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La liturgia, la preghiera ufficiale della Chiesa, è di fondamentale importanza nella vita dei
cristiani, quindi deve essere caratterizzata da un’alta spiritualità, poiché attraverso la
partecipazione attiva ad essa si approfondisce il senso di unità e di comunità e
l’importanza dell’irradiazione spirituale e della solidarietà fraterna nella speranza di
raggiungere la pienezza della statura di Cristo, che ci chiama a inserirci nel suo mistero
pasquale.
Questo è quanto hanno vissuto i nostri santi e i nostri martiri, e questo è ciò a cui
dobbiamo tendere ardentemente.
Credo nell’esistenza di un vero amore, a cui si aggancia la mia vita e il mio destino, il che
mi porta ad essere coinvolto nel mondo per testimoniare questo fascino e questo amore.
Sono convinto che la mia vita è un dono di Dio, e io devo donarla a mia volta per il bene
degli altri.
La celebrazione liturgica è l’occasione speciale in cui la Chiesa esprime la sua fede come
comunità viva e celebrante. Essa nutre, educa, matura la fede del cristiano che vi
partecipa e lo incoraggia a innalzarsi e a unirsi a Dio.
La parola di Dio proclamata e cantata dagli orientali, il celebrante che prega con
consapevolezza, gli inni commoventi, i salmi e le intenzioni, l’altare, le candele e le rose,
la croce glorificata (senza il crocifisso presso i Caldei), le icone, il pane, il vino, l’incenso, i
movimenti di alzarsi, sedersi, inchinarsi, il segno di croce, tutto questo incarna la fede
della comunità celebrante, dando al cristiano che vi partecipa grazia e forza, luce, pace e
gioia, affinché la sua vita diventi veramente una liturgia in mezzo alla sua lotta quotidiana.
Da qui l’importanza della liturgia nella vita della Chiesa e la necessità di preparare bene
la celebrazione. I tempi rituali (i tempi liturgici) disegnati dal calendario ecclesiastico
riportano preghiere proprie, con canti e letture per ogni stagione, per aiutare il fedele a
vivere il tempo (l’evento) che si celebra.
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Nella benedizione finale della messa domenicale e festiva dei Caldei, il celebrante prega:
«Dio che ci ha benedetti con tutte le benedizioni spirituali in Gesù Cristo nostro Signore…
benedica la nostra assemblea ♰, ci riunisca ♰ e santifichi il nostro popolo ♰ che è venuto
e ha goduto della potenza di questi gloriosi misteri…».
I Padri hanno formulato i loro riti e la loro fede con vocaboli del loro tempo, il che è
normale, ma noi oggi abbiamo il diritto di avere dei riti attualizzati e rinnovati che
esprimano la nostra fede con la cultura che viviamo e nella lingua che conosciamo
chiaramente, e in un modo che ci attrae e ci aiuta a comprenderne i significati e ad
incarnarli nella nostra vita, altrimenti non hanno senso.
Il concilio Vaticano II dice: «Perché il popolo cristiano ottenga più sicuramente le grazie
abbondanti che la sacra liturgia racchiude, la santa madre Chiesa desidera fare
un’accurata riforma generale della liturgia. […] In tale riforma l’ordinamento dei testi e dei
riti deve essere condotto in modo che le sante realtà che essi significano, siano espresse
più chiaramente e il popolo cristiano possa capirne più facilmente il senso e possa
parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria».
A tale scopo il sacro Concilio ha stabilito delle norme di carattere generale (cf.
Costituzione sulla sacra liturgia, 21).
Nell’ultima metà del secolo scorso i nostri fedeli hanno lasciato le campagne verso le
grandi città dove ci sono scuole e università e, successivamente, la maggior parte della
popolazione è emigrata per ragioni di sicurezza verso le nazioni più prospere, dove la
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cultura è diversa, il sistema è diverso, gli usi e costumi sono diversi, la lingua è diversa, e
dove l’interesse principale riguarda i mezzi di sussistenza e non la Chiesa!
La mia domanda è: come può la Chiesa essere presente ed esercitare il suo influsso se
la sua liturgia e il suo insegnamento non sono in grado di rispondere alle esigenze di
questi cambiamenti?
Questo è ciò che la Chiesa deve studiare attentamente, consapevole che si tratta di una
questione di primaria importanza, per poter essere presente ed esercitare un influsso.
Considero il processo di rinnovamento e di aggiornamento – nonostante le critiche di
conservatori e di estremisti – come un’opportunità affinché il cristianesimo e la Chiesa
possano continuare ad esercitare la loro influenza, soprattutto perché viviamo in un
mondo basato sulla conoscenza, sulla tecnologia e sul digitale, che rifiuta tanto le cose
astruse e complicate quanto le spiegazioni semplici e tradizionali.
La Chiesa dovrebbe fare affidamento, riguardo al rinnovamento della liturgia, agli studi
teologici e biblici, ai Padri della Chiesa, agli studi liturgici, artistici e linguistici, da parte di
persone che hanno un rapporto diretto con gli operatori pastorali e non solo da parte di
specialisti (docenti) che si preoccupano della propria carriera. Sottolineo qui l’importanza
del riferimento alla centralità della Chiesa per non cadere nel caos!
Ricordo – come esempio – che un certo numero di laici di ambedue i sessi hanno
studiato da noi scienze ecclesiastiche nel collegio universitario pontificio “Babel” e negli
istituti di cultura cristiana. Perché non usufruirne? Speriamo che il Sinodo generale dei
vescovi del 2023 riguardante la sinodalità produca una svolta decisa a favore del ruolo
dei laici nella Chiesa.
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Indipendentemente dal contesto storico e sociale e dalla fragilità della natura umana, la
Chiesa rimane sempre portatrice della parola di salvezza di Dio. Questa Parola è il
contenuto specifico del suo messaggio e la consapevolezza che essa ha di sé. La Chiesa
ha ricevuto da Cristo la parola che la fonda: non è Egli il Verbo? «In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio… Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato
fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini» (Gv 1,1-4).
La missione della Chiesa è quella di rivelare agli uomini che Dio è vicino a loro, è accanto
a loro, in vita e in morte, trovando il modo che illumini tutti gli aspetti della fede cristiana.
Queste sono sfide che si devono affrontare con coraggio. Papa Francesco ha fatto molto
tramite i suoi discorsi, i suoi incontri riguardo alla Chiesa istituzionale e riguardo ai
problemi di tutti (res publica), attirando l’attenzione di molti.
In generale, la maggior parte delle nostre parrocchie oggi si è disamorata della preghiera
rituale a causa della lingua, delle lungaggini, della ripetizione e della mancanza di
aggiornamento.
Anche riguardo al rinnovamento che abbiamo realizzato in questi ultimi anni, nonostante
la consultazione di specialisti, la discussione e l’approvazione dei Padri del Sinodo e la
ratifica della Santa Sede, trovo che ci sono lacune per cui ha bisogno di una revisione,
anche se sono passati solo pochi anni.
Nella diocesi di Baghdad, abbiamo mantenuto le chiese e dato vita ad una vera e propria
architettura ecclesiastica, dopo che la maggior parte di esse erano state sale di
preghiera, preparando l’altare, il bema, le tribune per le letture, l’acustica, le icone e la
croce glorificata, e preparando i diaconi in modo che tutto risulti adatto a coloro che vi
abitano e a coloro che le frequentano per pregare.
Riconosco che i diaconi sono un ostacolo alla celebrazione della liturgia, poiché la
maggior parte di essi manca di formazione teologica e liturgica, di esercizio nel servizio e
di un’adeguata educazione linguistica. Perché non ordiniamo i diplomati del Pontificio
Collegio di Babilonia o degli Istituti di formazione cristiana?
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