Riassunto Robert Coates-Stephens, Le ricostruzioni altomedievali delle Mura Aureliane e degli acquedotti, p. 209-225. Nonostante le fonti letterarie (Prammatica Sanzione, Gregorio Magno, Liber pontificalis) attestino ampiamente interventi di restauro post-classici delle Mura Aureliane e degli acquedotti, non sono state ancora individuate le relative tracce archeologiche. Da tale mancanza di dati consegue un concetto estremo di decadimento del paesaggio urbano della Roma altomedievale. L'articolo presenta i risultati preliminari di un'indagine condotta sulle mura e sugli acquedotti Claudio-Amo Novus e Alessandrino, che ha rivelato la presenza di consistenti restauri attribuibili ai papi Adriano I e Leone IV. Tale risultato ci impone quindi di rivalutare le condizioni materiali della citt altomedievale e, allo stesso tempo, pone la questione dell'esatta identificazione dell'acquedotto noto corne Alessandrino.
Citer ce document / Cite this document : Coates Stephens Robert. Le ricostruzioni altomedievali delle Mura Aureliane e degli acquedotti. In: Mlanges de l'Ecole franaise de Rome. Moyen-Age, Temps modernes T. 111, N1. 1999. pp. 209-225. doi : 10.3406/mefr.1999.3687 http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_1123-9883_1999_num_111_1_3687
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Se le fonti per le ricostruzioni altomedievali delle mura aureliane e de gli acquedotti sono ben note, le prove archeologiche non sono invece state portate. Tale assenza di dati ha portato a ritenere che Roma in epoca altomedievale si rifornisse d'acqua esclusivamente dal Tevere e che non fosse dotata della tecnologia necessaria per mantenere una struttura cos estesa come quella delle mura aureliane. Qui presenter i risultati di un'indagine ancora in corso che ha come oggetto i resti delle mura e degli acquedotti Claudio-Arao Novus e Alessandrino databili al periodo compreso tra le guerre gotiche e il IX secolo1. * Ringrazio Genevive Bloomfield, Lucos Cozza, Roberto Meneghini, Antonella Parisi, Riccardo Santangeli Valenzani. L'articolo stato scritto con l'aiuto di una borsa erogata dal The Leverhulme Trust; la traduzione di Antonella Parisi. 1 Mura : la monografia fondamentale rimane quella di I. Richmond, The City Wall of Imperial Rome, Oxford, 1930. La sua mancanza di interesse per le fasi postclassiche stata comunque criticata in L. Pani Ermini, Renovatio murorum tra programma urbanistico e restauro conservativo : Roma e il ducato romano, in XXXIX Settimana di studio del Centro italiano di studi sull'alto medioevo (Spoleto 410 aprile 1991), Spoleto, 1992, p. 485-530, a p. 496. Per uno studio preliminare delle tracce altomedievali : R. Coates-Stephens, Quattro torri altomedievali delle mura au reliane, in Archeologia medievale, 22, 1995, p. 501-517. - Acquedotti : per le fasi altomedievali, B. Ward-Perkins, From Classical Antiquity to the Middle Ages. Urban Pub lic Building in Northern and Central Italy, AD 300-850, Oxford, 1984, p. 153 ha se gnalato una simile assenza di dati negli studi pi autorevoli (E. Van Deman, The Building of the Roman Aqueducts, Washington D.C., 1934; T. Ashby, The Aqueducts of Ancient Rome, Oxford, 1935). Recentemente c' stato un certo interesse per i re stauri altomedievali deW'Aqua Claudia (U. Broccoli, Interventi di archeologia mediev ale Roma, in Archeologia laziale X. Decimo incontro di studio del Comitato per l'a a rcheologia laziale, I, Roma, 1990 {Quaderni del Centro di studio per l'archeologia etru sco-italica, 18), p. 97; D. Mancioli, A. Ceccherelli e R. Santangeli Valenzani, Indagini all'acquedotto Claudio-Felice nell'area della Banca d'Italia, in Archeologia lazial e Dodicesimo incontro..., I, Roma, 1995 {Quaderni del Centro..., 23), p. 303XII. 308). Per ci che concerne l'approvvigionamento d'acqua dal Tevere e l'insediamento in quest'area : M. Laurenti, Via Lata. Edifici imperiali lungo via del Corso, in BolletiMEFRM - 111 - 1999 - 1, p. 209-225.
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Le fonti I due restauri delle mura compiuti da Belisario sono testimoniati da Procopio e, in modo meno dettagliato, dal Chronicon di Marcellino e dal Liber pontificalis2. Nel corso del primo intervento, iniziato nel dicembre del 536, il circuito fu circondato da un fossato, vennero costruiti nuovi merli per proteggere gli arcieri e realizzate varie nuove macchine da guerra. La seconda ricostruzione, nella primavera del 547, fu un tentativo affrettato di riparare ai danni provocati da Totila. importante tenere presente che Procopio fu testimone del primo assedio di Roma, mentre con tutta probab ilitriport gli eventi successivi di seconda mano, avendo lasciato defin itivamente l'Italia intorno al 5403. II lavoro di ricostruzione delle mura fu in seguito continuato dai Goti stessi e, dopo le guerre, dalla nuova amministrazione bizantina, come sug gerito dalla Prammatica Sanzione del 554, cap. 25, e dalla Auctarii Hanniensis Extrema, cap. 4. Dopo il VI secolo il primo intervento ricordato quello dei papi Sisinnio, Gregorio II e Gregorio III, in risposta alle minacce dei Longobardi ne gli anni tra 708 e 74 14. Il Liber pontificalis ci narra che tale opera ebbe ini zio dalla porta Tiburtina. Nel 756 la citt fu assediata per tre mesi da Astolfo, con le forze longobarde concentrate a Trastevere, presso porta Salaria e
no d'arte, 16-18, 1992, p. 165; O. Gilkes, S. Passigli e R. Schinke, Porta Pia : ex cavation and survey in an area of suburban Rome. Part 2, in Papers of the British School at Rome, 62, 1994, p. 130; H. Evans, Water Distribution in Ancient Rome, Ann Arbor, 1994, p. 146. 2 Procopio, BG, I, 14, 21; III, 24. Marcellini v. c. comitis chronicon, ed. T. Mommsen, Berlino, 1894 (MGH, Chronica minora, II), p. 108 : Totila... muros evertit... sic veniens Belisarius murorum partent restaurt, Le Liber pontificalis , ed. L. Duchesne, 2a ed., 3 vol., Parigi, 1955-1957 [d'ora in poi LP], LX, 4 : Ingressus autem Vilisarius... custodiis et monitionibus velfabricis murorum out reparationem fos sati circumdedit civitatem Romanam et munivit. 3 A. Cameron, Procopius and the Sixth Century, Londra, 1985, p. 188-189. 4 Una descrizione delle mura, inclusa nella lista dei cimiteri di Roma delle Gesta regum Anglorum di Guglielmo di Malmesbury, non menziona le porte Chiusa, Ardeatina e Prenestina Labicana : R. Valentini e G. Zucchetti, Codice topografico della citt di Roma, II, Roma, 1942 {Fonti per la storia d'Italia, 88), p. 141-153. Se conside riamo l'anno 682 come terminus ante quem per la lista, comunemente accettato, po tremmo ipotizzare che le tre porte vennero chiuse durante i primi assedi dei Longo bardidel tardo VI secolo, nel corso dei lavori promossi da Gregorio I per la difesa della citt {Reg., II, 45; V, 36; IX, 240).
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tra porta Asinaria e porta Ostiensis5. Nel corso delle spedizioni a Roma di Desiderio, nel 771 e 773, le porte della citt furono, apparentemente, chiuse con murature6. Ma le pi consistenti e vaste campagne di ricostruzione dell'intero pe riodo, ancora attingendo dal Liber pontificalis , furono intraprese da Adriano I alla fine dellVIII secolo e da Leone IV dopo il saccheggio dei Saraceni a S. Pietro7. Richmond8 ha dimostrato che la famosa descrizione delle mur acontenuta nel manoscritto 326 di Einsiedeln, che fornisce il numero esatto di porte, torri e merli del circuito, costituiva un rapporto sul loro sta to, stilato precisamente per una di queste campagne9. Si potrebbe aggiungere che, in base ai particolari forniti dalla biograf ia di Leone IV, questo venne redatto proprio in occasione del suo intervent o. l'unica descrizione di un restauro in cui il Liber pontificalis , co Questa me anche la descrizione di Einsiedeln, parla individualmente di mura, port e torri e per queste ultime indica perfino il numero esatto di quante e siano da ricostruire. Inoltre esso narra che il papa in persona fece un giro delle mura, sul camminamento, per verificare il loro stato prima di ordi narne il restauro. Dopo i restauri di Leone IV, il circuito continu a resistere agli assedi di Arnolfo nell'896 e di Ugo nel 932 cos come alle incursioni degli Ungari10. In aggiunta, le continue inondazioni e i terremoti, testimoniati dal Liber pontificalis per tutto il periodo, dovettero danneggiare ulteriormente il cir cuito che al tempo del Chronicon di Benedetto (972-1000) versava in condi zioni peggiori di quelle descritte dall' anonimo di Einsiedeln prima del l'intervento di Leone11. Non abbiamo poi notizia di successive ricostruzioni fino a quella operata dal senato a porta Metronia, attestata da un'iscrizione del 115712.
5 LP, XCIV, 41; Codex Carolinus, ed. W. Gundlach, Berlino, 1892 (MGH, Epistulae, III), 8-9. 6LP, XCVI, 28;XCVII, 21. 7LP, XCVII, 52, 92; CV, 38-40. 8 1. Richmond, The City Wall cit., p. 48-49. 9 R. Valentini, G. Zucchetti, Codice topografico cit., Il, p. 202-207. 10 Liutprando, Antapodosis, ed. J. Becker, Hannover-Lipsia, 1915 (MGH, Scriptores rerum germ, in us. schol.), I, 27; IV, 2-3. // chronicon di Benedetto monaco di S. Andrea di Soratte..., ed. G. Zucchetti, Roma, 1920 (Fonti per la storia d'Italia, 55), 52b. 11 Chronicon, 58b. 12 A. Silvagni, Monumenta epigraphica Christiana, I, Citt del Vaticano, 1943, XXV, 5.
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Identificare gli interventi di et altomedievale significa essenzialmente distinguere quelle tecniche costruttive che, in base ai rapporti stratigrafici, all'evoluzione architettonica e alla tipologia, risultano essere chiaramente posteriori alle fasi di Onorio e Arcadio (tav. I a) ed anteriori ai restauri del Rinascimento, testimoniati dagli stemmi presenti in molte parti del circui to I b). In certi casi, quando troviamo tecniche ben datate al basso (tav. medioevo, come quella che fa uso di scaglie di marmo e/o selce, il nostro terminus ante quem pu essere alzato fino al XII secolo (tav. II a). Procedendo in questo modo troveremo un grande numero di torri e muri di camminamento, soprattutto nella porzione meridionale, che mos trano un tipo di opera costruttiva costituita da grossi blocchi di tufo di riutilizzo e opera laterizia di reimpiego dai ricorsi ondulati. Essa pu esse re quindi datata, semplicemente in base al rapporto stratigrafico con le fasi note descritte sopra, al periodo compreso tra il 403 e il XII secolo. Se poi confrontiamo tale tecnica con quella riscontrata nei ben noti studi sull'a rchitettura delle chiese altomedievali di Roma, individueremo una pi pre cisa cronologia, compresa tra il 755 e 855 circa13. Quindi tali esempi di muratura riscontrati nelle mura possono essere tutti assegnati alle campa gne ricostruzione dei papi Adriano I e Leone IV (fig. 1). di Le tracce dell'intervento di Belisario sono molto meno consistenti. In passato molte delle parti ricostruite in opus quadratum di riutilizzo, sopra menzionate, furono interpretate come risultato dei restauri dei Bizantini compiuti durante il secondo assedio di Roma14. Questo non sembra verosi mile.Non solo tale tecnica corrisponde perfettamente a quella oggi ricono sciuta come tipica dellVlII e IX secolo in Roma, ma, per di pi, questa non trova confronti nelle strutture di VI secolo della citt. Inoltre le sue caratte ristiche non sembrano corrispondere a quelle indicate da Procopio nella descrizione dell'intervento. Egli ci dice infatti che furono utilizzate solo grosse pietre, messe in opera in modo approssimativo e rinforzate con una palizzata esterna di legno. Non vennero quindi impiegati laterizi malta,
13 R. Krautheimer, S. Corbett e W. Franici, Corpus basilicarum christianarum Romae, 5 vol., Citt del Vaticano, 1937-1977; G. Bertelli, A. Guiglia Guidobaldi e P. Rovigatti Spagnoletti, Le strutture murarie degli edifici religiosi di Roma dal VI se colo al IX secolo, in Rivista dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte, 2324, 1976-1977, p. 95-173. 14 A. Nibby, Le mura di Roma, Roma, 1821, p. 254-255; I. Richmond, The City Wall cit., p. 42, 266.
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che, negli esempi a noi giunti, vediamo essere stati utilizzati contempora neamente blocchi per regolarizzare i filari. ai Una pi probabile traccia degli interventi dei Bizantini si pu ritrovare in una stampa di Sir W. Geli che rappresenta una torre sotto il Laterano, pubblicata nella monografia di Nibby nel 1821 (fig. 2). Qui si pu vedere che la base della torre stata rinforzata con una disordinata pila di blocchi di opus quadratum, presumibilmente per riparare al danno evidenziato da una grossa lesione centrale. ovvio che non stata usata malta. Le esage razioni contenute nel testo di Procopio - come quella che un terzo del cir cuito sarebbe stato restaurato in questo modo in soli 25 giorni - si devono forse al fatto che lo storico non era pi testimone oculare degli eventi e che compil il suo rapporto servendosi dei racconti dei soldati che lo raggiun sero a Costantinopoli15. Potremmo perci immaginare che i blocchi di opus quadratum dello stesso tipo usati dalle maestranze di Adriano I e Leone IV in alcune torri, ma non in altre, sarebbero la prova che quelle stesse torri erano gi state restaurate da Belisario : gli operai dellVIII-IX secolo rimos sero semplicemente i blocchi raccolti dai Bizantini e li riposero su filari re golari, usando mattoni e malta per livellare i ricorsi. Fino ad oggi non stato possibile identificare con certezza i restauri degli inizi dell'VIII secolo compiuti da Gregorio II e Gregorio III. Ci do vuto alle scarse conoscenze delle tecniche costruttive di questo periodo. I resti di muratura relativi agli inizi del secolo, come la cripta semianulare di S. Crisogono (probabilmente proprio opera di Gregorio III), l'oratorio di S. Gregorio Nazianzeno (certamente pi antico di Leone III e molto proba bilmente costruito sotto Zaccaria, 741-752) e le tre absidi di S. Angelo in Pescheria (755) non differiscono in modo evidente dalle strutture di fine Vili e inizi IX secolo. Non quindi impossibile che alcuni resti delle mura qui discussi possano essere attribuiti all'opera di Gregorio II e III. In parti colare, poich il Liber pontificalis afferma chiaramente che questa campa gna inizio dalla porta Tiburtina, potremmo ipotizzare che gli esempi ebbe d'opera laterizia altomedievale che rimangono in questa parte del circuito, come la porzione superiore della sesta torre a sud di porta Tiburtina in via di porta Labicana (tav. II b), costituiscano una sopravvivenza del restauro degli inizi dell'VIII secolo. Qui solo il settore superiore della torre stato r icostruito - ma esso mostra chiaramente le caratteristiche a noi familiari dell'opera laterizia di riutilizzo, dai ricorsi ondulati e dai fori da ponte irre golari.
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ondulati ondulati; Flaminia esterno tufo;Pianta deiesterno mattoni ondulati; 2. torre a ovest del 1 - e grossi blocchi del da 4. ricostruita completamente 1. PrimaMuro interno di portaRoma. Murapartedi150 Castro Pretorio, Croce Rossa) :Pretorio, completament Fig. Castro3.Pretorio: (ca. m frontalepiazza della inaltomedievali. ricostruito in mattoni Muro Aureliane. Muro resti del Castro rifacimento e in opus quadratum di riutilizzo; 5. Seconda torre a sud di porta Chiusa ricostruito (oggi scomparsa), ricostruita in opus quadratum di riutilizzo dopo il crollo della par te frontale (foto Parker 965-6); 6. Sesta torre a sud di porta Tiburtina : parte superio re ricostruita in mattoni ondulati; 7. Seconda torre a sud di via Eleniana : parte frontale ricostruita in mattoni ondulati; 8. Terzo muro di camminamento (esterno) a sud di via Eleniana : rifacimento in mattoni ondulati e opus quadratum di riutilizzo; 9. Quarta torre a sud di via Eleniana : parte inferiore ricostruita in mattoni ondulati
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Come per le mura, le guerre greco-gotiche costituiscono un chiaro punto di partenza per un esame delle fasi altomedievali. Procopio afferma che Vitige tagli tutti gli acquedotti durante il primo assedio di Roma, nel 537. Sappiamo anche che per evitare che il nemico entrasse furtivamente in citt percorrendo i condotti degli acquedotti, Belisario li chiuse con mur ature per lunghi tratti (BG, I, 19). Nessuno di tali interventi avrebbe comp ortato una consistente distruzione della struttura dei monumenti. D'altra parte sembra che le guerre greco-gotiche segnarono la fine dell'utilizzo del-
(Coates-Stephens 1995, p. 511 s.); 10. Quinto muro di camminamento (esterno) a sud di via Eleniana : rifacimento in mattoni ondulati e opus quadratum di riutilizzo; 11. Settima torre a ovest di via Casilina : parte inferiore ricostruita in opus quadratum di riutilizzo; 12. Sesta torre a est di piazzale Appio : parte frontale ricostruita in matt oni ondulati; 13. Terza torre a ovest di piazzale Ipponio : parte frontale ricostruita in mattoni ondulati (Coates-Stephens, 1995 : 509 ss.); 14. Seconda torre a est di por ta Metronia : parte frontale ricostruita in mattoni ondulati e opus quadratum di riu tilizzo (Coates-Stephens 1995, p. 506 s.); 15. Primo muro di camminamento (inter no) ovest di via C. Colombo : rifacimento in mattoni ondulati e pezzi di marmo; a 16. Torre inglobata dal bastione di Sangallo, ricostruita in mattoni ondulati e opus quadratum di riutilizzo; 17. Secondo muro di camminamento (esterno) a ovest del bastione di Sangallo, ricostruito in opus quadratum di riutilizzo; 18. Quarta torre a ovest di via Guerrieri, ricostruita in opus quadratum di riutilizzo dopo il crollo della parte frontale; 19. Seconda torre a est di via N. Zabaglia : parte inferiore ricostruita in mattoni ondulati; 20. Prima torre a est di via N. Zabaglia : parte frontale rico struita in mattoni ondulati e opus quadratum di riutilizzo; 21. Prima torre a ovest di via N. Zabaglia, ricostruita in mattoni ondulati e opus quadratum di riutilizzo; 22. Terzo muro di camminamento (esterno) a ovest di via N. Zabaglia : rifacimento in opus quadratum di riutilizzo; 23. Quinta torre a ovest di via N. Zabaglia : parte fron talericostruita in mattoni ondulati (Coates-Stephens 1995, p. 502 s.); 24. Prima torre a est del Tevere : resti assegnati da L. M. Bruzza a Leone IV (G. Gatti, L'arginatura del Tevere a Mormorata, in BCAR, 64, 1936, p. 69-70); 25. Mura fra il Tevere e la porta Portuensis : resti assegnati da Lanciani a Leone IV (BCAR 1892, p. 287); 26. Dicias settesima torre a ovest del Pons Agrppae, ricostruita in opus quadratum di riutilizzo (L. Cozza, Mura Aureliane I. Trastevere, il braccio settentrionale, dal Tevere a Porta Aurelia-San Pancrazio, in BCAR, 91, 1986, fig. 46-47).
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Fig. 2 - Roma. Torre sotto il Laterano, rinforzata con grossi blocchi di tufo (stampa di Geli, da Nibby 1821, tav. XX).
le vaste risorse idriche della Roma imperiale, distribuite da tredici condotti trasportati in citt su almeno tre sistemi di arcuazioni16. Dopo le guerre, l'amministrazione bizantina, probabilmente agendo secondo le direttive della Prammatica Sanzione, restaur almeno una parte degli acquedotti. Sappiamo, infatti, che circa 50 anni pi tardi funzionava no : nel 602, Gregorio I richiese al prefetto del pretorio a Ravenna di nuovo un nuovo funzionario per la cura formarum, poich gli acquedotti necessi tavano di ulteriori restauri17. Non abbiamo prove che le tenne imperiali fossero in uso in questa et : sembra che l'acqua fosse ritenuta necessaria per i mulini e i vari impianti delle chiese18. Agli inizi del VII secolo, papa Onorio I intraprese dei lavori su un r amo de'Aqua Traiana per rifornire d'acqua un nuovo mulino sul Gianicolo, e circa cento anni pi tardi Gregorio II restaur il sistema di rifornimento
16 T. Ashby, The Aqueducts cit., p. 10-15. "Reg., XII, 6. 18 . Ward-Perkins, From Classical Antiquity cit., p. 135-149.
Tav. I
a - Quinta torre a ovest di via . Zabaglia (fig. 1, . 23) : muratura di VIII-IX sec. (sin.) ; mur atura di Onorio e Arcadio (ds.).
b - Torre altomedievale (fig. 1, . 16) inglobata nel bastione di Sangallo, opera di Paolo 111(1537-1541). Roma. Mura Aureliane.
Tav. II
a - Sesta torre a est di piazzale Appio (fg. 1, n. 12) : muratura di VIII-IX sec. (sin.) ; muratura bassomedievale (ds.).
b - Sesta torre a sud di porta Tiburtina (part e super., esterno). Muratura di VIII-IX sec. (fig. l,n. 6). Roma. Mura Aureliane.
Tav. Ill
b - Contrafforte di Vili sec. in via del Mandrione. Roma. Aqua Claudia-Anio Novus.
Roma. Acquedotto Alessandrino, valle di Tor Tre Teste. Rifacimento di VIII-IX sec, su
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di S. Lorenzo fuori le mura19. per solo con il pontificato di Adriano I che abbiamo prove inequivocabili che il papato aveva assunto completo controllo sulla manutenzione dell'intero sistema idrico. Sappiamo che quando Adriano I inizi i restauri, gli acquedotti erano stati fuori uso in pessimo stato per vent'anni : generalmente accettato che il danno venne provocato nel 756 durante l'assedio di Astolfo20. Adriano I restaur la Traiana (ormai conosciuta come Sabbatina), la Virgo, la Claudia e la Jovia, di cui parleremo poi. Successivi interventi furo no compiuti da Gregorio IV e Nicola I sull'Agra Traiana, e da Sergio II e Nicola I sulla Jovia21. Atti di propriet di X ed XI secolo parlano di centinariae e aquae vivae sia dentro che fuori la citt, il che dimostra che gli acqued otti continuarono ad essere in funzione per un certo tempo dopo tali re stauri22. Le prove archeologiche Al momento abbiamo ben poche tracce di restauri anteriori all'VIII se colo opinione comune che Belisario restaur gli acquedotti, questo in base alla notizia di un'iscrizione frammentaria e poco attendibile prove niente dalla Traiana2* e anche per la presenza di restauri di tutti gli acque9LP, LXII, 5;XCI, 2. 20 LP, XCVII, 59, 61, 62, 65. 21 LP, CHI, 19; CIV, 21; CVII, 16, 66. 22 . Hubert, Espace urbain et habitat Rome du Xe sicle la fin du XIIIe sicle, Roma, 1990 {Collection de l'cole franaise de Rome, 135 - Nuovi studi storici, 7), p. 76-78. PL, CXXXIII, 916, dove si parla di una fontana aquae vivae fuori la porta Flaminia nel 958. Il Regesto Sublacense (ed. L. Allodi e G. Levi, Roma, 1885), 21, par la rifornimento d'acqua di battisteri da una forma antiqua presso Subiaco nel del 1051. 23 A. Cassio, Corso delle acque antiche portate da lontane contrade fuori e dentro Roma sopra XIV acquedotti nelle XIV regioni dentro Roma, I, Roma, 1756, p. 260, af ferma che un frammento di iscrizione fu copiato dal suo collega Giuseppe Rosatio il quale lo trov inserito in un arco di opus reticulatum vicino a Vicarello. Il testo era : Belisarius adquisivit... /Anno D... L'espressione Anno D sembra ovviamente del tutto improbabile in un'iscrizione antica; il nome di Belisario compare nelle iscrizio ni antiche solo in epitaffi, utilizzato come elemento di datazione. Le forme at latine testate sono : Bil- Vii- Vel- Wil-isarius (cfr. Inscriptiones christianae urbis Romae septimo saeculo antiquiores. Nova series, Roma, 1922-, passim). Se consideriamo che R. Lanciani, / commentarii di Frontino intorno le acque e gli acquedotti, Roma, 1880, p. 166 afferma che il testo fu malissimo copiato e riflettiamo sulle analogie con iscrizioni note dell'Acqua Paola di Paolo V (come quella della fontana del Gianicolo : Ab Milliario duxit... /Anno Domini..., sembrer che Rosatio lesse erroneamente un frammento d'iscrizione seicentesca relativa a una delle opere di Paolo V presso le sorgenti.
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dotti in una bella opera vittata, genericamente considerata tarda24. Co munque uno scavo recente, che ha interessato il restauro in opera vittata del'Aqua Claudia all'interno della propriet della Banca d'Italia, subito a nord di porta Furba, ha permesso di stabilire una datazione, sulla base dei dati stratigrafci, alla prima met del IV secolo25. Ed infatti la maggior par te tali esempi di opera vittata, sulla base di certe caratteristiche come l'u di so frequente di ricorsi di bipedali, sembrerebbe pi antica del VI secolo. Ora passiamo a considerare i restauri di Vili secolo, compiuti da Adriano I. Ho concentrato la mia indagine su'Aqua Claudia e sull'Afa Jovia, dato che sia la Virgo che la Traiana erano per la maggior parte sotterra nee26. campagna di restauro di Adriano I della Claudia-Anio Novus ebbe La inizio, secondo la cronologia del Geertman del Liber pontificalis27 , nell'esta te del 776. Le dimensioni del progetto erano tali che, sempre secondo Geertman, non si fece nessuna ricostruzione delle chiese per tutta l'indizio ne si lavor sull'acquedotto. Considerando che il Liber pontificalis in cui racconta che le maestranze erano multitudinem populi partibus Campaniae, dovremmo immaginare che tutto il percorso dell'acquedotto - cio la parte extra-urbana - fu soggetto al restauro. Tra i numerosi impianti ur bani alimentati dalla Claudia in questo periodo vi erano le terme, il batti stero e la fontana del Laterano28. All'interno della citt proprio il tratto della Claudia che corre verso il Laterano, noto come Arcus Neroniani, a conservare tracce di ricostruzioni di Vili secolo, nell'ormai familiare tecnica di laterizi di reimpiego dai r icorsi ondulati (tav. Ili a). Colini not simili resti anche negli archi adiacent i distrutti per allargare via Emanuele Filiberto negli anni '2029. Muovendoci fuori dalla citt troveremo che non sono sopravvissuti re sti dell'Aqua Claudia per una distanza di km 3 da porta Maggiore - fino ad
24 E. Van Deman, The Building cit., p. 20, 330, 334; T. Asbhy, The Aqueducts cit., p. 99, 240, 310. 25 D. Mancioli, A. Ceccherelli e R. Santangeli Valenzani, Indagini all'acquedotto Claudio-Felice cit., p. 307. 26 Lo studio di L. Quilici, Sull'acquedotto Vergine dal Monte Pincio alle sorgenti, in Quaderni dell'Istituto di topografia antica dell'Universit di Roma, 5, 1968, p. 125160, su\V Aqua Virgo non ha rivelato tracce di interventi medievali. La Traiana fu completamente ricostruita da Paolo V tra il 1608 ed il 1612. 27 H. Geertmann, More veterum. Il Liber pontificalis e gli edifici ecclesiastici di Roma nella tarda antichit e nell'alto medioevo, Groningen, 1975 (Archaeologia Traiectina, 10), p. 31. 28 Flodoardo, in PL, CXXXV, 806; LP, XCVII, 62. 29 A. Colini, Storia e topografia del Celio nell'antichit, in Atti della Pontificia Ac cademia romana di archeologia, s. Ili, Memorie, 7, 1944, p. 97.
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arrivare a via del Mandrione, a nord di porta Furba. Qui l'intervento di Vili secolo consistette nella costruzione di enormi contrafforti sui due lati dell'acquedotto (tav. Ili b). L'intervento di Adriano I sembra avere incluso lo specus superiore, quello cio dell'Amo Novus. Fino ad oggi non mi sta topossibile esaminare l'interno dello specus : comunque Ashby osserv che esattamente in questo punto, a nord di porta Furba, il restauro tardo chiu se specus inferiore, quello della Claudia, per ottenere una pi solida so lo struzione per lo specus superiore30. Dopo porta Furba inizia la lunga serie di arcuazioni in peperino che prosegue fino alle Capannelle. Qui non ho trovato tracce di interventi di Vili secolo : sembra che la dura pietra usata in questa parte fosse meno soggetta a deteriorarsi rispetto al friabile tufo rossiccio impiegato nel tratto pi a nord. Dopo Capannelle, YAqua Claudia e YAnio Novus corrono sotter raneiper quasi tutto il percorso fino a Tivoli e oltre. I resti dei ponti sui tor renti e sulle strade sono generalmente mal conservati e nuovamente non mostrano tracce di restauri altomedievali. Intendo in futuro proseguire la mia indagine nell'alta valle dell'Amene, dove si separano YAnio Novus e la Claudia, per verificare principalmente se i restauri altomedievali hanno comportato interventi anche sull'Amo Novus. Infine consideriamo YAqua Jovia. Il toponimo compare per la prima volta nel VII secolo, nel protoitinerario della Silloge di Einsiedeln31. Il testo dice : Inde ad portant Appiani. Ibi forma Iopia, quae venit de Marsia et currt usque ad ripam.n Generalmente si ritiene che esso descriva un ramo dell'Astia Marcia che attraversava la via Appia a porta Appia (sul cosiddetto arco di Druso) prima di dirigersi verso il Tevere. Un tale percorso probabil mente si adatterebbe a quello dell'acquedotto oggi conosciuto col no ben me di Aqua Antoniniana (fig. 3). Anch'esso passava sull'arco di Druso vol gendosi poi verso le terme di Caracalla ed generalmente ritenuto un ramo deYAqua Marcia, sebbene non sopravvivano tracce di esso ad est di via del lacirconvallazione Appia. L'acqua fornita alle terme di Caracalla, raccolta dalle fogne di scarico, confluiva alla fine nella grande cloaca del Circo Mas simo e di qui poi finiva nel Tevere. Menzioni pi tarde dell'Astia Jovia, che viene detta anche Iobia, loda e Iopia (ma non Tocia come si trova in alcuni testi ottocenteschi), compaiono principalmente nel X Itinerario di Einsie deln, dove localizzata all'incirca presso l'arco di Druso, e nel Liber pontificalis, il quale ci narra che fu restaurata da Adriano I, Sergio II e Nico30 T. Ashby, The Aqueducts cit., p. 237, 238, . 4. 31 La Silloge anteriore di un secolo alla collezione degli itinerari : A. Silvagni, Intorno alle pi antiche raccolte cit., p. 188. 32 R. Valentini e G. Zucchetti, Codice topografico cit., II, 1942, p. 173.
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la I. Esso per non ci fornisce dati di carattere topografico33. L'ipotesi del proseguimento dell'acquedotto oltre le terme, forse attraverso un canale sotterraneo e probabilmente seguendo un percorso simile a quello della pi tarda Aqua Marrano., stata proposta da Brandizzi Vitucci34, che ha trovato tracce di canali databili tra VI e X secolo al di sotto dell'emiciclo del Circo Massimo. Tale rifornimento d'acqua avrebbe servito le diaconie dei Ss. Nereo e Achilleo, S. Lucia in Settizonio e S. Maria in Cosmedin. A questo punto sembra che l'Aqua Jovia delle fonti medievali corr isponda semplicemente a'Aqua Antoniniana. Comunque, tre documenti di X secolo, contenuti nel Registro di Subiaco, chiamano col nome di Jovia l'acquedotto noto oggi come Alessandrino35. Qui la forma que appellatur Jovia localizzata presso un fundus al IV miglio della via Labicana - tale acquedotto pu solo essere l'Alessandrino. da notare che Lanciani36, che sosteneva che la Jovia fosse la Marcia, ha citato erroneamente il document o,che il fundus venne localizzato vicino a Tivoli, e di conseguenza la tanto Jovia venne necessariamente identificata con la Marcia, un errore poi ripe tuto da Ashby37. Una prova ulteriore che Aqua Jovia significava acquedotto Alessan drinoviene dall'esame dei resti dello stesso Alessandrino. Il lungo tratto di arcuazioni delle valli di Tor Tre Teste, Torre Nuova e Tor Bella Monaca presenta, sul lato nord, quello pi esposto, numerosi esempi di rivestimen to in un misto di opera laterizia di spoglio e di opera vittata, disposti tutti su ricorsi notevolmente ondulati (tav. IV). Alcuni piloni sono stati intera-
33 LP, XCVII, 61; CIV, 21; CVII, 16. Sono state formulate varie ipotesi per spiega re la manutenzione del'Aqua Antoniniana in et altomedievale. L'uso dell'acqua al l'interno del complesso delle stesse terme suggerito dai seguenti elementi : un mul ino impiantatosi negli ambienti sotterranei dell'esedra nord-occidentale (T. Shioler e O. Wikander, A Roman Water- Mill in the Baths of Caracolla, in Opuscula romana, 14, 1983, p. 47-64), una latrina posteriore al IV secolo costruita nella biblioteca nord e varie testimonianze archeologiche di un insediamento di epoca altomedievale sta bilitosi all'interno del complesso, inclusa una vasta necropoli (I. Iacopi, Tenne di Ca racolla. Note sul progetto di indagine archeologica, in Roma : archeologia nel centro. I. L'area archeologica centrale, Roma, 1985, p. 584 s., 596), una vera di pozzo rinasc imentale nella palestra nord, la presenza di tubi fittili nel canale di scarico delle c isterne principali, inseriti dopo un lungo periodo di disuso (informazione fornitami da L. Lombardi). 34 P. Brandizzi Vitucci, L'emiciclo del Circo Massimo nell'utilizzazione post-classica, in MEFRM, 103, 1991, p. 23 s. 35 // Regesto Sublacense cit., 12, 14, 105. 36 R. Lanciani, / commentarii di Frontino cit., p. 107. 37 T. Ashby, The Aqueducts cit., p. 91.
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mente ricostruiti con un'altra tecnica ben conosciuta di Vili secolo - cio opus quadratimi di riutilizzo. Considerando che nessun altro acquedotto, eccetto la Claudia, mostra questa tipica tecnica costruttiva di Vili e IX se colo, siamo con certezza di fronte ai tre interventi di restauro deYAqua Jovia compiuti da Adriano I, Sergio II e Nicola I38. Per concludere, dobbiamo riconoscere che esiste un problema di interpretazione del toponimo Aqua Jovia. Le fonti letterarie mostrano che es so era usato per indicare entrambi gli acquedotti noti oggi coi nomi di Ales sandrino e Antoniniana. Le testimonianze archeologiche dimostrano inol tre che il Liber pontificalis , quando parla di restauri della Jovia, si riferisce all'acquedotto Alessandrino. Una possibile soluzione a questo puzzle, che sottolineo squisitament e sarebbe quella di rivedere l'attuale identificazione dei due speculativa, acquedotti romani. Ci consentirebbe di affermare che l'Alessandrino e YAntoniniana sono di fatto un unico acquedotto (fig. 3). Abbiamo visto che non sono stati trovati resti dell 'Antoniniana ad est di via della Circonvalla zione ugualmente importante che non siano stati identificati resti Appia. dell'Alessandrino nemmeno ad ovest a nord di via degli Angeli39. L'opinio ne comune che 'Aqua Antoniniana fosse semplicemente un ramo deW'Aqua Marcia non stata mai dimostrata da alcuna prova archeologica40. Se vera38 Molti di tali esempi di restauri di Vili e IX secolo furono osservati da Ashby e Van Deman e definiti semplicemente tardi molto tardi (T. Ashby, The Aque ducts cit., p. 310-314; E. Van Deman, The Building cit., p. 346, 351, 355. Quilici ha as segnato certi tratti dell'Alessandrino proprio al restauro di Adriano I (L. Quilici, Col lana, Roma, 1974, p. 55, 478-483). 39 Solo Fabretti afferma di aver visto resti dell'Alessandrino a nord di questo punto : Ultima Romam substructio huius aquaeductus in vinea chartusianorum (R. Fabretti, De aquis et aquaeductibus veteris Romae, Roma, 1680, p. 4). Tali resti dopo mai pi visti - non avrebbero potuto essere relativi all'Alessandrino poich la quota del piano del calpestio della vigna della Villa Certosa (la cui entrata oggi in via Casilina 222) molto pi alta dello specus dell'Alessandrino in via degli Angeli. Una pianta di Gismondi, invece, mostra il percorso, ovviamente sotterraneo, del l'Ales andrino che prosegue verso ovest oltre via degli Angeli e attraversa la ferrovia Roma-Frascati (T. Ashby e G. Lugli, La villa dei Flavi cristiani Ad duas lauros e il suburbano imperiale ad oriente di Roma, in Atti della Pontifcia Accademia romana di archeologia, s. Ili, Memorie, 2, 1928, tav. XX). 40 L'unico riferimento testuale nel manoscritto di Einsiedeln : quae venit de Marsia (vedi sopra). Questo comunque sembra essere piuttosto un generico rifer imento al territorio marsicano, presumibilmente ritenuto il luogo in cui si trovavano le sorgenti di tutti gli acquedotti. L'iscrizione di Caracalla a porta Tiburtina, che parl a un restauro della Marcia e dell'aggiunta di un fonte novo antoniniano, si pu di riferire solamente all'utilizzo di una nuova sorgente per la Marcia, non ad una sua diramazione (CIL, VI, 1245).
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mente essa era semplicemente una diramazione dell' Aqua Marcia, sarebbe molto difficile spiegare la differenza dei livelli : nel punto di diramazione pi probabile, infatti, lo specus della Marcia si trova a una quota di m 60 s.l.m. La quota dello specus dell''Antoniniana presso via della Circonval lazione Appia di molto inferiore, cio di m 41,76. Un tale dislivello avrebbe comportato un complesso sistema di gradini di discesa, che non sono stati trovati. Se invece l'Alessandrino avesse continuato ad ovest, a t raversando la Marcia e la Claudia prima di congiungersi con Y Antoninian a, si sarebbe creata una pendenza regolare e graduale : la quota nell'ult imo dell'Alessandrino a noi noto di m 46. tratto Naturalmente una tale supposizione rimane a livello del tutto ipoteti co.suggerissimo l'ipotesi che questo nuovo acquedotto rappresentato Se dal cosiddetto Alessandrino e dalla Antoniniana, sia di fatto Y Aqua Antonin iana dei Cataloghi regionali, costruita interamente da Caracalla per le sue nuove terme, diverrebbe necessario proporre una nuova identificazio ne Alexandrana riportata dagli stessi Cataloghi regionali cos per Y Aqua come dagli Scriptores Historiae Augustae4i. Questa non mai stata localiz zata topograficamente da nessuna fonte antica, e fu identificata solo da Fabretti con l'acquedotto che oggi vediamo42. Poich sappiamo che Alessan dro Severo costru il ninfeo conosciuto come i Trofei di Mario, che era al imentato da una diramazione della Claudia Anio Novus (LTUR III : 351-2), diviene chiaro che tale ramo, di cui rimangono consistenti resti in piazza G. Pepe vicino alla stazione Termini, sia da identificare con Y Aqua Alexandriana delle fonti. Seppure siamo ancora nel campo delle supposizioni, in questo modo si risolverebbe questo duplice problema : la mancanza di resti di entrambi gli acquedotti ad est ad ovest degli ultimi tratti conosciuti, e il fatto che le fonti altomedievali al momento sembrano chiamare i due acquedotti con un unico nome. Nessun'altra ipotesi stata avanzata per spiegare tale quesito. Conclusioni Per finire, una delle questioni sollevate dall'individuazione di intervent i altomedievali sugli acquedotti a che cosa potesse servire tutta quest'ac qua.consideriamo che i vasti complessi termali imperiali, la principale Se 41 R. Valentini e G. Zucchetti, Codice topografico cit., I, 1940, p. 154, 185; SHA, Alexander, XXV, 3. 42 R. Fabretti, De aquis cit. D'altra parte la sua identificazione non stata da tut-
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ragione d'essere degli acquedotti, non erano pi in uso, e che il numero della popolazione, in base ai consueti calcoli, era solo una frazione di quel lo d'et imperiale, dovremmo immaginare una disponibilit di un'immensa quantit pro capite di acqua corrente - di molto maggiore che nel passat o. Varie possibili risposte si affacciano alla mente. Per prima cosa che, no nostante i poderosi contrafforti delle arcuazioni, il rifornimento d'acqua entro i condotti fosse irregolare appena apprezzabile. 0, ancora, possi bile che fino ad oggi siano stati sottovalutati gli impianti idrici di cui Roma disponeva nell'alto medioevo. Noi gi conosciamo i complessi termali nei palazzi papali e perfino in alcune basiliche. Sarebbe forse quindi ipotizzabile che ogni diaconia della citt, ed anche le case pi ricche dell'aristocraz ia, disponessero di tali servizi? Un'ultima possibilit che la popolazione totale della citt fosse di un numero molto maggiore di quello che si immag ina e dunque tale da usufruire essa stessa di questo vasto rifornimento d'acqua per dissetarsi, per lavare, per le latrine e i mulini. chiaro che tale approvvigionamento idrico, che interessa un'area alquanto al di fuori del l'ansa del Tevere, insieme con gli interventi di restauro sulle mura aureliane, difese da una guarnigione, rivelano un estendersi dell'abitato in ogni parte della citt antica e un numero di abitanti maggiore di quello normal mentepostulato. E l'opera di manutenzione delle infrastnitture urbane, at testata dai resti archeologici, significa quindi continuit non solo dei mo numenti in se stessi, ma anche della tecnologia, della manodopera e delle risorse finanziarie di Roma altomedievale. Robert Coates-Stephens
Margherita Cecchelli. - Mi sembra che Lei ha parlato degli interventi di Gregorio III. Purtroppo i blocchi semilunati della cripta semianulare di S. Crisogono sono in un'opera listata sostanzialmente brutta, ma del tutto simile a molte della tarda an tichit. Per il resto Gregorio III ha lavorato molto, ma non si ha niente. Poi, per i suoi paramenti, suggerirei di guardare murature come quelle di S. Gregorio in Cam po Marzio, S. Prisca, S. Stefano degli Abissini, dove c' da fare tutto un lavoro di
ti universalmente accettata, vedi J. Parker, The Archaeology of Rome. V. The Aque ducts, Oxford, 1876, p. 87 s.; J. Merriman, The Empress Helena and the Aqua Augustea, in Archeologia classica, 29, 1977, p. 436-446. ducts, Oxford, 1876, p. 87 s.; J. Merriman, The Empress Helena and the Aqua Augustea, in Archeologia classica, 29, 1977, p. 436-446.
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lettura di fasi; poi ancora, per l'opera listata con blocchetti piuttosto grandi, ma tut tosommato abbastanza regolare, Le ricordo ad esempio che quando alcuni anni fa scoppiata una bomba a S. Giorgio al Velabro la facciata si scrostata e sulle impal cature allestite per il restauro, si poteva vedere un intervento simile, forse di Gregorio IV medievale. Robert Coates-Stephens. - L'architetto Porzio crede che siano molto tarde, for sedel 1800. Margherita Cecchelli. - Alcune cose sono sicuramente false altre credo di no. L Gregorio IV avrebbe costruito in mattoni. Sono tutte cose dubbie, ma sono anche tutte murature che hanno una qualche affinit.
MEFRM 1999, 1
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