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1.
UNIVERSITÀ DI PERUGIA
spoleto
c omplesso monumentale di s. nic olò
5- 7 novembre 2004
a cura di
massimo osanna e mario torelli
ROMA
EDIZI ONI DELL’ATENEO
2006
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isbn 88-8476-104-2
SOMMARIO
e gli inizi del iii secolo a.C. (Fig. 8), che costituisce pertanto un
prezioso terminus ad quem a cui ancorare il periodo iniziale del-
la frequentazione della “protocasa”. 3 La superficie abitativa era
Fig. 5. Pompei, settore occidentale : distribuzione delle strutture piuttosto ridotta rispetto a quella destinata alle attività domesti-
arcaiche e delle abitazioni di iii secolo a.C. rinvenute nel corso che (cortile con eventuali annessi ; spazio coltivato), occupando
di scavi stratigrafici.
non più di un terzo dell’intero lotto (Fig. 9). Le fauces, sensi-
bilmente spostate rispetto a quelle della casa di ii secolo a.C.,
edilizia documentata nell’insula che, come ha rivelato una serie di
erano affiancate a Nord da un grande ambiente – messo com-
saggi stratigrafici, risale alla seconda metà del iii secolo a.C.
pletamente in luce nel corso degli scavi – e a Sud da due piccole
Lungo Via di Mercurio, la strada arcaica che venne utilizzata
stanze, la cui esistenza è stata accertata solo attraverso studi di
come asse generatore per l’intero quartiere, l’occupazione dei
risonanza geoelettrica, poiché l’elevato livello di conservazione
lotti edificabili sembra essere stata più antica di qualche decen-
nio. Alla prima metà del iii secolo risale infatti il più antico im- 3
La lucerna (h. cm 5 ; lungh. cm 9 ; diam. cm 6,5), scoperta durante la campagna
pianto della Casa del Centauro (vi,9,3-5), 1 che, per comodità, si di scavo del 2004, presenta un graffito inciso all’esterno del serbatoio che non è stato
definirà d’ora in poi come “Protocasa del Centauro”. Il periodo ancora possibile decifrare a causa della presenza delle spesse concrezioni di calce che
di utilizzazione della “protocasa” può essere stabilito con una vi si sovrapposero durante i lavori di ricostruzione della casa. È affine al tipo 25 D
Howland (Howland 1958, pp. 79-80, nrr. 352 e 354), databile fra la fine del iv e gli
certa precisione non solo sulla base dei materiali rinvenuti nelle inizi del iii secolo a.C., come mostrano gli esemplari simili documentati a Cartagine
fosse di fondazione dei muri o al di sotto dei piani pavimentali, 2 (Denauve 1969, pp. 54-55, nrr. 163 e 165 = Gruppo ix), a Corinto (Broneer 1930, p.
ma anche grazie ad alcuni oggetti della suppellettile domestica 47 = Tipo viii) e a Delo (Bruneau 1965, p. 21, nr. 27). Particolari somiglianze sono
riscontrabili con una “grande lucerna a vernice nera con sul disco parecchi graffiti”
che furono inglobati nella colmatura artificiale con cui, intor- rinvenuta nella necropoli dell’Esquilino (Dressel 1880, p. 326, nr. 15 e tav. O, nr.
no alla metà del ii secolo a.C., si rialzò di circa 0,60 m il piano 8 ; per il ritrovamento cfr. anche cil xv,2 782b), ritenuta di produzione campana e
di calpestio prima di procedere ad una radicale ristrutturazione della quale si ricordavano esemplari identici scoperti proprio a Pompei (ivi, p. 326).
Cronologia (fine iv-inizi iii secolo a.C.) e luogo di produzione (Ischia) possono
dell’abitazione, che del precedente impianto conservò solo la essere stabiliti con certezza grazie al rinvenimento di lucerne identiche nello scarico
facciata a blocchi di calcare ed i muri perimetrali settentrionale e di Monte di Vico (Pavolini 1982, p. 143 ; riproduzione della forma in Morel 1976, p.
meridionale in opera a telaio. Fra tali oggetti figura una lucerna 474, fig. 1 ; per la ceramica a vernice nera rinvenuta nello scarico pitecusano cfr. Mo-
rel 1981, p. 47). Da Ischia (e Napoli ?) il tipo si può essere irradiato non solo nella
a vernice nera a serbatoio leggermente convesso e presa laterale zona del Golfo, come testimoniano gli esemplari pompeiani, ma forse anche a Roma
di probabile fabbricazione pitecusana databile fra la fine del iv (su quest’ultimo punto, si rimanda però alle considerazioni espresse da Pavolini
1982, p. 279, nota 11, che propende per un’importazione dalla stessa Grecia : l’ipotesi
1
Sulle fasi edilizie della Casa del Centauro fra la metà del ii secolo a.C. e l’età potrebbe in effetti trovare conforto nella perfetta identità fra l’esemplare romano e
imperiale si veda Guidobaldi-Pesando 1997. il tipo viii Broneer 1930). Il tipo può essere infine confrontato in maniera generica
2
Sui risultati degli scavi effettuati nella Casa del Centauro fra il 2001 e il 2003 si con le lucerne a corpo globulare e presa laterale diffuse in ambito tarantino ed apulo :
rimanda ai contributi citati alla nota 7 a p. 228. cfr. Masiello 1992, p. 62.
230 fabrizio pesando
forse provvisto anche di un’apertura posteriore ; il pavimento,
decorato da un cocciopesto con tappeto centrale in tessellato,
era leggermente rialzato rispetto a quello dell’atrio, secondo una
norma che sarà applicata sistematicamente nei tablini delle case
edificate in età tardo-sannitica e romana (Fig. 10). A Nord del
tablino si trovava un ambiente residenziale, decorato da pitture
e pavimenti di i Stile, mentre a Sud un locale molto semplice,
accessibile dall’atrio attraverso uno stretto varco e quasi del
tutto privo di decorazione, funzionava come stanza da lavoro
femminile e come dispensa. Da questa stanza, attraverso un’am-
pia apertura che immetteva in una sorta di veranda, si giungeva
alla zona posteriore, occupata da un cortile e da un hortus ; in
questo settore, oltre a qualche ambiente di servizio (cucina e la-
trina ?), si trovava una cisterna alimentata dalle acque piovane
convogliate dagli spioventi del tetto. La pianta della “Protocasa
Fig. 9. “Protocasa del Centauro” (prima metà del iii secolo a.C.) : ipote-
si ricostruttiva (in tratteggio l’ingombro della domus di ii secolo a.C.).
fatti elementi di somiglianza con la “Protocasa del Centauro”. domini a cui dovette appartenere la “protocasa del Centauro”.
L’esempio più significativo è quello offerto dal settore anteriore Questa rivela infatti la ricchezza dei proprietari nella ricercata
della Casa di Giulio Polibio, corrispondente all’ingresso nr. 3. decorazione dei suoi ambienti più rappresentativi. Sia il gran-
(Fig. 11). Lì, su un piccolo atrio testudinato disposto trasversal- de ambiente affacciato sulle fauces, sia il vano residenziale che
mente, si affacciavano in origine due ambienti situati ai lati delle confinava a Nord con il tablino (Figg. 13-14) erano infatti deco-
fauces e altri tre sul lato di fondo : il tablino centrale, un ambiente rati da pavimenti in cocciopesto (a puntinato regolare il primo,
residenziale e una stanza che (ancora ?) all’epoca dell’eruzione con tesserine di calcare sparpagliate il secondo) e da pitture di
funzionava come apotheca ; dietro questo settore, dalle misure i Stile, delle quali sono state recuperate, oltre allo zoccolo, de-
quasi coincidenti con quelle della “Protocasa del Centauro”, si corazioni a bugnato, cornici semplici e a dentelli. Di particolare
trovava, forse già durante la prima fase edilizia dell’abitazione, rilievo era il pavimento del tablino, costituito da un cocciopesto
un piccolo atriolo, mentre solo in un periodo successivo venne con inserti calcarei ravvivato in corrispondenza della soglia da
aggiunto il grande peristilio, ricavato probabilmente a spese di un puntinato di grandi tessere bianche e nella parte centrale da
una confinante proprietà. 2 Anche alcune tra le modeste “casette un tappeto mosaicato ; quest’ultimo era inquadrato da una fascia
a schiera” dell’insula i,11 – quale sia stata l’originaria struttu- in tessere bianche di palombino e da un’altra rossa formata da
ra del loro atrio (testudinato o a cortile ; Fig. 12) – presentano scaglie irregolari di terracotta (Figg. 15-16). Non sfuggirà l’im-
alcune affinità con la nostra abitazione, come la disposizione portanza di questo ritrovamento, che documenta una delle più
trasversale della grande stanza comune, la tri/bipartizione dello antiche decorazioni pavimentali in tessellato (per di più in asso-
spazio di fondo e, infine, la maggiore superficie accordata allo ciazione con un cocciopesto) ad oggi conosciute non solo nella
spazio verde rispetto a quello destinato alla vita degli abitanti. 3 città vesuviana, ma anche in area magno-greca e siceliota. 4
Non sfuggirà, tuttavia, che gli esempi qui rapidamente citati si Esponenti ugualmente di spicco della società pompeiana di
riferiscono a un settore abitativo forse casualmente fossilizzato iii secolo a.C. risiedevano anche nella non lontana Casa del Na-
in una domus ristrutturata durante l’età romana (la Casa di Giu- viglio (vi,10,11-12), 5 un’abitazione che si presentava già allora
lio Polibio) e a una tipologia architettonica (quella delle “ca-
sette a schiera”) destinata al ceto meno abbiente della società 4
Sulla documentazione complessiva dei più antichi tessellati conosciuti nell’Oc-
pompeiana d’età sannitica, certo non coincidente con i luxuriosi cidente greco si rimanda a Baldassarre 2001. Un confronto piuttosto puntuale per
l’associazione in questo periodo del cocciopesto con il tessellato è fornito dal pavi-
mento della Tomba dei Cristallini a Napoli, databile fra la fine del iv e i primi anni
1
Greco 1996. 2
Pesando 1997, pp. 137-141. del iii secolo a.C. (Baldassarre 2003, pp. 50-55).
5
3
Pesando 1997, pp. 211-215. Significative convergenze cronologiche sono state registrate con i risultati degli
232 fabrizio pesando
nelle forme della casa ad atrio tuscanico e dalla quale proviene
un rarissimo fregio dipinto di I Stile, raffigurante una teoria di
uccelli con in bocca un ramoscello (Fig. 17) ; eseguito con rapidi
tocchi, il fregio si inserisce nella temperie del medio ellenismo e
Fig. 15. “Protocasa del Centauro”, tablino : particolare della soglia a pun-
tinato e dell’angolo nord-occidentale del tappeto centrale in tessellato.
Fig. 17. Casa del Naviglio (vi,10,12), fase d’età medio-sannitica : fregio
figurato di i Stile.
scavi effettuati dall’équipe olandese in un’altra domus ad atrio della Regio VI con fac-
ciata in opera quadrata e muri perimetrali in opera a telaio, la Casa degli Scienziati
(vi,14,43) ; del tutto identica, per planimetria e proporzioni alla Casa del Naviglio,
la sua prima fase edilizia è stata fissata sullo scorcio del iv secolo a.C. : cfr. Mols-
De Waele 1998 e De Waele et alii 2000 ; Peterse-De Haan 2005; Peterse-De Fig. 21. “Protocasa del Granduca Michele”, sovrapposizioni pavimentali
Waele 2005. nel tablino.
il ‘ secolo d ’ oro ’ di pompei. aspetti dell ’ architettura pubblica e privata 233
rappresenta il più antico esempio di pittura inserita in una parete
di I Stile finora conosciuto a Pompei.
Se la protocasa del Centauro appartiene ad una tipologia edili-
zia piuttosto isolata nel panorama pompeiano, già nelle tradizio-
nali forme della casa ad atrio tuscanico venne costruita un’altra
abitazione messa in luce nel corso di recenti scavi eseguiti al di
sotto della Casa del Granduca Michele (vi,5,5). L’impianto più
antico, situato a poca distanza dalla fornace sopra descritta, è da-
tabile alla fine del iii secolo a.C. (Fig. 18). Anche in questo caso,
l’abitazione mostra un elevato livello decorativo negli ambienti
di rappresentanza (tablino, cubicoli, ala, oeci), in alcuni dei quali,
durante il primo quarto del ii secolo a.C., pavimenti in coccio-
pesto con decorazione a puntinato di tessere si sostituirono a più
semplici battuti, rimasti da allora in uso solo negli spazi comuni
o di transito (atrio, corridoi, ambienti di servizio) (Figg. 19-21).
Di grande interesse è la differente tecnica edilizia utilizzata nei
muri portanti e in quelli divisori, in quanto documenta per la pri-
ma volta il sistema costruttivo usato a Pompei prima del capillare
impiego dell’opera incerta : i primi sono infatti realizzati in opera
a telaio o in opera cementizia, i secondi in semplice argilla pres-
sata, e cioè in quello che, sulla scorta delle fonti, potrebbe essere
definito opus formaceum o paries formaceus 1 (Fig. 22).
‘Il secolo d’oro’ Fig. 22. “Protocasa del Granduca Michele”, oecus. Particolare del paries
formaceus.
Come detto, la vitalità della Pompei d’età tardo-sannitica nella
ricezione e nella rielaborazione della cultura architettonica elle-
nistica è stata più volte sottolineata. In questa sede, si è pertanto struzione, fu infatti sostituito da un elegante mosaico di tessere
ritenuto opportuno rivolgere l’attenzione a taluni edifici sacri, di palombino con tappeto centrale a scutulatum inquadrato da un
pubblici e privati di ii secolo a.C. per i quali si può oggi stabi- motivo a meandri ; l’abbellimento, deliberato dalla kumbennio,
lire con una certa precisione natura, funzione e cronologia : il fu eseguito dal kvaistur Oppius Campanus utilizzando le risorse
Tempio di Apollo, le cd. Terme Repubblicane e alcune abitazio- finanziarie del santuario (Vetter 18). Motivazione e cronologia di
ni della Regio vi nelle quali vennero introdotte nuove tipologie questa nuova decorazione possono essere oggi definite con una
planimetriche e architettoniche. maggiore sicurezza che in passato, considerando non solo le atti-
Come nel caso del Tempio Dorico, anche nell’antico santuario vità edilizie che interessarono il tempio vero e proprio, ma anche
poliade, dopo una notevole contrazione delle offerte testimoniata quelle estese a tutta l’area del santuario. Gli scavi condotti tra il
per il v e il iv secolo a.C., a partire dal iii la devozione si manife- 1980 e il 1981 al di sotto di Via di Porta Marina in corrispondenza
sta nuovamente attraverso la consacrazione di ex-voto. Le grandi dell’area sacra hanno infatti messo in luce i resti di una scalina-
stipi votive intercettate durante gli scavi condotti all’interno del ta costituita, in fondazione e in spiccato, da blocchi di tufo : 5 in
santuario da A. Maiuri 2 e durante lo svuotamento di una lunga essa va probabilmente riconosciuto l’accesso al santuario prece-
trincea antica identificata da P. Arthur nel 1980 al di sotto del por- dente la sistemazione attualmente visibile. La scalinata, databile
tico occidentale del Foro 3 (Fig. 23), erano ricolme di ossa di ani- alla prima metà del ii secolo – e dunque coeva alla costruzione
mali, di vasellame da mensa, di contenitori per derrate e liquidi, del tempio – sembra aver funzionato per poco tempo e venne
di monete e soprattutto di terrecotte votive, raffiguranti preva- smantellata al momento della creazione del quadriportico che
lentemente animali e figure femminili stanti o sedute ; tra le sicure circondava, apparentemente isolandolo, il santuario di Apollo.
identificazioni di divinità sono ricordate solo una statuetta di Ve- La ragione di una così profonda ristrutturazione va ricondotta
nere e una di Erote. Il materiale attende ancora oggi uno studio quasi certamente ad una eccezionale dedica fatta nel santuario
sistematico, ma sembra essere riferibile ad un periodo compreso pompeiano fra il 146 e il 142 a.C. Un recente studio di A. Mar-
fra l’inizio del iii e il pieno ii secolo a.C. Non sappiamo se il tem- telli ha infatti permesso la definitiva identificazione di un titulus
pio arcaico, come è stato supposto, fosse ancora funzionante in Mummianus inciso in lingua e in alfabeto osco su un basamento
età medio-sannitica. La costruzione dell’edificio nelle forme che per statua in tufo addossato al lato meridionale del portico 6 (Fig.
sostanzialmente rimarranno inalterate fino al 79 risale probabil- 24). L’iscrizione è di notevole importanza non solo per la storia
mente al secondo quarto del ii secolo a.C. Si tratta, come noto, di di Pompei, ma anche per la ricostruzione dei rapporti fra Roma
un tempio periptero corinzio su alto podio, in origine privo della e le civitates foederate all’epoca delle guerre d’Oriente che carat-
grande scalinata d’accesso, che venne aggiunta solo in età silla- terizzarono gran parte del ii secolo a.C. È altamente probabile
na, in concomitanza con la riconsacrazione dell’altare effettuata che fra gli alleati di Roma durante la Guerra Acaica figurassero
dai primi magistrati della colonia (cil x, 800). 4 A dispetto delle anche i Pompeiani, i quali, per il loro impegno, furono onorati
limitate alterazioni subite dal tempio in circa tre secoli di vita, con una o più statue depredate durante il sacco di Corinto, forse
la sua cella fu interessata nel giro di pochi decenni da due inter- provenienti proprio da quel santuario di Apollo che fin dall’età
venti decorativi ed è su questo aspetto che vorrei soffermarmi. Il arcaica aveva costituito il centro religioso della città. 7 Come è
semplice pavimento di cocciopesto, steso al momento della co- stato rilevato, la presenza di sostegni per basi di statue ricavati
5
Arthur 1986, 36-37 ; De Caro 1986, p. 19.
6
1
Sull’opus formaceum cfr. Ginouvés 1985, p. 100 nota 122 e Pesando 1999, p. 247. Martelli 2002 ; Martelli 2003. L’ipotesi della presenza di un titulus Mum-
Muri in pisé risalenti alla fine del iv-inizi del iii secolo a.C. sono stati individuati da mianus nel santuario di Apollo era già stata affacciata da Castrén 1976, 358 e ripresa
recenti scavi anche al di sotto dell’impianto tardo-sannitico della Casa delle Vestali con ulteriori argomentazioni da Zevi 1996, p. 128; sul titulus Mummianus cfr. anche
(vi,1,6.28-29) : Jones-Robinson 2004, pp. 109-110 e fig. 2. Lippolis 2004, pp. 34-36.
7
2
Sugli scavi condotti nel Tempio di Apollo da A. Maiuri si veda De Caro 1986. Al bottino corinzio vengono attribuite da De Caro 1991, p. 33 le statue bronzee
3
Arthur 1986. di Apollo e Artemide rinvenute nell’area del santuario, nessuna delle quali, tuttavia,
4
Sulla storia edilizia del Tempio di Apollo si rimanda a De Caro 1986. si adatta al basamento di Lucio Mummio.
234 fabrizio pesando
appositamente nella gradinata di accesso al portico meridionale
indica chiaramente la contemporaneità fra il donativo e la costru-
zione del quadriportico, che dunque va riferito al terzo quarto
del ii secolo a.C. Nello stesso periodo, anche la cella del tempio
venne rinnovata nella sua decorazione pavimentale e parietale e
alla trabeazione furono forse aggiunte le lastre fittili di soggetto
apollineo reimpiegate in età imperiale come typoi nella Casa del
Bracciale d’Oro (vi,17,42) 1 (Fig. 25) ; significativamente, in una
città alleata di Roma che era stata onorata da un vir triumphalis,
si scelse per la decorazione del pavimento lo scutulatum, e cioè il
tipo più raffinato di opus sectile allora conosciuto e messo in opera
in quegli stessi anni nella cella del più importante tempio romano,
vale a dire il Capitolium. 2 La chiusura del peribolo del santuario
con un quadriportico non rappresentò un ridimensionamento
architettonico e funzionale dell’antica area di culto, come talora
affermato. 3 A ragione, invece, F. Coarelli ha sottolineato come il
santuario si configuri da allora come la perfetta replica – seppur
ridotta per scala ed opulenza- di quelle porticus triumphales che in-
torno alla metà del ii secolo a.C. erano venute ad occupare l’am-
pio settore del Campo Marzio compreso fra la porticus Minucia e
il Circo Flaminio ; 4 in particolare, forti affinità sono state indicate
fra l’area sacra di Pompei e la porticus Metelli, significativamente
votata da Q. Cecilio Metello Macedonico per celebrare la vittoria
su Andrisco nello stesso anno della conquista di Corinto da parte
di Lucio Mummio. 5 Lo stretto rapporto esistente fra il santuario
ed il Foro prima della costruzione del portico occidentale della
piazza era, come noto, sottolineato dalle dieci grandi porte aperte
nel muro perimetrale orientale. L’aspetto della piazza, ancora non
interessata dalla costruzione del grande Tempio di Giove e con le
semplici tabernae affacciate sul lato orientale, era ancora piuttosto
ordinario. 6 Tuttavia, si volle almeno pavimentare il marciapiede
in corrispondenza del muro perimetrale orientale del santuario 7
(Fig. 26). Va infatti riferita al drenaggio di una pavimentazione
in cocciopesto e non alla presunta area di un lucus la notizia della
scoperta, al di sotto del portico occidentale del Foro, di alme-
no one round pit containing an inverted amphora (type ?Dressel 1A)
which lacked its neck, handles and stub, and which presented a num-
Fig. 23. Santuario di Apollo : pianta con indicazione dei saggi eseguiti ber of holes pierced through its body ; 8 la sistematica identificazione
all’interno del temenos (1931-1932 e 1943-1944) e nel portico ovest del di simili apprestamenti al di sotto di quasi tutti i pavimenti in
Foro (1981-1982) (da De Caro 1986). C: cisterna; S: fosse di scarico; cocciopesto di ii secolo a.C. indagati stratigraficamente in que-
G: gradinata sti ultimi anni non lascia infatti dubbi sulla sua interpretazione
(Fig. 27). Il più raffinato fra gli edifici ellenistici di Pompei si
configurava pertanto come una delle più felici rivisitazioni della
cultura architettonica del tempo, indicando uno dei tanti modi in
cui poteva esprimersi l’imitatio urbis nel corso del ii secolo a.C.,
in un momento precedente a quel fenomeno di romanizzazione o
di autoromanizzazione omologato sui modelli monumentali delle
colonie di diritto romano, di cui la costruzione del grande tempio
di Giove al fondo del lato settentrionale del Foro sul finire del ii
secolo a.C. rappresenterà uno dei segni più evidenti 9 (Fig. 28). Il
1
Sulle lastre rinvenute nella casa del Bracciale d’Oro cfr. Pompeji Wiederentdeckt
1994, pp. 307-310, (A. d’Ambrosio) ; sulla loro possibile pertinenza al Tempio di
Apollo cfr. De Caro 1991, p. 30 e ppm 7,2, 1997, p. 287 (V. Sampaolo).
2
Sull’identificazione dello scutulatum con il motivo a cubi prospettici si veda
Pesando 1997, pp. 224-228. Sulla cronologia della sua messa in opera cfr. Plin.,
36,185 : Romae scutulatum in Iovis Capitolinis aede primum factum est post tertium bel-
3
lum Punicum. De Caro 1986, p. 24.
4
Coarelli 2002, p. 77.
5
Sulla porticus Metelli si veda Coarelli 1997, pp. 529-538.
6
Sulla piazza forense in età medio e tardo-sannitica sono ancora fondamentali i
lavori di Maiuri 1941 e Maiuri 1942 (= Maiuri 1973, pp. 53-124).
7
La ristrutturazione del Santuario di Apollo avrebbe comportato l’erezione del
portico occidentale del Foro secondo De Caro 1986, p. 19 ; tuttavia, al momento
mancano riscontri certi per confermare questa ipotesi.
8
Arthur 1986, p. 35. L’ipotesi della presenza di un lucus nel santuario è stata
ripresa soprattutto da Carroll-Godden 2000, anche se le conclusioni proposte dal
contributo a favore della sua esistenza risultano poco convincenti.
9
Sul Tempio di Giove cfr. Maiuri 1973, pp. 101-124 ; sui motivi che determina-
Fig. 24. Tempio di Apollo, base con dedica in osco di Lucio Mummio rono le trasformazioni subite dal tempio dopo la colonizzazione si veda Coarelli
(Vetter 61). 2001.
il ‘ secolo d ’ oro ’ di pompei. aspetti dell ’ architettura pubblica e privata 235
Fig. 28. Il Foro di Pompei alla fine del ii secolo a.C. (da Zanker 1993, con modificazioni).
sullo stesso quadrivio, sufficientemente attrezzato per garanti- tuscanico e peristilio (cfr. Fig. 9). Della tipologia architettoni-
re ai frequentatori tutti i comfort presenti nell’unica altra terma ca della “Protocasa del Centauro” non rimarrà un solo esempio
esistente in quell’epoca a Pompei (le Terme Stabiane). nell’aristocratica Regio VI e solo una modesta variante del tipo
Sul piano dell’edilizia privata, il ii secolo a.C. coincide con continuerà ad essere utilizzato in alcune dimore d’età tardo-san-
la sistematica occupazione di tutti i suoli edificabili e con l’ado- nitica documentate nelle aree della città abitate prevalentemente
zione pressoché generalizzata della struttura ad atrio tuscanico, da quegli homines tenues che non avevano bisogno né di atri, né
a cui si associa, nelle abitazioni più prestigiose, il peristilio. 1 An- di tablini. La ricostruzione della Casa del Granduca Michele, ri-
che gli impianti tardo-sannitici della Casa del Centauro e del salente agli ultimi decenni del ii secolo a.C., escluderà invece
Granduca Michele alterarono profondamente l’impianto delle del tutto il settore del tablino, favorendo, secondo i dettami del
abitazioni più antiche. La Casa del Centauro, che all’abitazio- tempo, un maggiore sviluppo della zona del peristilio (Fig. 32).
ne precedente si sostituì nella seconda metà del ii secolo a.C., In entrambe, come in tutte le coeve costruzioni pubbliche e pri-
appare infatti ormai assimilabile alla tipologia della casa nobile vate, i muri furono realizzati prevalentemente in opera incerta
romana, organizzando i propri spazi come una domus ad atrio di lava, mostrando come lo sfruttamento delle proprietà della
spongia o pumex Pompeiana per la coesione del materiale edili-
sostanzialmente accettata da Ginouvés 1962, pp. 109-149 (soprattutto 147-149), che zio avesse ormai raggiunto un elevato livello di affidabilità. 2 La
nota come durante l’età classica le palestre disponessero solo di limitati appresta-
menti per le abluzioni e di loutrà costituiti da pochi ambienti. 2
Su questo legante, tipico delle zone situate alle pendici del Vesuvio, cfr. Vitr.
1
Sul fenomeno cfr. Pesando 1997 ; Dickmann 1999 ; Gros 2001. 2,6, 2.
il ‘ secolo d ’ oro ’ di pompei. aspetti dell ’ architettura pubblica e privata 237
Fig. 32. Casa del Granduca Michele (vi,5,5) : fase di fine ii secolo a.C.
Fig. 34. L’insula vi,10 : planimetria con indicazione dei saggi eseguiti fra
il 2001 e il 2003 ; al numero 7 si apre la Casa dell’Ancora.
Fig. 37. “Casa dell’Esedra” (vi,2,18-19) : l’esedra distila (sistemazione Fig. 40. “Casa dell’Esedra”, pavimento del triclinio meridionale.
d’età imperiale).
*
Ottobre 2006
(cz2/fg13)
*
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