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2003
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LAURA MARIA MICHETTI

pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE


TRA I TERRIToRI DI VULCI, oRVIETo E CHIUSI*

Il sito di proceno (Fig. 1), il cui comune è il più settentrionale


del Lazio, incuneato tra le province di Grosseto e Siena (Fig. 2), non
è stato finora preso in considerazione dal punto di vista archeologi-
co, se si eccettuano alcuni brevi cenni che R. Bianchi Bandinelli fece
nel suo lavoro su Chiusi del 1925 e nella Edizione archeologica della
Carta d’Italia al 100.000. Foglio 129 (S. Fiora), da lui curata1. nel
tentativo di definire il confine meridionale del territorio di Chiusi,
la notizia del ritrovamento a proceno, nell’ultimo ventennio del-
l’800, di tombe con urnette fittili di tipo chiusino e altri materiali
presumibilmente di età ellenistica2 (Fig. 3) pareva allo studioso un
indizio prezioso, seppure sporadico, che l’influenza del centro etru-
sco giungeva fin là, scavalcando quindi di poco il limite naturale co-
stituito dal corso del paglia3 (Fig. 4).

* Desidero ringraziare il prof. Giovanni Colonna per avermi suggerito questo


tema di studio invitandomi ad esaminare la collezione Cecchini di proceno, in virtù
della generosa disponibilità e della squisita ospitalità dei proprietari, Giovanni Biso-
ni e pucci Cecchini Bisoni, che si sono adoperati per agevolare in ogni modo la mia ri-
cerca. per lo svolgimento di essa è stato di notevole supporto il “premio Internaziona -
le di Etruscologia e Antichità italiche” promosso dall’Associazione Storico-Artistico-
Culturale Ingegner Carlo Cecchini, che ringrazio assieme ai membri della Commis-
sione (proff. G. Camporeale, G. Colonna, A.L. prosdocimi). per alcuni dei problemi af-
frontati sono inoltre debitrice di preziosi consigli da parte di Anna Maria Moretti,
Marinella De Lucia, pietro Tamburini, Gilda Benedettini, Enrico Benelli, Alessandro
naso. Esprimo infine la mia riconoscenza al Comitato scientifico della Fondazione
Faina per aver accolto questo contributo negli Atti del X Convegno internazionale di
Studi sulla storia e l’archeologia dell’Etruria.
1 BIAnCHI BAnDInELLI 1925, coll. 428-429, 514; ID. 1927, II, nE, p. 10, nn. 4, 6.
2 NS 1882, p. 44 (G. Fiorelli).
3 BIAnCHI BAnDInELLI 1925, col. 514.
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Un ulteriore accenno a proceno, sulla scia di questa valutazione


di Bianchi Bandinelli - rimasta peraltro senza seguito - si deve a p.
Tamburini che, basandosi sulla presenza delle stesse urnette, ha ri-
badito in più occasioni la possibilità che proceno, almeno in età elle-
nistica ma forse anche in epoca più antica, abbia gravitato nella sfe-
ra d’influenza chiusina piuttosto che volsiniese4. nell’ambito delle
testimonianze epigrafiche dall’ager volsiniensis (CIE III, 2) è stato
inoltre incluso un nucleo di quattro iscrizioni apposte su ceramiche
d’impasto rosso e a vernice nera attualmente disperse per le quali è
riferita una provenienza da proceno, località paradiso; di due delle
iscrizioni è stata messa in dubbio l’autenticità5.
Un simile quadro può ora essere precisato grazie alla testimo-
nianza offerta da una collezione privata conservata nel castello di
proceno, che fu costituita da Giuseppe Cecchini (1860-1938) a parti -
re dall’ultimo ventennio dell’800 con materiali di provenienza locale
rinvenuti nei terreni di sua proprietà in località La Casina, contra-
da Le piane, una parte dei quali ricordati anche da G. Fiorelli nelle
Notizie Scavi di Antichità del 18826. Il Cecchini, studioso di testi
greci e latini e con la passione per le antichità, ebbe cura di segna-
lare con etichette su ogni vaso il luogo preciso di rinvenimento sulla
base di ciò che gli riferivano i suoi mezzadri7. Due sono i principali

4 TAMBURInI 1998b, pp. 21-24; 1999a, p. 265; 1999b, p. 101, in particolare


nota 2.
5 M. pAnDoLFInI AnGELETTI, in CIE III, 2, Roma 1987, nn. 10890-10893. Sono
probabilmente false le iscrizioni nn. 10890 e 10891.
6 NS 1882, p. 44.
7 Le notizie sulla provenienza dei materiali che costituiscono la collezione si
devono soprattutto alla testimonianza della nipote di Giuseppe Cecchini, pucci
Cecchini Bisoni, che riferisce di aver visto per lungo tempo sui vasi in questione delle
piccole etichette bianche con bordino blu con l’indicazione “trovato nel campo di ... [se-
gue il nome o il soprannome del mezzadro]”. nel corso degli anni quasi tutti i bi-
gliettini, attaccati con la colla, sono andati perduti, tranne due, lacunosi, apposti su
un’olla e una casseruola di età altomedievale. Uno dei bigliettini recita “...di Golini /
...il palazzo / (...)nale / ...lo” da intendere forse “trovato nel campo di Golini dietro (o
sotto) il palazzo comunale (?)”, con possibile richiamo, stando a quanto riferiscono i ni-
poti, ad un rinvenimento fortuito effettuato nel crollo retrostante il palazzo Sforza da
parte di un abitante di proceno che ne fece dono al Cecchini; l’altro biglietto, che con-
serva solo il termine “....comunale”, aveva probabilmente il medesimo contenuto. La
stessa pucci Cecchini ha peraltro osservato che il nome Golini era ed è ancora estre-
mamente diffuso a proceno. A queste informazioni si aggiunge la testimonianza conte-
nuta nel Bullettino della Società Storica Volsiniese, fondamentale per inquadrare le
prime fasi della costituzione della collezione da parte di Giuseppe Cecchini. nel n. 10
del Bullettino del 1892, a p. 111 viene riportato, a proposito delle donazioni effettuate
dai soci al costituendo Museo Civico di Bolsena, un elenco di oggetti donati dal
Cecchini (che si presenta di seguito nella versione integrale: v. infra). Sebbene questi
materiali, in parte accostati da p. Tamburini ad oggetti attualmente conservati nel
Museo Territoriale nel Lago di Bolsena (TAMBURInI 1998a, p. 128, Tabella I, n. 30, fig.
222; a questo proposito v. anche infra e fig. 38), non siano identificabili con quelli della
collezione qui presa in esame, tale indicazione ci offre la conferma dell’esistenza, fin
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motivi di interesse della collezione: il primo è che i reperti coprono


un ampio arco cronologico che va, seppure con una serie di cesure,
dall’orientalizzante antico alla piena età imperiale; il secondo dato
di rilievo consiste nella prevalente connotazione vulcente, piuttosto
che chiusina o volsiniese, di gran parte dei materiali.
I più antichi del nucleo sono una serie di vasi etrusco-geometri-
ci (Fig. 5). Tra questi, una coppa su alto piede della classe della Me-
topengattung, con file di zigzag entro metope intervallate da gruppi
di linee e da fasce di vario spessore, appartiene ad un tipo peculiare
di Vulci e del suo territorio tra la fine dell’VIII e la prima metà del
VII secolo8. Un attingitoio, la cui forma ricorda esemplari della cera-
mica d’impasto, è anch’esso ascrivibile alla stessa classe per l’ornato
a fasce di vario spessore e per le metope con doppie file di zigzag e
tratti verticali; questo motivo richiama attestazioni di ambito tar-
quiniese e vulcente, come quelle di Tuscania, Castro, e poggio Buco,
sebbene la doppia fila di chevrons o zigzag venga considerata tipica
dell’area vulcente9. Due coppe biansate rientrano in una tipologia
anch’essa largamente diffusa nell’area tra Tarquinia e Vulci10, seb-
bene alcune particolarità - le fasce orizzontali dipinte anche all’in-
terno della vasca, gli chevrons “sospesi” e i trattini verticali sulle
anse - richiamino in particolare esemplari da poggio Buco che E.

dall’ultimo decennio dell’800, di una raccolta di reperti archeologici rinvenuti già negli
anni ’80 dello stesso secolo nel territorio di proceno da parte del Cecchini, che, pos-
siamo presumere, avrà donato al Museo quelli a suo parere meno preziosi o significa-
tivi, o che non aveva particolare interesse a mantenere in suo possesso.
8 per Vulci, cfr. in particolare FALConI AMoRELLI 1983, p. 124, n. 120, figg. 52-
53 e p. 208. per l’agro vulcente, CAnCIAnI 1974, p. 33, tav. 29, 4-5 (ma con doppia fila di
chevrons); o. pAoLETTI, in MAnGAnI - pAoLETTI 1986, p. 28, n. 4, tav. 24 (con molti con-
fronti e ampia bibliografia); Vulci 2000, p. 77, n. 4.15, tav. 8. per poggio Buco: MAT-
TEUCIG 1951, pp. 60-61, tombe C, D, E; BARToLonI 1972, p. 16, tomba I, n. 1, fig. 2, tav.
V a; p. 66, n. 4, fig. 30, tav. XXXIII c (con due serie di zigzag sovrapposte); pELLEGRInI
1989, pp. 71-72, nn. 228-229, tav. XLVI (varietà D, caratterizzata da decorazione
dipinta in rosso bruno costituita da metopa con singola fila orizzontale di zigzag); ID.
1999, p. 112, nn. 15 (con motivi romboidali a reticolo alternati a tratti verticali) e 16,
tav. II, nn. 2-3, collezione A. Vaselli; M.F. CoLMAyER, in CELUzzA 2000, p. 77, n. 4.15, tav.
8 (con decorazione leggermente differente). Anche esemplari di supposta provenienza
dall’agro chiusino sono stati considerati “una emanazione di Vulci”: CAMpoREALE 1977,
p. 232, nt. 105; o. pAoLETTI, in MAnGAnI - pAoLETTI 1986, p. 28, n. 4.
9 BARToLonI 1984, p. 103 ss.; SGUBInI MoRETTI 1986a, p. 77, tav. XL, 1, a
destra; pELLEGRInI 1989, pp. 72-73, n. 233, tav. XLVII.
10 per l’area vulcente, Cfr. BARToLonI 1972, p. 16, tomba I, n. 2, fig. 2, tav. VI b
(con tratti verticali e fondo piano); p. 30, tomba II, n. 2, fig. 10, tav. XI c (con differente
decorazione); pp. 37-38, tomba III, n. 1, fig. 13, tav. XV a; FALConI AMoRELLI 1983, pp.
126-128, nn. 124-127, figg. 53-54; DonATI - MICHELUCCI 1981, p. 63, n. 110 (collezione
Ciacci, dal territorio di pitigliano e Saturnia); DonATI 1989, p. 52, tomba V, nn. 10-11,
fig. 18, tav. XIII (prima metà del VII sec.); pELLEGRInI 1999, p. 112, nn. 18-19, tav. II,
5-6, fig. 77, 1 (necropoli di poggio Buco, collezione A. Vaselli (fine VIII - prima metà
VII sec. a.C.); M.F. CoLMAyER, in CELUzzA 2000, p. 86, n. 5.7, tav. V (con decorazione
leggermente differente). per Tuscania, v. SGUBInI MoRETTI 1986b, p. 238, tav. XCVII.
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pellegrini ha accostato ad una serie di coppe dalla Valle del Sarno


del terzo venticinquennio dell’VIII secolo a loro volta connesse da
D’Agostino alla produzione corinzia del Tardo Geometrico I11. L’esa-
me dei corredi di poggio Buco ha indicato per queste coppe un arco
cronologico compreso tra la fine dell’VIII e la prima metà del VII se -
colo12. Sebbene non abbiamo dati per attribuire questi tre vasi ad un
medesimo contesto funerario, pare interessante rilevare che l’asso-
ciazione tra coppa su alto piede, coppa o tazza biansata e attingitoio
ricorre in ricchi corredi vulcenti dell’ultimo trentennio dell’VIII seco-
lo, come quello di una tomba a fossa della necropoli di Cavalupo13. Si
aggiunge a questo nucleo una oinochoe con ansa a tortiglione (Fig.
6), decorata sulla spalla da triangoli capovolti, sul ventre da fascia e
filetti, intorno al piede da corona di raggi e sul fondo da croce rispar-
miata campita con motivo a scale incrociate, che richiama forme
della ceramica greco-orientale della seconda metà del VII secolo e
può essere anch’essa avvicinata ad esemplari da Tarquinia e Vulci14.
passando alla ceramica d’impasto, spicca innanzitutto un’anfo-
retta a spirali d’impasto bruno sottile (Fig. 7) decorata sul corpo da
spirali a sei avvolgimenti, sulla spalla da motivo a denti di lupo,
sull’ansa da quattro linee verticali parallele, al di sotto di essa da
motivo a due fasci di sei linee paralleli convergenti in alto. può es-
sere inserita nel tipo A di Colonna15 - corrispondente al tipo Ib di
Beijer16 - a causa delle dimensioni, inferiori ai 15 cm, della forma
piuttosto schiacciata e della decorazione poco complessa, e può es-
sere datata ancora nel corso dell’orientalizzante antico. Se, come
pare, l’anforetta è di provenienza locale, ci troviamo di fronte ad
una delle attestazioni più settentrionali del tipo, la cui area di
distribuzione, come è noto, riguarda essenzialmente i territori di
Caere, Veio e Tarquinia, l’ambito falisco-capenate e il Latium Vetus,
mentre occorrenze isolate si hanno a pitecusa e pontecagnano, in
Sabina e, ciò che qui interessa, a Vulci, Magliano, poggio Buco, pi-
tigliano e Chiusi, mentre sulla costa si segnalano attestazioni da

11 pELLEGRInI 1989, p. 74, nn. 240-244, tavv. XLIX-L (Varietà B); D’AGoSTIno
1979, pp. 59-60, 73, tipo 1, figg. 34-35; GASTALDI 1979, pp. 53-54; o. pAoLETTI, in
MAnGAnI - pAoLETTI 1986, p. 33, nn. 1-2, tav. 29, che, sottolineando la particolarità
della decorazione a fasce all’interno della vasca, cita confronti da Veio (D. RIDGwAy, in
StEtr XXXV, 1967, p. 313) e Capua (w. JoHAnnowSky, in DialArch 1, 1967, fig. 5,
dalla tomba 253; ID., in DialArch 3, 1969, pp. 34, 214).
12 pELLEGRInI 1989, p. 74, nn. 240-244, tavv. XLIX-L.
13 SGUBInI MoRETTI 1986a, pp. 76-77.
14 per la forma, ma con ansa a triplo bastoncello e triangoli anche sul collo, è
confrontabile con CAnCIAnI 1974, p. 33, tav. 25, 1-4 (seconda metà VII sec. a.C.); v.
anche RICCI 1964, p. 12, n. 205, tomba 125. Il tipo di ansa può richiamare invece
un’olpe da Veio in argilla figulina con decorazione dipinta e triangoli cuspidati
intorno al piede: DELpIno 1985, tav. XIX, n. 122.
15 CoLonnA 1970, p. 642.
16 BEIJER 1978, p. 7 ss.
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populonia17. nello stesso orizzonte cronologico si deve probabilmen-


te collocare una brocca d’impasto rosso-bruno (Fig. 8) che richiama,
per la decorazione plastica dell’ansa bifora a forma di ariete, l’area
visentina e tiberina in genere18, evocando anche esperienze - di gu -
sto ancora geometrico - del distretto medioadriatico, spesso colle-
gate con produzioni dell’entroterra vulcente19. Entro la prima metà
del VII secolo si può collocare una oinochoe a becco d’impasto bruno
con ansa bifida (Fig. 9), che trova confronti puntuali in area chiu-
sina20 ma che richiama anche gli esemplari con ansa incrociata
tipici dell’ambiente volsiniese21, o quelli con ansa a tortiglione larga-
mente attestati a Tarquinia e nell’agro falisco22. Un kyathos d’impa-

17 CoLonnA 1970, pp. 643-644; ID. 1973, p. 66. per esemplari d’impasto da
Veio, cfr. DE SAnTIS 1997, p. 120, nn. 4-9, figg. 12-13; p. 135, nn. 4-5, fig. 26. per le
attestazioni vulcenti, cfr. SGUBInI MoRETTI 1986a, p. 80 (di bucchero, da una tomba
della necropoli dell’osteria, con corredo databile tra la metà del VII sec. e l’orientaliz-
zante recente), considerata una delle rare testimonianze da area vulcente di questa
forma, probabilmente importata da Caere; Raccolta Guglielmi 1997, pp. 207-208, n.
100. per il territorio di Sovana, v. DonATI - MICHELUCCI 1981, p. 157, n. 370 (anforetta
connessa con la famiglia delle anforette a spirali, datata dal secondo all’ultimo
quarto del VII sec. a.C.). Gli esemplari sporadicamente presenti a poggio Buco
(BARToLonI 1972, tomba II, p. 30, n. 3, fig. 10, tav. XI.b) sono ritenuti mediati con
ogni probabilità da pitigliano dove invece essi ricorrono in modo più consistente: pEL-
LEGRInI 1989, p. 52. per esemplari in bucchero dal territorio Chiusi, cfr. inoltre pAo-
LUCCI 2000, p. 229, fig. 30 (dalla necropoli di Tolle, presso Chianciano). per
populonia: F. CoLIVICCHI, in Gli Etruschi, Catalogo della Mostra (Venezia 2000), a
cura di M. Torelli, Milano 2000, p. 600, n. 181.
18 Sebbene non sia agevole reperire confronti puntuali, si possono individuare
analogie in anse plastiche o elementi plastici applicati a vasi di forme diverse. Cfr. ad
esempio, per l’area visentina: DELpIno 1977, p. 472, fig. 4, nn. 71b e 73, tav. XVI, b, d;
JUCkER 1991, p. 161, n. 190; per Veio: BURAnELLI - DRAGo - pAoLInI 1997, p. 75, fig.
32; per l’agro falisco-capenate: R. pARIBEnI, in MonAntLinc XVI, 1906, col. 435, fig.
47; col. 451, fig. 60; tav. III, 1, 4; CAMpoREALE 1991, pp. 37-39, nn. 31-32, tavv. XVIII-
XIX; DE LUCIA BRoLLI 1998, p. 201, fig. 18; BRonCoLI 2001, p. 349, fig. 16, da Terni;
per la Sabina: SAnToRo 1985, p. 74, fig. 26.
19 Cfr. ad esempio CoLonnA 1992, p. 113, fig. 21, b; E. pERCoSSI SEREnELLI, La
tomba di S. Egidio di Tolentino nella problematica dell’orientalizzante piceno, in Ci -
viltà picena 1992, p. 165, figg. 11, 14, a; CAMpoREALE 2000, pp. 108-109, fig. 17: si
tratta di terminazioni di anse di coppe quadriansate, olle e coperchi con prese orna-
mentali plastiche, messi spesso in rapporto con produzioni di poggio Buco (BARToLo-
nI 1972, p. 190, n. 108, tav. CXXX, c-d, fig. 94; M AGGIAnI - pELLEGRInI 1985, tav.
XXIV; pELLEGRInI 1989, pp. 56-65, tavv. XXXIII-XLI; CoLonnA 1992, p. 113, nt. 70;
pELLEGRInI 1999, pp. 115-117, n. 32, tav. V, 3).
20 V. in particolare HAyES 1985, pp. 20-21, n. A48 (con datazione generica al
VII-VI secolo).
21 Cfr. CAMpoREALE 1977, p. 219, tav. XLVII; pELLEGRInI 1999, p. 128, n. 112,
tav. XV, 2 da pitigliano, scavi “macerie” 1998; CVA Copenhague, Musée National, IV
B, tav. 209, n. 1, p. 162. Cfr. anche JUCkER 1991, p. 151, nn. 170-171 (prima metà del
VII sec., produzione di Bisenzio).
22 HEnCkEn 1968, figg. 359-360, 362 a-b; L. DonATI, in Etruria mineraria
1985, p. 74, n. 242 (con costolature verticali e bassissimo piede a disco), da Tarquinia,
poggio Gallinaro, tomba a fossa n. 8, degli inizi del VII sec. a.C.; E. BARnABEI, in
MonAntLinc IV, 1894, coll. 249-250.
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sto bruno con vasca carenata (Fig. 10) può essere avvicinato al tipo
Rasmussen 1a diffuso in Etruria meridionale intorno alla metà del
VII secolo23, epoca alla quale si data anche un’olletta d’impasto
rosso presente nel territorio di Vulci, a Sovana e a poggio Buco24.
Di estremo interesse, nel quadro dei rapporti con Vulci, è poi la
presenza nella collezione Cecchini di ceramiche etrusco-corinzie ri-
feribili a produzioni vulcenti. L’esemplare più notevole è certamente
un’olpe (Figg. 11-12) ornata da teoria continua di animali reali e
fantastici gradienti verso destra tra riempitivi a rosetta puntinata,
da accostare alle opere del pittore della Sfinge Barbuta e confronta -
bile con esemplari da poggio Buco della fine VII - inizi VI secolo25.
La testa del leone (Fig. 13), che porta ancora l’indicazione della cri-
niera alla base del collo, rinvia a quello che Szilágyi ha definito il
“periodo antico” dell’attività del pittore26, ma la forma piuttosto
snella dell’olpe, la tendenza ad allungare le figure per riempire con
più facilità lo spazio, la ripetizione di animali di uguale tipo, il riem-
pitivo di rosette a punti dipinte in modo diseguale e disposte fitta-
mente nel campo, e infine l’unidirezionalità del fregio sono tutte ca-
ratteristiche delle realizzazioni più tarde, assegnabili quanto meno
al “periodo medio”, databile negli anni a cavallo tra il VII e il VI sec.
a.C. (approssimativamente tra il 610/605 e il 600/595 a.C.)27. La
presenza a proceno di un vaso attribuibile al pittore o alla sua cer-
chia si inscrive dunque nella scia della distribuzione di tali prodotti
nei centri culturalmente dipendenti da Vulci, quali Castro, poggio
Buco, pitigliano28. Di forma poco comune è poi una oinochoe a rotel-
le a bocca circolare con decorazione lineare (Fig. 14), che mostra mo-
tivi di tradizione etrusco-geometrica, come la raggiera di triangoli
intorno al piede: forma e tipologia della decorazione trovano con-
fronti stringenti a Vulci e a pitigliano29; la datazione non scende ol-

23 RASMUSSEn 1979, p. 110. Cfr. anche CAMpoREALE 1991, p. 128, nn. 121-122,
tav. XCIX d-f.
24 Cfr. BARToLonI 1972, p. 60, nn. 5-6, fig. 26, tav. XXVII c-d (con corpo globu-
lare ed ovoidale); DonATI - MICHELUCCI 1981, p. 160, n. 382 (collezione Ciacci, dal ter-
ritorio di Sovana, seconda metà del VII sec. a.C.).
25 Cfr. due frammenti forse di olpe da poggio Buco (sporadici, dagli scavi
Vaselli 1959-60), in BARToLonI 1972, p. 202, n. 6, fig. 100, tav. CXXXIX d-e, attribuiti
al pittore della Sfinge Barbuta e datati all’ultimo quarto del VII sec. a.C.; SzILáGyI
1992, p. 103, n. 83, tav. XXXIX, f (olpe a rotelle a zurigo, collezione privata); Vulci
2000, pp. 80-82, nn. 4.21-22.
26 SzILáGyI 1992, p. 112, fig. 18, a.
27 SzILáGyI 1992, pp. 113-116, 118.
28 SzILáGyI 1992, pp. 121-122. per gli esemplari da pitigliano, cfr. anche pEL-
LEGRInI 1999, p. 84. Sul pittore, v. inoltre CoLonnA 1961, pp. 10-13.
29 RICCI 1964, tomba 125, n. 205; BARToLonI 1972, p. 66, tomba VI, fig. 30, n. 3,
tav. XXXIII a; FALConI AMoRELLI 1983, p. 129, n. 129, fig. 55, con rosette di punti sulla
spalla; MAnGAnI 1986, p. 14, n. 6, tav. 10. Sul tipo di decorazione: pELLEGRInI 1989, p.
104. Cfr. inoltre M. CRISToFAnI MARTELLI, in StEtr XXXIX, 1971, p. 380, n. 1; CAVA-
GnARo VAnonI 1966, tav. 3, n. 1, tomba 50 della Bufolareccia (ma a bocca trilobata).
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tre la fine del VII secolo. Un’altra oinochoe a rotelle a corpo globula -
re espanso (Fig. 15) si inserisce invece nella produzione policroma a
causa della decorazione in rosso corallino con linee e rosette punti-
nate sovradipinte e richiama esemplari del primo ventennio del VI
secolo30. Tra le forme aperte, sono presenti una coppa decorata a fa-
sce e a serie di punti (Fig. 16), che trova paralleli immediati a Chiu-
si e poggio Buco nell’ultimo decennio del VII secolo31, e una coppa
su alto piede a tromba (Fig. 17), puntualmente confrontabile con
esemplari ceretani32, ma che ricorda al tempo stesso analoghe atte-
stazioni dal territorio di pitigliano, Saturnia e poggio Buco, in cor-
redi di fine VII - metà VI secolo33.
Altrettanto composito è il panorama del bucchero. Troviamo in-
nanzitutto due calici su alto piede (Fig. 18), uno dei quali di bucche-
ro nero lucente con carena a punte di diamante, di tipo Rasmussen
2d34, ampiamente diffuso a Vulci, Castro, poggio Buco, Cerveteri,
Veio e altri centri dell’Etruria meridionale in un ampio arco cronolo-
gico, tra l’ultimo quarto del VII e la prima metà del secolo successi-
vo35. Di estrema diffusione sono anche altri due calici su basso piede
(Fig. 19), di tipo Rasmussen 3a36, pure attestati nella prima metà
del secolo, che trovano confronti nelle medesime aree37, così come
due attingitoi Rasmussen 1b38 (Fig. 20), ampiamente diffusi, oltre
che a Cerveteri e Veio, nella stessa Vulci e a poggio Buco, dove la
forma compare già nell’ultimo venticinquennio del VII secolo e sem-

30 Il motivo delle rosette sovradipinte sul collo e la decorazione policroma ri-


cordano gli esemplari del Gruppo policromo: v. ad esempio, per la forma e il motivo
delle rosette sovradipinte, M. SCARpELLInI TESTI, in zAMARCHI GRASSI - SCARpELLInI
TESTI 1991, p. 18, n. 9; FALConI AMoRELLI 1983, pp. 129-131, n. 130, figg. 56-57. Sul
Gruppo policromo, v. anche CoLonnA 1961, p. 11, tav. III, 1; CVA Grosseto 2, p. 23,
tav. 31, 1; M. MARTELLI, Le manifestazioni artistiche, in Etruschi in Maremma 1981,
p. 244, n. 226; EAD., La ceramica etrusco-corinzia, in La ceramica degli Etruschi. La
pittura vascolare, novara 1987, pp. 25-26.
31 per Chiusi cfr. RASTRELLI 2000, p. 170, fig. 25, dalla tomba a tramezzo di
poggio alla Sala (con riferimenti a ritrovamenti analoghi in area chiusina); per pog -
gio Buco, v. BARToLonI 1972, p. 168 ss., fig. 83, tav. CXIII, b.
32 Etruschi di Cerveteri 1986, p. 32, n. 38 (Monte Abatone, tomba 45), con de-
scrizione del tipo a pp. 111-112, n. 7.
33 BARToLonI 1972, p. 114, tomba VIII, fig. 53, nn. 26-27, tav. LXIX a-b; DonA-
TI - MICHELUCCI 1981, p. 64, n. 112 (collezione Ciacci, dal territorio di pitigliano e Sa-
turnia).
34 RASMUSSEn 1979, pp. 98-99.
35 Cfr. BARToLonI 1972, p. 126, tomba VIII, fig. 60, nn. 82, 83, 85, tav. LXXVII
d-f (corredo di fine VII - metà VI sec.); Etruschi di Cerveteri 1986, pp. 101-102, n. 8;
pELLEGRInI 1989, pp. 92-93, nn. 296-297, tav. LXIV; Raccolta Guglielmi 1997, pp.
262-267, nn. 149-154; V. MARTELLI AnTonIoLI - L. MARTELLI, in CoLonnA 2002, pp.
166-168, nn. 80-83, tav. XXXVI, fig. 12; L.M. MICHETTI, ibid., pp. 231-232.
36 RASMUSSEn 1979, p. 100.
37 BARToLonI 1972, pp. 124-126, tomba VIII, fig. 59, nn. 70-81, tavv. LXXVI a-
i, LXXVII a-c (corredo di fine VII - metà VI sec.); pELLEGRInI 1989, p. 95, nn. 305-306,
tav. LXVI (Varietà A); Raccolta Guglielmi 1997, p. 271, n. 158.
38 RASMUSSEn 1979, pp. 90-91.
es
tra
tto
160 LAURA MARIA MICHETTI

bra durare fino al terzo quarto del secolo successivo39. È presente


infine una coppa carenata (Fig. 21), di una forma palesemente de-
sunta dalla ceramica d’impasto e pure documentata a poggio Buco,
pitigliano e Saturnia entro la prima metà del VI secolo40.
Quanto alla ceramica figurata, fanno parte della collezione una
so la coppa attica (Fig. 22) del tipo delle “kleine Schalen C” di
Bloesch del terzo quarto del VI secolo41, decorata sulla fascia ester-
na da una figura maschile in corsa che insegue una lepre, giunta
con ogni probabilità da Vulci42, e un craterisco etrusco a figure rosse
(Fig. 23) con volatile ad ali spiegate del Gruppo del “Full Sakkos”
della seconda metà del IV secolo43.
La ceramica a vernice nera è invece documentata da una cospi-
cua serie di esemplari. Accanto a prodotti etrusco-meridionali anco-
ra di fine IV - metà III secolo, quali oinochoai a bocca circolare44
(Fig. 24) e a becco45, una lekythos46 (Fig. 25), piatti47, piattelli48, si
segnalano altre coppe (Fig. 26), pure degli inizi del III secolo, del-
l’atelier des petites estampilles49, fabbrica i cui prodotti sono peraltro
precocemente importati a Vulci e nel suo territorio50; sono inoltre

39 RICCI 1964, p. 17, nn. 334-338, tomba 133; BARToLonI 1972, p. 136, tomba
IX, fig. 65, nn. 9-10, tavv. LXXXVI c-d. (corredo datato tra la fine del primo quarto e
l’inizio del secondo quarto del VI sec.); FALConI AMoRELLI 1983, p. 146, n. 155, fig. 62;
pELLEGRInI 1989, p. 87, n. 276, tav. LIX (Varietà A); Raccolta Guglielmi 1997, pp.
232-233, n. 122; CELUzzA 2000, p. 102, n. 5.57, tav. 13 (dal territorio vulcente, valle
del Fiora).
40 BARToLonI 1972, p. 130, tomba VIII, fig. 62, nn. 105-108, tavv. LXXXI b-e
(corredo di fine VII - metà VI sec.); pELLEGRInI 1989, p. 96, nn. 309-313, tavv. LXVI-
LXVII.
41 BLoESCH 1940, p. 113, n. 4, Taf. 32, 1a; sulla classe, cfr. anche pIERRo 1984,
pp. 151-155, tavv. LI-LIII, nn. 36-43 (non figurate o con sola decorazione vegetale).
42 Il ruolo di Vulci come luogo di partenza della ceramica attica, tramite orvieto
e la valle della Chiana, versi Chiusi e il suo territorio, è stato del resto sottolineato
da RASTRELLI 1998, p. 355.
43 Sul gruppo, v. pIAnU 1980, pp. 85-86; la figura del volatile è molto simile a
quella su uno skyphos a p. 98, n. 72, tav. LXVIII, n. 72-d.
44 Ascrivibili alla serie Morel 5113 (MoREL 1981, pp. 334-335), fine IV - inizi III
sec. a.C.
45 Vicina alla serie Morel 5725 (MoREL 1981, pp. 382-383), produzione dell’Etru -
ria centro-meridionale della prima metà del III sec. a.C.; tuttavia, nel nostro esem-
plare la spalla è più bombata e più nettamente distinta dal collo e il piede è ad
anello.
46 Serie Morel 5441 (MoREL 1981, p. 363), produzione forse tarquiniese della
metà del III sec. a.C.
47 Serie Morel 1321 (MoREL 1981, p. 105), degli inizi del III sec. a.C.
48 Serie Morel 1173 (MoREL 1981, p. 90).
49 Riconducibili alla serie Morel 2784 (MoREL 1981, p. 224).
50 Sotto la definizione di atelier des petites estampilles, le cui botteghe sono
state ubicate a Roma e dintorni dal Morel, si deve intendere una produzione di più
ampio respiro, dal momento che recenti ricerche hanno dimostrato l’esistenza di altre
officine produttrici di ceramiche decorate a stampigli, come quelle ceretane o tarqui-
niesi (oLCESE 1998, pp. 144-145; nIRo GIAnGIULIo 1998, pp. 132-133; MICHETTI in
es
tra
tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 161

presenti esemplari di produzione settentrionale anch’essi ben atte-


stati in ambito vulcente, come una oinochoe a bocca trilobata51 e un
kantharos a doppia ansa annodata (Fig. 27) della fabbrica di Mala-
cena52, un bicchiere ad anse verticali (Fig. 28) forse avvicinabile alla
stessa fabbrica53, una oinochoe (Fig. 29) di produzione volterrana
della prima metà del III secolo54. più recente è un altro bicchiere ad
anse verticali (Fig. 30) che ricorre a Vulci tra la metà del III e il II
secolo ed è ritenuto di produzione locale55.
Quanto alle ceramiche di età ellenistica, sono presenti nella col-
lezione due olle a decorazione lineare, la prima delle quali (Fig. 31),
a colletto, appartiene ad una delle produzioni più caratteristiche
dell’area tarquiniese tra la fine del IV e il III sec. a.C., anche se la
provenienza di un discreto numero di esemplari dall’Etruria centra-
le interna (in particolare dal senese) oltre che dalla fascia costiera
tirrenica (fino ad attestazioni sporadiche a Genova) ha fatto ipotiz-

stampa). Le coppe della serie 2784, del resto, rientrano tra quelle forme largamente
diffuse in Etruria meridionale e nel Lazio, a proposito delle quali è complessa l’indi-
viduazione delle officine (cfr. sull’argomento nIRo GIAnGIULIo 1998, p. 132). Sulla pre-
coce attestazione di vasi dell’atelier a Vulci e in tutto il suo territorio: Romanizzazione
1985, p. 59; pp. 62-63 (G. GAzzETTI); p. 76 (M. InCITTI); p. 118 (G. CIAMpoLTRInI); p. 132
(p. REnDInI).
51 Appartenente alla serie Morel 5611 (MoREL 1981, pp. 372-373), corrispon-
dente alla forma 144 della Montagna pasquinucci (MonTAGnA pASQUInUCCI 1972, pp.
438-439, fig. 12, n. 513), produzione tipicamente volterrana (fabbrica di Malacena)
dell’ultimo quarto del IV - primo quarto del III sec. a.C. Cfr. FIUMI 1972, p. 55, tomba
60/B, n. 5, fig. 8; CRISToFAnI 1973, p. 253, tomba A, n. 68, fig. 177.
52 Serie Morel 3511 (MoREL 1981, p. 266), corrispondente alla forma 128 Mon-
tagna pasquinucci (MonTAGnA pASQUInUCCI 1972, pp. 403-405, fig. 5, n. 416, da Vol-
terra), datata tra la fine del IV e la fine del III sec. a.C. Si tratta di una forma prodot-
ta da una pluralità di officine, solo parzialmente identificabili, sebbene con ogni pro-
babilità da localizzare nell’Etruria settentrionale. In particolare, questo tipo di vaso
ha avuto un notevole successo nella produzione Malacena, in quella volterrana D e
nell’atelier des anses en oreille nell’ambito del quale è stato prodotto fino alla prima
metà del II sec. (BALLAnD 1969, p. 108; Artigianato artistico 1985, pp. 192-199; Casti -
glioncello 1999, pp. 76-77, n. 12, fig. 12; p. 99, nn. 21-22, fig. 54). Sull’attestazione di
vasi della fabbrica a Vulci: Romanizzazione 1985, p. 59.
53 Ascrivibile alla specie Morel 3410 (MoREL 1981, pp. 259-260), è simile, per
il profilo del corpo e per le anse allungate orizzontalmente, alla serie 3411, anche se
il piede modanato ricorda quello del tipo 3413a 1 (prodotto dalla fabbrica di Malace -
na e datato al III sec. a.C.).
54 Serie Morel 5731 (MoREL 1981, pp. 383-384), corrispondente alla forma 150
Montagna pasquinucci (MonTAGnA pASQUInUCCI 1972, pp. 453-454, fig. 14, n. 216),
produzione volterrana della prima metà del III sec. a.C., attestata anche a Vulci e
Cerveteri (ibid., p. 454). Cfr. anche Castiglioncello 1999, p. 78, n. 16, fig. 16.
55 DonATI - MICHELUCCI 1981, p. 180, fig. 440; Romanizzazione 1985, p. 78, fig.
72 (corredo del II sec. a.C. da Castro). Il tipo, ascrivibile alla serie Morel 3441 (MoREL
1981, p. 261), corrispondente alla forma 131 della Montagna pasquinucci (MonTAGnA
pASQUInUCCI 1972, pp. 410-411, fig. 5, n. 404), può essere forse considerato un’imita-
zione di forme note in Etruria centro-meridionale, in particolare a Tarquinia nella
versione sovradipinta (CAVAGnARo VAnonI 1996, p. 278, nn. 10, 11, fig. 13; p. 242, fig.
62).
es
tra
tto
162 LAURA MARIA MICHETTI

zare una fabbrica centro-settentrionale56; in questi comparti territo-


riali, tale tipo di olla è usato come cinerario, sebbene probabilmente
come impiego secondario57. Una seconda olla (Fig. 32) trova pure
confronti nei territori di Tarquinia e Vulci, dove è attestata tra il III
e la metà del II sec. a.C.58. Al medesimo ambito rinviano due lagynoi
(Fig. 33) che trovano confronti puntuali nel territorio di Tarquinia
(norchia, Castel d’Asso) nella prima metà del II sec. a.C.59. non
manca un unguentario vicino al tipo Forti VIIb databile tra la fine
del III e la prima metà del II secolo60.
Venendo alla tarda età repubblicana, accanto ad un’olla-cinera-
rio (Fig. 34), tuttora colma di ossa combuste, di un tipo attestato
particolarmente in Etruria meridionale tra il II e la prima metà del
I sec. a.C.61, troviamo due bicchieri a pareti sottili (Fig. 35) apparte-
nenti a tipi estremamente diffusi in Etruria tra la metà del II e la
metà del I secolo62.
La piena età imperiale è documentata da due Firmalampen di
vastissima diffusione uscite da fabbriche dell’Italia centro-setten-

56 EMILIozzI 1974, pp. 56-57, n. 6, tavv. XIX, XXXI; p. 193, nn. 298-299, tav.
CXL; F.R. SERRA RIDGwAy, in Etruschi di Tarquinia 1986, p. 327; EAD. 1996, p. 266,
tav. LXVIII, 112-30. per l’ipotesi di una produzione etrusco-settentrionale, v.
SHEpHERD 1992, pp. 160-162.
57 SHEpHERD 1992, p. 161; SERRA RIDGwAy 1996, p. 26.
58 CAVAGnARo VAnonI 1996, p. 302, tomba 5653, n. 1, tav. XXXVb, fig. 96; EMI-
LIozzI 1974, p. 194, n. 303, tav. CXL; CAnCIAnI 1974, p. 58, tav. 43, n. 8; cfr. inoltre
M.T. FALConI AMoRELLI, in FALConI AMoRELLI - FABBRICoTTI 1971, p. 195, n. 3, tav.
XXXVII, b, da Vulci, tomba a camera della necropoli di Cavalupo (ma con datazione
al IV sec. a.C.). Su questo tipo di ceramica a fasce, v. anche SGUBInI MoRETTI 1994, p.
43, fig. 49;
59 Il primo può essere accostato al tipo “Lagynos biconico” di SERRA RIDGwAy
1996, p. 280, fig. 263, a proposito del quale cfr. anche: BARToLonI 1972, p. 152, tomba
XII, n. 7, fig. 74, tav. C c; CRISToFAnI 1973, fig. 179, o 10; fig. 180, H 36; EMILIozzI
1974, p. 199, n. 318, tav. CXLV; CoLonnA DI pAoLo - CoLonnA 1978, p. 277, tomba pA
20, n. 2, tav. CCCLVII; p. 320, tomba pA 39, n. 5, tavv. CCCLXXVI, n. 6, CCCLXXVII,
n. 6; C oLonnA DI pAoLo - C oLonnA 1980, p. 242, n. 21, tavv. CCCCXXXII,
CCCCXXXIV; p. 236, n. 7, tavv. CCCCXXX, 11; CCCCXXXVII, 1. Il secondo può inve-
ce essere avvicinato al tipo “Lagynos carenato” di SERRA RIDGwAy 1996, p. 280, fig.
263, per il quale v. anche CoLonnA 1965, p. 46, n. 25, fig. 6; CoLonnA DI pAoLo - Co-
LonnA 1978, p. 321, tomba pA 39, n. 11, tavv. CCCLXXVI, n. 7; CCCLXXVII, n. 7 (ap-
pena più globulare).
60 FoRTI 1962, p. 153, tavv. IX e XII, 6. Cfr. BARToLonI 1972, p. 152, tomba
XII, n. 7, fig. 74, tav. C c; SERRA RIDGwAy 1996, p. 274, fig. 236 (tipo IVb); Castiglion -
cello 1999, p. 83, n. 6, fig. 26.
61 EMILIozzI 1974, p. 233, n. 500 (ma di dimensioni inferiori); DonATI - MICHE-
LUCCI 1981, p. 194, nn. 470-471 (dal territorio di Sovana).
62 Il primo, con orlo meno accentuato, è uno dei bicchieri più caratteristici del
periodo repubblicano: A. RICCI, Ceramica a pareti sottili, in Atlante II, p. 245, tipo
1/7, tav. LXXVIII, 7, vicino al tipo Marabini III (MARABInI 1973, pp. 58-59, nn. 26-35,
pls. 3, 4, 57); cfr. anche Romanizzazione 1985, p. 78, figg. 72, 75; Castiglioncello 1999,
p. 148, tomba 15/97, n. 7, fig. 133. L’altro bicchiere, con orlo più pronunciato,
richiama invece i tipi 1/12 e 1/13 di Atlante II, p. 246, tav. LXXVIII, 12-13 (A. RICCI)
della seconda metà del I sec. a.C.
es
tra
tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 163

trionale, probabilmente della Gallia Cispadana, una di Fortis (Fig.


36) della fine del I - inizi II sec. d.C.63, l’altra di Vibianus (Fig. 37) la
cui attività si esplica specialmente nel II secolo64.
Sono presenti infine una lucerna di tipo africano e del vasella-
me da cucina di epoca altomedievale, un’olla-casseruola ed alcune
pentole di impasto bruno con ampie tracce di annerimento da fuoco.
per completare la presentazione della collezione Cecchini occor-
re aggiungere il nucleo di materiali cui si è fatto cenno sopra, che fu
donato, come ci informa il Bullettino della Società Storica Volsiniese
del 1892, dallo stesso G. Cecchini, membro della Società, al costi-
tuendo Museo Civico di Bolsena. Si tratta di reperti faunistici, indu-
stria litica, oggetti protostorici, vasi etruschi figurati e frammenti di
vasi di diverso genere65; alcuni di questi oggetti sono stati accostati
da p. Tamburini a reperti conservati nel Museo di Bolsena (Fig. 38),
sebbene non sia possibile un’identificazione sicura a causa della no-
tevole dispersione dei materiali verificatasi in seguito allo sposta-
mento dal vecchio Museo Civico alla Rocca Monaldeschi66.
Il quadro così delineato di una connotazione prevalentemente
vulcente dei materiali di proceno, specie quelli di età orientalizzan-
te e arcaica, è ulteriormente confermato da altri ritrovamenti effet-
tuati in passato da persone del luogo, tra i quali spiccano un’olla
stamnoide d’impasto con costolature verticali (Fig. 39), apparte-

63 nonostante la lacunosità dell’oggetto, esso appartiene con ogni probabilità


al tipo Buchi X-a (cfr. BUCHI 1975, pp. XXIV, XXVI, XXXIV), la cui invenzione risale
alla fine del I sec. d.C., momento della massima produttività; per le lucerne tipo X-a,
prive di decorazioni, v. anche ibid., pp. 78-83. Sull’officina, cfr. inoltre LARESE 1983, p.
123; numerosi esemplari provengono dalla necropoli della Vittorina a Gubbio, datati
in base al contesto tra Claudio e i primi Antonini: CIpoLLonE 2000-2001, p. 33, n. 52,
fig. 31; p. 46, n. 84, fig. 45; p. 54, n. 120, figg. 53, 55; p. 161, n. 451, fig. 158; p. 177, n.
472, figg. 172, 177; p. 189, n. 507, fig. 187; p. 343 (tabella riassuntiva). Una recente
messa a punto dei problemi inerenti l’attività della ditta, con ricca bibliografia, è in
FERRARESI 2000, pp. 263-269.
64 Appartiene anch’essa al tipo Buchi X-a: cfr. Buchi 1975, pp. XXIV, XXVI; p.
170, nn. 1124-1128, tav. LVII, n. 1124b (con un solo anello sul fondo); sull’attività del-
l’officina, che comincia sul finire del I sec. d.C., raggiunge il massimo sviluppo duran -
te il II sec. per esaurirsi agli inizi del III, v. ibid., pp. 161-175. Cfr. inoltre LARESE
1983, p. 127; FERRARESI 2000, p. 292-293.
65 può essere utile riportare per intero la lista dei reperti: “Il Soc. ord. G.
Cecchini donò i seguenti oggetti trovati nel territorio di proceno: 46. Depositi lacu-
stri, fossili di Elephas primigenius, di cervi ed animali minori. 47. punta di lancia di
ferro rinvenuta in contrada Torraccia. 48. Fibula di bronzo - trovata al poggio delle
Forche. 49. oggetti litici - ivi trovati. 50. Frammenti di vaso con iscrizione Etrusca
nel colombario contrada piscinale. 51. Manufatto litico trovato nella grotta trogloditi-
ca... 52. Fondo di piatto etrusco con figure. 53. punta di una freccia di ferro. 54.
Frammenti di vasi trovati nelle abitazioni arcaiche di proceno.” Un’altra donazione
relativa a reperti rinvenuti presso proceno è in BullSSV 10, 1892, p. 111. Cfr. TAMBU-
RInI 1998a, p. 123, nn. 29 e 30.
66 TAMBURInI 1998a, p. 128, Tabella I, n. 30, fig. 222. Sull’industria litica nella
media valle del Fiora, cfr. MAGGIAnI - pELLEGRInI 1985, pp. 13-21.
es
tra
tto
164 LAURA MARIA MICHETTI

nente ad un tipo quasi esclusivo dell’area vulcente, dove è attestato


per tutto il VII secolo67, e una oinochoe di bucchero con striature
verticali (Fig. 40), di tipo Rasmussen 3a, anch’essa piuttosto comu-
ne nell’entroterra di Vulci e databile entro l’ultimo quarto del VII
secolo68.
Se ai materiali da proceno di cui abbiamo notizia affianchiamo i
dati desumibili da una, sebbene ancora preliminare, ricognizione
del sito, ricaviamo l’immagine di un insediamento che, pur con fasi
alterne, ha avuto una certa continuità di vita nell’ambito del territo-
rio. Le testimonianze tuttora visibili riguardano essenzialmente
una serie di ambienti funerari scavati nei costoni tufacei che circon-
dano l’attuale centro storico, come quelli in podere Boschetto, o nel-
le località La Casina, La Stella, Le piane. Si tratta, come di consue-
to in queste zone, di camere ampiamente rimaneggiate per successi-
ve utilizzazioni69. Sebbene per alcune di esse si potrebbe pensare a
ripari rupestri di età medievale, come quelle con grande ambiente
pressoché quadrato provvisto di un tramezzo centrale che lo divide
in due vani70, la maggior parte degli ambienti, che si aprono a schie-
ra lungo le pareti tufacee, farebbe pensare a nuclei sepolcrali di età
preromana il cui carattere sparso rimanderebbe ad una loro perti-
nenza a piccoli villaggi rurali o a fattorie. Un altro elemento di spic-
co nell’area è il c.d. poggio porsenna (Fig. 41) un vero e proprio tu-
mulo di terra sostruito da blocchi di tufo al momento solo parzial-
mente visibili al di sotto della fitta vegetazione, così chiamato se -
condo la tradizione locale, che vuole qui sepolto porsenna, dal cui
nome deriverebbe il toponimo stesso di proceno. pur nell’alone della
leggenda, non si può dire che si tratti di un personaggio fuori luogo
in questo comparto territoriale, tra orvieto e Chiusi71.
In conclusione, possiamo chiederci quale sia stato il ruolo di
questo insediamento in un’area chiaramente di confine tra i territo-
ri di orvieto, Chiusi e Vulci. I materiali esaminati indicano con evi-

67 BARToLonI 1972, p. 20, n. 10, fig. 5, tav. VII d; p. 69, n. 13, tav. XXXII c; Do-
nATI - MICHELUCCI 1981, p. 38, n. 51; FALConI AMoRELLI 1983, pp. 87, 90, n. 58, fig. 35,
con confronti a nt. 16; pELLEGRInI 1989, p. 33, n. 58 (varietà C, privo della bugna); p.
34; DonATI 1989, pp. 60-62, tomba VI, nn. 16-19, fig. 22, tav. XV.
68 RASMUSSEn 1979, pp. 78-79, pl. 7. per l’area vulcente cfr. anche FALConI
AMoRELLI 1971, tav. XLV, 1; A. MAnDoLESI, in CELUzzA 2000, p. 67, n. 3.17, tav. 5: da
Montauto (Manciano, GR); M. CELUzzA, ibid., p. 98, n. 5.53, tav. 12.
69 Come accade ad esempio a pitigliano: E. pELLEGRInI, in MAGGIAnI - pELLE-
GRInI 1985, p. 70.
70 Cfr. le grotte medievali a tramezzo presenti a norchia e Monterano, alcune
delle quali successivamente trasformate in colombari, come è avvenuto probabilmente
anche a proceno (v. infra): CoLonnA DI pAoLo - CoLonnA 1978, pp. 90-91, nt. 74.
71 A proposito della signoria di porsenna prima su Chiusi e poi su Volsinii e
dell’esistenza di una “compagine statale pluriurbana, estesa dalla Valdichiana a or -
te”, v. CoLonnA 2000, in particolare pp. 279-280; cfr. inoltre CoLonnA 1985, pp. 115-
116; MAGGIAnI 1990, p. 26.
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tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 165

denza una gravitazione verso l’area vulcente per l’età orientalizzan-


te e arcaica, sebbene la ceramica d’impasto riveli per la prima fase
un certo contatto con l’ambito volsiniese o latamente tiberino72. Do-
po un “vuoto” di testimonianze tra la seconda metà del VI e il IV se-
colo, in significativo parallelismo con quanto accade nei centri mino-
ri della valle del Fiora73, si assiste ad una ripresa della documenta-
zione tra la fine del IV e il III secolo, quando l’impronta vulcente pa-
re ancora efficace. Solo a partire dalla tarda età ellenistica una si-
mile connotazione sembra sfumare, probabilmente a favore di una
ac cresciuta influenza chiusina, segnalata dalle urnette fittili a
stampo con la rappresentazione del fratricidio tebano74 di cui si è
detto all’inizio (Fig. 3) che, connesse con precise scelte inerenti il ri-
tuale funerario, sono un indizio particolarmente attendibile del ca-
rattere culturale dell’area, tanto più che, poco distante, ad Acqua-
pendente è stato invece rinvenuto un discreto numero di cippi di ti-
po volsiniese75 (Fig. 42).
Se dunque è vero, come sottolineato in più occasioni da p. Tam-
burini, che il torrente Stridone o Stridolone, che confluisce nel pa-
glia, ha rappresentato un elemento di confine in età tardo-ellenisti-
ca per il settore sud-occidentale del territorio chiusino (Fig. 43), in-
cludente appunto proceno, e che l’influenza volsiniese si è invece
estesa a nord-ovest fino alla zona di Acquapendente76, è altrettanto
indubbio che per le fasi più antiche l’oppidum di proceno deve aver
risentito della cultura di Vulci per la quale ha forse rappresentato

72 Sul ruolo svolto dall’entroterra vulcente, e in particolare dalla valle del Fio-
ra, nella mediazione di prodotti falisco-capenati verso il territorio chiusino, cfr. di re-
cente MInETTI 2000, p. 135.
73 CoLonnA 1977, p. 207; A. MAGGIAnI, in MAGGIAnI - pELLEGRInI 1985, p. 97;
pELLEGRInI 1989, pp. 143-144; CIAMpoLTRInI 2000, pp. 151-152.
74 Si tratta del soggetto più diffuso sulle urnette a stampo chiusine databili
generalmente entro la prima metà del II sec. a.C.: cfr. A. RASTRELLI, La produzione
in terracotta a Chiusi, in Artigianato artistico 1985, nn. 107-114, pp. 108-109; SAn-
nIBALE 1994, p. 93; pp. 116-121, nn. 21.1-2; pp. 126-127, n. 21.4; pp. 139-149, nn.
22.1-2, 23-25; v. anche Etruschi nel tempo 2001, pp. 185-186, nn. 10-11. Il personag-
gio recumbente sul coperchio appartiene al tipo B, con la testa di prospetto e la
mano sinistra che trattiene il sinus del mantello (Artigianato artistico 1985, p.
101).
75 BIAnCHI BAnDInELLI 1925, col. 514; CoLonnA 1973, p. 61, fig. 1; TAMBURInI
1998b, pp. 21-22; ID. 1999a, p. 265. La presenza delle urnette può forse fornire degli
indizi anche relativamente all’assetto sociale dell’area, dal momento che nel territo-
rio chiusino questi prodotti altamente standardizzati e destinati ad una classe media
di artigiani e piccoli proprietari terrieri sono ritenuti un indicatore dell’esistenza di
una fitta rete di centri agricoli (A. RASTRELLI, La produzione in terracotta a Chiusi, in
Artigianato artistico 1985, p. 100; SAnnIBALE 1994, p. 93).
76 TAMBURInI 1998b, p. 21; ID. 1999a, p. 265, fig. 7; ID. 1999b, p. 101, nt. 2, fig.
1, G. Cfr. inoltre pAoLUCCI 1999, pp. 281-284 e nASo 2002, p. 343 con nt. 1. Sulla defi-
nizione dei Fines Clusinorum meridionali, menzionati da iscrizioni di età imperiale,
ma che rispecchiano probabilmente una situazione più antica, v. anche HARRIS 1965,
p. 129; DEGRASSI 1982-84, pp. 163, 173 e fig. 1.
es
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166 LAURA MARIA MICHETTI

una sorta di avamposto territoriale, collocato in una posizione stra-


tegica, naturalmente difeso e posto ad una distanza significativa,
stando ai dati a disposizione, dall’area più tipicamente vulcente,
vale a dire quella di Sovana e Sorano. In un simile quadro, questo
sito si può pertanto inserire nella politica, attuata dalla classe ari-
stocratica di Vulci nel corso del VII secolo, di una progressiva presa
di possesso del territorio con il conseguente sviluppo, lungo la diret-
trice del Fiora, di una fitta schiera di insediamenti, aventi il duplice
scopo di sfruttamento agricolo e soprattutto di controllo sulle vie di
comunicazione tra Vulci, l’area volsiniese e il distretto tiberino fino
a Chiusi e all’Etruria settentrionale77. È proprio da questa occupa-
zione capillare di un ampio retroterra, effettuatasi, come ipotizzato
da G. Colonna, forse anche mediante “l’asservimento delle popola-
zioni contadine”78, che Vulci ha tratto il proprio rigoglio. Un fenome-
no analogo si verifica, come è noto, dopo la metà del IV secolo, quan-
do la città tende a riattivare gli itinerari commerciali verso l’Etruria
centro-settentrionale, provocando una nuova fioritura di alcuni dei
centri dell’interno79, ai quali si potrebbe ora aggiungere proceno.
per l’età romana un popolamento sparso a carattere agricolo è
indiziato dalle limitate tracce nel territorio e dalle attestazioni of-
ferte dalla collezione Cecchini di cui fa parte anche un’urna di tra-
vertino con coperchio displuviato rinvenuta nella proprietà della fa-
miglia in contrada Le piane (Fig. 44) e finita a Montevideo nel
195680: di un tipo largamente attestato nel territorio di Chiusi e da-
tabile nella seconda metà del I sec. a.C.81, presenta su una faccia
un’iscrizione nella quale il defunto è individuato anche dal metroni-
mico oltre che dal patronimico82.
La storia successiva sembra coincidere con quella di altri siti
minori dell’Etruria interna, dove si assiste ad un nuovo popolamen-
to in età altomedievale di cui sono prova i c.d. colombari che si apro-
no lungo i cigli della rupe su cui sorge proceno, riutilizzando, come

77 CoLonnA 1973, p. 63; ID. 1977, pp. 201-203; A.M. SGUBInI MoRETTI, in Etru -
schi in Maremma 1981, pp. 60-61; A. MAGGIAnI, in Romanizzazione 1985, p. 84; pEL-
LEGRInI 1989, p. 140. Sugli itinerari che collegavano da un lato orvieto con Vulci e il
mare, dall’altro Vulci con Chiusi e l’Etruria settentrionale, cfr. inoltre CoLonnA 1999,
pp. 18-19.
78 CoLonnA 1977, p. 202.
79 A. MAGGIAnI, in Romanizzazione di Vulci 1985, pp. 84-85; A. MAGGIAnI, in
MAGGIAnI - pELLEGRInI 1985, p. 97.
80 GASpERInI 1960, p. 171.
81 La datazione tra la metà del II e i primi decenni del I sec. a.C. proposta da
GASpERInI 1960, p. 184 deve essere infatti abbassata alla seconda metà del I sec. a.C.
sulla base di una vasta serie di esemplari analoghi provenienti da contesti affidabili:
cfr. BEnELLI 1998, p. 257.
82 L’epigrafe fa parte delle iscrizioni “etrusco-latine”, cioè in lingua latina, ma
ancora legate alla cultura epigrafica e funeraria etrusca: cfr. BEnELLI 1998, pp. 257-
259; ID. 2002, p. 517.
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tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 167

avviene a pitigliano, Castro, Sovana, Sorano, ambienti più antichi


ed in probabile relazione con ripari rupestri83. È suggestivo pensare
che una simile frequentazione sia stata in qualche modo connessa
alla vicina via francigena percorsa dai pellegrini diretti a Roma84.

83 Cfr. A. MAGGIAnI, in MAGGIAnI - pELLEGRInI 1985, p. 113. Sebbene sia stata


messa in evidenza la somiglianza tra questi impianti e i peristerotrophia di cui parla -
no gli scrittori de re rustica e, d’altra parte, la possibilità che alcuni di essi abbiano
avuto realmente un impiego funerario (QUILICI GIGLI 1981, pp. 107-108), è più proba-
bile che risalga all’età romana solo una parte dei colombari, che, destinati effettiva-
mente all’allevamento dei piccioni, sono ritenuti prevalentemente di età medievale
(CoLonnA DI pAoLo - CoLonnA 1978, pp. 90-91, nt. 74).
84 L’origine del tracciato postantico della via Cassia, che a nord di Bolsena
devia verso ovest per raggiungere Acquapendente, Radicofani, San Quirico d’orcia e
infine Siena può essere messo in relazione proprio con le vie francigene: cfr. BRU-
SCHETTI 1999, p. 22, nt. 24. Sulla viabilità dell’area in età romana v. anche HARRIS
1965; DEGRASSI 1982-84.
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es
tra
tto
174 LAURA MARIA MICHETTI

Fig. 1 - Veduta di proceno dalla località La Stella.

Fig. 3 - Urnette fittili di


tipo chiu sino da proceno
(da TAMBURInI 1998b, p. 27,
figg. 6-7).
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE

Fig. 2 - L’area a nord del Lago di Bolsena: nel rettangolo, proceno.


175

es
tra
tto
176
LAURA MARIA MICHETTI

Fig. 4 - I confini
del territorio chiu-
si no se condo R.
Bianchi Bandinel-
li, con proceno (in-
dividuata dal cer-
chietto) posta al -
l’interno del terri-
torio di Chiusi (da
B IAn CHI B An DI -
nELLI 1925, tav. I).

es
tra
tto
es
tra
tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 177

Fig. 5 - proceno,
Col lezione Cec chi -
ni. Ceramica etru-
sco-geometrica.

Fig. 6 - proceno, Collezione Fig. 7 - proceno, Collezione Cec-


Cecchini. Oinochoe etrusco- chini. Anforetta a spirali d’impa-
geometrica. sto.
es
tra
tto
178 LAURA MARIA MICHETTI

Fig. 8 - proceno, Collezione Cec-


chini. Brocca d’impasto con ansa
configurata ad ariete.

Fig. 9 - proceno, Collezione


Cecchini. Oinochoe a becco
d’impasto.

Fig. 10 - proceno, Collezione Cec -


chini. Kyathos d’impasto.

Fig. 11 - proceno, Collezione Cec-


chini. Olpe etrusco-corinzia.
es
tra
tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 179

Fig. 13 - proceno, Collezione


Cecchini. Olpe etrusco-corinzia:
particolare della figura di leone.

Fig. 12 - proceno, Collezione Cecchini.


Olpe etrusco-corinzia.

Fig. 14 - proceno, Collezione Fig. 15 - proceno, Collezione


Cecchini. Oinochoe etrusco- Cec chini. Oinochoe etrusco-
corinzia. corinzia.
es
tra
tto
180 LAURA MARIA MICHETTI

Fig. 16 - proceno, Col-


lezione Cecchini. Cop-
pa etrusco-corinzia.

Fig. 17 - proceno, Collezio-


ne Cecchini. Coppa su pie-
de etrusco-corinzia.

Fig. 18 - proceno, Collezione


Cecchini. Calice su alto pie- Fig. 19 - proceno, Collezione
de di bucchero. Cecchini. Calice di bucchero.
es
tra
tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 181

Fig. 20 - proceno, Collezione Cecchini. Attin-


gitoi di bucchero.

Fig. 21 - proceno, Collezione


Cecchini. Coppa di bucchero.

Fig. 22 - proceno, Collezione Cec chini. Coppa attica a


figure nere.
es
tra
tto
182 LAURA MARIA MICHETTI

Fig. 23 - proceno, Collezione Cec -


chini. Craterisco etrusco a figure
rosse.

Fig. 24 - proceno,
Collezione Cecchini.
Oinochoai a vernice
nera.

Fig. 25 - proceno, Colle- Fig. 26 - proceno, Collezione Cecchini.


zione Cecchini. Lekythos Coppe a vernice nera.
a vernice nera.
es
tra
tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 183

Fig. 27 - proceno, Collezione Cecchini. Oinochoe e


kantharos a vernice nera.

Fig. 28 - proceno, Collezione Cec- Fig. 29 - proceno, Colle -


chini. Bicchiere ad anse verticali a zione Cecchini. Oinochoe
vernice nera. a vernice nera.
es
tra
tto
184 LAURA MARIA MICHETTI

Fig. 30 - proceno, Collezione Fig. 31 - proceno, Colle -


Cecchini. Bicchiere ad anse ver- zio ne Cecchini. olla a
ticali a vernice nera. colletto a decorazione li-
neare.

Fig. 32 - proceno, Collezione Cecchini.


olla a decorazione lineare.

Fig. 33 - proceno,
Colle zione Cecchini.
Lagynoi.
es
tra
tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 185

Fig. 34 - proceno, Collezione Cec-


chini. olla-cinerario.

Fig. 35 - proceno, Collezione Cecchini. Bicchieri


a pareti sottili.

Fig. 36 - proceno,
Col lezione Cec chi -
ni. Firma lam pe di
Fortis.

Fig. 37 - proceno,
Collezione Cecchini.
Fir ma lampe di Vi -
bianus.
es
tra
tto
186 LAURA MARIA MICHETTI

Fig. 38 - Museo Territoriale del Lago di Bolsena. Reperti (a, b, d-f)


forse riconducibili alla Collezione Cecchini di proceno (da TAMBURInI
1998a, p. 126, fig. 222).

Fig. 39 - proceno, Collezione privata. olla


d’impasto.
es
tra
tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 187

Fig. 40 - proceno, Collezione Fig. 42 - Cippo di tipo volsi-


privata. Oinochoe di buc- niese da Acquapendente (da
chero. TAMBURInI 1998b, p. 26, fig.
4).

Fig. 41 - proceno. poggio porsenna.


es
tra
tto
188 LAURA MARIA MICHETTI

Fig. 43 - Il confine tra i territori di orvieto, Chiusi e Vulci in età


ellenistica (f = proceno) (da TAMBURInI 1999a, p. 276, fig. 7).
es
tra
tto
pRoCEno: Un InSEDIAMEnTo DI ConFInE 189

Fig. 44 - Montevideo. Urna di travertino da proceno originaria-


mente appartenente alla Collezione Cecchini (da GASpERInI 1960, p.
173).

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