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Albe e tramonti nella Commedia di Dante

La fine dell' «Inferno» e il principio del « Purgatorio » sono una cosa sola. Il tema è solenne come un sorger del sole.
La serenità si allarga via via, nella rappresentazione della notte che finisce, dell'alba che fa tremolar di lontano la
marina, del sole che saetta oramai da tutte le parti. Quella solitudine sconfinata e indisturbata sale come una musica
sommessa su dalle pagine del poema, canta e dipinge la serenità nuova dell'anima, che muove fiduciosa verso una
nuova vita.
La maggior intimità del Purgatorio in confronto con l'Inferno incomincia proprio con questa scena di isola che emerge
silenziosa dal mare e dal cielo, con la pittura appena sfumata di questa contrada remota, dove l'aspetto del suolo -
uniforme, senza lussuria di vegetazione - e i confini sterminati ed uguali dell'acqua e del cielo invitano al
raccoglimento e sembrano già la prefigurazione d'un mondo immateriale.
Possiamo dire che il paesaggio dei tre regni è il paesaggio stesso dell'anima di Dante: ma nelle tenebre dell'Inferno c'è,
sostanzialmente, meno novità e meno intimità; e la luce del Paradiso è, sì, uno spettacolo d'infinita letizia, ma è
anch'essa meno intima del monte del Purgatorio. Il viaggio su per il Purgatorio è continuamente infuso di una
malinconia fiduciosa che nasce dal tema stesso di questa cantica: e i particolari di quel cammino lungo strade deserte e
su per le salite faticose, in cospetto sempre del cielo, hanno una poesia spirituale superiore ai paesaggi, più pittoreschi
e meno intimi, dell'Inferno e del Paradiso.
In questo regno che sorge in mezzo ad un indisturbato silenzio, anche le incertezze e gli smarrimenti hanno un
significato diverso. La strada si cerca senza ansie e senza spaventi.
C’è nella prima alba la luminosa prospettiva del pianeta Venere, la gioia dello spazio riconquistato (Lo bel pianeta che
d’amar conforta / faceva tutto rider l’oriente). L’Inferno è veramente già tanto lontano, quando, alla fine del canto,
Dante riscopre la luce piena che ormai batte sul mare.
 
Purgatorio I (vv. 115-136

L’alba vinceva l’ora mattutina L’alba vinceva il buio dell’ultima ora della notte che
che fuggia innanzi, sì che di lontano fuggiva dinnanzi ad essa, così che da lontano riconobbi
conobbi il tremolar de la marina. il tremolio delle onde del mare. 

Noi andavam per lo solingo piano Noi camminavamo per la pianura solitaria come un
com’om che torna a la perduta strada, uomo che ritorna verso la strada smarrita, e gli sembra
che ‘nfino ad essa li pare ire in vano. di camminare invano finché non la raggiunge. 

Quando noi fummo là ‘ve la rugiada Quando noi giungemmo là dove la rugiada resiste al
pugna col sole, per essere in parte sole, poiché è nel luogo in cui, all’ombra, evapora
dove, ad orezza, poco si dirada, lentamente, 

ambo le mani in su l’erbetta sparte entrambe le mani aperte il mio maestro appoggiò sulla
soavemente ‘l mio maestro pose: tenera erba in maniera soave: per cui io, che compresi
ond’io, che fui accorto di sua arte, il suo gesto, 

porsi ver’ lui le guance lagrimose: rivolsi verso di lui il mio viso pieno di lacrime; lì mi
ivi mi fece tutto discoverto rese interamente visibile quel colore naturale che
quel color che l’inferno mi nascose. l’Inferno mi aveva nascosto. 

Venimmo poi in sul lito diserto, Giungemmo poi alla spiaggia deserta, che non vide
che mai non vide navicar sue acque mai solcare le sue acque nessun uomo che fosse capace
omo, che di tornar sia poscia esperto. di ritornare. 

Quivi mi cinse sì com’altrui piacque: Qui mi cinse i fianchi così come l’altro volle: oh


oh maraviglia! ché qual elli scelse meraviglia! Perché la pianta umile che egli scelse,
l’umile pianta, cotal si rinacque così ricrebbe 

subitamente là onde l’avelse. immediatamente là dove l’aveva strappata.


Nell’Inferno e nel Paradiso la luce cede ad un paesaggio “luminosamente costante” ed uniforme. La luce è astratta e
disumanizzata, tendenzialmente surreale, là dove la successione naturale (alba/tramonto) cede risolutamente all’uno o
all’altro dei componenti: al chiaro o allo scuro.
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L'atmosfera che circonda i pellegrini e le anime è diversa, e questa diversità è un elemento costante di questa nuova
poesia. L'Inferno pare senza spazio; il Purgatorio pare tutto spazio. I personaggi del primo risultano sullo sfondo e vi
spadroneggiano, come gruppi di figure tumultuanti in un sotterraneo angusto; quelli del secondo sfumano nello
sfondo, come isole lontane nel mare tranquillo.

Inferno III (vv.1-30)

'Per me si va ne la città dolente, «Attraverso me si entra nella città dolorosa, nel dolore
per me si va ne l'etterno dolore, che mai avrà termine, tra le anime dannate.
per me si va tra la perduta gente.
Dio, mio eccelso creatore, fu mosso dalla giustizia:
Giustizia mosse il mio alto fattore; sono opera del Padre (la divina potestate), del Figlio
fecemi la divina podestate, (la somma sapienza) e dello Spirito Santo ('I primo
la somma sapïenza e 'l primo amore. amore).

Dinanzi a me non fuor cose create Prima di me non fu creata nessuna cosa se non eterna,
se non etterne, e io etterno duro. e io durerò fino alla fine dei tempi. Abbandonate,
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate'. entrando, ogni speranza ».

Queste parole di colore oscuro Vidi questa sentenza dal minaccioso significato. incisa
vid' ïo scritte al sommo d'una porta; in cima a una porta; per cui mi rivolsi a Virgilio: «
per ch'io: «Maestro, il senso lor m'è duro». Maestro, ciò che essa dice per me è terribile ».

Ed elli a me, come persona accorta: Ed egli, da persona perspicace qual era: « A questo
«Qui si convien lasciare ogne sospetto; punto occorre abbandonare ogni esitazione; ogni forma
ogne viltà convien che qui sia morta. di pusillanimità deve ora sparire.

Noi siam venuti al loco ov' i' t'ho detto Siamo giunti dove ti dissi che avresti veduto le anime
che tu vedrai le genti dolorose doloranti che hanno perduto la speranza di vedere
c'hanno perduto il ben de l'intelletto». Dio».

E poi che la sua mano a la mia puose E dopo che l mi prese per mano
con lieto volto, ond' io mi confortai, con il volto sereno che mi rassicurava
mi mise dentro a le segrete cose. iniziò a farmi conoscere le “cose segrete”

Quivi sospiri, pianti e alti guai Ivi echeggiavano nell'aria senza luce gemiti, pianti e
risonavan per l'aere sanza stelle, acuti lamenti, tanto che (udendoli) per la prima volta
per ch'io al cominciar ne lagrimai. ne piansi.

Diverse lingue, orribili favelle, Differenti lingue, orribili pronunce, espressioni di


parole di dolore, accenti d'ira, dolore, esclamazioni di rabbia, grida acute e soffocate,
voci alte e fioche, e suon di man con elle miste al percuotersi delle mani l'una contro l'altra

facevano un tumulto, il qual s'aggira creavano nell'aria buia, priva di tempo, una confusione
sempre in quell' aura sanza tempo tinta, eternamente vorticante, così come (rapida vortica) la
come la rena quando turbo spira. sabbia quando soffia un vento turbinoso.

Dante identifica il concetto di Dio con quello di luce. Sono i temi principali della poesia del Paradiso: Dio concepito
come luce, la quale man mano che l'anima si eleva si fa sempre più intensa e trionfale. Dante ha avuto il privilegio di
godere da vivo di quella massima luce; e qui ne dà alto ma umile l'annunzio.
Nel canto I del paradiso, Dante fornisce indicazioni temporali descrivendo il sorgere del sole con una serie di
complessi riferimenti astronomici che risultano di difficile lettura, ma che indicano di certo che il suo viaggio
procede sotto i migliori auspici astronomici, mentre ai versi successivi indica che l’azione si svolge a mezzogiorno.
Inizia a questo punto l’ascesa di Dante e Beatrice: il poeta vede la donna fissare il sole e la imita, meravigliandosi di
come i suoi occhi riescano a reggere la luce del sole diretta così a lungo. 
Dal Paradiso terrestre all'Empireo non c'è più che un varco infinito di luce. Immaginare che anche sul regno dove Dio
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domina solo, discendano le tenebre della notte, non si potrebbe

Paradiso I – vv. 34-63

Poca favilla gran fiamma seconda: Una piccola scintilla provoca un grande incendio:
forse di retro a me con miglior voci forse dopo di me con voce più degna
si pregherà perché Cirra risponda. si pregherà per la risposta di Cirra. 

Surge ai mortali per diverse foci Arriva agli uomini da diversi punti
la lucerna del mondo; ma da quella la luce del mondo; ma da quella
che quattro cerchi giugne con tre croci, che unisce quattro cerchi formando tre croci, 

con miglior corso e con migliore stella esce unendo una migliore costellazione
esce congiunta, e la mondana cera ed un miglior destino, e la materia terrena
più a suo modo tempera e suggella. lavora e definisce con la sua potenza. 

Fatto avea di là mane e di qua sera Aveva fatto di là mattina e di qua sera
tal foce, e quasi tutto era là bianco quella fonte, e quasi tutto bianco era di là
quello emisperio, e l'altra parte nera, quell'emisfero, e l'altro nero, 

quando Beatrice in sul sinistro fianco quando vidi Beatrice alla mia sinistra
vidi rivolta e riguardar nel sole: rivolta a guardare il sole:
aguglia sì non li s'affisse unquanco. nemmeno un'aquila l'avrebbe guardato così. 

E sì come secondo raggio suole E così come solitamente il secondo raggio


uscir del primo e risalire in suso, si separa dal primo e risale in su,
pur come pelegrin che tornar vuole, come vuol ritornare in quota il falco, 

così de l'atto suo, per li occhi infuso così quel gesto, che dagli occhi era rimasto impresso
ne l'imagine mia, il mio si fece, nella mia mente, ripeté il mio sguardo,
e fissi li occhi al sole oltre nostr' uso. e fissai il sole più a lungo di quanto facciamo di solito. 

Molto è licito là, che qui non lece Molte cose lì sono permesse, che sulla Terra non sono
a le nostre virtù, mercé del loco possibili alle nostre capacità, in virtù del luogo
fatto per proprio de l'umana spece. fatto da Dio proprio per la specie umana. 

Io nol soffersi molto, né sì poco, Quella vista non la soffrii molto, ma neppure
ch'io nol vedessi sfavillar dintorno, così poco da non vedere la luce sfavillare,
com' ferro che bogliente esce del foco; come ferro bollente che esce dal fuoco; 

e di sùbito parve giorno a giorno e subito mi sembrò che alla luce altra luce
essere aggiunto, come quei che puote si aggiungesse, come se il Creatore
avesse il ciel d'un altro sole addorno. avesse adornato il cielo d'un altro sole.

Nel Purgatorio il sole, come sulla Terra, si comporta in modo più umano e le anime si ricordano degli esiti della vita
terrena e popolano un paesaggio realistico e terrestre.
Il Purgatorio vive di una luce crepuscolare che sollecita le pieghe più intime e nascoste dell’animo umano, i sentimenti
ineffabili e sfuggenti.
Le albe e i tramonti sono sempre carichi di una forza emblematica e allusiva
L’alba nel Purgatorio è sempre un invito al cammino, purificatore e ascensionale; il tramonto è un preannuncio di
stasi. Le albe sono sentimento di fiducia, di speranza, di attesa; mentre i tramonti si ripiegano in meditazioni e in
memoria.
Le sensazioni visive, auditive, e anche tattili, talora segnate da Dante nelle sue figurazioni crepuscolari, si tramutano
quasi sempre in suggestioni di sentimenti.
Ogni ora che passa nel Purgatorio, ha il suo significato, contribuisce a rasserenare e ad elevare il protagonista: ogni
ora, cioè non solo gli avvenimenti che la misurano, ma anche essa stessa, con la luce che aumenta e scema, con
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l'ombra dei luoghi che s'accorcia o s'allunga. La maestà della Terra, a cui è legata ogni ora della nostra vita, da cui si
colora ogni pensiero ogni sentimento della nostra esistenza, ritorna, dopo l'atroce assenza dell'Inferno.
Per quattro volte sorge il sole sul cammino di Dante e per tre volte tramonta. Ma la notte sembra assente da quel
viaggio; infatti il buio non si incrina nella rappresentazione, se non raramente e per rapidissimi accenni.
Dante preferisce “riempire” le notti con la narrazione dei suoi sogni allegorici.
Non sempre albe e tramonti sono intrisi di emozioni, ma come nelle altre cantiche Dante, a volte, cede al desiderio di
precisare e fissare il punto o la situazione astronomica per indicare l’ora del giorno.

Purgatorio II (vv. 1-36)

Già era 'l sole a l'orizzonte giunto Il sole aveva già raggiunto l’orizzonte
lo cui meridïan cerchio coverchia il cui meridiano sovrasta (coverchia)
Ierusalèm col suo più alto punto; col suo punto più alto Gerusalemme;

e la notte, che opposita a lui cerchia, e la notte, che gira (cerchia) opposta al sole,
uscia di Gange fuor con le Bilance, spuntava dalle foci (uscia ... fuor) del Gange nella
che le caggion di man quando soverchia; costellazione delle Bilance, che le cadono di mano quando
supera la durata del giorno (soverchia);
sì che le bianche e le vermiglie guance, in modo che, là dove io mi trovavo, le gote, prima
là dov' i' era, de la bella Aurora bianche, poi vermiglie, della leggiadra Aurora,
per troppa etate divenivan rance. col passare del tempo (per troppa etade), trascoloravano in
dorato (rance).
Noi eravam lunghesso mare ancora, Noi eravamo ancora presso (lunghesso) la riva del mare,
come gente che pensa a suo cammino, come coloro che pensano al proprio viaggio
che va col cuore e col corpo dimora. e procedono con il desiderio (cuore) mentre stanno fermi
con il corpo.
Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino, Ed ecco, come colto dall’alba, Marte, abbassandosi sulla
per li grossi vapor Marte rosseggia superficie (suol) del mare, verso ponente, si colora di
giù nel ponente sovra 'l suol marino, rosso, a causa dei vapori densi che lo avvolgono,

cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia, così mi apparve, e possa io (s’io) vederla (veggia) ancora,
un lume per lo mar venir sì ratto, una luce avanzare sul mare così rapidamente (ratto)
che 'l muover suo nessun volar pareggia. che nessun volo può uguagliare il suo modo di muoversi.

Dal qual com' io un poco ebbi ritratto Dopo aver distolto (ritratto) per un attimo
l'occhio per domandar lo duca mio, lo sguardo da essa (dal qual) per interrogare (domandar)
rividil più lucente e maggior fatto. la mia guida, la rividi divenuta più luminosa e più grande.

Poi d'ogne lato ad esso m'appario Poi da ogni parte di questa luce mi apparve (appario)
un non sapeva che bianco, e di sotto un’indistinta (un non sapeva che) forma bianca, e più in
a poco a poco un altro a lui uscìo. basso si delineò (uscìo) a poco a poco un’altra forma
bianca.
Lo mio maestro ancor non facea motto, Il mio maestro tacque (non facea motto) ancora,
mentre che i primi bianchi apparver ali; finché (mentre che) le prime forme bianche non si
allor che ben conobbe il galeotto, rivelarono come ali; appena fu ben certo di riconoscere il
nocchiero (galeotto),
gridò: «Fa, fa che le ginocchia cali. gridò: «Presto, piega le ginocchia (le ginocchia cali).
Ecco l'angel di Dio: piega le mani; Ecco l’angelo di Dio: congiungi (piega) le mani;
omai vedrai di sì fatti officiali. da ora in poi vedrai solo ministri (officiali) come questo.

Vedi che sdegna li argomenti umani, Vedi che non adopera (sdegna) mezzi (argomenti) umani,
sì che remo non vuol, né altro velo tanto che non necessita (vuol) né di remi né di vele che
che l'ali sue, tra liti sì lontani. non siano le sue ali, per muoversi da luoghi così lontani.

Vedi come l'ha dritte verso 'l cielo, Vedi come le tiene rivolte (dritte) al cielo,
trattando l'aere con l'etterne penne, fendendo (trattando) l’aria con le piume incorruttibili
che non si mutan come mortal pelo». che non si trasformano come il pelo dei mortali».
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C’è una certa freddezza scientifica in questi versi.
A questa alba fa da riscontro il tramonto di Purgatorio XXVII dove l’emozione del tramonto è forse ancor più assente
di quella dell’alba dell’esempio sopra citato. Il riscatto poetico e nei successivi versi (le due ultime terzine). Lo
spegnersi della luce, realistico in sé e poeticissimo, coincide con la stasi dell’anima. La iniziale precisazione
astronomica si è infine stemperata in sentimento e in memoria.

Purgatorio XXVII (vv. 1-63)


Sì come quando i primi raggi vibra Il sole occupava la stessa posizione (sì stava il sole)
là dove il suo fattor lo sangue sparse, che assume quando irradia (vibra) i suoi primi raggi
cadendo Ibero sotto l'alta Libra, là dove Cristo (il suo fattor, il suo creatore) sparse il suo
sangue (cioè a Gerusalemme), mentre il fiume Ebro (Ibero)
si trova sotto la costellazione della Libra
e l'onde in Gange da nona rïarse,
e le acque del Gange sono riarse dal mezzogiorno (da nona);
sì stava il sole; onde 'l giorno sen giva, perciò il giorno tramontava allorché l’angelo di Dio apparve
come l'angel di Dio lieto ci apparse. radioso.

Fuor de la fiamma stava in su la riva, Stava sul ciglio della cornice, fuori dalle fiamme e cantava:
e cantava 'Beati mundo corde!' ‘Beati i puri di cuore!’ con una voce molto
in voce assai più che la nostra viva. più armoniosa di quella umana (la nostra).

Poscia «Più non si va, se pria non morde, Poi aggiunse non appena ci avvicinammo a lui:
anime sante, il foco: intrate in esso, «Non si può andare oltre, anime sante, se prima il fuoco non
e al cantar di là non siate sorde», vi fa sentire il morso ardente (non morde): entrate in esso e
prestate attenzione al canto che proviene dall’altra parte
delle fiamme (di là)»;
ci disse come noi li fummo presso; perciò, non appena udii le sue parole, divenni simile a colui
per ch'io divenni tal, quando lo 'ntesi, che viene calato nella fossa (cioè, pallido come un
qual è colui che ne la fossa è messo. cadavere).

In su le man commesse mi protesi, Con le mani protese in avanti mi sporsi,


guardando il foco e imaginando forte guardando le fiamme e immaginando con tremenda
umani corpi già veduti accesi. lucidità (forte) corpi umani visti in terra (già) arsi vivi.

Volsersi verso me le buone scorte; Le mie buone guide (scorte) si volsero verso
di me; e Virgilio mi disse: «Figliuolo mio, qui in Purgatorio
e Virgilio mi disse: «Figliuol mio,
ci può essere solo tormento, ma non morte.
qui può esser tormento, ma non morte.
Ricordati, ricordati! E se io ti guidai portandoti in
Ricorditi, ricorditi! E se io salvo persino sulla groppa (sovresso) di Gerione,
sovresso Gerïon ti guidai salvo, che cosa non farò adesso che siamo ancora più vicino a Dio?
che farò ora presso più a Dio?
Credi pure con certezza che, anche se tu rimanessi
Credi per certo che se dentro a l'alvo
nel seno (alvo) di questa fiamma per mille anni,
di questa fiamma stessi ben mille anni, non ti potrebbe privare (far calvo) di un solo capello.
non ti potrebbe far d'un capel calvo.

E se tu forse credi ch'io t'inganni, E se tu forse pensi che ti voglia ingannare,


fatti ver' lei, e fatti far credenza avvicinati verso (ver’) di essa e fattene dare prova (far
con le tue mani al lembo d'i tuoi panni. credenza) accostando con le tue mani un lembo della tua
veste.
Pon giù omai, pon giù ogne temenza;
volgiti in qua e vieni: entra sicuro!». Deponi ormai, deponi ogni timore; volgiti da questa parte
E io pur fermo e contra coscïenza. e vieni dietro a me: entra nel fuoco con sicurezza!».
E io continuavo a restare fermo e sordo al monito della
Quando mi vide star pur fermo e duro, coscienza.
turbato un poco disse: «Or vedi, figlio:
Quando Virgilio vide che continuavo a stare immobile e
tra Bëatrice e te è questo muro». ostinato, disse un po’ turbato: «Pensa figliolo: solo questo
muro si frappone ormai fra te e Beatrice».
Come al nome di Tisbe aperse il ciglio
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Piramo in su la morte, e riguardolla,
allor che 'l gelso diventò vermiglio; Come Piramo in punto di morte aprì gli
occhi sentendo il nome di Tisbe, e la guardò intensamente,
così, la mia durezza fatta solla, e da quel momento il gelso divenne rosso;
mi volsi al savio duca, udendo il nome
che ne la mente sempre mi rampolla. così, ammorbidita (fatta solla) la mia ostinazione, mi
volsi alla saggia guida, sentendo pronunciare il nome
Ond' ei crollò la fronte e disse: «Come! che sempre riaffiora (rampolla) nella mia mente.
volenci star di qua?»; indi sorrise
come al fanciul si fa ch'è vinto al pome. Per questa ragione Virgilio scrollò il capo
e disse: «E dunque! Vogliamo ancora starcene da
questa parte?»; poi sorrise come si fa col fanciullo
Poi dentro al foco innanzi mi si mise,
che si lascia convincere da una ricompensa (al pome).
pregando Stazio che venisse retro,
che pria per lunga strada ci divise. Poi mi precedette, entrando nel fuoco, pregando Stazio,
che ci aveva separati per un lungo tratto di strada, di stare
Sì com' fui dentro, in un bogliente vetro dietro a me.
gittato mi sarei per rinfrescarmi,
tant' era ivi lo 'ncendio sanza metro. Non appena fui dentro al fuoco, mi sarei gettato
nel vetro incandescente per rinfrescarmi, tanto era smisurato
Lo dolce padre mio, per confortarmi, (sanza metro) il calore (lo ’ncendio) là dentro (ivi).
pur di Beatrice ragionando andava,
dicendo: «Li occhi suoi già veder parmi». Il mio dolce padre, per confortarmi,
parlava continuamente (pur) di Beatrice,
Guidavaci una voce che cantava dicendo: «Mi pare già di vedere gli occhi suoi».
di là; e noi, attenti pur a lei,
venimmo fuor là ove si montava. Ci guidava una voce che cantava al di là del muro di fuoco;
E noi attenti solo (pur) a lei, uscimmo dalla fiamma
Nel punto (là) in cui c’era la scala per salire.
'Venite, benedicti Patris mei',
sonò dentro a un lume che lì era,
‘Venite, benedetti del Padre mio’, risuonò una
tal che mi vinse e guardar nol potei. voce dentro a una luce che era lì, così abbagliante (tal)
che vinse la mia capacità visiva e non riuscii a guardarla.
«Lo sol sen va», soggiunse, «e vien la sera;
non v'arrestate, ma studiate il passo, «Il sole sta tramontando», soggiunse, «e
mentre che l'occidente non si annera». viene la sera: non fermatevi, ma sollecitate (studiate)
i passi, finché il cielo occidentale non si oscurerà del tutto».

Ma c'è di più: nel Purgatorio albe, meriggi, e tramonti, notti sono già più belli e più solenni che sulla Terra; le ore che
trapassano sul Purgatorio, sono più sante.
Chi ha a mente il contesto deve pensare che Dante non descriverebbe con un tono così alto un mezzogiorno, un
tramonto, un'aurora della Terra. Le ore del Purgatorio hanno un valore diverso: si sente che ognuna conta, ognuna pesa
nella storia eterna dell'anima. Non il tramonto, ma il “sentimento” del tramonto
Il tramonto del Purgatorio è una cosa diversa da quello della Terra. Dante ne ha fatto, senz'ombra di riflessioni, una
melodia di raccoglimento e di fiducioso abbandono. Dentro il silenzio e le ombre che scendono, l'anima si ripiega su
sè stessa.
Alla dolcezza visiva , al rapito silenzio, all’assorto contemplare dantesco che caratterizzava la prima alba del
Purgatorio, fa riscontro la rievocazione tutta interiore del primo tramonto. Un tramonto senza luce.

Purgatorio VIII (vv. 1-9)

Era già l'ora che volge il disio Era ormai l'ora (l'ultima della sera) che fa tornare un
ai navicanti e 'ntenerisce il core senso di nostalgia nel cuore dei naviganti e ne riempie
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lo dì c'han detto ai dolci amici addio; l'animo di commozione ricordando il giorno nel quale
hanno detto addio alle persone care;
e che lo novo peregrin d'amore era l'ora che fa sentire più struggente l'amore al
punge, se ode squilla di lontano pellegrino che ha appena abbandonato la sua terra,
che paia il giorno pianger che si more; mentre ode il suono lontano d'una campana che sembra
piangere il giorno che muore,
quand' io incominciai a render vano quando io cominciai a non udire più la voce e il canto
l'udire e a mirare una de l'alme dei principi e cominciai a fissare una delle anime che,
surta, che l'ascoltar chiedea con mano. levatasi in piedi, chiedeva con un cenno della mano che
tutte l'ascoltassero.

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