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2003
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dall’ultimo decennio dell’800, di una raccolta di reperti archeologici rinvenuti già negli
anni ’80 dello stesso secolo nel territorio di proceno da parte del Cecchini, che, pos-
siamo presumere, avrà donato al Museo quelli a suo parere meno preziosi o significa-
tivi, o che non aveva particolare interesse a mantenere in suo possesso.
8 per Vulci, cfr. in particolare FALConI AMoRELLI 1983, p. 124, n. 120, figg. 52-
53 e p. 208. per l’agro vulcente, CAnCIAnI 1974, p. 33, tav. 29, 4-5 (ma con doppia fila di
chevrons); o. pAoLETTI, in MAnGAnI - pAoLETTI 1986, p. 28, n. 4, tav. 24 (con molti con-
fronti e ampia bibliografia); Vulci 2000, p. 77, n. 4.15, tav. 8. per poggio Buco: MAT-
TEUCIG 1951, pp. 60-61, tombe C, D, E; BARToLonI 1972, p. 16, tomba I, n. 1, fig. 2, tav.
V a; p. 66, n. 4, fig. 30, tav. XXXIII c (con due serie di zigzag sovrapposte); pELLEGRInI
1989, pp. 71-72, nn. 228-229, tav. XLVI (varietà D, caratterizzata da decorazione
dipinta in rosso bruno costituita da metopa con singola fila orizzontale di zigzag); ID.
1999, p. 112, nn. 15 (con motivi romboidali a reticolo alternati a tratti verticali) e 16,
tav. II, nn. 2-3, collezione A. Vaselli; M.F. CoLMAyER, in CELUzzA 2000, p. 77, n. 4.15, tav.
8 (con decorazione leggermente differente). Anche esemplari di supposta provenienza
dall’agro chiusino sono stati considerati “una emanazione di Vulci”: CAMpoREALE 1977,
p. 232, nt. 105; o. pAoLETTI, in MAnGAnI - pAoLETTI 1986, p. 28, n. 4.
9 BARToLonI 1984, p. 103 ss.; SGUBInI MoRETTI 1986a, p. 77, tav. XL, 1, a
destra; pELLEGRInI 1989, pp. 72-73, n. 233, tav. XLVII.
10 per l’area vulcente, Cfr. BARToLonI 1972, p. 16, tomba I, n. 2, fig. 2, tav. VI b
(con tratti verticali e fondo piano); p. 30, tomba II, n. 2, fig. 10, tav. XI c (con differente
decorazione); pp. 37-38, tomba III, n. 1, fig. 13, tav. XV a; FALConI AMoRELLI 1983, pp.
126-128, nn. 124-127, figg. 53-54; DonATI - MICHELUCCI 1981, p. 63, n. 110 (collezione
Ciacci, dal territorio di pitigliano e Saturnia); DonATI 1989, p. 52, tomba V, nn. 10-11,
fig. 18, tav. XIII (prima metà del VII sec.); pELLEGRInI 1999, p. 112, nn. 18-19, tav. II,
5-6, fig. 77, 1 (necropoli di poggio Buco, collezione A. Vaselli (fine VIII - prima metà
VII sec. a.C.); M.F. CoLMAyER, in CELUzzA 2000, p. 86, n. 5.7, tav. V (con decorazione
leggermente differente). per Tuscania, v. SGUBInI MoRETTI 1986b, p. 238, tav. XCVII.
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11 pELLEGRInI 1989, p. 74, nn. 240-244, tavv. XLIX-L (Varietà B); D’AGoSTIno
1979, pp. 59-60, 73, tipo 1, figg. 34-35; GASTALDI 1979, pp. 53-54; o. pAoLETTI, in
MAnGAnI - pAoLETTI 1986, p. 33, nn. 1-2, tav. 29, che, sottolineando la particolarità
della decorazione a fasce all’interno della vasca, cita confronti da Veio (D. RIDGwAy, in
StEtr XXXV, 1967, p. 313) e Capua (w. JoHAnnowSky, in DialArch 1, 1967, fig. 5,
dalla tomba 253; ID., in DialArch 3, 1969, pp. 34, 214).
12 pELLEGRInI 1989, p. 74, nn. 240-244, tavv. XLIX-L.
13 SGUBInI MoRETTI 1986a, pp. 76-77.
14 per la forma, ma con ansa a triplo bastoncello e triangoli anche sul collo, è
confrontabile con CAnCIAnI 1974, p. 33, tav. 25, 1-4 (seconda metà VII sec. a.C.); v.
anche RICCI 1964, p. 12, n. 205, tomba 125. Il tipo di ansa può richiamare invece
un’olpe da Veio in argilla figulina con decorazione dipinta e triangoli cuspidati
intorno al piede: DELpIno 1985, tav. XIX, n. 122.
15 CoLonnA 1970, p. 642.
16 BEIJER 1978, p. 7 ss.
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17 CoLonnA 1970, pp. 643-644; ID. 1973, p. 66. per esemplari d’impasto da
Veio, cfr. DE SAnTIS 1997, p. 120, nn. 4-9, figg. 12-13; p. 135, nn. 4-5, fig. 26. per le
attestazioni vulcenti, cfr. SGUBInI MoRETTI 1986a, p. 80 (di bucchero, da una tomba
della necropoli dell’osteria, con corredo databile tra la metà del VII sec. e l’orientaliz-
zante recente), considerata una delle rare testimonianze da area vulcente di questa
forma, probabilmente importata da Caere; Raccolta Guglielmi 1997, pp. 207-208, n.
100. per il territorio di Sovana, v. DonATI - MICHELUCCI 1981, p. 157, n. 370 (anforetta
connessa con la famiglia delle anforette a spirali, datata dal secondo all’ultimo
quarto del VII sec. a.C.). Gli esemplari sporadicamente presenti a poggio Buco
(BARToLonI 1972, tomba II, p. 30, n. 3, fig. 10, tav. XI.b) sono ritenuti mediati con
ogni probabilità da pitigliano dove invece essi ricorrono in modo più consistente: pEL-
LEGRInI 1989, p. 52. per esemplari in bucchero dal territorio Chiusi, cfr. inoltre pAo-
LUCCI 2000, p. 229, fig. 30 (dalla necropoli di Tolle, presso Chianciano). per
populonia: F. CoLIVICCHI, in Gli Etruschi, Catalogo della Mostra (Venezia 2000), a
cura di M. Torelli, Milano 2000, p. 600, n. 181.
18 Sebbene non sia agevole reperire confronti puntuali, si possono individuare
analogie in anse plastiche o elementi plastici applicati a vasi di forme diverse. Cfr. ad
esempio, per l’area visentina: DELpIno 1977, p. 472, fig. 4, nn. 71b e 73, tav. XVI, b, d;
JUCkER 1991, p. 161, n. 190; per Veio: BURAnELLI - DRAGo - pAoLInI 1997, p. 75, fig.
32; per l’agro falisco-capenate: R. pARIBEnI, in MonAntLinc XVI, 1906, col. 435, fig.
47; col. 451, fig. 60; tav. III, 1, 4; CAMpoREALE 1991, pp. 37-39, nn. 31-32, tavv. XVIII-
XIX; DE LUCIA BRoLLI 1998, p. 201, fig. 18; BRonCoLI 2001, p. 349, fig. 16, da Terni;
per la Sabina: SAnToRo 1985, p. 74, fig. 26.
19 Cfr. ad esempio CoLonnA 1992, p. 113, fig. 21, b; E. pERCoSSI SEREnELLI, La
tomba di S. Egidio di Tolentino nella problematica dell’orientalizzante piceno, in Ci -
viltà picena 1992, p. 165, figg. 11, 14, a; CAMpoREALE 2000, pp. 108-109, fig. 17: si
tratta di terminazioni di anse di coppe quadriansate, olle e coperchi con prese orna-
mentali plastiche, messi spesso in rapporto con produzioni di poggio Buco (BARToLo-
nI 1972, p. 190, n. 108, tav. CXXX, c-d, fig. 94; M AGGIAnI - pELLEGRInI 1985, tav.
XXIV; pELLEGRInI 1989, pp. 56-65, tavv. XXXIII-XLI; CoLonnA 1992, p. 113, nt. 70;
pELLEGRInI 1999, pp. 115-117, n. 32, tav. V, 3).
20 V. in particolare HAyES 1985, pp. 20-21, n. A48 (con datazione generica al
VII-VI secolo).
21 Cfr. CAMpoREALE 1977, p. 219, tav. XLVII; pELLEGRInI 1999, p. 128, n. 112,
tav. XV, 2 da pitigliano, scavi “macerie” 1998; CVA Copenhague, Musée National, IV
B, tav. 209, n. 1, p. 162. Cfr. anche JUCkER 1991, p. 151, nn. 170-171 (prima metà del
VII sec., produzione di Bisenzio).
22 HEnCkEn 1968, figg. 359-360, 362 a-b; L. DonATI, in Etruria mineraria
1985, p. 74, n. 242 (con costolature verticali e bassissimo piede a disco), da Tarquinia,
poggio Gallinaro, tomba a fossa n. 8, degli inizi del VII sec. a.C.; E. BARnABEI, in
MonAntLinc IV, 1894, coll. 249-250.
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sto bruno con vasca carenata (Fig. 10) può essere avvicinato al tipo
Rasmussen 1a diffuso in Etruria meridionale intorno alla metà del
VII secolo23, epoca alla quale si data anche un’olletta d’impasto
rosso presente nel territorio di Vulci, a Sovana e a poggio Buco24.
Di estremo interesse, nel quadro dei rapporti con Vulci, è poi la
presenza nella collezione Cecchini di ceramiche etrusco-corinzie ri-
feribili a produzioni vulcenti. L’esemplare più notevole è certamente
un’olpe (Figg. 11-12) ornata da teoria continua di animali reali e
fantastici gradienti verso destra tra riempitivi a rosetta puntinata,
da accostare alle opere del pittore della Sfinge Barbuta e confronta -
bile con esemplari da poggio Buco della fine VII - inizi VI secolo25.
La testa del leone (Fig. 13), che porta ancora l’indicazione della cri-
niera alla base del collo, rinvia a quello che Szilágyi ha definito il
“periodo antico” dell’attività del pittore26, ma la forma piuttosto
snella dell’olpe, la tendenza ad allungare le figure per riempire con
più facilità lo spazio, la ripetizione di animali di uguale tipo, il riem-
pitivo di rosette a punti dipinte in modo diseguale e disposte fitta-
mente nel campo, e infine l’unidirezionalità del fregio sono tutte ca-
ratteristiche delle realizzazioni più tarde, assegnabili quanto meno
al “periodo medio”, databile negli anni a cavallo tra il VII e il VI sec.
a.C. (approssimativamente tra il 610/605 e il 600/595 a.C.)27. La
presenza a proceno di un vaso attribuibile al pittore o alla sua cer-
chia si inscrive dunque nella scia della distribuzione di tali prodotti
nei centri culturalmente dipendenti da Vulci, quali Castro, poggio
Buco, pitigliano28. Di forma poco comune è poi una oinochoe a rotel-
le a bocca circolare con decorazione lineare (Fig. 14), che mostra mo-
tivi di tradizione etrusco-geometrica, come la raggiera di triangoli
intorno al piede: forma e tipologia della decorazione trovano con-
fronti stringenti a Vulci e a pitigliano29; la datazione non scende ol-
23 RASMUSSEn 1979, p. 110. Cfr. anche CAMpoREALE 1991, p. 128, nn. 121-122,
tav. XCIX d-f.
24 Cfr. BARToLonI 1972, p. 60, nn. 5-6, fig. 26, tav. XXVII c-d (con corpo globu-
lare ed ovoidale); DonATI - MICHELUCCI 1981, p. 160, n. 382 (collezione Ciacci, dal ter-
ritorio di Sovana, seconda metà del VII sec. a.C.).
25 Cfr. due frammenti forse di olpe da poggio Buco (sporadici, dagli scavi
Vaselli 1959-60), in BARToLonI 1972, p. 202, n. 6, fig. 100, tav. CXXXIX d-e, attribuiti
al pittore della Sfinge Barbuta e datati all’ultimo quarto del VII sec. a.C.; SzILáGyI
1992, p. 103, n. 83, tav. XXXIX, f (olpe a rotelle a zurigo, collezione privata); Vulci
2000, pp. 80-82, nn. 4.21-22.
26 SzILáGyI 1992, p. 112, fig. 18, a.
27 SzILáGyI 1992, pp. 113-116, 118.
28 SzILáGyI 1992, pp. 121-122. per gli esemplari da pitigliano, cfr. anche pEL-
LEGRInI 1999, p. 84. Sul pittore, v. inoltre CoLonnA 1961, pp. 10-13.
29 RICCI 1964, tomba 125, n. 205; BARToLonI 1972, p. 66, tomba VI, fig. 30, n. 3,
tav. XXXIII a; FALConI AMoRELLI 1983, p. 129, n. 129, fig. 55, con rosette di punti sulla
spalla; MAnGAnI 1986, p. 14, n. 6, tav. 10. Sul tipo di decorazione: pELLEGRInI 1989, p.
104. Cfr. inoltre M. CRISToFAnI MARTELLI, in StEtr XXXIX, 1971, p. 380, n. 1; CAVA-
GnARo VAnonI 1966, tav. 3, n. 1, tomba 50 della Bufolareccia (ma a bocca trilobata).
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tre la fine del VII secolo. Un’altra oinochoe a rotelle a corpo globula -
re espanso (Fig. 15) si inserisce invece nella produzione policroma a
causa della decorazione in rosso corallino con linee e rosette punti-
nate sovradipinte e richiama esemplari del primo ventennio del VI
secolo30. Tra le forme aperte, sono presenti una coppa decorata a fa-
sce e a serie di punti (Fig. 16), che trova paralleli immediati a Chiu-
si e poggio Buco nell’ultimo decennio del VII secolo31, e una coppa
su alto piede a tromba (Fig. 17), puntualmente confrontabile con
esemplari ceretani32, ma che ricorda al tempo stesso analoghe atte-
stazioni dal territorio di pitigliano, Saturnia e poggio Buco, in cor-
redi di fine VII - metà VI secolo33.
Altrettanto composito è il panorama del bucchero. Troviamo in-
nanzitutto due calici su alto piede (Fig. 18), uno dei quali di bucche-
ro nero lucente con carena a punte di diamante, di tipo Rasmussen
2d34, ampiamente diffuso a Vulci, Castro, poggio Buco, Cerveteri,
Veio e altri centri dell’Etruria meridionale in un ampio arco cronolo-
gico, tra l’ultimo quarto del VII e la prima metà del secolo successi-
vo35. Di estrema diffusione sono anche altri due calici su basso piede
(Fig. 19), di tipo Rasmussen 3a36, pure attestati nella prima metà
del secolo, che trovano confronti nelle medesime aree37, così come
due attingitoi Rasmussen 1b38 (Fig. 20), ampiamente diffusi, oltre
che a Cerveteri e Veio, nella stessa Vulci e a poggio Buco, dove la
forma compare già nell’ultimo venticinquennio del VII secolo e sem-
39 RICCI 1964, p. 17, nn. 334-338, tomba 133; BARToLonI 1972, p. 136, tomba
IX, fig. 65, nn. 9-10, tavv. LXXXVI c-d. (corredo datato tra la fine del primo quarto e
l’inizio del secondo quarto del VI sec.); FALConI AMoRELLI 1983, p. 146, n. 155, fig. 62;
pELLEGRInI 1989, p. 87, n. 276, tav. LIX (Varietà A); Raccolta Guglielmi 1997, pp.
232-233, n. 122; CELUzzA 2000, p. 102, n. 5.57, tav. 13 (dal territorio vulcente, valle
del Fiora).
40 BARToLonI 1972, p. 130, tomba VIII, fig. 62, nn. 105-108, tavv. LXXXI b-e
(corredo di fine VII - metà VI sec.); pELLEGRInI 1989, p. 96, nn. 309-313, tavv. LXVI-
LXVII.
41 BLoESCH 1940, p. 113, n. 4, Taf. 32, 1a; sulla classe, cfr. anche pIERRo 1984,
pp. 151-155, tavv. LI-LIII, nn. 36-43 (non figurate o con sola decorazione vegetale).
42 Il ruolo di Vulci come luogo di partenza della ceramica attica, tramite orvieto
e la valle della Chiana, versi Chiusi e il suo territorio, è stato del resto sottolineato
da RASTRELLI 1998, p. 355.
43 Sul gruppo, v. pIAnU 1980, pp. 85-86; la figura del volatile è molto simile a
quella su uno skyphos a p. 98, n. 72, tav. LXVIII, n. 72-d.
44 Ascrivibili alla serie Morel 5113 (MoREL 1981, pp. 334-335), fine IV - inizi III
sec. a.C.
45 Vicina alla serie Morel 5725 (MoREL 1981, pp. 382-383), produzione dell’Etru -
ria centro-meridionale della prima metà del III sec. a.C.; tuttavia, nel nostro esem-
plare la spalla è più bombata e più nettamente distinta dal collo e il piede è ad
anello.
46 Serie Morel 5441 (MoREL 1981, p. 363), produzione forse tarquiniese della
metà del III sec. a.C.
47 Serie Morel 1321 (MoREL 1981, p. 105), degli inizi del III sec. a.C.
48 Serie Morel 1173 (MoREL 1981, p. 90).
49 Riconducibili alla serie Morel 2784 (MoREL 1981, p. 224).
50 Sotto la definizione di atelier des petites estampilles, le cui botteghe sono
state ubicate a Roma e dintorni dal Morel, si deve intendere una produzione di più
ampio respiro, dal momento che recenti ricerche hanno dimostrato l’esistenza di altre
officine produttrici di ceramiche decorate a stampigli, come quelle ceretane o tarqui-
niesi (oLCESE 1998, pp. 144-145; nIRo GIAnGIULIo 1998, pp. 132-133; MICHETTI in
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stampa). Le coppe della serie 2784, del resto, rientrano tra quelle forme largamente
diffuse in Etruria meridionale e nel Lazio, a proposito delle quali è complessa l’indi-
viduazione delle officine (cfr. sull’argomento nIRo GIAnGIULIo 1998, p. 132). Sulla pre-
coce attestazione di vasi dell’atelier a Vulci e in tutto il suo territorio: Romanizzazione
1985, p. 59; pp. 62-63 (G. GAzzETTI); p. 76 (M. InCITTI); p. 118 (G. CIAMpoLTRInI); p. 132
(p. REnDInI).
51 Appartenente alla serie Morel 5611 (MoREL 1981, pp. 372-373), corrispon-
dente alla forma 144 della Montagna pasquinucci (MonTAGnA pASQUInUCCI 1972, pp.
438-439, fig. 12, n. 513), produzione tipicamente volterrana (fabbrica di Malacena)
dell’ultimo quarto del IV - primo quarto del III sec. a.C. Cfr. FIUMI 1972, p. 55, tomba
60/B, n. 5, fig. 8; CRISToFAnI 1973, p. 253, tomba A, n. 68, fig. 177.
52 Serie Morel 3511 (MoREL 1981, p. 266), corrispondente alla forma 128 Mon-
tagna pasquinucci (MonTAGnA pASQUInUCCI 1972, pp. 403-405, fig. 5, n. 416, da Vol-
terra), datata tra la fine del IV e la fine del III sec. a.C. Si tratta di una forma prodot-
ta da una pluralità di officine, solo parzialmente identificabili, sebbene con ogni pro-
babilità da localizzare nell’Etruria settentrionale. In particolare, questo tipo di vaso
ha avuto un notevole successo nella produzione Malacena, in quella volterrana D e
nell’atelier des anses en oreille nell’ambito del quale è stato prodotto fino alla prima
metà del II sec. (BALLAnD 1969, p. 108; Artigianato artistico 1985, pp. 192-199; Casti -
glioncello 1999, pp. 76-77, n. 12, fig. 12; p. 99, nn. 21-22, fig. 54). Sull’attestazione di
vasi della fabbrica a Vulci: Romanizzazione 1985, p. 59.
53 Ascrivibile alla specie Morel 3410 (MoREL 1981, pp. 259-260), è simile, per
il profilo del corpo e per le anse allungate orizzontalmente, alla serie 3411, anche se
il piede modanato ricorda quello del tipo 3413a 1 (prodotto dalla fabbrica di Malace -
na e datato al III sec. a.C.).
54 Serie Morel 5731 (MoREL 1981, pp. 383-384), corrispondente alla forma 150
Montagna pasquinucci (MonTAGnA pASQUInUCCI 1972, pp. 453-454, fig. 14, n. 216),
produzione volterrana della prima metà del III sec. a.C., attestata anche a Vulci e
Cerveteri (ibid., p. 454). Cfr. anche Castiglioncello 1999, p. 78, n. 16, fig. 16.
55 DonATI - MICHELUCCI 1981, p. 180, fig. 440; Romanizzazione 1985, p. 78, fig.
72 (corredo del II sec. a.C. da Castro). Il tipo, ascrivibile alla serie Morel 3441 (MoREL
1981, p. 261), corrispondente alla forma 131 della Montagna pasquinucci (MonTAGnA
pASQUInUCCI 1972, pp. 410-411, fig. 5, n. 404), può essere forse considerato un’imita-
zione di forme note in Etruria centro-meridionale, in particolare a Tarquinia nella
versione sovradipinta (CAVAGnARo VAnonI 1996, p. 278, nn. 10, 11, fig. 13; p. 242, fig.
62).
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56 EMILIozzI 1974, pp. 56-57, n. 6, tavv. XIX, XXXI; p. 193, nn. 298-299, tav.
CXL; F.R. SERRA RIDGwAy, in Etruschi di Tarquinia 1986, p. 327; EAD. 1996, p. 266,
tav. LXVIII, 112-30. per l’ipotesi di una produzione etrusco-settentrionale, v.
SHEpHERD 1992, pp. 160-162.
57 SHEpHERD 1992, p. 161; SERRA RIDGwAy 1996, p. 26.
58 CAVAGnARo VAnonI 1996, p. 302, tomba 5653, n. 1, tav. XXXVb, fig. 96; EMI-
LIozzI 1974, p. 194, n. 303, tav. CXL; CAnCIAnI 1974, p. 58, tav. 43, n. 8; cfr. inoltre
M.T. FALConI AMoRELLI, in FALConI AMoRELLI - FABBRICoTTI 1971, p. 195, n. 3, tav.
XXXVII, b, da Vulci, tomba a camera della necropoli di Cavalupo (ma con datazione
al IV sec. a.C.). Su questo tipo di ceramica a fasce, v. anche SGUBInI MoRETTI 1994, p.
43, fig. 49;
59 Il primo può essere accostato al tipo “Lagynos biconico” di SERRA RIDGwAy
1996, p. 280, fig. 263, a proposito del quale cfr. anche: BARToLonI 1972, p. 152, tomba
XII, n. 7, fig. 74, tav. C c; CRISToFAnI 1973, fig. 179, o 10; fig. 180, H 36; EMILIozzI
1974, p. 199, n. 318, tav. CXLV; CoLonnA DI pAoLo - CoLonnA 1978, p. 277, tomba pA
20, n. 2, tav. CCCLVII; p. 320, tomba pA 39, n. 5, tavv. CCCLXXVI, n. 6, CCCLXXVII,
n. 6; C oLonnA DI pAoLo - C oLonnA 1980, p. 242, n. 21, tavv. CCCCXXXII,
CCCCXXXIV; p. 236, n. 7, tavv. CCCCXXX, 11; CCCCXXXVII, 1. Il secondo può inve-
ce essere avvicinato al tipo “Lagynos carenato” di SERRA RIDGwAy 1996, p. 280, fig.
263, per il quale v. anche CoLonnA 1965, p. 46, n. 25, fig. 6; CoLonnA DI pAoLo - Co-
LonnA 1978, p. 321, tomba pA 39, n. 11, tavv. CCCLXXVI, n. 7; CCCLXXVII, n. 7 (ap-
pena più globulare).
60 FoRTI 1962, p. 153, tavv. IX e XII, 6. Cfr. BARToLonI 1972, p. 152, tomba
XII, n. 7, fig. 74, tav. C c; SERRA RIDGwAy 1996, p. 274, fig. 236 (tipo IVb); Castiglion -
cello 1999, p. 83, n. 6, fig. 26.
61 EMILIozzI 1974, p. 233, n. 500 (ma di dimensioni inferiori); DonATI - MICHE-
LUCCI 1981, p. 194, nn. 470-471 (dal territorio di Sovana).
62 Il primo, con orlo meno accentuato, è uno dei bicchieri più caratteristici del
periodo repubblicano: A. RICCI, Ceramica a pareti sottili, in Atlante II, p. 245, tipo
1/7, tav. LXXVIII, 7, vicino al tipo Marabini III (MARABInI 1973, pp. 58-59, nn. 26-35,
pls. 3, 4, 57); cfr. anche Romanizzazione 1985, p. 78, figg. 72, 75; Castiglioncello 1999,
p. 148, tomba 15/97, n. 7, fig. 133. L’altro bicchiere, con orlo più pronunciato,
richiama invece i tipi 1/12 e 1/13 di Atlante II, p. 246, tav. LXXVIII, 12-13 (A. RICCI)
della seconda metà del I sec. a.C.
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67 BARToLonI 1972, p. 20, n. 10, fig. 5, tav. VII d; p. 69, n. 13, tav. XXXII c; Do-
nATI - MICHELUCCI 1981, p. 38, n. 51; FALConI AMoRELLI 1983, pp. 87, 90, n. 58, fig. 35,
con confronti a nt. 16; pELLEGRInI 1989, p. 33, n. 58 (varietà C, privo della bugna); p.
34; DonATI 1989, pp. 60-62, tomba VI, nn. 16-19, fig. 22, tav. XV.
68 RASMUSSEn 1979, pp. 78-79, pl. 7. per l’area vulcente cfr. anche FALConI
AMoRELLI 1971, tav. XLV, 1; A. MAnDoLESI, in CELUzzA 2000, p. 67, n. 3.17, tav. 5: da
Montauto (Manciano, GR); M. CELUzzA, ibid., p. 98, n. 5.53, tav. 12.
69 Come accade ad esempio a pitigliano: E. pELLEGRInI, in MAGGIAnI - pELLE-
GRInI 1985, p. 70.
70 Cfr. le grotte medievali a tramezzo presenti a norchia e Monterano, alcune
delle quali successivamente trasformate in colombari, come è avvenuto probabilmente
anche a proceno (v. infra): CoLonnA DI pAoLo - CoLonnA 1978, pp. 90-91, nt. 74.
71 A proposito della signoria di porsenna prima su Chiusi e poi su Volsinii e
dell’esistenza di una “compagine statale pluriurbana, estesa dalla Valdichiana a or -
te”, v. CoLonnA 2000, in particolare pp. 279-280; cfr. inoltre CoLonnA 1985, pp. 115-
116; MAGGIAnI 1990, p. 26.
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72 Sul ruolo svolto dall’entroterra vulcente, e in particolare dalla valle del Fio-
ra, nella mediazione di prodotti falisco-capenati verso il territorio chiusino, cfr. di re-
cente MInETTI 2000, p. 135.
73 CoLonnA 1977, p. 207; A. MAGGIAnI, in MAGGIAnI - pELLEGRInI 1985, p. 97;
pELLEGRInI 1989, pp. 143-144; CIAMpoLTRInI 2000, pp. 151-152.
74 Si tratta del soggetto più diffuso sulle urnette a stampo chiusine databili
generalmente entro la prima metà del II sec. a.C.: cfr. A. RASTRELLI, La produzione
in terracotta a Chiusi, in Artigianato artistico 1985, nn. 107-114, pp. 108-109; SAn-
nIBALE 1994, p. 93; pp. 116-121, nn. 21.1-2; pp. 126-127, n. 21.4; pp. 139-149, nn.
22.1-2, 23-25; v. anche Etruschi nel tempo 2001, pp. 185-186, nn. 10-11. Il personag-
gio recumbente sul coperchio appartiene al tipo B, con la testa di prospetto e la
mano sinistra che trattiene il sinus del mantello (Artigianato artistico 1985, p.
101).
75 BIAnCHI BAnDInELLI 1925, col. 514; CoLonnA 1973, p. 61, fig. 1; TAMBURInI
1998b, pp. 21-22; ID. 1999a, p. 265. La presenza delle urnette può forse fornire degli
indizi anche relativamente all’assetto sociale dell’area, dal momento che nel territo-
rio chiusino questi prodotti altamente standardizzati e destinati ad una classe media
di artigiani e piccoli proprietari terrieri sono ritenuti un indicatore dell’esistenza di
una fitta rete di centri agricoli (A. RASTRELLI, La produzione in terracotta a Chiusi, in
Artigianato artistico 1985, p. 100; SAnnIBALE 1994, p. 93).
76 TAMBURInI 1998b, p. 21; ID. 1999a, p. 265, fig. 7; ID. 1999b, p. 101, nt. 2, fig.
1, G. Cfr. inoltre pAoLUCCI 1999, pp. 281-284 e nASo 2002, p. 343 con nt. 1. Sulla defi-
nizione dei Fines Clusinorum meridionali, menzionati da iscrizioni di età imperiale,
ma che rispecchiano probabilmente una situazione più antica, v. anche HARRIS 1965,
p. 129; DEGRASSI 1982-84, pp. 163, 173 e fig. 1.
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77 CoLonnA 1973, p. 63; ID. 1977, pp. 201-203; A.M. SGUBInI MoRETTI, in Etru -
schi in Maremma 1981, pp. 60-61; A. MAGGIAnI, in Romanizzazione 1985, p. 84; pEL-
LEGRInI 1989, p. 140. Sugli itinerari che collegavano da un lato orvieto con Vulci e il
mare, dall’altro Vulci con Chiusi e l’Etruria settentrionale, cfr. inoltre CoLonnA 1999,
pp. 18-19.
78 CoLonnA 1977, p. 202.
79 A. MAGGIAnI, in Romanizzazione di Vulci 1985, pp. 84-85; A. MAGGIAnI, in
MAGGIAnI - pELLEGRInI 1985, p. 97.
80 GASpERInI 1960, p. 171.
81 La datazione tra la metà del II e i primi decenni del I sec. a.C. proposta da
GASpERInI 1960, p. 184 deve essere infatti abbassata alla seconda metà del I sec. a.C.
sulla base di una vasta serie di esemplari analoghi provenienti da contesti affidabili:
cfr. BEnELLI 1998, p. 257.
82 L’epigrafe fa parte delle iscrizioni “etrusco-latine”, cioè in lingua latina, ma
ancora legate alla cultura epigrafica e funeraria etrusca: cfr. BEnELLI 1998, pp. 257-
259; ID. 2002, p. 517.
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ABBREVIAzIonI BIBLIoGRAFICHE
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Fig. 4 - I confini
del territorio chiu-
si no se condo R.
Bianchi Bandinel-
li, con proceno (in-
dividuata dal cer-
chietto) posta al -
l’interno del terri-
torio di Chiusi (da
B IAn CHI B An DI -
nELLI 1925, tav. I).
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Fig. 5 - proceno,
Col lezione Cec chi -
ni. Ceramica etru-
sco-geometrica.
Fig. 24 - proceno,
Collezione Cecchini.
Oinochoai a vernice
nera.
Fig. 33 - proceno,
Colle zione Cecchini.
Lagynoi.
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Fig. 36 - proceno,
Col lezione Cec chi -
ni. Firma lam pe di
Fortis.
Fig. 37 - proceno,
Collezione Cecchini.
Fir ma lampe di Vi -
bianus.
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