a cura di
luigi Capogrossi Colognesi, elena tassi Scandone
« l’eRma » di BRetSCHNeIDeR
La Lex de Imperio Vespasiani e la Roma dei Flavii
(Atti del Convegno, 20-22 novembre 2008)
a cura di
Luigi Capogrossi Colognesi, Elena Tassi Scandone
Progetto grafico:
«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER
Curatore redazionale:
Daniele F. Maras
ISBN 978-88-8265-526-6
V
Indice
VI
Il temPlUm GeNtIS FlaVIae
1. Nel perimetro 1 delle terme di Diocleziano, nell’area compresa tra l’aula ottago-
na già adibita a planetario e la chiesa di S. Bernardo, si rinvennero in più occasioni
i resti di un notevole complesso monumentale di età domizianea demolito al mo-
mento della costruzione delle terme 2. Si tratta di un vasto recinto porticato, rea-
lizzato con elevati a pilastri in blocchi di travertino e opera laterizia 3, con esedre
semicircolari e quadrangolari (ig. 1). Un tratto del lato sud-occidentale del porti-
cato, con un’esedra semicircolare, è stato rinvenuto nel cortile del palazzo Feltri-
nelli sito in via delle terme di Diocleziano (ora via Vittorio emanuele orlando)
n. 75, e nel basamento del coro della chiesa di S. Bernardo 4. ad esso si aggancia
*
Si riproduce qui il testo del mio saggio già pubblicato in Divus Vespasianus. Il bimillenario dei
Flavi, a cura di F. Coarelli (Catalogo della mostra, Roma 2008), milano 2008, 224-233.
1
Vespasiano, forse per reazione all’operato di Nerone, evitò che fossero realizzate statue co-
lossali in onore dell’imperatore vivente, come sembra potersi evincere da una sua ironica risposta
a chi voleva erigergli una statua colossale: Suet. Vesp. 23.3 (Nuntiatis legatos decretam ei publice non me-
diocris summae statuam colosseam, iussit vel continuo ponere, cavam manum ostentans et paratam basim dicens).
Sul tema: K. Stemmer, Fragment einer kolossalen Panzerstatue Domitians? Zur Kolossalität in lavischer
Zeit, in AA 1971, 574 ss.; D. Kreikenbom, Griechische und römische Kolossalporträts bis zum späten ersten
Jahrhundert nach Christus (JdI, Suppl. 27), Berlin-New York 1992, 99 ss.; B. Ruck, Die Grossen dieser
Welt. Kolossalporträts im antiken Rom, Heidelberg 2007, 215 s.
2
D. Candilio, Roma. Indagini archeologiche nell’aula ottagona delle Terme di Diocleziano, in NSc 1990-
91, 165 ss., spec. 175 ss., igg. 9 (scavo in via Parigi), 10 (scavo sotto il palazzo Feltrinelli), 11, 12
(ipotesi di ricostruzione). Inoltre: D. Candilio, Terme di Diocleziano: indagini nell’aula ottagona, in Ar-
cheologia Laziale XII, 1, 1995, 193 ss. (sintesi dei dati di scavo).
3
Carta Archeologica di Roma, tavola II, 1964, 64; Candilio, Roma, cit., 175, ig. 9. Il porticato è
inoltre rappresentato nella pianta archeologica della zona di S. Bernardo curata da Carlo Buzzetti
con la collaborazione di emanuele Gatti: C. Pietrangeli, V. Di Gioia, m. Valori, l. Quaglia, Il nodo
di S. Bernardo. Una struttura urbana tra il centro antico e la Roma moderna, milano 1977, tav. 3.
4
B.m. Felletti maj, Roma. Ruderi in relazione col lato S-O. delle terme di Diocleziano, in NSc 1952,
33 ss. ig. 1; Carta Archeologica, cit., 259, I, 90; Candilio, Roma, cit., 175 ss., ig. 10. Sono i muri b, b’,
c, e, n, o della pianta della Felletti maj, che compongono l’angolo sud-occidentale del complesso.
271
Eugenio La Rocca
un tratto del lato nord occidentale, rinvenuto nell’area compresa tra la chiesa di
S. Bernardo e via Vittorio emanuele orlando, dal quale sporge un avancorpo di
forma quadrangolare. Un terzo tratto del settore nord-orientale, con un’esedra
semicircolare e un’esedra quadrangolare di più piccola misura, è stato rinvenuto
durante i lavori per l’apertura di via Parigi e, in seguito, durante gli scavi nelle fon-
dazioni dell’aula ottagona (già Planetario) delle terme di Diocleziano.
Parallelo al porticato sud-occidentale, nel piazzale tra via Vittorio emanuele
orlando e via Giuseppe Romita, è stata posta in luce a più riprese una massiccia
fondazione in opera cementizia, di m 47 ca. di lunghezza 5 (ig. 1).
la cronologia della struttura in età domizianea è basata su alcuni bolli di mat-
tone su bipedali rinvenuti ancora in situ 6, e sul modo di costruzione di alcune delle
cortine murarie, con ricorsi di bipedali e stilatura alla base dei letti di malta 7.
la sua misura complessiva resta oggetto di speculazione. Daniela Candilio, in
base alla distanza tra i due principali setti paralleli del porticato inora rinvenuti
(nel palazzo Feltrinelli, in via Parigi e nell’aula ottagona delle terme di Diocle-
ziano), ricostruisce una quadriporticus di m 123 ca. di lunghezza, ivi comprese le
esedre (ig. 2). I porticati erano profondi m 5,80, con le pareti di misura omoge-
nea (m 1,20) scandite all’esterno, forse su tre lati, dalla presenza di piccole esedre
alternatamente semicircolari (raggio di m 4,20) verso gli angoli e quadrangolari
– a giudicare dalle piante, più piccole di misura – al centro. È probabile che uno
o più muri inglobassero a loro volta le esedre. Sul lato nord-occidentale, rivolto
verso la alta Semita, la Candilio propone la presenza di un avancorpo, forse un
accesso imponente all’ediicio. la larghezza del porticato può essere dedotta solo
dalla posizione delle esedre. Se collocate a distanza regolare, e ammettendo che
5
NSc 1880, 32 («Nei lavori di fognatura che si stanno eseguendo in piazza di termini, è stato tro-
vato un ambulacro sotterraneo delle terme di Diocleziano, selciato alla maniera delle strade, il qua-
le dalle sale centrali attraversando l’esedra, si dirige verso la moderna via torino. Da ambedue i lati
dell’ambulacro rimangono avanzi di ediici anteriori alle terme, distrutti da Diocleziano, fra i quali
una platea di scaglie di selce, larga met. 44,60»); R. lanciani, Forma Urbis Romae, 1893-1901, tav. 10
(«Fundamenta aediicii a Diocletiano disiecti»); Registro dei trovamenti della Xa Ripartizione del Comune di Roma,
VII, 167, 5.X.1902; G. Gatti, in BCom XXX, 1902, 200 («Nell’abbassare il piano stradale lungo la via
delle terme, e parallelamente al nuovo grande fabbricato adiacente alla parte settentrionale dell’esse-
dra, è riapparsa una platea in calcestruzzo, molto estesa, sulla quale doveva anticamente sorgere un
grandioso ediicio»; Carta Archeologica, cit., 255, I, 81 b; 259 s., I, 92 I c, II. al momento dei ritrova-
menti del 1902, quindi, si era già supposto che si trattasse di un tempio o di un ediicio monumentale:
6
muri 232 e 35: Candilio, Roma, cit., 166 e nt. 6; 174, nt. 11, 178, nt. 20. Sui bolli: CIL XV,
1097 f; m. Steinby, La cronologia delle iglinae doliari urbane dalla ine dell’età repubblicana ino all’inizio
del III secolo, in BCom lXXXIV, 1974-75, 56; CIL XV, 992 e (muro 232; è un tipo di bollo presen-
te nel Colosseo e nelle costruzioni domizianee del Palatino); Steinby, La cronologia, cit., 50 (muro
35). la cortina del muro 35 rinvenuto sotto l’aula ottagona è realizzato con ricorsi di bipedali e
stilatura alla base dei letti di malta, caratteristico dell’età lavia: Candilio, Roma, cit., 178, nt. 20.
7
Candilio, Roma, cit., nt. 19.
272
Il templum gentis Flaviae
8
a questo ipotetico altare potrebbero essere attribuiti i c.d. rilievi Hartwig, rinvenuti poco
lontano, durante gli scavi per la fondazione dell’esedra settentrionale di piazza della Repubblica.
V. la nota 70.
9
P. leon, Traianeum de Italica, Sevilla 1988; l. Roldán Gómez, Técnicas constructivas romanas en
Italica (Santiponce, Sevilla), madrid 1993, 62 ss.; m.t. Boatwryght, The Traianeum in Italica (Spain) and
the Library of Hadrian in Athens, in D. Buitron-oliver (ed.), The Interpretation of Architectural Sculpture
in Greece and Rome, Washington 1997, 193 ss.; P. leon, Il Traianeum di Italica, in J. arce, S. ensoli, e.
la Rocca (a cura di), Hispania Romana. Da terra di conquista a provincia dell’Impero, Catalogo della
mostra (Roma 1997), milano 1997, 176 ss.
10
m. trümper, Die ‘Agora des Italiens’ in Delos. Baugeschichte, Architektur, Ausstattung und Funktion
einer späthellenistischen Portikus-Anlage, Rahden 2008, 13 ss., 62 ss., 74 ss., 82 ss.
273
Eugenio La Rocca
tile 11. Negli esempi più antichi, come nei monumenti romani che ne discendono
per gemmazione – la porticus Octaviae 12, la porticus Liviae 13 e, forse, la porticus Vipsa-
nia 14 –, le esedre, destinate per lo più a contenere statue onorarie, sono ancora di
piccolo formato e disposte irregolarmente 15.
Non tutte queste porticus rispondono alla medesima funzione. In alcuni casi
hanno al loro interno ediici monumentali; in altri casi sono veri e propri giardini
recintati con opere d’arte e viali per passeggiate in luogo ameno 16. Da questa
eclettica congerie di prototipi si sviluppa in età lavia, proprio con il templum Pacis,
una pianta con esedre di media grandezza, ma non tutte della medesima misu-
ra, comunque regolarmente cadenzate lungo il perimetro della corte porticata 17.
Questo nuovo ruolo delle esedre risulta perfezionato nell’ediicio sottostante le
terme di Diocleziano, con l’alternanza regolare tra esedre semicircolari ed esedre
quadrangolari, anche se tra i due tipi di esedre le misure non coincidono. Il nuo-
vo ed elegantissimo modello, con qualche ulteriore aggiustamento, sarà adottato
qualche decennio dopo in ambiente provinciale, sia nella Biblioteca di adriano ad
atene 18, sia nel traianeo di Italica.
11
Sull’argomento e. macaulay lewis ha in preparazione uno studio dal titolo: The City in Mo-
tion: Movement and Space in the Villa, Porticus, and Horti in Rome from 100 BC to AD 150. Inoltre:
trümper, Die ‘Agora des Italiens’, 85 s. Un signiicativo esempio, a mezzo tra la tradizione greca e le
nuove esigenze della committenza romano-italica, è la c.d. agorà degli Italici a Delo, per la quale
si veda ora l’edizione di trümper, ibid., spec. 24 ss., 365 ss., e le piante alle igg. 17, 18, 20-24, Beil.
1. Sul rapporto del monumento con le porticus romane, ibid., 386 ss.
12
LTUR IV, 1999, 141 ss., s.v. Porticus Octaviae, ig. 48 (a. Viscogliosi). Diicile dire se le ese-
dre fossero già presenti nella struttura preesistente, la porticus Metelli: LTUR, IV, 1999, 130 ss., s.v.
Porticus Metelli (a. Viscogliosi).
13
LTUR IV, 1999, 127 ss., s.v. Porticus Liviae, igg. 46-47 (C. Panella).
14
a codesta porticus sono stati recentemente attribuiti alcuni disegni di andrea Palladio e di
Pirro ligorio cn la rappresentazione di una quadriporticus con esedre semicircolari: F. De Capra-
riis, Due note di topograia romana, in RIA, s. 3, 14-15, 1991-92, 174 ss., igg. 9, 11. È naturalmente
diicile stabilire, sulla base delle piante, se si tratti efettivamente dell’originaria porticus Vipsania o
di un rifacimento architettonico più tardo.
15
trümper, Die ‘Agora des Italiens’, cit., 138 ss.
16
Un caso a sé stante è oferto dalle porticus con esedre di ben più impressionante misura, de-
stinate stavolta a funzioni più complesse, come nel Foro di augusto: R. meneghini, R. Santan-
geli Valenzani, I Fori Imperiali. Gli scavi del Comune di Roma (1991-2007), Roma 2007, 43 ss., ig. 32.
17
meneghini, Santangeli Valenzani, I Fori Imperiali, cit., 61 ss., igg. 53, 65.
18
m.a. Sisson, The Stoa of Hadrian at Athens, in BSR 11, 1929, 50 ss.; J. travlos, Pictorial Dictio-
nary of Ancient Athens, london 1971, 244 ss.; a. Kokkou, Αδριάνεια έργα εις τας Αθήνας, in
ADelt 25, 1970, 162 ss.; Boatwryght, The Traianeum, cit., 193 ss.
274
Il templum gentis Flaviae
19
Ho in preparazione uno studio sulle vicende connesse con la scoperta del ritratto di tito
e con il suo trasferimento a Roma. Si veda, per il momento: Sulle scoperte archeologiche della città e
provincia di Roma negli anni 1871-72. Relazione presentata a S.E. il Ministro di pubblica istruzione dalla R.
Sopraintendenza degli scavi della provincia di Roma, 1873, 42; R. lanciani, Delle scoperte principali avvenu-
te nei colli Quirinale e Viminale, in BCom I, 1872-73, 229; tav. I; R. Canevari, Notizie sulle fondazioni
dell’ediicio pel Ministero delle Finanze in Roma, in Atti della Reale Accademia dei Lincei, Memorie, s. 2, II,
1874-75 (ristampato in: F. Borsi, G. Spagnesi, G. Piantoni, m. De’ Spagnolis Conticello, Il Palazzo
delle Finanze e del Tesoro, Roma 1989, 249 ss., da cui la citazione), 433 (= 1989, 278); CAR 1964,
239, I, 15 b.
20
R. Bonghi, Collegio Romano. La Biblioteca Vittorio Emanuele e i musei, Discorso inaugurale di Rug-
gero Bonghi, Ministro della Istruzione Pubblica, Roma 1876, 22.
21
Il busto colossale di Vespasiano cui fa riferimento Giuseppe Fiorelli non sembra potersi
identiicare con quello della collezione Farnese ma, eventualmente, con un altro di incerta prove-
nienza, già collocato, all’epoca in cui scriveva Bernoulli, in uno dei cortili del museo e in seguito
sistemato nella Sala dei Flavii: J.J. Bernoulli, Römische Ikonographie, II, 2, Stuttgart 1891, 23, n. 13;
a. Ruesch, (a cura di), Guida illustrata del Museo Nazionale di Napoli, I, Antichità, Napoli 19112, 245,
n. 1009 (senza numero d’inventario); G. Daltrop, U. Hausmann, m. Wegner, Das römische Herr-
schenbild, II, 1, Die Flavier, Berlin 1966, 16, scheda a 76 s., tav. 9 a, b; Kreikenbom, Griechische, cit.,
211 s., III. 87. Per il busto Farnese: Bernoulli, Römische, cit. II, 23, n. 11, tav. VII; Ruesch (a cura
di), Guida illustrata, cit., 244 s., n. 1007 (inv. 6068); Daltrop, Hausmann, Wegner, Die Flavier, cit., 16
s., scheda a 77, tav. 9 c, d; Kreikenbom, Griechische, cit., 101 s., 211, III. 86. Nella scheda in Daltrop,
Hausmann, Wegner, Die Flavier, cit., 76 s. si riscontrano evidenti confusioni tra i due busti colos-
sali. Il busto Farnese, inv. 6068, è detto «mit den farnesischen altertümern nach Neapel gelangt»,
mentre all’altro busto sono assegnati un’erronea provenienza dalla collezione Farnese e il numero
d’inventario 1889, evidentemente desunto per una svista materiale dalla scheda di Bernoulli, che
invece si riferisce all’anno in cui l’a. ha visto la testa in uno dei cortili del museo. Si crede che la
testa colossale Farnese inv. 6068 provenga, insieme con un altro ritratto colossale di antonino
275
Eugenio La Rocca
c’è il fondato dubbio che la notizia sia stata costruita a tavolino per porre qualche
riparo alla lunghissima sequela di polemiche e di proteste contro l’ingiustiicato
scambio –, sarebbe stato trovato tempo prima nella stessa zona.
Nell’area del ministero delle Finanze dove fu rinvenuta la testa colossale, oltre
gli avanzi del perimetro delle terme e delle strade basolate che ne delimitavano il
perimetro, furono scoperte alcune costruzioni in laterizio (ig. 4). Nella relazione
sugli scavi compiuti nel 1871-72, sono così descritte:
«… apparvero gli avanzi d’un grandioso ediizio, che si distingueva da tutti gli altri in
allora scoperti per la spaziosità degli ambienti, e per la grandiosità dei suoi pezzi archi-
tettonici. Infatti nell’eseguire un taglio in questo punto apparvero due enormi pezzi di
cornicione in marmo con intagli della buona epoca dell’impero. Poco lontano da essi
comparivano considerevoli resti di muri in bellissima costruzione laterizia, uno dei
quali presentava altresì il motivo centrale di una nicchia. Nell’approfondire lo scavo si
incontrò un pavimento a musaico bianco e nero con rappresentanze di tritoni e mostri
marini in uno stile largo e grandioso. Siccome già la sola parte scoperta misurava una
supericie superiore ad otto metri sopra sei, così poté argomentarsi sulla vastità del suo
ambiente, e quindi di tutto l’ediizio di cui faceva parte.
Se nello stato imperfetto delle indagini era lecito pronunciare una congettura, que-
sta ci veniva fornita dal discoprimento che ebbe poi luogo in questo punto medesimo
d’una colossale testa marmorea rappresentante l’imperatore tito. essa è alta unita-
mente a parte del collo metri 1.50 con metri 1 circa di diametro. la scoltura è buona,
e tale testa collocata all’altezza richiesta dalle proporzioni della statua a cui appartene-
va, dovea produrre un efetto imponente. Per la sua enorme grandezza non potendosi
supporre che fosse quivi trasportata riesce naturale di credere che avesse appartenuto
ad un monumento innalzato in questo sito alla memoria di quell’imperatore. ora, sic-
come è conosciuto che in tali vicinanze e propriamente nel sito denominato ad malum
punicum sorgeva la casa dei Flavii, così la supposizione che gl’ambienti ed i pezzi archi-
tettonici, nonché la testa colossale, avessero appartenuto a quell’ediizio, non è priva
di qualunque probabilità».
Pochi anni dopo il suo arrivo a Napoli, avvenuto nel 1876, il ritratto di tito, pur
eccezionale per la sua colossalità, entrò nel novero delle opere di provenienza sco-
nosciuta. mai come in questo caso si tocca con mano come la memoria di scan-
dali che pure provocarono risse verbali tra diversi schieramenti politici e articoli di
giornale, non lascino traccia a distanza di pochi mesi dagli eventi. È vero che l’Ita-
lia era pressata da ben più gravi problemi. eppure questo è uno dei tanti sintomi
di una malattia che pervade la società italiana in dalle origini dello Stato unitario:
Pio inv. 6078 (= Ruesch [a cura di], Guida illustrata, cit., 248 s., n. 1029, ig. 63), dalle terme di Cara-
calla: R. Vincent, Les collections Farnèse, Les antiques, in Le Palais Farnèse, a cura dell’ecole Française
de Rome, I, 2, Roma 1981, 338.
276
Il templum gentis Flaviae
il profondo dissidio tra enti locali e Stato centralizzato, e la pressoché totale scis-
sione tra opinione pubblica e classe politica.
3. la scoperta del luogo esatto di ritrovamento della testa colossale di tito favo-
risce l’ipotesi che l’ediicio rinvenuto nelle fondazioni dell’angolo sud-occidentale
delle terme di Diocleziano (igg. 1, 9) sia proprio il templum gentis Flaviae, celebre
per la sua grandezza e la sua magniicenza, rutilante di marmi e d’oro 22. È diicile,
come correttamente informa la pur succinta relazione di scavo, che un testa di si-
mile misura sia stata ivi trasferita da altra sede. logica vuole che la statua cui essa
apparteneva, certo un acrolito destinato al culto dell’imperatore divinizzato, fosse
collocata in quest’area o nelle immediate vicinanze.
Come aferma Svetonio, Domiziano nacque nella VI regio, nella località detta ad
Malum Punicum, così denominata probabilmente per la presenza di un melograno,
nella casa che in seguito trasformò in templum gentis Flaviae (…domo quam postea in
t. g. Fl. convertit) 23. Si può supporre, pur senza averne assoluta certezza, che la domus
22
R. lanciani, Ara dell’incendio neroniano scoperta presso la chiesa di s. Andrea al Quirinale, in BCom
XVII, 1889, 383 s.; Ch. Hülsen, Zur Topographie des Quirinals, in RhMus 49, 1894, 399 s.; o. Hir-
schfeld, Die kaiserlichen Grabstätten in Rom, in Kleine Schriften, Berlin 1913, 463 s.; S.B. Platner, t.
ashby, A Topographical Dictionary of Ancient Rome, london 1929, 247; K. Scott, The Imperial Cult
under the Flavians, Stuttgart 1936, s.v. Gens Flavia, templum 64 ss.; G. lugli, I monumenti antichi di
Roma e suburbio, III, A traverso le regioni, Roma 1938, 318 s.; m. Santangelo, Il Quirinale nell’antichità
classica, in MemPontAc, s. 3, V, 1941, 151 s.; H. erkell, Statius’ Silvae I 1 und das templum gentis
Flaviae, in Eranos 56, 1958, 173 ss.; F. Coarelli, Roma sepolta, Roma 1984, 147 ss.; e. Rodríguez-
almeida, Alcune notule topograiche sul Quirinale di epoca domizianea, in BCom XCI, 1986, 56 ss.; m.
torelli, Culto imperiale e spazi urbani in età lavia. Dai rilievi Hartwig all’arco di Tito, in L’Urbs. Espa-
ce urbain et histoire (Ier siècle av. J.-C. - IIIe siècle ap. J.-C.), actes du Colloque international (Rome,
1985), Roma 1987, 563 ss.; J. arce, Funus imperatorum. Los funerales de los emperadores romanos,
madrid 1988, 78 ss.; Candilio, Roma, cit., 178 ss.; R. Paris (a cura di), Dono Hartwig. Originali ri-
congiunti e copie tra Roma e Ann Arbor. Ipotesi per il templum Gentis Flaviae, Catalogo della mostra
(Roma, 1994), Roma 1994, 15 ss.; LTUR II, 1995, 368 s., s.v. Gens Flavia, templum (F. Coarelli);
R.H. Darwall-Smith, Emperors and Architecture: A Study of Flavian Rome, Bruxelles 1996, 159 ss.;
e. Da˛browa, The Origin of the templum Gentis Flaviae: A Hypothesis, in MemAmAc 41, 1996, 153
ss.; C. Henriksén, Martial, Book IX. A Commentary, Uppsala 1998-99, I, 56 s.; R. turcan, Templum
gentis Flaviae, in JSav 2000, 3 ss.; P.J.e. Davies, Death and The Emperor. Roman Imperial Funerary
Monuments from Augustus to Marcus Aurelius, Cambridge 2000, 24 ss., 148 ss.; m. Clauss, Kaiser und
Gott. Herrscherkult im römischen Reich, Stuttgart-leipzig 2001, 121; J. leberl, Domitian und die Dich-
ter. Poesie als Medium der Herrschaftsdarstellung, Göttingen 2004, 301 ss. le fonti sono raccolte in:
K. Scott, The Imperial Cult under the Flavians, cit., 64 ss.; Paris (a cura di), Dono Hartwig, cit., 15 ss.
23
Suet. Dom. 1: natus est … regione Urbis sexta ad Malum Punicum, domo quam postea in templum gentis
Flaviae convertit. Inoltre: mart. 9.20.1 ss.: Haec, quae tota patet tegiturque et marmore et auro / infantis domi-
ni conscia terra fuit … Sulla località ad Malum Punicum: H. Jordan, Ch. Hülsen, Topographie der Stadt Rom
im Alterthum, I 3, Berlin 1907, 426; Platner, ashby, A Topographical Dictionary, cit., 326, s.v. Malum
Punicum; G. manca di mores, Terrecotte architettoniche e problemi topograici: contributi all’identiicazione del
tempio di Quirino sul Quirinale, in Studi Classici 20, 1982-83, 334 s., 337; Coarelli, Roma sepolta, cit., 51;
277
Eugenio La Rocca
possa essere identiicata con un’abitazione di Vespasiano ricordata, senza una più
speciica localizzazione, da Svetonio e da Cassio Dione 24, e non, come comune-
mente si ipotizza in base ad un’azzardata serie di illazioni, con la domus di Flavio
Sabino, il fratello di Vespasiano 25. Tit.
la posizione della domus di Flavio Sabino è documentata grosso modo da un
cippo in travertino rinvenuto nel 1521 nella vigna del cardinale Jacopo Sadoleto,
con l’iscrizione Inter duos / parietes / ambitus privat(us) / Flavii Sabini 26, e da una i-
stula acquaria con il suo nome, trovata verso la ine dell’ottocento durante i lavori
di costruzione della chiesa evangelica metodista di S. andrew, all’angolo tra via
Firenze e via XX Settembre 27 (ig. 9).
Sempre nella vigna Sadoleto, Pirro ligorio ricorda essere stati scoperti i resti di un
«bello ediizio» che reputa dedicato a minerva per la presenza in loco di una statua
di minerva Promachos 28. Per una vaga somiglianza morfologica, il «bello ediizio» fu
torelli, Culto imperiale, cit., 567 ss.; Paris (a cura di), Dono Hartwig, cit., 15 ss. (raccolta e commento
delle fonti), 21 ss. (proposte di localizzazione); LTUR III, 1996, 208 s., s.v. Malum Punicum, (F. Pe-
sando). l’opinione vulgata che la località prenda nome da un vicus omonimo che seguirebbe all’in-
circa il percorso di via Quattro Fontane, è frutto di una congettura: lanciani, Ara dell’incendio, cit.,
386, nt. 1; Hülsen, Zur Topographie, cit., 49, 405, 437; Santangelo, Il Quirinale, cit., 120.
24
le fonti testimoniano la presenza a Roma di una casa di Vespasiano, ma non ne ricordano,
purtroppo, l’ubicazione: Suet. Vesp. 5.7 (Neronem diebus ultimis monitum per quietem, ut tensam Iouis Optimi
Maximi e sacrario in domum Vespasiani et inde in circum deduceret); Cass. Dio 66.1.3 (καὶ αὐτὸς ὁ Νέρων
ἔδοξέ ποτε ἐν τοῖς ὕπνοις τὸν τοῦ Διὸς ὄχον ἐς τὴν τοῦ Οὐεσπασιανοῦ οἰκίαν ἐσαγαγεῖν).
Il signiicato del sogno è chiaro. la tensa è il simbolo della benevolenza divina nei confronti di Ve-
spasiano. a lui Giove ofre il potere imperiale: F.B. Krauss, An Interpretation of the Omens, Portents and
Prodigia, recorded by Livy, Tacitus, and Suetonius, Philadelphia 1930, 152 s. («… this vision signiied that
Vespasian was the best auriga, or charioteer, of that sacred car, or, in other words, that Jupiter had
consigned the highest position in the state to him»); Scott, The Imperial Cult under the Flavians, cit., 5.
25
lanciani, Ara dell’incendio, cit., 383 ss.; a.l. Cubberley (ed.), R. Lanciani, Notes from Rome,
Roma 1988, 216 s.; Hülsen, Zur Topographie, cit., 399 ss.; Platner, ashby A Topographical Diction-
ary, cit., 180, s.v. Domus: T. Flavius Sabinus; lugli I monumenti antichi di Roma, cit., 314; Santangelo, Il
Quirinale, cit., 151 s.; Rodríguez-almeida, Alcune notule topograiche, cit., 56 ss.; LTUR, II, 1995, 102
s., s.v. Domus: T. Flavius Sabinus (m. torelli).
26
CIL VI, 29788 = ILS 5988. Il cippo e la sua provenienza dalla vigna Sadoleto sono docu-
mentati nel cod. Pighius Berol. F. 125 R. VI, dal quale si evince che esso fu raptus il 29 giugno
1579: R. lanciani, Appunti di topograia romana nei codici Lanciani della Biblioteca Apostolica Vaticana, a
cura di m. Buonocore, II, Roma 1997, 71, f. 193 v. (si veda anche p. 72, f. 196 rv [scheda di Ch.
Hülsen]). Inoltre: lanciani, Ara dell’incendio neroniano, cit., 383; Hülsen, Zur Topographie, cit., 400.
27
CIL XV, 7451: T. Flavi Sabini. Inoltre: Hülsen, Zur Topographie, cit., 400, nt. 1; S. Panciera,
Iscrizioni senatorie di Roma e dintorni, in Epigraia e ordine senatorio (atti del Colloquio Internazionale
aIeGl, Roma 1981), 1982, 609 ss.; W. eck, Die istulae aquariae der Stadt Rom, in Die Verwaltung des
römischen Reiches in der hohen Kaiserzeit, Ausgewählte und erweiterte Beiträge, II, Basel 1998, 266, nt. 106.
28
lanciani, Ara dell’incendio, cit., 383 s.; lanciani, Ara dell’incendio, cit., 216 s.; m. Santangelo,
Il Quirinale, cit., 152. Secondo ligorio, la dea era «col scudo imbracciato che mostrava di lanciare
o vibrare l’hasta».
278
Il templum gentis Flaviae
presto confuso con una struttura «ovata» di marmo bigio africano vista da Flaminio
Vacca nelle immediate vicinanze della chiesa di S. andrea al Quirinale 29. Di con-
seguenza, con l’oblio dell’esatta collocazione della vigna Sadoleto, passata di mano
in mano e inglobata entro diferenti proprietà, la domus di Flavio Sabino e il «bello
ediizio», identiicato con il templum gentis Flaviae, slittarono nell’area ora coperta dal
giardino pubblico presso S. andrea al Quirinale: ed è la soluzione codiicata nella
Forma Urbis Romae di Rodolfo lanciani, dove l’ediicio domizianeo è ricostruito come
un imponente monopteros entro un portico colonnato a pianta quadrata (ig. 10). tale
posizione non è stata più messa in discussione ino agli interventi di mario torelli e di
Filippo Coarelli basati, tuttavia, sempre sull’assunto che Domiziano fosse nato nella
domus di Flavio Sabino, identiicata con la casa di famiglia dei Flavii 30.
In realtà, è possibile afermare che la vigna Sadoleto fosse nell’area ora occu-
pata dal ministero della Difesa, poco lontano dalla chiesa di S. Susanna, e in sin-
tonia con il ritrovamento della istula acquaria nelle fondamenta della chiesa di S.
andrew 31 (ig. 9). Qui era ubicata, prima della sua demolizione, la chiesa di S. Caio
– il principale corpo di fabbrica era nello spazio poi occupato dalla carreggiata di
via Firenze, con la facciata verso via XX Settembre – che, qualunque fosse la sua
data di costruzione, fu eretta in un’area nelle cui vicinanze si potevano ancora ri-
conoscere i resti della domus dei Nummii albini 32, come assicura il ritrovamento di
una serie di iscrizioni che testimoniano una continuità abitativa da parte di codesta
gens dal III secolo d.C. in poi. Qui erano anche le domus di Vulcacius Ruinus 33, zio
29
F. Vacca, Memorie di varie antichità trovate in diversi luoghi della città di Roma, 1594, 37 e 38 (in
appendice a F. Nardini, Roma antica, edizione quarta romana, con note di a. Nibby, Roma 1819).
30
F. Coarelli, Roma sepolta, cit., 147 ss.; m. torelli, Culto imperiale, cit., 563 ss.; Paris (a cura di),
Dono Hartwig, cit., 15 ss.; LTUR, II, 1995, 102 s., s.v. Domus: T. Flavius Sabinus (m. torelli); F. Co-
arelli, Roma (Guide archeologiche laterza), nuova edizione, Roma-Bari 1995, 273; a. Carandini,
Cercando Quirino. Traversata sulle onde elettromagnetiche nel suolo del Quirinale, torino 2007, tavv. 4, 39. ma
nel 1999 Filippo Coarelli (in LTUR IV, 1999, 183, s.v. Quirinalis, collis) ripropone una localizzazione
del templum gentis Flaviae nelle vicinanze di porta Nomentana, sulla base della primitiva ipotesi di
Rodolfo lanciani (lanciani, Delle scoperte, cit., 223 ss.), e inine, nelle più recente edizione della sua
Guida Archeologica di Roma (F. Coarelli, Roma, [Guide archeologiche laterza], nuova edizione rive-
duta ed aggiornata, Roma-Bari 2008, 303 s., 310 s.), ritiene plausibile l’ipotesi di Daniela Candilio,
di identiicare il templum con la struttura rinvenuta nelle fondamenta delle terme di Diocleziano.
31
F. Nardini, Roma antica, cit., II, 89; a. Nibby, Roma nell’anno MDCCCXXXVIII, Parte II. An-
tica, Roma 1839, 669 (vedi anche Parte I. Moderna, 82). Informazione simile attribuita a marliano.
32
Per gli scavi e le iscrizioni rinvenute nell’area: a. Capannari, Delle scoperte archeologiche avvenute per
la costruzione del palazzo del Ministero della Guerra, in BCom XIII, 1885, 5 ss.; a. Capannari, Di un mitreo
pertinente alla casa de’ Nummi scoperto nella via Firenze, in BCom XIV, 1886, 17 ss. Inoltre: R. lanciani, Sup-
plementi al volume VI del Corpus Inscriptionum Latinarum, in BCom XIII, 1885, 103, n. 1031; Cubberley
(ed.), R. Lanciani, cit., 146, 217; Hülsen, Zur Topographie, cit., 387 e nt. 1; Santangelo, Il Quirinale, cit., 153.
33
la domus è documentata da una base onoraria con iscrizione rinvenuta in situ: NSc 1884, 190;
BCom XII, 1884, 45; Capannari, Delle scoperte archeologiche, cit., 17 ss., tav. I; Cubberley (ed.), R. Lan-
ciani, cit., 159, 217 s.; Hülsen, Zur Topographie, cit., 385; Santangelo, Il Quirinale, cit., 152.
279
Eugenio La Rocca
dell’imperatore Giuliano, di Quintus Valerius Vegetus 34, consul sufectus del 91 d.C.,
e dei Pomponii, come informa un decreto di patronato della città di Ferentino per
t. Pomponius Bassus, curator alimentorum nel 101 d.C., rinvenuto anch’esso nella
vigna Sadoleto 35 (ig. 9). In un’area limitrofa va quindi collocata anche la domus
di Flavio Sabino, a meno che non si tratti di una di codeste abitazioni passate in
mano ad altri proprietari. Nel «bello ediizio» di Pirro ligorio e nella struttura
«ovata» di Flaminio Vacca andranno più realisticamente riconosciuti piccoli e lus-
suosi padiglioni nell’ambito di ricche domus dell’aristocrazia romana.
ma nessuna fonte assicura che Domiziano fosse nato nella casa dello zio. È
ragionevole supporre che la nascita sia avvenuta in una delle domus del padre, co-
munque non lontano, nell’area dove in seguito fu realizzato l’ediicio sottostante
le terme di Diocleziano, nel quale è possibile riconoscere il templum gentis Flaviae.
4. Completato dopo la seconda guerra pannonica 36 – per la quale Domiziano, tor-
nato a Roma nel gennaio del 93 d.C., celebrò una ovatio 37 –, comunque entro il 94
34
la domus è documentata da una istula acquaria trovata nel 1641 in fundamentis parthenonis
monasterii de incarnatione in Quirinali: Capannari, Delle scoperte archeologiche, cit., 11 s., tav. I-II; Hülsen,
Zur Topographie, cit., 397 s., nt. 2; Santangelo, Il Quirinale, cit., 152; Cubberley (ed.), R. Lanciani,
cit., 217. È stata avanzata l’ipotesi che marziale abitasse la casa di questo Valerius (lanciani, Ara
dell’incendio neroniano, cit., 381 ss.), ma Hülsen, Zur Topographie, cit., 396 s., si è mostrato di parere
contrario. Sulla localizzazione della casa di marziale: e. Rodríguez-almeida, Di Virgilio e Marziale,
a proposito del nome ‘Alta Semita’, in BCom lXXXVII, 1980-81, 78 ss.
35
lanciani, Ara dell’incendio neroniano, cit., 383; Hülsen, Zur Topographie, cit., 398. Per l’iscrizione
su tavola di bronzo, ora a Firenze: CIL VI, 1492. È più che giustiicata l’ipotesi che questa fosse
in origine la domus di Pomponio attico, l’amico di Cicerone.
36
Si riferiscono al templum gentis Flaviae, secondo la più comune opinione, i seguenti brani:
mart. 9.1.8-10, 3.11-12, 20.1-6, 34, 93.5-6 (su cui si veda il commento di Henriksén, Martial, cit.,
I-II; leberl, Domitian und die Dichter, cit., 301 s); Stat. Silv. 4.3.16-19; 5.1.237-241 (con il commen-
to di K.m. Coleman, Statius, Silvae IV, oxford 1988). Più recentemente Henriksén, Martial, cit.,
II, 166 ss., spec. 186, ha avanzato l’ipotesi che anche mart. 9.101.22, possa avere un addentellato
con il templum. Il nono libro degli epigrammi di marziale è ora datato tra la ine del 94 e i primi
mesi del 95 d.C. (l. Friedländer, Darstellungen aus der Sittengeschichte Roms, IV8, leipzig 1910, 100
ss.; l. Friedländer, Darstellungen aus der Sittengeschichte Roms, appendice alla IX e X ed. a cura di G.
Wissowa, IV suppl., leipzig 1921, 290 ss.]; W. Heraeus (ed.), M. Valerii Martialis epigrammaton libri,
lipsiae 1925, lXVIII; Henriksén, Martial, cit., I, 11 ss.; J.P. Sullivan, Martial, the Unexpected Classic,
Cambridge 1991, 42 ss.; leberl, Domitian und die Dichter, cit., 301). Il IV libro delle Silvae di Stazio
è datato entro il 95 d.C., dopo il completamento della via Domiziana, mentre il V libro è stato
pubblicato postumo nel 96 o poco dopo (H. Frère, H.J. Izaac [éds.], Stace, Silves, I, Paris 1944 XIII
ss., XIX ss., e le tabelle alle pp. XXII-XXV; Coleman, Statius, Silvae IV, cit., XIX ss.). I lavori per
la realizzazione del templum, quindi, devono essere stati completati entro i primi mesi del 95 d.C.:
meglio, come propone S. Gsell, Essai sur le règne de l’empereur Domitien, Paris 1894, 114 e nt. 4, nel
94 d.C. (la proposta di Scott, The Imperial Cult under the Flavians, cit., 66 s., di datare l’inizio della
costruzione non prima del 94 non mi sembra ragionevole in base alle fonti residue).
37
K. Strobel, Die Donaukriege Domitians, Bonn 1989, 99 ss.; B.W. Jones, The Emperor Domitian,
london 1992, 152 s.; P. Southern, Domitian, Tragic Tyrant, london-New York 1997, 111.
280
Il templum gentis Flaviae
o, con minore probabilità, entro i primi mesi del 95 d.C. , il templum gentis Flaviae
nel 96 d.C. faceva ormai parte integrante del paesaggio urbano perché, all’appros-
simarsi della morte, Domiziano lesse come presagio sfavorevole la caduta di un
fulmine su codesto ediicio e sul Capitolium 38.
Svetonio lo cita ben quattro volte come templum gentis Flaviae 39. I riferimenti
in marziale e in Stazio non sono sempre perspicui 40. marziale descrive due volte
Flavia templa 41, una volta sacrae nobile gentis opus 42, e per ultimo allude alla veneranda
domus ora rilucente di marmi e d’oro, che aveva visto Domiziano bambino 43. Sta-
zio menziona, invece aeternae sacraria genti 44.
Il templum gentis Flaviae era adoperato come luogo di sepoltura dei Flavii. Sveto-
nio narra che, ucciso Domiziano, la sua balia Phyllis «dopo averne cremato il ca-
davere nella villa suburbana sulla via latina, ne portò di nascosto i resti nel tempio
della gente lavia e ne mescolò le ceneri con quelle di Giulia, iglia di tito, che era
stata anch’essa allevata da lei» 45.
38
Suet. Dom. 15.2.
39
Suet. Dom. 1.1; 5.1; 15.2; 17.3.
40
alcuni componimenti non obbligatoriamente vanno riportati al completamento del tem-
plum gentis Flaviae, ad es. mart. 9.1.8 s. (manebit altum Flaviae decus gentis / cum sole et astris cumque luce
Romana, su cui si veda: Henriksén, Martial, cit., I, 55 ss.; leberl, Domitian und die Dichter, cit., 303
s.), nel quale si parla della imperitura sopravvivenza del decus della gens Flavia, insieme con il sole,
gli astri e la luce di Roma, né viene esplicitato in modo diretto in cosa consista tale decus, in quan-
to l’epigramma fonde, nelle lodi oferte a Domiziano, fatti d’armi (le imprese militari sul Reno),
costruzioni monumentali sul Campidoglio e la divinizzazione di Giulia. Il verso inale (Invicta qui-
dquid condidit manus, cali est) potrebbe non riferirsi esclusivamente alle realizzazioni monumentali.
Dubbio è anche mart. 9.101.22 (astra suis, caelo sidera, serta Iovi) da Henriksén, Martial, cit., riferito,
pur dubitativamente, al templum gentis Flaviae per la parola caelum, che sembra richiamare il Flavium
caelum di Stat. Silv. 4.3.18-19. ma anche questi versi di Stazio potrebbero essere solo un poetico
richiamo alla pietas di Domiziano nei confronti della gens patria: «(colui) che consacra alla sua fa-
miglia paterna astri destinati a non estinguersi mai e un cielo lavio» (qui genti patriae futura semper
/ sancit lumina laviumque caelum). Si aferma, per lo più, che caelum sia un metonimo di «soitto» e
quindi, come ha supposto Coleman, Statius, Silvae IV, cit., 109 s., il Flavium caelum abbia un doppio
senso: «it actually describes the ceiling of the temple, decorated like heaven; it implies in lattering
hyperbole that heaven is guaranteed to be the eternal domain of the Flavian dynasty». malgrado
tutto, una soluzione deinitiva a favore o contro il collegamento di questi versi con il templum gentis
Flaviae non può essere prodotta. Come aveva correttamente inteso già Hülsen, Zur Topographie,
cit., 399, nt. 1, il brano mart., 5.64.5 (tum vicina iubent nos vivere mausolea, cum doceant ipsos posse perire
deos) non si riferisce alla casa di marziale vicino al templum gentis Flaviae (così ancora lanciani, Ara
dell’incendio neroniano, cit., 383), ma alla casa di un amico che viveva nel Campo marzio, non lon-
tano dal mausoleo di augusto.
41
mart. 9.3.12, 34.2.
42
mart. 9.93.6.
43
mart. 9.20.1-6.
44
Stat. Silv. 5.1.239.
45
Suet. Dom. 17.3.
281
Eugenio La Rocca
46
mart. 9.34.
47
Nella tarda Epitome de Caesaribus 12.12, si dice che il corpo di Nerva a senatu, ut quondam Au-
gusti, honore delatum in sepulcro Augusti sepultum est. Dal brano, invero, si evince solo che la sepoltura
di Nerva nel mausoleo di augusto fu decretata dal senato, come già era stato per gli altri impe-
ratori. eppure è ben noto che nel mausoleo non furono sepolti solo gli imperatori, ma anche i
membri più importanti della loro famiglia – sempre per decreto senatorio? –, come risulta da nu-
merose testimonianze e dai dati archeologici.
48
S. Panciera in: H. v. Hesberg, S. Panciera, Das Mausoleum des Augustus (AbhMünchen, n. F.,
108), münich 1994, 81, nt. 43; 82 s., ntt. 59-61; 86. Nel mausoleo dovevano essere state depositate
le ceneri di Vespasiano, di tito, delle due Domitille, moglie e iglia di Vespasiano. anche Giulia,
la iglia di tito morta nell’89, non poteva aver ricevuto immediatamente sepoltura nel templum
gentis Flaviae.
49
lo documenta mart. 9.34.
50
Scott, The Imperial Cult under the Flavians, cit., 49 ss.; Clauss, Kaiser und Gott, cit., 122 s.
51
la deposizione delle ceneri di tito nell’arco a lui dedicato sulla via Sacra, avanzata di K.
lehmann-Hartleben, L’arco di Tito, in BCom lXII, 1934, 89 ss., spec. 112 ss., e sostenuta da J.-C.
Richard, Tombeaux des empereurs et temples des ‘divi’: note sur la signiication religieuse des sépultures impéria-
les à Rome, in RHistRel, 170, 1966, 139 s., è ipotesi priva di qualunque fondamento, giustamente
respinta da m. Pfanner, Der Titusbogen, mainz 1983, 98 s.
52
Scott, The Imperial Cult under the Flavians, cit., 46 s.; D. Kienast, Diva Domitilla, in ZPE 76,
1989,141 ss.; a. Barrett, Vespasians’s Wife, in Latomus 64, 2005, 385 ss.
53
Scott, The Imperial Cult under the Flavians, cit., 45 ss.
282
Il templum gentis Flaviae
54
Si propende per lo più per la iglia di Vespasiano, in base a Stat. Silv. 1.1.98 dove si accenna
alla consecratio di una soror di Domiziano. Di qui l’opinione vulgata (su cui si veda m. th. Raepsaet-
Charlier, Prosopographie des femmes de l’ordre sénatoriel [Ier-IIe siècles], löwen 1987, 319 ss., n. 368, con
letteratura precedente; Clauss, Kaiser und Gott, cit., 123 ss.; Barrett, Vespasians’s Wife, cit.) che la
diva fosse la iglia e non la moglie di Vespasiano (malgrado il parere diverso in H. mattingly, e.a.
Sydenham, The Roman Imperial Coinage, II, Vespasian to Adrian, london 1926, 114 s., 124, nrr. 69
ss.; 134, n. 153 s.; e in mattingly, BMCoins, II, 1930, lXXV, lXXXIX, 270, n. 226 ss., e 312, n.
68) e la vecchia ipotesi di P. Kerckhof, Duae quaestiones Papinianae, Diss. Berlin, 1884, 7 s., che nei
versi di Stazio si parli piuttosto di Giulia di tito (ma si veda Barrett, Vespasians’s Wife, cit., 395 s.).
Propendono a favore della moglie di Vespasiano anche P.N. Schulten, Die Typologie der römischen
Konsekrationsprägungen, Frankfurt a.m. 1979, 60, 62 s., nrr. 61-64, e Kienast, Diva Domitilla, cit., cui
ha risposto Barrett, Vespasians’s Wife, cit., ricordando che, in base a Suet. Vesp. 3, Domitilla, forse
amante, o favorita di Statilio Capella, un uomo di rango equestre di Sabratha, era stata un tem-
po di status latino, e poi dichiarata ingenua e cittadina romana dalla coorte dei recuperatores, dietro
dichiarazione del padre Flavius Liberalis. Fosse stata o meno, per cause che ci sfuggono, di rango
anche servile se non schiavile, probabilmente non igurava nel modo più rappresentativo nell’al-
bero genealogico dei Flavii.
55
Sul verso di aurei e denari con, sul recto, il busto di Domizia augusta, assegnati all’81-84
d.C., compare un fanciullo nudo seduto su un globo e circondato da sette stelle, con legenda
Divus Caesar Imp(eratoris) Domitiani f(ilius): mattingly, Sydenham, The Roman Imperial Coinage, cit.,
151, 180, n. 213, tav. V, 86; mattingly, BMCoins, II, 1930, lXXXIX e 311, nrr. 61-63, tav. 61, 5-7;
Schulten, Die Typologie, cit., 67, n. 77; Clauss, Kaiser und Gott, cit., 122, ig. 9; J.-B. Giard, Bibliothèque
Nationale de France, Monnaies de l’Empire romain, III, Du soulèvement de 68 après J.-C. à Nerva, Paris
1998 249, nrr. 70-71, tav. XCII, tav. 12.
56
H. Jordan, Über die Ausdrücke aedes templum fanum delubrum, in Hermes, 14, 1879, 567 ss.;
th. mommsen (ed.), Res gestae divi Augusti, Berlin 1883, 78 s.: Mihi videtur qui aedem facit, loco aut sa-
cro antea aut publico … iure eius non mutato aediicium sacris usibus destinatum imponere; contra templum qui
instituit, scilicet quod perpetuum sit, plus facere, cum solum antea privatum in sacrum ius transmittat; potestque
recte defendi aedem ad supericiem pertinere, templo solum quoque comprehendi.
283
Eugenio La Rocca
una speciica distinzione tra quelli riservati agli dei dell’olimpo e quelli destinati
ai defunti onorati come eroi o assimilati direttamente agli dei per le loro precla-
re virtù 57. Templa erano, perciò, anche i monumenti funerari, assimilati secondo
la tradizione greca ad heroa 58; né era necessario che si adeguassero alle tipologie
templari se, come ho proposto in altra sede 59, le corti entro cui erano collocate
la Colonna traiana – un monumento funerario! – e la Colonna di marco aurelio
potevano essere deinite templa. anzi, se fosse confermata l’assenza di un templum
divi Traiani di fronte alla colonna verso il Campo marzio, e di un templum divi Marci
Aurelii nell’area di Palazzo Wedekind, verrebbe da un lato a raforzarsi il signiicato
di templum come di un’area aperta circondata da porticati, secondo la deinizione
di Castagnoli 60, e lo si potrebbe considerare, dall’altro, idoneo anche per taluni
luoghi recintati o porticati che contenevano al loro interno un particolare monu-
mento funerario assimilabile ad un heroon.
eppure Domiziano aveva tentato qualcosa di innovativo perché, malgrado si
trattasse di un complesso a fortissima valenza funeraria, il templum gentis Flaviae
rispondeva contemporaneamente ad altri due requisiti: esso marcava il luogo dove
era nato Domiziano, ed era, come sembra plausibile, il centro del culto dell’in-
tera gens Flavia, secondo una soluzione priva di precedenti a Roma, in quanto la
tradizione religiosa obbligava a tenere rigorosamente distinta la tomba dalla sede
57
Un interessante precedente, anche se ben lontano dalla soluzione adottata da Domiziano,
è oferto dal fanum che Cicerone voleva dedicare all’amata iglia tullia. l’inconsolabile padre si
proponeva di immortalare la memoria della iglia erigendo in suo onore, secondo la tradizione
greco-ellenistica, che non aveva ancora riscontri precisi a Roma, un heroon. Il monumento da lui
auspicato era un fanum, un termine che, sebbene in latino designasse nel modo più compiuto un
luogo consacrato o un ediicio destinato al culto eretto in un luogo consacrato, avrebbe in questo
caso contraddistinto una struttura entro un hortus atta a celebrare una giovane donna defunta ed
eroizzata alla pari di elena, dei Dioscuri, di ercole: P. Boyancé, L’apothéose de Tullia, in REA, 1944,
179 ss.; J. Carcopino, Les secrets de la correspondance de Cicéron, I, Paris 1947, 278 ss.; P. Grimal, Les
jardins romains, Paris 19843, 364 ss.; D.R. Shakleton Bailey (ed.), Cicero’s Letters to Atticus, V, oxford
1966, 404 ss.; m. Verzár-Bass, A proposito dei mausolei negli horti e nelle villae, in m. Cima, e. la Roc-
ca (a cura di), Horti romani, atti del convegno (Roma, 1995), Roma 1998, 402 s. Un quadro di ri-
ferimento sul signiicato della presenza di monumenti funerari entro horti è oferto da H. Purcell,
Tomb and Suburb, in H. v. Hesberg, P. zanker (Hrsg.), Römische Gräberstrassen. Selbstdarstellung – Status
– Standard, akten des Kolloquiums (münchen, 1985), münchen 1987, 30 ss., e da Verzár-Bass, A
proposito dei mausolei, cit., 401 ss.
58
Non. marc. 6.92 (464) (commento a Verg. Aen. 4.457): templum et sepulcrum dici potest veterum
auctoritate. Si veda anche Serv. ad Aen. 4.458, dove il monumento eretto da Didone in memoria del
marito Sicheo è detto templum: Lucilius ‘concilio antiquo sapiens vir solus fuisti’: antiquus ergo est qui praece-
dit eum, qui praesens est. miro qvod honore colebat e. q. s.] ritum veri et venerabilis templi mariti templum obtinere
cupiebat: templa enim velamentis religiosa monstrantur. … bene ergo Dido cum templum marito exstrueret, velu-
ti devota viro, quippe post quem nuptura non esset, ad consulendum amorem oicia ritus maritalis adixerat …
59
e. la Rocca, Templum Traiani et columna cochlis, in RM 111, 2004, 232 ss.
60
F. Castagnoli, Il tempio romano: questioni di terminologia e di tipologia, in BSR 52, 1984, 3 ss.
284
Il templum gentis Flaviae
del culto post mortem. Jean-Claude Richard 61, che si rendeva conto di questa sin-
golarità, scorgeva nell’iniziativa di Domiziano un passo avanti nella strategia del
culto imperiale, con il passaggio non solo verso la dichiarazione della natura di-
vina di tutti i membri della famiglia, per il solo fatto di essere sepolti a ianco dei
parenti che avevano ricevuto l’onore della consecratio, ma anche verso l’ampliicata
funzione dell’ediicio come monumento funerario e come tempio. Domiziano ha
praticamente instaurato il culto divino dell’intera gens nel luogo stesso della loro
sepoltura, deviando dal sistema rigorosamente rispettato persino nel mausoleo di
augusto 62.
Deve aver prevalso, forse unico caso efettivo a Roma, il concetto di una tomba
destinata ad una gens divina, nel cui ambito culto funerario e culto divino si sovrap-
ponevano. Solo questo concetto può spiegare l’anomalia di un monumento fune-
rario che è deinito templum, che è pomposamente paragonato all’antrum Idaeum, e
che si trova non solo entro il circuito murario, ma anche entro il pomerio allargato
da Claudio (un cippo è stato rinvenuto davanti la porta Nomentana, un secondo
300 metri a nord della porta Salaria, nella vigna Nari, e un terzo lungo via tevere,
non lontano dall’incrocio con via Po 63), alla pari delle tombe delle Vestali che ave-
vano rotto il patto di verginità.
5. Dalle fondazioni superstiti non si può naturalmente decidere quale fosse l’im-
pianto del templum entro la sua corte porticata (ig. 1). la proposta, più volte avan-
zata, di identiicare l’ediicio in un raro sesterzio domizianeo nel quale è raigu-
rato un imponente tempio decastilo emergente al di sopra di un duplice recinto,
non ha ottenuto un consenso unanime 64. D’altronde sulla recinzione esterna e su
61
Richard, Tombeaux des empereurs, cit., 127 ss., spec. 133 ss. la posizione di Richard è parzial-
mente condivisa da Davies, Death and The Emperor, cit., 148 s.
62
Che il templum sia stato ideato, come propone e. Da˛browa, The Origin of the templum Gen-
tis Flaviae, cit., 158 ss., per promuovere il nome Flavium nel momento stesso in cui Domiziano,
senza eredi diretti, decideva di adottare i due igli del cugino Flavio Clemente (Suet. Dom. 15.1), è
un’ipotesi suggestiva purtroppo non confermata da nessuna fonte.
63
Cippo di porta Nomentana: NSc 1912, 197. Cippo di vigna Nari: CIL VI, 1231c = 31537c;
C. Cupitò, Il territorio tra a via Salaria, l’Aniene, il Tevere e la via Salaria vetus, Municipio II, 2007 C.
Cupitò, Il territorio tra la via Salaria, l’Aniene, il Tevere e la via “Salaria vetus”, Municipio II, Roma 2007,
153, UC 13.1., igg. 76, 77. Cippo in via tevere: CIL VI, 37023; Cupitò, Il territorio, cit., 153, UC
13.2, igg. 76, 77.
64
optano per una raigurazione del templum gentis Flaviae: torelli, Culto imperiale, cit., 565 ss.;
Paris (a cura di), Dono Hartwig, cit., 25 s., ig. 14; Candilio, Terme di Diocleziano, cit., 198 ss., igg. 8-9.
Contra, con il riconoscimento nel sesterzio della domus Flavia: B. tamm, Auditorium and Palatium.
A Study on Assembly-Rooms in Roman Palaces during the Ist Century B.C. and the Ist Century A.D., Stock-
holm 1963, 214, ig. 112; W.l. macDonald, The Architecture of the Roman Empire, I, New York-
london 19822, 55, tav. 51; C.F. Giuliani, Domus Flavia: una nuova lettura, in RM 84, 1977, 91 ss.,
igg. 2-3; C.F. Giuliani, Note sull’architettura delle residenze imperiali dal I al III secolo d.C., in ANRW,
285
Eugenio La Rocca
quella interna del monumento riprodotto sulla moneta non si riscontra la presen-
za, caratteristica nella pianta della quadriporticus sotto le terme di Diocleziano, di
esedre sporgenti dal perimetro.
anche l’ipotesi di una sua possibile morfologia a pianta circolare 65 è basata in
realtà su fondamenta fragili. le emissioni domizianee portate a confronto sono
state oggetto di molteplici letture, e si è anche discusso sulla loro autenticità 66. la
ricostruzione proposta da Rodolfo lanciani (ig. 10) è a sua volta desunta dalla
descrizione dell’ediicio a pianta ovata visto da Flaminio Vacca 67. Inine l’utiliz-
zazione di testi poetici di età lavia come prova a favore di un impianto circolare
– specialmente le esagerate iperboli di marziale e Stazio che paragonano il nuovo
tempio alla sfera celeste 68 – è già stata, a ragione, contestata 69.
Della decorazione di questo eccezionale complesso monumentale, viste le sue
drammatiche vicende, si conosce molto poco. Per la inezza del modellato e per
II, 12, 1, 1982, 251 ss.; LTUR, II, 1995, 43, ig. 12, s.v. Domus Augustana (l. Sasso D’elia); Dar-
wall-Smith, Emperors and Architecture, cit., 102 ss., 161, 190 ss., 213 s., ig. 30; R. turcan, Templum
gentis Flaviae, cit., 21 ss., igg. 2-4. Scettico nei confronti delle proposte inora formulate, ma senza
avanzarne alcuna alternativa, Royo 1999, 347 ss., tav. XVI. Per quanto l’immagine monetale non
sia precisa nei dettagli, l’impressione è che le tre componenti dell’ediicio siano come incassate
l’una nell’altra, in quanto il livello più esterno impedisce di vedere la base del livello più interno.
65
Jordan, Ch. Hülsen, Topographie cit., 426; Scott, The Imperial Cult under the Flavians, cit., 67;
lugli, I monumenti antichi di Roma, cit., 319; J.B. Ward-Perkins, Roman Imperial Architecture, New
York 1981, 77.
66
Come prova a favore della pianta circolare, Scott (si veda la nota prec.) ha fatto riferimento
ad un aureo del 95-96 raigurante un tempio con due colonne su podio di tre gradini, con igura
seduta al suo interno, due vittorie alate con corone all’esterno (mattingly, BMCoins II, 1930, 343,
n. 229, tav. 66, 16. Carradice ha avanzato dubbi circa la sua autenticità: I.a. Carradice, Coins, Mo-
numents, and Literature: Some Important Sestertii of Domitian, in Actes du 9me Congrès International de Nu-
mismatique (Berne, 1979), éds. t. Hackens e R. Weiller, louvain-la-Neuve 1982, 379 s.; I.a. Car-
radice, Coinage and Finances in the Reign of Domitian AD 81-96, oxford 1983, 42 s. Si veda anche:
Darwall-Smith, Emperors and Architecture, cit., 102 ss., 158, 161, ig. 32c) e ad un sesterzio coevo
rappresentante un tempio rotondo con quattro colonne, podio di quattro gradini, igura centrale
seduta su trono, due guerrieri ai lati del tempio con spada e scudo (mattingly, BMCoins, II, 1930,
407, 476*, tav. 80, 12; RIC, II, 206, n. 413. anche per questo sesterzio Carradice ha sollevato
dubbi circa l’autenticità: Carradice, Coins, Monuments, and Literature, cit., e Id., Coinage and Finances,
cit.; Darwall-Smith, Emperors and Architecture, cit., 102 s., 158, 161, ig. 27) che, con maggiore ve-
rosimiglianza, a. alföldi, Die monarchische Repräsentation im römischen Kaiserreiche, Darmstadt 1970,
244, tav. 14, 1, identiica con Domiziano raigurato in una posa simile a Giove entro una sorta di
tabernacolo (si veda anche: turcan, Templum gentis Flaviae, cit., 23, ig. 5).
67
lanciani, Forma Urbis Romae, cit., tav. 10.
68
Rimandando alle fonti poetiche citate in Scott, The Imperial Cult under the Flavians, cit., 64 ss.,
e in Paris (a cura di), Dono Hartwig, cit., 15 ss., si ricordano almeno: Stat. Silv. 4.3.18-19; 5.1.239-
241; mart. 9.1.6-10, 3.12, 20, 34.
69
torelli, Culto imperiale, cit., 563; Darwall-Smith, Emperors and Architecture, cit., 162.
286
Il templum gentis Flaviae
la misura dei frammenti, i c.d. rilievi Hartwig 70, ora divisi tra Roma e ann arbor,
rinvenuti durante i lavori per la realizzazione dell’esedra settentrionale di piazza
della Repubblica, in immediata prossimità della sede presunta del templum gentis
Flaviae (ig. 9), possono essere attribuiti con una certa verosimiglianza ad un suo
altare (piuttosto che ad un arco onorario d’ingresso). Inoltre, tra i materiali di
spoglio riadoperati per la decorazione architettonica delle terme di Diocleziano, la
stessa Daniela Candilio ha richiamato l’attenzione su una serie di mensole igurate
con aquila con le ali spalancate, inserite nel fastoso prospetto della natatio, e la cui
cronologia lavia sembra assicurata su base stilistica 71.
6. Quali siano state le vicende del templum gentis Flaviae dopo la morte di Domizia-
no non è noto. Nei Cataloghi Regionari 72, quindi nel IV secolo avanzato, è citato
un organismo denominato gens Flavia (o Flabia), la cui collocazione, tra gli horti Sal-
lustiani e le thermae Diocletianae, corrisponde a quella del templum. Nella vita dell’ef-
imero imperatore Claudio Censorino (268 d.C.), redatta anch’essa durante il IV
secolo si parla di una sua domus pulcherrima, abitata un tempo dall’imperatore tito,
e aiancata ad una struttura designata, proprio come nei Cataloghi Regionari, gens
Flavia (… exstat etiam domus pulcherrima, adiuncta Gentibus Flaviis, quae quondam Titi
principis fuisse perhibentur) 73. Sempre secondo la Historia Augusta, Claudio II il Goti-
co, presago della futura gloria di Costantino e della sua famiglia, gentes Flavias, quae
Vespasiani quoque et Titi, nolo autem dicere Domitiani, fuerant, propagavit 74. Il dato è con
ogni probabilità frutto di una falsiicazione di età costantiniana, quando si tentò
di costruire una genealogia illustre per Costanzo Cloro, di umili natali, come iglio
70
Hartwig 1904, 564 ss.; Santangelo, Il Quirinale, cit., 130 ss., igg. 23-25; Ph.V. Hill, Buildings
and Monuments of Rome on Flavian Coins, in NumAntCl 8, 1979, 205 ss.; Köppel 1980, 15 ss.; torelli,
Culto imperiale, cit., 563 ss.; Rodríguez-almeida, Alcune notule topograiche, cit., 56 ss.; Paris (a cura
di), Dono Hartwig, cit., 9 ss. (scoperta dei rilievi), 15 ss. (fonti letterarie e ubicazione del templum
gentis Flaviae secondo l’ipotesi di torelli) (R. Paris); LTUR, II, 1995, 102 s., s.v. Domus: T. Flavius
Sabinus (m. torelli); Davies, Death and The Emperor, cit., 150 ss., igg. 99-107.
71
Candilio, Terme di Diocleziano, cit., 172 s., igg. 12-13; Candilio Roma. Indagini archeologiche, cit.,
182; Candilio, Terme di Diocleziano, cit., 202, igg. 10-11; D. Candilio, La decorazione architettonica della
natatio delle Terme di Diocleziano, in BA 23-24, 1993 (1998),39 ss., igg. 19-21.
72
R. Valentini, G. zucchetti, Codice topograico della città di Roma, I, Roma 1940, 108, 5; 171, 10.
73
SHA, Tyr. Trig. 33.6.
74
SHA, Claud. 3.6. Secondo una tradizione della quale è diicile afermare l’autenticità, Clau-
dia, una iglia di Crispo, fratello di Claudio II, aveva sposato eutropio, un nobile dei Dardani, ed
aveva generato Costanzo Cloro, padre di Costantino. ma nel testo della Historia Augusta si accen-
na ad una volontà di accrescimento della gloria della gens Flavia, non di un restauro del tempio (ille,
velut futurorum memor, gentes Flavias, qu<a>e Vespasiani quoque et Titi, nolo autem dicere Domi<t>iani
fuerant, propagavit). Frutto d’illazione è anche l’ipotesi che Claudio II avesse occupato la casa di
Censorino.
287
Eugenio La Rocca
illegittimo o nipote di Claudio II 75. Nel brano non si accenna afatto ad un restau-
ro del t. g. Fl., come talvolta è stato proposto.
Un ultimo riferimento, inine, compare nel c.d. Cronografo del 354, nell’elen-
co delle opere pubbliche realizzate da Domiziano dove, in egual modo, l’organi-
smo è denominato gens Flavia 76.
Se il templum gentis Flaviae non esisteva più all’epoca della costruzione delle
terme di Diocleziano, a quale monumento si riferiscono le fonti di IV secolo?
Inoltre, mancando qualsiasi informazione sul templum dalla morte di Domiziano
ai Cataloghi Regionari, è sicuro che la sua demolizione sia avvenuta solo in età
tetrarchica?
Su questo tema siamo nel campo della pura speculazione. Già Nerva, o traiano,
avrebbero potuto mostrare qualche imbarazzo nei confronti del fastoso ediicio
dedicato alla gens Flavia divinizzata, la cui funzione ideologica era in buona parte
estranea alla mentalità dell’epoca. Non era in discussione l’equiparazione tra Gio-
ve sovrano degli dei e l’imperatore che domina sulla terra, già impostata all’epoca
di augusto in chiave poetica e su manufatti suntuari destinati all’ambiente di corte,
poi proseguita con maggior vigore da Domiziano, deinito di volta in volta praeses
mundi, noster Iuppiter o Tonans, oppure, alla greca, praesens deus, equivalente del θεὸς
ἐπιφανής, il «dio che appare» 77. Può essere che Domiziano avesse qualche pro-
pensione ad essere adulato e ad essere denominato dominus et deus. Non vi sono
tuttavia efetti concreti, per quanto sappiamo, né sulla politica uiciale né sulle
immagini dell’epoca 78. l’imperatore compare sulle monete quale protetto dagli
dei, strettamente associato ad essi; ma neppure la presenza di attributi divini, quali
l’egida e il fulmine 79, desunti dal vasto repertorio simbolico di matrice ellenistica,
75
RE, II, 1896, col. 2458 ss., s.v. Aurelius, n. 82, Imp. Caes. M. Aurelius Claudius Aug. = Claudius
Gothicus (Henze).
76
Chron. a. 354, in th. mommsen (ed.), Monumenta Germaniae Historica, Chronica minora saec. IV.
V. VI. VII., I, Berlin 1892, 146; Valentini, zucchetti, Codice topograico, cit., 275, 2. Nel Crono-
grafo si cita il templum Castorum et Minervae e il templum Vespasiani et Titi.
77
Sull’assimilazione poetica di Domiziano con Giove: Scott, The Imperial Cult under the Fla-
vians, cit., 133 ss.
78
In Suet. Dom. 13.1, lo stesso Domiziano richiama la moglie da cui aveva divorziato in pul-
vinar suum, dove il pulvinar non è un comune letto, come si evince dal contesto, ma il letto dove
erano collocate le immagini degli dei. Più avanti, in Suet. Dom. 13.2, ordina che le lettere circolari
inviate a nome dei suoi procuratori iniziassero con la frase Dominus et deus noster hoc ieri iubet. ep-
pure neppure un documento del suo principato lo conferma: J.R. Fears, Princeps a diis electus:
The Divine Election of the Emperor as a Political Concept at Rome, Rome 1977, 223 s. Su Domiziano
dominus et deus: Scott, The Imperial Cult under the Flavians, cit., 102 ss.
79
Per le emissioni di Domiziano loricato con fulmine: mattingly, BMCoins II, 1930, XCIV; 372,
n. *; 377, n. †, 381, n. 381, tav. 75, 8; 386, n. ||; 389, n. 410, tav. 77, 5; 399, n. 443, tav. 79, 6; 403, nn.
465, 466, tav. 80, 5; 406, nrr. 476, tav. 80, 11; R. Brilliant, Gesture and Rank in Roman Art, New Haven
1963, 98, ig. 2, 109; J.e. Blamberg, The Public Image projected by the Roman Emperors (A.D. 69-117) as
288
Il templum gentis Flaviae
relected in contemporary Imperial Coinage, ann arbor 1976, 109. Sull’egida, che è contemporaneamen-
te attributo di Giove e di minerva, la dea prediletta da Domiziano: Scott, The Imperial Cult under the
Flavians, cit., 169 ss.
80
Scott, The Imperial Cult under the Flavians, cit., 139 s.; J. Beaujeu, La religion romaine à l’apogée de
l’Empire, I, 1955, 49; F. taeger, Charisma: Studien zur Geschichte des antiken Herrscherkultes, II, Stutt-
gart 1960, 338; Ph.V. Hill, Aspects of Jupiter on Coins of the Rome Mints, A.D. 65-318, in NumChron
20, 1960, 120 s.; Fears, Princeps a diis electus, cit., 224 s.
81
e. la Rocca, ‘Clemenza imperiale’. L’immagine del principe vittorioso, in Storia, letteratura e arte a
Roma nel secondo secolo dopo Cristo, atti del Convegno (mantova, 1992), Firenze 1995, 238 ss.
82
eutr. 8.5.2-3. Dipendono forse da eutropio: Hier. chron. a. Abr. 2132 = p. C. 116 [in luogo
di 117!] (ed. Helm 1956, 197); Prosp. chron. (MGH, AA, IX, 421, 580); Chron. Gall. a. 511 (MGH,
AA, IX, 640, 349). le altre fonti non fanno cenno di questa singolarità: Cass. Dio 69.2.3; Epit. de
Caes. 13.11; Cassiod. chron. a. p. C. 120 [in luogo di 117!].
289
Eugenio La Rocca
lossale di tito (igg. 4, 9), se inine si conservava ancora nel IV secolo la memoria
di una domus già abitata da tito adiuncta Gentibus Flaviis.
Il ritratto colossale di tito (igg. 5-8) era verosimilmente pertinente alla statua
acrolitica di culto dell’imperatore collocata, insieme con quella del padre Vespa-
siano e di altri membri della famiglia, nel templum gentis Flaviae. a seguito della
demolizione del monumento, quanto era riuscito a sopravvivere del culto fu ve-
rosimilmente traslato in quel che restava della domus dove era nato Domiziano. Se
ciò fosse vero, nelle strutture rinvenute lungo via Pastrengo (ig. 4) dovrebbero
riconoscersi gli ambienti residui di codesta domus. Uno degli ambienti, con vaste
nicchie quadrangolari alle pareti, sembra essere stato inglobato entro il perimetro
nelle terme di Diocleziano. Qui, o forse nell’ambiente absidato con mosaico ma-
rino in bianco e nero, dovette inine essere ricoverata la statua colossale di tito.
eugenio la Rocca
Sapienza Università di Roma
290
Il templum gentis Flaviae
Fig. 1 – Pianta dell’angolo meridionale delle terme di Diocleziano, tra il cd. Planetario e la chiesa
di S. Bernardo, e delle fondazioni di un ediicio preesistente (il Templum Gentis Flaviae?). Il rettan-
golo grigio indica il perimetro ipotetico della struttura (da Candilio, Roma, cit.).
291
Eugenio La Rocca
Fig. 2 – Perimetro del Templum Gentis Flaviae secondo Daniela Candilio (da Candilio, Roma, cit.).
292
Il templum gentis Flaviae
Fig. 3 – Pianta ricostruttiva del traianeo di Italica (da leon, Traianeum de Italica, cit.).
293
294
Eugenio La Rocca
Fig. 4 – Pianta delle strutture antiche rinvenute durante la costruzione del ministero delle Finanze. la testa di tito è stata rinvenuta, secondo
le relazioni preliminari di scavo, nelle vicinanze di un «grandioso ediicio» venuto alla luce nell’angolo tra via XX Settembre e via Cernaia (da
CAR 1964, con aggiunta di didascalie).
Il templum gentis Flaviae
Fig. 5-8 – Ritratto colossale di tito in marmo. Da Roma, via Pastrengo (da Coarelli [a cura di],
Divus Vespasianus, cit., 496 s., n. 99).
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Eugenio La Rocca
Fig. 9 – Pianta delle terme di Diocleziano e delle strutture antiche rinvenute nelle aree limitrofe
(disegno di Carlo Buzzetti, da Pietrangeli et al., Il nodo, cit., tav. 3).
296
Il templum gentis Flaviae
297
Fig. 10 – Rodolfo lanciani. la tavola 16 della Forma Urbis Romae: dettaglio dell’area compresa tra il Palazzo del Quirinale e i giardini antistanti.