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Il ‘rustico’ in Giulio Romano: alcuni casi emblematici

Author(s): BRUNO ADORNI


Source: Arte Lombarda , 2011, Nuova Serie, No. 161/162 (1-2) (2011), pp. 14-31
Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

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Il 'rustico' in Giulio Romano: alcuni casi emblematici

BRUNO ADORNI

L'uso massiccio dell' ordine rustico' che affianca, contamina o ri- zione generale della facciata di palazzo Stati) e il lacerto delle enor-
veste l'ordine architettonico ha un episodico riferimento pittorico mi bugne del piano terreno del palazzo dei Tribunali a corroborare
in Baldassarre Peruzzi, che lo utilizza per il palazzo di scorcio a si- la grande impressione che gli avevano fatto le rovine antiche.
nistra nella Presentazione di Maria al Tempio in Santa Maria della Ovviamente è d'obbligo parlare anche di Raffaello, per via del
Pace (1523 circa)1. Lo stesso ordine ritrova un tono paragonabile piano terreno nel palazzo per Jacopo da Brescia, probabilmente
a quello di Giulio Romano negli archi trionfali effìmeri per l'in- suo, e del basamento di villa Madama (nella quale, com'è noto, è
gresso di Carlo V a Roma di Antonio da Sangallo il Giovane stato coinvolto ampiamente Giulio) con quel bugnato a pettine
(1536)2. Quest'ultimo lo adotta anche nell'architettura militare e nelle cornici delle finestre ripreso dalla bramantesca porta Julia
civile ma con un senso più strutturale e al solo primo piano a in- (fig. 4). Come in generale deve essere stata forte la suggestione
dicare impenetrabile robustezza, come nelle zecche di Roma e di della Liberazione di san Pietro dal carcere nella Stanza dell'Udienza

Castro. Spesso lo centellina e ingentilisce riducendolo al portale o di Eliodoro per la pittura di Giulio, egli dev'essersi interessato
e agli angoli dei palazzi secondo una prassi che avrà una stermi- al rustico annerito dal controluce che incornicia la grata della pri-
nata fortuna. In Giulio il rustico acquista il carattere di un vero e gione. Un rustico più interessante per Giulio nella versione di-
proprio leitmotiv compositivo, ripreso, più che dai palazzi fioren- pinta, a bugne alternate, che in quella più convenzionale dello
tini del Quattrocento, dalla moda architettonica (si potrebbe studio agli Uffizi (536E). Anche se sembra che non vi sia stata
quasi dire) instauratasi a Roma sotto l'imperatore Claudio. L'uso una sua collaborazione diretta, certamente l'ha interessato quella
così variegato e denso del rustico in Giulio viene analizzato e pro- sorta di catalogo degli ordini architettonici della scena tragica
pagandato, lui ancora in vita, dal primo dei libri usciti di Seba- dell' Incendio del Borgo compreso quello 'rustico', molto scandito,
stiano Serlio, le Regole generali di architettura del 1537. sotto la loggia a serliana dalla quale il papa Leone IV dà la bene-
Nell'Italia del nord in verità, com'è noto, due altri architetti dizione che estingue l'incendio. Un bugnato simile è nel cartone
contemporanei di Giulio utilizzarono il rustico a caratterizzare in- raffaellesco con la Predica di san Paolo agli ateniesi nel Victoria
tere loro opere come Jacopo Sansovino e soprattutto Michele San- and Albert Museum di Londra.

micheli, quest'ultimo in particolare nell'architettura militare. Ci Infine fra chi può aver influenzato Giulio, ed è meno scon-
sono alcune assonanze fra i tre architetti tanto da far pensare a una tato, si ricorda Giuliano da Sangallo, per il modo materico e
qualche reciproca influenza, non troppo facile da precisare nei drammatico di presentare l'antico, il bugnato soprattutto, come
tempi e nei modi però, soprattutto se si cerca una primogenitura. risultato della progettazione originaria e della disgregazione del
Naturalmente è difficile pensare che non abbiano avuto un in- tempo: Roma quanta juit ipsa ruina docet. Quindi non solamen-
flusso sul giovane Giulio, che stava cercando la sua via espressiva, te le sostruzioni del tempio del divo Claudio con le bugne ru-
il forte bugnato bramantesco della porta Julia in Vaticano (presen- stiche che coprono in parte l'ordine architettonico (Biblioteca
te nel codice Chlumczansky, f. 68, Praga, Biblioteca del Museo Apostolica Vaticana, cod. Barb. Lat. 4424, f. 3v; fig. 1) o la por-
Nazionale; fig. 3) prototipo per molti sviluppi cinquecenteschi ta Maggiore (f. 5), ma la basilica Emilia (f. 26), il Settizonio (f.
«che - come scrive Bruschi - ben oltre la tradizione dei palazzi fio- 30), la presunta Crypta Balbi (f. 4v), il teatro di Marcello (f. 4),
rentini del '400, si riallaccia liberamente a esempi dell'architettura il portico di Pompeo (f. lv), il muraglione del foro di Augusto
romana»3, quello di palazzo Caprini (che è servito per l'imposta- (f. 2; fìg. 2)4, invero molto interpretativo, che con i tre conci

1 Nel disegno preparatorio conservato a Parigi, Cabinet des dessins du Loûvre, Antonio da Sangallo the Younger and his circle , a cura di C. F. Frommel e N. Adams,
i conci rustici intervallano l'ordine architettonico più regolarmente; nel quadro I, New York-Cambridge (Mass.)-London 1994, p. 269, ili. a p. 484; M. L. Ma-
la disposizione è più irregolare e rovinistica. Si potrebbe dire che il peso delle donna, L'ingresso di Carlo V a Roma , in La città effimera e l'universo artificiale del
architetture nella composizione la rende quasi una risposta peruzziana In- giardino , a cura di M. Fagiolo, Roma 1980, pp. 63-68, ill. 59-92.
cendio di Borgo. 3 A. Bruschi, Bramante , Roma-Bari 1990, p. 157.
2 Vedi i disegni Uffizi 401 5A recto e verso (quest'ultimo alludente alla porta Mag- 4 Illustrazione anche in S. BORSI, Giuliano da Sangallo. I disegni di architettura
14 giore) attribuiti a Giovan Francesco da Sangallo in The architectural Drawings of e dell'antico, Roma 1985.

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1 . Giuliano da Sangallo, sostruzioni del tempio del divo Claudio. Biblio- 2. Giuliano da Sangallo, muraglione del foro d'Augusto. Biblioteca Apostolica Vaticana,
teca Apostolica Vaticana, codice Vaticano Barberiniano latino 4424, f. 3v. codice Vaticano Barberiniano latino 4424, f. 2r.

3. Giulio Romano, Porta Julia in Belvedere del Bramante. Praga, Biblio- 4. Bramante, Porta Julia. Città del Vaticano, cortile del Belvedere.
teca del Museo Nazionale, codice Chlumczansky, f. 68. 15

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Arte Lombarda | BRUNO ADORNI

5. Giulio Romano, progetto per la porta del Te a Mantova. Stoccolma, Museo 6. Giulio Romano, progetto per la porta del Te a Mantova. Vienna, Albertina,
Nazionale, inv. 360/1863. inv. 14203.

dell'arco che trafìggono l'architrave sembra anticipare uno dei direbbe Serlio di dorico e rustico, un rustico «imperfetto» cioè
modi compositivi più caratteristici di Giulio. a bugne appena sbozzate ovvero «naturali» che la fa «ancora più
Se l'Arena di Verona poteva ricordargli che il bugnato era rea- robusta, & forte in apparenza»6. Si può ulteriormente precisare
lizzabile con il relativamente vicino marmo veronese (una qua- il carattere del progetto, con quell'alternanza di dorico e bugne
rantina di chilometri), salvo poche eccezioni, Giulio lo realizza rustiche, con le parole del quarto libro serliano scritte proprio
con l'intonaco che riveste il laterizio martellinato all'uopo. Pro- negli anni del progetto in questione e avendo Giulio Romano
babilmente la scelta non si deve tanto (o soltanto) a un motivo come paradigma:
economico, viste le mani splendidamente bucate di Federico II
È stato parer de gli antichi Romani mescolar col Rustico non pur il
Gonzaga, ma proprio a un motivo espressivo e compositivo. Co-
Dorico: ma il Ionico, e '1 Corinthio ancora; il perché non farà erro-
me dire che la caratterizzazione o pienezza del risultato non av-
re se ďuna sola maniera si farà una mescolanza, rappresentando in
viene attraverso la differenziazione dei materiali, ma dal solo di-
questa, parte opera di natura, & parte opera di artefice: percioche
segno, in un certo senso, oppure dalla diversificazione tutta arti- le colonne fasciate dalle pietre rustiche, & anco l'architrave, & fre-
ficiale, un po' da scenografo. Se l'elasticità o addirittura la frat- gio interrotti dalli conij [cunei ovvero conci] dimostrano opera di
tura ritmica e ancora la paratassi fanno parte del metodo com- natura, ma i capitelli & parte delle colonne, & così la cornice col
frontispicio rappresentano opera di mano: la qual mistura, per mio
positivo di Giulio, sembra invece che il rustico ottenuto coll'in-
tonaco con cui si realizza anche l'ordine architettonico dia un ef- aviso, è molto grata all'occhio, & rappresenta in se gran fortezza.
Per tanto io giudicherei convenirsi più questa ad una fortezza, che
fetto generale omogeneizzante. Con termine gastronomico, si alcun altra: nondimeno in qualunque luogho nell'edificio rustico
direbbe mantecato.
sarà posta, sempre tornerà bene. & di tal mistura se ne è più dilet-
tato Iulio Romano7.

I progetti per la porta del Te Quindi da Roma antica e dallo studio ravvicinato e creativo delle
sue rovine parte questa pienezza di risultato e la sua varietà, però
II senso di forza difensiva negli splendidi disegni di Giulio per nella consonanza dell'assieme iscritto in una cornice di propor-
la porta del Te non è ottenuta con palle di cannone, statue di zione sesquiáltera (3:2), musicalmente, un intervallo di quinta o
fucilieri o spadaccini, o con mascheroni mostruosi e apotropai- diapente ovvero, albertianamente, un quadrato e mezzo.
ci5, ma, all'incirca, con la eloquente riproposizione della gravi- Naturalmente si può richiamare la porta Maggiore (realizzata
tas romana della porta Maggiore, modificata secondo lo sche- dall'imperatore Claudio per permettere all'acquedotto Claudio di
ma dell'arco di trionfo, con sofisticate e ariose variazioni del attraversare le strade Praenestina e Labicana ), per il motivo delle
bugnato rustico (fìgg. 5-7, taw. 2-4). Una «mescolanza» come edicole e del loro bugnato appena sbozzato (seppure diversamente),

5 Sostituiti con le protettrici di Mantova, la Madonna col Bambino, santa Bar- pp. 92-93.
bara e santa Caterina d'Alessandria, nella lunetta della porta centrale. Nella sce- 7 Libro IV, 153 7, f. 133v. Continua Serlio: «Come ne fa fede Roma in più luo-
na a sinistra le figure sono attorno a uno scudo o stemma ovaleggiante, a destra ghi, & anco Mantoa nel bellissimo palazzo detto il Te, fuori di essa poco di-
sono attorno a un'ara sacrificale, sembrerebbe. scosto, esempio veramente di Architettura, & di pittura ai nostri tempi».
16 6 S. SERLIO, Libro VII , 1575, cap. XXXVIII: D'alcune porte di città in fortezza ,

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Il 'rustico' in Giulio Romano: alcuni casi emblematici

7. Giulio Romano, progetto per la porta del Te a Mantova. Vienna, Albertina, 8. Mantova, Palazzo Ducale, cortile della Mostra.
inv. 14204.

le sostruzioni del tempio del divo Claudio sul Celio per il bugna-
to che attraversa il fusto della parasta dell'ordine architettonico
(si direbbe aiutato dall'interpretazione sontuosamente materica
del disegno di Giuliano da Sangallo8), i resti delle colonne dei
magazzini pertinenti all'impianto di Claudio nel porto di Ostia
con i conci, o forse meglio, i rocchi così poco sbozzati che servo-
no anche più a preparare i fusti dell'ingresso occidentale del Te9.
Non è diffìcile proporre una successione temporale dei tre
disegni: si parte cioè dal disegno conservato al Museo Nazio-
nale di Stoccolma (inv. 360/1863; fìg. 5, tav. 2), quasi un boz-
zetto da scenografo straordinariamente efficace e veloce (anche
se completo e con piccole variazioni alternative destra-sinistra);
poi si passa a quello conservato all'Albertina di Vienna inv. 9. Mantova, Palazzo Ducale, la Rustica (l'attico è stato aggiunto a fine Cinque-
cento).
14203 (fìg. 6, tav. 3), più materico e rifinito (anche se incom-
pleto e in parte a matita) con due soluzioni destra-sinistra in
decisa alternativa (per esempio l'ordine maggiore con o senza
piedestallo, le porte laterali con o senza edicola completa e car- con una cornice più complessa, nella loggia sulla peschiera di pa-
tiglio, la trabeazione completa o contratta dell'ordine maggio- lazzo Te. Soluzioni molto simili si ritrovano nella facciata del raffa-

re, la porta centrale con lunetta o meno su architrave a sua vol- ellesco palazzo Branconio dall'Aquila, al quale ha partecipato Giu-
ta su mensola o su arco) e infine si arriva a quello dell'Albertina lio (come si evidenzia nel disegno attribuito a Giovanni Battista
inv. 14204 (fìg. 7, tav. 4), il più definitivo, che ritorna alla pri- Naldini11), nel cortile di palazzo Massimo alle Colonne di Baldas-
ma idea e praticamente la mette in bella copia10. sarre Peruzzi e nel vestibolo sangallesco di palazzo Farnese a Roma.
Si vuole ricordare che l'uso della trabeazione dorica elisa del fre- Mancando nell'iscrizione sull'attico in corrispondenza del
gio con le guttue residue nell'architrave (forse ripresa dalla codid- portale centrale FEDERICUS.DUX.P. MANT. FECIT, il riferimento al
detta Crypta Balbi) era già stata usata da Giulio nella villa di Bal- Monferrato acquisito nel 1536, generalmente si datano questi
dassarre Turini (villa Lante sul Gianicolo) e, senza guttue residue e disegni a prima di quell'anno e dopo il 1530, quando Federico

8 Bibilioteca Apostolica Vaticana, cod. Barb. Lat. 4424, f. 3v, in Borsi, 1985, Princeps urbium. Cultura e vita sociale dell'Italia romana , Milano 1991, p. 583.
p. 48. Anche Francesco di Giorgio Martini nel codice Saluzziano 148 a f. 78v 10 Si rimanda a M. Tafuri, La porta del Te a Mantova , in Giulio Romano , cata-
presenta un'arcata delle sostruzioni del tempio del divo Claudio, ma in modo logo della mostra, Milano 1989, pp. 380-383; inoltre a E. GOMBRICH, Zum
meno drammatico e materico; FRANCESCO DI Giorgio Martini, Trattati di Werke Giulio Romanos , in «Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen in
architettura, ingegneria e arte militare , a cura di C. Maltese, Milano 1967, I, Wien», VIII (1934), trad. it. in «Quaderni di palazzo Te», 1 (1984), p. 57 e F.
tav. 144. Si veda anche il disegno palladiano conservato al Museo Civico di Vi- Hartt, Giulio Romano , New Haven 1958, pp. 194-199, ill. 415-416-417 (che
cenza, D lv. 11 pensa eseguiti per la porta della cittadella).
9 I blocchi di travertino lasciati a bugnato rustico sono una moda che si diffuse 11 Cfr. le schede di P. N. PAGLIARA in Raffaello architetto , Milano 1984, ili. fra
nell'età di Claudio come scrive G. Gullini, L'architettura e l'urbanistica , in p. 208 e 209. 17

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IO. Scorcio della Rustica. 1 1 . La Rustica, particolare di un arco della loggia.

18 12. La Rustica, particolare del piano superiore. 13. Mantova, Palazzo Te, particolare della parete ovest.

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Il 'rustico' in Giulio Romano: alcuni casi emblematici

fu creato duca di Mantova da Carlo V. La porta Pusterla o del


Te, abbattuta ai primi del secolo scorso, si apriva su un grande
ponte che collegava la città all'isola del Te. Naturalmente quella
che si vede nelle foto d'epoca non è di Giulio.

«Penso sarà più vistoso che quello del Te; ancor che
non li sia tanta fattura, ha più presentía»: la Rustica

Insieme agli splendidi disegni per la porta Te, la Rustica del palaz-
zo ducale di Mantova conduce al massimo l'efficacia espressiva
dell'ordine rustico, anzi ne fa un uso quasi parossistico (fìgg. 8-26,
taw. 5-12).
Lo stesso autore fortunatamente spiega con chiarezza e fre-
schezza il carattere della Rustica, scrivendone al duca il 13 giu-
gno 1538: «la testata è finita el tutto et di pittura et di stucco et 14. Mantova, Palazzo Te, ingresso principale verso il cortile.

penso serrà più vistoso che quello de' Te; ancor che non li sia
tanta fattura, ha più presentia»12. Come dire che la Rustica non
ha la sottile complessità del Te, ma ha un più immediato e forte di erculea firmitas . Sono concluse da un capitello forbito all'antica,
impatto sul riguardante. Sembra quasi avvertirsi nella lettera che simile a quelli della loggia di Davide al Te16. Sopra le finestre sono
l'artista fosse timoroso del giudizio del duca al suo ritorno dal esibite le funzioni strutturali di un architrave sormontato da un

Monferrato e di aver forse esagerato un po'. arco ribassato di scarico, una soluzione abbastanza usuale nella
Anche qui o soprattutto qui, Giulio gioca su tutta la gamma Roma antica per evitare la rottura degli architravi in pietra col
di significati del rustico: da una sorta d'avvicinamento alla roccia tempo17. Naturalmente il tutto è rigorosamente in stucco.
naturalistica quasi da grotta (visto che originariamente si doveva Rientrando nella loggia o complessa grotta tripartita, colpisce
aprire su un giardino con «ruscelli e fontane») all'interno della log- l'uso di materiale scabro ma controllato con un disegno preciso,
gia a piano terra13, al «non finito», dal quale per sottrazione si po- quasi, verso l'alto, a volte cassettonate. In fondo all'antro, con
trebbe arrivare alla finitezza (come i blocchi romani sbozzati in ca- una trabeazione spezzata dalla studiata simmetria, senza arrivare
va che dovevano essere rifiniti dopo la posa in opera, secondo l'in- all'astrattezza seriale del triglifo slittato nel cortile del Te (flg.
terpretazione discutibile di Giuliano da Sangallo14), per giungere 22), Giulio introduce l'elemento rovinistico a innestare dram-
alla rovina, come nei conci slittati nei pilastri del basamento e so- maticamente e paradossalmente una dimensione temporale al-
prattutto nella trabeazione spezzata all'interno della loggia, attra- l'architettura verso il passato e verso il futuro: l'adesione più di-
verso la quale la materia costitutiva dell'ordine torna quasi alla retta all'architettura romana antica, che è quella della rovina; la
condizione naturale originaria15. 1 pilastri con i conci slittati oriz- prefigurazione dell'azione del tempo corruttore sulla propria ar-
zontalmente, sia di lato sia in profondità, per la verità sembrano chitettura quando finalmente diventerà come quella antica.
simulare l'effetto di un terremoto (e rimandare quindi in qualche A un esame appena approfondito, non c'è dubbio che l'im-
modo ai crolli affrescati nelle pareti della Sala dei Giganti in pa- postazione generale della facciata della Rustica, con quella stu-
lazzo Te), come forse le bugne che si sfilano dalle finestre, però più diata trasandatezza ritmica (cugina se non sorella della 'sprezza-
regolarmente, come nell'attico dei disegni per porta Te. I pilastri tura') e con la qualità dell'invenzione e della realizzazione del ru-
assumono un andamento ondulatorio quasi in sintonia con le se- stico, marca una bella differenza con gli altri lati del cortile della
micolonne tortili e gelatinose (come fossero estruse a mo' di latte- Mostra, poi detto della Cavallerizza. Non tanto però da far
miele) ad anticipare in qualche modo l'ordine «ondeggiante» di escludere che Giulio avesse pensato a una sistemazione generale
Guarini. Non per niente appoggiate su mensole (come fa spesso delle facciate sul cortile o, meglio, giardino, cioè organizzasse i
Giulio), le semicolonne sono di uno strano dorico tutto meno che percorsi e gli spazi fra la Rustica e il prospiciente appartamento

12 D. Ferrari, Giulio Romano. Repertorio di fonti documentarie , Roma 1992, 15 Si veda la parte finale della scheda sulla Rustica di P. N. PAGLIARA, in Giulio
II, p. 777. Romano , 1989, p. 420.
13 Non per niente può aver ispirato la Grotte des Pins a Fontainebleau iniziata A Giulio si rifanno le colonne tortili in scorcio nella volta della sala alla quale si
nel 1543 dopo il viaggio in Italia di Primaticcio nel 1540-41, quando egli può accede dalla loggia della Rustica, a sostenere un berceau parente di quello affrescat
essere ritornato a Mantova dal suo vecchio maestro. Cfr. S. Frommel, France- nella volta della saletta delle Stagioni un tempo interna alla Paleologa e ora ricollo-
sco Primaticcio architetto , Milano 2005, pp. 77-85. cata nel castello. Dovrebbero essere state affrescate da Cristoforo Sorte e/o Giuli

14 Scrive Giuliano nella tavola con le sostruzioni del tempio del divo Claudio Campi nel 1549-50. Cfř. il contributo di S. L'Occaso negli atti in corso di stampa
(cod. Barb. Lat. 4424, f. 3v) a mo' di epigrafe antica: QUESTA ANTICHAGLIA E A del convegno Giulio Romano e l'arte del Cinquecento , Mantova 28-31 maggio 2009
SANTO IANI E PAULO E QUI SI VEDE MANIFESTAMENTE COME E ROMANI LAVORA- 17 Vedi le tavole a f. 137v del libro quarto di Sebastiano Serlio e il testo relativo
VANO EDIFIZI LORO IN OPERA EL DISEGNO LO MOSTRA. IN ROMA. a f. 137r. 19

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15. La Rustica, volta affrescata (Giulio Campi?). 16. La Rustica, loggia o grotta'.

di Troia da lui appena sistemato. Magari stimolato dai lavori a


Fontainebleau (soprattutto la galleria di Francesco I) secondo le
informazioni che gli poteva fornire Primaticcio.
C'è anche qualche ricordo documentario che aiuta a pensarla
così. Nell'importante lettera al duca del 13 giugno 1538, già ri-
cordata, Giulio, accennando alle cause dei rallentamenti ai lavori,
scrive: «Ma la principale è che le acque mai non sono calate tanto
che si sia possuto fondare il corridore verso la muraglia»18. Anche
il 13 luglio 1538 Giulio, sempre in lettera al duca in un contesto
di difficoltà di cantiere e finanziarie, scrive di «corridore verso il
lago»19. Il 9 aprile 1539, il duca scrive da Casale Monferrato a
Giulio che «avemo visto quanto ci scrivete, ma per hora non ci
rissolvemo sopra il corredore da qual banda volemo si facia. Pur
col primo dispaccio che si farà, vi faremo avisare che ressolutione
haremo sopra ciò presa»20. Ancora il 17 aprile 1539 Giulio, sem-
pre al duca, scrive «. . .El dì seguente feci el disegno del comparti-
to secondo l'animo de vostra exellentia con il coritore verso mes-
ser Grossino e con la comodità de un altro corridore discoperto
sopra alla grossezza della muraglia verso il lago; et già si è comin-
ciato a fabbricare et come sia un poco più alto che chiaramente si
discerna la largezza de le stantie, quai non si pò perfettamente co-
noscere, perché li muri sono tropo grossi et fra doi dì penso rifar-
ne uno altro disegno più chiaro, che fino a un pelo si cognoserà
la grandezza de le stantie, et mandarollo a vostra excelentia...»,
dove «corridore discoperto» potrebbe voler dire aperto su entram-
bi i lati, verso il giardino e verso il lago allora sottostante. Non
dovrebbe esserci ragionevole dubbio che si tratta del «corridore»
sulla muraglia di recinzione a est della corte mantovana verso il
lago del futuro cortile della Mostra. L'altro corridore «verso mes-
ser Grossino» dovrebbe essere stato previsto nel lato opposto dove

i» Ferrari, 1992, II, p. 777.


17. La Rustica, colonna tortile del piano superiore seminascosta dal «corridore» 19 Ferrari, 1992, II, p. 780.
20 verso il lago. 20 Ferrari, 1992, II, p. 804.

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18. La Rustica, interno della loggia verso il cortile. 19. La Rustica, volta dell'interno della loggia verso il cortile.

a fine secolo si realizzò la galleria della Mostra. Insomma è ragio-


nevole che Giulio Romano abbia pensato all'intera sistemazione
della zona.

Non dovrebbe contrastare troppo questa ipotesi il fatto che


all'attacco di questo corridore con la Rustica affiori dietro alla
muratura una parte di colonna tortile evidentemente preesisten-
te. Dopo la morte del maestro (1546), chi ha ripreso i lavori può
aver pensato di realizzare più largo il corridore verso il lago già
piuttosto stretto com'è ora21.
I successori hanno probabilmente serializzato e irrigidito il pen-
siero giuliesco, il quale però può aver già avuto l'idea del binato nei
lati lunghi. A piano terreno poi le arcate intervallate ad aperture ar-
chitravate, sembrano quasi la trasposizione rustica del ritmo alter-
nato del Canopo a villa Adriana ripreso da Giulio nella loggia di
villa Lante al Gianicolo e in qualche modo ricordato nella loggia
sulla peschiera di palazzo Te. Il tutto favorito da qualche suggestio-
ne dall'alternanza di nicchie quadre e arcuate nelle murature di
esedre o spazi ottagonali o circolari in ville o palazzi o terme anti-
chi22. Anche il lato corto di fronte alla Rustica (cioè all'esterno
della galleria dei Marmi nell'appartamento di Troia), terminato

21 Per la verità anche dall'altra parte non risulta tanto convincente l'accostamen-
to delle due semicolonne tortili appartenenti ai due lati ortogonali (come nota
Hartt, 1958, p. 187) che comunque rappresentano una soluzione diversa da
quella (non particolarmente felice) degli altri tre angoli. Ma si sa dalla lettera ci-
tata più avanti del Bertani del 1556 della difficoltà per quel lato di rapportarsi
con le preesistenze. La rettifica dell'ondulazione della preesistenza può aver
comportato di attaccarsi alla Rustica un po' dove capitava. Sugli spessori diver-
sificati della galleria della Mostra cfr. C. COTTAFAVI, Ricerche e documenti sulla
costruzione del Palazzo Ducale di Mantova dal secolo XIII al secolo XIX , in «Atti e
Memorie dell'Accademia Virgiliana di Mantova», XXV (1939), p.174.
22 Come, a mo' d'esempio, in absidi a villa Adriana a Tivoli, in spazi circolari
e ottagonali nel Palatium dei Flavi e nelle esedre del perimetro esterno delle
terme di Traiano a Roma. In un contesto diverso per facciate di palazzi con
botteghe, si può ricordare lo schizzo in alto del foglio 548A recto degli Uffizi
di Peruzzi (H. Wurm, Baldassarre Peruzzi, Tübingen 1984, p. 315). 20. La Rustica, pennacchio della volta precedente. 21

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2 1 . La Rustica, loggia più interna con la finestra che dava sul lago. 22. Palazzo Te, particolare del cortile col triglifo slittato.

probabilmente dopo il 1561, quando il cortile della Mostra diven- In questa mattina, che è l'ultimo di settembre, io sono andato rive-
dendo le fabriche di Vostra Eccelentia et così ritrovandomi ne la
ne teatro per la festa della barrera in occasione delle nozze di Gu-
Mostra del Castello ò visto Mastro Copino principiare per lunghezza
glielmo Gonzaga con Eleonora d'Austria, può far pensare a Giulio
del muro di detta Mostra, uno casamento per far una gionta a detta
per quell'improvviso binato centrale che fa saltare il ritmo dell'or-
muraglia per essere alquanto tortuosa, qual gionta venirà ad essere di
dine che sembra in qualche modo richiamare quello dilatato e teste quattro et haverà il fondamento molto cavo talmente che si farà
d'improvviso estremamente contratto del fianco di san Benedetto una bona spesa et forse che si bisognerà palificare per essere il luogo
Po. Forse un po' banalizzata nella realizzazione, la loggia traforata paludoso [. . .] quanto pur piacesse a Vostra Eccelentia, si potria con
per la vista verso il lago e per dare aria al giardino, poi cortile della assai minor spesa far più onorate fabriche, come sarebbe a disegnare
col carbone su la muralia vecchia sopra scrita, lo ordine a la rusticha
Mostra, sembra un'eccellente idea architettonica e scenografica
qual è a lo oposito di detta, et dove saranno designati gli pilastri, co-
quanto mai adatta alla futura vocazione spettacolare di quel luogo.
minciare a inchiavarsi con pietre nel muro vecchio, e così far detti
La diminuzione, meglio l'interruzione, dei lavori in quella zona pilastri et archi inchiavati e sopra posti a esso muro vecchio.
della corte alla fine dell'anno 1539 si spiega abbastanza facilmente
con la morte del duca Federico nel 1 540 e, dopo tanto dispendioso Dove, a parte le tecniche esecutive quasi da effìmero, c'interes-
fasto, con la politica di contenimento delle spese da parte dei sa costatare che allora risultava già eseguito il lato opposto ver-
reggenti dello stato, Margherita Paleoioga e il cardinale Ercole so il lago.
Gonzaga che d'altra parte spostò l'attenzione al palazzo vescovile23. Che il Bertani non fosse troppo direttamente responsabile di
Del giardino o, ormai, del cortile della Mostra, si rià notizia quei lavori, sembra rimarcarlo il rifiuto del duca alla sua propo-
in lettera dell'architetto Giovan Battista Bertani a Guglielmo sta. L'architetto gli scrive infatti il 5 ottobre 1556: «Non man-
Gonzaga del 30 settembre 155624. Sembra quasi che passasse di cherò di quanto Vostra Eccellenza me à imposto, [...] circa la fa-
lì per caso nell'ambito della sua carica di prefetto delle fabbriche bricha di la mostra»25.
e soprintendente ai lavori nel palazzo ducale, non che s'interes- Come si è accennato, per i festeggiamenti in occasione delle
sasse a un proprio progetto: nozze di Guglielmo Gonzaga con Eleonora d'Austria del 1561,

23 La documentazione infatti scema di colpo dopo la notizia della copertura sthistorischen Sammlungen in Wien», IX (1935), pp. 130-132) e al Venturi
dei tetti alla Rustica sotto Battista Covo (Ferrari, 1992, II, pp. 826-827; 16, (A. Venturi, Storia dell'arte italiana , 1 1 , Architettura del Cinquecento , I, Mila-
17 e 18 ottobre 1539). Questo vale almeno fino al 1546, anno della morte di no 1938, pp. 298), messa in discussione da Hartt (1958), pp. 190-191, e da
Giulio, quando purtroppo si arresta il regesto documentario curato da Daniela Marani nel 1961 {Mantova. Le arti, II, pp. 205) che toglie tre lati al Pippi, per
Ferrari. poi attribuirli al Bertani nel 1965 (ivi, III, pp. 16-19), solamente per motiva-
24 Pubblicata da COTTAFAVI, 1939, p. 271-272. In linea di massima si segue zioni stilistiche, Carpeggiani è molto prudente sulle responsabilità di Bertani
l'opinione espressa da Paolo Carpeggiani nella monografìa sul Bertani del 1992 alla Mostra e torna sull'ipotesi di una progettazione generale, almeno di massi-
(P. CARPEGGIANI, Il libro di Pietra. Giovan Battista Bertani architetto del Cin- ma, di Giulio Romano. Si veda anche P. CARPEGGIANI, L'architettura dal Berta-
quecento , Milano 1992, pp. 73-82). Ricordando la tradizione che attribuiva il ni al Viani , in II Palazzo Ducale di Mantova , a cura di G. Algeri, Mantova
cortile in toto a Giulio a partire dalla metà del Settecento, per arrivare a Gom- 2003, pp. 192- 194.
22 brich (E. Gombrich, Zum Werke Giulio Romanos. //, in «Jahrbuch der Kun- 25 Carpeggiani, 1992, pp. 78 e 112.

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Il 'rustico' in Giulio Romano: alcuni casi emblematici

23. Palazzo Ducale, cortile della Mostra, «corridore» verso il lago. 24. Particolare della figura precedente.

il cortile della Mostra fu scelto come teatro per la festa della bar-
rera. Alla data non era ancora realizzata la cortina esterna alla

loggia dei Mesi, per altro non ancora ampliata, e perciò, secondo
il cronista Andrea Arrivabene, era stata coperta da una tela di-
pinta «cossi accompagnata che pareva fosse una sola muraglia as-
sieme con le medesime colonne [...] che si vedevano nel resto
della fabbrica di detto cortile»26. Forse quel lato era in realizza-
zione nel 156527. L'ampliamento della galleria dei Marmi risulta
in corso nel 1572, quando Bertani, o chi per lui, chiude anche
la loggia di Giulio verso il cortile28. Si può essere d'accordo con
Carpeggiani quando scrive di essere «convinto che la commit-
tenza gonzaghesca abbia affidato al prefetto delle fabbriche il
compito arduo di comporre in organico progetto le preesistenze
25. Cortile della Mostra, lato all'esterno della galleria dei Mesi (loggia dei
architettoniche, senza prescindere da quei disegni che Giulio Ro- Marmi).
mano aveva lasciato»29. Sembra insomma di poter tornare alla
attribuzione giuliesca tradizionale, con prudenza e qualche im-
portante precisazione.
Forse troppo influenzato dai contributi di Cottafavi (1939) la simpatica e condivisibile considerazione che «no other archi-
e Barbacci (1939), Hartt, che comunque tratta con intelligenza tect of the Cinquecento could or would have dreamed up such
la questione, marca la distanza fra la facciata della Rustica e le an extraordinary invention»30.
altre: «Certainly from the stylistic standpoint the façade of the Verso il 1580 o poco dopo, Bernardino Facciotto realizzò al-
Rustica is the only portion of the courtyard in which the con- cuni disegni nei quali sembra già esistere la galleria della Mostra31.
nection with Giulio Romano is clear and explicit», per fare poi In particolare nella planimetria generale del piano superiore (con

26 Riportato da COTTAFAVI, 1939, p. 175. nografìa di Carpeggiani sul Bertani del 1992 (pp. 73-82).
27 Cottafavi, 1939, p. 175. 31 Conservati all'Archivio di Stato di Torino e pubblicati in P. CARPEGGIANI,
28 Cottafavi, 1939, pp. 181-182. Bernardino Facciotto. Progetti cinquecenteschi per Mantova e il Palazzo ducale ,
29 Carpeggiani, 1992, p. 80. Non si è del tutto d'accordo, invece, che spetti Milano 1994, ili. 22 e 56; testo a pp. 44-46 e 55-58. Facciotto dà anche un
interamente al Bertani il lato contro la Rustica, per via dell'addensamento rit- progetto di trasformazione del piano sotto la galleria della Mostra con il lato
mico centrale che si è rilevato. esterno al cortile della Mostra aperto a botteghe, mentre sul lato sinistro del
30 Hartt, 1958, p.190. Più avanti (p. 191) rincara la dose: «The façade of the foglio inserisce, saltando al piano superiore, una «Zoiolera», cioè uno spazio
Rustica is in striking contrast with the other three façades of the courtyard, al- ottagonale per mostrare i gioielli ducali, che fa da snodo fra la galleria dei Mar-
ready clearly separated from Giulio s building» (p. 191). Poi scrive di «ignoble mi già allargata e la galleria della Mostra, al posto del gomito presente nella
shifts» da parte di Bertani (ivi). Questa tesi, come detto, prevale fino alla mo- precedente planimetria generale. Cfr. Carpeggiani, 1994, ili. 56, 58 e 59. 23

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26. Bernardino Facciotto, rilievo planimetrico parziale del piano superiore del Palazzo Ducale di Mantova, del 1581 circa. Torino, Archivio di Stato, (dis. 2 da P.
Carpeggiani, Bernardino Facciotto , Milano 1994). Il cortile della Mostra è in alto sopra la basilica di Santa Barbara, orientato verso est. Della Rustica è segnata so-
lamente la facciata, ma esistono già, verso il 1580, la galleria della Mostra e il «corridore» aperto verso il lago che allora arrivava a lambire la Rustica e il cortile della
Mostra. In basso (nord ovest) la Corte Vecchia su piazza Sordello con sopra il cortile di Corte Vecchia e il cortile d'onore, la Domus Nova e il Giardino dei Semplici
che confina con la Rustica. A sinistra (verso nord est) la «entrata del Palazzo di Mantova», che non esiste più, con sopra il giardino pensile e il cortile delle Otto
Facce. A fianco il prato di Castello con la caratteristica esedra. A sinistra manca il castello di San Giorgio.

la mancanza di alcune parti come il castello medioevale) viene terminate nel 1608. L'innalzamento del soffitto della nuova gal-
delineato con precisione il corridore sul lago e più sommaria- leria comportò la creazione di un attico esterno che per omoge-
mente la galleria della Mostra con una breve manica curva che neità fu esteso a tutto il cortile, cambiando la percezione della
la collega alla galleria dei Marmi (fig. 26). Questa parte della pla- Rustica e di tutto l'insieme33.
nimetria ha l'aria di un rilievo dello stato di fatto. A conferma, Agli inizi del Settecento il cortile della Mostra divenne Ca-
in documenti del 1579 si parla di disegni per la volta della galle- vallerizza per volontà di Ferdinando Carlo Gonzaga di Nevers e
ria (quasi certamente quella della Mostra) dovuti a Pompeo Pe- per opera di Francesco Bibiena che coprì parzialmente il cortile.
demonte32. Come dire che allora era già in allestimento. Ma già nella seconda metà del secolo la copertura era in deperi-
Nel 1592 Vincenzo Gonzaga incaricò l'architetto cremonese mento. Rimane di quella breve stagione il cartiglio tardobarocco
Giuseppe Dattari di ristrutturare la galleria della Mostra. Nel del 1720 fra il binato di colonne tortili del lato esterno alla gal-
1595 gli subentrò Anton Maria Viani. Le decorazioni furono leria dei Mesi34.

32 Carpeggiani, 1994, p. 57. 34 Guida anonima del 1749 (ristampa in «Civiltà Mantovana», 9 (1967/2), p.
33 Cfr. Cottafavi, 1939, pp. 185-190; Carpeggiani, 1992, p. 81 e Carpeg- 244); G. Cadioli, Descrizione delle pitture, sculturey ed architetture che si osser-
24 giani, 1994, p. 57. vano nella città di Mantova e ne* suoi contorni , Mantova 1763, p. 26.

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Il 'rustico' in Giulio Romano: alcuni casi emblematici

27. Mantova, la casa di Giulio Romano vista di scorcio.

L'ultima dimora d'artista a Mantova prendere non il tempio o la domus antichi ma il susseguirsi ser-
rato e continuo di arcate dell'acquedotto romano, magari solle-
Mantova sembra avere quasi un primato nel tema della casa d'ar- citato dalla facciata di palazzo Pitti a Firenze ancora più vicina,
tista nel Rinascimento. Ne ha ben tre, ancora esistenti, che si vo- nella scala gigantesca e nella scabrosità, a quel prototipo35.
gliono presentare proprio come tali, giocando in qualche modo Praticamente svincolata da una distribuzione interna che ri-

fra lo status sociale e la qualifica intellettuale, la cultura antiquaria sente molto dell'impostazione della precedente abitazione acqui-
e l'intenzione artistica. La casa quadrata del Mantegna scavata e stata nel 1531 (formata da due case a schiera confinanti piutto-
centralizzata dal cortile rotondo, quella di Giulio Romano che si sto modeste), la facciata vuole presentarsi come una 'galleria'
presenta quasi come una finta galleria (si potrebbe dire, giocando quasi a privilegiare le raccolte artistiche e antiquarie ricordate da
sull'ambiguità che quel termine ebbe nel tempo), quella del Ber- Vasari e ad anticipare o affiancare l'interessamento alla compli-
tani che presenta in facciata l'ossessione della sua vita, la giusta in- cata corte mantovana, soprattutto l'appartamento di Troia (la
terpretazione di tutte le parti dell'ordine ionico secondo Vitruvio. loggia dei Marmi) e la Rustica e in qualche modo al loro colle-
L'aspetto esterno dell'ultima abitazione mantovana di Giulio gamento, magari informato dal Primaticcio della galleria di
(figg. 27-34, taw. 13-14) risulta davvero singolare: sembra ri- Francesco I a Fontainebleau.

35 All'acquedotto romano sembra ispirarsi anche il portico a cinque arcate a da Antonio da Sangallo il Giovane per Pier Luigi Farnese dopo il 1 537. Pur-
bugnato della facciata del palazzo comunale di Nepi, progettato probabilmente troppo non si sa cosa prevedesse il Sangallo per i piani superiori. 25

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28. Rilievo della facciata eseguito utilizzando un Laser Scanner Leica CIO (arch. Andrea Ghiretti, laboratorio di disegno e rilievo della facoltà di Architettura dell'Uni-
versità di Parma, direttore prof. Paolo Giandebiaggi). Sono state posizionate due stazioni sul fronte opposto che hanno consentito l'acquisizione incrociata di due
scansioni costituite da circa 8 milioni di punti ciascuna per una soddisfacente copertura di tutte le superfìci, dei sottosquadri e degli aggetti.

29. Giulio Romano, progetto per la facciata della sua dimora mantovana; 30. Fotomontaggio per simulare una possibile soluzione giuliesca di facciata comprensiva
cm 33 X 55,8, inchiostro, acquerello e matita nera. Stoccolma, Statens della seconda casetta, della quale nel 1531 il Pippi ebbe solo l'utile dominio, non la piena
Konstmuseer, inv. NMH 45/1986. proprietà che riscattò nel 1542. Il primo ingresso corrisponde a quello originario posto
nella terza campata, il secondo (nella sesta campata) corrisponde all'androne d'accesso
alla casetta a destra, come evidenzia la pianta di Paolo Pozzo.

26

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Il 'rustico' in Giulio Romano: alcuni casi emblematici

3 1 . Ipotesi ricostruttiva della funzione delle stanze della casa di Giulio in base 32. Particolare dell'incisione tratta dalla pianta della casa di Giulio Romano in
all'inventario del 1573. Mantova di Paolo Pozzo; da C. D'Arco, Istoria della vita e delle opere di Giulio
Pippi Romano , Mantova 1838.

Com'è noto, la facciata è stata allargata a destra nel 1800 di nell'Ottocento) come pure la linea orizzontale a penna appena
due o più facilmente di tre campate da Paolo Pozzo che ha spo- sotto il colmo degli archi del piano nobile forse richiama il piano
stato, sempre a destra, di due campate anche l'ingresso, conser- di gronda o del solaio dell'edifìcio che Giulio intendeva amman-
vando ampiamente e imitando nel nuovo l'edificio giuliesco, co- tare di una nuova eloquente facciata. Nella linea di terra dalla por-
me ora ci tranquillizza il disegno autografo del Pippi conservato ta verso sinistra sembra essere indicata la scala metrica.

nel Museo Nazionale di Stoccolma36 (fig. 29, tav. 13). Il disegno, Le bugne rustiche, pur disegnate in maniera variegata per pre-
densamente meditato, mostra la soluzione differenziata della sesta cisarne il carattere, appaiono più omogenee nei due piani rispetto
campata a destra, a ricordare quasi l'asimmetria della sua piccola alla situazione attuale (che forse soprattutto nel piano inferiore ri-
casa romana o, più probabilmente, un'alternativa alla teoria d'ar- sente dei restauri del Pozzo visto che fra l'altro ne ha ampliato le fi-
cate. La finestra schizzata con le sue bugne a pettine (che diventa- nestre) e le arcate superiori risultano ancor più staccate dalla parete
no mensole a sostegno dell'architrave) richiama il disegno giulie- retrostante che evidenzia una superficie laterizia organizzata minu-
sco per palazzo Adimari Salviati (Firenze, Biblioteca Laurenziana, tamente addirittura con un opus retìcolatum attorno alla statua fem-
cod. Ashburnham, app. 1828, f. 141), mentre la rottura degli ar- minile collocata nella nicchia sopra l'ingresso poi sostituita da Mer-
chitravi richiama le fìnte rovine nel cortile di palazzo Te e, soprat- curio (fig. 33). Lo stacco della teoria di arcate dalla parete residuale
tutto, all'interno della loggia della Rustica. L'arco a tutto sesto nel- di fondo viene comunque rimarcato dalle finestre di una inconsue-
la porta può forse ricordare l'apertura della casa precedente (come ta grandezza e foggia, arzigogolate come sono nella realizzazione dal
avverrà spesso nei disegni presentati alle commissioni d'ornato motivo del fregio undato giustapposto dappertutto nelle cornici.

36 Stoccolma, Statens Konstmuseer, inv. NMH 45/1986, pubblicato da B. in «Journal of the Society of Architectural Historians», 47 (1988/2), pp.
Magnusson, A Drawing for the Façade of Giulio Romano's House in Mantua , 179-184. 27

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compressi da forze telluriche laterali (fìg. 34). In questa ben con-


catenata facciata, Giulio non ha resistito a introdurre una forza-
tura che costringe a vedere, sotto l'arco (un po' come nel bra-
mantesco palazzo Caprini a Roma), il piano del solaio a livello
della vera fascia marcapiano segnata ai lati del portale ma inter-
rotta dai conci superiori delle finestre quadrate. L'operazione ha
qualche analogia con gli scardinamenti a mo' di rovina nel cor-
tile di palazzo Te o nella Rustica e con il crollo dell'architettura
nella Caduta dei Giganti nel Te.
A dare retta a Vasari nella seconda edizione delle vite, Giu-
lio: «fabbricò per sé una casa in Mantova dirimpetto a San Bar-
naba, alla quale fece di fuori una facciata fantastica, tutta lavo-
rata da stucchi coloriti, e dentro la fece tutta dipingere e lavora-
re similmente di stucchi, accomodandogli molte anticaglie con-
dotte da Roma, ed avute dal duca, al quale ne diede molte delle
sue»37. Le coloriture nella facciata possono essersi parzialmente
perdute nell'intervento del 1800 di Paolo Pozzo che ha anche
ampliato, verso il basso, le finestre al piano terreno come lui di-
ce38 e come conferma, per differenza, il disegno giuliesco con-
servato a Stoccolma che presenta anche una falsa fascia marca-
piano (sempre a livello del davanzale) fra la cantina e il piano
terreno che, se realizzata, fu poi eliminata dal Pozzo o si è persa.
Subito dopo l'arrivo a Mantova, Giulio Romano abitò in una
casa, non individuata, nella contrada di Pusterla ovvero non
troppo distante da palazzo Te e abbastanza vicino alla sua abita-
zione definitiva in via Poma. Il 13 giugno 1526 Federico Gon-
zaga, subito dopo averlo creato cittadino mantovano, gli donò
una casa confinante con la chiesa di Sant'Andrea, probabilmente
33. Casa di Giuliano Romano, Mercurio e l'ariete annicchiati sopra l'ingresso.
sita in via Broletto contro la testata destra del transetto della
chiesa39. Andò quindi ad abitare più vicino al palazzo ducale.
A differenza di quanto si è pensato da Hartt in poi, la casa
La continuità orizzontale della facciata non viene contraddet- di Giulio in via Poma (contrada dell'Unicorno) non è quella
ta dal fregio del cornicione di coronamento con i festoni trion- aquistata per mille scudi d'oro dagli eredi di Ippolito Ippoliti
fali alternativamente appesi alle teste d'ariete (come nelle are an- nel 1538, che era posta nella contrada del Cammello (nella zo-
tiche) e ai piccoli oculi di derivazione settentrionale. L'arco del na dove poi sorgerà il ghetto ebraico), ma è un'altra che è stata
portale d'ingresso, seppure ribassato, spezza invece drammatica- acquistata dall'artista il 28 aprile 1531, insieme all'utile domi-
mente l'orizzontalità del falso marcapiano (in realtà è al livello nio di una seconda confinante, per ducati 350 d'oro40. Il 24
dei davanzali delle finestre), quasi fosse una piattabanda i cui febbraio 1532 il canonico e massaro della cattedrale confermò
conci s'innalzano e dilatano plasticamente a ventaglio come l'utile dominio della seconda casa (con una sorta d'affitto) da

37 Si spera che Vasari ricordasse bene quando precisò quanto scritto nella prima suadermi di aver adempiuto ai comandi di V. S. e di aver pure esaurita l'in-
edizione del 1550 (oppure che avesse rivisitato la casa quando tornò a Mantova combenza addossatami che era quella di salvare tutte le simmetrie e le decora-
nel 1566): «Inoltre fabbricò per sua abitazione in quella città una casa dirimpetto zioni che sono proprie del rinomato autore».
a San Barnaba, la quale fece tutta dipingere et abbellire di stucchi. Perciocché 39 E. Marani - G. Amadei, Antiche dimore mantovane , Mantova 1977, p. 88.
egli aveva de le antiquità di Roma, e similmente il duca glie ne aveva date, ch'egli 40 Ferrari, 1992, I, pp. 372-373; l'esenzione daziaria per la stessa somma
se ne ornasse e ne avesse buona custodia»; G. VASARI, Le Vite de' più eccellenti pit- di 350 ducati d'oro è dell' 11 settembre 1531 relativa ai due terreni in con-
tori, scultori, ed architettori nelle redazioni del 1550 e 1568 , a cura di R. Bettarini trada Unicorno (ivi, a p. 421). Sempre dai documenti, pubblicati a cura di
e P. Barocchi, tomo V, Verona 1984, pp. 74 (1550), 76 (1568). Daniela Ferrari, risulta che Giulio Romano ottenne l'esenzione daziaria del
38 C. d'Arco, Istoria della vita e delle opere di Giulio Pippi Romano , Mantova 23 marzo 1538 per l'acquisto dagli eredi di Ippolito degli Ippoliti di una ca-
1838, app. II, doc. 37. Si riporta un ampio passo perché specifica l'atteggia- sa situata in contrada Cammello e non per quello della casa situata in con-
mento del Pozzo e del committente nel confronto dell'opera di Giulio: «L'unito trada dell'Unicorno vicino alla chiesa di San Barnaba, cioè l'attuale in via
ruotolo diretto a V. S. contiene la pianta e la facciata della di Lei casa (...) ar- Carlo Poma 18, perchè nell'atto di vendita del 31 dicembre 1538 (che Hartt
chitettata dal celebre Giulio Pippi romano. Nell'aggiunta delle due finestre in non conosceva) viene specificato che la casa in questione è posta in contrada
facciata, nel nuovo ingresso marcato sotto la sala e che sbuca nel mezzo del cor- del Cammello (Ferrari, 1992, II, pp. 793-795). Giulio finisce di pagarla il
28 tile, e nell'ingrandimento in altezza delle finestre esterne in terreno, voglio per- 28 aprile 1540 (ivi, pp. 840-841).

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Il 'rustico' in Giulio Romano: alcuni casi emblematici

rinnovarsi ogni nove anni a Giulio Romano che si era presenta-


to con un paio di capponi e una certa carta che teneva nelle sue
mani41. Il 7 ottobre 1542 Giulio Romano cedette al capitolo
della cattedrale un terreno nel vicariato di San Giorgio del va-
lore di 330 lire e soldi 10 per riscattare la casa e il terreno an-
nesso in questione42.
Giulio e la sua famiglia hanno potuto godere un po' più a lun-
go la casa di via Poma. Giulio Romano infatti risulta già abitare
nella contrada dell'Unicorno in un atto notarile deir8 marzo

1533, secondo il quale, come superiore delle strade, dà al suo col-


laboratore maestro «muratore» Bernardino de Gibertis, il permes-
so di costruire su un pezzo di terra che gli era stato donato dal
duca vicino al Rio43. In una lettera di Giulio al duca del 16 no-
vembre 1536, risulta che la sua casa ha qualche problema per
un'inondazione: «et la mia casa me la è convenuta pontellarla tutta
perché lo mio revolto et fatto et rifondato de fresco perché faceva34. Casa di Giuliano Romano, il falso marcapiano si spezza sopra l'arco ribassato
dell'ingresso.
segno de roina»44. Comunque la trasformazione della casa dev'es-
sere stata a buon punto nel 1541, quando vi fu accolto Giorgio
Vasari, a Mantova durante il viaggio per Venezia chiamato da Pie- sul cortile con (rimaste?) «sette statue all'anticha, fra grande et
tro Aretino. La data 1544 trovata sotto gli intonaci della facciata piccole de mármore, [. . .] una testa de lione de mármore». C'era
anche uno «studio verso la via pubblica» con un tavolo di circa
nel restauro del 1800 dovrebbe corrispondere alla fine dei lavori45.
La pianta del piano terreno del progetto di trasformazionetre braccia, due seggiole e vari calamai, una testa di marmo
della casa di Giulio Romano a Mantova datata 28 aprile 1800 ebianco, un capitello antico di marmo, una mano di marmo
«all'anticha», una figura piccola di marmo, «una tazza d'archi-
firmata da Paolo Pozzo46 ovvero la corrispondente incisione nel
mia lavorata alla musaica», un compasso con la vite, un «busso-
volume sull'artista di Carlo d'Arco del 1838 (dove si segnalano
lo d'allabastro», probabilmente lo strumento principe allora del
con tratteggio incrociato le parti preesistenti, con tratteggio sem-
topografo, «una sfera de legno, un astrolabio d'ottone tondo»,
plice le parti demolite e con puntinato le parti costruite di nuo-
vo) coniugate con l'inventario della casa redatto il 6 e 7 marzodue lumi d'ottone, «una fontana, d'ottone grande, tonda, da
dar acqua alle mani», un quadretto «con il ritratto di papa Giu-
1573 per Virginia di Raffaello Pippi, il figlio di Giulio,47 per-
mettono di entrare con discrezione in casa dell'artista. lio secondo», «un ariete con sopra una figura» e tanti altri og-
Tener presente che Giulio ha unito due case aiuta a precisaregetti. Forse era ancora come l'aveva lasciato Giulio, che ce ne
meglio come doveva essere la distribuzione della sua ultima dimo- parla incidentalmente, il 23 aprile 1539, durante i lavori alla
ra mantovana, prima delle modifiche del Pozzo. Dalla pianta diRustica ducale a proposito d'umidità a pian terreno, problema
Pozzo del 1800, si capisce che gli androni d'ingresso erano due in comune a tutte le costruzioni mantovane. Dice di preferire ap-
corrispondenza della terza campata e della sesta e quindi che pro- poggiare le stanze sulle volte che non direttamente sul terreno,
perché passa meno umidità «et di questo ho visto la prova in ca-
babilmente le due case precedenti corrispondevano in realtà alle
otto campate attuali. Può essere andata così: Giulio all'interno ver-sa mia, perché le camere dove non è revolti [volte] non penso
so il cortile si è sentito di occupare con la grande loggia a cinque poterle mai più abitare et ancor son humidissime et lo mio stu-
campate anche il terreno della seconda casa, ma non si è sentito didio, quale è sopra al rivolto, et un'altra camera, mai son stati
coprirne la facciata sulla strada perché non era di sua piena pro- humidi per niente e più [eppure] l'acqua li è stata un braccio e
prietà allodiale come l'altra, ma di «utile dominium et meliora-mezzo apresso [alle volte]»48.
menta ac omnia iura» e bisognava pagare al capitolo della catte- A mezza scala un camerino e due camere, una detta «della
drale un po' di soldi in occasione di certe feste, fino a quando farina».
la
riscattò nel 1542 probabilmente col favore del cardinale Ercole. Al piano superiore «la camera della visita» con due finestre, a
sinistra verso la strada, con «camerino», probabilmente l'alcova,
Seguendo l'inventario del 1 573, al piano terra vi era una cu-
cina con la dispensa, due camere, la grande loggia «antiquaria»annesso, la «sala grande» affrescata con vari dei dell'Olimpo, col

41 Ferrari, 1992, 1, pp. 497-498. 45 D'ARCO, 1838, p. 67, che riporta la testimonianza orale del Susani. Sul nuo-
42 Ferrari, 1992, II pp. 981-982. Risulta che Giulio pagò il 5 marzo 1541 vo intonaco del 1 800 venne incisa la data 1 544 in alto a sinistra e 1 800 in alto

per il livello della solita casa (che doveva versare alla festa del Corpo di Cristo, a destra.

cioè il 24 febbraio) lire 6, soldi 5, denari 6 al capitolo della cattedrale (ivi, p. 46 Pubblicata da F. R FIORE, La casa di Giulio , in Giulio Romano , 1989, p.
921); lo stesso I'll marzo 1542 (ivi, p. 949). 485.
43 Ferrari, 1992, 1 p. 541. 47 Pubblicato in Ferrari, 1992, II, pp. 1182-1207.
44 Ferrari, 1992, II p. 701. 4» Ferrari, 1992, II, p. 810. 29

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Arte Lombarda | BRUNO ADORNI

camino, tre finestre sulla strada, tre candelieri d'ottone a muro,


un cavallo marino di marmo con figura sopra, un fanciullo di
marmo con un vaso in mano e cinque teste di marmo bianco su
busti in stucco «affìsse» al muro. C'era un passaggio alla «saletta
over loza» con cinque finestre sopra la loggia sul cortile, affian-
cata da una piuttosto grande «camera delli quadri» con 25 qua-
dri fra i quali un ritratto di Giulio Romano, forse quello dipinto
dall'amico Tiziano. Dall'altro lato una piccola «camera scura»
con finestra. Tutta la zona potrebbe essere quella più specializza-
ta dell'atelier.

Dalla loggia andando verso la strada, una «camera scura» e la


cucina, entrambe a fianco della «sala grande».
Se non è facile trovare una vera caratterizzazione e un filo
rosso nelle case d'artista anche soltanto nel Rinascimento49, si
deve riconoscere che come tale vuole presentarsi la casa di Giu-
lio, cioè che egli voglia in qualche modo con l'importanza e la
novità della facciata - ma anche con l'accolta di dei affrescati

nel salone e con le raccolte artistiche che inneggiano alla 'ro-


manità' come fondamenta del Rinascimento, che nel contem-
po possono alludere alla provenienza romana di Giulio (ovvero
con un ben congegnato programma iconologico) - indicare
chiaramente il suo status d'intellettuale e di artista non per
niente sotto la protezione di Mercurio e dell'ariete. Non sola-
mente l'ingresso ma l'intera casa sembra posta sotto il loro in-
flusso50. Per parte nostra insisteremmo sulla ripetuta presenza
dell'ariete: insieme a Mercurio sopra l'ingresso, a sostenere i fe-
stoni nel fregio del cornicione di coronamento, nella base della
statua dell'imperatore nel bassorilievo con l'adorazione dell'im-
peratore sulla cappa del camino del salone e nel relativo dise-
35. Giulio Romano, portale con loggia sovrapposta. Vienna, Albertina, inv. 341.
gno51, nell'ara sacrificale a destra del camino (. Securitasì )52 e,
guarda caso, nella prora della nave nella scena a sinistra dello
stesso (Annona e Cerere)53. Anche nello studio da basso, fra gli
oggetti inventariati nel 1573, c'era «un ariete con sopra una fi-
gura». Forse Giulio è nato sotto il segno dell'Ariete, cioè fra tendente d'architettura, quando sostiene che originariamente
marzo e aprile? Ricordando con Leon Battista Alberti che il le campate del palazzo erano cinque, cosa che renderebbe in
numero 5 «ben a ragione sarà reputato divino, e a buon dirittoqualche modo più facile un ricordo in esso del palazzo Stati
sacro agli dei protettori delle arti e anzitutto a Mercurio»54, vie- Maccarani e soprattutto del bramantesco palazzo Caprini, la
ne la tentazione di dare ragione a Carlo d'Arco, informato in- «casa di Raffaello» ben nota a Giulio55.

49 Cfr. sull'argomento l'introduzione di S. Settis , in Case d'artista. Dal Rina- come fa N. S. C. Leopold (1981) contro l'esplicita affermazione del Pozzo.
scimento a oggi , a cura di E. Hüttinger, Torino 1992. In verità anche le cinque campate cozzano con le affermazioni del Pozzo e
con la larghezza attuale del salone che nell'inventario risulta rischiarato da
50 Si rimanda all'approfondita lettura iconografica di K. W. FORSTER - R. J.
Tuttle, The Casa Pippl. Giulio Romano's House in Mantua , in «Architectu- tre finestre. Scrive esattamente Carlo D'Arco: «Questa abitazione del Pippi
ral 3 (1973), pp. 104-130, sostanzialmente ripresa, con integrazioni e qual- fu a' dì nostri allungata, e per quante cure il novello valente architetto Paolo
che minore divergenza, da N. S. C. LEOPOLD, Artists homes in Sixteenth cen- Pozzo vi impiegasse per serbare l'antico stile ed il medesimo ordine, non potè
tury Italy , London 1981, 1, pp. 89-125, L. WlRTH, Le case di Raffaello a Ro- impedire che generalmente la fabbrica perdesse di quelle belle proporzioni,
ma e di Giulio Romano a Roma e Mantova, in Case d'artista. . . , 1992, pp. 54- colle quali Giulio la aveva distribuita. Non eranvi infatti allora se non due
60, e Chiara Tellini Perina in R Carpeggiani - C. Tellina Perina, Giulio finestre a ciascun lato della porta, delle quali ognuna illuminava una stanza
Romano a Mantova "...una nuova e stravagante maniera" > Mantova 1987, terrena. Il basamento era diviso in cinque arcate uniformi, e sopra a quella
pp. 136-140. di mezzo eravi un nicchio con entravi un grazioso Mercurio, lavoro di greco
5i Hartt, 1958, ili. 495 e 500. scalpello» (D'Arco, 1838, p. 68). Può darsi, ma non è probabile, che il
52 Hartt, 1958, ili. 495 e 497. D'Arco (che non ha visto la casa prima del restauro) sbagli, magari voluta-
53 Hartt, 1958, ili. 496. mente, come suggerisce Fiore, per esprimere «in tal modo il desiderio di tra-
54 L. B. ALBERTI, De re aedificatoria , a cura di G. Orlandi, introduzione e note mandare il ricordo di una facciata di Giulio simmetrica, alludendo forse alla
di P. Portoghesi, Milano 1966, libro IX, capitolo V, p. 818. diversità della sesta campata, se realizzata secondo il disegno di Giulio» (Fio-
30 55 Piuttosto che sostenere che il portale fosse sul quinto asse anche in origine re, 1989, p. 485).

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Il 'rustico' in Giulio Romano: alcuni casi emblematici

Sembra confermare che effettivamente la casa mantovana con qualche sintonia col portale meridionale del palazzo di Car-
avesse all'origine cinque campate con l'ingresso al centro il fatto lo V a Granada, secondo Burns e Tafuri56.
che le tre arcate a destra sono tutte della stessa larghezza (ovvero Un ingresso di palazzo o di villa molto accentuato dal bina-
edificate tutte e tre assieme nell'anno 1800), mentre le cinque a to dorico fasciato dai conci rustici, sormontato dalla loggia io-
sinistra hanno luci un po' diverse e progressivamente più ampie nica di proporzione abbreviata (come fa spesso Giulio) a for-
verso il nuovo ingresso (da cm 221,5 a 238,5), probabilmente a mare una sorta di serliana: si direbbe quasi ad anticipare l'ad-
indicare qualche piccola difficoltà a rapportare la nuova facciata densamento materico e compositivo della parte centrale della
giuliesca con le finestre del vecchio edifìcio costrette fra i muri facciata vignoliana di Villa Giulia. Si assiste alla lotta serrata fra
di spina. Anche l'aspetto delle bugne dei tre archi a destra sem- gli ordini dorico e rustico che ha il sopravvento nelle bugne
bra omogeneo e appare diverso da quello delle altre cinque. che coprono gran parte dei triglifi sopra il binato e nel concio
Così tutto sembra ricomporsi: le arcate della casa originaria in chiave dell'arco che trafigge l'architrave e nasconde le guttae
erano cinque con l'ingresso al centro, cioè nella terza campata, e del triglifo centrale. Un certo senso di scardinamento si ha in
il tutto, come nel disegno di Stoccolma, aveva un perimetro di quella sorta di arco siriaco cassettonato che sembra derivare da
proporzione 3:2, cioè la sesquiáltera amata da Giulio che la pro- un discorso interno alla trabeazione ionica. A differenza dei ca-
pone per esempio anche nei disegni per porta Te. si più noti di arco siriaco, cioè quelli del cosiddetto tempio (o
Infine, per non rimanere del tutto intrappolati nelle proporzio- porta) di Adriano a Efeso e del palazzo di Diocleziano a Spala-
ni armoniche, non è da escludere che Giulio abbia scelto l'anda- to ma anche del colonnato del Canopo a Villa Adriana (che
mento seriale dell'acquedotto per potere allargare la facciata in un tutto sommato può essere il principale riferimento antico per
secondo tempo, quando avesse definitivamente acquisito la secon- questa soluzione come per la loggetta sopra al ninfeo affrescato
da casetta, magari valorizzandone anche quell'ingresso che sarebbe da Giulio nella Sala di Costantino), non è tutta la trabeazione
venuto a cadere nella sesta campata, in simmetria con il primo. che si flette. L'architrave s'interrompe e s'inarca solamente il
fregio pulvinato a spezzare la cornice che va a formare due lati
di un timpano. Un'operazione che ha qualche analogia con
Progetto di portale con loggia sovrapposta l'arco d'ingresso che spezza il falso marcapiano nella sua dimo-
ra mantovana. Se questa è stata la genesi della soluzione giulie-
Non si sa per che occasione sia stato realizzato questo disegno sca, si spiegherebbe anche la tangenza dell'arco con lo pseudo-
(Vienna, Albertina, inv. 341; fig. 35, tav. 15), un po' più sciatto frontone, a dilatare ampiamente la campata centrale voltata a
nell'esecuzione di quelli per porta Te; verso la casa d'abitazione botte con cassettonato a rosoni, forse un po' arcaico, come le
mantovana, secondo Hartt (che per primo lo ha pubblicato); rosette nella lunetta.

56 Hartt, 1958, p. 253; Burns e Tafuri inseriscono il disegno dell'Albertina in Referenze fotografiche
un complesso quadro di attribuzione a Giulio della prima ideazione del palazzo
di Carlo V a Granada, per tramite di Baldassarre Castiglione, quando era nun- 1-35, taw. 2-15: foto dell'Autore.
zio papale presso l'impero; Giulio Romano , 1989, p. 496 e più circostanziata-
mente M. Tafuri, Ricerca del Rinascimento. Principu città, , architetti , Torino
1992, cap. VI, soprattutto p. 262 sgg. (p. 285 per il disegno in questione). 31

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BRUNO ADORNI

2. Giulio Romano, progetto per la


porta del Te a Mantova. Stoccolma,
Museo Nazionale, inv. 360/1863.

3. Giulio Romano, progetto per la


porta del Te a Mantova. Vienna, Al-
bertina, inv. 14203.

nella pagina a fianco :

4. Giulio Romano, progetto per la


porta del Te a Mantova. Vienna, Al-
bertina, inv. 14204.

5. Mantova, Palazzo Ducale, la Ru-


stica, loggia o 'grotta'.

nelle pagine successive :

6. Palazzo Ducale, cortile della Mostra.

7. La Rustica (l'attico è stato aggiunto


a fine Cinquecento).

8. Scorcio della Rustica.

9. La Rustica, interno della loggia


verso il cortile.

10. La Rustica, volta dell'interno della


loggia verso il cortile.

11. Cortile della Mostra, «corridore»


verso il lago.

12. Particolare della figura prece-


dente.

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15. Giulio Romano, portale con log-


gia sovrapposta. Vienna, Albertina,
inv. 341.

nella pagina a fianco :

13. Giulio Romano, progetto per la


facciata della sua dimora mantovana;
cm 33 X 55,8, inchiostro, acquerello
e matita nera. Stoccolma, Statens
Konstmuseer, inv. nmh 45/1986.

14. Fotomontaggio per simulare una


possibile soluzione giuliesca di fac-
ciata comprensiva della seconda ca-
setta, della quale il Pippi nel 1531
ebbe solo l'utile dominio, non la
piena proprietà che riscattò nel
1542. Il primo ingresso corrisponde a
quello originario posto nella terza
campata, il secondo (nella sesta
campata) corrisponde all'androne
d'accesso alla casetta a destra, come
evidenzia la pianta di Paolo Pozzo.

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