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Franca Maselli Scotti, Luciana Mandruzzato, Cristiano Tiussi

LA PRIMA FASE DELL'IMPIA NTO COLONIARIO


DI AQUILEIA. LA SITUAZIONE ATTUALE
DEGLI STUDI E DELLE RICERCHE

PREMESSA

Sono trascorsi vent'anni da quando Maria José Strazzulla, in un con­


tributo ricco di spunti e di confronti con altre realtà archeologiche, affron­
tava in termini metodologicamente ineccepibili le problematiche generali
di carattere storico, progettuale e urbanistico che riguardano le prime fasi
della colonia latina di Aquileia 1 (fig. 1).
Da allora, le ricerche sullo sviluppo della città all'indomani della
fondazione non hanno fatto segnare progressi tali da incrementare o modi­
ficare in maniera significativa il quadro generale delle nostre conoscenze.
Tuttavia, non sono mancate alcune importanti acquisizioni di carattere
archeologico. Tra queste, vanno segnalati senz'altro l'identificazione del
Comitium nell'area settentrionale del foro, annunciata nello stesso 1989 da
Luisa Bertacchi 2, il ritrovamento dell'iscrizione del triumviro del 169 a.C.,
Tito Annio Lusco 3, le interessanti scoperte nell'area dell'ex-Essiccatoio
Nord, immediatamente a nord del foro, e in particolare l'individuazione del
Macellum repubblicano, sul quale siamo tornati in occasione del Convegno
di Studi di Torino (2006) 4•
In anni recenti, in concomitanza con un rinnovato interesse per la
topografia e l'urbanistica aquileiesi 5, il dibattito sulle prime fasi della
colonia si è comunque ravvivato grazie ad una serie di contributi dedicati
a singoli aspetti della compagine monumentale, come ad esempio le mura
6, il foro 7, le strutture di mercato s_ Non sono mancate, infine, ipotesi

1 STRAZZULLA 1989. Un'ottima sintesi sul tema in BANDELLI 2002, pp. 57 SS.
2 BERTACCHI 1989, CC. 84 SS.
3 Edilio princeps: ZACCARIA 1996, cc. 179 ss.
4 MASELLI SCOTTI, MANDRUZZATO, T1uss1 2007, in particolare pp. 38 ss., con
bibliografia precedente. Vedi anche infra.
s Si vedano i vari contributi compresi in «Antichità Altoadriatiche», 59, 2004 e in
Moenibus et portu celeberrima 2009 (in particolare T1uss1 2009a; MASELLI SCOTTI,
RUBINICJ-1 2009).
6 BONETTO 1998; BONETTO 2004, pp. 154 ss.; T1uss1 2006, pp. 336 ss.; BONETTO
2009, pp. 83 ss.
7 T1uss1 2006; T1uss1 2009a, pp. 64 ss.; T1uss1 c.s. Vedi anche LACKNER 2008.
8 T1uss1 2004; sul foro pecuario BONETTO 2007. Vedi anche infi·a.

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FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

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Fig. I. Pianta di Aquileia repubblicana. I. mura; 2. porta settentrionale; 3. porta


occidentale; 4. porta meridionale; 5. presunta porta orientale; 6. torre angolare
sud-orientale; 7. torre eptagonale presso il porto; 8. torre angolare nord-orientale;
9. via Annia; l O. cardine massimo (via Postumia?); 11. foro; 12. Comitium; 13.
Macellum; 14. tempio repubblicano del fondo Gallet; 15. luogo di ritrovamento
delle terrecotte di Monastero; 16. porto (?).

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LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIARJO DI AQUILEIA

complessive sulle modalità di impianto della colonia e sul suo sviluppo


negli anni successivi alla deduzione, ipotesi che in alcuni casi sono state
riproposte, a distanza di tempo, in un quadro indiziario immutato 9, ma
sulle quali è doveroso soffermarsi.
Nelle pagine che seguono cercheremo di riassumere, quindi, i dati
finora noti sulle prime fasi dell'impianto coloniario, che, come è facilmen­
te intuibile, rappresenta uno degli aspetti più emblematici della romanizza­
zione della Bassa friulana. Ci soffenneremo, in particolare, sull'organizza­
zione della dimensione urbana, tralasciando aspetti e problematiche
comunque interessanti, ma assai dibattuti, come quella dell'assetto del
suburbio e delle zone funerarie più antiche.
In sede di premessa, è sempre opportuno ribadire che le prime fasi
sono note solo in maniera frammentaria e discontinua, sia per le difficoltà
tecniche di raggiungere i livelli più profondi, di età repubblicana, delle
sequenze stratigrafiche, sia per le modificazioni che, nella storia plurise­
colare della città, sono intervenute ad obliterare o ad annullare le testimo­
nianze più antiche del centro urbano.
Rimangono così al momento da chiarire, ad esempio, le modalità con
le quali il nuovo centro si sovrappose al preesistente villaggio indigeno,
per il quale la continuità di vita fino alla fondazione del 181 a.C., per
quanto assai probabile, dev'essere ancora accertata in maniera inoppugna­
bile 10. I sondaggi in profondità effettuati presso l'Essiccatoio Nord, infat­
ti, fanno intravedere interessanti squarci sull'insediamento della
Ur-Aquileia tra la prima e la media età del Ferro, articolato su assi prefe­
renziali perfettamente orientati da nord a sud 11, mentre sono decisamente
meno prodighi di informazioni per il periodo più prossimo alla deduzione.
Appare evidente, in effetti, che la sequenza stratigrafica immediatamente
antecedente la fondazione ha sofferto le interferenze maggiori da parte
degli imponenti interventi che contraddistinguono l'impianto romano, e il
dato merita di essere tenuto in considerazione prima di trarre conclusioni
affrettate di carattere generale circa la scarsa entità dei resti riferibili al
TV-III secolo a.C.

LA CINTA URBICA REPUBBLICANA: IPOTESI A CONFRONTO

Lo sviluppo della cinta muraria repubblicana, frutto di scavi eseguiti


per lo più tra gli anni Venti e gli anni Trenta del secolo scorso, è sostan-

9 Vedi la discussione infi·a.


10 Sull'insediamento indigeno vedi la sintesi in MASELLI Scorri 2004.
11 Ibidem. Per la definizione Ur-Aquileia vedi BANDELLI 2009.

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zialmente ben conosciuto nel suo andamento complessivo (fig. 1, n. 1; figg.


2-4): per i dati archeologici essenziali si può senz'altro rimandare agli studi
di Maria Josè Strazzulla 12, di Jacopo Bonetto 13 e di chi scrive 14.
In mancanza di nuove indagini archeologiche sulla cinta, recente­
mente è stata nuovamente sollevata la questione riguardante i tempi e le
modalità di impianto del perimetro murario. La maggior parte degli stu­
diosi concorda nel ritenere che il circuito repubblicano, con la sua forma
stretta ed allungata estesa su una superficie di circa 41 ettari, sia il frutto
di un progetto unitario, stabilito al momento della fondazione, per il quale
si doveva tenere conto delle condizioni morfologiche e idrografiche del
sito, e in paiticolare dell'esistenza di zone depresse e paludose sia a ovest,
sia, probabilmente, a sud, e della presenza di un grande corso d'acqua (il
Natiso cum Turro) a est 15_
Una ipotesi diversa era stata avanzata, come è noto, da Luisa Bertacchi
e ribadita nel commento della nuova pianta archeologica di Aquileia da lei
redatta. Secondo la studiosa, la costruzione della cinta sarebbe avvenuta in
due tempi, a partire da un nucleo originario rettangolare, esteso su un'area
di 296 x 355 m (pari a 10,5 ettari) o su una superficie di circa 300 x 500 m
(corrispondente a 15 ettari) 16; successivamente, in seguito all'invio del
supplementum del 169 a.e., il perimetro sarebbe stato ampliato verso nord,
abbattendo il limite settentrionale della primitiva cinta, fino a coprire una
superficie quattro o tre volte superiore (fig. 5) 17.
Questa ipotesi non appare suffragata, a nostro avviso, da indizi suf­
ficientemente validi, né riguardo al quadro generale della colonizzazione
romana del periodo post-annibalico, né dal punto di vista archeologico. Le
considerazioni espresse da Maria José Strazzulla, secondo la quale in
confronto al numero dei coloni inviati nel 181 a.e. (3.000 fanti più un
numero di centurioni e cavalieri oscillante tra le 300 e le 400 unità, cioè
un totale di circa 12.000-15.000 persone) e ai rapporti dimensionali delle
fondazioni coloniarie coeve, il presunto primo nucleo urbano risulterebbe
decisamente sottodimensionato 18, ci appaiono ancora assolutamente con­
divisibi I i 19• E, d'altra parte, non pare affatto scontato che il noto passo

12 STRAZZULLA 1989, pp. 205 SS.


13 Soprattutto SONETTO 2004, pp. 154 ss.; SONETTO 2009, pp. 83 ss.
14 T1uss1 2006.
15 Tra i contributi più recenti STRAZZULLA 1989; SONETTO 2004; T1uss1 2006, pp.
336 ss.; SONETTO 2009, pp. 83 ss., dai quali è facilmente desumibile la bibliografia com­
pleta sul tema.
16 Cfr. rispettivamente SERTACCHI 1965 e SERTACCHI 2003, p. 20.
17 Per la prima versione SERTACCHI 1965, pp. 8 ss.; SERTACCHI I 980, pp. I I 3 ss.;
ROSADA 1990, pp. 377 ss. Per la seconda SERTACCHI 2003, pp. 19 ss.
18 STRAZZULLA 1989, pp. 197 SS.
19 T1uss1 2006, p. 343. In questo senso anche BoNETTO 2004, p. 156.

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LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIARJO DI AQUILEIA

Fig. 2. Mura repubblicane di Aquileia. Tratto occidentale (da STRAZZULLA 1989).

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FRANCA MASELLJ SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

Fig. 3. Museo Archeologico Nazio­ Fig. 4. Museo Archeologico Nazio­


nale. Rilievo della porta urbica setten­ nale. Rilievo della porta urbica occi­
trionale (da T1uss1 2006). dentale (da TIUSSI 2006).

liviano sulla legazione inviata nel 171 a.C. a Roma dagli Aquileiesi, que­
rentes coloniam suam novam et infirmam necdum satis munitam inter
infestas nationes Histrorum et 1/lyriorum esse 20, sia interpretabile proprio
come un riferimento concreto all'ampliamento delle mura 21: l'ambascia­
ta, diretta conseguenza del malcontento suscitato dalla partenza del con-

20 Liv. 43 I, 5-7.
21 BERTACCHI 1965, pp. 10 s.; BERTACCJ-11 1980, p. 113. Per un'interpretazione
sostanzialmente analoga del passo cfr. Rossi 200 I, p. 123.

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LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIARIO DI AQUILEIA

Fig. 5. Sviluppo delle cinte murarie repubblicane di Aquileia, secondo l'ipotesi di


Luisa Bertacchi. La lettera A indica il presunto nucleo originario, la lettera B
l'ampliamento dopo il 169 a.C. (da BERTACCHl 2003).

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FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA !vlANDRUZZATO, CRISTIANO T/USSI

sole C. Cassio Longino, di stanza nella Cisalpina, verso la Macedonia,


potrebbe essere stata motivata dalla preoccupazione contingente per I 'as­
senza delle legioni che garantivano la sicurezza della colonia o, più in
generale, per i problemi tecnici e strategici collegati alla messa a punto di
un efficace sistema difensivo dell'intero quadrante nord-orientale 22•
Anche i dati archeologici portati a supporto dell'ipotesi di Bertacchi
possono essere interpretati in maniera diversa. Di certo sono difficilmente
riferibili all'impianto repubblicano "i resti di mura molto solide" (Spuren
van sehrfesten Mauern), che sarebbero state messe in luce nel 1888 a sud
della roggia del Mulino 23 e, quindi, del foro attuale, e che costituirebbero
il limite nord del presunto quadrilatero originario 24_ Alcuni rilievi conser­
vati presso gli archivi del Museo Archeologico Nazionale, risalenti al
1889, sembrano ragionevolmente riconducibili alle mura cui accenna
Maionica (fig. 6): la struttura, larga 2,8 m, taglia evidentemente il percor­
so di due decumani, assicurandone la continuità d'uso per mezzo di
soglie. Si tratta dunque di un muro molto tardo, posto sullo stesso alline­
amento di quello, di identico spessore, portato alla luce da Paola Lopreato
a sud della basilica forense 25, che una recente ipotesi propone di identifi­
care con l'antemurale della fortificazione a linea spezzata che correva
immediatamente a sud, databile al VI secolo 26.
Un'ipotesi sicuramente innovativa sulla forma originaria della colo­
nia e sul suo sviluppo nei decenni immediatamente successivi alla fonda­
zione è stata espressa recentemente da Eva-Maria Lackner nella sua
monografia sui fori repubblicani 21_
Secondo la studiosa, sarebbero desumibili, sulla base dell'esame del
reticolo stradale attualmente riscontrabile, tre fasi (fig. 7):
1- un castrum precedente alla deduzione coloniaria del 181 a.C., coinci­
dente con il nucleo rettangolare dell'ipotesi Bertacchi (10,5 ettari) 2s;

22 Cfr. VEDALDI lASBEZ 1989, pp. 97 ss.; STRAZZULLA 1989, pp. 215 s.; BANDELLI
2009. Si può osservare, a questo proposito, che in Livio il verbo munire (TLL VIII, cc.
1657 s.) è più spesso riferito al sistema difensivo complessivo di una città (Liv. 34, 29, 5:
urbis terra marique munitae) e, anzi, talvolta usato quasi in contrapposizione con l'erezio­
ne di una cinta (Liv. 24, 3, 8: situ tantum naturali quondam munita, postea et muro cincia).
Non è un caso che la risposta di Roma all'appello degli Aquileiesi fosse il notevole raffor­
zamento del corpo coloniario, avvenuto però solo due anni dopo ( 169 a.C.) e in seguito ad
una nuova richiesta degli stessi, cfr. ROSADA 1990, p. 374.
23 MAIONICA 1893, p. 22.
24 Così ora BERTACCHI 2003, p. 20.
25 LOPREATO 1980. Come muro tardo esso è effettivamente segnalato in BERTACCHJ

2003, tavv. 24-25.


26 VILLA 2004, pp. 606 ss.
27 LACKNER 2008.
2s La studiosa non considera l'appendice, davvero incongruente, verso ovest propo­
sta in BERTACCJ-11 2003, pp. 19 s. e tav. II.

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LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIARIO DI AQUILEIA

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Fig. 6. Pianta e sezione dello scavo di un muro di fortificazione che taglia il trac­
ciato di un decumano a sud-est del foro, 1889 (Museo Archeologico Nazionale di
Aquileia, n. 18/17).

2- il circuito murario del 181 a,C.: esso avrebbe compreso il presunto


castrum originario estendendosi verso nord all'incirca fino alla linea
del decumano che costituisce la prosecuzione della viaAnnia dopo il
suo ingresso in città dalla porta occidentale, per una superficie com­
plessiva di 30,43 ettari;
3- l'ulteriore ampliamento verso nord della cinta muraria, fino a com­
prendere la superficie finale di 41 ettari, attuato dopo l'invio del
supplementum del 169 a.C. o dopo l'apertura della via Annia (data­
zione proposta: 153 a.C.) 29_
Si tratta indubbiamente di un'ipotesi ingegnosa, ma che, al di là della
fragilità (se non dell'assoluta mancanza) degli elementi archeologici a
supporto, tende a creare più problemi di quanti in realtà ne risolva.
A prescindere dall 'argumentum ex silentio dell'assenza di riferimen­
ti nelle fonti, in particolare in Livio, ad un castrum militare proprio sul

29 LACKNER 2008, pp. 3] SS.

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:

o 100 200 M

Fig. 7. Sviluppo delle cinte murarie repubblicane di Aquileia, secondo l'ipotesi di


Eva-Maria Lackner. A. castrum precoloniario ( 183-181 a.C.); A-B. colonia latina,
181 a.C.; C. ampliamento verso nord (post 169 o 153 a.C.) (elaborazione di C.
Tiussi).

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LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONJARJO Di AQUILEIA

sito in cui sorgerà Aquileia negli anni che precedono la deduzione del
181 30, risulta altamente improbabile che la sua struttura, a maggior ragio­
ne se solo temporanea, abbia potuto influenzare il progetto globale di
pianificazione della nuova colonia, e in particolare l'andamento del suc­
cessivo circuito murario sui lati est, sud, ovest 31•
D'altro canto, l'ipotesi di un circuito murario originario, sorto al
momento della fondazione a coprire una superficie di poco più di 30 etta­
ri, e di un ampliamento successivo alla rifondazione del 169 a.C. o
all'apertura della via Annia, non è sorretta da argomenti archeologici. In
corrispondenza del decumano che costituisce la prosecuzione urbana della
via Annia, laddove andrebbe collocato, secondo Lackner, il limite setten­
trionale del perimetro del 181 a.C., non sono effettivamente mai emersi i
resti di un muro di fortificazione 32. Si può aggiungere che negli scavi
degli anni Trenta del secolo scorso Brusin poté riscontrare una diversa
tecnica di esecuzione delle fondazioni delle mura urbiche nel lato nord­
occidentale (cioè proprio nel tratto del presunto ampliamento sostenuto da
Lackner) rispetto a quella evidenziata in altri settori della cinta, con il
ricorso ad una piattaforma di blocchi bugnati di calcare istriano (fig. 2).

3o Liv. 39, 54, 2-55, 4. Cfr. la puntuale ricostruzione degli avvenimenti in BAN­
DELLI 2003, pp. 49 ss.; BANDELLI 2009, pp. I 05 ss. Dopo la calata in Venetiam dei Galli
Transalpini, che nel 186 a.C. intrapresero la costruzione di un oppidum a 12 miglia dal
sito di Aquileia, e l'ambasciata inviata nello stesso anno dai Romani per chiedere spiega­
zioni del! 'azione, solo nel 183 a.C. il console Marco Claudio Marcello intervenne, otte­
nendo il ritorno dei Galli alle loro pristine sedi anche dietro la promessa della restituzio­
ne dei beni di loro proprietà, attuata da un 'apposita delegazione della quale faceva parte
anche il futuro triumviro della deduzione coloniaria Lucio Manlio Acidino, e procedendo
alla demolizione dell'oppidum (cfr. Plin., Nat. Hist. 3, 131). Nello stesso anno fu delibe­
rata la fondazione della colonia, che avverrà solo due anni dopo: questo intervallo di
tempo può spiegarsi non solo con il dibattito intervenuto in Senato circa lo status giuri­
dico da attribuire alla colonia (Liv. 39, 55, 5), ma anche con il perdurante impegno belli­
co dei Romani ai due opposti dell'arco alpino, contro i Liguri e contro gli !stri: BANDELLI
2003, p. 59. Va rilevato che, pur dovendosi presupporre un certo movimento di legioni
nella Bassa friulana soprattutto nel triennio 183-181 a.C., nulla al momento autorizza ad
affermare che la base d'azione sia stato un castrum impiantato proprio nel sito della
futura colonia.
31 Sulla genesi del 'castrum-Typus' vedi LACKNER 2008, pp. 236 s., con riferimen­
ti bibliografici. Secondo la Lackner, sul lato nord il reticolo di base "im Bereich der von
Bertacchi vermuteten Nordmauer des castrum eine deutliche Zasur aufweist" (LACKNER
2008, p. 31), con evidente riferimento al muro cui, come si è detto, accenna Maionica (vedi
supra): al di là della consistenza del dato archeologico, si dovrebbe supporre che il muro,
costruito nel 183, venisse demolito nel 181 a.C.
32 Scavi estensivi e scientifici sono stati effettuati lungo il decumano, nel secondo
isolato a est del cardine massimo, dall'Università di Trieste: per i primi risultati vedi
MEDRI 2000. Le indagini dell'Università di Padova nell'insula immediatamente a nord del
decumano potranno forse portare ulteriori elementi a favore o contro questa ipotesi.

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FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA IY!ANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

Tuttavia, le medesime caratteristiche si ritrovano sia a sud sia a nord della


porta urbica occidentale, dalla quale la via Annia penetrava in città, men­
tre, al contrario, nel tratto nord-orientale, all'altezza della torre pentago­
nale a saliente, la fondazione in blocchi di pietra d'Istria manca. Le diffe­
renze di struttura fondazionale sono facilmente spiegabili in altro modo,
ad esempio con l'esigenza di ottenere una maggiore stabilità nel lato occi­
dentale e/o con una progressione delle fasi di cantiere della cinta, ali'in­
terno della quale il lato occidentale sarebbe stato realizzato in un momen­
to successivo rispetto a quello orientale 33.
Quanto poi alla centralità del foro in relazione al presunto circuito
murario originario, non più riscontrabile invece al momento del supposto
ampliamento del 169 o del 153 a.C. 34, esso sembra rispondere ad un faci­
le schematismo, che tuttavia non tiene conto della complessità e della
molteplicità delle soluzioni locazionali della piazza evidenziate dala stes­
sa Lackner nelle colonie repubblicane.
Dunque, gli elementi a supporto dell'ipotesi di una costruzione in più
fasi della cinta sono molto labili e, fino a prova contraria, è preferibile
continuare a pensare che il circuito murario sia frutto di un progetto uni­
tario, predisposto ali 'atto della fondazione. Esso si rendeva indispensabi­
le, del resto, non solo in considerazione dell'indubbia funzione strategico­
militare rivestita dalla colonia sullo scacchiere nord-orientale, ma anche
del chiaro significato simbolico che assumeva per la definizione urbana
del nuovo centro.
È altrettanto plausibile che l'attuazione di un progetto così impegna­
tivo abbia richiesto un periodo di tempo piuttosto lungo, protraendosi
forse anche dopo l'invio del supplementum del 169 a.C., negli atmi cioè
che coincidono con una più evidente accelerazione nella strutturazione
urbanistica, architettonica e funzionale della colonia, come sembra avve­
nire anche nel caso del decollo dell'impianto portuale 35.
In attesa di un'auspicabile ripresa delle indagini lungo la cinta, gli
indizi a sostegno di una datazione "alta" del circuito murario, per quanto
non decisivi, non mancano, e sono stati riassunti di recente da Jacopo
Bonetto 36. Tra questi, vi è anche il modulo inusitato del mattone impiega­
to per i paramenti (50 x 42 x 8/9 cm), che non ricorre, come è stato già
opportunamente segnalato 37, in nessun'altra delle cinte murarie delle
colonie coeve, né in costruzioni pubbliche e private di Aquileia: il che è

33 T1uss1 2006, p. 345.


34 LACKNER 2008, p. 3 I.
35 T1uss1 2007, in relazione all'arrivo di anfore vinarie rodie nel porto altoadriatico.
In generale cfr. ora BANDELLI 2009. Vedi anche infi·a.
36 Vedi soprattutto SONETTO 2004, pp. 167 ss.
37 RIGHINI 1970, p. 87; STRAZZULLA 1989, p. 208.

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LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIARIO DI AQUILEIA

indice di una fase della produzione laterizia ancora non standardizzata


nelle forme tipiche dei periodi successivi. È doveroso sottolineare come
l'uso del laterizio abbia trovato qui la prima applicazione su vasta scala
nell'area friulana, e ciò significa che, mancando una tradizione locale
nella fabbricazione di questi manufatti prima della deduzione di Aquileia,
per l'organizzazione della filiera produttiva fu decisivo l'apporto dei colo­
ni centro- e suditalici, presso i quali l'uso del mattone cotto era invece
ampiamente diffuso 38,
Forse è proprio ad uno dei primi coloni che si deve riferire la sigla
SP su uno dei mattoni del tratto meridionale della cinta, individuato nel
1988 tramite un piccolo sondaggio (figg, 8-9) 39. Considerato il fatto che
la scritta fu verosimilmente ottenuta tramite impressione digitale sul! 'ar­
gilla non completamente essiccata, è rischioso desumere dai caratteri
paleografici (la S a tre tratti e la P aperta) elementi per una datazione più
puntuale del manufatto e, dunque, del tratto della cinta cui esso apparte­
neva. Per quanto riguarda l'interpretazione della sigla è plausibile che si
tratti dell'abbreviazione del nome di uno degli addetti alla fabbricazione
dei mattoni, a meno che non vi si debba riconoscere piuttosto una anno­
tazione per così dire "ufficiale": cosa che, tuttavia, riesce difficile soste­
nere, considerato il carattere estemporaneo della scritta, per la quale non
fu utilizzato un punzone, e il suo connotato poco esplicito, Vale la pena
sottolineare che un confronto piuttosto interessante, anche dal punto di
vista cronologico, è riscontrabile nelle mura di Ravenna, dove l'uso di
sigle è assai diffuso ed è riferito proprio alle iniziali dei produttori o dei
lavoranti 40_

38 T1uss1 2006, p. 346. Cfr. anche le considerazioni generali espresse in CoARELLI 2000,
pp. 92 ss.
39 Accenni in T1uss1 2006, pp. 347 ss.
40 MANZELLI 2000, con datazione ancora sullo scorcio del III sec. a.C. Tra le sigle,
ricorre anche il gruppo AR, che in passato era stato sciolto in Ar(iminum o -iminensium)
(MALNATI, VIOLANTE 1995, p. 117) ovvero, se letto in maniera retrograda, Ra(venna o
-vennalium) (REBECCHI 1998, p. 191 ): in entrambi i casi, la sigla avrebbe contenuto un
riferimento "ufficiale" ai responsabili della costruzione delle mura, chiamando in causa
l'iniziativa della colonia di Ariminum ovvero quella della comunità ravennate. Resta
comunque il fatto che tale ipotesi non dà conto delle altre numerose sigle alfabetiche o
numeriche rinvenute sui mattoni della cinta. Sul problema vedi anche BANDELLI 2008, p.
46. Va sottolineato, inoltre, che in un altro caso di fortificazioni della seconda metà del III
sec. a.C., quello di Reggio Calabria, il carattere ufficiale delle scritte (1:axÉoov e 'P1iy(voov)
impresse con punzoni sui mattoni della cinta appare decisamente più esplicito (MALNATI,
VIOLANTE 1995, p. l 17, con bibliografia precedente). Benché l'osservazione non sia stret­
tamente pertinente, vale la pena di sottolineare che è impressa con un punzone anche la
scritta Galicos colonos su un guttus rinvenuto nel territorio gallico e piceno oggetto di
distribuzione viritana nel 232: da utimo BANDELLI 2008, p. 47.

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FRANCA MASELLJ SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRJSTIANO TIUSSI

Fig. 8. Tratto delle mura repubblicane, scavo 1988 (da T1uss1 2006).

Fig. 9. Sopra il mattone con sigla SP (da T1uss1 2006); sotto facsimile della sigla
desunta dalla fotografia (C. Tiussi).

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LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONJARJO DI AQUILEIA

L'ORGANIZZAZIONE URBANA E IL SISTEMA VIARIO

Alla prima fase della pianificazione urbana va senza dubbio riferita


anche l'organizzazione del sistema viario e, conseguentemente, della
scansione delle insulae (fig. 1) 41• In questo ambito i dati sono piuttosto
esigui, nel senso che, pur essendo ricostruibile con una certa sicurezza il
reticolo viario ad assi ortogonali, mancano quasi completamente indagini
stratigrafiche puntuali sui tracciati stradali, di cui è nota, nella migliore
delle ipotesi, la fase d'uso più recente. Inoltre, è quasi completamente
sconosciuta la griglia stradale a nord del decumano che costituisce la pro­
secuzione entro le mura della via Annia, anche se in questo caso sono
d'aiuto alcune foto aeree della zona 42.
Nonostante queste lacune, l'appartenenza di alcuni assi viari alla fase
dell'impianto coloniario può essere stabilita anche in assenza di dati più
circostanziati 43• È questo il caso, ovviamente, dell'asse nord-sud inclinato
di 22 ° 30' (o 22° ) a ovest, oggi ripercorso dalla SR 352, che coincide con
il cardine massimo della centuriazione aquileiese "classica" e che costitu­
isce il vero fulcro dell'organizzazione urbana di Aquileia (fig. 1, n. 10) 44•
Lo stesso discorso vale per il decumano che si diparte dalla porta occiden­
tale, che dagli scavi stratigrafici effettuati dall'Università di Trieste risulta
rispettato dalle abitazioni che vi si affacciavano fin dalle prime fasi edili­
zie documentate 4s_ Alla pianificazione originaria appartiene verosimil­
mente anche il cosiddetto decumano di Aratria Galla, identificabile con il
primo decumano a sud del foro o con quello più a nord, quest'ultimo
interrotto dalla piazza e diviso perciò in due tratti distinti. Com'è noto la
denominazione convenzionale deriva dalle due epigrafi gemelle comme­
moranti l'atto evergetico di lastricatura da parte di Aratria Galla: è possi­
bile, ma non certo, che almeno questa via non avesse ricevuto una pavi­
mentazione solida in basoli prima dell'età giulio-claudia 46• Alla stessa

41 Sul tema vedi la recente messa a punto metodologica in Muzz1ou 2004.


42 Ad esempio quella riportata in Muzz1ou 2004, p. 137, fig. 7.
43 T1uss1 2006, pp. 348 ss.
44 Vedi ora MUZZIOLI 2004, pp. 122 ss.
45 MEDRI 2000, c. 313.
46 InscrAq, 842 e 3495. Il decumano di Aratria Galla viene solitamente identificato con
l'asse viario adiacente alla basilica civile, sul cui lastricato venne ritrovata una delle due iscrizio­
ni gemelle (lnscrAq, 3495). Più recentemente, Maria Pia Muzzioli preferisce riferire l'in­
dicazione epigrafica al decumano che è interrotto dalla piazza forense e che presenta dunque
due tratti distinti, integrando l'iscrizione più completa in decumanum a I [for}o ad portam I
[ - - -}nam: cfr. Muzz1ou 2004, pp. 132 ss. L'ipotesi è sicuramente plausibile, poiché ben conci­
lia la notazione epigrafica, in cui peraltro si registra l'unicum della definizione decumanus per
una strada urbana, con la situazione ancor oggi riscontrabile. La posizione del primo decumano
a sud del foro, così come del primo cardine a ovest del complesso, coincidono con quelle deri-

249
FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

fase si può far risalire anche il primo decumano a nord del foro, che lam­
biva a sud il Comitium, come avviene a Fregellae 47, e che fu successiva­
mente interrotto, forse, dalla monumentalizzazione del foro 48.
Per il resto, appare al momento difficile, sulla base dei dati disponi­
bili, andare molto oltre queste considerazioni. Ne consegue che anche la
ricostruzione della scansione insulare risulta al momento solo parziale,
benché non siano mancate alcune ipotesi di restituzione del piano pro­
grammatico complessivo.
li primo tentativo in questo senso è stato operato da Maria José
Strazzulla (fig. 10), che ha evidenziato l'importanza degli isolati colloca­
ti a fianco del cardine massimo, a nord e a sud del foro, le cui dimensioni
sono indicate in 450 piedi di lunghezza (circa 142 m) e in 360 piedi di
larghezza (3 actus, 106 m circa): a queste misure andrebbero sommate le
ampiezze delle sedi stradali, calcolate in 30 piedi (circa 9 m). Moduli
diversi in ampiezza sono riscontrabili soprattutto negli isolati collocati
lungo il settore orientale delle mura (240 e 180 piedi) 49.
Dal canto suo, Maura Medri, prendendo le mosse dall'isolato ogget­
to di studio da parte dell'Università di Trieste e da misurazioni strumen­
tale più precise, ha indicato come modulo-base un'insula di 460 x 340
piedi (135,7 x 100 m circa), che, riproposto su tutta l'area intramurana,
darebbe vita a 15 isolati, cui sarebbero da aggiungere altri 7 di modulo
diverso (fig. 11) so. Alla studiosa si deve anche un'ipotesi di suddivisione
delle insulae in parcelle di misura pari a 29,5 x 41,30 m, che assomme­
rebbero in tutto a 164 unità residenziali 51.
Un disegno originario più semplificato della griglia urbana, che non
comporta una quota prefissata per le sedi stradali, è l'ipotesi espressa
recentemente da Maria Pia Muzzioli, la quale ritiene plausibile un modu­
lo di 480 x 360 piedi (4 x 3 actus) esteso su tutta la superficie della città,
salvo le zone più prossime alle mura e l'area del foro (fig. 12) 52. Il foro,
posto all'incrocio dei due assi viari più importanti, interrompe questa

vanti da un calcolo teorico effettuato tenendo come base le dimensioni del foro (MENG 1993, p.
302 e fig. 6), che non può che riferirsi al piano programmatico iniziale della colonia.
47 T1uss1 2006, p. 350.
48 Discussione in T1uss1 c.s.
49 STRAZZULLA 1989, pp. 191 SS.
so MEDRI 2000, cc. 313 ss. Lo spazio utile all'interno degli isolati, togliendo le
quote riservate a botteghe e marciapiedi, sarebbe pari a 400 x 280 piedi.
51 MEDRI 2000, cc. 314 ss. Una discussione sull'ipotesi, proposta anche sulla base
delle recenti riflessioni a proposito dell'urbanistica di Cosa e di altre colonie latine, si
trova in Muzz1ou 2004, pp. 137 ss., con riferimenti bibliografici
52 Muzz1ou 2004, pp. 136 ss. Per via indipendente, sono queste le misure assegna­
te alle sei insulae disposte a fianco del cardine massimo, a nord e a sud del foro, anche in
LACKNER 2008, p. 32.

250
LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIAR/0 DI AQUILEIA

Figg. I 0-12. Organizzazione viaria e


scansione insulare di Aquileia.

Fig. IO. A fianco, nell'ipotesi proposta


di M. J. Strazzulla (da STRAZZULLA
1989).

Fig. 11. Sotto a s1111stra, nell'ipotesi


proposta di M. Medri (da MEDRI
2000).

Fig. 12. Sotto a destra, nell'ipotesi


proposta di M. P. Muzzioli (da
MUZZI0LI 2004).

251
FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO T!USS!

scansione, occupando programmaticamante una superficie di 5 x 3 actus


( 177,5 x 106 m) 53 e determinando un diverso assetto degli isolati adiacen­
ti a est e a ovest 54_
Ciò non significa, comunque, che nel corso del tempo la pianifica­
zione urbana non possa aver subito delle variazioni, degli adattamenti o
dei completamenti rispetto al progetto originario. Questo sembra essere il
caso, ad esempio, del cardine tracciato a nord-est del foro a ridosso delle
mura repubblicane, nel punto di massima estensione est-ovest della città:
esso si sovrappone, infatti, ad un pavimento in cocciopesto 55, riferibile
evidentemente ad un edificio di una fase precedente, nella quale era pre­
vista una diversa organizzazione spaziale 56. Fortemente in dubbio è l'ap­
partenenza al piano iniziale del cardine prossimo all'angolo sud-orientale
delle mura, nell'area archeologica dei fondi Cossar 57•
Forse non è un caso che il modulo-base di 4 x 3 actus, verosimilmen­
te quello stabilito all'atto della fondazione, sia riscontrabile solamente
negli isolati più prossimi al cardine massimo e ali 'area forense: nel caso
delle fasce marginali, a ridosso delle mura, la pianificazione urbanistica
sembrerebbe essere stata adottata, o comunque rimeditata, in una fase più
avanzata dello sviluppo della città, orientativamente collocabile tra la fine
del II e il I sec. a.C.

IL FORO

Il comprensorio urbano in cui si coglie meglio la stretta correlazione tra le


scelte urbanistiche e le strutture politiche de1ivanti dallo status gimidico della
colonia è il foro, che riteniamo fosse ubicato nel sito athiale fin dalla fondazione
e avesse dimensioni del tutto simili a quelle della piazza di età imperiale (fig. 1,

53 Muzz1ou 2004, pp. 16 s., in cui l'asse est-ovest, posto sull'importante allinea­
mento canale Anfora-via per Tergeste non è considerato identificabile con il decumano
massimo della centuriazione. Non si comprende su quali basi Eva-Maria Lackner individui
il decumano massimo nel tratto urbano della via Annia, cfr. LACKNER 2008, p. 32.
Nell'ipotesi proposta da Muzzioli, rimarrebbero esclusi dalla superficie dell'area forense
gli edifici del Comitium e del Macellum, mentre vi sarebbe incluso lo spazio poi occupato
dalla basilica forense.
54 Fenomeno, questo, riscontrabile in molte colonie della Cisalpina, come Luca,
Ariminum, forse Bononia e Parma: cfr. già STRAZZULLA 1989, p. 196; MUZZIOLI 2004, p.
137; T1uss1 2006, p. 351, con ulteriore bibliografia.
55 8ERTACCHI 1974, p. 387.
56 T1uss1 2006, p. 351. Gli isolati creati da questo cardine sono decisamente più
stretti (circa 4 x I actus): cfr. LACKNER 2008, p. 32.
57 Ringrazio per l'informazione Jacopo Bonetto, che dirige gli scavi dell'Universi­

tà di Padova nell'area dei fondi Cossar e che ha iniziato nel 2009 l'indagine del cardine
ancor oggi visibile.

252
LA PRIMA FASEDELL'IMPIANTO COLONJARIODI AQUILEIA

Fig. 13. Ricostruzione planimetrica del


foro repubblicano: 1. piazza; 2. Comi­
tium; 3. "pozzetti"; 4. strutture murarie
repubblicane; 5. Macellum; 6. cardine
: \ 5 massimo (C. Tiussi).
·- ·······
L...--L- L..........l

4
0 10 20 30m
--.- ··- ·- -
•::-··

n. 11; fig. 13) 58. In questo caso, il con­


fronto con realtà assai meglio note
come quelle delle colonie latine medio­
\·3 repubblicane di Fregellae, Alba Fucens,
Cosa e Paestum appare assai indicati­
vo 59. In tutte queste fondazioni, si
riscontra come l'edificio comiziale (fig.
1, n. 11; fig. 13, n. 2; fig. 14) svolga un
molo egemone nel quadro dell'assetto
forense, se non di fulcro dell'organizza­
zione spaziale, e non sorprende, quindi,
······-
che nei casi meglio conosciuti esso
costituisca in assoluto il primo edificio
pubblico realizzato nel centro delle neo­
nate colonie latine 60. Nello stesso tempo
si coglie l'adesione ad uno schema
architettonico piuttosto simile, che pre­
f \
1 vede la costruzione di una cavea circo­
3

·····-·· - lare ali'interno di un recinto quadrango­


lare, cui si aggiunge la realizzazione
della curia, collocata invariabilmente a
: 4
nord della cavea e in asse con l'entrata
principale dal foro. A dispetto delle
1-------' I i
'---------4 obiezioni che sono venute anche di
recente a questa idea 61, è inevitabile

58 Da ultimo T1uss1 2006, pp. 351 ss.; T1uss1 2009a; T1uss1 c.s. In questo senso
anche LACKNER 2008, p. 33. Contra, BERTACCHI 2003.
59 T1uss1 2006. Cfr. ora le schede in LACKNER 2008, pp. 20 ss. (Alba Fucens), 80 ss.
(Cosa), 95 ss. (Fregellae), 139 ss. (Paestum).
60 Vedi T1uss1 2006, pp. 354 ss.; LACKNER 2008, pp. 260 ss., con ampia bibliografia
precedente.
61 CARAFA 1998; AMICI 2004-05.

253
FRANCA MASELll SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO T!USSI

Fig. 14. Scavo del Comitium, ripreso da ovest (1994).

pensare che il modello di riferimento fosse costituito dall'omologo complesso


di Roma 62. Rispetto alla scelta urbanistica visibile nelle colonie gemelle di
Cosa e Paestum, in cui il comizio è posizionato al centro di uno dei lati lunghi,
ad Aquileia si optò invece per una collocazione su uno dei lati brevi, accanto
all'asse viario egemone rappresentato dal cardine massimo, secondo uno sche­
ma che si trova, speculare, a Fregellae 63.
All'utilizzo dello spazio forense come luogo collegato agli istituti politi­
co-amministrativi della colonia potrebbero rimandare altri apprestamenti,
recentemente identificati nel corso di saggi in profondità nella piazza forense
di Aquileia (fig. 13, n. 3; fig. 15). Ci riferiamo ai cosiddetti "pozzetti", destina­
ti a reggere un elemento ligneo, che sono stato individuati ai margini della
piazza, in particolare lungo i lati occidentale e settentrionale, al di sotto dei
livelli di preparazione del lash·icato della prima età imperiale, e che sono dun­
que con una certa sicurezza riconducibili alla fase repubblicana del comples­
so 64• Le forti somiglianze nella disposizione ai margini della piazza e, in taluni

62 COARELLI 1985. Cfr. MOURITSEN 2004; T1uss1 2006, pp. 356 ss.; LACKNER 2008,
pp.260 ss.
63 T1uss1 2006; T1uss1 c.s.
64 T1uss1 2006, pp. 362 ss.; MASELLI SCOTTI, MANDRUZZATO, T1uss1 2007, pp. 36 s.;
Foro orientale 2007, pp. 40 ss.

254
LA PRJ!v!A FASE DELL'IMPIANTO COLONIARJO DI AQUILEIA

Fig. 15. "Pozzetti" nell'area forense di Aquileia. A-B. lato lungo occidentale,
scavi 1992 e 2006; C. lato breve settentrionale, scavi 2007.

255
FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

Fig. 16. a. area forense, livelli di oblite­


razione della piazza. Frammento di
coroplastica con panneggio di statua e
tracce di colore; b. basilica forense, sca­
vo degli ambienti tardonatichi. Fram­
mento di ara(?) con fregio a dentelli.

a. casi, anche nella tecnica realizzativa


rendono suggestivo l'accostamento ai
"pozzetti" rinvenuti in tutte le colonie
latine sopra ricordate: un'ipotesi anco­
ra convincente, sebbene non da tutti
condivisa 6s, propone di ricollegare
all'allestimento di saepta provvisori
per lo svolgimento dei comizi 66_
Rimanendo nell'area del foro,
nulla di più sappiamo dell'aedes
costruita da T. Annio Lusco, trium­
viro del 169 a.C., nota da un'impor­
tante iscrizione rinvenuta nel settore
b.
occidentale della piazza, la cui col-
locazione nell'ambito forense sem­
bra l'opzione preferibile 67• I futuri
scavi previsti nell'area potranno verificare l'ipotesi, che è stata recente­
mente sostenuta, di una sua possibile ubicazione nei pressi del Comitium,
per analogia con quanto avviene in altre colonie latine, in particolare a
Fregellae 68. Si può segnalare, in ogni caso, che nuovi frammenti di coro­
plastica e di decorazione architettonica fittile, purtroppo molto esigui, ma

65 MOURITSEN 2004, pp. 54 ss. (con la replica di COARELLI 2005); LACKNER 2008,
pp. 274 e 279 s.: benché orientata a negare l'utilizzo dei "pozzetti" per i saepta, la studio­
sa non lo esclude del tutto (LACKNER 2008, pp. 221 e 286).
66 La formulazione più completa in TORELLI I 99 I; da ultimo COARELLI 2005.
67 ZACCARIA 1996, cc. 179 ss.; MASELLI SCOTTI, ZACCARIA 1998, pp. 130 ss. Sulla
possibile titolarità del tempio vedi T1uss1 2006; T1uss1 2009b, p. 394, in cui sono riportati
anche i pochissimi dati sugli spazi di culto repubblicani della colonia. In generale,
LACKNER 2008, p. 266. Sul personaggio e sul problema della datazione della via Annia
vedi ora DONATI 2009.
68 T1uss1 2006, p. 370. LACKNER 2008, p. 34, pensa piuttosto al lato breve setten­

trionale, a est del Comizio e del cardine massimo.

256
LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIAR/0 DI AQUILEIA

forse provenienti dal tempio repubblicano affacciato sulla piazza, sono


stati rinvenuti nelle indagini della basilica forense e negli scavi recenti del
foro, seppure in giacitura secondaria (fig. 16).

C. T.

IL PORTO FLUVIALE

Difficile, allo stato attuale delle conoscenze, è inquadrare cronologi­


camente le strutture po1tuali più antiche della colonia, per le quali i vecchi
scavi di Brusin 69 al di sotto dell'impianto monumentale hanno fornito
elementi assai frammentari e di difficile inquadramento. La collocazione
urbanistica nella fascia ad oriente delle mura (fig. I, n. 16), dove sorgerà il
complesso portuale di prima età imperiale, sembra fuori di dubbio, e lo
stesso arretramento del lato est della cinta rispetto al fiume Natiso cum
Turro (Plin. Nat. III, I 8, 126) 70 potrebbe essere un indizio a sostegno di
questa ipotesi. Recenti indagini 71 e la rilettura di quanto edito, tuttavia,
permettono di ipotizzare che la zona nordoccidentale dove sorgerà il porto,
a partire dalla metà del II sec. a.C. sino alla metà del I sec. a.C., avesse una
destinazione abitativa con edifici, costruiti a ridosso del fiume, coerenti
con l'urbanistica cittadina 72• Delle più antiche strutture portuali si hanno
poche notizie in quanto la successiva monumentalizzazione le ha probabil­
mente annullate quasi completamente; ad una fase antica delle installazio­
ni portuali, comunque, sarebbero da attribuire una prima sistemazione
della sponda con un lastricato e una gradinata verso il fiume (fig. 17) 73 e

69 Le struttw-e portuali furono viste e riportate nella Fundkarte alla fine dell'Otto­
cento, senza identificarne la loro fìmzione, cfr. MAI0NICA 1893. Solo negli anni Venti del
secolo successivo Giovanni Brusin ricercando le mura di Aquileia, riconobbe il porto e,
dopo lo scavo, ne valorizzò la sponda occidentale: si veda BRUSIN 1934 e i suoi articoli
nella rivista «Aquileia Nostra» dal 1930 al 1933; successive indagini e riflessioni in
CARRE, MASELLI Scon1 200 I; cfr. anche BERTACCHI 2003, pp. 35-36; MASELLI Scon1,
RUBINICH 2009, pp. I03-105 dove vengono esaminati anche i dati più recenti emersi nelle
indagini nella zona portuale settentrionale.
70 A Monastero, zona nordorientale di Aquileia, attraverso sondaggi geognostici, si è

potuto collegare un ponte di almeno 38 metri al punto di confluenza dei due corsi d'acqua
riferibili al sistema idrografico che alimentava il porto canale, si veda CARRE 2004; sul siste­
ma idrografico aquileiese, parzialmente scomparso, cfr. ARNAUD-FASSEHA et a/ii 2003.
71 Da ultimo per la zona più settentrionale cfr. MASELLI Scon1, MANDRUZZAT0,
T1uss1 2004.
7 2 CARRE, MASELLI Scon1 200 I, p. 214; sulle fasi della zona indagata dal!' École

Française de Rome e dall'Università di Trieste cfr. MAGGI, URBAN 2001.


73 È stata trovate sotto la rampa centrale, costruita con tavoloni su pali di quercia

cfr. CARRE, MASELLI Scon1 200 I, pp. 18-220.

257
FRANCA 1\1ASELLI SCOTTI, LUCIANA /v!ANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

Fig. 17. Resti delle strutture portuali (gradinata, a sinistra) precedenti l'impianto
della prima età imperiale (magazzini, a destra).

258
LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIARIO DI AQUILEIA

Fig. 19. Anfora greco-italica dal relitto


"Grado 2".

Fig. 18. Pianta della struttura porticata


messa in luce a ovest dell'impianto
monumentale del porto (da CARRE, Fig. 20. Anfora rodia tardo-ellenistica
MASELLI SCOTTI 200 I). da Aquileia.

259
FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO T!USSI

forse un edificio porticato, situato a ovest del porto (fig, 18). Rimane,
tuttavia, il problema cronologico, riguardante i tempi e i modi della fun­
zionalità del po1io fluviale, problema che la recente scoperta del relitto di
Grado 2 con anfore grecoitaliche della fine del III sec. a.C. (fig. 19) 74
ripropone anche per il periodo precedente alla fondazione 75. Se dobbiamo
prendere alla lettera il testo di Livio, il quale racconta che il console C.
Claudius Pulcher raggiunse per nave Aquileia per proseguire la guerra
contro gl'Istri, nel 177 a.C., si potrebbe dedurre un'operatività, anche
limitata, dello scalo aquileiese. Sulla base di altri indizi, sembra tuttavia
che il decollo dell'impianto portuale della colonia dovette compiersi
soprattutto all'indomani dell'invio del supplementum del 169 a.C. La
notevole quantità di frammenti bollati di anfore rodie, ad esempio, testi­
monia che la consistente importazione del vino dall'isola del Dodecanneso
ha inizio già negli anni Sessanta del II sec. a.C. e assume contorni di con­
tinuità a cavaliere della metà del II sec. a.C. (fig. 20) 76• Del resto il perio­
do che coincide con il supplementum coloniario del 169 a.C., come si è
già accennato, si rivela decisivo per l'organizzazione urbanistica e territo­
riale della colonia anche in altri settori. Si pensi all'ipotesi, assai plausibi­
le, circa il coinvolgimento del triumviro M. Cornelio Cethego nelle ope­
razioni di bonifica e di sistemazione idraulica del circondario 77, e al ruolo
avuto nel campo dell'edilizia sacra di rappresentanza dall'altro triumviro,
T. Annio Lusco 18.

STRUTTURE DI MERCATO

Per quanto riguarda altri aspetti urbanistici, segnaliamo ancora l'esi­


stenza del foro pecuario, noto da un'iscrizione (fig. 21) 79, rinvenuta in

74 Per la notizia del relitto con anfore grecoitaliche cfr. ToRTORICI 2002.
75 Attestano la presenza di un centro a carattere emporiale a partire dal V sec. a C.
i numerosi materiali provenienti da area veneta, etrusco padana e magnogreca, rinvenuti
specie nella zona a settentrione del foro: cfr. MASELLI SCOTTI 2004 e V1TR1 2004.
76 Si noti la serie degli eponimi continua dal 152 al 146, cfr. T1uss1 2007.
77 STRAZZULLA 1989.
78 Al triumviro veniva anche attribuita la costruzione della via Annia e dunque il
collegamento stabile con i centri dell'area veneta: sulla questione, c fr. da ultimo T1uss1
2004, pp. 260 s. Va rilevato, tuttavia, che un recentissimo rinvenimento epigrafico attribu­
isce a T Annius Ri!fi,s la realizzazione del tracciato stradale cfr. DONATI 2009. L'ipotesi era
già stata formulata in 80s10 I 991, sulla scorta delle considerazioni di DEGRASSI l 955, p.
263 SS. e DEGRASSI l 956, p. 35 ss.
79 CJL V, 83 13 = GREGORUTTI 1883-84, pp. 383 ss., n. I 02 = Supplementa italica
125 = CIL2, 2197 = JLLRP 487a = Jmagines 208 = lnscrAq, 5; cfr. CHIOFFI 1998; Cl·IIOFFI
1999, p. I 09, n. 5.

260
LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLON!ARIO DI AQUILEIA

Fig. 21. L'iscrizione menzionante il fo­


rum pecuarium.

giacitura secondaria e databile intor­


no al 148 a.C., che ricorda la realiz­
zazione, su decisione del senato
locale, di una bretella di collega­
mento fra il.forum pequarium stesso
e la via Postumia. La collocazione
topografica di questo mercato è
molto dibattuta, e sulla questione di
recente sono tornati Cristiano Tiussi
e Jacopo Bonetto (fig. 22) 80. La
collocazione extraurbana trova
numerosi riscontri in area centro e
sud-italica, dove questi mercati,
sotto la tutela di Ercole, sono quasi
sempre posti nei pressi di una sor­
gente d'acqua. Ad Aquileia si è
proposto di identificare il foro
pecuario nel vasto complesso venu­
to in luce a sud del fiume Natissa 81,
dove è stata rinvenuta, però reim­
piegata in una muratura, un'ara, di
età tardo repubblicana, dedicata ad
Ercole 82. A questa identificazione
sono d'ostacolo la cronologia del
complesso, che non sembra risalire
all'età repubblicana e la presenza di
numerosi ambienti anche mosaicati,
apparsi negli scavi del 1976 e in
altri successivi 83. Un'altra possibile

80 T1uss1 2004, pp. 258 ss.; da ultimo SONETTO 2007 mette a confronto le diverse
proposte di localizzazione del mercato caprovino.
81 L'ipotesi è di Luisa Bertacchi in base ai risultati dello scavo d'emergenza fatto
presso il fiume cfr. da ultimo BERTACCHI 1980, p. 145, e BERTACCHI 1990, p. 645.
82 Sulla presenza di Ercole quale nume tutelare della pastorizia nell'Italia nord­
orientale cfr. ZENAROLLA 2008.
83 MASELLI SCOTTI, T1uss1 1999 postulano un uso residenziale del complesso;
riprende l'argomento T1uss1 2004, pp. 270 ss., in particolare nota 38.

261
FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

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Fig. 22. Pianta del complesso dei cosiddetti "mercati" a sud del fiume Natissa ( da
T!USSI 2004).

collocazione per il forum pequarium è prospettata nella zona settentriona­


le, dove la connessione con la via Postumia, identificata col cardine mas­
simo, sarebbe stata più breve e avrebbe permesso un più agevole trasferi­
mento delle greggi s4_ Queste, infatti, per la transumanza percorrevano
tracciati settentrionali in direzione della media pianura friulana e delle
prealpi e alpi Giulie; il percorso prospettato troverebbe conferma nei pic­
coli luoghi di culto a Cisis presso Stassoldo e a Sevegliano.
Un'ulteriore argomentazione a favore di questa localizzazione è
data, probabilmente, da recenti rinvenimenti nel tratto posto immediata-

84 T1uss1 2004, pp. 271-273.

262
LA PRIMA FASE DEll'JMPIANTO COLONJARJO Di AQUJLEJA

Fig. 23. Aquileia, livelli di riempimento del canale Anfora: resti di fauna.

mente a nord-ovest della città di canale Anfora, opera artificiale 85 coeren­


te con la centuriazione aquileiese, ma di discussa cronologia 86. Tali ele­
menti sono costituiti oltre che da letame bovino e semi/frutti derivanti da
prati-pascoli, da resti animali che risultano primariamente esiti di macel­
lazione (fig. 23); tra di essi i più numerosi sono i bovini, a cui seguono i
suini, gli ovini, i caprovini e gli equini 87• Ciò può far ipotizzare un luogo
di concentrazione di bestiame a scopo di mercato 88 o altro; ad esempio si
può prospettare un luogo di stanziamento stabile per l'allevamento secon­
do un modello che si va affermando nella Cisalpina, diversamente da
quanto noto nel resto della penisola italica 89_
Quanto al mercato aquileiese di età repubblicana, il Macellum, que­
sto si colloca immediatamente a nord-ovest del foro e si apre sul cardine
massimo (fig. 1, n. 13) 90_

85 P er le prime notizie sullo scavo, di cui è in corso una esaustiva pubblicazione,


cfr. MASELLI SCOTTI 2005.
86 Lafossa è attribuito ali' epoca della fondazione di Aquileia da STRAZZULLA 1989,

p. 217; ad età cesariana da BERTACCHI 1990a, pp. 242-243.


87 Le analisi dei campioni prelevati nel recente scavo sono di ARCO, Cooperativa

di Ricerche Archeobiologiche, laboratorio di Archeobiologia dei Musei Civici di Como,


rispettivamente, per i resti carpologici, di M. Rottoli, per quelli animali di S. Di Martino,
P. Dondolini.
88 Sullo sfruttamento della fauna ad Aquileia cfr. C1-11ABÀ 2007; PETRUCCI 2007.

89 L'ipotesi è prospettata da BONETTO 2007, pp. 720 ss.


90 Sul Macel!um cfr. MASELLI SCOTTI I 995; riprende l'argomento T1uss1 2004, p.
273 ss.

263
FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

Va rilevato, h1ttavia, che sfugge l'evenh1ale connessione di Canale


Anfora con un mercato più antico in quanto la cronologia è limitata da
quella del tratto indagato della/ossa, attiva tra la seconda metà del I e la
metà/fine del III sec. d.C.

IL"rozzo"NELL'AREA DELL' EX-ESSICCATOIO NORD.


UN CONTESTO DEL PRIMO PERIODO COLONLARJO

Qualche accenno meritano anche i dati finora disponibili circa gli ele­
menti strutturali del primo pe1iodo coloniario indagati recentemente con meto­
do scientifico, in particolare nell'impo1tante sito dell'ex-Essiccatoio Nord (fig.
1, 11. 13).
Come è ben noto, la piana alluvionale su cui sorge Aquileia è caratte­
rizzata dalla presenza di numerosi corsi d'acqua ora spariti: esemplificativo
è il caso dello scomparso Natiso cum Turro, di pliniana memoria, che avreb­
be alimentato il porto canale; il paesaggio antico era caratterizzato da zone
emergenti entro specchi d'acqua e paludi. Le recenti indagini archeologiche
e paleoambientali hanno rivelato l'attività necessaria all'insediamento
umano in un ambiente umido 91; ciò si evidenzia, con modalità diverse, a
partire dalla prima età del ferro quando nella zona a nord del foro il villaggio
protostorico, collocato su zone naturalmente elevate ma vicine ad un corso
d'acqua, ha bisogno di una bonifica, realizzata con pali verticali e travi
orizzontali di quercia, elementi tutti disposti secondo un preciso orienta­
mento nordsud-estovest, per permettere l'edificazione al di sopra delle
capanne dell'abitato (fig. 24) 92.
Quanto alle strutture di età romana, di cui è non è facile I 'attribuzio­
ne ad edifici pubblici o privati, data la rilevante umidità esse, per la loro
costruzione, hanno sempre avuto bisogno di opere di bonifica e drenaggio,
ottenute con diverse metodologie, dalle anfore e materiali ceramici dispo­
sti entro trincee sopra cui si innalzavano i muri, a strati di riporti artificia­
li, anche di rilevanti dimensioni (1,60 m) dove si alternavano ghiaie a
livelli di sabbie, compattate da frammenti anforacei o tegole disposte ver­
ticalmente, tecnica di bonifica in uso ancora alla fine del I sec. a.C. 93•
Sempre a questa esigenza va ricondotto lo scavo per un "pozzo", profondo

91 Ricerche paleoambientali sull'idrografia antica sono state effettuate ad Aquileia


attraverso l'analisi dei sedimenti presenti nei carotaggi, fatti in diverse zone, nell'ambito
di un progetto interdisciplinare denominato SARA cfr. MASELLI SCOTTI, PARONUZZI,
PUGLIESE 1999; CARRE, MAROCCO, MASELLI SCOTTI, PUGLIESE 2003.
92 Per il villaggio di IX-V sec. a.C. cfr. MASELLI Scorn 2004.
93 Vengono sinteticamente illustrati i metodi di bonifica di età romana nella zona da

ultimo in MASELLI SCOTTI, ROTTOLI 2007, pp. 783-788.

264
LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIARJO DI AQUILEIA

Fig. 24. Aquileia, ex-Essiccatoio Nord. Strutture di bonifica dei età protostorica
e di età romana.

265
FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRJSTIANO TIUSSI

circa 3 m, senza camicia diversamente da altri due, rivestiti da doghe di


legno, rinvenuti nell'area. La sua indagine è stata solo parziale per motivi
di sicurezza; il riempimento di materiale ceramico realizzato quasi con­
temporaneamente allo scavo sembra ascrivibile ai primi anni della colo­
nia; sotto iniziava la sequenza degli strati protostorici 94•

F. M. S.

I MATERIALI CERAMICI

Il riempimento del "pozzo", in effetti una profonda buca per far con­
fluire le acque a scopo di drenaggio, ha restituito un complesso di mate­
riali particolarmente interessante per abbondanza e stato di conservazione
dei reperti 95•
La maggior parte dei contenitori rinvenuti sono in ceramica comu­
ne depurata; si tratta quasi esclusivamente di forme chiuse, verosimil­
mente utilizzate per attingere, trasportare e conservare l'acqua. Sono
prevalentemente grandi brocche, con imboccatura larga o stretta, una o
due anse, ventre ovoidale e fondo piano, che trovano confronto in ambi­
to locale con materiali di probabile origine veneto-adriatica rinvenuti in
contesti di pieno II sec. a.C. (figg. 25-26) 96• Tutti gli esemplari aquile­
iesi presentano un impasto di colore beige-rosato, ben depurato, di pro­
babile origine adriatica, attestato anche in altre forme, tra le quali spic­
cano una capiente pentola a due anse e con imboccatura provvista di
versatoio (fig. 25, a sinistra) ed una hydria con versatoio a protome ani­
male (fig. 26, a destra), per le quali non è stato possibile reperire con­
fronti puntuali.
Ad essi sono associati frammenti di coppe e patere in ceramica a
vernice nera riferibili prevalentemente a produzioni forse locali, etrusco
padane (fig. 27, a destra, e fig. 28a-b) e, in un solo caso, ad un prodotto
d'importazione dall'Italia meridionale, in particolare da Cales (fig. 28c) 97.

94 Brevissimo cenno in MASELLI SCOTTI, ROTTOLI 2007.


95 Si tratta di materiale sostanzialmente ancora inedito, una scelta signi ficativa dei
pezzi è tuttavia stata esposta in occasione di una mostra tenutasi ad Aquileia nel 2004
nell'ambito della manifestazione "Cibi e sapori nell'Italia antica", cfr. Alimentazione ad
Aquileia 2004.
96 È questo il caso per esernpio di Sevegliano, cfr. CASSANI 2008, pp. 120-122, nn.
CC2-CC3, CC6, CC9-CC1 O, e di Sermin/Sermino, presso Capodistria, cfr. HORVAT 1997,
p. I 07, tav. I O, 3 e 13 con imboccatura larga e tav. I O, 11-22 con imboccatura più stretta.
97 Alcuni di questi oggetti sono stati sottoposti anche ad analisi archeometriche che
hanno contribuito al riconoscimento delle aree di produzione, cfr. MANDRUZZATO, MASELLI
SCOTTI 2003,cc. 377-394.

266
LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONJARJO Di AQUILEIA

Fig. 25. Aquileia, ex-Essiccatoio Nord, "pozzo": ceramica comune.

Fig. 26. Aquileia, ex-Essiccatoio Nord, "pozzo": ceramica comune.

267
FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

Fig. 27. Aquileia, ex-Essiccatoio Nord, "pozzo": ceramica a vernice nera e cera­
mica grigia.

Si tratta di un fondo di patera con la caratteristica decorazione a matrice


ad altorilievo, raffigurante un granchio con una rana tra le chele 98•
Ancora d'importazione, ma da ambito veneto, sono da considerare
una patera in ceramica grigia, con decorazione ad occhi di dado 99 e graf­
fito a caratteri venetici (fig. 27, a sinistra), ed alcune coppe a pareti sottili
con orlo bifido ed impasto rosso micaceo (fig. 26. a sinistra). Il repertorio
formale di queste coppe sembra limitato ad un solo tipo, con modeste
variazioni nel profilo dell'orlo; ancora una volta il confronto più stringen­
te è fornito da esemplari rinvenuti ad Adria, Sevegliano e Sermin/Ser­
mino in contesti di pieno II sec. a.C. 100_
Accanto a questi materiali, probabilmente portati ad Aquileia dai
primi flussi coloniari, si trovano alcune forme che risultano diffuse in
ambiente nordadriatico ed alpino, in particolare olle in ceramica grezza
con orlo a fascia ingrossata e corpo ovoide ed olle con orlo estroflesso e
marchio anepigrafe sul fondo (fig. 29, in alto, e fig. 30a-b); entrambe le

98 Si tratta della prima attestazione ad Aquileia di questo tipo di ceramica.


99 La patera è una forma poco attestata in Friuli Venezia Giulia, cfr. MERLATI!
2003, pp. 2 2-23.; per la decorazione a occhi di dado cfr. Ceramica grigia 2007, fig. 5;
CASSANI 2008, p. 93, 11. CGr3; DONAT, MERLATI! 2008, p. 442.
IOO Cfr. rispettivamente DALLEMULLE, MARZOLA 1977, fig. 13, 11. 4l bis; FASANO
I 995, p. 170; CASSANI 2008, p. I 08, n. Cgg27; HORYAT 1997, p. I 05, tav. 6, I 8.

268
LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIARJO DI AQUILEIA

a.

-

-c.

Fig. 28. Aquileia, ex-Essiccatoio Nord, "pozzo". a-b. Ceramica a vernice nera;
c. ceramica catena.

tipologie trovano confronto con materiali di contesti di cronologia simile


in Veneto settentrionale, Friuli e in Slovenia 101• In particolare per quanto
riguarda le olle con orlo a fascia ingrossata la diffusione in ambito norda­
driatico è alquanto limitata arealmente, ma contenitori di forma analoga
sono attestati in contesti centroitalici; mancano delle analisi arcbeometri-

101 Cfr. Most na Soci l 984-85, pp. 40-41, n. 12; CALLEGHER 1987 , pp. 47-105; Altino
1999, pp. 47-48; DONAT, ZENDRON 2002, cc. 771-774; Julium Carnicum 2007, p. 50, fig.
5,5; CASSANI 2008, pp. 101-104; HORVAT2008, fig. 4, 10.

269
FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

Fig. 29. Aquileia, ex Essiccatoio Nord, "pozzo": ceramica grezza.

b.
I I

�'
Fig. 30. Aquileia, ex Essiccatoio Nord, "pozzo": a. ceramica grezza, fondo di olla
con marchio anepigrafe; b. fondo di olla con marchio anepigrafe; c. coperchio
con decorazione a tacche.

270
LA PRIMA FASE DELL'IMPIANTO COLONIARIO DI AQUILEIA

che che chiariscano se si tratta delle riproduzioni in ambito locale di tipo­


logie già note o, piuttosto, ancora una volta di materiale importato.
A questi contenitori, infine, sono associate delle caratteristiche cio­
tole coperchio con presa decorata a tacche ed impasto micaceo (fig. 29, in
basso; fig, 30c), la cui diffusione sembra essere circoscritta all'ambito
altoadriatico, con una maggiore presenza in siti costieri 102•
Il quadro complessivo che emerge dall'analisi dei materiali utilizza­
ti per la fossa-drenaggio risulta piuttosto esemplificativo della commistio­
ne di popolazioni ed influssi che hanno caratterizzato la fase dell'impian­
to coloniale ad Aquileia: con una prevalenza di materiali di produzione
locale o altoadriatica e padana e meno frequenti attestazioni di importa­
zioni da più ampio raggio. In rapporto a quanto noto da altri contesti
regionali il quadro aquileiese si distingue per ricchezza e varietà, fenome­
no facilmente spiegabile con il ruolo egemone rivestito da Aquileia rispet­
to ai centri minori dell'entroterra, e trova un paragone solo con il vicino
centro di Sevegliano, la cui importanza in relazione alla presenza di un
importante tracciato stradale ed alla probabile presenza di un santuario è
da tempo stata riconosciuta 103_

LM.

102 Cfr. CASSANI 2008, p. 106, nn. CCg20-CCg21; ciotole coperchio simili sono state

rinvenute anche a Duina, verso Trieste (il materiale è stato esposto ad Aquileia nel 1999,
in occasione della mostra "Prima dei Romani".
103 Per un quadro completo sulla diffusione di molti di questi materiali si rimanda al
contributo di Patrizia Donat in questi Atti

271
FRANCA MASELLI SCOTTI, LUCIANA MANDRUZZATO, CRISTIANO TIUSSI

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