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La rappresentazione della citt:

ricerche, soluzioni, prototipi


lucia nuti

La soglia dellanno 1500 pu sicuramente essere considerata uno spartiacque nella storia delliconografia urbana. infatti esattamente allora che Antonio
Colb chiede al Senato veneziano il privilegio per mettere in vendita a tre fiorini
la monumentale xilografia del ritratto di Venezia.1
Lapparizione sul mercato di un foglio a stampa di tale pregio, da un lato
testimonia che in Italia si ormai conclusa quella ricerca attorno a un nuovo modo di rappresentazione della citt che era iniziata circa due secoli prima; dallaltro imprime unaccelerazione notevole alla diffusione dello stesso e alla fortuna
del ritratto di citt come prodotto commerciale.
Alla fine del Duecento la civitas, almeno nella parte centro-settentrionale
delle Penisola, era un organismo ormai sufficientemente maturo e cosciente della propria identit da aver elaborato strumenti efficaci per la sua organizzazione
legislativa e spaziale, per la sua celebrazione retorica, ma non altrettanto per la
sua rappresentazione figurativa, che era ancora tutta da costruire.2 Si muovevano i primi passi in questa direzione, documentati in affreschi, legati indissolubil1. Il rinnovato interesse per la xilografia ha
iniziato a manifestarsi con la sua riedizione in
facsimile (G. Mazzariol, T. Pignatti, La pianta prospettica di Venezia del 1500, ed. facsimile,
Venezia 1963). Agli approfonditi studi di
Juergen Schulz va indubbiamente il merito di
aver riaperto il dibattito: J. Schulz, The Printed Plans and Panoramic Views of Venice (14861797), in Saggi e memorie di storia dellarte, VII,
Firenze 1970, pp.1-182; Id., Jacopo de Barbaris View of Venice :Map Making, City Views and
Moralized Geography Before the Year 1500,
Art Bullettin, 60 (1978), pp. 67-76, ora tradotto in Id., La cartografia tra scienza e arte.

Carte e cartografi nel Rinascimento italiano,


Modena 1990, pp.13-63). Pi recentemente
una mostra, organizzata in occasione del restauro delle matrici lignee, ha costituito loccasione per una disamina dello stato degli
studi e per nuovi saggi sullargomento. Cfr. A
volo duccello. Jacopo deBarbari e le rappresentazioni di citt nellEuropa del Rinascimento, Catalogo della mostra, a cura di G. Romanelli,
S. Biadene, C. Balletti e C. Tonini, Venezia
1999. Per il rapporto con la contemporanea
storia urbana cfr. G. Bellavitis, G. Romanelli,
Venezia, Bari-Roma 1985.

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mente agli edifici in cui furono dipinti, dove il tema profano della citt abbinato a una presenza sacra, un evangelista, un santo protettore, la Madonna.
Nellimpostare la figurazione gli artisti hanno seguito il sistema compositivo medievale, assegnando alla citt un confine convenzionale circolare e disponendo sul piano di fondo, con una scansione in verticale, i prospetti spesso generici degli edifici che vi sono contenuti. A mano a mano che lo schema iconografico di base viene forzato per inserirvi dati caratterizzanti, derivati da unosservazione diretta del vero, entrano nel ritratto gli edifici simbolo, le chiese, i palazzi civici o pi raramente manufatti singolari come le torri degli Asinelli e della Garisenda a Bologna. Molto pi tempo richiede linserimento dello spazio urbano. Per quanto sia proprio questultimo, come bene pubblico di natura civile,
lespressione pi significativa e tangibile della nuova forma politica che ha trionfato nel governo di Comune, gli artisti tardo-medievali non possiedono ancora
nel proprio bagaglio professionale un sistema efficace per la sua restituzione.
solo alla fine del Trecento che i primi, timidi accenni di strade o piazze entro un
tessuto connettivo di anonime moli edilizie e di emergenze monumentali documentano la sperimentazione in atto verso questo preciso obiettivo.
A poco a poco le immagini di citt si svincolano dallabbraccio con il luogo
o il soggetto sacro, per allargarsi nellambito di codici che contengono opere geografiche, come quelli quattrocenteschi della ritrovata Geografia di Tolomeo 3 o del
Liber Insularum di Cristoforo Buondelmonti,4 e cominciano a viaggiare e a moltiplicarsi attraverso le copie, che li ripropongono con leggere varianti nei dettagli.
Questa fase espressa da una nuova soluzione figurativa che trova la sua
fonte di ispirazione in un prototipo pi antico relativo a Roma, dimprovviso
riapparso e rimbalzato in luoghi diversi allinizio del secolo.5 Nellintento di restituirne la completezza topografica, la citt descritta in modo sommario, ma
efficace, come un contenitore delimitato da un ampio e basso recinto di mura di
forma non convenzionale. Allinterno, in uno spazio indifferenziato e privo di
ogni consistenza metrica, sono disseminati un gran numero di edifici descritti
2. Per unanalisi della rappresentazione dello
spazio urbano nel Medioevo e la sua rappresentazione cfr. Lo spazio urbano: realt e rappresentazione, in Arti e storia nel Medioevo, a
cura di E. Castelnuovo e G. Sergi, Torino
2002, I, a cui rimando anche per la bibliografia relativa.

opera. Per notizie pi dettagliate sulle diverse


redazioni del Liber cfr. E. Clutton The Isolarii. Buondelmontis Liber Insularum Arcipelagi, in The History of Cartography, I, Cartography in Prehistoric, Ancient and Medieval Europe and the Mediterranean, a cura di J.B. Harley e D. Woodward, Chicago-Londra 1987.

3. I codici e le loro immagini sono descritti e


commentati in L. Nuti, Ritratti di citt, Venezia 1996, pp. 21-22.

5. Cfr. I. Insolera, Roma, Bari 1980, p. 16; S.


Maddalo, In Figura Romae. Immagini di Roma
nel libro medievale, Roma 1990, pp. 107-134 e
per unesauriente descrizioni delle immagini
A.P. Frutaz Le piante di Roma, Roma 1962, I,
schede LXXVI, LXXVII, LXXVIII, LXXXI, LXXXVII,
LXXXVIII, LXXXIX, XC.

4. Cristoforo, un ecclesiastico appartenente


ad una delle famiglie storiche fiorentine, al ritorno dai suoi viaggi in Oriente fu accolto dal
cardinale Giordano Orsini, cui dedic la sua

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approssimativamente in sintetiche assonometrie, senza alcun rapporto con le dimensioni reali e ancorati solo a un vago riferimento di vicinato. Manca tra di essi ogni tessuto connettivo.
A met del Quattrocento sono sicuramente gi in circolazione in questo
assetto compositivo le immagini di un buon numero di citt significative per il
mondo mediterraneo che i miniatori della bottega di Piero del Massaio inseriscono in tre preziosi codici tolemaici: sono Milano, Firenze, Roma, Venezia, Costantinopoli, Damasco, Gerusalemme, Alessandria, Il Cairo, Adrianopoli. Nel
codice pi tardo appare anche Volterra.6 Gli stessi soggetti, con qualche aggiunta, compaiono nei cicli murali tardoquattrocenteschi nelle dimore dei principi,
dove limmagine di citt, per la sua novit e crescente fortuna come soggetto figurativo, va ad occupare gli spazi tradizionalmente riservati alla pittura di paesaggio, sostituendo alla mera decorazione occasioni di conoscenza del mondo.7
La Loggia della Villa Belvedere in Vaticano, che negli anni 1484-1487 papa Innocenzo VIII fece dipingere dal Pinturicchio, ospitava tra le capitali italiane
anche Genova e Napoli, e questo non sorprende dato che si tratta di porti frequentati dai navigatori del Mediterraneo.8 Nella Camera delle Citt, voluta da
Francesco II marchese di Mantova nella sua villa a Gonzaga, dopo Costantinopoli, Roma, Napoli, Firenze, Venezia, Il Cairo e Genova, esisteva nel 1493 ancora un posto libero da destinarsi ad una citt di terra. Alla fine del secolo Parigi era una richiesta ancora difficile da soddisfare sul mercato italiano, mentre del
Cairo esisteva una veduta nella casa di un privato veneziano coinvolto in ambascerie con lEgitto; quanto a Venezia, una maggior ricchezza iconografica aveva
permesso di sostituire il ritratto del vecchio Jacopo Bellini con un altro pi adeguato alle richieste del marchese, che sapeva esattamente cosa voleva che vi si vedesse: San Marcho, la piaza, Santo Antonio, San Zorzo, el canale de la Zuecha
6. Questa particolarit ha una spiegazione e
un riscontro storico molto preciso. Il codice,
destinato a Federico da Montefeltro, veniva
completato proprio nel 1472, anno in cui il
condottiero, con unabile impresa, aveva definitivamente riconquistato la citt per i fiorentini. Unanaloga veduta di Volterra assediata,
in dimensioni molto ridotte, sovrasta il ritratto di Federico da Montefeltro nel codice Urb.
Lat. 491 della Biblioteca Apostolica Vaticana,
contenente lHistoria fiorentina di Poggio
Bracciolini che il figlio di Poggio, Jacopo,
aveva donato a Federico proprio nel 1472.
7. Sul tema dei cicli murali cfr. le indicazioni
e la bibliografia contenuti in F. Schulz, La cartografia tra scienza e arte, cit., pp. 37-39; Fiorani, The Marvel of Maps: Art, Cartography and
Politics in Renaissance Italy, Londra 2005 e, re-

lativamente a Gonzaga, M. Bourne, Francesco


II Gonzaga and Maps as Palace Decoration in Renaissance Mantua, Imago Mundi, LI (1999).
8. Alla met del Quattrocento una riconoscibile immagine di Genova comincia a prendere forma anche sulle carte nautiche (E. Poleggi, P. Cevini, Genova, Bari 1981, pp. 7680). Per le immagini di Napoli cfr. C. De Seta, Napoli, Roma-Bari 1981; Id., La fortuna del
ritratto in prospettiva e limmagine delle citt
italiane nel Rinascimento, in A volo duccello,
cit., e in particolare per la Tavola Strozzi cfr.
M. Iaccarino, Scheda n. 1, in Iconografia delle
citt in Campania. Napoli e i centri della provincia, a cura di C. De Seta e A. Buccaro, Napoli 2006, che riassume i diversi contributi sul
tema dello stesso De Seta e di altri.

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e quelli altri luochi.9 Purtroppo questi primi cicli non sono sopravvissuti fino ad
oggi. Le testimonianze documentarie suppliscono solo in parte a questa lacuna,
offrendo informazioni sulle modalit di esecuzione e sul rapporto tra committenti ed esecutori, ma la loro scomparsa esclude ogni possibilit di valutazione
diretta sulla qualit della rappresentazione.
A proposito degli affreschi di Pinturicchio, Vasari commenta che furono
dipinti alla maniera de Fiamminghi,10 e questo lascia presupporre un punto di
vista distante tanto da consentire unampia apertura spaziale, alti orizzonti, immersione nel paesaggio circostante e al tempo stesso cura del dettaglio. Dunque
una soluzione figurativa ben diversa e molto pi promettente da quella schematica dei codici tolemaici, e infatti questa fu la direzione imboccata.
Sicuramente nella prima met del secolo a Firenze che bisogna guardare come luogo centrale per lelaborazione e la diffusione di un linguaggio per la
rappresentazione della citt. Nelle botteghe fiorentine il principio dellosservazione diretta del vero si era da tempo affermato come un requisito fondamentale per la pittura nuova, che aveva individuato nel mondo visto il suo primo referente. Tecniche sofisticate venivano elaborate per ancorare la sua riproduzione a
un sistema che, attraverso la validit scientifica della matematica e della misura,
emulasse il processo secondo che locchio naturalmente vede. I pittori di citt
le assimilarono mentre maturava la loro ricerca; cos il concetto di globalit della rappresentazione che inseguivano fu profondamente influenzato dalle suggestioni della riscoperta cartografia tolemaica, che sempre a Firenze trovava il suo
centro di diffusione: la globalit si identificava con una visione dallalto, dove fossero chiaramente leggibili la forma, la distribuzione delle emergenze nello spazio interno e le loro sembianze architettoniche.
E dunque non sorprende che proprio a Firenze si manifesti, presumibilmente tra il 1471 e il 1482, la prima completa risposta a queste intenzioni: la veduta di Firenze conosciuta oggi attraverso ununica copia contemporanea detta
della catena.11 la prima che si possa definire moderna, sia per luso della tec9. Il carteggio riportato in Schulz, La cartografia tra scienza e arte, cit., pp. 37-39.
10. Giorgio Vasari, Le vite de pi eccellenti pittori scultori e architettori, in Le Opere, con nuove annotazioni a commenti di Gaetano Milanesi, Firenze 1906, III, p. 498. Sugli apporti
fiamminghi alla pittura del paesaggio nel primo Quattrocento fiorentino cfr. E. Castelnuovo, Presenze straniere, viaggi di opere, itinerari di artisti, in La pittura in Italia: Il Quattrocento, II, Milano 1987, pp. 514-523.
11. La xilografia in esemplare unico conservata a Berlino, Graphische Sammlung 899/100.

una copia presumibilmente fedele di un


originale oggi perduto, prodotto tra il 1471 e
il 1482, la cui paternit stata anche attribuita a Francesco Rosselli fiorentino, orafo, miniatore, ma soprattutto incisore interessato a
soggetti geografici. Lattribuzione basata
sullinventario del 1528 della bottega del figlio Alessandro, editore di carte e mercante,
che elenca una Firenze in sei fogli reali. Molto estesa la bibliografia sulla veduta,
apparsa recentemente in originale o facsimile
in numerose mostre: G. Boffito, A. Mori, Piante e vedute di Firenze. Studio storico topografico
cartografico, Roma 1973, pp. 12-22; Th. Fran-

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nica nuova, il foglio a stampa, sia perch, nonostante il ricorso a un confine artificiosamente circolare come espressione simbolica della perfezione urbana, dimostra di padroneggiare perfettamente i principi della pittura nuova e di saperli piegare ai propri fini: la veduta s frutto di unosservazione diretta del vero,
ma anche di un artificio. Il punto di vista collocato sulle colline di Monte Oliveto, ma il disegnatore lo ha innalzato notevolmente per assicurare un migliore
controllo della forma complessiva. Ha operato poi una serie di correzioni e
deformazioni prospettiche, in modo che la citt appaia come un organismo geometricamente controllato, la cui ossatura portante fondata su alcuni allineamenti di edifici chiave. Le principali emergenze si trovano in posizione corretta,
ma alcune facciate sono state girate verso losservatore, o disegnate fuori scala
per renderle maggiormente visibili. Daltra parte, lOltrarno stato fortemente
contratto per disporsi sul foglio in una sorta di simmetria con la parte sinistra, in
modo che la cupola del duomo risulti perfettamente centrale alla citt e punto di
riferimento per le numerose emergenze architettoniche. La prima illusione dal
vero era stata cos costruita, tracciando quella strada per la rappresentazione corografica in senso pi ampio che sarebbe stata poi frequentemente descritta come pittura geometrica.
Lo stesso Giorgio Vasari orgoglioso di spiegare come si servito degli
strumenti per dipingere in Palazzo Vecchio la veduta di Firenze sotto lassedio
del 1530.12 Nel suo lungo e dettagliato resoconto spiccano alcune notazioni chiave: losservazione dal vero da un punto di vista alto; labilit dellartificio che gli
ha consentito di superare i limiti imposti dalla visione a occhiate; la rispondengenberg, Chorographies of Florence. The Use of
City Views and City Plans in the Sixteenth Century, Imago mundi, XLVI (1994), pp. 43-44;
J. Gadol, Leon Battista Alberti. Universal Man
of the Early Renaissance, Chicago-Londra
1969, pp. 189-190; Boffito, Mori, Piante e vedute di Firenze, cit., pp. 146-150; G. Fanelli,
Firenze architettura e citt, Atlante, Firenze
1973, p. 67; Id., Firenze, Roma-Bari 1980, pp.
77-82, 267-268; E. Salvini, Firenze e lArno
nella cartografia, in La citt e il fiume, Milano
1986, I, pp. 86-87; C. De Seta, Tetti rossi a Napoli. Francesco Rosselli e la Tavola Strozzi,
FMR, 75 (1989), pp. 83-91; Schulz, La cartografia tra scienza e arte, cit., pp.16-17; G.
Orefice, Dallimmagine alla misura della citt,
in Atlante di Firenze. La forma del centro storico
in scala 1:1000 nel fotopiano e nella carta numerica, Venezia-Firenze 1993, pp. 9-13; L. Nuti,
Scheda n. 7, in Firenze e la sua immagine.
Cinque secoli di vedutismo, a cura di M. Chiarini e A. Marabottini, Venezia 1994; Ead., The

Perspective Plan in the Sixteenth Century: The


Invention of a Representational Language, The
Art Bulletin, LXXVI (1994), pp. 7-10; A. Tartuferi, Scheda n.8, in Firenze e la sua immagine, cit.; W. Kreuer, H. Schulze, Firenze. Die
Grosse Ansicht von Florenz... und einem Volfaksimile nach dem Befund des Originals, EssenBerlino 1998; D. Starkey, Ph. Ward, The Inventory of King Henry VIII, Londra 1998;
Bourne, Francesco II Gonzaga and Maps, cit.;
Friedman, Fiorenza: Geography and Representation in a Fifteenth Century City View, Zeitschrift fur Kunstgeschichte, Bd. 64, Heft I
(2001), pp. 55-79; P. Barber, M. Pellettier,
Scheda n. 40, in Segni e Sogni della Terra Il disegno del mondo dal mito di Atlante alla geografia delle reti, Novara 2001; L. Nuti, Scheda
X.3.2, in Nel segno di Masaccio. Linvenzione
della prospettiva, a cura di F. Camerota, Firenze 2001.
12. Vasari, Le vite de pi eccellenti pittori, cit.,
pp. 173-174.

VIII,

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za metrica dellimmagine con la realt per luso della pianta da lui stesso rilevata con la bussola. La descrizione di Vasari pu essere valida come indicazione a
grandi linee di una prassi ormai consolidata, che lasciava poi di volta in volta allarbitrio del singolo disegnatore il dosaggio delle due componenti, locchio e lo
strumento, nella composizione del quadro dinsieme.
Tornando alla veduta della catena, un dettaglio interessante che vi sincontra non ha ancora trovato una spiegazione convincente. Sulle colline davanti
alla citt un disegnatore al lavoro con la sua matita, chino sul foglio bianco, su
cui si sta delineando il circuito delle mura cos come si vede, finito, nella veduta
grande. La presenza del disegnatore una delle convenzioni tipiche del mondo
nordico e in special modo fiammingo, che assolve nellimmagine un duplice ruolo: marcare approssimativamente il punto di vista principale e garantire la presenza dellartista a volte si tratta di un vero e proprio ritratto riconoscibile che
duplica la firma sulla scena, citt o paesaggio che sia. Della stessa convenzione,
o codice figurativo, fa parte anche questo gioco di ammiccamenti, rimandi incrociati, tra foglio/immagine disegnata e foglio disegnato/disegno dellimmagine
disegnata.13 La xilografia , come si detto, una copia. Il dettaglio del disegnatore stato forse aggiunto dallincisore nella copia, come la stessa catena, o era gi
nelloriginale? In questo caso la maniera fiamminga citata dal Pinturicchio troverebbe un riscontro nella contemporanea composizione della veduta fiorentina.
proprio sul finire del secolo che lindiscussa superiorit con cui Firenze aveva
dominato lelaborazione e il mercato dei prodotti geografici, si oscura di fronte
allastro nascente di Venezia, dove le officine di stampatori si moltiplicano, la domanda si intensifica, la produzione si specializza. Non sorprende perci che proprio a Venezia sia apparsa nellanno 1500 quellimmagine guida che ha segnato
la strada maestra per la produzione di ritratti di citt per un arco di tempo di un
secolo e mezzo.
Tra la veduta della catena e il vero disegno di Venezia, separati cronologicamente da pochissimi anni, c invece una distanza di fondo circa limpostazione del metodo di rappresentazione. A tuttoggi le uniche certezze sulla
xilografia riguardano gli aspetti commerciali: leditore, il costo, il tempo di preparazione, forse indicato appositamente per evitare contestazioni e accuse di
plagio. Niente di definitivo invece sul nome dellautore, come per la veduta fiorentina. Lattuale attribuzione a Jacopo de Barbari piuttosto tarda e non
neppure certo che linvenzione del metodo sia stata di colui che poi lha portata a compimento. Quasi sicuramente per lelaborazione avvenne allinterno del
gruppo di artisti che collaboravano con Colb, ed in esso si trovavano sia Jacopo
13. La casistica molto vasta. Esempi relativi sia a pittura di paesaggio che a vedute di
citt sono riportati in M. Russell, Visions of the
Sea: Hendrick C. Vroom and the Origins of Dut-

ch Marine Painting, Leida 1983. Il disegnatore figura in alcune vedute spagnole di Georg
Hoefnagel e di Anton van den Wyngaerde.

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de Barbari che Albrecht Drer, accreditato pi volte nel corso del Seicento come lautore effettivo.14
Appare invece ormai sufficientemente chiaro che la nuova strada di rappresentazione urbana aperta e solcata nel corso dei due secoli seguenti dalla maggior parte dei ritratti, grandi o piccoli, dettagliati o sommari, si basava su un particolare artificio, la costruzione prospettica per pianta e alzato. Nessun manuale
di geometria pratica, tra i numerosi che erano in circolazione a quellepoca, lo
indica esplicitamente, proprio perch era un sistema pratico ben conosciuto nelle botteghe dei pittori e utilizzato nei disegni darchitettura. Per trovarne una
dettagliata spiegazione occorre cercare assai pi indietro, in uno dei primi trattati di prospettiva, il De perspectiva pingendi, quando lautore, Piero della Francesca, lo applica al disegno di un capitello.15 Per arrivare al capitello scorciato, Piero non parte dal capitello veduto, ma combina le due rappresentazioni astratte in
cui il capitello stato scomposto, la pianta e la sezione ortogonale, dopo averle
scorciate in modo adeguato. Limplicazione pi significativa di questo procedimento che segna un distacco dal riferimento iniziale alloggetto reale da disegnare, la forma della cosa veduta. Quando infatti Piero insegna a scorciare la
pianta, mette in atto quasi una contraddizione di termini. La pianta infatti non
un oggetto, n suscettibile di essere veduta, ma soltanto una rappresentazione astratta, la sezione immaginaria della base delledificio disegnata in scala, e la
sua resa in prospettiva unoperazione intellettuale molto sofisticata che porta
un astratto prodotto della mente nel mondo della visione e lo restituisce come
un oggetto realmente percepito. Ne deriva che la stessa operazione potr essere
eseguita anche quando loggetto da riprodurre non sar davanti agli occhi, n al
momento della sua rappresentazione, n mai, perch fuori dalle potenzialit dellocchio umano. Saranno sufficienti due disegni acquisibili separatamente, una
pianta ed il congruo alzato, per costruire un oggetto riconoscibile come vero alla percezione dellocchio.
Il circolo veneziano di Colb svilupp lintuizione di poter applicare il metodo ad un oggetto complesso come la citt e alla pi ambiziosa delle visioni impossibili, la sua totalit, dal momento che questa avrebbe implicato un punto di
14. Anche nellinventario dei materiali nel
negozio degli editori De Rossi in Roma nel
1648 si trova segnata, tra i rami di Filippo,
una Venezia grande in legno di Alberto Duro. Cfr. F. Consagra The De Rossi Family
Print Publishing Shop: A study in the History of
the Print Industry in Seventeenth-Century Rome, Dissertation, The John Hopkins University, Baltimora 1992, p.514. Drer aveva lavorato col medesimo metodo di pianta e alzato applicando una tecnica simile nel suo studio sulle ombre, tanto da essere ritenuto pre-

cursore della geometria proiettiva. Cfr. K.


Andersen, Pieros Place in the History of Descriptive Geometry, in Piero della Francesca tra
arte e scienza, a cura di M. Dalai Emiliani e
W.Curzi, Venezia 1996, pp. 364, 371.
15. Piero della Francesca, De prospectiva pingendi, a cura di G. Nicco Fasola, Firenze
1942, pp. 157-160. Per una discussione pi
ampia sul tema rimando a L. Nuti, Lartificio
del vero ritratto, in Tra oriente e occidente. Citt
e iconografia dal XV al XIX secolo, a cura di C. De
Seta, Napoli 2004.

10

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vista alto sul cielo sopra il tessuto edilizio, pi alto di quello a cui gli esseri umani potevano in quel momento aspirare. Proprio dar corpo a questa visione, sognata fin dalla pi remota antichit, fu il fine della nuova forma di rappresentazione
che pu coerentemente essere definita come pianta prospettica. La qualifica di
vero attribuita dallo stesso Colb al ritratto di Venezia e successivamente per
lungo tempo ai ritratti di citt non dipende dallesatta rispondenza a una realt topografica, spesso neppure controllabile, spesso consapevolmente violata, ma dalla scientificit dellartificio che garantiva la fedelt al meccanismo di riproduzione della visione. La creazione di un proprio punto di vista per la costruzione dellillusione segna dunque una concezione totalmente nuova della rappresentazione, ben diversa dalla veduta: ha aperto ai ritratti di citt le porte di un mondo virtuale, nella cui dimensione vive per primo il vero disegno di Venezia.16
Nel panorama dellabbondante e varia produzione europea che dalla sua
invenzione fu stimolata convivono tuttavia immagini molto diverse per dimensioni, tecnica, qualit del rilievo e del segno, destinazione e scopo, ma pochissimi sono i prodotti in grado di dialogare con il prototipo, sia per le dimensioni
che per laccuratezza del rilievo. Tra questi sicuramente la xilografia con cui
Cornelis Anthonisz celebra orgogliosamente la propria citt, Amsterdam, definibile cos, anche nella vicenda iconografica, come la Venezia del Nord.17 La presenza di Nettuno sopra le nuvole, simbolica esaltazione di Amsterdam come citt
di mare, sembra alludere al precedente veneziano, quasi come in una citazione.
Locchio dellautore si tuttavia innalzato di molto sopra la citt, sia rispetto a
Venezia sia rispetto al precedente ritratto che lo stesso Anthonisz aveva dipinto
ad olio, agevolando il compito del disegno, perch i blocchi edilizi possono essere posizionati entro i confini degli isolati senza alterare la trama viaria delineata in pianta. La piatta distesa dei campi stretti e lunghi che circonda la citt cede il posto in primo piano allIJselmeer, dove i velieri sfilano vicini allosservatore, visibili solo grazie a uno scarto prospettico che porta locchio molto pi in
basso a gustare lanimazione del porto.
Nellanno 1500 dunque la ricerca di un moderno sistema di rappresentazione della citt pu, almeno in Italia, considerarsi compiuta, con la messa a punto della veduta dallalto e della pianta prospettica. Finita la fase dellinvenzione,
16. Sullabilit degli artisti italiani a sfruttare
la prospettiva per effetti illusionistici cfr. la
discussione in M. Kemp, The Science of Art.
Optical Themes in Western Art from Brunelleschi to Seurat, New Haven-London 1990.
17. Alla storia dei ritratti di Amsterdam dedicato lintero capitolo IV in F.J. Dubiez, Cornelis Anthoniszoon van Amsterdam-zijn leven en
werken 1507-1533, Amsterdam 1969. Cfr. i
diversi approcci allanalisi in A.E. dAilly, Ca-

talogus van Amsterdamsche Plattegronden, Amsterdam 1934, pp.14-15; J. Elliot, The City in
Maps: Urban Mapping to 1900, Londra 1987,
p.21; J. Mayer, Mapping Past and Present: Leonardo Bufalinis Plan of Rome (1551), Imago
Mundi, 59 (2007), I, 1991; Nuti, Ritratti di
citt, cit., pp.156-157; B. Bakker, Amsterdam
nellimmagine degli artisti e dei cartografi,
1550-1700, in Citt dEuropa. Iconografia e vedutismo dal XV al XIX secolo, Napoli 1996.

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si apr quella della rielaborazione e adattamento al mercato. Nei decenni che seguirono si affinarono le tecniche di rilevamento della planimetria, che della pianta prospettica la componente di base ma che, indipendentemente da questa, era
stata riscoperta e praticata nel Quattrocento. Il ritorno alla pianta, sofisticata
rappresentazione astratta, ben conosciuta nellantichit e totalmente abbandonata nel Medioevo, preparato dalle istruzioni che Leon Battista Alberti ha esposto nella Descriptio Urbis Romae.18
Fu dunque un architetto ad impostare su basi scientifiche il problema del
rilevamento topografico moderno, cos come allinizio del secolo era stato un architetto a inventare scientificamente la prospettiva. In ambedue i casi si trattato di un passaggio necessario per mettere a punto gli strumenti di una nuova
scienza, unarchitettura che intendeva porsi in relazione armonica con le armoniche forme delluniverso ed imparare la lezione degli edifici antichi.
Tra la fine del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento lo strumento disponibile per operazioni di rilevamento era essenzialmente la bussola,
integrata con laggiunta di qualche dispositivo: il suo impiego determin il metodo di rilevamento da punto centrale. Il metodo, descritto prima da Alberti e
poi da Raffaello,19 si incarna perfettamente nella figura di Imola disegnata da
Leonardo da Vinci,20 dove il foglio scompartito con le direzioni dei venti, co18. Per il commento e la traduzione italiana
della Descriptio cfr. L. Vagnetti, La Descriptio
Urbis Romae, uno scritto poco noto di L.B. Alberti (contributo alla storia del rilevamento architettonico e topografico), Quaderno n.1 dellIstituto
di Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti, Universit degli Studi di Genova,
ottobre 1968,. La composizione collocabile
preferibilmente tra il 1445 e il 1455, o in alternativa 1431-1434. Testimonianza di ricerche
parallele la rappresentazione di Vienna, prodotta nel 1421-1422 ma conosciuta tramite
una copia della met del secolo, conservata a
Vienna, Historisches Museum der Stadt
Wien, I.N.31.018. Cfr. D.B. Durand, The
Vienna Klosterneuburg Map Corpus of the Fifteenth Century: a Study in the Transition from
Medieval to Modern Science, Leida 1952. Secondo Harvey da considerarsi di derivazione italiana (P.D. Harvey, The History of Topographical
Maps: Symbols, Pictures and Surveys, Londra
1980, p. 473). Laspetto finale, apparentemente simile alle immagini dei tre Tolomei di Piero del Massaio, gli fu conferito disegnando i
prospetti degli edifici in corrispondenza della
loro collocazione, che per era stata stabilita
su base metrica, come testimonia la piccola
barra graduata posta in fondo al foglio.

19. Raffaello, Lettera a Leone X, in R. Bonelli,


Lettera a Leone X, in Scritti rinascimentali di Architettura, a cura di A. Bruschi, Milano 1978,
pp.461-483.
20. Ancora per mano di Leonardo compare il
riferimento al punto centrale in un foglio del
Codice Atlantico relativo a Milano, dove una
schematica pianta della citt posta in relazione con un sottostante abbozzo di pianta
prospettica. Cfr. L. Nuti, Prospettiva e strumenti di misura nella costruzione dei ritratti di
citt, in Nel segno di Masaccio. Linvenzione della prospettiva, a cura di F. Camerota, Firenze
2001, pp. 271-273. Leonardo Bufalini ha voluto inoltre marcare un centro nella sua pianta di Roma, rappresentando la statua di
MarcAurelio nella piazza del Campidoglio
come lunico monumento in elevazione in un
contesto completamente bidimensionale. Se
si tratti di un riferimento puramente simbolico o di un segno collegato al sistema di rilevamento, tuttora materia dinterpretazione.
Unaccurata indagine sugli strumenti di rilevamento e la loro utilizzazione per la rappresentazione urbana in D. Stroffolino, La citt
misurata. Tecniche e strumenti di rilevamento nei
trattati a stampa del Cinquecento, Roma 1999.

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la citt e i suoi limiti

me prescrive Raffaello; un cerchio esterno alla citt, come richiede lAlberti, definisce la superficie lavorata dallartista e ricoperta di colore. Luso di un colore
quanto pi possibile vicino alla percezione naturale il rosso mattone delledificato, lazzurro delle acque, il giallo verdognolo dei terreni interni, il non colore
degli spazi percorribili, il giallo paglia del territorio racchiuso nel cerchio fanno s che la citt compaia sul foglio come unimmagine reale, messa a fuoco da
una potentissima lente che gli conferisce la leggera velatura della sua trasparenza vitrea. Locchio della lente in realt il raggio dazione dello strumento, che
consente di mettere a fuoco i rapporti metrici dei diversi punti.
Generalmente la pianta non persegue lillusione, ma non neppure vincolata ad unassoluta oggettivit nel rapporto col reale, come lintrinseca natura del
suo codice potrebbe far pensare. Pu infatti essere ugualmente usata , e lo fu, come veicolo di sogni o intenzioni, divenendo il principale strumento della progettazione architettonica e urbana. Il grande foglio con la pianta di Pisa sembra essere stato per Giuliano da Sangallo un brogliaccio su cui trasferire appunti, idee,
invenzioni, ancorati a una forma urbana che per qualche anno aveva esplorato.21
Nella Roma di Leonardo Bufalini il ritratto dellautore e gli strumenti in
un riquadro sul margine inferiore evidenziano laccuratezza del rilievo, ma la
pianta, espressione di interessi antiquari vivi fin dai tempi dei Mirabilia, fornisce
una lettura diacronica della citt, fondendo informazioni sul presente come sul
passato, di cui restituisce in forma completa, e spesso arbitraria, le rovine.22
Con la sua rinuncia a descrivere lapparenza visibile, la pianta poneva un
ostacolo insuperabile per la sua fortuna come prodotto commerciale in una civilt che esaltava limmagine.
Le poche piante che nel Cinquecento vennero incise e diffuse tra un pubblico pi vasto si ibridarono con elementi appartenenti al mondo della visione.
Augustin Hirschvogel, autore di una pianta di Vienna edita nel 1552, si riconosce pubblicamente debitore ad Archimede per la geometrica facies della citt, ma
non rinuncia poi a rappresentare le mura in prospettiva, da punti di vista diversi, collocati di volta in volta di fronte a ogni bastione, orientando su di essi anche la scrittura.
La pianta prospettica si diffuse a tappeto in tutta Europa. La produzione
21. Per unampia discussione sulla pianta rimando a L. Nuti, La pianta di Pisa di Giuliano
da Sangallo, in corso di stampa.
22. Alla pianta dedicata unattenzione specifica in: F.H. Ehrle, Le piante maggiori di Roma dei secoli XVI e XVII: Roma al tempo di Giulio
III. La pianta di Roma di Leonardo Bufalini del
1551, Roma 1911; Frutaz, Le piante di Roma,
cit., scheda CIX, e recentemente in Mayer,
Mapping Past and Present, cit. Considerazioni

si trovano anche allinterno di studi pi generali: J.A. Pinto, Origins and Development of the
Iconographic City Plan, Journal of the Society
of Architectural Historians, XXXV (1976),
pp. 43-44; Insolera, Roma, cit., pp. 112-122;
Stroffolino, La citt misurata, cit., pp. 130131; M. Bevilacqua, Piante e vedute di Roma
dallUmanesimo allIlluminismo, in Imago Urbis
Romae, limmagine di Roma in et moderna,
Roma-Milano 2005, pp. 93-94.

la rappresentazione della citt: ricerche, soluzioni, prototipi

iniziata con pochi esemplari gi nella prima met del Cinquecento, dilag nella
seconda met, vincendo la segretezza di cui i rilievi erano stati circondati, e per
le capitali venne pi volte aggiornata. La sua irresistibile ascesa offusc, anche se
non spense definitivamente, altre ricerche originali che erano in corso sullo stesso tema, in particolare nel Nord Europa dove si stava elaborando una soluzione
originale che avrebbe interessato solo marginalmente il mondo italiano: la veduta in profilo.
Al di l delle Alpi la ricerca per un sistema di rappresentazione della citt
nel Quattrocento aveva imboccato una strada diretta allesplorazione di una
realt contingente, direttamente accessibile allocchio umano, con il punto di osservazione basso, a livello delloggetto rappresentato e ad una certa distanza da
esso, su un orizzonte ampio e aperto, come si pu sperimentare sulla distesa marina. I primi disegni di profili sono infatti rintracciabili nei portolani nordeuropei a partire dalla fine del Quattrocento. Le linee di costa con i loro paesaggi naturali o umani si presentano da lontano allocchio del navigatore come qualcosa
di ancora indistinto, ma gi differenziato nella consistenza dalla liquida natura
del mare. La loro immagine distintiva che si materializza sulla linea dellorizzonte un patrimonio prezioso per il navigatore perch rappresenta la conoscenza
della terra, cio la possibilit di determinare la propria posizione e programmare le manovre necessarie per fermarsi o proseguire il viaggio. Ed proprio allinterno di una cultura profondamente legata al mare che la veduta in profilo diventa visione, coerente sistema di percezione della realt entro il quale organizzare
i dati raccolti dalla vista, soprattutto quando un paesaggio interno di terre piatte
e uniformi, percorribili attraverso canali, consente di mantenere costantemente
lo stesso punto di vista del mare.
Il fattore geografico sembra tuttavia aver rafforzato, piuttosto che determinato, la rappresentazione in profilo. Anche nel paesaggio italiano, pur generalmente vario e mosso, si trovano citt situate allinterno di ampie estensioni di
terre piatte o su coste basse. Di esse, litaliano abituato a organizzare diversamente i dati della propria percezione non fornir rappresentazioni in profilo, come invece faranno i disegnatori nordici quando, avvicinandosi alle coste della
Penisola o penetrando nella pianura, non avranno difficolt a ricondurre il paesaggio entro le coordinate della propria cultura visuale. La formula iconografica
della veduta in profilo impone anzitutto un formato allungato, entro cui la rappresentazione scandita per fasce che occupano lo spazio del foglio in proporzione variabile. In primo piano la distesa del mare o di campi coltivati che non
offrono alcun ostacolo alla vista, al centro la skyline della citt, in alto la fascia del
cielo. Una variante pu essere costituita dalla presenza di una fascia di terraferma in primo piano, dove trovano posto uomini e animali; uno specchio sinterpone tra questa e la la piatta sagoma del corpo urbano da cui si staccano le emergenze verticali di imponenti edifici, torri e campanili.

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la citt e i suoi limiti

Dopo le prime sommarie prove nel 1552 appare il ritratto di Norimberga


di Hans Lautensack. A dire il vero, non si tratta di ununica immagine, ma di due
profili complementari, da Est e da Ovest, nella tradizione dei portolani, dove i
punti cruciali della costa vengono proposti dai diversi possibili punti di approccio. Le immagini sono corredate di un apparato decorativo molto ricco, nastri e
cartigli elaborati in stile manierista; ancora una volta essi contengono la firma
fiamminga: la figura dellartista al lavoro in primo piano circondato da un gruppo di curiosi che discutono.23 Tuttavia anche la via nordica alla rappresentazione
della citt sembra inseguire unaspirazione alla totalit, anche se in un diverso
concetto di totalit. Questultima costretta allora ad accogliere lartificio, perdendo il suo carattere di trasposizione diretta dellimmagine retinale. Al profilo
puro e semplice, contenuto entro i limiti di una striscia sottile e priva di spessore, manca la possibilit di render conto in modo esaustivo dei molteplici dettagli
del corpo complesso della citt. Se il punto di vista si avvicina per mettere a fuoco i dettagli, limmagine globale della citt si allunga oltre i limiti della percezione in ununica occhiata. Molteplici devono essere i punti di osservazione e una
rappresentazione che voglia abbracciare questa totalit potr essere composta solo attraverso laccostamento di vedute dettagliate eseguite separatamente. La visione si dipana allora nel tempo, il tempo di un lento scorrimento dellosservatore lungo loggetto rappresentato.
Gi il profilo di Venezia inserito nelle Peregrinationes in Terram Sanctam di
Bernard von Breydenbach nel 1486 24 mostrava i caratteri dellibridazione nel
tentativo di coprire lintera estensione urbana e di rendere il suo carattere di citt
lagunare. Perci, mentre larsenale restava fuori, i piani urbani retrostanti, compreso il braccio di laguna e i rilievi della terraferma, emergevano slittando in alto, del tutto fuori scala, come nei ritratti medievali in prospettiva verticale.
La citt che pu vantare il maggior numero di testimonianze di questa iconografia di carattere filmico senza dubbio Istanbul. Spiata per conto dellOccidente dai pittori che la raggiunsero al seguito delle successive ambascerie, la citt
si dispiega nelle loro vedute adagiata sul Bosforo nello splendore di palazzi, minareti e moschee. Lepisodio pi spettacolare il resoconto dettagliato di Melchior Lorichs, un disegno in undici metri, composto da numerosi punti di vista.
Moltissimi sono gli edifici riconoscibili indicati dalle iscrizioni sovrastanti: oltre
alle moschee, sono segnalati palazzi, caravanserragli, colonne, torri di guardia e
porte delle mura, giardini di piacere, imbarcazioni, lacquedotto, la cisterna. Oggi tagliato in sezioni, il disegno era una volta percorribile con un lungo viaggio
23. Cfr. A. Schmitt, Hanns Lautensack, Norimberga 1957, pp. 87-88; J. Chipps Smith, Nuremberg. A Renaissance City, 1500-1618, Austin
1983, p. 257; Elliot, The City in Maps, cit.,
p. 28; Nuti Scheda n. 22, in A volo duccello, cit.

24. Cfr. Russell, Visions of the Sea, cit., pp. 2932; Nuti, Ritratti di citt, cit., pp. 91-94; P.
Falchetta, Scheda n. 5, in A volo duccello, cit.

la rappresentazione della citt: ricerche, soluzioni, prototipi

dello sguardo dai frequentatori della biblioteca di Leida, alla cui parete era appeso in tutta la sua estensione.25
Unaltra soluzione di espansione del profilo verso la totalit stata elaborata da Anton van den Wyngaerde, il prolifico disegnatore fiammingo che percorse molti paesi dEuropa, compresi Italia, Fiandre e Inghilterra, disegnando
citt. Nella Spagna, su esplicito incarico di Filippo II, questoperazione fu eseguita quasi a tappeto.26 Alla prima impressione, le sue vedute non sono distanti dalla soluzione italiana, ma il metodo di composizione, documentato da numerosi
disegni preparatori, totalmento diverso: consiste nellassemblaggio di disegni
separati, a livello o sopra la citt, ma con unangolazione generalmente abbastanza bassa, in cui il profilo occupa ancora un ruolo importante. Locchio del disegnatore, dilatandosi nel tempo e nello spazio come nel campo di un obiettivo
grandangolare, compiva le sue osservazioni, registrate in una serie di appunti
preparatori: uno schizzo generale approssimativo e schematico della situazione
globale con le principali emergenze, studi sul profilo del primo piano, di gruppi
limitati di edifici o pi ampie porzioni urbane, schemi di dettaglio, schizzi di architetture o di particolari, non sempre utilizzati. Dalla fusione di questo materiale preparatorio nasceva infine il disegno finale, in cui il tratto della penna andava poi a sovrapporsi allabbozzo tracciato a matita, ancor oggi chiaramente visibile in molte parti. Nel quadro compreso il territorio circostante e possono
cos essere fissati i principali riferimenti topografici, mentre gli spazi urbani interni vengono inghiottiti dal tessuto edilizio. La trama minuta e indifferenziata,
restituita attraverso la moltiplicazione di elementi modulari sempre appena fuori fuoco, appare come un sostrato su cui svettano i palazzi e le chiese, ma soprattutto le torri e gli aguzzi campanili, messi a fuoco con pi precisione; la fisionomia della citt si delinea allora come nella percezione fiamminga, in un continuo
gioco di contrappunto tra fondo basso e modulazione di note isolate pi alte di
molte tonalit. Responsabile del risultato finale ancora una volta lartificio:
solo locchio dellartista che riuscito a ricucire il tutto in un insieme sicuramen25. La veduta fu realizzata dallartista al seguito dellambasceria di Augier Ghislain de
Busbec, probabilmente nella prima met del
1559, prima che le relazioni dellambasciatore col sultano si deteriorassero. Esposto gi
nel 1597 nella sala di lettura della Biblioteca
di Leida, il disegno fu tagliato nel 1869 in
ventun sezioni. Cfr. le considerazioni in S.
Yerasimos, Istanbul au XVIe sicle. Images dune
capitale, in Soliman le Magnifique, Parigi 1990,
pp. 294-297, con indicazioni sugli studi e bibliografia relativa; Nuti, Ritratti di citt, cit.,
pp.98-99; ed il recentissimo M. Iuliano, Melchior Lorcks Istanbul in the European Context,
in Melchior Lorck, a cura di E. Fischer, E.J.

Bencard e M. Bgh Rasmussen, 4, The Prospect of Constantinople, Copenhagen 2008.


26. La produzione complessiva stata descritta in M. Galera i Monegal, Antoon van
den Wijngaerde ,pintor de ciudades y de hechos de
armas en la Europa del Quinientos, Barcellona
1998. Per unanalisi critica cfr. E. Haverkamp
Begemann, The Spanish Views of Anton van
den Wyngaerde, Master Drawings, 1, VII
(1969); cfr. anche Nuti, Ritratti di citt, cit.,
pp. 94-98 e M. Iaccarino, Roma nel XVI secolo.
Le vedute di Anton van den Wyngaerde, in Tra
Oriente e Occidente. Citt e iconografia dal XV al
XIX secolo, a cura di C. de Seta, Napoli 2004.

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la citt e i suoi limiti

te godibile, ma anche sostanzialmente credibile per quanto riguarda la localizzazione e la caratteristica dei principali edifici nel quadro generale, senza ricorrere alla costruzione prospettica.
NellEuropa centrale sembra profilarsi unulteriore risposta alla ricerca
della visione globale, la veduta circolare. Si tratta per di una soluzione artificiosa e non immediatamente credibile come visione naturale, che ha dato perci vita a una produzione molto circoscritta. Attorno alla met del secolo, a non molti anni di distanza luna dallaltra, vengono infatti messe in commercio tre incisioni: nel 1530 Vienna di Hans Beham; nel 1560 Norimberga di anonimo; poco
prima, nel 1548, Strasburgo di Conrad Morant. Per le prime due si pu parlare
di schema radiale, usato per esprimere una vera e propria rotazione dello sguardo, nel medesimo intento di trasferire in ununica immagine la conoscenza totale dello spazio osservato. Il punto di osservazione sufficientemente elevato, ma
interno alla citt: in particolare Vienna ritratta durante lassedio come si vedeva dallalta torre di Santo Stefano.27 La terza, Strasburgo, propone lunicum della veduta ad occhio di pesce, in proiezione centrifuga.28 Limmagine si dispone in
una rotazione circolare attorno alla cattedrale che emerge dal fondo sia perch
restituita in dimensioni maggiori, sia perch il prospetto della facciata occidentale incollato sulla carta, in modo da consentire un illusorio effetto tridimensionale. La descrizione degli edifici procede dal centro verso la periferia in una
progressiva riduzione di dimensioni e dettagli.
Le vedute circolari sembrano anticipare l'avventura di una figurazione a
sviluppo continuo, le cui potenzialit saranno poi dispiegate nel modo pi spettacolare dal panorama ottocentesco, vera e propria simulazione di un viaggio
dello sguardo dell'osservatore attorno al suo orizzonte. Nella variet delle ricerche e delle soluzioni elaborate nel Rinascimento per la rappresentazione della
citt emerge alla fine come comune denominatore la volont di restituzione del
vero, nel miraggio di una visione totale ed esaustiva, illusione che non pu che
essere perseguita attraverso lartificio. Il vero e la sua illusione visuale sono i due
estremi entra cui ogni artista, ogni immagine cerca la propria strada.

27. La xilografia di Vienna durante lassedio


come si vedeva dallalta torre di S. Stefano,
1530, stata attribuita a Hans S. Beham o
Niklas Meldemann, ma probabile che questultimo sia stato solo stampatore ed editore
(cfr. K. Fischer, Die kartographische Darstellung Wiens bis zur Zweiten Trkenbelagerung,
in Das ist stat Win, Wiener Geschichtsbltter, IV (1995), pp. 12-15). Per Norimberga
di anonimo del 1560, cfr. L. Wittmann, Land-

karten von Franken, Norimberga 1940-1941,


I, bl. 2.
28. Lunico esemplare conosciuto della veduta di Strasburgo, intagliata dallo sconosciuto
monogrammista M:H, conservato a Norimberga, Germanisches Nationalmuseum, Inv.
n. SP3224, Kapsel 1055; cfr. Schulz, La cartografia tra scienza e arte, cit., pp. 11-12, 41; S.
Biadene, Scheda n. 25, in A volo duccello, cit.

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