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• THE FIELD FULL OF FOLK (WILLIAM LANGLAND, The Vision of Piers Plowman)
Questo passaggio viene dal prologo dell’opera. Il poeta si addormenta una mattina di maggio e ha un sogno in cui gli appare “un bel campo pieno di
gente”, che rappresenta la società con la sua gerarchia e il disordine in cui è adesso caduta a causa della mancanza di autorità e la corruzione
dell’essenza stessa del mondo, la Chiesa.
In un periodo d'estate1 quando il sole era delicato
[…]
andai in questo intero mondo per sentire meraviglie.
Ma in una mattina di maggio su Malvern Hills
incontrai una cosa straordinaria, una fiera, pensai.
Ero stanco per il girovagare e mi andai a riposare
sotto un ampio argine a lato di un ruscello.
E mentre mi sdraiavo e mi appoggiavo e osservavo le acque
caddi addormentato per la gioia del suono.
Ero in un deserto, non sapevo dove.
Mentre guardavo verso est, su in direzione del sole
vidi una torre 2finemente costruita su una collina,
e una profonda valle e una prigione in mezzo3
con profondi fossi, e oscuri e terribili da vedere.
Un bel campo pieno di gente4 trovai lì in mezzo
di ogni genere d'uomo, il povero e il ricco
che lavoravano e vagavano come il mondo chiede.5
MENDICANTI E PELLEGRINI
Questuanti e mendicanti camminavano rapidamente intorno
con le loro pance e borse piene fino all’orlo:
falsamente mendicavano per il cibo e litigavano all’osteria.
Dio sa come loro vanno a letto nell’ingordigia
e si alzano con sguaiataggine, quei furfanti ladri.
Il sonno e la pigrizia erano sempre con loro.
Pellegrini e devoti si riunivano insieme8
per cercare San Giacomo e tutti i santi di Roma.
Loro andavano avanti per la loro strada con molte storie sagge,
e avevano il permesso di mentire per tutta la loro vita dopo di quello9.
Io ne vidi alcuni che dicevano di aver cercato i santi:
1
Il poema si apre secondo una convenzione medievale, quella del “sogno di maggio”.
2
Si tratta della torre della Verità.
3
Si tratta della dimora del Male.
4
Il bel campo pieno di gente raffigura la società, che si trova fra la torre della Verità e la prigione del Male.
5
Si distinguono tipologie differenti di uomini, ricchi e poveri, coloro che stanno in un solo luogo e coloro che vagano.
6
In realtà Langland ci mostra che la maggior parte di coloro che conducono una vita dedicata alla contemplazione di Dio lo fanno solo per
vivere nel lusso e nella comodità.
7
Gli uomini di spettacolo (menestrelli, buffoni), che usavano il turpiloquio per divertire il pubblico, venivano visti come figli di Satana.
8
Come capita nei Canterbury Tales di Chaucer, i pellegrini durante il pellegrinaggio erano soliti radunarsi e intrattenersi a vicenda durante il
viaggio.
9
Il pellegrinaggio.
ad ogni storia che raccontavano la loro lingua era temprata a mentire
più che a dire la verità, così sembrava dal loro discorso.
Eremiti in mucchio con i loro bastoni ricurvi
stavano andando a Walshingham con le loro puttane.
Grossi furfanti troppo pigri per lavorare,
indossavano cappe per distinguersi dagli altri,
vestiti in abiti da eremita per farsi i loro comodi.
10
Sono quattro gli ordini di frati: i domenicani, i francescani, i carmelitani e gli agostiniani. Erano ordini mendicanti che a differenza degli
altri monaci potevano uscire dal chiostro per andare a predicare.
11
La guerra, la peste, la rivolta.
12
Il mondo è spiritualmente corrotto e se le cose non cambieranno l’ira di Dio si abbatterà su di esso provocandone la fine.
13
Coloro che per una speciale licenza potevano vendere le indulgenze. I soldi sarebbero dovuti andare alla Chiesa, ma in realtà Langland
descrive quello che accadeva realmente, cioè che erano gli indulgenzieri a tenersi tutto il denaro.
14
Per Langland i vescovi non meritano rispetto visto che fanno finta di non vedere ciò che succede.
15
Si riferisce all’indulgenziere che predica per arricchire sé stesso, sottraendo denaro agli ignoranti con l’inganno.
16
I preti non volevano restare nelle parrocchie più povere, le condizioni delle quali erano peggiorate in seguito alla pestilenza. Essi
cercavano invece di andare in città dove guadagnare e condurre una vita decente era più facile, lasciando i parrocchiani abbandonati alla
loro miseria.
17
Rispettivamente i gradi alti e i gradi bassi della gerarchia ecclesiastica.
18
Quando le offerte erano meno abbondanti e i preti si spostavano nelle grandi città.
i mendicanti potrebbero anche andare a letto senza cibo19.
Molto Dio è in bocca a questi grandi signori
ma la sua pietà e le sue opere sono tra i poveri
[…]
I chierici e altri tipi di uomini, che stanno bene, parlano di Dio,
molto di lui è nelle loro bocche, ma i poveri hanno Dio nei loro cuori.20
I frati e gli uomini falsi hanno trovato tali questioni
per compiacere gli uomini orgogliosi dal tempo della pestilenza
e predicano nella cattedrale di San Paolo per invidia dei chierici
cosicché gli uomini non sono saldi nella loro fede, e nemmeno liberi dalla loro ricchezza
e nemmeno dispiaciuti per i loro peccati. L’orgoglio è così cresciuto
nella religione e nel regno, tra i ricchi e i poveri
che le preghiere non hanno potere per prevenire la pestilenza 21
e tuttavia i miserabili di questo mondo non si mettono in guardia l’uno con l’altro
e il timore della morte non può toglierli il loro orgoglio
e non sono generosi con i poveri come vorrebbe la carità.
Ma quegli allegri ingordi si ingozzano di beni
e non danno mai niente al mendicante come insegna il Libro22.
19
Se oggi “meat” vuol dire solo carne, allora si riferiva a ciò che oggi chiamiamo “meal”, cioè il “pasto”.
20
I chierici e altri uomini di chiesa (che sono ricchi) parlano tanto di Dio, ma Dio si trova nel cuore dei poveri.
21
Persino i poveri sono diventati orgogliosi e quindi la punizione di Dio è la pestilenza che si abbatte sul regno.
22
La Bibbia.
23
Si riferisce alla primavera.
24
Canterbury durante il medioevo era il luogo più popolare in Inghilterra per i pellegrinaggi. San Tommaso Becket era stato ucciso nella
cattedrale nel 1170 dai cavalieri di Enrico II.
25
I pellegrini erano 29 ma a loro si uniscono il poeta e l’oste quindi diventano 31.
26
Si riferisce alla prima fase della Guerra dei Cent’anni contro la Francia.
27
Il Cavaliere è apprezzato in tutti i contesti.
e sempre era stato onorato per le sue nobili grazie.
Aveva visto la città di Alessandria 28cadere;
spesso ai banchetti, il posto più alto di tutti29
tra le nazioni gli era toccato in Prussia.
In Lituani aveva combattuto, e in Russia,
nessun uomo cristiano così spesso, del suo rango.
E lui era stato a Granada quando fecero crollare
la città di Algeciras30, e anche in
Nord Africa, proprio a Benamarin;
A in Armenia era anche stato
e aveva combattuto quando Ayas e Attalia caddero,
poiché lungo tutta la costa del Mediterraneo
si era imbarcato con molti nobili eserciti.
In 15 battaglie mortali31 era stato
e aveva giostrato per la nostra fede a Tramissene32
per tre volte in lizza, e sempre aveva ucciso il suo avversario.
Questo stesso distinto Cavaliere aveva guidato la carica
una volta con il Bey di Balat33, ponendosi a servizio
per lui contro un altro pagano turco34;
era di valore sovrano agli occhi di tutti.
Ma anche se era tanto distinto, era saggio
e nel suo comportamento modesto come una fanciulla.
Lui mai una cosa boriosa aveva detto
nella sua vita a nessuno, qualunque cosa succedesse;
era un vero, un perfetto gentil-cavaliere35.
Parlando del suo aspetto, possedeva
bei cavalli, ma non era riccamente vestito36.
Indossava una tunica di fustagno macchiata e scura 37
con macchie laddove la sua armatura aveva lasciato il segno;
appena rientrato a casa dal servizio, si era unito ai nostri ranghi
per fare il suo pellegrinaggio e rendere grazie.
28
Il Cavaliere aveva partecipato alla battaglia di Alessandria che era stata conquistata dai Saraceni.
29
Gli venivano riservato i più grandi onori, sedeva nella high table, consumando il pasto più in alto degli altri.
30
Aveva difeso anche la città di Algeciras contro i mori.
31
Il cavaliere aveva preso parte a 15 battaglie mortali, cioè a 15 duelli che dovevano decidere la vittoria in una battaglia dalle sorti incerte,
e affidata dunque ai due campioni degli opposti schieramenti.
32
Tramissene, nell’Algeria occidentale, era una piazzaforte berbera.
33
Un sultano turco che si era alleato con i cristiani.
34
Il Cavaliere non ha mai combattuto contro cristiani, nonostante fosse a servizio di un signore turco, ma sempre contro i pagani.
35
Il Cavaliere incarna i valori del perfetto cavaliere: la guerra contro gli infedeli al servizio di Dio e la difesa del prossimo a costo della
propria vita. Ormai all’epoca di Chaucer questo ideale di cavalleria non esisteva più.
36
Il Cavaliere non dava importanza all’abito e vestiva in modo umile.
37
Abbigliamento povero.
38
Il Monaco è un uomo alla moda che si interessa a tutti i piaceri terreni, andando contro quello che doveva essere l’ideale monastico, cioè
il rifiuto dei beni terreni e il condurre una vita esclusivamente contemplativa.
39
Probabilmente Chaucer in modo ironico allude al fatto che il monaco non è casto come dovrebbe.
che vuol dire un monaco fuori dal suo chiostro.
Quello era un detto che lui non considerava degno di un’ostrica 40
[…]
Questo monaco era quindi bravissimo ad andare a cavallo;
aveva levrieri, veloci come uccelli, per gareggiare.
Cacciare una lepre o scavalcare uno steccato
erano tutto il suo divertimento, per il quale egli non risparmiava alcuna spesa.
Ho visto che le sue maniche erano decorate al polso
con una bella pelliccia grigia, la più pregiata della nazione,
e dove il suo cappuccio era allacciato al mento
aveva una spilla d’oro lavorato sapientemente modellata;
in un nodo d’amore sembrava passare.
La sua testa era calva e brillava come un vetro qualunque,
allo stesso modo del suo volto, come se fosse stato cosparso di grasso. 41
• THE FRIAR (GEOFFREY CHAUCER, The Canterbury Tales)
Il Frate, come il Monaco, si tiene lontano dallo stile di vita che egli, in quanto uomo di Chiesa, dovrebbe condurre. Infatti, invece di predicare la parola di
Dio, egli pensa solo ai propri interessi.
C'era un Frate, uno lascivo e allegro,
un questuante42, un tipo molto festaiolo.
In tutti e quattro gli ordini non c’era nessuno così dolce
come lui nell’adulazione e nel discorso lusinghiero.
Aveva consolidato molti matrimoni, dando ad ognuna
delle sue giovani donne quello che poteva permettersi di darle.43
Era un nobile pilastro del suo Ordine.
Era molto amato e intimo
con la gente della Contea ovunque si potesse trovare,
e con degne donne di città con dei possedimenti;
poiché era qualificato ad ascoltare le confessioni,
o così diceva, con più di un semplice scopo sacerdotale44;
aveva una speciale licenza dal Papa
con dolcezza ascoltava i suoi penitenti al confessionale
con una piacevole assoluzione, in cambio di un dono.
Era un uomo disponibile a dare la penitenza
laddove poteva sperare di ottenere una rendita decente45;
[…]
Conosceva bene le taverne di ogni città
e anche ogni oste e cameriera
meglio dei lebbrosi, dei mendicanti e quella gente,
poiché per un uomo così eminente quale lui era
non era adeguato alla dignità
della sua posizione avere a che fare con questa feccia.
Non è decoroso, nessun bene può scaturire
dall’avere commercio con gli abitanti delle fogne e dei ghetti,
ma soltanto con i ricchi e con i venditori di cibarie.
40
Per il Monaco quel detto non valeva niente.
41
Chaucer si attiene ai canoni estetici dell’epoca per trasmette un’idea precisa del monaco: un uomo che non rinuncia ai piaceri della carne
come dovrebbe, la descrizione infatti ci dà l’idea di abbondanza.
42
Che chiedeva l’elemosina.
43
Non solo il monaco celebra matrimoni per ricevere denaro in cambio, ma si aspetta anche un altro tipo di ricompensa dalla sposa per il
disturbo che si è preso.
44
Il Frate si serve dei suoi doveri religiosi per fare denaro.
45
Il Frate assolve le persone dandogli penitenze leggere in cambio di denaro.
46
Come dovrebbe essere, il Parroco è povero in senso materiale, ma ricco di valori.
disprezzava molto estorcere un’offerta o un compenso,
piuttosto preferiva senza alcun dubbio
dare ai poveri parrocchiani dei dintorni
dal suo e dalle offerte di Pasqua47.
Trovava sufficienza nelle piccole cose
ampia era la sua parrocchia, con case lontane l’una dall’altra,
tuttavia egli non trascurava nemmeno con la pioggia o con i tuoni,
in malattia o in dolore, di fare visita
ai più distanti, sia ricchi sia poveri
a piedi, e con in mano un bastone48.
[…]
Santo e virtuoso lui era, ma poi
mai sprezzante degli uomini peccaminosi ,
mai sdegnoso, mai troppo orgoglioso o fine,
ma era discreto nell’insegnamento e benevolo.
Il suo compito era mostrare una giusta condotta
e attrarre così gli uomini verso il Paradiso e il loro Salvatore,
a meno che certamente un uomo fosse ostinato;
e questo, sia di alta o bassa condizione,
egli li rimproverava duramente per dire il minimo.
Penso non ci sia mai stato un prete migliore.
Non cercava lo sfarzo o la gloria nei suoi affari,
nessuna scrupolosità aveva inasprito i suoi sentimenti.
Cristo e i suoi dodici Apostoli e i loro insegnamenti
egli insegnava, ma prima li seguiva lui stesso.
47
Invece di rubare ai poveri come gli altri uomini di Chiesa, egli dà loro il poco che egli stesso ha.
48
Nonostante le condizioni metereologiche avverse, egli camminava per miglia e miglia per compiere il suo lavoro apostolico. Il bastone
simboleggia il suo essere un vero pastore per il suo gregge.
49
Il Contadino era fratello del Parroco.
50
Il Contadino sopporta la sua condizione di vita come necessaria, anche se difficile e pesante. Accettava dunque la propria vita senza
cercare di cambiarla.
51
Il Contadino non è povero perché guadagna attraverso il suo lavoro, e quindi è solito aiutare il prossimo che è più sfortunato di lui.
Dio, voi avete vinto il campo 52 e tre sono rimasti vivi con voi, e nessuno con Sir
Mordred. Quindi se abbandonate il campo ora, questo malvagio giorno del Destino sarà passato 53!”.
“Adesso è il tempo della mia morte, o il tempo della mia vita” disse il Re, “ora io lo vedo da solo,
e non sfuggirà alle mie mani! Non avrò mai più un’occasione come questa”. “Dio
ti accompagni bene!” disse Sir Bedivere. Allora il Re prese la sua lancia con entrambe le mani e
corse corso Sir Mordred urlando: “Traditore, ora il giorno della tua morte è giunto!”.
Quando Sir Mordred vide Re Artù gli corse contro con la spada sguainata, e Re
Artù colpì Sir Mordred sotto lo scudo con la punta della sua lancia e penetrò
il suo corpo più di un braccio. E quando Sir Mordred sentì di aver ricevuto
una ferita mortale si tirò su contro Re Artù con tutta la forza che ancora aveva,
e proprio così colpì suo padre, Re Artù, con la sua spada che reggeva con
entrambe le mani, sul lato della testa e la spada penetrò l’elmo e l’osso. Allora
Mordred cadde morto stecchito a terra. E il nobile Re Artù cadde pure. Sir
Lucan e Sir Bedivere lo portarono in una piccola cappella non lontano dal mare […] Poi
udirono la gente piangere nel campo. “Andate, Sir Lucan – disse il Re – per farmi
sapere cosa il rumore nel campo significa”. Così Sir Lucan andò malamente ferito com’era
in molte parti del suo corpo, e vide e udì al chiaro della luna come ladri
e malfattori erano arrivati nel campo per depredare e derubare molti nobili cavalieri delle
loro spille e bracciali e molti begli anelli e ricchi gioielli. E coloro i quali
non erano morti vennero uccisi per le loro armi e le loro ricchezze. Quando Sir Lucan
capì cosa stesse accadendo tornò dal Re più in fretta possibile, e disse
lui tutto ciò che aveva sentito e visto.
52
La battaglia.
53
Sir Gawain, apparso in sogno ad Artù, gli rivela che sta per giungere il giorno del destino. Sir Lucan, al corrente del sogno, cerca di
distogliere il Re dall’azione che lo porterà sicuramente alla morte.
54
Sir Lucan.
e il Re fu accolto dalle tre dame55 con grandi lamenti. Così loro
lo deposero, e Re Artù depose il capo sul grembo di una di loro. E
allora la Regina disse: “Oh, mio caro fratello! Perché hai indugiato così a lungo
lontano da me? Ahimè, questa ferita che hai sul capo ha preso troppo freddo56!”. E presto
loro remarono verso il mare, e Sir Bedivere pianse e disse “Oh, mio Signore Artù,
cosa accadrà di me, adesso che te ne vai via da me e mi lasci qui solo
tra i miei nemici?”. “Datti pace” disse il Re, “e fai il meglio che
tu puoi. Non ci si può più fidare di me dal momento che io devo andare nella valle di Avalon57 per guarire la mia
dolorosa ferita. E se tu mai più sentirai parlare di me, prega per l'anima mia!” […]
Ora altro sulla morte di Re Artù non sono mai riuscito a trovare, se non che queste dame
lo portarono alla sua tomba […] tuttavia alcuni dicono in molte parti dell'Inghilterra che
Re Artù non è morto, ma che vive per volontà del nostro Signore Gesù in un'altra terra,
e alcuni dicono che tornerà di nuovo, e conquisterà la Santa Croce58. Tuttavia
io non dirò che così avverrà59, ma piuttosto direi: qui in questo mondo
lui ha cambiato la sua vita. E molti uomini dicono che sulla sua tomba c'è scritto questo:
QUI GIACE ARTURO, UNA VOLTA RE E RE FUTURO.
55
Le tre dame sono la Fata Morgana (sorella e avversaria di Artù), la regina del Galles del nord e la regina della Terra Desolata (dove i
cavalieri della Tavola Rotonda compiono la ricerca del Santo Graal).
56
Secondo la medicina medievale una ferita che veniva esposta al freddo portava alla morte.
57
Nella mitologia celtica indica il paradiso.
58
Artù ritornerà per scendere in crociata contro gli infedeli in Terra Santa e per vincerli, riconquistando la croce di Cristo.
59
Malory non crede all’eterna sopravvivenza di Artù, ma piuttosto crede alla sua funzione mistica e regale.
60
Dio chiede che Everyman gli mostri un rendiconto del bene e del male fatti in vita.
61
Carità è una personificazione, amica di Everyman.
Tuttavia del mio bene io darò a te, se tu sarai gentile -
si, mille sterline tu avrai -
se rimanderai questa questione ad un altro giorno.
D. Everyman, non può essere, per nessuna ragione:
io non mi fermo per oro, argento e nemmeno ricchezze,
né per il papa, l’imperatore, il re, il duca, né per i principi;
Poiché, se volessi ricevere grandi doni,
io potrei avere tutto il mondo;
Ma il mio costume è del tutto contrario.
Non ti do alcun indugio. Vieni qui, e non perdere tempo.
• WHO SO LIST TO HUNT (THOMAS WYATT, Who so List to Hunt)
Una delle ragioni che spesso vengono ricondotte all’imprigionamento di Wyatt fu una sua ipotetica relazione con Anna Bolena. Questo sonetto molto
probabilmente si riferisce all’amore che il poeta provava per la donna. Nel sonetto di Petrarca (“Una candida Cerva”, da cui questo prende ispirazione),
la donna ha come solo padrone Dio. Qui invece il padrone della donna è più terreno, si tratta infatti del Re Enrico VIII, con cui ella si sposerà. Il sonetto
quindi mostra la sofferenza che prova il poeta per l’impossibilità di avere la donna amata, che appartiene (come dimostra il collare) ad un altro uomo. La
cerva rappresenta convenzionalmente la preda nel gioco amoroso, e la caccia rappresenta proprio questo gioco.
Chi desidera cacciare, io so dove si trova una cerca,
ma, per quanto mi riguarda, ahimè, io non posso più:
la vana fatica mi ha stancato così dolorosamente,
che io sono tra coloro che più da lontano la seguono;
Tuttavia io non posso in alcun modo la mia stanca mente
distogliere dalla cerva: ma mentre lei fugge avanti,
venendo meno io la seguo. Io rinuncio dunque,
visto che in una rete cerco di trattenere il vento.
Chi desidera cacciarla, io gli tolgo ogni dubbio,
come me potrebbe sprecare il suo tempo invano:
e, inciso con diamanti, in lettere chiare,
c’è scritto, tutto intorno al suo bel collo:
non mi toccare, perché sono di Cesare,
e sono selvaggia per essere catturata, seppur io sembri docile.
• UTOPIAN COMMUNISM (THOMAS MORE, Utopia)
In questo passo, More descrive il suo disprezzo per il denaro attraverso la voce di Raphael: è impossibile governare bene uno stato che si basa tutto sul
denaro e in cui vige la proprietà privata. Questo porta pochi ad avere tutto, e gli altri a vivere in miseria senza niente. Per questo Raphael approva le
leggi di Utopia, in cui non esiste proprietà privata e nessuno vive in miseria per questo. Viene citato anche Platone, che allo stesso modo rifiutava la
proprietà privata, considerata un male per lo stato. Alla fine si inserisce nel dialogo Mastro More, che invece sostiene il contrario, cioè che non potrà mai
esistere lo stato dove tutte le cose sono in comune, cioè lo stato descritto da Raphael.
Mastro More62, a dirvi ciò che penso veramente, ovunque la proprietà sia privata, dove
il denaro è tutto, è difficile e quasi impossibile che lì lo Stato sia giustamente
governato e prosperamente fiorisca. A meno che voi non pensiate che la giustizia sia dove tutte le cose
sono nelle mani di uomini malvagi, o che la prosperità possa fiorire laddove tutto è diviso tra pochi
che cionondimeno non vivono in maniera molto ricca mentre tutti gli altri vivono infelicemente, miseramente
e nel bisogno. Perciò io considero tra me e soppeso nella mia mente le sagge
e buone leggi degli abitanti di Utopia: tra loro con pochissime leggi tutte le cose sono
disposte bene e riccamente, e la virtù è tenuta in alta considerazione e stima, e ciascuno
ha abbondanza di ogni cosa, dal momento che lì tutte le cose sono in comune. E ancora,
d’altra parte, paragono a loro così tante nazioni che continuano a fare nuove leggi,
e tuttavia nessuna di loro bene e sufficientemente è fornita di leggi; ciascuno chiama quello
che ha, sua individuale e privata proprietà e tuttavia le così tante nuove leggi che ogni giorno
vengono fatte non sono sufficienti affinché ciascuno goda, difenda e sappia quello che è suo da
quello che appartiene ad un altro. Tutto questo è chiaramente dimostrato dalle infinite controversie
legali che ogni giorno nascono per non avere mai fine. Non c'è da sorprendersi, considerando tutto questo, che Platone
si rifiutasse di fare le leggi per coloro i quali rifiutavano di avere e di godere di uguali parti di
ricchezza e beni. Quell'uomo saggio facilmente aveva previsto che questo è l'unica e
sola via per la prosperità di uno Stato: quando l'uguaglianza di ogni cosa viene introdotta e
stabilita. Questo non è chiaramente possibile laddove la proprietà di ognuno sia
individuale e peculiare a lui. Dove ognuno, sotto certi titoli e pretese
prende e coglie per sé il più possibile, e così pochi dividono tra loro
tutte le ricchezze che ci sono, nonostante l'abbondanza e la riserva, lì alla moltitudine
vengono lasciati solo mancanza e povertà. E nella maggior parte dei casi questa seconda condizione accade
essere più degna di godere della ricchezza più degli altri: i ricchi infatti sono superbi,
approfittatori e inutili. D’altra parte i poveri sono umili, semplici e tramite la loro
fatica giornaliera sono più utili allo Stato che a sé stessi. Io sono
quindi convinto che nessuna uguale e giusta distribuzione delle cose possa esistere fatta né
che la perfetta ricchezza potrà mai esistere tra gli uomini, a meno che questa proprietà venga esiliata e
62
Raphael qui inizia a risponde a Mastro More, che sostiene che non è possibile che tutto vada bene a meno che tutti non siano buoni, cosa
che è impossibile.
bandita. E, fino a quando continuerà, il pesante e inevitabile fardello della povertà
e della miseria rimarrà tra la parte più numeroso e migliore degli uomini. Io so che
questo fardello può essere in qualche modo alleggerito, ma nego totalmente che possa essere portato del tutto
via. Immaginiamo che venga fatta una legge, in virtù della quale nessuno dovrebbe
possedere più di una certa quantità di terra; e che nessuno dovrebbe avere in suo
possesso più di una somma di denaro prescritta e definita. Immaginiamo che certe leggi venissero decretate
secondo le quali né il re dovrebbe avere un potere troppo grande, né il popolo dovrebbe essere troppo orgoglioso
e ricco; immaginiamo che gli uffici non debbano essere ottenuti per mezzo di smodate richieste, tangenti e regali,
e che non vengano comprati né venduti; né che dovrebbe essere necessario per i pubblici ufficiali essere ad
ogni costo o peso nei loro uffici, dal momento che questa è l'occasione per i pubblici ufficiali di
raccogliere il loro denaro di nuovo attraverso frode e imbroglio63. E, dal momento che gli uffici sono solo ottenuti
tramite regali e tangenti, solo i ricchi possono permettersi di prendere il posto che al saggio dovrebbe
essere affidato. Tramite leggi di questo tipo, io dico, questi mali potrebbero essere mitigati, ma soltanto come
corpi malati che sono disperati e al di là di ogni cura possono essere mantenuti e rappezzati per del tempo
con delle buone cure costanti. Ma che questi mali possano essere perfettamente curati, e portati
ad una buona e giusta condizione, questo non è da sperare, fintanto che ognuno sarà padrone
del suo per sé stesso. E mentre tu vai in giro per fare la tua cura da una parte, tu
renderai più grande il dolore di un'altra parte, così aiutare uno causa il dolore dell'altro.
Dal momento che nulla può essere dato a uno senza che venga sottratto ad un altro.
Ma io sono d'opinione contraria. Dissi, perché io penso che gli uomini non vivranno mai
nell'abbondanza laddove tutte le cose saranno in comune. Infatti come può esserci abbondanza di beni,
e di ogni altra cosa, laddove ognuno sottrae la sua mano dal lavoro? Chi non è spinto
al lavoro dalla considerazione dei propri guadagni?
• TWO SONNETS FROM “ASTORPHEL AND STELLA” (SIR PHILIP SIDNEY, Astrophel and Stella)
Nel sonetto viene descritto un torneo cavalleresco a cui prende parte l’autore, che si prepara a spezzare altre lance, cioè a combattere ancora. Arriva
però Cupido in mezzo alla folla, irritato dal fatto che l’autore stesse pensando ancora al torneo e non all’amore, quindi gli indica di guardare verso Stella,
la donna amata, e il poeta dimentica così di combattere, totalmente rapito dalla bellezza della donna e dall’amore che prova per lei.
Nelle arti marziali io avevo provato la mia abilità, 64
e tuttavia mi apprestavo a spezzare altre lance,
mentre, con le grida della gente, devo confessare,
giovinezza, fortuna e lode ancora riempivano le mie vene di orgoglio;
Quando Cupido, avendomi arruolato come suo schiavo
nella livrea di Marte, avanzando tra la calca,
“E ora cosa, Sir Sciocco!” disse lui (io non avrei fatto meno)
“Guarda qui, ti dico!” Io guardai, e vidi Stella,
che, vicinissima, faceva sì che una finestra emanasse una luce.
Il mio cuore allora tremò, i miei occhi furono abbagliati,
una mano dimenticò di governare, l’altra di combattere,
né il suono della tromba udì, né le urla amichevoli:
il mio nemico avanzò, e batté l’aria per me,
fino a che il suo rossore mi insegnò a vedere la mia vergogna.
Astrophel è costretto a separarsi dall’amata Stella perché lei deve rispettare il volere dei genitori. I due amanti condividono un grandissimo dolore ma
allo stesso tempo Astrophel gioisce perché la sofferenza della donna amata testimonia l’amore che lei prova per lui.
Quando fui costretto da Stella sempre cara -
Stella, nutrimento dei miei pensieri, cuore del mio cuore -
Stella i cui occhi rischiarano ogni mia tempesta -
a causa delle leggi del dovere di Stella a separarmi,
ahimè, scoprii che lei con me si addolorava:
vidi che le lacrime apparivano nei suoi occhi,
vidi che i sospiri socchiudevano le sue dolcissime labbra,
e le sue parole tristi il mio rattristato udito sentì.
Quanto a me, io piansi nel vedere delle perle così sparse,
sospirai i suoi sospiri e mi dolsi per il suo dolore,
tuttavia nuotai nella gioia, tale amore si vedeva in lei.
Così, mentre l’effetto più amaro era per me,
e niente più della causa più dolce poteva essere,
avrei avuto dolore se dolore non vi fosse stato.
63
Non dovrebbe essere necessario spendere qualsiasi prezzo per ottenere l’ufficio, poiché questo fa sì che chi detiene l’ufficio stesso voglia
rifarsi delle spese anche attraverso la frode.
64
L’azione si svolge durante una giostra: il poeta mette al primo posto l’orgoglio, l’esaltazione della gara; Cupido invece mette al primo
posto il sentimento per Stella, richiamando il poeta per fargli capire le sue priorità, cioè la donna amata, Stella.
• TO DEATH (JOHN DONNE, The Holy Sonnets)
Nel sonetto viene presentata la morte della Morte stessa, contro la quale Donne si scaglia probabilmente per la perdita della moglie. Infatti la Morte non
viene vista come possente e terribile, ma come impotente e misera. Il poeta si rivolge direttamente alla personificazione della Morte, sfidandola e
riuscendo a prevalere alla fine, infatti l’uomo si risveglierà per l’eternità, sconfiggendo definitivamente la Morte.
Morte, non essere orgogliosa, anche se alcuni ti hanno chiamata
possente e terribile, perché tu non lo sei;
poiché quelli che tu pensi di sconfiggere
non muoiono, povera Morte, né ancora tu puoi uccidermi.
Dal riposo e dal sonno, che non sono altro che tue immagini,
molto piacere; allora da te molto più deve scaturire65,
e più in fretta i nostri migliori uomini vanno con te,
riposo delle loro ossa, e liberazione dell’anima.
Tu sei schiava del destino, del caso, di re, e uomini disperati,
e con il veleno, la guerra, la malattia dimori,
e il papavero o gli incantesimi possono farci dormire bene
e meglio del tuo colpo; perché ti gonfi allora?
Dopo un breve sonno, ci risvegliamo per l’eternità,
e la morte non esisterà più; Morte, tu morirai.
• FAUSTUS SIGNS A PACT WITH THE DEVIL (CHRISTOPHER MARLOWE, The Tragical History of Doctor Faustus)
In questo passo Faustus si arrende al Diavolo, accettando di firmare un patto con Mefistofele per ricevere in cambio la magia. Viene mostrato il conflitto
interiore che vive l’uomo, tentato dal Diavolo. Alla fine comunque si arrende a lui.
[Entra Faustus nel suo studio]
F. Ora, Faustus, tu devi necessariamente essere dannato
e non puoi essere salvato?
A che serve allora pensare a Dio o al paradiso?
Basta con queste vane fantasie e disperazione,
dispera in Dio e confida in Belzebù.
Ora non indietreggiare. No, Faustus, sii risoluto.
Perché tentenni? Oh, qualcosa risuona nelle mie orecchie
rinnega questa magia, ritorna da Dio di nuovo.
Si, e Faustus ritornerà da Dio di nuovo.
A Dio? Lui non ti ama.
Il Dio che tu servi è il tuo personale appetito66,
in cui è fissato l’amore di Belzebù.
Per lui costruirò un altare e una chiesa,
e offrirò tiepido sangue di infanti appena nati.
[Entra l’Angelo buono e l’Angelo cattivo]
G.A. Dolce Faustus, abbandona questa arte esecrabile67.
F. Contrizione, preghiera, pentimento, a che mi servono?
G.A. Oh, quelli sono mezzi per portarti nel paradiso.
E.A. Piuttosto illusioni, frutti della follia68,
che rende gli uomini pazzi che più si affidano a loro.
G.A. Dolce Faustus, pensa al paradiso e alle cose del paradiso.
E.A. No, Faustus, pensa all’onore e alla ricchezza.
[Escono gli Angeli]
F. Alla ricchezza!
Bene, la signoria di Emden sarà mia!
Quando Mefistofele sarà al mio fianco,
quale Dio ti potrà fare del male, Faustus? Tu sei al sicuro.
Non avere più dubbi. Vieni, Mefistofele,
[Entra Mefistofele. Faustus è pronto a firmare con il suo sangue il contratto con il diavolo]
M. […] Dimmi, Faustus, avrò la tua anima?
E io sarò tuo schiavo e ti servirò,
e ti darò più di quanto tu avrai senno di chiedere.
F. Si, Mefistofele, te la darò.
M. Allora, Faustus, trafiggiti il braccio con coraggio,
e vincola la tua anima, che in qualche giorno stabilito
il grande Lucifero possa reclamare come propria,
e poi tu sarai grande come Lucifero.
F. Guarda, Mefistofele, per amor tuo
65
Se dal sonno e dal riposo viene molto piacere, allora maggior piacere deve scaturire dalla morte, di cui sonno e riposo non sono altro che
immagini.
66
L’unico Dio che Faustus conosce è il proprio desiderio, che annebbia completamente la ragione di Faustus, spingendolo a vendere la
propria anima al Diavolo.
67
La magia nera.
68
“Lunacy” viene da Luna, simbolo dell’instabilità e della mutevolezza delle cose.
mi taglio il braccio, e con il mio stesso sangue
assicuro che la mia anima appartiene al grande Lucifero,
supremo signore e reggente della notte perpetua.
Guarda qui il sangue che gocciola dal mio braccio
e rendilo propizio per il mio desiderio.
M. Ma, Faustus, tu devi scrivere sotto forma di atto di donazione.
F. Si, lo farò. Ma, Mefistofele,
il mio sangue si congela e non posso più scrivere.
M. Ti porterò del fuoco per scioglierlo immediatamente.
[Esce]
F. Che cosa potrebbe significare il fatto che il mio sangue si è fermato?
È riluttante che io scriva questo atto
perché non scorre così che io possa scrivere di nuovo?
“Faustus da la sua anima a te”: ah, lì si è fermato!
Perché non dovresti? Non è la tua anima la tua?
Allora scrivi di nuovo: “Faustus da la sua anima a te”.
M. Ecco il fuoco. Vieni, Faustus, mettilo sopra.
F. Allora, ora il mio sangue inizia a schiarirsi di nuovo.
Ora vi porrò fine immediatamente.
M. Oh che cosa non farei per ottenere la sua anima!
F. Consummatum est: questo atto è finito,
e Faustus ha vincolato la sua anima a Lucifero.
Ma cosa è questa iscrizione sul mio braccio?
Fuggi uomo! Ma dove dovrei fuggire?
Se verso il paradiso, Egli mi lancerebbe giù verso l’inferno.
I miei sensi si ingannano: qui non c’è scritto nulla!
Oh, sì, lo vedo chiaramente. Persino qui è scritto
Fuggi uomo. Tuttavia Faustus non fuggirà.
M. Gli porterò qualcosa per dilettare la sua mente.
[Esce]
[Entrano Diavoli, dando corone e ricchi indumenti a Faustus; danzano e poi se ne vanno. Entra Mefistofele]
F. Cosa significa questo spettacolo? Parla, Mefistofele.
M. Nulla, Faustus, ma per deliziare la tua mente,
e per farti vedere cosa può fare la magia
F. Ma posso evocare io questi spiriti quando mi va?69
M. Si, Faustus, e fare cose ancora più grandi di queste.
F. Allora ce n’è abbastanza per mille anime.
[L’atto di donazione è pronto, Faustus lo accetta per la seconda volta]
M. Allora adesso, Faustus, chiedimi cosa vuoi.
F. Per prima cosa ti interrogherò riguardo l’inferno.
Dimmi, dove si trova il luogo che gli uomini chiamano inferno?
M. Sotto i cieli.
F. Si, come tutte le altre cose; ma dove precisamente?
M. Nelle viscere di questi elementi70
dove siamo torturati e rimaniamo per sempre.
L’inferno non ha limiti, e non è nemmeno circoscritto
in un unico luogo. Ma dove noi siamo lì è l’inferno,
e dove è l’inferno noi dobbiamo sempre stare.
• THE DAGGER (WILLIAM SHAKESPEARE, Macbeth)
All’interno del passo Macbeth ha la visione di un pugnale immaginario, indice dell’omicidio che sta per compiere e della follia in cui Macbeth sta
cadendo. Parla quindi di riti infernali fatti in onore di Ecate, alla quale obbediscono le streghe che stanno dannando Macbeth; parla di lupi, le sentinelle
del delitto che con il loro ululato indicano la sua presenza; parla anche di Tarquinio il Superbo, ultimo re di Roma, che con passo furtivo come quello di
un fantasma si appresta a stuprare la bella Lucrezia. Alla fine il protagonista si rivolge alla terra chiedendole di distogliere la propria attenzione, in
maniera tale da poter compiere di nascosto l’impresa delittuosa da lui premeditata.
È questo un pugnale che vedo davanti a me,
l’impugnatura verso la mia mano? Vieni, lascia che ti afferri:
io non ti ho, e tuttavia ti vedo ancora.
Tu non sei, fatale visione, sensibile
ai sensi, così come alla vista? O sei tu
nient’altro che un pugnale della mente, una falsa creazione,
che scaturisce dal cervello oppresso dalla calura 71?
Tuttavia io ti vedo, in una forma altrettanto palpabile
69
Faustus si specializza infatti nell’evocazione di spiriti, come questa prima “performance” fatta da Mefistofele per mostrare a Faustus
quello che sarà capace di fare.
70
Probabilmente si riferisce ai 4 elementi che compongono la natura dell’uomo (acqua, aria, terra, fuoco): in questo senso l’Inferno
rappresenta l’impossibilità di uscire dal ciclo di morte e rigenerazione della natura, in cui tutto si trasforma ma nulla si distrugge.
71
Si riferisce al calore provocato dalla bile, umore collerico che provoca visioni e deliri.
come questo che ora io estraggo.
Tu mi spingi nella direzione in cui stavo andando;
e un tale strumento stavo per usare. -
I miei occhi sono fatti giullare degli altri sensi,
o altrimenti valgono tutto il resto: ti vedo ancora;
e sulla tua lama, e impugnatura, gocce di sangue
che prima non c’erano. – Non c’è niente del genere.
È l’impresa sanguinaria che informa
così i miei occhi. - Ora su metà del mondo72
la natura sembra morta, e sogni malvagi abusano
il sonno riparato. La stregoneria celebra
le offerte della pallida Ecate73; e l’assassinio avvizzito,
preannunciato dalla sua sentinella, il lupo,
il cui ululato è la sua guardia, così con passo furtivo,
con i passi deliranti di Tarquinio, verso il suo piano
si muove come un fantasma. – Tu sicura e salda terra,
non sentire i miei passi, in che direzione camminano, per paura
che le stesse pietre rivelino dove io mi aggiro,
e prendano l’orrore presente dal tempo,
che ora si adatta a lui. Mentre io minaccio, lui vive:
le parole al calore delle azioni danno un respiro troppo freddo.
[Una campana suona]
Vado, e sarà fatto: la campana mi invita.
Non udirla Duncan; poiché è un rintocco
che ti convoca al paradiso, o all’Inferno.
[Esce]
• TO BE OR NOT TO BE (WILLIAM SHAKESPEARE, Hamlet)
Il famoso monologo di Amleto si basa sul problema tra essere o non essere, cioè il problema del suicidio, visto che la morte è l’unico mezzo per fuggire
dal mondo, un mondo fatto di maschere e bugie, ostilità e sospetto, violenza e potere. Se per Amleto da una parte la vita è una continua lotta fatta di
dolore e sofferenza, però anche la scelta di togliersi la vita rappresenta altrettante difficoltà, infatti è il non sapere ciò che potrebbe esserci dopo che
scoraggia l’uomo dal porre fine alla propria vita. Amleto capisce comunque che la sua vendetta contro lo zio coinciderebbe con la sua stessa morte.
[Entra Amleto]
H. Essere o non essere – questo è il problema;
se sia più nobile soffrire nello spirito
le punture e i dardi della fortuna oltraggiosa,
o prendere le armi contro un mare di guai,
e opponendovisi porre loro fine? Morire, dormire -
nient’altro; e con il sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e alle migliaia di miserie naturali
di cui la carne è erede. Questa è una consumazione
da desiderare con devozione. Morire, dormire;
dormire, forse sognare. Si, questo è il problema;
poiché in quel sonno di morte che sogni possono giungere,
quando ci siamo sbarazzati di questa spira mortale,
ci deve dare paura. È la considerazione
che rende la sventura di così lunga vita;
poiché chi sopporterebbe le frustate e gli sfregi del tempo,
le angherie dell’oppressore, l’offesa dell’orgoglioso,
le angosce dell’amore respinto, il ritardo della legge,
l’insolenza del potere, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando lui stesso potrebbe trovare la sua quiete
con un nudo pugnale? Chi sopporterebbe questi fardelli,
ansimare e sudare sotto una vita pesante,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte -
la landa sconosciuta, dai cui confini
nessun viaggiatore ritorna – sconcerta la volontà,
e ci fa sopportare quei mali che abbiamo piuttosto
che andare verso altri che noi non conosciamo?
Così la coscienza ci rende tutti dei codardi;
e così il colore naturale della risoluzione
è coperto dal pallore malsano del pensiero,
e imprese di grande altezza e importanza,
con questa considerazione, il loro corso deviano
e perdono il nome di azione.
72
Cioè sulla metà del mondo immersa nella notte.
73
Ecate è la dea infernale alla quale obbediscono le streghe che stanno dannando Macbeth. Si parla di “offerte” nel senso di sacrifici di
sangue, infatti Duncan stesso sarà una vittima.
• LEAR’S CHOICE (WILLIAM SHAKESPEARE, King Lear)
Il passo è l’inizio dell’opera e introduce l’argomento principale cioè la differenza tra ciò che uno dice e ciò che uno pensa veramente. Re Lear chiede
alle sue 3 figlie di esprimergli a parole il loro amore: da una parte Cordelia non vuole mentire ed essere ciò che non è, non vuole soltanto apparire ma
essere sé stessa; dall’altra le sue sorelle Regan e Goneril alla richiesta del padre rispondono con esagerazioni e menzogne, infatti erano solo
interessate ad ottenere parte del regno. In un mondo però che si basa tutto sull’apparenza, non c’è spazio per la semplice verità, infatti Cordelia verrà
ripudiata dal padre.
[Entra uno che porta una corona; poi Lear, poi i Duchi di Albania e di Cornovaglia, dopo Goneril, Regan, Cordelia, con il seguito]
L. Servite i Signori di Francia e Borgogna, Gloucester.
G. Lo farò, mio signore.
[Escono Gloucester e Edmund]
L. Intanto noi esprimeremo i nostri più segreti propositi.
Datemi quella mappa. Sappiate che abbiamo diviso
in tre il nostro regno; ed è nostra ferma intenzione
scuotere via tutte le cure e gli affari dalla nostra vecchiaia,
conferendoli su forze più giovani, mentre noi
senza fardello strisciamo verso la morte. Nostro figlio di Cornovaglia,
e tu, nostro non meno amorevole figlio di Albania74,
noi abbiamo la costante volontà di rendere pubbliche
le svariate doti delle nostre figlie, che la futura lotta
possa essere prevenuta adesso. I Principi, Francia e Borgogna,
grandi rivali nell’amore della nostra più giovane figlia,
a lungo nella nostra corte hanno fatto il loro soggiorno amoroso,
e ora sono qui per avere risposta. Ditemi, figlie mie -
visto che ora noi ci spoglieremo entrambi del ruolo,
interesse del territorio, cure dello stato -
chi di voi dovremmo noi dire che ci ama di più?
Che la nostra più grande generosità si possa estendere
dove la natura sfida il merito75.
Goneril, la nostra figlia maggiore, parla per prima.
GO. Sire, io vi amo più di quanto la parola possa piegare l’argomento;
più caro della vista, dello spazio e della libertà;
oltre ciò che può essere di valore, ricco o raro;
non meno della vita, con grazia, salute, bellezza e onore;
tanto quando un figlio abbia mai amato, o un padre trovato;
un amore che rende il respiro povero e il discorso impotente:
oltre ogni cosa del genere io vi amo.76
C. [Di lato] Cosa dirà Cordelia?
Amare, e tacere.
L. Di tutti questi confini, persino da questa linea fino a questa, 77
con le foreste ombrose e ricche campagne,
con abbondanti fiume e praterie dagli ampi confini,
ti rendiamo signora: alla tua discendenza e di Albania
questo apparterrà per sempre. – Cosa dice la nostra seconda figlia,
la nostra carissima Regan, moglie di Cornovaglia? Parla.
R. Io sono fatta di quello stesso metallo di mia sorella,
e mi reputo del suo stesso valore. Nel mio cuore sincero
io trovo che lei pronuncia il mio stesso atto d’amore;
solo che lei si ferma troppo presto, che io professo
me stessa nemica di tutte le altre gioie
che il più prezioso insieme dei sensi possiede,
e trovo che sono solo felice
nell’amore della vostra cara Altezza.
C. [Di lato] Allora povera Cordelia!
E tuttavia non così; visto che io sono sicura che il mio amore è
più poderoso della mia lingua.
L. A te e ai tuoi discendenti sempre
rimane questo ampio terzo del nostro bel regno;
non inferiore in spazio, valore e bellezza,
di quello assegnato a Goneril. – Ora, nostra gioia,
anche se la nostra ultima e minore; al cui giovane amore
i vigneti di Franci e il latte di Borgogna
74
Sono i mariti di Regan e Goneril.
75
Si rivela la debolezza di Lear infatti non si può forzare la natura, farle meritare di più nel campo degli affetti. Regan e Goneril appunto
forzeranno la natura, ma il loro merito sarà solo nelle false parole e non nella loro vera natura, a differenza di Cordelia.
76
L’”affetto” di Goneril è inesprimibile, lei non riesce a trovare le parole, e ironicamente simboleggia il fatto che effettivamente Goneril
non ha nulla da esprimere perché non prova alcun affetto per il padre.
77
Lear assegna le terre a Goneril.
lottano per essere interessati; cosa puoi dire per ottenere
un terzo più ricco di quello delle tue sorelle? Parla.
C. Niente, mio signore78.
L. Niente!
C. Niente.
L. Niente viene da niente. Parla di nuovo.
C. Sono infelice, non posso sollevare
il mio cuore nella mia bocca. Io amo vostra Maestà
secondo il mio dovere; né più né meno.
L. Come, come, Cordelia! Aggiusta il tuo discorso un po’,
per evitare di rovinare le tue fortune.
C. Mio buon signore,
mi avete procreata, generata e amata; Io
restituisco questi doveri come è giusto,
vi obbedisco, vi amo, e soprattutto vi onoro.
Perché hanno le mie sorelle marito, se loro dicono
che vi amano sopra ogni cosa? Certamente, quando mi sposerò,
quel signore la cui mano deve prendere il mio pegno porterà
metà del mio amore con lui, metà delle mie cure e del mio dovere.
Certamente non mi sposerò mai come le mie sorelle,
per amare pienamente mio padre.
L. Ma va il tuo cuore con questo?
C. Si, mio buon signore.
L. Così giovane e così priva di tenerezza?
C. Così giovane, mio signore, e sincera.
L. Così sia! La tua verità, allora sia la tua dote!
Poiché, per il temuto splendore del sole,
i misteri di Ecate e della notte;
per tutte le operazioni delle sfere celesti
da cui noi esistiamo e cessiamo di esserlo;
qui io rinnego ogni mia cura paternale,
vicinanza e proprietà di sangue,
e come un’estranea al mio cuore e a me
ti terrò da questo momento per sempre. Il barbaro Scita,
o lui che rende la sua generazione un disastro,
per saziare il suo appetito, saranno al mio petto
così ben accolti, compatiti e sollevati,
come tu mia figlia di un tempo.
K. Mio buon signore -
L. Taci, Kent!
Non venire fra il drago e la sua ira.
L’ho amata più di tutte, e pensavo di porre il mio riposo
sulla sua cura gentile. [A Cordelia] Via di qui, ed evita la mia vista! -
Così sia la mia tomba la mia pace dal momento che qui io strappo
il cuore di suo padre da lei!
78
Cordelia non ha nulla da dire perché qualsiasi parole non sarebbe abbastanza per descrivere il sentimento che lei prova per il padre.
79
Gli spiriti evocati da Prospero sono invisibili e incorporei.
80
Gli spiriti sono mezzi-burattini perché sono sotto il controllo di Prospero.
81
Si diceva che gli spiriti nelle notti di luna danzassero sui prati, e che sul luogo da essi calpestato crescesse erba aspra in cerchio.
82
Il coprifuoco è il segnale che indica la fine della notte, gradita agli elfi.
83
Indica la pratica di un’arte. Si trova una corrispondenza tra gli spiriti di Prospero e gli attori di Shakespeare, quindi l’autore li starebbe
ringraziando per avergli permesso di materializzare sul palcoscenico il suo sogno.
io ho dato fuoco, e ho spaccato la forte quercia di Giove
con il suo stesso dardo; il promontorio dalla forte base
io ho fatto tremare, e ho sradicato
il pino e il cedro: le tombe al mio comando
hanno risvegliato i loro dormienti, si sono aperte, e li hanno lasciati uscire
grazie alla mia così potente Arte84. Ma questa magia rozza
io qui abiuro; e, quando io ho richiesto
una musica celeste, - cosa che anche ora faccio, -
per operare al mio fine sui loro sensi85, cosa
per cui è destinato questo incantesimo aereo, spezzerò la mia bacchetta,
la seppellirò di diverse braccia sottoterra,
e più giù di quanto mai possa sprofondare lo scandaglio
annegherò il mio libro.
84
Si riferisce all’arte magica di Prospero e all’arte drammatica di Shakespeare e dei suoi compagni.
85
Per ingannarne i sensi, con suoni e miraggi.
86
La bellezza è destinata a sfiorire col tempo.
87
Tradizionalmente il limite medio della vita umana era 35 anni.
88
Si riferisce alla sua ambizione di diventare il grande poeta inglese, e si tratta di un talento che è peccato contro Dio seppellire senza farlo
fruttare. Vuol dire quindi è non si devono soffocare i talenti ricevuti, bisogna esaltarli al massimo.
89
Milton rimane cieco.
Io mi chiedo ardentemente; ma Pazienza per impedire
quel mormorio, presto risponde: “Dio non ha bisogno
né del lavoro dell’uomo o dei suoi stessi regali; chi meglio
sopporta il suo mite giogo, allora lo serve meglio; la sua condizione
è regale – migliaia al suo ordine si precipitano
e si muovono sulla terra e sull’oceano senza riposo:
loro servono anche coloro che solo stanno fermi e aspettano.
• INVOCATION TO THE SPIRIT (JOHN MILTON, Paradise Lost)
L’opera si apre con un’invocazione allo Spirito Santo, recuperando la cosiddetta invocazione alla musa tipica della tradizione epica classica, con
l’intento di riuscire a far capire agli uomini le vie misteriose di Dio.
[…] O Spirito […]
[…] ciò che in me è oscuro
illuminalo, ciò che è basso elevalo e sostienilo;
che all’altezza di questo grande argomento
io possa affermare l’eterna provvidenza,
e giustificare le vie di Dio agli uomini.
90
Satana essendo un angelo non può essere ucciso.
91
Satana non ha perduto le sue facoltà angeliche, come quella di poter vedere molto più lontano e profondamente.
92
Una vittoria non è una reale vittoria se non si annienta la volontà di resistenza del nemico.
di colui che per terrore di questo braccio così a lungo
ha dubitato del suo impero questo sarebbe deplorevole di certo,
questo sarebbe una ignominia e una vergogna al di sotto
di questa caduta; visto che per destino la forza degli dei
e questa sostanza empiria non possono fallire,
visto che attraverso l’esperienza di questo grande evento93,
non peggiore nelle armi, ma molto avanzata nella previsione,
noi possiamo con maggiore speranza di successo decidere
a condurre con la forza o con l’astuzia una guerra eterna
irriconciliabile con il nostro grande nemico94,
che ora trionfa, e nell’eccesso della gioia
regnando da solo tiene la tirannia del cielo.
93
Della sconfitta.
94
Dio.
95
Chi aspira alle cose più alte deve prima abbassarsi e sporcarsi con le cose più basse, Satana quindi punterà all’uomo per sconfiggere Dio.
• THE ROYAL EXCHANGE (JOSEPH ADDISON, The Spectator)
All’interno di questo saggio pubblicato nel numero 69 di “The Spectator”, Addison mostra tutto il suo orgoglio nazionalistico e l’idea che Londra sta
diventando la nuova Roma, il centro di un nuovo mondo commerciale. Infatti il saggio è dedicato alla Royal Exchange, il palazzo della Borsa, luogo che
Addison ama frequentare perché al suo interno si incontrano non solo suoi connazionali ma anche stranieri, diversi ministri del commercio che si
consultano sugli affari dell’umanità e questo rende Londra un “emporio dell’intero pianeta”. Emerge un grande amore da parte di Addison per questa
moltitudine di gente di nazionalità diversa che si riunisce, e ovviamente anche per l’attività commerciale che permette all’Inghilterra di godere dei
prodotti più diversi degli altri paesi del mondo. Se la natura infatti fornisce ogni paese solo dello stretto necessario per vivere, è il commercio che
permette di avere una grande varietà di prodotti. In questo senso per Addison i membri più utili dello Stato sono i mercanti, che uniscono l’umanità in
uno scambio reciproco di beni.
Non c'è nessun posto in tutta la città che io ami frequentare quanto il Royal
Exchange96. Mi dà una segreta soddisfazione, e in qualche misura, gratifica la mia vanità,
visto che sono un inglese, vedere un'assemblea così ricca di connazionali e stranieri
che si consulta insieme sugli affari privati dell'umanità, e che fanno di questa metropoli
una sorta di emporio per l'intero pianeta. Devo confessare che considero il momento di più intensa attività
come un grande consiglio, nel quale tutte le nazioni degne di maggior considerazione hanno i loro rappresentanti.
Gli intermediari nel mondo commerciale sono quello che gli ambasciatori sono nel mondo politico; loro negoziano
affari, concludono trattati, e mantengono una buona corrispondenza tra quelle
ricche società di uomini che sono divise le une dalle altre da mari e oceani, oppure
che vivono sulle diverse estremità del continente. Mi sono spesso compiaciuto nell’udire
dispute risolte tra una abitante del Giappone e un consigliere di Londra, oppure nel
vedere un suddito del Gran Mogol entrare in alleanza con uno dello Zar della Moscovia.
Sono infinitamente deliziato nel mischiarmi con questi diversi ministri del commercio,
così come si differenziano per le loro diverse camminate e per le loro diverse lingue: a volte
sono spintonato in mezzo ad un gruppo di armeni; a volte mi perdo in una folla di Ebrei;
e a volte mi mescolo ad un gruppo di Olandesi. Sono un Danese, uno Svedese o un Francese
in momenti diversi, o piuttosto mi immagino come l'antico filosofo, il quale quando
gli venne chiesto di quale nazione fosse, rispondeva, che era un cittadino del mondo. […]
Questa grandiosa scena di affari mi fornisce un'infinita varietà di solidi e sostanziali
intrattenimenti. Poiché sono un grande amante dell'umanità, il mio cuore naturalmente straripa di
piacere alla vista di una moltitudine prosperosa e felice, tanto che in molte
solennità pubbliche non posso fare a meno di esprimere la mia gioia con delle lacrime che sono scese furtivamente lungo
le mie guance. Per questo motivo, sono meravigliosamente compiaciuto nel vedere un tale gruppo di uomini
prosperare nelle loro fortune private, e allo stesso tempo promuovere la pubblica
riserva; o in altre parole, aumentare il patrimonio per le loro famiglie, portando dentro la loro
nazione qualunque cosa sia carente, e portando fuori qualunque cosa sia superflua.
La natura97 sembra aver preso una cura particolare nel disseminare i suoi beni tra
le diverse regioni del mondo, con un occhio a questo reciproco rapporto e traffico
tra l’umanità, che i nativi delle diverse parti del mondo potessero avere una sorta
di dipendenza dall'altro, e potessero essere uniti insieme da un loro comune interesse. […]
Se noi consideriamo il nostro paese nella sua prospettiva naturale, senza alcuno dei benefici
e dei vantaggi del commercio, che pezzo di terra arido e scomodo a noi
è toccato. […] Le nostre navi sono cariche del raccolto di ogni clima: le nostre tavole sono
piene di spezie e oli, e vini: le nostre stanze sono riempite di piramidi della Cina,
e adornate di manufatti del Giappone: la nostra bevanda mattutina ci proviene
dagli angoli più remoti della terra: noi ripariamo i nostri corpi con le droghe
dell'America, e ci riposiamo sotto baldacchini Indiani […] Di certo la natura ci fornisce
lo stretto necessario per vivere, ma il commercio ci dà una grande varietà di ciò
che è utile, e allo stesso tempo ci fornisce tutto quello che è conveniente e
ornamentale. Né è la parte minore di questo la nostra felicità, che mentre noi ci godiamo i più remoti
prodotti del nord e sud, siamo liberi da quegli eccessi di clima che
danno loro la nascita98; che i nostri occhi sono rinfrescati con i verdi prati della Britannia, nello
stesso tempo che i nostri palati godono dei frutti che crescono tra i tropici. Per
tutte queste ragioni non ci sono membri più utili in uno Stato che i mercanti.
Loro intrecciano insieme l'umanità in uno scambio reciproco di buoni uffici, distribuiscono
i doni della natura, trovano lavoro per i poveri, aggiungono ricchezza ai ricchi, e magnificenza
ai grandi. Il nostro mercante Inglese converte lo stagno della propria nazione in oro,
e scambia la sua lana per dei rubini. I maomettani sono vestiti con i nostri prodotti inglesi,
e gli abitanti delle zone gelide sono riscaldati dai velli delle nostre pecore.
[…] Il commercio, senza allargare i territori inglesi, ci ha dato una sorta di addizionale
impero: ha moltiplicato il numero dei ricchi.
96
Il palazzo della Borsa.
97
Qui assume lo stesso significato di Ragione. La distribuzione naturale delle risorse tra i vari paesi del mondo viene attribuita da Addison
ad una sorta di disegno superiore, che attraverso il commercio, permette ai diversi popoli di entrare in relazione l’uno con l’altro.
98
L’Inghilterra per Addison è fortunata a poter godere dei prodotti degli altri paesi del mondo senza però dover sopportare gli svantaggi di
questi, come un clima troppo rigido.
• LONDON (RICHARD STEELE, The Spectator)
Nel saggio Steele fa riferimento alle diverse classi sociali che iniziano il proprio lavoro in diverse ore del giorno. Mentre Steele cammina in città giunge
nella parte della City di Londra, zona ricca di negozi di lusso e magnifici edifici. Ad attirare l’attenzione di Steel è un negozio prettamente femminile, in
cui sia chi vende sia chi acquista è contraddistinto da una grande cordialità ed eleganza. Di sera poi Steele lascia la City e si reca da Will’s, e se
all’inizio del passo le strade erano piene di gente diversa, alla fine c’è solo il banditore che, suonando la campana, annuncia l’ora.
Le ore del giorno e della notte sono occupate, nelle città di Londra e
Westminster99, da persone così differenti l'una dall'altra come quelli nati nei
secoli differenti. Gli uomini delle sei in punto danno il cambio a quelli delle nove, quelli delle nove
alla generazione delle dodici; e quelli delle dodici spariscono, e fanno spazio per
il mondo alla moda, che hanno scambiato le due di notte per mezzogiorno […].
Mentre proseguivo il mio viaggio, era un riflesso gradevole vedere il mondo cosi graziosamente variegato
da quando ho lasciato Richmond, e la scena continuava a riempirsi di figli di una nuova ora. Questa
soddisfazione aumentava mentre avanzavo verso la City 100; e le insegne vistose, ben disposte
le strade, magnifici edifici pubblici, e i negozi di lusso, adorni di soddisfatti
visi, facevano aumentare ancora la gioia finché non entrammo nel centro della City, e
il centro del mondo del commercio, il Palazzo della Borsa di Londra. Mentre gli altri uomini nella folla
intorno a me si rallegravano con le loro speranze e i loro affari, ho trovato il mio conto nell’
osservarli con attenzione ai loro diversi interessi. Io, in realtà, consideravo me
stesso come l'uomo più ricco che camminava nel Palazzo della Borsa quel giorno; perché la mia benevolenza
mi ha fatto condividere i guadagni di ogni buon affare che era stato fatto. Non era la minore
delle soddisfazioni nella mia indagine andare al piano di sopra, e passare accanto negozi di gradevoli
donne; osservare così tante mani graziose indaffarate nel piegare nastri, e
il massimo entusiasmo di visi gentili nella vendita di toppe, spille, e bigodini,
da un lato all'altro dei banconi, era un divertimento nel quale mi sarei dovuto più a lungo
soffermare, se le care creature non mi avessero chiamato per chiedermi cosa volessi, quando
non potevo rispondere semplicemente “guardarvi” […]. Prima delle cinque del pomeriggio lasciai
la City, venni nel mio solito luogo Covent Garden, e trascorsi la serata
da Will's101 partecipando a discorsi di diversi gruppi di persone che si intrattenevano
l’uno con altro a portata del mio orecchio su argomenti delle carte, dadi, amore, cultura, e politica.
L'ultimo argomento mi trattenne fino a quando non udì le strade nel possesso del banditore,
che aveva ora il mondo per sé, e annunciava, “Sono le due”.
Nel complesso, qui c'era un indubbia testimonianza, che difficilmente c'era una qualunque
99
All’epoca Londra e Westminster erano due città, contigue, ma separate.
100
Zona ricca di Londra.
101
Famoso caffè in cui si riunivano i Whig della Londra settecentesca per discutere degli argomenti più svariati.
condizione al mondo tanto infelice, ma che c'era qualcosa di negativo o qualcosa di positivo
da essere riconoscente per questo; e facciamo sì che questa sia come una indicazione che proviene dall'esperienza della
più infelice di tutte le condizioni di questo mondo, che noi possiamo sempre trovare in essa qualcosa
da cui trarre consolazione, e da mettere nella descrizione dei beni e dei mali, tra
gli aspetti positivi del resoconto.
102
Il Quacchero è un membro di un gruppo religioso cristiano che si oppone alla violenza e tiene molti dei suoi servizi religiosi in silenzio.
Anche se Jones non era abituato ad alcun tipo di compagnia, ed avrebbe preferito
restare da solo, tuttavia non riuscì a resistere all'importunità dell'onesto Quacchero; che
era il più desideroso di sedere con lui, avendo osservato la malinconia
che traspariva sia dalla sua espressione che dal suo comportamento; e che il povero Quacchero
pensava che la sua conversazione avrebbe potuto in qualche misuro recargli sollievo.
Dopo che ebbero passato un po' di tempo assieme, in tale maniera che il mio onesto
amico avrebbe potuto ricordare durante uno dei suoi raduni silenziosi103, il Quacchero
iniziò ad essere mosso da un certo spirito o altro, probabilmente di curiosità; e disse,
“Amico, percepisco che un qualche triste disastro ti è accaduto; ma, la preghiera può esser di conforto.
Forse hai perso un amico. Se è così, tu devi considerare che siano tutti mortali.
E perché dovresti addolorarti, quando tu sai che il tuo dolore non farà al tuo
amico alcun bene. Siamo tutti nati per l’afflizione. Io stesso ho le mie sofferenze proprio come
te, e molto probabilmente ancora più grandi sofferenze. Anche se io ho una chiara rendita di 100 £
l’anno, che è tanto quanto voglio, e io ho una coscienza, io ringrazio il Signore,
senza offesa. La mia costituzione e sana e forte, e non c’è nessun uomo che può
esigere un debito da me, né accusarmi di alcuna ingiuria – tuttavia, amico, io dovrei essere
preoccupato a pensarti miserabile quanto me”.
• MARRIAGE. LOVE, AND MATERIAL INTERESTS (HENRY FIELDING, History of Tom Jones, A Foundling)
In questo passo Jones apprende ciò che affligge il Quacchero: la sua figlia prediletta si era rifiutata di sposare l’uomo che il padre aveva scelto per lei
ed era invece fuggita con un uomo umile che amava, e l’aveva sposato. Questo tormentava il Quacchero, che avrebbe preferito vedere sua figlia morta
piuttosto che vederla con quell’uomo, infatti si rifiuta anche di aiutarli in caso di difficoltà economiche. La storia fa arrabbiare Jones che rifiuta di passare
un momento di più con il Quacchero.
Qui il Quacchero si fermò con un profondo sospiro; e Jones velocemente rispose, “Io sono
veramente dispiaciuto, signore, per la vostra infelicità, qualunque ne possa esser la causa”. “Ah!
Amico”, rispose il Quacchero, “solo una figlia è la causa. Una che era la mia
più grande delizia sulla terra, e che nel giro di questa settimana è scappata via da me, ed è
sposata contro il mio volere. Le avevo trovato un compagno ideale, un uomo sobrio, e
di sostanza; ma lei, in verità, ha voluto scegliere per sé stessa, e via se n’è andata
con un giovane tipo che non vale un soldo. Se lei fosse stata morta, come suppongo lo è
il tuo amico, sarei stato felice!”. “Questo è molto strano, signore”, disse Jones.
“Perché, non sarebbe meglio per lei esser morta, che essere una mendicante?” replicò
il Quacchero: “poiché, come vi ho già detto, il tipo non vale un soldo; e di sicuro lei
non può aspettarsi che io le darò mai uno scellino. No, visto che si è sposata per
amore, che lei viva d’amore se ci riesce; che lei porti il suo amore al mercato, e vediamo
se qualcuno lo scambierà con dell’argento, o anche con un mezzo pence”. “Lei conosce
le sue preoccupazioni meglio di chiunque altro, signore”, disse Jones. “Deve esser stato”, continuò il
Quacchero, “un lungo premeditato schema per imbrogliarmi: poiché si conoscevano
fin dall'infanzia; e io sempre le avevo predicato contro l’amore - e
le avevo detto migliaia di volte che era una follia ed una cattiveria. No, l’astuta
donnaccia faceva finta di ascoltarmi, e di disprezzare tutti i desideri della carne; e
tuttavia, alla fine, a fuggire da una finestra sopra tue rampe di scale: così iniziai, certamente,
a sospettare un po’ di lei, e la rinchiusi attentamente, con l’intenzione la mattina dopo
di farla sposare con il mio prescelto. Ma lei mi ha deluso nel giro di poche ore,
ed è fuggita via dall'amore della sua stessa scelta, che non ha perso tempo: perché loro
si erano già sposati e avevano dormito insieme, e tutto nel giro di un’ora.
“Ma sarà per entrambi il lavoro della peggior ora che essi abbiano mai fatto, perché
potranno morire di fame, o mendicare, o rubare insieme per quanto mi riguarda. Non darò mai a nessuno di loro
un penny”. Qui Jones iniziando, gridò, “Mi deve davvero scusare; Vorrei
che mi lasciasse”. “Vieni, vieni, amico”, disse il Quacchero, “non dar spazio
alla preoccupazione. Vedi che ci sono altre persone infelici, oltre te”. “Vedo
che ci sono pazzi e stolti e furfanti nel mondo”, rispose Jones - “Ma lasci
che le dia un piccolo consiglio; faccia venire a casa sua figlia e suo genero,
e non sia lei la sola causa di infelicità per colei che fa finta di amare”. “Far venire
lei e suo marito a casa!” sbottò il quacchero sonoramente, “Io piuttosto farei venire
i due più grandi nemici che ho al mondo!” “Bene, vada lei stessa a casa,
o dove preferisce”, disse Jones: “perché io non siederò più in simile compagnia”.
- “No, amico”, rispose il Quacchero, “disprezzo imporre la mia compagnia a
chiunque”. Egli dunque si offrì di prendere del denaro dalla sua tasta, ma Jones lo spinse
con una certa violenza fuori dalla stanza.
103
Riferimento a una modalità del culto quacchero.
questo, aggiunto al resto dei suoi comportamenti, suscitò nell'onesto Broadbrim un pensiero,
che il suo compagno fosse, in realtà, fuori di senno. Piuttosto che risentirsi per
l'affronto, quindi, il Quacchero fu mosso dalla compassione per le sue infelici
circostanze; ed avendo comunicato al proprietario la sua opinione, desiderava
che egli si prendesse gran cura del suo ospite, e di trattarlo con la massima civiltà.
“Certo”, disse il proprietario, “non dovrei usare tanta civiltà verso di lui: poiché
sembra, per tutto quel panciotto allacciato lì, che egli non è un gentiluomo più di quanto non lo sia io;
ma piuttosto un povero bastardo di parrocchia allevato da un grande signorotto 30 miglia più in là, e ora
buttato fuori di casa, (di sicuro per nulla di buono). Dovrei cacciarlo fuori dalla mia
casa il prima possibile. Se perdo il mio conto, la prima perdita è sempre la
migliore. È stato non più di un anno fa che ho perso un cucchiaio d'argento”.
“Perché parli di un bastardo di parrocchia, Robin?” rispose il Quacchero.
“Stai di certo sbagliando uomo”.
“No di certo”, replicò Robin, “la guida, che lo conosce molto bene, me lo ha detto”.
Perché, di fatto, la guida non appena aveva preso il suo posto al fuoco della cucina,
aveva messo a conoscenza l’intera compagnia di tutto ciò che sapere, o che aveva mai sentito riguardo
Jones.
Il Quacchero non appena fu informato da questo tipo delle origini e della miseria
di Jones, tutta la compassione per lui svanì; e l’onesto, semplice uomo andò a casa
infuriato con non meno indignazione di quanta ne avrebbe avuta un duca nel ricevere
un affronto da una tale persona.
Lo stesso proprietario concepiva un simile disprezzo per il suo ospite; così quando
Jones suonò il campanello per potersi andare a riposare a letto, fu messo a conoscenza che non poteva
avere un letto lì. Oltre lo sdegno per le basse condizioni del suo ospite, Robin
aveva forti sospetti riguardo le sue intenzioni, che erano quelle, supponeva, di attendere
un’opportunità favorevole per derubare la casa. In realtà, egli avrebbe potuto
molto bene essere alleviato da queste apprensioni grazie alle prudenti precauzioni di sua
moglie e sua figlia, che aveva già rimosso tutto ciò che non era fissato
alla proprietà; ma egli era per sua natura sospettoso, e lo era diventato ancora di più
dalla perdita del suo cucchiaio. In breve, il terrore di essere derubato, totalmente
aveva assorbito la confortevole considerazione che non aveva nulla da perdere.
Jones essendo stato informato che non poteva avere un letto, molto soddisfatto si avvicinò
ad una grande sedia di vimini, quando il sonno, che ultimamente aveva evitato la sua
compagnia in appartamenti di gran lunga migliori, generosamente gli fece una visita nella sua umile cella. E
Per quanto riguarda il proprietario, gli venne impedito dalle sue paure di andare a riposarsi. Egli
ritornò quindi al fuoco della cucina, da dove poteva sorvegliare l'unica porta che
dava sul salotto, o piuttosto buco, in cui Jones era seduto; e riguardo la
finestra in quella stanza, era impossibile per qualsiasi creatura più grande di un gatto poter
scappare attraverso di essa.
• THE RAPE OF THE LOCK (ALEXANDER POPE, The Rape of the Lock)
L’opera si apre con l’invocazione alla dea della poesia per cantare le “tremende” conseguenze del taglio del ricciolo di Belinda. Poi l’attenzione si sposta
sulla giovane, la cui routine mattutina inizia quando i raggi del sole iniziano ad entrare dalla finestra. Nonostante sia già mezzogiorno, Belinda dorme
ancora. Viene descritto il sogno che stava facendo, cioè di un bel giovane che le dice che lei è protetta da innumerevoli Spiriti, un esercito di esseri
soprannaturali. Di questi Spiriti, un gruppo in particolare, quello dei Silfi, serve Belinda come guardiani personali. Ariel, la maggiore di questi servitori,
avverte Belinda in sogno che un evento terribile accadrà il giorno seguente. Poi Belinda viene svegliata dal suo cane Shock. Successivamente, intenta
a prepararsi nella sua toeletta, che è come una sorta di altare, essa verrà adornata con l’aiuto dei Silfi di raffinati gioielli e profumi provenienti da ogni
parte del mondo, diventando a tutti gli effetti la dea della bellezza, nel pieno della sua forza.
Quale terribile Offesa scaturisce da Cause amorose,
quali possenti Contese nascono da triviali Faccende,
io canto – Questi Versi a Caryll, Musa! è dovuto;
Questo, persino Belinda può compiacersi di vedere:
piccolo è il Soggetto, ma non così è Lode
se Lei inspira, e Lui approva i miei Versi104.
Dì qualche strano Motivo, Dea! poté costringere
un ben educato Lord ad assaltare una gentile Bella?
Oh dì qualche strana Causa, tuttavia inesplorata,
poté spingere una gentile Bella a respingere un Lord?
In Compiti così arditi, possono Piccoli Uomini impegnarsi,
e in morbidi Petti dimorare una tale possente Rabbia?105
Sole attraverso bianche Tende lanciò un timoroso Raggio,
e aprì quegli Occhi destinati ad eclissare il Giorno;
Ora i Cagnolini si danno la Scrollata del risveglio,
e insonni gli Amanti, proprio alle Dodici, si svegliano:
tre volte suonò il Campanello, la Pantofola batté sul Pavimento,
104
Accanto all’invocazione della dea della poesia, Pope si rivolge ai suoi ispiratori, John Caryll, amico di Pope, e Arabella Fermor (Belinda).
105
La contesa fra Belinda e il Barone viene equiparata ad uno scontro epico in cui entrambi superano sé stessi: lei la sua delicatezza, lui la
sua statura, bassa in senso fisico e morale.
e l’Orologio a molla restituì un Suono argenteo.
Belinda ancora il suo morbido Cuscino premeva,
il suo Guardiano Silfo 106prolungava il suo balsamico Riposo.
Era lui che aveva evocato al suo silenzioso Letto
il Sogno Mattutino che adagiava sul suo Capo.
Una Giovane più scintillante di un Damerino agghindato per la festa107,
(Che persino nel Sonno faceva le sue Guance arrossire)
sembrava sul suo orecchio le sue Labbra vincitrici poggiare,
e così in Sussurri diceva, o sembrava dire.
Più bella delle Mortali, tu prediletta Cura
di migliaia di splendenti Abitanti dell’Aria!
Se mai una Visione toccò il tuo infantile Pensiero,
di tutto ciò che la Balia e tutto ciò che il Prete hanno insegnato,
di alati Elfi all’Ombra del Chiaro di Luna visti,
il Pegno argenteo, e l’Erba cerchiata,
o Vergini visitate da Poteri Angelici,
con Corone Dorate e Ghirlande di Fiori celesti,
Ascolta e credi! La tua stessa Importanza conosci,
e non negare la tua ristretta Visione alle Cose di poca importanza.
Alcune segrete Verità dall’Orgoglio dei Dotti sono nascoste,
alle Fanciulle soltanto e ai Bambini sono rivelate:
Cosa anche se nessun Credito gli Astuti dubbiosi danno?
Le Belle e gli Innocenti crederanno ancora.
Sappi allora, infiniti Spiriti volano intorno a te,
la lieve Militia del Cielo inferiore;
Questi, anche se invisibili, sono sempre sull’Ala
sospesi sopra il Palco, e aleggiano intorno al Ring108.
[…]
Ultimamente, mentre io percorrevo i Deserti Cristallini dell’Aria,
nel chiaro Specchio della tua Stella che governa
io ho visto, ahimè! qualche terribile Evento incombere,
prima che questo Sole Mattutino discenda nel Mare.
Ma il Cielo rivela non cosa, or come, o dove:
avvertita dal tuo Silfo, oh Pia Fanciulla attenta!
Rivelarti questo è tutto quello che il tuo Guardiano può.
Attenta a tutto, ma soprattutto attenta all’Uomo!
Disse; quando Shock109, che pensava che lei avesse dormito troppo a lungo,
saltò su, e risvegliò la sua Padrona con la sua Lingua.
Fu allora Belinda! Se il Resoconto dice il vero,
i tuoi occhi prima si aprirono su un Biglietto amoroso;
Ferite, Incantesimi, e Ardori, non appena furono letti,
tutta la Visione sparì dalla tua Testa.
E ora, svelata, la Toeletta sta in mostra,
ogni Vaso Argento sta in Ordine mistico.
Prima, vestita in Bianco, la Ninfa intenta adora
con il Capo scoperto, i Poteri Cosmetici.
Un’Immagine celestiale appare nel Vetro,
a questa lei si china, a questa lei rivolge i suoi Occhi;
L’inferiore Sacerdotessa, al lato del suo Altare,
tremante, comincia i sacri Riti d’Orgoglio.
Infiniti Tesori si aprono subito, e qui
le varie Offerte del Mondo appaiono;
da ognuna ella graziosamente sceglie con curiosa Fatica,
e addobba la Dea con il Bottino scintillante,
questo Scrigno dischiude le Gemme brillanti dell’India,
e tutta l’Arabia respira da quella Scatola.
La Tartaruga qui e insieme l’Elefante,
trasformati in Pettini, quello maculato e quello bianco,
qui Schiere di Forcine estendono le loro File scintillanti,
Batuffoli, Polveri, Nei, Bibbie, Biglietti amorosi.
Ora la terribile Bellezza indossa tutte le sue Armi;
la Bella in ogni momento accresce nelle sue Grazie,
106
I “Silfi” sono degli spiriti che, come angeli custodi, servono gli eroi nei poemi epici. Qui anche Belinda ha dei guardiani Silfi che la
assistono.
107
Qui avviene un sogno rivelatore: l’angelo custode di Belinda, il silfo Ariel, prende le sembianze di un bel giovane e avverte Belinda della
terribile tragedia che avverrà.
108
Il Box (il palco a teatro) e il percorso in carrozza del Ring di Hyde Park erano i due luoghi principali in cui le dame dell’alta società
amavano farsi vedere.
109
Il cane di Belinda.
recupera il suo Sorriso, risveglia ogni Grazia
e richiama tutte le Meraviglie del suo Volto;
vede per Gradi comparire un Rossore più puro,
e Lampi più intensi guizzano nei suoi Occhi.
Gli indaffarati Silfi circondano la sua cara Cura;
questi sistemano la Testa, e quelli dividono i Capelli,
alcuni piegano la Manica, mentre altri lisciano la Veste;
e Betty 110 è lodata per Fatiche non sue.
• THE RAPE (ALEXANDER POPE, The Rape of the Lock)
La bella Belinda, nel primo pomeriggio, quando i raggi solari colpiscono in maniera obliqua il terreno, partecipa ad un pranzo cui prendono parte anche
diversi nobili dell’epoca, i quali si dilettano a chiacchierare, ridere e scherzare, fumando o sventolando i propri ventagli e bevendo numerose tazze di tè
provenienti dal lontano Giappone, in raffinati set di porcellana cinese. Nel corso della vicenda, dunque, Lord Peter, anch’egli presente al ricevimento,
deciderà di tagliare una ciocca di capelli della giovane fanciulla, sebbene fosse stato ammonito sulle possibili conseguenze per mezzo dell’esempio
riguardante il destino toccato a Scilla - la quale secondo la mitologia classica, innamorata di Minosse, aveva tagliato anch’ella una ciocca di capelli
determinando la caduta del regno del padre. Egli, quindi, riuscirà nell’intento aiutato da Clarissa, un’altra nobile presente al banchetto, la quale gli
fornirà un paio di forbici. Nulla potranno i Silfi per impedire l’accaduto e la fatidica ciocca sarà tagliata. La bella Belinda terrorizzerà i cieli attraverso
lampi d’ira lanciati dai suoi occhi, mentre il giovane Lord si vanterà della propria conquista.
Vicino a quei Prati per sempre incoronati con Fiori,
dove il Tamigi con Orgoglio esamine le sue Torri che si elevano,
lì si erge una Struttura di Maestosa Forma,
che dal vicino Hampton prende il suo Nome.
Qui gli Statisti della Gran Bretagna spesso predicono la Caduta
di Stranieri Tiranni, e delle Ninfe in patria;
Qui tu, Grande Anna! Alla quale tre Reami111 obbediscono,
qualche volta tieni Consiglio – e qualche volta il Tè.
Qui gli Eroi e le Ninfe si recano,
per gustale per un po’ i Piaceri della Corte;
in varie Conversazioni passano le ore istruttive,
chi ha dato il Ballo, o ha fatto per ultimo la Visita:
uno parla della Gloria della Regina Britannica,
e uno descrive un affascinante Paravento Indiano;
Un terzo interpreta Movimenti, Sguardi, e Occhi;
Ad ogni Parola una Reputazione muore.
Il Tabacco, o il Ventaglio, riempiono ogni Paura della Chiacchiera,
con canti, risate, occhiolini, e tutto il resto.
Nel frattempo declinando dal Mezzogiorno,
il Sole obliquamente lancia il suo bruciante Raggio;
gli affamati Giudici presto la Sentenza firmano,
e impiccano gli Sventurati così che i Giurati possano Cenare;
il Mercante dalla Borsa ritorna in Pace,
e le lunghe Fatiche della Toeletta cessano -
Belinda ora, la cui Sete di Fama sollecita,
arde per incontrare due avventurosi Cavalieri,
all’Ombre 112separatamente per decidere il loro Destino;
e gonfia il suo Petto con Conquiste che ancora devono avvenire.
[…]
Oh spensierati Mortali! Sempre ciechi al Destino,
troppo presto ingannati, e troppo presto esaltati!
All’improvviso questi Onori saranno strappati via,
e maledetto per sempre questo Giorno Vittorioso.
Perché guardate! La Tavola con Tazze e Cucchiai è incoronata,
le Bacche scricchiolano, e il Macinino gira.
Su Altari splendenti del Giappone si elevano
la Lampada d’argento; gli ardenti Spiriti bruciano.
Da argentei Beccucci i graditi Liquori scorrono,
mentre la Terra di Cina riceve la fumante Marea.
Immediatamente loro gratificano il loro Olfatto e il Gusto,
e frequenti Tazze prolungano il ricco Pasto.
Proprio intorno la Bella aleggia la sua Banda Aerea;
alcuni, mentre sorseggiava, il fumante Liquore sventolavano,
alcuni sopra il suo Grembo dispiegavano le loro attente Piume,
tremanti, e coscienti del ricco Broccato.
Caffè, (che rende i Politici saggi,
e fa vedere attraverso tutte le cose con i suoi Occhi mezzi chiusi)
110
Nome che solitamente si usava per indicare la cameriera.
111
Probabilmente l’autore allude a Inghilterra, Scozia e Irlanda.
112
Gioco di carte per tre giocatori. Belinda vincerà al gioco contro il Barone, ma non sa che ben presto riceverà una ben peggiore sconfitta.
mandava sotto forma di Vapori al Cervello del Barone
nuovi Stratagemmi, per conquistare il radioso Ricciolo.
Ah smettila impetuoso Giovane! Desisti prima che sia troppo tardi,
temi i giusti Dei, e pensa al Fato di Scilla!
Trasformata in un Uccello, e mandata a svolazzare in Aria,
caramente ella paga per il Capello offeso di Niso!113
Ma quando al Misfatto i Mortali piegano il loro Volere,
quanto presto trovano adatti Strumenti del Male!
Proprio allora, Clarissa disegnava con tentatrice Grazia
un’Arma a due lame114 dal suo splendente Contenitore;
Così le Dame nel Romanzo assistono il loro Cavaliere,
gli presentano la Lancia, e lo armano per il Combattimento.
Prende il Dono con reverenza, e estende
il piccolo Congegno alla Fine delle sue Dita,
questo proprio dietro al Collo di Belinda lui allarga
mentre sopra i Vapori profumati lei piega la sua Testa:
rapidi al Ricciolo mille Spiriti si precipitano,
mille Ali, a turno, soffiano indietro i Capelli,
e tre volte pizzicarono il Diamante nel suo Orecchio,
tre volte lei guardò indietro, e tre volte il Nemico si avvicinava.
Proprio in quell’istante, l’ansioso Ariel cercò
i chiusi Recessi del Pensiero della Vergine;
mentre sul Mazzolino nel suo Petto si reclinava,
guardava le Idee che si levavano dalla sua Mente,
all’improvviso egli vide, nonostante tutta la sua Arte,
un Innamorato Terreno in agguato nel suo Cuore.115
Stupito, confuso, trovò finito il suo Potere,
si rassegnò al Fato, e con un Sospiro si ritirò.
Il Pari ora spalanca completamente la Forbice scintillante
per racchiudere il Ricciolo; ora la unisce, per tagliare.
Persino allora, prima che il fatale Marchingegno si chiudesse,
uno sventurato Silfo si frappose troppo appassionatamente;
il destino spinse le Lame, e tagliò il Silfo in due,
(Ma la Sostanza Aerea si unisce di nuovo immediatamente)
i Punti di incontro recidono i Capelli sacri
dalla bella Testa, per sempre e per sempre!
Allora lampeggiavano i Lampi viventi dai suoi Occhi,
e Urla di Orrore straziano i Cieli spaventati
non più forti Grida sono state lanciate al Cielo pietoso,
quando il Marito o quando i Cani esalano il loro ultimo,
o quando ricchi Vasi di Cina, caduti dall’altro,
in scintillante Polvere e dipinti Frammenti giacciono!116
Lascia che le Ghirlande del Trionfo ora le mie Tempie circondino,
(Il Vittorioso gridava) il glorioso Premio è mio!
Mentre i Pesci nei Fiumi, o i Cieli si dilettano nell’Aria,
o in un Tiro a Sei la Bella Inglese,
fino a quanto Atalantis117 verrà letta,
o il piccolo Cuscino abbellirà il Letto della Dama,
mentre le Visite verranno fatte nei Giorni solenni,
quando numerose candele risplendono in lucente Ordine,
mentre le Ninfe vanno ai Festini, o danno Appuntamenti,
fino ad allora il mio Onore, Nome e Lode vivranno!
Ciò che il Tempo risparmierebbe, dall’Acciaio riceve la sua fine,
e i Monumenti, come gli Uomini, si sottomettono al Fato!
L’Acciaio potrebbe la Fatica degli Dei distruggere,
e ridurre il Polvere le Imperiali Torri di Troia;
L’Acciaio potrebbe le Opere dell’Orgoglio mortale confondere,
E distruggere i Trionfali Archi al Suolo.
Di cosa ti Meravigli allora, bella Ninfa! I tuoi Capelli dovrebbero sentire
la Forza che conquista dell’Acciaio a cui nulla resiste? 118
113
Scilla, figlia di Re Niso, nelle Metamorfosi di Ovidio si innamora di Minosse e per dimostrargli il suo amore gli offre il capello dorato da
cui dipende la salvezza del padre e del regno, per poi venire disprezzata da Minosse vittorioso e trasformata in uccello.
114
Le forbici. Pope nell’opera è solito descrivere gli oggetti più comuni e banali con un tono aulico, con intento chiaramente ironico.
115
Ariel il Silfo non può proteggere Belinda perché ella ha infranto il patto di non contaminare il suo cuore con un amore terreno.
116
Ironicamente Pope paragona il momento del taglio del ricciolo ad altri eventi tragici come la perdita del cagnolino, la perdita del marito
e la perdita di vasi di porcellana infranti.
117
Si tratta di un’opera scandalistica su molti personaggi contemporanei dell’epoca.
118
Pope conclude il passo richiamando la classicità, e in particolare il tema della caducità delle opere umane, adattandolo alla comica
celebrazione del ricciolo rubato di Belinda, paragonato ai più celebri monumenti antichi.
• LAPUTA AND LAGADO (JONATHAN SWIFT, Gulliver’s Travels)
Gulliver descrive la sua visita all’Accademia di Lagado, dove incontra i diversi ingegneri che si occupano di fare esperimenti assurdi: estrarre i raggi di
sole dai cetrioli; trasformare gli escrementi in cibo; inventare un linguaggio universale basato non sull’uso della parola ma sugli oggetti, che ognuno
avrebbe dovuto portare con sé per conversare; l’insegnamento della matematica attraverso l’ingerimento di pillole.
Quest’Accademia119 non è un intero singolo edificio, ma un seguito di diversi
palazzi da ambo i lati di una strada, che essendo in rovina furono acquistati e adattate
a quello scopo.
Fui accolto molto gentilmente dal Guardiano, e mi recai per molti giorni
all’Accademia. Ogni stanza ha dentro uno o più progettisti, e credo di
non essere stato in meno di 500 stanze.
Il primo uomo che vidi aveva un aspetto miserando, con mani e viso luridi, i suoi
capelli e la sua barba lunghi, era strappato e macchiato in molti punti. I suoi indumenti, la sua maglia, e
e la sua pelle erano tutti dello stesso colore. Lui aveva lavorato per otto anni su un progetto per
estrarre i raggi del sole dai cetrioli, che dovevano essere chiusi in fiale
ermeticamente sigillate, e poi liberati per riscaldare l'aria durante le estati rigide e inclementi. Mi disse,
che non dubitava che entro altri 8 anni, sarebbe stato capace di fornire
ai giardini del Governatore dei raggi solari a un ritmo ragionevole; ma si lamentava che la sua riserva
era scarsa, e mi pregò di dargli qualcosa come incoraggiamento per
l’ingegno, soprattutto perché questa era stata una stagione molto cara per i cetrioli. Io
gli feci un piccolo regalo, visto che il mio Signore mi aveva rifornito di denaro di
proposito, perché conosceva il loro costume di mendicare da tutti coloro che andavano a vederli.
119
La visita fittizia di Gulliver all’Accademia di Lagado riprende quella che Swift fece realmente alla Royal Society nel 1710.
Un altro grande vantaggio proposto da questa invenzione, è che servirebbe
come un linguaggio universale capito in tutte le nazioni civilizzate, i cui beni e
utensili sono generalmente dello stesso tipo, o quasi, così che i loro usi
potrebbero essere facilmente compresi. E così, gli ambasciatori sarebbero qualificati a trattare
con principi stranieri o ministri di stato, alle cui lingue loro fossero totalmente
estranei.
Andai alla scuola di matematica, dove il maestro insegnava ai suoi scolari
seguendo un metodo difficilmente immaginabile per noi in Europa. La tesi e la dimostrazione
erano chiaramente scritti su una sottile ostia, con un inchiostro composto da una tintura cefalica.
Questa lo studente doveva ingoiare a stomaco vuoto, e per i tre giorni
seguenti mangiare niente tranne pane e acqua. A mano a mano che l’ostia veniva digerita, la tintura
saliva al cervello, portandosi con sé la tesi. Ma il successo non è stato
finora raggiunto, in parte per alcuni errori nel quantuum o nella composizione,
e in parte per il rifiuto dei ragazzi, per i quali questa pillola è così nauseabonda che
generalmente si appartano, e la rigurgitano prima che possa avere effetto;
e neanche sono stati ancora persuasi a praticare così a lungo l’astinenza come
la prescrizione richiede.
• INFANT JOY (WILLIAM BLAKE, Songs of Innocence)
In questa poesia Blake affronta due problemi: il significato sociale del dare un nome al bambino appena nato e la sua futura felicità. Per Swift il non
avere un nome è qualcosa che dà gioia, mentre invece ricevere un nome (quindi ricevere un’identità sociale) porta angoscia. La poesia è sotto forma di
dialogo, forse tra il figlio e la madre.
“Io non ho nome:
“ Non ho che due giorni di vita.”
Come dovrei chiamarti?
Bella gioia!
Dolce gioia di solo due giorni,
dolce gioia io ti chiamo:
tu sorridi,
io canto nel frattempo,
dolce gioia ti tocchi in sorte!
Ora come un vento possente essi innalzano verso il cielo la voce della canzone,
o come tuoni armoniosi tra i seggi del cielo.
Sotto di loro siedono gli uomini anziani, saggi guardiani dei poveri;
allora custodite la pietà, per non cacciare un angelo dalla vostra porta.
• AN ESSAY ON THE PRINCIPLES OF POPULATION (THOMAS R. MALTHUS, An Essay on the Principles of Population as it Affects the Future
Improvement of Society)
All’interno di questo saggio Malthus riflette sul problema della crescita della popolazione rispetto alla produzione delle risorse, molto più lenta. Malthus
parte da due postulati, cioè che l’uomo per vivere necessita di cibo e che la passione tra i sessi è necessaria. Questi due postulati spiegano perché la
crescita della popolazione (che deriva dalla passione tra i sessi quindi dalla riproduzione) sia un problema per i mezzi di sussistenza (necessari per
l’esistenza umana), quindi Malthus pone l’attenzione su un problema che per lui non può essere ignorato o lasciato semplicemente in disparte.
È stato detto che il grande problema è ora in discussione, se l’uomo dovrà
da ora in poi avanzare con accelerata velocità verso l’infinito, e fin qui
mai immaginato miglioramento, o essere condannato a una perpetua oscillazione tra
la felicità e l’infelicità, e dopo ogni sforzo rimanere ancora ad una incommensurabile
distanza dall’obiettivo desiderato […].
Entrando nell’argomento devo premettere che metto fuori discussione,
al momento, tutte le mere congetture, cioè, tutte le supposizioni, la probabile realizzazione
di cui non può essere inferita su alcuna corretta base filosofica […].
Penso di poter correttamente fare due postulati.
Primo, che il cibo è necessario per l’esistenza dell’uomo.
Secondo, che la passione tra i sessi è necessaria e rimarrà circa
nel suo stato attuale.
Queste due leggi, sin da quando abbiamo avuto una qualche conoscenza dell’umanità, sembrano
essere state leggi fisse della nostra natura, e, visto che fino a qui non abbiamo visto alcuna
alterazione in loro, non abbiamo diritto di concludere che loro mai cesseranno di essere
ciò che sono adesso, senza un immediato atto di potere da parte dell’Essere che per primo
ha organizzato il sistema dell’universo, e per il vantaggio delle sue creature, ancora
esercita, secondo leggi fisse, tutte le sue varie operazioni.
Non mi risulta che qualunque scrittore abbia supporto che su questa terra l’uomo
alla fine sarà capace di vivere senza cibo… Verso l’estinzione della passione
tra i sessi, nessun progresso fin qui è stato fatto. Sembra
esistere con così tanta forza nel presente così come faceva duemila o quattromila
anni fa. Ci sono eccezioni individuali ora come ci sono sempre state. Ma,
visto che queste eccezioni non sembrano aumentare in numero, sarebbe certamente
un modo molto irrazionale di discutere, di dedurre semplicemente dall’esistenza
di un’eccezione, che l’eccezione, con il tempo, diventerebbe la regola, e la regola
l’eccezione.
Assumendo quindi, i miei postulati come certi, io dico, che il potere della popolazione
è indefinitamente più grande del potere nella terra di produrre sostentamento per gli uomini.
La popolazione, quando non controllata, cresce con un ritmo geometrico. La sussistenza
cresce solo con un ritmo aritmetico. Una piccola conoscenza dei numeri
mostrerà l’immensità del primo potere in confronto al secondo.
Secondo quella legge della nostra natura che rende il cibo necessario alla vita dell’uomo,
gli effetti di queste due poteri inuguali devono essere resi uguali.
Questo implica un forte e costante controllo funzionante sulla popolazione dalla
difficoltà della sussistenza. Questa difficoltà deve ricadere da qualche parte e deve necessariamente
essere severamente sentita da una grande porzione di umanità.
Per i regni degli animali e dei vegetali, la natura ha sparso i
Semi della vita con la più prospera e generosa mano. Lei ha
al confronto risparmiato nello spazio e nel nutrimento necessario per farli crescere. I
germi dell’esistenza contenuti in questo luogo della terra, con abbondante cibo, e abbonante
spazio per espandersi, riempirebbero milioni di mondi nel corso di poche migliaia
di anni. La necessità, che imperiosa forza della natura che tutto pervade, li ferma
entro i limiti prescritti. La razza delle piante, e la razza degli animali si ritraggono
sotto questa grande legge restrittiva. E la razza dell’uomo non può, per nessuno sforzo
della ragione, scappare da essa. Tra le piante e gli animali i suoi effetti sono spreco di semi,
malattia, e morte prematura. Tra l’umanità, miseria e vizio. La prima,
miseria, è un’assoluta e necessaria conseguenza di questo. Il vizio è una molto probabile
conseguenza, e noi quindi lo vediamo prevalere abbondantemente, ma non dovrebbe, forse,
essere chiamato una conseguenza assolutamente necessaria. La prova della virtù è resistere
a tutte le tentazioni verso il male.
Questa naturale disuguaglianza dei due poteri di popolazione e produzione
sulla terra e quella grande legge della nostra natura che deve costantemente mantenere i loro
effetti uguali formano la grande difficoltà che a me appare insormontabile sul
cammino verso la perfettibilità della società. Tutti gli altri argomenti sono di minore e
subordinata considerazione in confronto a questo. Non vedo maniera per cui l’uomo possa
scappare dal peso di questa legge che pervade tutta la natura animata. Nessuna immaginata
uguaglianza, nessune regole agraria nella loro massima estensione, potrebbero rimuovere la
pressione di questo nemmeno per un singolo secolo. E sembra, quindi, essere decisivo contro
la possibile esistenza di una società, tutti i membri della quale dovrebbero vivere nell’agio,
felicità, e in relativo lusso; e non provare alcuna ansia riguardo il provvedere ai mezzi
di sussistenza per loro e le loro famiglie.
Di conseguenza, se le premesse sono giuste, l’argomento è conclusivo contro la
perfettibilità della massa dell’umanità. E’, senza dubbio una estremamente scoraggiante
riflessione che il grande ostacolo nella strada verso qualsiasi straordinario miglioramento
nella società sia di una natura tale che noi non possiamo mai sperare di superare. La perpetua tendenza
nella razza dell’uomo a crescere oltre i mezzi di sussistenza è una delle generali
leggi della natura animata che noi per alcuna ragione possiamo sperare che cambi. Tuttavia,
scoraggiante come la contemplazione di questa difficoltà deve essere per coloro i cui
sforzi sono lodevolmente diretti verso il miglioramento della specie umana, è evidente
che nessun bene possibile può venire da un qualunque sforzo di ignorarla o lasciarla
sullo sfondo. Al contrario, i più terribili mali possono essere attesi
dalla condotta non virile di non osare affrontare la verità perché è sgradevole.