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Vincenzo Bellelli

CNR-ISCIMA
vincenzo.bellelli@iscima.cnr.it

CAERE E IL MONDO GRECO


Appunti di archeologia e di storia

Introduzione
Fra tutti i popoli antichi insediati nella parte centro-settentrionale della peni-
sola italiana, gli Etruschi furono quello che, per ragioni diverse, instaurarono
con il mondo greco i rapporti più stabili e duraturi1. Considerando soltanto
l’Etruria meridionale, che qui più interessa, spiccano come luoghi privilegiati
dell’incontro fra genti greche e genti etrusche le città-stato che controllavano
più da vicino le coste tirreniche a nord del Tevere e cioè, in primo luogo,
Caere e Tarquinia. In questa sede si tenterà di delineare per sommi capi un
profilo storico-archeologico dei rapporti della prima di queste due metropoli
etrusche, Caere/Cerveteri, con il mondo greco, da cui possano emergere,
alla luce dei risultati delle ricerche recenti, i tratti essenziali del rapporto
privilegiato di questa città con il mondo greco metropolitano e coloniale2.

1
Conseguenza di capitale importanza di questo rapporto osmotico fra i due poli di civiltà,
quello greco e quello etrusco, fu – sul versante di quest’ultimo – la profonda ellenizzazione della
cultura locale: per una visione di insieme del fenomeno vd. M. Torelli, ‘L’ellenizzazione della
società e della cultura etrusche’, in Gli Etruschi. Catalogo della Mostra (Venezia, 26 novembre
2000 - 1 luglio 2001), a cura di M. Torelli, Milano 2000, 141-155.
2
Per convenienza e ragioni di economia descrittiva, si è operata una selezione dei temi e dei
filoni di documentazione da analizzare, che rispondono a criteri opinabili e condizionano dunque la
proposta che viene qui presentata. Qualche aspetto del tema individuato è trattato da una prospet-
tiva storico-archeologica da Colonna 2004, che sottopone ad analisi la cospicua documentazione
epigrafica. Un capitolo a sé, non affrontato in questa sede, è rappresentato dai rapporti etrusco-
fenici, in cui Caere/Cerveteri giocò un ruolo essenziale: per la documentazione archeologica vd.
Martelli 1991; M.A. Rizzo, ‘Alcune importazioni fenicie da Cerveteri’, in Secondo Congresso

Incidenza dell’Antico 10, 2012, 137-166


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Prima di Caere (età del Bronzo)


Nella prospettiva di studio appena descritta merita attenzione particolare il
tema dei primi contatti fra la realtà territoriale ceretana e le genti greche o,
più in generale, allogene.
Su questo aspetto cruciale si è registrata negli ultimi anni una novità
sostanziale, innescata da una scoperta archeologica ancora poco nota,
avvenuta nell’area del Fosso Vaccina (al km 41 della via Aurelia), cioè in
quella parte del territorio ceretano che si trova per così dire ‘a mezza costa’,
a metà strada approssimativamente fra il mare e il pianoro tabulare che le
popolazioni del luogo individueranno successivamente per la fondazione
urbana vera e propria3: si tratta di un insediamento dell’età del Bronzo Re-
cente, scavato a due riprese dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Etruria meridionale, che ha restituito alcuni frammenti di ceramica
micenea riferibili all’orizzonte del Tardo Elladico III B-C.
Questo dato infittisce la carta di distribuzione delle ceramiche egee rinve-
nute lungo il versante tirrenico della penisola italiana, in cui si sono aggiunte
recentemente anche le località di Afragola (Napoli), in Campania, e Casale
Nuovo (Latina) nel Lazio meridionale4. Si viene così delineando, sia pure
con profilo ancora in parte incerto e provvisorio, una trama di contatti fra
‘prospectors’ provenienti dall’Egeo e area centrale del Mediterraneo, in cui
rientra a pieno titolo, fra i luoghi e le mete di destinazione, anche il distretto
medio-tirrenico (e ceretano in particolare). Nelle sue linee generali il tema
non è nuovo5, ma adesso l’evidenza archeologica è esplicita e offre, per
coloro che ritengono legittimo questo tipo di deduzioni, un solido punto di
riferimento per rintracciare nello ‘statuto pelasgico’ della città etrusca che le
riconoscono le fonti letterarie (vd. oltre) un’eco di memorie di antichissimi
contatti fra le popolazioni locali e i popoli dell’Egeo6.

Fenicio-Punico, III, 1169-1181; M. Botto, ‘I primi contatti fra i Fenici e le popolazioni dell’Italia
peninsulare’, in Contacto cultural entre el Mediterráneo y el Atlántico (siglos XII-VIII ane). La
precolonización a debate, ed. por S. Celestino, N. Rafel, X.-L. Armada, Madrid 2008, 123-148;
M.A. Rizzo, ‘I sigilli del gruppo del suonatore di lira in Etruria e nell’agro falisco’, AION(archeol)
n.s. 15-16, 2008-2009, 105-142; per l’interpretazione storica vd. Cristofani 1991.
3
Barbaro, Bettelli, Damiani et alii 2012.
4
E. Laforgia, G. Boenzi, M. Bettelli, F. Lo Schiavo, L. Vagnetti, ‘Recenti rinvenimenti dell’e-
tà del bronzo ad Afragola (Napoli)’, in Strategie di insediamento fra Lazio e Campania in età
preistorica e protostorica (Atti della XLI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria
e Protostoria. Roma - Napoli - Pompei, 30 novembre - 3 dicembre 2005), Firenze 2007, 935-939;
M. Bettelli, in Barbaro, Bettelli, Damiani et alii 2012.
5
G. Pugliese Carratelli, ‘Per la storia delle relazioni micenee con l’Italia’, in Id., Scritti sul
mondo antico, Napoli 1976, 243-261.
6
Sulla saga pelasgica a Caere vd. D. Briquel, Les Pélasges en Italie. Recherches sur l’histoire
de la légende, Rome 1984, 169-224; Id. 2012.
CAERE E IL MONDO GRECO 139

L’età del Ferro


Novità di un certo rilievo nell’ottica
sopra delineata si sono recentemente
registrate per il comprensorio cereta-
no anche per il periodo villanoviano,
epoca in cui si sono ipotizzati per
Caere – rispetto a Veio e Tarquinia7
– ritardi di sviluppo e lentezza di
processi socio-economici che la città,
Fig. 1. Coppa euboica dalla necropoli del ‘voltando pagina’, avrebbe superato
Laghetto (Cerveteri)
soltanto con l’avvio dell’Orienta-
lizzante8, l’‘età dell’oro’ di molte
comunità locali e soprattutto di quella ceretana, che, a partire da questo
periodo, si sarebbe assicurata lo sfruttamento delle risorse minerarie della
regione in un regime di sostanziale ‘monopolio’9.
Per il periodo indicato, le preziose pubblicazioni di Maria Antonietta
Rizzo hanno portato ora all’attenzione un aspetto del dossier archeologico
ceretano che fino a poco tempo fa si considerava ‘povero di evidenze’10:
la studiosa ha messo in luce la relativa frequenza nei corredi ceretani della
piena età del Ferro di ceramiche greche geometriche (fig. 1) e la sporadica,
ma significativa presenza fra queste anche di forme vascolari egee fortemente
connotate a livello culturale, come l’askos cipriota zoomorfo11 (fig. 2). Per
quanto riguarda il vasellame greco da mensa, si tratta esclusivamente di
forme potorie – skyphoi a semicerchi penduli, a chevrons, con silhouette di
uccello entro metopa12 – che rientrano in una categoria di evidenze archeo-

7
Per Tarquinia vd. A. Mandolesi, La ‘prima’ Tarquinia. L’insediamento protostorico sulla
Civita e nel territorio circostante, Firenze 1999; per Veio, da ultima, G. Bartoloni, ‘I primi abitanti
di Roma e di Veio’, in Gli Etruschi e Roma. Fasi monarchica e alto-repubblicana (Atti del XVI
Convegno Internazionale di Studi sulla storia e l’archeologia dell’Etruria. Orvieto, 12-14 dicembre
2008), a cura di G.M. Della Fina, Roma 2009, 93-112.
8
Così, recentemente, Colonna 2010, 186-187.
9
La ricostruzione di tale parabola evolutiva, negli studi sulle dinamiche di popolamento e
sullo sviluppo socio-economico di Caere, appare molto condizionata dalla parzialità dei dati re-
lativi alle testimonianze archeologiche locali riferibili alla tarda età del Bronzo e all’età del Ferro
nel suo complesso. Alcune novità di rilievo sull’età del Bronzo Finale sono presentate da M.L.
Arancio, L. D’Erme, ‘Una tomba del Bronzo Finale da Cerveteri. Nuovi dati per la conoscenza
del territorio’, Origini 15, 1990-1991 [ma 1992], 303-318; L. D’Erme, ‘Cerveteri, la tomba LXX
di Cava della Pozzolana’, in Lo scavo nello scavo. Gli Etruschi mai visti (Catalogo della Mostra.
Viterbo, 5 marzo - 30 giugno 2004), Viterbo 2004, 118-127.
10
Sull’importanza delle nuove scoperte ceretane vd. il commento di d’Agostino 2006, 335-336.
11
Rizzo 2005b, 339-344. Per quanto riguarda l’askos zoomorfo, si tratta di una forma vascolare
che viene prontamente recepita nel repertorio locale: vd. Proietti 1986, 39 nr. 5.
12
Agli esemplari resi noti da Rizzo 2005b, provenienti dalla necropoli del Laghetto, sono da
aggiungere quelli rinvenuti nella necropoli di Cava della Pozzolana, su cui vd. per ora L. D’Erme,
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logiche molto importante, perché fun-


zionale, nell’interpretazione storica, a
individuare e analizzare correttamente
le pratiche connesse al consumo ‘socia-
le’ del vino, nel loro primo instaurarsi
in terra etrusca13. La ceramica greca di
importazione di uso potorio rappresenta
infatti l’indicatore archeologico più
esplicito dell’attecchimento, anche in
area etrusco-italica, di pratiche culturali
avventizie di marca greco-euboica14, Fig. 2. Askos cipriota dalla necropoli
del Laghetto (Cerveteri)
che rimandano alla diffusione nell’Italia
centrale del Graeco more bibĕre, in con-
comitanza con altre pratiche conviviali di marca più segnatamente levantina15.
In questo quadro in via di progressiva definizione i documenti vascolari
resi noti dalla Rizzo attestano ora una significativa presenza anche a Caere
di questi vasi medio- e tardo-geometrici greci di uso potorio: essi posso-
no essere considerati a pieno titolo, come nei casi consimili, indicatori di
contatti con genti euboico-cicladiche ed eventualmente attiche, in epoca
‘precoloniale’ e proto-coloniale16.

in Magna Graecia, 352 nr. III.18: skyphos tardo-geometrico a chevrons sospesi, ritenuto euboico,
ma considerato cicladico da d’Agostino 2006, 335. Dalla necropoli di Cava della Pozzolana è
segnalata anche una oinochoe a cerchi concentrici, motivo a stella e cerbiatto, anch’essa ritenuta
cicladica da d’Agostino 2006, 336, classificata però come attica nella didascalia che accompagna
il pezzo al Museo Nazionale etrusco di Villa Giulia.
13
Si tratta, com’è noto, di una problematica di grande interesse che, grazie a studi condotti su
più versanti, si è ormai guadagnata un posto di rilievo nelle ricerche sulla ‘Prima Italia’: per l’Etruria
vd. F. Delpino, ‘L’ellenizzazione dell’Etruria villanoviana: sui rapporti tra Grecia ed Etruria fra IX
e VIII secolo a.C.’, in Secondo Congresso Internazionale Etrusco, I, 105-116, e i reiterati interventi
di Gilda Bartoloni (Bartoloni 2003, 195-215; 2006; 2007). Vd. anche A. Peserico, ‘Griechische
Trinkgefässe im mitteltyrrenischen Italien. Ein Beispiel kultureller Rezeption’, AA 1995, 425-439;
N. Kourou, ‘Early Iron Age Greek Imports in Italy’, in Oriente e Occidente, 497-515.
14
Si rimanda, per la chiarezza, alla recente sintesi di d’Agostino 2006.
15
Una buona messa a punto su tutto l’intreccio di influenze culturali che si registrano in
Etruria e nel Lazio fra IX e VIII secolo a.C. è ora offerta da L. Drago Troccoli, ‘Il Lazio tra la I
Età del Ferro e l’Orientalizzante. Osservazioni sulla produzione ceramica e metallica tra il II e
il IV periodo, l’origine dell’impasto rosso e i rapporti con Greci, Fenici e Sardi’, in Il Lazio dai
Colli Albani ai Monti Lepini tra preistoria ed età moderna, a cura di L. Drago Troccoli, Roma
2009, 229-288. Per un punto di vista più aderente alla posizione di chi scrive, limitatamente al
problema del consumo del vino, vd. Bartoloni 2003; 2006; 2007.
16
Il fenomeno è ben studiato da tempo, come indicano i casi-studio di Cures, in Sabina, quelli
di Capua e Pontecagnano in Campania e, per quanto riguarda l’Etruria, quello di Veio. Per Cures
vd. A. Guidi, ‘Cures Sabini’, in Le necropoli arcaiche di Veio (Atti della Giornata di studio in
memoria di Massimo Pallottino. Roma, 11 novembre 1995), a cura di G. Bartoloni, Roma 1997,
237-238, e Magna Graecia, 352 nr. III.16-17 (V. Nizzo); per Capua: G. Melandri, L’Età del
Ferro a Capua. Aspetti distintivi del contesto culturale e suo inquadramento nelle dinamiche di
CAERE E IL MONDO GRECO 141

Nel caso di Caere, appare inoltre rilevante il fatto che di questi materiali,
così come di quelli di imitazione di cui si parlerà tra poco, ci sia traccia con-
sistente anche in contesti abitativi, benché spesso come materiali residuali.
Fra questi contesti abitativi risalenti ancora all’età del Ferro e alla prima
età orientalizzante merita un cenno, in particolare, quello portato alla luce
per ultimo, ovvero quello della Vigna Marini-Vitalini, che comprendeva un
interessante nucleo di frammenti ceramici greco-geometrici17, fra i quali
spicca per rarità del motivo ornamentale una forma aperta decorata con
losanga singola18 (fig. 3) che trova preciso riscontro a Eretria19 (figg. 4-5).
Altri frammenti inediti o semi-inediti dagli scavi di abitato consentono di
tracciare un quadro di presenze di ceramiche greche, classificabili al Medio
II e Tardo Geometrico I, abbastanza consistente20, soprattutto se confrontato,
a parità di quota cronologica, con quanto hanno restituito gli abitati delle
altre città etrusche.

L’Orientalizzante
Rispetto a questo quadro già ricco di implicazioni per la storia dei rapporti
greco-etruschi di ambientazione ceretana, la fondazione di Pithecusa e di
Cuma, com’è noto, ha costituito un formidabile fattore di accelerazione nei
rapporti fra l’élite cittadina e l’ambiente greco. Se si segue ancora come
‘filo di Arianna’ la ceramica fine da mensa di fabbrica greca, ciò risulta evi-
dente dalla comparsa, anche a Caere, di serie di imitazioni locali realizzate
da quella che può a buon diritto definirsi la ‘scuola etrusco-geometrica di

sviluppo dell’Italia protostorica, Oxford 2011, 426-429; per Pontecagnano: Prima di Pithecusa.
I più antichi materiali greci del Golfo di Salerno. Catalogo della Mostra (Pontecagnano, 29 aprile
1999), a cura di G. Bailo Modesti e P. Gastaldi, Napoli 2001; per Veio: F. Boitani, ‘Le più antiche
ceramiche greche e di tipo greco a Veio’, in Oriente e Occidente, 319-332.
17
Zaccagnino 2003, 59-60.
18
Ibidem, 60, fig. 25.
19
Cité sous terre. Des archéologues suisses explorent la cité grecque d’Eretrie. Catalogue de
l’exposition (Bâle-Basel, 22 septembre 2010 - 31 janvier 2011), sous la direction de C. Martin
Pruvot, K. Reber, T. Theurillat, Basel 2010. Per il motivo decorativo vd. anche N. Coldstream,
Geometric Greece, London 1977, 194, fig. 62,b. Si tratta di una tipologia di coppetta schifoide
rara in Occidente (Zaccagnino 2003, 47, 60), di influenza forse attica, caratterizzata da una de-
corazione per lo più bicroma applicata a motivi ‘flottant dans un champ libre’ (spesso losanghe,
come nell’esemplare ceretano): stringente è il confronto con il tipo (SK)7 della classificazione
proposta in S. Verdan, A. Kenzelmann Pfyffer, Cl. Léderrey, Céramique géométrique d’Érétrie
(Eretria XX), Lausanne 2008, 82-84; la forma si caratterizza per la vasca tronco-conica a pareti
tese, il tipo sembra potersi datare nel Tardo Geometrico II.
20
F. Gilotta, ‘La ceramica di importazione’, in Caere 3.1. Lo scarico arcaico della Vigna
Parrocchiale, a cura di M. Cristofani, Roma 1992, 61. Vd. inoltre M. Rendeli, in Veio, Cerveteri
e Vulci, 123-125, II.A.1.5.-8.
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Caere’21. Come ha dimostrato la


Rizzo22, l’elemento propulsore
dell’avvio della bottega ceretana
è stato in questo caso l’arrivo da
Pithecusa di artigiani greci in
possesso di un bagaglio tecnico
non inferiore a quelli dei colleghi
vulcenti o veienti23. Fig. 3. Coppa euboica dall’abitato (Cerveteri)
Si può dunque guadagnare
per via squisitamente archeo-
logica la fondata ipotesi che la
città di Caere ospitava almeno
a partire dalla seconda metà
dell’VIII secolo a.C. individui
di provenienza greca e greco-
occidentale. Nella fattispecie si
trattava di pittori vascolari che, Fig. 4. Skyphos euboico da Eretria
lavorando al servizio della com-
mittenza del posto, consentirono
all’artigianato locale di compiere quel salto di qualità nell’aggiornamento
del ‘gusto’ che è documentato contemporaneamente anche negli altri inse-
diamenti etruschi aperti verso ‘lo straniero’24.
Sono proprio dati di ‘contesto’ come quelli appena ricordati che hanno
consentito a Mauro Cristofani di ricostruire le modalità con cui verso la fine
dell’VIII secolo a.C. la scrittura alfabetica si diffuse in Etruria meridionale25:
il fenomeno, che presuppone la presenza in Etruria di individui con compe-
tenza linguistica multipla, nella fattispecie bilingui greco-etruschi, sarebbe,
infatti, incomprensibile senza l’esistenza di un tessuto connettivo di rapporti
fra città della Magna Grecia (in particolare quelle calcidesi del Golfo di Na-

21
Rizzo 1989. Altri documenti sono analizzati in P. Kranz, ‘Zu den Anfängen der Vasenmalerei
in Caere. Ein Grieche zeichnet ein etruskisches Schiff’, NAC 27, 1998, 13-45, e, soprattutto, in
Martelli 2010.
22
Rizzo 1989.
23
Per un quadro di insieme delle produzioni etrusco-geometriche vd. H.P. Isler, ‘Ceramisti
greci in Etruria in epoca tardogeometrica’, NAC 12, 1983, 9-48.
24
Si tratta di un punto importante, acquisito in età relativamente recente dalla critica, come
dimostra in modo eclatante l’assenza pressoché totale di Caere nel panorama italiano del Geo-
metrischer Stil ricostruito pioneristicamente da Å. Åkerström, Der Geometrische Stil in Italien.
Archäologische Grundlagen der frühesten historischen Zeit Italiens, Lund und Leipzig 1943.
25
M. Cristofani, ‘La formazione della scrittura in Etruria’, in La scrittura nell’Etruria antica
(Atti del III Convegno Internazionale di Studi sulla storia e l’archeologia dell’Etruria. Orvieto,
25-27 ottobre 1985), Roma 1990, 61-73.Vd. anche Cristofani 2001, III, 1080-1081.
CAERE E IL MONDO GRECO 143

poli) e città etrusche, e segnata-


mente fra i gruppi aristocratici
dei due ambienti, in grado di
indirizzarne le attività economico-
culturali e le relazioni ‘esterne’26.
Poiché non c’è motivo di credere
che il fenomeno abbia avuto
sviluppi monogenetici e unidire-
Fig. 5. Skyphos euboico da Eretria
zionali, Caere può pacificamente
essere considerato uno dei centri
di ‘cultura’ internazionale in cui, attraverso l’attività di individui di origi-
ne greco-occidentale (Cuma), fu introdotto in Etruria l’uso della scrittura
alfabetica. Questo canale diretto di scambio fra l’Etruria meridionale e le
colonie greche della Campania settentrionale va considerato ovviamente a
‘doppio senso’ e dunque, come suggeriscono anche i rinvenimenti archeo-
logici, occorre pensare, già a partire dall’Orientalizzante Antico, anche a
fenomeni di mobilità in senso inverso che portavano Etruschi di Caere a
Cuma e Pithecusa27.
Caere, dunque, fu insieme a Tarquinia polo di riferimento privilegiato
non di un generico, compatto e indifferenziato mondo greco-coloniale, ma
di una rete di relazioni personali fra aristocratici che rimandano, se non
univocamente, prioritariamente all’ambiente calcidese del Golfo di Napoli
che fece da tramite in quel grandioso processo di incivilimento della penisola
italiana che si attivò in seguito ai primi contatti fra i due ambienti.
Altri documenti vascolari provenienti da Caere, ormai riferibili
all’Orientalizzante Antico finale e a quello Medio iniziale, confermano
l’esistenza di un canale privilegiato di contatto fra la metropoli etrusca e
i centri greci del Golfo di Napoli. Si tratta in questo caso di importazioni

26
La più antica iscrizione etrusca – su cui vd. Cristofani 2001, III, 1087-1090 – proviene da
Tarquinia e significativamente è apposta su un vaso (una kotyle) proto-corinzio!
27
In questa cornice si inserisce perfettamente la proposta di Giovanni Colonna di considerare
etrusca la più antica iscrizione rinvenuta a Cuma e il personaggio in essa menzionato – tale Hisa
Tinnuna – come un magnate ceretano «che distribuisce doni e stringe amicizie con i suoi pari euboi-
ci»; sarebbe uno dei rappresentanti più in vista di quel gruppetto di xenoi e meteci etruschi stabiliti
a Cuma e Pithecusa nell’Orientalizzante Antico, la cui presenza è postulabile anche per altra via:
cfr. G. Colonna, ‘Etruschi a Pitecusa nell’orientalizzante antico’, in L’incidenza dell’Antico. Studi
in memoria di Ettore Lepore (Atti del Convegno Internazionale. Anacapri, 24-28 marzo 1991), I,
a cura di A. Storchi Marino, Napoli 1995, 325-342; Id. 2006, 198; Id. 2010, 187. Com’è noto, la
proposta non è stata accolta in modo sempre favorevole: di avviso differente, per esempio, è A.C.
Cassio, ‘La più antica iscrizione greca di Cuma e τιν(ν)υμαι in Omero’, Sprache 35, 1991-1993,
187-207, che considera greco il breve testo esaminato da Colonna e lo interpreta come divieto di
appropriazione. Accoglie invece esplicitamente la proposta di Colonna, D. Ridgway, ‘L’Eubea e
l’Occidente: nuovi spunti sulle rotte dei metalli’, in Euboica, 315.
144 VINCENZO BELLELLI

riferibili alla categoria funzionale dei contenitori di unguenti che in quest’e-


poca circolavano in Etruria in misura ancora relativamente ridotta. Le più
antiche attestazioni ceretane di questi prodotti sono, non a caso, un raro
aryballos con raffigurazione di pesci di fabbrica pithecusana28 e un piccolo
lotto di aryballoi acromi del tipo cosiddetto rodio-cretese29, copiosamente
attestato a Pithecusa e a Cuma nelle tombe del Tardo Geometrico II30. Si tratta
di materiali che ebbero una sia pur modesta circolazione anche nel Lazio31
nonché nell’hinterland campano e nella Valle del Sarno, dove rappresentano
chiaramente l’indizio di una penetrazione culturale e politico-commerciale
della colonia euboica nel periodo proto-coloniale. In questo caso sono infatti
rivelatrici le associazioni tombali32, che, tanto in Etruria quanto nei centri della
Fossakultur campana, registrano spesso l’occorrenza contestuale di cerami-
che da tavola di tipo cumano e di questi primi contenitori di oli profumati
fabbricati a Rodi33, ma comunque ampiamente attestati sia nella necropoli
pithecusana sia in quella cumana34.

28
Neeft 1987, 60, scheme II, nr. 4: dalla tomba Laghetto 145.
29
Martelli Cristofani 1978, 151-153, nrr. 1-8.
30
Documentazione in G. Buchner, D. Ridgway, Pithekoussai I. La necropoli: tombe 1-723
scavate dal 1952 al 1961, Roma 1993. Cfr. Nizzo 2007, 119-120, B 10 (AI-KW). Per l’interpre-
tazione si rimanda alle osservazioni di Peserico 1996, 909-910.
31
Per il Latium Vetus il repertorio migliore, ancorché non aggiornatissimo, rimane quello di
Civiltà del Lazio primitivo. Catalogo della Mostra (Roma, febbraio - marzo 1976), a cura di G.
Colonna, Roma 1976.
32
Sull’importanza delle associazioni tombali per stabilire le influenze culturali e commer-
ciali in area centro-tirrenica vd. quanto osservava già Martelli Cristofani 1978, 152. Vd. inoltre
Peserico 1996, 909-910.
33
Sul problema dei luoghi di fabbricazione vd. Martelli 1991.
34
Il che fa presupporre una redistribuzione in Etruria dalle colonie del Golfo di Napoli: così
Martelli Cristofani 1978, 152. In ambito ceretano può essere esemplificativo il corredo della tomba
2 della Banditaccia studiata da Ronald Dik (Dik 1981), databile al primo quarto del VII secolo a.C.,
in cui l’oinochoe con pesci di fabbrica locale, da cui aveva preso lo spunto lo studioso olandese,
è associata a un servizio da tavola (oinochoe + tall kotyle) importato da Cuma e a un aryballos
‘rodio-cretese’ del tipo in discussione. Altrettanto significativo è l’assortimento del corredo della
tomba II di Casaletti di Ceri (G. Colonna, ‘Caere’, SE 36, 1968, 265-271), che conteneva un set
di ceramiche da mensa di tipo cumano includente il caratteristico skyphos a chevrons sospesi
tipologizzato di recente da Valentino Nizzo [Nizzo 2007, 152 ss., tipi B390 (AL)D7 e (AI—C)
D1 e 2], molto popolare a Caere (M.A. Rizzo, in Veio, Cerveteri e Vulci, 169-170, nr. II.D.1.10),
e due rari aryballoi importati dal Mediterraneo orientale, di cui uno assegnabile, ancora una volta,
alla classe ‘rodio-cretese’ (vd. Martelli Cristofani 1978, 153 nr. 8), mentre l’altro è di classifica-
zione problematica (una proposta di inquadramento è in Bruni 1994, 323). La stessa associazione
skyphos a chevrons sospesi + aryballos ‘rodio-cretese’ acromo occorre nella tomba 9 di Striano
(A. D’Ambrosio, ‘La ricerca archeologica a Striano. Lo scavo in Via Traversa Serafino-proprietà
Pellegrino’, RSP 16, 2005, 118-119, tipi 4c e 8), che rientra nel vasto comprensorio indigeno
della Campania in cui la ceramica greca e di tipo greco suggerisce una marcata influenza culturale
cumana (vd. quanto scrive B. d’Agostino, in d’Agostino, Soteriou 1998, 364-365, con opportuni
distinguo sulla diffusione in area etrusco-laziale e nella Campania indigena della ceramica di tipo
greco di influenza cumana). In questi ambiti territoriali pur così distanti fra loro (Etruria, Campa-
CAERE E IL MONDO GRECO 145

Anche alla luce della produzione orientalizzante etrusca, interpretata come


filiazione diretta del Gruppo (proto-corinzio) di Cuma, studiata da Ronald
Dik35 e analoga a quella individuata a Tarquinia da Fulvio Canciani sulla
base di un solido corpus di evidenze36, Caere è da considerare dunque, senza
dubbio, uno dei centri in cui affluivano i prodotti più qualificati della ceramica
di tipo proto-corinzio, sia originale37 sia di fabbrica cumano-pithecusana38.
La documentazione archeologica edita, pur frammentaria39, indica infatti
proprio in Caere uno dei principali centri di rinvenimento nell’Italia centrale
delle ceramiche proto-corinzie, sia originali sia di produzione coloniale (figg.
6-7), con una intensità costante di attestazioni nei vari periodi che è possibile
registrare fino a tutto l’Orientalizzante Medio e Tardo40. Grazie agli studi
condotti di recente sul versante cumano appare inoltre in modo sempre più
chiaro che una parte non trascurabile di questo dossier di importazioni proto-
corinzie si deve ricondurre a diretta produzione cumana. Se infatti si accetta la
interpretazione restrittiva del ‘Gruppo Ischia-Cuma-Tarquinia’ recentemente
proposta da Francesca Mermati e Giovanna Greco41, emergono con chiarezza
la originalità e la compattezza del nucleo proto-corinzio cumano e la sua distri-

nia e anche Lazio), a quanto pare, le associazioni tombali propongono dunque combinazioni che
rimandano in un modo o nell’altro a una mediazione cumana.
35
Dik 1981.
36
CVA Italia, LV. Museo Archeologico Nazionale Tarquinia, III, a cura di F. Canciani, Roma
1974.
37
Fondamentali, per la ricca documentazione, i lavori di Maria Antonietta Rizzo (in partico-
lare vd. M.A. Rizzo, Le anfore da trasporto e il commercio etrusco arcaico, I. Complessi tombali
dall’Etruria meridionale, Roma 1990; Ead., ‘Una kotyle del Pittore di Bellerofonte di Egina ed altre
importazioni greche ed orientali dalla tomba 4 di Monte Abatone a Cerveteri’, BA 140, 2007, 1-56).
38
Secondo una suggestione di Colonna (Colonna 2000, 53 n. 8), in questa abbondanza di
originali sul mercato interno risiede la ragione principale per cui non si verificò a Caere il decollo
delle imitazioni locali.
39
Vale la pena a questo punto di ricordare che, per la distribuzione della ceramica proto-corinzia
in Etruria, esiste ‘a monte’ un problema di documentazione non indifferente: i repertori esistenti
sono dedicati o al materiale figurato oppure a singole classi funzionali (per es. gli aryballoi: vd.
Neeft 1987). Una buona base di dati è comunque offerta da M. Martelli, ‘La ceramica greca in
Etruria: problemi e prospettive di ricerca’, in Secondo Congresso Internazionale Etrusco, II,
796-804, e Bruni 1994, che integrano gli elenchi di C. Dehl, Die korinthische Keramik des 8. und
frühen 7. Jhs. v. Ch. in Italien. Untersuchungen zu ihrer Chronologie und Ausbreitung, Berlin 1984.
40
Per esempio, è stata rinvenuta a Caere, e per l’esattezza nella tomba Laghetto 608, l’unica
lekythos-oinochoe proto-corinzia (fig. 7) finora attestata in Etruria [P. Pelagatti, in Civiltà degli
Etruschi. Catalogo della Mostra (Firenze, 16-20 maggio 1985), a cura di M. Cristofani, Milano
1985, 199-200, 7.6, 1], da considerare un unicum come unico è tutto il contesto ricco di exotica
di cui faceva parte: la sua presenza a Caere si può forse spiegare, ancora una volta, come frutto di
una mediazione cumana. E non è escluso che sia stata rinvenuta a Caere anche la bella oinochoe
proto-corinzia con serpente (fig. 8), recuperata dal Nucleo Tutela dei Carabinieri ed esposta qualche
anno fa al Quirinale nella mostra Nostoi, per la quale nella pubblicazione relativa è dato come
generico luogo di provenienza l’Etruria meridionale [Nostoi. Capolavori ritrovati. Catalogo della
Mostra (Roma, 29 marzo - 7 settembre 2008), a cura di L. Godart e S. De Caro, Ancona 2007, 52].
41
Greco, Mermati 2007a e 2007b.
146 VINCENZO BELLELLI

Fig. 6. Oinochoe cumana dal corredo della tomba II di Casaletti di Ceri

buzione preferenziale nel distretto etrusco-campano-laziale42, lungo una


direttrice di traffico marittimo le cui tappe – Pontecagnano, Satrico, Lavi-
nio – sono significativamente le stesse che toccano anche le merci ceretane
destinate all’esportazione (buccheri sottili e vasi ‘ad aironi’).
Per i decenni a cavallo fra secondo e terzo quarto del VII secolo a.C.,
offrono buoni riscontri e ulteriori elementi di valutazione gli straordinari
corredi principeschi scoperti a Caere in località San Paolo, che includono
numerosi vasi proto-corinzi originali e di produzione coloniale, sia a decora-
zione sub-geometrica sia figurata43. Fra questi ultimi, spiccano per interesse
i vasi del Proto-corinzio Transizionale attribuiti al Pittore del Vaticano 73,
che, a quanto pare, era un ceramografo che produceva quasi esclusivamente
per il mercato ceretano, visto che la maggior parte dei vasi usciti dalla sua
bottega è stata rinvenuta nella città etrusca44.

42
Vd. Dik 1981, 73-77, con argomentazione ripresa e sviluppata da Greco, Mermati 2007a,
323-324.
43
Rizzo 2005a; M.A. Rizzo, in Etruschi. Le antiche metropoli del Lazio, 219-224.
44
C.W. Neeft, ‘What is in a name? The Painter of the Vatican 73 in the Getty’, in Greek Vases
in the J. Paul Getty Museum, VI, 2000, 1-34.
CAERE E IL MONDO GRECO 147

È questa la conferma archeo-


logica dell’esistenza, almeno in
quest’epoca, di un rapporto diretto
fra le città dell’Etruria meridionale
e Corinto45, non mediato da Cuma,
come del resto suggerisce la testimo-
nianza storica dei viaggi in Etruria di
Demarato, che rimanda a una trama
di rapporti diretti fra singole città
etrusche e Corinto, entro la corni-
ce di un commercio mediterraneo
ancora da qualificarsi come di tipo
prexis, secondo la classificazione di
Alfonso Mele46.
In definitiva, le ricerche e le
scoperte recenti relative al periodo
orientalizzante corroborano per
Caere un quadro di stretti legami fra
Fig. 7. Lekythos-oinochoe proto-corinzia l’élite cittadina e l’ambiente cuma-
dalla tomba Laghetto 608 (Cerveteri)
no, da un lato, e corinzio dall’altro,
di cui rimane traccia consistente
nelle ceramiche di importazione e imitazione greca rinvenute nei corredi
tombali della città e nell’abitato nonché in altri ‘campi di osservazione’ di
cui si dirà subito di seguito.
Con l’esplosione dell’Orientalizzante, peraltro, i referenti greci di Caere
non appaiono esclusivamente corinzi e cumani. Una visione di insieme
delle importazioni ceretane di ceramica greca e, soprattutto, delle relative
imitazioni locali, principalmente per la prima parte del periodo in esame,
indicano infatti una ricchezza straordinaria di apporti esotici, in cui spiccano
quelli di marca attica e cicladica. A rivelarlo sono soprattutto gli studi di

45
Di avviso contrario Gras 1980-1981, 135-136, che ritiene improbabile «un commerce direct
de Corinthe au-delà du détroit de Messine».
46
A. Mele, Il commercio greco arcaico. Prexis ed emporie, Naples 1979; Id., ‘Il Tirreno tra
commercio eroico ed emporia classica’, in Flotte e commercio greco, cartaginese ed etrusco nel
Mar Tirreno (Atti del Simposio Europeo. Ravello, 19-25 gennaio 1987), a cura di T. Hackens,
Strasbourg 1988, 57-68; C. Ampolo, ‘Tra «empória» ed «emporía»: note sul commercio greco in
età arcaica e classica’, in ΑΠΟΙΚΙΑ. Scritti in onore di Giorgio Buchner, a cura di B. d’Agostino
e D. Ridgway [= AION(archeol) n.s. 1)], Napoli 1994, 29-36. Sul commercio arcaico vd. anche,
da una prospettiva più archeologica, Il commercio etrusco arcaico (Atti dell’Incontro di Studio.
Roma, 5-7 dicembre 1983), a cura di M. Cristofani, Roma 1985; M. Torelli, La società etrusca.
L’età arcaica, l’età classica, Firenze 1987, 145-160; M. Gras, Il Mediterraneo nell’età arcaica,
Paestum 1997 [tr. it. di La Méditerranée archaïque, Paris 1995].
148 VINCENZO BELLELLI

Marina Martelli sulla pittura va-


scolare ceretana, riferibile ai primi
tre quarti del VII secolo a.C., che ci
permettono di fissarne gli sviluppi
con una organica classificazione
in botteghe, serie stilistiche e
‘mani’, che rivela una notevole
coloritura attica e nesiotica sia
a livello stilistico e iconografico
sia nella selezione delle forme
vascolari47. In rari casi, accanto a
queste originali serie di imitazione
che rinviano a influenze attiche e
nesiotiche, a Caere si riscontrano
anche importazioni dirette da
quelle lontane aree che meritano
un breve cenno, se non altro perché
si tratta di un’evenienza rarissima Fig. 8. Oinochoe di tipo proto-corinzio dall’E-
che ancora una volta mette Caere truria meridionale
sullo stesso piano di Cuma: le due
città, infatti, sono le uniche nell’Occidente mediterraneo ad avere ricevuto
vasi cicladici figurati48.
A quanto pare, dunque, il periodo in cui si colloca la vicenda storica di
Demarato, che risulta emblematica per la storia dei rapporti greco-etruschi49,
appare contrassegnato per Caere da una grande vivacità di rapporti con il
mondo greco coloniale e metropolitano, rapporti che sono assai spesso sfo-
ciati nell’integrazione da parte dell’ambiente ceretano di artigiani provenienti
da quelle aree50, come si era già verificato nell’Orientalizzante Antico per
alcune maestranze specializzate provenienti dal distretto flegreo.

47
Martelli 1984; M. Martelli, ‘Per il Pittore delle Gru’, Prospettiva 48, 1987, 2-11; Ead., ‘Nuove
proposte per i Pittori dell’Eptacordo e delle Gru’, Prospettiva 101, 2001, 2-18; Martelli 2010.
48
M.A. Rizzo, ‘Un’anfora dell’orientalizzante cicladico da Cerveteri’, in Damarato. Studi di
antichità classiche offerti a Paola Pelagatti, Milano 2000, 199-207.
49
D. Musti, ‘Etruria e Lazio arcaico nella tradizione (Demarato, Tarquinio, Mezenzio)’, in
Etruria e Lazio arcaico (Atti dell’Incontro di Studi. Roma, 10-11 novembre 1986), a cura di M.
Cristofani, Roma 1987, 139-153; M. Torelli, M. Menichetti, ‘Attorno a Demarato’, in Corinto
e l’Occidente (Atti del XXXIV Convegno di Studi sulla Magna Grecia. Taranto, 7-11 ottobre
1994), Taranto 1997, 625-654.
50
Per una breve messa a punto sul tema degli artigiani greci in Etruria vd. F. Canciani,
‘Griechische und orientalische Handwerker in Mittelitalien’, in Die Aufnahme fremder Kulture-
inflüsse in Etrurien und das Problem des Retardierens in der etruskischen Kunst (Referate vom
Symposion. Mannheim am 8.-10.2.1980), Mannheim 1981, 53-59.
CAERE E IL MONDO GRECO 149

In questo quadro di testimonianze già di per sé esplicite assume un valore


paradigmatico, quasi di documento storico, il famoso cratere di Aristono-
thos51. Comunque si valuti, anche alla luce del dato epigrafico, il problema
delle origini del pittore, per le quali si tende ad accogliere la proposta di
Bernhard Schweitzer52, resta indubitabile una connessione con l’ambito
culturale siceliota e, in particolare, con la Sicilia centro-orientale, ove
accanto a Siracusa, come propone la Martelli, bisogna tenere nella debita
considerazione anche le città calcidesi53.
Tale connessione con l’ambito siceliota, non a caso, sembra inten-
sificarsi nella seconda metà del VII secolo a.C., periodo nel quale, nel
panorama degli oggetti di esportazione etrusca di cui il luogo di origine è
più facilmente ‘tracciabile’ per via archeologica, figurano anche le prime
attestazioni siceliote di oggetti di origine sicuramente ceretana54. Sono
forse merci di ritorno55, ma non si può scartare la possibilità che si tratti
dell’indizio di frequentazioni ceretane dei ‘mercati’ siciliani56. Le due
ipotesi non si escludono del tutto, ma possono integrarsi a vicenda nel
disegnare un quadro di rapporti nei due sensi fra città greche di Sicilia
(e Magna Grecia) e classi dirigenti ceretane che basavano la propria pro-
sperità economica e il proprio benessere sulle attività mercantili a lunga
distanza57.
Lo straordinario complesso di beni di importazione rinvenuti nelle
tombe principesche scavate dalla Rizzo in località San Paolo58, cui si è
già fatto riferimento, permette inoltre di enucleare nel dossier delle im-
portazioni ceretane anche una componente cretese. Se, infatti, si segue

51
La ceramica degli Etruschi. La pittura vascolare, a cura di M. Martelli, Novara 1987, 263-
265, nr. 40; R. Bonaudo, ‘In rotta per l’Etruria: Aristonothos, l’artigiano e la metis di Ulisse’,
AION(archeol) n.s. 15-16, 2008-2009, 143-149, con letteratura.
52
Bellelli 2002-2003, 90.
53
Martelli 1984, 13.
54
Cristofani 1983, 24-31.
55
Martelli 1984, 13.
56
Basti qui ricordare che, secondo una ipotesi di Michel Gras, peraltro non molto ‘economica’,
gli Etruschi si recavano nell’isola per approvvigionarsi di ceramica corinzia: Gras 1980-1981,
135-136. Vd. le riserve di G. Colonna, in Sicilia antica, 151, e la replica di Gras, ibidem, 155.
57
Una testimonianza eloquente a livello generale di questo fenomeno è il ritrovamento di
buccheri iscritti (in Greco) in Magna Grecia e Sicilia, che testimoniano del successo e della ampia
circolazione di queste produzioni ‘nazionali’ degli Etruschi che finivano il proprio ciclo d’uso su
suolo greco: cfr. R. Docter, ‘Etruscan Pottery: some case studies in chronology and context’, in
Etruschi da Genova ad Ampurias, I, 236, fig. 2a (frammento di kantharos di bucchero nero con
iscrizione greca …νιθος da Pithecusa); L. Grasso, La stipe del santuario di Alaimo a Lentini.
Un’area sacra tra la chora e il mare, Catania 2008, 69, tav. XXIV: 281 (frammento di kantharos
iscritto dalla stipe di Alaimo, Lentini).
58
Rizzo 2005a; M.A. Rizzo, ‘Cerveteri, le grandi architetture dei vivi e dei morti’, in Etruschi.
Le antiche metropoli del Lazio, 79-87.
150 VINCENZO BELLELLI

la proposta di Matteo D’Acunto59 di considerare di manifattura cretese


lo straordinario gorgoneion bronzeo rinvenuto nella tomba San Paolo I,
avremmo la testimonianza dell’esistenza di un ulteriore canale di rapporti,
diretti o mediati, fra la città etrusca e l’àmbito egeo60. Anche se si prescinde
dalla attribuzione del gorgoneion-San Paolo, l’ipotesi di contatti etrusco-
cretesi di epoca orientalizzante imperniati su Caere appare in realtà degna
di considerazione, perché esiste un filone di documentazione archeologica
ancora poco esplorato che indirizza in tal senso e invita ad ampliare un dos-
sier che rimane per ora ancorato alle pionieristiche e parziali osservazioni
di Larissa Bonfante61.
Non si tratta in questo caso di importazioni dirette da Creta, bensì di forme
vascolari del repertorio ceramico ceretano senza confronti puntuali reperi-
bili in loco, che, a nostro avviso, sono mutuate da lontane aree del mondo
greco, possibilmente proprio Creta. Il caso più interessante, fra i molti che
mostrano una derivazione diretta da modelli ellenici62, è quello delle brocche-
ampolle di bucchero, con parte superiore configurata, realizzate in impasto e
bucchero in area ceretana e falisca, di cui l’esemplare più elaborato è quello
rinvenuto nella tomba Calabresi di Caere63 (fig. 9). Questi vasi, che Luisa
Banti considerava, a ragion veduta, come i più bei buccheri mai fabbricati
in Etruria64, a nostro avviso sono ispirati, a livello tettonico-strutturale, alle
oinochoai orientalizzanti cretesi documentate, per esempio, nella necropoli
di Arkades e di Cnosso65 (fig.10). Al di là delle differenze morfologiche, che
indicano una rielaborazione dei modelli in senso ‘barocco’ da parte dei figuli
etruschi, tre elementi indirizzano verso una dipendenza diretta dai modelli
cretesi: 1) la conformazione plastica dei versatoi con protome zoomorfa; 2)

59
M. D’Acunto, ‘Il gorgoneion in pietra da Axòs e la modificazione del tipo a Creta tra modelli
orientali e greci’, AION(archeol) n.s. 8, 2001, 54-60.
60
Bellelli 2002-2003, 89.
61
L. Bonfante Warren, ‘Riflessi di arte cretese in Etruria’, in Studi in onore di Luisa Banti,
Roma 1965, 81-87.
62
Segnalo anche i casi del ‘ring-askos’ e dell’alabastron a fondo piatto, per cui si è proposta
una derivazione egeo-cipriota indiretta nel repertorio ceretano per tramite cumano-pithecusano:
vd. rispettivamente Martelli 2010, 18-19; V. Bellelli, ‘Influenze straniere e ispirazione locale:
gli alabastra etrusco-corinzi di forma Ricci 121’, in Etruschi, Greci, Fenici e Cartaginesi nel
Mediterraneo centrale (Atti del XIV Convegno Internazionale di Studi sulla storia e l’archeologia
dell’Etruria. Orvieto, 24-26 novembre 2006), a cura di G.M. Della Fina, Roma 2007, 292-298.
63
F. Sciacca, in Sciacca, Di Blasi 2003, 31 ss., nr. 1. Vd. anche l’esemplare adespoto pubblicato
in L’arte dei popoli italici dal 3000 al 300 a.C. Catalogo della Mostra (Ginevra 1993 - Parigi
1994), Napoli 1993, 192-193.
64
Vd. F. Sciacca, in Sciacca, Di Blasi 2003, 31 ss.
65
D. Levi, ‘Arkades. Una città cretese all’alba della civiltà ellenica’, ASAA 10-12, 1927-1929,
148, fig. 147; 314, fig. 412; Il Mediterraneo orientale. Cipro - Dodecaneso - Creta, 16-6 sec. a.C.
Catalogo della Mostra (Roma, gennaio - aprile 2001), a cura di N.C. Stampolidis e A. Karetsou,
Roma 2001, 95 n. 221 .
CAERE E IL MONDO GRECO 151

l’identico motivo decorativo del corpo con ‘star-flower’; 3) la foggia e la


decorazione con andamento longitudinale del piede a tromba.
Presuppongono forse ‘modelli’ cretesi anche le monumentali pissidi
ceretane di impasto dipinto a pareti cilindriche66, che costituiscono uno
dei supporti preferiti, nell’ambito della red-ware sovradipinta, per le scene
figurate a carattere narrativo67.
Poiché in entrambi i casi (oinochoai configurate e pissidi) non si tratta
di importazioni bensì di oggetti fabbricati in loco, che presentano tuttavia
un’‘aria di famiglia’ cretese, l’unica possibilità che intravediamo per valoriz-
zare queste analogie, senza pensare a convergenze morfologiche e stilistico-
formali casuali, è quella di immaginare rielaborazioni fatte a posteriori ‘in
bottega’ a Caere, sulla base di qualcosa che si era visto direttamente, in
precedenza, a Creta oppure sulla base di quanto aveva raccontato qualcuno
che aveva visitato la grande isola greca o che da essa proveniva68.
A Creta rinvia inoltre indirettamente l’iconografia della oinochoe
della Tragliatella69, il vaso decorato in stile corinzieggiante con un fregio
narrativo di straordinaria complessità in cui le immagini si integrano alle
didascalie nel comporre un racconto di cui, sia pure a fatica, si può rico-
struire il ‘senso’70.
Esistono dunque i presupposti per pensare a viaggi transmarini com-
piuti da mercanti ceretani o per conto di committenti facoltosi di Caere nel
lontano Egeo meridionale, nella stessa epoca – il periodo dell’Orientaliz-
zante maturo – in cui preziosi oggetti colà fabbricati venivano selezionati
per l’ultimo viaggio, quello verso l’oltretomba, proprio da ricchi magnati
ceretani. Se la linea di ragionamento seguita fin qui è accettabile, possia-
mo far convergere le due figure – quella dell’armatore e quella del ricco
aristocratico amante dei prodotti esotici – e identificare a titolo di ipotesi
proprio nei sepolti nei tumuli San Paolo e Calabresi di Caere (nonché in
altri tumuli ‘principeschi’) i rappresentanti di quel ceto magnatizio ceretano
protagonista, insieme agli omologhi colleghi di Vulci e Tarquinia, della
grande avventura orientalizzante degli ‘Etruschi sul mare’71.

66
Micozzi 1994, 26; M.A. Rizzo, in Etruschi. Le antiche metropoli del Lazio, 221, ad nr. 71.13.
67
Micozzi 1994, 26.
68
In alternativa si dovrebbe pensare che chi aveva introdotto a Caere, rispettivamente nel
repertorio del bucchero e dell’impasto dipinto, due forme di così spiccata origine allogena, e in
particolare cretese, aveva avuto sotto mano dei modelli importati a Caere dall’isola egea che, per
motivi contingenti, non si sono conservati nemmeno in un esemplare, con tutto ciò che implica
un ragionamento di questo tipo.
69
G. Capdeville, ‘Riflessi del mito cretese in Etruria’, SMSR n.s. 17, 1993, 191-207.
70
Per l’interpretazione si rinvia alla lettura proposta da M. Menichetti, ‘L’oinochoe di Tra-
gliatella: mito e rito tra Grecia ed Etruria’, Ostraka 1, 1992, 7-30.
71
È qui d’obbligo il rinvio alla monografia di Mauro Cristofani: Cristofani 1983.
152 VINCENZO BELLELLI

Fig. 9. Vaso configurato di bucchero dalla Fig. 10. Oinochoe PCA configurata da
tomba Calabresi (Cerveteri) Cnosso

Questa grandiosa epopea coincide, non a caso, con tutto un fiorire in


ambiente ceretano di saghe eroiche mutuate direttamente dall’epos e dal
mito greco in cui c’è sempre di mezzo anche la sfida del mare. Si tratta di
straordinarie narrazioni visive affidate alla pittura vascolare, attestate per
ora soltanto a Caere72, che dimostrano significativamente che i miti greci
che si diffondevano in ambito ceretano presso le corti principesche erano
saghe eroiche, e non miti divini (!), che avevano un legame diretto ed
esplicito con la metis e con la dimensione delle imprese transmarine legate
a mondi lontani.
I protagonisti di questi primi miti greci riflessi nell’arte figurata degli
Etruschi (di Caere), infatti, come confermano le didascalie dei personaggi
rappresentati e i contesti narrativi, non sono gli eroi dell’Iliade impegnati
nella presa di Troia, bensì Giasone, Medea, gli Argonauti, Dedalo, Teseo
e Ulisse73. Altri personaggi e altre storie restano indecifrabili, ma quanto
è noto è sufficiente per ipotizzare nella Caere orientalizzante una notevole

72
Una messa a punto recente è in M. Micozzi, ‘‘White-on-red’: miti greci nell’orientalizzante
etrusco’, in Aei mnestos, I, 256-266, e Bellelli 2010.
73
Bellelli 2010.
CAERE E IL MONDO GRECO 153

popolarità di almeno tre saghe greche legate al mare: quella degli Argonauti,
quella cretese di Teseo e quella di Ulisse74. Si è autorevolmente proposto
che la popolarità delle prime due leggende sia legata al concetto della tra-
smissione della regalità75, ma quel che interessa qui sottolineare è che vari
possono essere stati i canali di trasmissione di questi racconti in Etruria76
e la Magna Grecia e la Sicilia possono essere stati, in questo caso almeno,
«l’anello intermedio tra l’Ellade creatrice di storie e la civiltà degli Etru-
schi filelleni che di quelle storie furono avidi consumatori»77. Non bisogna
inoltre dimenticare che tali processi di acculturazione attiva presuppongono
l’intervento concreto di individui bilingui che meglio si giustificherebbe in
uno scenario ‘occidentale’ di diffusione di queste leggende78.
Tutto quanto si è detto fino a questo momento illustra le molteplici aper-
ture internazionali di Caere verso il mondo greco e indica chiaramente che
la città etrusca instaurò precocemente contatti di natura economica e cultu-
rale sia con le colonie greche di Magna Grecia e di Sicilia sia con il mondo
greco metropolitano (Atene e Corinto) e alcune isole egee (Cicladi e Creta).
Probabilmente sin dall’Orientalizzante Antico, la città era anche luogo di
residenza stabile o temporanea per nuclei di meteci e xenoi di origine sia
greca sia levantina, dei quali talvolta è possibile stabilire con precisione l’o-
rigine sulla base della documentazione archeologica e di quella epigrafica79.
Anche se si tende a considerare l’età arcaica il periodo aureo della talas-
socrazia etrusca80, almeno per quanto riguarda le proiezioni internazionali

74
Come ha bene messo in luce Breglia Pulci Doria 1998, si tratta peraltro di saghe assai
differenti l’una dall’altra per genesi e struttura, che proprio alla luce di queste differenze possono
essere storicizzate e interpretate come il riflesso delle varie fasi della colonizzazione greca in
Occidente di epoca storica.
75
M. Menichetti, ‘Giasone e il fuoco di Lemno su un’olpe etrusca in bucchero di epoca
orientalizzante’, Ostraka 4,2, 1995, 273-283.
76
Bellelli 2010.
77
Bellelli 2002-2003, 89. In questa prospettiva suscita interesse la proposta di Breglia Pulci
Doria 1998 di ancorare a uno scenario tirrenico la peculiare versione della saga argonautica
veicolata dalla celebre olpe di Caere (Rizzo, Martelli 1993), nella quale però la critica coglie
legami diretti con l’ambiente egeo: su questo aspetto vd. anche infra. Sottolinea l’ambientazione
tirrenica degli episodi selezionati dalla committenza etrusca anche M. Martelli, ‘Del Pittore di
Amsterdam e di un episodio del nostos odissaico. Ricerche di ceramografia etrusca orientalizzante’,
Prospettiva 50, 1987, 7.
78
Bellelli 2010, 35.
79
M. Guarducci, ‘Iscrizioni greche su vasi locali di Caere’, ArchClass 4, 1952, 241-244; S.
Moscati, ‘Dimensione tirrenica’, RStudFen 16,2, 1988, 140; Cristofani 1991, 69, per esempio,
ipotizzano l’esistenza a Caere di piccole comunità di Fenici e Attici sulla base rispettivamente di
ceramiche fenicie ‘non di lusso’ e di iscrizioni attiche rinvenute in alcuni contesti delle necropoli
urbane. Un esame complessivo della documentazione epigrafica ceretana riferibile ad alloglotti
è in Colonna 2004.
80
Sul tema della talassocrazia etrusca vd. M. Cristofani, ‘Nuovi spunti sul tema della talas-
socrazia etrusca’, Xenia 8, 1984, 3-20; J.-R. Jannot, ‘Les navires étrusques, instruments d’une
154 VINCENZO BELLELLI

di Caere, è l’età orientalizzante, dunque, il periodo in cui si pongono le


premesse di tale dominio sui mari81. Tale supremazia si esercitava pro-
babilmente attraverso l’attività di flottiglie private armate da personaggi
come i principes seppelliti nel tumulo San Paolo, le cui ricchissime tombe
rivelano bene l’ampiezza dei rapporti internazionali da loro intrattenuti. In
quest’epoca, e fino alla fine del VII secolo a.C., non esisteva ancora uno
scalo attrezzato a Pyrgi e il principale punto di approdo del litorale ceretano
era quello meridionale di Alsium82, cioè quello prossimo, probabilmente
non per caso, alle necropoli meridionali, sia urbane sia del territorio, di
Caere, in cui non mancano complessi di rango principesco come la tomba
Regolini-Galassi e le tombe Calabresi e San Paolo.

L’età arcaica
Con la fondazione dell’emporio di Pyrgi e la valorizzazione a fini strategici
dell’epineion settentrionale della città, il baricentro della ‘talassocrazia’
ceretana sembra spostarsi verso il Tirreno settentrionale83. Le ricerche degli
ultimi decenni hanno rivelato una realtà storica sorprendente, e cioè il pro-
gressivo strutturarsi lungo le coste del Tirreno settentrionale fino al Golfo
del Leone di una rete molto ramificata di scali e fondaci etruschi finalizzati
a gestire il commercio con le popolazioni celto-liguri84. Tale grandiosa im-
presa a cui parteciparono da protagonisti anche i Ceretani, avvenne, com’è
noto, in serrata concorrenza con i Greci d’Asia, i quali, con la fondazione di
Massalia, si stabilirono saldamente nei territori verso cui venivano drenate
le ricche risorse naturali dell’intera regione attraverso la via del Rodano.
A parere di alcuni studiosi85, Caere fu in ordine di tempo l’ultima città ad
attivarsi per rispondere alla concorrenza dei Massalioti, ma quel che è certo
è che, quando lo fece, la città fu in grado di creare rapidamente una solida
e ramificata rete commerciale, che prevedeva anche la creazione di punti

thalassocratie?’, CRAI 1995, 743-778; A. Cherici, ‘Talassocrazia: aspetti tecnici, economici,


politici’, in Etruschi e Mediterraneo, 439-470, con ulteriori riferimenti bibliografici.
81
Numerose rappresentazioni di navi risalenti al periodo orientalizzante provengono non per
caso, come è stato fatto notare, dal territorio di Caere: vd. O. Höckmann, ‘Etruskische Schiffahrt’,
Jahrbuch des Römisch-Germanischen Zentralmuseums Mainz 48,1, 2001 [ma 2003], 227-308;
M. Martelli, ‘Il fasto delle metropoli dell’Etruria meridionale. Importazioni, imitazioni e arte
suntuaria’, in Etruschi. Le antiche metropoli del Lazio, 137 n. 58.
82
Colonna 2000, 48.
83
Ibidem.
84
G. Colonna, ‘A proposito della presenza etrusca nella Gallia meridionale’, in Etruschi da
Genova ad Ampurias, II, 657-676; Id., ‘Il commercio etrusco arcaico vent’anni dopo (e la sua
estensione fino a Tartesso)’, in Etruschi e Mediterraneo, 9-21.Vd. anche M. Gras, ‘Parcours
emporiques en Ligurie’, in Aei mnestos, I, 212-219.
85
Vd., per esempio, la ricostruzione storica di Maggiani 2006.
CAERE E IL MONDO GRECO 155

di riferimento logistico lungo le rotte battute dai propri mercanti, il più im-
portante dei quali paradossalmente si trova nel cuore della greca Massalia86.
Sono ormai entrati in piena attività i meccanismi del commercio di tipo
emporico, che sul versante etrusco sono ben conosciuti grazie al ‘caso-
Gravisca’87. Tale nuova stagione del commercio arcaico, com’è noto, è
intimamente legata sul versante etrusco alla esportazione del surplus della
produzione vinicola locale e di taluni beni di lusso che alcune manifatture
urbane, in particolare vulcenti, si erano specializzate a produrre proprio per
il mercato ‘esterno’. Caere non sembra partecipare a quest’ultimo fenomeno
produttivo, ma gioca senza dubbio un ruolo da protagonista nella produzione
e nel commercio del vino etrusco, come indicano in modo eloquente i carichi
di anfore vinarie ceretane affondati lungo le coste della Francia meridionale
fra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C.88.
Questo capitolo della storia internazionale di Caere, com’è noto, ebbe un
epilogo drammatico (il conflitto militare con i Focei), ma con risvolti positivi
per il prestigio e la supremazia politico-commerciale della città nello scac-
chiere tirrenico. La città, infatti, instaurò una alleanza politico-militare con
Cartagine e risultò, nei fatti, vincitrice sui Focei dopo la battaglia del Mare
Sardonio89, sicché poté rinsaldare la sua supremazia nella acque del Tirreno
centro-settentrionale90. La fondazione del thesauros a Delfi91 si colloca proba-
bilmente in questo periodo di rapporti dialettici con il mondo greco, segnati
da aperture ma anche da conflitti aperti, che tuttavia la storiografia greca non
presenta ancora quali scontri di civiltà, come avverrà successivamente per
iniziativa siracusana. Ed è proprio all’insegna dei rapporti conflittuali con il
mondo siceliota, e con Siracusa in particolare, che si inaugura per Caere la

86
Su questo tema, e più in generale su tutto il corposo dossier dei materiali etruschi rinvenuti
in Francia e Spagna, è intervenuto a più riprese Jean Gran-Aymerich: vd., a titolo esemplificativo,
‘Les Étrusques en Gaule et en Ibérie: du mythe à la réalité des dernières découvertes’, EtrStud 9,
2002-2003 [ma 2006], 207-224.
87
Per un aggiornamento vd. Torelli 2004.
88
Documentazione in Les Étrusques en mer. Épaves d’Antibes à Marseille, sous la direction
de L. Long, P. Pomey, J.-C. Sourisseau, Aix-en-Provence 2002.
89
Sulla vicenda, di portata ‘epocale’ per la storia dell’Occidente, vd. Mάχη. Una raccolta
esaustiva delle relative fonti letterarie, in particolare, è in A. Agus, ‘Le fonti della battaglia del
Mare Sardonio’, in Mάχη, 219-246. Più di recente, Antonelli 2008, 225-240.
90
Lo fece, com’è noto, rinforzando anche la propria presenza ‘coloniale’ in Corsica: vd. G.
Colonna, rec. a J. et L. Jehasse, La nécropole préromaine d’Aléria (1960-1968), Paris 1973, SE
41, 1973, 566-572 [= Id., Italia ante Romanum imperium. Scritti di antichità etrusche, italiche e
romane (1958-1998), a cura di C. Ampolo e G. Sassatelli, I, Pisa - Roma 2005, 49-54].
91
Il problema del thesauros ceretano a Delfi è tema molto complesso, che meriterebbe una
disamina autonoma, impossibile nell’àmbito di questo lavoro: vd. le proposte, in numerosi punti
divergenti, di D. Briquel, ‘Le città etrusche e Delfi. Dati d’archeologia delfica’, in Etrusca di-
sciplina. I culti stranieri in Etruria (Atti dei Convegni IV e V. Orvieto 1987-1988), Roma 1998,
143-169; A. Jacquemin, Offrandes monumentales à Delphes, Athènes - Paris 1999; Colonna 2000.
156 VINCENZO BELLELLI

storia più recente (V-IV secolo a.C.) dei rapporti con il mondo greco92. Ma,
significativamente, come era accaduto in precedenza, la storia ‘avvenimenta-
le’ di questi rapporti, così come essa è ricostruibile dalla composizione, non
facile, delle notizie tramandate dagli scrittori antichi, non è perfettamente
sovrapponibile alla storia che si può scrivere utilizzando il record archeologi-
co. La storia ‘archeologica’ dei rapporti fra gli Etruschi di Caere e i Greci di
Sicilia documenta infatti per il periodo compreso fra la fine del VI e tutto il
IV secolo a.C. una sorprendente apertura verso l’elemento culturale siceliota
(e italiota), che si manifesta soprattutto nella sfera della religione e dei culti
misterici in particolare93. Non si tratta peraltro di un fenomeno esclusivo di
Caere, ma di un trend che si nota in tutta l’Etruria tirrenica, da Caere a Vol-
terra94, e che manifesta in questo periodo una forte permeabilità del mondo
etrusco alla influenza culturale e religiosa esercitata dai Greci di Occidente
e della madrepatria, all’interno di fenomeni sincretistici di ampia portata95.
Ma questo discorso96 ci porterebbe troppo lontano e dunque, in vista
delle conclusioni, pare più opportuno sintetizzare i risultati di questa ri-
cerca, procedendo rapidamente per punti e mettendo a confronto i dati che
si possono ricavare dall’analisi delle fonti archeologiche con quelli offerti
dalla lettura degli autori antichi.

Note conclusive: Caere e il mondo greco attraverso la documen-


tazione archeologica e nella tradizione letteraria
L’analisi dei dati archeologici fin qui condotta consente la ricostruzione di
un quadro assai ricco di relazioni fra Caere e il mondo greco, relazioni che

92
È impossibile dare conto in questa sede di tutta la bibliografia esistente su questo capitolo
delle relazioni etrusco-siciliane, per cui si rimanda a M. Gras, Trafics tyrrhéniens archaïques,
Rome 1985, 477-582, e alla sintesi di R.M. Albanese Procelli, ‘Gli Etruschi in Sicilia’, in Gli
Etruschi fuori d’Etruria, a cura di G. Camporeale, San Giovanni Lupatoto (VR) 2001, 292-303.
Su molte questioni di dettaglio è intervenuto a più riprese Colonna (vd., a titolo esemplificativo,
G. Colonna, ‘Nuove prospettive sulla storia etrusca tra Alalia e Cuma’, in Secondo Congresso
Internazionale Etrusco, I, 361-374; ‘Il santuario di Pyrgi dalle origini mitistoriche agli altorilievi
frontonali dei Sette e di Leucotea’, Scienze dell’Antichità 10, 2000 [ma 2002], 251-336; Colonna
2006), con proposte talvolta molto originali, che per le implicazioni di rilievo meriterebbero una
discussione autonoma, impossibile in questa sede.
93
Colonna 2004.
94
Le scoperte degli ultimi decenni stanno rivelando, infatti, in tutte le città costiere dell’Etruria
un fiorire di culti misterici di più o meno diretta discendenza greco-coloniale: vd. Colonna 2004;
Torelli 2004; Bellelli 2011, con riferimenti bibliografici ulteriori.
95
L. Cerchiai, B. d’Agostino, ‘Aspetti della funzione politica di Apollo in area tirrenica’, in
I culti della Campania antica (Atti del Convegno Internazionale di Studi in ricordo di Nazarena
Valenza Mele. Napoli, 15-17 maggio 1995), a cura di G. Greco e S. Adamo Muscettola, Roma
1998, 119-128.
96
Affrontato particolarmente in Bellelli 2011.
CAERE E IL MONDO GRECO 157

resero la città etrusca uno dei principali «focolai di ellenizzazione dell’Italia


centrale»97.
La parabola storica che si è ricostruita prevede inizialmente una fase di
contatti sporadici con i mercanti egei che si spingevano in Occidente. Sulla
natura di questi primi contatti che, come si è visto, sono significativi anche
nel distretto ceretano, si è molto speculato in passato, insistendo soprattutto
sull’importanza del commercio dei metalli nel cosiddetto circuito commer-
ciale euboico; probabilmente, però, la struttura di questa rete embrionale di
relazioni greco-etrusche, come ha suggerito Bruno d’Agostino98, non ha in
questa fase soltanto motivazioni economiche ‘forti’, ma si innerva anche su
una ricerca di ‘profitti marginali’ derivanti dall’immissione nel circuito dello
scambio di beni che erano considerati di prestigio99.
Dopo questa fase di primi contatti con il mondo greco-euboico, Caere
instaura un rapporto organico con le colonie greche del Golfo di Napoli e,
forse con lieve décalage cronologico, con Corinto. In quest’epoca, seguendo
la ricostruzione di Giovanni Colonna100, si può ipotizzare un precoce controllo
da parte di Caere della zona mineraria etrusca e si pongono le premesse della
‘talassocrazia’ ceretana, con una ‘gravitazione’ strategica, per lo più meridio-
nale, e interessi commerciali probabilmente anche oltre lo Stretto di Messina.
Quali porti greci toccassero in quest’epoca i mercanti ceretani e perché, è
difficile stabilire con precisione di dettagli: la documentazione archeologica,
come si è visto, suggerisce una intraprendenza notevole da parte della mari-
neria ceretana, che era in grado certamente di raggiungere le isole maggiori
dell’Egeo, fra cui Creta, nonché i principali porti della Grecia continentale.
A questo proposito non è inutile ricordare che, secondo Carlo de Simone101,
la presenza tirrenica nell’Egeo in epoca assai antica (almeno dal 700 a.C. circa)
è certificata dalle fonti letterarie e dalle straordinarie testimonianze epigrafiche
affiorate a Lemno, che rimanderebbero paleograficamente proprio a Caere102.

97
L’espressione è in Colonna 2004, 69.
98
In d’Agostino, Soteriou 1998, 364.
99
Su questi temi vd. anche le osservazioni di D. Ridgway, L’alba della Magna Grecia, Milano
1984, 158-159.
100
G. Colonna, ‘Presenza greca ed etrusco-meridionale nell’Etruria mineraria’, in L’Etruria
mineraria (Atti del XII Convegno di Studi Etruschi. Firenze - Populonia - Piombino, 16-20 giugno
1979), Firenze 1981, 451-452.
101
C. de Simone, I Tirreni a Lemnos. Evidenza linguistica e tradizioni storiche, Firenze
1996, 91.
102
E che la città avesse sin da epoca orientalizzante familiarità con l’Egeo settentrionale,
secondo alcuni studiosi, sarebbe provato dalla celeberrima olpe ceretana di bucchero con Medea
e gli Argonauti (Rizzo, Martelli 1993), che però, come si è detto in precedenza (vd. n. 77), per
altri studiosi è documento da ancorare a uno scenario occidentale.
158 VINCENZO BELLELLI

La questione, com’è noto, è dibattuta103, ma non è in discussione il dato di


fondo: in epoca orientalizzante da Caere si era certamente in grado di partire
con navi ben equipaggiate per raggiungere non soltanto le città della Magna
Grecia e della Sicilia, ma anche le lontane terre dell’Egeo.
In questo scenario non sarebbe fuori luogo un’ipotesi di origine ceretana
per l’Arimnestos etrusco ricordato da Pausania, che, primo fra tutti i barbari,
avrebbe fatto un dono (un trono) allo Zeus di Olimpia104. Infatti, sebbene
la critica abbia finora prospettato per questo personaggio altre origini, con
argomentazioni peraltro assai diverse105, rimane il fatto che dietro la figura
di Arimnestos dobbiamo immaginare una comunità prospera e potente,
con intense attività mercantili di tipo ‘estero’, in grado di esprimere anche
rapporti diplomatici di un certo livello. Fra le non molte comunità etrusche
che all’epoca possedevano questi requisiti, Caere, a nostro avviso, è senza
dubbio una delle candidate migliori per essere considerata la città di origine
di Arimnestos. Come ha suggerito Alessandro Naso, del resto, una delle più
antiche e prestigiose dediche dell’Heraion di Olimpia – il diadema di argento
studiato a suo tempo da Adolf Furtwängler – potrebbe essere stato donato da
una «aristocratica ceretana»106.
Nello stesso tempo in cui è protagonista dell’avventura degli Etruschi sul
mare, è ampiamente documentato che Caere fu anche, simmetricamente, città
‘aperta’ nei confronti dello ‘straniero’: così fu probabilmente per tutto l’arco
della sua storia plurisecolare, per vocazione profonda107. Come si è visto,
sulla base dei dati archeologici ed epigrafici, si può postulare, a seconda delle
epoche, la presenza a Caere, oltre che di genti di provenienza levantina, di
piccole comunità di Euboici di Occidente, di Cicladici, Attici, Corinzi, Greci
d’Asia108 nonché d’Occidente e in particolare di Sicelioti109. Si trattava di
artigiani e mercanti, che contribuirono attivamente alla fioritura culturale di
Caere, facendone un centro di cultura internazionale.

103
Per l’aspetto epigrafico-linguistico vd. ora L. Agostiniani, ‘Sulla lingua e l’epigrafia delle
iscrizioni anelleniche di Lemno’, in Origini degli Etruschi, 169-193.
104
Paus. V 12,5.
105
G. Colonna, ‘Doni di Etruschi e di altri barbari occidentali nei santuari panellenici’, in I
grandi santuari della Grecia e l’Occidente, a cura di A. Mastrocinque, Trento 1993, 44-56 (Etruria
campana); Naso 2006, 337-341(Etruria padana).
106
Naso 2006, 340. Il tipo di diadema, come rilevato dall’autore, è attestato anche a Cuma:
vd. L. Petacco, in Museo archeologico dei Campi Flegrei. Catalogo generale. Cuma, a cura di F.
Zevi, F. Demma, E. Nuzzo et alii, Napoli 2008, 197.
107
Anche la vicenda del doppio nome, Agylla-Caere, è indicativa di una apertura strutturale
verso lo straniero ed è tipica delle zone di contatto per eccellenza. Sui nomi di Caere, vd. diffu-
samente Colonna 2004, 84-87; Id. 2010, 183-184.
108
Colonna 2004.
109
M. Pallottino, ‘Cerveteri’, in EAA II, Roma 1959, 69, definiva felicemente Caere «città
aperta a colonie di commercianti e artigiani ellenici».
CAERE E IL MONDO GRECO 159

Benché, dunque, la tradizione letteraria non riporti per Caere nessuna no-
tizia esplicita di presenze greche più o meno stanziali, come quelle riferite a
Tarquinia110 e all’isola d’Elba111, possiamo per altra via arrivare alla conclusione
che tali presenze c’erano anche a Caere ed erano pure di una certa consistenza.
Nei confronti di queste comunità alloglotte, e greche in particolare, lo
sforzo della città di attivare processi di integrazione in grado di incidere an-
che nella sfera ideologica, si può misurare con la compartecipazione ceretana
alla creazione delle ‘leggende delle origini’. Grazie agli studi di Domini-
que Briquel112 risulta oggi più che mai chiaro che, alla operazione di vasta
propaganda ideologica imperniata sul concetto di syngeneia greco-etrusca
presupposta dalla saga pelasgica, parteciparono attivamente soprattutto le
comunità rivierasche dell’Etruria, inclusa quella di Caere.
Ma forse le classi dirigenti della città non furono estranee anche alla
elaborazione, per tramite foceo, dell’altra grande leggenda sull’etnogenesi
etrusca tramandata dalle fonti letterarie113 , ovvero quella che faceva degli
Etruschi una popolazione originaria della Lidia114.
Se, come ha intravisto la critica115, dietro queste operazioni di propaganda
ci sono, in particolare, l’ambiente attico e quello foceo che interagivano con
le élites delle città etrusche che incarnavano, nel Tirreno e nell’Adriatico,
la vocazione mercantile etrusca, allora si comprende meglio anche il ruolo
che Caere può avere avuto in queste dinamiche storiche116.
Come si è visto, un ruolo speciale, quali interlocutori degli Etruschi di
Caere, ebbero i Greci d’Asia e i Focei in particolare117. Tale rapporto dialettico
e progressivamente conflittuale si venne a determinare per la convergenze
di interessi sul medesimo scacchiere territoriale – l’alto Tirreno – in cui la
città etrusca aveva solidi interessi commerciali, per preservare i quali venne
a patti con Cartagine. La ricerca archeologica permette ora di sostanziare

110
Liv. I 34; Dion. Hal. AR III 46; Strab.V 2,2; VIII 6,20 (Demarato).
111
[Aristot.] Mir. 839b20-26.
112
Vd. ora Briquel 2012, con rimandi ai precedenti suoi lavori.
113
La notizia è riferita da Erodoto (I 167) da cui dipende una folta schiera di autori antichi:
il dossier delle tradizioni letterarie sulle origini degli Etruschi è ora raccolto e commentato in
extenso da Sammartano 2012.
114
L’ipotesi, che non ha avuto molto seguito, è prospettata da L.A. Holland, ‘Herodotus I,
94: A Phocean Version of an Etruscan Tale’, AJA 41, 1937, 377-382; sulla proposta, vd. ora le
considerazioni di Sammartano 2012.
115
G. Camporeale, ‘Sulle tradizioni egee intorno all’origine degli Etruschi’, PP 69, 1994,
179-197; Sammartano 2012.
116
Diversamente, la presentazione in chiave ‘autoctonista’ della etnogenesi etrusca è motiva-
tamente riportata dalla critica a iniziativa siceliota: vd. D. Briquel, Les Tyrrhènes peuple de tours.
Denys d’Halicarnasse et l’autochtonie des Etrusques, Rome 1993.
117
Sulle vicende legate ai Focei ampia disamina in Antonelli 2008.
160 VINCENZO BELLELLI

con ipotesi concrete la ricostruzione di questo capitolo della storia di Caere,


su cui anche le fonti letterarie forniscono preziosi elementi di valutazione.
La tradizione letteraria, nel suo complesso, non registra peraltro, prima
della vicenda etrusco-focea, alcuna notizia significativa riferita esplicitamen-
te a Caere118. Poiché lo stesso vale, con poche eccezioni, per la totalità delle
città etrusche, è da credere che l’interesse per i singoli centri etruschi sia stato
registrato letterariamente in àmbito culturale greco in epoca relativamente
tarda e comunque successivamente a una fase in cui l’interesse etnografico
dei Greci era piuttosto rivolto all’ethnos tirrenico nel suo complesso, che non
alle singole realtà urbane. Non a caso nelle testimonianze più antiche che ci
sono pervenute119 è soltanto questo che si ritrova: la menzione collettiva dei
Tirreni, che sono nominati in contesti narrativi che peraltro non sono del tutto
perspicui oppure rimandano a una realtà storica almeno in parte ambigua,
come indica la pertinenza geografica molto ampia dell’etnonimo Tyrsenoi.
Neanche nella Periegesi di Ecateo di Mileto troviamo menzioni puntuali
di città propriamente etrusche, e dunque di Caere, mentre nella stessa opera,
com’è noto, compare una interessante rappresentazione delle città etrusche
della Campania, che sembra dipendere direttamente da fonti occidentali,
secondo Ettore Lepore sibarite120.
Nella tradizione letteraria, in particolare, mancano del tutto testimonianze
relative alla fase del commercio tipo prexis in cui si faccia esplicito riferi-
mento a Caere, analoghe a quella relativa a Demarato, ma, come si è visto,
sebbene riferito esplicitamente a Tarquinia, il ‘modello Demarato’ (merci
corinzie in Occidente, merci tirreniche in Grecia) sarà stato operante anche
altrove, e senza dubbio anche a Caere.
C’è poi il noto passo di Eforo sulla pirateria tirrenica nell’area dello
Stretto di Messina121 che la critica riferisce motivatamente a Caere122 e che
lascia intravedere una precoce supremazia navale della città in tutta l’area
tirrenica, supremazia che dipendeva probabilmente da una molteplicità di
fattori, fra i quali in primo luogo l’efficace controllo strategico-militare delle
coste e una indubbia competenza nell’arte della navigazione.
Un filone di testimonianze tramandate dalle fonti scritte discute infine,
da prospettive assai diverse, il rapporto fra gli abitanti di Caere e la pratica

118
Un buon repertorio commentato di fonti, successivamente a Chr. Hülsen, ‘Caere’, in RE
III, 1899, 1281-1283, è in M. Sordi, ‘Cere’, in Enciclopedia Virgiliana I, Roma 1994, 740-743.
Un’ampia raccolta di notizie antiche riferite a Caere è anche in Proietti 1986, 17-19.
119
Hes. Theog. 1011-1016; [Hom.] In Dion. 8.
120
E. Lepore, ‘L’Italìa dal ‘punto di vista’ ionico: tra Ecateo ed Erodoto’, in Φιλίας χάριν.
Miscellanea di studi classici in onore di Eugenio Manni, IV, Roma 1980, 1329-1344.
121
Ephor., FGrHist 70 F 137 (= Strab. VI 2,2).
122
Da ultimo Maggiani 2006.
CAERE E IL MONDO GRECO 161

della pirateria123. Come ha messo in rilievo una parte della critica124, è qui
evidente che alla città etrusca viene riconosciuto uno statuto particolare di
città ‘pia’, che risulta particolarmente vistoso nel quadro di discredito verso
questa attività predatoria che le fonti greche più tendenziose affibbiano agli
Etruschi a mo’ di ‘ritratto etnico’125.
In conclusione, nelle fonti letterarie non si trova una presentazione espli-
cita di Caere come polis Hellenis, qualifica che, per quanto riguarda il mondo
etrusco, appare riferita soltanto all’adriatica Spina126, ma si tratta certamente
di un dato accidentale. L’archeologia e le fonti letterarie suggeriscono, infatti,
che non c’è, almeno in Etruria meridionale, città più ‘greca’ di Caere, in cui
il contatto con l’elemento culturale ellenico fu particolarmente vivificatore.

Abbreviazioni bibliografiche
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Aei mnestos. Miscellanea di Studi per Mauro Cristofani, a cura di B. Adembri,
I-II, Firenze 2006.
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battaglia del mare Sardonio (= Hesperìa. Studi sulla grecità in Occidente, 23),
Roma 2008.
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ria meridionale e Mediterraneo nell’età del bronzo’, in Origini degli Etruschi,
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Bartoloni 2003
G. Bartoloni, Le società dell’Italia primitiva. Lo studio delle necropoli e la
nascita delle aristocrazie, Roma 2003.
Bartoloni 2006
G. Bartoloni, ‘Vino fenicio in coppe greche?’, in Across frontiers. Etruscans,
Greeks, Phoenicians & Cypriots. Studies in Honour of David Ridgway & Fran-

123
Da ultimo Briquel 2012, con discussione della cospicua letteratura precedente.
124
Si rinvia a questo proposito a uno scritto recentissimo di Domenico Musti [‘Il ruolo di
Caere nel Mediterraneo’, in Munera Caeretana. In ricordo di Mauro Cristofani (Atti dell’Incontro
di Studio. Roma, 1 febbraio 2008), a cura di V. Bellelli, F. Delpino, P. Moscati, P. Santoro, Pisa
- Roma 2009, 23-51 (= Mediterranea 5)], che enfatizza l’immagine ‘pia’ della città – agli occhi
dell’interlocutore greco e romano – tramandata dalle fonti letterarie.
125
Sull’insieme della tradizione antica relativa alla pirateria etrusca opera interessanti distin-
guo M. Giuffrida, ‘La pirateria etrusca fino alla battaglia di Cuma’, in Sicilia antica, 175-200.
126
Da ultimo, vd. G. Uggeri, ‘Spina: polis hellenís (Ps.-Scyl. 17)’, in Etruria e Italia prero-
mana. Scritti in onore di Giovannangelo Camporeale, a cura di S. Bruni, II, Pisa 2009, 893-897.
162 VINCENZO BELLELLI

cesca Romana Serra Ridgway, ed. by E. Herring, I. Lemos, F. Lo Schiavo et


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