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ROMANO DI SABRATHA
Author(s): Irene Calloud
Source: Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia , 2003,
Serie IV, Vol. 8, No. 1/2 (2003), pp. 351-383
Published by: Scuola Normale Superiore
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Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia
Ai fini della ricerca, è stata fondamentale la partecipazione nel 2003 alla Missione Ar
cheologica Italiana a Sabratha, diretta dal professor Nicola Bonacasa, al quale va la mia
gratitudine per aver incoraggiato l'indagine che qui si propone e la mia riconoscenza
per l'aiuto ricevuto. Questa stessa occasione ha permesso la consultazione delle relazioni
tecniche dell'Ufficio Scavi riguardo le attività dei cantieri italiani negli anni Trenta
Cinquanta, conservate nella Biblioteca del Dipartimento alle Antichità di Sabratha,
diretto dal dottor Mabruk Zenati. Lo studio è iniziato con una tesi di Specializzazione
in Archeologia discussa presso la Scuola di Firenze e si è avvalso dei preziosi consigli
dei professori Vincenzo Saladino e Licia Vlad Borrelli, oltre che della possibilità di
lavorare sulle carte custodite nell'archivio privato di Giacomo Caputo a Firenze. Le
fotografie d'epoca e l'acquerello sono state concesse dal Centro di Documentazione e
Ricerca sull'Archeologia dell'Africa Settentrionale dell'Università degli Studi di Ma
cerata (C.A.S.), diretto dal professor Antonino Di Vita, che ringrazio vivamente per
la disponibilità dimostratami. Le altre foto sono dell'autrice.
con i suoi illustri maestri, in primis Federico Halbherr5 con i criteri adott
Creta, Alessandro Della Seta e in particolare di Luigi Pernier, iniziatore
Missione a Cirene e strenuo assertore dell'importanza del restauro inteso c
parte costituente del lavoro archeologico, come atto conclusivo della fat
sul campo e comprensivo della fase preliminare dello studio.
Fermo restando che sul terreno libico ogni studioso ha scelto pratic
operative differenti, inquadrabili all'interno dei criteri teorici seguiti in
particolare momento e legati alla varietà dei casi, alla base di esse sembra p
riconoscere una profonda «continuità ideologica»6 lungo tutto il Novecen
che approda al restauro per motivazioni di varia natura, fra le quali que
meglio intendere l'integrità e l'essenza creativa d'origine del monumento e
ultima, quella della sua fruizione7. Emerge dunque una vera e propria tradi
sostenitrice del restauro conservativo e di quello anastilotico, quali momen
ricostruzione scientifica del contenuto e della forma del monumento an
L'opera insomma, dov'era e com'era, risultato della paziente ricerca delle p
sopravvissute e della loro risollevazione, nel rispetto delle questioni storich
tiche ed estetiche, accompagnate dalla sincera intenzione di limitare al mas
le integrazioni totali per il pericolo di cadere in ricostruzioni fini a se stes
All'interno della vasta campionatura delle tipologie di intervento
rimentate sui monumenti classici in terra libica, uno dei casi più esemp
e discussi è certamente la ricomposizione del teatro romano di Sabra
ideata e impostata da Giacomo Guidi (1934-1936) e, in seguito alla
prematura scomparsa, portata a termine da Giacomo Caputo (1936-1
Nell'intenzione di aprire un primo discorso sulla storia dei restauri italian
13 Piuttosto chiaro appare il pensiero di Balbo nella lettera, ormai nota, da lui
stesso inviata a Guidi (31 dicembre 1934) e riportata in Caputo, Il teatro di Sabratha
cit., 77 nota 90: «Non v'è dubbio che la ricostruzione di opere monumentali colpisce
la fantasia della massa di visitatori più del frammento archeologico che pur forma la
delizia degli studiosi, ed Ella comprende agevolmente quale importanza, sia dal punto
di vista politico che turistico riveste il fatto di poter suscitare così viva impressione fra
tutti coloro, italiani e stranieri, per i quali la visita agli scavi è maggiormente fonte di
diletto che non di erudizione».
14 G. Caputo, L'archeologia in Libia, in II viaggio del Duce in Libia per l'inau
gurazione della Litoranea anno XV. Orientamenti e note ad uso dei giornalisti, Tripoli,
1937, 19.
15 Repliche dei modellini del teatro furono inviate anche al Museo dell'Impero
Romano di Roma: Guidi, Criteri e metodi cit., 38-39, fig. 3; G. Caputo, La Libia nella
Mostra Augustea a Roma, in «Libia», II, 1938,20-23,22. La scelta di esporre plastici del
teatro rientrava nella politica di divulgazione e propaganda della Tripolitania romana:
M. Munzi, L'epica del ritorno. Archeologia e politica nella Tripolitania italiana, Roma
2001,72-80. Sulla Mostra Augustea della Romanità, organizzata da G. Quirino Giglioli:
Mostra augustea della Romanità. Bimillenario della nascita di Augusto. Catalogo della
mostra (Roma, 23 settembre 1937-1938), Roma 1938; F. Scriba, Il mito di Roma,
l'estetica e gli intellettuali negli anni del consenso: la Mostra Augustea della Romanità, in
«QS», XLI, 1995, 67-84, in part. 68.
19 «Il restauro del Teatro di Sabratha non può considerarsi chiuso e perfetto, ma
dovrà essere continuato, se nei futuri scavi verranno in luce altri frammenti, spec
mente della frontescena, già in antico trasportati lontano dall'edificio»: Guidi, Criteri
e metodi cit., 44.
20 Ibid., 36-37. Guidi fu affiancato dall'architetto Domenico Vincifori (per la
ricostruzione grafica e il modello plastico del monumento), dall'assistente Vittori
Veneziano (responsabile dei lavori esecutivi) e dall'ingegnere Giuseppe Marino (per
problemi di statica): Caputo, Il teatro di Sabratha cit., 33.
21 Sulla Conferenza (21 -30 ottobre 1931 ) e l'elaborazione della Carta Internazionale
del Restauro di Atene·. G. Giovannoni, La conferenza internazionale di Atene pel restau
dei monumenti, in «ΒΑ», XXV, 1931-1932,408-420. Nella stessa occasione Carlo An
riferì sui restauri a Cirene (tempio di Apollo, propilei e altri monumenti dell'agorà
ibid., 414. Per la relazione di Guidi: G. Guidi, La conservation et la mise en valeur d
monuments antiques en Tripolitane, in «Mouseion», XXI-XX1I, 1933, 179-184.
22 «L'activité de la Surintendance est basée sur un principe d'ordre général: les
monuments antiques sont conservés et mis en valeur dans les formes et d'aprés l
méthodes les plus susceptibles d'en faire un élément de culture et de jouissance est
tique à l'usage du plus grand nombre possible de personnes»: Guidi, La conservati
cit., 179.
23 Ibid., 180.
24 Ibid., 182.
25 «Questo senso di misura, di equilib
il restauro a una perfetta armonia di conc
anche economici»: Guidi, Criteri e metod
26 Ibid., 42.
271 blocchi moderni vennero alternati a blocchi antichi trovati sporadicamente allo
scopo di «evitare la monotonia» e comunque segnandoli con una sigla. Per gli elementi
nuovi si fece largo uso del metodo del cosiddetto 'incastonamento': ibid., 42.
28 Gizzi, Reintegrazioni cit., 125-127. Il principio si estese fino a codificarsi
nell'articolo IV della Carta di Atene del 1931 e sarà seguito fino al termine degli anni
Sessanta in tutto l'ambito del Mediterraneo.
29 Guidi, Criteri e metodi cit., 42 al punto n.6.
30 Dalla ricerca sui documenti degli anni Trenta si è avuta la conferma che si
tratta di una marca d'intonaco piuttosto conosciuta, nonché pubblicizzata su riviste
di architettura dell'epoca: R. Calzini (a cura di), Ventennio. Italia 1914-1934, in
«Domus», suppl. al n. LXXII, 12, dicembre 1933, VI.
31 La fiducia nell'uso del cemento fu ribadita nella Conferenza di Atene, come
materiale che consentiva di compiere opere maggiormente efficaci dal punto di vista
statico, senza modificare l'aspetto e il sistema costruttivo antico e che, infine, non
induceva alcun elemento di confusione nella storia del monumento essendo imme
diatamente riconoscibile come moderno: G. Carbonara, Il cemento nel restauro dei
monumenti, in Restauro e cemento in architettura, II, a cura di G. Carbonara, Roma
1984,42-55; Fancelli, Disiecta Membra cit., 96. Al punto V della Carta di Atene d
1931 si sosteneva: «Gli esperti hanno inteso varie comunicazioni relative all'impiego
materiali moderni per il consolidamento degli antichi edifici; ed approvano l'impi
giudizioso di tutte le risorse della tecnica moderna, e più specialmente del ceme
armato»: Giovannoni, La conferenza cit., 416.
32 Si legga la relazione tecnica dell'ingegnere Giuseppe Marino, riportata sen
alcuna reticenza ο commenti in Caputo, Il teatro di Sabratha cit., 39-41, nella qu
sosteneva l'opportunità del ricorso al cemento armato.
33 H. Schmidt, Wilderaufbau. DenkmalpflegeanArchàologischenStàtten, Stuttgar
1993, 120-121; Gizzi, Reintegrazioni cit., 183 e 228-235; M. Barbanera, L'arche
gia degli italiani. Storia, metodi e orientamenti dell'archeologia classica in Italia, Rom
1998, 126-127.
34 Attualmente, più che una critica in senso assoluto all'impiego del cemento, si
discute sul modo spesso eccessivo con cui in molti casi è stato impiegato. Il caso de
restauri, che attualmente si stanno effettuando sull'Acropoli ateniese, appare in questo
senso ben esemplificativo: Carbonara, Il cemento cit.; Gizzi, Reintegrazioni cit., 179
e segg.; M.G. Filetici, F. Giovanetti, F. Mallochou Tufano et al., I restauri del
l'Acropoli di Atene. Restoration of the Athenian Acropolis, 1975-2003, Roma 2003. Sul
concetto di reversibilità: Gizzi in Marino, Dizionario cit., con bibl. precedente.
35 Caputo, Il teatro di Sabratha cit., 40.
36 Raggiunse un'altezza di 23,20 metri pulpito compreso: ibid., 34.
37 Ibid., 27-28.
38 Guidi, Criteri e metodi cit., 46.
39 Rei. se. dal 5 all'I 1 ottobre 1930 e dal 28 febbraio al 5 marz
40 Caputo, Il teatro di Sabratha cit., 28.
41 Rei. se. dal 16 al 29 febbraio 1936.
Il sentimento dell'archeologia
47 Successivamente completate da Ca
48 Guidi, Criteri e metodi cit., 48.
49 Caputo, Il teatro di Sabratha cit.,
59 Guidi, Criteri e metodi cit., 48; rei. se. dal 7 febbraio al 13 febbraio 1935.
60 Gizzi, Reintegrazioni cit., 308-309: tra gli esempi ricorda le arcate di restauro
del ginnasio di Sardi e quelle dell'acquedotto di Efeso.
Consensi e dissensi
Caputo, uscite nei primi anni Sessanta, contenenti in certi casi anche com
menti sulla ricostruzione dell'edificio89.
Partendo dalle critiche dell'epoca si distingue una linea comune che
salutò con sentito entusiasmo l'opera eseguita, valutandola come caso ese
plare di restauro di tipo ricompositivo90. Si può richiamare a tal proposito
posizione di Apollonj, che nel 1938 indicò nel teatro il «modello dei dettami
della scuola italiana del restauro», puntualizzando che «del restauro ideale qu
si ritrovano infatti tutte le varie fasi dalla liberazione al consolidamento, alla
ricomposizione ed ognuna chiaramente definita e differenziata»91. Esaltava
chiara distinzione delle parti aggiunte, sia nella differenza dei materiali ado
perati sia nella diversità del trattamento delle superfici, e la sostituzione de
partiti decorativi con la loro semplice decorazione geometrica. A ben vedere
l'atteggiamento favorevole al restauro non si spiega solo sulla base delle radici
ideologiche di adesione a interventi che ridavano luce a testimonianze di un
grandioso passato romano, ma si tratta di giudizi comunque legati ai princip
d'intervento di quegli anni, se lo stesso Apollonj celebrava la «modernità di
vedute» di Guidi, cosi come poco prima aveva fatto il collega Horn92.
Dopo l'interruzione degli eventi bellici e a più di venti anni di
distanza dal compimento del restauro, uno dei giudizi più pungent
resta senza dubbio quello di Cesare Brandi. Polemico e severo, appare
assolutamente debitore dell'atteggiamento idealista che di fatto privileg
Conclusioni
Irene Calloud
28. Sabratha, marmi e frammenti sparsi disposti dietro il teatro (foto C.A.S.).
L. - 91
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29. Sabratha, preparazione della struttura di ferro per le mensole (foto C.A.S.).
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36. Sabratha, rilievi del pulpitum, orchestra e cavea (foto Calloud 2003).
SCALA 1 : 20
41. Sabratha, salone occidentale, acquerello con particolari del rivestimento mar
EDIPO RE
DI SOFOCLE
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D1RLTTORE PER LA ML'SICA FERNANDO LIUZZl