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RIVISTA

di
TOPOGRAFIA ANTICA
XI

2001

Direttore

GIOVANNI UGGERI

MARIO CONGEDO EDITORE


Journal
of
Ancient Topography
XI

2001

Edited by
GIOVA NI U GGERI

MARIO CONGEDO EDITORE


CONTENTS / SOMMARIO

MERLE K. LANGDON, The Barringron Atlas's Missing Mountains 7

LUIGI BESCHI, Cartografia, topografia, e toponomastica di Lemno (XV-XVIII


secolo): alcune osservazioni 23

PASCAL ARNAUD, Varus, finis Italiae. Réflexions sur les limites occidentales du
territoire d'Albintimilium et la frontière de l'Italie impériale 49
DANIELA MONACCHI - CLAUDIA ANGELELLI - SERENA ZAMPOLINI FAUSTINI,
Nuove acquisizioni sulle mura di Amelia 69
MARlA MILVIA MORCIANO, Gela. Osservazioni sulla tecnica costruttiva delle for-
tificazioni di Capo Soprano 115

GIOVANNI IDILI, Tharros: il cosiddetto castellum aquae. Un'ipotesi di lettura 155

Atlante Fondiario Romano


MAURO CALZOLARI, Le Valli di Castagnaro in età romana. Contributo alla carta
archeologica del Basso Veronese 173

Note e discussioni
CESARE MARANGIO, Nuova attestazione sulla presenza di poderi imperiali nel
Salento romano 223

English Summaries 229


Books Received 233
Note to Contributors 239
]AT XI (2001)

Gela. Osservazioni sulla tecnica costruttiva


delle fortificaziol1i di Capo Soprano
MARIA MILVIA MORCIANO

A Capo Sopran0 1, fin dal secolo scorso, sono stati attestati rinvenimenti spora-
dici e nella zona sopravvivevano alcuni toponimi indicativi della presenza di resti
antichi, quali contrada Palazzi e Torre Insigna. Come ad Agrigento, così anche a
Gela la ricerca e le leggende popolari si incentravano sul possibile rinvenimento del
teatro. Il ritrovamento di grandi blocchi lapidei, proprio in questa zona occidentale
della città, ha acceso la speranza, nell'ultimo ventenni o dell' Ottocento, del suo ri-
trovament0 2 •
Lo Schubring, che per primo affrontò lo studio della città in modo sistematico,
ipotizzò che l'abitato si estendesse fino a questa zona, collocandovi la sede dell'acro-
poli 3 . Nel 1900 Paolo Orsi vi conduceva alcune ricerche, ottenendo solo l'individua-
zione di una necropoli classica 4 •
Nel 1948 la scoperta casuale di alcuni blocchi in un podere di proprietà V. Interli-
gi, presso Torre InsignaS, diede il via ai grandi lavori condotti dalla Soprintendenza
alle antichità per le province di Agrigento, sotto la direzione di Pietro Griffo. Tra gli
anni 1953 e '54, Piero Orlandini e Dinu Adamesteanu, allora ispettori presso la stessa
Soprintendenza, portarono a termine gli scavi.
Seguirono relazioni e studi che si attestano ancora oggi su due diverse proposte di
datazione.

1 L'argomento è stato già tema della mia tesi di naie del Museo Archeologico di Gela e in special
Specializzazione in Archeologia, dal titolo Le for- modo a Salvatore Burgio e Salvatore Biccini. 111$0-
tificazioni greche di Capo Soprano, discussa nel stituibili e determinanti sono state le notizie e le
'94 presso l'Università di Firenze, relatori i pro- precisazioni di "prima mano" che gentilmente mi
fessori Luigi Beschi, Giovanni Uggeri e l'ingegne- ha fornito il professor Piero Orlandini, grazie alle
re Dieter Mertens, ai quali vorrei esprimere la mia quali è stato possibile condurre un'analisi più sod-
più profonda riconoscenza per l'attenzione e la disfacente della struttura, in particolare del coro-
guida riservatemi. Con Dieter Mertens ho avuto il namento in mattoni crudi. Infatti, il degrado subi-
privilegio di condividere inoltre una feconda col- to nel tempo da questo materiale particolarmente
laborazione, svolta soprattutto "sul campo", du- deperibile impedisce spesso ogni tentativo di ana-
rante gli anni d'indagine alle mura nell'ambito del lisi. Infine desidero ringraziare il geologo e amico
più ampio programma di restauro, a cura della dottor Pietro Zezza, cui si devono anche le analisi
BB.CC.AA. di Caltanissetta. Un'opportunità pre- petrologiche, per avermi indicato un corretto ap-
ziosa, che mi ha permesso non solo di approfon- proccio metodo logico nell 'affrontare linguaggi
dire ulteriormente la ricerca, ma anche di verifica- alieni alla mia formazione. I rilievi, tranne dove
re e talvolta rivedere ipotesi da me precedente- specificato, sono della scrivente. Così per le foto,
mente avanzate, soddisfare dubbi lasciati in sospe- in collaborazione con Luigi Sedita.
so da un'analisi ridotta, per forza di cose, alla sola 2 GRIFFO 1949, p.12.

osservazione epidermica delle superfici murarie. } SCHUBRING 1873, p. 99.


A questo proposito, ringrazio la dottoressa Rosal- 4 ORSI 1906, p. 234; GRIFFO 1954, pp. 16-17.
ba Panvini per avermi affidato lo scavo negli anni 5 Il primo settore scoperto è quello corrispon-
1995 - '96. La mia riconoscenza va anche al perso- dente al muro a pettine, GRIFFO 1949, p. 15 e sg.
116 MARIA MILVIA MORCIANO

Pietro Griffo propende per una cronologia più alta, alla fine del V secolo, ponendo
così le mura in stretta connessione con l'assedio e la distruzione del 405 a.c. 6 . Succes-
sivi momenti ricostruttivi apparterrebbero all'età timoleontea (soprelevazione in mat-
toni crudi) e a quella agatoclea (muro a pettine, ulteriori interventi di soprelevazioneY.
Gli scavi di Adamesteanu e Orlandini rivelano invece una cronologia più recente.
Le mura sono datate all' epoca timoleontea, vale a dire agli anni immediatamente suc-
cessivi al 339 a.c., sulla base dei dati di scavo, dell'analisi dei materiali rinvenuti e su
considerazioni di ordine storico, in riferimento alle fonti letterarie. In particolare, of-
frirebbe un terminus post quem il ritrovamento di alcune sepolture, datate alla fine V
sec. a. C. e tagliate dalla linea delle mura, mentre capisaldi cronologici costituiscono i
depositi votivi collocati all'atto della posa delle fondazioni e i frammenti ceramici rin-
venuti dentro l'emplekton 8 •
Sono inoltre distinte alcune fasi, segnate dall'aggiunta di torri, dalla chiusura della
porta e della postierla, dal tamponamento delle brecce sul versante meridionale della
cortina, dall'aggiunta del muro a pettine e infine dalle ulteriori due soprelevazioni del
coronamento in crudo. Le fortificazioni avrebbero avuto una durata limitata a causa
del veloce processo di insabbiamento che avrebbe seppellito le mura rendendo neces-
sarie successive soprelevazioni in mattoni crudi: la prima intorno al 311/10 a. c., a
soli venti anni circa dalla costruzione, la seconda poco prima della definitiva distru-
zione e dell'abbandono della città, nel 282 a.c. Le porte sarebbero state murate du-
rante il soggiorno a Gela di Agatocle, che la scelse come sua roccaforte, in accordo
con un passo diodore0 9 • In questo periodo le fortificazioni sarebbero state probabil-
mente rafforzate da torri. In epoca imprecisata sarebbero state tamponate le brecce l0.
Le mura di Capo Soprano, nelle caratteristiche progettuali, affiancano alla sempli-
cità delle soluzioni poliorcetiche, una certa raffinatezza dei dettagli, che le pone a uno
stadio avanzato rispetto all'essenzialità delle strutture dionigiane e allo stesso tempo
lontane dalla ricercatezza propria dell'età di Ierone. Questo aspetto, affiancato ai dati
di scavo e alle vicende storiche della città, che ebbe un momento di ripresa in età ti-
moleontea, confermerebbe la datazione più comunemente accettata negli anni poste-
riori al339 a.c. ll .

6 Dopo questa rovinosa sconfina fu imposto alla ponendosi alle necropoli preesistenti. Su Gela la
città l'abbattimento della cinta muraria, Diod. bibliografia più aggiornata è raccolta in PANVINI
XIII, 108, 2 - 3. gli scavi archeologici non hanno 1996, pp. 139 - 56.
restituito che rare tracce di frequentazione, con l GRIFFO 1948, pp. 181-84; GRIFFO 1951,pp. 281-

pieno riscontro del testo diodoreo. Sembra che la 86; GRIFFO 1954, pp. 16-32; GRIFFO 1955, 15-23.
città fosse stata abbandonata per risorgere con Ti- 8ADAMESTEANU 1956, pp. 145 sg.; ORLANDINI
moleonte, secondo Plutarco nuovo fondatore di 1956, pp.165 e sg.; ADAMESTEANU 1957, pp. 30 e
Gela: PluL, Tim., 36-4; inoltre: Diod. XVI. 82; sg.; ORLANDINI 1957, pp. 71 e sgg: le deposizioni
Corno Nep., Tim, 3.2. Ampie e dettagliate discus- votive, rintracciate a distanze piuttosto regolari
sioni: ORLANDINI 1956, p.160 e sg.; ADAMESTEA- sia fra loro, sia rispetto al muro del versante meri-
NU 1958, p. 31 e sg. MAZZARINO, Il pensiero, ciL, dionale, sono formate ciascuna da una pisside,
pp. 271-72. Per un completo inquadramento sto- una lucerna e una litra d'argento. E' interessante
rico generale: M. SORDI 1961; ASHERI 1970, pp. notare cbe ogni moneta reca una diversa prove-
618-23; TALBERT 1974, pp. 153-55. Il rinnovamen- nienza (Gela, Agrigento, Siracusa), quasi a rimar-
to urbanistico, promosso in quegli anni, restituì care un significato simbolico ben augurante, nel
un volto nuovo alla città pesantemente provata segno di una koinè raggiunta con Timoleonte ed
dalle guerre Cartaginesi, analogamente a molti al- espressa attraverso il richiamo alle poleis più im-
tri centri siciliani, che conobbero una rinascita portantI.
edilizia, specialmente con la costruzione di nuove 9 Diod. XIX 110, 1-2. ORLANDINI 1956, p. 172.
cinte murarie, ORLANDINI 1961, p. 53 e sg. Negli IO ORLANDINI ibid, p. 174; ADAMESTEANU 1957,
anni segnati da Timoleonte l'area urbana gelese fu p.43.
espansa notevolmenre, allungandosi verso occi- Il ORLANDINI, ibid. Un confronto con mura

dente fino a raggiungere Capo Soprano, sovrap- coeve può essere avanzato con molta cautela. Ad
GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 117

Tuttavia, al di là dell'annoso dibattito sulla cronologia, complicato anche recente-


mente da una nuova discussione sull'effettiva datazione di alcune emissioni moneta-
li 12 , in questa sede affronteremo l'analisi strutturale del monumento, aspetto non an-
cora sufficientemente esplorato, per delinearne le diverse fasi costru ttive.

Il perimetro
Il braccio di. mura di Capo Soprano orla l'estremità occidentale della collina, con
uno sviluppo lineare di circa 360 m. Il percorso aderisce al profilo dell' altura, descri-
vendo un cuneo, proteso verso ovest, vero e proprio baluardo (Fig. 1).
Esso controllava l'ampio orizzonte della piana sottostante e proteggeva la sella a
nord, che avrebbe potuto costituire un punto debole della difesa, resa vulnerabile dal-
la presenza di una delle porte urbiche principali, attraversata dall'importante direttri-
ce per Agrigento 13 . La foto aerea evidenzia il profilo frastagliato e le pareti ripide del-
la collina, che fu necessario fortificare affinché la zona non cadesse facilmente nelle
mani dei nemici, disponendo così di un bastione naturale, in posizione privilegiata ri-
spetto alla città, situata a un livello più bass0 14 .
Questi resti erano parte di una cerchia più ampia, che doveva fortificare l'intera
collina gelese. Infatti, alcuni resti murari sarebbero stati rintracciati in altre zone della
città, permettendo, insieme aH' analisi delle foto aeree, la ricostruzione dell' intero pe-
rimetro dell' opera difensiva 15. Si delineava, quindi, un circuito allungato in direzione
est - ovest.
La cortina si spezza in segmenti rettilinei, delineando sporgenze e rientranze sulla
linea del muro. In un secondo tempo, l'aggiunta di possibili torri avrebbe articolato
ulteriormente la cortina muraria, rafforzando i punti più deboli come gli spigoli e gli
ingressi, mentre un protéichisma avrebbe sbarrato il lato orientale, raccordando in li-
nea perpendicolare le mura vere e proprie con il ciglio del dirupo (17).

Geomorfologia, materiali costruttivi.


I
Le mura sorgono su una zona che, dal punto di vista geomorfologico, è caratteriz-
zata da crostoni calcarei, sui quali giace un conglomerato a componente calcitica, mi-
I
sta a sabbia, ciottoli e ghiaia calcarenitici 16 . Raramente affiorano lingue di roccia cal-
carea, che sono state spianate per la posa delle mura.

esempio l'impianto generale, la tecnica muraria e Notaro Dionigi poté disporre di un vantaggioso
le dimensioni degli elementi lapidei sono vicine a puntO di penetrazione che costò la disfatta e la di-
quelle della II fase delle mura di Tindari, CAVA- struzione di Gela.
LIERI 1998, p. 185 e sgg. , così come le mura di III 15 GRIFFO 1953-54, p. 19, elenca i ritrovamenti,

fase di Sei in unte e quelle di IV a Eraclea Minoa. disseminati in proprietà private, a Piano Notaro
Tuttavia, il diverso tipo di materiale utilizzato per (pr. Galante, Damaggio e Judica), presso l'attuale
la costruzione, come anche Je differenti condizio- Cimitero; a Costa Zampogna (pr. Ventura). Un al-
ni geomorfologiche dei si ti non permettono un tro tratto è stato ritrovato sotto la piazza del Cal-
procedimento di valutazione per confronti suffi- vario, con orientamento nord-sud, dove Griffo
cientemente affidabile. postllJa la presenza di un diateìchisma, che avreb-
12 CACCAMO CALTABIANO 2002, pp. 33-40. be dovuto dividere la zona dell'acropoli dalla
13 GRIFFO 1954, p. 19; presso via dello Scavo ne, città. ORLANDINI 1956 [1958], p. 125; ORLANDJNI
diramazione di corso Vittorio Emanuele diretta a 1956, pp. 165-66; ORLANDINI 1957, p. 73.
Macch i tella. 16 Carta Geologlca; CASNEDI - CASSINIS 1975,
14 ADAMESTEANU 1956, p.156, ricostruisce Jo pp. 1983-2017; CATALANO - D'ARGENJO 1982,
scenario della battaglia del 405 a.c., affermando pp. 115-18.
che proprio nella zona tra Capo Soprano e Piano
118 MARIA MILVIA MORCIANO

PIANTA GENERALE

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Fig. 1 - Pianta generale (elaborazione da carra della BB.CC.AA. di Caltanissetta).


GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 119

Gli scavi aperti sul fronte meridionale hanno mostrato che le mura si ergevano a
strapiombo sul ciglio della collina, in stretta aderenza all' oro grafia. Prima dello spia-
namento delle sabbie provenienti dallo scavo, il paesaggio era completamente diverso
da quello odierno, esaltando le potenzialità difensive della struttura, che veniva a for-
mare un corpo unico e organico con il fianco scosces0 17 .
La mancanza di pietra da taglio rese necessari l'estrazione e il trasporto da cave di-
stanti delle colline circostanti la piana gelese 18 . Questa povertà avrebbe favorito anche
la riutilizzazione di alcuni elementi appartenuti a edifici più antichi 19 •
La pietra utilizzata per la costruzione delle mura è la "panchina", calcare organo-
geno più o meno arenaceo, ricco di fossili marini. Sono distinguibili tre principali tipi
litologici, provenienti da cave diverse o da diversi membri della stessa formazione: la
calcarenite bioclastica, il calcare brecciato, il calcare concrezionale. La differenza
quindi è nello stato di aggregazione, nelle percentuali dei componenti mineralogici e
bioclastici, che regolano anche il grado di permeabilità, e nei fenomeni ossidativi, che
conferiscono diverse tonalità cromatiche.
La calcarenite bioclastica, chiamata localmente "giuggiulena", per la somiglianza
al colore e alla grana dei semi di sesamo, è tenera e giallastra, molto porosa. Si riscon-
tra la presenza di numerosi bioclasti, di dimensioni variabili da pochi millimetri fino a
qualche centimetro, con valve di lamellibranchi e inoltre gusci integri o frammentari
di gasteropodi. La porosità elevata della pietra è causata dalla scarsa diagenizzazione
del sedimento. I granuli di quarzo e feldspati riscontrati sono materiali allogenici, ov-
vero di trasporto eolico e di provenienza sahariana, depositati e inglobati durante il
processo di sedimentazione.
La calcarenite è facilmente lavorabile e si distingue per la particolare tenerezza,
che può essere lavorata finemente, ma nello stesso tempo presenta svantaggi di friabi-
lità, fragilità e porosità con alta capacità d' imbibimento, che ne favoriscono la frattu-
razione e il degrado.
Il secondo tipo litologico è il calcare brecciato o di base, di colore biancastro, a
grana media e grossolana. L'aspetto è quello di una pietra compatta e resistente, con
buona lavorabilità.
Infine appaiono conci di calcare concrezionale, soprattutto nel muro a pettine.
Questa pietra, denominata localmente "lumachella" per l'aspetto particolare, come di
\.111 ammasso di rami ritorti, si è formata, oltre che per sedimentazione, per precipita-
zione di carbonato di calcio e i vacui sono la conseguenza dell'evaporazione delle
bolle d'aria.
I litotipi con base prevalentemente calcitica, presenti nelle tre varianti sopra men-
zionate, possono essere classificati tra le pietre di tipo tenero non lucidabili 20 . Esse
hanno la caratteristica di presentarsi in stratificazioni orizzontali, cioè divise da piani
singenetici, il cui spessore determina l'altezza dei blocchi estraibili. Le fratture verti-

17 La spianata antistante le mura è infatti formata mate da calcareniti e calcari biancastri del Pliocene
daJJo scarico della sabbia che copriva le fortificazio- inferiore (Castelluccio, Gibil Mut, Monte Zai).
ni prima dello scavo, AOAMESTEANU 1965, p. 62. 19 Nelle mura di capo Soprano, i reimpieghi so-
IS Già l'Orsi indicava per l'estrazione del calcare no solo saltuariamente riconoscibiii sulla cortina,
brecciato il lato orientale di monte Lenza delle perché le caratteristiche della pietra ne permette
Femmine, nei pressi di Butera distante da Gela 12 una totale rilavorazione, ma tra i bJocchi caciuri e
11.01, e a circa 7 km, Gibil Mut, utilizzata per la cal- sparsi in alcuni punti del percorso, specie il trattO
carenite, ORSI, 1906, p. 233. La zona che più pro- 6, sono ben riconoscibili alcuni elementi architet-
babilmente fornì materiale da costruzione è que]]a tonici appartenuti ad altri edifici, come un fram-
settentrionaJe, verso contrada Settefarine, dal to- mento di triglifo o di geison.
ponimo trasparente, chiusa a nord da colline for- 20 ROCKWELL 1989, p. 21.

- -- -- -- セMMMMMMM
120 MARIA MILVIA MORCIANO

cali di origine tettonica, che invece ne definiscono la lunghezza, sono perpendicolari


alletto e permettono di cavare massi già sommariamente squadrati 21 .
L'estrazione quindi seguiva metodiche piuttosto semplici: il blocco veniva isolato
e scalzato dal letto secondo le naturali linee di frattura per mezzo di cunei e, successi-
vamente all' estrazione, squadrato con l'ascia-martello 22 .
Alla stessa distanza delle cave di pietra da taglio potrebbe essere attribuita la scelta
del mattone crudo per il coronamento delle mura, sia esso parte della struttura difen-
siva fin dal momento progettuale, sia nel caso si tratti di un restauro successivo, come
discuteremo più avanti.
L'impasto dei mattoni crudi è composto da sabbia quarzosa, di provenienza eoli-
ca e da una minor percentuale di pelite argillosa. Sono presenti anche numerosi inclu-
si, soprattutto resti vegetali, bioclasti, piccoli ciottoli. La consistenza dei mattoni non
è particolarmente elevata così da fratturarsi facilmente.
E' assai probabile che tale composto sia stato prelevato sotto la stessa collina gele-
se, che presenta in più punti un'analoga composizione di limi.
La forma era ottenuta mediante stampi in legno. Successivamente i pani venivano
lasciati essiccare al sole.

Descrizione analitica della struttura


Si procede per singole tratte procedendo da nord, in senso antiorario 23 .
1. Restano le fondazioni e isolatamente solo fino a tre file di blocchi dell'alzato.
Tutta la prima fila esterna ha elementi disposti di testa, formando uno zoccolo com-
patto. AI contrario, sul fronte interno, essi sono disposti nel senso della lunghezza.
Per quanto è possibile osservare, quest'accorgimento è sempre adottato.
I blocchi di fondazione, lavorati sulla faccia esterna in modo sbrigativo, aggettano
formando una modesta risega, in media di lO cm.
I! tratto prosegue in linea retta con uno spessore quasi costante 2\ interrotto da una
canaletta di scarico (M.l) conservata solo nella parte basale, costituita da un blocco
sagomato, sporgente dal filo delle mura, scavato a formare due larghi bordi rialzati,
leggermente rastremati verso l'esterno(Fig. 2)25.
l.a. Il muro avanza di 2,20 m. con una sorta di avancorpo a spigolo vivo e ad an-
golo retto.
l.I.Bl. In corrispondenza del saliente, sul lato interno, si appoggia una rampa di
scale che dava accesso al camminamento di ronda. La linea delle mura sporge in modo
netto, formando un saliente anche a est, in corrispondenza delle altre scale (10.I.B2.). Si

21 lbid., pp. 169-172. lo possono localizzare: limitate aree della cortina


22 ADAM 1989, pp. 31-35. Un lavoro pumuale all'interno dei vari tratti; singoli blocchi lapidei;
sulle cave di Selinume, le cui linee metodo logiche particolarità della superficie muraria. Le strutture
risultano esemplari anche per altre realtà storico- accessorie, distime dalle mura vere e proprie, co-
geografiche: PESCHLOW-BINDOKAT 1990; PESCI-!- struzioni o elementi particolari, sia ameriori che
LOw-BINDOKAT 1994, pp. 122-139. posteriori, sono indicate con una lettera singola in
23 Per la localizzazione dei tratti murari analizza- maiuscolo, eventualmente seguita da ''l'', "E", co-
ti, è stato adottato un sistema di sigle: i numeri ara- me per le cortine. Le sigle sono state riportate nella
bi in progressione delimitano i diversi segmenti pianta generale cui si fa continuo riferimento (Fig.
murari. Essi sono seguiti da alcune lettere in maiu- 1), e vengono mantenute anche nelle fotografie e
scolo:" E" e ''l'' distinguono rispettivamente il lato nei rilievi, sia generali sia particolari. Fotografie o
esterno e quello rivolto verso la città; "V" si riferi- rilievi sono indicati da un numero progressivo.
sce al riempimento interno del muro, agli elementi 24 m. 3 - 2,70.
che lo compongono e alla tessitura dei conci della- 25 Larghezza 0,6 m.; sporgenza dal filo del muro
to interno non a vista. Ulteriori lettere in minusco- 0,8 m.
GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 121

Fig. 2 - Tratto l, fondazioni murarie e canaletta di scarico M.l.

Fig. 3 - Blocchi di testa nel riempimento del muro, allettati a incastro.


122 MARIA MILVrA MORCIANO

tratta di un espediente semplice che ricava un ripiano più ampio da due sezioni di muro
non allineate nel punto in cui viene poi ricavata la rampa. Infatti, i gradini risultano dal-
l'interruzione in sequenza sfalsata dei blocchi delle diverse assise, scelti in questo punto
di altezze regolari, in modo da ottenere un rapporto costante tra pedata e alzata 26 .
2. Le mura proseguono in leggera salita su un'evidente risega di fondazione; i con-
ci sono connessi con cura, come pure è mantenuta la perfetta orizzontalità dei filari.
L'alternanza regolare dei singoli elementi, disposti per lungo e alternati in modo re-
golare a quelli allettati di testa, forma una maglia all'interno del muro trattenendo
compatto il riempimento interno. La superficie dei blocchi è ben levigata e gli spigoli
presentano una smussatura.
2.1. Alla maggiore accuratezza della cortina esterna, si contrappone quella interna,
costruita in modo poco preciso, con un' evidente volontà di risparmio nella lavorazio-
ne del materiale lapideo. Alcuni conci hanno i bordi lavorati con una fascia perimetrale
levigata, mentre lo specchio centrale è appena sgrossato. Appaiono anche molti bugna-
ti. L'orizzontalità dei filari è interrotta spesso da denti e piccoli tasselli di raccordo.
2.b. La distruzione di gran parte dell'alzato e del riempimento interno scopre la
penetrazione degli elementi posti nel verso di testa. Essi hanno sull' estremità un
profondo dente, così da agganciare il blocco di testa corrispondente sul paramento
opposto, lavorato in modo analogo (Fig. 3).
Si osservano molti reimpieghi 27 , in particolare una soglia monolitica e frammenti
di architrave, riconoscibili dai fori per l'alloggiamento di travi.
2.d. A circa m. 15 dalle scalette ( 4.1.c), si osserva una strozzatura dello spessore
del muro e una deviazione poco sensibile del tracciato, che descrive un gomito. Il ver-
tice della curvatura del muro è formato da due blocchi contigui, alternati a zanche.
Tra questi vi è un concio sconnesso che mostra la faccia di giunzione laterale, con
specchiatura incavata e anathyrosis pronunciata, che riduce la superficie di contatto e
assicura una perfetta aderenza.
3. Il muro prosegue verso sud-est in linea quasi retta. Il tratto terminale è conserva-
to in minima parte ed è largamente restaurato, anche con l'ai"Llto di solette di cemento.
N. All'interno delle mura, in corrispondenza del segmento 2, a circa 9 m. di di-
stanza, sorgeva una costruzione a pianta irregolarmente quadrangolare, costruita con
un basso zoccolo di pietra e alzato in mattoni crudi. Attualmente è stata reinterrata
per garantirne una migliore conservazione. Si trattava di un complesso abitativo orga-
nizzato intorno a cortili con pozzo centrale. Il ritrovamento di alcune punte di frec-
cia ha suggerito l'ipotesi che si trattasse di caserme del periodo agatocleo 28 . Tuttavia,
nell'area circondata dalle mura, specie verso nord, risparmiata dall' edilizia moderna
perché inclusa nella zona archeologica, si intravedono numerose tracce di strutture
antiche. Inoltre, durante gli scavi 1995-'96 da me coordinati sono venuti alla luce i re-
sti di una casa (vano L), costruita in mattoni crudi e conci di pietra, a poca distanza
dal punto 16, che rende più probabile in quest'area l'esistenza di abitazioni.
H. Una struttura circolare si imposta sulla linea delle mura, che in questo punto
piegano ad angolo quasi retto verso sud. La struttura poggia su uno zoccolo di bloc-
chi, probabilmente recuperati tra quelli crollati delle mura 29 • L'alzato è circondato al-
l'interno da un anello più stretto, a formare un gradino anulare 30 . I mattoni, semicotti

26 I gradini sono conservati in numero di sette, 28 ORLANDINI 1956, p. 172; ORLANDlNI 1957,
ciascuno con m. 0,38 di pedata e 0,28 di alzata; la pp. 169-70; FIORENTINI 1985, p. 23.
larghezza della scalinata è di m. 1,90; la lunghezza 29 NEUTSCH 1954, p. 645.

m. 2,30; l'altezza superstite 1,98 m; lo spessore di 30 In media, 0 esterno 111. 6; interno, m. 5; lar-
tutto il muro, comprese le scale m. 4,70. ghezza dello scalino anulare 111. 0,50; spessore del
27 ORLANDINI 1956, p. 166. muro in mattoni m. 0,50.
GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRt\NO 123

e immersi in letti di argilla fluida, non hanno forme squadrate, ma piuttosto la forma
di pani e misure diverse rispetto a quelli crudi della cortina. E' stata interpretata come
una fornace per la calce, datata all'epoca di Federico Il. La presenza di una fornace
per ricavare calce dalla calcarenite sarebbe giustificata dalla spoliazione delle mura per
la fondazione di Terranova nel 1233 31 .
4. Emergono solo pochi resti, sufficienti tuttavia a delineare l'andamento e lo
spessore originari. Il muro, diretto a sud-est, forma insieme al segmento 5 la testata
del grande avancorpo a pianta quadrangolare, con un percorso sfaccettato a spigoli
vivi. Questi ultimi, punti deboli della fortificazione, sono completamente distrutti e
se ne può indovinare il tracciato solo dai pochi filari rimasti. In un secondo tempo sa-
rebbero stati rinforzati da due torri rettangolari poste su ciascun angolo (Fl-F2), a
sostituzione dell'unica a pianta quadrangolare situata sullo spigolo meridionale ( E.l).
5. Il tratto seguente è conservato per un'altezza che raggiunge 3,30 m., per un to-
tale massimo di otto assise. La perdita di gran parte del riempimento interno permet-
te di osservare anche la tessitura della faccia non a vista.
5. V Lo spessore dei blocchi non è costante, per cui la superficie interna risulta ir-
regolare, con sporgenze e rientranze dei diversi elementi, sia nel senso verticale, sia in
quello delle assise.
La lavorazione è limitata alla sola sgrossatura, con vistosi segni lasciati dall' ascia
martello. Gli spigoli non sono ben. squadrati, così come ai denti sulla faccia a vista
corrispondono delle intaccature irregolari sullo spigolo del blocco.
G. In questo tratto si apre una porta, di tipo diritto e stipiti ad antae; il vano interessa
l'intero spessore del mur0 32 . Gli stipiti sul lato esterno della cortina aggettano restrin-
gendo la luce dell' ingresso. Quelli sul lato interno sporgono leggermente sulla soglia 33.
L'ingresso fu chiuso con blocchi squadrati, allineati sul filo del lato interno, formando
un paramento continuo con le mura. Le foto di scavo testimoniano che al momento del-
la scoperta il vano interno era sigillato da terra e pietre non lavorate. Tracce di mattoni
crudi al di sotto e sul colmo del riempimento della porta, provano una chiusura della
porta avvenuta contestualmente alla soprelevazione delle mura con il crudo (Fig.4)34.
Sul lato che guarda il mare, le prime due assise proseguono con i blocchi sfalsati della
cortina, restringendo di circa 1,40 m. lo spazio di carreggiata. Essi segnano un livello
di calpestio originario più alto, che corrisponde peraltro alla quota dei blocchi di
chiusura sul lato interno. La soglia non è integra e molto probabilmente fu smantella-
ta al momento della sua occlusione: mancano, oltre che questi due blocchi della so-
glia, anche quelli che dovevano formare il pavimento del vano. Se n'è conservato uno
solo a delimitare il foro per il cardine della porta subito dietro lo stipite nord (Fig.5).
In questo punto il coronamento di mattoni crudi si è preservato ed è ancora possibile
distinguere le stratificazioni dei corsi di mattoni con le diverse tonalità di colore.
Per quel che riguarda l'intero tratto murario, l'assisa di fondazione è ben visibile; nel-
lo spiccato molti blocchi sono disposti nel senso del verso o di testa, come già si è os-
servato altrove, garantendo una maggiore stabilità.
5.E.a. La prima assisa presenta una lavorazione che dimostrerebbe una rifinitura
dei blocchi avvenuta dopo la messa in opera: la levigatura del paramento si arresta, in-

31 GRIFFO, 1954, p. 22 ricorda alcune monete fe- KARLSSON 1989, p.79 considera queste caratteri-
dericiane rinvenute in quest'area; ORLANDINI- stiche indicative dell'epoca timoleontea.
ADAMESTEANU 1965, p. 64. Su Gela medioevale, 33 Larghezza della porta m. 2,95; profondità m.
specie per le fortificazioni, FIORILLA 1996, pp. 2,90; larghezza dello stipite m. 0,40; J'anta aggetta
167-180. sulla soglia per m. 0,20, che corrisponde quindi al-
32 Tipo comune anche a Monte Adranone, Me- la larghezza del cardine.
gara H yblaea e a Siracusa, nel Castello di Eurialo. 34 ORLANDINI 1956, fig. 5.
124 MARIA MILVIA MORCIANO

Fig. 4 - Porta G, lato interno.

Fig. 5 - Porta G.
GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 125

fatti, seguendo uno scalino continuo attraverso il paramento, in linea obliqua inclina-
ta verso il basso, dividendo i blocchi diagonalmente. Questa linea raggiunge un'altez-
za media di 0,75 m., a partire dalla risega di fondazione. Si può presumere, quindi,
che il piano di calpestio fosse a un livello leggermente più alto rispetto alla soglia della
porta vicina, segnando l'andamento di una scarpata, in discesa verso la pona.
Su questo tratto il paramento esterno presenta filari non orizzontali, ma sfalsati, rac-
cordati da una zeppa rettangolare e da denti incisi su molti blocchi, formando una ri-
sega a scala che divide longitudinalmente il paramento. Lo stipite sinistro della porta
è formato da elementi lapidei della stessa altezza, con giunti smussati e angolati, alcu-
ni dei quali lavorati sulla faccia con fascia perimetrale evidente e pannello bugnato.
5.1. Sul lato posteriore corrispondente, il paramento ha subito notevoli interventi
di restauro con iniezioni di consolidante e tamponamenti di cemento.
Particolare interesse, nel tratto interno e adiacente alla porta e per uno spazio di
circa 2 m., riveste una risega verticale, che distingue un settore costruito con conci di-
sposti in modo incoerente e di dimensioni ridotte, rispetto alla media degli elementi
che ne compongono la tessitura35 . La risega è livellata da un filare di lastre orizzonta-
li, che forma una fascia continua con l'altezza del tamponamento di chiusura in bloc-
chi. Questa rattoppatura del paramento costituisce prova ulteriore e decisiva dell'i-
potesi sopra avanzata riguardo lo smantellamento della porta G. Appare anche piut-
tosto chiaro, dalle caratteristiche dei conci, che in questo punto l'inserimento dei
blocchi a chiusura della porta fu agevolato dalla caduta dello stipite interno ovest, poi
ricostruito con elementi di dimensioni minori.
Superata la baracca, il muro prosegue diritto per girare verso sud con un angolo
quasi retto. Questo punto era rinforzato dalla torretta E.l, alla quale fu sovrapposta
una seconda più grande in mattoni crudi (F 1.), gemella di quella settentrionale, pres-
so la fornace (F2.). La protezione di laterizi moderni, necessaria alla conservazione,
non permette alcun tipo di analisi 36 .
E.I. Resta solo parte dell' assisa di fondazione, apparecchiata sul lato esterno con
blocchi disposti nel verso della testa, come per le mura 37 .
6. Sussistono poche assise, massicciamente ricostruite e restaurate, che continuano
dissolte in un ampio crollo. Tra i blocchi appaiono alcuni reimpieghi, tra i quali un
frammento di triglifo e parti di geisa 38 .
7. Il muro è caratterizzato da quattro filari disposti a gradoni con blocchi squadrati
senza smussatura, tranne che l'assisa più alta. Le dimensioni degli elementi lapidei, di
forma quadrangolare, sono minori rispetto alle misure medie riscontrate (Fig. 6).
La profondità dei gradoni è crescente a partire dalla risega di fondazione in SU 39 . Co-
me il muro a pettine 17 anche questo è fondato su una duna di sab bia, a un livello di
circa 4 metri superiore rispetto al sottostante braccio di mura che si snoda verso est.
La faccia posteriore, conservata per soli due filari, è verticale.
Sullo spigolo inferiore di molti blocchi appare una cavità scalpellata senza cura, forse
per facilitare la messa in opera mediante pali lignei usati come leve. Si tratta di una
fondazione di tipo a gradoni, dalla quale lo spiccato parte in corrispondenza dell'at-

3S L'altezza di questi elementi è in media di 30 38 Il dilavamento subito dai frammenti, sparsi


cm. contro i consueti 40-45 cm. sul terreno, impedisce di poter analizzare compiu-
36 Il perimetro di F.l e quello di F.2 sembrereb- tamente questi reimpieghi, a differenza di Selinun-
bero uguali, pari a m. 11,50 x 6. te dove essi sono riconoscibili: MERTENS 1989, pp.
37 La sporgenza dal filo delle mura è di m. 4,65; 143-46.
la larghezza superstite è di mA. Le dimensioni dei 39 La prima assisa, visibile in parte, aggetta per
blocchi variano da m. 0,50 a 0,70 sul lato della te- m. O, 23; la seconda oscilla intorno ai m. 0,12; la
stata; da m. 0,50 a 1,30 per la profondità. terza m. 0,37; l'ultima più alta m. 0,46.
126 MARIA MILVIA MORCIANO

tuale ultima assisa, l'unica che presenti la smussatura sugli spigoli dei blocchi. Questo
accorgimento allarga la base del muro, garantendo maggiore stabilità.
La differenza di quota, come le caratteristiche costruttive diverse rispetto ai restanti
muri,. po.rtano a Nカ。セオエイ・ la possibilità che i tratti murari 7, e forse anche 8, siano rico-
struZlOnl postenon.
8. Sempre alla stessa quota di 7, pochi blocchi e resti di crollo descrivono l'anda-
mento di questo muro, che piega a gomito verso est, chiudendo l'avancorpo finora
descritto.
L'insabbiamento, che seppellì completamente la fortificazione, specie sul lato meri-
dionale, ha protetto le strutture lapidee, ma ancor di più ha preservato la cortina dei
mattoni crudi, che da qui si erge quasi intatta.
In particolare, in vari punti, è ancora possibile distinguere i corsi regolari di mattoni
crudi e le merlature originarie coeve alle mura lapidee 40 .
9. Un primo segmento, lungo quasi 40 m., viene ad essere interrotto da una po-
stierla, fiancheggiata sulla sinistra dai resti di una costruzione a pianta quadrangolare
(E.2.) (Fig. 7).
Il muro prosegue su una linea sporgente rispetto a quella sul quale si apre l'ingresso
(1 O.a.). Sul corrispondente saliente interno, con una soluzione del tutto simile a quel-
la già vista in precedenza (1.l.Bl), si appoggia una rampa di scale (10.l.b). La disposi-
zione dei blocchi è omogenea41 . I conci di testa seguono un ritmo abbastanza costan-
te, disposti a filari alternati che segnano il paramento longitudinalmente, formando
una scacchiera.
Tuttavia l'osservazione della cortina, le cui caratteristiche trovano largo riscontro nelle
fortificazioni ellenistiche, associata all'uso dell' emplekton 42 , suscita un 'ulteriore riflessio-
ne, specie se in relazione al paramento interno: quest'alternanza si interrompe nel punto
segnato da una fascia lapidea bassa, quasi un piano di livellamento. I blocchi soprastanti
formano un'ultima assisa di ortostati. L'altezza corrispondente sul paramento che guar-
da la città è la stessa delimitata dalla fascia di lastre sul lato esterno. Di conseguenza il fi-
lare più alto, disposto a coltello, fa da fodera ai corsi di mattoni crudi (Fig. 8).
E.2. La linea delle mura continua rettilinea, interrotta dai resti di una costruzione
quadrangolare 43 • Rimangono solo le fondazioni poco profonde e lo zoccolo di base,
in leggera pendenza verso est 44, costruito con grossi ciottoli e pietrame di varia pez-
zatura di forma irregolare, materiale di recupero, che giaceva lì intorno, risultante
dalla lavorazione dei blocchi 45 • La pianta è semplice, date anche le dimensioni limitate
e non sembra esserci la particolarità dell'incrocio interno dei muri di fondazione, co-
mune alle torri coeve in Sicilia46 • Su questo basso zoccolo, con funzione di isolamento
dal terreno, è assai probabile che dovesse innestarsi un alzato in mattoni crudi.
N on vi è alcun segno di raccordo al paramento lapideo, semplicemente la struttura è
appoggiata al muro. Non vi è neppure alcuna traccia che possa permettere di rico-
struire le scale di accesso alla possibile torre, della copertura o degli infissi.
C. La postierla si apre tra E.2 e il saliente lO.a., che si stacca dalla linea delle mura
con un angolo leggermente apert0 47 • Sul lato esterno questo ingresso è coronato da

40 ADAMESTEANU 1957, p. 41; NEUTSCH 1954, p. il reinterro seguiva una discesa con l'ingresso su
644. un livello leggermente inferiore.
41 KARLSSUN 1992, pp. 67- 97, specialmente, pp. 45 ORLANDINI 1957, p. 171.
79-83. 46 Uno studio sulle tOrri con pianta ripartita in due
42 Jbid. vani tramite un muro in KARLSSON 1992, passim.
4J Larghezza m. 4,30; sporgenza dal muro m. 47 La distanza dalla tOrre è di m. 3.40; il saliente
3,40; lo spessore del basamento varia da m. O, 60 a sporge per m. 2.85. La larghezza della postierla sul
0,80 lato esterno è di 111. 1,20; quello interno 1,10; la
44 Anche qui, evidentemente come per la porta, profondità è di 2,70; l'altezza è di m. 2,80.
GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 127

Fig. 6 - Tratto 7.

Fig. 7 - Tratto 9, lO e postierla C, lato esterno.


128 MARIA MILVIA MORCIANO

Fig. 8 - Tratto 9, lato esterno, paramento di ortostati.

L
o O."

Fig. 9 - Sezione della postierla C.


GELA. OSSERVAZ10NI TECNICA COSTRUTT1VA FORTIFICAZ10Nl CAPO SOPRANO 129

uno pseudo arco di forma ogivale. Lo stipite sinistro è formato da conci aggettanti,
scalpellati sulla faccia inferiore seguendo un profilo continuo, mentre su quello oppo-
sto, l'arco è interamente ricavato in una zanca 48 , ritagliata simmetricamente e rifinita
con due denti in modo da agganciarsi e scaricare il proprio peso sui conci del muro
trasversale.
In questo modo, lo stipite sinistro risulta dall'interruzione dei blocchi del paramento
in continuità con le assise; il lato destro è lo stesso muro trasversale che penetra nel
vano della pona, con la normale tessitura dei blocchi. In corrispondenza dell'arco,
l'angolo è formato dalle assise di 9 e 10.a, che penetrano alternativamente le une nelle
altre.
Sul piano di fondazione, costruito come di consueto con blocchi allettati nel verso di
testa, giace il piano di calpestio, formato dal conglomerato misto a schegge della lavo-
razione dei blocchi.
L'originaria copertura interna della postierla è oggi sostituita da un piano di ce-
mento obliquo che nasconde in parte il lato interno dell'ogiva per sostenere il collasso
del coronamento in mattoni crudi. Dalle caratteristiche dei piedritti e dal rapporto
con il soprastante coronamento, si ricava che doveva trattarsi di una copertura ad ar-
chitrave, molto probabilmente lignea.
Le spalle sono di tipo composito 49 , con blocchi disposti di testa, in modo da sfrut-
tarne la lunghezza, venendo a formare 1111 vero e proprio pilastro d'anta. In facciata
essi si collegano al paramento mediante denti.
Nel vano interno della postierla, analogamente alla porta G, il pilastro d'anta for-
ma un incasso nel quale si poteva inserire la porta, quando l'ingresso era aperto, in
modo da non creare ingombro (Fig. 9)50.
Sulle pareti interne, in prossimità del lato esterno, è visibile il foro quadrangolare che
ospitava il dispositivo di chiusura mediante una barra orizzontale 51 . Lo spessore della
porta era compreso nelle misure ricavate dalla distanza tra apertura d'ingresso fino al-
le due cavità per la barra di chiusura, quindi entro 0,40 m. Il tamponamento in crudo
è costituito da una parete in mattoni, poggiata su uno zoccolo di blocchetti in pietra,
sbozzati sommariamente 52 .
10.1. B.2. La scala di accesso al camminamento di ronda è costruita in modo iden-
tico a quella sul lato nord-occidentale delle mura (10.1. B1), ma le misure sono legger-
mente maggiori 53 . La soprelevazione di mattoni crudi è estesa anche al pianerottolo
della scala, chiudendo l'accesso (Fig. 10)54.
lO. Il muro presenta un accurato apparecchio di conci ordinatamente disposti per
lungo, interrotti da quelli per testa. Sostanzialmente questo tratto appare simile a
quelli visti finora, con i mattoni crudi rientranti rispetto alla parte lapidea, aggettante
38 cm. circa, dalla quale è evidentemente caduta la fodera degli ortostati, analogamen-
te al tratto 9. Si osserva un leggero fuori piombo, che si spinge verso l'esterno dall'al-
to verso il basso.

48 Pcr la sua maggior resistenza e compattezza è m. 0,40 per Jato e sono quindi identici a quelli del-
stato impiegato il T.2. la soprelevazione in crudo.
49 GIULIANI 1990, p.l07, figA.l, nA. 53 La larghezza della scalinata è di m. 2,60; lo
50 La larghezza del "pilastro d'anta" è di 0,92 sviluppo in profondità m. 2,50; l'altezza superstite
m., lasciando così lo spazio sufficiente per inserirc è di m. 2,13; Lo spessore di tutto il muro, compre-
la pona nell'incasso, pari alla differenza tra questo se le scale, è di m. 5,50.
e la lunghezza rimanente del vano, circa 1,70 m. 54 I sette gradini, come nella scala 10.1. BI, mi-
51 Una documentazione completa degli esempi surano m. 0,38 di pedata e 0,30 di alzata. Per le in-
di dispositivi di chiusura in WINTER 1971, pp. tegrazioni e la ricostruzione dell'intera scala e del
255-68. camminamento di ronda, MERTEN5 2000, pp. 320-
52 l mattoni che chiudono la postierla misurano 22.
130 MARlA MILVIA MORCIANO

Fig. lO - Tratto 9, lO, postierla C, scale di accesso al camminamento di ronda B2, lato interno.

Fig. Il - Mura sud con crolli sui tratti 11-13.


Il
l

GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 131

Il. Il paramento presenta la ricucitura di un crollo che ha rovesciato i blocchi de-


lineando un profilo a "catino". I primi due filari a partire da terra continuano omoge-
neamente, solo con parte dei blocchi spezzati o molto abrasi, per effetto della caduta
degli elementi delle assise superiori; il terzo filare è stato sistemato a formare una ra-
satura su cui si eleva il tamponamento dei blocchi ricostruito a piombo e per questo
leggermente rientranti rispetto a lO e, come vedremo, a 12 (Fig. 11).
Il.1. Non presenta segni di ricuciture, appare omogeneo, con le solite assise spez-
zate e corrette da denti, ma senza l'aiuto di zeppe. I blocchi, di varie dimensioni, pog-
giano su un' evidente risega di fondazione.
Dal confronto con il muro interno, è evidente che il crollo ha coinvolto in questo
punto solo il paramento esterno, che mostra una tessitura degli elementi lapidei piut-
tosto disordinata, specialmente nel ritmo dei blocchi disposti per testa, perché, do-
vendosi raccordare al muro della cortina interna, rimasto integro, ne ha subito il con-
dizionamento.
La lavorazione delle superfici della parte ricostruita appare diversa da quelle viste fi-
nora: i conci sono di dimensioni leggermente più piccole, il listello è evidente 55 e
completo su tutti gli spigoli di giunzione, delimitando un riquadro centrale appena
sbozzato con un basso bugnato. Appare anche la smussatura degli spigoli.
12. Continua omogeneo come lO; appaiono talora delle incongruenze nei filari,
che vengono spezzati e raccordati da denti e piccole zeppe quadrangolari, specie in
prossimità di uno sbocco fognario (M.2.). Questo tratto termina con una profonda ri-
sega, che attraversa verticalmente tutto il paramento lapideo. Il filo del muro è forte-
mente fuori piombo e aggetta di circa 15-20 cm. nella parte più alta (Fig. 12, 13)56.
12.1. Analogo a Il.1. Per la buona conservazione della pietra, si nota con chiarez-
za il trattamento delle superfici, lavorato con colpi vibrati di taglio, a delineare ordi-
nate fasce orizzontali od oblique a chevrons (Fig. 14)57. Alcuni blocchi conservano
porzioni irregolari di bugnato. Sulla giuntura inferiore vi sono spesso i fori d'incastro
delle leve per la messa in posa.
M.2. Lo sbocco della canaletta si apre sulle mura con una luce a sezione rettango-
lare; il canale per il deflusso si restringe leggermente sul lato estern0 58 . Sulle spallette,
che aggettano dal filo del muro, si osservano gli alloggiamenti per le grate metalliche,
che chiudevano l'orifizio permettendo tuttavia il deflusso delle acque.
13. Si tratta di un grande crollo che ha investito le mura per una lunghezza di 26
m., poi integralmente ricostruito e raccordato alla cortina rimasta in piedi. La rico-
struzione è stata effettuata a partire da est, come dimostra la perfetta ricucitura del
paramento, che comprende anche la canaletta di scolo M.2., mentre la risega collegata
al tratto 12. è rientrante, poco accurata e spezza i filari con l'uso abbondante di zep-
pe, denti e tasselli di raccordo di piccole dimensioni. La disposizione degli elementi
lapidei osserva nel complesso l'orizzontalità delle assise e un ritmo piuttosto regolare
dei blocchi per testa che formano i cassoni. Si nota anche il recupero di molti dei con-
ci che formavano il paramento originario, mentre altri sono stati radicalmente riqua-
drati con fascia perimetrale evidente e pannello bugnato. Tutto il tratto è più basso di
12. e 14. e i filari di mattoni crudi partono a filo con il muro senza la fodera di orto-
stati 59 . La ricostruzione del coronamento di mattoni crudi è ben visibile nella risega

55 La larghezza della fascia perimetrale varia da sporgono dal filo del muro 0,60 m. sul Iato ester-
3 a 5 cm. no; 0,40 m. su quello interno. L'imbocco è largo
56 V. infra, n. 82. 0,50 m; lo sbocco 0,30 m.
57 GINOUVÈs-MARTIN 1985, tav. 36, n. 6. 59 1 m. circa di differenza rispetto a 12 e 0,80 ri-
58 La lunghezza del cunicolo, uguale alla spetto a 14. V. tratti 9-11.
profondità del muro, è di 2,80 m. Le spallette
132 MARIA MILVIA MORCIANO

Fig. 12 - Risega tra il tratto 12


e la ricostruzione di 13.

Fig. 13 - Risega tra il tratto 12


e la ricostruzione di 13
e fuori piombo del muro.
GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 133

Fig. 14 - Particolare della rifinitura dei blocchi sul lato interno.

Fig. 15 - Ricostruzione del paramento 13, sul lato interno.


134 MARIA MILVIA MORCIANO

che delimita il taglio sporgente di 12. E., al limite con 14, nella linea continua vertica-
le.
13.1. Anche il lato posteriore delle mura è stato integralmente ricomposto. In al-
cuni punti l'allettamento è caotico, le assise sono spezzate, con blocchi sporgenti o
rientranti rispetto alla linea del muro. Appaiono molti reimpieghi; le superfici non
sono rifinite, i margini inferiori recano cavità scalpellate frettolosamente per la messa
in opera mediante leve. La grana della pietra sembra aver subito il degrado provocato
dal crollo e forse anche dall'abbandono dei blocchi per qualche tempo a contatto con
il terreno (Fig.15).
M.3. La canaletta è stata costruita con più cura rispetto al parament0 60 .
14 La ricucitura con il tratto 13 è perfetta, tanto che è piuttosto difficoltoso di-
stinguerne i limiti, che sono evidenziati piuttosto dall'improvviso rialzamento della
cortina in pietra61 e dalla lavorazione delle superfici dei conci, ora sprovvisti di bu-
gnato. Alcuni blocchi delle assise più basse mostrano una superficie danneggiata, ma
la loro tessitura è coerente al resto delle mura più antiche (Fig. 16).
Diversamente che nei tratti precedenti, come 9 e lO, il muro in crudo continua sul filo
della sottostante cortina lapidea.
I corsi sono di altezze diverse, i blocchi di testa non rispettano né un intervallo rego-
lare, né una precisa assialità, formando cassoni discontinui con pareti non perfetta-
mente verticali.
14.E. a. Il muro forma un gomito costruito accuratamente con zanche alternate a
conci accostati lungo gli spigoli verticali. La difficoltà costruttiva dell'ammorsatura de-
gli elementi lapidei ha determinato uno sfalsamento delle assise sul lato destro, corret-
to da numerosi tasselli di raccordo. Ai lati di questo angolo si osservano alcuni segni di
cava, la cui disposizione e posizione sembrano rispondere a una possibile 10gica62 .
14.1.a. Corrisponde sul lato interno un uguale angolo, lavorato con l'alternanza di
blocchi simili, congiunti sul lato verticale e conci sagomati a formare un leggero inca-
vo centrale.
MA. A circa metà del tratto, tra lo spigolo 14.a e l'angolo delle mura, si apre
un'ultima canaletta a sezione rettangolaréJ •
14.b. La caduta di parte della soprelevazione sul lato di facciata ha lasciato una la-
cuna che scopre la tessitura interna, formata interamente da corsi successivi di matto-
ni per tutto lo spessore del muro. Le caratteristiche della cavità inducono a ipotizzare
il crollo del muro avvenuto con una sfogliatura a catena della parete.
15. In questo punto le mura piegano ad angolo retto, volgendo in direzione sud,
per una lunghezza di 8,10 m.
15. Il muro è costruito con assise alternate a incastro con quelle del muro trasver-
sale 14, mentre sul lato verso la città è costruito con grandi pietre d'angolo disposte
alternativamente di testa e per lungo.
15.b Più avanti le mura si flettono ancora abbozzando un gomito, costruito con
zanche alternate a blocchi accostati in modo da formare uno spigolo, analogamente a
2.d. e 14.a. 64

60 La profondità è di m. 2,80. L'apertura dello 61 L'altezza media è ora m. 3,20.


sbocco sul muro E 0,30 m; quello I 0,45 m. Il goc- 62 V. infra.
ciolawio di pietra sporge dal filo del muro E 0,60 63 La canaletta si apre a una distanza di 22,30 m.
m; su quello I 0,20- O, 30 m. La larghezza dello dallo spigolo 14.E.a (21,30 m. sul lato interno) e a
sbocco E, comprese le spallette 0,70 m., senza 25,50 m. dall'angolo delle mura 15.
0,40; La larghezza sul Jato I O, 45; comprese le 64 A m. 5,50 dall'angolo.
spallette di pietra 1,80 m.
GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 135

I i I
O i 2-

Lセ

Fig. 16 - Rilievo del tratto 13 ed M.3 sul lato esterno


(la soprelevazione in mattoni crudi è resa schematicamente).

Mancano le tre assise più alte e di conseguenza la canina lapidea ha un'altezza ridot-
ta, di m. 1,60 65 . In 15.1. si osserva la speculare caduta dei conci dalle assise superiori.
Tutto il segmento 15 presenta in generale molti elementi allettati di testa senz'ordine;
le assise sono orizzontali, ma sfalsate e raccordate da un dente. L'apparente disordine
sembra essere la conseguenza della priorità costruttiva riservata alla costruzione degli
angoli 15.a. e 16.a.
La cortina di mattoni crudi raggiunge la massima elevazioné 6, con una fascia più
alta separata e sostenuta da una serie di pilastri in cemento, presenti in vari punti, an-
che isolati sul retro del muro (Fig. 17,18)67.
16. Sono visibili solo due assise di pietra sormontate dal coronamento in mattoni
crudi. Il tratto ha un andamento nord-est/sud-ovest. All'angolo 16.a si allaccia il mu-
ro trasversale a pettine.
17. Il muro a pettine taglia trasversalmente la canina principale con andamento
nord-sud 6s . Esso è fondato direttamente sulla sabbia a un livello superiore rispetto a
quello delle mura 69 . Si appoggia allo spigolo di 16.a adattando i conci lapidei per tutta
l'altezza del muro e penetrando nella tessitura dei mattoni crudi. L'andamento è leg-
germente curvilineo.

65 Rispetto all'attuale piano di campagna. 68 Il muro è conservaro per m. 32 di lunghezza;


66 Pari a J3 m. circa a partire dal piede della fon- l'altezza massima è di m. 3,70; a m. J 7 da nord il
dazione. muro curva leggermente. Lo spessore del muro al-
67 Sull'ipotesi delle successive soprelevazioni dei la base è in media di J m.; sulla sommità è di m.
mattoni crudi, J'ultima delle quali fondata suJla 0,70.
sabbia e non in stretta connessione con le mura 69 Di circa 111. 3.00.
sottostanti, V. in/,-a.
.....
136 MARIA MILVIA MORCIANO

Fig. 17 - Tratti 14-17, sul lato esterno.

Fig. 18 - Tratti 14-17, sul lato interno.


GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 137

Fig. 19 - Tratto 17, lato esterno.

In facciata vi sono delle assise non rifinite e leggermente aggettanti, che in parte ri-
chiamano il tratto 7 e quello 5: forse anche in questo caso le fondazioni erano desti-
nate a rimanere interrate per un'altezza piuttosto considerevole 1o .
La risega di fondazione sporge uniforme, formando uno scalino. Lo spiccato alterna i
consueti blocchi di testa, che formano sul lato interno una serie di denti.
La pietra utilizzata, oltre ai due tipi visti finora, è il calcare concrezionale, specie sul
lato interno e sulle assise inferiori, destinate probabilmente a non essere in vista.
I primi due filari presentano bugnati, isolati da fascia perimetrale, le cui caratteristiche
dimostrano una lavorazione con le assise già predisposte. Al di sopra i conci sono ben
rifiniti, con superfici perfettamente levigate. In facciata i diversi tipi di pietra sono quasi
sempre allettati separatamente per fasce. Nei conci in calcarenite, sono ancora distingui-
bili illistello e i colpi regolari che definiscono il riquadro centrale bugnato. Gli spigoli
mostrano la consueta smussatura. Quelli in calcare brecciato sono privi di smussatura,
se non nei blocchi di testa, che sono lavorati uniformemente a quelli di calcarenite, con i
giunti perfettamente accostati, senza l'interruzione degli spigoli. Il lavoro di levigatura è
uniforme, il segno dellistello è sparito e gli strumenti sono stati trascinati sul paramen-
to, lasciando tracce continue anche attraverso più blocchi (Fig. 19).
Il livello di fondazione, superiore di m. 3 rispetto a 15, è analogo al prospiciente mu-
ro 7, che supera di m. 4 i contigui tratti murari. 17 è chiaramente un'aggiunta poste-
riore, mentre 7 si distingue per le particolari caratteristiche costruttive: si potrebbe
postulare una relazione di fasi cronologiche fra i due muri, che si fronteggiano inqua-
drando il percorso rettilineo dei tratti 9-14.
17.1. I denti, tutti della stessa lunghezza, si dispongono a intervalli quasi costantj7l.

70 M. O, 90 esclusa la risega di fondazione. dal muro 16 di 111. 3,20. La lunghezza dei denti ri-
71 I denti sono posti a una distanza che oscilla spetto alla faccia interna del muro, è di 111.2,00; lo
tra 2,20 e 3.00 m; Il primo dente è a una distanza spessore m. 0,80 in media.
138 MARIA MILVIA MORCIANO

Sul lato posteriore i conci non sono rifiniti. A volte recano i segni di una lavorazione
sommaria, in altre appaiono allo stato grezzo, così come venivano estratti dalla cava,
con i segni visibili dello strappo dalla roccia madre e con i canali lasciati dai cunei
conficcati per scalzare il blocco.
Ogni elemento è allettato disordinatamente, creando sporgenze e rientranze. Stesse
caratteristiche mostrano i muri trasversali, che formano i denti, specie nelle testate,
che hanno un profilo frastagliato, condizionato anche dalla lunghezza dei diversi
blocchi posti trasversalmente.
La disposizione dei conci per testa in facciata non rispetta un rigoroso allineamento
verticale, dando luogo a incongruenze trasmesse anche ai denti interni.

Elementi strutturali
Fondazioni

Le fondazioni della cortina esterna sono sempre in blocchi di testa, formando una
piattaforma continua, che costituiva il fondo delle casse dell' emplekton e dal quale si
staccava lo spiccato del muro. Esse venivano calate in strette trincee di fondazione,
poi riempite nuovamente di terra 72 .
Il lato interno presenta invece una fondazione di ortostati posti a una quota in
media di circa 10-20 cm. più alto rispetto al piano di fondazione del paramento ester-
no. Inoltre, mentre il lato rivolto a sud grava sulla roccia, quello interno è spesso fon-
dato su uno strato di terra dura.
Tutte si possono classificare come fondazioni di tipo immediato, per la loro scarsa
profondità; lineari semplici, in quanto aderenti all' andamento del terreno, a secco, di
blocchi squadrati 73 . Maggiori informazioni derivano dall'osservazione di quei tratti di
muro nei quali l'alzato è andato perduto. Com'è già stato descritto per il tratto 1, l'al-
lettamento di soli blocchi di testa sulle assise di fondazione compattava il piano di
spiccato, formando un ripiano. Un caso identico si riscontra nelle fondazioni delle
mura ellenistiche di Megara Hyblaea 74 .
Vi sono alcuni tratti di mura (7, 17) fondati sulla sabbia, ad una quota superiore di
circa 3 m., rispetto alla media del restante circuito 75 • In questi punti si osservano fon-
dazioni a gradoni, al fine di allargare il piano di posa e garantire maggiore stabilità.

Le cortine in pietra
U no degli aspetti peculiari è la particolare policromia che alterna i blocchi di colo-
re chiaro agli altri più largamente impiegati di colore dorato, formando quasi una
scacchiera. La disposizione dei diversi tipi litici non sembra essere del tutto casuale,
ma piuttosto suggerita da particolari motivi d'ordine tecnico e statico. Contro il ri-
schio di reagire in modo non omogeneo alla pressione del riempimento interno, le
pietre diverse sono state disposte alternate, disperdendo così le possibili confluenze
di sollecitazione contro i paramenti, che potevano causare spanciature 7('. Inoltre, è
stato preferito il calcare brecciato per i blocchi di fondazione, perché garantiva una
maggiore impermeabilità e resistenza a contatto con l'umidità del terreno.

72 Visibile specialmente nel tratto 1, conservato 74 VALLET - VILLARD - AUBERSON 1983, p. 94.
solo a livello delle fondazioni. 75 ORLANDINI 1971, pp. 171-2.
73 Per la normalizzazione del lessico e un'accu- 76 Su Ile solleci tazioni di ord i ne statico nelle
rata classificazione: GIUUANI, 1990, pp.118 e sg. strutture: GIUUANl 1990, pp. 25-33.
GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONf CAPO SOPRANO 139

I blocchi sono accostati con cura, senza l'aiuto di grappe, com'è stato rilevato nel-
le costruzioni delle città siciliane 77 ; per questo motivo si osserva una particolare cura
della lavorazione delle facce di contatto. Si riscontrano talvolta segni di posa sui letti
d'attesa, mentre una specchiatura centrale ribassata, profilata dall 'anathyrosis, riduce
il contatto sulle facce di giunzione laterali (2.d).
Per il sollevamento e la messa in opera si riscontra l'uso dei ferrei forfices, come
mostrano i fori sulle facce dei blocchi, mentre quelli sullo spigolo inferiore servivano
per l'accostamento mediante slittamento laterale con delle leve. Il muro è costruito a
emplekton con due fodere lapidee e un riempimento interno, frazionato in casson?s.
Non compaiono diatoni, ovvero blocchi posti di traverso con le due testate visibi-
li su entrambe le cortine e le traverse sono invece costituite da due e talvolta più bloc-
chi saldati fra loro per attrito o agganciati mediante denti.
La griglia, che ancora il riempimento alle due cortine, è formata da blocchi collo-
cati di testa che, penetrando all'interno del muro, collegano i due paramenti, forman-
do catene.
La maggior cura dedicata alla faccia esterna del muro, tessuta con l'alternanza di
blocchi ben rifiniti posti per testa e per lungo, unita al fatto che ogni elemento mura-
rio presenta misure tendenzialmente costanti, anche se non uguali, contrasta con il
paramento della faccia del muro interno che, al contrario, presenta filari mai perfetta-
mente orizzontali, con abbondante uso di zeppe, denti e raccordi. Per ottenere muri
ad apparecchio omogeneo su entrambe le cortine sarebbe stato necessario che i conci
di testa venissero raccordati alla stessa distanza e su assise della stessa altezza. Di con-
seguenza le dimensioni degli elementi lapidei non avrebbero potuto essere casuali, la
messa in opera sarebbe stata laboriosa e il dispendio di materiale notevole. Condizio-
ni non possibili in una zona povera di pietra da taglio quale Gela.
Quindi, per maggior economia, si preferì costruire il muro esterno in modo tenden-
zialmente regolare, mentre quello del versante interno fu condizionato dall' intervallo
dei blocchi di testa, raccordati in corrispondenza lineare o in altezza, mediante la
scalpellatura di denti o con l'inserimento di zeppe 79 .
Sul paramento esterno si distingue spesso una disposizione a scala dei conci: la
lettura di queste caratteristiche rende possibile seguire i tempi della messa in opera
delle mura, che venivano costruite per segmenti successivi, delimitati da ciascun cas-
sone di altezza variabile. Si continuava ricucendo il setto murario con la formazione
di un secondo cassone, di lunghezza più o meno costante. Per ottenere un allinea-
mento verticale dei blocchi di testa, che delimitavano le pareti laterali dei cassoni, si
ricorreva a integrazioni o a correzioni mediante tasselli.
Il riempimento di pietrame e terra era allettato contemporaneamente alla formazione
delle assise e alla messa in opera dei conci di testa.
Una caratteristica peculiare riguarda l'assisa più alta, quella cioè che segna il con-
tatto con il coronamento in crudo: compare infatti una fascia lapidea bassa, che si im-
posta su una fila di blocchi posti a coltello. Spesso esse sembrano essere interrotte
quasi brutalmente dall'inserimento di pareti in crudo, che partono a filo con i conci
lapidei, formando una linea discontinua.

77 SdS, 1.2, pp. 401. Hyblaea in cui il lato interno delle mura è costrui-
78 Intorno al significato del termine emplekton, to con piccoli e irregolari elementi lapidei, che
in merito ai passi di Vitr. De Arch., II, 8-7; PJin., serrano i conci posti di testata in raccordo a quelli
Nh, XXXVI 51,171-2; Philo. I 11, si è sviluppata sul para mento esterno. VALLET- VILLARD-AuIlER-
un'ampia discussione sintetizzata nel contributo SON 1983, pp. 7-9. KARLSSON 1992, p. 100, evi-
di KARLSSON 1992, p. 67 e sg.; in particolare TOM- denzia i problemi legati alla cronologia, propo-
LINSON 1961, pp. 133-40. nendo una data di costruzione più antica, o alme-
79 U n confronto è offerto dalle mura di Megara no scandita in diverse fasi.
140 MARIA MILVIA MORCIANO

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o 2.

Fig, 20 - Rilievo delle smussature sui giunti dei blocchi: a) orizzontali; b) giunti verticali;
c) giunti orizzontali combinati con pannello bugnato.

La superficie dei blocchi si presenta in vari modi: talvolta la fascia perimetrale iso-
la un bugnato appena sbozzato, oppure risparmia uno specchio quadrangolare ben
levigato e sporgente pochi millimetri, altre volte la facciavista è completamente piana
mostrando le tracce di fini strumenti di lavorazione, secondo la compattezza o meno
del tipo di pietra.
Uno dei tratti distintivi è senz'altro la smussatura lungo le linee di giunzione dei
blocchi: una rifinitura raffinata, che aggiunge suggestione e bellezza al paramento.
Non si può trascurare una ragione estetica, ma considerazioni ulteriori suscitano ri-
flessioni relative al comportamento statico delle murature, sommate all r influenza che
il tipo di pietra esercita sulle caratteristiche della lavorazione (Fig, 20)80,

so GRIFFO 1954, p. 20, che nega ogni funzione di Demetra ad Agrigento. Su quest'ultimo: SIRA-
tecnica alla smussatura, ricorda esempi simili an- CUSANO 1983, pp. 17,74.
che sulle mura di Selinunte e nel tempio rupestre
11\ l

GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIOl"I CAPO SOPRANO 141

Questo tipo di struttura sopporta sollecitazioni che agiscono per sola pressofles-
sione: il carico si distribuisce uniformemente su tutta la superficie d'attesa degli ele-
menti e gli spigoli non subiscono diverse o maggiori sollecitazioni, a meno che non
interagiscano cause esterne come una spinta laterale, che inducano a una rotazione del
paramento, spezzando gli spigoli.
Tale rifinitura appare particolarmente marcata, come è altrettanto evidente la fria-
bilità e la porosità della pietra utilizzata, che durante la squadratura dei blocchi avrà
certamente causato lo sfaldamento e la frattura degli spigoli vivi. Inconveniente supe-
rabile facilmente e con minor spreco di pietra, ritagliando gli angoli con strumenti
maneggevoli e precisi, come lo scalpello e successivamente la lima.
La cura e la precisione nel taglio delle smussature evidenziano l'uso della squadra,
dimostrato dalle misure costanti sia dell'apertura dell'angolo, sia delle dimensioni
della fascia perimetrale.
Inoltre, la continuità lineare delle tracce di lavorazione sul paramento prova una
lavorazione effettuata successivamente all'allettamento di ciascuna assisa, eseguita
prendendo come riferimento l'anathyrosis del piano di attesa. Dopo aver sistemato
una seconda assisa, sarebbe stato sufficiente ritagliare la pietra eccedente del margine
inferiore dei conci con colpi vibrati obliqui, dall'alto verso il basso, facendo coincide-
re gli spigoli. Analogo procedimento avveniva sui giunti verticali.
Sul paramento interno la smussatura appare identica sui margini di molti conci,
ma l'apparecchiatura irregolare, con le assise sfalsate, avrebbe richiesto un lavoro in-
dividuale per ogni blocco, per questo appare più raramente.
Un secondo tipo di rifinitura dei conci consiste nella combinazione della smussa-
tura angolare con fascia perimetrale evidente e riquadro centrale bugnato. Essa appa-
re ッエオセ。イーウ nel tamponamento delle brecce e nel muro a pettine, eseguiti in una fa-
se postenore.
Questo tipo di lavorazione è assegnato da studi precedenti a una fase cronologica
più tarda. Tuttavia, la combinazione dei margini smussati e del pannello bugnato
compare già sugli stipiti della porta (G), che non mostra segni di rifacimenti più tardi
e, isolatamente, sia sulle assise inferiori della cortina esterna sia su quella interna,
mentre è impiegata in modo sistematico sui tamponamenti posteriori delle brecce e
sul muro a pettine 17.
Le cortine mostrano chiaramente le tracce dell'abbozzo della fascia perimetrale
eseguita sui conci già allettati. Quando le assise sono orizzontali, i segni lasciati dagli
utensili appaiono come trascinati sui contigui elementi lapidei, i bugnati seguono una
linea continua e omogenea, illistello mantiene una larghezza costante.
Nel caso di assise interrotte da denti o zeppe, l'ordine del lavoro seguiva sostan-
zialmente quello sopra descritto, anche se era reso complicato dalla mancanza dell'o-
rizzontalità dei filari, che costringeva alla rifinitura individuale di ogni blocco e, quin-
di, spesso, all' esclusione della lisciatura finale.
Di conseguenza la presenza della combinazione dei margini smussati con listello e
riquadro centrale bugnato indicherebbe semplicemente un'incompletezza di lavora-
zione, che di per sé non giustifica cronologie diverse, ma piuttosto denuncia un' ese-
cuzione frettolosa dei paramenti. Per questo motivo non si può giustificare una se-
quenza cronologica fondata sulla presenza di questo per così dire "pseudobugnato",
perché le differenze non sono tecnologiche, ma tipologiche, quindi non necessaria-
mente legate a una cronologia diversa 81 .

81 IJ bugnato propriamente detto, largamente ben accostati, spesso senza listeUo, con smussatu-
presente nelJe mura eUenistiche, ha Je caratteristi- ra verticaJe allo spigolo di salienti o bastioni. Gli
che di un cuscino prominente, delineato da spigoli esempi sono infiniti, specie nel Peloponneso, dove
142 MARIA MILVIA MORCIANO

Naturalmente la ricucitura delle brecce segna di per sé un momento successivo,


che può essere datato in modo assoluto in base al riscontro con le vicende storiche,
nell'ambito ristretto dei limiti cronologici compresi tra l'età più probabile delle mura,
quella timoleontea, e la distruzione del 282 a.c. Datazione in qualche modo obbliga-
ta, quale ultimo evento che vide Gela impegnata in eventi bellici e non perché siano
individuabili sulle murature nuove maniere costru ttive, che oggettivamente possano
indicare periodi diversi.
A proposito delle brecce, l'osservazione del punto di giunzione tra i due momenti
costruttivi ne chiarisce le cause: non sono riscontrabili tracce di una successiva risiste-
mazione delle fondazioni e del piano roccioso; l'assisa di fondazione appare continua
e omogenea, senza tracce di rimaneggiamenti. E' evidente che il crollo interessò solo
lo spiccato. Questo esclude la possibilità di un dissesto del terreno nell' area, mentre
fornisce prova decisiva di una distruzione per sfondamento, causata da macchine bel-
liche, come sosteneva già l'Adamesteanu e ora Dieter Mertens 82 •
L'osservazione assidua delle mura nei vari periodi dell'anno e in rapporto alle di-
verse incidenze della luce mi hanno permesso di notare particolari trattamenti delle
superfici, lavorate con colpi vibrati di taglio, che delineano ordinati nastri orizzontali,
obliqui a chevrons e, sul muro a pettine, singolari fasce di linee sottili a formare ellissi
intrecciate, estese su tutto il paramento, dal basso in alto.
I segni incisi sui blocchi, che possono essere marchi di cava o di montaggio, non
compaiono con frequenza tale da far pensare ad un loro ricorso metodico, diversa-
mente che in altre fortificazioni coeve, come nella vicina Vassallaggi o a Leontinoi.
Certo non si può escludere, nel caso dei segni di cava, la loro erasione durante il lavo-
ro di rifinitura sulla faccia dei conci, come non è nemmeno da dimenticare la possibi-
lità che i blocchi siano stati marcati con semplici pennellate di colore. Questi segni
appaiono in numero assai limitato e non dimostrano un particolare criterio dispositi-
vo; alcuni possono essere casuali, come alcuni, X, A, H, E. Più coerenti sembrano tre
segni a forma di T coricato e un セN Essi appaiono netti, lavorati con uno strumento a
punta fine e concentrati su un'area ristretta, ai lati cioè di un gomito delle mura meri-
dionali (14.E.a). Questo punto, assai delicato, fu costruito con particolare attenzione,
anche con elementi lapidei sagomati e zanche. Per questo motivo è possibile che du-
rante la costruzione i blocchi venissero numerati o marcati per indicare la posizione
esatta della loro messa in opera 83 .

Le cortine in crudo
La fragilità delle cortine in mattoni crudi ha richiesto misure di protezione parti-
colarmente impegnative. Gl'interventi più massicci e allo stesso tempo più delicati so-
no stati riservati alla soprelevazione in mattoni crudi, negli anni '60 e risolti mediante

le fonificnioni sono costruite con pietra di qua- soletta di copertura sul crudo o i pilastri di soste-
lità resistente e poco friabile, molto adatta a que- gno in cemento. MERTENS 2000, p. 320.
sto tipo di lavorazione. 83 RICl-lTER 1885, pp.3-51 costiruisce uno dei
82 ADAMESTEANU 1957, p. 43, attribuisce le primi tentativi di spiegare la funzione dei marchi
brecce aJl'arracco di Agatocie nel 317 a. c.; di cava. V. inoltre: MARTIN 1965, p. 222-25; A.K.
KARl.SSON 1992, p. 108, a un collasso naturale. A ORLANDOS 1955; ID 1966.p. 84-7; BESCI-II 1969, P
questo proposito, si vuole richiamare l'attenzione 426; GUARDUCCI 1974, p. 379; BESSAC - LERICHE
sull'entità e l'andamento delle lesioni presenti sul 1992, p.76. Per la distinzione terminologica tra i
paramento, che non intaccano le fondazioni. Esse vari tipi di marchi (di cava, d'imprenditOre, di
sono recenti, perché interessano spesso anche le montaggio, di muratore): GINOUVEs - MARTIN
strutture moderne. Le cause sembrano, quindi, 1985, p. 123.
imputabili al peso delle opere di restauro, come la
GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 143

una fodera di lastre di vetro temperato, fissate alla stru ttura con perni in lega, che l' at-
traversano tenendola compatta 84 .
Per limitare i danni provocati dagli agenti esterni, in particolare delle acque me-
teoriche e dei venti, l'intero percorso murario è stato ulteriormente coperto da una
tettoia in ondulex fissata al suolo da tiranti d'acciaio, assicurati a piattaforme interra-
te. Essa è stata rimossa nel 1982 e sostituita da una copertura aderente in cemento. Lo
stesso materiale è stato impiegato per colmare le lacune presenti nella tessitura di
mattoni, specie sul versante orientale, dove la cortina raggiunge l'altezza massima, in-
tegrata o sostenuta da tamponamenti e pilastri.
Tale operazione è stata eseguita con interventi che hanno intaccato parti della
struttura, come tagli dei blocchi lapidei e dei mattoni crudi per far aderire maggior-
mente i cristalli, la pesante copertura di cemento, i perni passanti. Le specie vegetali
proliferate al di sotto dei vetri, con le radici affondate nel mattone, ne hanno favorito
il degrado, come anche la nidificazione di alcune specie animali. Per questi motivi l'a-
spetto del coronamento in crudo, così come si presenta oggi, è difficilmente leggibile
e talvolta irrimediabilmente compromesso, specie dove più pesante è l'uso del cemen-
to o l'inserimento nella cortina di mattoni crudi o cotti moderni. In queste condizio-
ni, è assai arduo condurre un'analisi della tessitura muraria, sia nelle caratteristiche
formali, sia nella individuazione delle diverse fasi cronologiche. Tuttavia, l'osserva-
zione attenta delle vecchie foto di scavo, che mostrano una situazione ancora non in-
quinata dai successivi e ripetuti lavori di restauro, risulta particolarmente utile.
L'allettamento dei mattoni seguiva corsi regolari, legati da argilla e sabbia di colo-
re scuro e forse ricoperti da un'intonacatura di colore ross0 85 .
Le cortine di mattoni racchiudevano generalmente strati regolari di terra pressata,
tranne che nel settore meridionale, dove tutto lo spessore del muro è costituito da
corsi ordinati di mattoni crudi. Le dimensioni dei mattoni sono vicine a quelle del
pentadoron, unità di misura ricordata da Vitruvio e Plini0 86 . I dati a disposizione non
ci permettono di individuare sul coronamento le due diverse tecniche, tranne che nel-
la porzione di mura isolata dalla baracca in lamiera, nel tratto 5, dove si riconosce la
prima e per la seconda nel punto 14, dove un grande crollo ha sfogliato il muro in
profondità, mostrando i successivi strati di mattoni.
Sono riconoscibili i resti della merlatura nel versante orientale delle mura, presso
il bastione 87 .
Spunti di riflessione sono forniti dall'analisi del passaggio dalla cortina lapidea a
quella del coronamento in mattoni crudi con discontinuità incomprensibili per un
muro progettato con la combinazione dei due materiali che, sommate all'inusuale al-
tezza del presunto zoccolo in pietra e in modo particolare alla chiusura della scala
d'accesso al camminamento di ronda, inducono a considerare alcune ipotesi.
Una delle osservazioni che spesso è stata avanzata sulle mura d i Gela riguarda l' al-
tezza considerevole della parte lapidea, spesso oltre i 3 m., decisamente troppo alto
per assolvere alla sola funzione di zoccolo isolante dell 'alzato in crudo.

84 Il restauro fu curato negli anni '60 dall'archi- argilla 0,01 m. NEUTSCI-I 1954, p. 644. GRIFFO
tetto Franco Minissi dell'Istituto Centrale per il 1953, pp. lO sgg. Per una documentazione sull'uso
restauro di Roma. dei mattoni crudi: ORLANDOS 1966, pp. 51 e sg.;
8, Individuata in una piccola porzione residua MARTIN 1965, p. 46 e sgg. V. anche ADAìvl 1989,
nel settore più orientale delle mura, GRIFFO 1995, pp. 62-65, LERICI-lE - CALLOT 1986, pp. 291-2. In
p.25. Sicilia: SdS, pp. 79-80, p. 402-03; MARTIN 1965,
86 Vitr. De Areh. II 3,4; Plin. N.h. XXXV 170, pp. 46-63 e sg.
mattone quadrato di 5 palmi di Jato (m. 0,375). Le 87 L'intervallo tra i merJi è di m. 2,30; la larghez-
misure dei mattoni di Capo Soprano corrispondo- za di m. 1,60, l'altezza di m. 0,55-0,70, NEUTSCH
no a m. 0,40 x 0,40 x 0,08; lo spessore dei letti di 1954, p. 644.
-
144 MARIA MILVIA MORCIANO

La tecnica mista, con la combinazione dei due materiali, non è nuova in Sicilia e in
Magna Grecia: si riscontra, tra l'età classica e quella ellenistica, anche a Mozia, Era-
clea Minoa, Camarina, Reggio, a Velia e Locri. Tuttavia, in ciascuno di questi casi l'al-
tezza dello zoccolo è molto più ridotta e comunque la fascia di crudo giace su un pia-
no perfettamente orizzontale, mentre il plinto delle mura gelesi risulta molto alto Rs •
E' opinione diffusa che nel coronamento di mattoni crudi si possano distinguere
tre diverse fasi cronologiche: la prima contemporanea alle mura in pietra di Timo-
leonte, mentre la seconda e la terza sarebbero successive soprelevazioni, databili tra
l'epoca di Agatocle e il282 a.c., anno in cui Gela venne distrutta s9 .
La linea di raccordo tra pietra e crudo è discontinua, assolutamente priva di coe-
renza per una struttura prevista ab origine in questa tecnica. Alla luce di tali osserva-
zioni risulta maggiormente plausibile considerare le mura progettate per essere co-
struite solo in pietra. Sul motivo che ha provocato il cambio di materiale c'è da chiari-
re se sia stato causato dalla necessità di accelerare i tempi di costruzione su fortifica-
zioni non ancora terminate, magari in vista di un pericolo bellico vicino, oppure di un
restauro successivo a una distruzione.
E stato osservato come a partire dall'epoca ellenistica le fortificazioni costruite
I

interamente in pietra prevalessero su quelle in mattoni crudi: spesso l'uso di questi


ultimi avrebbe avuto carattere provvisorio, imposto da un'improvvisa necessità di af-
frettare il lavoro. Negli esempi noti e in casi analoghi, il setto murario in mattoni cru-
di si ammorsa a quello in pietra per tutta l'altezza del muro, quasi fin dalle fonda-
menta perché, come si è visto, la costruzione avveniva per segmenti successivi, segnati
da ciascun cassone dell' emplekton 90 .
Nel caso delle mura di Gela il mattone crudo si sovrappone alla linea delle mura
in pietra prolungandole in altezza, sacrificando addirittura le scale di accesso al cam-
minamento di ronda. I blocchi a contatto con il mattone crudo sono particolarmente
danneggiati e fratturati, fatto strano per un muro che in generale si è conservato piut-
tosto bene nelle assise inferiori. Molto spesso appare chiara una loro risistemazione
da un crollo, a causa di una certa incoerenza nella posizione stessa, ma anche nella
mancanza delle linee trascinate e continue tra i blocchi accostati, ovvero delle tracce
della rifinitura delle superfici che, come avviene normalmente nel resto del muro, se-
gnavano il momento finale della lavorazione. In corrispondenza delle brecce non si
notano sulla fascia in mattoni crudi uguali ricuciture del paramento, che possano in-
dicarne il restauro. Se si avvallasse la possibilità di una fortificazione in pietra incom-
piuta e terminata successivamente con l'aggiunta dei mattoni in crudo, resterebbero
da spiegare, oltre che i segni di uso e di danneggiamento sulla conina in pietra, anche
le brecce, lo smantellamento della porta G e infine la linea di raccordo tra mattoni e
pietra discontinua, non perfettamente orizzontale.
In pratica, l'ipotesi più probabile è che la soprelevazione faccia parte di un restau-
ro che coinvolse il tamponamento delle brecce e l'innalzamento della conina. L'intero
coronamento in crudo apparterrebbe così a una fase posteriore, immediatamente suc-
cessiva all'occlusione delle brecce, quando eventi bellici resero di nuovo necessarie le
fortificazioni, probabilmente dopo l'assalto di Agatocle.

88 ADAMESTEANU 1986, pp. 105-10. Un quadro pp. 30, tav. VIII, l.


completo in TRÉZINY 1986, pp. 185-200, con bi- 89 ORLANDINI 1957, p. 172; ADAMESTEANU
bliografia relativa per ogni centro. Per Mozia, in 1957 1, p. 43.
panicolare su un tratto scavato di recente nel qua- 90 GARLAN 1974, p. 263, n. 3; BESSAC- LERICHE
drante nord - est del circuito murario, si veda la 1992, p. 75 propone l'esempio delle fortificazioni
ricostruzione della cortina, con i rapporti tra pane di Doura-Europos, interrotte nella parte in pietra
in pietra e parte in mattone crudo: CIASCA 1993, e continuate in mattoni crudi.
I Il 1

GELf\. OSSERVt\ZIONI TECN1CA COSTRUTTIVA FORTIF1CAZION] CAPO SOl'RANO 145

Una fase ulteriore, successiva alla prima soprelevazione, è visibile nella chiusura
della merlatura con nuovi mattoni crudi di colore più cupo.
La fascia terminale di mattoni crudi, oggi sostenuta da pilastri di cemento (14-
16), è stata interpretata come un'ultima soprelevazione, fondata direttamente sulla
sabbia, in sostituzione della fortificazione sottostante, ormai completamente insab-
biata 91 .
Individuare le fasi cronologiche delle strutture in crudo è certamente problemati-
co, specie se affidate solo all'analisi limitata ai moduli dei mattoni o delle differenze
cromatiche 92 , ma mi chiedo se l'interruzione nella cortina non si possa ricondurre
piuttosto a cause naturali.
Le acque meteoriche, non più regi menta te dalla città in abbandono, defluendo natu-
ralmente verso il mare, incontravano la barriera delle mura, a livello dei mattoni cru-
di, determinando un processo di erosione nel caso che fosse emersa parte del muro,
quella ora sostenuta dai pilastri di cemento. I vuoti prodotti sarebbero stati quindi
riempiti da infiltrazioni di sabbia.
Nel caso, invece, del muro integralmente interrato si sarebbe verificato un feno-
meno di sifonamento, analogo al precedente, ma sotterraneo.
N e consegue che la presunta terza soprelevazione sarebbe la stessa che ha occluso
la merlatura sul contiguo tratto 14. Infatti, le quote di quest'ultima e della linea infe-
riore della fascia in crudo sostenuta dai pilastrini di cemento coincidono.
Queste riflessioni non intendono escludere a priori la possibilità di un'ulteriore
terza soprelevazione, piuttosto vogliono evidenziare le difficoltà e le ambiguità che
impediscono un'analisi oggettiva in questo tipo di materiali, perché ricostruzioni e
restauri si sommano alle strutture più antiche, saldandosi ad esse in un insieme com-
plesso e difficilmente leggibile.
Le successive soprelevazioni sarebbero state causate dal processo di insabbiamen-
to, che in tempi piuttosto ridotti avrebbero raggiunto il filare più alto in pietra. Que-
ste affermazioni verrebbero dimostrate dal ritrovamento dei materiali, ben distinti nei
vari strati sul lato esterno delle fortificazioni ma non su quello interno; contraddizio-
ne spiegata dal fatto che la sabbia avrebbe colmato prima la cortina esterna, rove-
sciandosi all' interno alla fine 9}.
Non è chiaro quale estensione avesse l'insabbiamento lungo il perimetro delle
mura: se ridotta a una sola porzione o a tutta la cortina meridionale. Quest'ultima
ipotesi mal si concilia con le fasi costruttive successive riscontrate nelle fortificazioni.
Se tutto il muro in pietra fosse stato insabbiato, le chiusure della porta e della po-
stierla non avrebbero avuto senso, né si comprenderebbe la costruzione delle torri e
tanto meno il tamponamento delle brecce. Inoltre, sul piano ergonomico, una rico-
struzione avrebbe certamente comportato maggiore lavoro rispetto a periodici inter-
venti di manutenzione e pulizia.
L'ipotesi dell'insabbiamento può essere accettata per l'angolo formato con il ba-
stione, giustificato anche dalla costruzione del muro a pettine, su un livello superiore
di circa 3 m. Si comprenderebbe allora come la maggiore altezza raggiunta dai matto-

91 ORLANDINI, ibid. Anche lo studio dei moduli risulta insufficiente.


92 BESSAC - LERICI-IE 1992, pp.75-81 notano che Informazioni affidabili sono fornite principal-
le costruzioni in mattoni crudi non richiedevano mente dallo studio dei materiali ceramici contenu-
una particolare specializzazione della mano d'o- ti nei mattoni crudi.
pera, così come la composizione dei mattoni pote- 93 Secondo l'ORLANDlNI 1957, pp. 71-2, il feno-
va variare facilmente, impedendo la possibilità di meno si sarebbe verificato intorno a] 310 a. c., a
effettuare distinzioni cronologiche attendibili. circa un ventenni o dalla costruzione deJle mura.
146 MARIA MILVIA MORClANO

ni crudi, in corrispondenza di questo tratto, fosse stata imposta dalla necessità di ele-
vare la cortina ormai sacrificata 94
Comunque, anche altri motivi avrebbero reso necessaria la soprelevazione. Le tec-
niche d'assedio si erano evolute, dall'inizio del IV secolo a.c., grazie al perfeziona-
mento delle catapulte, che avevano notevolmente potenziato la capacità di gittata, e
all'altezza delle torri d'assedio. Conseguentemente, le fortificazioni ellenistiche rag-
giunsero altezze superiori 95 •

Il muro a pettine
Sullo spigolo orientale delle fortificazioni si appoggia il muro trasversale 17.
Fondato direttamente sulla sabbia, a un livello superiore, circa 3 m., rispetto a quello
delle strutture più antiche è chiaramente un'aggiunta posteriore 96 •
Tuttavia, pur nei limiti imposti da fasi molto ravvicinate, distribuite in un breve
arco di vita delle mura, vi sono alcune difficoltà ad accettare una contemporaneità del
muro a denti con la soprelevazione in crudo. Un muro di fattura così accurata mal si
concilia con la scelta della ricostruzione in crudo. Inoltre, le caratteristiche dell' am-
morsamento dei blocchi con i mattoni dimostrano chiaramente la preesistenza dei
primi rispetto ai secondi. Per questo motivo, sarei propensa a considerare il muro a
pettine un'aggiunta alle mura quando queste erano ancora tutte in pietra e anteriore,
quindi, alla soprelevazione in crudo.
Esso è stato interpretato come un protéichisma 97 in analogia ai numerosi esempi
siciliani, riconosciuti in quei muri paralleli e avanzati rispetto alla linea delle mura ve-
re e proprie, spesso associati a fossati O a torri 98 .
Gli esempi riconosciuti come tali a Selinunte e Siracusa non presentano i con-
trafforti che caratterizzano la struttura di Capo Sopran0 99 .
Il Griffo presume che questo muro fosse colmato da un terrapieno e con gli ele-
menti necessari a ridurre la spinta del terreno 100 . In relazione a un passo di Filone,è
stata avanzata anche l r ipotesi che i denti del muro servissero come sostegno di un
camminamento di legno rimovibile 101 .
Il lato interno della cortina non è accurato: esso presenta una superficie irregolare,
con sporgenze e rientranze a seconda dello spessore dei conci, per cui sembra difficile
che essi fossero destinati a rimanere a vista. Il muro maestro, sebbene sostenuto dai
denti, presenta uno spessore limitato, pari a quello di un concio 102 , che non avrebbe
potuto opporre una solida resistenza alle offensive nemiche.
La barriera, rafforzata dall'aggere interno, avrebbe chiuso lo spazio antistante fino
allo strapiombo della falesia, rendendo superfluo il prolungamento delle fortificazio-
ni lungo il versante costiero. Il terrapieno interno, inoltre, avrebbe potuto fungere da
piattaforma di lancio per le macchine belliche, analogamente alle torri in mattoni cru-
di F1 ed F2.

94 ORLANDINI, ibid.; ADAMESTEANU 1957 1, p. 43. 99 In generale, KARLSSON 1992, passim. MER-
95 MARSDEN 1969, passim; WINTER 1971, p. 112; TENS 1990.
GARLAN 1974, pp.158 e sgg. 100 GRIFFO 1949, pp. 13-4.
96 Il muro è conservato per una lunghezza di m. 101 Philo, 1,15-17; KARLSSON 1989, p; 82;
32; l'altezza massima è di m. 3,70; Lo spessore alla KARLSSON 1992, p.82. Sul termine l KplCi, sui pro-
base è in media di m.1; sulla sommità è di ffi. 0,70. blemi legati all'interpretazione del passo e alla ri-
Esso curva leggermente a partire da m. 17 da nord. costruzione dci tipo di struttura: WINTER 1971,
97 ORLANDINI 1956, p. 172. ADAMESTEANU pp. 143-148; GARLAN 1974, pp. 345-48; LAWREI'-
1957 1, p. 43. CE 1979, pp. 347 e sg.
98 WINTER 1971, pp. 275 sg. LAWRENCE 1979, p. 102 Circa 0,60-0,70 m.
275 e sg.
a

GELA. OSSERVAZIONl TECNICA COSTRUTTIVA FORTIFICAZIONI CAPO SOPRANO 147

L'addizione di strutture di questo tipo sarebbe risultato indispensabile: il cammina-


mento di ronda delle mura infatti, non molto largo 103, pur ampliato da possibili e ulteriori
ponteggi lignei, non avrebbe potuto sopportare grandi pesi, né consentire libertà di movi-
mento. Il muro a pettine ricorda puntualmente, anche nelle proporzioni, la descrizione di
Vitruvio delle anterides: muri di sostegno, rafforzati dalle erismae o contrafforti 104 .

Gli ingressi
Due ingressi si aprono su questo braccio di mura: il primo è una porta (G), con-
servata negli stipiti laterali; il secondo è una postierla in perfetto stato di conservazio-
ne (C) (Figg. 4-5, 7-9).
Probabilmente la zona di Capo Soprano rimaneva piuttosto marginale, rispetto
all' asse viaria principale che, seguendo la linea della grande platèia centrale, su cui si
innestava la maglia urbana, era spostata più a nord, in corrispondenza dell'attuale
Corso Vittorio Emanuele. E' quindi in corrispondenza di questa strada che andrebbe
localizzata la porta occidentale più importante, in prossimità di via dello Scavonel05 .
Peraltro, ho potuto individuare tracce di questa via, ben visibile nelle foto aeree, an-
che in ricognizione, per quanto sia rimasto ben poco, ormai invaso dalle costruzioni
moderne, sorte in questo punto.
In questa zona, dunque, si situavano accessi secondari, dei quali, almeno per ora,
sfuggono i rapporti con la maglia urbana. La zona era difficilmente accessibile anche
per il pendio scosceso che delimitava la collina e inoltre non appaiono sulla soglia
della porta i segni di carreggiata, come sulla postierla non si riscontrano segni d'uso.
Questi ingressi furono chiusi per motivi di sicurezza con un tampone di mattoni
crudi, pietrame e terra o blocchi squadrati. La chiusura della postierla non fu certo af-
fidata al solo diaframma di mattoni crudi, che sarebbe risultato debole. Al momento
dello scavo venne trovato un ammasso di pietrame a riempire tutto il vano interno, si-
mile a quello che ostruiva la porta G, quest'ultima visibile in una foto subito successi-
va agli scavi 106 • E' probabile che anche la porta avesse sul lato della cortina esterna
una chiusura in mattoni crudi analoga a quella della postierla. Il crudo, infatti, rinfor-
zato all'interno da pietrame e terra e infine dai blocchi ben connessi a ricucire il para-
mento murario verso la città, offriva il vantaggio di assorbire meglio possibili tentati-
vi di sfondamento da colpi di ariete.
Ingressi murati, soprattutto postierle, sono frequenti nelle fortificazioni antiche.
In Sicilia, ad esempio, si trovano a Selinunte, Camarina e a Siracusa 107. Enea Tattico
consiglia di chiudere le postierle in modo da riaprir1e all 'improvviso e, approfittando
della sorpresa, fare incursioni sui nemici 108 •
L'uso dei mattoni crudi nella postierla non lascia dubbi sulla contemporaneità tra
occlusione dell'ingresso e soprelevazione. Stessa cosa per la porta G: al di sotto dei
blocchi di chiusura sono stati notati resti di crudo e i mattoni stessi del coronamento,

103 MERTENS 2000, pp. 320-21. l'altro presenta stipiti analoghi, con conci rifiniti a
104 Vitr., De arch., VI, 16, 5. La lunghezza dei listello e bugnato piano. Accurati scavi stratigrafi-
muri traversi corrisponde a quella dell'altezza del ci permettono di riscontrare analogie nei riadatta-
muro nel punto accostato alla cortina che sembra menti di porta e postierla delle mura di Palermo, a
verosimilmente quella originaria (in media m.2- Palazzo dei Normanni, CAMERATA SCOVAZZO
2,20); lo spessore equivale a quello del muro a cui 1990, pp. 95-104, anche se la diversità di ambiente,
si allacciano (in media m. 0,75). Sull'argomento l'anticipazione cronologica rispetto alle mura ge-
GIULIANI 1990, pp.112-18. lesi di un secolo e le fasi ricostruttive successive
10S GRIFFO 1954, p. 19. pongono problematiche diverse. Per Selinunte:
106 ORLANDINI 1956, fig. 5. MERTENS 1989, p. 99.
107 WINTER 1971, p. 250. A Camarina, che tra 10S Aen. Tact., Poliorketika XXIII 4.
148 MARIA MILVIA MOReIANO

al momento della scoperta, sporgevano oltre il filo dello stipite sinistro 109 . Questi ele-
menti suggeriscono una chiusura dell'ingresso contestuale alla soprelevazione nel di-
verso materiale, esteso anche a coprire il riempimento all'interno del vano. A questo
proposito, si noti che le assise più alte sono interrotte in prossimità della porta sia sul
lato esterno meridionale, sia su quello interno a nord. Potrebbero essere state aspor-
tate per livellare i muri esterno e interno, stipiti destri e sinistri, in modo da facilitare
la chiusura della porta e la soprelevazione in crudo. Inoltre, nelle vecchie foto di sca-
vo sono visibili chiare tracce di mattoni crudi, stesi proprio sopra la congerie di pie-
trame e terra e sui blocchi di chiusura della porta 11O .
Queste osservazioni, già esposte nel paragrafo descrittivo delle mura, proverebbero
lo smantellamento della porta C, la sua messa fuori uso mediante la chiusura dell'in-
p-esso con blocchi squadrati e pietrame, seguiti dalla soprelevazione in mattoni crudi.

Le torri
Conservate solo a livello delle fondazioni, sono state riconosciute alcune torri.
Due (Fl-F2) sarebbero agli angoli della testata occidentale delle mura, lungo la quale
si apriva la porta" G". Esse avrebbero sostituito torri precedenti di dimensioni più
piccole e sarebbero interamente in mattoni crudi, a pianta rettangolare molto allunga-
ta e aggettante 1l1 . Sono visibili i resti di una sola, parzialmente coperta da F2, a sud
della porta, con fondazioni ad apparecchio regolare di conci ben connessi ll2 .
Purtroppo i dati a disposizione non sono sufficienti per condurre un qualsiasi tipo
d'analisi. Attualmente, le presunte torri in mattoni crudi sono coperte e contornate da
mattoni moderni. Il termine di torri potrebbe anche risultare improprio, perché non
sembra, da quel poco che è possibile osservare, che vi sia una tessitura regolare di matto-
ni veri e propri. E' probabile che si tratti di semplici accumuli di crudo. Per le caratteri-
stiche di coesione naturale essi potrebbero essere stati gettati ai lati della testata a forma-
re alti terrapieni artificiali, per potenziare le capacità di resistenza del muro agli spigoli. Il
crudo assorbe assai meglio, infatti, i colpi d'ariete o i proiettili lanciati dalle catapulte.
Una quarta torre è stata riconosciuta nella piccola costruzione quadrangolare sul
lato della postierla, E.2. Tuttavia, non ci sono sufficienti elementi per identificarvi una
torre, anche per la presenza dei due blocchi di pietra, quali possibili stipiti, lungo illa-
to est, che potrebbero indiziare un ingresso. Lo zoccolo di ciottoli e piccole schegge si
appoggia semplicemente alla risega di fondazione delle mura: si tratta di una costru-
zione posteriore, che potrebbe essere anche una semplice abitazione o un ricovero.
Quest'ultima ipotesi verrebbe avvalorata dal rinvenimento, durante gli scavi 1995-'96,
di una piastra in argilla con larghe tracce di bruciato, evidentemente un piano di cottu-
ra, e da alcuni frammenti di cucina e anfore.

Scale di accesso al camminamento di ronda


I camminamenti di ronda (paròdoi) divennero particolarmente importanti nelle
fortificazioni del IV sec. a. C. L'introduzione delle catapulte rese necessari alti para-
petti che potessero proteggere coloro i quali combattevano sugli spalti delle mura, e
vennero introdotte scale d'accesso in pietra, sostituendo quelle in legno l13 .

109 NEUTSCH 1954, p. 645; TUSA - DE MIRO 112 La sporgenza sul filo delle mura è di m. 4,65,
1986, p. 222. In particolare, ORLANDINI 1956, mentre la larghezza superstite è di m. 4.
fig.5. 113 Tra l'altro esse si trovano sempre presso le
110 ORLANDIN1, ibid. torri, come a Gela in corrispondenza dei salienti.
111 Entrambe con misure di m.11,50 x 6. ADA- LAwRENCE 1979, p.345 e sg.; WINTER 1971, pp.
MESTEANU 1965, p. 57. 138-151,149 e sg.; GARLAN 1974, pp. 263- 268.
Il'·-

GELA. OSSERVAZIONI TECNICA COSTRUTlWA FORTIFfCAZIONI CAPO SOPRANO 149

A Gela, la soprelevazione in mattoni crudi chiuse l'accesso al camminamento di ron-


da presso la postierla. Forse, oltre che per 1'esigenza di accelerare la ricostruzione del-
le mura, si rinunciò alle scale in pietra perché potevano rivelarsi pericolose nel caso di
una penetrazione del nemico entro la cerchia muraria; quelle in legno, al contrario,
potevano essere rimosse facilmente isolando porzioni di mura l14 .
Dieter Mertens ha ricostruito in modo esemplare e convincente le caratteristiche e le
dimensioni del camminamento di ronda e dell' epalxis, risalenti alla prima fase delle
fortificazioni gelesi, pertanto rimando la trattazione di questo aspetto al suo lavoro,
pubblicato di recente l15 .

Scarichi fognari
Sulle cortine di Capo Soprano si aprono quattro scarichi fognari (M.l, M.2, M.3 e
M.4): il primo sul lato nord - occidentale, gli ultimi tre su quello meridionale 116 .
Gli assi tracciati dal prolungamento degli sbocchi M.2 e M.3 non sono perfetta-
mente paralleli ma divergono leggermente. La distribuzione degli scarichi fognari è
molto importante ai fini della ricostruzione urbanistica; infatti, la loro posizione è in
grado di suggerire l'andamento e la scansione degli assi stradali l17 . Quelli tra M.3 e
M.4 si vanno ad incontrare formando un triangolo. L'asse di M.l taglia M.2 e M.3 e
va a coincidere con lo sbocco M.4.
Quello della postierla C è parallelo a M.2, quello della porta G, parallelo invece ai
tratti 1-3 delle mura sul versante nord-occidentale e alle cosiddette caserme, incontra
sul suo percorso tutti i prolungamenti.
Manca purtroppo una pianta dei quartieri occidentali rinvenuti in questa zona, al-
lo stato attuale della documentazione non è possibile poter determinare i rapporti in-
tercorrenti tra cinta muraria e tessuto urbano. Tuttavia le distanze reciproche tra gli
sbocchi fognari se pure non uguali, mantengono una cadenza regolare che non an-
drebbe trascurata negli studi futuri di ricostruzione urbanistica.
La caratteristica costruttiva degli sbocchi fognari evidenzia l'accuratezza della co-
struzione. Le spallette poggiano su due blocchi aggettanti allettati nel verso della te-
sta, che dovevano servire ad evitare che le acque meteoriche si spandessero a ridosso
delle mura (Fig. 14). Il canale è leggermente strombato verso l'esterno. Sono visibili
tracce di alloggiamenti per grate metalliche.

Conclusioni
L'analisi fin qui condotta permette di distinguere le diverse fasi costruttive:
1. costruzione delle fortificazioni, progettate interamente in pietra con la torre E.l;
II interramento naturale (dune) o artificiale di 15 e 16; aggiunta del muro a pettine
sul versante occidentale, avvenuta anche in un momento abbastanza vicino a quello
delle mura, probabilmente contemporaneamente alla costruzione del tratto 8 che pre-
senta fondazioni a gradoni e quota simile a 17;
III crollo di porzioni del tratto 13 e conseguente caduta dei blocchi del paramento
sul lato esterno Il, fuori piombo di lO e 12. Le cause sono dovute con ogni probabi-
lità ad attacchi bellici.

114 WINTFR 1971, p.143 in riferimento a un passo 115 MERTENS 2000, pp. 320-21.
di Filone (v. 5upra, n. 101), spiega che gli 'flepw. sa- 116 La distanza sul versante esterno delle mura
rebbero sostegni lignei, utilizzati per allargare i tra M.2 ed M.J è di m. 28,55, m. 35,70 su quello
camminamenti di ronda, talvolta piuttosto stretti (al interno; tra M.J ed MA la distanza è m. 33,45 sul
propositO vengono citati quelli delle fortificazioni lato esterno e di m. 28,40 su quello interno.
di Eraclea Minoa, di circa m. 1- 1,10 di spessore). 117 TRÉZINY 1992, p. 66.
150 MARIA MILVIA MORCIANO

IV occlusione della breccia 13 e tamponamento di Il. Sopraelevazione delle mura


con i mattoni crudi, muratura degli ingressi (porta G e postierla C) e messa fuori uso
della scala di accesso al camminamento di ronda B2.
IV costruzione delle due torri rettangolari (o accumulo di rinforzo agli spigoli
delle mura) in crudo Fl e F2.
V seconda soprelevazione in crudo.
VI costruzione della fornace H.
VII spoliazione delle mura sui tratti 1-4.
La torre quadrangolare E.2 andrebbe datata almeno alla II fase, perché non compare
un segno sul paramento che giustificherebbe una costruzione contestuale alle mura ti-
moleontee. In ogni caso si tratterebbe di un edificio non funzionale alla difesa e quin-
di avulso dalle fortificazioni.
Le fasi costruttive I - V si distribuirebbero, ferma restando la datazione più proba-
bile della costruzione in epoca timoleontea, in meno di sessanta anni, dalla costruzione
ex novo, negli anni seguenti al 339 a.c., alla distruzione e abbandono di Gela nel 282
a.c. Esse rappresentano tappe obbligate entro cui si risolve la vita delle fortificazioni.
Le fasi seguenti II- V sono state distinte per segnare la successione logica dei di-
versi momenti costruttivi, ma dal punto di vista cronologico esse possono essere an-
che molto vicine.
Sembra poco verosimile che si possa individuare un cambiamento di stile nella la-
vorazione dei blocchi in età agatoclea (ricostruzione dei tratti crollati Il e 13), ovvero
in meno di venticinque anni circa.
La lavorazione dei conci ad angoli smussati, combinati con fascia perimetrale e
pannello bugnato, corrisponde a una lavorazione non finita. I conci, che tessono il
muro a contrafforti si distinguono solo apparentemente per diversità di lavorazione,
che in realtà è condizionata dalla funzione sostruttiva del muro, dall'intersezione più
regolare dei blocchi posti nel verso di testa a formare i denti e dal nuovo tipo di pietra
impiegato (calcare concrezionale). In sostanza, non appaiono elementi che oggettiva-
mente possano indicare stadi diversi della lavorazione delle superfici lapidee. Piutto- .
sto, le fasi vanno ricercate nella somma di più dati indiziari. Il crollo e la ricostruzio-
ne delle brecce segnano di per sé momenti successivi, che possono essere datati in
modo assoluto sul riscontro con le vicende storiche, nell'ambito ristretto dei limiti
cronologici sopra menzionati. La lavorazione incompiuta degli elementi lapidei nei
tratti Il e 13, la necessità di erigere 17 e forse E.2, come forse di chiudere gli ingressi,
si adattano al periodo di Agatocle semplicemente perché esso rappresenta l'ultimo
momento in cui Gela viene coinvolta da rivolgimenti bellici.

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