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STEFANIA PAFUMI

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE.


CONTESTO E RUOLO SOCIALE DELLA SCULTURA A TUTTOTONDO
IN

SICILIA TRA LA FINE DEL VI E LA PRIMA MET DEL V SEC. A. C.1)

Lo studio della scultura greca d'Occidente nei suoi aspetti fenomenologici di tipo formale e stilistico stato variamente tentato dagli studiosi che, pur trovandosi di fronte ad una documentazione estremamente frammentaria, hanno a lungo dibattuto su questioni ritenute di volta in volta fondamentali. La grande ventata di novit apportata in generale negli studi archeologici da scienze quali l'antropologia e la sociologia con nuovi modelli teorici di analisi, pur con tutti i limiti ad essi riconosciuti quando si adattino alla lettura di fenomeni antichi, se
nellultimo decennio ha prodotto nuove indagini su alcuni aspetti della produzione scultorea greca, non sembra, invece, aver toccato profondamente lo studio
della scultura in Magna Grecia e Sicilia 2). Alla vexata quaestio dell'esistenza di

1)

2)

Questo lavoro riprende ed aggiorna tematiche affrontate nellambito della ricerca di


dottorato in Archeologia della Magna Grecia, condotta da chi scrive negli anni 19951999 presso lUniversit degli Studi di Napoli Federico II; esso si giovato del
proficuo scambio di idee avuto soprattutto con i professori C. Gasparri e F. DAndria
oltre che con L. Cerchiai, G. Greco, G. Gullini, A. Pontrandolfo, allora componenti
il collegio dei docenti del corso di dottorato. A tutti loro va il mio particolare ringraziamento per essere stati generosi di consigli e suggerimenti, per aver stimolato sempre nuovi percorsi di ricerca e per non avermi risparmiato costruttive critiche in un
clima di amichevole e fattiva collaborazione.
Si segnalano, per la scultura di Atene tra VI e V secolo a.C.: A. DONOFRIO, Soggetti sociali e tipi iconografici nella scultura attica arcaica, in Culture et cit. Lavnement dAthns lpoque archaque. Actes du colloque international organis lUniversit libre de Bruxelles du 25 au 27 avril 1991, Bruxelles 1995, pp. 185-209; H.
A. SHAPIRO, Atene prima e dopo le guerre persiane: le sculture dellAcropoli e il loro contesto sociale, in ArchCl LII, n. s. 2, 2001, pp. 1-14; per la scultura di et ellenistico-romana a Kos: K. HGHAMMAR, Sculpture and Society. A study of the connection between the free-standing sculpture and society on Kos in the Hellenistic and
Augustan period, Uppsala 1993.

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una produzione occidentale di sculture in marmo 3), si sono sostituiti, in verit,


negli ultimi anni, pi proficui filoni di ricerca volti ora alla definizione del ruolo delle citt occidentali come attivi centri di cultura 4), ora allindividuazione delle linee-guida rivelatrici sul piano stilistico di una comune identit culturale dellarte coloniale 5), ma non seguita, finora, la volont di indagare la scultura in
ambito occidentale attraverso un approccio combinato nel quale entrino in gio3)

4)

5)

Per un riesame delle diverse posizioni assunte dalla critica sul problema dellesistenza
di una scultura magno-greca e siceliota, da E. Langlotz ai giorni nostri, si rimanda al
fondamentale contributo di S. SETTIS, Idea dellarte greca dOccidente fra Otto e Novecento: Germania e Italia, in Un secolo di ricerche in Magna Grecia. ACSMG XXVIII, Taranto 7-12 ottobre 1988, Taranto 1990, in part. pp. 83-88. Si veda anche, per
una disamina degli orientamenti metodologici e dei principali filoni della critica con
particolare riferimento alla scultura selinuntina di et severa: C. MARCONI, Arte dellet
di Polignoto. Le metope dellHeraion (Tempio E) di Selinunte, in Lo stile severo in
Grecia e in Occidente, pp. 83-88; per una breve storia degli studi anche: STEININGER
1996, pp. 7-17. La mancanza di materia prima sempre stata chiamata in causa per
escludere lesistenza di botteghe in Occidente ( uno dei criteri ritenuti validi in linea
teorica anche da J. G. PEDLEY, Greek Sculpture of the Archaic Period: the Island Workshops, Mainz 1979, pp. 13-14). In realt, lincremento del numero di sculture in marmo rinvenute in Sicilia e Magna Grecia negli ultimi decenni, e soprattutto lesistenza
di una produzione di sculture in pietra per le quali generalmente ammessa una produzione locale, obbligano a chiedersi quanto, nel nostro caso, la mancanza di marmo
abbia veramente inciso sullo sviluppo di una plastica magno-greca e siceliota e quale
sia stata, invece, limportanza di fattori pi propriamente politici e culturali.
La riflessione pi importante sul tema stata avviata da S. Settis (art. cit. in nota precedente). Un ottimo lavoro di sintesi per la Magna Grecia, che tiene conto delle moderne metodologie e delle pi recenti acquisizioni della critica, rappresentato da E.
GRECO, Archeologia della Magna Grecia, Bari 1992. Fondamentale, ma soprattutto per
lepoca arcaica, anche M. GRAS, La Mditerrane archaque, Paris 1995. Gi N. Bonacasa (N. BONACASA, in Atti del Congresso Storico Internazionale della Societ Siciliana per la Storia Patria, Palermo 1975, II, Palermo, 1977, p. 682), tuttavia, aveva ribadito la necessit di porre il problema non in termini di differenze tra la cultura artistica greca di Sicilia e quella della madre patria, quanto piuttosto, in termini di formazione e di significati della cultura isolana, mista, greca coloniale, insomma nata
dalle mutate condizioni sociali, economiche, politiche e storiche dellOccidente greco.
Le ricerche pi recenti condotte in questa direzione hanno portato alla conclusione che
le citt occidentali furono dei centri di cultura attivi contemporaneamente, capaci di
creare anche propri linguaggi figurativi, comunit che si svilupparono in relazione a
due poli di cui svolsero il ruolo di vere e proprie cerniere culturali: da un lato nei confronti della madrepatria, dallaltro nei confronti del mondo indigeno.
Si veda ad esempio, il recente contributo di M. DENTI, Per una fenomenologia storicoculturale del linguaggio figurativo dei Greci dOccidente in et arcaica, in Koin, pp.
205-221, nel quale lautore, dopo unampia premessa metodologica, pone per la prima
volta in termini veramente innovativi il problema della lettura della documentazione figurativa in Occidente, sebbene limitatamente allet arcaica.

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co anche altri aspetti del pi ampio fenomeno culturale di cui essa espressione, allinterno del rapporto committente-artista-pubblico che sempre alla base.
Non si finora tentato, insomma, di vedere la scultura delle citt dOccidente come sistema semantico complesso, cio come insieme di segni, indicatori fra laltro anche di precise, per quanto presumibili, dinamiche sociali e di
eventuali differenziazioni socio-politiche ed economiche all'interno dei gruppi
o dei singoli committenti e degli artisti-artigiani che accolgono le commesse.
Non si neppure posta finora sufficiente attenzione alle relazioni intercorrenti
tra la configurazione socio-culturale di una comunit e le relative opzioni figurative, ossia all'eventuale esistenza di un rapporto tra le tipologie, le iconografie pi largamente utilizzate e le scelte di rappresentazione, che sono poi anche
di auto-rappresentazione e pi in generale di comunicazione fra i gruppi 6).
Se pu ritenersi ormai superata la posizione di coloro che sostengono limpossibilit di cogliere attraverso le testimonianze materiali le idee e le intenzioni
delluomo che le ha prodotte 7), invece certamente condivisibile la preoccupazione che la possibilit di cogliere tutti gli aspetti di questo fenomeno, che coinvolge
produzione e fruizione, sia ostacolata dalla lacunosit delle nostre conoscenze.
La pressoch totale perdita della grande plastica in bronzo non permette,
in verit, di valutare una parte importante della produzione, mentre le fonti letterarie lasciano supporre dal canto loro un notevole grado di specializzazione
delle botteghe di bronzisti presenti in Magna Grecia, in grado di soddisfare
commesse anche molto impegnative 8); i bronzetti a fusione piena, nei quali si
spesso voluto riconoscere uneco della grande scultura 9), rappresentano certo un
6)

7)

8)

9)

Sul dibattito relativo alla possibilit di dedurre il significato di un simbolo o di unattivit umana, come sono anche le opere darte, allinterno di una data cultura si rimanda a: C. RENFREWP. BAHN, Archeologia. Teorie, metodi, pratica, Bologna 1995, in particolare alle pp. 345-377.
Sullarcheologia processuale ed i suoi principali sostenitori: Ibidem, pp. 419-443, con bibliografia relativa.
Basti confrontare quanto le fonti letterarie riportano a proposito dello scultore Pitagora di Reggio. Sullargomento, uno status quaestionis in: S. PAFUMI, Pythagoras di Reggio, scultore panellenico, in Nel cuore del Mediterraneo antico. Reggio, Messina e le colonie calcidesi dellarea dello Stretto, a cura di M. GRAS-E. GRECO-P. G. GUZZO, Corigliano Calabro 2000, pp.
275-290.
Pu valere per tutti lesempio del noto efebo di Adrano (Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n.
31888) nel quale si voluto riconoscere uneco dellarte di Pitagora di Reggio. La stessa premessa metodologica alla base dei lavori di I. CARUSO, Influssi pitagorei su alcuni bronzetti
magno-greci, in Praestant interna. Festschrift fr U. Hausmann, Tbingen 1982, pp. 27-33;
e di L. TODISCO, Latleta e la sua immagine tra lItalia meridionale, Puglia e Grecia dal VI al
IV sec. a.C., in Andar per mare. Puglia e Mediterraneo tra mito e storia, Bari 1998, pp. 113124. Per la produzione di piccoli bronzi figurati in Sicilia: U. JANTZEN, Bronzewerksttten in
Grossgriechenland und Sizilien, Berlin 1937; E. DE MIRO, I bronzi figurati della Sicilia greca, Palermo 1976.

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supporto valido anche se non consentono di cogliere tutti i particolari di un linguaggio che in essi risulta necessariamente semplificato.
Un contributo rilevante, e comunque nuovo, potrebbe forse venire dallesame
della plastica fittile a tuttotondo capitolo tanto importante quanto trascurato della produzione artistica occidentale 10) anche per le indubbie affinit con la tecnica della fusione bronzea che necessitava della creazione preliminare di un modello in terracotta. Sfortunatamente manca un lavoro di sintesi sullargomento 11), ma
suggestioni ed interessanti spunti di riflessione vengono da materiali finora trascurati come alcuni frammenti fittili a tuttotondo rinvenuti nel temenos di Athena
ad Imera 12), o una statua femminile da Camarina, (fig. 1) 13), forse una Nike, probabilmente parte di acroteri o di gruppi a s stanti, che si aggiungono ad esemplari
pi noti come la statua di divinit seduta dal santuario di Madonna del Piano a
Grammichele 14). Una pi puntuale ricognizione nei magazzini dei musei siciliani,
e non solo, potrebbe restituire nuova e pi ricca documentazione di statue fittili di
grandi dimensioni di destinazione non solo architettonica o cultuale ma anche votiva 15) ed avvalorare lipotesi che nella prima met del V sec. a.C. anche in Sicilia,
come in altre parti del mondo greco, si dedicassero donari di sculture fittili 16).
10)

11)

12)

13)

14)

15)

16)

Non sembra del tutto inutile ricordare qui quel Damophilos di Himera, menzionato
da Plinio (Naturalis Historia XXXV, 154) insieme a Gorgasos, entrambi plastae laudatissimi iidem pictores, probabile esponente di una fiorente scuola di coroplasti attivi tra la seconda met del VI e la prima met del V sec. a.C.
Allo stato attuale, infatti, per un inquadramento generale sullargomento, si pu solo rimandare a: ROLLEY 1994, pp. 304-305; STEININGER 1996, pp. 259-262.
N. BONACASA, Nuove ipotesi sulla coroplastica templare decorativa a Himera, in
Naxos 1953-1995. Dallo scavo al Museo, Atti della Tavola-Rotonda, Giardini-Naxos
1995, Messina 1998, pp. 131-138; ID., Riflessioni su tre nuovi acroteri imeresi, in
Koin, pp. 297-306.
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 28603: argilla ricca di inclusi; alt. m 0,72. Dai lavori di bonifica dellHipparis, sotto la mandra Lauretta dove per la presenza di scarichi di terrecotte si deve arguire esistesse un santuario (Orsi). NSc 1909, pp. 380381, fig. 35 (P. ORSI).
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 23166: argilla; alt. m 0,96. NSc 1903, pp. 433-435
(P. ORSI); P. ORSI, Anathemata di una citt siculo-greca a Terravecchia di Grammichele (Catania), in MonAnt XVIII, 1907, coll. 135-145. Nello stesso sito furono rinvenuti anche altri frammenti di statue fittili di grandi dimensioni.
stata gi avviata da parte di chi scrive una sistematica ricognizione delle sculture fittili
a tuttotondo di grandi dimensioni nei musei siciliani e, parallelamente, nei musei italiani
ed esteri nei quali potrebbero essere pervenuti esemplari con provenienza dalla Sicilia.
Per alcune sculture fittili di grandi dimensioni dalla Magna Grecia: HOLLOWAY 1975;
per una statua femminile da Metaponto, databile intorno al 480 a.C.: ROLLEY 1994,
p. 306, fig. 314; STEININGER 1996, p. 275, n. 24, figg. 21-23. Sulla grande plastica
fittile da Olimpia: A. MOUSTAKA, Grossplastik aus Ton in Olympia (Olympische Forschungen Band XXII), Berlin-New York 1993.

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Perduta , daltra parte, anche la documentazione relativa alluso delle materie preziose ed in particolare delloro 17) e dellavorio 18). La perdita di tali informazioni dispiace ancora di pi se si tiene conto che proprio questo potrebbe essere stato uno degli aspetti pi interessanti della produzione scultorea occidentale, almeno secondo la tradizione letteraria che a proposito degli scultori ope-

17)

18)

Statue arricchite da materiali preziosi si trovavano nei santuari occidentali: Claudio


Aeliano (Varia Historia I, 20) racconta che Dionigi I durante il saccheggio dei santuari siracusani ordin di spogliare la statua di Zeus dalla veste e dallornato doro e
che si appropri anche della statua di Apollo, asportandone i riccioli doro. Una documentazione eccezionale rappresentata dalla testa rinvenuta nel 1973 a Metaponto, nellarea del santuario urbano, databile al 470-460 a.C. (Metaponto, MAN, inv. n.
135658: marmo bianco, alt. m 0,185. EAA, II Suppl. 1971-1994, vol. III, p. 644, s.v.
Metaponto (D. MERTENS); ROLLEY 1994, p. 386, fig. 418; R. BELLI PASQUA, Il marmo, in I Greci in Occidente. Arte e artigianato in Magna Grecia, a cura di E. LIPPOLIS, Napoli 1996, pp. 490-91, n. 408; STEININGER 1996, pp. 123-125, n. 32, fig. 34).
Per la preziosit dellesecuzione, che deriva dallinserimento di bulbi oculari in marmo rivestiti da una lamina sottile di metallo e di elementi accessori decorativi sempre in metallo, la testa potrebbe essere considerata di destinazione cultuale. La stessa preziosit si riscontra anche nella testa coeva rinvenuta nel santuario di Hera Lacinia a Crotone ritenuta ipoteticamente pertinente alla decorazione frontonale del
tempio (Crotone, MAN, senza n. inv.: marmo bianco a grossi cristalli, di provenienza egea; alt. max m 0,27. G. SPADEA, Sculture da Capo Colonna, in Klearchos 16,
1974, pp. 9-24, figg. 3-6; EAA, II Suppl. 1971-1994, vol. II, s. v. Crotone, tav. fuori
testo [R. SPADEA]), tanto da lasciare supporre la provenienza da una medesima bottega operante in Magna Grecia, negli anni compresi tra il 480 ed il 450 a.C. Il particolare linguaggio adoperato, luso di una tecnica mista che trova diretto riscontro
nella bronzistica, permettono di focalizzare alcuni tratti distintivi di questa bottega
che si sarebbe tentati di collocare proprio a Crotone dove le fonti attestano lesistenza di botteghe di bronzisti gi nel corso del VI sec. a.C. ed in particolare lattivit di
Patrokles che, come si deduce da Pausania (VI, 19, 6), doveva essere particolarmente avvezzo alluso di materiali preziosi, nellimpiego di tecniche miste.
Le fonti letterarie documentano lesistenza di statue eburnee dedicate ad Olimpia e a Delfi da committenti occidentali: una statua di Endimione, ad esempio, era collocata allinterno del thesaurs dei Metapontini ad Olimpia (Pausania VI, 19, 11) ed una statua del dio
fluviale Akragas in sembianze di fanciullo, dono votivo degli Agrigentini a Delfi, menzionata da Claudio Aeliano (Varia Historia II, 33). Esse rimangono per noi di difficile collocazione cronologica (sebbene per la seconda stata proposta una datazione al secondo
quarto del V sec. a.C. sulla base del ductus epigrafico delliscrizione ritenuta pertinente:
vd. infra, nota n. 32) e sul loro aspetto nulla possiamo ricavare dalla documentazione materiale: possibile, infatti, che si debba intendere luso dellavorio in sostituzione degli inserti marmorei, nellambito, cio, della tecnica acrolitica, oppure che tali creazioni, forse
di dimensioni modeste, prevedessero un rivestimento in lamina dorata o di rame.

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ranti in Magna Grecia lascia immaginare una loro particolare attitudine alla lavorazione di materiali preziosi 19).
Infine, va riconosciuta la difficolt dovuta alla scarsit dei dati di scavo di
inserire le sculture in un contesto preciso che ne accresca il significato rispetto
ad una lettura del dato puramente formale e stilistico.
Nonostante gli scoraggianti ostacoli, non sembrato del tutto inutile a chi
scrive tentare di recuperare, attraverso una rilettura sia delle fonti letterarie ed
epigrafiche, sia dellevidenza archeologica (in questa sede rappresentata dalle
sculture a tuttotondo in bronzo, marmo e pietra di sicura provenienza dalla Sicilia), un numero di informazioni sufficiente a proporre il problema in termini
nuovi, senza perdere mai di vista il grande limite rappresentato dalla frammentariet della documentazione, cui daltra parte si accompagna, in assoluto, l'incapacit di qualunque modello teorico adottato come strumento euristico di cogliere tutte le variabili che intervengono nella realt.
Dallanalisi della documentazione disponibile scaturita, cos, una serie di
osservazioni e di preliminari riflessioni che pur non trascurando del tutto la lettura delle singole componenti del linguaggio figurativo, concentra l'attenzione
pi direttamente sulla connotazione socio-politica dei contesti umani che commissionano scultura a tuttotondo in Sicilia nel periodo esaminato. Secondo l'ottica prescelta, infatti, gli aspetti stilistici e formali la cui importanza nella globale interpretazione del fenomeno in esame viene comunque riconosciuta 20)
vengono utilizzati in una discussione che torni a vantaggio dello studio delle
connessioni esistenti tra scultura e societ, tra committenza e produzione, tra
produzione e fruizione.
La premessa da cui si parte la constatazione che tra la fine del VI e la prima met del V sec. a.C. si verifica in Sicilia un incremento nella produzione e
fruizione di scultura monumentale. Questa, impiegata nei vari settori urbani oltre che nei santuari panellenici, diventa molto pi di quanto sia dato riscontrare per le epoche precedenti e successive, una componente importante del sistema culturale delle citt occidentali, che per quanto sia dato vedere gioca un importante ruolo allinterno della compagine sociale delle citt di cultura greca (o

19)
20)

Cfr. supra, nota n. 17.


Si osservi che in molti casi lesame stilistico-formale rimane strumento indispensabile per definire, ad esempio, la collocazione cronologica degli esemplari entrati nella discussione. Per un riesame stilistico delle singole sculture discusse nel presente
articolo: S. PAFUMI, Scultura greca dOccidente. Ricerche sulla scultura in bronzo,
marmo e pietra in Italia meridionale e Sicilia tra la fine del VI e la met del V sec.
a.C., (Dissertazione di dottorato), Napoli 1999.

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sarebbe meglio dire per questo periodo, panellenica) e non solo. Nelle citt siceliote, tuttavia, essa risulta solo apparentemente rappresentativa sia della dimensione pubblica che di quella privata dei cittadini, mentre non sembra rivestire il medesimo ruolo nell'ambito delle dinamiche che caratterizzano le realt
sociali di ciascuna delle citt coloniali esaminate singolarmente.
1. La documentazione letteraria ed epigrafica
Le fonti letterarie ed epigrafiche disponibili per questo periodo sembrerebbero documentare a prima vista lesistenza di una committenza siciliana varia ed articolata; a ben guardare, per, si tratta di una molteplicit solo apparente. Alcune osservazioni, pur nelle linee generali di quello che rappresenta un
quadro di riferimento necessariamente parziale 21) (vd. tabella seguente 22)), permettono di definire talune tendenze nelle esigenze e nelle scelte della committenza nota attraverso le fonti.

21)

22)

appena il caso di ricordare, ad esempio, che lo stesso Pausania, secondo quanto


egli stesso afferma (VI, 1 e ss.), nomina soltanto una scelta di statue di olimpionici.
La tabella intende fornire nella forma pi sintetica possibile un quadro dei donari di
scultura dedicati da committenti siciliani, noti attraverso le fonti per il periodo in esame; per ragioni di opportunit espositiva, essi sono stati suddivisi in donari pubblici,
privati ed atletici, nonostante in qualche caso tale distinzione possa sembrare forzata. Dei singoli donari si fornisce il nome del committente, la descrizione sintetica del
soggetto, i nomi degli artisti (quando noti), la fonte di riferimento, una proposta di
datazione generica che comprende i termini entro cui pu collocarsi il donario sulla
base dei dati oggettivi a nostra disposizione. In generale, per i donari atletici si fa riferimento alle cronologie delle vittorie (per gli atleti vittoriosi ad Olimpia: L. MORETTI, Olympionikai. I vincitori negli agoni olimpici, in MemAccLin, VIII, 1957, pp.
4-00; ID., Supplemento al catalogo degli Olympionikai, in Klio 52, 1970, pp. 295383; ID., Nuovo Supplememto al catalogo degli Olimpionikai, in XII Miscellanea
Greca e Romana, Roma 1987, pp. 67-91) come termini a partire dai quali possibile datare la dedica ed a quelle dei maestri impegnati nella realizzazione; per i donari di altro tipo, a tutti gli elementi di valore cronologico desumibili dai dati in nostro
possesso. Per i donari la cui datazione risulta controversa, si fornisce nelle note seguenti, a ciascuno di essi relative, un brevissimo inquadramento critico oltre alla bibliografia essenziale di riferimento.

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OLIMPIA
Donari pubblici:
Ibla

Statua di Zeus

Pausania V, 23, 6

Gelone
e Siracusani

Statua di Zeus e
tre corazze di lino
nel thesaurs cd.
dei Cartaginesi
Trentacinque
Kallon di Elide
fanciulli,
un maestro del coro
ed un flautista
Fanciulli supplici
Kalamis
che protendono le
destre in gesto di
preghiera o di saluto

Pausania VI, 19, 7

Primi decenni
del V sec. a.C.? 23)
480-475 a.C. 24)

Pausania, V, 25, 2-4

Tra 480 e 461 a.C.?25)

Pausania V, 25, 5

Prima met
del V sec. a.C. 26)

Messana

Agrigento

23)
24)

25)

26)

Si vedano pi oltre le note nn. 36 e 39.


Secondo Pausania (VI, 19, 7) loccasione della dedica era stata una vittoria navale o
terrestre sui Fenici; per linterpretazione del passo in riferimento alla battaglia di Himera: LURAGHI 1994, pp. 314; 317-318. A queste conclusioni induce anche il fatto
che il thesaurs fosse chiamato dei Cartaginesi. I resti delledificio, posto tra quello dei Sicioni e quello degli Epidauri, sono datati al 480-475 a.C.: A. MALLWITZ, Architektur eines Schatzhauses, in VII. Bericht ber die Ausgrabungen in Olympia,
Berlin 1961, pp. 54-55.
Lanathema dei Messeni era stato dedicato a ricordo dei giovinetti, probabilmente
appartenenti a famiglie reggine impiantate a Messana da Anassila, periti in un naufragio mentre si recavano a Reggio per prendere parte alle festivit in onore di una
divinit, forse Apollo o Artemide, cui era legata lantica usanza di inviare un coro di
fanciulli. La datazione oscilla tra la prima met e la seconda met del V sec. a.C.: F.
ECKSTEIN, Anaqhmata. Studien zu den Weihgeschenken strengen Stils im Heiligtum
von Olympia, Berlin 1969, p. 105, n. 18; F. CORDANO, I Messeni dello stretto e Pausania, in PP, CXCV, 1980, pp. 436-440.
Loccasione della dedica non certa: forse un episodio della guerra per la liberazione degli emporia ingaggiata da Gelone tra il 490-480 a.C.; oppure una guerra contro
Motye nellambito delle lotte contro i Cartaginesi; oppure ancora la vittoria decisiva
degli Agrigentini su Ducezio intorno alla met del V sec. a.C. L. JEFFERY, The Local
Scripts of Archaic Greece 2, Oxford 1990, p. 274, n. 3; LURAGHI 1994, p. 255; IOAKIMIDOU 1997, pp. 98-99; 256-257 (con altra bibliografia).

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Donari privati:
Ippagora, Frinone Statua di Zeus
ed Enesidemo
di Lentini
Evagora di Zancle Eracle che combatte
contro un'Amazzone
a cavallo
Formide
Due cavalli
di Siracusa,
e due aurighi
nativo di Menalo
Licorta di Siracusa Almeno quattro
o Formide
figure di guerrieri
di Siracusa
in combattimento
Prassitele di Sira- Statue
cusa e Camarina,
nativo di Mantinea

Aristokles
di Kydon

Pausania V, 22, 7

Primo quarto
del V sec. a.C.

Pausania V, 25, 11.


IvO, n. 836?

Prima
del 490/489 a.C.27)

Simon di Egina
Pausania V, 27, 1-2
e Dioniso di Argo
Pausania V, 27, 7

Atotos e Argeiadas IvO, nn. 266;


argivi; Athanodo- 630-631.
ros acheo e Asopodoros di Argo

Intorno
al 485-470 a.C.
Secondo quarto
del V sec. a.C.
Prima del
472-471 a.C.28)

Donari atletici:
Pantares di Gela

Cavallino bronzeo?

Gelone di Gela

Donario equestre

IvO, n. 142
Glaukias di Egina Pausania VI, 9, 4-9;
IvO, n. 143
Onatas di Egina
Pausania VI, 12, 1
e Kalamis

Ierone di Siracusa Carro, auriga e due


cavalli montati
da fanciulli posti
su ciascun lato
Statua di Leontiskos Pythagoras
di Messana
di Reggio
Statua di Ergoteles
di Himera

27)

28)

Pausania VI, 4,3


Pausania VI, 4, 11;
CEG, n. 393.

Dopo la vittoria
del 508 a.C.
Dopo la vittoria
del 488 a.C.
Dopo la vittoria
del 468 a.C.

Dopo la vittoria
del 456 o del 452 a.C.
Dopo la vittoria
del 472 o del 464 a.C.

Lo stesso Pausania ci suggerisce il terminus ante quem del 490/489 a.C. quando,
cio, Anassila, tiranno di Reggio, occup Zancle cacciando i Samii che aveva aiutato ad insediarsi nel 493 e cambi il nome della citt in quello di Messana.
Rimangono due blocchi di marmo con iscrizione facenti parte di una base lunga circa 4 metri. I dati di scavo, dai quali risulta che la base fu smantellata durante i lavori per la costruzione del tempio di Zeus, probabilmente avviati nel 472-471 a.C.,
escludono che il monumento possa essere posteriore e che Prassitele abbia acquistato la cittadinanza di Camarina dopo la rifondazione del 461 a.C.; invece il procla-

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DELFI
Donari pubblici:
Liparesi

Statue

Liparesi

20 statue di Apollo

Diodoro Siculo V, 9,5


Strabone VI, 2,10
Pausania X, 16, 7;

Liparesi

Statue di uomini

Pausania X, 11, 3

Agrigentini

Statua eburnea del


dio fluviale Akragas
in sembianze
di fanciullo

Claudio Aeliano,
Varia Historia, II, 33;
IGDS 182 a.
.

Primo quarto
del V sec. a.C.29)
Primo quarto
del V sec. a.C.30)
Primo quarto
del V sec. a.C.31)
Secondo quarto
del V sec. a.C.? 32)

Donari privati:
Gelone di Siracusa Statua aurea
di Nike e tripode
Ierone di Siracusa
Ierone di Siracusa
Formide
di Siracusa

29)

30)

31)
32)

33)

Bion, figlio
di Diodoro

Statua di Gelone
Statua aurea di Nike
Due cavalli
Simon di Egina
e due aurighi?
e Dioniso di Argo?

Diodoro Siculo XI, 26,7;


Ateneo VI, 231f-232d;
IGDS, 93
Plutarco, de Pyth. or., 8.
Ateneo VI, 231f
Pausania V, 27, 1

480 - 478 a.C.33)

Dopo il 478 a.C.


Dopo il 474 a.C.
Dopo la vittoria
Intorno al 485-470 a C.

marsi cittadino di Camarina da parte di Prassitele farebbe risalire la datazione del donario a prima del 484 a. C, anno in cui la citt fu distrutta da Gelone. Per i problemi
di datazione: M. GUARDUCCI, Appunti di epigrafia greca arcaica. Leggendo il libro
di Lilian H. Jeffery, in ArchCl, 1964, pp. 151-153; LURAGHI 1994, pp. 161-163, 167.
Rimangono quindici blocchi in calcare su cui erano le dediche, relative a due o pi
serie di statue, datate al primo quarto del V sec. a.C. IOAKIMIDOU 1997, pp. 50-53,
56, 148-154 (con ampia discussione e bibliografia anteriore).
IOAKIMIDOU 1997, pp. 47-50, 56, 148-154 (con ampia discussione e bibliografia anteriore).
IOAKIMIDOU 1997, pp. 55-56, 154-157 (con ampia discussione e bibliografia anteriore).
La base (Delfi, museo, inv. n. 5098) con iscrizione (IGDS 182 a) forse pertinente alla dedica degli Agrigentini risalirebbe per il ductus epigrafico al secondo quarto del V
sec. a.C. La dedica stata ipoteticamente interpretata come ringraziamento per la caduta della tirannide. Per i problemi relativi a questo donario e la bibliografia di riferimento: LURAGHI 1994, p. 269, nota n. 179. Vd. anche quanto detto supra, nota n. 18.
LURAGHI 1994, p. 316 (con discussione delle due epigrafi della base conservata e rinvii alla bibliografia precedente).

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

51

Donari atletici:
Polyzalos di Gela

Gruppo equestre
con auriga

IGDS, n. 133

Dopo la vittoria del


478 o del 474 a.C.34)

Plinio, Naturalis
Historia, XXXIV, 59

Prima met
del V sec. a.C.

SICILIA:
Donario pubblico?
Siracusani

Statua di un claudicans (Filottete?)

Pythagoras
di Reggio

In generale, come si vede, sono numerose le commesse di scultura effettuate da siciliani in funzione dei luoghi della madrepatria deputati alla celebrazione delle vittorie agonistiche. Si tratta di una committenza che utilizza la
scultura bronzea come espressione di un programma politico e culturale che si
esplica prevalentemente sul piano della internazionalit, con particolare riferimento, appunto, agli ambienti della frequentazione panellenica: Olimpia, pi
precocemente e, a partire dagli inizi del V sec. a.C., anche Delfi. Questa internazionalit, che rappresenta indubbiamente un elemento costitutivo dellassetto sociale, non solo non rende ragione del presunto isolamento della grecit
occidentale rispetto alla Grecia propria sul piano figurativo ed artistico, ma appare anche come la componente principale, quasi preordinatrice, dei meccanismi che regolano la richiesta di sculture in Occidente.
Le commesse di carattere pubblico rispondono, infatti, principalmente alle esigenze politico-celebrative delle citt in ambito internazionale, in unottica
che accomuna Grecia propria e Occidente e che riconosce importanza assoluta
al prestigio che deriva dalla presenza della citt nei santuari panellenici ed al
conseguente favore che, in tal modo, si riteneva accordato dalla divinit alla
propria politica. Naturalmente, il prestigio che le opere collocate nei luoghi della frequentazione panellenica comportavano, procurava anche agli scultori ingaggiati per la loro realizzazione, fama ed ulteriori commesse.

34)

cole Franaise dAthnes, Fouilles de Delphes, III. 4.4 (1976), n. 452 (J. POUILLOUX) con bibliografia precedente; C. ROLLEY, En regardant lAurige, in BCH 114,
1990, pp. 285-297; S. STUCCHI, Il monumento per la vittoria pitica del Ge/laj
ansswn Polizalo, in ArchCl XLII, 1990, pp. 55-86; LURAGHI 1994, pp. 323-324,
330-332; F. RAUSA, Limmagine del vincitore. Latleta nella statuaria greca dallet
arcaica allellenismo, Roma 1994, pp. 53-54; 88.

52

STEFANIA PAFUMI

Ad Olimpia, tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C., sono presenti con
donari di scultura la citt magno-greca di Metaponto 35) e caso particolarmente interessante anche la citt sicula di Ibla 36); ma nel corso della prima met
del V sec. si aggiungono le citt siceliote di Siracusa, Agrigento e Messene 37).
A Delfi, invece, dove le dediche pubbliche di donari di scultura si collocano per
lo pi a partire dagli inizi del V sec. a.C., documentata la presenza dei Liparesi e degli Agrigentini, oltre a quella dei Tarantini e dei Reggini 38).

35)

36)

37)

38)

Pausania (V, 22, 5) descrive una statua di Zeus con aquila nella mano sinistra, fulmine nella destra e con corona di fiori primaverili sul capo, opera di Aristonoo di
Egina, il cui schema figurativo trova riscontro in bronzetti da Olimpia della fine del
VI e degli inizi del V sec. a.C. nonch su monete elee della met del V sec. a.C.: E.
WALTER-KARYDI, Alt-gina II,2. Die ginetische Bildhauerschule, Mainz 1987, pp.
33-34, fig. 32.33.
Lidentificazione della citt di Ibla dedicante ad Olimpia controversa. Secondo
Pausania si tratterebbe di Hybla Gereatis, la stessa menzionata da Tucidide (VI, 62,5)
come Geleatis, prossima ad Inessa, nellarea etnea e dunque identificata con lodierna Patern (CT): Bibliografia Topografica VIII (1990), s. v., pp. 226-229 (M. GIANGIULIO) con fonti e bibliografia; LURAGHI 1994, pp. 154-155. Per unampia disamina
sul problema delle Ible note attraverso le fonti, da ultimo, G. MANGANARO, Hybla
Megala (Heraia) e Hybla Geleatis (Etnea), in Un ponte fra lItalia e la Grecia. Atti
del Simposio in onore di Antonino di Vita (Ragusa 13-15 febbraio 1998), Padova
2000, pp. 149-154, che tuttavia nutre dubbi sullidentificazione di Hybla Gereatis
con Patern. Sullipotesi che la dedica di Ibla risalga a questo periodo, vedi infra, nota n. 39.
Per una lettura generale dei rapporti fra Peloponneso e Greci dOccidente, con particolare riferimento alle occasioni religiose ed atletiche di frequentazione offerte dal
santuario di Olimpia documentate dalla presenza di offerte votive e statue di vincitori, ed ancora, sullimportanza del santuario come centro religioso soprattutto peloponnesiaco e greco-occidentale fino alla fine del V sec. a.C., si vedano: N. YALOURIS, Olympie et la Grande-Grce, in Siris e linfluenza ionica in Occidente, ACSMG
XX, Taranto 12-17 ottobre 1980, Taranto 1987, pp. 9-23; H. PHILIPP, Le caratteristiche delle relazioni tra Olimpia e la Magna Grecia, in La Magna Grecia e i grandi
santuari della madrepatria, ACSMG XXXI, Taranto 4-8 ottobre 1991, Taranto 1992,
pp. 29-51; EAD., Olympia, die Peloponnes und die Westgriechen, in JdI l09, 1994, pp.
77-92. Per i donari di scultura di carattere pubblico dedicati ad Olimpia da citt occidentali: ECKSTEIN, op. cit. in nota n. 25; F. FELTEN, Weihungen in Olympia und
Delphi, in AM 97, 1982, pp. 79-97; IOAKIMIDOU 1997.
In generale, sulle offerte votive delle citt occidentali a Delfi: FELTEN, art. cit. in nota precedente; G. ROUGEMONT, Delphes et les cits grecques dItalie du Sud et de la
Sicile, in La Magna Grecia e i grandi santuari della madrepatria, ACSMG XXXI, Taranto 4-8 ottobre 1991, Taranto 1992, pp. 157-192; ibidem, A. JACQUEMIN, Offrandes
monumentales italiotes et siceliotes Delphes, pp. 193-204; IOAKIMIDOU 1997, pp.
50-53, 55, 57-61, 77-82, 157-166, 200-213 tavv. 4-8, 10-13.

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

53

La presenza di Ibla fra le citt che dedicano ad Olimpia, verosimilmente


nei primi decenni del V sec. a.C.39), merita una particolare attenzione in quanto
segno di una particolare omologazione del centro indigeno alle citt di cultura greca nella pratica di affermare la propria esistenza attraverso la dedica di
un donario di scultura e di legittimare in questo modo la propria politica dinnanzi alla divinit ed a tutti i Greci. Tale pratica avr previsto limpiego di maestranze greche e comunque ladozione di iconografie proprie della cultura figu39)

La datazione della dedica alla prima met del V sec. a.C. sembra possibile a prescindere dallidentificazione del centro siculo di Ibla dedicante ad Olimpia. Lipotesi di G. Colonna (G. COLONNA, Doni di Etruschi e di altri barbari occidentali nei
santuari panellenici, in I grandi santuari della Grecia e lOccidente, a cura di A.
MASTROCINQUE, Trento 1993, pp. 51-3) secondo cui loccasione potrebbe essere stata offerta dalla morte di Ippocrate caduto nel 491 a.C. proprio mentre combatteva
sotto le mura della citt di Ibla (Herod. 7, 155,1), non contribuisce a dirimere la questione, dal momento che lubicazione del centro siculo teatro dellultimo assedio di
Ippocrate incerta (sulla questione: G. MAFODDA, Tiranni ed Indigeni di Sicilia in
et arcaica tra schiavit, guerra e mercenariato, in Hespera 9, 1998, pp. 28-29; ibidem anche D. SINATRA, Camarina citt di frontiera, in part. pp. 46-47). Daltra parte, non esistono elementi per non credere allidentificazione di Pausania della Hybla
dedicante con la Hybla Gereatis/Geleatis esistente nel territorio etneo. Va osservato
infatti che, se vero che il massiccio degli Iblei, dove si tende a localizzare la Hybla
Megala (Hereia), era stato interessato gi nel corso del VI secolo da un intenso processo di ellenizzazione promosso da Camarina (A. DI VITA, La penetrazione siracusana nella Sicilia sud-orientale alla luce delle pi recenti scoperte archeologiche, in
Kokalos 2, 1956, pp. 177-205), il pi alto grado di acculturazione dei centri etnei,
evidenziato dalla documentazione archeologica databile tra la fine del VI e la prima
met del V sec. a.C., insieme ad una valutazione generale della strategia operativa di
Ippocrate, contribuisce a dare credito a Pausania. A questo proposito si potrebbe ricordare a scopo esemplificativo che nel centro indigeno della Civita di Patern risulta
adottata tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. larmatura difensiva di tipo greco
(G. RIZZA, Scavi e ricerche nel territorio di Patern, in BdA XXXIX, 1954, p. 74;
ID., in EAA V, 1963, pp. 987-988, s. v. Patern); ed ancora, che lanonimo centro indigeno del Mendolito di Adrano (Catania) ha restituito per questo periodo oltre al famoso efebo del MAR P. Orsi di Siracusa (inv. n. 31888) anche altra importante e
varia documentazione archeologica denotante un notevole grado di ellenizzazione (si
veda almeno R. M. ALBANESE PROCELLI, Un elmo bronzeo di tipo calcidese dal
Mendolito di Adrano (Catania), in SicA XXXI, 66-68, 1988, pp. 31-38; EAD. in Bibliografia Topografica IX (1991), s. v., pp. 545-561). In generale, sui nuclei di Siculi ellenizzati presenti nei territori a diffusa presenza calcidese sovrastanti la piana di
Catania: E. PROCELLI, Aspetti e problemi dellellenizzazione calcidese nella Sicilia
orientale, in MEFRA 101, 1989, 2, pp. 679-689; ID, Modi e tempi della ellenizzazione calcidese ai margini della Piana di Catania, in Kokalos 34-35, 1988-1989, pp.
121-124. Sulle molteplici forme di assimilazione, integrazione, acculturazione e
osmosi tra indigeni e greci in Sicilia, adesso: R. M. ALBANESE PROCELLI, Sicani, Siculi, Elimi, Milano 2003.

54

STEFANIA PAFUMI

rativa greca, ma cosa pi importante rivela anche una precisa volont politica che sul piano interpretativo va oltre la semplice presenza di oggetti di importazione o imitazione greca, acquistando un forte valore ideologico e documentando lavvenuta integrazione della comunit indigena in un modello sociale tipicamente greco, sebbene ad un livello alto 40).
Fatta salva la valenza politica che tutti i donari collettivi (e non solo) assumevano anche ad Olimpia, stato notato come ci valga soprattutto per i donari
dedicati da occidentali a Delfi a seguito delle lotte contro i Cartaginesi e gli Etruschi: tali donari assumevano, infatti, un valore ideologico pi pregnante ponendosi non solo come ringraziamento alla divinit ma anche come affermazione di
una forte identit culturale greca in contrapposizione a quella dei barbaroi 41).
Quando non si tratta di dediche collettive, le commesse di donari di scultura da parte della grecit occidentale sono riferibili, da un lato ai tiranni e ai
personaggi di rango elevato a loro vicini, dallaltro, agli atleti o alle loro famiglie (ma in qualche caso erano i concittadini a finanziare la statua dellatleta).
La partecipazione dei tiranni ai giochi panellenici, massiccia nei primi decenni del V sec. a.C., risponde sostanzialmente a due motivi politici ben precisi: da un lato la legittimazione internazionale, dallaltro il consolidamento del
potere allinterno del paese. In questo contesto che nella prima met del V sec.

40)

41)

Sulla importanza di non affidare la valutazione del grado di ellenizzazione delle comunit indigene alla semplice presenza di manufatti greci, gi: M. TORELLI, Greci ed
indigeni in Magna Grecia: ideologia religiosa e rapporti di classe, in Studi storici
IV, 1977, pp. 45-46; J. P. MOREL, Greek Colonisation in Italy and in the West (Problems of Evidence and Interpretations), in Crossroads of the Mediterranean, a cura
di T. HACKENS-N. D. HOLLOWAY-R. R. HOLLOWAY, Louvain la Neuve-Providence
1983, pp. 123-161. In generale per una lucida discussione delle pi recenti prospettive di ricerca F. DANDRIA, Greek Colonization and Romanization from a Native
Perspective, in New Developments in Italian Landscape Archaeology, Theory and
methodology of field survey. Land evaluation and Landscape perception. Pottery production and distribution. Proceedings of a three-day conference held at the University of Groningen, April 13-15, 2000, (BAR International Series 1091) a cura di P.
Attema G. Burges E. van Tooln M. van Leusen B. Mater, Oxford 2002, pp.
52-59. Da ultima: ALBANESE PROCELLI, op. cit. in nota precedente, in particolare pp.
226-243.
Su questi aspetti si vedano soprattutto: JACQUEMIN, art. cit. in nota n. 38; ed ancora
negli stessi ACSMG XXXI, pp. 221-225, gli interventi di E. Greco e M. Lombardo.
Per le valenze ideologiche ad esso connesse, rientra in questa discussione anche il
donario dellatleta Faillo di Crotone dedicato a Delfi, probabile replica di quello
collocato sullAcropoli e nella stessa Crotone: S. PAFUMI, Faillo di Crotone e il Discobolo Ludovisi: un motivo della propaganda adrianea?, in Prospettiva 98-99,
2000, pp. 1-20.

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

55

a.C. caratterizza le citt siceliote e Reggio, le celebrazioni comportavano, come


noto, una grande produzione letteraria, con il richiamo di poeti come Pindaro, Simonide, Bacchilide, ricche emissioni monetali e soprattutto, ricche offerte votive nei santuari commissionate alle maestranze di maggiore prestigio.
Lincremento massiccio delle commesse di statue con destinazione prevalentemente legata alle sedi della frequentazione atletica internazionale, rientra pertanto in questo grandioso programma celebrativo e propagandistico. I tiranni,
oltre ad ottenere unaffermazione personale gareggiando e vincendo in agoni
che richiedevano il massimo impegno economico, ottenevano allo stesso tempo il consolidamento del potere interno attraverso dediche che gratificavano
lorgoglio dei concittadini, e del potere esterno attraverso la legittimazione della propria politica in un luogo internazionale 42).
Quando non si tratta degli stessi tiranni, comunque indubbia lestrazione
alta dei vincitori cui veniva concesso come premio (thlon) lonore di innalzare
una statua nei santuari: in generale, infatti, come risulta anche dai canti di vittoria dei poeti, essi erano giovani aristocratici dediti agli allenamenti e alle gare, in
grado di sostenere gli alti costi che la partecipazione agli agoni internazionali
comportava. Possiamo credere, tuttavia, che in alcuni casi solo con la caduta della tirannide le aristocrazie locali abbiano potuto dare libero sfogo al loro bisogno
di lusso e visibilit: i donari atletici di Leontiskos di Messana o Ergoteles di Himera, ad esempio, sembrano riportare agli anni intorno alla met del V sec. a.C.43).
La dedica di donari di carattere privato non specificatamente atletici risulta appannaggio pressoch esclusivo di personaggi di rango aristocratico che,
grazie alle ricchezze accumulate al servizio dei tiranni, erano in grado di finanziare commesse di grande prestigio e di elevato costo, comunque destinate ai
luoghi internazionali 44). Caratteristica della politica espansionistica di Ippocrate, ereditata anche da Gelone, fu la pratica di insediare uomini di fiducia nelle
citt annesse (Scite a Zancle, Enesidemo a Leontinoi, Glauco di Caristo a Ca-

42)

43)

44)

Sullimportanza dellagonismo ed in particolar modo di quello equestre nella politica dei tiranni sicelioti durante la prima met del V sec. a.C. : F. NICOSIA, Tiranni e
cavalli, in Lo stile severo in Sicilia, pp. 55-61; LURAGHI 1994, pp. 239-241.
Per la datazione delle vittorie di Leontiskos di Messana: MORETTI, art. cit. in nota n.
22, nn. 271, 285; per la datazione delle vittorie di Ergoteles di Himera, anche: W. S.
BARRETT, Pindars Twelfth Olympian and the Fall of the Deinomenidai, in JHS, 93,
1973, pp. 23-35. LURAGHI 1994, p. 249.
Per questa problematica si veda anche M. GUARDUCCI, Arcadi in Sicilia, in PP, XXX,
1953, pp. 209-211.

56

STEFANIA PAFUMI

marina) 45). La determinazione culturale di questi uomini era naturalmente legata alle citt di provenienza ed il loro bisogno di lusso e di affermazione personale, in quanto partecipi di una lite internazionale o meglio sovrapoleica, si
esprimeva prevalentemente e forse esclusivamente in ambito internazionale.
Accanto a personaggi dei livelli pi alti dei gruppi dirigenti della grecit
dAsia, come Scite o Enesidemo, le fonti documentano fra i dedicanti di donari di scultura ad Olimpia e Delfi, anche alcuni personaggi di origine peloponnesiaca come Formide o Prassitele, che pur non essendo noti come tiranni-vicari delle citt di cui si dicono cittadini, dovevano essere comunque elementi di
spicco che perci hanno lasciato traccia di una folla pi numerosa ed anonima di mercenari greci giunti in Sicilia durante la prima met del V sec. a.C.
per mettersi al servizio dei tiranni 46). La loro condizione allinterno delle citt
siceliote era quella di xnoi: solo il conferimento della cittadinanza da parte dei
tiranni li toglieva dalla condizione di apolidi. Ippocrate e soprattutto Gelone dopo di lui, fecero leva su questa sgradita condizione, riuscendo a creare un gruppo militarmente forte e a loro legato da un rapporto di fedelt personale che
passava proprio per il beneficio della cittadinanza, spesso di citt rifondate, che
solo la continuit del regime tirannico poteva garantire 47).
Di contro ad una relativa abbondanza di donari di scultura collocati in Grecia, le fonti non ci documentano invece, con altrettanta evidenza, la presenza di
donari nelle citt siceliote. Ci non significa che non ne esistessero, dal momen45)

46)

47)

La pratica di insediare tiranni-vicari nelle citt sottomesse si riscontra, per questo periodo, anche in Asia Minore. Sulle analogie dellarch di Ippocrate ed il dominio del
Gran Re sui Greci dAsia si veda LURAGHI 1994, pp. 174-175. Secondo la ricostruzione storica fatta dal Luraghi i personaggi di spicco che venivano a ricoprire i ruoli di massima importanza allinterno del sistema egemonico realizzato da Ippocrate,
rappresentano il tramite attraverso cui il tiranno siceliota si appropria di procedure
politiche tipiche del mondo politico greco microasiatico.
Luso di truppe mercenarie, come quello dei tiranni-vicari, appare un carattere distintivo dellarch di Ippocrate ed in seguito dei Dinomenidi. Sullipotesi che la presenza dei tiranni sicelioti ad Olimpia servisse anche al reclutamento di soldati di ventura e sullimportanza dellapporto delle truppe mercenarie per il successo di Ippocrate e Gelone, si veda LURAGHI 1994, in particolare pp. 161-167.
Per una lettura del fenomeno del mercenariato nel mondo greco con particolare riferimento alla situazione siceliota della prima met del V sec. a.C.: LURAGHI 1994, passim ed in particolare pp. 302-304 (ivi bibliografia precedente); MAFODDA, art. cit. in
nota n. 39, pp. 19-31; ed ancora ID., Tiranni sicelioti ed indigeni in et arcaica, in
Magna Grecia e Sicilia. Stato degli studi e prospettive di ricerca. Atti dellincontro
di Studi, Messina 2-4 dicembre 1996, a cura di M. BARRA BAGNASCO E. DE MIROA. PINZONE, Messina 1999, pp. 313-320, dove si pone per lattenzione soprattutto
sul reclutamento di Siculi e sulla concessione della cittadinanza come strumento della loro integrazione nel modello sociale greco.

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

57

to che rimane quantomeno notizia di donari atletici dedicati in Magna Grecia anche nelle citt natali degli atleti 48). Per la prima met del V sec. a.C., inoltre, le
fonti letterarie documentano almeno due commesse pubbliche di prestigio di cui
una collocata in Sicilia: il gruppo raffigurante Europa e il toro, commissionato dai
Tarantini a Pitagora di Reggio 49), e la statua di un claudicans generalmente ritenuta una statua di Filottete commissionata allo stesso scultore dai Siracusani 50).
Rimane inoltre da indagare la possibilit che esistessero, come gi ipotizzato, anche donari di sculture fittili a tuttotondo non menzionati dalle fonti 51).
Pi ricca invece la documentazione letteraria in riferimento alle statue di
culto, anche se non sempre possibile discernere quelle collocabili nel periodo
cronologico di cui ci occupiamo. Una statua di Artemide trafugata ai Segestani da
Verre, della quale Cicerone fornisce una descrizione particolarmente accurata 52),
stata riconosciuta nel modello datato tra il 500 ed il 480 a.C. dal quale discendono tre repliche marmoree conservate a Napoli, Firenze e Venezia 53). Di una statua di Zeus Aitnaios della quale ci informa Pindaro, dedicata ad Aitna da Hiero-

48)

49)
50)

51)

52)

53)

Ad esempio, a Crotone la statua dellatleta Astylos, triasts e olimpionico nel daulos,


stadio e hoplites dal 488 al 480 a.C., era stata replicata e posta in un luogo pubblico
della citt, il tempio di Hera Lacinia (Pausania XIII,1); similmente, a Locri era stata replicata la statua di Euthymos, vincitore ad Olimpia nelle gare di pugilato del 484, 476,
472 a.C. (Callimaco, Aitia, fr. 99 Pfeiffer; Plinio, Naturalis Historia VII, 152).
Taziano, Contra Graecos, 33; Cicerone, In Verr., II, IV, 2, 4.
Plinio, Naturalis Historia XXXIV, 59. La statua del claudicans, se identificabile con
Filottete, potrebbe in realt essere connessa a pratiche cultuali. Sullesistenza di un
culto di Filottete a Siracusa si veda G. NENCI, Filottete in Sicilia, in Epios et Philoctte en Italie. Donnes archologiques et traditions lgendaires. Actes du Coll. Intern. du Centre de Recherches Archologiques de lUniversit de Lille III, Lille, 2324 novembre 1987, Napoli 1991, pp. 131-135, che menziona anche due crateri da Siracusa con la raffigurazione di Filottete.
Si veda quanto detto supra ed alle note nn. 10-16, a proposito della grande plastica
fittile a tuttotondo in Sicilia.
Cicerone, In Verr., II, IV, 33 e 74 e ss. Secondo la descrizione, si trattava di una statua bronzea di notevoli proporzioni e di considerevole altezza, dallaspetto maestoso
ma verginale, vestita di lungo manto, con le frecce pendenti dalla spalla, larco nella mano sinistra ed una fiaccola nella destra protesa. Il simulacro, gi una volta rapito dai Cartaginesi, forse quando la citt di Segesta fu occupata per aver aiutato Pirro, era stato restituito da Scipione Emiliano.
Lidentificazione proposta da A. Giuliano rafforzata dallesistenza di alcune monete auree di et augustea con legenda ACT(ium) e SICIL(ia) nellesergo, recanti al rovescio rispettivamente la raffigurazione di Apollo e di Artemide, oltre che da una pittura dalla casa della Farnesina. A. GIULIANO, Fuit apud Segestanos ex aere Dianae
simulacrum, in ArchCl V, 1953, pp. 48-54 (ivi rinvii bibliografici).

58

STEFANIA PAFUMI

ne intorno al 475/474 a.C., potrebbe rimanere eco nei conii monetali della citt di
nuova fondazione 54). A Siracusa, una statua di Artemide fluviale documentata da
uno scolio a Pindaro 55), ma di essa non si conosce nulla: difficile precisarne la
cronologia ed anche lidentificazione del tempio nel quale era collocata; sempre
a Siracusa, dopo il 466 a.C., fu innalzata una statua di Zeus Eleutherios ipoteticamente identificata con il tipo statuario servito da modello per i conii monetali
di emissioni di IV sec. a.C.56). Entro la prima met del V sec. a.C. pu essere datata anche la creazione di una statua bronzea di Demetra ricordata da Cicerone
nel santuario di Enna, dove il culto della dea era, com noto, particolarmente diffuso 57). Infine, anche la statua bronzea della ninfa Imera ad Himera, forse la stessa eximia pulchritudine... in muliebrem figuram habitumque formata menzionata
da Cicerone 58) pu essere una creazione della prima met del V sec. a.C.; la mo54)

55)

56)

57)

58)

Pindaro, Ol. VI, 93; scoliasta di Pindaro 162. Il culto di Zeus Aitnaios fu quasi certamente introdotto ad Aitna da Hierone al momento della fondazione della citt, intorno al 475/474 a.C.; loccasione per listituzione del culto potrebbe essere derivata dalleruzione che nel 476-475 a.C. devast il territorio etneo. LURAGHI 1994, pp.
339-340. Per le monete di Aitna che potrebbero riprodurne laspetto: C. BHRINGER,
Hierons Aitna und das Hieroneion, in JNG 18, 1968, pp. 78-85; S. GARRAFFO, Tipi
monetali di stile severo, in Lo stile severo in Sicilia, pp. 154-155.
Pindaro, Pitica II, 11-12 (470-469? a.C.): ... potamaj doj \Arte/midoj... Secondo lo
scolio 12 b, una statua di Artemide si trovava a Siracusa, presso la fonte Aretusa.
Diodoro Siculo, XI, 72, 2. Contro la proposta di riconoscere il tipo statuario dello
Zeus Eleutherios nei conii monetali siracusani: S. GARRAFFO, Zeus Eleutherios Zeus
Olympios. Note di numismatica siracusana, in AnnIstItNum 23-24, 1976-1977, pp. 950; sulla possibilit, invece, di influenze sugli incisori dei conii monetali di et timoleontea, e per una proposta di riconoscere lo Zeus Eleutherios nella testa bronzea di
Basilea del relitto di Porticello, ora restituita al Museo Archeologico di Reggio, si veda il recente contributo di D. CASTRIZIO, Un modello statuario per lo Zeus Eleutherios delle monete bronzee di Timoleonte?, in NAC XXXI, 2002, pp. 151-170, nel quale si trova anche un utile status quaestionis con ricca bibliografia sullargomento.
Si riteneva infatti che la dea e la figlia fossero nate nellisola e che proprio ad Enna
Proserpina fosse stata rapita da Ade. Cicerone (In Verr., II, IV, 108-109) ricorda la statua tra le opere rapite da Verre, informandoci delle dimensioni modeste, della notevole antichit e dello stile originale ed aggiungendo che la dea era rappresentata con le
fiaccole in mano. Tale descrizione concorda con laspetto di una figura femminile rappresentata su alcuni oboli o litrai dargento di Enna (si veda, ad esempio, un esemplare conservato presso il Museo Nazionale di Napoli, inv. 4249. F. IMHOOF-BLUMER,
Nymphen und Chariten auf griechischen Mnzen, Athen 1908, pp. 30-31, n. 67, tav.
II, 25). Una statuetta bronzea, conservata al British Museum (inv. n. 199; alt. m 14,6.
JANTZEN, op. cit. in nota n. 9, pp. 55, 61, tav. 25, 106-7; DE MIRO, op. cit. in nota n. 9,
pp. 46-47, n. 32, tav. XLVII (Artemis?); LIMC II, 1984, s. v. Artemis, p. 660, n. 504
[L. KAHIL]), proveniente da un centro non precisato della Sicilia potrebbe forse rappresentare una creazione vicina sia sul piano iconografico che su quello stilistico.
Cicerone, In Verr. II, 35.

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

59

netazione della citt, infatti, presenta sui coni di diritto a partire dal 472 a.C. e fino al 409 a.C. ca. una figura femminile vestita di chitone ed himation trasverso
che sembra ragionevole identificare con la ninfa eponima 59).
2. La documentazione archeologica
La documentazione archeologica disponibile fornisce un quadro dellutilizzo della scultura a tuttotondo in bronzo, marmo e pietra, nelle singole citt permettendoci di cogliere, pur con le note difficolt dovute alla frammentariet e
spesso allimpossibilit di ricostruire gli specifici contesti di ritrovamento, lincidenza del fenomeno in ambito funerario, votivo, architettonico 60).
Le citt della Sicilia che hanno restituito sculture databili tra la fine del VI e
la prima met del V sec. a.C. sono: Leontinoi, Megara Hyblaea, Siracusa, Agrigento, Himera e Selinunte. Ad esse va aggiunto il centro siculo-greco di Grammichele e la citt anellenica di Mozia in area punica. Rimangono apparentemente escluse Gela, Camarina (che ha restituito solo una statua fittile femminile 61) databile intorno al 460 a.C. (fig. 1) oltre ad un frammento di stele con testa maschile
elmata databile intorno al 450 a.C.62)), Catane, Naxos e Zancle/Messana.
Da LEONTINOI provengono il noto kouros acefalo conservato a Siracusa 63), di
probabile destinazione funeraria, e la testa maschile, da taluni ritenuta pertinente
59)

60)

61)
62)

63)

Sulla monetazione di Himera nel V sec. a.C.: C. ARNOLD BIUCCHI, La monetazione


dargento di Himera classica. I tetradrammi, in NAC XVII, 1988, pp. 85-100 (ivi rimandi alla bibliografia precedente).
appena il caso di ricordare che la documentazione presa in esame rappresentata
dai rinvenimenti di sculture di cui si conosca la provenienza certa. Rimangono pertanto esclusi dallindagine tutti gli esemplari di scultura pervenuti nei vari musei nazionali o esteri attraverso il mercato antiquario, eventualmente riconducibili ad ambiente siceliota sulla base della sola analisi stilistica. Delle sculture entrate nella discussione si forniscono nelle note le informazioni essenziali ed una breve bibliografia di riferimento.
Vedi supra, nota n. 13.
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 24882: frammento di stele a rilievo con testa di
guerriero; marmo bianco a grana grossa, cristallina, probabilmente pario; alt. max m.
0,29; lungh. m 0,27. Dalla necropoli di Passo Marinaro (scavi Orsi 1905). Lo stile severo in Sicilia, p. 170, n. 7 (G. DI STEFANO) con bibliografia anteriore.
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. 23624: marmo bianco a grana media, cristallina, di
provenienza egea; alt. max m. 1,03; largh. max m 0,53. Fu rinvenuto fuori dallarea
della citt antica. Inizi V sec. a.C. P. ORSI, Torso efebico di Leontini, in MonAnt
XVIII, 1907, coll. 169-174, tav. VI; RIZZA-DE MIRO 1985, pp. 210, 223, fig. 229;
1994, p. 300 (con altra bibliografia anteriore); DE MIRO 1996, p. 413; I Greci in Occidente, p. 698, n. 155 (E. C. PORTALE).

60

STEFANIA PAFUMI

al kouros, conservata al Museo Civico di Catania 64). I caratteri di eccezionalit della testa, che le derivano dallelevato livello qualitativo dellesecuzione e dalla mancanza di confronti immediati con la coeva produzione artistica siceliota, ne rendono probabile limportazione; in ogni caso essa attesta, insieme con il torso, lesistenza a Leontini, intorno agli inizi del V sec. a.C., di commesse di alto livello probabilmente impiegate nella sfera funeraria, non pi documentate in seguito 65).
Anche da GRAMMICHELE proviene un torso efebico di straordinario livello
(fig. 2) 66). Apparentemente ancora legato alla tipologia tardo-arcaica del kouros,
presenta in realt una percepibile asimmetria dei pettorali che lascia supporre
una pi libera ricostruzione della figura. Il luogo di rinvenimento ne esclude la
destinazione funeraria: i materiali raccolti nella stessa area, infatti, parlano a fa-

64)

65)

66)

Catania, Museo Civico di Castello Ursino, inv. n. 932: marmo bianco, a grana media
cristallina, di provenienza egea; alt. m. 0,275; altezza vertice fronte-mento m 0,17.
Inizi V sec. a.C. HOLLOWAY 1975, pp. 32-33, figg. 185-186; RIZZA-DE MIRO 1985, p.
223, fig. 225 (con altra bibliografia anteriore); ROLLEY 1994, p. 300, fig. 305; DE MIRO 1996, p. 413; I Greci in Occidente, p. 699, n. 156 (G. NICOLOSI).
Sembra utile segnalare qui lesistenza di una assai interessante testa in calcare (Lentini, Museo Archeologico), rinvenuta a Lentini in un riempimento di et romana a ridosso del muro dargine del torrente Garunchio, nel corso di scavi condotti negli anni 90. Di essa, ancora sostanzialmente inedita (una prima segnalazione con foto si
trova in: Sicilia orientale e Isole Eolie. Guide archeologiche. Preistoria e Protostoria in Italia, 12, a cura di G. VOZA, M. C. LENTINI, A. M. BIETTI SESTIERI, Forl 1995,
p. 401; una foto apparsa anche sul quotidiano La Sicilia dell11.05.2004, p. 21, articolo a firma di A. Tempio), non stato possibile valutare attentamente tutti gli
aspetti formali e stilistici. Nonostante la perdita della maschera facciale, tuttavia, la
testa, per la quale sembra pi probabile una datazione verso la met o nella seconda
met del VI a.C., conserva la leggibilit di alcuni elementi stilistici, come ad esempio il linearismo delle ciocche filamentose dei capelli sulla calotta cranica, che permettono di riconoscere chiaramente, anche ad un primo superficiale esame, una forte influenza ionico-insulare, in certa misura riscontrata anche nella testa di kouros
pi tarda (vd. supra, nota n. 64), come anche nella scultura di Megara Hyblaea ancora tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. (per la resa dei capelli si confronti soprattutto la testa maschile di cui infra, alla nota n. 73).
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 23159: marmo bianco a grana media, cristallina,
probabilmente pario; alt. max m 0,485; distanza max pettorali m 0,23. Dal deposito
votivo del santuario agreste di Madonna del Piano, a sei Km ca. da Grammichele. Fu
ritrovato allinterno di una costruzione quadrata di m 6x6, conservata per laltezza di
ben otto assise di grandi blocchi isodomi, allinterno della quale furono raccolti molti materiali di destinazione votiva. Primi decenni del V sec. a.C. NSc 1903, p. 434 (P.
ORSI); P. ORSI, art. cit. in nota n. 14, coll. 129-132, tav. III; HOLLOWAY 1975, p. 33,
figg. 192-194; RIZZA-DE MIRO 1985, p. 223, fig. 226 (con altra bibliografia anteriore); ROLLEY 1994, p. 300, fig. 306.

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

61

vore di una donazione votiva allinterno del temenos di un santuario agreste di


frequentazione greca 67). Linfluenza geloa che pure attestata sul centro grecoindigeno di Grammichele non permette di affermare che il nostro torso vi sia
pervenuto per il tramite di Gela citt che, peraltro, non ha restituito per questo periodo alcun esemplare di scultura in marmo o pietra ; al contrario il torso potrebbe rappresentare una conferma del preponderante controllo calcidese
della zona, venendo ad aggiungersi alla documentazione archeologica di altro
tipo registrata per questo periodo in molti dei centri indigeni disposti nella mesogeia lungo la valle dei Margi fino al confine con la chora geloa, dove i calcidesi di Leontinoi e Catane alla fine del VI secolo erano saldamente insediati 68).
A MEGARA HYBLAEA, dopo le manifestazioni pi antiche come il kouros di
Sombrotidas 69) e la nota kourotrophos in calcare 70), anche le sculture databili tra
la fine del VI ed i primi decenni del V sec. a.C., fatta eccezione per una testa di
divinit femminile in calcare (fig. 3) 71) di probabile impiego in un contesto santuariale, sono prevalentemente di destinazione funeraria: una sfinge (fig. 4)72),

67)

68)

69)
70)
71)

72)

Per la documentazione contestuale: ORSI, art. cit. in nota n. 14, coll. 121-174; in generale per il centro siculo-greco di Grammichele si vedano: Bibliografia Topografica, vol. VIII, 1990, s. v. Grammichele, pp. 164-169 (D. PALERMO) con storia della ricerca archeologica e ampia bibliografia; EAA II Suppl. 1971-1994, vol. II, s.v. Grammichele, pp. 832-833 (G. BACCI); sul problema della possibile segregazione dei culti nei centri greco-indigeni ed in particolare a Grammichele: ALBANESE PROCELLI, Sicani, Siculi, Elimi, op. cit. in nota n. 39, p. 217.
Per questi problemi: PROCELLI, art. cit. in nota n. 39, pp. 679-689 con relativi rimandi
bibliografici.
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 49401. RIZZA-DE MIRO 1985, p. 173, fig. 173.
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 53234. RIZZA-DE MIRO 1985, p. 174, figg. 174-175.
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 7734: calcare locale; alt. max m 0,27; distanza vertice fronte-mento m 0,15. Fu rinvenuta fra le torri 3 e 4, sotto il muro di cinta quasi
che fosse stata da esso ributtata (P. ORSI). Verso il 500 a.C. P. S. CAVALLARI- P. ORSI, Megara Hyblaea. Storia, topografia, necropoli ed anathemata, in MonAnt I, 4,
1890, coll. 940-950, tav. V, 15; HOLLOWAY 1975, p. 33, fig. 204-5; RIZZA-DE MIRO
1985, p. 194, fig. 204.
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 5892: marmo bianco a grana media, cristallina, probabilmente pario; alt. m. 0,52; lungh. m 0,30; largh. m 0,31; alt. delle ali m 0,43. Dalla necropoli ovest (scavi Orsi 1889-1892). Fine VI a.C. L. BERNAB BREA, Kouros
arcaico di Megara Hyblaea-la scultura, in ASAtene, 1946-48, p. 66 (con bibliografia anteriore); HOLLOWAY 1975, p. 33, figg. 199-200.

62

STEFANIA PAFUMI

una testa maschile (fig. 5)73), un torso maschile di dimensioni inferiori al vero 74),
cui si pu aggiungere per completezza anche un bel rilievo in calcare con raffigurazione di cavaliere 75). Il quadro limitato ai decenni iniziali del V sec. a.C.
dal momento che la citt fu distrutta da Gelone nel 483 a.C., ma risulta ugualmente abbastanza indicativo. La produzione privilegia nettamente il settore funerario ed appare ben definita nei suoi caratteri: emergono chiaramente le influenze stilistiche di ambienti artistici greco-insulari, ma ugualmente forte il
richiamo alla produzione locale di altre classi di materiali.
Anche a SIRACUSA, come a Megara Hyblaea ed a Leontinoi, sono documentate gi nel VI sec. a.C. notevoli espressioni di scultura. Tuttavia il quadro
offerto dalla citt per il periodo esaminato differisce per molteplici aspetti. La
citt non restituisce alcuna scultura in pietra; inoltre, la documentazione in marmo fa registrare, quasi esclusivamente, una provenienza da contesti di carattere
votivo, con particolare incidenza nei decenni relativi alla tirannide dinomenide.
Lunica scultura per la quale si pu supporre lutilizzo in un contesto funerario
infatti il noto kouros panneggiato (fig. 6) 76) databile intorno al 500 a.C., per il
quale manca, per, qualsiasi notizia circa il preciso luogo di rinvenimento 77). La
73)

74)

75)

76)

77)

Siracusa, MAR, P. Orsi, inv. n. 16968: marmo bianco a grana medio-grossa, probabilmente pario; alt. m 0,15. Dalla tenuta di S. Gusmano prossima alla necropoli sud
(1896). Inizi del V sec. a.C. P. ORSI, Sculture greche del R. Museo Archeologico di Siracusa, in RendLinc, s. V-VI, 1897, pp. 301-305, figg. 1-2; BERNAB BREA, art. cit. in
nota precedente, p. 66; HOLLOWAY 1975, p. 33, figg. 201-203; RIZZA-DE MIRO 1985, p.
194, fig. 207 (dove erroneamente ritenuta muliebre e datata alla seconda met del VI).
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 8293: marmo bianco a grana grossa, saccaroide, probabilmente pario; alt. max m 0,255; largh. max m 0,31. Dalla necropoli ovest (scavi
Orsi 1889). Inizi V sec. a.C. P. ORSI 1899, c. 789, tav. VI, 7-8; HOLLOWAY 1975, p. 33,
fig. 190; RIZZA-DE MIRO 1985, p. 223, fig. 227.
Siracusa, MAR P. Orsi, s. n. inv.: calcare locale; alt. m 1,20; largh. m 0,92. Fu rinvenuto nel 1955 fra i materiali reimpiegati nella fortezza ellenistica. Verso il 500 a.C.
W. FUCHS, Archologische Forschungen und Funde in Sizilien von 1955 bis 1964, in
AA 1964, pp. 714-5, fig. 32; H. HILLER, Ionische Grabrelief der ersten Hlfte des 5.
Jhdts v. Chr., in IstMitt, 12, 1975, p. 61, nota 212; HOLLOWAY 1975 pp. 33, 46, fig.
208; RIZZA-DE MIRO 1985, p. 194, fig. 206; BOARDMAN 1995, p. 163, fig. 176.
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 705: marmo bianco a grana grossa, cristallina; patina giallognola; alt. max m 0,84. Intorno al 500 a.C. ca. B. BARLETTA, The draped
Kouros type and the workshop of the Syracuse Youth, in AJA 91, 1987, pp. 233-246,
con bibliografia anteriore.
Il torso di Siracusa inv. n. 42219, attualmente esposto nel locale MAR P. Orsi, per
il quale era stata data una presunta provenienza da necropoli, non solo non pu essere considerato di destinazione funeraria ma non pu neppure essere pi annoverato fra gli originali di V sec. a.C., come dimostrato recentemente da chi scrive: S. PAFUMI, Una nuova replica da Siracusa dellApollo tipo Omphalos. Osservazioni sulla
tradizione copistica del tipo statuario, in BdA 122, 2002, pp. 55-84.

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

63

citt ha restituito quattro figure femminili in marmo: una Nike di dimensioni leggermente inferiori al vero (fig. 7) 78) era forse un acroterio, anche se non si pu
escludere del tutto un suo impiego in funzione di anathema; una kore di assai
piccole dimensioni (fig. 8) 79), per il materiale utilizzato che le conferisce un indubbio maggior pregio rispetto alla pi diffusa produzione coroplastica, rappresenta una donazione di rilievo, probabile offerta votiva da parte di privati; una figura (fig. 9) 80) di dimensioni inferiori al vero era parte di un gruppo verosimilmente acroteriale; infine, una figura panneggiata (fig. 10) 81) restituita da un frammento di eccezionale bellezza che ne conserva purtroppo solo la parte inferiore,
era anchesso verosimilmente pertinente ad un acroterio. La statuetta femminile
panneggiata (fig. 9) va letta in unione con i frammenti di sculture provenienti

78)

79)

80)

81)

Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 34136: marmo bianco a grana cristallina, probabilmente pario; alt. max m 0,79; largh. max m 0,46; spessore max m 0,29. Dallarea di
via Minerva, parallela al lato settentrionale del tempio di Athena in Ortygia; fu rinvenuta il 29 dicembre 1912, rimuovendo il muro di una casetta bizantina nella quale era stata reimpiegata. Circa 480 a.C. ORSI 1915, p. 181, fig. 3; ORSI 1918, col. 569,
tav. 15; HOLLOWAY 1975, p. 35, fig. 223; RIZZA-DE MIRO 1985, p. 228, fig. 244;
LIMC VI, 1992, s.v. Nike, p. 854, n. 24 (A. MOUSTAKA); ROLLEY 1994, p. 301;
BOARDMAN 1995, p. 164, fig. 184; DE MIRO 1996, p. 413; I Greci in Occidente, p.
698, n. 154 (E. C. PORTALE).
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 716: marmo bianco a grana fine, compatta; alt. max
m 0,14; largh. max m 0,13. Fu rinvenuto nella via Garibaldi, presso Palazzo Lucchetti, in mezzo a terre di scarico. Primo quarto del V sec. a.C. P. ORSI, Sculture greche del R. Museo Archeologico di Siracusa. Nota, in RendLinc, s. V, VI, 1897, pp. 910, fig. 4.
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 36218: marmo bianco, a grana media cristallina,
probabilmente pario o tasio; alt. m. 0,69. Fu ritrovata nel dicembre 1914, durante i
lavori di ampliamento della stazione ferroviaria, alla profondit di m 3,5, adagiata
orizzontalmente sul suolo vergine argilloso. Dallo stesso luogo provengono, oltre alla testina marmorea con elmo (vd. infra, nota n. 82) e ad un frammento di coscia virile (vd. infra, nota n. 83), numerose terrecotte votive di et arcaica e severa pertinenti ad una stipe. Primo quarto del V sec. a.C. ORSI 1915, p. 198-201, figg. 13-14;
HOLLOWAY 1975, p. 35, fig. 215; MERTENS-HORN 2000, pp. 324-335, figg. 1-4.
Siracusa, MAR P.Orsi, s. n. inv.: marmo bianco a grana medio-grossa, cristallina
e saccaroide, di provenienza egea, forse pario; alt. max m. 0,43; largh. max m 0,35;
spessore max m 0,10. Attualmente il frammento privo della parte finale della figura e di parte della base presenti al momento del rinvenimento (ORSI 1918, coll. 223224, fig. 161: La figura insisteva sopra un tegolo lungo e stretto...). Da scavi in via
Minerva; fu rinvenuto il 27 novembre 1912 nellarea fra lAthenaion ed il tempio ionico ma in contesto di riutilizzo: formava la guancia laterale di un sepolcro di et bizantina. Circa 480-470 a.C. ORSI 1915, p. 181; ORSI 1918, coll. 223-224, fig. 161;
HOLLOWAY 1975, p. 35, fig. 224; LIMC VI (1992), s.v. Nike, p. 854, n. 25 (A. MOUSTAKA).

64

STEFANIA PAFUMI

dallo stesso luogo di ritrovamento: una testa maschile elmata (fig. 11) 82), cui potrebbe appartenere anche un frammento di coscia virile con schiniere (fig. 12) 83)
ritenuti parte di un gruppo di guerrieri contrapposti in duello. Il particolare schema figurativo utilizzato per la figura femminile lascia supporre, invece, un episodio di ratto 84) e ci appare in stretta connessione con la sfera religiosa di Demetra e Kore cui rimandano anche le numerose terrecotte votive rinvenute nello
stesso contesto 85). Dispiace, infine, non poter valutare con maggiori elementi la
statua, o pi probabilmente il gruppo equestre, cui doveva appartenere un superstite frammento di coda equina 86), che possiamo ritenere una commessa di
prestigio anche in considerazione della sua provenienza dallarea santuariale
dellAthenaion, dove poteva essere stato collocato con funzione di anathema a
commemorazione di una vittoria militare o pi probabilmente agonistica.
Alla fine del VI e nei primi anni del V sec. a.C. AGRIGENTO si rivela una citt
fiorente e soprattutto ricca. Le notevoli imprese edilizie, fra cui la costruzione
dellOlympieion, avviate dopo il 480 a.C.87), avranno certamente richiamato nella citt numerosi artisti ed artigiani 88) e non sembra del tutto inverosimile ritene-

82)

83)

84)
85)

86)

87)

88)

Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 36775: marmo bianco a grana media cristallina, di
provenienza egea, probabilmente pario o tasio; alt. m 0,18. Primo quarto del V sec.
a.C. ORSI 1915, pp. 200-201, fig. 14; HOLLOWAY 1975, p. 35, figg. 218-219; MERTENS-HORN 2000, p. 326, figg. 5-8.
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 36773: marmo bianco a grana media cristallina,probabilmente pario o tasio; patina di colore giallognolo; alt. max m 0,17. Primo
quarto del V sec. a.C. ORSI 1915, pp. 200-201; MERTENS-HORN 2000, p. 326, figg. 910.
MERTENS-HORN 2000, pp. 324-325.
Per una lettura dei dati letterari ed archeologici: L. POLACCO, I culti di Demetra e Kore a Siracusa, in NumAntCl XV, 1986, pp. 21-37. Sembra di un certo interesse ricordare, senza riprendere tuttavia la questione controversa della loro collocazione topografica, la dedica a Siracusa da parte di Gelone, nel primo quarto del V sec. a.C.,
di templi per il culto di Demetra e Kore di cui rimane notizia in Diodoro Siculo, XI,
26, 7. MERTENS-HORN 2000, p. 328.
Siracusa, MAR P. Orsi, s. n. inv.: marmo bianco a grana grossa, probabilmente pario; lungh. max. m 0,10; alt. max m 0,63. Dal temenos del tempio di Athena in Ortygia. Fine VI prima met del V sec. a.C. ORSI 1918, coll. 574-575, fig. 162.
Sulla datazione dellOlympieion e sulle successive realizzazioni architettoniche: VAN
COMPERNOLLE 1992, p. 71.
In questo periodo ipotizzabile la presenza ad Agrigento di scultori itineranti: una
sima con testa leonina in marmo, ritenuta un paradeigma per un tempio mai costruito, ad esempio, potrebbe provare la presenza in citt, intorno alla met del secolo, di
uno scultore originario delle Cicladi. Questa osservazione gi in MARCONI 1994, p.
211. Resta sempre il dubbio, naturalmente, che la sima possa essere stata portata ad
Agrigento gi lavorata.

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

65

re che siano esistite botteghe di scultori gravitanti intorno ai grandi cantieri templari impegnate nella realizzazione di commesse pubbliche ed eventualmente
anche private di alto livello 89). Una di esse rappresentata certamente dalla nota
statua di efebo 90), probabilmente un ex-voto atletico, nella quale lo scultore, pur
attingendo a formule di elaborazione attica, traduce in forme originali i mezzi
espressivi tardo-arcaici. Che lambiente agrigentino sia in questo periodo fortemente ricettivo lo dimostra anche la piena assimilazione di alcune soluzioni formali nella produzione in calcare, forse posteriore allefebo di qualche decennio:
una testa femminile (fig. 13) 91) di destinazione votiva attinge a modelli non solo
della grande e piccola plastica bronzea ma rivela connessioni anche con la produzione monetale, specificatamente siracusana. Lo stesso pu dirsi di unaltra
testa femminile 92) che pur con le limitazioni indotte dal cattivo stato di conservazione in cui versa, documenta un tentativo mal riuscito, o forse semplicemente non finito, di riprodurre nel tenero calcare coevi modelli bronzei. Una diversa sensibilit certamente quella che sta alla base del progetto concepito pro89)

90)

91)

92)

Si ricordi a questo proposito il riferimento di Diogene Laerzio (VIII, 63) alla truf
degli Agrigentini tanto biasimata da Empedocle. Per questo stesso aspetto si confronti anche Diodoro Siculo (XIII, 82, 6-8; XIII, 90) che ci informa su quanto gli
Agrigentini amassero spendere in opere darte dogni genere. La citt era ricca di
opere darte e possiamo presumere che molte di esse furono trasferite altrove dai
Cartaginesi nel saccheggio seguito alla distruzione del 405 a.C. Cfr. anche Diodoro
Siculo XIII, 96. Una spia del notevole grado di ricchezza e dellelevato livello individuale o familiare degli Agrigentini sul piano sociale e culturale rappresentata anche dai corredi funerari, come sottolineato ed analizzato da M. TORELLI, Riflessi delleudaimonia agrigentina nelle ceramiche attiche importate, in I vasi attici ed altre
ceramiche coeve in Sicilia, Atti del Convegno Internazionale, Catania, Camarina,
Gela, Vittoria, 28 marzo-1 aprile 1990, CronA 30, 1991, vol. II, pp. 189-198.
Agrigento, MAR, inv. n. AG 698: marmo bianco a grana grossa, cristallina; superficie traslucida per la forte levigatura; alt. m 1,10. Fu rinvenuto intorno al 1880 in una
cisterna presso la chiesa di S. Biagio (pendici sud orientali della Rupe Atenea); la
gamba sinistra fu ritrovata nel 1898 in unaltra cisterna nelle vicinanze. Circa 490480 a.C. Lo stile severo in Sicilia, pp. 158-161 (A. DE MIRO), con bibliografia anteriore; ROLLEY 1994, pp. 300-301; BOARDMAN 1995, p. 164, fig. 182; DE MIRO 1996,
pp. 413-414; I Greci in Occidente, p. 661, n. 1 (E. C. PORTALE); M. BELL III, Il canto del choreutes, in E. M. STEINBY (a cura di), Ianiculum Gianicolo. Storia, topografia, monumenti, leggende dallantichit al rinascimento, Acta Instituti Romani
Finlandiae 16, 1996, in part. pp. 83-86, fig. 7.
Agrigento, MAR, inv. n. AG 1285: calcare locale; alt. m 0,139. Dal tempio cd. di
Eracle. Circa 470-450 a.C. P. GRIFFO, in FA XII, 1957, n. 1568, tav. 6, fig. 14; HOLLOWAY 1975, p. 13, figg. 89-91; P. GRIFFO, Il Museo Archeologico Regionale di Agrigento, Roma 1987, p. 139, fig. 121.
Agrigento, MAR, s. n.: calcare locale; alt. m. 0,145. Circa 460 a.C. HOLLOWAY 1975,
p. 13, figg. 87-88.

66

STEFANIA PAFUMI

babilmente per la decorazione frontonale di un tempio, o forse per la realizzazione di un gruppo a s stante del quale doveva far parte la figura del c. d. guerriero 93). Al di l della difficile esegesi della scultura, e lasciando da parte ipotetiche quanto indimostrabili attribuzioni, importa qui rilevare soprattutto lelevato
livello qualitativo 94) che essa documenta nella plastica monumentale agrigentina
nel periodo dello stile severo. Resa anatomica e sensibilit formale rendono questa scultura eccezionale, anche se non isolata: infatti, se anche non dovesse far
parte della medesima composizione, un frammento di coscia virile finito a Chatsworth (fig. 14) 95) sicuramente proveniente da Agrigento offre ulteriori elementi
per una valutazione della scultura agrigentina nel periodo dello stile severo oltre
che, in considerazione delle affinit stilistiche evidenti nella resa della stoffa, un

93)

94)

95)

Agrigento, MAR, inv. nn. AG 217; AG 2077; AG 2577; AG 2186: marmo bianco a
grana fine; alt. m 0,86. Fu rinvenuto nel 1940 allinterno di una cisterna ricavata nelle parti struttive del tempio di Zeus. La coscia e la mano sinistra furono rinvenuti nel
1958 durante gli scavi eseguiti a sud dellarea del tempio di Zeus; erano frammisti a
materiali eterogenei, databili in un arco di tempo compreso tra VI e IV sec. a.C., che
formavano la colmata di una grande vasca a sud del tempio e di un cisternone a ridosso delle mura. Circa 480-470 a.C. Lo stile severo in Sicilia, pp. 162-163 (A. DE
MIRO), con bibliografia anteriore; M. BARBANERA, Il guerriero di Agrigento, Roma
1995; DE MIRO 1996, p. 413.
Nel 1958, nellarea a Sud del tempio di Zeus furono rinvenuti insieme con il frammento n. inv. 2557 anche: - Agrigento, MAR, frammento di figura femminile (fr. di
braccio con panneggio); marmo bianco a grana mediogrossa; lungh. max m. 0,16;
largh. max. m 0,10; - Agrigento, MAR, inv. n. 2515: frammento di bracciale di scudo; marmo bianco a grana mediogrossa; alt max m. 0,9; largh. max. m 0,10.
Di opinione diversa C. Marconi che in occasione di una conversazione tenuta presso
il Museo di Agrigento, ribadiva limpressione di un lavoro in realt non eccessivamente accurato sul piano tecnico e comunque certamente inferiore qualitativamente
a quello documentato dagli inserti metopali dellHeraion (tempio E) di Selinunte.
Pur non concordando con il Marconi sul giudizio qualitativo, sembra chiara anche a
chi scrive una diversit di esecuzione che in ogni caso esclude la possibilit che si
tratti degli stessi scultori.
Chatsworth,West Lodge: marmo bianco a grana fine, cristallina, forse pario; lungh.
max. m 0,33. Dal tempio cd. di Eracle. Fu acquistato ad Agrigento da William Spencer, VI duca di Devonshire, in occasione di un viaggio in Italia negli anni 1833-1834.
Circa 480-470 a.C. D. BOSCHUNG-H. VON HESBERG A. LINFERT, Die antiken Skulpturen in Chatsworth sowie in Dunham Massey und Withington Hall (Monumenta Artis Romanae XXVI), Mainz 1997, pp. 15, 18-19, n. 3, tav. 6, 1-2.

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

67

insperato termine di confronto per una rilettura della statua di Mozia 96) con la
conseguente possibilit di ancorare ulteriormente la datazione di questa intorno
al 470 a.C. ca., nonch di avvicinarla ad un ambiente artistico di produzione,
sebbene non necessariamente di fruizione, verosimilmente pi agrigentino che
selinuntino 97). In generale, allo stato attuale delle conoscenze, sembra doversi registrare ad Agrigento, per tutta la prima met del V sec. a.C., il netto prevalere
di sculture impiegate in contesti votivi, a discapito del settore funerario.
La documentazione proveniente da HIMERA limitata alle sculture frammentarie attribuite alla decorazione frontonale del Tempio della Vittoria 98). Per
gli anni in cui esse si collocano, indubbio lormai definitivo ingresso della citt

Mozia, Museo Withaker. Marmo bianco a grana medio-grossa, con venature verticali
di colore grigiastro; alt. max m. 1,81. Fu trovata nel 1979 nellarea 56 della zona K
nei pressi dellarea sacra detta del Cappiddazzu. La statua giaceva sul pavimento acciottolato dellarea, in una colmata di detriti riferibile alla presa di Mozia da parte di
Dioniso di Siracusa nel 397 a.C. Lo stile severo in Sicilia, pp. 232-233 (A. SPAN GEMELLARO), con bibliografia precedente fino al 1990; F. CANCIANI, Ipotesi sulla statua
di Mozia, in Kotinos. Festschrift fr Erika Simon, Mainz am Rhein 1992, pp. 172-179;
S. SANDE, Il giovane di Mozia. Un attore, in ActaAArtHist, s. a., 1992, pp. 35-51; ROLLEY 1994, p. 389; EAA II Suppl. 1971-1994, s. v. Mozia, pp. 829-832 (P. MORENO);
M. BELL III, The Motya Charioteer and Pindars Isthmian 2, in MemAmAc, XL, 1995,
pp. 1-42; E. DI FILIPPO BALESTRAZZI, Il giovane di Mozia. Una nuova ipotesi interpretativa, in NAC, XXIV, 1995, pp. 133-171; C. PAVESE, Lauriga di Mozia, Roma
1996 (con sommario delle principali proposte interpretative); M. DENTI, Typologie et
iconographie de la statue mascoline de Mozia, in RA 1997, pp. 107-128.
97)
Tutto questo, ovviamente, prescinde dal problema della fruizione della scultura che
come a tutti noto rimane dibattuto fra coloro che in unottica elleno-centrica vedono nella statua di Mozia il frutto del bottino dei Cartaginesi dopo la distruzione di
Agrigento nel 405 a.C. e coloro che, invece, ritengono la scultura un prodotto di maestranze greche per committenti punici. Per questi problemi, sui quali non si ancora giunti ad una communis opinio, si rimanda allampia bibliografia riportata alla nota precedente da cui si potr risalire anche agli studi meno recenti.
98)
PALERMO, MAR: a) fr. di figura femminile panneggiata, alt. max m. 0,55; b) fr. di figura virile, alt. max m 0,27; c) fr. di figura virile, alt. max m 0,27; d) fr. di figura virile; alt. max m 0,32; e) fr. di figura virile. Lungh. max m 0,19; f) fr. di figura leonina, alt. max m 0,19; alt. della base m 0,8; g) fr. di figura virile, alt. max m 0,14; h)
fr. di figura virile, alt. max m 0,16; i) fr. di figura virile, alt. max m 0,18; l) fr. di figura leonina, alt. max m 0,09. Calcare bianco, fine e assai compatto, con numerose
presenze cristalline. Dal lato occidentale del tempio della Vittoria. Intorno al 470 a.C.
Lo stile severo in Sicilia, pp. 174-175, n. 9 (N. BONACASA), con bibliografia precedente; BONACASA 1992, pp. 144-148.

96)

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STEFANIA PAFUMI

nella sfera dinfluenza agrigentina 99). Nella coroplastica locale, in verit, linfluenza agrigentina appare attestata gi alla fine del VI sec. a.C. come dimostra,
ad esempio, la diffusione del tipo della Athena Lindia; dopo il ripopolamento
della citt voluto da Terone, ed ancora nel terzo quarto del V sec. a.C., tale influenza appare ancora pi tangibile, tanto da far supporre lo spostamento di maestranze e botteghe 100). La stessa influenza, per, non sembra ugualmente proponibile per la scultura monumentale. Le sculture rinvenute presso il lato occidentale del tempio della Vittoria, pongono una serie di problemi di difficile soluzione (fig. 15). La loro probabile appartenenza alla decorazione frontonale del tempio permette di datarle intorno al 470 a.C. ma stilisticamente esse tradiscono un
gusto che sembra ancora legato allarcaismo. Questo non si rivela del tutto privo di confronti: appare invece un tratto distintivo della bottega che ha prodotto
in quegli stessi anni, per lAthenaion di Siracusa, la statua di Nike (fig. 7) 101), particolare che riaccende il dibattito sulla partecipazione delle maestranze siracusane al progetto ed alla realizzazione del Tempio della Vittoria ad Imera 102).

Ne dimostrazione diretta labbandono del sistema ponderale calcidese per il piede


euboico-attico usato ad Agrigento e la comparsa del granchio agrigentino al fianco
del gallo imerese sulle emissioni della citt a partire dal 483 a.C. J. K. JENKINS, Himera: the Coins of Akragantine Type, in La monetazione arcaica di Himera fino al
472 a.C. Atti del Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici, II, 1971,
Roma 1971, pp. 21-36. In generale sullatteggiamento di Terone nei confronti di Himera: N. BONACASA, Da Agrigento a Himera: la proiezione culturale, in Agrigento e
la Sicilia greca, pp. 133-150 dove la mancanza di opere di monumentalizzazione
fatta eccezione per il tempio dorico della Vittoria viene spiegata alla luce della connotazione del tutto utilitaristica dellinteresse di Terone nei confronti della citt.
100)
Per questi aspetti: N. ALLEGRO, Il quartiere Est, in Himera II, Roma 1976, p. 540; O.
BELVEDERE, Tipologia e analisi delle arule imeresi, in Secondo Quaderno Imerese,
Roma 1982, pp. 111-112.
101)
Vd. supra, nota n. 78.
102)
Secondo gli studi pi recenti nella realizzazione del Tempio delle Vittoria ad Himera, lintervento agrigentino si pone al livello delle tecniche e degli accorgimenti pratici (ad es. la presenza di scalette per laccesso al tetto ricavate nel muro divisorio fra
pronao e cella) mentre il progetto iniziale sarebbe siracusano. J. DE WAELE, La progettazione dei templi dorici di Himera, Segesta e Siracusa, in Secondo Quaderno
Imerese, Roma 1982, in particolare p. 25. Per una supervisione tutta geloniana del
progetto: LURAGHI 1994, p. 320. Per questi problemi, anche: N. BONACASA, Ipotesi
sulle sculture del Tempio della Vittoria a Himera, in Aparchai, I, 1982, pp. 295-297.
99)

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

69

SELINUNTE la citt che ha restituito il numero pi cospicuo di sculture databili nel periodo preso in esame, con maggiore incidenza in ambito votivo e nei
decenni 470-450 103), e lunica che abbia restituito per lo stesso periodo anche una
scultura in bronzo, il noto efebo 104). Potrebbe appartenere alla decorazione frontonale del tempio G un torso di dimensioni leggermente superiori al vero, forse
di un gigante, in calcare locale, ancora legato sul piano stilistico a schemi arcaici 105), gli stessi che trovano elementi di confronto in una testa maschile, sebbene
pi antica, rinvenuta nel deposito votivo del santuario agreste di Madonna del Piano a Grammichele 106). Una testina di kore in calcare 107) sembrerebbe colmare lapparente vuoto registrato per il primo quarto del V sec. a.C.: in essa si possono
scorgere gi molti elementi peculiari della produzione selinuntina del secondo
venticinquennio del V sec.: occhi stretti ed allungati, dai globi leggermente sporgenti, profilati da palpebre spesse, calotta cranica trattata a lievi, sinuose incisioni, sensibile vibrazione del modellato sotto il labbro inferiore e presso le narici,
labbra prominenti, orecchie schiacciate con la met superiore del padiglione che
nelle teste femminili ricopre una larga fascia o diadema. Molte di queste soluzioni formali e stilistiche si trovano, infatti, in alcune teste pertinenti a statue a tuttotondo realizzate da una bottega di scultori attiva a Selinunte nei decenni 470

Per quanto riguarda le sculture selinuntine occorre rilevare che sono entrate nella discussione solo le sculture che, per lesistenza di dati di scavo pi precisi e per un
maggiore grado di completezza, offrono la possibilit di una lettura pi completa; alcuni frammenti facenti parte del catalogo di V. Tusa (TUSA 1983) sono infatti troppo
esigui o cos rovinati da non permettere neppure una sicura assegnazione al periodo
preso in esame.
104)
Palermo, MAR, s. n. inv.: bronzo, patina verde scura; alt. m 0,847. Da Selinunte.
470-460 a.C. RIZZA-DE MIRO 1985, pp. 224-225, figg. 233-234, con bibliografia precedente; Lo stile severo in Sicilia, pp. 239-241, n. 82 (C. A. DI STEFANO); ROLLEY
1994, pp. 303-304; I Greci in Occidente, p. 704, n. 180 (A.VILLA).
105)
Palermo, MAR inv. n. 3891: calcare; alt. m 0,41. Dalladyton del tempio G. TUSA
1983, pp. 127-128, n. 25; RIZZA- DE MIRO 1985, p. 193, fig. 202.
106)
Siracusa, MAR P. Orsi, n. inv. 23160. ORSI, art. cit. in nota n. 14, coll. 132-136,
fig. 2; RIZZA- DE MIRO 1985, p. 174, fig. 181.
107)
Palermo, MAR? (attualmente dispersa): calcare, alt. max. m 0,55. Fu rinvenuta nel
1903 fra i materiali dei depositi sacri del santuario della Malophoros. Circa 480-470
a.C. E. GABRICI, Il santuario della Malophoros a Selinunte, in MonAnt XXXII, 1927,
coll. 172-173, tav. XXIII, 4-4 a.
103)

70

STEFANIA PAFUMI

450 a.C., come una testa di divinit barbata 108) o una testa ora a Berlino (fig. 16)109)
nelle quali le assonanze vanno ben oltre la semplice aria di famiglia110). Non
sembra inverosimile ritenere che la stessa bottega abbia atteso, qualche decennio
pi tardi, alla realizzazione delle teste delle metope del tempio E ed in particolare, di quelle del lato ovest del tempio. Allo stesso ambiente artistico si possono
attribuire anche alcune statuette di peplophoroi (figg. 17-18) 111) di piccole dimensioni, forse pertinenti alla decorazione di un piccolo edificio votivo allinterno del
santuario di Demetra Malophoros, o semplici offerte votive alla divinit. Indubbie sono le affinit con la produzione artistica insulare: in particolare appaiono
preponderanti le influenze della scultura paria degli anni intorno al 480-470 a.C.
come dimostrano le pieghe semicircolari sul petto delle figurine, dal peculiare carattere disegnativo 112). Le stesse soluzioni stilistiche, sia pure tradotte con diversa
Palermo, MAR, inv. n. 3893: marmo bianco a grossi cristalli; alt. max (vertice testaestremit del collo) m 0,26. Fu ritrovata il 24 marzo 1888 sul suolo antico della via
da nord a sud (SALINAS) dellacropoli. Circa 470-460 a.C. A. SALINAS, Sicilia. XIII.
Selinunte Relazione sommaria intorno agli scavi eseguiti dal 1887 al 1892, in NSc
1894, pp. 204-205, fig. 1; TUSA 1983, p. 137, n. 55, tav. 39 con altra bibliografia; RIZZA-DE MIRO 1985, p. 233, fig. 275; Lo stile severo in Sicilia, p. 222, n. 68 (E. STBY).
109)
Berlino, Staatliche Museen, inv. n. SK 1474: marmo bianco a grana media, forse pario, con incrostazioni botaniche; alt. max m 0,103. Dal santuario della Malophoros. Secondo quanto si legge nellinventario del Museo di Berlino al n. SK 1474, riportato da
V. Tusa, la testa sarebbe stata ritrovata il 20 aprile 1896 (a seguito di interventi clandestini) presso i Propilei della Gaggera ed acquistata sul mercato antiquario il 30 luglio
dello stesso anno dal Museo di Berlino per 1000 marchi. 470-460 a.C. TUSA 1983, p.
189, nota 13; MARCONI 1994, p. 215, fig. 91.
110)
Alcune peculiarit come il sensibile sprofondamento degli occhi entro il cavo orbitale con conseguente creazione di forti zone dombra sotto le palpebre inferiori, o la
tensione visibile soprattutto agli angoli della bocca e che al di sotto del labbro inferiore scava quasi un solco, sono indizi di una assai stretta parentela stilistica.
111)
1) Palermo, MAR, inv. n. 3895 (fig. 17): marmo bianco a grana fine, compatta, cristallina; segni di incrostazioni botaniche in superficie; alt. max fr. m 0,21, prof. max
m 0,105. Fu ritrovata nel 1889 presso il santuario della Malophoros. 470-460 a.C.
TUSA 1983, p. 130, n. 32; Lo stile severo in Sicilia, p. 226, n. 72 (E. STBY); MARCONI 1994, p. 214, fig. 85; 2) Palermo, MAR, inv. n. 3894 (fig. 18): marmo bianco a
grana fine, cristallina; lungh. max fr. m 0,23. Dal santuario della Malophoros. Fu rinvenuta il 6 maggio 1889. 470-460 a.C. TUSA 1983, p. 130, n. 31; Lo stile severo in
Sicilia, p. 225, n. 71 (E. STBY); MARCONI 1994, p. 214, fig. 84; 3) Palermo, MAR,
inv. n. 5779: marmo bianco a grana medio-grossa; alt max m 0,18; largh. m 0,15. Da
scavi del 1889; probabilmente dal santuario della Malophoros. 470-460 a.C. TUSA
1983, p. 131, n. 33; Lo stile severo in Sicilia, p. 227, n. 73 (E. STBY).
112)
I confronti con la nota Nike rinvenuta a Paros (Museo, n. inv. 245) non lasciano dubbi sulla matrice artistica di queste soluzioni. R. TLLE-KASTENBEIN, Frklassische
Peplosfiguren Originale, Mainz am Rhein 1980, pp. 264-266, n. 43d, figg. 173-175;
ROLLEY 1994, pp. 360-361, 376, fig. 378.
108)

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

71

sensibilit, si ritrovano anche in alcune statuette votive di personaggi femminili


provenienti dallacropoli di Selinunte (figg. 19-20) 113). Sebbene non si possa
escludere la presenza di scultori educati al gusto ionico, provenienti dalle Cicladi, quello che appare pi significativo e percepibile la presenza a Selinunte, della matrice artistica specificatamente paria, similmente a quanto gi osservato a
Megara Hyblaea tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. In questo senso Selinunte appare perfettamente in linea anche con Siracusa dove probabilmente tra il
480 ed il 470 a.C., il gruppo cui appartengono le sculture rinvenute presso la vecchia stazione ferroviaria (figg. 9, 11-12) documenta analoghe esperienze 114). Non
del tutto estranei alla formazione degli scultori che operano a Selinunte nel secondo venticinquennio del V sec. a.C., devono essere stati inoltre i contatti con
lambiente locrese di cui sembrano essere testimonianza diretta le importazioni di
terrecotte dallarea locrese e medmea oltre che limitazione di tipi figurativi propri di quelle produzioni 115). Questi contatti, che possono in generale ricondursi ai
rapporti che la citt intrattenne con Siracusa allindomani della battaglia di Himera, e che sembrano documentati almeno fino al 460-450 a.C.116), potrebbero
aver dischiuso agli scultori selinuntini altri orizzonti artistici preparandoli a nuove sperimentazioni eventualmente vivificate dallimportazione di modelli dalle
aree insulari 117) sperimentazioni di cui le sculture del tempio di Hera, nel de1) Palermo, MAR, inv. n. 3896 (fig. 19): marmo bianco a grana fine e cristallina (la
patina nera sulla superficie forse dovuta al fumo di un incendio); alt. max m 0,285;
largh. sulle spalle m 0,13. Fu ritrovata negli scavi condotti nel 1920-21 nello spazio
tra i templi C e D, il muraglione a gradini ad est e la strada a sud. (Gabrici). 470460 a.C. TUSA 1983, p. 131, n. 36; 2) Palermo, MAR, inv. n. 3898 (fig. 20): marmo
bianco a grana fine; alt max m 0,165; largh. m 0,16. Fu rinvenuta, non in strato, negli scavi condotti nel 1920-21 nello spazio tra i templi C e D, il muraglione a gradini ad est e la strada a sud (Gabrici). 470-460 a.C. TUSA 1983, p. 131, n. 35; Lo
stile severo in Sicilia, p. 229, n. 75 (E. STBY).
114)
Sembra di una certa utilit ricordare che secondo alcuni, allindomani della vittoria
di Himera si sarebbe creato un blocco Selinunte-Siracusa in funzione anti-agrigentina. A questo proposito si veda LURAGHI 1994, pp. 312-313. in questo quadro, tra il
primo ed il secondo quarto del V sec. a.C., che fra Selinunte e Siracusa possono esserci stati particolari scambi o influenze anche nella produzione scultorea.
115)
N. ALLEGRO, Le terrecotte figurate, in Lo stile severo in Sicilia, pp. 128-131. Sui rapporti con larea locrese medmea si veda anche C. MARCONI, Arte dellet di Polignoto. Le metope dellHeraion (Tempio E) di Selinunte, in Lo stile severo in Grecia e in Occidente, p. 97.
116)
ALLEGRO, art. cit. in nota precedente, p. 128.
117)
Si fa particolare riferimento qui al frammento di scultura Palermo, MAR inv. n. 3898
(fig. 20) nel quale potrebbe forse riconoscersi un esempio di scultura importata come modello, in considerazione della lieve differenza iconografica rispetto agli altri
esemplari dovuta alla mancanza del chitone con maniche sottostante, e della maggiore padronanza dei mezzi tecnici riconoscibile nel lavoro generale.
113)

72

STEFANIA PAFUMI

cennio 460-450 a.C., rappresentano il pi elevato punto di arrivo 118). Tra i fattori
concomitanti nella formazione e definizione della temperie artistica e culturale
dello stile severo a Selinunte, non vanno, naturalmente, dimenticati anche i rapporti con Olimpia, dove Selinunte possedeva un thesaurs 119), e con Atene 120). Tra
le commesse di maggiore prestigio ed impegno doveva essere la statua equestre,
forse un donario celebrativo di una vittoria agonistica, di cui si conserva purtroppo sola la coda (fig. 21) 121). In generale, una documentazione relativamente ricca
di sculture di piccole dimensioni in marmo 122) ed in calcare 123) sembra confermare per Selinunte, specie nel secondo venticinquennio del V sec. a.C., una presenza stabile di scultori, impegnati, come si vede, a soddisfare le esigenze della committenza pubblica e specialmente quelle della committenza privata soprattutto nel
settore votivo.
Si ricordi che a questo stesso periodo ed agli stessi scultori delle metope dellHeraion generalmente attribuita anche la metopa con Eos e Kephalos [TUSA 1983, p.
123, n. 17; Lo stile severo in Sicilia, p. 220, n. 66 (E. STBY)].
119)
A. MALLWITZ, Olympia und seine Bauten, Mnchen 1972, p. 173-174.
120)
Sulle influenze attiche in riferimento alle metope dellHeraion di Selinunte si veda:
W. FUCHS, Zu den Metopen des Heraion von Selinus, in RM, 63, 1956, pp. 116-117
dove espresso dallautore il convincimento che il maestro delle metope sia una
scultore che ha studiato ad Atene; BELL III, art. cit. in nota n. 97, pp. 1-42, in part.
p. 14 e note 77-78, preferisce invece pensare ad un maestro ateniese, forse della bottega di Kritios e Nesiotes, che avrebbe lavorato in Occidente dopo il 480 a.C. impiegando nella realizzazione della commessa relativa allHeraion, anche scultori locali. Su questi aspetti si veda anche quanto discusso in MARCONI 1994, pp. 99-104.
121)
Palermo, MAR, inv. n. 17070 (fig. 21): fr. di statua equestre, coda. Marmo bianco a
grana fine, compatta, cristallina, patina giallognola; lungh. m 1,02; largh. max m 0,
135. Conservato il perno metallico (lungo cm 16) mediante il quale la coda era attaccata al corpo del cavallo. Dallarea ad Ovest del santuario della Malophoros
(1965). Prima met del V sec. a.C. TUSA 1983, p. 182, n. 299; J. FREL, Lauriga di
Mozia: unopera di Pitagora di Reggio, in PP 220, 1985, pp. 64-65; Lo stile severo
in Sicilia, p. 224, n. 70 (E. STBY).
122)
Per il periodo in esame si pu aggiungere alle sculture gi menzionate anche un bel
frammento di figura femminile: Palermo, MAR, inv. n. 5728: fr. di figura femminile, marmo bianco a grana medio-grossa; lungh. max m 0,12; largh. max m 0,55. 470450 a.C. TUSA 1983, p. 155, n. 146.
123)
Per il periodo preso in esame provengono da Selinunte le seguenti sculture in calcare: 1) Palermo? (attualmente dispersa): figura femminile, testa. Vd. supra, nota n.
107; 2) Palermo, MAR, inv. n. 5772 (ex 278): figura femminile, frammento; alt. m
0,11; alt. della base m. 0,3. Dallacropoli. Fu ritrovata il 28 marzo 1882 sotto la trabeazione caduta della 9a e 10a colonna del lato settentrionale del tempio di Eracle
(tempio C) (Selinunte, Giornale de trovamenti 1872-1888, p. 174, n. 361). Primo
quarto del V sec. a.C. TUSA 1983, p. 132, n. 37; 3) Palermo, MAR, inv. n. 14804 (ex
1503): figura femminile, testa; alt. max m 0,152; largh. m 0,111; alt. del collo conservata m 0,53. Fu rinvenuta e donata da A. Salinas nellanno 1892, probabilmente
118)

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

73

3. Tipi iconografici e tipologie funzionali 124).


Una rapida rassegna del repertorio dei soggetti utilizzato nella scultura a tuttotondo in bronzo, marmo e pietra, condotta principalmente sulla base della documentazione archeologica, pu contribuire allanalisi del rapporto esistente tra
questa forma di produzione artistica ed il contesto sociale e culturale in cui essa
viene utilizzata, e ad indagare, quando possibile, i rapporti fra tipi iconografici e
tipologie funzionali 125), fra tipologie e dimensioni. Alcune osservazioni desumibili anche dalle fonti letterarie possono contribuire a rendere pi chiaro il quadro.
La rassegna delle sculture menzionate da Pausania rivela pochi tipi iconografici fondamentali. Sulla scorta del periegeta, sembra possibile supporre lesistenza
di tematiche precise (ad esempio, Zeus per Olimpia, Apollo per Delfi) determinate dai santuari e capaci di influenzare le scelte dei committenti almeno fino al primo venticinquennio del V sec. a.C. Il caso della statua di Zeus dedicata dagli
Iblei 126) appare emblematico: un tipo iconografico di Zeus, quale che fosse, era stato scelto da una citt non greca per auto-rappresentarsi nel santuario panellenico
di Olimpia, probabilmente intorno ai primi decenni del V sec. a.C. La conferma
che la destinazione duso poteva influenzare la scelta dei soggetti sembra venire
anche dal caso delle venti statue di Apollo dedicate a Delfi dai Liparesi 127).
Pi varie le dediche private: non solo Zeus, ma anche Eracle, cavalli ed aurighi, Nikai, guerrieri in combattimento. Della statua di Zeus dedicata da Ene-

in seguito agli scavi da lui condotti nello stesso anno presso le fortificazioni dellacropoli. Circa 460-450 a.C. TUSA 1983, p. 138, n. 57; Lo stile severo in Sicilia, p.
223, n. 69 (E. STBY); 4) Palermo, MAR, inv. n. 5756 (ex 291): figura femminile seduta, torso; alt. max m. 0,11; largh. max m. 0,10. Secondo quarto del V sec. a.C. TUSA 1983, p. 132, n. 39; 5) Palermo, MAR, inv. n. 3892: figura femminile, torso; alt.
max m 0,245; largh. presso le spalle m 0,9. Dal santuario della Malophoros. La parte superiore proviene dagli scavi del 1898, quella inferiore dagli scavi del 1920. Verso la met del V sec. a.C. TUSA 1983, p. 131, n. 34; 6) Palermo, MAR, inv. n. 5768:
figura femminile, frammento; alt. max del fr. m 0,16 compresa la base; largh. della
base, m 0,18. Verso la met del V sec. a.C. TUSA 1983, p. 132, n. 38.
124)
Con la definizione di tipologia funzionale si vuole intendere la categoria meno generale che deriva dal rapporto fra la scultura e la sua destinazione duso (ad esempio,
kouroi funerari; korai votive ecc.)
125)
Per il significato dei termini agalma ed edos e per le problematiche connesse a queste tipologie con riferimento soprattutto alla destinazione cultuale della statua di divinit, si veda: EAA, Suppl. II, 1971-1994, vol. V, s.v. Statua di culto, pp. 382-392
(S. DE ANGELI), con ricca bibliografia. In generale sui problemi terminologici relativi alle parole greche utilizzate per designare le statue: ROLLEY 1994, pp. 22-24.
126)
Cfr. supra, tabella e note nn. 36, 39.
127)
Cfr. supra, tabella e nota n. 30.

74

STEFANIA PAFUMI

sidemo, Frinone ed Ippagora di Leontini 128) potrebbe riconoscersi un riflesso


nella raffigurazione presente sul cartiglio rettangolare di uno strigile conservato presso una collezione privata di Monaco, proveniente dal tratto di mare compreso fra Siracusa e Lentini 129): Zeus rappresentato di pieno profilo con fulmine nella mano destra levata ed aquila sulla sinistra protesa in avanti, incedente verso un altare; sul fianco la scritta RETOS, cio swtr. Le soluzioni
formali della figura, dotata, come sembra, anche di meniskos, sono confrontabili con quelle di analoghe raffigurazioni presenti sulla ceramica attica a figure
nere del 550-490 a.C.130) ed unidea dello stesso tipo statuario sopravvive, forse, anche in un bronzetto a fusione piena conservato a Monaco 131).
Di maggiore interesse sul piano semantico, il gruppo dedicato da Evagora
di Zancle, raffigurante Eracle che combatte contro unAmazzone a cavallo per
il possesso della cintura 132). Non conosciamo il motivo della dedica ma possiamo supporre che il significato del gruppo fosse politico, poich la cintura sottratta allAmazzone simbolo del potere regale 133) e che la creazione artistica
fosse innovativa anche sul piano figurativo dal momento che liconografia delCfr. supra, tabella.
H. MARWITZ, Eine Strigilis, in AntK 22, 1979, pp. 72-81, tav. 22, 1-6, 6.
130)
Ibidem, p. 74, nota 12.
131)
Ibidem 1979, tav. 22, 7. Il forte contrasto tra le soluzioni formali e stilistiche, chiaramente tardo arcaiche, dellimmagine di Zeus presente sullo strigile e la forma dello
strigile stesso, datato su basi tipologiche al 450-420 a.C. ed il ritrovamento di un frammento di base di statua in marmo pario rinvenuto ad Olimpia (IvO, n. 838) nel quale
si leggono le lettere AIN che rimandano al nome Ainesidemos, hanno indotto a credere allesistenza di un Enesidemo dedicante diverso dal pi noto tiranno di Leontini,
forse anche di qualche generazione pi giovane (J. G. FRAZER, Pausanias Description of Greece I-IV, London-New York 1898, vol. III, p. 630. Questo servirebbe anche
a confermare losservazione di Pausania (V, 22, 7) sulla diversa identit di Enesidemo
rispetto al tiranno di Leontinoi: ... ne/qesan de\ Ippagraj te ka Frnwn ~ka
~ ka tn turannsanta enai
Anesdhmoj llon po tina Anesdhmon dokw
Leontnwn). Ma il frammento della base non sembra adatto a supportare una statua
che Pausania dice alta sette cubiti ovvero ca. m 3,43; sembra pi probabile dunque che
il divario cronologico tra lo strigile e la raffigurazione del cartiglio debba essere imputato o al conservatorismo iconografico che, similmente a quanto avviene nei coni
monetali, pu aver giocato un ruolo nelladozione di un tipo arcaico o forse, ad una
precisa volont da parte del proprietario dello strigile di ricordare un particolare tipo
statuario venerato nella citt, anche a distanza di molti anni.
132)
Cfr. supra, tabella e nota n. 27.
133)
La presenza di uomini orientali in Sicilia e specificatamente a Zancle dove Scite di
Coo fu messo al governo da Ippocrate, potrebbe avere una certa importanza: la scelta dellepisodio rappresentato potrebbe riflettere qui, forse per la prima volta, un riferimento al nemico persiano nella duplice veste di Scite di Coo, vassallo del re persiano Dario e governatore di Zancle per Ippocrate, e Dario stesso, invasore dei Gre128)
129)

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

75

lAmazzone a cavallo non risulta attestata altrove prima della fine del V sec.
a.C.134).
Un significato politico e comunque legato alla sfera militare si deve riconoscere anche alle raffigurazioni di Nikai votate a Delfi dai Dinomenidi Gelone e Ierone di Siracusa, cos come a vittoriose campagne militari alludono anche i donari dedicati da Formide e Licorta di Siracusa135). Fra questi ultimi, il
gruppo di guerrieri dedicato ad Olimpia potrebbe essere stato particolarmente
innovativo sul piano figurativo: infatti, se non appare plausibile literazione della figura di Formide che Pausania riconosceva grazie ad una iscrizione, tuttavia probabile che il gruppo concretizzasse soluzioni sperimentali nella rappresentazione di donari a pi figure 136). Non si hanno, invece, elementi sufficienti
per valutare la statua di Gelone collocata a Delfi come dedica privata da parte
del fratello Ierone 137).
Tra i soggetti votivi di carattere religioso prevalgono nettamente quelli
femminili ed in particolare, quello della donna offerente sembra godere di favore per tutta la prima met del V sec. a.C. Al tipo femminile vestito di chitone ed himation trasverso (figg. 7-8) o simmetrico (fig. 9) si affianca per poi sostituirsi pressoch diffusamente tra il 470 ed il 450 a.C., quello della peplophoros. La fortuna del tipo iconografico ben documentata a partire dal 460 a.C.
anche nella coroplastica siceliota e magno-greca 138). Nella scultura in marmo, le
statuette votive di piccole dimensioni provenienti dal santuario della Malophoros o dallacropoli di Selinunte (figg. 17-20) 139) sono fra i documenti pi interessanti del tipo. Nessuna statuetta conserva la testa per cui non siamo in grado
di valutarne gli aspetti iconografici e stilistico-formali, ma molto probabile
che essa si conformasse ai canoni riscontrati in questi anni nelle altre produci della Ionia. Evagora di Zancle potrebbe allora essere uno dei trecento Zanclei pi
in vista consegnati da Ippocrate ai Samii perch fossero messi a morte e da questi,
invece, stranamente risparmiati. Questo servirebbe anche a spiegare la necessit di
Evagora di dedicare un donario come charisterion alla divinit del santuario eleo. Di
questa opinione gi MARCONI 1994, pp. 269-270.
134)
LIMC I, 1981, s. v. Amazon, p. 593, n. 94 (P. DEVAMBEZ-A. KAUFFMANN-SAMARAS);
LIMC V, 1990, s.v. Herakles, pp. 72-73 (J. BOARDMAN). Nelle metope di Olimpia e
nelle metope del tempio E di Selinunte lepisodio rappresentato ancora con entrambi i combattenti a piedi; in questi esempi lAmazzone associa al costume oplitico quello scitico, dimostrando la piena diffusione di elementi del costume persiano
nellimmaginario dellepoca.
135)
Cfr. supra, tabella.
136)
Per una ricostruzione: ECKSTEIN, op. cit. in nota n. 25, pp. 43-49.
137)
Cfr. supra, tabella.
138)
ALLEGRO, art. cit. in nota n. 115, p. 129.
139)
Cfr. supra, note nn. 111-113.

76

STEFANIA PAFUMI

zioni: lacconciatura raccolta sulla nuca e bipartita sulla fronte in due ampie
bande laterali di capelli infatti ampiamente attestata nella coeva produzione
coroplastica e nella piccola plastica bronzea, e si ritrova, ad esempio, anche in
alcune teste femminili da Agrigento realizzate nel locale calcare (fig. 13) 140).
Non siamo in grado di riconoscere con certezza i tipi iconografici delle statue di culto note attraverso le fonti, fatta eccezione per qualche caso pi fortunato, come ad esempio quello dellArtemide segestana, in cui possibile risalire al modello pi probabile 141). Tra la documentazione archeologica disponibile, potrebbe restituire limmagine di una statua di culto, forse di Demetra o Persefone, la testa rinvenuta a Megara Hyblaea raffigurante una divinit femminile con alto polos, databile verso la fine del VI sec. a.C. (fig. 3) 142): di dimensioni leggermente inferiori al vero, realizzata nel tenero calcare locale secondo
uno schema assai diffuso anche nella coeva coroplastica, presenta posteriormente un solco a forma di T, ritenuto gi da P. Orsi probabile alloggiamento
per una grappa, funzionale al fissaggio della statua ad una parete o ad altro supporto. Ad una statua di culto potrebbe riferirsi anche la testa maschile barbata
rinvenuta sullacropoli di Selinunte 143): essa documenta un tipo iconografico generalmente utilizzato nel primo quarto del V sec. a.C. per figure di divinit barbata come Zeus o Poseidon, lo stesso tipo iconografico adottato, sempre a Selinunte, nella nota metopa con hierogamia del tempio E.
Lidentificazione dei tipi iconografici dei donari atletici noti attraverso le
fonti rimane molto difficile e complicata anche dalle scarse conoscenze che abbiamo dellarte degli scultori ai quali attribuita la paternit delle opere, nonch dai numerosi dibattiti gravitanti su alcuni aspetti della tipologia atletica a
cavallo fra VI e V sec. a.C.144). Tra la documentazione archeologica disponibile,
oltre al noto auriga di Delfi 145), potrebbero appartenere alla tipologia degli exvoto atletici, documentando il tipo iconografico dellatleta offerente, il noto efebo bronzeo di Selinunte 146) e quelli marmorei di Agrigento e di Grammichele

Cfr. supra, note nn. 91-92.


Si preferisce non ripetere in questa sede le discussioni relative alle proposte di identificazione delle statue di culto note attraverso le fonti, per molte delle quali non si
mai giunti ad una communis opinio, e rimandare invece a quanto sintetizzato supra,
note 52-59, dove si trovano anche i principali rinvii bibliografici relativi a ciascun caso.
142)
Cfr. supra, nota n. 71.
143)
Cfr. supra nota n. 108.
144)
Si veda, ad esempio, il dibattito sul problema delle statue atletiche dette iconiche
in: F. RAUSA, op. cit. in nota n. 34, pp. 19-29.
145)
Cfr. supra, nota n. 34.
146)
Cfr. supra, nota n. 104.
140)
141)

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

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(fig. 2) 147). Questi ultimi, in particolare, presentano rispetto allo schema del kouros alcuni caratteri distintivi scala ridotta, aspetto efebico e una diversa disposizione degli arti portati in avanti a reggere un attributo che lasciano ipotizzare, anche in considerazione dei contesti di rinvenimento, una loro possibile creazione come statue atletiche ed in particolare, stante le dimensioni inferiori al vero, come raffigurazione di atleti vincitori nella categoria dei paides 148).
Non dimentichiamo che secondo una delle interpretazioni pi diffuse ed accettate rientra nella tipologia atletica, ed in particolare in quella figurativa dellatleta vincitore, anche lauriga di Mozia 149), mentre due frammenti di coda equina, rispettivamente da Siracusa e da Selinunte (fig. 21) 150), potrebbero documentare la tipologia del gruppo equestre in riferimento ad eventuali donari agonistici.
Per la tipologia acroteriale documentato intorno al 480-470 a.C. il tipo
figurativo della Nike, se era questa, e non quella di donario isolato, la destinazione dell'esemplare rinvenuto a Siracusa (fig. 7) che sul piano iconografico attinge ancora agli schemi propri delle korai con himation trasverso 151); non mancano per raffigurazioni pi ampie, di carattere narrativo, come dimostrano le
sculture rinvenute presso la stazione ferroviaria di Siracusa (figg. 9, 11-12), recentemente interpretate come acroteri raffiguranti da un lato una scena di ratto,
dallaltro un episodio di duello armato 152).
Le poche sculture attribuibili alla decorazione frontonale pongono problemi pi complessi ed in generale risulta difficile identificare i tipi iconografici
per lo stato frammentario in cui versano. Sembra di poter riconoscere tuttavia
una predilezione per le scene di combattimento eroico, con singole figure di
combattenti eventualmente associate in gruppi contrapposti, da riferire verosimilmente ad episodi della Gigantomachia o dellIlioupersis 153), o forse anche a
qualche episodio della saga di Eracle 154). In generale possiamo supporre anche
Cfr. supra note n. 90 (Agrigento); 66 (Grammichele).
Sulle connessioni tra dimensioni e categorie di et nella gare atletiche (paides, ageneioi, andres), con particolare riferimento allefebo di Agrigento ed alla categoria dei
paides: BELL III, art. cit. in nota n. 90, pp. 77-99, in part. pp. 83-84, n. 30.
149)
Cfr. supra, nota n. 96.
150)
Cfr. supra, note nn. 86 (Siracusa); 123 (Selinunte).
151)
Cfr. supra, nota n. 78.
152)
Cfr. supra, note nn. 80, 82-83. MERTENS-HORN 2000, pp. 324-335.
153)
Cfr. supra, note nn. 93 (cd. guerriero dAgrigento), 95.
154)
Lipotesi plausibile per le sculture frontonali di Himera (vd. supra nota n. 98) dove il culto delleroe era particolarmente radicato e le sue imprese conosciute attraverso i componimenti di Stesicoro. N. BONACASA, Dei e culti di Himera, in Filaj
crin. Miscellanea di studi classici in onore di Eugenio Manni, Roma 1980, vol. I,
pp. 266-267.
147)
148)

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STEFANIA PAFUMI

per le sculture frontonali in Sicilia, come per le coeve esperienze della Grecia
propria, una profonda coesione tra i significati propriamente religiosi e quelli
politico-celebrativi.
Infine, in contesto funerario sono attestati in Sicilia il tipo figurativo del
kouros anche di dimensioni inferiori al vero 155), e quello della sfinge, come dimostra lesemplare rinvenuto a Megara Hyblaea (fig. 4) 156), ma sin dalla fine del
VI sec. a.C. impiegata anche la raffigurazione del defunto eroizzato, come si
pu vedere nel rilievo con cavaliere da Megara Hyblaea 157), nella testa maschile con strophion sempre da Megara Hyblaea (fig. 5) 158) o nelle pi tarde stele da
Pachino 159) e da Camarina 160). In generale, nei pochi casi di sculture riconducibili allambito funerario, tutte databili entro i primi decenni del V sec. a.C.,
lelemento maschile ad auto-rappresentarsi.
***
Come si vede attraverso questa breve rassegna, le tipologie ed i tipi iconografici utilizzati nella scultura a tuttotondo in bronzo, marmo e pietra, sono comuni al resto della produzione greca ed appaiono seguire anche comuni linee
evolutive, bench taluni schemi, come ad esempio quello della kore con himation trasverso, sembrino sopravvivere pi a lungo che altrove 161). Tipi iconograCfr. supra, note nn. 63 (Leontinoi); 74 (Megara Hyblaea); 76 (Siracusa). In particolare, per il torso di Megara Hyblaea, di dimensioni inferiori al vero, stata ipotizzato lutilizzo come semata per la sepoltura di un pais; la stessa destinazione funeraria
stata ipotizzata anche per lefebo di Selinunte (vd. supra, nota n. 104): BELL III,
art. cit. in nota 90, p. 84, nota n. 33.
156)
Cfr. supra, nota n. 72.
157)
Cfr. supra, nota n. 75.
158)
Cfr. supra, nota n. 73. Sul significato della benda come attributo che innalza ad una
condizione sovrannaturale chi la porta: J. M. DENTZER, Un noveau relief du Pir et
le type du banquet attique au Ve sicle av. J.C., in BCH, 94, 1970, p. 87, nota n. 76.
159)
Siracusa, MAR P. Orsi, inv. n. 24837: marmo bianco, a grana fine; alt. max m.
0,25; lungh. max m. 0,28; spess. max. m. 0,5. Da Pachino, contrada Burgio (area interessata da un tratto di necropoli greca). Circa 460-450 a.C. Lo stile severo in Sicilia, pp. 168-169, n. 6 (U. SPIGO) con bibliografia precedente; I Greci in Occidente,
p. 419 (DE MIRO); ibidem, p. 705, n. 187 (E. C. PORTALE).
160)
Cfr. supra, nota n. 76.
161)
Sul conservatorismo stilistico ed iconografico della plastica magnogreca e siceliota:
H. HERDEIJURGEN, Untersuchungen zur thronenden Gttin aus Taras in Berlin und
zur archaischen und archaistischen Schrgmantel, Walsassen 1968, pp. 70-00; per
fenomeni di attardamento (Lingering Severe) e ripresa (Severizing) anche dello stile
severo: B. SISMONDO RIDGWAY, Lo stile severo. Lo stato della questione, in Lo stile
severo in Grecia e in Occidente, pp. 35-42.
155)

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

79

fici specifici e piuttosto insoliti, come quello del kouros panneggiato documentato dal torso di Siracusa (fig. 6) 162) testimoniano nei primi decenni del V sec.
a.C., la piena integrazione della scultura greco-occidentale nel pi vasto panorama della produzione greca. La precocit con cui essa attinge al tipo iconografico atletico per figure di offerenti, come nei casi dellefebo bronzeo di Selinunte o di quello marmoreo di Agrigento, cui pu collegarsi in ambito magnogreco anche un bellissimo torso marmoreo, purtroppo mutilo, di Metaponto 163),
sostenuta dalla domanda sempre pi crescente per le aumentate esigenze di carattere celebrativo e propagandistico, ne rivela tuttavia anche una partecipazione, che possiamo credere non passiva rispetto alle coeve esperienze maturate altrove, nella elaborazione dei modelli. Poco trainante risulta invece il settore funerario, poco o per nulla rappresentato durante la fase tirannica.
Considerazioni conclusive
Cosa si ricava, in conclusione, dal quadro fin qui delineato? Pur non potendo collegare strettamente eventi storici ed evidenza archeologica, e con la
cautela resa necessaria dallesiguit della documentazione materiale a noi pervenuta, nonch dalla perdita della documentazione bronzea che ci priva di un
importante elemento di discussione, sembrano rivelarsi particolarmente utili alla comprensione del fenomeno indagato alcune osservazioni sugli aspetti politici e sociali che interessano le compagini sociali delle citt esaminate.
Il caso di Gela appare piuttosto stridente con gli scenari culturali ricostruibili attraverso altre analisi e merita certamente qualche considerazione in pi.
Se si eccettua una kore in pietra di piccole dimensioni databile ancora intorno
alla met o al terzo quarto del VI sec. a.C.164), si osserva una sostanziale mancanza di documentazione archeologica relativa a sculture a tuttotondo che non
pu non sorprendere, soprattutto se si considera la ricchezza della citt tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. Questa ben documentata non solo dalle
162)
163)

164)

Cfr. supra, nota n. 77.


Metaponto, Antiquarium, inv. n. 21945: marmo bianco a grana medio-grossa, cristallina; alt. max m 0,20; largh. max m 0,21. Dal santuario urbano (terreno di scarico sul lato occidentale di una calcare moderna, a pochi metri di distanza dai resti del
tempio C). 470-460 a.C. STEININGER 1996, p. 121, n. 30, figg. 30-31 (con bibliografia anteriore).
Gela, MAR, inv. n. 8410: pietra; alt. m 0,38. BOARDMAN 1995, fig. 171; Gela. Il Museo
Archeologico, a cura di R. PANVINI, Gela 1998, p. 37, n. I.42 (R. PANVINI: fine VI sec.
a.C.). Se ne osservi la parentela sul piano figurativo con la cosiddetta kore con melagrana in marmo pentelico, ritrovata sullacropoli di Atene (Museo dellAcropoli, n. inv. 593:
M. S. BROUSKARI, The Acropolis Museum. A Descriptive Catalogue, Athens 1974, pp.
43-44, fig. 75), la cui datazione fissata al 580-570 a.C.

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fonti, ma anche, in diverse forme, dallevidenza archeologica: alla fine del VI,
o pi probabilmente agli inizi del V sec. a.C., ad esempio, risale la monumentalizzazione del thesaurs collocato ad Olimpia con laggiunta di un colonnato
sulla fronte 165), mentre qualche decennio pi tardi, tra le ricche offerte presentate a Delfi, una dedica di grande prestigio rappresentata dal celebre auriga
bronzeo votato da Polyzelos 166). Una certa preminenza della citt nellambito siceliota sul piano della produzione artistica documentata, daltra parte, anche
dalla ricca produzione artigianale (terrecotte architettoniche, terrecotte votive,
arule etc.167)) ed un notevole pregio artistico si riscontra anche nelle emissioni
monetali a partire dal 490-485 a.C., ovvero durante la tirannide di Gelone 168). A
questi aspetti si aggiunga anche la particolare ricchezza di progetti edilizi che
vedono, ad esempio, nei primi decenni del V sec. a.C. la costruzione del nuovo
Athenaion, il c.d. tempio C 169), con raffinata decorazione architettonica in marmo cicladico e tegole marmoree, mentre per i primi due venticinquenni del V
sec. a.C. la citt si rivela anche una delle principali importatrici di ceramica attica 170). A completare il quadro si aggiungono adesso anche i recenti rinvenimenti di una nave mercantile affondata davanti alle coste della citt nel 490-480
a.C.171) e quelli dall'emporion della citt che ha restituito, tra laltro, tre are fittili di probabile produzione locale di eccezionale bellezza 172): quanto basta per
Sul thesaurs di Gela e le sue fasi edilizie: MALLWITZ, op. cit. in nota 119, pp. 176-177.
Cfr. supra, tabella e nota n. 34.
167)
Per un inquadramento della produzione artistica geloa si veda, da ultimo: P. ORLANDINI,
Larte greca a Gela, in AA. VV., Omaggio a Gela. Gela 1997. Si osservi, fra laltro, lesistenza di attivissime officine arcaiche di figuli poste lungo il limite occidentale della
citt e sul versante nord della collina, nellarea del c. d. Scalo Ferroviario, la cui attivit
documentata fin dalla met del VII sec. a.C. Cfr. G. FIORENTINI, Da Agrigento a Gela:
leredit culturale, in Agrigento e la Sicilia greca, p. 126.
168)
Per la monetazione di Gela si rimanda a J. K. JENKINS, The Coinage of Gela, Berlin 1970.
169)
VAN COMPERNOLLE 1992, pp. 60-61, il quale ritiene che il nuovo Athenaion di Gela,
rientri nel progetto celebrativo che vede la costruzione dei due templi di Siracusa e
Himera allindomani della vittoria sui Cartaginesi. Questo per contrasterebbe con
la notizia diodorea che menziona solamente due templi (Diodoro XI, 26, 7).
170)
F. GIUDICE et al., I vasi attici della prima met del V sec. a.C. in Sicilia: il quadro di
riferimento, in Lo stile severo in Grecia e in Occidente, pp. 118, 141-144; e adesso
anche G. GRECO et alii, Lincidenza della ceramica attica nei santuari: il caso di Gela, in R. PANVINI-F. GIUDICE (edd.), TA ATTIKA, Veder greco a Gela, Roma 2003, pp.
157-184 e soprattutto, per la lettura socio-culturale, ibidem, M. TORELLI, Le ceramiche a figure rosse di Gela. Contributo alla costruzione del profilo culturale di una
citt, pp. 99-144.
171)
Gela. Il Museo Archeologico, a cura di R. PANVINI, Gela 1998, pp. 96-106.
172)
Ibidem, pp. 107-108; Tiranni e culti della Sicilia in et arcaica, Catalogo della mostra, Caltanissetta 2000, pp. 18-23 (R. PANVINI).
165)
166)

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valutare lalto livello dei traffici commerciali che toccavano Gela sia in arrivo
che in partenza e che ne facevano uno dei mercati pi ricercati ed esigenti del
Mediterraneo. Lapparente mancanza di sculture in marmo e pietra nella prima
met del V sec. a.C., dunque, urta non poco con la stabilit sia demografica che
di costume in generale mantenutasi in citt, nonostante le turbolenze connesse
con i trasferimenti di popolazione testimoniate dalle fonti 173).
Diverso il caso di Camarina, tre volte fondata e due volte distrutta: facile comprendere come le tormentate vicende abbiano creato una situazione fortemente destabilizzata che rende ragione, almeno fino al 461 a.C., della pressoch totale mancanza di sculture 174).
Lo stesso fenomeno si registra a Catane dove prima la conquista ippocratea, che gli storici tendono ormai a ritenere certa 175), poi il trasferimento forzoso degli abitanti ad opera di Ierone nel 476 a.C. fino al rientro in massa quindici anni dopo, provocarono nel corso della prima met del V sec. a.C. un radicale e ripetuto sovvertimento dellordine politico e sociale dellintera area etnea.
Non del tutto diverse possono considerarsi le vicende che interessarono
Megara Hyblaea che ha restituito per il periodo a cavallo tra la fine del VI e gli
inizi del V sec. a.C. una quantit relativamente alta di rinvenimenti fino alla distruzione ed al conseguente spopolamento da parte di Gelone nel 483 a.C. Levento segna un terminus ante quem per la datazione delle sculture interrompendo bruscamente una tradizione ben radicata nel corso del VI sec. a.C. che si
sar giovata del particolare favore accordato dalla committenza alle sculture da
impiegare soprattutto nel settore funerario.
Le vicende di Leontinoi tra la fine del VI e la met del V sec. a.C. sono sufficientemente note: la conquista ippocratea della citt, che diversamente da altre non fu distrutta, leggibile attraverso le fonti letterarie che ci documentano

Particolarmente utile a questo proposito lanalisi di M. Torelli (art. cit. in nota n.


170).
174)
La citt, sub-colonia di Siracusa (598 a.C.), fu rifondata da Ippocrate nel 491 a.C.,
distrutta da Gelone nel 484 a.C. e rifondata per la terza volta nel 461 a.C. Per un quadro completo delle vicende politiche che interessano Camarina nel corso della prima
met del V sec. a.C. si veda da ultimo: LURAGHI 1994, in particolare pp. 150-151;
155-165; 288-289; 296-301. Lassenza di sculture a Camarina nella prima met del
V sec. a.C. conferma il quadro gi da altri delineato attraverso la produzione coroplastica (F. GIUDICE, La stipe di Persefone a Camarina, in MonAnt, 49, 1979, pp.
329-332; M. SGUAITAMATTI, Loffrande de porcelet dans la coroplathie glenne.
tude typologique, Mainz 1984, pp. 42-44).
175)
LURAGHI 1994, p. 129. La conquista plausibile, bench non menzionata nel quadro
erodoteo delle imprese di Ippocrate (Herod. VII, 154, 2).
173)

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STEFANIA PAFUMI

la presenza di un Enesidemo, tiranno-vicario di Ippocrate 176), probabilmente lo


stesso che insieme a Frinone ed Ippagora, dedica, intorno agli inizi del V sec.
a.C., una colossale statua di Zeus ad Olimpia; inoltre, confermata anche dallevidenza archeologica ed in particolare dallo smantellamento, ritenuto in rapporto con il momento della conquista, della porta inserita nel sistema a tenaglia
posta a sbarramento della valle di San Mauro, punto pi nevralgico della cinta
muraria 177). La citt si trovava soggetta a Ierone quando questi vi deport i cittadini di Catane e Naxos ed probabile che tale situazione risalisse gi allepoca di Gelone 178). Mentre le fonti documentano, come sappiamo, commesse di
prestigio nei luoghi panellenici, il pressoch totale azzeramento di documentazione archeologica a partire dallepoca della conquista ippocratea, lascia supporre la mancanza in citt di commesse di sculture in marmo e pietra sia di carattere funerario che votivo.
Di grande interesse appare il fatto che per il periodo esaminato anche le
importazioni di ceramica attica nelle citt di Megara Hyblaea, Camarina, Catane e Leontinoi diminuiscono notevolmente fino quasi ad azzerarsi, confermando il dato sopra riscontrato per le sculture 179).
Anche Naxos e Zancle si conformano al quadro delle altre citt calcidesi
cadute sotto il controllo di Ippocrate. A Zancle il quadro non muta neppure do-

Per una ricostruzione delle vicende e della figura di Enesidemo di Pateco come tiranno-vicario di Ippocrate a Leontinoi si veda N. LURAGHI, Enesidemo di Pateco (per
la storia della tirannide in Sicilia), in Hespera 3. Studi sulla grecit di Occidente,
Roma 1993, pp. 53-65.
177)
Per questa interpretazione: G. RIZZA, Lentini. Campagne di scavi 1950-51 e 195152. La necropoli della Valle S. Mauro. Le fortificazioni della citt e la porta di Siracusa, in NSc IX, 1955, pp. 351 e 373-374; da ultimo: S. RIZZA, Studi sulle fortificazioni greche di Leontini, Catania 2000.
178)
Diodoro Siculo XI, 49, 1. Sulla possibilit che, morto Ippocrate, Enesidemo abbia lasciato Leontinoi e la Sicilia per tornare a Rodi, sua patria dorigine, e che Gelone abbia per un certo periodo posto lolimpionico Glauco di Caristo a reggere la citt, si
veda LURAGHI 1994, pp. 150-151.
179)
Per unanalisi quantitativa delle importazioni attiche in Sicilia durante i primi due
venticinquenni del V sec. a.C. e specificatamente per il fenomeno di rarefazione ed
assenza delle importazioni osservato nelle citt di Megara Hyblaea, Camarina, Catania e Leontinoi, si veda: GIUDICE et alii, art. cit. in nota n. 170, in particolare alle pp.
142-143; per Camarina dove le importazioni riprendono significativamente nel secondo venticinquennio del V sec. a. C, ovvero dopo la rifondazione del 461 a.C., si
veda anche: F. GIUDICE, La seconda e terza fondazione di Camarina alla luce dei
prodotti del commercio coloniale, in QuadMess 3, 1988, pp. 49-57. Si osservi che
nelle succitate analisi quantitative mancano i dati relativi a Zancle/Messana perch
non presenti nelle liste Beazley sulle quali quelle analisi si basano.
176)

SCULTURA E COMMITTENZA IN OCCIDENTE

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po la conquista violenta da parte di Anassila, quando insieme con il nome cambia radicalmente anche la compagine sociale della citt. Come a Leontini anche
a Zancle testimoniata dalle fonti la presenza di tiranni-vicari e di personaggi,
come Evagora, in grado di affrontare lingente spesa di una dedica in un santuario panellenico, ma non sembra documentata per questi decenni una rilevante
sensibilit per limpiego in patria di scultura a tuttotondo in marmo e pietra.
Bench sia sempre possibile un errore di lettura dovuto alla scarsit della
documentazione archeologica, anche il quadro offerto da Siracusa appare insufficiente, sebbene relativamente rappresentativo delle molteplici e forse concomitanti componenti culturali ed artistiche operanti in citt nel corso della prima met del V sec. a.C. Lunica scultura con probabile destinazione funeraria
riferibile ad una commessa privata certamente prestigiosa, il kouros panneggiato (fig. 6) 180), si data non oltre gli inizi del V sec. a.C. Nel corso della prima met
del V sec. e soprattutto nei decenni 480-470 a.C. le commesse sono, invece,
espressione della collettivit e trovano impiego nel settore politico-celebrativo
e votivo 181). utile ricordare che anche a Siracusa la rifondazione geloniana intorno al 485 a.C. cambi radicalmente lassetto territoriale e la composizione
del corpo civico della citt 182); inoltre, per Siracusa abbiamo notizia dellesistenza di leggi suntuarie che, tenute in vita dai tiranni, avranno certamente posto un freno alla fruizione privata di sculture, specie di destinazione funeraria,
da parte delle famiglie pi in vista 183). Losservazione trova, ancora una volta,
indiretta conferma nella scarsit di importazioni di ceramica attica registrata

Cfr. supra, nota n. 77.


Si osservi che esse provengono in gran parte dallarea dellAthenaion.
182)
Un resoconto organico della vicenda ci viene fornito da Erodoto (Herod. VII, 156):
il tiranno trasfer a Siracusa gli sto di Gela e tutti i Camarinei, distruggendo Camarina; condusse poi a Siracusa anche i cittadini ricchi di Megara Hyblaea e di Eubea e vendette in schiavit il demos delle due citt non ritenendolo idoneo a partecipare alla fondazione della nuova polis. In aggiunta a ci e stando a Diodoro che riferisce della concessione della cittadinanza siracusana fatta da Gelone a ben 10.000
mercenari (Diodoro XI, 72, 3) si pu supporre che Gelone abbia anche richiesto un
supplemento coloniario, del quale potrebbero aver fatto parte uomini come Formide
o Licorta (che risultano dedicanti ad Olimpia e Delfi). Per una discussione critica dei
provvedimenti presi da Gelone dopo il suo insediamento nella citt si veda: LURAGHI
1994, pp. 288-302.
183)
Sulle leggi suntuarie greche non esistono trattazioni dinsieme (per unutile bibliografia di riferimento si veda: L. GALLO, Le leggi suntuarie greche e lalimentazione,
in AnnOrNepFil, XV, 1993, in particolare, p. 173, nota n. 1); per quelle vigenti a Siracusa lo studio fondamentale di A. BRUGNONE, Le leggi suntuarie di Siracusa, in
PP, XLVII, 1992, pp. 5-23.
180)
181)

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STEFANIA PAFUMI

per gli stessi anni 184). In generale, dunque, dopo un periodo tardo-arcaico, per il
quale non disponiamo, tuttavia, di sufficiente documentazione archeologica, si
direbbe che a Siracusa la fruizione di sculture nel corso della prima met del V
sec. a.C. sia stata un fenomeno prevalentemente pubblico; tale dimensione pubblica trova, ovviamente, un notevole ridimensionamento quando si considera
che in realt, insieme alle imponenti dediche di donari ad Olimpia e a Delfi, anche le sculture impiegate a Siracusa erano s sublimazione dellorgoglio collettivo, ma soprattutto strumento di esaltazione e legittimazione del potere personale dei tiranni.
Diverso il quadro offerto da Agrigento, dove la tirannide sembra non aver
soffocato il bisogno di lusso delle famiglie pi in vista. Lavvio di opere di monumentalizzazione, come il rinnovamento del santuario delle divinit ctonie e
la realizzazione del tempio A, e su un piano diverso labbondante coniazione di
didrammi, dimostrano le ingenti ricchezze di cui la citt disponeva 185). In generale la tirannide, meno oppressiva che altrove, segna un periodo di grande floridezza economica, della quale, stando alle fonti, si sarebbero giovati in certa
misura anche i privati 186). Sorprende dunque, in questo caso, la mancanza di
sculture impiegate nella sfera funeraria.
Anche Selinunte nei decenni 480-450 a.C. appare terreno fertile di creazione e sperimentazione. Lavvio di grandi opere edilizie gi nel corso del VI
sec. a.C. aveva prodotto una notevole trasformazione dellassetto urbanistico e
delle due aree santuariali pi importanti della citt: acropoli e collina di Marinella 187). Negli ultimi decenni del VI sec. a.C., poi, lavvio dei lavori per la costruzione del colossale tempio G rappresenta un utile indicatore delle ricchezze di cui dispone la citt da impiegare nella sfera del pubblico, ma rimane da

Sulle importazioni di ceramica attica a Siracusa nella prima met del V sec. a.C.:
GIUDICE et alii, art. cit. in nota n. 170.
185)
Si osservi che ladozione della moneta stata spesso ritenuta un fenomeno strettamente collegato allavvio di grandi cantieri edilizi per la conseguente necessit di effettuare pagamenti pubblici. Cos in C. M. KRAAY, Coinage, in The Cambridge Ancient History2, IV, Cambridge 1988, p. 444. Lipotesi ritenuta particolarmente appropriata al caso di Agrigento in LURAGHI 1994, p. 243.
186)
Diodoro Siculo XI, 25, 2-5. Si vedano le osservazioni del Luraghi sulla tirannide teroniana: a differenza di quella dinomenide, larch di Terone sembrerebbe aver rinunciato allesaltazione in ambito internazionale delle vittorie militari ed al massiccio ricorso a truppe mercenarie. Per una completa analisi della tirannide emmenide,
con accurata discussione delle fonti si rimanda a: LURAGHI 1994, pp. 239-272.
187)
A. DI VITA, Lurbanistica, in AA.VV. Sikanie, Storia e civilt della Sicilia greca, Milano 1985, pp. 391-397 e per larchitettura templare ibidem, G. GULLINI, Larchitettura, pp. 460-470.
184)

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precisare, allo stato attuale delle conoscenze, se queste ricchezze e lintrapresa


di grandi lavori siano in qualche modo connesse anche con lintervento di una
tirannide 188).
***
Riassumendo, bench possa sembrare incauto trarre conclusioni da un
quadro cos frammentario e parziale, sembra lecito osservare da un lato, il deciso cambiamento di destinazione duso con il declino fino alla scomparsa della richiesta di sculture destinate alla sfera funeraria privata, e lincremento, al
contrario, della produzione di sculture di carattere votivo; dallaltro, il forte peso degli eventi politici sulla produzione e fruizione di sculture in Sicilia nei primi decenni del V sec. a.C.
Al di l della supposta difficolt dovuta alla mancanza di marmo in passato spesso chiamata in causa 189), sembra pi significativo il fatto che non esistono botteghe di scultori laddove le condizioni politiche sono mutevoli ed instabili poich non si creano, allinterno della complessa, mobile, e spesso manipolata, compagine sociale, le condizioni necessarie ad una costante richiesta e
fruizione di beni di lusso tale da richiamare e garantire la sopravvivenza per
lunghi periodi di scultori stabilmente impiantati sul territorio.
La mancanza di equilibri territoriali nelle citt devastate prima dalla conquista ippocratea, destrutturate poi dai vari spopolamenti e trasferimenti di popolazione decisi dai Dinomenidi, si riflette assai chiaramente sulla produzione artistica di maggiore impegno, contribuendo a spiegare la mancanza pressoch totale di
sculture di destinazione funeraria e di donari privati, che trova conferma anche
nella contemporanea rarefazione delle importazioni di ceramica attica.
Si aggiunga che la tirannide ippocratea e quella dinomenide produssero nel
corso della prima met del V sec. a.C. un vero e proprio fenomeno sociale: possiamo ragionevolmente credere, cio, che i principali beneficiari della distribuzione dei guadagni prodotti dallarch, effettuata mediante emissioni monetali,
fossero i collaboratori pi stretti dei tiranni e che le aristocrazie locali, quando
non espulse dalla citt, ne restassero sostanzialmente escluse: questo spiega la
massiccia presenza di personaggi appartenenti allentourage dei tiranni come
dedicanti di opere monumentali di scultura nei grandi santuari panellenici della madrepatria dove, evidentemente, era pi ambito essere presenti con com-

188)
189)

A questo proposito si veda lampia discussione in LURAGHI 1994, pp. 56-58.


Cfr. supra, nota n. 3.

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messe di prestigio, in uno sfruttamento della scena internazionale che dopo tutto tornava anche a favore del tiranno. Un generale appiattimento del tenore di
vita della compagine sociale e, di contro, lostentazione pubblica del lusso sia
in patria che in ambito internazionale furono due punti di forza della politica dinomenide.
Diversamente, ad Agrigento la presa del potere da parte di Terone non
sembra aver creato una discontinuit nello sviluppo della societ che anche nel
periodo emmenide continua ad essere caratterizzata dalla presenza di oikoi particolarmente ricchi e potenti 190). Ad Agrigento, come anche a Selinunte, lintrapresa di grandi lavori edilizi catalizza gli interessi di artisti ed artigiani che si
raccolgono pi facilmente intorno ai grandi cantieri templari allestendo botteghe la cui vita e durata nel tempo legata alla domanda. Questa si definisce abbastanza chiaramente nelle scelte e nelle esigenze, mostrando di prediligere, da
un lato, anche in questo caso, la destinazione votiva a quella funeraria, dallaltro, gli scenari locali a quelli panellenici.
Il quadro emerso nellanalisi fin qui condotta, necessariamente parziale,
appare tuttavia sufficientemente indicativo dei meccanismi che regolano la
produzione e fruizione di scultura in Sicilia tra la fine del VI e la prima met
del V sec. a.C. e, se non permette di approdare a soluzioni definitive, contribuisce tuttavia a porre in termini nuovi, suscettibili di sviluppi, alcuni problemi irrisolti o mal posti, come ad esempio quello dellesistenza di scuole di
scultura in Sicilia. Sarebbe utile indagare ma esula dai limiti cronologici che
ci siamo posti in questa sede quanto la mancanza di una radicata e duratura
tradizione scultorea abbia influito anche nei decenni successivi una volta
cambiati i panorami politici sulla produzione e fruizione di sculture nelle
citt della Sicilia.

190)

D. MUSTI, Il quadro politico, in Lo stile severo in Sicilia, 1990, pp. 12, 23; VAN COMPERNOLLE 1992 p. 66; LURAGHI 1994, pp. 267-268.

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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE UTILIZZATE


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E. DE MIRO, La scultura siceliota nellet classica, in I GreDE MIRO 1996
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de aus sptarchaischer und klassischer Zeit, Mnchen 1997.
W. DITTENBERGER-K. PURGOLD, Olympia V: Die Inschriften
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Lo stile severo in Sicilia Lo stile severo in Sicilia. Dallapogeo della tirannide alla
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C. MARCONI, Selinunte. Le metope dellHeraion, Modena
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M. MERTENS-HORN, Quando gli dei si affrettano. I frammenti di sculture marmoree di stile severo ritrovati alla vecchia stazione di Siracusa, in Damarato. Studi di antichit
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TAV. I

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STEFANIA PAFUMI
TAV. II

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TAV. III

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TAV. V

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FIGURE
Tav. I

Fig. 1: Siracusa, MAR, inv. n. 28603. Figura fittile femminile, da Camarina.

Tav. II Fig. 2: Siracusa, MAR, inv. n. 23624. Figura maschile, da Grammichele.


Fig. 3: Siracusa, MAR, inv. n. 7734. Testa di divinit femminile in calcare,
da Megara Hyblaea.
Fig. 4: Siracusa, MAR, inv. n. 5892. Sfinge, da Megara Hyblaea.
Fig. 5: Siracusa, MAR, inv. n. 16968. Testa maschile, da Megara Hyblaea.
Tav. III Fig. 6: Siracusa, MAR, inv. n. 705. Figura maschile panneggiata, da Siracusa.
Fig. 7: Siracusa, MAR, inv. n. 34136. Nike, da Siracusa.
Fig. 8: Siracusa, MAR, inv. n. 716. Figura femminile, da Siracusa.
Fig. 9: Siracusa, MAR, inv. n. 36218. Figura femminile, da Siracusa.
Tav. IV Fig. 10: Siracusa, MAR, s. n. inv. Fr. di figura femminile, da Siracusa.
Fig. 11: Siracusa, MAR, inv. n. 36775. Testa maschile elmata, da Siracusa.
Fig. 12: Siracusa, MAR, inv. n. 36773. Fr. di figura maschile con schiniere, da
Siracusa.
Fig. 13: Agrigento, MAR, inv. n. 1285. Testa femminile in calcare, da Agrigento.
Tav. V

Fig. 14: Chatsworth, West Lodge. Fr. di figura maschile con chitonisco, da
Agrigento (da: D. BOSCHUNG-H. VON HESBERG-A. LINFERT, Die antiken Skulpturen in Chatsworth sowie in Dunham Massey und
Withington Hall (Monumenta Artis Romanae XXVI), Mainz 1997, tav.
6, 1-2.
Fig. 15: Palermo, MAR. Fr. di figura femminile, da Himera (da: N. BONACASA, Ipotesi sulle sculture del Tempio della Vittoria ad Himera, in
Aparchai, tav. 69,1).
Fig. 16: Berlino, Staatliche Museen, inv. n. SK 1474. Testa femminile, da Selinunte (da: C. BLMEL, Die archaisch griechischen Skulpturen der
Staatlichen Museen zu Berlin, Berlin 1963, fig. 62.

Tav. VI Fig. 17: Palermo, MAR, inv. n. 3895. Figura femminile seduta, da Selinunte.
Fig. 18: Palermo, MAR, inv. n. 3894. Figura femminile semisdraiata, da Selinunte.
Fig. 19: Palermo, MAR, inv. n. 3896. Figura femminile, da Selinunte.
Tav. VII Fig. 20: Palermo, MAR, inv. n. 3898. Figura femminile, da Selinunte.
Fig. 21: Palermo, MAR, inv. n. 17070. Fr. di statua equestre, da Selinunte.
(le fotografie, quando diversamente non specificato, sono dellautrice).

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