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Q UA D E R N I

D I A R CHE O L OG IA
Rivista annuale diretta da
Gioacchino Francesco La Torre

Comitato scientifico
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Maria Caccamo Caltabiano, Francesco D’Andria,
Ernesto De Miro, Michel Gras, Pier Giovanni Guzzo,
Dieter Mertens, Mario Torelli, Salvatore Settis

Comitato di redazione
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Caterina Ingoglia, Fabrizio Mollo, Mariangela Puglisi,
Grazia Spagnolo

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QU A DE R N I
DI A RC HE O L O G I A
A cura dell’Università degli Studi di Messina

volum e iii (n. s. ) · 201 3

PISA · ROMA
FA B RI Z I O S E RRA E D ITORE
MMXI V
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SOMM A R IO

articoli
Rocco Burgio, Architetture onorarie dell’agorà di Alesa, 1. Il monumento dei Seviri
Augustales : analisi e proposta ricostruttiva

11
Leonardo Fuduli, Inquieta marmora. I capitelli romani del Museo Regionale di Mes-
sina 47

scavi
Fabrizio Mollo, Un impianto per la salagione del pesce di prima età imperiale a Ceril-
lae (Diamante, Cosenza), lungo la costa tirrenica cosentina 75

tesi di dottorato
Marco Camera, La ceramica della facies di Licodia Eubea. Per una definizione del re-
pertorio ceramico indigeno della Sicilia centro-orientale in età arcaica 109
Cristina Genovese, I rilievi figurati dei Ninfei di Hierapolis di Frigia : il tema dell’ama-

zonomachia nella decorazione architettonica dell’Asia Minore 123

recensioni
Gianfranco Adornato, Akragas arcaica. Modelli culturali e linguaggi artistici di
una città greca d’Occidente (Gioacchino Francesco La Torre) 133
Gela-Survey. 3000 Jahre Siedlungsgeschichte in Sizilien, Hrsg. Johannes Bergemann
(Gioacchino Francesco La Torre) 139
LA CER A MICA DELLA FACIES
DI LICODI A EUBEA. PER UNA DEFINIZIONE
DEL R EPERTOR IO CER A MICO INDIGENO
DELLA SICILI A CENTRO-OR IENTA LE
IN ETÀ A RCA ICA*
Marco Ca mer a

L a ceramica della facies di Licodia Eubea costituisce uno tra gli aspetti più rilevanti
della documentazione materiale riconducibile all’ultima manifestazione della cultu-
ra indigena della Sicilia centro-orientale in età arcaica, segnata dal progressivo processo
di interazione fra le comunità autoctone e i coloni greci stanziatisi sulle coste dell’isola.
Si tratta di un’ingente quantità di ceramica, sia acroma che matt-painted con decorazione
a motivi geometrici o lineari, rinvenuta per lo più nei corredi funerari delle necropoli,
spesso l’unica traccia degli insediamenti.
Il primo tentativo di sintesi su questa classe ceramica, che costituisce la fase matura e
finale del repertorio vascolare che prese allora il nome di “ceramica geometrica sicula”
(Fig. 1), risale al 1898, ad opera di Paolo Orsi, cui si deve la definizione della relativa facies
culturale, il “quarto periodo siculo”, per la quale successivamente Luigi Bernabò Brea
avrebbe indicato Licodia Eubea come sito eponimo. 1  

Dopo l’analisi dell’archeologo roveretano, 2 alcuni significativi contributi, focalizzati


non tanto sulla classe di materiali in sé quanto su alcuni dei problemi sollevati dalla sua
scoperta, hanno mirato ad esaminare il più ampio problema della ceramica geometrica
rinvenuta nella Sicilia centro-orientale a partire dallo scorcio dell’viii secolo nell’ambito
dei contatti tra la Grecia, gli insediamenti coloniali ed i centri indigeni. 3 È invece la pub-  

blicazione di pochi, seppur rilevanti, complessi archeologici ad aver costituito l’occasio-


ne, benché con i limiti insiti nell’analisi di campioni provenienti da singoli siti, per amplia-
re notevolmente la documentazione rispetto ai tempi di Orsi e approfondire i problemi
inerenti la definizione tipologica e culturale delle singole forme vascolari ; a questi studi,  

condotti alla luce di una conoscenza sensibilmente accresciutasi delle coeve produzioni
ceramiche greche e coloniali, si devono, attraverso il controllo delle associazioni, gli ele-

*  Lo studio è l’esito di un progetto di ricerca condotto nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Scienze Archeolo-
giche e Storiche dell’Università di Messina nel triennio 2009-2011. Desidero ringraziare il Prof. Massimo Frasca per
aver seguito la ricerca in qualità di tutor ed il Prof. Francesco La Torre per l’opportunità offertami di pubblicarne una
sintesi sui Quaderni di Archeologia. Un sentito ringraziamento va ai responsabili ed al personale dei musei civici di Li-
codia Eubea e di Grammichele e del Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa, per avermi consentito
e reso possibile lo studio dei reperti lì custoditi, e al Dott. Mario Cottonaro per i dati che mi ha gentilmente fornito
permettendomi di ampliare la base documentaria. Questa non sarebbe stata altrettanto solida senza la generosa di-
sponibilità del Dott. Andrea Patanè, al momento dell’avvio del lavoro dirigente archeologo presso la Soprintendenza
ai Beni Culturali e Ambientali di Catania, a cui devo l’opportunità, in questa come in passate occasioni, di studiare
significativi complessi di materiali. Un grazie particolare, infine, alla Dott.ssa Ambra Pace, insostituibile sostegno in
ogni fase del mio lavoro.
1  Orsi 1898, pp. 346-366 ; Bernabò Brea 1953-54, pp. 200-201.

2  Al già citato studio del 1898 devono essere aggiunti : Orsi 1902 ; Orsi 1905 ; Orsi 1909.
     

3  Randall Mac Iver 1927, p. 152 sgg. ; Blakeway 1932-33, p. 180 ss. ; Åkerström 1943, p. 23 sgg. ; Villard-Vallet
     

1956.
110 marco camera

Fig. 1. Ceramiche indigene a decorazione geometrica (da Orsi 1898 ; Orsi 1900).  

menti di cronologia assoluta finora disponibili. 1 Studi recenti hanno quindi inserito le

conoscenze acquisite sulla ceramica indigena in una prospettiva più ampia, volta all’ela-
borazione di contributi di sintesi o di approfondimento su aspetti specifici relativi ai fe-
nomeni di contatto fra culture conseguenti agli incontri coloniali, facendone quindi uno
strumento di indagine storica in senso ampio. 2  

Dalla disamina della letteratura archeologica emerge l’assenza di un’analisi complessi-


va della ceramica della facies in questione che componga in un quadro organico i dati og-
gi disponibili in modo da contribuire efficacemente alla definizione dell’orizzonte cultu-
rale di cui è espressione. Prendendo le mosse da questa lacuna, la ricerca di cui in questa
sede vengono sintetizzati i principali risultati ha mirato a superare, ad oltre cento anni dal
primo pionieristico tentativo di Paolo Orsi, i limiti degli studi esistenti, vincolati all’edi-
zione di specifici contesti, riproponendo, alla luce di una disamina d’insieme condotta su

1  Nell’ambito dell’edizione di complessi archeologici della facies di Licodia Eubea, una disamina analitica de-
gli aspetti tipologici relativi alla ceramica indigena rinvenuta è inclusa in : Bernabó Brea - Albanese 1982, pp.

606-619 (Calascibetta, necropoli di Cozzo S. Giuseppe in c.da Realmese) ; Albanese - Procelli 1988-89, pp. 117-121

(Ramacca, c.de Castellito e Montagna) ; Albanese 1988-89, pp. 371-379 (Calascibetta, necropoli di Valle Coniglio) ;
   

Fouilland - Frasca - Pelagatti 1994-95, pp. 491-512 (Monte Casasia, necropoli) ; Lyons 1996, pp. 73-91 (Morganti-

na, necropoli) ; Camera 2010, pp. 101-108 (Terravecchia di Grammichele, necropoli di Casa Cantoniera). Un recente

tentativo di sintesi sulla ceramica indigena dipinta della Sicilia dalla seconda metà del ix al v secolo, in cui il tema del
repertorio della facies di Licodia Eubea viene soltanto sfiorato, è stato elaborato da C. Trombi (Trombi 1999).
2  Si vedano, in particolare, Albanese 1991, pp. 98-104 ; Albanese 2003, pp. 184-200 e passim ; Antonaccio 2001 ;
     

Antonaccio 2004 ; Hodos 2000 ; Hodos 2005 ; Hodos 2006.


     
la ceramica della facies di licodia eubea 111
più livelli di analisi, il problema dell’inquadramento culturale della ceramica della facies
di Licodia Eubea nell’ambito della più ampia indagine sui complessi rapporti fra mondo
indigeno e grecità coloniale. 1  

i. Ellenico e anellenico : origine dei prototipi e dinamiche


di acquisizione
La ceramica della facies di Licodia Eubea, al termine di una lunga tradizione ceramica di
ascendenza protostorica, mostra, come fossili, i segni di antichi contatti e interazioni tra
culture di cui la Sicilia orientale fu teatro. Ricostruendo le linee evolutive di ciascuna for-
ma vascolare sin dalla sua prima apparizione nel repertorio indigeno e cercando di seguire
il percorso che a partire dai prototipi locali o allogeni, fra tradizione e innovazione, ebbe
come esito finale i tipi ceramici attestati in piena età arcaica, è quindi possibile ricono-
scere le principali componenti dalla cui confluenza la ceramica della facies di Licodia Eu-
bea trae origine, contribuendo in questo modo a chiarirne l’“identità” culturale (Fig. 2).
La prima componente è costituita dal ricco sostrato indigeno, esito di una complessa
stratificazione di elementi eterogenei che hanno a lungo inciso profondamente sull’arti-
gianato ceramico locale, lasciando in esso impronte ben riconoscibili fino all’età storica.
Vi si riconoscono elementi di derivazione ellenica, acquisiti in momenti diversi in un lun-
go arco di tempo compreso tra l’età tardo micenea (corrispondente alla facies di Pantalica
i) e la prima età coloniale (facies del Finocchito), ed altri di matrice “ausonia”, assimilati
dai gruppi di origine peninsulare che tra la fine dell’età del Bronzo e l’inizio dell’età del
Ferro si stabilirono nella Sicilia centro-orientale, esprimendo una facies mista (c.d. di Mu-
lino della Badia) derivata dalla commistione di elementi di origine locale e continentale. 2  

A questa componente si possono ricollegare le forme di più antica tradizione (prima an-
fore, scodelle, boccaletti, capeduncole, pentole, poi crateri su alto piede, oinochoai, cop-
pe) che perdurano anche nel repertorio arcaico.
È su questo sostrato che in età arcaica agì la seconda componente fondamentale, l’in-
flusso greco, da sempre considerato la cifra caratteristica della facies di Licodia Eubea. 3  

Nel caso della ceramica, esso si traduce nell’influenza determinante del repertorio vasco-
lare greco contemporaneo su quello indigeno, esercitata attraverso la mediazione delle
colonie siceliote e delle loro produzioni locali. Vengono così acquisite numerose forme
ceramiche di diretta derivazione ellenica, il cui numero conosce un costante incremento
fino all’età tardoarcaica (crateri, hydriai, askoi, deinoi, bacili, pissidi, ciotole, paterette, my-
kai ed anche, probabilmente, skyphoi, phialai e lucerne). 4  

Se il repertorio morfologico appare, quindi, di matrice mista (locale ed allogena), es-


senzialmente debitore nei confronti della ceramica greca è l’apparato decorativo, di cui
è unanimemente riconosciuto il legame con la produzione ceramica di stile tardogeo-

1  Alla base del lavoro si pone un’intensa attività di ricerca sui materiali, che ha consentito di arricchire sensibilmen-
te, con nuovi dati ricavati dall’esame autoptico di reperti inediti, il quadro ottenuto mediante la raccolta sistematica
del materiale edito. Su questa base documentaria, quantitativamente rilevante e sufficientemente rappresentativa
dell’articolazione cronologica e territoriale della facies in questione, è stato quindi elaborato un repertorio unitario
della ceramica della facies di Licodia Eubea in cui gli aspetti tipologici, decorativi, cronologici e distributivi conflu-
iscono in una classificazione di tipo aperto. Essa, che pur rappresentando il primo degli obiettivi della ricerca non
può trovare spazio in questa sede, costituisce l’indispensabile presupposto per lo sviluppo di ogni livello di analisi qui
sinteticamente affrontato. 2  Albanese 2003, p. 33.
3  Vedi Bernabò Brea 1958, p. 159.
4  Le dimensioni del fenomeno potranno essere meglio valutate con l’ausilio di un programma di indagini arche-
ometriche su larga scala che contribuisca ad affrontare, con strumenti più appropriati rispetto al semplice esame
autoptico, il ben noto problema della difficile distinzione tra gli esemplari di produzione indigena e coloniale.
112 marco camera

Fig. 2. Principali componenti all’origine della ceramica della facies di Licodia Eubea.

metrico e subgeometrico sviluppatasi sin dalla fine dell’viii secolo o dall’inizio del vii in
seno alle botteghe artigianali delle apoikiai greche, per la quale è assai difficile risalire a
modelli precisi. 1

Definite le molteplici origini dei prototipi, lo studio delle dinamiche che presiedettero
alla loro acquisizione si rivela un valido strumento d’indagine per superare la generica
constatazione dell’evoluzione in senso ellenizzante della ceramica indigena, provando a
cogliere i meccanismi profondi e la portata del fenomeno.
L’analisi tipologica delle forme vascolari e del loro apparato decorativo mette in luce
come anche quelle di più antica tradizione indigena, quando perdurino nella piena età

1  Villard - Vallet 1956 ; Lyons 1996, p. 75.



la ceramica della facies di licodia eubea 113
arcaica, adattino il loro aspetto alle contemporanee ceramiche greche attestate nell’isola.
Nel lungo periodo, infatti, sembra chiaro quanto nella facies di Licodia Eubea l’adegua-
mento al repertorio ceramico greco (non sempre una stretta imitazione) sia, pur con
qualche eccezione, non una semplice tendenza ma piuttosto una sorta di “criterio rego-
latore” con significativa influenza sullo sviluppo del repertorio ceramico indigeno, tale
da determinare la sopravvivenza o l’abbandono delle forme tradizionali e l’introduzione
di forme allogene. 1  

Il caso dell’askos, con il peculiare sviluppo della sua attestazione nella ceramica indige-
na, già presente in epoca remota, successivamente abbandonato e infine reintrodotto per
imitazione di modelli greci arcaici, dimostra la validità della suddetta dinamica, manife-
stando in modo esemplare l’importanza assunta in quest’epoca dall’aderenza al reper-
torio greco. Esso, infatti, introdotto nel repertorio locale nella tarda età del Bronzo per
influenza di prototipi egei, continuò a farne parte per lungo tempo, fino alla fase iniziale
della cultura del Finocchito, in concomitanza con la fondazione dei primi insediamenti
coloniali. 2 Nel tardo viii secolo, quando nei centri indigeni della Sicilia orientale iniziò

l’afflusso della ceramica greca proveniente dalle colonie, dal cui repertorio questa forma
era assente, l’askos cessò di essere prodotto anche localmente per riapparire soltanto nella
seconda metà del vi secolo a.C., contemporaneamente alla diffusione in ambiente greco-
orientale dei prototipi alla base della nuova forma indigena. 3  

Passando in rassegna il repertorio della ceramica della facies di Licodia Eubea, accan-
to alle imitazioni figurano, quindi, numerose forme ibride nate dall’adattamento, sia a
livello morfologico che decorativo, di quelle tradizionali ai prodotti diffusi in ambiente
coloniale secondo il criterio dell’affinità morfologica e funzionale (Fig. 3 a-b). 4  

Se letta in questa chiave, assume un preciso significato anche la presunta marginalità


della ceramica di questa facies : 5 le caratteristiche del repertorio tipologico, così come la
   

lineare semplicità dell’apparato decorativo, non devono essere considerate espressione


della mancanza di originalità ma, piuttosto, l’esito delle dinamiche connesse all’interazio-
ne fra popolazioni indigene e coloni greci, in nessun luogo precoce, intensa e prolungata
come nella parte orientale dell’isola.

ii. Sviluppo diacronico


Sulla scorta di quanto precedentemente osservato, nella ceramica è possibile riconoscere
due fasi cronologiche, riflesso di due successivi momenti dello sviluppo culturale della
facies di Licodia Eubea, segnati dal progressivo processo di interazione col mondo greco
coloniale.
Il limite cronologico superiore della facies di Licodia Eubea è convenzionalmente po-
sto alla metà del vii secolo. 6 Il repertorio tipologico della ceramica della fase i (Fig. 4a)

manifesta un’evidente continuità con quello della fase più recente della facies del Finoc-
chito : 7 le forme di matrice indigena persistono nel solco della più antica tradizione locale
   

1  Camera c.d.s. a ; Camera c.d.s. b.



2  Vedi Frasca 1981, p. 83 ss.
3  Camera c.d.s. a ; Camera c.d.s. b.

4  La persistenza della tradizione indigena attraverso la creazione di forme nate dalla fusione di tratti locali con altri
derivanti dal repertorio ceramico greco è una tendenza già operante a partire dalla fine dell’viii secolo (vedi Frasca
1981, p. 89). Per esempi di forme vascolari ibride, vedi Fouilland - Frasca - Pelagatti 1994-95, pp 501 ss. (boccaletti
ad ansa sormontante), 506 s. (scodella-lekane) ; Camera c.d.s. a. ; Camera c.d.s. b.
   

5  Trombi 1999, pp. 285 e 292 s. 6  Bernabò Brea 1953-54, p. 200.


7  Per la produzione vascolare della fase ii della necropoli di Monte Finocchito, vedi Frasca 1981, p. 86 sgg. e p.
91 sg.
114 marco camera

Fig. 3. Corrispondenza tra alcune forme vascolari indigene e la ceramica greca contemporanea
(a) e meccanismi di ibridazione a livello morfologico (b1) e decorativo (b2).

e, come queste, anche quelle di origine allogena non derivano da una nuova acquisizione
nel repertorio vascolare di questa fase ma costituiscono, per lo più, l’evoluzione di forme
introdotte nel periodo precedente. La continuità rilevata nella tipologia dei materiali si
registra anche nel repertorio decorativo in stile geometrico che ricalca in parte quello
la ceramica della facies di licodia eubea 115
elaborato alla fine dell’viii secolo, dove più evidenti sono i legami con la ceramica tar-
dogeometrica greca e con la tradizione subgeometrica locale sviluppatasi nelle diverse
colonie siceliote.
Tra la fine del vii e l’inizio del vi secolo è possibile cogliere i primi indizi di cambia-
mento, segnalati dall’evoluzione tipologica di alcune forme e dall’apparizione delle pri-
me forme greche di nuova introduzione nel repertorio vascolare indigeno. Il passaggio
tra la fase i e la fase ii non avviene repentinamente ma si coglie gradualmente nel corso
del secondo quarto del vi secolo. L’inizio della nuova fase, che prende quindi avvio intor-
no al 575 a.C. ed è pienamente configurata con il volgere della metà del secolo, coincide
con l’intensificarsi delle relazioni fra popolazioni indigene e coloni greci provenienti so-
prattutto dalle apoikiai calcidesi della costa ionica, nella cui sfera di influenza ricadono la
maggior parte dei centri indigeni inquadrabili nella facies di Licodia Eubea. 1  

Nella fase ii (Fig. 4b) si registra una marcata evoluzione del repertorio vascolare indi-
geno in senso ellenizzante, rilevabile sia a livello tipologico che decorativo. Come si è vi-
sto, questa fase è contraddistinta dal progressivo abbandono di alcune forme tipiche della
fase precedente o, più spesso, dalla loro evoluzione segnata dall’influsso della ceramica
greca contemporanea, cui si associa l’introduzione di un gran numero di forme mutuate
direttamente dal repertorio greco coevo con un conseguente e significativo arricchimen-
to del quadro tipologico. Tale processo culmina in età tardo arcaica, quando i due reper-
tori risultano essere funzionalmente integrati e complementari nella documentazione
archeologica degli insediamenti indigeni.
Lo sviluppo del repertorio vascolare indigeno può essere seguito, senza soluzione di
continuità, fino alla metà del v secolo. Si potrebbe quindi individuare nel 450 a.C., anno
della sconfitta della synteleia sicula guidata da Ducezio, la data simbolica per il termine ul-
timo della facies di Licodia Eubea : da quel momento, significativamente coincidente con

l’esaurirsi della documentazione epigrafica anellenica, la tradizione artigianale indigena


va sempre più celermente stemperando i suoi caratteri distintivi in una sorta di koinè che
caratterizza la Sicilia d’età classica. 2  

iii. Area di diffusione e dinamiche di distribuzione e circolazione


Il territorio coinvolto coincide con l’area della Sicilia centro e sud-orientale delimitata a
Nord dalla mole dell’Etna, a Sud-Est dalle valli fluviali del S. Leonardo e dell’Irminio e ad
Ovest dal corso del fiume Salso, tradizionalmente considerato la “frontiera” tra la zona
occidentale di cultura sicana e la regione orientale abitata dai Siculi. 3  

Si è detto che la cifra caratteristica della facies di Licodia Eubea risiede nell’apertura
all’influsso esercitato a più livelli dai contatti col mondo greco, dapprima in misura mi-
nore (fase i) poi sempre crescente (fase ii). A tale proposito, la carta di distribuzione dei
principali siti di rinvenimento della classe ceramica (Fig. 5), con la documentazione della
fase I nei terminali di Butera a Sud-Ovest, Calascibetta ad Ovest e Centuripe a Nord-
Ovest, mostra come tutto il territorio ad Est del Salso fosse precocemente partecipe del
processo di trasformazione che coinvolge la cultura materiale della Sicilia orientale in età

1  Sul dibattito scientifico circa la cronologia, le tappe e le modalità del controllo del territorio da parte delle apoi-
kiai calcidesi della Sicilia orientale, vedi Dunbabin 1948 ; Vallet 1962 ; Procelli 1988-89 ; Procelli 1989.
     

2  Albanese 2003, p. 243. In un quadro in cui le differenze risultano ormai sfumate, oggetto di un futuro approfon-
dimento dovrà essere la ricognizione degli elementi di continuità con la tradizione indigena riconoscibili nell’artigia-
nato ceramico siciliano della piena età classica.
3  Per la difficoltà di tracciare una linea di demarcazione topografica tra i due territori e di riconoscervi una valenza
etnica, vedi Albanese 2003, p. 24.
116 marco camera

Fig. 4. Principali tipi vascolari della fase i (a) e della fase ii (b).

arcaica : risulta chiaro, quindi, come lo sviluppo della facies non sia leggibile in termini di

progressivo ampliamento dell’area coinvolta dalle relazioni con le colonie costiere, ma


piuttosto come il riflesso dell’intensificarsi di contatti instaurati sin dall’inizio. 1  

Il peso dell’influsso delle diverse fondazioni coloniali nell’elaborazione del linguaggio


formale e decorativo della ceramica indigena, che presto si fonde in una tradizione ar-
tigianale dai contorni sfumati che accomuna le diverse manifestazioni locali della facies
di Licodia Eubea, si avverte soprattutto nella fase più antica : è allora che la ceramica di

stile tardogeometrico e subgeometrico di produzione coloniale, pur dotata di caratteri


di originalità rispetto ai modelli della Grecia propria, mostra nei diversi centri coloniali
tratti stilistici peculiari in cui si scorge l’impronta delle diverse scuole ceramiche delle me-
tropoleis. Su questo fronte, l’analisi dei motivi decorativi ha evidenziato la già nota presen-
za di motivi di possibile derivazione rodio-cretese nel settore sud-occidentale, 2 mentre  

un’area più ampia, estesa dalla valle del Simeto fino agli Erei settentrionali ed agli Iblei
meridionali, mostra una preponderanza di elementi di origine euboico-cicladica prima e
greco-orientale poi, probabilmente veicolati dalle colonie calcidesi della costa ionica ; 3 ta-    

le impronta è testimoniata non soltanto dall’apparato decorativo, ma anche da significa-


tivi aspetti di carattere tipologico ben identificabili per tutto l’arco di sviluppo della facies,
di cui tendono a diventare patrimonio comune in età tardo arcaica. 4 È invece quasi del  

tutto assente qualsiasi documentazione relativa a questa facies nel territorio siracusano

1  La stessa area, del resto, anche se in misura non omogenea e con eccezioni e sensibili differenziazioni di carat-
tere locale, era già partecipe, sin dalla seconda età del Ferro, di alcuni elementi caratterizzanti la facies orientale del
Finocchito (vedi Bernabò Brea - Albanese 1982, p. 625 sgg.).
2  Per molti di questi motivi, spesso caratterizzati da tratti di affinità con la tradizione artigianale della Sicilia cen-
tro-meridionale, si può facilmente pensare ad un’influenza dei prodotti delle fabbriche geloe, diretto o mediato dalle
botteghe indigene della valle del Salso, come sembra suggerire anche la prossimità geografica, considerata la loro
concentrazione nel distretto dei Monti Erei delimitato ad Ovest dalla riva sinistra del fiume (vedi infra).
3  I confini della zona di espansione di Leontinoi e Katane sono stati delineati da G. Vallet (Vallet 1962). Per una
riflessione sull’interesse strategico dei Calcidesi nei confronti del territorio compreso fra il Dirillo e l’Irminio e sulla
documentazione archeologica della presenza calcidese nella regione, vedi Frasca 2002, p. 130.
4  Vedi Camera cds. a.
la ceramica della facies di licodia eubea 117

Fig. 5. Carta di distribuzione dei principali siti di rinvenimento della ceramica della facies
di Licodia Eubea.

delimitato dalla chora calcidese a Nord e dal confine naturale del fiume Irminio ad Ovest,
che pure era stato l’epicentro della precedente cultura del Finocchito nel momento del
primo impatto della colonizzazione greca sul mondo indigeno. 1  

1  Un’eccezione, in posizione periferica, è rappresentata dalla documentazione, ancorché esigua, del territorio di
Scicli (Orsi 1898, p. 339 sg.). Per una valutazione del dato distributivo in relazione alle modalità di controllo del terri-
torio da parte delle colonie siceliote, con riferimento al ruolo propulsivo esercitato da Leontinoi, vedi Camera 2012.
118 marco camera
Sul piano dell’articolazione interna della facies, per come essa traspare dalla documen-
tazione ceramica, è possibile tratteggiare i contorni di più distretti contraddistinti da trat-
ti peculiari che emergono a più livelli di analisi (Fig. 5).
Si distinguono due vaste aree corrispondenti, ad Est, all’altopiano ibleo e all’antistante
piana di Catania, e, ad Ovest, alla regione dei Monti Erei. In ciascuna di esse, nell’ambito
di un linguaggio comune, è possibile cogliere particolarità specifiche, sia nel repertorio
tipologico, sia nell’apparato decorativo, che denotano talvolta modalità diverse di rice-
zione e rielaborazione dei modelli, in altri casi dinamiche territoriali legate alla circola-
zione dei prodotti. Nella prima sfera rientra la generale tendenza, che contraddistingue
l’area orientale, ad una maggiore fedeltà nella trasposizione dei modelli greci nel reper-
torio vascolare indigeno : esso è caratterizzato, infatti, da una più accentuata uniformità

rispetto a quello dell’area occidentale, più soggetto a stimoli esterni che determinano
una maggiore libertà di rielaborazione, autonoma o influenzata dalla prossimità con la
tradizione artigianale della contigua regione al di là del Salso. Per ciò che invece concerne
le dinamiche di distribuzione territoriale dei prodotti ceramici, l’evidenza archeologica
mostra come alcuni tipi vascolari siano patrimonio comune di tutta l’area di diffusione
della facies, mentre altri tendano ad attestarsi in singoli siti o in zone molto circoscritte,
probabile sintomo, questo, dell’organizzazione su scala locale della produzione che si
riflette anche nell’instabilità formale che caratterizza il repertorio di questa classe cerami-
ca. A fronte di ciò, l’attestazione di alcuni tipi in più siti, sebbene ricadenti all’interno del
medesimo distretto, lascia intravedere una circolazione di prodotti e modelli che travalica
il ristretto ambito puramente locale. 1  

Infine, sebbene la documentazione archeologica edita sia ancora largamente insuffi-


ciente per poterne delineare i contorni, un terzo distretto è forse individuabile nel com-
prensorio etneo : in esso ricadrebbero i centri indigeni sorti sulle alture affacciate sulla val-

le del Simeto, dove si scorge una commistione di elementi propri ed altri tipici di ciascuna
delle due aree maggiori sopra citate.

iv. Per una storicizzazione del dato archeologico :  

problemi di identità e di interazione culturale


Sulla scorta delle conclusioni cui è pervenuta l’analisi dei materiali ceramici, in particola-
re circa l’origine dei prototipi e le dinamiche della loro acquisizione, sembra utile provare
a trarre dal dato archeologico le informazioni necessarie a farne uno strumento di inda-
gine storica capace di contribuire alla comprensione di fenomeni di più ampia scala come
quelli relativi alle relazioni fra coloni greci e popolazioni indigene ed alla ricostruzione
storica dell’identità di queste ultime. Identità non intesa in senso etnico, difficilmente
indagabile con gli strumenti dell’archeologia, ma nell’accezione più ampia di identità
culturale, implicando la natura e il livello dei rapporti e degli scambi con gli “Altri”, ovve-
ro i Greci di Sicilia. 2 Dal momento che tali popolazioni, non avendo elaborato una loro

tradizione storica, sono per noi mute ad eccezione di quanto possa essere dedotto dalla
cultura materiale registrata dal record archeologico, si tratta di rintracciare i tasselli di un
puzzle in gran parte perduto o ancora da riportare alla luce e pertanto la questione può
essere posta esclusivamente in termini problematici.

1  A conferma di ciò, si noti come a Morgantina la presenza di ceramica indigena fabbricata altrove sia stata regi-
strata, sulla base della qualità dell’argilla, accanto alle preponderanti produzioni locali (Lyons 1996, p. 74).
2  Sulla difficoltà di associare facies archeologiche ed identità etniche, vedi Albanese 2003, p. 23. Sui concetti di
identità etnica e culturale nel contesto coloniale della Sicilia antica, vedi Antonaccio 2001.
la ceramica della facies di licodia eubea 119
Parafrasando John Boardman, la ceramica, la cui forma e decorazione sono state inte-
ramente determinate dalla società per cui è stata prodotta, appare tuttora il più funziona-
le dei manufatti disponibili per lo studio dell’archeologo : 1 è pertanto nella funzionalità
   

del repertorio vascolare che si devono cercare gli indizi per tentare di ricostruire l’identità
dei suoi fruitori, ed è qui che emergono le indicazioni più contraddittorie. Ci si scontra,
infatti, inevitabilmente con la problematicità dell’interpretazione della documentazione
archeologica, sia in relazione alla necessità di non cadere in generalizzazioni e di cogliere,
invece, sfumature e specificità locali, sia alla difficoltà di identificare le modalità di ricezio-
ne ed eventuale rielaborazione di pratiche allogene attraverso gli oggetti ad esse relativi
che, in contesti di contatto fra culture, possono acquisire significati diversi da quelli origi-
nari, dando adito ad interpretazioni di segno opposto. 2  

Il contributo forse più significativo che l’esame condotto sul repertorio vascolare indi-
geno d’età arcaica può apportare alla discussione deriva dall’aver messo in luce in termini
nuovi e documentati il legame stringente con la ceramica greca contemporanea, alla luce
del quale devono essere esaminati i patterns of consumption di questi manufatti da parte
delle comunità indigene, ricordando con Michael Dietler che « the consumption of alien

goods always entails unanticipated consequences. And […] the long history of the pro-
gressive entanglement of indigenous peoples with the Greek world, and subtle changes
in identity and consciousness of later centuries, are a testament to those unanticipated
results ». 3
   

Superati i paradigmi euristici tradizionali legati ai concetti di ”ellenizzazione” ed “ac-


culturazione”, considerati inadatti a cogliere tanto il ruolo attivo svolto dalle popolazioni
indigene nelle dinamiche che hanno modificato profondamente la loro cultura materiale
quanto la reciprocità dello scambio interculturale, 4 si tratta adesso di riconoscere una

molteplicità di fenomeni che coinvolgono i due binomi opposti assimilazione/adatta-


mento e resistenza/conservatorismo, la cui complessità mette alla prova le nostre capa-
cità interpretative. Risulta senz’altro utile l’apporto di ogni approccio esegetico, purché
si sfugga alla tentazione di un’eccessiva esaltazione dell’elemento indigeno che rischia
di essere tanto acritica quanto il ricorso incondizionato al concetto di “ellenizzazione”,
valutando l’impatto del contatto con i Greci in termini non semplicistici e senza alcuna
generalizzazione, ma riconoscendone l’indubbio ruolo di agente fondamentale nelle di-
namiche storico-culturali del Mediterraneo arcaico.

Elenco delle abbreviazioni


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1  Boardman 2004, p. 149.


2  L’esempio principe, oggetto di ampio dibattito, è rappresentato dal problema dell’acquisizione da parte delle
popolazioni indigene delle modalità greche di consumo del vino, suggerita dall’adozione del relativo vasellame spe-
cializzato. Per una riconsiderazione del problema alla luce dall’analisi del repertorio vascolare indigeno d’età arcaica
nel suo insieme, con una disamina ragionata delle posizioni espresse in letteratura, vedi Camera c.d.s. b.
3  Dietler 1997, p. 494 sg.
4  Un quadro critico dei principali approcci interpretativi al problema della colonizzazione greca e dell’identità
indigena è stato delineato da M. Dietler (Dietler 1997, p. 476 sgg.).
120 marco camera
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Vallet 1962 = G. Vallet, La colonisation chalcidienne et l’hellènisation de la Sicile orientale, in « Ko-  

kalos », viii, 1962, pp. 30-51.


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Ètude sur le premier contacts entre Grecs et indigènes sur la côte orientale de Sicile, « mefra », 68,
   

1956, pp. 7-27.


c o m p osto in car atter e dan t e m on ot y p e d a l l a
fabr izio serr a editor e , p i s a · r oma .
stamp ato e rileg a t o n e l l a
t ip og rafia di ag n an o, ag na n o p i s a n o ( p i s a ) .
*
Marzo 2014
(cz 2 · fg 3)

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