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BELLA SCHIAVA – Giambattista Marino

1. Sei nera, certo, ma sei bella


2. fra le belle del dio Amore, o straordinaria meraviglia della Natura.
3. L’alba è oscura in paragone a te, e diventano scuri
4. con l’ebano (il colore nero) della tua pelle l’avorio e la porpora.
5. Ma quando, ma dove mai i tempi antichi o i nostri
6/7. o vide una luce tanto pura uscire dall’inchiostro scuro
6/8. o sentì un calore così vivo nascere dal carbone spento?
9. Servo di chi è a sua volta mia serva, ecco che porto interno al cuore un laccio bruno
11. che non sarà mai slegato da una mano candida.
12. Là dove bruci di più, o sole, solo per la tua umiliazione
13. è nato un sole, un sole che sul suo bel viso
14. porta la notte, e ha il giorno negli occhi.

Parafrasi discorsiva

Sei nera, certo, ma sei bella fra le belle del dio Amore, o straordinaria meraviglia della Natura. L’alba è
oscura in paragone a te, l’avorio e la porpora perdono colore e diventano scuri confrontati con l’ebano (il
colore nero) della tua pelle.
Ma quando, ma dove mai i tempi antichi o i nostri o vide una luce tanto pura uscire dall’inchiostro scuro o
sentì un calore così vivo nascere dal carbone spento?
Servo di chi è a sua volta mia serva, ecco che porto intorno al cuore un laccio bruno che non sarà mai
slegato da una mano candida. Là dove bruci di più, o sole, un sole è nato solo per la tua umiliazione, un sole
che porta la notte sul suo bel viso e ha il giorno negli occhi.

Figure Retoriche
• Enjambements: vv. 1-2; vv. 3-4; vv. 5-6; vv. 9-10; vv. 13-14;

• Allitterazioni: della “v”, “i” ed “s”: v. 6: “vide sì viva mai, sentì sì pura”; della “r” ed “s”: vv. 3-4: “Fosca è
l’alba appo te, perde e s’oscura/ presso l’ebeno tuo l’avorio e l’ostro.”; v. 7-8: “o luce uscir di tenebroso
inchiostro,/ o di spento carbon nascere arsura? ”; v. 10: “porto di bruno laccio il core intorno”;

• Polisindeto con parallelismo vv. 7-8: “o luce uscir di tenebroso inchiostro,/ o di spento carbon nascere
arsura?”;

• Anastrofi: v. 3: “fosca è l’alba”; v. 8: “di spento carbon nascere arsura”;

• Iperbato: vv. 1-2: “di Natura/ fra le belle d’Amor leggiadro mostro”; vv. 9-10: “avolto/ porto di bruno
laccio il core”;

• Apostrofi: v. 12: “o sol”;

• Bisticcio: vv. 12-13: “sol(e), sol(o),/ sole/ sol(e)”;

• Metonimia: v. 4: “ebeno”, “avorio”, “ostro”; v. 8: “arsura”;

• Antitesi: v. 3: “Fosca è l’alba”; vv. 3-4: “s’oscura/ […] l’avorio e l’ostro”; v. 7: “luce uscir di tenebroso
inchiostro”; v.8: “di spento carbon nascere arsura”; v. 9: “Servo di chi m’è serva”;

• Ossimori: v. 1: “Nera sì, ma se’ bella”; v. 2: “leggiadro mostro”.


Commento
Giambattista Marino è il più importante autore italiano del Barocco. Egli rifiuta
radicalmente la tradizione classicista per adeguarsi ai gusti poetici del tempo ed afferma
che “è del poeta il fin la maraviglia / chi non sa far stupir vada a la striglia”. Il suo grande
successo di pubblico è dovuto soprattutto alla sua capacità di cogliere e fare proprie tutte
le spinte innovative del Seicento. Nella sua raccolta poetica La Lira, che tratta moltissimi
temi, è presente anche un filone amoroso, in cui Marino si allontana decisamente dal
petrarchismo allora dominante, svuotando la poesia amorosa delle implicazioni
drammatiche e problematiche e rendendola virtuosistica, un puro esercizio di stile, volto
ad esibire la sua abilità poetica, riutilizzando in modo creativo tutto il materiale letterario
disponibile.

Tutto il componimento Bella schiava, incentrato sulla descrizione della bellezza di una
schiava nera, è fondato sull’antitesi esasperata e sull’ossimoro, volti a rovesciare la
tradizione petrarchesca dell’omaggio galante alla donna amata, introducendo una forte
idea di novità. La condizione della donna, che è schiava, porta alle estreme conseguenze la
tendenza barocca a rappresentare la donna in momenti umili e quotidiani (come il
pettinarsi, il nuotare, l’innaffiare i fiori, etc), generalmente esclusi fino ad allora dalla
poesia elevata, mentre il fatto che sia nera risponde al gusto barocco che ama lo strano e
l’esotico e rappresenta sovente donne che si caratterizzano per particolari insoliti e
sorprendenti (zoppa, sdentata, cieca, balbuziente, etc). Il gusto barocco per il paradosso e
per le associazioni ardite e insolite si coglie, ad esempio, al verso 8, dove il carbone spento,
simbolo del corpo nero della donna produce una passione più forte di quello acceso, e
all’idea di luminosità è associata, sorprendentemente, quella di arsura, una sete molto
forte provocata dalla passione amorosa.

Inoltre, l’intera lirica Bella schiava, come è tipico del procedimento compositivo di Marino,
si fonda su immagini totalmente tratte dalla tradizione letteraria precedente, combinate in
modo innovativo, così da suscitare la meraviglia del lettore, senza nessun intento né di
verosimiglianza né di parodia, ma solo di esercizio virtuosistico, di esibizione della forma
stilistica quasi fine a se stessa. Ad esempio, il concetto di “nera, ma bella” della prima
strofa era già nel Cantico dei cantici biblico (nigra sum sed formosa) ed era stato poi
ripreso nelle Rime di Tasso (bruna sei tu, ma bella). Anche le immagini a cui è paragonata
la figura femminile (ebano, avorio, sole, calore) appartengono alla tradizione lirica, ma
sono qui combinate e presentate in modo innovativo.

Bella schiava è – come si vede – costellata da numerose figure retoriche e giochi di parole:
oltre al bisticcio “sol(e) sol(o)”, il poeta si diverte a dimostrare la sua abilità linguistica
giocando, ad esempio sul doppio significato del termine mostro, che etimologicamente
significa “portento, creatura eccezionale”.

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