opere
l’unico amore (cfr. Colletta del Giovedì fra l’Ottava di Pasqua), vi benedica tutti.

Dato a Teggiano, 11 aprile 2010,


II domenica di Pasqua

+ Angelo Spinillo
Vescovo

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